K. Lechner - Campi Elettromagnetici

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CAMPI ELETTROMAGNETICI Kurt Lechner

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Dispense del corso di Campi Elettromagnetici tenuto dal prof. Lechner all'universitĆ  di Fisica di Padova

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CAMPI ELETTROMAGNETICI

Kurt Lechner

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Prefazione

Le conoscenze sperimentali e teoriche acquisite finora sul comportamento della materia

a livello microscopico, portano a concludere che lā€™interezza dei fenomeni fisici microscopici

puo essere interpretata assumendo che tutta la materia sia costituita da particelle elemen-

tari puntiformi, soggette a solo quattro tipi di interazioni fondamentali: gravitazionale,

elettromagnetica, debole e forte. Tra queste lā€™interazione gravitazionale e quella nota da

piu tempo, mentre quella elettromagnetica e la piu studiata avendo trovato una sua solida

formulazione teorica nellā€™Elettrodinamica Quantistica, a meta del secolo scorso. La quasi

totalita dei fenomeni fisici quotidiani ā€“ dalla stabilita della materia alla propagazione della

luce ā€“ e infatti riconducibile a questa teoria. Le interazioni deboli e forti, che a differenza

di quelle elettromagnetica e gravitazionale si manifestano solo a distanze microscopiche,

hanno trovato una formulazione analoga nellā€™ambito del Modello Standard delle particelle

elementari ā€“ che include la stessa Elettrodinamica Quantistica ā€“ mentre lā€™interazione gra-

vitazionale risulta tuttora in conflitto con le leggi della Meccanica Quantistica, nonostante

i progressi maturati nellā€™ambito della Teoria delle Superstringhe.

Nonostante il comune ruolo di mediatrici dellā€™azione reciproca tra i costituenti ele-

mentari della natura, ciascuna delle quattro interazioni fondamentali e contrassegnata da

proprieta esclusive tali da comportare fenomeni fisici peculiari. Cosı le interazioni forti

sono le sole a dar luogo al fenomeno del confinamento, che confina i quark e i gluoni

allā€™interno dei nucleoni, mentre le interazioni deboli sono le uniche ad essere mediate da

particelle massive, le WĀ± e la Z0. Analogamente lā€™interazione elettromagnetica e lā€™unica

a essere mediata da particelle ā€“ i fotoni ā€“ le quali, non essendo dotate di carica elettrica

non sono soggette a loro volta a unā€™interazione elettromagnetica reciproca. E infine, lā€™in-

terazione gravitazionale e lā€™unica che si esercita tra tutte le particelle elementari, compresi

i mediatori delle interazioni stesse.

Di fronte a queste distinzioni importanti appare alquanto sorprendente come le quattro

interazioni fondamentali siano rette da unā€™impalcatura teorica comune, che ne determina

fortemente la struttura generale; impalcatura elegante nella sua forma e matematicamen-

te solida, le cui profonde origini fisiche sono in parte ancora da scoprire. Tra i pilastri

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principali di questa impalcatura unificante ricordiamo i seguenti: tutte le interazioni fon-

damentali soddisfano il principio di relativita einsteiniana e ammettono una formulazione

covariante a vista, con conseguente conservazione del quadrimomento e del momento an-

golare quadridimensionale. Ciascunca delle interazioni e mediata da una o piu particelle

bosoniche, rappresentate a livello classico da un insieme di campi vettoriali AĀµ, la cui

dinamica e controllata da unā€™invarianza di gauge locale. Il teorema di Noether associa

poi a ciascun bosone vettore una grandezza conservata. Infine, il pilastro forse piu miste-

rioso ma non per questo meno fondante e rappresentato dal fatto che lā€™intera dinamica

riguardante lā€™insieme delle interazioni fondamentali puo essere dedotta da un principio

variazionale.

Il presente testo costituisce un trattato sullā€™Elettrodinamica classica di particelle pun-

tiformi, ed e stato costruito attorno agli argomenti svolti nel corso ā€œCampi Elettroma-

gneticiā€ che ho tenuto negli anni accademici 2004/05ā€“2008/09 per la Laurea Magistrale

in Fisica presso lā€™Universita di Padova. Nella sua stesura mi sono fatto guidare in prima

linea dallā€™intento di enucleare gli aspetti che accomunano lā€™Elettrodinamica alle altre inte-

razioni fondamentali ā€“ vale a dire i pilastri sopra nominati ā€“ mettendo anche in evidenza,

ove possibile, analogie e differenze. La rinuncia piu pesante che questa impostazione ha

comportato consiste nellā€™aver trascurato quasi completamente lā€™argomento importante dei

campi elettromagnetici nei materiali.

Le altre linee guida che ho seguito si riassumono come segue. Ho cercato di formulare

lā€™Elettrodinamica classica come una teoria basata su un sistema di postulati ā€“ essenzial-

mente il principio di relativita einsteininana e le equazioni di Maxwell e di Lorentz ā€“ da

cui lā€™intera e ricca fenomenologia delle interazioni elettromagnetiche tra particelle cariche

puo essere dedotta in modo stringente. Per poter impostare queste equazioni in modo

matematicamente rigoroso e indispensabile ambientarle nello spazio delle distribuzioni.

Particolare attenzione e poi stata dedicata alle proprieta di consistenza interna e fisica

dellā€™Elettrodinamica. In questo contesto viene svolta unā€™analisi accurata delle divergenze

ultraviolette che accompagnano la reazione di radiazione, e che rendono lā€™Elettrodinami-

ca classica ā€“ in ultima analisi ā€“ una teoria internamente inconsistente. Ogni argomento

teorico e illustrato con una serie di esempi fisicamente rilevanti che vengono svolti in

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dettaglio, cosı come lā€™introduzione di ogni nuovo strumento matematico viene motivata

e accompagnata da esemplificazioni pratiche. Infine, la soluzione dei problemi proposti a

conclusione dei capitoli comporta una migliore comprensione di alcuni argomenti trattati

nel testo, pur non condizionando la comprensione dei capitoli successivi.

Organizzazione del materiale. A grandi linee gli argomenti del testo sono suddivisi in

tre parti. La prima parte (capitoli 1ā€“4) espone le basi concettuali e matematiche su cui si

fonda la costruzione dellā€™Elettrodinamica di un sistema di particelle cariche puntiformi.

Questa parte iniziale presenta in particolare gli strumenti matematici necessari per una

formulazione precisa della teoria, vale a dire il formalismo covariante come sede naturale

di una qualsiasi teoria relativistica, e la teoria delle distribuzioni, strumento indispensa-

bile per una trattazione corretta delle singolarita implicate dalla natura puntiforme delle

particelle cariche. Dopo lā€™introduzione delle equazioni fondamentali dellā€™Elettrodinamica

ā€“ le equazioni di Maxwell e di Lorentz ā€“ e una loro analisi strutturale preliminare, si ana-

lizzano le leggi di conservazione da esse implicate. Conclude la prima parte lā€™introduzione

del metodo variazionale. Questo metodo viene presentato come approccio alternativo per

la formulazione di una generica teoria di campo che ne codifica la dinamica in modo con-

ciso ed elegante, e come ingrediente fondamentale per la validita del teorema di Noether.

Lo stretto nesso esistente in generale tra questo teorema e il principio variazionale viene

poi esemplificato in dettaglio nel caso dellā€™Elettrodinamica di particelle puntiformi.

La seconda parte (capitoli 5ā€“11) ā€“ la piu estesa ā€“ verte maggiormente sulle applica-

zioni dellā€™Elettrodinamica e comprende in particolare una trattazione sistematica della

generazione di campi elettromagnetici da parte di particelle cariche in moto arbitrario,

e unā€™analisi approfondita del fenomeno dellā€™irraggiamento, sia nel limite non relativistico

che in quello ultrarelativistico. Cosı si svolge unā€™analisi sistematica delle distribuzioni an-

golare e spettrale della radiazione emessa in diverse situazioni fisicamente rilevanti, come

ad esempio quelle riguardanti le antenne, gli acceleratori ultrarelativistici, le collisioni tra

particelle cariche e la diffusione della radiazione da parte di particelle cariche. In questa

parte vengono inoltre trattati in dettaglio alcuni argomenti che nei libri di testo raramente

vengono presentati in modo sistematico. Cosı si risolve, ad esempio, il problema del cam-

po elettromagnetico creato da una particella carica priva di massa, si esegue un confronto

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dettagliato tra la radiazione elettromagnetica e quella gravitazionale, e si presenta una

trattazione teorica sistematica dellā€™effetto Cerenkov.

La terza parte (capitoli 12ā€“13) verte su argomenti piu speculativi, e delicati, che nei

testi spesso vengono trattati con superficialita. Il capitolo 12 e dedicato alla reazione

di radiazione e affronta con cura il problema delle divergenze ultraviolette da cui essa

e inevitabilmente affetta. Lo scopo di questo capitolo e doppio: da un lato si vogliono

enucleare le motivazioni teoriche che ci costringono a sostituire lā€™equazione di Lorentz

(divergente) ā€“ un dogma dellā€™Elettrodinamica classica ā€“ con lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac.

Dallā€™altro si vuole illustrare come lā€™Elettrodinamica che emerge da questa sostituzione e

affetta da unā€™inconsistenza interna incurabile, che muta solo di aspetto a seconda del

punto di vista pragmatico che si assume. La seconda parte di questo capitolo e dedicata

allā€™altro ā€œproblema anticoā€ dellā€™Elettrodinamica, rappresentato dallā€™energia infinita del

campo elettromagnetico creato da una particella puntiforme, che mina la stessa legge

di conservazione dellā€™energia. Sorprendentemente, questo problema ha trovato una sua

soluzione solo una trentina di anni fa, e noi ne presenteremo una versione alternativa in

una veste piu moderna, nellā€™ambito della teoria delle distribuzioni. Infine, il capitolo 13 e

dedicato ai monopoli magnetici e ha lo scopo di illustrare come lā€™Elettrodinamica ā€“ pur

essendo basata su un sistema di postulati molto rigidi ā€“ e perfettamente compatibile con

lā€™esistenza in natura di questo nuovo tipo di particelle cariche.

Prerequisiti. Si suppone che il lettore di questo testo possegga conoscenze di base

di Elettromagnetismo classico e abbia familiarita con le equazioni di Maxwell e Lorentz

scritte in forma covariante a vista, e in generale con lā€™uso dei tensori quadridimensionali.

Lā€™origine fisica e gli elementi fondamentali del calcolo tensoriale vengono comunque richia-

mati con un certo grado di completezza e rigore logico nel capitolo 1. E anche richiesto un

minimo di familiarita con la teoria delle distribuzioni, in particolare con la distribuzione

Ī“ di Dirac. Tuttavia, gli elementi essenziali riguardanti le distribuzioni e necessari per la

comprensione del testo sono presentati in modo succinto nel capitolo 2. Infine e utile, ma

non indispensabile, conoscere il metodo variazionale relativo a un sistema lagrangiano con

un numero finito di gradi di liberta.

Padova, dicembre 2008 Kurt Lechner

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Indice

1 I fondamenti della Relativita Ristretta 1

1.1 I postulati della Relativita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.2 Trasformazioni di Lorentz e di Poincare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.1 Linearita delle trasformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.2 Invarianza dellā€™intervallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.3 Leggi fisiche covarianti a vista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.3.1 Calcolo tensoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.4 Struttura del gruppo di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.4.1 Trasformazioni infinitesime e trasformazioni finite . . . . . . . . . . 12

1.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2 Le equazioni dellā€™Elettrodinamica 16

2.1 Cinematica di una particella relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.2 Lā€™Elettrodinamica di particelle puntiformi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.2.1 Equazione di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.2.2 Identita di Bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.2.3 Equazione di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

2.3 La natura distribuzionale del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . 30

2.3.1 Lo spazio delle distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

2.3.2 Operazioni sulle distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.3.3 Identita di Bianchi e forme differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . 37

2.3.4 Il campo elettromagnetico della particella statica . . . . . . . . . . 40

2.4 Le costanti del moto dellā€™Elettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

2.4.1 Conservazione e invarianza della carica elettrica . . . . . . . . . . . 44

2.4.2 Tensore energiaā€“impulso e conservazione del quadrimomento . . . . 47

2.4.3 Il tensore energiaā€“impulso dellā€™Elettrodinamica . . . . . . . . . . . 49

2.4.4 Conservazione del momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

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2.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

3 Metodi variazionali in teoria di campo 64

3.1 Principio di minima azione in meccanica classica . . . . . . . . . . . . . . . 67

3.2 Principio di minima azione in teoria di campo . . . . . . . . . . . . . . . . 69

3.2.1 Ipersuperfici nello spazio di Minkowski . . . . . . . . . . . . . . . . 72

3.2.2 Invarianza relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

3.2.3 La lagrangiana per lā€™equazione di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . 79

3.3 Il Teorema di Noether . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

3.3.1 Trasformazioni di Poincare infinitesime . . . . . . . . . . . . . . . . 85

3.3.2 Teorema di Noether per il gruppo di Poincare . . . . . . . . . . . . 87

3.3.3 Tensore energiaā€“impulso canonico per il campo di Maxwell . . . . . 92

3.4 Costruzione di un tensore energiaā€“impulso simmetrico . . . . . . . . . . . . 93

3.4.1 Tensore energiaā€“impulso simmetrico per il campo di Maxwell . . . . 96

3.5 Densita di momento angolare ā€œstandardā€ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

3.6 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98

4 Il metodo variazionale per lā€™Elettrodinamica di particelle puntiformi 101

4.1 Principio variazionale per una particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . 101

4.2 Lā€™azione per lā€™Elettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

4.3 Il teorema di Noether in Elettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

4.4 Invarianza di gauge e conservazione della carica elettrica . . . . . . . . . . 112

4.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114

5 Onde elettromagnetiche 115

5.1 I gradi di liberta del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

5.1.1 I gradi di liberta in meccanica newtoniana . . . . . . . . . . . . . . 116

5.1.2 I gradi di liberta in teoria di campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117

5.1.3 Il problema di Cauchy per lā€™equazione di Maxwell . . . . . . . . . . 118

5.2 Lā€™equazione delle onde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

5.2.1 Il problema alle condizioni iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129

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5.3 Soluzioni dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . 131

5.3.1 Proprieta delle onde elettromagnetiche elementari . . . . . . . . . . 134

5.3.2 Onde piane ed elicita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139

5.3.3 Onde elettromagnetiche e invarianza di gauge manifesta . . . . . . . 145

5.4 Effetto Doppler relativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151

5.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

6 Generazione di campi elettromagnetici 157

6.1 Il metodo della funzione di Green: equazione di Poisson . . . . . . . . . . . 158

6.1.1 Una soluzione particolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159

6.1.2 Validita della soluzione e soluzione generale . . . . . . . . . . . . . 163

6.2 Il campo generato da una corrente generica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

6.2.1 La funzione di Green ritardata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

6.2.2 Il potenziale vettore ritardato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174

6.2.3 Validita della soluzione e trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . 176

6.3 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . 178

6.3.1 Campo di una particella massiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

6.3.2 Campo di una particella di massa nulla . . . . . . . . . . . . . . . . 183

6.4 Campo di una particella in moto arbitrario . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187

6.4.1 Condizioni asintotiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188

6.4.2 I campi di Lienardā€“Wiechert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

6.4.3 Emissione di radiazione da cariche accelerate . . . . . . . . . . . . . 198

6.4.4 Limite non relativistico e formula di Larmor . . . . . . . . . . . . . 201

6.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204

7 Irraggiamento 206

7.1 Il campo elettromagnetico nella zona delle onde . . . . . . . . . . . . . . . 208

7.1.1 Emissione di quadrimomento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211

7.1.2 Sorgenti monocromatiche e onde piane . . . . . . . . . . . . . . . . 212

7.2 La radiazione dellā€™antenna lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214

7.3 Sviluppi non relativistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218

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7.3.1 Sviluppo in multipoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218

7.3.2 La radiazione di dipolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220

7.3.3 Potenza emessa da unā€™antenna lineare corta . . . . . . . . . . . . . 226

7.3.4 Diffusione Thomson della radiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 228

7.3.5 Bremsstrahlung dallā€™interazione coulombiana . . . . . . . . . . . . . 234

7.3.6 La radiazione dellā€™atomo dā€™idrogeno classico . . . . . . . . . . . . . 240

7.4 Radiazione di quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico . . . . . . . . . . 242

7.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247

8 La radiazione gravitazionale 252

8.1 Onde gravitazionali e onde elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . 252

8.2 Le equazioni per un campo gravitazionale debole. . . . . . . . . . . . . . . 253

8.2.1 La relazione con le equazioni di Einstein . . . . . . . . . . . . . . . 255

8.3 Irraggiamento gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258

8.3.1 Un argomento euristico per la formula di quadrupolo . . . . . . . . 259

8.4 La potenza della radiazione di quadrupolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

8.5 La pulsar binaria PSR 1913+16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 264

8.6 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268

9 Irraggiamento ultrarelativistico 269

9.1 Generalizzazione relativistica della formula di Larmor . . . . . . . . . . . . 270

9.1.1 Un argomento di covarianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271

9.1.2 Deduzione della formula di Larmor relativistica . . . . . . . . . . . 273

9.2 Perdita di energia negli acceleratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276

9.2.1 Acceleratori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 278

9.2.2 Acceleratori circolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279

9.3 Distribuzione angolare nel limite ultrarelativistico . . . . . . . . . . . . . . 281

9.4 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284

10 Analisi spettrale 286

10.1 Analisi di Fourier e risultati generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 286

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10.2 Analisi spettrale nel limite non relativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289

10.2.1 Bremsstrahlung a spettro continuo e catastrofe infrarossa . . . . . . 291

10.2.2 Bremsstrahlung a spettro discreto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294

10.3 Analisi spettrale relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296

10.3.1 Spettro di emissione di una particella singola . . . . . . . . . . . . . 297

10.3.2 Frequenze caratteristiche nel limite ultrarelativistico . . . . . . . . . 300

10.4 La radiazione del ciclotrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303

10.4.1 Analisi spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 304

10.4.2 Lo spettro nel limite ultrarelativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . 305

10.4.3 Distribuzione angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 307

10.4.4 Luce di sincrotrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309

10.5 Spettro di emissione di una corrente generica . . . . . . . . . . . . . . . . . 310

10.5.1 Corrente periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 310

10.5.2 Corrente aperiodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 313

11 Lā€™effetto Cerenkov 315

11.1 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme in un mezzo . . . . . . 316

11.2 Il campo per v <c

n. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 318

11.2.1 Analisi in frequenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 319

11.3 Il campo per v >c

n. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323

11.3.1 Il campo nella zona delle onde e lā€™angolo di Cerenkov . . . . . . . . 325

11.4 Mezzi dispersivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327

11.5 Perdita di energia ed emissione di fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331

11.5.1 Un argomento euristico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331

11.5.2 La formula di Frank e Tamm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333

11.6 Rivelatori Cerenkov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 336

12 La reazione di radiazione 338

12.1 Forze di frenamento: analisi preliminare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 341

12.1.1 Un argomento euristico per lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac . . . . . . 343

12.2 Lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 344

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12.2.1 Derivazione dellā€™equazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 346

12.2.2 Determinazione dellā€™autocampo regolarizzato . . . . . . . . . . . . . 350

12.2.3 Caratteristiche dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac . . . . . . . . . . . . 351

12.2.4 La particella carica libera: soluzione esatta . . . . . . . . . . . . . . 355

12.2.5 Moto in campo costante: preaccelerazione . . . . . . . . . . . . . . 358

12.3 Lā€™equazione integroā€“differenziale di Rohrlich . . . . . . . . . . . . . . . . . 361

12.3.1 Preaccelerazione e violazione della causalita . . . . . . . . . . . . . 363

12.4 Il problema relativistico a due corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366

12.4.1 Espansione non relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 368

12.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374

13 Un tensore energiaā€“impulso privo di singolarita 375

13.1 Linee guida della costruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 377

13.2 Costruzione di Ī˜ĀµĪ½em per la particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380

13.2.1 Esistenza di Ī˜ĀµĪ½em . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381

13.2.2 Conservazione di Ī˜ĀµĪ½em . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384

13.2.3 Una definizione operativa dellā€™energia elettromagnetica . . . . . . . 386

13.3 Costruzione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 387

14 Monopoli magnetici 390

14.1 La dualita elettromagnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 391

14.2 Lā€™Elettrodinamica classica in presenza di dioni . . . . . . . . . . . . . . . . 393

14.2.1 Leggi di conservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 395

14.3 La condizione di quantizzazione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 397

14.3.1 Una carica e un monopolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 397

14.3.2 Il momento angolare del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 399

14.3.3 Consistenza quantistica e condizione di quantizzazione di Dirac . . 401

Page 12: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

1 I fondamenti della Relativita Ristretta

Lā€™Elettrodinamica classica costituisce il prototipo per eccellenza di una teoria relativistica,

avendo contribuito in modo determinante alla nascita della Relativita stessa. Il principio

guida della relativita einsteiniana, che afferma che tutte le leggi della Fisica devono avere

la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali, e emerso con forza da questa

teoria ed e andato consolidandosi sempre di piu man mano che le nostre conscenze del

mondo microscopico si sono ampliate e approfondite. Lā€™implementazione piu naturale

ed elegante di questo principio, di fatto lā€™unica di una vera utilita, avviene attraverso il

paradigma della ā€œcovarianza a vistaā€ realizzato nellā€™ambito del calcolo tensoriale. Questo

paradigma ha mostrato possedere carattere universale essendo stato applicato con successo

a qualsiasi teoria di tipo fondamentale, come le teorie che descrivono le quattro interazioni

fondamentali o la piu speculativa Teoria delle superstringhe, e mantiene per di piu la sua

piena validita anche a livello quantistico. La presentazione dellā€™Elettrodinamica fornita

in questo testo si basera cosı con forza, e diremo a ragione, su questo paradigma.

In questo capitolo introduttivo ripercorreremo innanzitutto i tratti essenziali del per-

corso logico che ha portato dai postulati della Relativita alla formulazione del paradigma

della covarianza a vista. E infatti importante tenere presente quali sono le assunzioni

apriorstiche fatte nella costruzione di una teoria, e distinguere le conseguenze inevitabili

di tali assunzioni dalle conseguenze di eventuali ipotesi aggiuntive formulate strada fa-

cendo. Riassumeremo poi in particolare gli elementi fondamentali del calcolo tensoriale

di cui faremo ampio uso in questo testo. Nella parte finale del capitolo anlizzeremo in

dettaglio la struttura del gruppo di Poincare per via della sua connessione intima con le

leggi di conservazione, connessione che verra sviscerata piu avanti.

1.1 I postulati della Relativita

La Meccanica Newtoniana e la teoria della Relativita Ristretta si basano su alcune as-

sunzioni aprioristiche comuni sulle proprieta dello spazio vuoto e del tempo, mentre si

distinguono in modo fondamentale attraverso i ā€œprincipi di relativitaā€ su cui ciascuna

delle due teorie e basata.

1

Page 13: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Le assunzioni in comune sono costituite dalle proprieta dello spazio vuoto di essere

omogeneo e isotropo, e dallā€™omogeneita del tempo. Inoltre le leggi fisiche di entrambe le

teorie sono formulate rispetto a una classe particolare di sistemi di riferimento, i riferi-

menti inerziali, ed entrambe implementano lā€™equivalenza fisica di tutti questi riferimenti

attraverso un principio di relativita. Il principio di relativita galileiana della Meccanica

Newtoniana prevede che le leggi della meccanica mantengano la stessa forma sotto trasfor-

mazioni di Galileo da un sistema di riferimento a un altro, mentre il principio di relativita

einsteiniana richiede che tutte le leggi della fisica abbiano la stessa forma in tutti i sistemi

riferimenti, non facendo ā€“ a priori ā€“ nessuna ipotesi sul modo in cui trasformano lo spazio

e il tempo.

Dā€™altra parte rispetto alla Meccanica Newtoniana la teoria della Relativita Ristretta

rinuncia al paradigma dellā€™assolutezza degli intervalli spaziali e temporali, sostituendolo

con il postulato della costanza della velocita della luce. In definitiva i postulati della fisica

relativistica risultano i seguenti:

I) Lo spazio e isotropo e omogeneo, e il tempo e omogeneo.

II) La velocita della luce e la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

III) Le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

Per rendere operativi questi postulati, in particolare il postulato III) che pone forti

restrizioni sulla forme delle leggi fisiche ammesse, e necessario determinare innanzitutto

la forma delle trasformazioni delle coordinate spazioā€“temporali da un sistema di riferi-

mento a un altro. Prima di derivare la forma di queste trasformazioni dai postulati stessi

specifichiamo le notazioni che adottiamo in questo testo.

Indichiamo le coordinate spazioā€“temporali ā€œcontrovariantiā€ di un evento con indici

greci, Āµ, Ī½, Ā· Ā· Ā· = (0, 1, 2, 3),

xĀµ = (x0, x1, x2, x3), x0 = ct,

dove dā€™ora in poi la velocita della luce c verra posta uguale allā€™unita. Indichiamo le

componenti puramente spaziali dellā€™evento con indici latini, i = (1, 2, 3, ),

xi = (x1, x2, x3),

2

Page 14: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e scriveremo anche xĀµ = (x0, xi). Denotiamo inoltre la metrica di Minkowski, e la sua

inversa, con,

Ī·ĀµĪ½ = diag(1,āˆ’1,āˆ’1,āˆ’1) = Ī·ĀµĪ½ , Ī·ĀµĪ½Ī·Ī½Ļ = Ī“ĀµĻ .

Adottiamo poi la convenzione di Einstein della ā€œsomma sugli indici mutiā€, che sottintende

il simbolo di sommatoria su un indice che compare due volte nella stessa espressione. La

metrica di Minkowski permette di introdurre coordinate spazioā€“temporali ā€œcovariantiā€

secondo,

xĀµ ā‰” Ī·ĀµĪ½xĪ½ = (x0,āˆ’x1,āˆ’x2 āˆ’ x3), xĀµ = Ī·ĀµĪ½xĪ½ .

Scrivendo xĀµ = (x0, xi) avremo quindi x0 = x0, xi = āˆ’xi. Si dice che la metrica di

Minkowski permette di abbassare e alzare gli indici.

1.2 Trasformazioni di Lorentz e di Poincare

Come notato sopra, al contrario dei postulati della Meccanica Newtoniana i postulati

della Relativita non specificano a priori la forma delle trasformazioni delle coordinate

spazioā€“temporali nel passaggio da un sistema di riferimento a un altro; sono piuttosto i

postulati stessi che determinano in modo univoco la forma delle trasformazioni permesse,

che risulteranno essere le trasformazioni di Poincare. In questa sezione ripercorriamo

brevemente la deduzione della forma di queste trasformazioni dai postulati, illustrando

cosı lā€™estrema economia dei postulati stessi e sottolineando la solidita delle proprieta

formali che attraverso essi la Relativita Ristretta impone a tutte le leggi della fisica.

1.2.1 Linearita delle trasformazioni

Consideriamo un sistema di riferimento inerziali K, e in esso due eventi infinitesimamente

vicini, con coordinate xĀµ e xĀµ + dxĀµ. Le coordinate in un altro sistema di riferimento

K ā€² saranno legate alle coordinate in K da una generica trasformazione xā€²Āµ = fĀµ(x). Se

le funzioni fĀµ sono sufficientemente regolari le coordinate degli stessi due eventi in K ā€²

differiranno allora di,

dxā€²Āµ =āˆ‚fĀµ(x)

āˆ‚xĪ½dxĪ½ ā‰” Ī›Āµ

Ī½(x) dxĪ½ .

3

Page 15: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Tuttavia, per lā€™omogeneita dello spazio e del tempo, postulato I), la matrice Ī›ĀµĪ½(x) deve

essere indipendente da x, e integrando si percio una relazione lineare tra le coordinate in

K e K ā€²,

xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½x

Ī½ + aĀµ. (1.1)

Per le coordinate covarianti si ottiene allora,

xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½xĪ½ + aĀµ, Ī›Āµ

Ī½ ā‰” Ī·ĀµĪ± Ī·Ī½Ī² Ī›Ī±Ī². (1.2)

I quattro parametri aĀµ corrispondono ad arbitrarie traslazioni dello spazio e del tempo, che

rappresentano in effetti una classe di trasformazioni permesse tra due sistemi di riferimento

inerziali. Dā€™altra parte ci si convince facilmente che per una scelta arbitraria dei 16

parametri Ī›ĀµĪ½ la (1.1) in generale non corrisponde a una trasformazione da un sistema

di riferimento inerziale a un altro. Per vederlo e sufficiente considerare la scelta Ī›ĀµĪ½ =

k Ī“ĀµĪ½ , corrispondente a una trasformazione di scala, che per k 6= 1 in generale non lascia

invarianti le leggi della fisica.

1.2.2 Invarianza dellā€™intervallo

Per determinare la classe delle matrici Ī› che corrispondono a trasformazioni tra sistemi di

riferimento fisicamente permesse e necessario ricorrere anche al postulato II), dimostrando

ā€œlā€™invarianza dellā€™intervalloā€. Si definisce intervallo tra due eventi xĀµ e xĀµ + dxĀµ, con dxĀµ

differenze infinitesime o anche finite, la quantita,

ds2 ā‰” dxĀµdxĪ½Ī·ĀµĪ½ = dt2 āˆ’ |d~x|2,

che si dimostra essere indipendente dal sistema di riferimento. Consideriamo, infatti,

lā€™intervallo tra gli stessi due eventi in un altro sistema di riferimento K ā€². Per (1.1) si ha,

dsā€²2 = dxā€²Āµdxā€²Ī½Ī·ĀµĪ½ = dtā€²2 āˆ’ |d~x ā€²|2 = GĀµĪ½dxĀµdxĪ½ , (1.3)

dove la matrice simmetrica GĀµĪ½ e definita da,

GĀµĪ½ ā‰” Ī›Ī±ĀµĪ›Ī²

Ī½Ī·Ī±Ī²,

e risulta indipendente dagli eventi considerati. Se i due eventi corrispondono al passaggio

di un raggio di luce si ha evidentemente ds2 = 0, e vale anche il viceversa. Dal postulato

4

Page 16: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

II) segue allora che,

dsā€²2 = 0 ā‡” ds2 = 0 ā‡” dt = Ā±|d~x|.

Concludiamo che la quantita dsā€²2, vista come polinomio del secondo ordine in dt, ha gli

zeri in dt = Ā±|d~x|. La (1.3) permette allora di scrivere,

dsā€²2 = G00 (dtāˆ’ |d~x|) (dt + |d~x|) = G00 ds2, (1.4)

dove la quantita G00 puo dipendere solo dal moto relativo dei due riferimenti. In parti-

colare, per lā€™invarianza per rotazioni ā€“ postulato I) ā€“ G00 puo dipendere solo dal modulo

della velocita relativa, G00(|~v|). Ma invertendo nella (1.4) i ruoli di K e K ā€² avremmo

~v ā†’ āˆ’~v e quindi otterremmo G00(|~v|) = 1/G00(|~v|), e dunque G00 = 1. Lā€™intervallo tra

due eventi qualsiasi e quindi lo stesso in tutti i sistemi di riferimento,

ds2 = dsā€²2,

e la (1.3) pone dunque,

GĀµĪ½ = Ī·ĀµĪ½ .

Concludiamo che le matrici Ī› che compaiono nelle trasformazioni (1.1) tra due sistemi di

riferimento sono soggette ai vincoli,

Ī›Ī±ĀµĪ›Ī²

Ī½Ī·Ī±Ī² = Ī·ĀµĪ½ ā‡” Ī›T Ī· Ī› = Ī·. (1.5)

Lā€™insieme di queste matrici forma un gruppo di Lie, chiamato gruppo di Lorentz, che

viene anche indicato con,

O(1, 3) ā‰” Ī›, matrici reali 4Ɨ 4 /Ī›T Ī· Ī› = Ī·.

Due generici sistemi di riferimento sono pertanto collegati da una trasformazione li-

neare non omogenea del tipo (1.1), dove Ī› e un elemento del gruppo di Lorentz. Lā€™insieme

di queste trasformazioni forma a sua volta un gruppo di Lie che viene chiamato gruppo

di Poincare, P . Gli elementi di questo gruppo sono identificati univocamente dalle coppie

(Ī›Ī±Ī², aĀµ),

P ā‰” (Ī›, a) /Ī› āˆˆ O(1, 3), a āˆˆ R4.

5

Page 17: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Il gruppo O(1, 3) e omeomorfo al sottogruppo di P corrispondente ad a = 0, mentre

gli elementi di P corrispondenti a Ī›ĀµĪ½ = Ī“Āµ

Ī½ formano il sottogruppo delle traslazioni.

Le trasformazioni delle coordinate (1.1) indotte dagli elementi del gruppo di Poincare

vengono chiamate trasformazioni di Poincare, mentre le trasformazioni corrispondenti ad

aĀµ = 0 vengono chiamate trasformazioni di Lorentz.

Strettamente parlando quello che abbiamo dimostrato finora e che una trasformazione

che collega due sistemi di riferimento inerziali e necessariamente una trasformazione di

Poincare. A rigore dovremmo ancora convincerci che ogni trasformazione di Poincare

corrisponde realmente al passaggio da un riferimento inerziale a un altro; e ovvio che

questo problema riguarda solo le trasformazioni di Lorentz in quanto le traslazioni hanno

un significato fisico immediato. Affronteremo questa questione nella sezione 1.4.

1.3 Leggi fisiche covarianti a vista

Una volta determinata la forma delle trasformazioni delle coordinate da un sistema di

riferimento a un altro possiamo procedere allā€™implementazione del postulato III), ovverosia

allo sviluppo di una strategia che permetta di derivare leggi fisiche che soddisfano il

principio di relativita einsteiniana. Prima di poter fare questo dobbiamo determinare

il modo in cui si trasformano in generale le grandezze fisiche quando si passa da un

riferimento a un altro.

Cominciamo notando che il gruppo di Lorentz possiede come sottogruppo il gruppo

delle rotazioni spaziali, vedi sezione 1.4, rappresentato dalle matrici 3Ɨ 3 ortogonali Rij,

O(3) ā‰” R matrici reali 3Ɨ 3 /RTR = I.

Questo gruppo costituisce un gruppo di invarianza ā€œa vistaā€ per le equazioni della Mec-

canica Newtoniana, in quanto queste genericamente sono scritte in forma triā€“vettoriale.

Esempi ne sono lā€™equazione di Newton stessa, ~F = m~a, oppure la formula per il momento

angolare di un corpo rigido, Li = I ijĻ‰j, dove I ij e il tensore dā€™inerzia,

I ij =āˆ‘

n

mn(xinxj

n āˆ’ r2n Ī“ij),

e Ļ‰j e lo pseudoā€“vettore velocita angolare. Notiamo comunque che le grandezze fi-

siche coinvolte sono raggruppate in vettori o tensori tridimensionali, che trasformano

6

Page 18: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

linearmente sotto O(3). Abbiamo per esempio,

F ā€²i = RijF

j, I ā€²ij = RimRj

nImn.

Essendo O(3) sottogruppo di O(1, 3) possiamo allora assumere che le grandezze fisiche

che compaiono nelle leggi della fisica relativistica siano raggruppate in multipletti che tra-

sformano linearmente sotto il gruppo di Lorentz. Nel linguaggio della teoria dei gruppi si

dice che ciascuno di questi multipletti deve essere sede di una rappresentazione, riducibi-

le o irriducibile, del gruppo di Lorentz. Da un risultato fondamentale della teoria delle

rappresentazioni dei gruppi segue allora che questi multipletti devono formare ā€œtensori

quadridimensionali di rango (m,n)ā€ sotto lā€™azione del gruppo di Lorentz.

Per definizione un tensore quadridimensionale di rango (m,n) porta m indici contro-

varianti e n indici covarianti,

TMN ā‰” T Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµm

Ī½1Ā·Ā·Ā·Ī½n,

ed e caratterizzato dalla specifica legge di trasformazione sotto una generica trasformazio-

ne di Poincare (1.1), che specificheremo tra un momento. Tensori di rango (0,0) vengono

chiamati scalari, e tensori di rango (1,0) e (0,1) vengono chiamati vettori, rispettivamente

controvarianti e covarianti.

Piu in generale considereremo campi tensoriali di rango (m,n), che rispetto ai ten-

sori esibiscono anche una dipendenza dalla coordinata quadridimensionale x, T Āµ1Ā·Ā·Ā·ĀµmĪ½1Ā·Ā·Ā·Ī½n

(x).

Per definizione la sua legge di trasformazione sotto una trasformazione di Poincare delle

coordinate, xā€² = Ī›x + a, e data da,

T ā€²Āµ1Ā·Ā·Ā·ĀµmĪ½1Ā·Ā·Ā·Ī½n

(xā€²) = Ī›Āµ1Ī±1 Ā· Ā· Ā·Ī›Āµm

Ī±m Ī›Ī½1

Ī²1 Ā· Ā· Ā· Ī›Ī½n

Ī²n T Ī±1Ā·Ā·Ā·Ī±m

Ī²1Ā·Ā·Ā·Ī½n(x). (1.6)

In particolare un campo tensoriale e invariante per traslazioni. La legge di trasformazione

di un tensore di rango (m,n) si ottiene semplicemente dalla (1.6) omettendo la dipendenza

dalle coordinate spazioā€“temporali. In seguito per semplicita useremo la dicitura generica

ā€œtensoreā€ sia per un campo tensoriale che per un tensore, in quanto sara chiaro dal contesto

di che tipo di oggetto si sta trattando.

Una volta accettato che le osservabili fisiche in una teoria relativistica si devono rag-

gruppare in tensori quadridimensionali, lā€™implementazione del postulato III) ā€“ la relati-

vita einsteiniana ā€“ avviene in analogia con la Meccanica Newtoniana. Cosı come le leggi

7

Page 19: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

di questā€™ultima eguagliando vettori tridimensionali a vettori tridimensionali rispettano

automaticamente la richiesta di invarianza sotto rotazioni spaziali, le leggi della fisica

relativistica avranno automaticamente la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento

inerziali, se sono scritte nel linguaggio quadritensoriale, cioe, eguagliano quadritensori a

quadritensori. Se SNM e TM

N sono due tensori dello stesso rango schematicamente avremo

infatti,

SMN (x) = TM

N (x) in K ā‡’ S ā€²MN (xā€²) = T ā€²MN (xā€²) in K ā€², (1.7)

come si vede moltiplicando la prima equazione con unā€™opportuna serie di matrici Ī›. Unā€™e-

quazione scritta in forma quadritensoriale come la (1.7) si dice essere ā€œcovariante a vistaā€,

in quanto soddisfa automaticamente il principio di relativita einsteiniana.

In conclusione, il paradigma della covarianza a vista costituisce il metodo piu diretto

ed efficace per implementare il postulato III) in una qualsiasi teoria relativistica: in ultima

analisi questo pardigma risulta equivalente al postulato stesso in quanto non sono note

leggi fisiche che hanno la stessa forma in tutti i riferimenti inerziali, ma non possono essere

poste in forma covariante a vista.

Di seguito riassumiamo gli elementi fondamentali del calcolo tensoriale in quanto

strumento essenziale per la costruzione di equazioni covarianti a vista.

1.3.1 Calcolo tensoriale

Di seguito elenchiamo le operazioni principali che si possono eseguire sui tensori, lasciando

eventuali dimostrazioni per lo piu come esercizio.

Indici covarianti e controvarianti. Un tensore di rango (m,n) puo essere trasformato

in un tensore di rango (m āˆ’ k, n + k), alzando o abbassando k indici con la metrica di

Minkowski. In generale il tensore ottenuto viene indicato ancora con lo stesso simbolo.

Per esempio, per m = 2, n = 1 e k = 2 si scrive,

TĪ±Ī²Ļ = Ī·Ī±ĀµĪ·Ī²Ī½TĀµĪ½

Ļ.

Di conseguenza un tensore di rango (m,n) e equivalente a tutti gli effetti a un tensore di

rango (māˆ’ k, n + k), motivo per cui come rango di un tensore si definisce spesso lā€™intero

m + n.

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Page 20: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Prodotti tra tensori. Il ā€œprodottoā€ tra due tensori di rango (m,n) e (k, l) e un tensore

di rango (m + k, n + l).

Contrazione degli indici e prodotti scalari. A partire da un tensore di rango (m,n) si

possono costruire tensori di rango (m āˆ’ k, n āˆ’ k), contraendo k indici covarianti con k

indici controvarianti. Per esempio, a partire da un tensore T ĀµĪ½Ļ di rango (2, 1) contraendo

un indice si ottiene il vettore controvariante,

T ĀµĪ½Ī½ = T ĀµĪ½

Ļ Ī“ĻĪ½ . (1.8)

In particolare la contrazione degli indici del prodotto di due vettori, T ĀµUĪ½ , da lo scalare,

T ĀµUĪ½ Ī“Ī½Āµ = T ĀµUĀµ = T ĀµU Ī½Ī·ĀµĪ½ .

Indicheremo il ā€œquadratoā€ di un vettore con V 2 ā‰” V ĀµVĀµ.

Gradiente di un campo tensoriale. Il gradiente quadriā€“dimensionale, o piu semplice-

mente la ā€œderivataā€, di un campo tensoriale di rango (m,n) costituisce un campo tensoriale

di rango (m,n + 1). Indicheremo il gradiente rispetto alle coordinate spazioā€“temporali

controvarianti con il simbolo,

āˆ‚Āµ ā‰” āˆ‚

āˆ‚xĀµ.

Si noti che lā€™operatore āˆ‚Āµ porta lā€™indice in basso in quanto corrisponde a un vettore

covariante. Cosı la derivata di un campo scalare Ļ•(x) e il campo vettoriale covariante

āˆ‚ĀµĻ•(x).

Simmetrie. Un tensore di rango (2, 0) si dice simmetrico se SĀµĪ½ = SĪ½Āµ, e antisimmetrico

se AĀµĪ½ = āˆ’AĪ½Āµ, proprieta che vengono preservate dalle trasformazioni di Poincare. La

contrazione doppia del prodotto tra un tensore simmetrico e uno antisimmetrico e zero,

AĀµĪ½SĀµĪ½ = 0.

Si definiscono parte simmetrica e parte antisimmetrica di un generico tensore di rango

(2, 0) T ĀµĪ½ i tensori,

T (ĀµĪ½) ā‰” 1

2(T ĀµĪ½ + T Ī½Āµ), T [ĀµĪ½] ā‰” 1

2(T ĀµĪ½ āˆ’ T Ī½Āµ),

il primo essendo un tensore simmetrico e il secondo un tensore antisimmetrico. Si ha la

decomposizione,

T ĀµĪ½ = T (ĀµĪ½) + T [ĀµĪ½].

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Page 21: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per la contrazione doppia del prodotto di un generico tensore T ĀµĪ½ con un tensore simme-

trico, rispettivamente antisimmetrico, valgono le identita,

T ĀµĪ½SĀµĪ½ = T Ī½ĀµSĀµĪ½ = T (ĀµĪ½)SĀµĪ½ , T ĀµĪ½AĀµĪ½ = āˆ’T Ī½ĀµAĀµĪ½ = T [ĀµĪ½]AĀµĪ½ . (1.9)

Un tensore di rango (n, 0) si dice completamente (anti)simmetrico se e (anti)simmetrico

nello scambio di qualsiasi coppia di indici, proprieta preservata dallā€™azione del gruppo di

Poincare. Si definisce parte completamente antisimmetrica di un tensore T Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn di rango

(n, 0), il tensore dello stesso rango,

T [Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn] ā‰” 1

n!(T Āµ1Āµ2Ā·Ā·Ā·Āµn āˆ’ T Āµ2Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn + Ā· Ā· Ā·),

dove nella somma compaiono tutte le n! permutazioni degli indici, ciascuna con il segno

(āˆ’)p dove p e lā€™ordine della permutazione. Il tensore T [Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn] e completamente antisim-

metrico, ed esso e nullo se T Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn e simmetrico anche in una sola coppia di indici. Inoltre

la contrazione doppia del prodotto di T [Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn] con un tensore di rango (0, 2) simmetrico

e nulla.

Proprieta speculari valgono per la parte completamente simmetrica di un tensore di

rango (n, 0),

T (Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn) ā‰” 1

n!(T Āµ1Āµ2Ā·Ā·Ā·Āµn + T Āµ2Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn + Ā· Ā· Ā·).

Tensori invarianti. Un tensore TMN si dice invariante sotto il gruppo di Lorentz O(1, 3)

se per ogni Ī› āˆˆ O(1, 3) si ha

T ā€²MN = TM

N .

Osserviamo che da (1.5) segue che le matrici Ī› āˆˆ O(1, 3) soddisfano |detĪ›| = 1. Se

ci limitiamo alla richiesta di invarianza sotto trasformazioni di Lorentz corrispondenti

a detĪ› = +1, usando la teoria dei gruppi si puo dimostrare che un generico tensore

invariante e necessariamente un polinomio nei due tensori invarianti fondamentali,

Ī·Ī±Ī² e ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“,

dove ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“ e il tensore (di Leviā€“Civita) completamente antisimmetrico, determinato in

modo univoco dalla condizione Īµ0123 = 1. La restrizione alle sole matrici con detĪ› = +1

deriva dal fatto che per una generica matrice Ī› 4Ɨ 4 si ha lā€™identita del determinante,

Ī›Ī±ĀµĪ›Ī²

Ī½Ī›Ī³

ĻĪ›Ī“Ļƒ ĪµĀµĪ½ĻĻƒ = detĪ› Ā· ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“,

10

Page 22: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

proprieta che identifica il tensore di Leviā€“Civita come uno ā€œpseudotensoreā€ invariante.

Questo tensore gode delle proprieta,

ĪµĀµĪ½ĻĻƒĪµĪ±Ī²Ī³Ī“ = āˆ’4! Ī“Āµ[Ī± Ī“Ī½

Ī² Ī“ĻĪ³ Ī“Ļƒ

Ī“], ĪµĀµĪ½ĻĻƒĪµĪ±Ī²Ī³Ļƒ = āˆ’3! Ī“Āµ[Ī± Ī“Ī½

Ī² Ī“ĻĪ³],

ĪµĀµĪ½ĻĻƒĪµĪ±Ī²ĻĻƒ = āˆ’2!2! Ī“Āµ[Ī± Ī“Ī½

Ī²], ĪµĀµĪ½ĻĻƒĪµĪ±Ī½ĻĻƒ = āˆ’3! Ī“ĀµĪ±, ĪµĀµĪ½ĻĻƒĪµĀµĪ½ĻĻƒ = āˆ’4!

Il fatto che la metrica di Minkowski sia un tensore invariante segue invece direttamente

dalla (1.5).

1.4 Struttura del gruppo di Lorentz

In questa sezione vogliamo analizzare brevemente la struttura del gruppo di Lorentz alla

luce del fatto che le matrici Ī› che rappresentano trasformazioni ammesse di coordinate da

un sistema inerziale a un altro, sono vincolate dalla (1.5). In particolare vogliamo trovare

una parametrizzazione esplicita per la generica matrice Ī› che soddisfa questo vincolo per

individuare le corrispondenti operazioni fisiche che connettono due sistemi di riferimento,

questione lasciata aperta nella sezione 1.2.2. Come vedremo a questo scopo sara utile

eseguire unā€™analisi dettagliata delle trasformazioni di Lorentz prossime allā€™identita.

Cominciamo con il notare che i vincoli (1.5) comportano le condizioni |detĪ›| = 1 e

|Ī›00| ā‰„ 1. Il gruppo di Lorentz risulta quindi scisso in quattro sottoinsiemi disgiunti,

a seconda del valore di detĪ› e del segno di Ī›00. Si chiama gruppo di Lorentz proprio il

sottogruppo di O(1, 3) definito da,

SO(1, 3)c ā‰” Ī› āˆˆ O(1, 3)/detĪ› = 1, Ī›00 ā‰„ 1.

Il simbolo ā€œSā€ indica comunemente il fatto che il determinante delle matrici vale +1, e il

pedice ā€œcā€ si riferisce al fatto che il gruppo di Lorentz proprio risulta connesso allā€™unita,

al contrario di O(1, 3). Siccome gli altri tre sottoinsiemi di O(1, 3) si possono ottenere

da SO(1, 3)c attraverso trasformazioni discrete e sufficiente occuparsi di questo ultimo

gruppo.

Conosciamo gia due classi importanti di elementi di SO(1, 3)c. La prima classe e

costituita dalle rotazioni spaziali definite da,

Ī›ij = Ri

j, Ī›00 = 1, Ī›0

i = 0 = Ī›i0,

11

Page 23: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove R āˆˆ SO(3) ā‰” R āˆˆ O(3)/detR = 1. Si verifica infatti immediatamente che la

matrice Ī› cosı definita soddisfa la (1.5).

La seconda classe importante e costituita dalle trasformazioni di Lorentz speciali. Per

un sistema di riferimento che si muove con velocita v lungo lā€™asse x abbiamo per esempio,

Ī›ĀµĪ½ =

Ī³ āˆ’Ī²Ī³ 0 0āˆ’Ī²Ī³ Ī³ 0 0

0 0 1 00 0 0 1

, (1.10)

dove Ī² = v e Ī³ = 1/āˆš

1āˆ’ v2. In generale possiamo eseguire trasformazioni di Lorentz

speciali con velocita ~v arbitraria, purche in modulo minore di uno, e le matrici Ī› corrispon-

denti dipenderanno quindi da tre parametri indipendenti, vale a dire dalle tre componenti

della velocita. Le rotazioni spaziali dipendono a loro volta da tre parametri indipendenti,

per esempio i tre angoli di Eulero, e ci aspettiamo quindi che i 16 elementi della generica

matrice Ī› āˆˆ SO(1, 3)c possano esprimersi in termini di 6 variabili indipendenti. In altre

parole, il gruppo di Lie SO(1, 3)c dovrebbe avere dimensione 6.

Per dimostrare la correttezza di questa conlusione riscriviamo la (1.5) come,

H ā‰” Ī›T Ī·Ī›āˆ’ Ī· = 0, (1.11)

che corrisponde a un sistema di 16 equazioni nelle 16 incognite Ī›ĀµĪ½ , vale a dire HĀµĪ½ = 0.

Tuttavia, siccome per costruzione H e una matrice 4 Ɨ 4 simmetrica, solo 10 di queste

equazioni sono linearmente indipendenti, e la generica soluzione Ī› potra quindi esprimersi

effettivamente in termini di 16āˆ’ 10 = 6 parametri indipendenti.

1.4.1 Trasformazioni infinitesime e trasformazioni finite

Per individuare una possibile scelta di questi 6 parametri consideriamo una generica

trasformazione di Lorentz prossima allā€™identita,

Ī›ĀµĪ½ = Ī“Āµ

Ī½ + Ī©ĀµĪ½ , |Ī©Āµ

Ī½ | Āæ 1.

Imponendo la (1.11) e tenendo solo i termini lineari in Ī©ĀµĪ½ otteniamo,

(Ī“Ī±Āµ + Ī©Ī±

Āµ) Ī·Ī±Ī² (Ī“Ī²Ī½ + Ī©Ī²

Ī½)āˆ’ Ī·ĀµĪ½ = 0 ā‡’ Ī·Ī½Ī±Ī©Ī±Āµ = āˆ’Ī©Ī²

Ī½Ī·Ī²Āµ. (1.12)

12

Page 24: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Definendo la matrice,

Ļ‰ĀµĪ½ ā‰” Ī·ĀµĪ²Ī©Ī²Ī½ ,

risulta anche,

Ī©ĀµĪ½ = Ī·ĀµĪ±Ļ‰Ī±Ī½ , (1.13)

e la relazione in (1.12) diventa allora,

Ļ‰ĀµĪ½ = āˆ’Ļ‰Ī½Āµ. (1.14)

Ļ‰ e quindi una matrice antisimmetrica e come tale ha sei elementi indipendenti. Con-

cludiamo che la generica trasformazione di Lorentz infinitesima dipende da sei parametri

liberi, potendo essere scritta come,

Ī›ĀµĪ½ = Ī“Āµ

Ī½ + Ī·ĀµĪ±Ļ‰Ī±Ī½ . (1.15)

A questo punto siamo anche in grado di dare unā€™espressione esplicita per il generico

elemento finito di SO(1, 3)c. In forma matriciale risulta semplicemente,

Ī› = eĪ©, (1.16)

purche Ī© soddisfi la relazione (1.12) oppure, equivalentemente, Ļ‰ soddisfi la (1.14). Per

dimostrare che le matrici Ī› date in (1.16) soddisfano effettivamente la condizione (1.11)

notiamo intanto che la (1.12) in forma matriciale si scrive,

Ī· Ī© = āˆ’Ī©T Ī· ā‡” Ī©T = āˆ’Ī· Ī© Ī·.

Risulta allora,

Ī›T Ī· Ī› = eĪ©T

Ī· eĪ© = eāˆ’Ī· Ī© Ī· Ī· eĪ© = Ī· eāˆ’Ī© Ī· Ī· eĪ© = Ī·, c.v.d.

Notiamo infine che le matrici Ī› date da (1.16), pur dipendendo da sei parametri indipen-

denti, parametrizzano solo SO(1, 3)c e non lā€™intero gruppo di Lorentz. Infatti, siccome

lā€™esponenziale di una matrice e una funzione continua dei suoi elementi, lā€™insieme delle

matrici eĪ© e connesso con continuita alla matrice identita.

Per concludere chiariamo il significato fisico dei sei parametri Ļ‰ĀµĪ½ analizzando di nuovo

una generica trasformazione infinitesima. In notazione tridimensionale, data la (1.14), in

13

Page 25: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

tutta generalita possiamo porre,

Ļ‰00 = 0, (1.17)

Ļ‰i0 = vi = āˆ’Ļ‰0i (1.18)

Ļ‰ij = Ļ• Īµijkuk, (1.19)

dove il vettore ~v corrispondera alla velocita infinitesima di un sistema di riferimeno ri-

spetto allā€™altro, mentre Ļ• sara lā€™angolo di rotazione infinitesimo attorno alla direzione

individuata dal versore ~u. Che queste interpretazioni sono in effetti corrette si vede

scrivendo esplicitamente le trasformazioni infinitesime delle coordinate, usando la (1.15),

xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½x

Ī½ = xĀµ + Ī·ĀµĪ±Ļ‰Ī±Ī½xĪ½ .

Otteniamo,

tā€² = t + Ī·00Ļ‰0i xi = tāˆ’ ~v Ā· ~x, (1.20)

xā€²i = xi + Ī·ij(Ļ‰j 0t + Ļ‰j k xk) = xi āˆ’ vit + Ļ•( ~uƗ ~x)i. (1.21)

Per ~v = 0 si ottiene in effetti una rotazione spaziale infinitesima di un angolo Ļ• intorno

ad ~u, mentre per Ļ• = 0 si riconosce una trasformazione di Lorentz speciale infinitesima

con velocita relativa ~v. Si noti che nelle (1.20), (1.21) sono assenti i fattori 1/āˆš

1āˆ’ v2 in

quanto essi introdurrebbero correzioni quadratiche in Ļ‰ĀµĪ½ , mentre nella presente analisi

ci siamo limitati ai termini lineari in Ļ‰ĀµĪ½ .

Infine, a titolo di esempio facciamo vedere in che modo possiamo riottenere la tra-

sformazione di Lorentz speciale finita data in (1.10), a partire dalla formula generale

(1.16). A questo scopo nella parametrizzazione generale (1.17)ā€“(1.19) poniamo Ļ• = 0 e

vi = (v, 0, 0), con,

v = v + o(v2).

In questo caso le componenti non nulle di Ļ‰ĀµĪ½ sono,

Ļ‰10 = v = āˆ’Ļ‰01.

Dalla (1.13) segue allora che gli elementi non nulli della matrice Ī©ĀµĪ½ sono dati da,

Ī©01 = āˆ’v = Ī©1

0. (1.22)

14

Page 26: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

A questo punto il calcolo di eĪ© puo essere eseguito agevolmente sviluppando lā€™esponenziale

in serie di Taylor, ed e facile vedere che il risultato coincide con la (1.10), per unā€™opportuna

scelta di v, vedi problema 1.7.

1.5 Problemi

1.1 Usando le tecniche della sezione 1.4 si trovi una parametrizzazione esplicita per la

generica matrice R appartenente a O(3).

1.2 Si dimostri che il tensore dato in (1.8) corrisponde a un vettore controvariante.

1.3 Si dimostri che lā€™operatore āˆ‚Āµ corrisponde a un vettore covariante.

1.4 Si dimostrino le relazioni (1.9).

1.5 Si dimostri che la matrice Ī›ĀµĪ½ data in (1.10) soddisfa il vincolo (1.5).

1.6 Dato un generico tensore T ĀµĪ½Ļ di rango (3, 0) si dimostri che si ha,

T [ĀµĪ½Ļ] = 0 ā‡” ĪµĀµĪ½ĻĻƒTĀµĪ½Ļ = 0.

1.7 Si consideri la matrice,

Ī©ĀµĪ½ =

0 āˆ’v 0 0āˆ’v 0 0 00 0 0 00 0 0 0

,

corrispondente a una trasformazione di Lorentz speciale infinitesima lungo lā€™asse x, vedi

(1.22). Si dimostri che lā€™esponenziale eĪ© coincide con la trasformazione di Lorentz speciale

finita data in (1.10), per unā€™opportuna scelta di v. [Sugg.: si sviluppi lā€™esponenziale in

serie di Taylor e si noti che la matrice,

M ā‰”(

0 11 0

),

gode delle identita algebriche,

M2n =

(1 00 1

), M2n+1 = M,

per ogni intero positivo n.]

15

Page 27: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

2 Le equazioni dellā€™Elettrodinamica

In questo capitolo presenteremo le equazioni che governano la dinamica di un sistema di

particelle cariche puntiformi in interazione con il campo elettromagnetico, ne illustreremo

ruolo e significato e analizzeremo le loro caratteristiche generali. Una parte sostanziale

del corso sara poi dedicata ad unā€™analisi approfondita delle soluzioni e delle conseguenze

fisiche di queste equazioni.

Cominciamo con lā€™introdurre le grandezze fisiche che caratterizzano dal punto di vista

cinematico il moto di una singola particella relativistica.

2.1 Cinematica di una particella relativistica

Linee di universo causali. In Meccanica Newtoniana le legge oraria di una particella cor-

risponde alla curva tridimensionale ~y(t) ā‰” (x(t), y(t), z(t)) 1. In ambito relativistico per

motivi di covarianza si introduce la traiettoria quadridimensionale Ī³ della particella ā€“

detta anche linea di universo ā€“ che e descritta da quattro funzioni di un parametro reale

Ī»,

yĀµ(Ī») = (y0(Ī»), ~y(Ī»)),

che in generale supporremo essere di classe C2. Perche una linea di universo sia fisicamente

accettabile e necessario che essa sia causale e diretta nel futuro. Diremo che una linea di

universo e causale e diretta nel futuro quando, definito il vettore tangente,

V Āµ =dyĀµ

dĪ»,

risultano soddisfatte le condizioni,

a) V 2 ā‰„ 0, āˆ€Ī»,

b) V 0 > 0, āˆ€Ī».

Se la condizione b) e sostituita con la richiesta V 0 < 0, āˆ€Ī» la linea di universo si dice

invece causale e diretta nel passato. La condizione a) segue dal fatto che in una teoria

relativistica una particella non puo superare la velocita della luce, mentre la condizione b)

1Di solito la legge oraria di una particella viene indicata con ~x(t). Noi preferiamo la notazione~y(t) al posto di ~x(t), per evitare la confusione con il generico evento (t, ~x) in cui si valuta il campoelettromagnetico.

16

Page 28: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

assicura che il parametro Ī» e una funzione monotona crescente del tempo, proprieta il cui

significato verra chiarito tra un momento. Da un punto di vista geometrico la condizione

a) definisce lā€™interno del cono luce, mentre lā€™aggiunta della condizione b) ne delimita la

meta ā€œin avantiā€, ovvero, il ā€œcono luce futuroā€. Dā€™ora in poi supporremo, dunque, che

la linea di universo percorsa da una qualsiasi particella sia causale e diretta nel futuro,

ovvero, che il suo vettore tangente V Āµ appartenga allā€™interno del cono luce futuro, per

ogni Ī».

Per la condizione b), ovvero dy0/dĪ» > 0, la funzione y0(Ī») puo essere invertita per

determinare in modo univoco il parametro in funzione del tempo,

y0(Ī») = t ā‡’ Ī»(t).

Le componenti spaziali ~y(Ī») descrivono invece la traiettoria tridimensionale della particel-

la. La legge oraria tridimensionale si ottiene, infine, eliminando dalla traiettoria spaziale

il parametro Ī» in favore del tempo, e per semplicita la scriveremo come,

~y(Ī»(t)) ā‰” ~y(t).

In seguito indicheremo velocita e accelerazione tridimensionali con,

~v =d~y

dt, ~a =

d~v

dt.

Invarianza per riparametrizzazione. Rispetto alla Meccanica Newtoniana sembrerebbe

che la linea di universo relativistica introduce un quarto grado di liberta nella dinamica

della particella ā€“ la funzione y0(Ī»). Tuttavia, questo grado di liberta risulta ā€œspurioā€,

ovvero inosservabile, in quanto riflette lā€™arbitrarieta della scelta del parametro. Due linee

di universo yĀµ1 (Ī») e yĀµ

2 (Ī») risultano, infatti, fisicamente equivalenti se sono collegabili da

una ridefinizione del parametro, vale a dire se esiste una funzione f da R in R, invertibile

e di classe C2 insieme alla sua inversa, tale che,

yĀµ1 (f(Ī»)) = yĀµ

2 (Ī»).

Si dice che le due linee di universo sono collegate da una riparametrizzazione. E evidente

che le leggi orarie associate a due linee di universo collegate da una riparametrizzazione

sono identiche,

~y1(t) = ~y2(t).

17

Page 29: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Saremo quindi autorizzati a usare le linee di universo per descrivere il moto di una par-

ticella, al posto delle leggi orarie, purche le equazioni del moto che postuleremo risultino

invarianti per riparametrizzazione. Si noti che la stessa legge oraria ~y(t) e una funzione in-

variante per riparametrizzazione e risulta una ā€œgrandezza osservabileā€, mentre le funzioni

~y(Ī») e y0(Ī») non lo sono.

Se tutte le equazioni che scriveremo risulteranno invarianti per riparametrizzazione

e lecito scegliere un parametro arbitrario. Una scelta che adotteremo di frequente e la

componente Āµ = 0 della traiettoria stessa, vale a dire il tempo, Ī» = y0 ā‰” t. In questo caso

la linea di universo sara parametrizzata da,

yĀµ(t) = (t, ~y(t)).

Unā€™altra scelta di estrema utilita e il cosiddetto tempo proprio s, che ha il pregio di

essere invariante simultaneamente per trasformazioni di Lorentz e per riparametrizzazione.

Formalmente esso e definito da,

ds =āˆš

dyĀµ dyĀµ, (2.1)

che costituisce una notazione abbreviata per lā€™espressione,

s(Ī») =

āˆ« Ī»

0

āˆšdyĀµ

dĪ»ā€²dyĀµ

dĪ»ā€²dĪ»ā€² + s(0), (2.2)

dove s(0) e una costante arbitraria. Mentre lā€™invarianza di Lorentz di s e manifesta, la

sua invarianza per riparametrizzazione e conseguenza del fatto che nella formula appena

scritta i fattori dĪ»ā€² formalmente si cancellano. Si noti inoltre che grazie alla causalita

della linea di universo ā€“ condizione a) di cui sopra ā€“ il radicando in (2.2) e mai negativo,

dyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»=

(dt

dĪ»

)2

(1āˆ’ v2) ā‰„ 0.

Il concetto di tempo proprio permette poi di definire la derivata invariante,

d

dsā‰” 1āˆš

dyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»

d

dĪ». (2.3)

Grazie allā€™invarianza per riparametrizzazione di s, nelle (2.2) e (2.3) possiamo usare come

parametro il tempo, ottenendo cosı,

s(t) =

āˆ« t

0

āˆš1āˆ’ v2(tā€²) dtā€² + s(0),

d

ds=

1āˆš1āˆ’ v2(t)

d

dt. (2.4)

18

Page 30: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Quadrivelocita, quadriaccelerazione e quadrimomento sono definiti da,

uĀµ =dyĀµ

ds=

(1āˆš

1āˆ’ v2,

~vāˆš1āˆ’ v2

), wĀµ =

duĀµ

ds, pĀµ = muĀµ,

e soddisfano identicamente le relazioni,

uĀµuĀµ = 1, uĀµwĀµ = 0, p2 ā‰” pĀµpĀµ = m2, (2.5)

dove m e la massa della particella. Per lā€™energia e la quantita di moto della particella si

ottengono allora le note espressioni,

Īµ ā‰” p0 =māˆš

1āˆ’ v2, ~p =

m~vāˆš1āˆ’ v2

.

Notiamo ancora che per ogni fissato istante t0 esiste sempre un sistema di riferimento

inerziale K ā€“ chiamato ā€œsistema a riposo istantaneoā€ ā€“ in cui la particella allā€™istante t0 e

a riposo. Si verifica facilmente che in K in questo istante si ha,

uĀµ = (1,~0), wĀµ = (0,~a).

2.2 Lā€™Elettrodinamica di particelle puntiformi

Introduciamo ora il sistema fisico la cui dinamica e lā€™oggetto di studio primario di questo

testo: un sistema di N particelle cariche puntiformi interagenti con il campo elettroma-

gnetico. Le variabili cinematiche indipendenti che lo descrivono sono le 4N funzioni yĀµr (Ī»r)

con r = 1, . . . , N , che parametrizzano le linee di universo Ī³r percorse dalle particelle, e il

campo tensoriale di Maxwell F ĀµĪ½(x) antisimmetrico,

F ĀµĪ½ = āˆ’F Ī½Āµ.

Per ciascuna delle particelle possiamo definire le quantita cinematiche introdotte nella

sezione precedente: il tempo proprio sr, la quadrivelocita uĀµr , la quadriaccelerazione wĀµ

r , e

il quadrimomento pĀµr = mru

Āµr , dove mr e la massa della particella rā€“esima. Per il momento

parametrizziamo ogni linea di universo Ī³r con un parametro Ī»r arbitrario.

Se indichiamo con er la carica della particella rā€“esima, al sistema di cariche resta

associata la (densita di) quadricorrente elettrica,

jĀµ(x) =āˆ‘

r

er

āˆ«

Ī³r

dyĀµr Ī“4(xāˆ’ yr) ā‰”

āˆ‘r

er

āˆ«dyĀµ

r

dĪ»r

Ī“4(xāˆ’ yr(Ī»r)) dĪ»r. (2.6)

19

Page 31: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Questa espressione risulta manifestamente Lorentzā€“covariante e ā€“ come conviene a qual-

siasi grandezza osservabile ā€“ essa e anche invariante per riparametrizzazione in quanto

i fattori dĪ»r formalmente si cancellano. Ricordiamo inoltre che questa corrente risulta

conservata identicamente,

āˆ‚ĀµjĀµ = 0. (2.7)

Le proprieta di una generica quadricorrente elettrica conservata verranno analizzate in

dettaglio nel paragrafo 2.4.1. Quı ci limitiamo a osservare che la corrente di un sistema di

particelle puntiformi strettamente parlando non puo essere considerata come un ā€œcampo

vettorialeā€, in quanto le sue quattro componenti, coinvolgendo la funzioneā€“Ī“ di Dirac,

non sono ā€œfunzioni di xā€ ma elementi di S ā€²(R4), vale a dire distribuzioni temperate. La

corrente data in (2.6) va quindi considerata piuttosto come un ā€œcampo vettoriale a valori

nelle distribuzioniā€. Le conseguenze di questa circostanza verranno discusse in dettaglio

nella prossima sezione, dove analizzeremo a fondo la natura distribuzionale delle equazioni

di Maxwell.

Ricordiamo che il tensore di Maxwell e legato ai campi elettrico e magnetico ( ~E, ~B)

dalle note relazioni,

F 00 = 0 (2.8)

F i0 = Ei (2.9)

F ij = āˆ’ ĪµijkBk ā†” Bi = āˆ’1

2ĪµijkF jk, (2.10)

e che gli invarianti di Lorentz indipendenti che si possono formare con le componenti di

F ĀµĪ½ sono dati da,

ĪµĀµĪ½ĻĻƒFĀµĪ½FĻĻƒ = āˆ’8 ~E Ā· ~B, F ĀµĪ½FĀµĪ½ = 2 (B2 āˆ’ E2). (2.11)

Presentiamo ora le tre equazioni fondamentali che governano la dinamica del nostro

sistema,

dpĀµr

dsr

= erFĀµĪ½(yr) urĪ½ , (2.12)

ĪµĀµĪ½ĻĻƒāˆ‚Ī½FĻĻƒ = 0, (2.13)

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , (2.14)

20

Page 32: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che chiamiamo rispettivamente Equazioni di Lorentz, Identita di Bianchi ed Equazione di

Maxwell. Scopo di queste equazioni e di determinare univocamente i campi F ĀµĪ½(x) e le

linee di universo yĀµr (Ī»r) ā€“ modulo riparametrizzazioni ā€“ date certe condizioni iniziali, vale

a dire, di dare luogo a un ben definito problema di Cauchy in accordo con il determinismo

newtoniano. Per le coordinate yĀµr il problema di Cauchy verra specificato nel prossimo

paragrafo mentre per il tensore di Maxwell lo affronteremo piu avanti.

Di seguito analizzeremo brevemente la struttura e il significato delle singole equazioni.

2.2.1 Equazione di Lorentz

Per non appesantire la notazione consideriamo una singola particella di carica e e linea di

unverso yĀµ(Ī»), che deve dunque soddisfare lā€™equazione di Lorentz,

dpĀµ

ds= eF ĀµĪ½(y) uĪ½ . (2.15)

Prima di tutto facciamo notare che in questa equazione il campo elettromagnetico ri-

sulta valutato sulla traiettoria della particella in quanto con F ĀµĪ½(y) si intendono le sei

funzioni di una variabile F ĀµĪ½(y(Ī»)). Assunto noto il campo elettromagnetico F ĀµĪ½(x) le

(2.15) cositituiscono allora formalmente quattro equazioni differenziali del secondo ordine

nelle quattro funzioni incognite yĀµ(Ī»). Dā€™altra parte queste equazioni risultano invarianti

per riparametrizzazione perche lā€™unica variabile che vi compare esplicitamente e il tempo

proprio s, e cio comporta che esse determinano le yĀµ(Ī») solo modulo una riparametriz-

zazione in accordo con quanto richiesto nella sezione 2.1. In particolare queste equazioni

dovrebbero allora determinare univocamente la legge oraria ~y(t) note le condizioni iniziali,

~y(0) e ~v(0). (2.16)

Vediamo allora due approcci diversi ā€“ ma matematicamente e fisicamente equivalenti ā€“ di

formulare il problema alle condizioni iniziali.

Approccio covariante. In questo approccio si considera s come una variabile indipen-

dente, vale a dire non legata alla traiettoria dalla (2.2), e si parametrizza la linea di

universo con s. Corrispondentemente le (2.15) sono considerate come quattro equazioni

differenziali del secondo ordine nelle quattro funzioni incognite yĀµ(s), che ora pero sono

21

Page 33: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

legate dal vincolo supplementare, vedi (2.1),

u2 =dyĀµ

ds

dyĀµ

ds= 1. (2.17)

Tuttavia, il contenuto di questo vincolo risulta meno restrittivo di quanto non potrebbe

sembrare a prima vista. Le (2.15) assicurano infatti che esso e automaticamente soddi-

sfatto per ogni valore s, una volta che e soddisfatto allā€™istante iniziale, diciamo per s = 0.

Per vederlo e sufficiente moltiplicare le (2.15) con uĀµ. Il membro di destra si annulla al-

lora identicamente, perche F ĀµĪ½uĀµuĪ½ = 0 grazie allā€™antisimmetria del tensore di Maxwell.

Quindi deve annullarsi anche il membro di sinistra,

0 = uĀµdpĀµ

ds=

m

2

d

dsu2.

u2 e quindi indipendente da s, e se vale 1 per s = 0 vale 1 per ogni s.

Analizziamo ora le condizioni iniziali. Essendo le (2.15) del secondo ordine esse hanno

soluzione unica note le condizioni iniziali,

yĀµ(0),dyĀµ

ds(0) ā‰” uĀµ(0).

Per quanto riguarda yĀµ(0) osserviamo che, traslando il tempo iniziale, senza perdita di

generalita possiamo porre y0(0) = 0, mentre ~y(0) fa parte dei dati iniziali ā€œfisiciā€, vedi

(2.16). Per quanto riguarda invece uĀµ(0), una volta assegnata la velocita iniziale ~v(0)

poniamo prima,

~u(0) =~v(0)āˆš

1āˆ’ v2(0),

e imponiamo poi il vincolo (2.17) allā€™istante s = 0,

u0(0) =āˆš

1 + |~u(0)|2 =1āˆš

1āˆ’ v2(0).

A questo punto le (2.15) determinano le yĀµ(s) in modo univoco, e il vincolo (2.17) e

automaticamente soddisfatto per ogni s. La legge oraria ~y(t) si ottiene infine usando

lā€™equazione y0(s) = t per determinare s come funzione di t, e sostituendo la funzione

risultante s(t) in ~y(s).

Lā€™approccio covariante e molto conveniente quando il campo elettromagnetico ha una

forma analitica semplice, vedi per esempio il problema 2.7.

22

Page 34: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Approccio non covariante. In questo approccio si affronta la soluzione delle (2.15)

parametrizzando la linea di universo con il tempo,

yĀµ(t) = (t, ~y(t)),

con il vantaggio palese che non sono presenti gradi di liberta spuri. In questo caso abbiamo

ancora quattro equazioni differenziali del secondo ordine, ma le incognite sono solo le tre

funzioni ~y(t). Tuttavia, possiamo fare vedere che solo tre delle quattro equazioni (2.15)

sono funzionalmente indipendenti. Per fare questo definiamo il quadrivettore,

HĀµ ā‰” dpĀµ

dsāˆ’ eF ĀµĪ½uĪ½ ,

e scriviamo lā€™equazione di Lorentz nella forma,

HĀµ = 0.

Dalle (2.8)ā€“(2.10) si ricavano facilmente le componenti spaziali e temporale di HĀµ,

~H =1āˆš

1āˆ’ v2

(d~p

dtāˆ’ e

(~E + ~v Ɨ ~B

)),

H0 =1āˆš

1āˆ’ v2

(dĪµ

dtāˆ’ e~v Ā· ~E

).

A questo punto osserviamo che vale identicamente ā€“ anche senza usare la (2.15) ā€“

uĀµHĀµ = u0H0 āˆ’ ~u Ā· ~H = 0. (2.18)

Infatti, in contrasto con lā€™approccio precedente, in questo caso la relazione uĀµwĀµ = 0 e

unā€™identita, e vale ancora uĀµuĪ½FĀµĪ½ = 0. Ne discende che H0 dipende funzionalmente da

~H essendo,

H0 =~u Ā· ~H

u0= ~v Ā· ~H.

La componente temporale dellā€™equazione di Lorentz, H0 = 0, e allora automaticamente

soddisfatta se sono soddisfatte le sue componenti spaziali, ~H = 0. E allora sufficiente

risolvere queste ultime che, essendo del secondo ordine nelle derivate temporali, assumono

a tutti gli effetti il ruolo di ā€œequazione di Newtonā€ per la particella,

d~p

dt= e

(~E + ~v Ɨ ~B

). (2.19)

23

Page 35: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Dato F ĀµĪ½(x) e note le condizioni iniziali ~y(0), ~v(0), essa ammette soluzione unica per la

legge oraria ~y(t). La componente temporale dellā€™equazione di Lorentz corrisponde invece

alla legge della potenza,dĪµ

dt= e~v Ā· ~E, (2.20)

ed e quindi conseguenza dellā€™equazione di Newton, esattamente come in fisica non relati-

vistica. Infine, nota ~y(t) la (2.4) fornisce s(t) e permette quindi di ricostruire yĀµ(s).

Concludiamo questo paragrafo insistendo sul significato preciso della (2.19), come

spiegato allā€™inizio di questo paragrafo,

d

dt

(m~v(t)āˆš1āˆ’ v(t)2

)= e

[~E(t, ~y(t)) + ~v(t)Ɨ ~B(t, ~y(t))

]. (2.21)

2.2.2 Identita di Bianchi

Lā€™ā€œidentitaā€ (2.13) nella nomenclatura comune costituisce ā€œmetaā€ delle equazioni di Max-

well, piu precisamente quella meta che non lega il campo elettromagnetico alla corrente

ma ne vincola la forma. In effetti e facile trovare soluzioni semplici di questa equazione

in termini di un potenziale vettore AĀµ, detto anche campo di Maxwell o campo di gauge,

ponendo,

FĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ. (2.22)

Sostituendo in (2.13) si trova infatti,

ĪµĀµĪ½ĻĻƒāˆ‚Ī½FĻĻƒ = ĪµĀµĪ½ĻĻƒ(āˆ‚Ī½āˆ‚ĻAĻƒ āˆ’ āˆ‚Ī½āˆ‚ĻƒAĻ) = 0, (2.23)

in quanto in entrambi i termini si contrae una coppia di indici simmetrici ā€“ quelli delle

derivate ā€“ con una coppia di indici antisimmetrici ā€“ quelli del tensore di Leviā€“Civita. Ma

usando i metodi della Geometria Differenziale si puo dimostrare un risultato piu forte: per

ogni campo tensoriale antisimmetrico FĀµĪ½ soddisfacente lā€™equazione (2.13) esiste un campo

vettoriale AĀµ, tale che FĀµĪ½ possa essere scritto come in (2.22) 2. La conclusione, forse

sorprendente, e che la (2.22) rappresenta la soluzione generale dellā€™identita di Bianchi.

2Questo risultato e valido purche lo spazioā€“tempo considerato sia topologicamente banale, come peresempio R4.

24

Page 36: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Tuttavia, potenziali vettori diversi possono dare luogo allo stesso F ĀµĪ½ . Infatti, dato

un campo scalare Ī› qualsiasi si puo definire un nuovo potenziale vettore,

Aā€²Āµ = AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›, (2.24)

e si verifica immediatamente che vale,

F ā€²ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµA

ā€²Ī½ āˆ’ āˆ‚Ī½A

ā€²Āµ = FĀµĪ½ + āˆ‚Āµāˆ‚Ī½Ī›āˆ’ āˆ‚Ī½āˆ‚ĀµĪ› = FĀµĪ½ ,

grazie alla commutativita delle derivate parziali. Le trasformazioni (2.24), che vengono

chiamate trasformazioni di gauge, lasciano quindi il tensore di Maxwell invariante.

In definitiva possiamo affermare che ā€œlā€™identitaā€ di Bianchi puo essere risolta identica-

mente in termini di un potenziale vettore, ma che il potenziale vettore stesso e determinato

solo modulo una trasformazione di gauge. Schematicamente abbiamo,

ĪµĀµĪ½ĻĻƒāˆ‚Ī½FĻĻƒ = 0 ā‡ā‡’ FĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ, con AĀµ ā‰ˆ AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›. (2.25)

La nostra strategia per affrontare il sistema (2.12)ā€“(2.14) sara ā€“ nella maggior parte dei

casi ā€“ di considerare risolta lā€™identita di Bianchi in termini di AĀµ, rimanendo quindi con

le equazioni (2.12) e (2.14) nelle incognite yĀµr e AĀµ.

Ricordiamo che, ponendo AĀµ = (A0, ~A), in notazione tridimensionale le (2.22) corri-

spondono alle relazioni note,

~E = āˆ’~āˆ‡A0 āˆ’ āˆ‚ ~A

āˆ‚t, ~B = ~āˆ‡Ć— ~A. (2.26)

2.2.3 Equazione di Maxwell

Lā€™equazione (2.14) e da considerarsi come la vera e propria equazione del moto per il campo

elettromagnetico, in quanto lega F ĀµĪ½ alla quadricorrente elettrica. Questa equazione

quantifica quindi il modo in cui la corrente genera il campo. Ricordiamo che lā€™equazione e

consistente con lā€™equazione di continuita della corrente, āˆ‚Ī½jĪ½ = 0, grazie allā€™antisimmetria

del tensore di Maxwell, che implica lā€™identita,

āˆ‚Ī½āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0.

Come abbiamo appena osservato, una volta risolta lā€™identita di Bianchi secondo la

(2.22), lā€™equazione di Maxwell diventa in realta unā€™equazione per il potenziale vettore.

25

Page 37: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Avremmo quindi quattro equazioni differenziali alle derivate parziali del secondo ordine,

nelle quattro incognite AĀµ. Tuttavia, questo conteggio e solo parzialmente significativo,

per due motivi: primo, le componenti del potenziale vettore non sono tutte ā€œfisicheā€ in

quanto soggette alle trasformazioni di gauge; infatti, potenziali vettori diversi possono cor-

rispondere agli stessi campi elettrici e magnetici, ma sono solo questi ultimi a poter essere

osservati sperimentalmente. Secondo, le quattro componenti dellā€™equazione di Maxwell

non sono funzionalmente indipendenti. Per vederlo definiamo,

GĪ½ ā‰” āˆ‚ĀµFĀµĪ½ āˆ’ jĪ½ ,

e scriviamo le equazione di Maxwell nella forma GĪ½ = 0. Grazie alle identita ricordate

pocā€™anzi e poi immediato vedere che le GĪ½ soddisfano identicamente il vincolo,

āˆ‚Ī½GĪ½ = 0 ā‡’ āˆ‚0G

0 = āˆ’~āˆ‡ Ā· ~G. (2.27)

La derivata della componente temporale dellā€™equazione di Maxwell e quindi legata alle

sue componenti spaziali. Tuttavia, questo vincolo non e di tipo algebrico ā€“ non coinvolge

direttamente le equazioni del moto ma le loro derivate ā€“ e quindi non e immediato indi-

viduare le equazioni indipendenti. Risolveremo questo problema piu avanti, nellā€™ambito

della formulazione del problema di Cauchy per il campo elettromagnetico, quando avremo

a disposizione i mezzi per affrontarlo. Concludiamo questa sezione con qualche ulteriore

commento sul sistema (2.12)ā€“(2.14).

Sui gradi di liberta del campo elettromagnetico. Daremo una definizione precisa di cio

che intendiamo con i ā€œgradi di libertaā€ associati a un generico campo Ļ•(x) in sezione 5.1,

dove analizzeremo anche a fondo i gradi di liberta del campo elettromagnetico. Quali-

tativamente possiamo dire che con i gradi di liberta di un sistema fisico si intendono le

variabili indipendenti necessarie per descriverne la dinamica. In particolare si richiede

che le equazioni del moto siano in grado di determinare il loro valore a un istante ge-

nerico, assegnati certi dati iniziali. Possiamo svolgere unā€™analisi preliminare dei gradi di

liberta contenuti nel campo elettromagnetico, se partiamo dalle (2.13), (2.14) riscritte nel

consueto formalismo tridimensionale,

āˆ’āˆ‚ ~E

āˆ‚t+ ~āˆ‡Ć— ~B = ~j, (2.28)

26

Page 38: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

āˆ‚ ~B

āˆ‚t+ ~āˆ‡Ć— ~E = 0, (2.29)

~āˆ‡ Ā· ~E = j0, (2.30)

~āˆ‡ Ā· ~B = 0. (2.31)

Le (2.28), (2.29) costituiscono sei equazioni nelle sei funzioni incognite ~E(t, ~x) e ~B(t, ~x),

che coinvolgono le derivate prime di ~E e ~B rispetto al tempo: esse vanno quindi considerate

come equazioni dinamiche. Queste equazioni ammettono infatti soluzione unica, note le

sei condizioni iniziali ~E(0, ~x), ~B(0, ~x). Al contrario, le due equazioni scalari (2.30) e (2.31)

non contengono derivate temporali e vanno quindi considerate come vincoli, piuttosto che

come equazioni dinamiche. In particolare, le sei condizioni iniziali non possono essere

assegnate arbitrarimente, perche esse sono soggette ai vincoli (2.30), (2.31),

~āˆ‡ Ā· ~E(0, ~x) = j0(0, ~x),

~āˆ‡ Ā· ~B(0, ~x) = 0.

Allā€™istante t = 0 e quindi sufficiente assegnare 6 āˆ’ 2 = 4 componenti del campo elet-

tromagnetico, in quanto a quello stesso istante le rimanenti due componenti risultano

determinate in termini delle altre quattro. A questo punto non e difficile dimostrare

che, se le equazioni (2.28), (2.29) sono soddisfatte per qualsiasi t, e le (2.30), (2.31) so-

no soddisfatte allā€™istante t = 0, allora queste ultime sono automaticamente soddisfatte

per qualsiasi t, vedi problema 2.11. Ci aspettiamo quindi che il campo elettromagnetico

corrisponda non a sei, ma solo a quattro ā€œgradi di liberta fisici del primo ordineā€.

Sulle soluzioni del sistema (2.12)ā€“(2.14) . Lā€™insieme di queste equazioni costituisce un

sistema di equazioni differenziali non lineari fortemente accoppiate che, eccetti casi raris-

simi, non e risolubile esattamente: la forma dei campi determina il moto delle particelle

secondo le (2.12), e i campi a loro volta sono determinati dal moto delle particelle secondo

le (2.14), e dalle (2.13). Tuttavia, in molte situazioni fisiche il problema puo essere ridotto

difatti a considerare una delle due seguenti situazioni, in cui le equazioni si disaccoppiano:

I) E dato un campo elettromagnetico ā€œesternoā€ nel vuoto, soddisfacente, cioe, le (2.13)

e (2.14) con jĀµ = 0. Esempi sono un campo elettromagnetico costante e uniforme in

una certa regione dello spazio, come quello tra le due paratie di un condensatore, oppure

27

Page 39: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

unā€™onda elettromagnetica piana di frequenza e ampiezza data. In molti casi si chiede di

determinare il moto di una particella carica sottoposta a un tale campo. Questo problema

si riconduce allora alla soluzione delle sole equazioni (2.12) nelle incognite yĀµr .

II) E assegnato il moto di una particella carica, oppure di piu particelle cariche, e si chie-

de di determinare il campo elettromagnetico creato da questo sistema di cariche in moto.

Questo problema riguarda solamente le equazioni (2.13) e (2.14) che, come vedremo,

possono essere risolte esattamente, in termini dei celebri potenziali di Lienardā€“Wiechert.

In entrambi i casi, pero, bisogna tenere presente che la dinamica vera del sistema e

governata dallā€™intero set di equazioni (2.12)ā€“(2.14), e che si sta considerando soltanto una

schematizzazione della situazione fisica reale, la cui validita deve essere valutata caso per

caso.

In astratto la strategia da seguire per risolvere il sistema delle equazioni fondamentali

dellā€™Elettrodinamica, e che in linea di principio seguiremo anche noi in questo testo, e la

seguente. Risolta lā€™identita di Bianchi in termini di un potenziale vettore AĀµ, si trova la

soluzione esatta dellā€™equazione di Maxwell per AĀµ ā€“ e quindi per F ĀµĪ½ ā€“ in termini delle

traiettorie generiche yĀµr . Dopodiche si sostituisce il campo F ĀµĪ½ cosı trovato nelle equazioni

di Lorentz, che diventano quindi delle equazioni non locali, ma chiuse, nelle sole incognite

yĀµr . Risolte queste equazioni si possono sostituire le yĀµ

r risultanti in F ĀµĪ½ , per ottenere

infine il campo elettromagnetico come funzione delle sole x.

Come menzionato sopra questo programma raramente puo essere portato a termine in

modo esplicito, per via delle difficolta tecniche coinvolte. Ma vedremo, per di piu, che nel

corso della sua attuazione emergeranno anche difficolta concettuali ā€“ causati dalla natura

puntiforme delle particelle cariche ā€“ che minano irrimediabilmente la consistenza interna

dellā€™Elettrodinamica classica. In altre parole, vedremo lā€™Elettrodinamica classica entrare

in contraddizione con se stessa. Dā€™altra parte da un punto di vista sperimentale questa

teoria descrive tutti i fenomeni elettromagnetici classici con estrema precisione: teoria ed

esperimento sono in perfetto accordo. Restera quindi da spiegare come mai le inconsi-

stenze interne della teoria non si manifestano anche a livello sperimentale. Vedremo, per

lā€™appunto, che e facile predisporre esperimenti in cui queste inconsistenze si tradurreb-

bero in fenomeni fisicamente osservabili. Tuttavia, vedremo anche che questi fenomeni

28

Page 40: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

occorrerebbero su scale spazioā€“temporali alle quali gli effetti quantistici non possono piu

essere trascurati. A queste scale lā€™Elettrodinamica classica perde quindi la sua validita

fenomenologica, ed essa deve essere sostituita dalla Teoria Quantistica di Campo. In

altri termini: sono proprio gli effetti quantistici a mascherare le inconsistenze interne

dellā€™Elettrodinamica classica ā€“ rendendole inosservabili.

Sulle cariche elettriche. Per il momento abbiamo tacitamente assunto che le cariche

elettriche delle particelle costituiscano un arbitrario insieme di costanti er. Siamo con-

fortati in questa ipotesi dal fatto che ā€“ per quanto riguarda le analisi svolte finora sul

sistema (2.12)ā€“(2.14) ā€“ non abbiamo incontrato nessuna inconsistenza: questo sistema di

equazioni sembra consistente qualsiasi siano i valori delle er. A questo proposito possia-

mo, pero, anche notare che le cariche elettriche entrano nelle equazioni fondamentali in

due modi diversi: nelle equazioni di Lorentz, e nellā€™equazione di Maxwell attraverso la

corrente. E evidente che a priori non cā€™e nessun motivo per cui i due insiemi di cariche

siano identici. Potremmo, cioe, usare nelle equazioni di Lorentz le cariche er, e nella

definizione della corrente (2.6) un insieme diverso eāˆ—r, e le equazioni fondamentali man-

terrebbero tutte le buone proprieta discusse finora. Rimane allora da capire cosa ci ha

spinto a identificare questi due insiemi di cariche fin dallā€™inizio. Unā€™indicazione cruciale

che ci aiuta a rispondere a questa domanda viene dal limite non relativistico. Consideria-

mo in questo limite due particelle con cariche (e1, eāˆ—1) e (e2, e

āˆ—2), e chiamiamo ~r il raggio

vettore che congiunge la particella 1 alla particella 2. Allora dallā€™equazione di Maxwell

(2.30) ci possiamo calcolare il campo elettrico quasiā€“statico creato dalla particella 1 nel

punto in cui si trova la particella 2, e viceversa,

~E2 =eāˆ—14Ļ€

~r

r3, ~E1 = āˆ’ eāˆ—2

4Ļ€

~r

r3,

mentre nel limite non relativistico i campi magnetici possono essere trascurati. In questo

limite le equazioni di Lorentz (2.19) ci danno allora per la forza ~F12 esercitata dalla

particella 1 sulla particella 2, e viceversa,

~F12 = e2~E2 =

e2eāˆ—1

4Ļ€

~r

r3, ~F21 = e1

~E1 = āˆ’e1eāˆ—2

4Ļ€

~r

r3.

Si vede quindi che la terza legge di Newton, ovverosia il principio di azione e reazione

29

Page 41: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

~F12 = āˆ’~F21, che e un postulato fondamentale della Meccanica Newtoniana, vale solo se,

e1

eāˆ—1=

e2

eāˆ—2.

Ripetendo questo ragionamento per unā€™arbitraria coppia di particelle si conclude che la

validita della terza legge di Newton richiede che il rapporto er/eāˆ—r sia una costante uni-

versale, che puo essere posta uguale allā€™unita riscalando il campo elettromagnetico e le

cariche. Si ottiene cosı,

er = eāˆ—r.

A livello non relativistico lā€™origine di questa identificazione risiede dunque nel principio

di azione e reazione. Dā€™altra parte, sempre a livello non relativistico questo principio e

equivalente alla conservazione della quantita di moto totale di un sistema isolato,

d

dt(~p1 + ~p2) = ~F21 + ~F12 = 0.

A livello relativistico dobbiamo allora aspettarci che lā€™identificazione dei due tipi di carica

venga imposta dalla richiesta di conservazione del quadrimomento totale, in particolare

dellā€™energia. Nella sezione 2.4 vedremo in effetti che questo e cio che succede.

2.3 La natura distribuzionale del campo elettromagnetico

Abbiamo gia fatto notare che le componenti della quadricorrente jĀµ non sono funzioni,

bensı distribuzioni, supportate sulle linee di universo delle particelle. Dallā€™equazione di

Maxwell (2.14) si deduce allora che le componenti di F ĀµĪ½ non possono essere ā€œfunzioni

derivabiliā€ lungo le linee di universo, perche altrimenti anche le componenti del quadri-

vettore āˆ‚ĀµFĀµĪ½ sarebbero funzioni. Traiamo allora le seguente conclusioni: I) il tensore

F ĀµĪ½ e necessariamente singolare lungo le linee di universo, e vedremo che la singolarita

in questione e del tipo 1/r2, se r indica la distanza spaziale dalla linea di universo; II)

lā€™equazione di Maxwell (2.14) non ha senso come equazione differenziale nello spazio delle

funzioni, mentre essa sara perfettamente ben definita se la consideriamo come equazione

differenziale nello spazio delle distribuzioni temperate S ā€²(R4) 3.

3In ultima analisi il ruolo della (2.14) e unicamente quello di qualificare le singolarita di FĀµĪ½ lungole linee di universo, visto che nel loro complemento la corrente si annulla, e quindi ivi vale banalmenteāˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0.

30

Page 42: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

In questa nuova ottica le componenti di F ĀµĪ½ andranno dunque considerate come ele-

menti di S ā€²(R4), e le derivate che compaiono nella (2.14) andranno considerate come

derivate nel senso delle distribuzioni. Per consistenza allora anche lā€™identita di Bianchi

(2.13) deve essere riguardata come equazione differenziale in S ā€²(R4). Si noti che questa

reinterpretazione delle due equazioni di Maxwell come equazioni differenziali nello spazio

delle distribuzioni e consistente, perche esse sono lineari in F ĀµĪ½ .

Una volta che abbiamo dato un significato matematico preciso alle equazioni di Max-

well e Bianchi possiamo chiederci se ora anche lā€™equazione di Lorentz risulta ben definita.

E immediato vedere che la risposta a questa domanda e negativa. Infatti, nelle (2.12)

compare F ĀµĪ½(yr), cioe il campo elettromagnetico valutato proprio sulla traiettoria del-

la particella, luogo dove esso e singolare: le quantita F ĀµĪ½(yr) sono quindi divergenti e

lā€™equazione di Lorentz e mal definita. Lā€™interpretazione fisica di questa patologia e che

lā€™interazione della particella con il campo elettromagnetico da essa stessa creata ā€“ lā€™au-

tointerazione ā€“ e di intensita infinita. Si intuisce facilmente che la causa prima di questa

divergenza ā€œultraviolettaā€, dovuta cioe alle leggi che determinano la fisica a piccole distan-

ze, e proprio la natura puntiforme delle particelle cariche, come anticipato nel paragrafo

precedente.

Nel capitolo 12 discuteremo possibili soluzioni pragmatiche al problema dellā€™autointe-

razione infinita, ma nessuna di queste risultera soddisfacente dal punto di vista teorico,

se ci si confina allā€™ambito dellā€™Elettrodinamica classica.

2.3.1 Lo spazio delle distribuzioni

Prima di illustrare con qualche esempio il significato ā€“ e la necessita ā€“ di questa nuova

interpretazione delle leggi dellā€™Elettrodinamica, ricordiamo qualche elemento operativo

della teoria delle distribuzioni (temperate) in uno spazio di dimensione arbitraria.

Distribuzioni e funzioni di test. In D dimensioni lo spazio delle funzioni di test S ā‰”S(RD) e lo spazio vettoriale delle funzioni complesse Ļ•(x) di classe Cāˆž, che allā€™infinito de-

crescono insieme a tutte le loro derivate piu rapidamente dellā€™inverso di qualsiasi potenza.

Devono, cioe, essere finite tutte le ā€œseminormeā€,

||Ļ•||P,Q ā‰” sup xāˆˆRD |P(x)Q(āˆ‚)Ļ•(x)| , (2.32)

31

Page 43: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove con P intendiamo un generico monomio nelle xĀµ e con Q un generico monomio nelle

derivate parziali āˆ‚Āµ. Per quanto riguarda la topologia di cui si dota S si rimanda a un

testo di Metodi Matematici. Lo spazio delle distribuzioni S ā€² ā‰” S ā€²(RD) e allora definito

come lā€™insieme dei funzionali F che sono lineari e continui su S,

F : S ā†’ C,

Ļ• ā†’ F (Ļ•). (2.33)

Una generica distribuzione F āˆˆ S ā€² e completamente determinata dai valori F (Ļ•) che essa

assume quando viene applicata a una generica funzione di test Ļ• āˆˆ S. Ricordiamo ora un

teorema che e di grande utilita pratica quando si tratta di stabilire se un dato funzionale

lineare su S risulta continuo.

Teorema: un funzionale lineare F su S e continuo, cioe, appartiene ad S ā€², se e solo se esso

puo essere maggiorato da una somma finita di seminorme di Ļ•, vale a dire,

|F (Ļ•)| ā‰¤āˆ‘

CP,Q ||Ļ•||P,Q, āˆ€Ļ• āˆˆ S, (2.34)

per opportune costanti positive CP,Q indipendenti da Ļ•.

Unā€™importante classe di distribuzioni e quella costituita dalle distribuzioni regolari,

ovvero dalle distribuzioni che sono rappresentate da funzioni. Si dice che una distribuzione

F e rappresentata dalla funzione f(x) da RD in C quando si ha,

F (Ļ•) =

āˆ«f(x) Ļ•(x) dDx.

Sfruttando il teorema di cui sopra e allora facile dimostrare che rappresentano distribu-

zioni regolari in particolare tutte le funzioni limitate, e tutte le funzioni con singolarita

integrabili, che divergono allā€™infinito al massimo come qualche potenza, vedi problema 2.4.

Ricordiamo inoltre che in generale le distribuzioni non si possono moltiplicare o divi-

dere tra di loro, e che il valore di una distribuzione F in un punto x in generale non e una

quantita ben definita. Tuttavia, certe proprieta delle distribuzioni risultano di ā€œaccesso

immediatoā€ se si ricorre alla notazione ā€œsimbolicaā€, vale a dire se si introduce formalmente

la quantita F (x). In notazione simbolica scriveremo per esempio,

F (Ļ•) =

āˆ«F (x) Ļ•(x) dDx.

32

Page 44: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

2.3.2 Operazioni sulle distribuzioni

Le operazioni che presentiamo di seguito si riferiscono a distribuzioni F che operano su

funzioni di test Ļ• appartenenti ad S, ma in molti casi queste operazioni mantengono

la loro validita anche quando le distribuzioni vengono applicate a funzioni molto meno

regolari di quelle appartenenti a S.

Derivate di distribuzioni. Ogni elemento F āˆˆ S ā€² ammette derivate parziali āˆ‚ĀµF āˆˆ S ā€²,definite da,

(āˆ‚ĀµF )(Ļ•) = āˆ’F (āˆ‚ĀµĻ•). (2.35)

Dalla definizione segue immediatamente che le derivate parziali nel senso delle distribu-

zioni commutano sempre,

āˆ‚Āµāˆ‚Ī½F = āˆ‚Ī½āˆ‚ĀµF.

La valutazione esplicita della derivata di una distribuzione F e facilitata se in un sottoin-

sieme B di RD essa puo essere rappresentata da una funzione di classe Cāˆž. In questa

regione la derivata puo essere calcolata semplicemente nel senso delle funzioni, e il calcolo

della derivata di F e ridotto essenzialmente alla determinazione di āˆ‚ĀµF nel complemento

di B, che e il luogo dove F e singolare. Siccome le singolarita delle distribuzioni con cui

avremo a che fare costituiscono sempre insiemi di misura nulla, questa strategia si rivelera

molto efficace.

Convoluzione. La convoluzione F āˆ—Ļ• tra una distribuzione F e una funzione di test Ļ•

e una distribuzione che in notazione simbolica e data da,

(F āˆ— Ļ•)(x) =

āˆ«F (xāˆ’ y) Ļ•(y) dDy.

Per le sue derivata si ha,

āˆ‚Āµ(F āˆ— Ļ•) = āˆ‚ĀµF āˆ— Ļ• = F āˆ— āˆ‚ĀµĻ•.

Se anche F āˆˆ S si ha inoltre F āˆ— Ļ• = Ļ• āˆ— F .

Funzioneā€“Ī“ di Dirac unidimensionale. La distribuzione di Dirac unidimensionale Ī“a

supportata in x = a, con a āˆˆ R, e lā€™elemento di S ā€²(R) definito da Ī“a(Ļ•) = Ļ•(a), per

ogni Ļ• āˆˆ S(R). Essa al solito viene rappresentata dalla funzione simbolica Ī“(x āˆ’ a) che

33

Page 45: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

soddisfa, āˆ«Ī“(xāˆ’ a) Ļ•(x) dx = Ļ•(a).

La Ī“ di Dirac gode di alcune importanti proprieta che ora elencheremo usando la notazione

simbolica. Per la sua derivata nā€“esima si ha,

āˆ«dn

dxnĪ“(xāˆ’ a) Ļ•(x) dx = (āˆ’)n dnĻ•

dxn(a).

Per ogni f āˆˆ OM(R) ā€“ lā€™insieme delle funzioni Cāˆž su R polinomialmente limitate insieme

a tutte le loro derivate ā€“ si ha poi,

f(x) Ī“(xāˆ’ a) = f(a) Ī“(xāˆ’ a). (2.36)

Questa relazione comporta alcune semplici identita, come per esempio,

x Ī“(x) = 0, x2 d

dxĪ“(x) = 0, x

d

dxĪ“(x) = āˆ’Ī“(x), etc.

Queste identita si dimostrano facilmente usando la regola di Leibnitz, valida per prodotti

del tipo fF , con f āˆˆ OM(R) e F āˆˆ S ā€²(R). Se c e un numero reale diverso da zero vale

anche,

Ī“(c (xāˆ’ a)) =Ī“(xāˆ’ a)

| c| .

Data una funzione reale f(x), in certe condizioni resta definita anche lā€™espressione Ī“(f(x)).

Puı precisamente, se f e derivabile e ha un numero finito di zeri xn tali che le derivate

prime f ā€²(xn) sono tutte diverse da zero, si definisce,

Ī“(f(x)) =āˆ‘

n

Ī“(xāˆ’ xn)

|f ā€²(xn)| . (2.37)

Lā€™origine di questa definizione diventa evidente se si applicano entrambi i membri a una

funzione di test, e se nellā€™integrale risultante a primo membro si esegue formalmente

il cambiamento di variabile x ā†’ y = f(x). Un caso che incontreremo di frequente

corrisponde alla funzione f(x) = x2 āˆ’ a2, a 6= 0, per cui la (2.37) da,

Ī“(x2 āˆ’ a2) =1

2|a| (Ī“(xāˆ’ a) + Ī“(x + a)) . (2.38)

Dalla definizione della convoluzione data sopra segue inoltre che si ha,

Ī“ āˆ— Ļ• = Ļ•,

34

Page 46: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

per ogni Ļ• āˆˆ S.

Funzioneā€“Ī“ di Dirac quadridimensionale. La distribuzione di Dirac si generalizza im-

mediatamente a uno spazio di dimensione arbitraria. Per definitezza, e in vista dellā€™uso

che ne faremo in seguito, quı presentiamo il caso quadridimensionale.

Dato un quadrivettore aĀµ la distribuzione di Dirac Ī“a, supportata in xĀµ = aĀµ, e lā€™ele-

mento di S ā€²(R4) definito da Ī“a(Ļ•) = Ļ•(a), per ogni Ļ• āˆˆ S(R4). Essa viene rappresentata

dallā€™espressione simbolica,

Ī“4(xāˆ’ a) = Ī“(x0 āˆ’ a0) Ī“3(~xāˆ’ ~a) = Ī“(x0 āˆ’ a0)Ī“(x1 āˆ’ a1)Ī“(x2 āˆ’ a2)Ī“(x3 āˆ’ a3), (2.39)

e si scrive,

Ī“a(Ļ•) =

āˆ«Ī“4(xāˆ’ a) Ļ•(x) d4x = Ļ•(a).

Per le sue derivate si ottiene,

(āˆ‚ĀµĪ“a)(Ļ•) = āˆ’Ī“a(āˆ‚ĀµĻ•) = āˆ’āˆ‚ĀµĻ•(a),

che in notazione simbolica si scrive come,

āˆ«āˆ‚ĀµĪ“

4(xāˆ’ a) Ļ•(x) d4x = āˆ’āˆ‚ĀµĻ•(a).

Per ogni f āˆˆ OM(R4) si ha poi,

f(x) Ī“4(xāˆ’ a) = f(a) Ī“4(xāˆ’ a).

In questo caso da questa relazione seguono le identita,

xĀµĪ“4(x) = 0, xĀµxĪ½āˆ‚Ļ Ī“4(x) = 0, xĀµāˆ‚Ī½ Ī“4(x) = āˆ’Ī“ĀµĪ½ Ī“4(x), etc.

Se CĀµĪ½ e una qualsiasi matrice 4Ɨ 4 invertibile si ha inoltre,

Ī“4(C(xāˆ’ a)) =Ī“4(xāˆ’ a)

| detC| .

La quadricorrente in notazione tridimensionale. Per illustrare lā€™uso della Ī“ di Dirac

come funzione simbolica deriviamo la forma tridimensionale della quadricorrente jĀµ di un

sistema di particelle, vedi (2.6). A questo scopo esplicitiamo lā€™integrale rā€“esimo in (2.6),

35

Page 47: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

scegliendo come variabile di integrazione la coordinata temporale della particella rā€“esima,

cioe, Ī»r = y0r . Usando la (2.39) si ottiene,

jĀµ(x) =āˆ‘

r

er

āˆ«

Ī³r

dyĀµr (y0

r)

dy0r

Ī“4(xāˆ’yr(y0r)) dy0

r =āˆ‘

r

er

āˆ«

Ī³r

dyĀµr (y0

r)

dy0r

Ī“(tāˆ’y0r) Ī“3(~xāˆ’~yr(y

0r)) dy0

r .

A questo punto si puo eseguire lā€™integrale della Ī“(t āˆ’ y0r) in dy0

r , considerando il resto

dellā€™integrando come una ā€œfunzione di testā€, la quale va quindi valutata in y0r = t. Si

ottiene,

jĀµ(t, ~x) =āˆ‘

r

erdyĀµ

r (t)

dtĪ“3(~xāˆ’ ~yr(t)),

dove e sottinteso che y0r(t) = t. Scrivendo separatamente parte temporale e parte spaziale

si ottengono rispettivamente la densita di carica e la densita di corrente spaziale,

j0(t, ~x) =āˆ‘

r

er Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)), (2.40)

~j(t, ~x) =āˆ‘

r

er ~vr(t) Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)). (2.41)

Distribuzioni con supporto in un punto. Completiamo lā€™elenco delle proprieta della Ī“

di Dirac enunciando un teorema che vincola fortemente la forma di una distribuzione che

e ā€œdiversa da zeroā€ solo in un insieme finito di punti, vale a dire il cui supporto e costituito

da un insieme finito di punti.

Teorema: Una distribuzione F āˆˆ S ā€²(RD) il cui supporto e costituito dal punto xĀµ = aĀµ,

e necessariamente una combinazione lineare finita della Ī“D(x āˆ’ a) e delle sue derivate.

Avremo, cioe,

F = c Ī“D(xāˆ’ a) + cĀµāˆ‚ĀµĪ“D(xāˆ’ a) + Ā· Ā· Ā·+ cĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµnāˆ‚Āµ1 Ā· Ā· Ā· āˆ‚ĀµnĪ“D(xāˆ’ a), (2.42)

dove i cĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµk sono coefficienti costanti. Se il supporto di una distribuzione e invece co-

stituito da un insieme finito di punti, essa e data da una somma di espressioni del tipo

(2.42). Come vedremo questo teorema risultera molto utile nella soluzione di equazioni

algebriche per distribuzioni.

Trasformata di Fourier di una distribuzione. La trasformata di Fourier costituisce una

biiezione di S in se stesso ed, opportunamente estesa, di S ā€² in se stesso. Indicheremo la

trasformata di Fourier di un generico elemento Ļ• āˆˆ S con Ļ•, e analogamente quella di un

36

Page 48: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

generico elemento F āˆˆ S ā€² con F . Nello spazioā€“tempo di Minkowski quadridimensionale

per una generica funzione di test si ha,

Ļ•(k) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’ikĀ·xĻ•(x), Ļ•(x) =

1

(2Ļ€)2

āˆ«d4k eikĀ·xĻ•(k),

dove abbiamo introdotto le quattro variabili duali k ā‰” kĀµ e definito k Ā· x ā‰” kĀµxĪ½Ī·ĀµĪ½ . Si

noti che, strettamente parlando, per quanto riguarda la variabile ~x la nostra definizione

corrisponde in realta allā€™antitrasformata di Fourier. La trasformata di Fourier di una

distribuzione e allora definita da,

F (Ļ•) = F (Ļ•), āˆ€Ļ• āˆˆ S.

Da questa definizione segue facilmente che in notazione simbolica si ha,

F (k) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’ikĀ·xF (x), F (x) =

1

(2Ļ€)2

āˆ«d4k eikĀ·xF (k),

ma insistiamo sul fatto che questi integrali sono da intendersi come tali solo se la distri-

buzione F e sufficientemente regolare.

Per le derivate e la moltiplicazione per una coordinata si ha,

āˆ‚ĀµF (k) = i kĀµF (k), xĀµF (k) = iāˆ‚

āˆ‚kĀµ

F (k),

con ovvie estensioni alla trasformata di Fourier di un generico polinomio in xĀµ e āˆ‚Ī½ ,

applicato a F . Ricordiamo in particolare le trasformate della Ī“4 e delle sue derivate,

Ī“4(x)(k) =1

(2Ļ€)2, āˆ‚ĀµĪ“4(x)(k) =

ikĀµ

(2Ļ€)2.

Per concludere riportiamo la formula per la trasformata di Fourier della convoluzione

tra un elemento F di S ā€² e un elemento Ļ• di S. In uno spazio a dimensione D in notazione

simbolica si ha,

F āˆ— Ļ• (k) = (2Ļ€)D/2F (k) Ļ•(k).

2.3.3 Identita di Bianchi e forme differenziali

Una volta assodato che le equazioni per il campo elettromagnetico devono essere formulate

nello spazio delle distribuzioni e opportuno riesaminarle in questo nuovo ambito. In questo

37

Page 49: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

paragrafo rianalizzeremo lā€™identita di Bianchi (2.13) e la sua soluzione generale (2.22),

mentre nel prossimo paragrafo ci dedicheremo allā€™equazione di Maxwell.

Come ora sappiamo le componenti di F ĀµĪ½ non sono derivabili ovunque ā€“ come funzioni

ā€“ e le derivate āˆ‚Ī½FĻĻƒ che compaiono nella (2.13) vanno eseguite nel senso delle distribuzioni.

Si ripresenta allora la domanda se lā€™espressione FĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ e ancora soluzione

dellā€™identita di Bianchi, ovverosia, se il calcolo formale eseguito in (2.23) e ancora valido.

Se vogliamo dare senso a questa domanda, come prima cosa dobbiamo considerare anche

le componenti di AĀµ come distribuzioni. A questo punto la correttezza del risultato (2.23)

ā€“ indipendentemente dalla presenza o meno di singolarita in AĀµ, purche di carattere

distribuzionale ā€“ segue semplicemente dal fatto che le derivate nel senso delle distribuzioni

commutano.

Per dimostrare il viceversa, cioe, che in S ā€²(R4) ogni soluzione di (2.13) puo essere

scritta nella forma (2.22), conviene fare uso di un formalismo che viene introdotto in

Geometria Differenziale 4, piu precisamente il formalismo delle ā€œpā€“forme differenziali a

valori nello spazio delle distribuzioniā€. Questi oggetti geometrici ā€“ che vengono chiamati

anche piu semplicemente ā€œpā€“formeā€ ā€“ sono essenzialmente tensori di rango (0, p) comple-

tamente antisimmetrici a valori in S ā€²(R4). Lā€™analisi che segue, non essendo indispensabile

per la comprensione del resto del testo, e rivolta a coloro che sono familiari con questo

formalismo.

Nel linguaggio delle forme al tensore antisimmetrico F ĀµĪ½ resta associata la dueā€“forma,

F =1

2dxĪ½ āˆ§ dxĀµFĀµĪ½ . (2.43)

Ricordiamo poi che sullā€™algebra delle forme e definito lā€™operatore ā€œdifferenziale esternoā€

d, che associa a una pā€“forma una (p + 1)ā€“forma, e risulta nihilpotente, cioe soddisfa,

d2 = 0.

Nellā€™ambito delle forme a valori nelle distribuzioni questa proprieta e conseguenza diretta

del fatto che le derivate parziali nel senso delle distribuzioni commutano sempre. Per

4Un testo che presenta la Geometria Differenziale con particolare riferimento alle sue applicazioni infisica, compreso il linguaggio delle forme differenziali, e ā€œAnalysis, Manifolds and Physicsā€, di YvonneChoquetā€“Bruhat, Cecile DeWittā€“Morette e Margaret Dillardā€“Bleick, ed. Northā€“Holland, Amsterdam,1982.

38

Page 50: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

definizione il differenziale esterno di F e la treā€“forma,

dF =1

2dxĪ½ āˆ§ dxĀµ āˆ§ dxĻ āˆ‚[ĻFĀµĪ½].

Lā€™identita di Bianchi e allora equivalente alla richiesta che F sia una forma chiusa, cioe,

che valga dF = 0. Infatti, vedi problema 2.2,

dF = 0 ā‡” āˆ‚[ĻFĀµĪ½] = 0.

Siccome F e una forma chiusa, secondo il Lemma di Poincare nello spazio delle forme a

valori nelle distribuzioni, essa e anche esatta 5. Esiste, cioe, una unoā€“forma A = dxĪ½AĪ½ a

valori nelle distribuzioni tale che,

F = dA. (2.44)

Esplicitando il differenziale si ottiene,

F =1

2dxĪ½ āˆ§ dxĀµFĀµĪ½ = d(dxĪ½AĪ½) = dxĪ½ āˆ§ dxĀµ āˆ‚[ĀµAĪ½],

e quindi,

FĀµĪ½ = 2āˆ‚[ĀµAĪ½] = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ,

che corrisponde alla (2.22). Dā€™altra parte, dato che lā€™operatore d e nihilpotente la unoā€“

forma A data in (2.44) e a sua volta definita modulo unoā€“forme esatte,

A ā‰ˆ A + dĪ›, (2.45)

dove Ī› e una zeroā€“forma, ovverosia un campo scalare. Siccome dĪ› = dxĀµāˆ‚ĀµĪ› la (2.45) si

traduce in,

AĀµ ā‰ˆ AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›,

cosicche ritroviamo che il potenziale vettore e definito modulo una trasformazione di

gauge. In conclusione, nel linguaggio delle forme differenziali le relazioni (2.25) si scrivono

semplicemente,

dF = 0 ā‡ā‡’ F = dA, con A ā‰ˆ A + dĪ›.

5Nello spazio delle forme differenziali a valori in S ā€²(RD) il lemma di Poincare asserisce che ogni formachiusa e anche esatta. Questo e essenzialmente dovuto al fatto che lo spazio RD e topologicamente banale.

39

Page 51: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Si vede che da un lato il formalismo delle forme differenziali e utile perche fornisce

una notazione compatta che evita di indicare esplicitamente gli indici; dallā€™altro lato

nellā€™ambito della teoria delle distribuzioni esso permette di definire le componenti delle pā€“

forme ā€œglobalmenteā€ ā€“ vale a dire in tutto R4 ā€“ anche in presenza di singolarita. Notiamo,

tuttavia, che questo formalismo non si applica a tensori che non sono completamente

antisimmetrici.

2.3.4 Il campo elettromagnetico della particella statica

La necessita di considerare le equazioni che governano la dinamica del campo elettroma-

gnetico nello spazio delle distribuzioni, emerge molto chiaramente dal semplice esempio

di una particella statica. Per questo motivo analizzeremo ora in dettaglio questo caso.

Ad una particella statica nellā€™origine corrisponde la linea di universo, y0(t) = t, ~y(t) =

0, e quindi ~v(t) = 0. Secondo le (2.40) e (2.41) ad essa corrisponde la quadricorrente,

j0(t, ~x) = e Ī“3(~x), ~j(t, ~x) = 0.

In questo caso sappiamo che il campo magnetico e nullo,

~B = 0,

e che il campo elettrico e statico. Lā€™equazione di Maxwell e lā€™identita di Bianchi si riducono

allora rispettivamente a,

~āˆ‡ Ā· ~E = e Ī“3(~x), ~āˆ‡Ć— ~E = 0, (2.46)

vedi (2.28)ā€“(2.31). Come e noto la soluzione di questo sistema di equazioni dovrebbe

essere data dal campo coulombiano,

~E(t, ~x) =e

4Ļ€

~x

r3, r = |~x|, (2.47)

affermazione che ora rianalizzeremo criticamente.

Come analisi preliminare ci calcoliamo le derivate di ~E nel senso delle funzioni. Dato

che āˆ‚i r = xi/r, per ~x 6= 0 si ottiene facilmente,

āˆ‚iEj =

e

4Ļ€r3

(Ī“ij āˆ’ 3

xixj

r2

). (2.48)

40

Page 52: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™identita di Bianchi sarebbe quindi soddisfatta in quanto āˆ‚iEj āˆ’ āˆ‚jE

i = 0, mentre

lā€™equazione di Maxwell sarebbe violata, perche si otterrebbe āˆ‚iEi = 0 ! Lā€™errore sta

evidentemente nellā€™avere considerato sia ~E che lā€™operator āˆ‚i nello spazio delle funzioni.

Rianalizziamo dunque il problema nello spazio di distribuzioni S ā€² ā‰” S ā€²(R3), appro-

priato per il caso statico. Come prima cosa dobbiamo domandarci se le componenti Ei

del campo elettrico (2.47) appartengono effettivamente ad S ā€². La risposta e affermativa

in quanto ~E ha solo una singolarita integrabile in ~x = 0, e allā€™infinito e limitato da una

costante, vedi problema 2.4. Le derivate āˆ‚iEj sono allora ben definite in S ā€², ma esse vanno

ā€“ per lā€™appunto ā€“ calcolate nel senso delle distribuzioni, vale a dire applicando la (2.35).

Presentiamo prima i calcoli spiegando i passaggi intermedi di seguito,

(āˆ‚iEj)(Ļ•) = āˆ’Ej(āˆ‚iĻ•) = āˆ’ e

4Ļ€

āˆ«d3x

xj

r3āˆ‚iĻ• = āˆ’ e

4Ļ€limĪµā†’0

āˆ«

r> Īµ

d3xxj

r3āˆ‚iĻ•

= āˆ’ e

4Ļ€limĪµā†’0

āˆ«

r> Īµ

d3x

[āˆ‚i

(xj

r3Ļ•

)āˆ’ āˆ‚i

(xj

r3

)Ļ•

]

=e

4Ļ€limĪµā†’0

[āˆ«

r=Īµ

dĪ© ninj Ļ• +

āˆ«

r>Īµ

d3x1

r3

(Ī“ij āˆ’ 3

xixj

r2

)Ļ•

]

=e

3Ī“ij Ļ•(0) +

e

4Ļ€

āˆ«d3x

1

r3

(Ī“ij āˆ’ 3

xixj

r2

)Ļ•. (2.49)

Spieghiamo ora i passaggi. Lā€™integrando della prima riga appartiene a L1(R3), e cosı

possiamo eseguire lā€™integrale introducendo una successione invadente qualsiasi. Abbiamo

usato la successione invadente VĪµ = R3\SĪµ, dove SĪµ e la palla di raggio Īµ centrata nel-

lā€™origine. Siccome in VĪµ lā€™integrando e di classe Cāˆž abbiamo poi potuto usare il calcolo

differenziale standard. Nella seconda riga abbiamo cosı usato la regola di Leibnitz e nella

terza il teorema di Gauss. Il bordo di VĪµ e costituito dalla sfera allā€™infinito, che non da

contributo al flusso perche Ļ• svanisce allā€™infinito piu rapidamente dellā€™inverso di qualsiasi

potenza, e dalla sfera di raggio Īµ centrata nellā€™origine. Per valutare lā€™integrale su questa

sfera abbiamo usato coordinate polari ~x ā†” (r, Ī©), con Ī© = (Ļ†, Ļ‘) e dĪ© ā‰” senĻ‘ dĻ‘ dĻ†,

e introdotto il versore radiale uscente ni = xi/Īµ. Lā€™elemento di superficie diventa allora

41

Page 53: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dĪ£i = niĪµ2dĪ©. Infine abbiamo ultilizzato lā€™integrale sugli angoli, vedi problema 2.6,

āˆ«dĪ© ninj =

4Ļ€

3Ī“ij.

Riscrivendo la (2.49) in notazione simbolica otteniamo in definitiva per le derivate di ~E

nel senso delle distribuzioni,

āˆ‚iEj =

e

3Ī“ij Ī“3(~x) +

e

4Ļ€r3

(Ī“ij āˆ’ 3

xixj

r2

). (2.50)

Confrontando con la (2.48) si vede che il calcolo ā€œnaivā€ e valido per ~x 6= 0, ma non e

capace di rivelare la presenza del termine supportato in ~x = 0, dove il campo elettrico e

infatti singolare 6.

Come si vede lā€™espressione (2.50) soddisfa ora entrambe le equazioni di (2.46), la prima

in particolare essendo equivalente allā€™identita in S ā€²,

~āˆ‡ Ā· ~x

r3= 4Ļ€ Ī“3(~x). (2.51)

Infine possiamo rileggere i nostri risultati in termini del potenziale coulombiano A0. La

soluzione generale dellā€™identita di Bianchi ~āˆ‡Ć— ~E = 0 e infatti data da,

~E = āˆ’~āˆ‡A0.

Data la (2.47) si verifica facilmente (esercizio) che questa relazione e soddisfatta ā€“ anche

nel senso delle distribuzioni ā€“ se si sceglie il potenziale,

A0 =e

4Ļ€r, (2.52)

appartenente anchā€™esso S ā€². Lā€™analisi svolta sopra implica allora la validita dellā€™equazione

di Poisson āˆ’āˆ‡2A0 = e Ī“3(~x), dalla quale segue la nota identita,

āˆ‡2 1

r= āˆ’4Ļ€ Ī“3(~x). (2.53)

Lā€™equazione di Lorentz. Una volta risolte lā€™equazione di Maxwell e lā€™identita di Bianchi

possiamo considerare lā€™equazione di Lorentz, le cui componenti indipendenti sono date

6Si noti che il secondo e il terzo termine in (2.50), che per r ā†’ 0 si comportano entrambi come 1/r3,presi separatamente non costituiscono affatto distribuzioni. E solo la particolare combinazione lineareche compare in (2.50), con coefficiente relativo āˆ’3, ad essere un elemento di S ā€².

42

Page 54: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in (2.21). Siccome abbiamo ~v = ~p = 0, il membro di sinistra di questa equazione e

identicamente nullo. Dā€™altra parte, dato che ~y(t) = 0 il membro di destra della (2.21) si

ridurrebbe a e ~E(t,~0), espressione che ā€“ data la (2.47) ā€“ diverge! Ritroviamo cosı che la

forza esercitata dal campo elettromagnetico generato da una particella puntiforme sulla

particella stessa e divergente, e che lā€™equazione di Lorentz e inconsistente. A dire il vero

nel caso statico quı considerato conosciamo una soluzione pragmatica del problema: in

accordo con lā€™esperienza dobbiamo porre la quantita mal definita ~E(t,~0) uguale a zero,

perche sperimentalmente si osserva che una particella statica non subisce nessuna forza.

Vedremo, tuttavia, che nel caso generale di una particella in moto vario questa semplice

ricetta non risulta implementabile, perche entrerebbe in conflitto con la conservazione del

quadrimomento totale.

Lā€™energia infinita del campo elettromagnetico. Concludiamo lā€™analisi della particella

statica con un ulteriore commento, anticipando lā€™espressione per la densita di energia

del campo elettromagnetico, vedi paragrafo 2.4.3,

Ļem =1

2(E2 + B2).

Vista la (2.47) e dato che ~B = 0, lā€™energia totale del campo elettromagnetico di una

particella statica risulterebbe quindi,

Īµem =

āˆ«Ļem d3x =

( e

4Ļ€

)2āˆ«

d3x

r4,

che corrisponde a una ā€œcostanteā€ divergente, per via del comportamento singolare del-

lā€™integrando in r ā†’ 0. Dā€™altra parte, nel caso sotto esame lā€™energia della particella e

conservata banalmente, essendo Īµ =māˆš

1āˆ’ v2= m, e allora ā€“ se si deve conservare lā€™ener-

gia totale ā€“ anche lā€™energia Īµem del campo elettromagnetico dovrebbe essere una costante

(finita). Nel capitolo 13 vedremo che nel caso statico lā€™unico valore di Īµem compatibile

con lā€™invarianza relativistica, in realta e Īµem = 0. Ma vedremo anche che nel caso di

una particella in moto arbitrario, questa semplice scelta ā€œfatta a manoā€ violerebbe sia la

conservazione del quadrimomento totale, sia lā€™invarianza relativistica.

E abbastanza evidente che il problema dellā€™energia infinita del campo elettromagnetico

ā€“ cosı come quello dellā€™autointerazione infinita di una particella carica ā€“ e conseguenza

della natura puntiforme delle particelle elementari: mentre il secondo in ultima analisi e

43

Page 55: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

tuttora irrisolto, vedi capitolo 12, il primo ha trovato una soluzione ā€“ anche se solo di

recente ā€“ nellā€™ambito della teoria delle distribuzioni 7. Noi la presenteremo in una forma

alternativa nel capitolo 13.

2.4 Le costanti del moto dellā€™Elettrodinamica

In Fisica un ruolo fondamentale viene giocato dalle costanti del moto associate alla di-

namica di un sistema, ovverosia dalle grandezze fisiche che si conservano durante la sua

evoluzione temporale. Dā€™altra parte, come e noto esiste un legame molto stretto tra leggi

di conservazione e simmetrie continue di una teoria, legame che viene concretizzato dal

teorema di Noether. Lā€™importanza concettuale di questo teorema che, oltre a stabilire

lā€™esistenza di costanti del moto ne fornisce anche la forma esplicita, risiede nella sua ge-

neralita: e valido in qualsiasi teoria le cui equazioni del moto possano essere dedotte da

un principio variazionale. Per lā€™Elettrodinamica di particelle puntiformi, le cui equazioni

del moto sono relativamente semplici, deriveremo ora la forma delle principali costanti del

moto in modo euristico ā€“ senza ricorrere a questo teorema ā€“ utilizzando invece nozioni di

elettromagnetismo di base. La verifica che le costanti del moto cosı ottenute combaciano

perfettamente con quelle previste dal teorema di Noether verra poi fatta nel capitolo 4.

2.4.1 Conservazione e invarianza della carica elettrica

Come prototipo di una legge di conservazione locale, che sia cioe basata su unā€™equazione di

continuita per unā€™opportuna quadricorrente jĀµ, consideriamo la conservazione della carica

elettrica. Se la materia carica e costituita da particelle puntiformi la corrente e data dalla

(2.6); se la carica e invece distribuita con continuita la corrente ha una forma generica. Per

quello che segue la forma particolare della corrente sara irrilevante, in quanto assumeremo

soltanto che essa goda delle seguenti proprieta:

I) jĀµ e un campo vettoriale,

II) jĀµ soddisfa lā€™equazione di continuita, āˆ‚ĀµjĀµ = 0,

III) lim|~x|ā†’āˆž |~x|3jĀµ(t, ~x) = 0, richiediamo cioe che per ogni t fissato la corrente decada

7E.G.P. Rowe, Phys. Rev. D 18 3639 (1978).

44

Page 56: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

allā€™infinito spaziale piu rapidamente di 1/|~x|3, proprieta certamente posseduta da (2.40)

e (2.41).

Sotto queste ipotesi vogliamo ora dimostrare che esiste una carica totale Q conservata,

e che essa e uno scalare sotto trasformazioni di Lorentz.

La costruzione della carica segue una procedura standard, che consiste nellā€™integrare

lā€™equazione di continuita su un volume V ,

āˆ‚0

āˆ«

V

j0 d3x = āˆ’āˆ«

V

~āˆ‡ Ā·~j d3x.

Applicando il teorema di Gauss e definendo la carica contenuta in un volume V come

QV =āˆ«

Vj0 d3x, si ottiene poi lā€™equazione di conservazione locale,

dQV

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

~j Ā· d~Ī£. (2.54)

La derivata della carica contenuta nel volume V eguaglia dunque lā€™opposto del flusso della

corrente spaziale attraverso il bordo di V . Se estendiamo ora il volume a tutto R3, per la

proprieta III) converge lā€™integrale della densita j0 su tutto lo spazio, mentre va a zero il

flusso della corrente spaziale allā€™infinito 8. Si ottiene quindi la carica conservata,

Q =

āˆ«j0 d3x,

dQ

dt= 0. (2.55)

Che la carica totale sia un invariante di Lorentz ā€“ proprieta certamente non posseduta

dalla carica in un volume finito QV ā€“ e un poā€™ meno ovvio. Per dimostrarlo valutiamo la

carica, che e indipendente dal tempo, allā€™istante t = 0 e la riscriviamo come segue,

Q =

āˆ«j0(0, ~x) d3x =

āˆ«j0(x) Ī“(t) d4x =

āˆ«j0(x)āˆ‚0H(t) d4x =

āˆ«jĀµ(x) āˆ‚ĀµH(t) d4x.

Abbiamo introdotto la funzione di Heaviside H(t), nulla per t < 0 e uguale a 1 per t ā‰„ 0,

legata alla Ī“ di Dirac dalla nota relazione,

dH(t)

dt= Ī“(t).

8Se V si estende a tutto lo spazio possiamo scegliere per āˆ‚V una sfera di raggio R e mandare Rallā€™infinito. Conviene passare a coordinate polari. Ponendo d~Ī£ = ~nR2 dĪ©, dove ~n e il versore normalealla sfera e Ī© lā€™angolo solido, otteniamo

āˆ«āˆ‚V

~j Ā· d~Ī£ =āˆ«

dĪ©~n Ā· (limRā†’āˆžR2~j). Ma per la proprieta III) illimite tra parentesi e zero.

45

Page 57: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Consideriamo ora la carica totale Qā€² in un altro sistema di riferimento, legato al primo da

una trasformazione di Lorentz propria xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½x

Ī½ , Ī›00 ā‰„ 1. Con lo stesso procedimento

di cui sopra troviamo,

Qā€² =āˆ«

jā€²Āµ(xā€²) āˆ‚ā€²ĀµH(tā€²) d4xā€².

Sfruttando le trasformazioni di Lorentz,

jā€²Āµ(xā€²) = Ī›ĀµĪ½j

Ī½(x),

āˆ‚ā€²Āµ = Ī›ĀµĻāˆ‚Ļ,

d4xā€² = |detĪ›| d4x = d4x,

si ottiene poi,

Qā€² =āˆ«

jĀµ(x)āˆ‚ĀµH(tā€²) d4x,

dove,

tā€² = Ī›00 t + Ī›0

i xi. (2.56)

Possiamo infine valutare la differenza,

Qā€² āˆ’Q =

āˆ«jĀµ(x) āˆ‚Āµ (H(tā€²)āˆ’H(t)) d4x =

āˆ«āˆ‚Āµ [jĀµ(x) (H(tā€²)āˆ’H(t))] d4x, (2.57)

dove nellā€™ultimo passaggio abbiamo sfruttato lā€™equazione di continuita. Dividiamo ora la

quadridivergenza in parte spaziale e parte temporale, applicando alla prima il teorema di

Gauss in d = 3, e alla seconda il teorema fondamentale del calcolo in t. Supponendo di

poter scambiare gli ordini di integrazione si ottiene,

Qā€² āˆ’Q =

āˆ«dt

āˆ«

Ī“āˆž(H(tā€²)āˆ’H(t))~j(x) Ā· d~Ī£ +

āˆ«d3x j0(x)(H(tā€²)āˆ’H(t))|t=+āˆž

t=āˆ’āˆž.

Nel primo termine Ī“āˆž e una superficie sferica posta allā€™infinito spaziale, dove ~j si annulla

piu rapidamente di 1/|~x|3; lā€™integrale del flusso e quindi zero. Nel secondo termine dob-

biamo valutare la differenza H(tā€²) āˆ’ H(t) nei limiti t ā†’ Ā±āˆž, per ~x fissato. Grazie al

fatto che Ī›00 ā‰„ 1, dalla (2.56) si vede che per t ā†’ +āˆž anche tā€² ā†’ +āˆž, ed entrambe

le funzioni di Heaviside vanno a 1, mentre per t ā†’ āˆ’āˆž anche tā€² ā†’ āˆ’āˆž ed entrambe le

funzioni di Heaviside vanno a zero. Anche il secondo integrale e quindi zero e abbiamo,

Qā€² = Q.

46

Page 58: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

2.4.2 Tensore energiaā€“impulso e conservazione del quadrimomento

In questo paragrafo ā€“ e nel successivo ā€“ illustreremo come il principio di conservazione

dellā€™energia e della quantita di moto ā€“ cardine di qualsiasi teoria fisica fondamentale ā€“ vie-

ne realizzato nellā€™ambito dellā€™Elettrodinamica, come conseguenza delle equazioni (2.12)ā€“

(2.14). Ma prima di considerare il caso particolare dellā€™Elettrodinamica, imposteremo ora

il problema in una generica teoria relativistica.

In una teoria relativistica lā€™energia costituisce la quarta componente di un quadri-

vettore, appunto del quadrimomento. Siccome una trasformazione di Lorentz mescola

energia e quantita di moto ci aspettiamo quindi che la conservazione della prima non

possa avvenire senza la contemporanea conservazione della seconda. In realta stiamo

quindi cercando quattro costanti del moto raggruppate nel quadrimomento P Ī½ , la cui

componente temporale P 0 = Īµ rappresenta lā€™energia totale del sistema.

In analogia con la carica elettrica ci aspettiamo anche per il quadrimomento leggi di

conservazione locali, ovverosia ci aspettiamo che ad ogni componente del quadrimomento

P Ī½ sia associata una corrente conservata. Indichiamo le quattro correnti risultanti con,

jĀµ(Ī½)(x) ā‰” T ĀµĪ½(x), (2.58)

grandezza che viene chiamata ā€œtensore energiaā€“impulsoā€.

In base a quanto abbiamo appena detto postuliamo che in una teoria relativistica la

conservazione del quadrimomento sia conseguenza dellā€™esistenza di un tensore energiaā€“

impulso, che gode delle seguenti proprieta:

I) T ĀµĪ½ e un campo tensoriale,

II) T ĀµĪ½ soddisfa lā€™equazione di continuita, āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0,

III) lim|~x|ā†’āˆž |~x|3 T ĀµĪ½(t, ~x) = 0.

La proprieta I) assicura in particolare la covarianza dellā€™equazione di continuita II), cioe,

se essa vale in un sistema di riferimento vale in tutti i sistemi di riferimento.

Procediamo ora come nel caso della corrente elettrica per dedurre lā€™esistenza di quan-

tita conservate. Integrando lā€™equazione di continuita su un volume finito otteniamo,

āˆ‚0

āˆ«

V

T 0Ī½ d3x = āˆ’āˆ«

V

āˆ‚iTiĪ½ d3x. (2.59)

47

Page 59: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

In base allā€™identificazione (2.58) le componenti T 0Ī½ corrispondono alla densita di quadri-

momento, e il quadrimomento contenuto in un volume V e dunque dato da,

P Ī½V =

āˆ«

V

T 0Ī½ d3x. (2.60)

La (2.59) ci dice allora che le quantita T iĪ½ sono da interpretarsi come ā€œdensita di corrente

di quadrimomentoā€. Infatti, applicando il teorema di Gauss si ottiene lā€™equazione del

flusso,dP Ī½

V

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

T iĪ½dĪ£i. (2.61)

Scriviamo in particolare le componenti Ī½ = 0 delle (2.60), (2.61), che riguardano lā€™energia

ĪµV ā‰” P 0V contenuta nel volume V ,

ĪµV =

āˆ«

V

T 00 d3x,dĪµV

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

T i0dĪ£i.

Si vede che mentre T 00 rappresenta la densita di energia, il vettore tridimensionale T i0

rappresenta il flusso di energia, entrambe quantita che in seguito giocheranno un ruolo

importante. Interpretazioni analoghe valgono per le componenti T Āµi, che riguardano la

quantita di moto.

Se infine nella (2.61) estendiamo il volume a tutto lo spazio, grazie alla proprieta III)

deduciamo che il quadrimomento totale e conservato,

P Ī½ =

āˆ«T 0Ī½ d3x,

dP Ī½

dt= 0. (2.62)

A questo punto facciamo notare che il quadrimomento P Ī½V contenuto in un volume finito

ā€“ che in generale dipende dal tempo ā€“ non ha proprieta ben definite sotto trasformazioni

di Lorentz, mentre, se vogliamo che la conservazione del quadrimomento totale sia una

proprieta preservata nel passaggio da un sistema di riferimento a un altro, dobbiamo

dimostrare che P Ī½ costituisce effettivamente un quadrivettore. La dimostrazione di questo

fatto si basa sulle proprieta I)ā€“III), e segue da vicino quella dellā€™invarianza della carica

elettrica del paragrafo precedente. Eseguendo gli stessi passaggi si ottiene facilmente,

P Ī½ =

āˆ«T ĀµĪ½(x) āˆ‚ĀµH(t) d4x, P ā€²Ī½ =

āˆ«T ā€²ĀµĪ½(xā€²) āˆ‚ā€²ĀµH(tā€²) d4xā€².

Considerando che i tensori energiaā€“impulso nei due riferimenti sono legati dalla relazione,

T ā€²ĀµĪ½(xā€²) = Ī›ĀµĪ±Ī›Ī½

Ī²T Ī±Ī²(x),

48

Page 60: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

si ottiene,

P ā€²Ī½ = Ī›Ī½Ī²

āˆ«T ĀµĪ²(x) āˆ‚ĀµH(tā€²) d4x.

Calcoliamo allora la differenza,

P ā€²Ī½āˆ’Ī›Ī½Ī²P Ī² = Ī›Ī½

Ī²

āˆ«T ĀµĪ²(x)āˆ‚Āµ(H(tā€²)āˆ’H(t)) d4x = Ī›Ī½

Ī²

āˆ«āˆ‚Āµ

[T ĀµĪ²(x)(H(tā€²)āˆ’H(t))

]d4x,

dove nellā€™ultimo passaggio abbiamo sfruttato lā€™equazione di continuita. Lā€™integrale otte-

nuto e della stessa forma dellā€™integrale (nullo) in (2.57), e quindi anchā€™esso e zero. Vale

dunque,

P ā€²Ī½ = Ī›Ī½Ī²P Ī²,

come volevamo dimostrare.

2.4.3 Il tensore energiaā€“impulso dellā€™Elettrodinamica

In questo paragrafo diamo una dimostrazione costruttiva dellā€™esistenza di un tensore

energiaā€“impulso per lā€™Elettrodinamica classica, che goda delle proprieta postulate nel

paragrafo precedente. Deriveremo prima, in modo euristico, la forma della densita di

energia T 00, dopodiche useremo lā€™invarianza di Lorentz per ricostruire lā€™intero tensore.

Per cominciare ricordiamo la nota formula per la densita di energia del campo elet-

tromagnetico,

T 00em =

1

2(E2 + B2). (2.63)

Chiaramente lā€™energia totale conservata non potra essere data solo dallā€™integrale di T 00em,

perche sappiamo che il campo elettromagnetico scambia energia con le particelle cariche.

Per quantificare questo scambio ci calcoliamo la derivata temporale di T 00em, usando le

equazioni di Maxwell nella forma (2.28)ā€“(2.31),

āˆ‚T 00em

āˆ‚t= ~E Ā· āˆ‚

~E

āˆ‚t+ ~B Ā· āˆ‚

~B

āˆ‚t

= ~E Ā·(

~āˆ‡Ć— ~B āˆ’~j)āˆ’ ~B Ā· ~āˆ‡Ć— ~E

= āˆ’~j Ā· ~E āˆ’ ~āˆ‡ Ā·(

~E Ɨ ~B)

.

Integriamo ora questa relazione su tutto lo spazio. Applicando allā€™ultimo termine il teo-

rema di Gauss e assumendo che ~E e ~B decrescano allā€™infinito spaziale abbastanza rapida-

mente, vediamo che esso non da contributo. Ricordando la forma della corrente spaziale

49

Page 61: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

(2.41) possiamo allora scrivere,

d

dt

āˆ«T 00

em d3x = āˆ’āˆ«

~E Ā·~j d3x = āˆ’āˆ‘

r

er ~vr Ā·āˆ«

~E(t, ~x) Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)) d3x (2.64)

= āˆ’āˆ‘

r

er ~vr Ā· ~E(t, ~yr(t)) = āˆ’ d

dt

(āˆ‘r

Īµr

), (2.65)

dove abbiamo usato la legge della potenza (2.20), con Īµr = mr/āˆš

1āˆ’ v2r . La relazione che

abbiamo ottenuto ci dice che si conserva lā€™energia totale del sistema, nella forma,

Īµ =

āˆ«T 00

em d3x +āˆ‘

r

Īµr =

āˆ« (1

2(E2 + B2) +

āˆ‘r

Īµr Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t))

)d3x.

Da questa formula possiamo dedurre lā€™espressione della densita di energia,

T 00 =1

2(E2 + B2) +

āˆ‘r

Īµr Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)).

Viene allora naturale assumere che il tensore energiaā€“impulso totale possa essere scritto

come somma di due contributi, uno che rappresenta solo i campi e lā€™altro che rappresenta

solo le particelle,

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½

p , (2.66)

con le condizioni,

T 00em =

1

2(E2 + B2), T 00

p =āˆ‘

r

Īµr Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)). (2.67)

Con queste posizioni cerchiamo ora di determinare i due tensori separatamente, sfrut-

tando il fatto che sotto trasformazioni di Lorentz entrambi si devono trasformare in modo

covariante.

Cominciamo con il contributo del campo elettromagnetico. Siccome T 00em e bilineare in

~E e ~B ā€“ che sono le componenti del tensore F ĀµĪ½ ā€“ e siccome le trasformazioni di Lorentz

sono lineari, possiamo concludere che tutte le componenti di T ĀµĪ½em devono essere bilineari

in F ĀµĪ½ . La covarianza di Lorentz impone allora la seguente struttura generale, dove a, b

e c sono per il momento costanti arbitrarie 9,

T ĀµĪ½em = aF Āµ

Ī±FĪ±Ī½ + b Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī² + c F ĀµĪ½FĪ±Ī±. (2.68)

9A priori potrebbero essere presenti anche contributi che coinvolgono il tensore di Leviā€“Civita ĪµĀµĪ½ĻĻƒ,ma questi renderebbero TĀµĪ½

em uno pseudotensore. Per parita, ovverosia per ~x ā†’ āˆ’~x, ~E ā†’ āˆ’ ~E, ~B ā†’ ~B,la componente T 00

em dovrebbe allora cambiare di segno, in contraddizione con la (2.63) che resta inveceinvariante.

50

Page 62: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™ultimo termine e identicamente nullo grazie allā€™antisimmetria di FĪ±Ī². Per determinare

le costanti a e b calcoliamo T 00em dalla (2.68) e confrontiamo il risultato con la (2.67),

T 00em = aF 0

Ī±FĪ±0 + b Ī·00 Ā· 2(B2 āˆ’ E2)

= aF 0iF

i0 + 2b (B2 āˆ’ E2) = (aāˆ’ 2b)E2 + 2bB2.

Il confronto da a = 1, b = 1/4, e quindi,

T ĀµĪ½em = F Āµ

Ī±FĪ±Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī². (2.69)

Per determinare T ĀµĪ½p riscriviamo la componente T 00

p in (2.67) nel modo seguente,

T 00p =

āˆ‘r

āˆ«Īµr Ī“4(xāˆ’ yr) dy0

r =āˆ‘

r

āˆ«Īµr u0

r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr =āˆ‘

r

mr

āˆ«u0

r u0r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Questa forma suggerisce di porre,

T ĀµĪ½p =

āˆ‘r

mr

āˆ«uĀµ

r uĪ½rĪ“

4(xāˆ’ yr) dsr, (2.70)

che e un tensore per trasformazioni di Lorentz e riproduce la componente 00 corretta. E

sottinteso che lā€™integrale curvilineo e esteso allā€™intera linea di universo di ciascuna parti-

cella, come nella definizione della quadricorrente. Integrando nuovamente la Ī“ temporale

possiamo riscrivere questo tensore in modo non manifestamente covariante, in una forma

che sara utile nel prossimo paragrafo,

T ĀµĪ½p =

āˆ‘r

pĀµr pĪ½

r

Īµr

Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)). (2.71)

Facciamo notare che i tensori dati in (2.69) e (2.70) sono simmetrici in Āµ e Ī½, e quindi lo

e anche il tensore energiaā€“impulso totale,

T ĀµĪ½ = T Ī½Āµ.

Per il momento questa proprieta sembra accidentale, ma essa giochera un ruolo rilevante

in seguito.

Lā€™equazione di continuita per T ĀµĪ½. Le formula per T ĀµĪ½p e T ĀµĪ½

em appena trovate sono state

dedotto in modo euristico, ma la loro giustificazione definitiva discende dal fatto che si

puo dimostrare che il tensore energiaā€“impulso totale T ĀµĪ½ e conservato se,

51

Page 63: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

a) F ĀµĪ½ soddisfa lā€™identita di Bianchi e lā€™equazione di Maxwell,

b) le coordinate delle particelle soddisfano lā€™equazione di Lorentz.

Per dimostrarlo calcoliamo la quadridivergenza dei due tensori separatamente, comincian-

do dal tensore elettromagnetico,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½em = āˆ‚ĀµF

ĀµĪ±FĪ±Ī½ + F ĀµĪ±āˆ‚ĀµFĪ±

Ī½ +1

2FĪ±Ī² āˆ‚Ī½FĪ±Ī²

= āˆ’F Ī½Ī±jĪ± +1

2FĪ±Ī²

(āˆ‚Ī±F Ī²Ī½ āˆ’ āˆ‚Ī²FĪ±Ī½

)+

1

2FĪ±Ī²āˆ‚Ī½FĪ±Ī²

= āˆ’F Ī½Ī±jĪ± +1

2FĪ±Ī²

(āˆ‚Ī±F Ī²Ī½ + āˆ‚Ī²F Ī½Ī± + āˆ‚Ī½F Ī±Ī²

)

= āˆ’āˆ‘

r

er

āˆ«F Ī½Ī±(yr)urĪ± Ī“4(xāˆ’ yr) dsr. (2.72)

Abbiamo usato lā€™equazione di Maxwell, lā€™identita di Bianchi nella forma (2.89), e la

definizione della quadricorrente.

Per calcolare la quadridivergenza del tensore energiaā€“impulso delle particelle si ese-

guono gli stessi passaggi del calcolo della quadridivergenza della corrente elettrica 10,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½p =

āˆ‘r

āˆ«pĪ½

r uĀµr āˆ‚ĀµĪ“

4(xāˆ’ yr) dsr = āˆ’āˆ‘

r

āˆ«pĪ½

r

d

dsr

Ī“4(xāˆ’ yr) dsr

=āˆ‘

r

āˆ«dpĪ½

r

dsr

Ī“4(xāˆ’ yr) dsr āˆ’āˆ‘

r

pĪ½r Ī“4(xāˆ’ yr)

āˆ£āˆ£sr=+āˆžsr=āˆ’āˆž

=āˆ‘

r

āˆ«dpĪ½

r

dsr

Ī“4(xāˆ’ yr) dsr. (2.73)

Sommando questo risultato alla (2.72) si ottiene,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½ =

āˆ‘r

āˆ« (dpĪ½

r

dsr

āˆ’ erFĪ½Ī±(yr)urĪ±

)Ī“4(xāˆ’ yr) dsr = 0, (2.74)

in virtu dellā€™equazione di Lorentz.

Concludiamo che le formule (2.66), (2.69) e (2.70) individuano un tensore energiaā€“

impulso che soddisfa le proprieta I) e II) del paragrafo precedente. Sotto ipotesi molto

generali si puo inoltre fare vedere che esso soddisfa anche la proprieta III) sul suo anda-

mento asintotico. Il contributo T ĀµĪ½p soddisfa questa proprieta in modo ovvio. Per quanto

riguarda invece il tensore T ĀµĪ½em vedremo che esso la soddisfa, per esempio, se lā€™accelerazione

10Per non appesantire la notazione in questo calcolo usiamo per le distribuzioni la notazione simbolica.Per rendersi conto che i passaggi eseguiti sono corretti e sufficiente applicare i risultati intermedi a unafunzione di test Ļ•.

52

Page 64: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

delle particelle cariche svanisce per t ā†’ āˆ’āˆž con sufficiente rapidita (in particolare se le

particelle sono accelerate solo per un intervallo temporale finito). Nel capitolo 6 faremo,

infatti, vedere che in questo caso il campo elettromagnetico ha lā€™andamento asintotico

tipico di un campo coulombiano,

F ĀµĪ½ āˆ¼ 1

r2, per r = |~x| ā†’ āˆž.

Siccome T ĀµĪ½em e quadratico in F ĀµĪ½ ne segue che asintoticamente,

T ĀµĪ½em āˆ¼

1

r4,

e quindi r3T ĀµĪ½em ā†’ 0.

Prima di procedere osserviamo che nella dimostrazione dellā€™equazione di continuita

appena svolta abbiamo evidentemente sottointeso lā€™identificazione dei due tipi di carica

discussi alla fine del paragrafo 2.2.3, vale a dire abbiamo posto er = eāˆ—r. Ricordiamo che le

eāˆ—r sono le cariche che compaiono ā€“ a priori ā€“ nella corrente, e che le er sono quelle che

compaiono nelle equazioni di Lorentz. Ma e facile ripetere gli stessi passaggi di cui sopra

senza usare questa identificazione, e si vede immediatamente che al posto di āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0 si

otterrebbe, vedi (2.74),

āˆ‚ĀµTĀµĪ½ =

āˆ‘r

(er āˆ’ eāˆ—r)āˆ«

F Ī½Ī±(yr) Ī“4(xāˆ’ yr) dyrĪ±. (2.75)

Lā€™equazione di continuita e quindi violata, a meno che non si abbia er = eāˆ—r. Lā€™identificazio-

ne dei due tipi di carica e quindi effettivamente necessaria per assicurare la conservazione

del quadrimomento totale del sistema, come anticipato nel paragrafo 2.2.3.

Il significato delle componenti di T ĀµĪ½. Analizziamo ora brevemente il significato del-

le singole componenti di T ĀµĪ½ , cominciando di nuovo con il contributo elettromagnetico.

Calcoli elementari danno,

T 00em =

1

2(E2 + B2), (2.76)

T i0em = T 0i

em = ( ~E Ɨ ~B)i, (2.77)

T ijem =

1

2(E2 + B2) Ī“ij āˆ’ EiEj āˆ’BiBj. (2.78)

Riotteniamo ovviamente la densita di energia T 00em dalla quale eravamo partiti. Nelle com-

ponenti miste riconosciamo poi il vettore di Poynting Si che, come sappiamo, rappresenta

53

Page 65: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

effettivamente il flusso di energia del campo elettromagnetico,

T i0em = Si, ~S = ~E Ɨ ~B. (2.79)

Vediamo inoltre che il vettore di Poynting eguaglia anche la densita di quantita di moto

T 0iem. Le componenti spazioā€“spazio invece formano un tensore simmetrico che viene chia-

mato ā€œtensore degli sforzi di Maxwellā€; esso rappresenta il flusso della quantita di moto.

Infine osserviamo che il tensore energiaā€“impulso elettromagnetico e a traccia nulla,

T Āµem Āµ = T ĀµĪ½

em Ī·ĀµĪ½ = 0.

Per quanto riguarda il tensore energiaā€“impulso delle particelle, dalla (2.71) si vede che

la densita di quadrimomento ha la forma aspettata,

T 0Āµp =

āˆ‘r

pĀµr Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)). (2.80)

Infatti, il quadrimomento totale delle particelle che a un istante considerato si trovano

allā€™interno di un volume V e dato da,

āˆ«

V

T 0Āµp d3x =

āˆ‘r

pĀµr

āˆ«

V

Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)) d3x =āˆ‘rāˆˆV

pĀµr ,

dove la somma si estende a tutte le particelle contenute in V .

Concludiamo questo paragrafo riprendendo il bilancio del quadrimomento riferito a

un volume V . Secondo la (2.61) il quadrimomento che abbandona nellā€™unita di tempo il

volume V e dato da,dP Āµ

V

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

T iĀµdĪ£i.

Lā€™intgrale a secondo membro e un integrale di superficie e riceve ā€“ a priori ā€“ contributi

sia da T iĀµem che da T iĀµ

p . Ma siccome le particelle allā€™istante considerato stanno o allā€™interno

o allā€™esterno della superficie, il termine T iĀµp non contribuisce e si ottiene,

dP ĀµV

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

T iĀµem dĪ£i. (2.81)

In altre parole, la variazione del quadrimomento totale contenuto in V , che risulta dalla

somma del quadrimomento delle particelle e di quello del campo elettromagnetico, e cau-

sata dal solo flusso elettromagnetico. In particolare per ā€œlā€™energia irradiataā€ nellā€™unita di

54

Page 66: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

tempo dal volume V otteniamo,

dĪµV

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

T i0em dĪ£i = āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

~S Ā· d~Ī£. (2.82)

Questa importante relazione sara la formula cardine per lā€™analisi energetica di tutti i

fenomeni di irraggiamento.

2.4.4 Conservazione del momento angolare

In questo paragrafo stabiliremo la legge di conservazione locale del momento angolare qua-

dridimensionale, in una generica teoria relativistica. Applicheremo poi la ricetta ottenuta

allā€™Elettrodinamica.

Sappiamo che in un sistema isolato di particelle non relativistiche, oltre allā€™energia e

alla quantita di moto si conserva anche il momento angolare tridimensionale, nella forma,

Li =āˆ‘

r

(~yr Ɨ ~pr)i = Īµijk

āˆ‘r

yjr pk

r ,

dove ~pr = mr~vr e la quantita di moto non relativistica della particella rā€“esima. In una

teoria relativistica questa legge di conservazione vettoriale, opportunamente generalizzata

dovrebbe acquisire carattere covariante quadridimensionale. Ma il tentativo piu naturale

di estendere il momento angolare a un quadrivettore fallisce, in quanto il prodotto esterno

tridimensionale non ammette nessuna estensione quadrivettoriale. Tuttavia, possiamo

sfruttare il fatto che in tre dimensioni ogni vettore e equivalente a un tensore doppio

antisimmetrico,

Lij ā‰” ĪµijkLk =āˆ‘

r

(yirp

jr āˆ’ yj

rpir). (2.83)

In quanto tensore antisimmetrico questa espressione ammette ora unā€™estensione naturale

a un quadritensore antisimmetrico di rango due,

LĪ±Ī²p =

āˆ‘r

(yĪ±r pĪ²

r āˆ’ yĪ²r pĪ±

r ), LĪ±Ī²p = āˆ’LĪ²Ī±

p , (2.84)

purche identifichiamo pĪ±r con il quadrimomento relativistico della particella. Un tensore

di questo tipo corrisponderebbe quindi a sei quantita conservate. In realta dovevamo

aspettarci che il momento angolare relativistico fosse costituito da piu di tre componenti.

Sappiamo, infatti, che in fisica Newtoniana la conservazione del momento angolare discen-

de dallā€™invarianza per rotazioni spaziali, le quali costituiscono un gruppo a tre parametri.

55

Page 67: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

A livello relativistico questo gruppo si allarga al gruppo di Lorentz che costituisce invece

un gruppo a sei parametri, e quindi risulta naturale la comparsa di altrettante quantita

conservate.

Come per la carica elettrica e il quadrimomento assumiamo anche in questo caso leggi

di conservazione locali. Ipotizziamo quindi lā€™esistenza di un tensore ā€œdensita di corrente

di momento angolareā€ di rango tre MĀµĪ±Ī², con le proprieta,

I) MĀµĪ±Ī² = āˆ’MĀµĪ²Ī±,

II) āˆ‚ĀµMĀµĪ±Ī² = 0.

Alla luce della (2.84), vedi sotto, postuliamo la seguente definizione,

MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ±. (2.85)

La proprieta I) e allora valida per costruzione. Per quanto riguarda la II) calcoliamo,

āˆ‚ĀµMĀµĪ±Ī² = Ī“Ī±

ĀµT ĀµĪ² + xĪ±āˆ‚ĀµTĀµĪ² āˆ’ Ī“Ī²

ĀµT ĀµĪ± āˆ’ xĪ²āˆ‚ĀµTĀµĪ± = TĪ±Ī² āˆ’ T Ī²Ī±,

dove abbiamo sfruttato la conservazione del tensore energiaā€“impulso. Vediamo ora che se

questā€™ultimo e anche simmetrico ā€“ come nel caso dellā€™Elettrodinamica ā€“ allora risulta in

effetti lā€™equazione di continuita,

āˆ‚ĀµMĀµĪ±Ī² = 0.

Seguendo il procedimento standard e assumendo opportuni andamenti asintotici dei campi

allā€™infinito, segue allora che esistono sei quantita conservate date da,

LĪ±Ī² =

āˆ«M0Ī±Ī² d3x =

āˆ«(xĪ±T 0Ī² āˆ’ xĪ²T 0Ī±) d3x, LĪ±Ī² = āˆ’LĪ²Ī±. (2.86)

Con il consueto procedimento si dimostra poi anche che le quantita LĪ±Ī² costituiscono

un tensore di rango due sotto trasformazioni di Lorentz. Inoltre, in assenza di campo

elettromagnetico, cioe per un sistema di particelle neutre, usando la (2.80) si vede im-

mediatamente che la (2.86) si riduce alla (2.84). Giustifichiamo cosı ā€“ a posteriori ā€“ la

definizione del momento angolare relativistico data in (2.85).

In realta i campi MĀµĪ±Ī² si comportano come campi ā€œtensorialiā€ solo sotto trasformazioni

di Lorentz, mentre sotto traslazioni, xĀµ ā†’ xā€²Āµ = xĀµ + aĀµ, essi trasformano in modo

ā€œanomaloā€,

M ā€²ĀµĪ±Ī²(xā€²) = MĀµĪ±Ī²(x) + aĪ±T ĀµĪ²(x)āˆ’ aĪ²T ĀµĪ±(x).

56

Page 68: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ricordiamo, appunto, che sotto traslazioni un tensore non dovrebbe cambiare. In modo

simile le quantita conservate (2.86) trasformano secondo, vedi (2.62),

Lā€²Ī±Ī² = LĪ±Ī² + aĪ±P Ī² āˆ’ aĪ²PĪ±. (2.87)

Questa anomalia si spiega facilmente osservando che la densita di momento angolare

(2.85) e stata calcolata considerando implicitamente come polo lā€™origine O, con coordinate

xĀµO = 0. Per un polo generico la (2.85) si generalizza invece come,

MĀµĪ±Ī²O = (xĪ± āˆ’ xĪ±

O)T ĀµĪ² āˆ’ (xĪ² āˆ’ xĪ²O)T ĀµĪ±,

espressione che risulta ora invariante per traslazioni e preserva, per di piu, le proprieta I) e

II) di cui sopra. La (2.87) puo allora essere interpretata come la versione relativistica della

nota regola di cambiamento del momento angolare non relativistico per un cambiamento

del polo, xĀµO ā†’ xā€²ĀµO = xĀµ

O āˆ’ aĀµ.

Esplicitiamo ora la forma delle costanti del moto LĪ±Ī² nel caso dellā€™Elettrodinamica.

Analizziamo separatamente le componenti Lij, ovverosia il vettore Li = 12ĪµijkLjk che

corrisponde al momento angolare spaziale, e le tre nuove costanti del moto Ki ā‰” L0i, che

vengono chiamate boost. Per il momento angolare spaziale la (2.79) e la (2.80) danno,

Li =1

2ĪµijkLjk = Īµijk

āˆ«xj T 0k d3x = Īµijk

āˆ«xj

(Sk +

āˆ‘r

pkr Ī“3(~xāˆ’ ~yr)

)d3x,

e quindi,

~L =

āˆ«(~xƗ ~S) d3x +

āˆ‘r

~yr Ɨ ~pr ā‰” Lem + ~Lp, (2.88)

risultato non sorprendente, dato che il vettore di Poynting rappresenta la densita di

quantita di moto del campo elettromagnetico.

Il significato dei boost. Analizziamo ora le componenti (0 i) di LĪ±Ī², in una teoria

relativistica generica. Dalla (2.86) otteniamo le costanti del moto,

Ki = L0i = t

āˆ«T 0i d3xāˆ’

āˆ«xi T 00 d3x,

dove nelle quantita P i =āˆ«

T 0i d3x riconosciamo la quantita di moto totale conservata del

sistema. Per dare unā€™interpretazione al secondo termine di Ki definiamo la posizione del

ā€œcentro di massaā€ di un sistema relativistico come,

~xcm(t) ā‰”āˆ«

~x T 00 d3xāˆ«T 00 d3x

,

57

Page 69: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove Īµ =āˆ«

T 00 d3x e lā€™energia totale conservata del sistema. Si noti che questa formula si

ottiene dalla corrispondente espressione non relativistica sostituendo la densita di massa

con la densita di energia. La costanza del vettore di boost,

~K = t ~P āˆ’ Īµ ~xcm(t),

e allora equivalente allā€™affermazione che il centro di massa del sistema si muove di moto

rettilineo uniforme, con velocita data da,

~vcm =~P

Īµ.

Resta, tuttavia, da notare che il concetto di centro di massa di un sistema, per come

lā€™abbiamo introdotto non e un concetto relativisticamente invariante, nel senso che le sue

coordinate (t, ~xcm) non costituiscono un quadrivettore: il centro di massa di un sistema e

rappresentato da punti diversi in sistemi di riferimento diversi.

In definitiva, dalle equazioni del moto dellā€™Elettrodinamica siamo riusciti a dedurre

lā€™esistenza delle dieci quantita conservate P Ī½ e LĪ±Ī² ā€“ tante quanti sono i parametri con-

tinui che parametrizzano il gruppo di Poincare. Abbiamo gia anticipato che alla base di

questa ā€œcoincidenzaā€ numerica cā€™e un legame profondo esistente in natura tra principi di

simmetria e leggi di conservazione, legame che a livello matematico viene decodificato dal

teorema di Noether.

2.5 Problemi

2.1 Si dimostri che il quadrato della quadriaccelerazione w2 ā‰” wĀµwĀµ soddisfa,

w2 ā‰¤ 0.

[Sugg.: si sfrutti lā€™identita wĀµuĀµ = 0.] Si dimostri che in termini di velocita e accelerazione

tridimensionali si ha,

w2 = āˆ’a2 āˆ’ (~aƗ ~v)2

(1āˆ’ v2)3.

2.2 Si dimostri che le seguenti tre versioni dellā€™identita di Bianchi sono equivalenti tra

di loro:

āˆ‚ĀµFĪ½Ļ + āˆ‚Ī½FĻĀµ + āˆ‚ĻFĀµĪ½ = 0, (2.89)

58

Page 70: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

āˆ‚[ĀµFĪ½Ļ] = 0,

ĪµĀµĪ½ĻĻƒāˆ‚Ī½FĻĻƒ = 0.

2.3 Si trovino tutte le soluzioni per F āˆˆ S ā€²(R) dellā€™equazione in una dimensione,

(x2 āˆ’ a2)F (x) = 0, a > 0.

Si dimostri che ogni soluzione puo essere posta nella forma F (x) = f(x)Ī“(x2 āˆ’ a2), per

unā€™opportuna funzione continua f .

2.4 Si dimostri che una funzione f(x) : RD ā†’ C definisce un elemento F āˆˆ S ā€²(RD),

dato da,

F (Ļ•) =

āˆ«f(x) Ļ•(x) dDx, (2.90)

se 1) f e integrabile in modulo su una qualsiasi palla di RD ā€“ in particolare se possiede un

numero finito di singolarita integrabili ā€“ e 2) se essa e asintoticamente polinomialmente

limitata. Una funzione f si dice asintoticamente polinomialmente limitata se esistono una

distanza d, un intero positivo N e una costante positiva C, tali che per ogni x per cui

r ā‰„ d si abbia,

|f(x)| ā‰¤ C r2N ,

dove r ā‰”āˆš

(x1)2 + Ā· Ā· Ā·+ (xD)2. [Sugg.: E necessario e sufficiente dimostrare che vale la

(2.34) per opportuni monomi P e Q. A questo scopo e utile suddividere il dominio di

integrazione nella (2.90) in una palla sufficientemente grande e nel suo complemento in

RD, e sfruttare le proprieta asintotiche (2.32) della Ļ•.]

2.5 Si dimostri il ā€œTeorema di Birkhoffā€, enunciato come segue. Sia data una

quadricorrente a simmetria sferica, ma in generale non statica,

j0(~x, t) = Ļ(r, t),

ji(~x, t) =xi

rj(r, t),

a supporto spaziale compatto, cioe,

jĀµ(~x, t) = 0 per r > r0, āˆ€ t.

59

Page 71: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Allora il campo elettromagnetico generato dalla quadricorrente nel vuoto, vale a dire nella

regione r > r0, e statico, essendo dato da,

~E =Q

4Ļ€

~x

r3, ~B = 0, Q =

āˆ«

r<r0

Ļ(r, t) d3x.

[Sugg.: si usi lā€™Ansatz ~E = ~x f(r, t), ~B = ~x g(r, t), implicato dalla simmetria sferica.] Se

ne conclude in particolare che una distribuzione di corrente a simmetria sferica ā€“ seppure

costituita da cariche accelerate ā€“ non puo irradiare onde elettromagnetiche, perche il

campo da essa generato e statico.

2.6 Integrali invarianti in 3 dimensioni. Si definisca il tensore doppio tridimensio-

nale,

H ij =

āˆ«dĪ© ninj, (2.91)

dove dĪ© = senĻ‘ dĻ‘ dĻ• e la misura dellā€™angolo solido in 3 dimensioni, conāˆ«

dĪ© = 4Ļ€, e

ni = xi/r, r = |~x|. Lā€™integrando nella (2.91) dipende quindi solo dagli angoli.

a) Si dimostri che si puo scrivere H ij =āˆ«

d3x Ī“(r āˆ’ 1) xixj.

b) Si dimostri che H ij e un tensore invariante per SO(3), cioe,

RimRj

nHmn = H ij, āˆ€ R āˆˆ SO(3).

[Sugg.: si esegua il cambiamento di variabili xi = Rik yk nellā€™integrando del punto a)].

c) Sapendo che gli unici tensori invarianti indipendenti per SO(3) sono Ī“ij e Īµijk, si

concluda che H ij = C Ī“ij per qualche costante C. Si determini C contraendo la (2.91)

con Ī“ij.

d) Secondo questa linea di argomenti si stabilisca la seguente tabella di integrali invarianti:

āˆ«dĪ© = 4Ļ€,

āˆ«dĪ© ni = 0,

āˆ«dĪ© ninj =

4Ļ€

3Ī“ij,

āˆ«dĪ© ninjnk = 0,

āˆ«dĪ© ninjnknl =

4Ļ€

15(Ī“ijĪ“kl + Ī“ikĪ“jl + Ī“ilĪ“jk).

60

Page 72: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

2.7 Una particella di carica e e massa m si trova in presenza di un campo elettroma-

gnetico costante e uniforme F ĀµĪ½ . La quadrivelocita iniziale della particella per s = 0 sia

uĀµ(0), con u2(0) = 1. Seguendo lā€™approccio covariante del paragrafo 2.2.1,

a) si dimostri che in questo caso lā€™equazione di Lorentz e equivalente allā€™equazione del

primo ordine,dyĀµ

ds= uĀµ(s) =

[esA

]ĀµĪ½ uĪ½(0),

per unā€™opportuna matrice costante AĀµĪ½ , determinandola esplicitamente.

b) Si verifichi esplicitamente che u2(s) = 1 āˆ€ s. [Sugg.: si noti che esA āˆˆ SO(1, 3)c āˆ€ s.]

c) Si dimostri che la quantita w2 = wĀµ(s)wĀµ(s) e indipendente da s, esprimendola in

termini di F ĀµĪ½ e uĀµ(0).

d) Escluso il caso in cui | ~E| = | ~B| e simultaneamente ~E āŠ„ ~B = 0, esiste sempre un sistema

di riferimento in cui ~E e ~B sono paralleli e diretti lungo lā€™asse delle x: ~E = (E, 0, 0),

~B = (B, 0, 0). Si dimostri che in questo riferimento la matrice A e diagonale a blocchi

2Ɨ 2.

e) Sfruttando questa struttura di A si determini esA sviluppando lā€™esponenziale in serie,

e risommandolo in termini delle funzioni sen, cos, cosh e senh.

f) Ponendo come velocita iniziale ~v0 = (0, v0, 0), cioe,

uĀµ(0) =1āˆš

1āˆ’ v20

(1, 0, v0, 0),

si determinino uĀµ(s) e yĀµ(s), e quindi la legge oraria ~y(t). In questo quesito per semplicita

si ponga B = 0.

2.8 Si consideri un sistema di N particelle cariche nel limite non relativistico, vr Āæ 1,

che creano quindi un campo elettromagnetico dato da,

~E = āˆ’~āˆ‡A0, A0(t, ~x) =Nāˆ‘

r=1

er

4Ļ€|~xāˆ’ ~yr(t)| ,~B = 0.

a) Utilizzando lā€™equazione di Coulomb āˆ’āˆ‡2A0 = j0, si dimostri che lā€™energia del campo

elettromagnetico Īµem = 12

āˆ«d3x (E2 + B2) puo essere riscritta ā€œformalmenteā€ come somma

delle energie potenziali relative di tutte le cariche,

Īµem =1

2

āˆ«d3xA0j0 =

1

2

Nāˆ‘r,s=1

eres

4Ļ€|~yr(t)āˆ’ ~ys(t)| . (2.92)

61

Page 73: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

b) Si sottragga da questa espressione la parte divergente dovuta allā€™autointerazione, e si

scriva lā€™energia totale del sistema campo elettromagnetico + particelle cariche, aggiungen-

do lā€™energia cinetica non relativistica di queste ultime. Si dimostri che lā€™energia totale cosı

ottenuta risulta conservata nel limite non relativistico. Si noti che mentre lā€™espressione

originale per Īµem e sempre positiva ā€“ qualsiasi siano i segni delle cariche ā€“ cio non e piu

vero per lā€™espressione (2.92), dopo la sottrazione della parte divergente (esempio: N = 2,

e1 = āˆ’e2).

2.9 Si trovi la soluzione generale yĀµ(Ī») dellā€™equazione del moto per la particella libera,

d2yĀµ

ds2= 0,

parametrizzando la linea di universo con un parametro Ī» generico, vedi (2.3). Si verifichi

che la soluzione generale e determinata solo modulo una riparametrizzazione.

2.10 Si dimostri che ā€œlā€™equazione di Newtonā€ (2.21) puo essere posta nella forma,

m~a = ~F (~y,~v),

per unā€™opportuna forza ~F .

2.11 Si dimostri che se un campo elettromagnetico F ĀµĪ½(x) soddisfa le equazioni di Max-

well (2.28), (2.29) per ogni t, e le equazioni (2.30), (2.31) a t = 0, allora esso soddisfa

automaticamente le (2.30), (2.31) per ogni t. [Sugg.: si valuti la divergenza spaziale delle

(2.28), (2.29).]

2.12 Si verifichi esplicitamente che il tensore tridimensionale,

1

r3

(Ī“ij āˆ’ 3

xixj

r2

),

che compare al membro di destra della (2.50), appartiene a S ā€²(R3).

Soluzione Problema 2.3 Lā€™equazione,

(x2 āˆ’ a2)F (x) = 0, a > 0, (2.93)

62

Page 74: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

implica che F puo essere ā€œdiversa da zeroā€ solo per x = Ā±a, ovverosia che il supporto di F

e āˆ’a, a, che e un insieme di punti. Il teorema enunciato nel paragrafo 2.3.2, vedi (2.42),

implica allora che F e una combinazione lineare finita di Ī“(x Ā± a) e delle loro derivate.

Evidentemente,

F0 ā‰” c1 Ī“(xāˆ’ a) + c2 Ī“(x + a),

e soluzione dellā€™equazione (2.93), con c1 e c2 costanti aribitrarie, come si verifica subito

usando la (2.36). Per quanto riguarda invece le derivate prime notiamo che, derivando

lā€™identita (x2 āˆ’ a2) Ī“(xĀ± a) = 0, si ottiene,

(x2 āˆ’ a2)Ī“ā€²(xĀ± a) = āˆ’2xĪ“(xĀ± a) = Ā±2a Ī“(xĀ± a) 6= 0.

Quindi le derivate prime non sono soluzioni di (2.93), e allo stesso modo si dimostra che

nemmeno le derivate successive lo sono. F0 e quindi la soluzione generale della (2.93).

Per porre F0 nella forma richiesta nel problema e sufficiente ricordare la (2.38), e

moltiplicarla per una generica funzione continua f ,

F1 ā‰” f(x)Ī“(x2 āˆ’ a2) =1

2a(f(a)Ī“(xāˆ’ a) + f(āˆ’a)Ī“(x + a)).

Siccome f(a) e f(āˆ’a) possono assumere qualsiasi valore F0 puo quindi sempre essere

posta nella forma F1.

Soluzione Problema 2.5 Inserendo gli Ansatz dati per ~E e ~B nelle equazioni di Max-

well nel vuoto, ~āˆ‡ Ā· ~E = 0, ~āˆ‡ Ā· ~B = 0, si trovano equazioni differenziali che determinano

completamente la dipendenza di f e g da r,

f(r, t) =F (t)

r3, g(r, t) =

G(t)

r3.

Inserendo queste formule di nuovo negli Ansatz per ~E e ~B, si trova che vale identicamente

~āˆ‡ Ɨ ~E = 0 = ~āˆ‡ Ɨ ~B. Usando questi risultati nelle rimanenti due equazioni di Maxwell

nel vuoto, si trova che F (t) e G(t) sono funzioni costanti. Queste costanti si determinano,

infine, applicando il teorema di Gauss alle equazioni di Maxwell complete, ~āˆ‡ Ā· ~E = Ļ,

~āˆ‡ Ā· ~B = 0.

63

Page 75: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

3 Metodi variazionali in teoria di campo

Nel capitolo precedente abbiamo illustrato le equazioni fondamentali dellā€™Elettrodinami-

ca evidenziando le loro proprieta piu salienti, tra cui lā€™invarianza sotto trasformazioni

del gruppo di Poincare. Abbiamo poi scoperto che queste equazioni godono di unā€™altra

importante proprieta, cioe, quella di garantire la conservazione del quadrimomento e del

momento angolare quadridimensionale. A prima vista questi due aspetti ā€“ lā€™invarianza

relativistica e la presenza di leggi di conservazione ā€“ non sembrano avere niente a che

fare lā€™uno con lā€™altro. Ma in realta le equazioni dellā€™Elettrodinamica posseggono unā€™al-

tra caratteristica fondamentale, che a questo punto appare ancora completamente velata:

esse discendono da un principio variazionale. Come vedremo e proprio questa proprieta

aggiuntiva ad assicurare la validita delle leggi di conservazione ā€“ stabilite ā€œa manoā€ nel ca-

pitolo precedente ā€“ e a qualificare definitivamente lā€™Elettrodinamica come unā€™interazione

fondamentale.

In questo capitolo rideriveremo dunque le equazioni del moto e le leggi di conservazio-

ne dellā€™Elettrodinamica usando il metodo variazionale ā€“ metodo che in generale fornisce

una descrizione alternativa, compatta e elegante, della dinamica di un generico sistema

fisico. Lā€™importanza che questo metodo riveste in Fisica si desume dal fatto che tutte

le teorie fondamentali, dal Modello Standard delle particelle elementari fino alla Relati-

vita Generale e alla piu speculativa Teoria delle Stringhe, sono deducibili da un principio

variazionale: senza un tale principio la consistenza interna di queste teorie sarebbe difficil-

mente controllabile, e non sarebbero garantite le principali leggi di conservazione. Infatti,

come anticipato nella sezione 2.4, la validita del teorema di Noether, che rivela la pro-

fonda connessione esistente in natura tra principi di simmetria e leggi di conservazione,

necessita di un principio variazionale.

Lo strumento fondamentale del metodo variazionale e il principio di minima azione.

Questo principio si basa sulla conoscenza di unā€™unica funzione delle variabili dinamiche del

sistema ā€“ la lagrangiana L ā€“ dalla quale per integrazione discende un funzionale, lā€™azione

I. Il pregio tecnico del metodo consiste nellā€™estrema economia impiegata nella derivazione

di una teoria fisica: assegnata la sola funzione L il principio di minima determina univo-

64

Page 76: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

camente la dinamica del sistema, e il teorema di Noether fornisce poi la forma esplicita

delle leggi di conservazione.

Quantizzazione e invarianza relativistica. Cā€™e unā€™ulteriore circostanza che conferisce al

metodo variazionale un ruolo fondamentale: e il fatto che esso costituisce il punto di par-

tenza indispensabile per la quantizzazione canonica di una qualsiasi teoria. Ricordiamo,

infatti, che e la lagrangiana a determinare la forma dei momenti coniugati e, attraverso

la trasformata di Legendre, lā€™hamiltoniana ā€“ oggetto su cui si fonda la quantizzazione

canonica di una qualsiasi teoria. Notiamo, tuttavia, che in una teoria relativistica la

quantizzazione canonica non costituisce una procedura covariante a vista, semplicemen-

te perche lā€™hamiltoniana, essendo la quarta componente di un quadrivettore, non e un

invariante relativistico. Dā€™altra parte per le teorie relativistiche esiste una procedura di

quantizzazione alternativa, quella dellā€™integrale funzionale di Feynman, che si basa diret-

tamente sullā€™azione ā€“ e quindi non sullā€™hamiltoniana, ma sulla lagrangiana ā€“ e che ha il

pregio di mantenere la teoria quantistica covariante a vista.

Nelle teorie relativistiche il metodo variazionale e soggetto, infatti, a un ulterio-

re vincolo: lā€™azione deve essere unā€™invariante per trasformazioni di Poincare, cioe, un

quadriscalare,

I = I ā€².

Sotta questa ipotesi le equazioni del moto che ne derivano soddisfano automaticamente

il principio di relativita einsteiniana. Infatti, secondo il principio di minima azione le

configurazioni che soddisfano le equazioni del moto sono quelle che rendono stazionaria

lā€™azione ā€“ Ī“I = 0 ā€“ sotto opportune variazioni delle variabili dinamiche. Schematicamente

abbiamo allora,

Equazioni del moto in K ā†” Ī“I = 0 ā†” Ī“I ā€² = 0 ā†” Equazioni del moto in Kā€².

Le equazioni del moto hanno quindi automaticamente la stessa forma in tutti i sistemi di

riferimento.

Localita. Concludiamo questa nota introduttiva soffermandoci su un aspetto peculiare

della dinamica delle particelle relativistiche, la localita dellā€™interazione. Ricordiamo prima

di tutto che in fisica newtoniana le particelle interagiscono attraverso forze che esercitano

65

Page 77: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

unā€™azione a distanza. Per esempio, una particella di carica e2 esercita su una particella

di carica e1 la forza,

~F =e1e2

4Ļ€

~y1 āˆ’ ~y2

|~y1 āˆ’ ~y2|3 ,

la quale viene trasmessa istantaneamente: se a un dato istante la seconda particella si

sposta, la prima ne subisce lā€™effetto allo stesso istante. Unā€™interazione ā€“ non locale ā€“ di

questo tipo corrisponde a un segnale che si propaga con velocita infinita, ed e quindi in

conflitto con i principi della Relativita Ristretta. In una teoria relativistica, invece, le

particelle non interagiscono tra di loro direttamente ma attraverso i campi, e lā€™interazione

tra campi e particelle e unā€™azione a contatto, ovverosia, locale. Cosı la forza di Lorentz

subita da una particella carica relativistica,

e F ĀµĪ½(y)uĪ½ ,

dipende solo dal valore del campo nel punto yĀµ dello spazioā€“tempo dove essa si trova, e

non dalle posizioni delle altre particelle o dai valori del campo in altri punti. Lā€™interazione

elettromagnetica tra particelle cariche si propaga quindi con la velocita di propagazione

del campo elettromagnetico, cioe, con la velocita della luce. Per confronto osserviamo

che a livello quantistico la richiesta di localita si traduce nel fatto che lā€™interazione tra

particelle cariche e mediata dai quanti del campo elettromagnetico, ovverosia dai fotoni,

che viaggiano a loro volta con la velocita della luce. Lā€™interazione tra questi ultimi e le

particelle cariche, nella schematizzazione dei grafici di Feynman avviene di nuovo in un

punto, e risulta quindi a sua volta ā€œlocaleā€.

In una teoria relativistica sono quindi i campi a implementare la localita dellā€™inte-

razione, e cosı essi vanno considerati a tutti gli effetti come gradi di liberta dinamici

indipendenti, alla stessa stregua delle coordinate delle particelle: mentre in fisica non

relativistica il concetto di campo e utile, in una teoria relativistica esso e indispensabile.

In conlusione, la formulazione di una teoria fisica attraverso il metodo variazionale

avviene secondo il seguente schema:

I) Individuare lā€™espressione dellā€™azione.

II) Derivare le equazioni del moto attraverso il principio di minima azione.

66

Page 78: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

III) Usare il teorema di Noether per derivare le leggi di conservazione.

Per quanto detto sopra, in fisica relativistica genericamente avremo a che fare con

un sistema di particelle puntiformi in interazione con un sistema di campi. Un sistema

fisico i cui gradi di liberta consistono di soli campi viene chiamato ā€œteoria di campoā€. In

generale dovremo quindi implementare il metodo variazionale per un sistema di particelle

in interazione con una teoria di campo. In questo capitolo svilupperemo dunque prima

il metodo variazionale per una generica teoria di campo che, come vedremo, puo essere

considerata come un sistema lagrangiano con un numero infinito di gradi di liberta. Per

questo motivo nel paragrafo che segue ricorderemo brevemente in che cosa consiste il

metodo per un sistema lagrangiano con un numero finito di gradi di liberta, ovverosia, in

meccanica classica.

Nel prossimo capitolo estenderemo infine il principio variazionale a un sistema di

particelle cariche interagenti con il campo elettromagnetico.

3.1 Principio di minima azione in meccanica classica

Consideriamo un sistema meccanico non relativistico, conservativo e olonomo, a N gradi

di liberta, descritto dalle coordinate lagrangiane qn(t), n = 1, Ā· Ā· Ā· , N. Indicheremo le coor-

dinate collettivamente con q = (q1, Ā· Ā· Ā· , qN), e le loro derivate prime con q = (q1, Ā· Ā· Ā· , qN),

dove,

qn =dqn

dt.

Sappiamo allora che esiste una funzione di 2N variabili, la lagrangiana L(q, q), tale che le

equazioni del moto del sistema meccanico sottostante siano equivalenti alle equazioni di

Lagrange,d

dt

āˆ‚L

āˆ‚qn

āˆ’ āˆ‚L

āˆ‚qn

= 0, n = (1, Ā· Ā· Ā· , N). (3.1)

Ricordiamo lā€™esempio prototipico di un sistema di M particelle non vincolate, con

coordinate cartesiane ~yi(t), i = 1, Ā· Ā· Ā· ,M , nel qual caso le coordinate lagrangiane sono date

da q = (~y1, Ā· Ā· Ā· , ~yM), e N = 3M . Se indichiamo il potenziale di interazione reciproca con

V (q), e lā€™energia cinetica totale delle particelle con T (q) = 12

āˆ‘i miv

2i , allora la lagrangiana

67

Page 79: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

di questo sistema e data da,

L(q, q) = T āˆ’ V.

Fissiamo ora due estremi temporali t1 < t2, e associamo alla generica lagrangiana L il

seguente funzionale I delle leggi orarie q(t), chiamato azione,

I[q] =

āˆ« t2

t1

L(q(t), q(t)) dt. (3.2)

Possiamo allora dimostrare il principio di minima azione, detto anche principio di Hamil-

ton.

Principio di minima azione: le leggi orarie q(t) soddisfano le equazioni di Lagrange

(3.1) nellā€™intervallo [t1, t2], se e solo se esse rendono lā€™azione I[q] stazionaria per variazioni

Ī“q = (Ī“q1, Ā· Ā· Ā· , Ī“qN) arbitrarie purche nulle agli estremi, vale a dire,

Ī“qn(t1) = 0 = Ī“qn(t2).

Prima di dimostrare il principio spieghiamo la terminologia usata nellā€™enunciato. In-

nanzitutto specifichiamo che le Ī“qn(t) indicano N funzioni reali del tempo con le stesse

proprieta di regolarita delle qn(t). Introduciamo poi il concetto di ā€œvariazione dellā€™azioneā€

Ī“I attorno a una configurazione q, per delle variazioni Ī“q assegnate. Poniamo 11,

Ī“I ā‰” d

dĪ±I[q + Ī± Ī“q]

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£Ī±=0

, (3.3)

dove Ī± e un parametro reale. Siccome lā€™azione (3.2) e data dallā€™integrale di una funzione

delle q e q che supponiamo essere sufficientemente regolare, la (3.3) equivale a,

Ī“I = limĪ±ā†’0

I[q + Ī± Ī“q]āˆ’ I[q]

Ī±=

(I[q + Ī“q]āˆ’ I[q]

)lin

. (3.4)

Con lā€™ultima espressione intendiamo la quantita I[q + Ī“q] āˆ’ I[q] sviluppata in serie di

Taylor attorno a q, e arrestata al termine lineare in Ī“q. Per calcolare Ī“I userermo in

pratica sempre la (3.4), tralasciando il pedice ā€œlinā€.

Si dice, infine, che la configurazione q rende lā€™azione I stazionaria per delle variazioni

Ī“q date, se risulta Ī“I = 0.

11Si tenga presente che Ī“I e in realta un funzionale delle 2N funzioni q e Ī“q, e andrebbe quindipropriamente indicato con Ī“I[q, Ī“q].

68

Page 80: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Passiamo ora a dimostrare il principio di minima azione calcolando la variazione Ī“I

usando la (3.4),

Ī“I = I[q + Ī“q]āˆ’ I[q] =

āˆ« t2

t1

(L(q + Ī“q, q + Ī“q)āˆ’ L(q, q)

)dt

=

āˆ« t2

t1

Ī“L dt =

āˆ« t2

t1

āˆ‘n

(āˆ‚L

āˆ‚qn

Ī“qn +āˆ‚L

āˆ‚qn

d Ī“qn

dt

)dt

=

āˆ« t2

t1

āˆ‘n

(āˆ‚L

āˆ‚qn

Ī“qn +d

dt

(āˆ‚L

āˆ‚qn

Ī“qn

)āˆ’ d

dt

āˆ‚L

āˆ‚qn

Ī“qn

)dt

=

āˆ« t2

t1

āˆ‘n

(āˆ‚L

āˆ‚qn

āˆ’ d

dt

āˆ‚L

āˆ‚qn

)Ī“qn dt +

āˆ‘n

āˆ‚L

āˆ‚qn

Ī“qn

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£t2

t1

.

Se vale Ī“qn(t1) = 0 = Ī“qn(t2) lā€™ultima sommatoria e nulla. Si conclude allora che Ī“I = 0

per variazioni Ī“qn arbitrarie nellā€™intervallo aperto (t1, t2), se e solo se le qn(t) soddisfano

le equazioni di Lagrange (3.1) nellā€™intervallo [t1, t2].

3.2 Principio di minima azione in teoria di campo

Una teoria classica di campo e descritta da un certo numero di funzioni dello spazioā€“tempo,

Ļ•r(t, ~x) ā‰” Ļ•r(x), r = 1, Ā· Ā· Ā· , N , i ā€“ campi lagrangiani ā€“ che indicheremo collettivamente

con Ļ• = (Ļ•1, Ā· Ā· Ā· , Ļ•N). Questi campi descrivono completamente il sistema nel senso che

ogni grandezza fisica osservabile potra esprimersi in funzione di essi, ma in generale essi

stessi non sono necessariamente osservabili. Nel caso dellā€™Elettrodinamica, per esempio,

i campi lagrangiani non saranno i campi elettrico e magnetico bensı le componenti del

quadripotenziale, Ļ• = (A0, A1, A2, A3), legate ai primi dalla relazione (2.22). In questo

caso i campi lagrangiani non sono osservabili perche sono definiti modulo trasformazioni

di gauge, mentre le componenti del tensore F ĀµĪ½ sono gauge invarianti e costituiscono

grandezze osservabili.

Scrivendo Ļ•r(t, ~x) ā‰” qr,~x(t) e identificando la coppia (r, ~x) con ā€œlā€™indiceā€ n del caso

finito dimensionale, possiamo pensare lā€™insieme dei campi come un sistema lagrangiano

con un numero infinito di gradi di liberta. Anche in una teoria di campo cercheremo

quindi di derivare la dinamica del sistema da un principio di minima azione, a partire

da unā€™azione I[Ļ•] che sara ora un funzionale dei campi. In questo caso partiremo da

una densita lagrangiana L, in seguito chiamata ancora semplicemente lagrangiana, che in

69

Page 81: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

analogia con il caso finito dimensionale sara funzione dei campi Ļ• e delle loro derivate

Ļ• = āˆ‚0Ļ•. Tuttavia, se vogliamo che lā€™azione sia unā€™invariante relativistico, allora la

lagrangiana dovra dipendere necessariamente da tutte le derivate parziali āˆ‚ĀµĻ•,

L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x)).

La lagrangiana L, propriamente detta, sara allora ottenuta sommando su tutti i gradi di

liberta, ovverosia integrando la densita lagrangiana sulla coordinata spaziale ~x,

L(t) =

āˆ«L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x)) d3x.

Definiamo, infine, lā€™azione della teoria di campo come,

I[Ļ•] =

āˆ« t2

t1

L(t) dt =

āˆ« t2

t1

L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x)) d4x. (3.5)

Per questa azione vogliamo ora formulare un principio variazionale, analogo al principio

di minima azione per un sistema a finiti gradi di liberta. Come in quel caso supponiamo

che le funzioni Ļ•(x) e L(Ļ•, āˆ‚Ļ•) siano sufficientemente regolari in modo tale che la (3.4),

opportunamente generalizzata, sia ancora valida, ma oltre a questo imponiamo opportune

condizioni asintotiche su queste funzioni. Piu precisamente richiediamo che allā€™infinito

spaziale i campi e le loro derivate si annullino con sufficiente rapidita. In particolare

avremo,

lim|~x|ā†’āˆž

Ļ•r(t, ~x) = 0. (3.6)

Supponiamo inoltre che la lagrangiana si annulli con sufficiente rapidita per Ļ• ā†’ 0, di

modo tale che nella (3.5) lā€™integrale nella variabile ~x su tutto R3 esista finito.

Le equazioni analoghe alle (3.1) per la lagrangiana L sono allora le equazioni di Euleroā€“

Lagrange,

āˆ‚Āµāˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•r)āˆ’ āˆ‚L

āˆ‚Ļ•r

= 0, (3.7)

equazioni che vanno riguardate come le equazioni del moto dei campi. Possiamo allora

enunciare il principio variazionale per una teoria classica di campo.

Principio di minima azione in teoria di campo: le leggi orarie Ļ•r(t, ~x) soddisfano le

equazioni di Euleroā€“Lagrange nellā€™intervallo [t1, t2], se e solo se esse rendono lā€™azione I[Ļ•]

70

Page 82: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

stazionaria per variazioni Ī“Ļ•r arbitrarie purche nulle agli estremi, vala a dire Ī“Ļ•r(t1, ~x) =

0 = Ī“Ļ•r(t2, ~x), per ogni ~x.

La stazionarieta del funzionale I[Ļ•] rispetto a variazioni Ī“Ļ•r e definita in modo comple-

tamente analogo alla stazionarieta del funzionale I[q] rispetto a variazioni Ī“qn, vedi (3.3)

e la discussione susseguente. E inoltre sottinteso che le variazioni Ī“Ļ•r che prendiamo in

considerazione hanno le stesse proprieta di regolarita e le stesse proprieta asintotiche dei

campi Ļ•r.

Per dimostrare il principio calcoliamo dapprima la variazione di (3.5) per variazioni

Ī“Ļ•r arbitrarie dei campi,

Ī“I =d

dĪ±I[Ļ• + Ī± Ī“Ļ•]

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£Ī±=0

= I[Ļ• + Ī“Ļ•]āˆ’ I[Ļ•]

=

āˆ« t2

t1

(L(Ļ• + Ī“Ļ•, āˆ‚Ļ• + Ī“āˆ‚Ļ•)āˆ’ L(Ļ•, āˆ‚Ļ•)

)d4x

=

āˆ« t2

t1

Ī“L d4x =

āˆ« t2

t1

āˆ‘r

(āˆ‚Lāˆ‚Ļ•r

Ī“Ļ•r +āˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•r)Ī“ āˆ‚ĀµĻ•r

)d4x.

Siccome per definizione abbiamo,

Ī“ āˆ‚ĀµĻ•r = āˆ‚Āµ(Ļ•r + Ī“Ļ•r)āˆ’ āˆ‚ĀµĻ•r = āˆ‚ĀµĪ“Ļ•r,

usando la regola di Leibnitz si ottiene,

Ī“I =

āˆ« t2

t1

āˆ‘r

(āˆ‚Lāˆ‚Ļ•r

āˆ’ āˆ‚Āµāˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•r)

)Ī“Ļ•r d4x +

āˆ« t2

t1

āˆ‘r

āˆ‚Āµ

(āˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•r)Ī“Ļ•r

)d4x. (3.8)

Il secondo integrale, il cui integrando e una quadridivergenza, e nullo. Per dimostrarlo

usiamo il teorema fondamentale del calcolo nella variabile temporale, e il teorema di Gauss

tridimensionale con una superficie chiusa Ī“āˆž posta allā€™infinito spaziale,

āˆ« t2

t1

āˆ‘r

āˆ‚Āµ

(āˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•r)Ī“Ļ•r

)d4x =

āˆ‘r

āˆ«d3x

āˆ‚Lāˆ‚Ļ•r

Ī“Ļ•r

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£t2

t1

+āˆ‘

r

āˆ« t2

t1

(āˆ«

Ī“āˆž

āˆ‚Lāˆ‚(āˆ‚iĻ•r)

Ī“Ļ•r dĪ£i

)dt.

Il primo termine a secondo membro e nullo se le variazioni Ī“Ļ•r si annullano sugli iperpiani

t = t1 e t = t2, mentre il secondo termine e nullo perche allā€™infinito spaziale i campi

svaniscono. La (3.8) si riduce allora al primo integrale, e vediamo che Ī“I si annulla per

qualsiasi scelta delle Ī“Ļ•r se e solo se i campi soddisfano le equazioni di Euleroā€“Lagrange.

71

Page 83: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

3.2.1 Ipersuperfici nello spazio di Minkowski

In questo paragrafo introduciamo alcune nozioni riguardanti le ipersuperfici in quattro

dimensioni, di cui ci serviremo in seguito.

Per definizione unā€™ipersuperficie Ī“ nello spazio quadridimensionale di Minkowski e un

sottoinsieme ā€“ per essere piu precisi, una sottovarieta ā€“ di R4 di dimensione tre. In forma

parametrica unā€™ipersuperficie e descritta da quattro funzioni di tre parametri,

xĀµ(Ī»), (3.9)

dove con Ī» indichiamo la terna Ī»a, con a = 1, 2, 3. Alternativamente essa puo essere

rappresentata in forma implicita in termini di unā€™unica funzione scalare f(x) attraverso,

xĀµ āˆˆ Ī“ ā‡” f(x) = 0.

Si passa da una rappresentazione allā€™altra, per esempio, invertendo le funzioni spaziali

~x(Ī») nella (3.9) per determinare i parametri Ī»(~x) come funzioni di ~x, e definendo poi,

f(x) ā‰” x0 āˆ’ x0(Ī»(~x)).

Useremo una rappresentazione o lā€™altra a seconda della convenienza. Si noti comunque

che vale identicamente,

f(x(Ī»)) = 0. (3.10)

Una classe importante di ipersuperfici e costituita dagli iperpiani, che in forma impli-

cita sono descritti da una funzione del tipo,

f(x) = MĀµ(xĀµ āˆ’ xĀµ0) = 0, (3.11)

dove MĀµ e xĀµ0 sono vettori costanti. Lā€™iperpiano corrispondente a (3.11) passa per il punto

xĀµ0 ed e ortogonale al vettore MĀµ.

Vettori tangenti e normali. In un generico punto P ā‰” xĀµ(Ī») āˆˆ Ī“ i tre vettori,

V Āµa ā‰”

āˆ‚xĀµ(Ī»)

āˆ‚Ī»a, (3.12)

costituiscono una base per lo ā€œspazio tangenteā€, sicche un generico vettore tangente a Ī“

in P puo essere scritto come combinazione lineare di questi,

V Āµ =3āˆ‘

a=1

caV Āµa ,

72

Page 84: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

per certi coefficienti ca. Sempre in P possiamo anche definire il ā€œvettore normaleā€ a Ī“,

come il vettore NĀµ(Ī») ortogonale a tutti i vettori tangenti,

NĀµVĀµa = 0, āˆ€ a. (3.13)

Per come lā€™abbiamo definito NĀµ e determinato a meno di un fattore di normalizzazione.

Differenziando lā€™identita (3.10) rispetto a Ī»a si ottiene,

0 =āˆ‚f

āˆ‚xĀµ

āˆ‚xĀµ

āˆ‚Ī»a=

āˆ‚f

āˆ‚xĀµV Āµ

a ,

sicche otteniamo per NĀµ la semplice espressione,

NĀµ =āˆ‚f

āˆ‚xĀµ.

A questo punto siamo in grado di definire i tre tipi di ipersuperficie che ci interesseranno

in seguito.

Definizione. Unā€™ipersuperficie Ī“ si dice di tipo spazio, tempo o nullo, se in ogni punto

di Ī“ vale rispettivamente,

N2 > 0, N2 < 0, N2 = 0,

caratteristiche che sono evidentemente invarianti sotto trasformazioni di Lorentz.

Ipersuperfici di tipo spazio. Per unā€™ipersuperficie di tipo spazio abbiamo N2 > 0, e di

conseguenza i vettori tangenti sono tutti di tipo spazio. Per vederlo e sufficiente sfruttare

il fatto che se N2 > 0, allora per ogni punto P āˆˆ Ī“ esiste un sistema di riferimento in

cui il vettore normale ha la forma NĀµ = (N0, 0, 0, 0). La condizione NĀµVĀµ = 0 comporta

allora che in questo sistema di riferimento si ha V 0 = 0, e quindi,

V 2 < 0.

Si puo inoltre far vedere che unā€™ipersuperficie Ī“ e di tipo spazio, se e solo se per ogni

coppia di punti (x, y) appartenenti a Ī“ vale,

(xāˆ’ y)2 < 0.

Questa caratterizzazione alternativa e immediata nel caso degli iperpiani (3.11), per cui

si ha,

NĀµ =āˆ‚f

āˆ‚xĀµ= MĀµ.

73

Page 85: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Infatti, se x e y appartengono a Ī“ e M2 > 0, allora la (3.11) implica che,

(xĀµ āˆ’ yĀµ)MĀµ = 0 ā‡’ (xāˆ’ y)2 < 0,

ed e facile convincersi che vale anche il viceversa. Nel caso particolare in cui MĀµ =

(1, 0, 0, 0) otteniamo gli iperpiani a tempo costante,

f(x) = MĀµ(xĀµ āˆ’ xĀµ0) = tāˆ’ t0 = 0,

che sono le particolari ipersuperfici di tipo spazio che abbiamo usato per definire lā€™azione

(3.5). In forma parametrica, vedi (3.9), questi iperpiani si scrivono,

x0(Ī») = t0, xi(Ī») = Ī»i. (3.14)

Ipersuperfici di tipo tempo. Per unā€™ipersuperficie di tipo tempo abbiamo N2 < 0,

ma in questo caso i vettori tangenti possono essere di tipo spazio, tempo o nullo. Se

consideriamo, per esempio, lā€™iperpiano con MĀµ = (0, 0, 0, 1) la condizione V ĀµMĀµ = 0

da V Āµ = (V 0, V x, V y, 0), e V 2 puo quindi essere positivo, negativo o nullo. Unā€™altra

ipersuperficie di tipo tempo e rappresentata dalla funzione,

f(x) =1

2(~x2 āˆ’R2) = 0, NĀµ = (0, ~x), N2 = āˆ’|~x|2 < 0,

che corrisponde alla sfera di raggio R al variare del tempo. Per R ā†’ āˆž questa ipersu-

perficie corrisponde a una ā€œipersuperficie di tipo tempo allā€™infinito spazialeā€, un tipo di

ipersuperficie che incontreremo tra poco.

Lā€™elemento di ipersuperficie. In seguito faremo uso del teorema di Gauss in quattro

dimensioni, e quindi ci servira lā€™elemento di ipersuperficie tridimensionale. Consideriamo

dunque lā€™integrale della quadridivergenza di un vettore W Āµ su un volume quadridimen-

sionale V , con bordo lā€™ipersuperficie Ī“ ā‰” āˆ‚V . Se parametrizziamo Ī“ come in (3.9) allora

il teorema di Gauss ā€“ che riportiamo senza dimostrazione ā€“ asserisce che,

āˆ«

V

āˆ‚ĀµWĀµd4x =

āˆ«

Ī“

W ĀµdĪ£Āµ, (3.15)

dove lā€™elemento di ipersuperficie tridimensionale e dato da, vedi (3.12),

dĪ£Āµ = ĪµĀµĪ±Ī²Ī³ V Ī³1 V Ī²

2 V Ī±3 d3Ī».

74

Page 86: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Siccome vale identicamente,

V Āµa

(ĪµĀµĪ±Ī²Ī³ V Ī³

1 V Ī²2 V Ī±

3

)= 0, āˆ€ a,

concludiamo che,

ĪµĀµĪ±Ī²Ī³ V Ī³1 V Ī²

2 V Ī±3 = NĀµ,

dove unā€™eventuale costante di normalizzazione e stata assorbita nel vettore normale NĀµ.

Abbiamo quindi,

dĪ£Āµ = NĀµ d3Ī».

Si noti lā€™analogia con la forma dellā€™elemento di superficie bidimensionale, d~Ī£ = ~n dĪ£.

Se una falda di Ī“ e costituita da unā€™iperpiano a tempo costante, vedi (3.14), allora e

immediato vedere che su questa falda dĪ£Āµ si riduce a,

dĪ£0 = d3Ī» ā‰” d3x, dĪ£i = 0,

come cā€™era da aspettarsi. Il corrispondente contributo allā€™integrale (3.15) diventa allora,

āˆ«W 0 d3x

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£t=t0

.

3.2.2 Invarianza relativistica

Fino a questo punto non abbiamo fatto nessuna ipotesi sulle proprieta di invarianza della

teoria di campo in considerazione. In questo paragrafo analizzeremo alcune caratteristiche

importanti del principio di minima azione, nel caso particolare di una teoria di campo

relativistica.

Principio di minima azione covariante a vista. Nel caso di una teoria di campo re-

lativistica ci aspettiamo che le equazioni del moto siano covarianti a vista. A questo

proposito notiamo che se i campi sono suddivisi in multipletti tensoriali e se L e un inva-

riante relativistico, cioe, un campo scalare, allora le equazioni di Euleroā€“Lagrange (3.7)

sono effettivamente covarianti a vista. In una teoria relativistica richiederemo dunque che

la lagrangiana sia uno scalare sotto trasformazioni di Poincare, vale a dire,

L(Ļ•ā€²(xā€²), āˆ‚ā€²Ļ•ā€²(xā€²)) = L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x)), xā€² = Ī›x + a. (3.16)

75

Page 87: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Possiamo allora domandarci se anche lā€™azione sia uno scalare ā€“ come richiesto nellā€™intro-

duzione a questo capitolo. In realta dalla scrittura (3.5) emerge unā€™ostruzione immediata

allā€™invarianza di I: mentre la misura dellā€™integrale e invariante,

d4xā€² = |detĪ›| d4x = d4x,

la regione dā€™integrazione non lo e affatto, in quanto la variabile temporale e integrata

su un intervallo finito. Tuttavia, non e difficile ovviare a questo problema. E sufficiente

sostituire nella (3.5) gli iperpiani t = t1 e t = t2, che delimitano la regione dā€™integrazione

quadridimensionale, con due generiche ipersuperfici di tipo spazio Ī“1 e Ī“2 che non si

intersecano. Un iperpiano a tempo costante e in effetti una particolare ipersuperficie di

tipo spazio, che in seguito a una trasformazione di Poincare non sara piu un iperpiano

a tempo costante, ma restera pur sempre unā€™ipersuperficie di tipo spazio. Consideriamo

allora lā€™azione generalizzata,

I[Ļ•] =

āˆ« Ī“2

Ī“1

L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x)) d4x, (3.17)

che grazie a (3.16) e ora un invariante relativistico,

I ā€² =āˆ« Ī“ā€²2

Ī“ā€²1

L(Ļ•ā€²(xā€²), āˆ‚ā€²Ļ•ā€²(xā€²)) d4xā€² =āˆ« Ī“2

Ī“1

L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x)) d4x = I.

Possiamo allora formulare un principio di minima azione covariante a vista, richiedendo

che lā€™azione (3.17) sia stazionaria per variazioni Ī“Ļ•r arbitrarie, purche nulle su Ī“1 e Ī“2.

La versione relativisticamente invariante della condizione asintotica (3.6) e invece,

limx2ā†’āˆ’āˆž

Ļ•r(x) = 0. (3.18)

E poi evidente che il principio di minima azione basato sulla (3.17) fornisce come equazioni

del moto ancora le equazioni di Euleroā€“Lagrange (3.7).

Quadridivergenze. Aggiungiamo ora un commento riguardo allā€™esistenza e allā€™unicita

della lagrangiana. Data L, le equazioni del moto (3.7) sono ovviamente univocamente

determinate, ma spesso si deve affrontare il problema inverso: dato un insieme di equazioni

del moto per i campi, si cerca una lagrangiana da cui esse discendano. E chiaro che per

un insieme arbitrario di equazioni del moto ā€“ seppure relativistiche ā€“ questo problema

76

Page 88: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in generale non ammette nessuna soluzione, nel senso che non esiste nessuna lagrangiana

per cui queste equazioni possano essere poste nella forma (3.7). Dā€™altra parte, se una tale

lagrangiana esiste ā€“ come per tutte le teorie fisiche fondamentali ā€“ e facile vedere che in

generale essa non e unica. In particolare, se a e b sono costanti reali e immediato verificare

che le lagrangiane L e,

L = aL+ b,

danno luogo alle stesse equazioni di Euleroā€“Lagrange.

Unā€™ambiguita un poā€™ meno ovvia e costituita, invece, dallā€™aggiunta di una quadridi-

vergenza,

L = L+ āˆ‚ĀµCĀµ(Ļ•),

dove le CĀµ(Ļ•) sono quattro funzioni arbitrarie dei campi, con le stesse proprieta di rego-

larita di L. Possiamo, infatti, fare vedere che L e L danno luogo alle stesse equazioni di

Euleroā€“Lagrange. A questo scopo calcoliamo la differenza tra le azioni associate alle due

lagrangiane, e applichiamo il teorema di Gauss quadridimensionale,

I āˆ’ I =

āˆ« Ī“2

Ī“1

L d4xāˆ’āˆ« Ī“2

Ī“1

L d4x =

āˆ« Ī“2

Ī“1

āˆ‚ĀµCĀµ d4x =

āˆ«

āˆ‚V4

CĀµ dĪ£Āµ.

V4 indica il volume di integrazione quadridimensionale il cui bordo e composto da Ī“1 e Ī“2,

e da unā€™ipersuperficie di tipo tempo posta allā€™infinito spaziale, Ī“āˆž, si veda il paragrafo

precedente. Si ha allora,

I āˆ’ I =

āˆ«

Ī“2

CĀµ dĪ£Āµ āˆ’āˆ«

Ī“1

CĀµ dĪ£Āµ +

āˆ«

Ī“āˆžCĀµ dĪ£Āµ.

Lā€™integrale su Ī“āˆž e nullo per via della condizione asintotica (3.18). Viceversa, i primi due

integrali sono diversi da zero, ma coinvolgono solo i valori dei campi sulle ipersuperfici Ī“1

e Ī“2, che nel principio di minima azione sono tenuti fissi. Abbiamo quindi Ī“(I āˆ’ I) = 0,

cioe,

Ī“I = Ī“I,

e le due azioni danno quindi luogo alle medesime equazioni di Euleroā€“Lagrange. In con-

clusione possiamo affermare che tutte le lagrangiane che differiscono per una quadridiver-

genza sono fisicamente equivalenti.

77

Page 89: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Localita. Concludiamo questo paragrafo con unā€™ulteriore restrizione sul tipo di lagran-

giane che ammetteremo in una teoria relativistica di campo. Alla richesta di invarianza

relativistica aggiungeremo, infatti, quella di localita, analoga alla richiesta di ā€œazione a con-

tattoā€ tra particelle e campi, discussa nellā€™introduzione a questo capitolo. Nel caso di una

teoria di campo la localita richiede che la lagrangiana sia data da una somma di prodotti

dei campi e delle loro derivate prime, valutati nello stesso punto dello spazioā€“tempo.

Illustriamo questa richiesta nel caso di una teoria di campo con due campi scala-

ri, Ļ•1(x) ā‰” A(x), e Ļ•2(x) ā‰” B(x). In questo caso ammetteremo, per esempio, una

lagrangiana del tipo,

L1 =1

2āˆ‚ĀµA(x) āˆ‚ĀµA(x) +

1

2āˆ‚ĀµB(x) āˆ‚ĀµB(x)āˆ’ g A2(x) B2(x), (3.19)

mentre non accetteremo la lagrangiana,

L2 =1

2āˆ‚ĀµA(x) āˆ‚ĀµA(x) +

1

2āˆ‚ĀµB(x) āˆ‚ĀµB(x)āˆ’ gN

āˆ«A2(x) [(xāˆ’ y)2]N B2(y) d4y,

(3.20)

dove gN e una ā€œcostante di accoppiamentoā€ reale, e N e un intero positivo. Infatti, mentre

in L1 il campo A(x) e ā€œin contattoā€ con il campo B valutato nello stesso punto x, in L2

il campo A(x) e in contatto con B(y) per un qualsiasi valore di y. Dal punto di vista

delle equazioni di Euleroā€“Lagrange questo vorrebbe dire che la dinamica di A nel punto

x e influenzata dai valori di B in tutti i punti dello spazio, in contrasto con la ā€œlocalitaā€

dellā€™interazione.

Ribadiamo, comunque, che la lagrangiana L2 e uno scalare sotto trasformazioni di

Poincare, e che darebbe dunque luogo a equazioni del moto relativistiche ben definite.

Sussiste, tuttavia, un ulteriore motivo che ci porta a rigettare lagrangiane come queste. Il

fatto e che lagrangiane come (3.20) non hanno carattere ā€œfondamentaleā€: lā€™intero N che

ivi compare e completamente arbitrario, anzi, potremmo sostituire il fattore gN [(xāˆ’y)2]N

con una qualsiasi funzione f(x, y) invariante sotto il gruppo di Poincare. Sviluppata in

serie di Taylor una tale funzione ha la forma generale,

f(x, y) =āˆžāˆ‘

N=0

gN [(xāˆ’ y)2]N ,

78

Page 90: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

ed essa introdurrebbe quindi un numero infinito di costanti di accoppiamento gN inde-

terminate. Per mantenere il carattere predittivo della teoria la forma della f , ovvero il

valore delle costanti gN , dovrebbe allora essere dedotta da una teoria ā€œpiu fondamentaleā€.

Lagrangiane del tipo L2 rappresentano infatti tipicamente teorie effettive, vale a dire teo-

rie approssimate che riproducono correttamente i risultati sperimentali solo in particolari

regimi fisici, per esempio a basse o ad alte energie.

Consistenza quantistica. Le restrizioni piu forti sulla scelta delle lagrangiane relativi-

stiche permesse provengono, tuttavia, dallā€™approccio della teoria quantistica relativistica

di campo. Nellā€™ambito di questo approccio si dimostra, infatti, che le lagrangiane classiche

che a livello quantistico danno luogo a teorie consistenti devono essere:

a) invarianti sotto trasformazioni di Poincare,

b) locali,

c) polinomi nei campi e nelle loro derivate, di ordine massimo quattro.

Queste restrizioni limitano di molto la forma delle lagrangiane permesse, e insieme ad

altre richeste di invarianza spesso permettono di determinarle univocamente. Esempi ne

sono le lagrangiane ā€œfondamentaliā€ che descrivono le interazioni elettrodeboli e quelle forti.

Al contrario, la lagrangiana che nellā€™ambito della Relativita Generale descrive lā€™interazione

gravitazionale soddisfa le richiesta a) e b) ma non la c) ā€“ la causa essendo la complicata

autointerazione del campo gravitazionale. E questo il motivo per cui, con le conoscenze

che abbiamo acquisito fino ad oggi, questa interazione appare tuttora in conflitto con le

leggi della Meccanica Quantistica.

3.2.3 La lagrangiana per lā€™equazione di Maxwell

In questo paragrafo illustriamo il metodo variazionale derivando le equazioni che gover-

nano la dinamica del campo elettromagnetico da un principio di minima azione. In linea

di principio si tratta quindi di ottenere le equazioni (2.13) e (2.14) come equazioni di

Euleroā€“Lagrange relative ad unā€™opportuna lagrangiana. La prima questione da affrontare

riguarda allora la scelta dei campi lagrangiani Ļ•r. Siccome le (2.13), (2.14) corrispon-

dono a otto equazioni dovremmo avere altrettanti campi lagrangiani. La scelta naturale

Ļ•r ā‰” F ĀµĪ½ ā€“ che tra lā€™altro avrebbe il pregio di introdurre solo campi osservabili ā€“ e dunque

79

Page 91: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

esclusa, perche il tensore di Maxwell corrisponde non a otto ma solo a sei campi indipen-

denti, vale a dire ~E e ~B. Questa strada risulta quindi impraticabile, si veda in particolare

il problema 3.9, e dobbiamo cercarne unā€™altra.

Una strategia alternativa consiste nel procedere come anticipato nei paragrafi 2.2.2 e

2.2.3. Risolviamo, cioe, lā€™identita di Bianchi attraverso,

FĀµĪ½ ā‰” āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ,

e consideriamo come campi lagrangiani le componenti del quadripotenziale,

Ļ•r = AĀµ, (3.21)

r = Āµ = (0, 1, 2, 3). Secondo questa strategia il principio di minima azione dovrebbe allora

dare luogo alle equazioni di Maxwell,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ āˆ’ jĪ½ = 0, (3.22)

come equazioni di Euleroā€“Lagrange associate a unā€™opportuna lagrangiana L. Si noti che

la scelta dei campi lagrangiani (3.21) e ora consistente con il fatto che le equazioni (3.22)

sono quattro in numero.

Il problema si riduce allora a trovare una lagrangiana L(A, āˆ‚A), polinomiale in A e

āˆ‚A, tale che le equazioni di Euleroā€“Lagrange ad essa associate,

āˆ‚Āµāˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµAĪ½)āˆ’ āˆ‚L

āˆ‚AĪ½

= 0, (3.23)

equivalgano alle (3.22). La lagrangiana che cerchiamo dovra essere certamente un in-

variante relativistico, ma dato che abbiamo risolto lā€™identita di Bianchi introducendo il

potenziale vettore, essa dovra essere altresı invariante per trasformazioni di gauge,

Aā€²Āµ = AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›,

modulo quadridivergenze. Per quanto riguarda, invece, la corrente assumeremo solo che

essa sia conservata, āˆ‚ĀµjĀµ = 0, e che non dipenda da AĀµ. Per individuare lo scalare L pro-

cediamo in modo euristico, sfruttando la struttura della (3.22). Il primo termine di questa

equazione e lineare in AĀµ, mentre il secondo ne e indipendente. Corrispondentemente la

80

Page 92: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

lagrangiana dovra contenere un termine quadratico in AĀµ, L1, e uno lineare in AĀµ, L2.

Considerata poi la forma particolare dei due termini nella (3.22) L1 dovra contenere due

derivate, mentre L2 dovra esserne privo.

Cerchiamo ora di determinare L1. Questo termine deve contenere le derivate del

quadripotenziale. Lā€™invarianza di gauge impone allora che esso dipende da AĀµ solo attra-

verso il campo gaugeā€“invariante F ĀµĪ½ , e in definitiva L1 deve allora essere quadratico in

questā€™ultimo. In effetti abbiamo due invarianti quadratici a disposizione,

F ĀµĪ½FĀµĪ½ e ĪµĀµĪ½ĻĻƒFĀµĪ½FĻĻƒ.

Tuttavia, grazie allā€™identita di Bianchi il secondo invariante corrisponde a una quadridi-

vergenza,

ĪµĀµĪ½ĻĻƒFĀµĪ½FĻĻƒ = 2 ĪµĀµĪ½ĻĻƒāˆ‚ĀµAĪ½FĻĻƒ = 2āˆ‚Āµ ( ĪµĀµĪ½ĻĻƒAĪ½FĻĻƒ)āˆ’ 2AĪ½ ( ĪµĀµĪ½ĻĻƒāˆ‚ĀµFĻĻƒ)

= 2āˆ‚Āµ ( ĪµĀµĪ½ĻĻƒAĪ½FĻĻƒ) . (3.24)

Esso da quindi un contributo irrilevante alla lagrangiana 12. Possiamo quindi concludere

che L1 e proporzionale a F ĀµĪ½FĀµĪ½ .

Consideriamo ora L2. Questo termine deve essere lineare in AĀµ e coinvolgere la corrente

jĀµ. Lā€™unico scalare che possiamo formare con queste quantita e L2 āˆ AĀµjĀµ. Verifichiamone

lā€™invarianza di gauge,

Aā€²Āµj

Āµ = AĀµjĀµ + āˆ‚ĀµĪ›jĀµ = AĀµj

Āµ + āˆ‚Āµ(Ī›jĀµ)āˆ’ Ī› āˆ‚ĀµjĀµ.

Siccome la corrente e conservata vediamo che L2 e in effetti gauge invariante ā€“ modulo

una quadridivergenza.

Per ottenere lā€™equazione di Maxwell con i coefficienti corretti poniamo,

L = L1 + L2 = āˆ’1

4F ĀµĪ½FĀµĪ½ āˆ’ jĪ½AĪ½ . (3.25)

Verifichiamo ora che con questa scelta per L le equazioni (3.23) corrispondono proprio

allā€™equazione di Maxwell. Al termine āˆ‚Lāˆ‚AĪ½

contribuisce solo L2,

āˆ‚Lāˆ‚AĪ½

= āˆ’jĪ½ ,

12Il termine ĪµĀµĪ½ĻĻƒFĀµĪ½FĻĻƒ in realta e uno pseudoscalare e, anche se non fosse una quadridivergenza,contribuirebbe allā€™equazione del moto con un termine pseudovettoriale, mentre lā€™equazione di Maxwell evettoriale.

81

Page 93: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

mentre alla derivata āˆ‚Lāˆ‚(āˆ‚ĀµAĪ½)

contribuisce solo L1. Per determinarla e conveniente calcolare

la variazione di L1 per una variazione infinitesima di āˆ‚A,

Ī“L1 = āˆ’1

2F ĀµĪ½Ī“FĀµĪ½ = āˆ’1

2F ĀµĪ½(Ī“āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ Ī“āˆ‚Ī½AĀµ) = āˆ’F ĀµĪ½Ī“(āˆ‚ĀµAĪ½),

e quindi,āˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµAĪ½)= āˆ’F ĀµĪ½ . (3.26)

In definitiva otteniamo,

āˆ‚Āµāˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµAĪ½)āˆ’ āˆ‚L

āˆ‚AĪ½

= āˆ’āˆ‚ĀµFĀµĪ½ + jĪ½ = 0, (3.27)

che e lā€™equazione di Maxwell.

Il ruolo del potenziale vettore. Concludiamo questa deduzione con un commento sul

ruolo del potenziale vettore in Elettrodinamica, classica e quantistica. Intanto insistiamo

sul fatto che a livello classico lā€™equazione di Maxwell e lā€™identita di Bianchi di per se

possono essere formulate, e risolte, senza mai introdurre il potenziale vettore, in quanto

questā€™ultimo costituisce solo un ausilio ā€œutileā€. Al contrario, se vogliamo far discende-

re queste equazioni da un principio variazionale allora ā€“ come abbiamo appena visto ā€“

lā€™introduzione del potenziale vettore risulta indispensabile. Ma il principio variazionale

costituisce, a sua volta, il punto di partenza irrinunciabile per la quantizzazione di una

qualsiasi teoria: concludiamo cosı che, mentre a livello classico lā€™uso del potenziale vetto-

re e un ā€œoptionalā€, a livello quantistico la sua introduzione e inevitabile. Considerazioni

completamente analoghe valgono per il ruolo dei potenziali vettore nelle altre interazioni

fondamentali.

Sui mediatori delle interazioni deboli e forti. Chiudiamo questo paragrafo con un com-

mento sulla struttura della lagrangiana (3.25) nel caso particolare di corrente nulla, jĀµ = 0.

In questo caso lā€™equazione (3.22) descrive il campo di Maxwell nel vuoto, disaccoppiato

da qualsiasi carica, ovvero un campo ā€œliberoā€. La lagrangiana,

L1 = āˆ’1

4F ĀµĪ½FĀµĪ½ ,

descrive quindi un campo di gauge libero. Come abbiamo visto la struttura di questa

lagrangiana e essenzialmente determinata dai principi di invarianza relativistica e di inva-

rianza di gauge. Non stupisce allora che anche la propagazione libera dei mediatori delle

82

Page 94: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

interazioni deboli e forti, che sono soggette agli stessi principi, sia descritta da lagrangiane

completamente analoghe. Ai mediatori delle interazioni deboli Z0 e WĀ± sono associati ri-

spettivamente il campo di gauge reale Z0Āµ, e i campi di gauge complessi WĀ±

Āµ = (W Āµ1 Ā±iW Āµ

2 ),

con i corrispondenti tensori di Maxwell,

F 0ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµZ

0Ī½ āˆ’ āˆ‚Ī½Z

0Āµ, FĀ±

ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµWĀ±Ī½ āˆ’ āˆ‚Ī½W

Ā±Āµ ,

mentre agli otto mediatori delle interazioni forti sono associati i campi gluonici AIĀµ, I =

1, Ā· Ā· Ā· , 8, con i relativi tensori di Maxwell,

F IĀµĪ½ = āˆ‚ĀµA

IĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½A

IĀµ.

La lagrangiana totale che descrive la propagazione libera di tutti questi campi risulta

allora,

L0 = āˆ’1

4

(F ĀµĪ½FĀµĪ½ + F 0ĀµĪ½F 0

ĀµĪ½ + F+ĀµĪ½Fāˆ’ĀµĪ½ +

8āˆ‘I=1

F IĀµĪ½F IĀµĪ½

).

La lagrangiana ā€œliberaā€ L1 da luogo alle equazioni di Maxwell nel vuoto āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0, le

cui soluzioni sono onde (elettromagnetiche), che si propagano con la velocita della luce. Di

conseguenza i mediatori associati hanno massa nulla. Ma mentre i fotoni e i gluoni sono

effettivamente particelle prive di massa, i mediatori delle interazioni deboli sono in realta

massivi. La lagrangiana L0 andra allora completata con lā€™aggiunta di un termine Lm,

dipendente solo da WĀ±Āµ e Z0

Āµ, che tenga conto delle masse mW e mZ di queste particelle.

Si puo vedere che questo termine deve essere dato da, vedi anche il problema 3.1,

Lm =1

2~2

(m2

W W+Āµ Wāˆ’Āµ + m2

Z Z0ĀµZ

0Āµ), (3.28)

dove la presenza della costante di Planck ~ e suggerita da motivi dimensionali. Dā€™al-

tra parte si verifica immediatamente che lā€™espressione in (3.28) non e invariante sotto le

trasformazioni di gauge,

WĀ±Āµ ā†’ WĀ±

Āµ + āˆ‚ĀµĪ›Ā±, Z0Āµ ā†’ Z0

Āµ + āˆ‚ĀµĪ›0,

e anche la lagrangiana totale L0+Lm romperebbe quindi questa invarianza. Per quello che

concerne le interazioni deboli si puo, tuttavia, vedere che questa rottura della simmetria

non inficia la consistenza della teoria, se essa avviene in modo ā€œspontaneoā€. Per maggiori

dettagli su questo argomento e per la giustificazione della (3.28) rimandiamo a un testo

di particelle elementari.

83

Page 95: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

3.3 Il Teorema di Noether

Il Teorema di Noether asserisce in generale che a ogni gruppo a un parametro di simmetrie

di una teoria fisica, corrisponde una costante del moto, cioe, una quantita conservata.

A titolo di esempio ricordiamo che in una teoria invariante per traslazioni temporali si

conserva lā€™energia, mentre se essa e invariante per rotazioni spaziali si conserva il momento

angolare.

Prima di proseguire specifichiamo meglio cosa intendiamo con ā€œinvarianza di una

teoriaā€, nel contesto del teorema di Noether. In primo luogo si potrebbe intendere

lā€™invarianza delle equazioni del moto che governano la dinamica della teoria, sotto lā€™azio-

ne del gruppo di simmetria. Tuttavia vedremo che questa richiesta risulta genericamente

troppo debole, perche lā€™invarianza delle equazioni del moto in generale non e sufficiente

per garantire la presenza di costanti del moto. Il teorema di Noether si basa, infatti, sulle

ipotesi piu restrittive che,

1) le equazioni del moto discendano da un principio variazionale,

2) lā€™azione associata sia invariante sotto il gruppo di simmetrie.

Come abbiamo visto in teoria di campo lā€™azione e data a sua volta in termini di una

lagrangiana,

I =

āˆ«L d4x.

Per le teorie di campo considerate da noi lā€™invarianza dellā€™azione sara poi sempre conse-

guenza dellā€™invarianza della misura dā€™integrazione 13 e, separatamente, della lagrangiana

ā€“ modulo quadridivergenze .

Unā€™altro aspetto importante, peculiare del teorema di Noether in teoria di campo, e

che esso assicura la conservazione locale della grandezza fisica in questione. Questo vuol

dire che si conserva non solo una ā€œcaricaā€ totale, ma che la conservazione e conseguenza

di unā€™equazione di continuita. Per ogni gruppo di simmetrie a un parametro il teorema

implica, cioe, lā€™esistenza di una quadricorrente JĀµ a divergenza nulla,

āˆ‚ĀµJĀµ = 0.

13Nel caso di ā€œsimmetrie interneā€ per definizione le coordinate non cambiano, xā€²Āµ = xĀµ ā‡’ d4xā€² = d4x.Per trasformazioni di Poincare, invece, abbiamo xā€²Āµ = Ī›Āµ

Ī½xĪ½ + aĀµ ā‡’ d4xā€² = d4x |det Ī›| = d4x.

84

Page 96: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Come visto questo assicura che la variazione della carica QV =āˆ«

VJ0 d3x in un volume V ,

e necessariamente accompagnata da un flusso di carica attraverso il suo bordo,

dQV

dt= āˆ’

āˆ«

āˆ‚V

~J Ā· d~Ī£.

Non e, cioe, possibile che la carica scompaia in un punto e compaia in un altro punto,

senza ā€œfluireā€ da un punto allā€™altro.

In Teoria dei Campi esiste una dimostrazione generale e semplice del teorema di Noe-

ther per le cosiddette ā€œsimmetrie interneā€, cioe, per simmetrie che non coinvolgono trasfor-

mazioni dello spazioā€“tempo, come per esempio le trasformazioni di gauge. Al contrario,

il gruppo di Poincare origina proprio da trasformazioni dello spazioā€“tempo, e per questo

gruppo di simmetrie la dimostrazione del teorema e leggermente piu complicata. Tuttavia,

date lā€™importanza concettuale e la rilevanza fenomenologica che esso ricopre, in questa

sezione dimostreremo il teorema di Noether per il gruppo di Poincare in una generica teo-

ria di campo relativistica. Il sottogruppo delle traslazioni costituisce un gruppo a quattro

parametri a cui corrisponderanno quattro grandezze conservate, che identificheremo con

il quadrimomento totale, mentre il sottogruppo di Lorentz costituisce un gruppo a sei

parametri a cui corrisponderanno altrettante grandezze conservate, che identificheremo

con il momento angolare quadridimensionale totale del sistema.

3.3.1 Trasformazioni di Poincare infinitesime

Per dimostrare il teorema di Noether sfrutteremo in particolare lā€™invarianza della lagran-

giana sotto trasformazioni di Poincare infinitesime. In questo paragrafo determineremo

preliminarmente le variazioni dei campi sotto trasformazioni ā€œinfinitesimeā€ ā€“ vale a dire

trasformazioni valutate al primo ordine nei parametri Ļ‰ĀµĪ½ e aĀµ ā€“ la cui forma esplicita ci

servira poi nella dimostrazione del teorema.

Finora abbiamo indicato lā€™insieme dei campi lagrangiani genericamente con Ļ• =

(Ļ•1, Ā· Ā· Ā· , Ļ•N). In una teoria relativistica i singoli campi devono essere raggruppati in

ā€œmultiplettiā€ che costituiscono tensori sotto trasformazioni di Poincare, per esempio cam-

pi scalari Ī¦(x), campi vettoriali AĀµ(x), campi tensoriali di rango due BĀµĪ½(x), etc. E ovvio

che possiamo avere anche piu campi dello stesso rango. Lā€™indice r dellā€™insieme Ļ•rNr=1

indica allora tutte le componenti di tutti i multipletti.

85

Page 97: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Incominciamo ricordando la forma di una generica trasformazione di Poincare delle

coordinate,

xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½x

Ī½ + aĀµ, (3.29)

dove la matrice di Lorentz e data da, vedi paragrafo 1.4.1,

Ī›ĀµĪ½ = eĻ‰Āµ

Ī½ , Ļ‰ĀµĪ½ = āˆ’Ļ‰Ī½Āµ. (3.30)

Sotto questa trasformazione i singoli campi trasformano a seconda del loro rango tenso-

riale,

Ī¦ā€²(xā€²) = Ī¦(x), Aā€²Āµ(xā€²) = Ī›ĀµĪ½A

Ī½(x), Bā€²ĀµĪ½(xā€²) = Ī›ĀµĪ±Ī›Ī½

Ī²BĪ±Ī²(x), (3.31)

e cosı via. Possiamo indicare queste trasformazioni complessivamente con,

Ļ•ā€²r(xā€²) =Mr

sĻ•s(x), (3.32)

per una qualche matrice N ƗN Mrs, indipendente da x. Si noti in particolare che queste

trasformazioni sono lineari nei campi Ļ•r.

Possiamo allora definire due tipi di variazioni ā€“ per il momento finite ā€“ dei campi: le

variazioni totali Ī“Ļ•r, e le variazioni in forma Ī“Ļ•r,

Ī“Ļ•r ā‰” Ļ•ā€²r(xā€²)āˆ’ Ļ•r(x) (3.33)

Ī“Ļ•r ā‰” Ļ•ā€²r(x)āˆ’ Ļ•r(x). (3.34)

Passiamo ora alla valutazione di queste variazioni per trasformazioni di Poincare infinite-

sime. Queste ultime corrispondono a trasformazioni di Lorentz infinitesime,

Ī›ĀµĪ½ = Ī“Āµ

Ī½ + Ļ‰ĀµĪ½ ,

e a traslazioni infinitesime. Per le coordinate otteniamo le trasformazioni infinitesime,

Ī“xĀµ = xā€²Āµ āˆ’ xĀµ = (Ī“ĀµĪ½ + Ļ‰Āµ

Ī½)xĪ½ + aĀµ āˆ’ xĀµ = aĀµ + Ļ‰Āµ

Ī½xĪ½ . (3.35)

Usando le (3.31) troviamo allora le seguenti trasformazioni totali infinitesime, intese al

primo ordine in Ļ‰Ī±Ī² e aĀµ,

Ī“Ī¦ = Ī¦ā€²(xā€²)āˆ’ Ī¦(x) = 0,

Ī“AĀµ = (Ī“ĀµĪ½ + Ļ‰Āµ

Ī½)AĪ½(x)āˆ’ AĀµ(x) = Ļ‰Āµ

Ī½AĪ½(x),

Ī“BĀµĪ½ = (Ī“ĀµĪ± + Ļ‰Āµ

Ī±)(Ī“Ī½Ī² + Ļ‰Ī½

Ī²)BĪ±Ī²(x)āˆ’BĀµĪ½(x) = Ļ‰ĀµĪ±BĪ±Ī½(x) + Ļ‰Ī½

Ī²BĀµĪ²(x),

86

Page 98: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e cosı via. Da questi esempi si capisce che le generiche variazioni Ī“Ļ•r sono lineari nei

parametri Ļ‰ĀµĪ½ e nei campi stessi, si veda anche la (3.32). Possiamo allora scrivere la

formula generale,

Ī“Ļ•r =1

2Ļ‰Ī±Ī² Ī£Ī±Ī²

rsĻ•s, (3.36)

dove le quantita Ī£Ī±Ī²rs sono antisimmetriche in Ī± e Ī² 14,

Ī£Ī±Ī²rs = āˆ’Ī£Ī²Ī±

rs,

e la sommatoria su s e sottintesa. Le espressioni esplicite di queste quantita si leggono

facilmente dalle trasformazioni infinitesime totali dei campi calcolate sopra. Per esempio,

per il campo scalare Ī¦ si ha semplicemente Ī£Ī±Ī²11 = 0, mentre per il campo vettoriale

AĀµ ā‰” Ļ•r si ha,

Ī£Ī±Ī²rs = Ī“Ī±

r Ī·Ī²s āˆ’ Ī“Ī²r Ī·Ī±s. (3.37)

Calcoliamo ora la versione infinitesima delle variazioni in forma. Aggiungendo e to-

gliendo nella (3.34) lo stesso termine e usando la (3.36), al primo ordine in Ļ‰Ī±Ī² e aĀµ si

ottiene,

Ī“Ļ•r = Ļ•ā€²r(x)āˆ’ Ļ•ā€²r(xā€²) + Ļ•ā€²r(x

ā€²)āˆ’ Ļ•r(x)

= Ļ•ā€²r(x)āˆ’ Ļ•ā€²r(x + Ī“x) + Ī“Ļ•r

= āˆ’Ī“xĪ½ āˆ‚Ī½Ļ•ā€²r + Ī“Ļ•r = āˆ’Ī“xĪ½ āˆ‚Ī½Ļ•r + Ī“Ļ•r

= āˆ’Ī“xĪ½ āˆ‚Ī½Ļ•r +1

2Ļ‰Ī±Ī² Ī£Ī±Ī²

rsĻ•s, (3.38)

dove nella penultima riga abbiamo tenuto conto che la differenza tra Ļ•r e Ļ•ā€²r e del primo

ordine in Ļ‰Ī±Ī² e aĀµ.

3.3.2 Teorema di Noether per il gruppo di Poincare

In una teoria di campo classica il teorema di Noether riferito al gruppo di Poincare si

enuncia come segue.

Teorema di Noether. Si consideri una teoria di campo la cui dinamica discenda dallā€™a-

zione,

I =

āˆ«d4xL,

14Nella (3.36) gli indici Ī± e Ī² di Ī£Ī±Ī²rs sono contratti con la coppia antisimmetrica di Ļ‰Ī±Ī² ; cio implica

che comunque solo la parte antisimmetrica in Ī± e Ī² di Ī£Ī±Ī²rs contribuisce a Ļ‰Ī±Ī² Ī£Ī±Ī²

rs.

87

Page 99: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

per unā€™opportuna lagrangiana L, ovvero, una teoria di campo le cui equazioni del moto

siano date dalla (3.7). Allora, se L e invariante per traslazioni si conserva localmente

il quadrimomento, il tensore energiaā€“impulso essendo dato dalla (3.44), mentre se L e

invariante per trasformazioni di Lorentz, allora si conserva localmente il momento angolare

quadridimensionale, il tensore densita di momento angolare essendo dato dalla (3.45).

Queste leggi di conservazione sono valide purche i campi soddisfino le equazioni di Euleroā€“

Lagrange (3.7).

Per comprendere meglio il significato dellā€™invarianza per traslazioni di L consideriamo

una classe di lagrangiane leggermente piu ampia di quella considerata finora, del tipo,

L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x), x), (3.39)

dove ammettiamo, cioe, che L abbia anche una generica dipendenza esplicita da x. Per

una traslazione, xā€² = x + a, abbiamo Ļ•ā€²r(xā€²) = Ļ•r(x), e per la lagrangiana traslata si

ottiene allora,

L(Ļ•ā€²(xā€²), āˆ‚ā€²Ļ•ā€²(xā€²), xā€²) = L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x), x + a),

che uguaglia L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x), x) solo se L non dipende esplicitamente da x. Possiamo quindi

affermare che una lagrangiana e invariante per traslazioni se e sole se essa non esibisce

dipendenza esplicita da x.

Dimostrazione. Il primo passo nella dimostrazione del teorema di Noether consiste nel

valutare la variazione della lagrangiana per unā€™arbitraria trasformazione finita di Poincare

dei campi, vedi (3.29) e (3.31),

āˆ†L ā‰” L(Ļ•ā€²(xā€²), āˆ‚ā€²Ļ•ā€²(xā€²), xā€²)āˆ’ L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x), x). (3.40)

Per ogni x fissato questa espressione e una funzione dei parametri Ļ‰Ī±Ī² e aĀµ, e come tale

puo essere sviluppata in serie di Taylor attorno ai valori Ļ‰Ī±Ī² = 0 = aĀµ. Siccome āˆ†L si

annulla per valori nulli dei parametri, otteniamo uno sviluppo del tipo,

āˆ†L = Ī“L+ o(Ļ‰Ī±Ī², aĀµ)2,

dove con Ī“L, la ā€œvariazione infinitesima della lagrangianaā€, abbiamo indicato i termi-

ni di āˆ†L lineari in Ļ‰Ī±Ī² e aĀµ. Se L e invariante sotto lā€™azione del gruppo di Poincare

88

Page 100: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

avremo āˆ†L = 0 identicamente, ovvero āˆ€Ļ‰Ī±Ī², āˆ€ aĀµ, e per il teorema sullā€™identita delle

serie di potenze ne seguira che Ī“L = 0, āˆ€Ļ‰Ī±Ī², āˆ€ aĀµ. Sfruttando questā€™ultima identita e

assumendo la validita delle equazioni di Euleroā€“Lagrange potremo poi concludere che le

quadridivergenze di certi tensori sono nulli.

Secondo questa strategia dobbiamo dunque trovare unā€™espressione esplicita per Ī“L. A

questo scopo e conveniente aggiungere e togliere a āˆ†L lo stesso termine, e valutare poi

lā€™espressione risultante tenendo solo i termini lineari nei parametri,

Ī“L = [L(Ļ•ā€²(xā€²), āˆ‚ā€²Ļ•ā€²(xā€²), xā€²)āˆ’ L(Ļ•ā€²(x), āˆ‚Ļ•ā€²(x), x)]lin

+ [L(Ļ•ā€²(x), āˆ‚Ļ•ā€²(x), x)āˆ’ L(Ļ•(x), āˆ‚Ļ•(x), x)]lin .

I due termini della prima parentesi quadra differiscono solo per la sostituzione xā†’ xā€² =

x + Ī“x, mentre nella seconda parentesi quadra i campi differiscono per la variazione in

forma (3.34). Tenendo conto che āˆ‚ĀµĪ“xĀµ = Ī·ĀµĪ½Ļ‰

ĀµĪ½ = 0, vedi (3.35), e definendo i ā€œmomenti

coniugatiā€,

Ī Āµr =āˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•r), (3.41)

si ottiene allora,

Ī“L = Ī“xĀµāˆ‚ĀµL+ Ī“Ļ•rāˆ‚Lāˆ‚Ļ•r

+ āˆ‚ĀµĪ“Ļ•r Ī Āµr

= āˆ‚Āµ (Ī“xĀµL) + Ī“Ļ•r

(Ī“Lāˆ‚Ļ•r

āˆ’ āˆ‚ĀµĪ Āµr

)+ āˆ‚Āµ (Ī“Ļ•rĪ 

Āµr)

= āˆ‚Āµ [Ī“xĀµL+ Ī“Ļ•rĪ Āµr] + Ī“Ļ•r

(Ī“Lāˆ‚Ļ•r

āˆ’ āˆ‚ĀµĪ Āµr

), (3.42)

dove la sommatoria su r e sottintesa. Valutiamo ora il termine tra parentesi quadre in

(3.42), usando la formula (3.38) per la variazione infinitesima dei campi,

Ī“xĀµL+ Ī“Ļ•rĪ Āµr = Ī“xĪ½ (Ī·ĀµĪ½L āˆ’ Ī Āµrāˆ‚Ī½Ļ•r) +

1

2Ī ĀµrĻ‰Ī±Ī²Ī£Ī±Ī²

rsĻ•s. (3.43)

Prima di procedere definiamo il tensore energiaā€“impulso canonico,

T ĀµĪ½ = Ī Āµrāˆ‚Ī½Ļ•r āˆ’ Ī·ĀµĪ½L, (3.44)

e il tensore densita di momento angolare canonico,

MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ± + Ī ĀµrĪ£Ī±Ī²rsĻ•s, MĀµĪ±Ī² = āˆ’MĀµĪ²Ī±. (3.45)

89

Page 101: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Usando queste definizioni e la (3.35), la (3.43) diventa,

Ī“xĀµL+ Ī“Ļ•rĪ Āµr = āˆ’(aĪ½ + Ļ‰Ī½Ļ xĻ)T ĀµĪ½ +

1

2Ī ĀµrĻ‰Ī±Ī²Ī£Ī±Ī²

rsĻ•s

= āˆ’aĪ½TĀµĪ½ +

1

2Ļ‰Ī±Ī²MĀµĪ±Ī². (3.46)

Per la variazione di L sotto una generica trasformazione di Poincare infinitesima otteniamo

cosı il seguente risultato,

Ī“L = āˆ’aĪ½ āˆ‚ĀµTĀµĪ½ +

1

2Ļ‰Ī±Ī² āˆ‚ĀµM

ĀµĪ±Ī² + Ī“Ļ•r

(Ī“Lāˆ‚Ļ•r

āˆ’ āˆ‚ĀµĪ Āµr

). (3.47)

Supponiamo ora, per esempio, che la lagrangiana sia invariante per il sottogruppo a

un parametro del gruppo di Poincare costituito dalle traslazioni nel tempo,

tā€² = t + a0, ~x ā€² = ~x.

Come visto sopra questo equivale allā€™assunzione che in L sia assente la dipendenza esplicita

da t. Allora abbiamo,

Ī“L = 0, per ai = 0 = Ļ‰Ī±Ī², a0 arbitrario.

Se in piu imponiamo che i campi soddisfino le equazioni di Euleroā€“Lagrange,

āˆ‚ĀµĪ Āµr āˆ’ Ī“Lāˆ‚Ļ•r

= 0,

si ricordi la definizione (3.41), allora dalla (3.47) si ricava,

0 = āˆ’a0 āˆ‚ĀµTĀµ0 = 0, āˆ€ a0 ā‡’ āˆ‚ĀµT

Āµ0 = 0.

Abbiamo cosı ottenuto lā€™equazione di continuita per lā€™energia, che assicura che lā€™energia

e localmente conservata.

Allo stesso modo dalla (3.47) segue che a ciascuno dei dieci parametri (aĀµ, Ļ‰Ī±Ī²) cor-

risponde una corrente a quadridivergenza nulla e una grandezza localmente conservata,

se la lagrangiana e invariante sotto il corrispondente gruppo a un paramentro: ad a0

(traslazioni del tempo) corrisponde la conservazione locale dellā€™energia, ad a1 (traslazioni

lungo lā€™asse x) quella della componente x della quantita di moto, ad Ļ‰12 (rotazioni attor-

no allā€™asse z) quella della componente z del momento angolare, ad Ļ‰01 (trasformazioni di

90

Page 102: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lorentz speciali lungo lā€™asse x) quella della componente x del boost, e via di seguito. In

partciolare se la lagrangiana e invariante sotto lā€™intero gruppo delle traslazioni si conserva

localmente il quadrimomento, mentre se essa e invariante sotto lā€™intero gruppo di Loren-

tz allora si conserva localmente il momento angolare quadridimensionale. Abbiamo cosı

concluso la dimostrazione del teorema.

In particolare se L e invariante sotto lā€™intero gruppo di Poincare, dalla (3.47) ottenia-

mo,

āˆ’aĪ½ āˆ‚ĀµTĀµĪ½ +

1

2Ļ‰Ī±Ī² āˆ‚ĀµM

ĀµĪ±Ī² = 0, āˆ€ aĀµ, āˆ€Ļ‰Ī±Ī²,

e quindi,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0, āˆ‚ĀµM

ĀµĪ±Ī² = 0.

In questo caso abbiamo dieci costanti del moto, raggruppate nel quadrimomento e nel

momento angolare quadridimensionale,

P Āµ =

āˆ«T 0Āµ d3x, LĪ±Ī² =

āˆ«M0Ī±Ī² d3x.

Insistiamo sul fatto che queste leggi di conservazione sono valide purche i campi soddisfino

le equazioni del moto di Euleroā€“Lagrange.

Per illustrare la portata di questo teorema nominiamo il fatto che le teorie che descri-

vono le quattro interazioni fondamentali soddisfano il principio di relativita einsteiniana,

e che sono formulate in termini di un principio variazionale: in queste teorie il teorema di

Noether assicura allora che la conservazione del quadrimomento e del momento angolare

e automatica.

Sulle densita di corrente canoniche. Concludiamo questo paragrafo con qualche osser-

vazione sulla struttura delle correnti conservate trovate. Come prima cosa notiamo che

il tensore energiaā€“impulso canonico (3.44) in generale non e simmetrico. In Relativita

Ristretta questa circostanza di per se non costituisce nessun problema. Viceversa, si puo

vedere che lā€™esistenza di un tensore energiaā€“impulso simmetrico e una richiesta irrinun-

ciabile, se si vuole accoppiare una teoria di campo alla gravita secondo i postulati della

Relativita Generale 15. Come seconda cosa facciamo notare che lā€™espressione (3.45) per

15Le equazioni di Einstein eguagliano, infatti, un opportuno tensore doppio simmetrico, formatocon la metrica gĀµĪ½(x) e le sue derivate, al tensore energiaā€“impulso; queste equazioni sarebbero quindiinconsistenti se questā€™ultimo non fosse simmetrico.

91

Page 103: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

la densita di momento angolare canonico non e ā€œstandardā€, nel senso che non e della

semplice forma standard xĪ±T ĀµĪ² āˆ’xĪ²T ĀµĪ±. In realta queste due ā€œanomalieā€ sono legate tra

di loro. Infatti, la divergenza della densita di momento angolare standard non si annulla,

uguagliando proprio la parte antisimmetrica del tensore energiaā€“impulso canonico,

āˆ‚Āµ

(xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ±

)= T Ī±Ī² āˆ’ T Ī²Ī±.

Dā€™altra parte dalla (3.45) si vede che il tensore MĀµĪ±Ī² si riduce alla forma standard xĪ±T ĀµĪ²āˆ’xĪ²T ĀµĪ±, solo se le quantita Ī£Ī±Ī²

rs svaniscono, ma questo succede solo se i campi della teoria

sono tutti campi scalari. In questā€™ultimo caso, dā€™altro canto, non e difficile dimostrare che

T ĀµĪ½ e in effetti simmetrico, vedi problema 3.6.

Concludiamo che, per quanto riguarda la densita di momento angolare la ā€œanomaliaā€

appena discussa non costituisce un problema di tipo concettuale, ma solo di naturalez-

za, mentre per quanto riguarda il tensore energiaā€“impulso sorgerebbe un problema di

incompatibilita con lā€™interazione gravitazionale, se non fosse possibile trovare un tensore

energiaā€“impulso simmetrico. Questo problema verra affrontato e risolto in tutta generalita

nelle sezioni 3.4 e 3.5.

3.3.3 Tensore energiaā€“impulso canonico per il campo di Maxwell

In questo paragrafo esemplifichiamo la costruzione generale del tensore energiaā€“impulso

canonico (3.44), nel caso semplice di un campo di Maxwell libero, jĀµ = 0. La dinamica

di questo campo e governata dalla lagrangiana, vedi (3.25),

L1 = āˆ’1

4F ĀµĪ½FĀµĪ½ , (3.48)

con Ļ•r ā‰” AĪ±. Ricordiamo la forma dei momenti coniugati, determinati in (3.26),

Ī ĀµĪ± =āˆ‚L1

āˆ‚(āˆ‚ĀµAĪ±)= āˆ’F ĀµĪ±. (3.49)

Il tensore energiaā€“impulso canonico discende allora direttamente dalla (3.44),

T ĀµĪ½em = āˆ’F ĀµĪ±āˆ‚Ī½AĪ± +

1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī². (3.50)

Notiamo che questo tensore soffre di due patologie: non e simmetrico, e non e nemmeno

gaugeā€“invariante. Affronteremo questi problemi nel paragrafo 3.4.1.

92

Page 104: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

3.4 Costruzione di un tensore energiaā€“impulso simmetrico

In questa sezione faremo vedere che in una teoria di campo lagrangiana invariante sot-

to trasformazioni di Poincare, e sempre possibile costruire un tensore energiaā€“impulso

simmetrico, la costruzione essendo canonica.

A questo proposito notiamo che il tensore energiaā€“impulso di una teoria in realta non

e definito univocamente. Consideriamo, infatti, un generico tensore di rango tre Ļ†ĻĀµĪ½ che

sia antisimmetrico nei primi due indici,

Ļ†ĻĀµĪ½ = āˆ’Ļ†ĀµĻĪ½ .

Possiamo allora definire un tensore energiaā€“impulso modificato attraverso,

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ . (3.51)

Questo tensore gode, infatti, delle seguenti due proprieta:

1) āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0,

2) P Ī½ ā‰” āˆ«T 0Ī½ d3x = P Ī½ .

T ĀµĪ½ e dunque conservato, come lo e T ĀµĪ½ , ed esso da luogo allo stesso quadrimomento

totale di T ĀµĪ½ . La prima proprieta discende dal fatto che,

āˆ‚Āµāˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ = 0,

in quanto una coppia di indici antisimmmetrici contrae una coppia di indici simmetrici.

La seconda segue invece da,

P Ī½āˆ’P Ī½ =

āˆ« (T 0Ī½ āˆ’ T 0Ī½

)d3x =

āˆ«āˆ‚ĻĻ†

Ļ0Ī½ d3x =

āˆ«āˆ‚iĻ†

i0Ī½ d3x =

āˆ«

Ī“āˆžĻ†i0Ī½dĪ£i = 0, (3.52)

dove abbiamo usato che Ļ†00Ī½ = 0, come conseguenza dellā€™antisimmetria di Ļ†ĻĀµĪ½ nei primi

due indici. Nellā€™ultimo passaggio abbiamo applicato il teorema di Gauss, con Ī“āˆž su-

perficie allā€™infinito spaziale, e abbiamo inoltre supposto che Ļ†ĻĀµĪ½ decada allā€™infinito piu

rapidamente di 1/r2. La proprieta 2) assicura in particolare che lā€™hamiltoniana del siste-

ma, rappresentata dalla componente P 0, non dipende dal tensore energiaā€“impulso che si

considera. T ĀµĪ½ puo dunque essere riguardato come tensore energiaā€“impulso della teoria ā€“

alla stessa stregua di T ĀµĪ½ . Sfruttando questa liberta di scelta dimostreremo ora il seguente

teorema.

93

Page 105: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Teorema. Sia data una lagrangiana invariante sotto lā€™azione del gruppo di Poincare.

Allora si puo costruire un tensore Ļ†ĻĀµĪ½ antisimmetrico in Ļ e Āµ, tale che il tensore energiaā€“

impulso T ĀµĪ½ dato in (3.51) risulti simmetrico, la costruzione essendo canonica.

Dimostrazione. Siccome per ipotesi la lagrangiana e invariante sotto trasformazioni

dellā€™intero gruppo di Poincare, per la dimostrazione del teorema possiamo servirci del

teorema di Noether e ricorrere ai tensori T ĀµĪ½ e MĀµĪ±Ī² a quadridivergenza nulla, definiti

in (3.44) e (3.45). Riprendiamo in particolare lā€™espressione per la densita di momento

angolare,

MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī², V ĀµĪ±Ī² ā‰” Ī ĀµrĪ£Ī±Ī²rsĻ•s, (3.53)

dove abbiamo introdotto il tensore V ĀµĪ±Ī², antisimmetrico negli ultimi due indici,

V ĀµĪ±Ī² = āˆ’V ĀµĪ²Ī±.

Sfruttando il fatto che sia MĀµĪ±Ī² che T ĀµĪ½ sono a quadridivergenza nulla, si ottiene,

0 = āˆ‚ĀµMĀµĪ±Ī² = āˆ‚Āµx

Ī±T ĀµĪ² āˆ’ āˆ‚ĀµxĪ²T ĀµĪ± + āˆ‚ĀµV

ĀµĪ±Ī², (3.54)

ovverosia, cambiando di nome agli indici,

āˆ‚ĻVĻĀµĪ½ = T Ī½Āµ āˆ’ T ĀµĪ½ , (3.55)

che equivale proprio alla parte antisimmetrica di T Ī½Āµ. Tuttavia, non possiamo identificare

V ĻĀµĪ½ direttamente con Ļ†ĻĀµĪ½ , perche il primo non e antisimmetrico in Ļ e Āµ. Se poniamo

invece,

Ļ†ĻĀµĪ½ =1

2(V ĻĀµĪ½ āˆ’ V ĀµĻĪ½ āˆ’ V Ī½ĻĀµ) , (3.56)

possiamo verificare che questo tensore gode delle seguenti proprieta:

a) Ļ†ĻĀµĪ½ = āˆ’Ļ†ĀµĻĪ½ ,

b) āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ = 1

2

(T Ī½Āµ āˆ’ T ĀµĪ½

)āˆ’ 1

2āˆ‚Ļ (V ĀµĻĪ½ + V Ī½ĻĀµ).

La prima proprieta, che assicura che Ļ†ĻĀµĪ½ da luogo a una modifica consistente di T ĀµĪ½ ,

discende dallā€™antisimmetria di V Ī½ĻĀµ negli ultimi due indici; la seconda e conseguenza

diretta di (3.55) e (3.56). Infine possiamo determinare il nuovo tensore energiaā€“impulso

usando la (3.51), e sfruttando la proprieta b),

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ =

1

2

(T Ī½Āµ + T ĀµĪ½

)āˆ’ 1

2āˆ‚Ļ (V ĀµĻĪ½ + V Ī½ĻĀµ) ,

94

Page 106: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che e manifestamente simmetrico in Āµ e Ī½. Sfruttando lā€™antisimmetria di V ĀµĪ½Ļ negli ultimi

due indici e usando la nostra convenzione sulla simmetrizzazione dei tensori, possiamo

riscrivere questo risultato anche come,

T ĀµĪ½ = T (ĀµĪ½) + āˆ‚ĻV(ĀµĪ½)Ļ, āˆ‚ĀµT

ĀµĪ½ = 0. (3.57)

Abbiamo quindi dato una dimostrazione costruttiva dellā€™esistenza di un tensore energiaā€“

impulso a quadridivergenza nulla e simmetrico, che da luogo allo stesso quadrimomento

totale conservato del tensore energiaā€“impulso canonico. Facciamo, pero, notare che il

quadrimomento P ĀµV contenuto in un volume finito dipende dal tensore energiaā€“impulso

che si considera. Tuttavia, questo quadrimomento non ha carattere tensoriale, cioe P ĀµV

non e un quadrivettore.

Dalla dimostrazione appena svolta traiamo inoltre le seguenti conclusioni. Lā€™esistenza

di un tensore energiaā€“impulso conservato richiede soltanto lā€™invarianza per traslazioni

di una teoria, mentre lā€™esistenza di un tensore energiaā€“impulso conservato e simmetrico

richiede in piu che essa sia invariante sotto trasformazioni di Lorentz. Infatti, nella nostra

costruzione di Ļ†ĻĀµĪ½ era essenziale lā€™equazione di continuita āˆ‚ĀµMĀµĪ±Ī² = 0, vedi (3.54) e

(3.55), che a sua volta discende dallā€™invarianza di Lorentz via il teorema di Noether.

Il gruppo di Poincare e la Relativita Generale. Concludiamo questa sezione con una

considerazione sul doppio ruolo dellā€™invarianza di Poincare nellā€™interazione gravitazionale.

In primo luogo menzioniamo il fatto che in base al Principio di Equivalenza qualsiasi

teoria invariante sotto trasformazioni del gruppo di Poincare, nellā€™ambito della Relativita

Generale ammette un cosiddetto ā€œaccoppiamento minimaleā€ consistente con un campo

gravitazionale esterno. In secondo luogo ricordiamo che la consistenza delle equazioni

di Einstein, che governano la dinamica del campo gravitazionale, necessita del tensore

energiaā€“impulso simmetrico (3.57) ā€“ la cui esistenza e assicurata, a sua volta, dallā€™inva-

rianza di Poincare. Possiamo allora affermare che la consistenza dellā€™interazione gravi-

tazionale di un sistema fisico ā€“ benche coinvolga un gruppo di simmetrie piu ampio del

gruppo di Poincare, cioe, il gruppo dei diffeomorfismi 16 ā€“ e garantita in ultima analisi

16Un diffeomorfismo e una generica trasformazione di coordinate xĀµ ā†’ xā€²Āµ(x), invertibile e di classe Cāˆž

insieme alla sua inversa. I diffeomorfismi costituiscono quindi una generalizzazione delle trasformazionidi Poincare, xā€²Āµ(x) = Ī›Āµ

Ī½xĪ½ + aĀµ.

95

Page 107: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dallā€™invarianza di Poincare del sistema in assenza di interazione gravitazionale. Lā€™im-

portanza di questa invarianza sta anche in questo: oltre ad assicurare la covarianza delle

equazioni del moto e la conservazione delle grandezze fisiche fondamentali, essa garantisce

anche la consistenza interna della Relativita Generale.

3.4.1 Tensore energiaā€“impulso simmetrico per il campo di Maxwell

A titolo di esempio determiniamo il tensore energiaā€“impulso simmetrico per il campo

di Maxwell libero. La lagrangiana di questo sistema e data in (3.48), e lā€™equazione di

Euleroā€“Lagrange associata e lā€™equazione di Maxwell nel vuoto, vedi (3.27),

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0. (3.58)

Il tensore energiaā€“impulso canonico associato a questa lagrangiana e stato determinato

nella (3.50),

T ĀµĪ½em = āˆ’F ĀµĪ±āˆ‚Ī½AĪ± +

1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī².

Denotando i campi di gauge indistintamente con Ar o AĪ±, ricordiamo anche la forma dei

momenti coniugati (3.49), e delle matrici Ī£Ī±Ī²rs per un campo vettoriale, vedi (3.37),

Ī Āµr = āˆ’F Āµr, Ī£Ī±Ī²rs = Ī“Ī±

r Ī·Ī²s āˆ’ Ī“Ī²r Ī·Ī±s.

Calcoliamo dapprima il tensore V ĀµĪ±Ī², antisimmetrico in Ī± e Ī²,

V ĀµĪ±Ī² ā‰” Ī ĀµrĪ£Ī±Ī²rsAs = āˆ’F ĀµĪ±AĪ² + F ĀµĪ²AĪ±. (3.59)

Determiniamo poi il tensore Ļ†ĻĀµĪ½ definito in (3.56), vedi problema 3.7,

Ļ†ĻĀµĪ½ = āˆ’F ĻĀµAĪ½ , (3.60)

antisimmetrico in Ļ e Āµ. Per la sua divergenza si ottiene allora,

āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ = āˆ’āˆ‚ĻF

ĻĀµAĪ½ āˆ’ F ĻĀµāˆ‚ĻAĪ½ = F ĀµĪ±āˆ‚Ī±AĪ½ ,

dove abbiamo utilizzato lā€™equazione di Euleroā€“Lagrange (3.58). Il nuovo tensore energiaā€“

impulso risulta in definitiva,

T ĀµĪ½em = T ĀµĪ½

em + āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ = F ĀµĪ±(āˆ‚Ī±AĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĪ±) +

1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī² = F ĀµĪ±FĪ±

Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī²,

che e gauge invariante oltre che simmetrico, ed in perfetto accordo con la (2.69).

96

Page 108: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

3.5 Densita di momento angolare ā€œstandardā€

Concludiamo questo capitolo dimostrando che per una lagrangiana L invariante per il

gruppo di Poincare esiste sempre una densita di momento angolare MĀµĪ±Ī² ā€œstandardā€,

legata al tensore energiaā€“impulso simmetrico dalla relazione,

MĀµĪ±Ī² = xĪ± T ĀµĪ² āˆ’ xĪ² T ĀµĪ±. (3.61)

La dimostrazione di questa proprieta segue una strategia molto simile a quella usata per

dimostrare lā€™esistenza di un tensore energiaā€“impulso simmetrico. Sfrutteremo, cioe, il fatto

che anche la densita di momento angolare e determinata a meno della quadridivergenza

di un tensore con opportune proprieta di antisimmetria. Dimostreremo, infatti, che esiste

un tensore Ī›ĀµĪ½Ī±Ī² di rango quattro, antisimmetrico nella prima coppia di indici oltre che

nella seconda, tale che,

MĀµĪ±Ī² = MĀµĪ±Ī² + āˆ‚ĻĪ›ĻĀµĪ±Ī²,

con MĀµĪ±Ī² definito in (3.61). Con un argomento standard, vedi (3.52), si verifica allora

facilmente che,

LĪ±Ī² ā‰”āˆ«

d3xM0Ī±Ī² =

āˆ«d3x M0Ī±Ī² ā‰” LĪ±Ī²,

purche Ī›ĀµĪ½Ī±Ī² svanisca allā€™infinito spaziale piu rapidamente di 1/r2.

Incominciamo la dimostrazione ricordando la definizione della densita canonica di

momento angolare,

MĀµĪ±Ī² = xĪ± T ĀµĪ² āˆ’ xĪ² T ĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī², V ĀµĪ±Ī² ā‰” Ī Āµr Ī£Ī±Ī²rs Ļ•s,

e la relazione tra il tensore energiaā€“impulso canonico e quello simmetrico,

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ , Ļ†ĻĀµĪ½ ā‰” 1

2(V ĻĀµĪ½ āˆ’ V ĀµĻĪ½ āˆ’ V Ī½ĻĀµ) . (3.62)

Allora si puo scrivere,

MĀµĪ±Ī² = xĪ± T ĀµĪ² āˆ’ xĪ² T ĀµĪ± āˆ’ xĪ± āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ² + xĪ² āˆ‚ĻĻ†

ĻĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī²

= MĀµĪ±Ī² āˆ’ āˆ‚Ļ

(xĪ± Ļ†ĻĀµĪ² āˆ’ xĪ² Ļ†ĻĀµĪ±

)+ Ļ†Ī±ĀµĪ² āˆ’ Ļ†Ī²ĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī²

= MĀµĪ±Ī² āˆ’ āˆ‚Ļ

(xĪ± Ļ†ĻĀµĪ² āˆ’ xĪ² Ļ†ĻĀµĪ±

),

97

Page 109: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove nellā€™ultimo passaggio abbiamo usato la definizione di Ļ†ĻĀµĪ½ riportata in (3.62), che

comporta lā€™identita,

Ļ†Ī±ĀµĪ² āˆ’ Ļ†Ī²ĀµĪ± = āˆ’V ĀµĪ±Ī².

Otteniamo quindi,

MĀµĪ±Ī² = MĀµĪ±Ī² + āˆ‚ĻĪ›ĻĀµĪ±Ī², con Ī›ĻĀµĪ±Ī² ā‰” xĪ± Ļ†ĻĀµĪ² āˆ’ xĪ² Ļ†ĻĀµĪ±, (3.63)

dove Ī›ĻĀµĪ±Ī² e antisimmetrico nella prima coppia di indici oltre che nella seconda, che e

quanto volevamo dimostrare.

3.6 Problemi

3.1 Si consideri un campo scalare reale Ļ• (ā€œparticella neutra con spin 0 e massa mā€)

con lagrangiana,

L =1

2

(āˆ‚ĀµĻ•āˆ‚ĀµĻ•āˆ’m2Ļ•2

)āˆ’ Ī»

4!Ļ•4,

dove m e Ī» sono costanti reali.

a) Si scrivano le equazioni di Euleroā€“Lagrange associate a L.

b) Si verifichi esplicitamente che tali equazioni sono equivalenti alla richiesta di stazio-

narieta dellā€™azione I =āˆ« t2

t1L d4x, per variazioni generiche del campo Ļ•, purche nulle in

t = t1 e t = t2.

3.2 Si consideri un campo scalare complesso Ī¦ = Ļ•1 + iĻ•2 (ā€œparticella carica con spin 0

e massa mā€) con lagrangiana,

L = āˆ‚ĀµĪ¦āˆ—āˆ‚ĀµĪ¦āˆ’m2Ī¦āˆ—Ī¦āˆ’ Ī»

4(Ī¦āˆ—Ī¦)2 ,

dove m e Ī» sono costanti reali.

a) Si scrivano le equazioni di Euleroā€“Lagrange associate a L. [Sugg.: si considerino come

campi indipendenti Ī¦ e Ī¦āˆ—.]

b) Si dica per quali valori di Ī» e m le equazioni del moto per Ļ•1 e Ļ•2 risultano disaccoppiate

tra di loro.

3.3 Si consideri lā€™azione,

I =

āˆ« t2

t1

L d4x,

98

Page 110: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

con L data in (3.25).

a) Si determini la variazione di I per variazioni generiche di AĀµ.

b) Si verifichi esplicitamente che la variazione di I e nulla per variazioni arbitrarie dei

campi, purche nulle in t = t1 e t = t2, se e solo se il campo di gauge soddisfa lā€™equazione

di Maxwell.

3.4 Si consideri la lagrangiana per il campo reale scalare data nel problema 3.1.

a) Si derivi il tensore energiaā€“impulso canonico, analizzandone le proprieta di simmetria.

b) Si scriva lā€™espressione esplicita per la densita di energia e per lā€™energia totale del sistema.

Si dica per quali valori di m e Ī» lā€™energia e definita positiva.

3.5 Si verifichi esplicitamente che il tensore energiaā€“impulso canonico del campo di

Maxwell libero dato in (3.50) ha quadridivergenza nulla.

3.6 Si dimostri che per una teoria di campo di soli campi scalari il tensore energiaā€“

impulso canonico e simmetrico. [Sugg.: per lā€™invarianza di Lorentz la lagrangiana puo

dipendere da āˆ‚ĀµĻ•r solo attraverso la ā€œmatriceā€ Mrs = āˆ‚ĀµĻ•rāˆ‚ĀµĻ•s, simmetrica in r e s.]

3.7 Si verifichi che per un campo di Maxwell libero il tensore Ļ†ĻĀµĪ½ ha la forma data in

(3.60).

3.8 Si determini la densita di momento angolare canonico MĀµĪ±Ī² per un campo di Max-

well libero. Si verifichi che la corrispondente densita di momento angolare ā€œstandardā€,

come definita in (3.63), risulta uguale a xĪ±T ĀµĪ²em āˆ’ xĪ²T ĀµĪ±

em .

3.9 Si consideri una teoria di campo descritta dai sei campi lagrangiani Ļ• ā‰” ~E, ~B,con lagrangiana,

L = ~E Ā· āˆ‚~B

āˆ‚t+

1

2

(~E Ā· ~āˆ‡Ć— ~E + ~B Ā· ~āˆ‡Ć— ~B

)āˆ’~j Ā· ~B,

dove ~j e un campo esterno indipendente da Ļ•. Si confrontino le equazioni del moto

associate a questa lagrangiana con le equazioni di Maxwell (2.28)ā€“(2.31).

3.10 Si consideri la lagrangiana L del campo complesso del problema 3.2.

a) Si verifichi che L e invariante sotto il gruppo a un parametro di trasformazioni (gruppo

99

Page 111: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

U(1) di ā€œtrasformazioni di gauge globaliā€),

Ī¦ā€²(x) = eiĪ› Ī¦(x), Ī¦āˆ—ā€²(x) = eāˆ’iĪ› Ī¦āˆ—(x), Ī› āˆˆ R,

con Ī› indipendente da x.

b) Si dimostri che sotto una generica variazione infinitesima Ī¦ā†’ Ī¦ + Ī“Ī¦ si ha,

Ī“L =

(āˆ‚Lāˆ‚Ī¦āˆ’ āˆ‚Āµ

āˆ‚Lāˆ‚(āˆ‚ĀµĪ¦)

)Ī“Ī¦ + c.c. + āˆ‚Āµ

(āˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĪ¦)Ī“Ī¦

)+ c.c.

c) Si dimostri il teorema di Noether relativo al gruppo di simmetria di cui al punto a),

determinando la forma esplicita della corrente jĀµ associata. [Sugg.: per una trasforma-

zione infinitesima si ha Ī“Ī¦ = Ī¦ā€² āˆ’ Ī¦ = iĪ›Ī¦.]

d) Si verifichi esplicitamente che la corrente jĀµ e conservata, se il campo Ī¦ soddisfa le

equazioni di Euleroā€“Lagrange determinate nel punto a) del problema 3.2.

100

Page 112: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

4 Il metodo variazionale per lā€™Elettrodinamica di par-

ticelle puntiformi

In questa sezione estenderemo il metodo variazionale a una teoria di campo accoppiata

ad un sistema di particelle puntiformi. Per concretezza ci limiteremo a considerare il

caso dellā€™Elettrodinamica, ovvero una teoria di campo con un unico campo vettoriale AĀµ,

interagente con un sistema di particelle cariche.

4.1 Principio variazionale per una particella libera

Prima di considerare il sistema accoppiato deduciamo la forma dellā€™azione per una par-

ticella relativistica libera. La richiesta di stazionarieta di questa azione deve allora dare

luogo alle equazioni del moto di una particella libera, cioe,

dpĀµ

ds= 0. (4.1)

Si tratta in sostanza di trovare la generalizzazione relativistica dellā€™azione newtoniana per

la particella libera, con coordinate lagrangiane ~y(t),

I0[~y] =

āˆ« tb

ta

(1

2mv2

)dt, (4.2)

dove questa volta abbiamo indicato gli estremi temporali con ta e tb, al posto di t1 e

t2. Come abbiamo visto il primo passo nella formulazione di un principio variazionale

consiste nella scelta delle variabili lagrangiane. In questo caso stiamo cercando unā€™azione

relativistica, e le coordinate lagrangiane appropriate non sono allora le ~y(t), ma le quattro

funzioni,

yĀµ(Ī»),

che parametrizzano una generica linea di universo. Conseguentemente lā€™azione I[y] che

stiamo cercando dovra essere invariante non solo sotto trasformazioni di Poincare, ma

anche sotto riparametrizzazione, perche tale e lā€™equazione (4.1).

Come primo passo nella covariantizzazione di I0 sostituiamo la misura dt con la misura

invariante, sia per Poincare che per riparametrizzazione,

ds =

āˆšdyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»dĪ»,

101

Page 113: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che nel limite non relativistico si riduce in effetti a dt. Lā€™azione che stiamo cercando

dovrebbe quindi avere la forma,

I[y] =

āˆ« b

a

l(y, y) ds,

per unā€™opportuna lagrangiana invariante l. In questa espressione a e b indicano gli estremi

del tratto di linea di universo considerato, e abbiamo definito,

yĀµ =dyĀµ

dĪ».

A questo punto facciamo notara che, al contrario delle ā€œvelocitaā€ yĀµ, le coordinate yĀµ

in realta non hanno carattere ā€œtensorialeā€, perche sotto traslazioni non sono invarianti.

Di conseguenza l non puo dipendere dalle yĀµ, ma solo dalle yĀµ. Dā€™altra parte lā€™unico

quadriscalare indipendente che possiamo formare con le yĀµ e la quantita,

yĀµyĀµ,

ma questa non e invariante sotto riparametrizzazione. Concludiamo che l deve essere

indipendente anche dalle yĀµ, e quindi necessariamente una costante. Poniamo allora per

lā€™azione relativistica,

I[y] = l

āˆ« b

a

ds,

che dal punto di vista geometrico corrisponde alla ā€œlunghezzaā€ dellā€™arco quadridimen-

sionale della linea di universo compreso tra a e b. Per determinare infine la costante l

richiediamo che nel limite non relativistico, v Āæ 1, questa azione si riduca a I0. A questo

scopo ricordiamo la definizione di ds e ne eseguiamo lo sviluppo non relativistico,

ds =āˆš

1āˆ’ v2 dt =

(1āˆ’ v2

2+ o(v4)

)dt.

Arrestandoci al termine quadratico ottieniamo allora,

I[y] = l(ta āˆ’ tb)āˆ’āˆ« tb

ta

(l

2v2

)dt.

Il primo termine e indipendente dalle variabili dinamiche ed e irrilevante. Il secondo si

riduce in effetti a I0 se poniamo l = āˆ’m. Otteniamo quindi per lā€™azione relativistica di

una particella libera,

I[y] = āˆ’m

āˆ« b

a

ds = āˆ’m

āˆ« b

a

āˆšdyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»dĪ». (4.3)

102

Page 114: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ci possiamo ora domandare quali sono le linee di universo che rendono stazionaria

questa azione per variazioni generiche delle coordinate 17,

Ī“yĀµ(Ī») = yā€²Āµ(Ī»)āˆ’ yĀµ(Ī»),

purche nulle ai bordi,

Ī“yĀµ(a) = 0 = Ī“yĀµ(b). (4.4)

Faremo ora vedere che le linee di universo in questione sono esattamente quelle che soddi-

sfano le (4.1). Per farlo calcoliamo la variazione dellā€™azione (4.3) per variazioni generiche

delle coordinate,

Ī“I = āˆ’m

āˆ« b

a

1

2āˆš

dyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»

Ī“

(dyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»

)dĪ» = āˆ’m

āˆ« b

a

1āˆšdyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»

(dyĀµ

dĪ»

d Ī“yĀµ

dĪ»

)dĪ».

Usando le relazioni, āˆšdyĀµ

dĪ»

dyĀµ

dĪ»=

ds

dĪ», pĀµ = m

dyĀµ

ds,

otteniamo,

Ī“I = āˆ’āˆ« b

a

pĀµ d Ī“yĀµ

dsds,

e integrando per parti arriviamo poi a,

Ī“I = āˆ’pĀµĪ“yĀµ

āˆ£āˆ£āˆ£b

a+

āˆ« b

a

dpĀµ

dsĪ“yĀµ ds.

Se imponiamo ora che lā€™azione sia stazionaria per variazioni Ī“yĀµ arbitrarie purche soddi-

sfacenti le (4.4), il primo termine si annulla, e otteniamo la condizione di stazionarieta,

dpĀµ

ds= 0.

4.2 Lā€™azione per lā€™Elettrodinamica

In questa sezione consideriamo un generico sistema di particelle cariche in interazione con

il campo elettromagnetico. Se introduciamo come al solito un potenziale vettore AĀµ e

17In alternativa lā€™azione di una particella relativistica potrebbe essere considerata anche come funzionaledelle variabili lagrangiane ~y(t), al posto delle yĀµ(Ī»). In questo caso si otterrebbero equazioni del motocompletamente equivalenti, ma non in forma covariante a vista. E facile vedere che nel caso della particellalibera, per esempio, dalla (4.3) si otterrebbe lā€™equazione d~p/dt = 0, al posto di dpĀµ/ds = 0. La sceltadelle variabili yĀµ(Ī») ha evidentemente il pregio di mantenere la covarianza a vista.

103

Page 115: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

definiamo,

FĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ,

allora le equazione del moto di questo sistema sono lā€™equazione di Maxwell (2.14) per il

potenziale vettore, e le equazioni di Lorentz (2.12) per le particelle. In questa sezione

rideriveremo queste equazioni da un principio variazionale. Useremo poi il teorema di

Noether applicato al gruppo di Poincare, per riottenere le noti leggi di conservazione.

Confermeremo in particolare le espressioni esplicite delle correnti (2.69), (2.70) e (2.85),

ottenute precedentemente in modo euristico.

Punto di partenza deve essere unā€™azione I[A, yr] ā€“ funzionale del campo elettroma-

gnetico AĀµ(x) e delle linee di universo yĀµr (Ī»r) delle particelle ā€“ che sia invariante sotto

trasformazioni di Poincare. Abbiamo gia dedotte lā€™equazione di Maxwell da un prin-

cipio variazionale a partire dalla lagrangiana (3.25), e conosciamo inoltre lā€™azione (4.3)

corrispondente a una particella libera. Per lā€™azione del sistema interagente viene allora

naturale ipotizzare lā€™espressione,

I[A, yr] = āˆ’1

4

āˆ« Ī£b

Ī£a

F ĀµĪ½FĀµĪ½ d4xāˆ’āˆ« Ī£b

Ī£a

AĀµjĀµ d4xāˆ’

āˆ‘r

mr

āˆ« br

ar

dsr = I1 + I2 + I3. (4.5)

In questa espressione gli integrali quadridimensionali sono eseguiti tra due ipersuperfici

di tipo spazio Ī£a e Ī£b non intersecantesi, mentre ar e br sono rispettivamente i punti

dā€™intersezione della linea di universo rā€“esima con Ī£a e Ī£b18. Interpretiamo I1 come la

parte dellā€™azione che descrive la propagazione libera di AĀµ, I3 come la parte che descrive il

moto libero delle cariche, e I2 come la parte che descrive lā€™interazione tra particelle cariche

e campo elettromagnetico. La giustificazione ultima di questa azione deriva, ovviamente,

dal fatto che essa da luogo alle equazioni del moto desiderate, come faremo vedere di

seguito.

Per impostare il problema variazionale e conveniente riscrivere lā€™azione in una forma

diversa. Sfruttando la definizione della corrente possiamo intanto riscrivere il termine di

interazione,

I2 = āˆ’āˆ« Ī£b

Ī£a

AĀµ(x)āˆ‘

r

er

āˆ«Ī“4(xāˆ’ yr) dyĀµ

r d4x = āˆ’āˆ‘

r

er

āˆ« br

ar

AĀµ(yr) dyĀµr . (4.6)

18Ogni linea di universo Ī³r interseca le ipersuperfici Ī£a,b unā€™unica volta, perche la prima e di tipotempo, mentre le seconde sono di tipo spazio.

104

Page 116: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Come nella sezione precedente introduciamo per le derivate delle variabili lagrangiane

yĀµr (Ī»r) la notazione abbreviata,

yĀµr =

dyĀµr

dĪ»r

.

Usando (4.3) e (4.6) e allora immediato ottenere,

I2 + I3 = āˆ’āˆ‘

r

āˆ« br

ar

(mr dsr + erAĀµ(yr)dyĀµr ) (4.7)

= āˆ’āˆ‘

r

āˆ« br

ar

(mr

āˆšyĀµ

r yrĀµ + erAĀµ(yr)yĀµr

)dĪ»r (4.8)

=āˆ‘

r

āˆ« br

ar

Lr(yr, yr) dĪ»r, (4.9)

dove abbiamo definito le Lagrangiane ā€œordinarieā€,

Lr(yr, yr) = āˆ’mr

āˆšyĪ½

r yrĪ½ āˆ’ er AĪ½(yr) yĪ½r . (4.10)

Dalle formule scritte si vede anche che lā€™azione puo essere posta nella forma,

I =

āˆ« Ī£b

Ī£a

L d4x,

se definiamo la lagrangiana totale,

L = L1 + L2 + L3 = āˆ’1

4F ĀµĪ½FĀµĪ½ āˆ’ AĀµj

Āµ āˆ’āˆ‘

r

mr

āˆ«Ī“4(xāˆ’ yr) dsr (4.11)

= L1 +āˆ‘

r

āˆ«Lr Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r. (4.12)

Il problema variazionale. Secondo il principio variazionale cerchiamo ora le configu-

razioni di campi e particelle che rendono stazionaria lā€™azione ā€“ Ī“I = 0 ā€“ per variazioni

arbitrarie Ī“AĀµ e Ī“yĀµr , purche soddisfacenti,

Ī“AĀµ|Ī£a = 0 = Ī“AĀµ|Ī£b, Ī“yĀµ

r (ar) = 0 = Ī“yĀµr (br).

Consideriamo separatamente variazioni dei campi e variazioni delle linee di universo. Per

variazioni dei campi, siccome I3 e indipendente da AĀµ, il problema si riduce a considerare

lā€™azione I1 +I2 =āˆ«

d4x (L1 +L2). Ma sappiamo che le configurazioni dei campi che rendo-

no stazionaria questa azione sono quelle che soddisfano le equazioni di Euleroā€“Lagrange

associate alla lagrangiana L1 +L2. Queste ultime, dā€™altro canto, sono state derivate nella

sezione 3.2.3 e viste coincidere con lā€™equazione di Maxwell (3.27).

105

Page 117: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Resta da imporre la stazionarieta dellā€™azione per variazioni delle coordinate. In questo

caso, siccome I1 e indipendente dalle yr, e sufficiente considerare lā€™azione I2+I3. Potremmo

calcolare la variazione di questa azione con le tecniche usate nella sezione precedente,

e troveremmo che le condizioni di stazionarieta coincidono proprio con le equazioni di

Lorentz, vedi problema 4.1.

Di seguito proponiamo una dimostrazione alternativa di questo risultato, basata di-

rettamente sul metodo lagrangiano per un sistema a finiti di gradi di liberta, vedi sezione

3.1. Riprendiamo a questo scopo lā€™azione I2 + I3, scritta come in (4.9). Questa azione si

separa in una somma di termini,

I2 + I3 =āˆ‘

r

I[yr], I[yr] =

āˆ« br

ar

Lr(yr, yr) dĪ»r,

ciascuno dei quali dipende solo da una delle coordinate. Lā€™azione I2 + I3 sara quindi

stazionaria se ciascuna I[yr] e stazionaria per variazioni generiche delle yĀµr , con le solite

condizioni agli estremi. Ma I[yr] e lā€™integrale della lagrangiana ordinaria Lr, corrisponden-

te a un sistema lagrangiano con quattro gradi di liberta. Come sappiamo dalla sezione 3.1,

il problema della stazionarieta di questa azione si riduce allora alle equazioni di Lagrange

associate, vale a dire,d

dĪ»r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĀµrāˆ’ āˆ‚Lr

āˆ‚yĀµr

= 0.

Valutiamo dunque i due termini di questa equazione, tralasciando per semplicita lā€™indice

r. Dalla (4.10) si ottiene immediatamente,

āˆ‚L

āˆ‚yĀµ= āˆ’e āˆ‚ĀµAĪ½ yĪ½ .

Calcoliamo poi,āˆ‚L

āˆ‚yĀµ= āˆ’ myĀµāˆš

yĪ½ yĪ½

āˆ’ eAĀµ(y) = āˆ’pĀµ āˆ’ eAĀµ(y), (4.13)

dove abbiamo introdotto il quadrimomento pĀµ della particella, ed utilizzato la solita

relazioneāˆš

yĪ½ yĪ½ = dsdĪ»

. Infine dobbiamo valutare,

d

dĪ»

āˆ‚L

āˆ‚yĀµ= āˆ’dpĀµ

dĪ»āˆ’ e yĪ½ āˆ‚Ī½AĀµ.

In definitiva otteniamo,

d

dĪ»

āˆ‚L

āˆ‚yĀµāˆ’ āˆ‚L

āˆ‚yĀµ= āˆ’dpĀµ

dĪ»+ e yĪ½(āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ) = āˆ’ ds

dĪ»

(dpĀµ

dsāˆ’ eFĀµĪ½u

Ī½

)= 0, (4.14)

che e lā€™equazione di Lorentz.

106

Page 118: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

4.3 Il teorema di Noether in Elettrodinamica

Nella sezione precedente abbiamo stabilito un principio variazionale per lā€™Elettrodinamica

classica, compatibile con i postulati della Relativita Ristretta. Piu precisamente, abbia-

mo individuato unā€™azione invariante sotto trasformazione del gruppo di Poincare da cui

discendono le equazioni del moto per campi e particelle. Secondo il teorema di Noether

dovrebbe quindi essere possibile derivare la forma delle ā€œcorrentiā€ conservate T ĀµĪ½ e MĀµĪ±Ī²,

sfruttando lā€™invarianza dellā€™azione rispettivamente per traslazioni e per trasformazioni di

Lorentz. Anche in questo caso la dimostrazione del teorema puo essere svolta secondo la

strategia adottata nel capitolo precedente per un sistema di soli campi, ma dal punto di

vista tecnico essa e leggermente piu complicata per via della presenza delle particelle.

Seguendo il metodo della sezione 3.3 impostiamo la dimostrazione a partire non diret-

tamente dallā€™azione, ma dalla lagrangiana del sistema, vedi (4.11). Per brevita indichiamo

le dipendenze funzionali di questa lagrangiana con L(A(x), yr, x), omettendo di indicare

esplicitamente la dipendenza dalle derivate āˆ‚A e yr. Notiamo, comunque, che formal-

mente questa lagrangiana esibisce anche una dipendenza esplicita dalla coordinata x ā€“

indicata dal suo terzo argomento ā€“ attraverso le Ī“4(xāˆ’ yr) che compaiono in (4.11). Tut-

tavia, vedremo fra poco che in questo caso non sussiste nessuna rottura dellā€™invarianza

per traslazioni.

Per le trasformazioni di Poincare adottiamo le notazioni del paragrafo 3.3.1. Per

trasformazioni finite abbiamo,

xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½x

Ī½ + aĀµ, yā€²Āµr = Ī›ĀµĪ½ yĪ½

r + aĀµ, Aā€²Āµ(xā€²) = Ī›ĀµĪ½A

Ī½(x),

e per trasformazioni infinitesime, Ī›ĀµĪ½ = Ī“Āµ

Ī½ + Ļ‰ĀµĪ½ , ne segue,

Ī“xĀµ = aĀµ + Ļ‰ĀµĪ½x

Ī½ , Ī“yĀµr = aĀµ + Ļ‰Āµ

Ī½yĪ½r . (4.15)

Per le trasformazioni del campo vettoriale distinguiamo di nuovo trasformazioni totali e

trasformazioni in forma,

Ī“AĪ± ā‰” Aā€²Ī±(xā€²)āˆ’ AĪ±(x) = Ļ‰Ī±

Ī²AĪ²(x),

Ī“AĪ± ā‰” Aā€²Ī±(x)āˆ’ AĪ±(x) = āˆ’Ī“xĪ½ āˆ‚Ī½AĪ± + Ī“AĪ± = āˆ’Ī“xĪ½ āˆ‚Ī½AĪ± + Ļ‰Ī±

Ī²AĪ²(x). (4.16)

107

Page 119: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™invarianza di L sotto trasformazioni di Poincare e allora espressa dallā€™identita,

Ī“L ā‰” L(Aā€²(xā€²), yā€²r, xā€²)āˆ’ L(A(x), yr, x) = 0. (4.17)

Difatti lā€™unico elemento nella (4.11) la cui invarianza va controllata e la Ī“4 di Dirac,

Ī“4(xā€² āˆ’ yā€²r) = Ī“4(Ī›x + aāˆ’ (Ī›yr + a)) = Ī“4(Ī›(xāˆ’ yr)) =Ī“4(xāˆ’ yr)

|detĪ›| = Ī“4(xāˆ’ yr).

Questo vuol dire che le trasformazioni delle Ī“4 in seguito potranno essere semplicemente

ignorate.

Manipoliamo ora lā€™identita (4.17) in completa analogia con il caso di una teoria con

soli campi. Scriviamo,

Ī“L = [L(Aā€²(xā€²), yā€²r, xā€²)āˆ’ L(Aā€²(x), yr, x)] + [L(Aā€²(x), yr, x)āˆ’ L(A(x), yr, x)] .

I due termini della prima parentesi quadra differiscono solo per le variazioni (4.15) di x

e yr, mentre nella seconda parentesi quadra compare solo una trasformazione in forma

di AĀµ. Nella prima parentesi quadra conviene usare lā€™espressione (4.12), mentre nella

seconda e piu conveniente la (4.11). Si ottiene cosı,

Ī“L =

[Ī“xĀµāˆ‚ĀµL1 +

āˆ‘r

āˆ«Ī“Lr Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r

]+

[āˆ‚Lāˆ‚AĪ½

Ī“AĪ½ + Ī ĀµĪ½ āˆ‚ĀµĪ“AĪ½

]. (4.18)

Con Ī“Lr intendiamo quı la variazione di Lr per le variazioni delle yr date in (4.15), e

abbiamo usato la definizione consueta per i momenti coniugati, Ī ĀµĪ½ ā‰” āˆ‚Lāˆ‚(āˆ‚ĀµAĪ½)

= āˆ’F ĀµĪ½ .

Alla seconda parentesi quadra contribuiscono solo i termini L1+L2, e possiamo riscriverla

come,

āˆ‚Lāˆ‚AĪ½

Ī“AĪ½ + Ī ĀµĪ½ āˆ‚ĀµĪ“AĪ½ = āˆ‚Āµ (Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½) +

[āˆ‚Lāˆ‚AĪ½

āˆ’ āˆ‚ĀµĪ ĀµĪ½

]Ī“AĪ½ ,

= āˆ‚Āµ (Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½) + (āˆ‚ĀµFĀµĪ½ āˆ’ jĪ½) Ī“AĪ½ ,

dove nellā€™ultimo termine riconosciamo lā€™equazione di Maxwell. In modo completamen-

te analogo possiamo manipolare la variazione di Lr, facendo comparire le equazioni di

Lorentz,

Ī“Lr = Ī“yĪ½r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

+ Ī“yĪ½r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

=d

dĪ»r

(Ī“yĪ½

r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

)+ Ī“yĪ½

r

(āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

āˆ’ d

dĪ»r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

)

=d

dĪ»r

(Ī“yĪ½

r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

)+

dsr

dĪ»r

(dprĪ½

dsr

āˆ’ FĪ½ĀµuĀµr

)Ī“yĪ½

r ,

108

Page 120: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove lā€™ultimo termine corrisponde alle equazioni di Lorentz, vedi (4.14). Il primo termine,

invece, inserito in (4.18), attraverso unā€™integrazione per parti da luogo a,āˆ«

d

dĪ»r

(Ī“yĪ½

r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

)Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r = āˆ’

āˆ«Ī“yĪ½

r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

d

dĪ»r

Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r

+

(Ī“yĪ½

r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

Ī“4(xāˆ’ yr)

)āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£Ī»r=+āˆž

Ī»r=āˆ’āˆž.

Per ogni x fissato, per Ī»r ā†’ Ā±āˆž la Ī“4(x āˆ’ yr) si annulla, quindi il secondo termine e

nullo. Per quanto riguarda il primo termine notiamo invece che,

d

dĪ»r

Ī“4(xāˆ’ yr) = āˆ’yĀµr āˆ‚ĀµĪ“

4(xāˆ’ yr) = āˆ’āˆ‚Āµ(yĀµr Ī“4(xāˆ’ yr)),

e otteniamo una quadridivergenza,āˆ«

d

dĪ»r

(Ī“yĪ½

r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

)Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r = āˆ‚Āµ

(āˆ«yĀµ

r Ī“yĪ½r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r

).

Inseriamo ora questi risultati nella (4.18),

Ī“L = āˆ‚Āµ

[Ī“xĀµL1 + Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½ +

āˆ‘r

āˆ«yĀµ

r Ī“yĪ½r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r

](4.19)

+ (āˆ‚ĀµFĀµĪ½ āˆ’ jĪ½) Ī“AĪ½ +

āˆ‘r

āˆ« (dprĪ½

dsr

āˆ’ FĪ½ĀµuĀµr

)Ī“yĪ½

r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Questa formula ha ora la stuttura prevista dal teorema di Noether: eguaglia la va-

riazione della lagrangiana alla quadridivergenza di un certo quadrivettore ā€“ la parentesi

quadra ā€“ modulo termini proporzionali alle equazioni del moto. E ora un semplice eserci-

zio esplicitare la parentesi quadra e determinare i coefficienti di aĪ½ e di Ļ‰Ī±Ī², per ottenere

la forma esplicita delle correnti conservate. E sufficiente inserire le formule (4.13), (4.15)

e (4.16). Per i primi due termini della parentesi quadra in (4.19) otteniamo,

Ī“xĀµL1 + Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½ = Ī“xĪ½ (Ī·ĀµĪ½L1 āˆ’ Ī ĀµĪ½āˆ‚Ī½AĪ½) + Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½ = āˆ’Ī“xĪ½TĀµĪ½em āˆ’ F ĀµĪ½Ļ‰Ī½ĻA

Ļ, (4.20)

dove abbiamo ritrovato il tensore energiaā€“impulso canonico per un campo di Maxwell

libero, (3.50). Per il terzo termine in (4.19) notiamo che per le proprieta della Ī“4 possiamo

sostituire Ī“yĪ½r con Ī“xĪ½ . Con lā€™aiuto di (4.13) e parametrizzando lā€™integrale con il tempo

proprio, questo termine puo allora essere posto nella forma,

āˆ‘r

āˆ«yĀµ

r Ī“yĪ½r

āˆ‚Lr

āˆ‚yĪ½r

Ī“4(xāˆ’ yr) dĪ»r = āˆ’Ī“xĪ½

āˆ‘r

āˆ«uĀµ

r (pĪ½r + erA

Ī½(yr)) Ī“4(xāˆ’ yr) dsr

= āˆ’Ī“xĪ½

(T ĀµĪ½

p + jĀµAĪ½), (4.21)

109

Page 121: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove abbiamo ritrovato il tensore energiaā€“impulso delle particelle, (2.70). Sommando

(4.20) e (4.21) ed esplicitando Ī“xĪ½ = aĪ½ + Ļ‰Ī½Ī²xĪ², la parentesi quadra in (4.19) puo allora

essere scritta come,

āˆ’Ī“xĪ½

(T ĀµĪ½

p + T ĀµĪ½em + jĀµAĪ½

)āˆ’ F ĀµĪ½Ļ‰Ī½ĻA

Ļ = āˆ’aĪ½TĀµĪ½ +

1

2Ļ‰Ī±Ī²MĀµĪ±Ī²,

dove abbiamo definito i tensori energiaā€“impulso e densita di momento angolare canonici

dellā€™Elettrodinamica classica,

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½p + T ĀµĪ½

em + jĀµAĪ½ (4.22)

MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ± āˆ’ F ĀµĪ±AĪ² + F ĀµĪ²AĪ±. (4.23)

In definitiva possiamo riscrivere la (4.19) come,

Ī“L = āˆ’aĪ½ āˆ‚ĀµTĀµĪ½ +

1

2Ļ‰Ī±Ī² āˆ‚ĀµM

ĀµĪ±Ī² (4.24)

+ (āˆ‚ĀµFĀµĪ½ āˆ’ jĪ½) Ī“AĪ½ +

āˆ‘r

āˆ« (dprĪ½

dsr

āˆ’ FĪ½ĀµuĀµr

)Ī“yĪ½

r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr,

da confrontare con lā€™analoga identita per una teoria di soli campi, vedi (3.47).

Dato che la lagrangiana e invariante per lā€™intero gruppo di Poincare abbiamo che

Ī“L = 0 identicamente. Concludiamo quindi che, se i campi e le particelle soddisfano le

rispettive equazioni del moto, allora i tensori T ĀµĪ½ e MĀµĪ±Ī² risultano conservati,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0 = āˆ‚ĀµM

ĀµĪ±Ī². (4.25)

Tensore energiaā€“impulso simmetrico e densita di momento angolare standard. Di nuo-

vo vediamo che le correnti che abbiamo ottenuto non hanno la forma che abbiamo trovato

nei paragrafi 2.4.3 e 2.4.4 con metodi euristici; in particolare T ĀµĪ½ non e simmetrico e MĀµĪ±Ī²

non ha la forma standard. Inoltre, nessuno dei due tensori e gauge invariante. Vediamo

comunque che in assenza di particelle T ĀµĪ½ si riduce a T ĀµĪ½em, mentre in assenza di campo

elettromagnetico esso si riduce a T ĀµĪ½p . Ma nella (4.22) cā€™e anche il termine di interferenza

jĀµAĪ½ , di interpretazione piu difficile. Tuttavia, anche in questo caso possiamo adottare

la strategia generale per la simmetrizzazione del tensore energiaā€“impulso, sviluppata in

sezione 3.4. Poniamo,

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ , Ļ†ĻĀµĪ½ = āˆ’Ļ†ĀµĻĪ½ , (4.26)

110

Page 122: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove il tensore Ļ†ĻĀµĪ½ e dato in termini del tensore V ĀµĪ±Ī² secondo la definizione (3.56). Dā€™altra

parte questā€™ultimo si puo determinare confrontando la (4.23) con la (3.53). Risulta,

V ĀµĪ±Ī² = āˆ’F ĀµĪ±AĪ² + F ĀµĪ²AĪ±,

come nel caso del campo di Maxwell libero, vedi (3.59). Anche il tensore Ļ†ĻĀµĪ½ e allora

quello corrispondente al campo di Maxwell libero,

Ļ†ĻĀµĪ½ = āˆ’F ĻĀµAĪ½ .

Tuttavia, in presenza di particelle la divergenza di questo tensore contiene anche un

termine proporzionale alla corrente. Risulta infatti,

āˆ‚ĻĻ†ĻĀµĪ½ = āˆ’āˆ‚ĻF

ĻĀµAĪ½ āˆ’ F ĻĀµāˆ‚ĻAĪ½ = āˆ’jĀµAĪ½ āˆ’ FĪ±Āµāˆ‚Ī±AĪ½ .

Aggiungendo questa espressione a (4.22) si vede che il termine di interferenza jĀµAĪ½ si

cancella, e che si ricombina il tensore energiaā€“impulso simmetrico del campo elettroma-

gnetico,

T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½

p , āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0,

a conferma dei risultati (2.69) e (2.70) del capitolo 2.

Analogamente, secondo la (3.63) si puo modificare la densita di momento angolare

(4.23) ponendo,

MĀµĪ±Ī² = MĀµĪ±Ī² + āˆ‚ĻĪ›ĻĀµĪ±Ī², Ī›ĻĀµĪ±Ī² = xĪ± Ļ†ĻĀµĪ² āˆ’ xĪ² Ļ†ĻĀµĪ±.

Nel nostro caso risulta,

āˆ‚ĻĪ›ĻĀµĪ±Ī² = Ļ†Ī±ĀµĪ² + xĪ±āˆ‚ĻĻ†

ĻĀµĪ² āˆ’ (Ī±ā†” Ī²) = F ĀµĪ±AĪ² + xĪ±(T ĀµĪ² āˆ’ T ĀµĪ²)āˆ’ (Ī±ā†” Ī²).

Aggiungendo questo termine a (4.23) si vede immediatamente che risulta,

MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ±,

in accordo con il nostro risultato euristico (2.85).

Abbiamo cosı riottenuto la forma dei tensori energiaā€“impulso e densita di momento

angolare per lā€™Elettrodinamica. Piu del risultato, gia noto, e importante il metodo che

111

Page 123: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

abbiamo utilizzato, cioe, il teorema di Noether. Nella sezione 3.3 abbiamo dato una

dimostrazione generale di questo teorema per una teoria di soli campi. In questa sezione

abbiamo dimostrato il teorema in una situazione fisica molto diversa, in cui alcuni gradi di

liberta non sono distribuiti con continuita nello spazio, come i campi, ma costituiscono dei

ā€œdifettiā€ puntiformi, appunto le particelle. In questo capitolo abbiamo difatti illustrato

una circostanza molto generale, e cioe che in Fisica il teorema di Noether vale a tutti i

livelli: vale per teorie contenenti campi, particelle, stringhe e ā€“ piu in generale ā€“ membrane

di qualsiasi estensione spaziale; vale a livello newtoniano cosı come vale in Relativita

Ristretta e in Relativita Generale, vale in Fisica Classica e in Meccanica Quantistica, in

Teoria Quantistica Relativistica dei Campi e, ancora, nelle Teorie di Superstringa.

4.4 Invarianza di gauge e conservazione della carica elettrica

Nella sezione precedente abbiamo discusso il teorema di Noether relativo al gruppo di

Poincare, con conseguente conservazione del quadrimomento e del momento angolare

quadridimensionale. Ma in Elettrodinamica esiste unā€™altra grandezza conservata ā€“ non

associata al gruppo di Poincare ā€“ che e la carica elettrica, e se vale il teorema di Noether,

allora anche ad essa dovrebbe essere associato un gruppo a un parametro di simmetrie.

In effetti lā€™Elettrodinamica e dotata di una simmetria fondamentale che abbiamo gia am-

piamento esplorato ā€“ lā€™invarianza di gauge ā€“ che potrebbe essere legata alla conservazione

della carica via il teorema di Noether.

Per analizzare questo possibile nesso facciamo intanto notare che le trasformazioni di

gauge costituiscono effettivamente un gruppo (abeliano), con un solo parametro Ī›. Posto

Aā€²1Āµ = AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›1,

abbiamo infatti,

Aā€²2Āµ = Aā€²

1Āµ + āˆ‚ĀµĪ›2 = AĀµ + āˆ‚Āµ(Ī›1 + Ī›2).

Esploriamo allora la variazione della lagrangiana (4.11) sotto una generica trasformazione

di gauge Ī“AĀµ = Aā€²Āµ āˆ’ AĀµ = āˆ‚ĀµĪ›. Risulta,

Ī“L = āˆ’āˆ‚ĀµĪ›jĀµ = āˆ’āˆ‚Āµ(Ī›jĀµ) + Ī› āˆ‚ĀµjĀµ āˆ¼= Ī› āˆ‚Āµj

Āµ,

112

Page 124: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove abbiamo sfruttato il fatto che le lagrangiana sono definite modulo quadridivergenze.

Avremmo dunque trovato proprio il legame implicato dal teorema di Noether, ovvero che

lā€™invarianza della lagrangiana implica la conservazione locale della carica,

Ī“L = 0 ā‡’ āˆ‚ĀµjĀµ = 0. (4.27)

Tuttavia, il nesso appena evidenziato non segue proprio le linee del teorema di Noether,

per come lā€™abbiamo illustrato nella sezione precedente. Il primo motivo e che il parametro

Ī›(x) non e un parametro ā€œglobaleā€, ovvero costante, come invece previsto dal teorema

di Noether; dā€™altra parte se Ī› e costante la trasformazione di gauge si riduce banalmente

alla trasformazione identica. Il secondo motivo e che nella derivazione della (4.27) le

equazioni del moto dellā€™Elettrodinamica non hanno giocato nessun ruolo, mentre il loro uso

era essenziale nella dimostrazione delle leggi di conservazione (4.25). Sappiamo, infatti,

che la corrente (2.6) e conservata identicamente, indipendentemente dalla validita delle

equazioni del moto.

Si intuisce che questa aā€“simmetria esistente in Elettrodinamica classica tra il gruppo

di Poincare e il gruppo delle trasformazioni di gauge, e dovuta al fatto che le particelle

cariche in questo ambito vengono trattate come ā€œdifettiā€ puntiformi: conseguentemente

la conservazione della carica totale ā€“ in ultima analisi ā€“ corrisponde semplicemente al

ā€œconteggioā€ delle particelle contenute in un dato volume. Infatti, integrando la (2.40) su

un volume finito V si ottiene per la carica QV (t) contenuta allā€™istante t in V ,

QV (t) =

āˆ«

V

j0(t, ~x) d3x =āˆ‘

r

er

āˆ«

V

Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)) d3x =āˆ‘rāˆˆV

er,

dove la somma si estende a tutte le particelle che allā€™istante t si trovano in V .

Si puo, al contrario, vedere che quando anche le particelle cariche vengono rappresenta-

te da campi ā€“ alla stessa stregua del campo elettromagnetico ā€“ allora la conservazione della

carica elettrica segue esattamente lo schema ā€œa la Noetherā€, illustrato sopra per la con-

servazione di quadrimomento e momento angolare quadridimensionale. Questo succede,

per esempio, nellā€™ambito della teoria quantistica relativistica di campo.

113

Page 125: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

4.5 Problemi

4.1 Seguendo il procedimento della sezione 4.1 si deducano le equazioni di Lorentz (2.12),

imponendo la stazionarieta dellā€™azione (4.8) per variazioni generiche Ī“yĀµr delle coordinate,

purche nulle in ar e br.

4.2 Si deduca la forma della lagrangiana di un sistema di cariche non relativistiche

interagenti con un campo elettromagnetico esterno, eseguendo il limite non relativistico

dellā€™azione (4.7),

114

Page 126: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

5 Onde elettromagnetiche

In questo capitolo avviamo la ricerca di soluzioni esatte dellā€™equazioni di Maxwell e lā€™analisi

delle loro proprieta. La prima classe di soluzioni che analizzeremo e costituita dalle onde

piane elettromagnetiche, le quali costituiscono un particolare insieme completo di soluzioni

dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto, cioe, in assenza di sorgenti,

jĀµ = 0.

La rilevanza fenomenologica di queste soluzioni e evidente. Basta pensare che lā€™energia

fornita dal sole viaggia interamente a cavallo di onde elettromagnetiche, e che qualsiasi

tipo di segnale che si propaga sulla terra via ā€œetereā€ e costituito da queste onde. Ricor-

diamo inoltre che la quasi totalita dellā€™informazione che acquisiamo sullā€™universo arriva

sulla terra tramite segnali luminosi emessi da oggetti stellari, segnali costituiti da onde

elettromagnetiche che si propagano nello spazio vuoto su distanze molto grandi.

Lā€™universo stesso poi e pervaso dalla cosiddetta radiazione cosmica di fondo, con ottima

approssimazione isotropa ed omogenea, che e caratterizzata da uno spettro in frequenza

di corpo nero ad una temperatura di T = 2.73 oK. Questa radiazione e messaggera di

unā€™epoca primordiale in cui la materia era costituita prevalentemente da particelle cariche

dissociate, soggette in continuazione a urti di natura elettromagnetica. Dopo ā€œlā€™ultimo

scatteringā€ e la conseguente ricombinazione delle particelle cariche in molecole neutre, il

campo di radiazione prodotto in questi urti si e disaccoppiato dalle cariche e si manifesta

oggi come ā€œradiazioneā€ di fondo ā€“ apparentemente priva di sorgenti.

In questo capitolo studieremo le proprieta delle onde elettromagnetiche, in quanto

base completa di soluzioni dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto. Nel prossimo capitolo ci

occuperemo invece delle soluzioni dellā€™equazione di Maxwell in presenza di sorgenti. In

particolare determineremo il campo elettromagnetico esatto creato da una quadricorrente

jĀµ arbitraria. Lontano dalle sorgenti questo campo soddisfa di nuovo lā€™equazione di Max-

well nel vuoto, ed in quella regione potra quindi essere analizzato a sua volta in termini

di onde elettromagnetiche.

Tuttavia, prima di poter affrontare questi argomenti dobbiamo capire qual e il conte-

nuto cinematico del campo elettromagnetico, ovverosia, quali sono le variabili indipendenti

115

Page 127: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che descrivono il suo stato in ogni istante. Detto in altre parole, dobbiamo individuare i

gradi di liberta fisici coinvolti nellā€™evoluzione temporale del campo elettromagnetico. Solo

allora saremo in grado di impostare correttamente il problema di Cauchy, cioe, di assegna-

re un insieme completo di dati iniziali, che attraverso lā€™equazione di Maxwell determinano

il valore del campo in ogni istante.

5.1 I gradi di liberta del campo elettromagnetico

Innanzitutto dobbiamo spiegare cosa intendiamo con ā€œgrado di libertaā€ in una generica

teoria di campo. La definizione che ne daremo costituisce una generalizzazione del con-

cetto analogo in meccanica classica ā€“ prototipo di un sistema lagrangiano a finiti gradi

di liberta. Prima di passare alla teoria di campo e allora utile ricordare brevemente il

significato di questo importante concetto in meccanica.

5.1.1 I gradi di liberta in meccanica newtoniana

In meccanica newtoniana il concetto di grado di liberta si riferisce al numero di variabili

lagrangiane necessarie per descrivere cinematicamente un sistema fisico. Per esempio,

una particella che si muove nello spazio tridimensionale e caratterizzata da tre gradi di

liberta, in quanto la sua posizione e specificata in ogni istante t dalle tre coordinate ~y(t).

Ma possiamo analizzare lo stesso sistema fisico anche da un altro punto vista, ponendoci

la domanda: quanti dati iniziali, diciamo a t = 0, dobbiamo assegnare per poter predire

la posizione della particella in ogni istante? La risposta ā€“ sei e non tre ā€“ e strettamente

legata alla dinamica della particella, vale a dire allā€™equazione di Newton,

md2~y

dt2= ~F ,

quale equazione differenziale del secondo ordine nel tempo, che richiede di assegnare sia

~y(0) che ~v(0). Potremmo porre il problema dinamico equivalentemente nella forma,

md~v

dt= ~F ,

d~y

dt= ~v,

che rappresenterebbe in effetti un sistema a sei gradi di liberta. Ci rendiamo cosı conto

che la convenzione comune ā€œuna particella corrisponde a tre gradi di libertaā€ sottintende

116

Page 128: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in realta tre gradi di liberta del secondo ordine. Equivalentemente potremmo infatti dire

che una particella corrisponde a sei gradi di liberta del primo ordine. La preferenza

per la prima convenzione discende dal fatto che il determinismo newtoniano ā€“ confermato

sperimentalmente in modo universale ā€“ prevede in generale che una variabile fondamentale

e determinata in ogni istante, se a un dato istante si conoscono il suo valore e la sua

derivata prima.

Dā€™ora in poi useremo il termine ā€œgrado di libertaā€ ā€“ sottintendendo ā€œdel secondo

ordineā€ ā€“ per una variabile la cui dinamica sia governata da unā€™equazione del moto che,

noti il suo valore e la sua derivata ad un dato istante, determina la variabile in ogni

istante.

5.1.2 I gradi di liberta in teoria di campo

In teoria di campo le variabili fondamentali sono i campi ā€“ che da un punto di vista

meccanico corrispondono a un sistema a infiniti gradi di liberta. Mantenendo lā€™analogia

con la meccanica, ma adattando la prospettiva, diamo allora la seguente definizione.

Definzione. Diremo che un campo Ļ•(t, ~x) corrisponde a un grado di liberta (del secondo

ordine) se le equazioni del moto che governano la sua dinamica sono tali, che noti Ļ•(0, ~x)

e āˆ‚0Ļ•(0, ~x) in tutto lo spazio, esse determinano Ļ•(t, ~x) per ogni t.

Come prototipo di unā€™equazione di questo tipo consideriamo lā€™equazione per un campo

scalare,

2 Ļ• = P (Ļ•), (5.1)

dove P (Ļ•) e un polinomio in Ļ• e,

2 ā‰” āˆ‚Āµāˆ‚Āµ = āˆ‚2

0 āˆ’āˆ‡2,

e lā€™operatore dā€™Alembertiano, completamento relativistico dellā€™operatore Laplaciano tri-

dimensionale. Questa equazione e del secondo ordine nella derivata temporale e ci aspet-

tiamo quindi che essa assegni a Ļ• un grado di liberta. Per convincerci che questo e

effettivamente il caso fissiamo i dati iniziali,

Ļ•(0, ~x) e āˆ‚0Ļ•(0, ~x),

117

Page 129: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e cerchiamo di determinare Ļ•(t, ~x) imponendo la (5.1). Se assumiamo che la soluzione sia

una funzione analitica in t possiamo svilupparla in serie di Taylor,

Ļ•(t, ~x) =āˆžāˆ‘

n=0

āˆ‚n0 Ļ•(0, ~x)

n!tn, (5.2)

e cercare di determinare i coefficienti usando la (5.1). I coefficienti con n = 0 e n = 1

sono fissati dai dati inizili. Il coefficiente con n = 2 si ottiene invece valutando la (5.1) in

t = 0,

āˆ‚20Ļ•(0, ~x) = āˆ‡2Ļ•(0, ~x) + P (Ļ•(0, ~x)).

Derivando poi la (5.1) una volta rispetto al tempo e valutandola in t = 0 si ottiene il

coefficiente con n = 3,

āˆ‚30Ļ•(0, ~x) = āˆ‡2āˆ‚0Ļ•(0, ~x) + P ā€²(Ļ•(0, ~x)) āˆ‚0Ļ•(0, ~x).

Derivando ripetutamente la (5.1) rispetto al tempo si ottengono cosı tutte le derivate

āˆ‚n0 Ļ•(0, ~x) in termini delle derivate spaziali dei dati iniziali Ļ•(0, ~x) e āˆ‚0Ļ•(0, ~x), e la solu-

zione e quindi univocamente determinata. E poi facile vedere che si giunge alla stessa

conclusione se P e un arbitrario polinomio in Ļ• e āˆ‚ĀµĻ•, e anche se il membro di destra

della (5.1) contiene un termine aggiuntivo noto j(x), indipendente da Ļ•.

5.1.3 Il problema di Cauchy per lā€™equazione di Maxwell

Siamo ora in grado di affrontare il problema di Cauchy, ovverosia il problema alle condi-

zioni inziali, per lā€™equazione di Maxwell. In particolare vogliamo stabilire quanti e quali

sono i gradi di liberta associati alla propagazione del campo elettromagnetico. Se secondo

la nostra consueta strategia risolviamo lā€™identita di Bianchi introducendo un potenziale

vettore AĀµ, allora il sistema di equazioni da risolvere schematicamente si scrive,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , F ĀµĪ½ ā‰” āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ, AĀµ ā‰ˆ AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›.

Condizioni asintotiche. Prima di affrontare la soluzione di questo sistema specifichia-

mo la classe di configurazioni del potenziale vettore e della corrente che consideriamo

ā€œfisicamente accettabiliā€. Assumeremo intanto che la corrente sia nota e ā€“ ovviamente ā€“ a

118

Page 130: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

quadridivergenza nulla. Supporremo inoltre che per ogni t fissato essa sia a supporto spa-

ziale compatto, come succede per qualsiasi distribuzione di carica realizzabile in natura.

Richiederemo, cioe, che,

jĀµ(t, ~x) = 0, per |~x| > R, (5.3)

dove il raggio R in generale dipende da t. Corrispondentemente accetteremo come so-

luzioni ā€œfisicheā€ dellā€™equazione di Maxwell solo quelle che per ogni t fissato allā€™infinito

spaziale si annullano,

lim|~x|ā†’āˆž

AĀµ(t, ~x) = 0. (5.4)

Si puo, infatti, vedere che questa condizione discende essenzialmente dallā€™assunzione che

non ci siano cariche allā€™infinito.

Nel caso particolare di un campo elettromagnetico nel vuoto, in realta non sembra

esserci nessun legame tra la condizione (5.4) e la posizione delle cariche ā€“ semplicemente

perche le cariche sono assenti. Tuttavia, un ā€œcampo nel vuotoā€ costituisce la schema-

tizzazione matematica di una situazione realizzabile fisicamente, in cui il campo e stato

generato da delle cariche ā€œlontaneā€ in un ā€œpassato lontanoā€, e quindi anche in questo

caso allā€™infinito esso sara zero. Facciamo comunque notare che la condizione (5.4) esclude

anche certe soluzioni idealizzate ā€“ di per se non fisiche ā€“ che vengono pero spesso uti-

lizzate in Elettrodinamica per semplificare le analisi svolte. Cosı essa esclude il campo

elettromagnetico costante e uniforme fĀµĪ½ , con potenziale vettore,

AĀµ(x) =1

2xĪ½f

Ī½Āµ, F ĀµĪ½(x) = fĀµĪ½ ,

i campi prodotti da fili e piani infiniti uniformemente carichi, e la stessa onda piana, in

quanto infinitamente estesa, vedi (5.61).

Esplicitiamo ora lā€™equazione di Maxwell in termini del potenziale vettore,

āˆ‚Āµ (āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ) = 2AĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½(āˆ‚ĀµAĀµ) = jĪ½ .

Per via della presenza delle derivate seconde rispetto al tempo ci si potrebbe aspettare

che questo sistema corrisponda a quattro gradi di liberta. Tuttavia, questa conclusione e

affrettata, per i seguenti due motivi.

119

Page 131: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Un vincolo. Il primo motivo e costituito dal fatto che ā€“ come gia notato nel para-

grafo 2.2.3 ā€“ le quattro componenti dellā€™equazione di Maxwell non sono funzionalmente

indipendenti. Definito,

GĪ½ ā‰” āˆ‚ĀµFĀµĪ½ āˆ’ jĪ½ = 2AĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½(āˆ‚ĀµA

Āµ)āˆ’ jĪ½ , (5.5)

vale infatti identicamente,

āˆ‚Ī½GĪ½ = 0 ā‡’ āˆ‚0G

0 = āˆ’āˆ‚iGi. (5.6)

Cio significa che le quattro equazioni di Maxwell,

GĀµ = 0,

sono equivalenti al sistema,

Gi(t, ~x) = 0, āˆ€ t (5.7)

G0(0, ~x) = 0. (5.8)

Infatti, imposto Gi(t, ~x) = 0 āˆ€ t la (5.6) assicura che āˆ‚0G0(t, ~x) = 0, e quindi la funzione

G0(t, ~x) e indipendente dal tempo; e allora sufficiente imporre il suo annullamento allā€™i-

stante t = 0. La componento 0 dellā€™equazione di Maxwell si riduce quindi a un vincolo

sui dati iniziali, e non va considerata come una vera e propria equazione del moto.

Invarianza di gauge e gaugeā€“fixing. Il secondo motivo per cui il conteggio dei gradi

di liberta di cui sopra e errato e costituito dal fatto che il potenziale vettore e definito

solo modulo una trasformazione di gauge: i potenziali AĀµ e AĀµ + āˆ‚ĀµĪ› corrispondono allo

stesso campo elettromagnetico F ĀµĪ½ , e sono quindi fisicamente equivalenti. Si rende allora

necessario selezionare tra tutti i potenziali vettore associati ad un dato F ĀµĪ½ , un unico

rappresentante, ovverosia, come si suol dire, attuare un ā€œgaugeā€“fixingā€ su AĀµ. Evidente-

mente ci sono infiniti modi diversi di fissare la gauge, tutti fisicamente equivalenti. Noi

optiamo per la cosiddetta ā€œgauge di Lorentzā€, rappresentata dal vincolo,

āˆ‚ĀµAĀµ = 0, (5.9)

per il suo pregio di essere preservata sotto trasformazioni di Lorentz 19. La consistenza di

questa scelta deriva dal fatto che a partire da un potenziale vettore arbitrario e sempre

19Gaugeā€“fixing non covarianti usati talvolta sono la gauge di Coulomb ~āˆ‡ Ā· ~A = 0, e la gauge assialeA0 = 0, oppure, piu in generale, nĀµAĀµ = 0, con nĀµ vettore costante.

120

Page 132: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

possibile eseguire una trasformazione di gauge, tale che il nuovo potenziale vettore abbia

quadridivergenza nulla,

āˆ‚Āµ(AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›) = 0.

E infatti sufficiente scegliere Ī› tale che,

2Ī› = āˆ’āˆ‚ĀµAĀµ,

equazione che, come visto nel paragrafo precedente, ammette in effetti infinite soluzioni.

Con il gaugeā€“fixing (5.9) lā€™equazione di Maxwell (5.5) si semplifica e diventa,

GĀµ = 2AĀµ āˆ’ jĀµ = 0.

Useremo questa forma per le componenti spaziali Gi dellā€™equazione mentre, per quello che

segue, per la componente G0 e piu conveniente usare lā€™espressione originale (5.5),

G0 = 2A0 āˆ’ āˆ‚0(āˆ‚0A0 + āˆ‚iA

i)āˆ’ j0 = āˆ’āˆ‡2A0 āˆ’ āˆ‚i(āˆ‚0Ai)āˆ’ j0 = 0. (5.10)

Si noti che questa equazione non contiene la derivata seconda rispetto al tempo: come an-

ticipato sopra, essa va infatti interpretata come un vincolo, piuttosto che come equazione

dinamica.

Invarianza di gauge residua. Resta a questo punto la domanda se la gauge di Lorentz

e completa, cioe, se essa fissa il potenziale vettore univocamente. La risposta e negativa

perche, assumendo che valga āˆ‚ĀµAĀµ = 0 e volendo restare nella classe di potenziali che

soddisfano questa condizione, possiamo ancora eseguire trasformazioni di gauge AĀµ ā†’AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›, a patto che,

āˆ‚Āµ(AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›) = 0 ā‡’ 2Ī› = 0.

Sussiste, cioe, lā€™invarianza di gauge ā€œresiduaā€,

AĀµ ā‰ˆ AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›, 2Ī› = 0. (5.11)

Anche il gaugeā€“fixing dellā€™invarianza residua puo essere eseguito in infiniti modi equiva-

lenti. Noi optiamo per le condizioni,

A3(0, ~x) = 0 = āˆ‚0A3(0, ~x), (5.12)

121

Page 133: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che si possono in effetti imporre eseguendo una trasformazione di gauge residua. Per

farlo vedere ricordiamo dal paragrafo precedente che la soluzione dellā€™equazione 2Ī› = 0

e completamente determinata dalle ā€œcondizioni inizialiā€,

Ī›(0, ~x) ā‰” Ī¦1(~x), āˆ‚0Ī›(0, ~x) ā‰” Ī¦2(~x).

Per una trasformazione di gauge abbiamo,

Aā€²3 = A3 + āˆ‚3Ī›, (5.13)

ed e facile vedere che esistono dei campi Ī¦1 e Ī¦2 tali che,

Aā€²3(0, ~x) = A3(0, ~x) + āˆ‚3Ī›(0, ~x) = A3(0, ~x) + āˆ‚3Ī¦1(~x) = 0, (5.14)

āˆ‚0Aā€²3(0, ~x) = āˆ‚0A

3(0, ~x) + āˆ‚3āˆ‚0Ī›(0, ~x) = āˆ‚0A3(0, ~x) + āˆ‚3Ī¦2(~x) = 0. (5.15)

Infatti, e sufficiente scegliere per Ī¦1 e Ī¦2 delle primitive rispetto alla variabile x3, rispet-

tivamente di āˆ’A3(0, ~x) e āˆ’āˆ‚0A3(0, ~x). Per il potenziale trasformato le (5.14) e (5.15)

equivalgono allora effettivamente alle (5.12).

In conclusione, tenendo conto delle condizioni di gaugeā€“fixing (5.9) e (5.12) ci siamo

ricondotti al seguente sistema di equazioni,

2Ai = ji, (5.16)

āˆ‡2A0 = āˆ’āˆ‚i(āˆ‚0Ai)āˆ’ j0, per t = 0, (5.17)

āˆ‚ĀµAĀµ = 0, (5.18)

A3(0, ~x) = 0 = āˆ‚0A3(0, ~x). (5.19)

Facciamo ora vedere che questo sistema ammette in effetti soluzione unica per AĀµ(t, ~x),

una volta assegnate le condizioni iniziali ā€œfisicheā€,

A1(0, ~x), āˆ‚0A1(0, ~x), A2(0, ~x), āˆ‚0A

2(0, ~x). (5.20)

Intanto osserviamo che con queste condizioni iniziali e con le (5.19), le tre equazioni (5.16)

determinano Ai(t, ~x) per ogni t. Noti i campi Ai, la (5.17) determina allora univocamente

A0(0, ~x), perche nello spazio delle funzioni che svaniscono allā€™infinito il Laplaciano tridi-

mensionale ammette inverso unico, vedi sezione 6.1. Noti A0(0, ~x) e i campi Ai(t, ~x), la

122

Page 134: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

(5.18) determina infine A0(t, ~x) per ogni t,

A0(t, ~x) = A0(0, ~x)āˆ’āˆ« t

0

~āˆ‡ Ā· ~A(tā€², ~x) dtā€².

In conclusione, una volta assegnate le quattro condizioni iniziali fisiche (5.20), lā€™equa-

zione di Maxwell determina i campi AĀµ(t, ~x) in modo univoco. Con la procedura scelta

da noi i campi ā€œfisiciā€ sono risultati A1 e A2, ma e chiaro che una scelta diversa del

gaugeā€“fixing portera ad assegnazioni diverse. Quello che restera pero invariato e il nu-

mero di condizioni iniziali ā€“ quattro ā€“ che si possono imporre arbitrariamente. Resta

poi il problema, solo tecnico, di come si deducono i dati (5.20) a partire dai dati iniziali

osservabili sperimentalmente, che sono i campi elettrico e magnetico allā€™istante iniziale.

Difatti, noti ~E(0, ~x) e ~B(0, ~x) e imposti i gaugeā€“fixing (5.18) e (5.19), la determinazione

dei dati iniziali (5.20) e un semplice esercizio, lasciato al lettore.

I due gradi di liberta del campo elettromagnetico. Dai dati indipendenti (5.20) vedia-

mo infine che il campo elettromagnetico corrisponde a due gradi di liberta, come anticipato

nel paragrafo 2.2.3, e non a quattro. Dalla nostra trattazione si desume in particolare

che il meccanismo che elimina da AĀµ due gradi di liberta e essenzialmente il seguente: un

grado di liberta viene assorbito dallā€™invarianza di gauge e lā€™altro dallā€™invarianza di gauge

residua, in concomitanza con il fatto che una delle quattro equazioni di Maxwell in realta

e un vincolo. Aggiungiamo, tuttavia, che 1) quali siano le componenti di AĀµ che appaiono

come fisiche, dipende dalla scelta del gaugeā€“fixing, e che 2) sotto una trasformazione di

Lorentz queste componenti non restano invariate. Infatti, mentre la gauge di Lorentz

(5.9) e invariante sotto trasformazioni di Lorentz, le condizioni (5.12) non lo sono. E im-

portante notare che questa circostanza non viola affatto lā€™invarianza relativistica, perche,

come abbiamo visto, in qualsiasi sistema di riferimento le condizioni (5.12) possono essere

ripristinate eseguendo unā€™opportuna trasformazione di gauge.

Il fatto che i gradi di liberta fisici del campo elettromagnetico sono due ha varie con-

seguenze importanti: a livello classico esso implica, come vedremo tra poco, che le onde

elettromagnetiche sono caratterizzate da due vettori di polarizzazione indipendenti, men-

tre a livello quantistico esso comporta che i fotoni esistono in due stati di polarizzazione

indipendenti, contrassegnati da ā€œelicitaā€ opposte.

123

Page 135: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

5.2 Lā€™equazione delle onde

Consideriamo un campo scalare reale con lagrangiana,

L =1

2āˆ‚ĀµĻ•āˆ‚ĀµĻ•. (5.21)

Lā€™equazione di Euleroā€“Lagrange associata a questa lagrangiana viene chiamata equazione

delle onde, o anche equazione di dā€™Alembert,

āˆ‚Āµāˆ‚L

āˆ‚(āˆ‚ĀµĻ•)āˆ’ āˆ‚L

āˆ‚Ļ•= āˆ‚Āµāˆ‚

ĀµĻ• = 2Ļ• = 0. (5.22)

Essa riveste un ruolo importante in Fisica e in particolar modo in Elettrodinamica, motivo

per cui ora analizzeremo in dettaglio la sua soluzione generale. In particolare vedremo che

la ricerca delle soluzioni dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto sara molto facilitata dalla

conoscenza della soluzione generale della (5.22). In analogia con le condizioni asintotiche

(5.4) considereremo solo soluzioni che soddisfano,

lim|~x|ā†’āˆž

Ļ•(t, ~x) = 0. (5.23)

Se assumiamo che eventuali singolarita di Ļ•(x) siano di tipo distribuzionali, vale a dire

se assumiamo che Ļ• sia un elemento di S ā€²(R4), un metodo potente per risolvere lā€™equazione

delle onde e fornito dalla trasformata di Fourier, che costituisce appunto una biiezione di

S ā€² in se stesso. Ricordiamo che in notazione simbolica questa trasformata e definita da,

Ļ•(k) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’ikĀ·xĻ•(x), Ļ•(x) =

1

(2Ļ€)2

āˆ«d4k eikĀ·xĻ•(k), (5.24)

dove abbiamo introdotto la variabile duale k ā‰” kĀµ e definito k Ā· x = kĀµxĀµĪ·ĀµĪ½ . Tra le

proprieta della trasformata di Fourier ci serviranno le seguenti, vedi paragrafo 2.3.2.

1) Se il campo Ļ• e reale, come da noi sottinteso, allora la trasformata soddisfa,

Ļ• āˆ—(k) = Ļ•(āˆ’k). (5.25)

Per vederlo e sufficiente prendere il complesso coniugato della prima relazione in (5.24),

e sfruttare il fatto che Ļ•āˆ—(x) = Ļ•(x).

2) Se Ļ•(x) e un campo scalare sotto trasformazioni di Lorentz, e se assegniamo a kĀµ

carattere vettoriale,

kā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½k

Ī½ ,

124

Page 136: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

allora anche la trasformata Ļ•(k) e un campo scalare,

Ļ•ā€²(kā€²) = Ļ•(k).

Per la dimostrazione e sufficiente usare le relazioni kā€² Ā· xā€² = k Ā· x, e d4xā€² = d4x.

3) Per la trasformata delle derivate di Ļ• abbiamo,

[P (āˆ‚Āµ)Ļ•](k) = P (ikĀµ)Ļ•(k),

dove P (āˆ‚Āµ) e un qualsiasi polinomio nelle derivate parziali āˆ‚Āµ.

Usando la proprieta 3) e immediato eseguire la trasformata di Fourier dellā€™equazione

delle onde, e si ottiene,

k2Ļ•(k) = 0, (5.26)

dove,

k2 = kĀµkĀµ = (k0)2 āˆ’ |~k|2.

In seguito useremo anche,

Ļ‰ ā‰” |~k|,

per indicare la ā€œfrequenzaā€. Vediamo che la trasformata di Fourier ha mutato lā€™equazio-

ne differenziale (5.22) in unā€™equazione algebrica, facilmente risolubile nello spazio delle

distribuzioni. Dalla (5.26) si vede in particolare che Ļ•(k) ha come supporto il cono luce,

k0 = Ā±|~k|,

ed e quindi chiaro che essa non puo essere una ā€œfunzioneā€ ordinaria. In realta le soluzioni

di questa equazione cadono in due categorie, che ora analizzeremo separatamente.

Soluzioni di tipo I. Analizziamo innanzitutto le soluzioni in una regione del cono luce

che non contenga lā€™origine, cioe, per ~k 6= 0. Per ~k fissato e allora conveniente considerare

le Ļ•(k) come distribuzioni nella sola variabile k0, perche in questo modo le soluzioni della

(5.26) possono essere derivate direttamente dalla soluzione del problema 2.3. E infatti

sufficiente eseguire in questo problema le sostituzioni,

xā†’ k0, aā†’ Ļ‰, x2 āˆ’ a2 ā†’ (k0)2 āˆ’ Ļ‰2 = k2, f(x)ā†’ f(k),

125

Page 137: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

con f(k) generica funzione complessa di kĀµ, per ottenere le soluzioni della (5.26),

Ļ•I(k) = Ī“(k2)f(k). (5.27)

Ricordando che Ļ•(x) e reale la (5.25) impone poi,

f āˆ—(k) = f(āˆ’k). (5.28)

Inoltre, dato che Ī“(k2) e Lorentzā€“invariante e Ļ•(k) e campo scalare, anche la funzione

f(k) e dunque uno scalare per trasformazioni di Lorentz. Usando le proprieta della Ī“ di

Dirac possiamo allora esplicitare le soluzioni (5.27) come segue,

Ļ•I(k) =1

2Ļ‰

(Ī“(k0 āˆ’ Ļ‰) + Ī“(k0 + Ļ‰)

)f(k0, ~k)

=1

2Ļ‰

(Ī“(k0 āˆ’ Ļ‰)f(Ļ‰,~k) + Ī“(k0 + Ļ‰)f(āˆ’Ļ‰,~k)

)

=1

2Ļ‰

(Ī“(k0 āˆ’ Ļ‰) Īµ(~k) + Ī“(k0 + Ļ‰) Īµāˆ—(āˆ’~k)

), (5.29)

dove nellā€™ultimo passaggio abbiamo definito la funzione complessa di tre variabili,

Īµ(~k) ā‰” f(Ļ‰,~k),

e sfruttato la (5.28).

Soluzioni di tipo II. Il problema 2.3 e ben posto solo se a 6= 0, ovvero Ļ‰ 6= 0, che

esclude dal cono luce lā€™origine quadridimensionale kĀµ = 0. Potrebbero dunque esistere

ulteriori soluzioni della (5.26), supportate nel punto kĀµ = 0. Per il teorema sulle distribu-

zioni supportate in un punto, vedi paragrafo 2.3.2, sappiamo allora che queste soluzioni

sarebbero necessariamente combinazioni lineari finite della Ī“4(k) e delle sue derivate,

Ļ•II(k) =Nāˆ‘

n=1

CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn āˆ‚Āµ1 Ā· Ā· Ā· āˆ‚ĀµnĪ“4(k), (5.30)

dove i CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn sono arbitrari tensori costanti completamente simmetrici. Antitrasformando

questa espressione nello spazio delle configurazioni e tenendo conto che la trasformata della

Ī“4 vale 1/(2Ļ€)4 si ottiene,

Ļ•II(x) =1

(2Ļ€)4

Nāˆ‘n=1

(āˆ’i)n CĀµ1Ā·Ā·Ā·ĀµnxĀµ1 Ā· Ā· Ā· xĀµn . (5.31)

126

Page 138: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Inserendo questa espressione nella (5.22) e facile vedere che lā€™equazione di dā€™Alembert e

soddisfatta, se e solo se i tensori simmetrici C sono anche a traccia nulla,

CĪ½Ī½Āµ3Ā·Ā·Ā·Āµn = 0. (5.32)

Ed e altrettanto immediato vedere che queste condizioni ammettono infinite soluzioni. Per

esempio, nel caso n = 2, che corrisponde a un polinomio del secondo ordine, la soluzione

generale della (5.32) e data da,

CĀµĪ½ = HĀµĪ½ āˆ’ 1

4Ī·ĀµĪ½HĻ

Ļ,

dove HĀµĪ½ e unā€™arbitraria matrice simmetrica costante. Concludiamo quindi che esiste una

seconda classe di soluzioni, rappresentate dalla (5.31), che sono polinomi in xĀµ. Tuttavia,

come tali non svaniscono allā€™infinito spaziale, e quindi non le ammettiamo come soluzioni

fisiche.

Ritorniamo allora alle soluzioni di tipo I (5.29), antitrasformandole nello spazio delle

coordinate secondo la (5.24). Integrando la Ī“ di Dirac in k0 e eseguendo nellā€™integrale

che coinvolge Īµāˆ—(āˆ’~k) il cambiamento di variabili ~k ā†’ āˆ’~k, si ottiene la soluzione generale

dellā€™equazione delle onde,

Ļ•(x) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

āˆ«dk0 ei(k0x0āˆ’~kĀ·~x)

(Ī“(k0 āˆ’ Ļ‰) Īµ(~k) + Ī“(k0 + Ļ‰) Īµāˆ—(āˆ’~k)

),

=1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(eikĀ·x Īµ(~k) + c.c.

). (5.33)

Sottolineiamo il fatto che nellā€™espressione finale (5.33) la componente k0 nellā€™esponenziale

e definita da k0 = +Ļ‰, e che k2 = 0. Vediamo quindi che la soluzione generale e identificata

da due funzioni reali di tre variabili,

Īµ(~k) = Īµ1(~k) + i Īµ2(~k),

in accordo con il fatto che un campo scalare che soddisfa lā€™equazione delle onde corrisponde

a un grado di liberta. Difatti non e difficile determinare Īµ1(~k) e Īµ2(~k) in termini dei dati

iniziali Ļ•(~x, 0) e āˆ‚0Ļ•(~x, 0), e viceversa, vedi il prossimo paragrafo.

Onde elementari. Vediamo che la soluzione generale (5.33) dellā€™equazione delle onde

puo essere riguardata come una sovrapposizione di infinite ā€œonde elementariā€ di vettore

127

Page 139: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dā€™onda ~k fissato,

Ļ•el(x) = Īµ(~k) eikĀ·x + c.c., k0 = Ļ‰. (5.34)

Esaminiamo ora le principali proprieta di queste onde.

a) Le Ļ•el sono onde piane, i cui piani delle fasi sono ortogonali a ~k. Per t fissato su un

piano delle fasi la funzione Ļ•el(x) assume lo stesso valore.

b) Le Ļ•el sono onde che si propagano con la velocita della luce nella direzione di ~k. Se

scegliamo ~x//~k abbiamo infatti: kĀµxĀµ = Ļ‰ tāˆ’ ~k Ā· ~x = Ļ‰(tāˆ’ |~x|).

c) Le Ļ•el sono onde monocromatiche di frequenza Ļ‰, periodo T = 2Ļ€/Ļ‰ e lunghezza dā€™onda

Ī» = 2Ļ€c/Ļ‰, fissati.

d) Le Ļ•el sono onde scalari nel senso che il ā€œtensore di polarizzazioneā€ Īµ, che ne identifica

lā€™intensita, e uno scalare sotto trasformazioni di Lorentz.

e) Contenuto in energia. Dalla lagrangiana (5.21) e immediato ottenere il tensore energiaā€“

impulso del campo, vedi problema 3.4,

T ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµĻ•āˆ‚Ī½Ļ•āˆ’ 1

2Ī·ĀµĪ½āˆ‚Ī±Ļ•āˆ‚Ī±Ļ•. (5.35)

Per valutarlo determiniamo le derivate dellā€™onda elementare,

āˆ‚ĀµĻ•el(x) = i kĀµ Īµ(~k) eikĀ·x + c.c.

e introduciamo il ā€œvettoreā€ di tipo nullo,

nĀµ ā‰” kĀµ

Ļ‰, n0 = 1, ~n =

~k

Ļ‰, n2 = nĀµn

Āµ = 0, (5.36)

dove ~n e il versore tridimensionale che indica la direzione di propagazione dellā€™onda. Allora

possiamo scrivere in modo compatto,

āˆ‚ĀµĻ•el = nĀµĻ•el,

e ne segue che āˆ‚Ī±Ļ•elāˆ‚Ī±Ļ•el = 0. Usando queste relazioni nella (5.35) e inserendo la (5.34)

si ottiene,

T ĀµĪ½ = nĀµnĪ½Ļ•2el = nĀµnĪ½Ļ‰2

(2|Īµ|2 āˆ’ Īµ2e2ikĀ·x āˆ’ Īµāˆ—2eāˆ’i2kĀ·x) . (5.37)

Mediando il tensore energiaā€“impulso su scale temporali grandi rispetto al periodo e su

scale spaziali grandi rispetto alla lunghezza dā€™onda, gli esponenziali si mediano a zero e

128

Page 140: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

si ottiene,

怈T ĀµĪ½ć€‰ = 2 kĀµkĪ½ |Īµ|2.

Vediamo che la densita di energia dellā€™onda vale in media 怈T 00怉 = 2 Ļ‰2|Īµ|2, mentre il

flusso di energia vale 怈T 0i怉 = 2 Ļ‰2|Īµ|2ni ed e diretto lungo la direzione di propagazione

dellā€™onda. Considerando infine un volume V piccolo, ma grande rispetto alla lunghezza

dā€™onda, possiamo determinare il quadrimomento P Āµ ivi contenuto. Otteniamo,

P 0 = 怈T 00怉V = 2 Ļ‰2|Īµ|2 V, P i = 怈T 0i怉V = 2 Ļ‰2|Īµ|2 V ni.

La massa della ā€œparticellaā€ corrispondente a questo volume risulta allora essere uguale a

zero in quanto,

M2 = P ĀµPĀµ =(2 Ļ‰2|Īµ|2 V

)2 (1āˆ’ |~n|2) = 0.

Questo risultato e in accordo con il fatto che in teoria quantistica di campo la particella

associata a un campo scalare soddisfacente lā€™equazione delle onde (5.22), e in effetti una

particella (neutra e di spin zero) priva di massa.

5.2.1 Il problema alle condizioni iniziali

Affrontiamo infine il problema alle condizioni iniziali. Vogliamo, cioe, trovare la forma

esplicita della soluzione dellā€™equazione delle onde, fissati i dati iniziali,

Ļ•(0, ~x) ā‰” f(~x),

āˆ‚0Ļ•(0, ~x) ā‰” g(~x).

Si tratta dunque di determinare la funzione complessa Īµ(~k) della (5.33), in termini del-

le due funzioni reali f e g. A questo scopo e conveniente sviluppare queste ultime in

trasformata di Fourier,

f(~x) =1

(2Ļ€)3/2

āˆ«d3k eāˆ’i~kĀ·~x f(~k), g(~x) =

1

(2Ļ€)3/2

āˆ«d3k eāˆ’i~kĀ·~x g(~k), (5.38)

e valutare la (5.33) e la sua derivata temporale a t = 0,

f(~x) = Ļ•(0, ~x) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(eāˆ’i~kĀ·~x Īµ(~k) + c.c.

),

g(~x) = āˆ‚0Ļ•(0, ~x) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(i Ļ‰ eāˆ’i~kĀ·~x Īµ(~k) + c.c.

). (5.39)

129

Page 141: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Confrontando con le (5.38) e antitrasformando si trova,

f(~k) =1āˆš2Ļ€

1

2Ļ‰

(Īµ(~k) + Īµāˆ—(āˆ’~k)

),

g(~k) =1āˆš2Ļ€

i

2

(Īµ(~k)āˆ’ Īµāˆ—(āˆ’~k)

),

e quindi,

Īµ(~k) =āˆš

(2Ļ€)(Ļ‰f(~k)āˆ’ i g(~k)

).

Sostituendo questa espressione nella (5.33) si ottiene,

Ļ•(x) =1

(2Ļ€)3/2

āˆ«d3k

2Ļ‰

[eikĀ·x

(Ļ‰f(~k)āˆ’ ig(~k)

)+ c.c.

]. (5.40)

Infine possiamo invertire le trasformate (5.38) per riesprimere f e g in termini di f e g.

Sostituendo le espressioni che ne risultano nella (5.40) si trova infine la formula cercata,

vedi problema 5.1,

Ļ•(t, ~x) =

āˆ«d3y [D(t, ~xāˆ’ ~y) āˆ‚0Ļ•(0, ~y) + āˆ‚0D(t, ~xāˆ’ ~y) Ļ•(0, ~y)] , (5.41)

dove il ā€œkernel antisimmetricoā€ D e dato da,

D(t, ~x) =1

(2Ļ€)3

āˆ«d3k

2 Ļ‰ i

(eikĀ·x āˆ’ eāˆ’ikĀ·x) =

1

(2Ļ€)3

āˆ«d3k

sen(Ļ‰t)

Ļ‰ei~kĀ·~x. (5.42)

La trasformata di Fourier tridimensionale che compare in questa espressione e da inten-

dersi nel senso delle distribuzioni. Eseguendola esplicitamente si trova, vedi problema

5.1,

D(t, ~x) =1

4Ļ€r(Ī“(tāˆ’ r)āˆ’ Ī“(t + r)) =

1

2Ļ€Īµ(t) Ī“(x2), (5.43)

dove Īµ(Ā·) indica la funzione ā€œsegnoā€ e r = |~x|. Dalle espressioni scritte sopra si deduce

facilmente che questo kernel gode delle seguenti proprieta,

2D = 0, (5.44)

D(0, ~x) = 0, (5.45)

āˆ‚0D(0, ~x) = Ī“3(~x). (5.46)

Usando queste proprieta e poi immediato verificare esplicitamente che la (5.41) soddisfa

lā€™equazione delle onde (5.22), con le corrette condizioni iniziali. Per quanto riguarda

130

Page 142: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ļ•(0, ~x) questo discende direttamente dalle (5.45), (5.46), mentre per quanto riguarda

āˆ‚0Ļ•(0, ~x), derivando la (5.41) rispetto al tempo e ponendo t = 0 si ottiene,

āˆ‚0Ļ•(0, ~x) =

āˆ«d3y

[āˆ‚0D(0, ~xāˆ’ ~y) āˆ‚0Ļ•(0, ~y) + āˆ‚2

0D(0, ~xāˆ’ ~y) Ļ•(0, ~y)].

Il primo integrale si riduce a āˆ‚0Ļ•(0, ~x) grazie alla (5.46), mentre il secondo si annulla

perche la (5.44) valutata in t = 0 da,

āˆ‚20D(0, ~x) = āˆ‡2D(0, ~x) = 0,

grazie alla (5.45). Torneremo sul significato fisico del kernel D, e le conseguenti proprieta

della soluzione (5.41), nella prossima sezione.

5.3 Soluzioni dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto

In questa sezione determineremo la soluzione generale dellā€™equazione di Maxwell in assenza

di sorgenti,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0, F ĀµĪ½ ā‰” āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ, AĀµ ā‰ˆ AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›. (5.47)

Un campo elettromagnetico che soddisfa questa equazione viene chiamato ā€œcampo liberoā€,

oppure ā€œcampo di radiazioneā€. Stiamo quindi cercando la forma di un generico campo

di radiazione. Siccome il sistema di equazioni in questione e lineare nei campi, la tecnica

di soluzione piu appropriata e ancora quella della trasformata di Fourier. Ricordiamo

infatti che, in base allā€™analisi svolta nella sezione 2.3, consideriamo sia F ĀµĪ½ che AĀµ come

distribuzioni temperate.

Per affrontare la soluzione del sistema (5.47) dobbiamo innanzitutto decidere il tipo di

gaugeā€“fixing che vogliamo adottare. Come esemplificato nel paragrafo 5.1.3, ci conviene

scegliere la gauge di Lorentz,

āˆ‚ĀµAĀµ = 0,

per via della sua covarianza a vista, mentre ci riserviamo di fissare la gauge residua in

un secondo momento. Secondo lā€™analisi svolta nel paragrafo 5.1.3, particolarizzata al caso

jĀµ = 0, dobbiamo allora risolvere il seguente sistema,

2AĀµ = 0, (5.48)

131

Page 143: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

āˆ‚ĀµAĀµ = 0, (5.49)

AĀµ ā‰ˆ AĀµ + āˆ‚ĀµĪ›, 2Ī› = 0. (5.50)

La trasformata di Fourier del potenziale vettore e definita in modo standard,

AĀµ(k) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’ikĀ·xAĀµ(x),

e analogamente quella Ī›(k) del campo Ī›(x). Lā€™unica differenza sostanziale tra AĀµ(k) e

la trasformata di Fourier del campo scalare Ļ•(k), e che sotto trasformazioni di Lorentz

AĀµ(k) trasforma come un campo vettoriale, vedi problema 5.2,

Aā€²Āµ(kā€²) = Ī›ĀµĪ½A

Ī½(k).

Il sistema di equazioni differenziali (5.48)ā€“(5.50) muta allora nuovamente in un sistema

algebrico,

k2AĀµ(k) = 0, (5.51)

kĀµAĀµ(k) = 0, (5.52)

AĀµ(k) ā‰ˆ AĀµ(k) + i kĀµ Ī›(k), k2 Ī›(k) = 0. (5.53)

La soluzione generale della (5.51) si ottiene come nel caso delle onde scalari, vedi (5.27)

e (5.29), con lā€™unica differenza che la funzione ā€œpesoā€ ora e un quadrivettore fĀµ(k),

AĀµ(k) = Ī“(k2)fĀµ(k) =1

2Ļ‰

(Ī“(k0 āˆ’ Ļ‰) ĪµĀµ(~k) + Ī“(k0 + Ļ‰) Īµāˆ—Āµ(āˆ’~k)

), (5.54)

dove abbiamo posto,

ĪµĀµ(~k) ā‰” fĀµ(Ļ‰,~k), Ļ‰ = |~k|.

Cosı come nel caso delle onde scalari Īµ(~k) era un quadriscalare cosı ora ĪµĀµ(~k) e un quadri-

vettore, che viene chiamato ā€œvettore di polarizzazioneā€. A questo punto la (5.52) impone

su questo vettore la condizione di ā€œtrasversalitaā€,

kĀµĪµĀµ = 0, con k0 = Ļ‰. (5.55)

Analogamente, risolvendo lā€™equazione (5.53) per Ī› si ottiene,

Ī›(k) =1

2Ļ‰i

(Ī“(k0 āˆ’ Ļ‰)Ī»(~k)āˆ’ Ī“(k0 + Ļ‰)Ī»āˆ—(āˆ’~k)

).

132

Page 144: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La (5.53) asserisce allora che i vettori di polarizzazione, oltre a essere soggetti al vincolo

(5.55), sono definiti modulo la trasformazione di gauge residua,

ĪµĀµ(~k) ā‰ˆ ĪµĀµ(~k) + kĀµĪ»(~k). (5.56)

Si noti che questa trasformazione preserva la gauge di Lorentz (5.55), in quanto grazie a

k2 = 0 si ha,

kĀµ(ĪµĀµ + kĀµĪ») = 0.

Si evince cosı che delle quattro componenti del vettore di polarizzazione solo due hanno

rilevanza fisica: una componente viene eliminata dalla condizione (5.55), e unā€™altra dalla

gauge residua (5.56). Scegliendo per esempio nella (5.56),

Ī» = āˆ’Īµ0

Ļ‰,

possiamo annullare Īµ0, e la (5.55) si riduce allora a,

~k Ā· ~Īµ = 0,

che impone lā€™annullamento della componente di ~Īµ lungo la direzione di ~k. Riconfermiamo

cosı il fatto che il campo elettromagnetico propaga due gradi di liberta fisici.

Antitrasformando la (5.54) si trova infine il potenziale vettore nello spazio delle coor-

dinate,

AĀµ(x) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(eikĀ·xĪµĀµ(~k) + c.c.

), (5.57)

e per il campo elettromagnetico si ottiene allora,

F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ =1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(i eikĀ·x [kĀµĪµĪ½ āˆ’ kĪ½ĪµĀµ] + c.c.

). (5.58)

Introducendo per la variabile di integrazione ~k coordinate polari, ~k ā†” (Ļ‰, Ļ•, Ļ‘), d3k =

Ļ‰2 dĻ‰ dĪ©, si puo anche scrivere,

F ĀµĪ½(t, ~x) =i

2(2Ļ€)2

āˆ« āˆž

0

dĻ‰ eiĻ‰tĻ‰

āˆ«dĪ©

(eāˆ’i~kĀ·~x [kĀµĪµĪ½ āˆ’ kĪ½ĪµĀµ]

)+ c.c. (5.59)

Riconosciamo in particolare che questa espressione puo essere posta nella forma,

F ĀµĪ½(t, ~x) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždĻ‰ eiĻ‰tF ĀµĪ½(Ļ‰, ~x), F āˆ—ĀµĪ½(Ļ‰, ~x) = F ĀµĪ½(āˆ’Ļ‰, ~x). (5.60)

133

Page 145: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Vediamo cosı che la trasformata di Fourier di F ĀµĪ½ nella sola variabile t, ovvero la quantita

F ĀµĪ½(Ļ‰, ~x), rappresenta il peso relativo con cui ogni frequenza Ļ‰ compare nella sovrappo-

sizione di onde piane, di cui e composto il campo elettromagnetico nel vuoto. Questo

risultato verra utilizzato quando analizzeremo il contenuto energetico della radiazione

ā€œfrequenza per frequenzaā€, cioe, quando eseguiremo la sua analisi spettrale, vedi capitolo

10.

5.3.1 Proprieta delle onde elettromagnetiche elementari

Dalla soluzione generale (5.57) dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto vediamo che il generico

potenziale vettore risulta sovrapposizione di onde elementari, con vettore dā€™onda ~k fissato,

AĀµel(x) = ĪµĀµ eikĀ·x + c.c., k0 = Ļ‰, kĀµĪµ

Āµ = 0, ĪµĀµ ā‰ˆ ĪµĀµ + kĀµĪ». (5.61)

Dalla sezione 5.2 sappiamo gia che queste onde sono piane, moncocromatiche, e che viag-

giano con la velocita della luce. Ma queste onde non sono scalari, perche il tensore di

polarizzazione ĪµĀµ e ora un vettore.

Le relazioni delle onde. Per derivare le caratteristiche addizionali derivanti dalla na-

turale tensoriale di queste onde, vedi le proprieta 1) ā€“ 4) elencate sotto, e conveniente

trovare unā€™opportuna forma per le derivate di AĀµel. Per non appesantire la notazione dā€™ora

in poi indicheremo questo potenziale vettore semplicemente con AĀµ. Derivando la (5.61)

risulta allora,

āˆ‚ĀµAĪ½ = ikĀµ ĪµĪ½ eikĀ·x + c.c. (5.62)

Seguendo la notazione della sezione 5.2, vedi (5.36),

nĀµ ā‰” kĀµ

Ļ‰, n0 = 1, ~n =

~k

Ļ‰, n2 = nĀµn

Āµ = 0,

dalle (5.61) e (5.62) seguono cosı facilmente le ā€œrelazioni delle ondeā€,

āˆ‚ĀµAĪ½ = nĀµA

Ī½ , nĀµAĀµ = 0, nĀµnĀµ = 0. (5.63)

Queste relazioni investono un ruolo importante perche, come vedremo piu avanti, non

valgono solo per le onde piane, ma anche per un generico campo elettromagnetico nella

cosiddetta ā€œzona delle ondeā€, ovvero a grandi distanze dalle sorgenti. La dimostrazione

134

Page 146: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

delle proprieta 1), 2) e 4) si basera infatti su queste relazioni, e non sulle formule esplicite

(5.61): queste proprieta varranno quindi anche per un generico campo nella zona delle

onde ā€“ circostanza che sfrutteremo pesantemente quando studieremo il fenomeno dellā€™ir-

raggiamento da parte di cariche accelerate, vedi capitolo 7.

1) Onde trasverse. Le onde elettromagnetiche sono polarizzate trasversalmente, vale a

dire,

~n Ā· ~E = 0 = ~n Ā· ~B. (5.64)

I campi elettrico e campo magnetico sono quindi sempre ortogonali alla direzione di pro-

pagazione. Per far vedere questo determiniamo il campo elettromagnetico usando le

(5.63),

F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ = nĀµAĪ½ āˆ’ nĪ½AĀµ. (5.65)

Quindi,

Ei = F i0 = niA0 āˆ’ Ai = ni(nkAk)āˆ’ Ai (5.66)

Bi = āˆ’1

2ĪµijkF jk = āˆ’Īµijk nj Ak, (5.67)

dove abbiamo usato che,

nĀµAĀµ = 0 ā‡’ A0 = nkAk. (5.68)

Le condizioni di trasversalita (5.64) seguono allora immediatamente dalle (5.66), (5.67).

2) Relazione tra ~E e ~B. Le onde elettromagnetiche sono tali che,

| ~E| = | ~B|, ~E Ā· ~B = 0. (5.69)

Per fare vedere questo e sufficiente ricordare la forma degli invarianti quadratici,

ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“FĪ±Ī²FĪ³Ī“ = āˆ’8 ~E Ā· ~B, F Ī±Ī²FĪ±Ī² = 2 (B2 āˆ’ E2).

Inserendo la (5.65) si trova che entrambi gli invarianti sono nulli ā€“ il primo per lā€™antisim-

metria del tensore di Leviā€“Civita, e il secondo per le (5.63) ā€“ e seguono le (5.69). Possiamo

riassumere le proprieta 1) e 2) nelle formule,

~B = ~nƗ ~E, ~n Ā· ~E = 0. (5.70)

135

Page 147: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

3) Due stati di polarizzazione fisici. Per ogni ~k fissato esistono due stati di polarizzazione

fisici indipendenti. Abbiamo gia accennato a questo fatto nel paragrafo precedente, quı lo

illustriamo da un altro punto di vista. Per concretezza scegliamo come asse z la direzione

di propagazione dellā€™onda, sicche,

kĀµ = (Ļ‰, 0, 0, Ļ‰).

La condizione kĀµĪµĀµ = 0 pone allora ĪµĀµ = (Īµ0, Īµ1, Īµ2, Īµ0). Questo vettore di polarizzazione

puo essere considerato come sovrapposizione dello stato ā€œlongitudinaleā€ non fisico,

ĪµĀµl = (Īµ0, 0, 0, Īµ0),

e dei due stati di polarizzazione ā€œtrasversiā€ fisici,

ĪµĀµt = (0, Īµ1, Īµ2, 0).

Questa terminologia e giustificata dal fatto che lo stato longitudinale puo essere eliminato

con una trasformazione di gauge residua,

ĪµĀµ ā†’ Īµā€²Āµ = ĪµĀµ + Ī» kĀµ = (Īµ0 + Ī»Ļ‰, Īµ1, Īµ2, Īµ0 + Ī»Ļ‰),

scegliendo Ī» = āˆ’Īµ0/Ļ‰, mentre gli stati trasversi sono gauge invarianti e quindi osservabili.

Vedremo che in pratica non sara quasi mai necessario usare lā€™invarianza di gauge residua

per eliminare lo stato longitudinale dal potenziale vettore ā€“ operazione che violerebbe

lā€™invarianza di Lorentz manifesta. Al contrario, la presenza formale dello stato longitudi-

nale puo essere usata in molti casi per controllare la correttezza dei calcoli che si stanno

svolgendo: infatti, tutti le quantita osservabili non devono risentire della presenza dello

stato longitudinale. Dal punto di vista matematico questa richiesta si traduce nel fatto

che le grandezze osservabili devono essere invarianti sotto trasformazioni di gauge residue.

A titolo di esempio consideriamo i campi elettrico e magnetico dati in (5.66), (5.67),

che certamente costitituiscono delle grandezze osservabili. Dalle (5.61) vediamo che la

trasformazione di gauge residua per lā€™onda elementare assume la forma,

AĀµ ā†’ AĀµ + nĀµĻ•, (5.71)

136

Page 148: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove Ļ• e unā€™arbitraria onda piana scalare di vettore dā€™onda ~k. E allora immediato verificare

che sotto queste trasformazioni le espressioni (5.66), (5.67) sono invarianti,

Ei ā†’ Ei + ni(nknkĻ•)āˆ’ niĻ• = Ei

Bi ā†’ Bi āˆ’ Īµijk njnkĻ• = Bi.

La presenza di due soli gradi di liberta fisici nelle onde piane elettromagnetiche puo essere

desunta anche direttamente dalle relazioni (5.70): queste implicano appunto che ~B e

completamente determinato in termini di ~E, e che ~E e vincolato dallā€™equazione ~n Ā· ~E = 0.

Fissato ~k le uniche osservabili fisiche indipendenti dellā€™onda sono quindi le due componenti

di ~E ortogonali ad ~n.

4) Contenuto in energia. Il contenuto in energia e quantita di moto di un generico campo

elettromagnetico e espresso dal tensore energiaā€“impulso (2.69),

T ĀµĪ½em = F Āµ

Ī±FĪ±Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī².

Valutiamolo per le onde elementari usando le (5.65). Sappiamo gia che lā€™invariante FĪ±Ī²FĪ±Ī²

si annulla, e resta da valutare,

T ĀµĪ½em = (nĀµAĪ± āˆ’ nĪ±AĀµ)(nĪ±AĪ½ āˆ’ nĪ½AĪ±) = āˆ’nĀµnĪ½(AĪ±AĪ±), (5.72)

da confrontare con la (5.37). Possiamo riscrivere questa formula in vari modi. Eliminando

A0 secondo la (5.68), otteniamo unā€™espressione che coinvolge solo il potenziale vettore

spaziale,

T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½(AiAj) Ī›ij, Ī›ij ā‰” Ī“ij āˆ’ ninj. (5.73)

Da questa espressione si vede in particolare che il tensore energiaā€“impulso ā€“ certamente

una grandezza osservabile ā€“ e invariante sotto le trasformazioni di gauge residue (5.71),

che equivalgono alla sostituzione,

Ai ā†’ Ai + niĻ•. (5.74)

Per vederlo e sufficiente notare che vale identicamente,

Ī›ijnj = 0.

137

Page 149: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

In effetti la matrice 3 Ɨ 3 simmetrica Ī›ij e un proiettore di rango due, che elimina da

T ĀµĪ½em la componente longitudinale di Ai ā€“ quella parallela a ni ā€“ la quale non puo essere

trasportatrice di quadrimomento, in quanto non fisica. Quanto detto diventa molto tra-

sparente se scegliamo come asse z la direzione di propagazione dellā€™onda, ni = (0, 0, 1).

In questo caso la (5.73) si riduce a,

T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½

(AiAi āˆ’

(niAi

)2)

= nĀµnĪ½[(A1)

2 + (A2)2], (5.75)

mentre la (5.74) equivale a,

A1 ā†’ A1, A2 ā†’ A2, A3 ā†’ A3 + Ļ•.

Lā€™invarianza del tensore energiaā€“impulso sotto trasformazioni di gauge residue si riduce

allora semplicemente al fatto che esso non dipende dalla componente longitudinale A3.

Confrontando la (5.75) con la (5.37) riscontriamo di nuovo il fatto che alle onde elettro-

magnetiche restano associati due gradi di liberta fisici ā€“ trasportatori di quadrimomento

ā€“ uno rappresentato da A1 e lā€™altro da A2. Secondo lā€™analisi svolta dopo la formula (5.37)

ci aspettiamo inoltre che a livello quantistico a ciascuno dei due stati trasversi sia asso-

ciata una particella priva di massa, ovvero un fotone ā€œtrasversoā€. Nel prossimo paragrafo

vedremo che quello che distingue questi due stati trasversi tra di loro e lā€™elicita.

Infine, usando la (5.66) e facile vedere che possiamo riscrivere la (5.73) anche come,

T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½ | ~E|2 =

1

2nĀµnĪ½

(| ~E|2 + | ~B|2

),

espressione che e in accordo con il fatto che per le onde piane il vettore di Poynting assume

la forma, vedi (5.70),

~S = ~E Ɨ ~B = ~E Ɨ (~nƗ ~E) = | ~E|2 ~n. (5.76)

Ritroviamo quindi le formule generali T 00em = 1

2(E2 + B2), e T 0i

em = Si. In particolare il

flusso di energia in unā€™onda piana e diretto lungo la direzione di propagazione dellā€™onda,

come cā€™era da aspettarsi.

Concludiamo questo paragrafo con il caveat che le proprieta 1)ā€“4) valgono per le onde

elettromagnetiche elementari (5.61), e non per un generico campo di radiazione (5.58),

sovrapposizione generica delle prime. Ma abbiamo anticipato che il potenziale vettore

138

Page 150: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

lontano dalle sorgenti ā€“ nella zona (asintotica) delle onde ā€“ pur non essendo unā€™onda

piana elementare soddisfera ugualmente le relazioni delle onde (5.63). Come gia osservato

le proprieta 1), 2) e 4) saranno quindi valide anche per un generico campo elettromagnetico

nella zona delle onde. Ci riferiamo in particolare alle formule (5.66), (5.70) e (5.73), che

danno il campo elettrico, il campo magnetico e il tensore energiaā€“impulso in termini del

solo potenziale vettore spaziale,

~E = āˆ’ ~A + (~n Ā· ~A )~n = ~nƗ (~nƗ ~A ), (5.77)

~B = ~nƗ ~E, ~n Ā· ~E = 0, (5.78)

T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½(AiAj) Ī›ij = nĀµnĪ½ | ~E|2, Ī›ij ā‰” Ī“ij āˆ’ ninj. (5.79)

Insistiamo su questo punto perche, come vedremo, lā€™analisi energetica di quasi tutti i fe-

nomeni di radiazione non richiede la conoscenza del potenziale vettore esatto, ma soltanto

la conoscenza della sua forma asintotica nella zona delle onde. Per questā€™ultima potremo

allora usare le formule molto semplici scritte sopra, e lā€™analisi energetica risultera cosı

notevolmente semplificata.

5.3.2 Onde piane ed elicita

In questo paragrafo analizzeremo una proprieta caratteristica delle onde piane, che viene

chiamata elicita. Questo concetto riveste un ruolo significativo per la sua connessione

con unā€™altra grandezza fisica, che gioca invece un ruolo fondamentale nella descrizione

quantistica di unā€™onda, ovvero lo spin 20. Piu precisamente, si puo far vedere che lā€™elicita

di unā€™onda piana corrisponde esattamente allo spin delle particelle che la rappresentano

a livello quantistico. Per chiarire meglio il significato di questo concetto metteremo a

confronto onde scalari, onde elettromagnetiche e onde gravitazionali.

Riportiamo dunque la forme delle onde piane rispettivamente nei tre casi,

Ļ•(x) = Īµ(~k) eikĀ·x + c.c., (5.80)

AĀµ(x) = ĪµĀµ(~k) eikĀ·x + c.c., kĀµĪµĀµ = 0, ĪµĀµ ā‰ˆ ĪµĀµ + Ī» kĀµ, (5.81)

hĀµĪ½(x) = ĪµĀµĪ½(~k) eikĀ·x + c.c., kĀµĪµĀµĪ½ =

1

2kĪ½ĪµĀµ

Āµ, ĪµĀµĪ½ ā‰ˆ ĪµĀµĪ½ + Ī»ĀµkĪ½ + Ī»Ī½kĀµ. (5.82)

20Il termine ā€œelicitaā€ viene talvolta usato anche a livello quantistico. In quel caso si intende la proiezionedello spin di una particella priva di massa lungo la sua direzione di propagazione.

139

Page 151: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Onde gravitazionali. Per le onde gravitazionali abbiamo riportato le previsioni fatte

dalla Relativita Generale. In uno spazioā€“tempo curvo la forma dellā€™intervallo si generalizza

a,

ds2 = dxĀµdxĪ½Ī·ĀµĪ½ ā†’ ds2 = dxĀµdxĪ½gĀµĪ½(x),

dove il tensore simmetrico gĀµĪ½(x) rappresenta la ā€œmetricaā€ del continuo spazioā€“temporale.

Se la si scrive come,

gĀµĪ½(x) = Ī·ĀµĪ½ + hĀµĪ½(x),

allora il campo gravitazionale e rappresentato dal tensore doppio simmetrico hĀµĪ½ . Questo

campo descrive dunque lo scostamento della metrica di uno spazioā€“tempo curvo dalla

metrica ā€œpiattaā€ Ī·ĀµĪ½ . Si puo poi vedere che nellā€™approssimazione di campi gravitazionali

deboli, ovvero per,

|hĀµĪ½ | Āæ 1,

le equazioni di Einstein ammettono come soluzioni le onde piane date nella (5.82). In

questo caso il tensore di polarizzazione ĪµĀµĪ½ e simmetrico, ed e soggetto alle condizioni di

gaugeā€“fixing e di invarianza di gauge residua, riportate in formula. In questo caso si hanno

quattro parametri di gauge, Ī»Āµ, ed e immediatamente verificare che le trasformazioni di

gauge residua preservano la condizione di gaugeā€“fixing. Grazie a k2 = 0, vale infatti,

kĀµ(ĪµĀµĪ½ + Ī»ĀµkĪ½ + Ī»Ī½kĀµ) =1

2kĪ½(ĪµĀµ

Āµ + Ī»ĀµkĀµ + Ī»ĀµkĀµ), āˆ€Ī»Āµ.

Anche le onde gravitazionali viaggiano con la velocita della luce. Per determinare il

numero di gradi di liberta associati a queste onde osserviamo innanzitutto che il tensore

ĪµĀµĪ½ , essendo simmetrico, ha dieci componenti indipendenti. Abbiamo quattro condizioni

di gaugeā€“fixing, e quattro trasformazioni di gauge residua, rappresentate dal vettore Ī»Āµ.

Le onde gravitazionali sono quindi caratterizzate da 10 āˆ’ 4 āˆ’ 4 = 2 gradi di liberta ā€“

esattamente come le onde elettromagnetiche. Dal punto di vista cinematico lā€™unica cosa

che le distingue dalle onde elettromagnetiche ā€“ in ultima analisi ā€“ e lā€™elicita.

Elicita. Il concetto di elicita e legato alle proprieta di trasformazione dei tensori di

polarizzazione Īµ(~k), ĪµĀµ(~k), ĪµĀµĪ½(~k), sotto una certa classe di rotazioni tridimensionali. Ri-

cordiamo che sotto una generica trasformazione di Lorentz Ī›ĀµĪ½ questi tensori sono soggetti

140

Page 152: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

a leggi di trasformazione ben definite,

Īµā€²(~kā€²) = Īµ(~k), Īµā€²Āµ(~kā€²) = Ī›ĀµĪ½ ĪµĪ½(~k), Īµā€²ĀµĪ½(~kā€²) = Ī›Āµ

Ī±Ī›Ī½Ī² ĪµĪ±Ī²(~k), (5.83)

dove,

kā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½k

Ī½ .

Ricordiamo che k0 = Ļ‰ = |~k|, in quanto k2 = 0. Consideriamo ora un generico vettore

dā€™onda ~k, che teniamo fisso in tutta lā€™analisi che segue. Una generica onda piana e allora

completamente caratterizzata dal suo tensore di polarizzazione, soggetto alla rispettiva

condizione di gaugeā€“fixing. Chiamiamo Vi (i = 1, 2, 3) lo spazio vettoriale lineare comples-

so dei tensori di polarizzazione in ciascuno dei tre casi, vincolati dalle rispettive condizioni

di gaugeā€“fixing. Le dimensioni di di questi spazi sono allora,

d1 = 1, d2 = 4āˆ’ 1 = 3, d3 = 10āˆ’ 4 = 6.

Definiamo ora il sottogruppo G del gruppo di Lorentz, costituito dalle rotazioni spaziali

di un generico angolo Ļ‘ attorno alla direzione di ~k. G costituisce un sottogruppo di Lie

abeliano ad un solo parametro in quanto, se indichiamo il suo generico elemento con

Ī›ĀµĪ½(Ļ‘), abbiamo,

Ī›ĀµĪ½(Ļ‘1)Ī›

Ī½Ļ(Ļ‘2) = Ī›Āµ

Ļ(Ļ‘1 + Ļ‘2).

Per trasformazioni di questo tipo ~k resta ovviamente invariante,

kā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½(Ļ‘) kĪ½ = kĀµ.

Nelle (5.83) trasformano allora solo i tensori di polarizzazione, ma non i loro argomenti. Di

conseguenza le polarizzazioni trasformate continuano a soddisfare le condizioni di gaugeā€“

fixing indicate in (5.80)ā€“(5.82), con lo stesso kĀµ. Concludiamo quindi che ciascuno spazio

vettoriale Vi e sede di una rappresentazione di G ā€“ in generale riducibile. Ma secondo

un noto teorema della teoria dei gruppi, le rappresentazioni complesse irriducibili del

gruppo G sono tutte unidimensionali, con sede i numeri complessi E āˆˆ C, e in ogni

rappresentazione irriducibile il gruppo agisce secondo,

E ā†’ E ā€² = ei hĻ‘ E , (5.84)

141

Page 153: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

per un qualche numero reale h.

Deve allora essere possibile decomporre lo spazio vettoriale Vi delle polarizzazioni in di

sottospazi unidimensionali, sedi di rappresentazioni irriducibili di G del tipo (5.84). Ogni

sottospazio rappresenta cosı un grado di liberta ā€“ fisico o non fisico ā€“ e la polarizzazione

E associata trasforma per una rotazione attorno a ~k secondo la (5.84). A ciascuno dei

gradi di liberta dellā€™onda piana, classificati in questo modo, resta quindi associato in modo

univoco un numero reale h ā€“ che viene chiamato elicita.

Il fatto importante e che si puo dimostrare che a un grado di liberta con elicita h, a

livello quantistico corrisponde una particella di spin h.

Per eseguire esplicitamente la decomposizione in rappresentazioni irriducibili in ciascu-

no dei tre casi, e conveniente scegliere come asse z la direzione di ~k, sicche kĀµ = (Ļ‰, 0, 0, Ļ‰).

La matrice Ī›ĀµĪ½(Ļ‘) e allora la matrice di rotazione di un angolo Ļ‘ attorno allā€™asse z,

Ī›ĀµĪ½(Ļ‘) =

1000

0cos Ļ‘āˆ’sen Ļ‘

0

0sen Ļ‘cos Ļ‘

0

0001

. (5.85)

Per ridurre le rappresentazioni di G date in (5.83) in rappresentazioni unidimensionali,

occorre trovare opportune combinazioni lineari E delle componenti dei tensori di pola-

rizzazione, tali che per esse le trasformazioni (5.83) assumano la forma diagonale (5.84).

Eseguiamo ora questa riduzione in ciascuno dei tre casi.

Onde scalari. Per le onde scalari abbiamo d1 = 1. Per qualsiasi trasformazione di Lo-

rentz, e quindi anche per la trasformazione Ī›ĀµĪ½(Ļ‘), abbiamo Īµā€² = Īµ. La rappresentazione

e gia unidimensionale e vale la (5.84) con E = Īµ, e h = 0. Le onde scalari corrispondono

quindi a un solo grado di liberta fisico, di elicita zero.

Onde elettromagnetiche. Per queste onde abbiamo d2 = 3. Per via del gaugeā€“fixing

kĀµĪµĀµ = 0 il vettore ĪµĀµ ha infatti tre componenti indipendenti: le due polarizzazioni fisiche

trasverse Īµ1 e Īµ2, e la componente non fisica longitudinale Īµ3 = Īµ0. Esplicitando la

trasformazione Īµā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½(Ļ‘) ĪµĪ½ , si ottiene,

Īµā€²0 = Īµ0,

Īµā€²1 = cos Ļ‘ Īµ1 + sen Ļ‘ Īµ2,

Īµā€²2 = āˆ’sen Ļ‘ Īµ1 + cos Ļ‘ Īµ2,

142

Page 154: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Īµā€²3 = Īµ3.

Riconosciamo quindi che la componente longitudinale porta elicita zero. Le combinazioni

lineari delle componenti trasverse che diagonalizzano la trasformazione, sono invece date

da,

EĀ± = Īµ1āˆ“ iĪµ2.

Infatti,

E ā€²āˆ’ = Īµā€²1 + iĪµā€²2 = cos Ļ‘ Īµ1 + sen Ļ‘ Īµ2 + i (āˆ’sen Ļ‘ Īµ1 + cos Ļ‘ Īµ2) = eāˆ’iĻ‘Eāˆ’,

e analogamente per E+. Risulta quindi,

E ā€²Ā± = eĀ±i Ļ‘EĀ±.

Concludiamo che unā€™onda elettromagnetica contiene uno stato di polarizzazione non fisico,

di elicita zero, e due stati di polarizzazione fisici, di elicita h = Ā±1. Si puo poi vedere,

vedi problema 5.5, che questi due stati corrispondono a onde elettromagnetiche polarizzate

circolarmente ā€“ rispettivamente in senso orario e antiorario.

Onde gravitazionali. Nel caso dellā€™onda gravitazionale il tensore di polarizzazione ĪµĀµĪ½ ,

per via del gaugeā€“fixing,

kĀµĪµĀµĪ½ =

1

2kĪ½ĪµĀµ

Āµ, (5.86)

ha d3 = 6 componenti indipendenti, di cui due fisici e quattro non fisici. Per brevita in

questo caso ci occupiamo solo delle due componenti fisiche. Per individuarle facciamo

notare che le componenti 0Āµ di ĪµĀµĪ½ possono essere eliminate con una trasformazione di

gauge residua,

Īµā€²0Āµ = Īµ0Āµ + Ī»0kĀµ + Ī»ĀµĻ‰ = 0.

E sufficiente scegliere,

Ī»0 = āˆ’ 1

2Ļ‰Īµ00, Ī»i =

1

Ļ‰

(1

2niĪµ00 āˆ’ Īµ0i

).

Una volta posto Īµ0Āµ = 0, le condizioni (5.86) per Ī½ = 0 implicano,

ĪµĀµĀµ = āˆ’Īµii = 0, (5.87)

143

Page 155: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e per Ī½ = i esse si riducono allora a,

kĀµĪµĀµi = āˆ’kjĪµji = 0.

Dato che abbiamo scelto ~k = (0, 0, Ļ‰), si ottiene quindi che anche Īµ3Āµ = 0. La (5.87) da

allora,

Īµ11 + Īµ22 = 0.

Concludiamo cosı che possiamo annullare tutte le componenti di ĪµĀµĪ½ , tranne,

Īµ12 = Īµ21, e Īµ11 = āˆ’Īµ22.

Īµ12 e Īµ11 rappresentano allora le due polarizzazioni fisiche indipendenti. Si noti in par-

ticolare che esse sono invarianti sotto le trasformazioni residue di (5.82), perche kĀµ non

ha componenti lungo le direzioni x e y. Per una rotazione attorno allā€™asse z queste

componenti si trasformano secondo,

Īµā€²ĀµĪ½ = Ī›ĀµĪ±(Ļ‘)Ī›Ī½

Ī²(Ļ‘) ĪµĪ±Ī²,

ed esplicitando si trova,

Īµā€²11 = Ī›11(Ļ‘)Ī›1

1(Ļ‘)Īµ11 + 2Ī›12(Ļ‘)Ī›1

1(Ļ‘)Īµ12 + Ī›12(Ļ‘)Ī›1

2(Ļ‘)Īµ22

= cos2Ļ‘ Īµ11 + 2 sen Ļ‘ cos Ļ‘ Īµ12 āˆ’ sen2Ļ‘ Īµ11

= cos 2Ļ‘ Īµ11 + sen 2Ļ‘ Īµ12.

E analogamente,

Īµā€²12 = āˆ’sen 2Ļ‘ Īµ11 + cos 2Ļ‘ Īµ12.

Come per le onde elettromagnetiche queste trasformazioni si diagonalizzano ponendo,

EĀ± = Īµ11 āˆ“ iĪµ12.

Ma ora risulta,

E ā€²Ā± = eĀ±2i Ļ‘EĀ±.

Le due polarizzazioni fisiche contenute in unā€™onda gravitazionale hanno quindi elicita

h = Ā±2. A livello classico le onde elettromagnetiche e le onde gravitazionali hanno dunque

144

Page 156: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in comune la velocita di propagazione e il numero di gradi di liberta, ma si distinguono

per lā€™elicita.

Possiamo quindi concludere che a livello quantistico un campo scalare, la cui dinamica

discenda dalla lagrangiana (5.21), corrispondera a una particella priva di massa e di

spin, che il campo elettromagnetico sara composto da particelle prive di massa di spin

Ā±1, i fotoni, mentre il campo gravitazionale, supposto che esista una teoria quantistica

consistente dellā€™interazione gravitazionale, sara composto da particelle prive di massa di

spin Ā±2, i gravitoni.

Basi diverse di soluzioni. In questa sezione abbiamo studiato una particolare base

completa di soluzioni dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto, le onde piane, e ne abbiamo

analizzato le proprieta piu salienti. Ne menzioniamo ora unā€™altra, non meno significativa

e forse la piu caratteristica: per trasformazioni di Lorentz ogni suo elemento va in un altro

elemento della stessa base. Detto in altre parole, sotto trasformazioni di Lorentz lā€™onda

piana (5.61) resta unā€™onda piana.

Tuttavia e chiaro che la base delle onde piane, pur essendo di particolare rilevanza,

non e lā€™unica base di interesse fisico. Un altro importante sistema completo di soluzioni

e costituito dalle cosiddette onde sferiche, sistema che risulta molto utile nello sviluppo

sistematico della radiazione in multipoli. Non ci occuperemo in dettaglio di questo si-

stema di soluzioni, perche avremo bisogno dello sviluppo in multipoli solo nel limite non

relativistico, dove sara sufficiente tenere conto dei termini di dipolo e di quadrupolo. Si

vedano tuttavia i paragrafi 9.6 e 9.7 del testo di J.D. Jackson 21.

5.3.3 Onde elettromagnetiche e invarianza di gauge manifesta

Abbiamo visto che lā€™introduzione del potenziale vettore risulta inevitabile se si vuole

basare lā€™Elettrodinamica su un principio variazionale, il quale costituisce a sua volta il

punto di partenza indispensabile per la quantizzazione della teoria. Dā€™altra parte il difetto

principale delle procedure che coinvolgono il campo di gauge ā€“ e non direttamente il campo

elettromagnetico ā€“ e la mancanza dellā€™invarianza di gauge manifesta, sicche lā€™assenza di

gradi di liberta non fisici in linea di principio deve essere controllata di volta in volta.

21J.D. Jackson, Classical Electrodynamics, 3a edizione, Wiley & Sons, New York, 1998.

145

Page 157: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

In realta nellā€™ambito dellā€™Elettrodinamica classica lā€™introduzione del potenziale vettore

costituisce solo un fatto di convenienza, in quanto puo rendere piu agevole lo studio di certi

fenomeni. Abbbiamo visto, per esempio, che lā€™introduzione del potenziale vettore, insieme

allā€™uso della trasformata di Fourier, ci ha permesso di risolvere agevolmente lā€™equazione di

Maxwell nel vuoto ā€“ salvo di controllare poi alla fine lā€™invarianza di gauge della procedura.

Rimarchiamo, tuttavia, che lā€™intera Elettrodinamica classica puo essere analizzata an-

che senza mai nominare il potenziale vettore AĀµ, ma usando solo il campo elettromagnetico

F ĀµĪ½ , con i pregi evidenti che in questo modo non si introducono mai elementi nonā€“fisici e

che lā€™invarianza di gauge e manifesta. Per illustrare le tecniche che si usano e le difficolta

che si incontrano in questo framework alternativo, in questo paragrafo risolviamo di nuovo

le equazioni di Maxwell nel vuoto ā€“ utilizzando solo il campo elettromagnetico.

In questa ottica alternativa dobbiamo riconsiderare oltre allā€™equazione di Maxwell

anche lā€™identita di Bianchi, e il sistema da risolvere e allora,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0, (5.88)

āˆ‚[ĀµFĪ½Ļ] =1

3(āˆ‚ĀµFĪ½Ļ + āˆ‚Ī½FĻĀµ + āˆ‚ĻFĀµĪ½) = 0. (5.89)

Come primo passo della soluzione dimostriamo che tutte le componenti del campo elettro-

magnetico devono soddisfare lā€™equazione delle onde. Per fare vedere questo e sufficiente

applicare allā€™identita di Bianchi lā€™operatore āˆ‚Āµ. Risulta,

2FĪ½Ļ + āˆ‚Ī½āˆ‚ĀµFĻĀµ + āˆ‚Ļāˆ‚

ĀµFĀµĪ½ = 0.

Grazie alla (5.88) il secondo e il terzo termine di questa equazione sono nulli, e si ottiene

effettivamente,

2F ĀµĪ½ = 0. (5.90)

Facciamo pero notare che questa equazione segue dalle (5.88), (5.89), ma non le implica.

Con lā€™esperienza accumulata finora e comunque immediato scrivere la soluzione generale

della (5.90),

F ĀµĪ½ =1

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(eikĀ·x fĀµĪ½(~k) + c.c.

), (5.91)

dove fĀµĪ½(~k) per il momento e un arbitrario tensore complesso antisimmetrico, e ricordiamo

che k2 = 0. A questo punto cerchiamo di capire per quali fĀµĪ½ lā€™espressione appena scritta

146

Page 158: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

soddisfa anche le (5.88), (5.89). Calcoliamo allora,

āˆ‚ĻFĀµĪ½ =

i

(2Ļ€)2

āˆ«d3k

2Ļ‰

(eikĀ·x kĻ fĀµĪ½(~k) + c.c.

),

dove abbiamo portato la derivata sotto il segno di integrale e derivato lā€™esponenziale.

Lā€™equazione di Maxwell e lā€™identitia di Bianchi equivalgono quindi rispettivamente alle

equazioni algebriche,

kĀµfĀµĪ½ = 0, (5.92)

k[ĀµfĪ½Ļ] = 0. (5.93)

Non e difficile convincersi che la soluzione generale della seconda e,

fĀµĪ½ = kĀµĪ²Ī½ āˆ’ kĪ½Ī²Āµ, (5.94)

per qualche vettore complesso Ī²Āµ, e che la prima allora implica che,

kĀµĪ²Āµ = 0. (5.95)

Dā€™altra parte si vede anche subito che non tutti i vettori Ī²Āµ danno luogo a soluzioni

diverse. Infatti, i vettori Ī²Āµ e Ī²Āµ + Ī» kĀµ soddisfano entrambi la (5.95), ma danno luogo

allo stesso fĀµĪ½ .

E allora immediato vedere che le soluzioni (5.91), con fĀµĪ½ dato dalle (5.94) e (5.95),

combaciano perfettamente con le soluzioni (5.58) trovate usando il potenziale vettore ā€“

previa lā€™identificazione,

Ī²Āµ = i ĪµĀµ.

Problema di Cauchy. Analizziamo ora brevemente il problema alle condizioni iniziali

per il campo elettromagnetico. In realta, data la (5.90) e visti gli sviluppi del paragrafo

5.2.1, sappiamo gia come si scrive F ĀµĪ½ in funzione dei valori del campo allā€™istante inziale,

vedi (5.41),

F ĀµĪ½(x) =

āˆ«d3y [D(t, ~xāˆ’ ~y) āˆ‚0F

ĀµĪ½(0, ~y) + āˆ‚0D(t, ~xāˆ’ ~y) F ĀµĪ½(0, ~y)] . (5.96)

Dā€™altra parte, le derivate temporali āˆ‚0FĀµĪ½(0, ~y) allā€™istante iniziale sono determinati dai

valori iniziali degli stessi campi F ĀµĪ½(0, ~y), attraverso le (5.88) e (5.89). Risultano infatti

le solite relazioni,

āˆ‚0~E = ~āˆ‡Ć— ~B, āˆ‚0

~B = āˆ’~āˆ‡Ć— ~E.

147

Page 159: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Valutandole a t = 0 e inserendole nella (5.96) si ottiene allora,

~E(x) =

āˆ«d3y

[D(t, ~xāˆ’ ~y) ~āˆ‡Ć— ~B(0, ~y) + āˆ‚0D(t, ~xāˆ’ ~y) ~E(0, ~y)

], (5.97)

~B(x) =

āˆ«d3y

[āˆ’D(t, ~xāˆ’ ~y) ~āˆ‡Ć— ~E(0, ~y) + āˆ‚0D(t, ~xāˆ’ ~y) ~B(0, ~y)

]. (5.98)

A questo punto e un semplice esercizio verificare che queste espressioni soddisfano in effetti

le (5.88) e (5.89) per ogni t, purche i dati iniziali soddisfino i vincoli di fisicita,

~āˆ‡ Ā· ~E(0, ~x) = 0 = ~āˆ‡ Ā· ~B(0, ~x).

Vediamo di nuovo che solo quattro campi iniziali possono essere scelti in modo arbitrario,

per esempio,

E1(0, ~x), E2(0, ~x), B1(0, ~x), B2(0, ~x), (5.99)

a conferma del fatto che il campo elettromagnetico corrisponde a due gradi di liberta del

secondo ordine.

Covarianza. Concludiamo questo paragrafo con una breve analisi delle proprieta strut-

turali delle formule risolutive (5.96)ā€“(5.98); in particolare vogliamo fare vedere come si

puo rendere la (5.96) manifestamente Lorentzā€“covariante. Riprendiamo la forma esplicita

del kernel antisimmetrico (5.43),

D(x) =1

4Ļ€|~x| [Ī“(tāˆ’ |~x|)āˆ’ Ī“(t + |~x|)] =1

2Ļ€Īµ(t) Ī“(x2), (5.100)

e facciamo vedere che esso e invariante sotto trasformazioni di Lorentz proprie xĀµ ā†’Ī›Āµ

Ī½xĪ½ ,

D(Ī›x) = D(x), Ī› āˆˆ SO(1, 3)c. (5.101)

Dato che il fattore Ī“(x2) e manifestamente invariante, per dimostrare la (5.101) e sufficiente

fare vedere che Īµ(t) ā€“ il segno di t ā€“ e invariante sotto trasformazioni di Lorentz proprie,

se xĀµ e di tipo tempo o nullo,

x2 = t2 āˆ’ |~x|2 ā‰„ 0, ovvero |t| > |~x|. (5.102)

Per fare vedere questo notiamo che per Ī› āˆˆ SO(1, 3)c abbiamo Ī›00 ā‰„ 1, e che la condizione

Ī›ĀµĪ±Ī›Ī½

Ī²Ī·Ī±Ī² = Ī·ĀµĪ½ , per Āµ = Ī½ = 0, implica,

(Ī›00)

2 = 1 + |~L|2, Li ā‰” Ī›0i. (5.103)

148

Page 160: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per il tempo trasformato abbiamo allora,

tā€² = Ī›00t + Ī›0

i xi = Ī›0

0t + ~L Ā· ~x = Ī›00

(t +

~L Ā· ~xĪ›0

0

).

Siccome le (5.102), (5.103) implicano,āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~L Ā· ~xĪ›0

0

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ ā‰¤|~L| Ā· |~x|āˆš1 + |~L|2

ā‰¤ |t|,

abbiamo dunque che il segno di tā€² uguaglia quello di t.

Invarianza relativistica dei coni luce. Con lā€™analisi appena svolta abbiamo in partico-

lare dimostrato che il ā€œcono luce futuroā€ e il ā€œcono luce passatoā€, ovvero, gli insiemi di

quadrivettori,

L+ = V Āµ āˆˆ R4/V 2 ā‰„ 0, V 0 > 0, Lāˆ’ = V Āµ āˆˆ R4/V 2 ā‰„ 0, V 0 < 0,

sono invarianti sotto trasformazioni di Lorentz proprie. Useremo queste proprieta nel

prossimo capitolo.

Data la (5.101) siamo ora in grado covariantizzare la (5.96), generalizzandola al caso

in cui i valori ā€œinizialiā€ dei campi sono dati su unā€™arbitrario iperpiano di tipo spazio Ī“,

vedi paragrafo 3.2.1. Questi iperpiani sono caratterizzati da un vettore normale di tipo

tempo costante NĀµ, che possiamo normalizzare scegliendo NĀµNĀµ = 1. Ricordiamo che

lā€™equazione di Ī“ e,

NĀµ(xĀµ āˆ’ xĀµ0) = 0.

Se si assegnano i valori di F ĀµĪ½ e della sua derivata normale NĻ āˆ‚ĻF ĀµĪ½ su Ī“, allora la

versione covariante della (5.96) si scrive,

F ĀµĪ½(x) =

āˆ«

Ī“

dĪ£Ļ [D(xāˆ’ y) āˆ‚ĻF ĀµĪ½(y) + āˆ‚ĻD(xāˆ’ y) F ĀµĪ½(y)] , (5.104)

dove la misura dĪ£Ļ = NĻ d3Ī» e stata definita nel paragrafo 3.2.1. Per verificare che la

(5.104) soddisfa le condizioni al bordo corrette, nonche lā€™equazione 2F ĀµĪ½ = 0, occorro

usare le seguenti versioni covarianti delle proprieta (5.44)ā€“(5.46) del kernel,

2D = 0, (5.105)

D(x) = 0, per x2 < 0 (5.106)

āˆ‚ĀµD(x)|NĪ½xĪ½=0 = NĀµ

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžĪ“4(xāˆ’NĪ») dĪ». (5.107)

149

Page 161: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Causalita. Lā€™altra proprieta importante del kernel consiste nel fatto che esso e suppor-

tato sul (bordo del) cono luce, vale a dire e diverso da zero solo per t = Ā±|~x|. Questa

circostanza assicura che un generico campo elettromagnetico ā€“ e non solo le onde piane

ā€“ si propaga con la velocita della luce. Se supponiamo, per esempio, che i campi iniziali

(5.99) siano diversi da zero solo allā€™interno di una sfera di raggio L, allora nelle (5.97),

(5.98) lā€™integrale su ~y si restringe alla regione |~y| < L. Di conseguenza, in un generico

punto ~x allā€™esterno della sfera, a un istante t > 0 il campo sara diverso da zero solo se per

qualche |~y| < L si ha,

|~xāˆ’ ~y| = t.

In ~x il primo segnale giungera quindi allā€™istante t = |~x| āˆ’ L, mentre in tutti gli istanti

t < |~x| āˆ’ L il campo elettromagnetico in ~x sara nullo.

Essendo invariante per trasformazioni di Lorentz, il kernel e in particolare invariante

per rotazioni spaziali ~xā†’ R ~x, con R āˆˆ SO(3),

D(t,R~x) = D(t, ~x).

Da questo segue che il campo elettromagnetico si propaga localmente in modo isotropo

in tutte le direzioni, a conferma del principio di Huygens.

Inversione temporale. Lā€™ultima caratteristica del kernel che facciamo notare e che esso

cambia di segno per inversione temporale tā†’ āˆ’t,

D(āˆ’t, ~x) = āˆ’D(t, ~x).

Vogliamo fare vedere che questa proprieta e intimamente legata con lā€™invarianza per

inversione temporale dellā€™equazione delle onde,

2Ļ• =(āˆ‚2

0 āˆ’āˆ‡2)Ļ• = 0,

la quale resta appunto invariata se si sostituisce āˆ‚0 con āˆ’āˆ‚0. Cio comporta che se Ļ•(t, ~x)

e soluzione, allora e soluzione anche la funzione,

Ļ•(t, ~x) ā‰” Ļ•(āˆ’t, ~x).

In particolare la soluzione Ļ• e univocamente determinata dalle condizioni iniziali,

Ļ•(0, ~x) = Ļ•(0, ~x), āˆ‚0Ļ•(0, ~x) = āˆ’āˆ‚0Ļ•(0, ~x).

150

Page 162: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Scrivendo la (5.41) per Ļ• si ottiene allora,

Ļ•(x) =

āˆ«d3y [āˆ’D(t, ~xāˆ’ ~y) āˆ‚0Ļ•(0, ~y) + āˆ‚0D(t, ~xāˆ’ ~y) Ļ•(0, ~y)] .

Dā€™altra parte Ļ• puo essere anche ottenuta effettuando nella (5.41) la sostituzione tā†’ āˆ’t,

Ļ•(x) =

āˆ«d3y [D(āˆ’t, ~xāˆ’ ~y) āˆ‚0Ļ•(0, ~y)āˆ’ āˆ‚0D(āˆ’t, ~xāˆ’ ~y) Ļ•(0, ~y)] .

Si vede che affinche le due formule coincidano e necessario e sufficiente che D sia fun-

zione antisimmetrica di t. Vediamo quindi che lā€™antisimmetria del kernel (5.100) e ā€“ in

ultima analisi ā€“ una conseguenza dellā€™invarianza per inversione temporale delle equazio-

ni di Maxwell. Si puo vedere che la trasformazione t ā†’ āˆ’t costituisce, in realta, una

simmetria discreta esatta non solo dellā€™interazione elettromagnetica, ma anche di quelle

gravitazionale e forte, mentre e violata dalle interazioni deboli.

Infine facciamo notare che lā€™invarianza per inversione temporale e intrinseca anche alla

meccanica non relativistica, in quanto lā€™equazione di Newton,

md2~x

dt2= ~F = āˆ’~āˆ‡V (~x),

e invariante per t ā†’ āˆ’t, purche il potenziale non dipenda esplicitamente dal tempo. E

anche in questo caso ne consegue che se ~x(t) e soluzione, allora lo e anche ~x(āˆ’t).

5.4 Effetto Doppler relativistico

Nella sezione precedente abbiamo visto che nel passaggio da un sistema di riferimento a

un altro, unā€™onda piana elementare resta unā€™onda piana elementare, ma polarizzazione,

direzione di propagazione e frequenza cambiano. In questo paragrafo ci occuperemo in

particolare del cambiamento della frequenza. A questo scopo consideriamo una sorgente

che emette segnali luminosi monocromatici di frequenza ā€œpropriaā€ ā€“ vale a dire quando

e a riposo ā€“ Ļ‰0 = 2Ļ€Ī»0

, in tutte le direzioni. Vogliamo allora determinare la frequenza del

segnale, quando la sorgente si trova in moto rettilineo uniforme con velocita ~v.

Consideriamo allora il sistema di riferimento Kāˆ— in cui la sorgente e a riposo. In

Kāˆ— la quadrivelocita della sorgente e il vettore dā€™onda quadridimensionale sono dati

rispettivamente da,

uāˆ—Āµ = (1,~0), kāˆ—Āµ = (Ļ‰0, ~k0).

151

Page 163: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Nel sistema di riferimento K del laboratorio le analoghe quantita sono date da,

uĀµ =

(1āˆš

1āˆ’ v2,

~vāˆš1āˆ’ v2

), kĀµ = (Ļ‰,~k).

Se indichiamo lā€™angolo tra la direzione di propagazione dellā€™onda e la velocita della sorgente

ā€“ entrambe misurate in K ā€“ con Ī±, possiamo sfruttare lā€™invarianza di Lorentz dello scalare

u Ā· k per ottenere,

Ļ‰0 = uāˆ—Āµkāˆ—Āµ = uĀµk

Āµ =1āˆš

1āˆ’ v2(Ļ‰ āˆ’ Ļ‰ v cos Ī±).

Per frequenza e lunghezza dā€™onda nel sistema del laboratorio si ottiene allora,

Ļ‰ =

āˆš1āˆ’ v2

1āˆ’ v cos Ī±Ļ‰0, Ī» =

1āˆ’ v cos Ī±āˆš1āˆ’ v2

Ī»0. (5.108)

Queste formule descrivono lā€™effetto Doppler relativistico.

Nei casi particolari in cui la sorgente che si avvicina (allontana) frontalmente abbiamo

Ī± = 0 (Ī± = Ļ€), e ripristinando la velocita della luce otteniamo,

Ī» =1āˆ“ v/cāˆš1āˆ’ v2/c2

Ī»0. (5.109)

Questa formula puo essere confrontata con la formula dellā€™effetto Doppler non relativistico,

Ī»n.r. = (1āˆ“ v/vp) Ī»0,

dove vp rappresenta la velocita di propagazione del segnale. Si vede che se la sorgente si

muove con velocita v piccola rispetto alla velocita della luce, il risultato relativistico si

riduce formalmente a quello non relativistico, se si pone vp = c.

Redshift cosmologico. Concludiamo la sezione con unā€™applicazione importante dellā€™ef-

fetto Doppler relativistico, il cosiddetto redshift. Per sorgenti che si allontanano dallā€™osser-

vatore frontalmente, la (5.109) permette di ricavare la variazione relativa della lunghezza

dā€™onda,

z ā‰” Ī»āˆ’ Ī»0

Ī»0

=

āˆš1 + v/c

1āˆ’ v/cāˆ’ 1 > 0. (5.110)

Le lunghezze dā€™onda aumentano dunque allā€™aumentare della velocita. Questo fenomeno

e noto come ā€œredshiftā€, in quanto le frequenze si abbassano e le righe spettrali si sposta-

no verso il rosso, ed e di importanza fondamentale in cosmologia: attraverso unā€™analisi

152

Page 164: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sistematica del ā€œredshift cosmologicoā€ nella radiazione emessa dalle galassie, Hubble nel

1929 e stato in grado di scoprire lā€™espansione dellā€™universo. Le galassie osservate da lui

avevano velocita piccole rispetto alla velocita della luce, dellā€™ordine di v ā‰ˆ 3.000km/s,

per cui lā€™aumento relativo delle lunghezze dā€™onda era piccolo. Sviluppando la (5.110) si

ottiene infatti,

z ā‰ˆ v

c= 10āˆ’2.

Ma oggi sono note anche galassie con valori di z molto elevati. Per esempio, per la galassia

8C1435+635 nel 1994 si e misurato il redshift z = 4.25, corrispondente a una velocita di

allontanamento pari a v = 0.93 c.

Per concludere notiamo che misure molto precise del redshift cosmologico nelle su-

pernovae di tipo Ia, effettuate di recente, hanno permesso di trarre conclusioni nuove e

rivoluzionarie sullo stato del nostro universo: da queste misure sappiamo, infatti, che

lā€™universo non solo e in espansione, ma che sta accelerando. Dā€™altra parte secondo la Re-

lativita Generale un universo che accelera esige necessariamente una costante cosmologica

diversa zero e positiva, circostanza che ha arricchito la cosmologia odierna di una serie di

problematiche nuove, tuttora irrisolte.

5.5 Problemi

5.1 In riferimento alla soluzione dellā€™equazione delle onde del paragrafo 5.2.1,

a) si dimostri che la (5.40) si puo riscrivere come in (5.41);

b) si dimostri che il kernel antisimmetrico D dato in (5.42) puo essere scritto come in

(5.43). [Sugg.: si passi dalla variabile dā€™integrazione ~k in coordinate polari, e si sfrutti

lā€™invarianza per rotazioni per porre ~x = (0, 0, |~x|). Infine si ricordi che la Ī“ di Dirac

ammette la rappresentazione simbolica in trasformata di Fourier,

Ī“(xāˆ’ a) =1

2Ļ€

āˆ«eik(xāˆ’a) dk.]

5.2 Supponendo che AĀµ(x) sia un campo vettoriale e che per una trasformazione di

Lorentz si abbia kā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½k

Ī½ , si dimostri che anche la trasformata di Fourier,

AĀµ(k) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’ikĀ·xAĀµ(x),

153

Page 165: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e un campo vettoriale nella variabile k.

5.3 Utilizzando il gaugeā€“fixing,

A0 = 0,

si dimostri che lā€™equazione di Maxwell, āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , propaga due gradi di liberta fisici. Si

adotti la seguente strategia:

a) si impongano condizioni iniziali per A1 e A2 e le loro derivate temporali, a t = 0;

b) si determini la forma delle trasformazioni di gauge residue;

c) imponendo lā€™equazione G0 ā‰” āˆ‚ĀµFĀµ0 āˆ’ j0 = 0 a t = 0, e utilizzando le trasformazioni di

gauge residue, si fissino le condizioni iniziali per A3 e āˆ‚0A3 a t = 0.

5.4 Partendo dalla (5.58) si deducano le espressioni generali per i campi elettrico e

magnetico nel vuoto,

~E(t, ~x) =1

2(2Ļ€)2

āˆ«d3k

(i eikĀ·x [(~n Ā· ~Īµ)~nāˆ’ ~Īµ] + c.c.

),

~B(t, ~x) =1

2(2Ļ€)2

āˆ«d3k

(i eikĀ·x [~ĪµĆ— ~n] + c.c.

).

a) Si verifichi che questi campi soddisfano le equazioni di Maxwell nel vuoto (2.28)ā€“(2.31),

nonche le equazioni delle onde,

2 ~E = 0 = 2 ~B.

b) Noti i campi iniziali ~E(0, ~x) e ~B(0, ~x), si determini il campo vettoriale tridimensionale,

~V (~k) ā‰” ~Īµāˆ’ (~n Ā· ~Īµ)~n,

e quindi ~E e ~B ad ogni t. [Sugg.: si veda il paragrafo 5.2.1.]

c) Il campo ~Īµ(~k) e univocamente determinato?

5.5 Si consideri unā€™onda piana elementare propagantesi lungo lā€™asse z, con vettore dā€™onda

kĀµ = (Ļ‰, 0, 0, Ļ‰), e polarizzazione ĪµĀµ = (Īµ0, Īµ1, Īµ2, Īµ0) generica,

AĀµ(x) = ĪµĀµ eikĀ·x + c.c.

a) Si determinino esplicitamente i campi ~E(t, ~x) e ~B(t, ~x) e si verifichi che essi sono

gaugeā€“invarianti, ovvero indipendenti da Īµ0, e che soddisfano le condizioni di trasversalita

154

Page 166: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

E3 = 0 = B3.

b) Nel piano trasverso (x, y) si definisca il campo elettrico complesso E ā‰” E1 + iE2. Si

dimostri che risulta,

E = āˆ’i Ļ‰(Eāˆ’ eikĀ·x āˆ’ Eāˆ—+ eāˆ’ikĀ·x) , (5.111)

dove EĀ± sono gli ā€œautostatiā€ di elicita: EĀ± = Īµ1 āˆ“ iĪµ2.

c) Si verifichi che per Eāˆ’ = 0 (E+ = 0) la punta del campo elettrico descrive unā€™elica

percorsa in senso orario, di ā€œelicitaā€ positiva, (antiorario, di ā€œelicitaā€ negativa), corri-

spondente a polarizzazione circolare lungo la direzione del moto (in direzione opposta al

moto). La soluzione generale (5.111) corrisponde quindi a una generica sovrapposizione

dei due stati di polarizzazione circolare.

d) Se ĪµĀµ e reale si ha Eāˆ—āˆ’ = E+. Si verifichi che in questo caso lā€™onda risulta polarizzata

linearmente, ovvero, che ~E ha direzione costante.

5.6 Si dimostri che il tensore energia impulso associato allā€™onda elettromagnetica ele-

mentare (5.61), mediato su scale temporali grandi rispetto al periodo e dato da,

怈T ĀµĪ½em怉 = āˆ’2 kĀµkĪ½ Īµāˆ—Ī±ĪµĪ±.

Si dimostri che vale 怈T 00em怉 ā‰„ 0.

5.7 Si consideri lā€™onda scalare ā€œsfericaā€,

Ļ•(t, ~x) =1

rG(tāˆ’ r), r ā‰” |~x|,

dove G e una funzione arbitraria.

a) Si dimostri che Ļ• soddisfa lā€™equazione delle onde 2Ļ• = 0, in ogni regione spaziale che

non contiene il punto ~x = 0. [Sugg.: puo essere utile scrivere il Laplaciano in coordinate

polari,

āˆ‡2 =1

r

(āˆ‚

āˆ‚r

)2

r +1

r2L2,

dove L2 e un operatore differenziale che coinvolge solo gli angoli.]

b) Si spieghi perche Ļ• non e soluzione dellā€™equazione delle onde in tutto lo spazio, e se ne

dia unā€™interpretazione fisica.

155

Page 167: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

5.8 Si consideri lā€™equazione delle onde in una dimensione spaziale,

(āˆ‚2

t āˆ’ āˆ‚2x

)Ļ•(x, t) = 0.

Utilizzando la tecnica della trasformata di Fourier si dimostri che la soluzione generale di

questa equazione si puo scrivere come,

Ļ•(t, x) = f(xāˆ’ t) + g(x + t),

con f e g funzioni arbitrarie.

156

Page 168: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

6 Generazione di campi elettromagnetici

Nel capitolo precedente abbiamo determinato la forma di un generico campo di radiazione,

ovverosia di un campo elettromagnetico che soddisfa lā€™equazione di Maxwell in assenza

di sorgenti. Abbiamo trovato che questo campo consiste di una sovrapposizione lineare

di onde piane, monocromatiche e trasverse, che si propagano con la velocita della luce,

le onde elettromagnetiche. In questo capitolo affronteremo un altro problema centrale

dellā€™Elettrodinamica classica: la determinazione del campo elettromagnetico generato da

unā€™arbitraria distribuzione di cariche in movimento. Risolveremo, infatti, lā€™equazione di

Maxwell in presenza di una generica quadricorrente jĀµ conservata. Scopo ultimo di questo

capitolo e la derivazione di formule esplicite per i campi elettrico e magnetico, creati da

una singola particella carica in moto arbitrario. Questi campi rivestono a loro volta un

ruolo cruciale in Elettrodinamica classica, e portano i nomi dei loro scopritori, Lienard

(1898), e Wiechert (1900).

In presenza di correnti il campo elettromagnetico deve soddisfare le equazioni,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ,

ovverosia, in gauge di Lorentz,

2AĀµ = jĀµ, (6.1)

āˆ‚ĀµAĀµ = 0. (6.2)

Queste equazioni sono lineari in AĀµ, ma non omogenee. La soluzione generale si potra

quindi scrivere come somma di una soluzione particolare AĀµret, e della soluzione generale

AĀµin del sistema omogeneo associato,

AĀµ = AĀµret + AĀµ

in. (6.3)

Il potenziale AĀµin e dunque la soluzione generale del sistema,

2AĀµin = 0, āˆ‚ĀµA

Āµin = 0,

che corrisponde a un campo di Maxwell libero. Dal capitolo precedente sappiamo allora

che AĀµin e una generica sovrapposizione di onde elettromagnetiche piane ā€“ un generico

campo di radiazione ā€“ che gioca il ruolo di un campo esterno ā€œentrante dallā€™infinitoā€.

157

Page 169: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Il ā€œpotenziale ritardatoā€ AĀµret rappresenta invece il campo generato causalmente dalla

corrente jĀµ, secondo le equazioni (6.1) e (6.2), della cui soluzione ci occuperemo nelle

prossime sezioni. Siccome nel resto di questo capitolo ignoreremo il campo di radiazione,

indicheremo AĀµret semplicemente con AĀµ.

I pedici in e ret significano rispettivamente incoming e retarded. Questa nomenclatura

deriva dal fatto che convenzionalmente la radiazione AĀµin, che si sovrappone al potenziale

ritardato (fisico) AĀµret, viene considerata entrante dallā€™infinito. Per completezza menzio-

niamo che la soluzione (6.3) puo essere scritta formalmente anche in termini del cosiddetto

potenziale avanzato (non fisico) AĀµadv, vedi sezione 6.2,

AĀµ = AĀµadv + AĀµ

out.

La radiazione sovrapposta ad AĀµadv viene considerata uscente verso lā€™infinito, outgoing, e

indicata con AĀµout. I potenziali AĀµ

adv e AĀµout hanno una certa rilevanza nella teoria dello

scattering, ma noi non ce ne serviremo. Questa nomenclatura diventera comunque piu

trasparente, quando avremo risolto lā€™equazione di Maxwell.

Una tecnica efficace per risolvere equazioni differenziali alle derivate parziali del tipo

(6.1), e costituita dal cosiddetto ā€œmetodo della funzione di Greenā€. Prima di applicare

questo metodo alla soluzione della (6.1), nella prossima sezione lo illustriamo nel caso

di unā€™equazione piu semplice, ma fisicamente rilevante, ovvero, quello dellā€™equazione di

Poisson.

6.1 Il metodo della funzione di Green: equazione di Poisson

Consideriamo lā€™equazione di Poisson in tre dimensioni spaziali,

āˆ’āˆ‡2F (~x) = Ļ•(~x), (6.4)

nellā€™incognita F . Per definitezza assumiamo che sia,

F āˆˆ S ā€²(R3), Ļ• āˆˆ S(R3),

ma vedremo che le soluzioni che troveremo saranno valide sotto ipotesi meno restrittive.

Se interpretiamo F come il potenziale elettrico A0, e Ļ• come la densita di carica j0, allora

158

Page 170: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

la (6.4) si identifica con lā€™equazione fondamentale dellā€™Elettrostatica. Ispirati da questa

interpretazione aggiungiamo allora la richiesta ulteriore che Ļ• sia a supporto compatto,

Ļ•(~x) = 0, per |~x| > R.

Corrispondentemente imponiamo la condizione ā€œfisicaā€ che F si annulli allā€™infinito,

lim|~x|ā†’āˆž

F (~x) = 0. (6.5)

Vedremo, infatti, che con questa condizione asintotica lā€™equazione di Poisson ammettera

soluzione unica. Per completezza ricordiamo che in generale non ha senso imporre una

condizione asintotica, come la (6.5), a una distribuzione. Tuttavia, vedremo che per

unā€™ampia classe di ā€œfunzioniā€ Ļ•, non necessariamente appartenenti ad S, le soluzioni

della (6.4) sono rappresentate da funzioni, di classe Cāˆž al di fuori di un compatto di R3.

Per tali Ļ• la (6.5) e quindi ben posta. Esempi ne sono le Ļ• corrispondenti alla densita di

carica associata a un numero finito di cariche puntiformi statiche,

Ļ•(~x) =Nāˆ‘

r=1

er Ī“3(~xāˆ’ ~yr), (6.6)

che appartengono ad S ā€², ma non ad S.

Discuteremo comunque la soluzione generale dellā€™equazione di Poisson ā€“ indipenden-

temente dalla validita della (6.5) ā€“ alla fine di questa sezione.

6.1.1 Una soluzione particolare

Siccome lā€™equazione di Poisson e unā€™equazione lineare non omogenea, la sua soluzio-

ne generale e data da una soluzione particolare, sovrappposta alla soluzione generale

dellā€™equazione omogenea associata, ovvero, dellā€™equazione di Laplace,

āˆ‡2F = 0.

Ovviamente la soluzione particolare non e unica, ma possiamo circoscriverla attraverso

qualche richiesta aggiuntiva. Osserviamo che la (6.4) e ā€œcongiuntamente lineareā€ in F e

Ļ•, nel senso che una soluzione particolare relativa alla densita di carica Ļ•1+Ļ•2, puo essere

ottenuta sommando le soluzioni individuali F1 e F2. Lasciando per il momento da parte le

159

Page 171: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

proprieta di regolarita delle grandezze coinvolte, possiamo allora avanzare lā€™ipotesi che il

valore di F in ~x dipende linearmente dai valori che Ļ• assume in tutti i punti dello spazio,

ovvero, che per ogni ~x fissato il numero F (~x) definisca ā€œun funzionale lineare e continuoā€

f~x, sullo spazio delle Ļ•,

F (~x) = f~x (Ļ•).

In notazione simbolica avremo allora,

F (~x) =

āˆ«d3y f~x (~y) Ļ•(~y) ā‰”

āˆ«d3y g(~x, ~y) Ļ•(~y), (6.7)

per qualche funzione incognita di due variabili g(~x, ~y). Possiamo vincolare la forma di

questa funzione se adottiamo lā€™interpretazione elettrostatica della (6.4), e invochiamo il

gruppo di simmetria dello spazio tridimensionale vuoto, ovvero, le rototraslazioni,

~xā†’ ~x ā€² = R ~x + ~a, R āˆˆ SO(3), ~a āˆˆ R3.

In un altro sistema di riferimento la (6.7) diventa infatti 22,

F ā€²(~x ā€²) =

āˆ«d3yā€² g(~x ā€², ~y ā€²) Ļ•ā€²(~y ā€²).

Sotto queste trasformazioni il potenziale elettrico e la densita di carica siano invarianti,

F ā€²(~x ā€²) = F (~x), Ļ•ā€²(~x ā€²) = Ļ•(~x),

e dato che d3yā€² = d3y, ne segue che deve essere,

g(~x ā€², ~y ā€²) = g(~x, ~y),

per una qualsiasi rototraslazione. Scegliendo R = 1 e ~a = āˆ’~y si ottiene allora,

g(~x, ~y) = g(~xāˆ’ ~y, 0) ā‰” g(~xāˆ’ ~y),

mentre lā€™invarianza per rotazioni impone poi che g(~x) dipenda solo da |~x|. La (6.7) si

riduce allora a,

F (~x) =

āˆ«d3y g(~xāˆ’ ~y) Ļ•(~y), g(~x) = g(|~x|). (6.8)

22Si noti che la funzione g deve essere indipendente dal sistema di riferimento, perche in caso contrarioun osservatore in un altro sistema di riferimento potrebbe accorgersi di essere stato rototraslato. In altreparole, deve valere g(~x ā€², ~y ā€²) = g(~x, ~y), e non gā€²(~x ā€², ~y ā€²) = g(~x, ~y).

160

Page 172: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ricordando la definizione della convoluzione, vedi paragrafo 2.3.2, si riconosce che questa

formula puo essere riscritta in modo compatto come,

F = g āˆ— Ļ•. (6.9)

Posta in questa forma la soluzione F apparterra effettivamente a S ā€², purche anche g

appartenga a S ā€². Ricordiamo, infatti, che la convoluzione tra una distribuzione e una

funzione di test definisce sempre una distribuzione.

La funzione di Green. Data la (6.8), lā€™equazione di Poisson si trasforma ora in unā€™e-

quazione per g,

āˆ’āˆ‡2F (~x) = āˆ’āˆ«

d3yāˆ‡2g(~xāˆ’ ~y) Ļ•(~y) = Ļ•(~x).

Per lā€™arbitrarieta della Ļ• dovra dunque valere,

āˆ’āˆ‡2g(~xāˆ’ ~y) = Ī“3(~xāˆ’ ~y),

ovvero, piu semplicemente,

āˆ’āˆ‡2g(~x) = Ī“3(~x). (6.10)

Questa equazione identifica g come la funzione di Green associata allā€™equazione (6.4),

chiamata talvolta anche ā€œpropagatoreā€, o ā€œkernel integraleā€ dellā€™equazione. Il metodo

della funzione di Green consiste nel risolvere esplicitamente lā€™equazione per il kernel (6.10),

e di scrivere la soluzione dellā€™equazione di partenza nella forma integrale (6.8). Lā€™efficacia

del metodo risiede nel fatto che esso riconduce la soluzione della (6.4), che a priori dovrebbe

essere risolta per ogni Ļ• separatamente, alla soluzione di una sola equazione: lā€™equazione

del kernel (6.10).

Lā€™inverso del Laplaciano. La particolare forma della soluzione (6.9), (6.10) permette

di dare unā€™interpretazione alternativa a g. Infatti, come qualsiasi kernel integrale anche

g induce un operatore lineare O nello spazio delle funzioni su R3, definito da,

Ļ• ā†’ O Ļ• = g āˆ— Ļ•.

Alla luce dellā€™identita,

āˆ’āˆ‡2O Ļ• = āˆ’āˆ‡2(g āˆ— Ļ•) = āˆ’(āˆ‡2g) āˆ— Ļ• = Ī“3 āˆ— Ļ• = Ļ•,

161

Page 173: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

lā€™operatore O costituisce un inverso dellā€™operatore āˆ’āˆ‡2. Per questo motivo si dice anche

che il kernel g ā€œinverte il Laplacianoā€, e formalmente si scrive,

1

āˆ’āˆ‡2= g.

Ci siamo dunque ricondotti alla soluzione del sistema,

āˆ’āˆ‡2g(~x) = Ī“3(~x), g(~x) = g(|~x|), g āˆˆ S ā€². (6.11)

In realta conosciamo gia una soluzione di questo sistema, vedi (2.53),

g(~x) =1

4Ļ€|~x| . (6.12)

Ma essa e anche unica, modulo lā€™aggiunta di una costante additiva. Infatti, come faremo

vedere sotto, lā€™equazione omogenea associata alla (6.11),

āˆ‡2g = 0,

ammette come unica soluzione invariante per rotazioni la costante. Ma e facile vedere che

lā€™addizione di una costante alla (6.12), porta a una F che non svanisce allā€™infinito.

Sostituendo la (6.12) nella (6.8) possiamo allora affermare che una soluzione particolare

dellā€™equazione di Poisson e data da,

F (~x) =1

4Ļ€

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| Ļ•(~y), (6.13)

espressione che riproduce correttamente il potenziale elettrico creato da una densita di

carica statica. Resta da verificare la validita della condizione asintotica (6.5). Per fare

questo valutiamo il limite,

lim|~x|ā†’āˆž

|~x|F (~x) =1

4Ļ€lim|~x|ā†’āˆž

āˆ«d3y

|~x||~xāˆ’ ~y| Ļ•(~y) =

1

4Ļ€

āˆ«d3y Ļ•(~y) =

Q

4Ļ€,

dove Q e la ā€œcaricaā€ totale, finita, perche Ļ• e a supporto compatto. Asintoticamente F

va quindi a zero come,

F (~x) āˆ¼ Q

4Ļ€|~x| . (6.14)

Infine facciamo notare che la formula risolutiva (6.13), assieme allā€™andamento asintoti-

co (6.14), possono restare validi anche se Ļ• non appartiene ad S, ma e, per esempio, della

forma piu singolare (6.6). In questo caso la (6.13) si riduce infatti allā€™espressione nota,

F (~x) =āˆ‘

r

er

4Ļ€|~xāˆ’ ~yr| āˆ¼āˆ‘

r er

4Ļ€|~x| , per |~x| ā†’ āˆž.

162

Page 174: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

6.1.2 Validita della soluzione e soluzione generale

Affrontiamo ora la questione della validita della soluzione (6.13), ovvero della (6.9),

F = g āˆ— Ļ•, (6.15)

in generale. Ricordiamo che avevamo richiesto F āˆˆ S ā€² e Ļ• āˆˆ S. Come osservato sopra,

la funzione di Green (6.12) appartiene ad S ā€², e di conseguenza la convoluzione in (6.15)

definisce effettivamente un elemento di S ā€², se Ļ• appartiene ad S. Per di piu in questo

caso la convoluzione equivale proprio allā€™integrale (6.13). Tuttavia, come abbiamo fatto

notare nel paragrafo precedente, in diversi casi di interesse fisico Ļ• non appartiene a

S. In Elettrostatica esempi sono la (6.6), oppure certe densita di carica macroscopiche

ā€œsingolariā€, come quelle corrispondenti a distribuzioni di carica superficiali, o filiformi. In

questi casi abbiamo,

Ļ• āˆˆ S ā€², Ļ• /āˆˆ S,

e la (6.15) e a priori priva di senso, perche in generale la convoluzione tra due distribuzioni

non e definita.

Una convoluzione tra due distribuzioni. Per uscire dallā€™empasse manteniamo per il mo-

mento Ļ• āˆˆ S, ed eseguiamo la trasformata di Fourier della (6.15), vedi paragrafo 2.3.2,

F (~k) = (2Ļ€)3/2 g(~k) Ļ•(~k). (6.16)

Sappiamo che la trasformata g sta in S ā€², ma possiamo anche valutarla esplicitamente.

Per determinarla in modo spedito procediamo formalmente, cioe, scrivendo lā€™integrale

corrispondente ā€“ di per se divergente ā€“ e sfruttando lā€™invarianza per rotazioni per porre

~k = (0, 0, k), con k = |~k|. Valutiamo lā€™integrale passando in coordinate polari,

g(~k) =1

(2Ļ€)3/2

āˆ«d3x eāˆ’i~kĀ·~x 1

4Ļ€|~x| =1

(2Ļ€)3/2 4Ļ€

āˆ« āˆž

0

r2dr

āˆ« 2Ļ€

0

dĻ•

āˆ« 1

āˆ’1

d cos Ļ‘ eāˆ’i cos Ļ‘rk 1

r

=i

2 (2Ļ€)3/2 k

āˆ« āˆž

0

dr(eāˆ’ikr āˆ’ eikr

)=

i

2 (2Ļ€)3/2 k

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždx eāˆ’ikx Īµ(x)

=i

2 (2Ļ€) kĪµ (k), .

Nellā€™ultimo passaggio abbiamo introdotto la trasformata di Fourier della funzione segno,

Īµ(x) = H(x)āˆ’H(āˆ’x),

Īµ (k) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždx eāˆ’ikx Īµ(x) = āˆ’i

āˆš2

Ļ€P

(1

k

),

163

Page 175: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove P indica la ā€œparte principaleā€. Dato che k e positivo si ottiene in definitiva,

g(~k) =1

(2Ļ€)3/2|~k|2āˆˆ S ā€², (6.17)

e quindi,

F (~k) =1

|~k|2Ļ•(~k). (6.18)

Si noti in particolare lā€™esatta corrispondenza tra le relazioni (6.17), (6.18), e le trasformate

di Fourier delle equazioni (6.10), (6.4).

A questo punto notiamo, pero, che il membro di destra della (6.18) ā€“ e piu in generale

della (6.16) ā€“ ha senso anche se g āˆˆ S ā€² e Ļ• āˆˆ OM23, perche il prodotto di una generica

distribuzione con una funzione in OM definisce sempre una distribuzione, vedi paragrafo

2.3.2. Dā€™altra parte, per il teorema di Paleyā€“Wiener 24 la trasformata di Fourier di una

generica distribuzione Ļ• āˆˆ S ā€² a supporto compatto, appartiene a OM . Di conseguenza, per

una tale Ļ• il membro di destra della (6.18) costituisce una distribuzione in S ā€². In questo

caso possiamo allora definire F come lā€™antitrasformata di Fourier del membro di destra

della (6.18).

In conclusione, lā€™espressione formale (6.15), definita come lā€™antitrasformata di Fourier

del membro di destra della (6.16), costituisce una soluzione della (6.4) con F āˆˆ S ā€², purche

Ļ• sia una distribuzione a supporto compatto. Tali sono in particolare tutte le distribuzioni

statiche di carica realizzate in natura.

Unicita della soluzione ed equazione di Laplace. Per concludere discutiamo brevemen-

te la soluzione generale della (6.4), indipendentemente dalla condizione asintotica (6.5).

Per ottenere la soluzione generale dellā€™equazione di Poisson e sufficiente aggiungere alla

soluzione particolare (6.13), la soluzione generale F0 dellā€™equazione omogenea associata,

ovvero dellā€™equazione di Laplace,

āˆ‡2F0(~x) = 0. (6.19)

Questa equazione ammette in effetti infinite soluzioni, ma nessuna di queste svanisce

allā€™infinito. Per provarlo troviamo la soluzione generale per F0 āˆˆ S ā€²(R3). A questo scopo

23Ricordiamo che con OM (RD) si intende lo spazio delle funzioni Cāˆž su RD, polinomialmente limitateassieme a tutte le loro derivate parziali.

24Vedi per esempio, M. Reed e B. Simon, Methods of Modern Mathematical Physics ā€“ I FunctionalAnalysis, Academic Press, New York, 1980.

164

Page 176: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e conveniente eseguire la trasformata di Fourier della (6.19),

|~k|2 F0(~k) = 0, (6.20)

e sfruttare il teorema sulle distribuzioni con supporto in un punto, vedi paragrafo 2.3.2.

Lā€™equazione appena scritta implica, infatti, che F0(~k) ha come supporto lā€™origine ~k = 0.

Essa e dunque necessariamente una combinazione lineare finita della Ī“3(~k) e delle sue

derivate. Avremo cioe,

F0(~k) =Nāˆ‘

n=1

Ci1Ā·Ā·Ā·ināˆ‚i1 Ā· Ā· Ā· āˆ‚inĪ“3(~k), (6.21)

dove i Ci1Ā·Ā·Ā·in sono tensori costanti completamente simmetrici. Inserendo questa espres-

sione nella (6.20) si trova che, affinche F0(~k) sia soluzione, e necessario e sufficiente che i

coefficienti siano a traccia nulla, vedi il problema analogo per lā€™equazione di Dā€™Alembert

in sezione 5.2,

Ī“i1i2 C i1Ā·Ā·Ā·in = 0. (6.22)

Esistono quindi effettivamente infinite soluzioni. Tuttavia, eseguendo lā€™antitrasformata di

Fourier della (6.21), si ottiene semplicemente il polinomio,

F0(~x) =1

(2Ļ€)3/2

Nāˆ‘n=1

(āˆ’i)nCi1Ā·Ā·Ā·inxi1 Ā· Ā· Ā·xin , (6.23)

che allā€™infinito diverge. Concludiamo che lā€™equazione di Laplace non ammette soluzioni

che svaniscono allā€™infinito, esclusa la soluzione banale F0 = 0.

Infine, per dimostrare lā€™unicita della soluzione del sistema (6.11), facciamo vedere che

lā€™equazione di Laplace non ammette soluzioni invarianti per rotazioni, a parte la costante.

A questo scopo e conviente introdurre una base di soluzioni alternativa alle (6.23), che

si ottiene risolvendo la (6.19) in coordinate polari. Scrivendo il Laplaciano come nel

problema 5.7, e infatti immediato vedere che la base di soluzioni che ne risulta e data da,

F lm0 (~x) = rl Ylm(Ļ•, Ļ‘), (6.24)

dove le Ylm sono le armoniche sferiche, e r = |~x|. Contando le potenze di ~x nella (6.23),

si vede che lā€™indice l della base (6.24) si identifica direttamente con lā€™intero n della base

(6.23). Usando la base F lm0 si vede poi che lā€™unica soluzione dellā€™equazione di Laplace

invariante per rotazioni, ovvero, indipendente dagli angoli, e F 000 , che e una costante.

165

Page 177: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Metodo della funzione di Green in generale. Il metodo della funzione di Green si gene-

ralizza facilmente a unā€™equazione differenziale lineare in uno spazio Dā€“dimensionale, che

coinvolge un arbitrario operatore polinomiale nelle derivate parziali P (āˆ‚),

P (āˆ‚) F = Ļ•.

Secondo lā€™esempio appena svolto la funzione di Green g associata a questa equazione deve

soddisfare lā€™equazione del kernel,

P (āˆ‚) g(x) = Ī“D(x),

e la soluzione si scrive come,

F = g āˆ— Ļ•.

Infatti, ricordando le proprieta della convoluzione riportate nel paragrafo 2.3.2 si trova,

P (āˆ‚) F = P (āˆ‚) (g āˆ— Ļ•) = P (āˆ‚) g āˆ— Ļ• = Ī“D āˆ— Ļ• = Ļ•.

6.2 Il campo generato da una corrente generica

Cerchiamo ora di applicare il metodo della funzione di Green per risolvere lā€™equazione di

Maxwell in presenza di una generica corrente conservata, in gauge di Lorentz,

2AĀµ = jĀµ, (6.25)

āˆ‚ĀµAĀµ = 0. (6.26)

Come anticipato cercheremo non la soluzione generale, ma il campo generato causalmente

dalla corrente jĀµ. Per il momento per definitezza assumeremo che sia,

AĀµ āˆˆ S ā€² ā‰” S ā€²(R4), jĀµ āˆˆ S ā‰” S(R4). (6.27)

Ricordiamo tuttavia che ā€“ come nel caso dellā€™equazione di Poisson ā€“ la corrente di un siste-

ma di particelle puntiformi in realta non sta in S, ma in S ā€². Anche nel caso dellā€™equazione

di Maxwell, alla fine dovremo allora affrontare il problema di come estendere la soluzione

al caso ā€œfisicoā€ ā€“ in cui jĀµ āˆˆ S ā€². La differenza principale tra la (6.25) e lā€™equazione di

Poisson e essenzialmente che la seconda vive in tre dimensioni spaziali, mentre la prima

166

Page 178: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e formulata nello spazio quadrimensionale di Minkowski: il suo gruppo di invarianza sara

quindi il gruppo di Poincare, in sostituzione del gruppo delle rototraslazioni.

Ci occuperemo prima della soluzione della (6.25), e imporremo poi la gauge di Lorentz

alle soluzioni trovate. Per la linearita congiunta in AĀµ e jĀµ dellā€™equazione di Maxwell,

cerchiamo ora una soluzione della forma,

AĀµ(x) =

āˆ«d4y G(x, y) jĀµ(y), (6.28)

dove la funzione di Green G(x, y) e una funzione incognita delle coordinate spazioā€“

temporali xĀµ e yĀµ. Come prima cosa vediamo allora quali sono i vincoli imposti a questa

funzione dalla richiesta di covarianza sotto trasformazioni di Poincare. Cambiando sistema

di riferimento,

xĀµ ā†’ xā€²Āµ = Ī›ĀµĪ½x

Ī½ + aĀµ,

abbiamo,

Aā€²Āµ(xā€²) =

āˆ«d4yā€² G(xā€², yā€²)jā€²Āµ(yā€²),

e dato che si ha,

Aā€²Āµ(xā€²) = Ī›ĀµĪ½A

Ī½(x), jā€²Āµ(yā€²) = Ī›ĀµĪ½j

Ī½(y), d4yā€² = d4y,

segue facilmente,

AĪ½(x) =

āˆ«d4y G(xā€², yā€²)jĪ½(y).

Confrontando con la (6.28) concludiamo allora che G deve essere invariante per trasfor-

mazioni di Poincare, cioe 25,

G(Ī›x + a, Ī›y + a) = G(x, y), āˆ€ Ī›ĀµĪ½ āˆˆ SO(1, 3)c, āˆ€ aĀµ āˆˆ R4.

Scegliendo Ī›ĀµĪ½ = Ī“Āµ

Ī½ , e aĀµ = āˆ’yĀµ si ottiene,

G(x, y) = G(xāˆ’ y, 0) ā‰” G(xāˆ’ y).

25Come nel caso dellā€™equazione di Poisson la quantita G(x, y) va considerata non come un camposcalare in x e y, ma come una funzione invariante di x e y, con una dipendenza funzionale ben definita.Questa funzione deve essere la stessa in ogni sistema di riferimento, altrimenti due correnti con la stessadipendenza funzionale in due diversi sistemi di riferimento, darebbero luogo a potenziali con dipendenzefunzionali diverse, in contrasto con il principio di relativita einsteiniana. In altre parole, deve valereG(xā€², yā€²) = G(x, y), e non Gā€²(xā€², yā€²) = G(x, y).

167

Page 179: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Scegliendo poi aĀµ = 0 e Ī›ĀµĪ½ generico, si trova che G(x) deve essere invariante per

trasformazioni di Lorentz proprie 26,

G(Ī›x) = G(x), āˆ€Ī›ĀµĪ½ āˆˆ SO(1, 3)c. (6.29)

In particolare vediamo allora che la (6.28) puo essere scritta nella forma prevista dal

metodo della funzione di Green,

AĀµ(x) =

āˆ«d4y G(xāˆ’ y) jĀµ(y), (6.30)

ovvero, in notazione compatta,

AĀµ = G āˆ— jĀµ. (6.31)

Sostituendo infine la (6.30) nella (6.25) si trova,

2AĀµ(x) =

āˆ«d4y 2G(xāˆ’ y) jĀµ(y) = jĀµ(x),

che comporta per la funzione di Green lā€™equazione,

2G(x) = Ī“4(x). (6.32)

La soluzione dellā€™equazione di Maxwell e quindi ricondotta alla soluzione di questa equa-

zione, compatibilmente con il vincolo (6.29).

Tuttavia, si puo vedere che le condizioni (6.29) e (6.32) non determinano ancora la

funzione di Green univocamente. Aggiungiamo a questo punto una richiesta fisica, concer-

nente la propagazione causale del campo elettromagnetico: richiediamo che il potenziale

AĀµ(x) nel punto x non possa dipendere dai valori della corrente jĀµ(y) in punti y che sono

temporalmente successivi a x, ovverosia, punti per cui x0 < y0. Questo vuol dire che deve

essere G(xāˆ’ y) = 0 per x0 < y0, ovvero,

G(x) = 0, āˆ€ t < 0.

Vedremo che con questa richiesta aggiuntiva le (6.29) e (6.32) ammettono unā€™unica solu-

zione. La funzione di Green risultante viene chiamata ā€œfunzione di Green ritardataā€, e

viene indicata con Gret.

26Tra un attimo spiegheremo il motivo per cui G non puo essere invariante sotto lā€™intero gruppo diLorentz.

168

Page 180: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per spiegare la nomenclatura osserviamo che in certe analisi teoriche si introduce anche

la ā€œfunzione di Green avanzataā€, definita da,

Gadv(x) = 0, āˆ€ t > 0, (6.33)

alla quale si puo associare la soluzione formale,

AĀµadv = Gadv āˆ— jĀµ.

Tuttavia, non rispettando la causalita questa soluzione non giochera nessun ruolo nella

nostra trattazione.

6.2.1 La funzione di Green ritardata

La funzione di Green ritardata e definita dalle condizioni,

2G(x) = Ī“4(x), (6.34)

G(Ī›x) = G(x), āˆ€Ī› āˆˆ SO(1, 3)c, (6.35)

G(x) = 0, āˆ€ t < 0. (6.36)

Prima di procedere alla soluzione di questo sistema di equazioni, dimostriamo che la

soluzione, se esiste e, unica.

Unicita della funzione di Green. Per dimostrare lā€™unicita della funzione di Green e

sufficiente dimostrare che non esistono soluzioni dellā€™equazione delle onde ā€“ lā€™equazione

omogenea associata ā€“

2F = 0, (6.37)

soddisfacenti (6.35) e (6.36). Determineremo prima tutte le soluzioni della (6.37) soddi-

sfacenti la (6.35), ovvero F (Ī›x) = F (x), e alla fine imporremo la (6.36). Per eseguire

questa analisi e conveniente passare in trasformata di Fourier, F (x)ā†’ F (k). La Lorentzā€“

invarianza di F (x) si traduce allora semplicemente nella Lorentzā€“invarianza di F (k), come

funzione di kĀµ. Infatti, eseguendo il cambiamento di variabili x = Ī›y, d4x = d4y, si ha,

F (Ī›k) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’i Ī›kĀ·xF (x) =

1

(2Ļ€)2

āˆ«d4y eāˆ’i Ī›kĀ·Ī›yF (Ī›y)

=1

(2Ļ€)2

āˆ«d4y eāˆ’i kĀ·yF (y) = F (k).

169

Page 181: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Dobbiamo dunque risolvere il sistema,

k2F (k) = 0, F (Ī›k) = F (k), āˆ€Ī› āˆˆ SO(1, 3)c.

In realta lā€™equazione delle onde e stata risolta in tutta generalita in sezione 5.2, e possiamo

quindi ricorrere ai risultati di quella sezione. Avevamo trovato che le soluzioni cadono in

due classi, rispettivamente,

FI = Ī“(k2)f(k) (6.38)

FII =Nāˆ‘

n=1

CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn āˆ‚Āµ1 Ā· Ā· Ā· āˆ‚ĀµnĪ“4(k), CĪ½Ī½Āµ3Ā·Ā·Ā·Āµn = 0, (6.39)

dove i tensori CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn sono completamente simmetrici. Si tratta allora di selezionare da

ciascuna di queste classi le soluzioni Lorentzā€“invarianti. Per quanto riguarda le soluzioni

di tipo I osserviamo che, per lā€™invarianza per rotazioni spaziali, f puo dipendere solo da

k0 = Ā±|~k|. Ma le uniche funzioni di k0 Lorentzā€“invarianti sul cono luce, sono la costante

e la funzione segno Īµ(k0). Tenendo conto della condizione di realta F āˆ—(k) = F (āˆ’k), si

ottengono cosı le due soluzioni linearmente indipendenti,

F1 = Ī“(k2), F2 = i Īµ(k0) Ī“(k2).

Per quanto riguarda invece le soluzioni di tipo II osserviamo che lā€™invarianza di Lorentz

impone che i tensori completamente simmetrici CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn devono essere tensori Lorentzā€“

invarianti. I tensori di rango dispari devono allora essere nulli, mentre quelli di rango

pari devono essere proporzionali al prodotto completamente simmetrizzato di metriche di

Minkowski. Deve essere, cioe,

CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn = an Ī·(Āµ1Āµ2 Ā· Ā· Ā· Ī·Āµnāˆ’1Āµn),

dove gli an sono costanti. Ma questi tensori devono essere anche a traccia nulla, vedi

(6.39),

CĪ½Ī½Āµ3Ā·Ā·Ā·Āµn =

(n + 2) an

nāˆ’ 1Ī·(Āµ3Āµ4 Ā· Ā· Ā· Ī·Āµnāˆ’1Āµn) = 0.

Ne segue che deve essere an = 0 per n 6= 0. Per n = 0 otteniamo invece una terza soluzione

indipendente,

F3 = Ī“4(k).

170

Page 182: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Si noti che queste tre soluzioni si possono ottenere formalmente dalla (5.29), scegliendo

rispettivamente Īµ(~k) = 1, i, Ļ‰ Ī“3(~k). Le antitrasformate delle Fi possono essere valutate

analiticamente, e noi le riportiamo senza dimostrazione:

F1 = āˆ’ 1

Ļ€P

(1

x2

),

F2 = āˆ’Īµ(t) Ī“(x2),

F3 =1

(2Ļ€)2,

dove ā€œPā€ indica la parte principale rispetto alla variabile x0. Si vede che tutte e tre le

soluzioni sono invarianti per SO(1, 3)c, come da costruzione, ma nessuna di esse soddisfa

la condizione di causalita (6.36). La funzione di Green ritardata, se esiste, e quidi unica.

Determinazione della funzione di Green ritardata. Determiniamo ora la soluzione del

sistema (6.34)ā€“(6.36). Notiamo innanzitutto che lā€™invarianza per rotazioni spaziali,

G(t,R ~x) = G(t, ~x), āˆ€ R āˆˆ SO(3),

implica che G puo dipendere da ~x solo attraverso la variabile r = |~x|,

G = G(t, r).

Poniamoci ora nella regione ~x 6= 0, t arbitrario. In questa regione si deve avere 2G = 0.

Per ~x 6= 0 e lecito usare coordinate polari, e scrivere il Laplaciano come nel problema 5.7.

Sfruttando il fatto che G non dipende dagli angoli si ottiene allora,

2G =

(āˆ‚2

t āˆ’1

rāˆ‚2

r r

)G =

1

r

(āˆ‚2

t āˆ’ āˆ‚2r

)(rG) = 0, (6.40)

che corrisponde allā€™equazione delle onde in una dimensione. Ricordando la forma della

sua soluzione generale, vedi problema 5.8, abbiamo dunque,

G(t, r) =1

r(f(tāˆ’ r) + g(t + r)) ,

dove f e g sono funzioni arbitrarie di una variabile. Ma siccome G deve annullarsi āˆ€ t < 0

dobbiamo scegliere g = 0, e restiamo con,

G =1

rf(tāˆ’ r).

171

Page 183: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per determinare f imponiamo ora che G soddisfi lā€™equazione del kernel (6.34) ā€œin tutto

lo spazioā€, ovvero, nel senso delle distribuzioni,

āˆ‚2t Gāˆ’āˆ‡2G = Ī“3(~x) Ī“(t). (6.41)

Indicando la derivata della f rispetto al suo argomento con un ā€œprimoā€, abbiamo intanto,

āˆ‚2t G =

1

rf ā€²ā€²(tāˆ’ r).

Per valutare invece il Laplaciano occorre procedere con un poā€™ di cautela, per via della

singolarita in r = 0 del fattore 1/r. Possiamo comunque applicare la regola di Leibnitz per

le derivate, se supponiamo che f(tāˆ’ r) sia regolare in r = 0, proprieta che verificheremo

a posteriori,

āˆ‡2G =

(āˆ‡2 1

r

)f(tāˆ’ r) +

1

rāˆ‡2f(tāˆ’ r) + 2

(~āˆ‡ 1

r

)Ā·(

~āˆ‡ f(tāˆ’ r))

.

Per funzioni invarianti per rotazioni e regolari in r = 0, possiamo usare la forma del

Laplaciano utilizzata in (6.40). Abbiamo quindi,

āˆ‡2f(tāˆ’ r) =1

rāˆ‚2

r (rf(tāˆ’ r)) = f ā€²ā€²(tāˆ’ r)āˆ’ 2

rf ā€²(tāˆ’ r).

Ricordiamo poi che nel senso delle distribuzioni si ha,

~āˆ‡ 1

r= āˆ’ ~x

r3, āˆ‡2 1

r= āˆ’4Ļ€ Ī“3(~x),

e che

~āˆ‡f(tāˆ’ r) = āˆ’~x

rf ā€²(tāˆ’ r).

Si vede allora che le derivate prime di f si cancellano e rimane,

āˆ‡2G = āˆ’4Ļ€ Ī“3(~x) f(t) +1

rf ā€²ā€²(tāˆ’ r).

La (6.41) si riduce allora a,

(āˆ‚2

t āˆ’āˆ‡2)G = 4Ļ€Ī“3(~x)f(t) = Ī“3(x) Ī“(t),

e quindi deve essere,

f(t) =1

4Ļ€Ī“(t).

172

Page 184: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Concludiamo che la funzione di Green ritardata e data da,

Gret =1

4Ļ€rĪ“(tāˆ’ r). (6.42)

Questa espressione soddisfa la (6.36), ma non sembra soddisfare (6.35). In realta, ricor-

dando lā€™identita,

Ī“(x2) = Ī“(t2 āˆ’ r2) =1

2r[Ī“(tāˆ’ r) + Ī“(t + r)] ,

possiamo riscrivere la (6.42) nella forma manifestamente Lorentzā€“invariante,

Gret =1

2Ļ€H(x0) Ī“(x2). (6.43)

Analogamente per la funzione di Green avanzata (6.33) si otterrebbe,

Gadv =1

4Ļ€rĪ“(t + r) (6.44)

=1

2Ļ€H(āˆ’x0) Ī“(x2). (6.45)

In definitiva abbiamo dunque ottenuto due funzioni di Green soddisfacenti (6.34) e (6.35),

entrambi appartenenti ad S ā€², vedi problema 6.1. In particolare vale quindi,

2Gret = Ī“4(x),

2Gadv = Ī“4(x).

A priori avremmo quindi potuto scegliere come funzione di Green qualsiasi combinazione

del tipo,

G = Ī± Gret + (1āˆ’ Ī±) Gadv, 2G = Ī“4(x),

con Ī± numero reale arbitrario, ma la condizione di causalita (6.36) seleziona il valore

Ī± = 1 ! Dā€™ora in poi al posto di Gret scriveremo semplicemente G.

Osserviamo inoltre che cā€™e un semplice legame tra i kernel avanzati e ritardati, e il

kernel antisimmetrico D introdotto nel paragrafo 5.2.1, vedi (5.43). Vale infatti,

D = Gret āˆ’Gadv, (6.46)

da cui discende immediatamente lā€™equazione caratteristica del kernel antisimmetrico,

2D = 0,

che lo identifica come ā€œpropagatoreā€ delle onde elettromagnetiche libere.

173

Page 185: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

6.2.2 Il potenziale vettore ritardato

Inserendo la (6.43) nella (6.30) otteniamo cosı il ā€œpotenziale ritardatoā€ AĀµ ā‰” AĀµret,

AĀµ(x) =1

2Ļ€

āˆ«d4y H(x0 āˆ’ y0) Ī“((xāˆ’ y)2)jĀµ(y), (6.47)

in forma covariante a vista. Usando invece la (6.42) possiamo integrare sulla coordinata

y0 e riscriverlo come,

AĀµ(t, ~x) =1

4Ļ€

āˆ«d4y

1

|~xāˆ’ ~y| Ī“(tāˆ’ y0 āˆ’ |~xāˆ’ ~y|) jĀµ(y0, ~y)

=1

4Ļ€

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| jĀµ(tāˆ’ |~xāˆ’ ~y|, ~y). (6.48)

In seguito faremo uso sia della (6.47) che della (6.48); la prima scrittura ha il pregio di

essere manifestamente Lorentzā€“invariante, la seconda quello di contenere unā€™integrazione

in meno.

Resta allora da imporre la condizione di gaugeā€“fixing (6.26), che abbiamo lasciato in

sospeso. La soluzione appena scritta, con i criteri imposti, ha il carattere di unicita. Per

consistenza la condizione di Lorentz dovrebbe allora essere soddisfatta automaticamente.

In realta questo e quello che succede. Per farlo vedere e sufficiente ricorrere alla (6.31) e

usare le proprieta della convoluzone del paragrafo 2.3.2,

āˆ‚ĀµAĀµ = āˆ‚Āµ(G āˆ— jĀµ) = G āˆ— āˆ‚Āµj

Āµ = 0,

dove abbiamo sfruttato la conservazione della quadricorrente. Si noti che il potenziale

AĀµ = G āˆ— jĀµ soddisfa la gauge di Lorentz indipendentemente dalla forma di G.

Funzioni di Green e causalita. Analizziamo ora brevemente la struttura causale della

soluzione (6.47). Abbiamo derivato questa formula imponendo la ā€œcondizione minimaleā€

che la funzione di Green si annulli per tempi negativi, assicurando cosı che eventi futuri

non possano influenzare eventi passati. Dā€™altra parte una semplice richiesta di questo

tipo e in palese conflitto con la Relativita Ristretta, perche in generale lā€™ordinamento

temporale tra due eventi non viene preservato da una trasformazione di Lorentz. Per

preservare lā€™ordinamento temporale bisogna imporre una condizione ulteriore, cioe, che

due eventi possano influenzarsi solo se sono a distanza di tipo tempo o nullo. Infatti,

174

Page 186: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

secondo la causalita relativistica un evento y puo influenzare un evento x, solo se valgono

le due condizioni,

(xāˆ’ y)2 ā‰„ 0, x0 ā‰„ y0,

che definiscono il cone luce futuro di y ā€“ insieme che sappiamo essere invariante sotto

trasformazioni di Lorentz proprie, vedi paragrafo 5.3.3. Lā€™evento y puo quindi influenzare

lā€™evento x, solo se x appartiene al cono luce futuro di y. Corrispondentemente una generica

funzione di Green causale e relativistica deve godere delle proprieta minimali,

G(x) = 0, āˆ€ t < 0.

G(x) = 0, āˆ€ x2 < 0.

La funzione di Green (6.43) dellā€™equazione di Maxwell non solo possiede queste proprieta,

ma e anche supportata interamente sul bordo del cono luce. Come conseguenza nella

(6.47) il potenziale vettore in un punto x e causalmente connesso solo con punti y della

corrente che stanno a distanze di tipo luce da x, e che appartengono al passato di x.

Concludiamo che nel campo elettromagnetico lā€™informazione si propaga dalle particelle

cariche al punto di osservazione con la velocita della luce, e non viceversa. Vedremo

che sara proprio questa asimmetria per inversione temporale, imposta dalla causalita, a

dar luogo ā€“ in ultima analisi ā€“ al fenomeno dellā€™irraggiamento, ovvero, dellā€™emissione di

radiazione da parte di particelle cariche accelerate. Nel paragrafo 6.4.3 vedremo, infatti,

che per via di questa asimmetria le particelle accelerate emettono energia ā€“ e non la

assorbono.

Il ritardo. Concludiamo questo paragrafo con un ulteriore commento sulla struttura

relativistica della (6.48), confrontandola con la soluzione (6.13) dellā€™equazione di Poisson.

Riportiamo la (6.13) nellā€™interpretazione dellā€™Elettrostatica, ā€œaccendendoā€ il tempo,

A0(t, ~x) =1

4Ļ€

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| j0(t, ~y). (6.49)

Per confrontare questa espressione con la (6.48) riscriviamo anche questā€™ultima, reinse-

rendo le potenze della velocita della luce. Risulta,

AĀµ(t, ~x) =1

4Ļ€

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| jĀµ

(tāˆ’ |~xāˆ’ ~y|

c, ~y

).

175

Page 187: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Vediamo che lā€™unica differenza tra le due formule e la comparsa del ā€œritardoā€ āˆ’ |~xāˆ’~y|c

, nel-

lā€™argomento temporale della corrente. Questo termine corrisponde esattamente al tempo

che la luce impiega per passare dal punto ~y in cui e situata la carica, al punto di osser-

vazione ~x, dove si valuta il campo. Il campo allā€™istante t nel punto ~x dipende quindi dal

valore della corrente nel punto ~y, allā€™istante ā€œritardatoā€ tā€² = t āˆ’ |~xāˆ’~y|c

. Nel potenziale

elettrostatico (6.49) si suppone, invece, unā€™interazione non locale a distanza, e il ritardo

viene trascurato.

6.2.3 Validita della soluzione e trasformata di Fourier

In questo paragrafo discuteremo brevemente i limiti di validita della soluzione formale

(6.47), o alternativamente della (6.31), date le singolarita presenti necessariamente in una

corrente jĀµ di particelle puntiformi.

Dato che G āˆˆ S ā€², la soluzione (6.31),

AĀµ = G āˆ— jĀµ, (6.50)

e in effetti ben definita in S ā€², purche jĀµ stia in S, come supposto in (6.27). Ma in realta

sappiamo che le correnti fisiche non stanno in S, ma in S ā€², e per di piu questa volta esse

non sono nemmeno a supporto a compatto ā€“ come succedeva invece nel caso dellā€™equazione

di Poisson ā€“ semplicemente perche la corrente jĀµ in generale e diversa da zero per qualsiasi

āˆ’āˆž < t < +āˆž ! Non possiamo quindi piu applicare il teorema di Paleyā€“Wiener, come

in sezione 6.1. Ciononostante, come in quel caso possiamo cercare di dare un senso alla

(6.50), passando in trasformata di Fourier. Senza dimostrazione riportiamo le formule per

le trasformate di Fourier in S ā€² dei kernel ritardati e avanzati,

Gret(k) = āˆ’ 1

(2Ļ€)2

(P

(1

k2

)+ i Ļ€ Īµ(k0) Ī“(k2)

)(6.51)

Gadv(k) = āˆ’ 1

(2Ļ€)2

(P

(1

k2

)āˆ’ i Ļ€ Īµ(k0) Ī“(k2)

). (6.52)

Si noti, comunque, la compatibilita di queste formule con la trasformata di Fourier

dellā€™equazione del kernel (6.32), e con le (5.42), (6.46).

A questo punto possiamo eseguire esplicitamente la trasformata di Fourier della (6.50),

AĀµ(k) = (2Ļ€)2 Gret(k) j Āµ(k) = āˆ’(

P

(1

k2

)+ i Ļ€ Īµ(k0) Ī“(k2)

)j Āµ(k). (6.53)

176

Page 188: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Come anticipato sopra, la trasformata della corrente, j Āµ(k), in generale non appartiene

ad OM , e quindi non e garantito che il prodotto a secondo membro sia ben definito. Illu-

striamo la situazione, considerando la corrente di una particella carica in moto rettilineo

uniforme, yĀµ(Ī») = uĀµ Ī»,

jĀµ(x) = e uĀµ

āˆ«dĪ» Ī“4(xāˆ’ uĪ»).

La sua trasformata di Fourier e facile da valutare,

j Āµ(k) =e uĀµ

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’ikĀ·x

āˆ«dĪ» Ī“4(xāˆ’ uĪ») =

e uĀµ

(2Ļ€)2

āˆ«dĪ» eāˆ’ikĀ·u Ī» =

e uĀµ

2Ļ€Ī“(u Ā· k),

e come si vede, essa non appartiene a OM , bensı a S ā€². Ciononostante, in certi casi il

prodotto formale (6.53), ovvero lā€™espressione,

AĀµ(k) = āˆ’e uĀµ

2Ļ€

(P

(1

k2

)+ i Ļ€ Īµ(k0) Ī“(k2)

)Ī“(u Ā· k), (6.54)

possono essere comunque ben definiti in S ā€². Per vedere quando questo succede conside-

riamo separatamente i casi di particelle massive, e particelle prive di massa.

a) Traiettorie di tipo tempo. Per una particella massiva la traiettoria e di tempo, e

possiamo porci nel suo sistema di riferimento a riposo. In questo sistema abbiamo uĀµ =

(1, 0, 0, 0) e Ī“(u Ā· k) = Ī“(k0). Il secondo termine del prodotto (6.54) e allora nullo, in

quanto,

Īµ(k0) Ī“(k2) Ī“(u Ā· k) =1

2|~k|(Ī“(k0 āˆ’ |~k|)āˆ’ Ī“(k0 + |~k|)

)Ī“(k0) = 0. (6.55)

La (6.54) si riduce allora a,

AĀµ(k) = āˆ’P

(1

k2

)e uĀµ

2Ļ€Ī“(k0) =

e uĀµ

2Ļ€|~k|2Ī“(k0),

che appartiene effettivamente a S ā€². In realta in questo caso e anche immediato determinare

lā€™antitrasformata di Fourier di AĀµ(k) esplicitamente ā€“ si veda la (6.17) ā€“ per ottenere il

noto potenziale coulombiano,

AĀµ(x) =e uĀµ

4Ļ€|~x| . (6.56)

Similmente si puo vedere che il prodotto (6.53) definisce una distribuzione temperata, se la

corrente jĀµ(x) corrisponde a unā€™arbitraria linea dā€™universo di tipo tempo. E in questi casi

vedremo esplicitamente che anche le rappresentazioni integrali (6.47) e (6.48) sono sempre

177

Page 189: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

ben definite ā€“ motivo per cui dā€™ora in poi ci serviremo sempre di queste rappresentazioni

esplicite.

b) Traiettorie di tipo luce. Per una particella carica priva di massa la quadrivelocita

soddisfa u2 = 0, e possiamo metterci nel sistema di riferimento in cui uĀµ = (1, 0, 0, 1),

sicche Ī“(u Ā· k) = Ī“(k0 āˆ’ k3). In questo caso avremmo, al posto di (6.55),

Īµ(k0) Ī“(k2) Ī“(u Ā· k) = Īµ(k0) Ī“((k1)2 + (k2)2) Ī“(k0 āˆ’ k3).

A questa espressione formale si puo associare un elemento di S ā€², ponendo,

Ī“((k1)2 + (k2)2) = Ļ€ Ī“(k1) Ī“(k2).

Questa identificazione emerge se si applica il primo membro a una funzione di test di

S(R2). Usando coordinate polari bidimensionali (Ļ‘, Ļ =āˆš

(k1)2 + (k2)2), si ottiene infatti,āˆ«

d2k Ī“((k1)2 + (k2)2) Ļ•(k1, k2) =

āˆ« 2Ļ€

0

dĻ‘

āˆ« āˆž

0

Ļ dĻ Ī“(Ļ2) Ļ•(Ļ, Ļ‘)

=1

2

āˆ« 2Ļ€

0

dĻ‘

āˆ« āˆž

0

dĻ2 Ī“(Ļ2) Ļ•(Ļ, Ļ‘) = Ļ€ Ļ•(0).

La (6.54) diventerebbe allora,

AĀµ(k) =e uĀµ

2Ļ€

(1

(k1)2 + (k2)2āˆ’ i Ļ€2 Īµ(k3) Ī“(k1) Ī“(k2)

)Ī“(k0 āˆ’ k3), (6.57)

che non appartiene a S ā€². Infatti, mentre il secondo addendo sta in S ā€², la funzione,

1

(k1)2 + (k2)2,

non e localmente integrabile in R4, e non ammette nessuna regolarizzazione in S ā€². Per una

particella priva di massa il prodotto (6.53) non costituisce, dunque, una distribuzione. In

questo caso questa formula, e la (6.47), sono prive di senso e devono essere abbandonate

ā€“ insieme al metodo della funzione di Green. Nondimeno vedremo che le (6.25), (6.26)

ammettono soluzioni ben definite nel senso delle distribuzioni, anche per particelle prive di

massa, e le determineremo esplicitamente in sezione 6.3.2 seguendo una strada alternativa.

6.3 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme

Come prima applicazione della formula (6.47), in questa sezione calcoleremo il campo

elettromagnetico creato da una particella carica in moto rettilineo uniforme. Tratteremo

178

Page 190: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

separatamente i casi di particelle massive e particelle prive di massa. Nel primo caso

il campo potrebbe essere calcolato anche attraverso una trasformazione di Lorentz dal

sistema a riposo della particella, dove,

~E =e

4Ļ€

~x

r3, ~B = 0,

al sistema di riferimento del laboratorio, vedi problema 6.3. Tuttavia, questa procedura

romperebbe lā€™invarianza di Lorentz manifesta. Nel secondo caso ā€“ per di piu ā€“ questa pro-

cedura non sarebbe nemmeno applicabile, perche non esiste nessun sistema di riferimento

in cui una particella di massa nulla e a riposo. Nel paragrafo 6.3.2 vedremo comunque

che il campo di una particella priva di massa puo essere dedotto da quello di una parti-

cella massiva, attraverso unā€™opportuna procedura di limite nel senso delle distribuzioni,

superando cosı le difficolta menzionate alle fine della sezione precedente.

6.3.1 Campo di una particella massiva

Secondo la (6.47) come prima cosa dobbiamo esplicitare la forma della corrente jĀµ(y)

associata a una particella in moto rettilineo uniforme. La linea di universo di una particella

con quadrivelocita costante si scrive,

yĀµ(s) = yĀµ(0) + uĀµ s, u2 = 1,

e se scegliamo lā€™origine del sistema di riferimento in modo tale che a t = 0 la particella

passi per lā€™origine, abbiamo piu semplicemente,

yĀµ(s) = uĀµ s.

Per la quadricorrente si ottiene allora,

jĀµ(y) = e

āˆ«ds uĀµĪ“4(y āˆ’ y(s)) = e uĀµ

āˆ«ds Ī“4(y āˆ’ u s). (6.58)

Sostituendo nella (6.47) otteniamo allora,

AĀµ(x) =e

2Ļ€uĀµ

āˆ«d4y

āˆ«dsH(x0 āˆ’ y0) Ī“((xāˆ’ y)2) Ī“4(y āˆ’ us)

=e

2Ļ€uĀµ

āˆ«ds H(x0 āˆ’ su0) Ī“((xāˆ’ us)2)

=e

2Ļ€uĀµ

āˆ«ds H(x0 āˆ’ su0) Ī“(f(s)). (6.59)

179

Page 191: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Abbiamo definito la funzione di s,

f(s) ā‰” (xāˆ’ us)2 = x2 āˆ’ 2 s (ux) + s2, (ux) ā‰” uĀµxĀµ,

sottintendendo la dipendenza da xĀµ e uĀµ. Per valutare lā€™integrale della (6.59) dobbiamo

esplicitare la distribuzione Ī“(f(s)) in base alla (2.37), e quindi dobbiamo preventivamente

individuare gli zeri della f . Essendo quadratica f(s) ha due zeri,

sĀ± = (ux)āˆ“āˆš

(ux)2 āˆ’ x2, f(sĀ±) = 0, (6.60)

entrambi reali. La quantita scalare (ux)2āˆ’x2 e, infatti, sempre maggiore o uguale a zero.

Per rendercene conto possiamo sfruttare lā€™invarianza di Lorentz e valutarla nel sistema di

riferimento in cui la particella e a riposo, dove si ha uĀµ = (1,~0). Si ottiene allora,

(ux)2 āˆ’ x2 = (x0)2 āˆ’ ((x0)2 āˆ’ |~x|2) = |~x|2 ā‰„ 0. (6.61)

Secondo la (2.37) abbiamo allora,

Ī“(f(s)) =Ī“(sāˆ’ s+)

|f ā€²(s+)| +Ī“(sāˆ’ sāˆ’)

|f ā€²(sāˆ’)| . (6.62)

Essendo,

f ā€²(s) = 2(sāˆ’ ux),

abbiamo inoltre,

|f ā€²(sĀ±)| = 2āˆš

(ux)2 āˆ’ x2.

Inserendo questi elementi nella (6.59) si ottiene allora,

AĀµ(x) =e

4Ļ€

uĀµ

āˆš(ux)2 āˆ’ x2

āˆ«ds

(H(x0 āˆ’ s+u0) Ī“(sāˆ’ s+) + H(x0 āˆ’ sāˆ’u0) Ī“(sāˆ’ sāˆ’)

).

Per valutare lā€™integrale rimanente dobbiamo studiare i segni di x0āˆ’sĀ±u0. Per farlo usiamo

argomenti di covarianza. Se definiamo i quadrivettori,

V ĀµĀ± = xĀµ āˆ’ sĀ±uĀµ,

per costruzione questi vettori appartengono al cono luce, V 2Ā± = 0. Il segno delle componen-

ti temporali V 0Ā± = x0āˆ’sĀ±u0 e allora un invariante di Lorentz, e possiamo determinarlo nel

riferimento a riposo della particella. In questo riferimento abbiamo, vedi (6.60) e (6.61),

sĀ± = x0 āˆ“ |~x| ā‡’ V 0Ā± = x0 āˆ’ sĀ±u0 = Ā±|~x|.

180

Page 192: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Concludiamo che in qualsiasi riferimento vale,

x0 āˆ’ s+u0 > 0, x0 āˆ’ sāˆ’u0 < 0.

Di conseguenza,

H(x0 āˆ’ s+u0) = 1, H(x0 āˆ’ sāˆ’u0) = 0.

Si ottiene quindi,

AĀµ(x) =e

4Ļ€

uĀµ

āˆš(ux)2 āˆ’ x2

, (6.63)

formula manifestamente Lorentzā€“invariante. Vediamo in particolare che per la particella

statica, uĀµ = (1, 0, 0, 0), riotteniamo il noto potenziale coulombiano, vedi anche (6.56),

A0 =e

4Ļ€|~x| ,~A = 0. (6.64)

Infine possiamo calcolare il campo elettromagnetico. Dato che si ha,

āˆ‚ĀµAĪ½ =e

4Ļ€

xĀµ āˆ’ uĀµ(ux)

((ux)2 āˆ’ x2)3/2uĪ½ , (6.65)

risulta,

F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ =e

4Ļ€

xĀµuĪ½ āˆ’ xĪ½uĀµ

((ux)2 āˆ’ x2)3/2. (6.66)

Contraendo invece nella (6.65) Āµ con Ī½, si verifica che il potenziale soddisfa la gauge di

Lorentz āˆ‚ĀµAĀµ = 0, come da costruzione.

I campi ~E e ~B. Partendo dalla (6.66) analizzeremo ora le proprieta generali dei campi

elettrico e magnetico prodotti da una particella in moto rettilineo uniforme, confrontandoli

in particolare con i campi di una particella non relativistica, v Āæ 1. Analizzeremo poi

questi campi anche nel regime opposto, quello ultrarelativistico, corrispondente a una

particella che si muove con velocita prossima a quella della luce.

Cominciamo con il calcolo di ~E e ~B a partire dalla (6.66),

Ei = F i0 =e

4Ļ€

xiu0 āˆ’ x0ui

((ux)2 āˆ’ x2)3/2=

e u0

4Ļ€

xi āˆ’ vi t

((ux)2 āˆ’ x2)3/2.

Bk = āˆ’1

2ĪµkijF ij = āˆ’1

2

e

4Ļ€Īµkij xiuj āˆ’ xjui

((ux)2 āˆ’ x2)3/2=

e u0

4Ļ€Īµkij vixj

((ux)2 āˆ’ x2)3/2

=e u0

4Ļ€Īµkij vi(xj āˆ’ vj t)

((ux)2 āˆ’ x2)3/2= ĪµkijviEj. (6.67)

181

Page 193: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Abbiamo, cioe, ripristinando la velocita della luce,

~B =~v

cƗ ~E. (6.68)

In ogni punto il campo magnetico e dunque una semplice funzione del campo elettrico, ed

e quindi sufficiente analizzare questā€™ultimo. In particolare vediamo che rispetto al campo

elettrico il campo magnetico e soppresso di un fattore v/c, in accordo con il fatto che il

secondo rappresenta un effetto dinamico.

Per analizzare la forma del campo elettrico e conveniente introdurre il vettore,

~R = ~xāˆ’ ~v t,

congiungente in ogni istante t il punto di osservazione ~x con la posizione ~y(t) = ~v t della

particella. Con semplice algebra si trova allora,

(ux)2 āˆ’ x2 =R2 + (~v Ā· ~R)2 āˆ’ v2R2

1āˆ’ v2,

e quindi,

~E =e

4Ļ€

(1āˆ’ v2)~R

(R2 + (~v Ā· ~R)2 āˆ’ v2R2)3/2. (6.69)

Se introduciamo infine lā€™angolo Ļ‘ tra ~v e ~R, il campo elettrico si puo scrivere come,

~E =(1āˆ’ v2)

(1āˆ’ v2sen2 Ļ‘)3/2~Enr, (6.70)

dove abbiamo introdotto il campo coulombiano non relativistico,

~Enr =e

4Ļ€

~R

R3.

Analizziamo ora le proprieta del campo elettrico ottenuto. Intanto vediamo che per

ogni t fissato, a grandi distanze ~E decade come 1/r2, come il campo coulombiano non

relativistico, e quindi abbiamo lā€™andamento asintotico,

F ĀµĪ½ āˆ¼ 1

r2, per r ā†’āˆž. (6.71)

Inoltre ~E e ancora un campo centrale, cioe, e diretto lungo la retta passante per la posizione

della particella e il punto di osservazione. Tuttavia, questo campo non e piu a simmetria

sferica come il campo coulombiano non relativistico, perche il suo modulo ora dipende

182

Page 194: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dalla direzione. Infatti, per ~R rispettivamente ortogonale (Ļ‘ = Ļ€/2) e parallelo (Ļ‘ = 0, Ļ€)

a ~v, la (6.70) da per i corrispondenti moduli del campo elettrico,

EāŠ„ =1āˆš

1āˆ’ v2Enr > Enr, (6.72)

Eā€– = (1āˆ’ v2) Enr < Enr. (6.73)

Lungo la direzione del moto il campo risulta quindi schiacciato, in entrambi i versi, mentre

lungo le direzioni ortogonali al moto il campo risulta potenziato. In particolare, per

velocita che si approssimano alla velocita della luce il primo svanisce, mentre il secondo

va a infinito. Difatti per velocita molto elevate il campo elettromagnetico e praticamente

nullo in tutte le direzioni, tranne per valori di Ļ‘ molti vicini a Ļ€/2.

Vista la (6.68), risultati analoghi valgono per il modulo del campo magnetico. Dato

che ~E e radiale, questa formula ci dice inoltre che le linee di campo di ~B sono circonferenze

ortogonali alla traiettoria della particella, e concentriche con essa.

6.3.2 Campo di una particella di massa nulla

Abbiamo dedotto il campo (6.66) nellā€™ipotesi che la velocita della particella sia costante,

ma minore di quella della luce. In questo paragrafo affrontiamo il problema del campo

elettromagnetico generato da una particella carica di massa nulla, che viaggia dunque

con la velocita della luce. Per le peculiarita dei campi di una particella ultrarelativistica,

appena messe in evidenza, ci aspettiamo campi con singolarita molto pronunciate, ai quali

si potra dare senso solo nello spazio delle distribuzioni.

Per una particella che viaggia con la velocita della luce il tempo proprio non e definito,

e dobbiamo parametrizzare la sua linea di universo con un parametro Ī» generico. Se

introduciamo il quadrimomento pĀµ della particella possiamo parametrizzarla secondo,

yĀµ(Ī») = pĀµĪ», p2 = 0, p0 = |~p| > 0,

dove di nuovo abbiamo supposto che per t = 0 la particella passi per lā€™origine. La direzione

del moto e allora,

~n =~p

|~p| ,

183

Page 195: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e la traiettoria tridimensionale e data da ~y(t) = ~n t. Per quello che segue e conveniente

definire anche il vettore nullo,

nĀµ = (1, ~n) =pĀµ

p0, n2 = 0.

La quadricorrente della particella e comunque data da,

J Āµ(x) = e pĀµ

āˆ«Ī“4(xāˆ’ Ī»p) dĪ» = e nĀµ Ī“3(~xāˆ’ ~n t),

e il sistema di equazioni da risolvere e,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = J Ī½ , āˆ‚[ĀµFĪ½Ļ] = 0. (6.74)

Una procedura di limite. Vogliamo ora derivare la soluzione di questo sistema dai ri-

sultati del paragrafo precedente, con unā€™opportuna procedura di limite. Ponendo nella

(6.58) ~v = v ~n e ricordando le (2.40), (2.41) per una particella singola, si vede intanto che

abbiamo il limite in S ā€²(R4),

S ā€² āˆ’ limvā†’1

jĀµ = J Āµ.

Siccome il tensore F ĀµĪ½ definito in (6.66) soddisfa per costruzione,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , āˆ‚[ĀµFĪ½Ļ] = 0,

e siccome le derivate costituiscono operazioni continue in S ā€², se esiste il limite di F ĀµĪ½ per

v ā†’ 1 nel senso delle distribuzioni, allora il tensore,

FĀµĪ½ ā‰” S ā€² āˆ’ limvā†’1

F ĀµĪ½ , (6.75)

soddisfa automaticamente le (6.74). Insistiamo sul fatto che questa strategia ha senso solo

se i limiti di cui sopra vengono eseguiti nel senso delle distribuzioni: si noti in particolare

che il limite puntuale di F ĀµĪ½ e nullo quasi ovunque, vedi (6.69).

Affrontiamo ora la determinazione del limite (6.75), partendo non direttamente dal-

la (6.66) ma dallā€™espressione del potenziale (6.63), che appare piu semplice. Se questo

potenziale ammettesse limite nel senso delle distribuzioni, potremmo infatti scrivere,

S ā€² āˆ’ limvā†’1

F ĀµĪ½ = āˆ‚Āµ(S ā€² āˆ’ lim

vā†’1AĪ½

)āˆ’ āˆ‚Ī½

(S ā€² āˆ’ lim

vā†’1AĀµ

).

184

Page 196: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ora, eseguendo il limite puntuale della (6.63) si ottiene in effetti il risultato finito,

limvā†’1

AĀµ(x) =e

4Ļ€

nĀµ

|(n x)| , (nx) = tāˆ’ ~n Ā· ~x,

ma questa espressione non costituisce una distribuzione! Vedremo tra poco che in realta

il limite di AĀµ nel senso delle distribuzioni non esiste ā€“ in accordo con il fatto che lā€™espres-

sione (6.57) non costituisce una distribuzione. Sorge allora la domanda se F ĀµĪ½ ammette

effettivamente limite in S ā€², oppure no. La risposta puo essere ancora affermativa se la

parte di AĀµ che ā€œdivergeā€ per v ā†’ 1 in S ā€², in qualche modo non contribuisce a F ĀµĪ½ .

A questo proposito ricordiamo in effetti che il potenziale e definito solo modulo una

trasformazione di gauge. Affinche F ĀµĪ½ ammetta un limite ben definito e allora sufficiente

che la parte divergente del potenziale possa essere eliminata con una trasformazione di

gauge. Consideriamo, per esempio, una trasformazione di gauge con parametro,

Ī› =e

4Ļ€ln

āˆ£āˆ£āˆ£(ux)āˆ’āˆš

(ux)2 āˆ’ x2

āˆ£āˆ£āˆ£ . (6.76)

Con un semplice calcolo si trova che il potenziale trasformato, del tutto equivalente a

(6.63) ma non piu soddisfacente la gauge di Lorentz, e dato da,

AĀµ = AĀµ + āˆ‚ĀµĪ› =e

4Ļ€

(1 +

(ux)āˆš(ux)2 āˆ’ x2

)xĀµ

x2, F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ, (6.77)

dove con 1/x2 intendiamo la sua parte principale. Grazie al limite puntuale,

limvā†’1

(ux)āˆš(ux)2 āˆ’ x2

= Īµ(nx),

dove Īµ(Ā·) indica la distribuzione segno, non e difficile vedere che il limite distribuzionale

del potenziale trasformato ora e ben definito, e che coincide semplicemente con il suo

limite puntuale,

AĀµ ā‰” S ā€² āˆ’ limvā†’1

AĀµ =e

2Ļ€

xĀµ

x2H(nx). (6.78)

Dato che AĀµ ammette limite per v ā†’ 1, mentre nello stesso limite il parametro di gauge Ī›

diverge, vedi (6.76), risulta ora anche chiaro perche (6.63) non poteva ammettere limite.

Usando le (6.77), (6.78), possiamo ora determinare il campo elettromagnetico creato

da una particella carica di massa nulla, in moto in direzione ~n,

FĀµĪ½ = S ā€² āˆ’ limvā†’1

F ĀµĪ½ = S ā€² āˆ’ limvā†’1

(āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ) = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ =e

2Ļ€

nĀµxĪ½ āˆ’ nĪ½xĀµ

x2Ī“(nx).

185

Page 197: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per i campi elettrico e magnetico si ottiene allora facilmente,

~E = āˆ’ e

2Ļ€

~xāˆ’ ~n t

x2Ī“(nx), B = ~nƗ ~E , ~n Ā· E = 0. (6.79)

In particolare per i ā€œmoduliā€ vale E = B.

Se vede che in ogni istante i campi sono diversi da zero solo sul piano passante per la

posizione della particella in quellā€™istante, e perpendicolare alla sua velocita. Per esempio,

se la particella si muove lungo lā€™asse z si ha,

~E =e

2Ļ€(x2 + y2)(x, y, 0) Ī“(z āˆ’ t), (6.80)

~B =e

2Ļ€(x2 + y2)(āˆ’y, x, 0) Ī“(z āˆ’ t), (6.81)

e allā€™istante t i campi sono non nulli solo sul piano z = t, dove sono ā€œmolto intensiā€, cioe,

proporzionali alla Ī“ di Dirac. Ricordiamo poi che per costruzione questi campi soddisfano

le equazioni di Maxwell. Si verifica per esempio facilmente che vale, vedi problema 6.4,

~āˆ‡ Ā· ~E = e Ī“(x) Ī“(y) Ī“(z āˆ’ t) = j0(x), ~āˆ‡ Ā· ~B = 0. (6.82)

Infine, se si vuole nuovamente ottenere un potenziale nella gauge di Lorentz, e suffi-

ciente eseguire unā€™altra trasformazione di gauge,

AĀµ = AĀµ āˆ’ āˆ‚Āµ( e

4Ļ€H(nx) ln

āˆ£āˆ£x2āˆ£āˆ£)

= āˆ’ e

4Ļ€ln |x2| Ī“(nx) nĀµ, āˆ‚ĀµAĀµ = 0.

Shock waves. Campi del tipo (6.79) vengono chiamati ā€œshock wavesā€, perche in ogni

istante il campo e diverso da zero solo su un piano, che avanza con la velocita della luce.

Succede allora che una carica di prova avverte un effetto solo nellā€™istante in cui questo

piano la colpisce, subendo una variazione istantanea, ma finita, della propria quantita di

moto. Supponiamo, per esempio, che il piano dā€™onda della particella colpisca allā€™istante

t = 0 una particella di carica eāˆ— non relativistica, v Āæ 1, nella posizione (x, y, 0) ā‰” ~b. In

questo caso nellā€™equazione di Lorentz,

d~p

dt= eāˆ— (E + ~v Ɨ B)

il campo magnetico e trascurabile. Inserendo in questa formula la (6.80), e integrando

tra un instante precedente e uno successivo allā€™urto, si trova che alla particella viene

186

Page 198: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

comunicata la quantita di moto,

āˆ†~p =

āˆ« t

āˆ’t

d~p

dtdt = eāˆ—

āˆ« t

āˆ’t

~E dt = eāˆ—āˆ« t

āˆ’t

e~b

2Ļ€ b2Ī“(z(t)āˆ’ t) dt =

eāˆ—e~b

2Ļ€ b2 (1āˆ’ vz)' eāˆ—e~b

2Ļ€ b2c.

Nel risultato finale abbiamo ripristinato la velocita della luce, per evidenziare il fatto che

si tratta di un effetto relativistico. Lā€™urto provoca quindi un ā€œkickā€ di allontanamento se

le cariche sono dello stesso segno, e un kick di avvicinamento se sono di segno opposto.

Osserviamo, comunque, che in Elettrodinamica il fenomeno delle shock waves costi-

tuisce solo unā€™estrapolazione matematica ā€“ e non una situazione fisicamente realizzabile ā€“

perche in natura non esistono particelle cariche prive di massa. Al contrario, risolvendo le

equazione di Einstein si puo vedere che il campo gravitazionale generato da una particella

che viaggia con la velocita della luce, e ancora di tipo shock wave 27. Ma questa volta le

soluzioni hanno valenza fisica, perche qualsiasi particella senza massa ā€“ come il fotone ā€“

essendo dotata di energia e gravitazionalmente ā€œcaricaā€, e quindi crea un campo gravita-

zionale di questo tipo. In questo caso lā€™estrapolazione matematica descrive, dunque, una

situazione realizzata in natura.

6.4 Campo di una particella in moto arbitrario

Come seconda applicazione importante della (6.8), determiniamo il campo elettromagne-

tico creato da una particella che percorre unā€™arbitraria traiettoria di tipo tempo. Rispetto

al moto rettilineo uniforme la particella possiede dunque unā€™accelerazione generalmente

non nulla, e vedremo che il campo generato apparira qualitativamente molto diverso. Le

peculiarita distintive che emergeranno rispetto al moto rettilineo uniforme si possono rias-

sumere come segue. Il campo di tipo coulombiano (6.66) verra deformato, ma manterra il

suo andamento a grandi distanze, ovvero 1/r2. In aggiunta comparira un campo nuovo,

dovuto allā€™accelerazione della particella, che a grandi distanze decadra piu debolmente,

ovvero come 1/r, e che sara quindi dominante rispetto al primo. Vedremo poi che sara

proprio questo andamento asintotico piu intenso ad essere responsabile del fenomeno del-

lā€™irraggiamento, del quale ci occuperemo in dettaglio nel prossimo capitolo: gli artefici

dellā€™irraggiamento sono dunque le cariche accelerate.

27P. Aichelburg e R. Sexl, Gen. Rel. Grav. 2 (1971) 303).

187

Page 199: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

6.4.1 Condizioni asintotiche.

Cominciamo con qualche considerazione di carattere generale, sulle traiettorie delle par-

ticelle cariche che prenderemo in considerazione.

Riferendoci a una singola particella ricordiamo che possiamo parametrizzare la sua

linea di universo con il tempo proprio, yĀµ(s), ma anche con il tempo t,

t ā‰” y0(s) āˆ’ā†’ s(t) āˆ’ā†’ yĀµ(s(t)).

Con un abuso di linguaggio, in questo secondo caso indicheremo la linea di universo,

per semplicita, di nuovo con yĀµ(t) ā‰” (t, ~y(t)). Ricordiamo poi che, a parte una costante

additiva, la relazione esplicita tra i due parametri e,

s(t) =

āˆ« t

0

āˆš1āˆ’ v2(tā€²) dtā€², ~v(t) ā‰” d~y

dt. (6.83)

Dato che in natura non esistono particelle cariche di massa nulla, prenderemo in conside-

razione solo particelle massive, per cui ad ogni istante finito si ha v < 1. Per tā†’ Ā±āˆž, in

linea di principio puo succedere che v tende a 1, come per esempio nel caso di una par-

ticella in un campo elettrico costante e uniforme, vedi problema 2.7. Difatti imporremo

una condizione leggermente piu forte, cioe, che esista una velocita vM tale che,

v(t) ā‰¤ vM < 1, āˆ€ t. (6.84)

Sotto questa condizione si ha,

āˆš1āˆ’ v2(t) ā‰„

āˆš1āˆ’ v2

M ,

e la (6.83) implica allora che,

limtā†’Ā±āˆž

s(t) = Ā±āˆž, (6.85)

Cio assicura che i parametri s e t possono essere usati equivalentemente, per tutta lā€™evo-

luzione temporale. Difatti, per i moti realizzati in natura la condizione (6.84) e sempre

soddisfatta, come ora illustreremo. Le traiettorie che si riscontrano sperimentalmente

sono essenzialmente di due tipi ā€“ moti limitati e moti illimitati ā€“ e analizzeremo ora

separatamente questi due casi.

188

Page 200: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Moti illimitati. Per questi moti per definizione la quadrivelocita della particella am-

mette limiti finiti per tā†’ Ā±āˆž,

limtā†’Ā±āˆž

uĀµ = uĀµĀ±.

Questa ipotesi e equivalente ad assumere che le velocita ordinarie ammettano limiti ~vĀ±, con

vĀ± < 1. Fisicamente queste condizioni sono motivate dal fatto che non esistono campi di

forza con unā€™estensione spaziale illimitata. Allā€™infinito lā€™accelerazione deve quindi essere

nulla, e la velocita tendere a un vettore costante. E allora ovvio che esiste un valore

vM , per cui vale la (6.84). Esempi tipici di moti illimitati sono le traiettorie aperte di

un esperimento di scattering. Si puo comunque vedere che anche per campi (costanti e

uniformi) che si estendono fino allā€™infinito, per cui le velocita limite eguagliano la velocita

della luce, si hanno le relazioni asintotiche, vedi problema 2.7,

s(t) āˆ¼ Ā± ln |t|.

Anche in questo caso valgono quindi le (6.85).

Moti limitati. Per questi moti sono soddisfatti i vincoli,

v(t) ā‰¤ vM < 1, |~y(t)| ā‰¤ L, āˆ€ t.

Questa categoria riguarda particelle confinate a una regione limitata dello spazio, come

per esempio un elettrone in unā€™antenna, oppure una particella carica in un ciclotrone. Nel

primo caso la particella e sottoposta a una forza ā€œcostanteā€ oscillante, ma contempora-

neamente dissipa energia per effetto Joule e per irraggiamento. Il risultato e che la sua

energia resta limitata, e quindi la sua velocita strettamente minore di quella della luce.

Nel caso del ciclotrone, durante alcuni tratti del ciclo, oltre al campo magnetico sono

presenti anche campi elettrici acceleranti, che tendono a fare aumentare lā€™energia della

particella. Tuttavia, a regime questo aumento e completamente compensato dalla perdita

di energia per irraggiamento e, come vedremo, esiste una velocita massima minore della

velocita della luce ā€“ seppure spesso molto vicina ad essa.

Infine notiamo che, dato che in natura tutti i campi acceleranti F ĀµĪ½ hanno intensita

limitata, la (6.84) assicura, per di piu, che lā€™accelerazione ordinaria ~a resta limitata, vedi

problema 2.10. Ricordando la relazione tra ~a e wĀµ si vede allora che anche la quadriacce-

lerazione di una particella carica e sempre limitata, sia per i moti limitati che per quelli

189

Page 201: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

illimitati. In seguito tutte le traiettorie considerate saranno supposte appartenere a una

di queste due categorie.

6.4.2 I campi di Lienardā€“Wiechert

Per determinare il campo elettromagnetico creato da una particella in moto arbitrario,

procediamo formalmente come nel caso di una particella in moto rettilineo uniforme.

Riprendiamo la forma generale della corrente,

jĀµ(y) = e

āˆ«ds uĀµ(s) Ī“4(y āˆ’ y(s)),

e la inseriamo nella (6.30),

AĀµ(x) =e

2Ļ€

āˆ«d4y

āˆ«ds uĀµ(s) H(x0 āˆ’ y0) Ī“((xāˆ’ y)2) Ī“4(y āˆ’ y(s))

=e

2Ļ€

āˆ«ds uĀµ(s) H(x0 āˆ’ y0(s)) Ī“((xāˆ’ y(s))2)

=e

2Ļ€

āˆ«ds uĀµ(s) H(x0 āˆ’ y0(s)) Ī“(f(s)). (6.86)

Abbiamo definito la funzione,

f(s) = (xāˆ’ y(s))2 = (x0 āˆ’ y0(s))2 āˆ’ |~xāˆ’ ~y(s)|2,

in cui sottintendiamo la dipendenza dal punto di osservazione xĀµ = (x0, ~x), che e fissato.

Come prima, per valutare Ī“(f(s)) dobbiamo individuare gli zeri della f . Dimostreremo

ora che questa funzione ha esattamente due zeri sĀ±(x), soddisfacenti,

x0 āˆ’ y0(s+) > 0, x0 āˆ’ y0(sāˆ’) < 0. (6.87)

Per fare questo sfrutteremo le proprieta generali delle traiettorie di tempo considerate,

discusse nel paragrafo precedente.

Determinazione degli zeri di f(s). Incominciamo con lā€™osservare che si hanno i limiti,

limsā†’Ā±āˆž

f(s) = +āˆž. (6.88)

Per i moti limitati questo e ovvio, perche per sā†’ Ā±āˆž si ha,

y0(s) = t(s)ā†’ Ā±āˆž,

190

Page 202: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

mentre ~y(s) resta limitata. Per i moti illimitati, invece, per s ā†’ Ā±āˆž le quadrivelocita

tendono a limiti uĀµĀ± ben definiti, e quindi,

yĀµ(s)ā†’ uĀµĀ± s ā‡’ f(s)ā†’ x2 āˆ’ 2 (xuĀ±) s + s2 ā†’ +āˆž.

Dai limiti (6.88) segue che f(s) ha almeno un estremale ā€“ in particolare almeno un minimo

ā€“ e quindi la sua derivata almeno uno zero. Scegliamo un estremale qualsiasi, s = a.

Calcolando la derivata,

f ā€²(s) = āˆ’2(xĀµ āˆ’ yĀµ(s)) uĀµ(s), (6.89)

si deduce che,

f ā€²(a) = āˆ’2(xĀµ āˆ’ yĀµ(a)) uĀµ(a) = 0.

Ne segue che 28,

f(a) < 0.

Per provare questo sfruttiamo il fatto che le quantita f(s) e f ā€²(s) sono scalari per trasfor-

mazioni di Lorentz, quindi possiamo calcolarle in un sistema di riferimento arbitrario. Sce-

gliamo il sistema di riferimento in cui per s = a la particella e a riposo, uĀµ(a) = (1, 0, 0, 0).

Allora abbiamo,

0 = f ā€²(a) = āˆ’2(x0 āˆ’ y0(a)) ā‡’ f(a) = āˆ’|~xāˆ’ ~y(a)|2 < 0.

Tutti i minimi e massimi di f(s) si trovano dunque nel semipiano inferiore. Questa

informazione, assieme al fatto che per s ā†’ Ā±āˆž f va a +āˆž, implica che per ogni xĀµ

fissato f possiede esattamente due zeri sĀ±,

f(sĀ±) = 0, s+ < sāˆ’.

In s+ f passa da valori positivi a valori negativi, e in sāˆ’ da valori negativi a valori positivi.

Di conseguenza abbiamo,

f ā€²(s+) < 0, f ā€²(sāˆ’) > 0.

Valutando queste disuguaglianze tramite la (6.89) nei riferimenti in cui la particella e

a riposo, rispettivamente agli istanti s+ e sāˆ’, si ottengono le relazioni (6.87) in questi

28In tutta questa analisi e sottointeso che x non appartenga alla linea di universo della particella, cioe,xĀµ 6= yĀµ(s), āˆ€ s. Nei punti x appartenenti alla linea di universo il potenziale vettore diverge.

191

Page 203: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

riferimenti. Ma dato che i vettori xĀµ āˆ’ yĀµĀ±(s) appartengono al cono luce, il segno di

x0 āˆ’ y0Ā±(s) e un invariante relativistico. Concludiamo quindi che le disuguaglianze (6.87)

valgono in qualsiasi sistema di riferimento, c.v.d.

Il quadripotenziale di Lienardā€“Wiechert. A questo punto possiamo valutare lā€™integran-

do della (6.86), usando la (2.37),

H(x0 āˆ’ y0(s)) Ī“(f(s)) = H(x0 āˆ’ y0(s))

(Ī“(sāˆ’ s+)

|f ā€²(s+)| +Ī“(sāˆ’ sāˆ’)

|f ā€²(sāˆ’)|)

= H(x0 āˆ’ y0(s+))Ī“(sāˆ’ s+)

|f ā€²(s+)| + H(x0 āˆ’ y0(sāˆ’))Ī“(sāˆ’ sāˆ’)

|f ā€²(sāˆ’)|=

Ī“(sāˆ’ s+)

|f ā€²(s+)| =Ī“(sāˆ’ s+)

2(xāˆ’ y(s+))u(s+).

Sostituendo nella (6.86) si ottiene il quadripotenziale di Lienardā€“Wiechert,

AĀµ(x) =e

4Ļ€

uĀµ(s)

(xāˆ’ y(s))u(s)

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£s=s+(x)

, (6.90)

dove la funzione s+(x) e determinata in modo univoco dalle relazioni,

(xāˆ’ y(s))2 = 0, x0 āˆ’ y0(s) > 0, (6.91)

equivalenti a,

x0 āˆ’ y0(s) = |~xāˆ’ ~y(s)|. (6.92)

Il tempo ritardato. Per renderci conto del significato della posizione yĀµ(s+) della par-

ticella al tempo proprio s+, e piu conveniente parametrizzare la sua linea di universo con

il tempo,

tā€² = y0(s), yĀµ(tā€²) = (tā€², ~y(tā€²)), ~v(tā€²) =d~y(tā€²)dtā€²

, uĀµ(tā€²) =1āˆš

1āˆ’ v(tā€²)2(1, ~v(tā€²)).

Questo permette di riscrivere il potenziale di Lienardā€“Wiechert come,

AĀµ(x) =e

4Ļ€

uĀµ(tā€²)(xāˆ’ y(tā€²)) u(tā€²)

=e

4Ļ€

(1, ~v(tā€²))tāˆ’ tā€² āˆ’ (~xāˆ’ ~y(tā€²)) Ā· ~v(tā€²)

=e

4Ļ€

(1, ~v(tā€²)

c

)

|~xāˆ’ ~y(tā€²)| āˆ’ (~xāˆ’ ~y(tā€²)) Ā· ~v(tā€²)c

, (6.93)

192

Page 204: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove il ā€œtempo ritardatoā€ tā€²(t, ~x) e determinato dalla (6.92),

tāˆ’ tā€² =1

c|~xāˆ’ ~y(tā€²)|. (6.94)

Nelle formule finali abbiamo reinserito la velocita della luce, per evidenziare le correzioni

relativistiche; per il caso statico si veda la (6.64). Come si vede, il potenziale nel punto

xĀµ = (t, ~x) non dipende dalle variabili cinematiche della particella allā€™istante t, bensı dai

valori di posizione e velocita allā€™istante ritardato tā€². Dalla (6.94) si vede che questo istante

e determinato in modo tale che lā€™evento (tā€², ~y(tā€²)) sia connesso attraverso un segnale di tipo

luce ā€œfuturoā€, al punto dā€™osservazione xĀµ. La presenza del ritardo comporta nella (6.93)

correzioni relativistiche implicite, in quanto tā€² = tāˆ’ o(1/c). Piu precisamente, eseguendo

lo sviluppo non relativistico della (6.94) si ottiene,

tā€²(t, ~x) = tāˆ’ |~xāˆ’ ~y(t)|c

āˆ’ (~xāˆ’ ~y(t)) Ā· ~v(t)

c2+ o

(1

c3

). (6.95)

Al denominatore della (6.93) compare poi una correzione relativistica esplicita, per la

presenza del termine proporzionale a v(tā€²)/c.

I campi di Lienardā€“Wiechert. Passiamo ora al calcolo del campo elettromagnetico

F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½āˆ’āˆ‚Ī½AĀµ. In seguito per semplicita con ā€œsā€ indicheremo la funzione di x s+(x).

Introduciamo oltre alla quadriaccelerazione wĀµ = duĀµ/ds, il quadrivettore dipendente da

x,

LĀµ(x) ā‰” xĀµ āˆ’ yĀµ(s), (6.96)

dove bisogna tenere presente che la dipendenza da x avviene anche attraverso s. Allora il

sistema (6.91) puo essere riscritto come,

LĪ±LĪ± = 0, L0 = |~xāˆ’ ~y(s)|. (6.97)

Per il potenziale e il campo elettromagnetico si ottiene allora,

AĀµ =e

4Ļ€

uĀµ

(uL), F ĀµĪ½ =

e

4Ļ€

(1

(uL)āˆ‚ĀµuĪ½ āˆ’ 1

(uL)2āˆ‚Āµ(uL) uĪ½ āˆ’ (Āµā†” Ī½)

). (6.98)

Per determinare le derivate rimanenti dobbiamo valutare le derivate parziali di s ā‰” s(x)

rispetto a xĀµ. A questo scopo e sufficiente derivare la (6.97) rispetto a xĀµ,

0 = LĪ±āˆ‚ĀµLĪ± = LĪ±āˆ‚Āµ(xĪ± āˆ’ yĪ±(s)) = LĪ±

(Ī·Ī±Āµ āˆ’ āˆ‚s

āˆ‚xĀµ

dyĪ±

ds

)= LĀµ āˆ’ (uL)

āˆ‚s

āˆ‚xĀµ,

193

Page 205: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che da,āˆ‚s

āˆ‚xĀµ=

LĀµ

(uL).

Possiamo ora calcolare le derivate che compaiono in F ĀµĪ½ ,

āˆ‚ĀµuĪ½ =āˆ‚s

āˆ‚xĀµ

duĪ½

ds=

LĀµwĪ½

(uL),

āˆ‚ĀµLĪ½ = Ī·ĀµĪ½ āˆ’ āˆ‚s

āˆ‚xĀµ

dyĪ½

ds= Ī·ĀµĪ½ āˆ’ LĀµuĪ½

(uL),

e quindi,

āˆ‚Āµ(uL) = (āˆ‚ĀµuĪ½)LĪ½ + uĪ½āˆ‚ĀµLĪ½

=1

(uL)LĀµ(wL) + uĪ½

(Ī·ĀµĪ½ āˆ’ LĀµuĪ½

(uL)

)

=1

(uL)((wL)āˆ’ 1)LĀµ + uĀµ.

Sostituendo queste espressioni nella (6.98) si ottiene infine unā€™espressione covariante a

vista, per il campo elettromagnetico prodotto da una particella carica in moto arbitrario,

F ĀµĪ½ =e

4Ļ€(uL)3

(LĀµuĪ½ + LĀµ [(uL) wĪ½ āˆ’ (wL) uĪ½ ]āˆ’ (Āµā†” Ī½)

). (6.99)

Campi di velocita e campi di accelerazione. Come prima cosa vogliamo analizzare il

comportamento della (6.99) a grandi distanze dalla particella. A questo scopo e convenien-

te suddividere i termini che compaiono in F ĀµĪ½ in due classi, in base alla loro dipendenza

dalla variabile,

R ā‰” L0 = |~xāˆ’ ~y(s)|,

vedi (6.97). E anche conveniente definire il versore nullo,

mĀµ ā‰” LĀµ

R, mĀµmĀµ = 0,

con componenti,

m0 = 1, ~m =~xāˆ’ ~y(s)

|~xāˆ’ ~y(s)| , |~m| = 1.

Scrivendo LĀµ = R mĀµ possiamo allora riscrivere il campo (6.99) come somma di due

contributi, il ā€œcampo di velocitaā€ F ĀµĪ½v , e il ā€œcampo di accelerazioneā€ F ĀµĪ½

a ,

F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½v + F ĀµĪ½

a , (6.100)

F ĀµĪ½v =

e

4Ļ€(um)3R2(mĀµuĪ½ āˆ’mĪ½uĀµ) , (6.101)

F ĀµĪ½a =

e

4Ļ€(um)3R

(mĀµ [(um) wĪ½ āˆ’ (wm) uĪ½)]āˆ’ (Āµā†” Ī½)

). (6.102)

194

Page 206: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

In F ĀµĪ½a abbiamo incluso i termini proporzionali a 1/R, e in F ĀµĪ½

v i termini proporzionali

a 1/R2. Come si vede il primo risulta proporzionale alla quadriaccelerazione, mentre il

secondo ne e indipendente.

Analizziamo ora gli andamenti di questi campi a grandi distanze dalla particella. Per

fare questo supponiamo che la particella si muova in una regione limitata dello spazio,

|~y| ā‰¤ D,

e consideriamo il campo in un punto ~x lontano da questa regione,

r ā‰” |~x| ƀ D.

Allora abbiamo le identificazioni asintotiche,

R = |~xāˆ’ ~y| ā‰ˆ r, ~m =~xāˆ’ ~y

|~xāˆ’ ~y| ā‰ˆ~x

rā‰” ~n. (6.103)

Siccome per qualsiasi valore di r i vettori uĀµ, wĀµ e mĀµ sono limitati, vediamo che a grandi

distanze dalla particella il campo di accelerazione decade come,

F ĀµĪ½a āˆ¼

1

r, (6.104)

mentre il campo di velocita decade come,

F ĀµĪ½v āˆ¼

1

r2. (6.105)

In particolare vediamo che a grandi distanze il campo di accelerazione domina sul campo

di velocita, e quindi il campo totale decade come,

F ĀµĪ½ āˆ¼ 1

r,

in contrapposizione con lā€™andamento del campo del moto rettilineo uniforme, vedi (6.71).

Consideriamo ora piu da vicino il campo di velocita, riscrivendolo come,

F ĀµĪ½v =

e

4Ļ€(uL)3(LĀµuĪ½ āˆ’ LĪ½uĀµ) . (6.106)

E facile vedere che per un moto rettilineo uniforme questo campo si riduce in realta alla

(6.66). Infatti, se yĀµ(s) = uĀµs, si ha LĀµ = xĀµ āˆ’ uĀµs, e quindi,

LĀµuĪ½ āˆ’ LĪ½uĀµ = xĀµuĪ½ āˆ’ xĪ½uĀµ,

(uL) = uĀµ(xĀµ āˆ’ uĀµs) = (ux)āˆ’ s+(x) =āˆš

(ux)2 āˆ’ x2,

195

Page 207: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

vedi (6.60). Il campo F ĀµĪ½v rappresenta quindi una deformazione del campo elettromagneti-

co di una particella in moto rettilineo uniforme, ed eredita in particolare il suo andamento

asintotico 1/r2. Per questo motivo F ĀµĪ½v viene anche chiamato ā€œcampo coulombianoā€.

Un effetto genuinamente nuovo e invece rappresentato dalla comparsa del campo di

accelerazione F ĀµĪ½a ā€“ causato appunto dallā€™accelerazione della particella ā€“ che a grandi

distanze soppianta il campo di velocita. Nel prossimo paragrafo vedremo che e proprio

questo campo a causare il fenomeno dellā€™irraggiamento.

I campi ~E e ~B. Esplicitiamo ora i campi elettrico e magnetico corrispondenti alla

(6.99). Usando le (6.100)ā€“(6.102), questi campi possono a loro volta essere suddivisi

in campi di velocita, indipendenti dallā€™accelerazione e proporzionali a 1/R2, e in campi di

accelerazione, lineari nellā€™accelerazione e proporzionali a 1/R,

~E = ~Ev + ~Ea,

~B = ~Bv + ~Ba.

Esplicitiamo prima la quadriaccelerazione in termini dellā€™accelerazione spaziale ~a = d~v/dtā€²,

wĀµ =~a Ā· ~v

(1āˆ’ v2)3/2uĀµ +

1

(1āˆ’ v2)(0,~a).

Si vede allora che il termine proporzionale a uĀµ si cancella, quando wĀµ viene inserito in

[(um) wĪ½ āˆ’ (wm) uĪ½ ]. Usando anche che,

(um) =1āˆš

1āˆ’ v2(1āˆ’ ~v Ā· ~m),

con calcoli elementari dalle (6.101), (6.102) si trova allora, ripristinando la velocita della

luce,

~Ev =e

4Ļ€R2

(1āˆ’ v2

c2

) (~māˆ’ ~v

c

)(1āˆ’ ~vĀ·~m

c

)3 , ~Bv = ~mƗ ~Ev, (6.107)

~Ea =e

4Ļ€c2R

~mƗ [(~māˆ’ ~v

c

)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~vĀ·~m

c

)3 , ~Ba = ~mƗ ~Ea, (6.108)

che sono i campi di Lienardā€“Wiechert. Si badi che le quantita cinematiche ~y, ~v e ~a che

compaiono in queste formule sono valutate allā€™istante ritardato tā€²(x), definito dalla (6.94).

196

Page 208: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Vediamo che in ogni punto i campi elettrico e magnetico sono ortogonali tra di loro, in

quanto si ha,

~B = ~mƗ ~E.

Data lā€™espressione particolare di ~Ev si vede poi che si puo anche scrivere,

~Bv =~v

cƗ ~Ev.

Il campo magnetico di velocita e quindi soppresso di un fattore v/c rispetto al campo

elettrico di velocita, come nel caso del moto rettilineo uniforme, vedi (6.68). Viceversa,

i campi elettrico e magnetico di accelerazione sono invece uguali in modulo, in quanto si

ha,

~m Ā· ~Ea = 0, ~Ba = ~mƗ ~Ea, | ~Ba| = | ~Ea|, (6.109)

relazioni che sfrutteremo nel prossimo paragrafo.

Facciamo infine notare che rispetto al campo di velocita ~Ev, i campi ~Ea e ~Ba portano

un prefattore 1/c2. I campi di accelerazione rappresentano quindi degli effetti prettamente

relativistici !

Andamenti asintotici in generale. Concludiamo questo paragrafo con una generaliz-

zazione importante. Grazie al fatto che la (6.47) e lineare nella corrente, gli andamenti

asintotici del campo (6.99) derivati sopra si estendono, infatti, automaticamente al campo

elettromagnetico generato da un arbitrario sistema di cariche puntiformi. In particolare

il campo si scrivera ancora come,

F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½v + F ĀµĪ½

a , (6.110)

dove a grandi distanze,

F ĀµĪ½v āˆ¼

1

r2, F ĀµĪ½

a āˆ¼1

r. (6.111)

Per il campo totale si avra quindi di nuovo,

F ĀµĪ½ āˆ¼ 1

r. (6.112)

A livello asintotico si possono generalizzare anche le (6.109), ricordando che per grandi r

si ha lā€™identificazione, vedi (6.103),

~m ā‰ˆ ~n,

197

Page 209: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove il versore radiale ~n e indipendente dalle traiettorie delle particelle. Per un siste-

ma arbitrario di particelle dalle (6.109) ā€“ per linearita ā€“ si ottengono allora le relazioni

asintotiche,

~n Ā· ~Ea = 0, ~Ba = ~nƗ ~Ea, | ~Ba| = | ~Ea|, per r ā†’āˆž. (6.113)

Ancora, siccome anche le correnti ā€œmacroscopicheā€ ā€“ come quelle corrispondenti agli elet-

troni in unā€™antenna o in un circuito elettrico ā€“ possono essere pensate come sovrapposizioni

delle correnti elementari delle cariche costituenti, gli andamenti asintotici (6.113) valgono

anche per i campi generati da tali correnti.

6.4.3 Emissione di radiazione da cariche accelerate

Ora che abbiamo unā€™espressione per il campo elettromagnetico prodotto da una particella

carica in moto arbitrario, possiamo chiederci sotto quali condizioni una particella cede o

assorbe energia o, piu in generale, quadrimomento, attraverso questo campo. Non siamo

quindi interessati al quadrimomento che le particelle cedono al campo, ma piuttosto al

quadrimomento che il sistema campo + particelle cede allā€™ā€œambienteā€ ā€“ che e quello che

viene rivelato sperimentalmente. Con un abuso di linguaggio, che adotteremo anche noi,

si parla comunque di ā€œquadrimomento emesso dalle particelleā€.

Formula fondamentale per lā€™emissione di quadrimomento. Consideriamo dunque un ge-

nerico sistema di particelle cariche interagenti con il campo elettromagnetico. Come ab-

biamo visto, il trasporto di quadrimomento di un tale sistema e quantificato dal tensore

energiaā€“impulso del solo campo elettromagnetico, vedi paragrafo 2.4.3,

T ĀµĪ½em = F Āµ

Ī±FĪ±Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī².

In particolare, se consideriamo ā€œpositivoā€ il quadrimomento emesso ā€“ come dā€™ora in poi

faremo sempre ā€“ il quadrimomento emesso nellā€™unita di tempo da una superficie chiusa Ī“

e dato da, vedi (2.81),dP Āµ

dt=

āˆ«

Ī“

T Āµiem dĪ£i. (6.114)

Tuttavia, il quadrimomento che puo essere considerato definitivamente ceduto dal sistema

allā€™ambiente, e solo quello che successivamente non viene riassorbito. Il quadrimomento

198

Page 210: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in questione e quindi quello che riesce a raggiungere lā€™infinito spaziale 29. Questo vuol

dire che nellā€™integrale in (6.114) dobbiamo scegliere per Ī“ una sfera di raggio r, e poi fare

tendere r allā€™infinito. Scrivendo lā€™elemento di superficie della sfera come d~Ī£ = ~n r2 dĪ©,

dove dĪ© e lā€™angolo solido, per il quadrimomento emesso nellā€™unita di tempo otteniamo

allora,dP Āµ

dt= r2

āˆ«T Āµi

em nidĪ©, r ā†’āˆž. (6.115)

Da questa espressione possiamo infine selezionare il quadrimomento emesso nellā€™unita di

tempo e nellā€™unita di angolo solido, in direzione ~n,

d2P Āµ

dt dĪ©= r2

(T Āµi

em ni), r ā†’āˆž, (6.116)

dove dā€™ora in poi il limite per r ā†’ āˆž sara sempre sottinteso. La (6.116) costituisce la

formula fondamentale per lā€™analisi di tutti i fenomeni di irraggiamento. Si vede allora in

particolare che, per valutare il quadrimomento emesso, e sufficiente selezionare da T Āµiem i

contributi che vanno come 1/r2 ovverosia, dato che T ĀµĪ½em e proporzionale a (F ĀµĪ½)2, da F ĀµĪ½

quelli che vanno come 1/r. Ma visti gli andamenti asintotici (6.111), questo significa che

al membro di destra della (6.116) contribuisce solo il campo di accelerazione.

La doppia conclusione di questa analisi ā€“ completamente generale ā€“ e che al quadrimo-

mento emesso da un sistema di cariche contribuisce solo il campo di accelerazione, e che

per determinare il primo e sufficiente valutare il secondo a grandi distanze dalle cariche.

Emissione di energia. Consideriamo ora piu in dettaglio lā€™emissione di energia. Per

lā€™energia P 0 ā‰” Īµ emessa nellā€™unita di tempo e nellā€™unita di angolo solido, ovverosia, per la

potenza W = dĪµ/dt emessa nellā€™unita di angolo solido, la componente zero della (6.116)

fornisce, si ricordi che T 0iem = Si,

dWdĪ©

=d2Īµ

dt dĪ©= r2(~S Ā· ~n). (6.117)

Ma per quanto concluso sopra, al vettore di Poynting contribuiscono solo i campi di

accelerazione,

~S = ~E Ɨ ~B ā†’ ~Ea Ɨ ~Ba,

29A livello quantistico questo significa che consideriamo ā€œemessiā€ solo quei fotoni che riescono araggiungere lā€™infinto, e non vengono successivamente risassorbiti dalle particelle.

199

Page 211: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e questi ultimi vanno inoltre valutati a grandi distanze. Possiamo allora usare le relazioni

asintotiche (6.113), per derivare la semplice formula,

~S = ~Ea Ɨ ~Ba = ~Ea Ɨ (~nƗ ~Ea) = ~n | ~Ea|2. (6.118)

Risulta, quindi, che ~S ha la stessa direzione e lo stesso verso di ~n, e ne segue che il flusso

di energia e sempre radiale uscente, verso lā€™infinito: lā€™energia viene quindi sempre emessa

dalle particelle, e mai assorbita ! Questa circostanza e una conseguenza diretta del fatto

che abbiamo utilizzato il kernel ritardato Gret; se avessimo usato il kernel avanzato Gadv,

il flusso di energia sarebbe stato invece sempre entrante dallā€™infinito.

Se inseriamo la (6.118) nella (6.117) vediamo che la potenza emessa dipende in modo

semplice dal modulo del campo elettrico di accelerazione, valutato a grandi distanze dalla

particella,dWdĪ©

= c r2| ~Ea|2, (6.119)

dove abbiamo ripristinato la velocita della luce. Grazie al fatto che ~Ea decade come 1/r,

la potenza emessa sara in particolare sempre finita. Inoltre, siccome | ~Ba| = | ~Ea| abbiamo,

W = 0 ā‡” F ĀµĪ½a = 0.

La presenza o assenza di energia emessa costituisce quindi un fenomeno Lorentz invarian-

te, cioe, indipendente dal sistema di riferimento. In presenza di una singola particella

abbiamo inoltre, vedi la (6.102) e il problema 6.2,

F ĀµĪ½a = 0 ā‡” wĀµ = 0.

La presenza o assenza di energia emessa e quindi legata inscindibilmente allā€™accelerazione

della particella.

Il campo di accelerazione come campo di radiazione. Possiamo infine cercare di met-

tere in relazione il campo di accelerazione F ĀµĪ½a , con i ā€œcampi di radiazioneā€ ā€“ le soluzioni

dellā€™equazione di Maxwell nel vuoto, che abbiamo studiato nel capitolo precedente. A

questo proposito notiamo che nel complemento della linea di universo, il campo totale

(6.100) soddisfa evidentemente le equazioni di un campo di radiazione,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0 = āˆ‚[ĀµFĪ½Ļ].

200

Page 212: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ma dato che F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½v + F ĀµĪ½

a , e che F ĀµĪ½v decade come 1/r2, ne segue che F ĀµĪ½

a (che di per

se decade solo come 1/r) soddisfa queste equazioni asintoticamente, vale a dire modulo

termini 1/r2,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½a = o

(1

r2

), āˆ‚[ĀµFa Ī½Ļ] = o

(1

r2

).

Ci aspettiamo allora che a grandi distanze dalla particella il campo di accelerazione si

comporti come un campo di radiazione, e che risulti in particolare sovrapposizone di on-

de piane. Dalla formula del vettore di Poynting (6.118) ā€“ formalmente identico a quello

delle onde piane (5.76) ā€“ si desume allora che le onde che compongono F ĀµĪ½a si propagano

necessariamente lungo la direzione radiale uscente. Siamo quindi portati a concludere che

lā€™energia emessa (6.119) viaggia asintoticamente a cavallo di un campo di radiazione, che

e composto da onde elettromagnetiche che si propagano in direzione radiale. Nel prossi-

mo capitolo renderemo questa affermazione precisa, analizzando in dettaglio le proprieta

asintotiche di un generico campo di accelerazione F ĀµĪ½a . Per le caratteristiche appena de-

scritte, il campo di accelerazione viene spesso anche chiamato semplicemente ā€œcampo di

radiazioneā€.

In conclusione, una carica accelerata cede energia e quantita di moto attraverso il suo

campo di radiazione, liberando onde elettromagnetiche che le trasportano fino allā€™infinito.

6.4.4 Limite non relativistico e formula di Larmor

Per illustrare il significato delle formule del paragrafo precedente determiniamo la potenza

totale emessa da una particella carica accelerata in tutte le direzioni,

W =

āˆ«dWdĪ©

dĪ©, (6.120)

nel limite non relativistico. Per essere precisi, vogliamo valutare questa potenza allā€™ordine

piu basso in 1/c che, come vedremo, corrisponde a W āˆ¼ 1/c3.

Data la (6.119) si tratta dunque di valutare il campo elettrico di accelerazione allā€™ordine

piu basso in 1/c. Siccome questo campo porta un prefattore 1/c2, nella (6.108) possiamo

allora trascurare i fattori v/c, ottenendo,

~Ea =e

4Ļ€R c2~mƗ (~mƗ ~a), | ~Ea|2 =

e2 |~mƗ ~a|216 Ļ€2 R2 c4

. (6.121)

201

Page 213: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La validita di questa approssimazione richiede dunque in particolare che la particella si

muova con velocita piccola rispetto alla velocita della luce,

v Āæ c,

come cā€™era da aspettarsi. Per determinare la distribuzione angolare della potenza emessa

(6.119) dobbiamo inoltre valutare ~Ea asintoticamente, a grandi distanze dalla particella,

per cui secondo le (6.103) si ha Rā†’ r e ~mā†’ ~n. La (6.119) diventa allora,

dWdĪ©

=e2

16 Ļ€2 c3|~nƗ ~a|2 . (6.122)

La potenza emessa nellā€™unita di angolo solido e quindi quadratica nellā€™accelerazione della

particella, ma esibisce anche una dipendenza esplicita dalla direzione ~n in cui si osserva

la radiazione.

Il ritardo asintotico. Prima di poter determinare la potenza totale integrando la (6.122)

sullā€™angolo solido, occorre fare una precisazione sullā€™interpretazione di questa formula in

relazione alla propagazione causale della radiazione. Questa formula da, infatti, lā€™energia

emessa dalla particella nellā€™unita di tempo e nellā€™unita di angolo solido in direzione ~n

ā€“ rivelata allā€™istante t a una distanza r molto grande dalla particella, e il membro di

sinstra della (6.122) andrebbe quindi scritto meglio come dWdĪ©

(t, r, ~n). Lā€™accelerazione che

compare al membro di destra della formula e, invece, valutata allā€™istante ritardato tā€²(t, ~x),

determinato dalla relazione (6.94),

tāˆ’ tā€² =1

c|~xāˆ’ ~y(tā€²)|. (6.123)

Anche questa relazione va valutata asintoticamente, per punti di osservazione ~x molto

lontani dalla traiettoria della particella. Supponiamo allora che la particella sia confinata

alla sfera SD, di raggio D e centro nellā€™origine: |~y(t)| < D, āˆ€ t, e scegliamo r = |~x| ƀ D.

Ricordando che ~n = ~x/r abbiamo allora lo sviluppo,

|~xāˆ’ ~y(tā€²)| = r

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nāˆ’~y(tā€²)

r

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ = r

āˆš1āˆ’ 2

~n Ā· ~y(tā€²)r

+y2(tā€²)

r2

= r

(1āˆ’ ~n Ā· ~y(tā€²)

r+ o

(1

r2

))= r āˆ’ ~n Ā· ~y(tā€²) + o

(1

r

), (6.124)

e si ottiene per la versione asintotica della (6.123),

tā€² = tāˆ’ r

c+

~n Ā· ~y(tā€²)c

ā‰” T +~n Ā· ~y(tā€²)

c. (6.125)

202

Page 214: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La (6.122) si scrive quindi piu precisamente,

dWdĪ©

(t, r, ~n) =e2

16 Ļ€2 c3|~nƗ ~a(tā€²)|2 , (6.126)

dove la funzione tā€² = tā€²(t, ~x) e definita dalla relazione implicita (6.125).

Vediamo che il tempo ritardato (6.125) e composto da un termine ā€œmacroscopicoā€,

T = t āˆ’ rc, e da un contributo ā€œmicroscopicoā€, ~n Ā· ~y(tā€²)/c. Il primo rappresenta lā€™istante

(ritardato) in cui la radiazione deve lasciare il centro di SD, per giungere allā€™istante t

nel punto di rivelazione ~x. Questo istante e indipendente dal moto della particella e

dalla direzione di osservazione ~n. Il termine microscopico rappresenta invece un ritardo

aggiuntivo causato dal moto ~y(t) della particella allā€™interno di SD, e dipende da ~n. Siccome

questo termine e inoltre soppresso di un fattore 1/c, nel limite non relativistico esso potra

essere trascurato, vedi sotto.

Il membro di destra della (6.126) esibisce quindi una dipendenza esplicita da ~n, e una

implicita attraverso tā€². Di conseguenza lā€™integrale sugli angoli nella (6.120) in generale

non puo essere eseguito analiticamente. Possiamo comunque risolvere iterativamente la

(6.125) attraverso uno sviluppo non relativistico in potenze di 1/c,

tā€² = T +~n Ā· ~y(T )

c+

(~n Ā· ~y(T ))(~n Ā· ~v(T ))

c2+

(1

c3

).

che porta a,

~a(tā€²) = ~a(T ) +~n Ā· ~y(T )

c~a(T ) +

(1

c2

). (6.127)

Tuttavia, dato che la (6.126) e stata ottenuta trascurando nella (6.108) i fattori v/c,

per consistenza anche nella (6.127) dobbiamo omettere i termini di ordine 1/c, e tenere

quindi solo il contributo di ordine zero ~a(T ), che equivale a porre tā€² = T . In questo limite

si trascura quindi, in particolare, il ritardo microscopico. In conclusione, nel limite non

relativistico la radiazione che viene rivelata a un istante t a una distanza r dalla particella,

viene considerata emessa dalla particella allā€™istante ritardato T = tāˆ’ rc, e quindi lā€™energia

emessa corrisponente (6.126) deve dipendere dal valore dellā€™accelerazione ~a(T ) allo stesso

istante.

Nello sviluppo (6.127) i termini di ordine 1/c e successivi rappresentano, invece, corre-

zioni relativistiche di ordine superiore. Per una trattazione sistematica degli sviluppi non

203

Page 215: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

relativistici rimandiamo alla sezione 7.3, dove faremo in particolare vedere che, affinche il

ritardo microscopico possa essere trascurato, e necessario che le particelle si muovano con

velocita piccole rispetto alla velocita della luce.

Formula di Larmor. Nellā€™approssimazione non relativistica lā€™accelerazione ~a(T ) ā‰” ~a

nella (6.126) risulta indipendente dagli angoli, e la potenza totale (6.120) puo allora essere

valutata esplicitamente. Per fare questo e sufficiente scegliere come asse z la direzione di

~a, e usare le relazioni,

|~nƗ ~a|2 = |~a |2sen2Ļ‘, dĪ© = senĻ‘ dĻ‘ dĻ•.

Risulta allora,

W =e2|~a |216 Ļ€2 c3

āˆ« 2Ļ€

0

dĻ•

āˆ« Ļ€

0

sen3Ļ‘ dĻ‘.

Svolgendo gli integrali si ottiene una formula semplice per la potenza totale emessa da

una particella non relativistica, con carica e e accelerazione ~a,

W =e2 |~a |26Ļ€ c3

, (6.128)

che e la nota formula di Larmor (1897). Insistiamo sul fatto che in questa formula la

potenza W(t, r) rivelata a un istante t a una distanza r dalla particella, coinvolge al

membro di destra lā€™accelerazione valutata allā€™istante t āˆ’ rc. Proprio perche la radiazione

si propaga con velocita c, la formula puo allora anche essere interpretata dicendo che, se

a un dato istante la particella possiede lā€™accelerazione ~a, in quellā€™istante essa emette la

potenza e2|~a|2/6Ļ€c3. Torneremo su questo punto in sezione 9.1, dove discuteremo la gene-

ralizzazione relativistica della (6.128). Le conseguenze fenomenologiche della formula di

Larmor saranno invece analizzate nel prossimo capitolo, dove la rideriveremo nellā€™ambito

di un approccio piu sistematico.

6.5 Problemi

6.1 Si dimostri che la funzione di Green ritardata (6.43) definisce una distribuzione in

S ā€²(R4).

6.2 Si dimostri che il campo F ĀµĪ½a asintotico dato in (6.102) e nullo in ogni direzione ~n,

se e solo se wĀµ = 0. [Sugg.: puo essere utile usare il sistema a riposo istantaneo.]

204

Page 216: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

6.3 Si consideri una particella di carica e che si muove con velocita v costante lungo

lā€™asse z, nel sistema di riferimento del laboratorio K. Si consideri che nel sistema di

riferimento K ā€², dove la particella e a riposo in ~x ā€² = 0, il quadripotenziale vale,

Aā€²Āµ(xā€²) =e

4Ļ€|~x ā€²| (1, 0, 0, 0).

a) Si determini la trasformazione di Lorentz Ī›ĀµĪ½ che connette un evento in K con lā€™evento

corrispondente in K ā€².

b) Si determini il potenziale AĀµ(x) in K sfruttando il fatto che esso e un quadrivettore, e

si confronti il risultato con la (6.63).

6.4 Si verifichi che i campi elettrico e magnetico di una particella priva di massa soddi-

sfano le equazioni (6.82), dimostrando in particolare che in due dimensioni vale lā€™identita

distribuzionale,

~āˆ‡ Ā· ~x

r2= 2Ļ€ Ī“2(~x),

dove ~x ā‰” (x, y) e r =āˆš

x2 + y2.

Se ne deduca che la funzione di Green del laplaciano bidimensionale e data dal

logaritmo,

āˆ‡2

(1

2Ļ€ln r

)= (āˆ‚2

x + āˆ‚2y)

(1

2Ļ€ln

āˆšx2 + y2

)= Ī“2(~x).

205

Page 217: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

7 Irraggiamento

Con ā€œirraggiamentoā€ si intende genericamente il fenomeno dellā€™emissione di radiazione

da parte di un generico sistema carico. Nel capitolo precedente abbiamo derivato unā€™e-

spressione esatta per il campo elettromagnetico generato da una particella carica in moto

arbitrario. Abbiamo visto che se la particella e accelerata, allora essa genera un campo di

accelerazione che a grandi distanze decade come 1/r e che trasporta energia e quantita di

moto. Abbiamo anche constatato che lā€™analisi quantitativa della radiazione, e in partico-

lare la determinazione del quadrimomento emesso, in realta non richiedono la conoscenza

dei campi di Lienardā€“Wiechert esatti, ma solo della loro forma asintotica.

Nel presente capitolo vogliamo eseguire unā€™analisi sistematica della radiazione emessa

da un arbitrario sistema carico, rappresentato da una quadricorrente jĀµ generica. Siccome

a livello microscopico qualsiasi sistema carico puo essere pensato come composto da un

insieme di particelle cariche puntiformi, il suo campo a grandi distanze decade ancora

come 1/r, e per analizzare la radiazione emessa e di nuovo sufficiente determinare il suo

andamanto asintotico. Uno degli scopi principali di questo capitolo sara in particolare la

determinazione del quadrimomento emesso dal sistema nellā€™unita di tempo, vedi (6.116),

d2P Āµ

dt dĪ©= r2

(T Āµi

em ni). (7.1)

Siccome al membro di destra di questa formula contribuiscono solo i campi F ĀµĪ½ che a

grandi distanze decadono come 1/r, per valutare il quadrimomento emesso e allora suffi-

ciente selezionare anche dal quadripotenziale AĀµ di (6.48) i contributi che vanno come 1/r.

La prossima sezione sara dunque dedicata a unā€™analisi sistematica del quadripotenziale a

grandi distanze dal sistema carico, ovvero nella ā€œzona della ondeā€.

Decomposizione spettrale della corrente. Concludiamo questa premessa con una speci-

ficazione sulla natura delle correnti che considereremo. In primo luogo queste dovranno

certamente essere conservate, āˆ‚ĀµjĀµ = 0. Le correnti che compaiono nella realta fisica si

suddividono poi naturalmente in due categoria a seconda della loro dipendenza dal tem-

po, correnti aperiodiche e correnti periodiche. Nel primo caso la corrente ammette una

trasformata di Fourier nella sola variabile temporale, ovvero, ammette la ā€œdecomposizione

206

Page 218: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

spettraleā€,

jĀµ(t, ~x) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždĻ‰ eiĻ‰tjĀµ(Ļ‰, ~x), (7.2)

dove la trasformata jĀµ(Ļ‰, ~x) rappresenta il ā€œpeso continuoā€ con cui la frequenza Ļ‰ compare

nella corrente. Siccome la corrente e reale questi pesi devono soddisfare la condizione di

realta,

jĀµāˆ—(Ļ‰, ~x) = jĀµ(āˆ’Ļ‰, ~x),

a causa della quale in seguito le frequenze saranno considerate sempre positive. Esempi

di processi che corrispondono a correnti aperiodiche sono gli urti elastici tra particelle

cariche, o il passaggio di una particella carica attraverso una zona limitata con un campo

elettromagnetico non nullo.

Se la corrente e invece periodica nel tempo con periodo T ā€“ come la corrente macro-

scopica in unā€™antenna, o quella dovuta a una particella carica in un ciclotrone ā€“ allora la

decomposizione (7.2) viene sostituita dalla serie di Fourier 30,

jĀµ(t, ~x) =āˆžāˆ‘

N=āˆ’āˆžeiNĻ‰0 t jĀµ

N(~x), jĀµāˆ—N (~x) = jĀµ

āˆ’N(~x), (7.3)

dove Ļ‰0 = 2Ļ€T

e la frequenza fondamentale. In questo caso jĀµN(~x) rappresenta il ā€œpeso

discretoā€ con cui la frequenza,

Ļ‰N = NĻ‰0,

compare nella corrente.

In seguito considereremo anche ā€œsorgenti monocromaticheā€ corrispondenti a correnti

con frequenza fissata, del tipo,

jĀµ(t, ~x) = eiĻ‰tjĀµ(Ļ‰, ~x) + c.c. (7.4)

Qualsiasi sorgente potra quindi essere pensata come sovrapposizione ā€“ discreta o continua

ā€“ di sorgenti monocromatiche. La denominazione ā€œfrequenzaā€ per la variabile duale Ļ‰

30In realta la (7.3) puo essere riguardata come un caso particolare della (7.2), se si pone,

jĀµ(Ļ‰, ~x) =āˆš

2Ļ€

āˆžāˆ‘

N=āˆ’āˆžĪ“(Ļ‰ āˆ’ Ļ‰N )jĀµ

N (~x).

207

Page 219: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

deriva dal fatto che, come vedremo, una sorgente monocromatica genera un campo elet-

tromagnetico che nella zona delle onde assume la forma di unā€™onda piana monocromatica,

con la stessa frequenza Ļ‰ della sorgente.

7.1 Il campo elettromagnetico nella zona delle onde

In questa sezione considereremo una generica corrente a supporto spaziale compatto. Sce-

gliendo opportunamente lā€™origine spaziale del sistema di riferimento, il suo supporto

spaziale sara allora contenuto in una palla di raggio R e avremo,

jĀµ(t, ~x) = 0, per |~x| > R, āˆ€ t.

La limitazione a correnti siffatte trova la sua motivazione fisica nel fatto che le distribuzioni

di carica realizzabili in natura sono necessariamente confinate a una regione limitata.

Il potenziale nella zona delle onde. Definiamo come ā€œzona delle ondeā€ la regione lon-

tana dalle cariche, ovvero la regione spaziale 31,

|~x| ā‰” r ƀ R. (7.6)

Per i motivi detti valutiamo ora il quadripotenziale esatto (6.48),

AĀµ(x) =1

4Ļ€

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| jĀµ(tāˆ’ |~xāˆ’ ~y|, ~y), (7.7)

nella zona delle onde, arrestandoci ai termini di ordine 1/r. Siccome la corrente nellā€™in-

tegrando e nulla per |~y| > R, lā€™integrale in d3y puo essere ristretto ai valori di ~y per cui

|~y| ā‰¤ R. In base alla (7.6) abbiamo allora,

|~x| ƀ |~y|.31Come ā€œzona delle ondeā€ si definisce spesso la regione degli r che oltre alla (7.6) soddisfano anche,

r ƀ Ī», r ƀ R2

Ī», (7.5)

dove Ī» = 2Ļ€/Ļ‰ e la lunghezza dā€™onda, e Ļ‰ indica la generica frequenza presente nella corrente (7.2). Se rsoddisfa queste relazioni ulteriori, allora le formule (7.9) e (7.10) mantengono la loro validita anche pervalori finiti di r, e non solo asintoticamente. Per esempio, per arrivare alla (7.9) nellā€™argomento temporaledella corrente in (7.7) abbiamo trascurato un termine o(y2/r), vedi (7.8), che nello sviluppo della correntedarebbe luogo a un contributo del tipo (y2/r)āˆ‚0j

Āµ. Considerando la componente monocromatica (7.4)schematicamente si ha āˆ‚0j

Āµ ' iĻ‰jĀµ, e quindi questo termine e trascurabile se Ļ‰y2/r < Ļ‰R2/r Āæ 1, cheequivale alla seconda condizione in (7.5).

208

Page 220: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Introducendo il versore radiale ~n = ~x/r abbiamo allora gli sviluppi, vedi (6.124),

|~xāˆ’ ~y| = r

āˆš1āˆ’ 2

~n Ā· ~yr

+y2

r2= r āˆ’ ~n Ā· ~y + o

(1

r

), (7.8)

1

|~xāˆ’ ~y| =1

r+ o

(1

r2

).

Inserendo queste espansioni in (7.7) si ottiene il potenziale nella zona delle onde,

AĀµ(x) =1

4Ļ€r

āˆ«d3y jĀµ(tāˆ’ r + ~n Ā· ~y, ~y) + o

(1

r2

). (7.9)

In seguito trascureremo i termini di ordine 1/r2, in quanto siamo interessati solo al termine

leading ā€“ che e di ordine 1/r come anticipato. Si noti in particolare che lā€™integrale che

moltiplica il fattore 1/4Ļ€r dipende, oltre che da ~x, anche dal tempo. Di conseguenza il

potenziale (7.9) dara luogo a un campo F ĀµĪ½ che a grandi distanze decade ancora come 1/r,

vedi sotto, corrispondente appunto a un campo di accelerazione. Per confronto ricordiamo

che anche il potenziale coulombiano statico e proporzionale a 1/r, ma che in quel caso il

coefficiente di proporzionalita e indipendente dal tempo e il campo corrispondente decade

allora come 1/r2, e non come 1/r.

Notiamo poi nella (7.9) la comparsa del tempo ritardato ā€œmacroscopicoā€ T = t āˆ’ r,

che tiene conto del tempo che il campo elettromagnetico impiega per raggiungere il punto

di osservazione, a partire dal centro della palla contenente le cariche. Il termine ~n Ā· ~ytiene invece conto del ritardo ā€œmicroscopicoā€ delle cariche individuali, a seconda della

loro posizione allā€™interno della palla.

Le relazioni delle onde. Le proprieta principali del campo elettromagnetico nella zona

della onde, derivato dal potenziale (7.9), seguono dalle relazioni delle onde (5.63),

āˆ‚ĀµAĪ½ = nĀµA

Ī½ , nĀµAĀµ = 0, nĀµnĀµ = 0, (7.10)

relazioni che ora dimostreremo essere valide anche per il potenziale (7.9), modulo ter-

mini di ordine 1/r2. Cominciamo definendo il ā€œquadrivettoreā€ nullo nĀµ = (n0, ~n) con

componenti,

n0 = 1, ~n =~x

r, n2 = 0.

Calcoliamo poi le derivate rispetto a t e xi dellā€™integrando della (7.9)

1

rjĀµ(tāˆ’ r + ~n Ā· ~y, ~y),

209

Page 221: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

tralasciando di scrivere esplicitamente gli argomenti,

āˆ‚0

(1

rjĪ½

)=

1

rāˆ‚0j

Ī½ ,

āˆ‚i

(1

rjĪ½

)= āˆ’xi

r2āˆ‚0j

Ī½ + o

(1

r2

).

Modulo termini di ordine 1/r2 queste relazioni equivalgono a,

āˆ‚Āµ

(1

rjĪ½

)= nĀµ āˆ‚0

(1

rjĪ½

).

Dalla (7.9) si ottiene allora,

āˆ‚ĀµAĪ½ =

1

4Ļ€

āˆ«d3y āˆ‚Āµ

(1

rjĪ½

)=

1

4Ļ€

āˆ«d3y nĀµ āˆ‚0

(1

rjĪ½

)= nĀµ āˆ‚0

1

4Ļ€r

āˆ«d3y jĪ½ = nĀµ āˆ‚0A

Ī½ ,

che e la prima relazione in (7.10). La seconda e conseguenza del fatto che il potenziale

per costruzione soddisfa la gauge di Lorentz, āˆ‚ĀµAĀµ = 0.

Una volta appurato che valgono le (7.10), concludiamo che il campo elettromagnetico

nella zona delle onde condivide con le onde piane le proprieta (5.77)ā€“(5.79),

~E = āˆ’ ~A + (~n Ā· ~A )~n = ~nƗ[~nƗ ~A

], (7.11)

~B = ~nƗ ~E, ~n Ā· ~E = 0, | ~E| = | ~B|, (7.12)

T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½(AiAj) Ī›ij = nĀµnĪ½

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~Aāˆ£āˆ£āˆ£2

= nĀµnĪ½ | ~E|2, Ī›ij ā‰” Ī“ij āˆ’ ninj. (7.13)

In particolare i campi elettrico e magnetico sono ortogonali tra di loro, e la direzione di

propagazione del campo e la radiale uscente ~n. Infatti, dalle (7.12) segue che il vettore di

Poynting e parallelo e concorde a ~n,

~S = ~E Ɨ ~B = ~n | ~E|2. (7.14)

Le relazioni (7.12) e (7.14) generalizzano in particolare le formule asintotiche (6.113) e

(6.118) ā€“ valide per il campo asintotico di un sistema di particelle puntiformi ā€“ al caso di

una corrente generica. Dalla (7.9) segue inoltre lā€™andamento asintotico,

AĀµ āˆ¼ 1

r,

e le (7.11), (7.12) comportano allora per il campo elettromagnetico lā€™andamento asintotico

previsto, F ĀµĪ½ āˆ¼ 1/r.

Notiamo infine che la valutazione esplicita delle formule (7.11)ā€“(7.13) richiede solo la

conoscenza della parte spaziale ~A del quadrivettore (7.9).

210

Page 222: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

7.1.1 Emissione di quadrimomento

Inserendo la formula per il tensore energiaā€“impulso asintotico (7.13) nella (7.1) otte-

niamo unā€™espressione compatta per la distribuzione angolare del quadrimomento emesso

nellā€™unita di tempo,d2P Āµ

dt dĪ©= r2 nĀµ| ~E|2. (7.15)

Per calcolare invece il quadrimomento emesso nellā€™unita di tempo in tutte le direzioni,

occorre integrare il membro di destra della (7.15) sullā€™angolo solido totale,

dP Āµ

dt= r2

āˆ«dĪ© nĀµ| ~E|2. (7.16)

Per processi di radiazione transitori, ovvero processi originati da cariche che sono accele-

rate solo per un intervallo finito di tempo, sara finito anche il quadrimomento emesso in

direzione ~n nellā€™unita di angolo solido, durante lā€™intero processo,

dP Āµ

dĪ©= r2nĀµ

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž| ~E|2 dt.

Indicando come al solito la potenza emessa condĪµ

dt=W , le componenti temporale e

spaziali della (7.15) si scrivono, vedi (7.11),

d2Īµ

dt dĪ©=

dWdĪ©

= r2 | ~E|2 = r2 (AiAjĪ›ij), Ī›ij ā‰” Ī“ij āˆ’ ninj, (7.17)

d2 ~P

dt dĪ©=

dWdĪ©

~n. (7.18)

Si noti in particolare la compensazione delle potenze di r nella (7.17), una volta inserita

la (7.9). Si vede che per il campo elettromagnetico nella zona delle onde, 1) il flusso di

quantita di moto e determinato localmente dal flusso di energia e, 2) la quantita di moto

e lā€™energia soddisfano localmente le relazioni,

āˆ†~P = ~n āˆ†Īµ, (āˆ†Īµ)2 āˆ’ |āˆ†~P |2 = 0, (7.19)

come nel caso delle onde piane. Siccome a livello quantistico il fenomeno dellā€™irraggia-

mento corrisponde allā€™emissione di fotoni, le (7.19) indicano allora che queste particelle

sono prive di massa, e che si propagano in direzione radiale. Torneremo su alcuni aspetti

quantistici della radiazione nel capitolo 10.

211

Page 223: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Il risultato piu importante di questo paragrafo e la relazione (7.17), in quanto punto

di partenza per lā€™analisi energetica di tutti i fenomeni di radiazione: essa permette di

determinare la distribuzione angolare e temporale della radiazione emessa da una generica

corrente jĀµ, una volta valutata la parte spaziale del potenziale vettore attraverso la (7.9).

7.1.2 Sorgenti monocromatiche e onde piane

Abbiamo appena constatato che il campo elettromagnetico nella zona delle onde possiede

molte delle proprieta delle onde piane. Questo fatto chiaramente non e casuale perche,

essendo jĀµ(t, ~x) = 0 per |~x| > R, al di fuori della palla di raggio R il campo e un campo

libero. Pur non essendo libero in tutto lo spazio, la sua forma si avvicinera tanto piu a

quella di un campo libero in tutto lo spazio, quanto piu ci allontaniamo dalla sorgente.

Cā€™e allora da aspettarsi che nella zona delle onde il campo elettromagnetico risulti con

buona approssimazione una sovrapposizione di onde piane, e non stupisce che esso erediti

le loro proprieta piu salienti. Tuttavia, e altrettanto chiaro che in generale questo campo

non sara costituito da una singola onda piana monocromatica.

Per decomporre il campo nella zona delle onde in onde elementari, sfruttiamo la li-

nearita in jĀµ del potenziale vettore (7.9), e utilizziamo le decomposizioni spettrali del-

la corrente (7.2) e (7.3). Considerando una singola frequenza Ļ‰ inseriamo la sorgente

monocromatica (7.4) nella (7.9),

AĀµ(x) =1

4Ļ€r

āˆ«d3y eiĻ‰(tāˆ’r+~nĀ·~y) jĀµ(Ļ‰, ~y) + c.c.

=1

4Ļ€reiĻ‰(tāˆ’r)

āˆ«d3y eiĻ‰(~nĀ·~y) jĀµ(Ļ‰, ~y) + c.c.

ā‰” ĪµĀµ eikĀ·x + c.c. (7.20)

Abbiamo definito il vettore dā€™onda kĀµ con componenti,

k0 = Ļ‰, ~k = Ļ‰ ~n,

soddisfacente,

k2 = 0, k Ā· x = kĀµxĀµ = Ļ‰(tāˆ’ r),

e il vettore di polarizzazione,

ĪµĀµ =1

4Ļ€r

āˆ«d3y eiĻ‰(~nĀ·~y)jĀµ(Ļ‰, ~y). (7.21)

212

Page 224: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Vediamo allora che una sorgente monocromatica genera un campo che nella zona delle

onde si riduce formalmente a unā€™onda piana, con i vettori dā€™onda e di polarizzazione

indicati. In particolare, una corrente di frequenza Ļ‰ genera unā€™onda della stessa frequenza.

Onde piane e onde sferiche. Tuttavia, la (7.20) non costituisce unā€™onda piana vera

e propria, perche sia il vettore dā€™onda, sia il vettore di polarizzazione esibiscono una

dipendenza residua dalla posizione ~x = ~n r. In particolare il vettore di polarizzazione porta

il prefattore 1/r, la cui presenza e tra lā€™altro richiesta dalla conservazione dellā€™energia.

Infatti, scrivendo il vettore di Poynting mediato nel tempo associato allā€™onda (7.20) si ha,

vedi il problema 5.6,

~S = āˆ’2~nĻ‰2Īµāˆ—ĀµĪµĀµ,

e si vede che ~S e proporzionale a 1/r2. Di conseguenza lā€™energia che attraversa la sezione

di un cono di apertura angolare dĪ© nellā€™unita di tempo,

~S Ā· (~n r2dĪ©),

e indipendente da r. Lā€™energia fluisce quindi verso lā€™infinito, conservandosi. La polariz-

zazione ĪµĀµ dipende poi anche dalla direzione ~n, attraverso lā€™esponenziale nellā€™integrando

della (7.21). Per queste particolari dipendenze da r e ~n il potenziale (7.20) corrisponde,

propriamente parlando, a una sovrapposizione di ā€œonde sfericheā€, vedi il testo di J.D.

Jackson 32, piuttosto che a unā€™onda piana.

Tuttavia, in una regione con estensioni spaziali L piccole rispetto a r,

LĀæ r,

i vettori kĀµ e ĪµĀµ risultano praticamente costanti, e localmente la (7.20) appare quindi

come unā€™onda piana. Infatti, allā€™interno di una regione di questo tipo le variazioni relative

di r e ~n sono limitate da,āˆ†r

r<

L

r, |āˆ†~n| < L

r,

e la variazione relativa di ~k equivale allora a,

|āˆ†~k|Ļ‰

= |āˆ†~n| < L

rĀæ 1.

32J.D. Jackson, Classical Electrodynamics, 3a edizione, Wiley & Sons, New York, 1998.

213

Page 225: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per quanto riguarda invece la variazione del vettore di polarizzazione, dalla (7.21) si ricava,

āˆ†ĪµĀµ =1

4Ļ€r

āˆ«d3y

(āˆ’āˆ†r

r+ i Ļ‰ (āˆ†~n Ā· ~y)

)eiĻ‰(~nĀ·~y)jĀµ(Ļ‰, ~y).

Considerando che |~y| < R abbiamo,āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ’

āˆ†r

r+ i Ļ‰ (āˆ†~n Ā· ~y)

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ <L

r+ Ļ‰R |āˆ†~n| < (1 + Ļ‰R)

L

r.

Siccome per sistemi microscopici Ļ‰R corrisponde alla velocita delle cariche nella corrente,

vedi la prossima sezione, anche la variazione relativa di ĪµĀµ e allora dellā€™ordine di L/r Āæ 1.

Se a titolo di esempio consideriamo la radiazione emessa dal sole e osservata sulla terra,

r corrisponde alla distanza terraā€“sole, r = 1.5 Ā· 108km, mentre L e il diametro della terra,

L = 1.2 Ā· 104km. Sulla superficie della terra il vettore dā€™onda e il vettore di polarizzazione

sono quindi soggetti a variazioni relative molto piccole, dellā€™ordine di L/r āˆ¼ 10āˆ’4, e la

radiazione osservata risulta in pratica composta da onde piane.

Sorgenti generiche. Data la linearita della (7.9), questi risultati si estendono diretta-

mente alle generiche quadricorrenti (7.2) e (7.3). Nel caso generale il campo elettroma-

gnetico nella zona delle onde risulta dunque ā€“ localmente ā€“ sovrapposizione di onde piane

monocromatiche, e le frequenze presenti nella radiazione sono un sottoinsieme di quelle

presenti nella corrente. Puo, infatti, succedere che lā€™integrale nella (7.21) sia zero.

In particolare, a un arbitrario sistema di cariche che eseguono un moto periodico di

periodo T , corrisponde una corrente periodica del tipo (7.3), e sistemi siffatti emettono

quindi radiazione con frequenze appartenenti allā€™insieme,

Ļ‰N = NĻ‰0, N = 1, 2, 3 Ā· Ā· Ā· .

Viceversa, a un sistema di particelle che seguono orbite aperte corrisponde una corrente

aperiodica del tipo (7.2), e un tale sistema di cariche emette quindi radiazione con uno

spettro continuo di frequenze.

7.2 La radiazione dellā€™antenna lineare

Dalle formule derivate nella sezione precedente si vede che il calcolo del quadrimomento

emesso richiede la valutazione del potenziale spaziale ~A nella zona delle onde. Sfortu-

natamente lā€™integrale che compare nella (7.9) raramente puo essere eseguito in modo

214

Page 226: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

esatto, ed in generale e necessario ricorrere a un approccio perturbativo, come per esem-

pio lo sviluppo in multipoli che presenteremo nella prossima sezione. Uno dei rari casi

in cui lā€™integrale nella (7.9) puo essere valutato esattamente e quello dellā€™antenna lineare,

alimentata al centro.

Senza entrare nei dettagli diamo la forma della densita di corrente spaziale in unā€™an-

tenna lineare di lunghezza L disposta lungo lā€™asse z, alimentata al centro da un generatore

di frequenza Ļ‰,

~j(t, ~y) = I Ī“(y1) Ī“(y2) sen(Ļ‰(L/2āˆ’ |y3|)) cos(Ļ‰t) ~u, (7.22)

I ā‰” I0

sen(Ļ‰L/2). (7.23)

E sottinteso che ~j = 0 per |y3| ā‰„ L/2. Si vede che la corrente si annulla al bordo,

per y3 = Ā±L/2, mentre per ogni t fissato essa e massima al ā€œgapā€, ovvero in y3 = 0,

che e il punto in cui viene alimentata. I0 ha le dimensioni di una corrente, nel senso di

carica per unita di tempo, e corrisponde alla corrente al gap. ~u = (0, 0, 1) e il versore

lungo z. Confrontando con la (7.4) vediamo in particolare che la (7.22) e una corrente

monocromatica, e quindi essa emette radiazione monocromatica di frequenza Ļ‰ e lunghezza

dā€™onda Ī» = 2Ļ€/Ļ‰.

Per determinare il potenziale nella zona delle onde inseriamo la (7.22) nella (7.9),

~A(t, ~x) =I~u

4Ļ€r

āˆ« L/2

āˆ’L/2

dy3

āˆ«dy1

āˆ«dy2 Ī“(y1) Ī“(y2) sen(Ļ‰(L/2āˆ’ |y3|)) cos(Ļ‰(tāˆ’ r + ~n Ā· ~y)).

Possiamo integrare le funzioni Ī“ in y1 e y2, sostituendo ~n Ā· ~y = n1y1 + n2y2 + n3y3 con

n3y3 = cosĻ‘ y3, dove Ļ‘ e lā€™angolo tra ~n e lā€™asse z. Si ottiene cosı,

~A(t, ~x) =I~u

4Ļ€r

āˆ« L/2

āˆ’L/2

dy3 sen(Ļ‰(L/2āˆ’ |y3|)) cos(Ļ‰(tāˆ’ r + cos Ļ‘ y3)).

Lā€™integrazione rimanente su y3 e elementare e porta a,

~A(t, ~x) =I cos(Ļ‰(tāˆ’ r))

2Ļ€r Ļ‰ sen2Ļ‘

(cos

(Ļ‰L

2cosĻ‘

)āˆ’ cos

Ļ‰L

2

)~u. (7.24)

Il potenziale vettore e quindi in ogni punto parallelo allā€™asse z, cosı come lo e ~A. Dalle

(7.11) vediamo allora che il campo elettrico giace sempre nel piano individuato dallā€™asse

z e da ~n, essendo ortogonale a ~n.

215

Page 227: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La distribuzione angolare della potenza emessa si ottiene invece derivando la (7.24)

rispetto al tempo, e inserendo lā€™espressione risultante nella (7.17). Sfruttando il fatto che

~A e diretto lungo lā€™asse z risulta,

dWdĪ©

= r2(AiAjĪ›ij) = r2āˆ£āˆ£āˆ£ ~A

āˆ£āˆ£āˆ£2

sen2Ļ‘. (7.25)

La derivata temporale della (7.24) equivale alla sostituzione,

cos(Ļ‰(tāˆ’ r))ā†’ āˆ’Ļ‰ sen(Ļ‰(tāˆ’ r)).

Eseguendo inoltre la media temporale della (7.25) dobbiamo effettuare la sostituzione,

sen2(Ļ‰(tāˆ’ r))ā†’ 1/2.

In definitiva otteniamo per la distribuzione angolare della potenza media emessa dallā€™an-

tenna lineare lā€™espressione 33,

dWdĪ©

=I20

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£cos

(Ļ‰L2

cosĻ‘)āˆ’ cosĻ‰L

2

sen(Ļ‰L2

) senĻ‘

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£

2

. (7.26)

Da questa formula si vede che lā€™esistenza di direzioni in cui dW/dĪ© e massima o minima

dipende fortemente dai valori del rapporto,

Ļ‰L

2=

Ļ€L

Ī».

Invece di eseguire unā€™analisi sistematica della distribuzione angolare (7.26), di seguito ci

limiteremo a considerare qualche caso particolare. Vediamo comumque che dW/dĪ© e

sempre nulla per Ļ‘ = 0, cioe, lungo la direzione dellā€™antenna, mentre ha un massimo per

Ļ‘ = Ļ€/2, cioe nel piano ortogonale allā€™antenna, a patto che sia L/Ī» 6= 2 n con n intero.

Inoltre si puo vedere facilmente che se L ā‰¤ Ī» allora la potenza non ha altri estremali,

mentre se L > Ī» allora esistono ulteriori direzioni in cui essa e massima o nulla.

Qualitativamente possiamo dividere le antenne in due categorie, antenne ā€œlungheā€

corrispondenti a L ' Ī», e antenne ā€œcorteā€ corrispondenti a L Āæ Ī». Tratteremo le

ultime in dettaglio nel paragrafo 7.3.3 nellā€™ambito dellā€™approssimazione di dipolo, mentre

di seguito consideriamo un tipico esempio di antenna lunga.

33Si noti che per L = nĪ», con n intero, la normalizzazione di I nella (7.23) deve essere cambiata.

216

Page 228: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Antenne lunghe. Casi particolarmente interessanti di antenne lunghe sono le antenne

a ā€œmezzā€™ondaā€ di lunghezza L = Ī»/2, e quelle a ā€œonda interaā€ di lunghezza L = Ī».

Consideriamo a titolo dā€™esempio unā€™antenna a mezzā€™onda, per cui Ļ‰L/2 = Ļ€/2. In questo

caso la (7.26) si riduce a,dWdĪ©

=I20

8Ļ€2

cos2(

Ļ€2cosĻ‘

)

sen2Ļ‘,

che ha un unico massimo in Ļ‘ = Ļ€/2 e un unico minimo in Ļ‘ = 0, dove si annulla. Se

vogliamo invece analizzare ā€œlā€™efficienzaā€ dellā€™antenna a mezzā€™onda dobbiamo calcolare la

potenza totale,

W =

āˆ«dWdĪ©

dĪ© =I20

8Ļ€2

āˆ« 2Ļ€

0

dĻ•

āˆ« Ļ€

0

dĻ‘cos2

(Ļ€2cosĻ‘

)

senĻ‘=

I20

4Ļ€

āˆ« Ļ€

0

dĻ‘cos2

(Ļ€2cosĻ‘

)

senĻ‘.

Lā€™ultimo integrale puo esser valutato solo numericamente e vale 1.22. In definitiva otte-

niamo,

W = 0.097 I20 =

1

2I20 R

(1/2)rad . (7.27)

Abbiamo introdotto la ā€œresistenza di radiazioneā€ dellā€™antenna a mezzā€™onda,

R(1/2)rad = 2 Ā· 0.097,

da non confondere con la sua resistenza ohmica Rohm. Se torniamo alle unita di misura

del sistema MKS, il nostro valore adimensionale della resistenza deve essere moltiplicato

per la ā€œresistenza del vuotoā€,

R0 =

āˆšĀµ0

Īµ0

ā‰ˆ 377 Ohm.

La resistenza di radiazione dellā€™antenna a mezzā€™onda diventa allora,

R(1/2)rad = 2 Ā· 0.097 R0 ā‰ˆ 73 Ohm, (7.28)

mentre per unā€™antenna a onda intera si otterrebbe,

R(1)rad ā‰ˆ 201Ohm.

Si puo vedere che questi valori della resistenza sono tipicamente molto maggiori della

resistenza ohmica dellā€™antenna,

Rohm Āæ Rrad.

217

Page 229: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Unā€™antenna lunga costituisce quindi un radiatore molto efficace, in quanto la maggior

parte dellā€™energia fornita dal generatore viene irradiata sotto forma di onde elettromagne-

tiche, mentre solo una piccola parte viene dissipata per effetto Joule. Nel paragrafo 7.3.3

vedremo, invece, che unā€™antenna corta costituisce al contrario un radiatore poco efficace,

in quanto in quel caso si ha Rohm ƀ Rrad.

7.3 Sviluppi non relativistici

In sezione 7.1 abbiamo ricondotto il calcolo del quadrimomento emesso da una generica

distribuzione di carica, si vedano le (7.17) e (7.18), alla determinazione della parte spa-

ziale del quadripotenziale nella zona delle onde (7.9), che quı riportiamo ripristinando la

velocita della luce,

AĀµ(x) =1

4Ļ€r c

āˆ«d3y jĀµ

(tāˆ’ r

c+

~n Ā· ~yc

, ~y

). (7.29)

Insistiamo sul fatto che questo procedimento fornisce risultati esatti. Tuttavia, in pratica

non e quasi mai possibile valutare lā€™integrale tridimensionale nella (7.29) analiticamente,

ed e quindi necessario ricorrere a qualche approccio perturbativo. Se le cariche si muovono

con velocita piccole rispetto alla velocita della luce, allora risulta appropriato un metodo

perturbativo che viene chiamato ā€œsviluppo in multipoliā€. Vediamo in che cosa consiste.

7.3.1 Sviluppo in multipoli

Per definizione lo sviluppo in multipoli del potenziale (7.29) equivale a uno sviluppo in se-

rie di Taylor della corrente jĀµ

(tāˆ’ r

c+

~n Ā· ~yc

, ~y

)attorno al tempo ritardato macroscopico

T = tāˆ’ r

c, considerando come parametro di sviluppo il ritardo microscopico

~n Ā· ~yc

,

AĀµ(x) =1

4Ļ€r c

āˆ«d3y

(jĀµ(T, ~y) +

~n Ā· ~yc

āˆ‚tjĀµ(T, ~y) +

1

2

(~n Ā· ~y)2

c2āˆ‚2

t jĀµ(T, ~y) + Ā· Ā· Ā·

). (7.30)

Come si vede questo sviluppo equivale a unā€™espansione in potenze di 1/c, e costitui-

sce quindi uno sviluppo non relativistico. Il primo termine nella (7.30) viene chiamato

ā€œtermine di dipoloā€, il secondo ā€œtermine di quadrupoloā€, e cosı via.

Spieghiamo innanzitutto il motivo per cui questa espansione risulta appropriata, se le

velocita delle particelle cariche che compongono la corrente jĀµ sono piccole rispetto alla

218

Page 230: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

velocita della luce. Supponiamo che queste particelle si muovano con velocita caratteristi-

ca v. Esse impiegano allora il tempo caratteristico R/v per attraversare la palla di raggio

R entro la quale sono confinate, e ne segue che la corrente varia sensibilmente su scale

temporali dellā€™ordine di t0 = R/v. Dato che |~y| < R, possiamo allora dare la seguente

stima del ritardo microscopico,

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~n Ā· ~y

c

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ <R

c=

v

ct0. (7.31)

Siccome la corrente varia su scale temporali caratteristiche dellā€™ordine di t0, concludiamo

allora che jĀµ

(T +

~n Ā· ~yc

, ~y

)differisce poco da jĀµ(T, ~y), a patto che il ritardo microscopico

sia molto minore di t0, āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~n Ā· ~y

c

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£Āæ t0. (7.32)

Ma per la (7.31) cio equivale a,

v

ct0 Āæ t0 ā‡’ v Āæ c.

Per velocita piccole rispetto a c la corrente potra allora essere sviluppata in serie di potenze

di~n Ā· ~y

c.

Un modo alternativo per analizzare il significato dello sviluppo in multipoli consiste

nellā€™analizzare AĀµ frequenza per frequenza, cioe, considerando la corrente monocromatica

(7.4),

jĀµ(t, ~x) = eiĻ‰tjĀµ(Ļ‰, ~x) + c.c. (7.33)

con frequenza Ļ‰ fissata. La velocita caratteristica delle cariche risulta allora essere v = Ļ‰R.

Siccome in questo caso schematicamente abbiamo,

āˆ‚Nt jĀµ ' Ļ‰NjĀµ,

dalla (7.31) segue che il termine Nā€“esimo dello sviluppo in (7.30) ammonta a,

1

N !

(~n Ā· ~y)N

cNāˆ‚N

t jĀµ(T, ~y) ' 1

N !

(Ļ‰R)N

cNjĀµ(T, ~y) =

1

N !

(v

c

)N

jĀµ(T, ~y),

che equivale quindi direttamente a uno sviluppo in serie di potenze div

c.

219

Page 231: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

7.3.2 La radiazione di dipolo

Il resto di questa sezione sara dedicato a unā€™analisi dettagliata dellā€™approssimazione di

ordine piu basso ā€“ lā€™approssimazione di dipolo ā€“ che equivale a considerare nella (7.30)

solo il primo termine dello sviluppo,

Ai(x) =1

4Ļ€r c

āˆ«d3y ji

(tāˆ’ r

c, ~y

). (7.34)

Ricordiamo che per lā€™analisi della radiazione emessa e sufficiente determinare Ai. Il campo

elettromagnetico risultante dalla (7.34) viene chiamato ā€œcampo di dipoloā€, e la radiazione

ad esso associata ā€œradiazione di dipoloā€. Quando le velocita delle cariche in gioco sono

piccole rispetto alla velocita della luce, lā€™approssimazione di dipolo fornisce in generale

valori sufficientemente accurati per il campo asintotico e per il quadrimomento irradiato.

Se si richiede, invece, un grado di precisione piu elevato, oppure se il campo di dipolo e

nullo, allora nella (7.30) bisogna tenere conto anche dellā€™ordine successivo, corrispondente

al ā€œcampo di quadrupoloā€. Come vedremo in sezione 7.4, lā€™energia emessa trasportata

dal campo di quadrupolo e soppressa di un fattore(v

c

)2

rispetto a quella trasportata dal

campo di dipolo.

Il momento di dipolo. La (7.34) puo essere riscritta in modo piu semplice, se si intro-

duce per una generica quadricorrente jĀµ il suo momento di dipolo (elettrico),

Di(t) ā‰”āˆ«

d3xxiĻ(t, ~x), j0 = c Ļ. (7.35)

Come conseguenza dellā€™equazione di continuita āˆ‚ĀµjĀµ = 0, la sua derivata temporale

soddisfa,

Di(t) =

āˆ«d3x ji(t, ~x). (7.36)

Infatti, dato che Ļ = āˆ‚0j0, si ha,

Di(t) =

āˆ«d3xxi āˆ‚0j

0 = āˆ’āˆ«

d3xxi āˆ‚kjk = āˆ’

āˆ«d3x

[āˆ‚k(x

ijk)āˆ’ ji]

=

āˆ«d3x ji,

dove nellā€™ultimo passaggio la derivata totale non contribuisce, perche per |~x| > R la

corrente e zero. La (7.34) diventa allora semplicemente,

Ai =1

4Ļ€r cDi, (7.37)

220

Page 232: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove e sottointeso che il momento di dipolo e valutato allā€™istante ritardato macroscopico

t āˆ’ rc. La caratteristica principale di questa formula ā€“ peculiare per lā€™approssimazione

di dipolo ā€“ e che esprime Ai in termini della sola densita di carica, senza coinvolgere

esplicitamente la corrente spaziale.

Il potenziale scalare A0. Per lā€™analisi della radiazione e sufficiente la conoscenza di Ai,

ma per completezza facciamo notare che nello sviluppo (7.30) occorre fare una distinzione

tra Ai e A0. Questa distinzione deriva dal fatto che la componente temporale della corrente

e legata alla densita di carica Ļ dalla relazione j0 = c Ļ, mentre le sue componenti spaziali

sono indipendenti da c. Per una singola particella si ha, infatti, ~j = ~v Ļ. Ne segue

che, se nello sviluppo in multipoli (7.30) per Ai ci si arresta allā€™ordine (~n Ā· ~y)N/cN , per

consistenza nello sviluppo di A0 bisogna considerare anche il termine successivo di ordine

(~n Ā·~y)N+1/cN+1. In approssimazione di dipolo nel calcolo di A0 bisogna allora tenere conto

anche del termine lineare in ~n Ā· ~y/c. La (7.30) da allora,

A0 =1

4Ļ€r c

(āˆ«d3y c Ļ + ~n Ā· 1

cāˆ‚t

āˆ«d3y ~y c Ļ

)=

1

4Ļ€r

(Q +

niDi

c

), (7.38)

dove Q =āˆ«

d3x Ļ e la carica totale conservata del sistema. Si riconosce nel primo termine,

indipendente dal tempo, il potenziale coulombiano, mentre il secondo, dipendente dal

tempo, coinvolge a sua volta il momento di dipolo. Si noti come nellā€™approssimazione di

dipolo il potenziale vettore (7.37), (7.38) soddisfi la gauge di Lorentz āˆ‚ĀµAĀµ = 0, modulo

termini di ordine 1/r2. Dā€™ora in poi porremo di nuovo c = 1.

Emissione di quadrimomento. Dato il potenziale vettore (7.37) possiamo usare le (7.11)

e (7.12), valide nella zona delle onde, per ottenere espressioni semplici per i campi di

dipolo,

~E = āˆ’ 1

4Ļ€r[ ~D āˆ’ (~n Ā· ~D)~n], ~B = āˆ’ 1

4Ļ€r~nƗ ~D. (7.39)

Il campo elettrico giace quindi nel piano individuato da ~D e ~n. Inserendo infine la

(7.37) nella (7.17) otteniamo la distribuzione angolare della potenza emessa da un generico

sistema di cariche non relativistiche,

dWdĪ©

=1

16 Ļ€2DiDj(Ī“ij āˆ’ ninj) =

1

16 Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

sen2Ļ‘ =1

16 Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

, (7.40)

221

Page 233: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra ~D e ~n. Vediamo quindi che la radiazione di dipolo ha una distri-

buzione angolare molto semplice: essa e nulla lungo la direzione di ~D, mentre e massima

nel piano ortogonale a ~D.

La potenza totale si ottiene invece integrando dW/dĪ© sugli angoli. Usando gli integrali

invarianti del problema 2.6 risulta,

W =

āˆ«dWdĪ©

dĪ© =1

16Ļ€2DiDj

āˆ«dĪ©

(Ī“ij āˆ’ ninj

)

=1

16Ļ€2DiDj

(4Ļ€ Ī“ij āˆ’ 4Ļ€

3Ī“ij

)=

1

6Ļ€

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

. (7.41)

Al contrario, la quantita di moto totale emessa in tutte le direzioni e nulla. Infatti, dalla

(7.18) segue,

dP k

dt=

āˆ«nk dW

dĪ©dĪ© =

1

16Ļ€2DiDj

āˆ«dĪ© nk(Ī“ij āˆ’ ninj) = 0, (7.42)

dove di nuovo si sono usati gli integrali invarianti. Lā€™annullamento della quantita di moto

totale emessa e dovuta al fatto che, come conseguenza dellā€™invarianza della (7.40) per

~nā†’ āˆ’~n, le energie emesse in due direzioni opposte sono uguali; ne segue che le quantita

di moto emesse in direzioni opposte si cancellano.

Sistemi di particelle e Bremsstrahlung. Consideriamo ora come caso particolare un si-

stema di particelle cariche puntiformi non relativistiche. In questo caso la densita di carica

e

j0(t, ~x) =āˆ‘

r

er Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)),

e per il momento di dipolo la (7.35) da,

~D(t) =

āˆ«d3x~x

āˆ‘r

er Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)) =āˆ‘

r

er ~yr(t) ā‡’ ~D =āˆ‘

r

er ~ar, (7.43)

dove ~ar e lā€™accelerazione della particella rā€“esima. Secondo la (7.41) un tale sistema emette

quindi radiazione di dipolo con potenza istantanea,

W =1

6Ļ€

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ‘

r

er ~ar

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£

2

. (7.44)

Questa formula, che lega lā€™energia emessa direttamente alla causa della radiazione ā€“ lā€™ac-

celerazione delle particelle ā€“ generalizza la formula di Larmor (6.128) a un sistema di piu

222

Page 234: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

particelle. Si noti, in particolare, che la potenza emessa non e data dalla somma delle

potenze individuali, ovvero 16Ļ€

āˆ‘r e2

r |~ar|2, in quanto sono presenti anche dei termini di

ā€œinterferenzaā€ tra le varie particelle. La presenza di questi termini e conseguenza del

fatto che il campo elettromagnetico soddisfa il principio di sovrapposizione, e che obbe-

disce quindi alle leggi dellā€™interferenza. Se indichiamo il campo elettrico asintotico della

particella rā€“esima con ~Er, vedi (7.45), la (7.17) si scrive per lā€™appunto,

dWdĪ©

= r2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ‘

r

~Er

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£

2

,

e non dWdĪ©

= r2āˆ‘

r | ~Er|2.Il fenomeno della radiazione emessa da particelle cariche a causa di unā€™accelerazione

momentanea, o prolungata nel tempo, viene genericamente chiamato Bremsstrahlung,

ovvero, radiazione di frenamento. La formula (7.44) quantifica lā€™entita di questa radiazione

ā€“ sommata sugli angoli ā€“ per un arbitrario sistema di particelle non relativistiche. Nei

prossimi paragrafi analizzeremo in dettaglio vari casi di Bremsstrahlung non relativistica,

tra cui la diffusione Thomson, e la radiazione emessa a causa dellā€™interazione coulombiana

tra due particelle cariche.

Particella singola. Consideriamo piu in dettaglio il caso di una particella singola, per

cui ~D = e~a. Per i campi a grandi distanze le (7.39) danno allora,

~E = āˆ’ e

4Ļ€r[~aāˆ’ (~n Ā· ~a)~n], ~B = āˆ’ e

4Ļ€r~nƗ ~a. (7.45)

Si noti come questi campi siano fondamentalmente diversi dai campi prodotti a grandi

distanze da una particella non relativistica in moto rettilineo uniforme, vedi (6.70) e

(6.68). Vediamo in particolare che in questo caso il campo elettrico non e piu radiale ā€“

essendo piuttosto ortogonale alla direzione radiale ~n ā€“ e che appartiene al piano formato

da ~n e ~a. Per la distribuzione angolare della radiazione la (7.40) da invece,

dWdĪ©

=e2 |~nƗ ~a|2

16 Ļ€2. (7.46)

Vediamo che la particella non emette radiazione lungo la direzione dellā€™accelerazione, men-

tre lā€™emissione e massima nel piano ortogonale ad essa. Anticipiamo che questa proprieta

della distribuzione angolare della radiazione e caratteristica per il limite non relativisti-

223

Page 235: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

co. Vedremo, infatti, che per particelle ultrarelativistiche la distribuzione angolare della

radiazione sara radicalmente diversa.

Infine, per la potenza totale emessa da una particella singola non relativistica con

carica e e accelerazione ~a, la (7.44) si riduce a,

W =e2|~a |2

6Ļ€,

che e la formula di Larmor (6.128).

Si noti come le formule per una singola particella non relativistica appena derivate,

siano in perfetto accordo con i limiti non relativistici delle corrispondenti formule esatte

derivate nel paragrafo 6.4.4, a partire dai campi di Lienardā€“Wiechert.

Assenza della radiazione di dipolo. Menzioniamo ora alcuni casi importanti in cui la

radiazione di dipolo e assente. Oltre al caso ovvio di un sistema di cariche che si muovono

di moto rettilineo uniforme, quindi molto distanti tra di loro, la radiazione di dipolo e

assente per un sistema isolato di cariche con rapporto er/mr = Ī³ indipendente da r. In

questo caso il momento di dipolo si puo infatti scrivere come,

~D(t) =āˆ‘

r

er ~yr(t) = Ī³āˆ‘

r

mr ~yr(t),

e quindi,

~D = Ī³d

dt

(āˆ‘mr ~vr

)= 0,

in quanto la quantita di moto totale di un sistema isolato non relativistico e una costante

del moto. Concludiamo in particolare che in qualsiasi processo isolato che coinvolge solo

una specie di particelle, come per esempio lo scattering tra due particelle identiche, non

cā€™e emissione di radiazione di dipolo.

La radiazione di dipolo e pure assente per una distribuzione sferica di cariche. Cio e

conseguenza del teorema di Birkhoff, vedi problema 2.5, che assicura che una distribuzione

sferica di carica nel vuoto da luogo a un campo statico. E un campo statico non puo

emettere radiazione. Per verificare che le nostre formule sono in accordo con questa

previsione, e sufficiente ricordare che per una distribuzione sferica la densita di carica

dipende solo da r e t,

j0(t, ~x) = j0(t, r).

224

Page 236: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per il momento di dipolo si ottiene allora, usando coordinate polari e sfruttando gli

integrali invarianti,

Di(t) =

āˆ«d3xxij0(t, r) =

(āˆ«r3drj0(t, r)

)(āˆ«dĪ© ni

)= 0.

Nei casi in cui la radiazione di dipolo e assente diventa dunque rilevante il termine di ordine

successivo nello sviluppo (7.30), ovvero, quello corrispondente alla campo di quadrupolo.

Per sistemi a simmetria sferica la radiazione e evidentemente assente a tutti gli ordini.

Riepilogo. Concludiamo questo paragrafo riassumendo le varie formule per il potenziale

vettore, e la corrispondente distribuzione angolare della potenza emessa.

a) Potenziale esatto:

AĀµ(x) =1

4Ļ€

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| jĀµ(tāˆ’ |~xāˆ’ ~y|, ~y).

b) Potenziale nella zona delle onde:

AĀµ(x) =1

4Ļ€r

āˆ«d3y jĀµ(tāˆ’ r + ~n Ā· ~y, ~y).

c) Potenziale nella zona delle onde in approssimazione di dipolo:

Ai(x) =1

4Ļ€r

āˆ«d3y ji(tāˆ’ r, ~y) =

1

4Ļ€rDi.

a) Potenza locale esatta:dWdĪ©

= r2( ~E Ɨ ~B) Ā· ~n.

b) Potenza ā€œemessaā€ esatta:dWdĪ©

= r2(AiAjĪ›ij).

c) Potenza emessa in approssimazione di dipolo:

dWdĪ©

=1

16Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

.

Nellā€™approssimazione di dipolo si puo anche determinare la potenza totale emessa in tutte

le direzioni,

W =1

6Ļ€

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

.

225

Page 237: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

7.3.3 Potenza emessa da unā€™antenna lineare corta

Come prima applicazione dellā€™approssimazione di dipolo determiniamo la potenza emessa

da unā€™antenna lineare alimentata al centro, molto piu corta della lunghezza dā€™onda su cui

emette,

LĀæ Ī», ovvero Ļ‰LĀæ 1. (7.47)

Siccome la potenza emessa da unā€™antenna lineare di lunghezza arbitraria e gia stata cal-

colata in modo esatto, vedi sezione 7.2, lā€™analisi che segue ci permettera in particolare di

discutere i limiti di validita dellā€™approssimazione di dipolo in un esempio concreto.

Ripartiamo dalla corrente spaziale (7.22),

~j(t, ~y) = I0 Ī“(y1) Ī“(y2)sen(Ļ‰(L/2āˆ’ |y3|))

sen(Ļ‰L/2)cos(Ļ‰t) ~u. (7.48)

In questo caso lā€™approssimazione di dipolo e in effetti appropriata perche il tempo carat-

teristico con cui varia la corrente e t0 = 2Ļ€/Ļ‰, e la condizione (7.32) diventa allora,

|~n Ā· ~y| ā‰¤ LĀæ t0 = 2Ļ€/Ļ‰,

che e soddisfatta grazie alla (7.47). La potenza emessa dallā€™antenna puo allora essere

calcolata usando la (7.40), che coinvolge solo il momento di dipolo. La determinazione di

questā€™ultimo richiede in realta la conoscenza della densita di carica, ma questa puo essere

determinata a sua volta sfruttando la conservazione della quadricorrente,

āˆ‚0j0 = āˆ’āˆ‚ij

i = āˆ’ āˆ‚

āˆ‚y3j3.

Dalla (7.48) si ottiene allora facilmente,

j0(t, ~y) = I0 Ī“(y1) Ī“(y2)cos(Ļ‰(L/2āˆ’ |y3|))

sen(Ļ‰L/2)sen(Ļ‰t) Īµ(y3),

dove Īµ(Ā·) e la funzione segno. Possiamo allora calcolare il momento di dipolo,

~D(t) =

āˆ«d3y ~y j0(t, ~y) =

I0 sen(Ļ‰t)

sen(Ļ‰L/2)

āˆ«d3y ~y Ī“(y1) Ī“(y2) cos(Ļ‰(L/2āˆ’ |y3|)) Īµ(y3)

=2I0sen(Ļ‰t) ~u

sen(Ļ‰L/2)

āˆ« L/2

0

dy3 y3cos(Ļ‰(L/2āˆ’ y3)) =2I0 sen(Ļ‰t)(1āˆ’ cos(Ļ‰L/2))

Ļ‰2 sen(Ļ‰L/2)~u.

Siccome per ipotesi abbiamo Ļ‰LĀæ 1, questa espressione si riduce a,

~D =I0 L

2Ļ‰sen(Ļ‰t) ~u, ~D = āˆ’1

2I0 Ļ‰L sen(Ļ‰t) ~u.

226

Page 238: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La potenza istantanea si ottiene allora dalla (7.40),

dWdĪ©

=(I0Ļ‰L)2sen2(Ļ‰(tāˆ’ r))

64 Ļ€2sen2Ļ‘,

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra ~n e lā€™asse z. Eseguendo la media temporale su un periodo abbiamo

< sen2(Ļ‰(tāˆ’ r)) >= 1/2, e quindi,

dWdĪ©

=(I0Ļ‰L)2

128 Ļ€2sen2Ļ‘, (7.49)

da confrontare con il risultato esatto (7.26). In effetti si vede facilmente che nel limite

Ļ‰LĀæ 1 questā€™ultimo si riduce alla (7.49). Per quanto riguarda la distribuzione angolare

notiamo che la potenza approssimata (7.49) ha una distribuzione molto semplice ā€“ tipica

per la radiazione di dipolo ā€“ con un massimo nel piano ortogonale allā€™antenna, e uno zero

nella direzione parallela ad essa. Da un confronto qualitativo tra la (7.49) e la (7.26)

emerge allora che fino a quando L ā‰¤ Ī» questā€™ultima ha in effetti una forma molto simile

alla prima: un unico massimo in Ļ‘ = Ļ€/2 e uno zero in Ļ‘ = 0.

La discrepanza maggiore tra il trattamento esatto e lā€™approssimazione di dipolo emer-

ge, invece, se si confrontano le intensita delle radiazioni. Per rendercene conto, per sem-

plicita consideriamo la potenza totale. Integrando la (7.49) sullā€™angolo solido si ottiene

infatti,

W =(Ļ‰L)2

48 Ļ€I20 =

1

2I20 R

(c)rad, (7.50)

dove la resistenza di radiazione e data da,

R(c)rad =

(Ļ‰L)2

24 Ļ€=

Ļ€

6

(L

Ī»

)2

.

Reinserendo la resistenza del vuoto, R0 ā‰ˆ 377 Ohm, risulta dunque,

R(c)rad =

Ļ€

6

(L

Ī»

)2

R0 = 197

(L

Ī»

)2

Ohm. (7.51)

Se in accordo con lā€™ipotesi di lavoro (7.47) scegliamo, per esempio, L = Ī»/50 otteniamo,

R(c)rad = 0.08 Ohm,

che e molto minore della resistenza (7.28) dellā€™antenna a mezzā€™onda, R(1/2)rad = 73 Ohm.

Tuttavia, il dato piu rilevante e che la resistenza ohmica di unā€™antenna corta puo essere

227

Page 239: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dello stesso ordine di grandezza di R(c)rad, o anche sensibilmente maggiore: unā€™antenna corta

costituisce quindi in generale un radiatore poco efficace.

Infine possiamo chiederci quale risultato avremmo ottenuto se per lā€™antenna a mez-

zā€™onda ā€“ sbagliando ā€“ avessimo usato lā€™approssimazione di dipolo. Il risultato sarebbe

stata la (7.50) con L = Ļ€/Ļ‰, cioe,

W =Ļ€

48I20 = 0.065 I2

0 ,

al posto della (7.27), W = 0.097 I20 . Avremmo quindi ottenuto il corretto ordine di

grandezza, ma un valore numerico sbagliato.

7.3.4 Diffusione Thomson della radiazione

Un fenomeno che ricopre un ruolo importante in Elettrodinamica e costituito dalla dif-

fusione di radiazione elettromagnetica da parte di una particella carica libera. Se questo

processo viene considerato a livello classico, esso e descritto da unā€™onda elettromagnetica

che investe una particella carica, e viene chiamato ā€œdiffusione Thomsonā€. A livello quan-

tistico lo stesso processo e invece descritto dallā€™urto tra un fotone e una particella carica,

e viene chiamato ā€œeffetto Comptonā€.

Vediamo in cosa consiste qualitativamente la diffusione Thomson. Se unā€™onda elet-

tromagnetica piana incide su una particella carica libera, la particella incomincera ad

oscillare, principalmente lungo la direzione del campo elettrico. Essendo accelerata es-

sa emettera a sua volta radiazione elettromagnetica. Questa radiazione ā€œdiffusaā€ viene

emessa in direzioni diverse da quella dellā€™onda incidente, ma vedremo che per velocita non

relativistiche della particella, essa ha la stessa frequenza dellā€™onda incidente.

Consideriamo dunque una generica onda piana ā€œincidenteā€ in direzione ~u, con campi

elettrico e magnetico dati da, vedi problema 5.5,

~E = ~E0 eikĀ·x + c.c., ~B = ~uƗ ~E ,

dove ~E0 e un generico vettore complesso costante, ortogonale a ~u. In seguito assumeremo

che lā€™onda incidente sia polarizzata linearmente, vale a dire che ~E abbia direzione costante.

Avremo allora,

~Eāˆ—0 = ~E0.

228

Page 240: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™intensita media dellā€™onda incidente, definita come lā€™energia che attraversa lā€™unita di

superficie nellā€™unita di tempo e allora data da,

I0 =< |~S| >=< |~E|2 >= 2 E20 . (7.52)

In seguito supporremo che lā€™intensita dellā€™onda incidente sia sufficientemente bassa, in

modo tale che la velocita della particella si mantenga molto minore della velocita della

luce. Per lā€™analisi della radiazione emessa risultera dunque appropriata lā€™approssimazione

di dipolo.

Vediamo ora qual e lā€™effetto di questa onda se investe una particella di massa m e

carica e. Per moti non relativistici dovremo risolvere lā€™equazione,

m~a = e(

~E + ~v Ɨ ~B)

. (7.53)

Siccome abbiamo v Āæ 1 e | ~B| = |~E|, il campo magnetico puo essere trascurato. Lā€™equa-

zione da risolvere si scrive allora piu precisamente,

md2~y(t)

dt2= e ~E0 ei(Ļ‰ tāˆ’ ~k Ā· ~y(t)) + c.c. = 2 e ~E0 cos(Ļ‰ tāˆ’ ~k Ā· ~y(t)).

Se supponiamo che la direzione di incidenza sia z ā€“ nel qual caso ~k = (0, 0, Ļ‰) ā€“ e che ~E0sia diretto lungo x, si ottiene la soluzione stazionaria,

x(t) = āˆ’2 e E0mĻ‰2

cos(Ļ‰t), y(t) = z(t) = 0. (7.54)

La particella si mette quindi a oscillare attorno allā€™origine lungo la direzione del campo

elettrico incidente, con la sua stessa frequenza Ļ‰. Vediamo in particolare che la no-

stra approssimazione non relativistica e consistente, purche la velocita massima vM della

particella sia molto minore di 1,

vM =2 e E0mĻ‰

Āæ 1. (7.55)

Lā€™onda diffusa. Dalle (7.54) si ottiene lā€™accelerazione,

~a(t) =2 e ~E0

mcos(Ļ‰t). (7.56)

229

Page 241: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

A questo punto possiamo applicare le formule (7.45) e (7.46), per scrivere i campi di

radiazione e la potenza emessa,

~E = āˆ’ e2

2Ļ€m r

(~E0 āˆ’ (~n Ā· ~E0)~n

)cos(Ļ‰(tāˆ’ r)), ~B = ~nƗ ~E, (7.57)

dWdĪ©

=e4

4Ļ€2m2

(E2

0 āˆ’ (~n Ā· ~E0)2)

cos2(Ļ‰(tāˆ’ r)), (7.58)

Il campo elettromagnetico di radiazione, che rappresenta lā€™onda diffusa, ha quindi la stessa

frequenza dellā€™onda incidente, ma si propaga radialmente in tutte le direzioni. Inoltre la

sua intensita e massima nel piano passante per la particella ed ortogonale a ~E0. Vediamo

poi che la sua polarizzazione appartiene sempre al piano formato da ~E0 e ~n.

Onda incidente non polarizzata. Analizziamo ora piu in dettaglio la distribuzione an-

golare (7.58) della potenza emessa. Possiamo intanto eseguire la media temporale, che

equivale alla sostituzione cos2(Ļ‰(t āˆ’ r)) ā†’ 1

2. Inoltre, nella maggior parte dei casi la

radiazione incidente non e polarizzata, ma ammonta a una sovrapposizione equiprobabile

di tutte le polarizzazioni ~E0 ortogonali a ~k, come nel caso della luce naturale. In questo

caso dobbiamo mediare la distribuzione angolare della potenza emessa (7.58), su tutte

le polarizzazioni ortogonali a ~k. Per fare questo esplicitiamo i termini della (7.58) che

dipendendono dalle polarizzazioni,

E20 āˆ’ (~n Ā· ~E0)2 = E2

0 āˆ’ (nx E0x + ny E0y)2 = E2

0 āˆ’ n2x E2

0x āˆ’ n2y E2

0y āˆ’ 2 nxnyE0xE0y.

Prendendo la media di questa espressione si ha < E20x >=< E2

0y >= 12E2

0 , e < E0xE0y >= 0.

Inoltre, se chiamiamo Ļ‘ lā€™angolo tra ~n e la direzione di inicidenza, nel presente caso lā€™asse

z, allora abbiamo nz = cosĻ‘, e quindi n2x + n2

y = sen2Ļ‘. Si ottiene cosı,

< E20 āˆ’ (~n Ā· ~E0)2 >= E2

0 āˆ’1

2sen2Ļ‘ E2

0 =1

2(1 + cos2Ļ‘) E2

0 .

Per unā€™onda incidente non polarizzata dalla (7.58) si ottiene allora la potenza diffusa,(

dWdĪ©

)

n.p.

=e4 E2

0

16 Ļ€2m2(1 + cos2Ļ‘). (7.59)

Si vede che questa potenza risulta massima lungo la direzione di propagazione dellā€™onda

incidente, in entrambi i versi Ļ‘ = 0 e Ļ‘ = Ļ€, in accordo con il fatto che per qualsiasi

polarizzazione dellā€™onda incidente, la particella oscilla nel piano ortogonale alla direzione

di incidenza.

230

Page 242: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Infine possiamo integrare la (7.59) sugli angoli per ottenere la potenza totale. Usando,

āˆ«dĪ© (1 + cos2Ļ‘) =

āˆ« 2Ļ€

0

dĻ•

āˆ« Ļ€

0

senĻ‘ dĻ‘ (1 + cos2Ļ‘) =16 Ļ€

3, (7.60)

si ottiene,

W =

āˆ« (dWdĪ©

)

n.p.

dĪ© =e4 E2

0

3 Ļ€m2.

Lo stesso risultato si puo ovviamente anche ottenere inserendo la (7.56) nella formula di

Larmor (6.128) per la potenza totale, e mediando sul tempo. Il risultato cosı ottenuto e

indipendente dalle polarizzazioni, e la media su queste e quindi banale.

Sezione dā€™urto. Dal punto di vista sperimentale le grandezze rilevanti in un processo

di diffusione sono la sezione dā€™urto differenzialedĻƒ

dĪ©, ed eventualmente la sezione dā€™urto

totale Ļƒ. Nel caso in questionedĻƒ

dĪ©e definita come lā€™energia diffusa nellā€™unita di tempo

in una data direzione nellā€™unita di angolo solido, divisa lā€™energia incidente per unita di

superficie nellā€™unita di tempo, ovvero, lā€™intensita incidente I0, vedi (7.52). Analogamente,

Ļƒ e definita come lā€™energia diffusa nellā€™unita di tempo in tutte le direzioni, divisa lā€™intensita

incidente. Dalle formule scritte sopra risulta,

dĻƒ

dĪ©=

1

I0

(dWdĪ©

)

n.p.

=1 + cos2Ļ‘

2r20, (7.61)

dove abbiamo introdotto il raggio classico della particella r0, che per lā€™elettrone vale,

r0 =e2

4Ļ€m c2= 2.8 Ā· 10āˆ’13 cm. (7.62)

Possiamo confrontare questo raggio con il raggio di Bohr rB, e la lunghezza dā€™onda

Compton Ī»C dellā€™elettrone,

rB =4Ļ€~2

me2= 5.3 Ā· 10āˆ’9 cm, Ī»C =

~mc

= 3.8 Ā· 10āˆ’11 cm. (7.63)

La sezione dā€™urto totale si ottiene integrando la (7.61) su tutti gli angoli. Usando di nuovo

la (7.60) ottiene,

Ļƒ =

āˆ«dĻƒ

dĪ©dĪ© =

WI0

=8Ļ€

3r20. (7.64)

Questa sezione dā€™urto viene chiamata sezione dā€™urto di Thomson. Essa ha le dimensioni

di una superficie e ā€“ vista la definizione ā€“ puo essere interpretata come la superficie che

231

Page 243: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

lā€™elettrone ā€œoffreā€ come bersaglio allā€™onda incidente. E proprio questa circostanza che

permette di interpretare r0 come il raggio classico dellā€™elettrone.

Bilancio del quadrimomento e reazione di radiazione. Concludiamo lā€™analisi della dif-

fusione Thomson con un commento sulla conservazione del quadrimomento in questo

processo. Ricordiamo innanzitutto che in approssimazione di dipolo la radiazione emessa

complessivamente non trasporta quantita di moto, vedi (7.42). Di conseguenza alla radia-

zione diffusa, rappresentata dal campo (7.57), complessivamente non e associata nessuna

quantita di moto. Inoltre, vista la definizione di Ļƒ, il processo di diffusione in questione

puo essere interpretato come segue: di tutta lā€™onda incidente, concettualmente infinita-

mente estesa, solo la parte che colpisce la superficie Ļƒ viene diffusa, mentre il resto passa

indisturbato e costituisce lā€™onda trasmessa.

Consideriamo ora il bilancio del quadrimomento separatamente per lā€™onda trasmessa,

lā€™onda diffusa e la particella. Per lā€™onda trasmessa il quadrimomento iniziale e finale

sono evidentemente uguali. Anche la particella conserva in media il suo quadrimomento,

perche essa si trova in moto stazionario. Allā€™onda diffusa prima della diffusione e associato

il flusso di energia ĻƒI0, mentre dopo la diffusione le e associato il flusso W ; siccome si ha

W = ĻƒI0 la sua energia si conserva. Al contrario, il suo flusso di quantita di moto prima

della diffusione vale,dPz

dt= ĻƒI0,

mentre dopo la diffusione esso e nullo! Dato che la quantita di moto totale del sistema si

deve conservare, dobbiamo concludere che la quantita di moto mancante e stata trasferita

alla particella. Questā€™ultima deve quindi subire una forza media in avanti pari a,

Fz =dPz

dt=

16 Ļ€

3r20 E2

0 , (7.65)

forza che andrebbe ad aggiungersi al membro di destra della (7.53).

Emerge quindi il seguente quadro. La forza e(~E+~vƗ ~B) costituisce la causa primaria che

imprime unā€™accelerazione alla particella. Di conseguenza la particella da luogo a un campo

di radiazione emettendo onde elettromagnetiche le quali, a loro volta, provocano una

reazione di rinculo nella particella, rappresentata dalla forza Fz. Questa forza scaturisce

quindi dallā€™interazione tra la particella e il campo da essa stessa creata, e viena chiamata

232

Page 244: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

alternativamente ā€œreazione di radiazioneā€, ā€œforza di autointerazioneā€, o anche ā€œforza di

frenamentoā€. Si noti che mentre la forza di Lorentz e(~E + ~v Ɨ ~B) ā€“ la causa primaria ā€“ e

lineare in E0, la reazione di radiazione Fz ā€“ un effetto secondario ā€“ e quadratica in E0, e

corrisponde a una correzione relativistica. Stimando il rapporto tra le due forze si ottiene

infatti, vedi (7.55) e (7.62),

Fz

e E0 =16 Ļ€ r2

0

3 eE0 āˆ¼ Ļ‰ r0

vM

c= 2Ļ€

r0

Ī»

vM

c.

Nel capitolo 12 vedremo che la validita dellā€™Elettrodinamica classica richiede comunque

che sia Ī» > r0. La forza di reazione e quindi soppressa rispetto alla forza di Lorentz dal

fattore non relativistico vM/c.

Per completezza aggiungiamo che in realta e possibile dedurre la presenza della rea-

zione di radiazione (7.65), direttamente dallā€™equazione di Lorentz ā€œcompletaā€ (2.21),

d~p

dt= e(~E + ~v Ɨ ~B) + e( ~E + ~v Ɨ ~B), (7.66)

dove ~E e ~B sono i campi di Lienardā€“Wiechert prodotti dalla particella stessa. Tutta-

via, in questo caso non e lecito usare le loro espressioni asintotiche (7.57), perche nella

(7.66) questi campi sono valutati nella posizione della particella ā€“ dove essi sono diver-

genti. Unā€™analisi dettagliata del membro di destra della (7.66) conferma sı la presenza

del termine (7.65), ma rivela anche la presenza di termini infiniti: lā€™equazione di Lorentz,

nella sua forma originale (2.21), dovra dunque essere abbondonata. Anticipiamo che una

trattazione sistematica della reazione di radiazione, che comporta in particolare la sostitu-

zione dellā€™equazione di Lorentz con lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, vede lā€™Elettrodinamica

classica entrare in contraddizione con se stessa, vedi capitolo 12.

Effetti quantistici. La diffusione Thomson come quı analizzata non tiene conto di effetti

quantistici, in quanto trascura il fatto che le onde elettromagnetiche sono costituite da

particelle, i fotoni. A livello quantistico il processo di diffusione di radiazione di frequenza

Ļ‰ da parte di elettroni si realizza, infatti, attraverso urti tra fotoni ā€œincidentiā€ di energia

~Ļ‰, ed elettroni, e viene chiamato effetto Compton. In questo caso ā€œlā€™ondaā€ uscente e

costituita da fotoni che si propagano in tutte le direzioni Ļ‘. Fino a quando le lunghezze

dā€™onda della radiazione incidente sono molto maggiori della lunghezza dā€™onda Compton,

233

Page 245: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ī» =2Ļ€c

Ļ‰Ć€ Ī»C =

~mc

, e quindi ~Ļ‰ Āæ mc2, gli effetti quantistici possono essere trascurati,

ed e valida lā€™analisi svolta sopra. Viceversa, per Ī» ā‰ˆ Ī»C il fotone incidente cede parte

della sua energia allā€™elettrone, ed emerge quindi dallā€™urto con una frequenza piu piccola,

ovvero, con una lunghezza dā€™onda Ī»ā€² maggiore di Ī». Imponendo la conservazione del

quadrimomento risulta, infatti, la nota formula dellā€™effetto Compton,

Ī»ā€² = Ī» + 2Ļ€(1āˆ’ cosĻ‘)Ī»C ,

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra il fotone entrante e quello uscente.

Le differenze principali rispetto allā€™analisi classica della diffusione sono quindi 1) che

lā€™energia non viene piu irradiata con continuita, ma sotto forma di quanti di luce e 2) che

la frequenza della radiazione uscente e minore di quella della radiazione incidente. Inoltre

si puo vedere 3) che la sezione dā€™urto di Thomson subisce una correzione quantistica che

al primo ordine in ~ risulta in,

Ļƒ =8Ļ€

3r20

(1āˆ’ 4Ļ€

Ī»C

Ī»

).

Per Ī» ƀ Ī»C i fotoni entranti e uscenti hanno praticamente la stessa energia ~Ļ‰,

indipendentemente dallā€™angolo di diffusione Ļ‘, e in questo limite sono inoltre valide le

formule per le sezioni dā€™urto (7.61), (7.64). In questo limite lā€™energia delle radiazioni

incidente ed uscente e data semplicemente dal numero di fotoni moltiplicato per ~Ļ‰, e

quindi queste sezioni dā€™urto danno allora anche il numero di fotoni diffusi nell unita di

tempo, diviso il numero di fotoni incidenti per unita di superficie nellā€™unita di tempo,

ovvero il ā€œflusso entranteā€.

7.3.5 Bremsstrahlung dallā€™interazione coulombiana

In questo paragrafo consideriamo la radiazione generata dallā€™interazione elettromagnetica

tra due particelle cariche in moto non relativistico ā€“ prototipo di Bremsstrahlung non

relativistica. Di nuovo siamo interessati principalmente alla determinazione dellā€™energia

emessa sotto forma di radiazione. Dato che nel limite non relativistico lā€™interazione elet-

tromagnetica tra due particelle e governata dal potenziale coulombiano Ī±/r, le orbite

relative sono coniche, ovvero ellissi, iperboli o parabole. La conoscenza della forma ana-

litica delle orbite facilitera notevolmente lā€™analisi della potenza emessa e, come vedremo,

234

Page 246: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

essa ci permettera di determinare lā€™energia totale irraggiata durante il moto in modo

esatto.

Consideriamo dunque un sistema isolato formato da due particelle cariche, con masse

m1 e m2 e cariche e1 e e2. Indichiamo i vettori posizione rispettivamente con ~r1 e ~r2, la

posizione relativa con ~r = ~r1 āˆ’ ~r2, e quella del centro di massa con ~rCM . Allora abbiamo,

~r1 = ~rCM +m2

m1 + m2

~r, ~r2 = ~rCM āˆ’ m1

m1 + m2

~r. (7.67)

Secondo la teoria dei moti relativi la dinamica del sistema e allora governata dalle equa-

zioni del moto,

Āµ ~r = Ī±~r

r3, ~rCM = 0, (7.68)

dove,

Ī± =e1e2

4Ļ€, Āµ =

m1m2

(m1 + m2),

essendo Āµ la massa ridotta.

Cinematica delle coniche. Siccome il potenziale coulombiano e centrale e a simmetria

sferica, il moto relativo e piano, e si conservano lā€™energia Īµ e il momento angolare L.

Introducendo le coordinate polari piane r e Ļ• si ha,

Īµ =1

2Āµ v2 +

Ī±

r, L = Āµ r2Ļ•. (7.69)

Per il potenziale in questione le orbite del moto relativo sono coniche. Se lā€™energia e

negativa, e quindi necessariamente Ī± < 0, lā€™orbita e un ellisse di equazione,

r(Ļ•) =(1āˆ’ e2) a

1 + e cosĻ•, (7.70)

dove lā€™eccentricita e e il semiasse maggiore a sono dati da,

e =

āˆš1 +

2 ĪµL2

ĀµĪ±2, a = āˆ’ Ī±

2 Īµ. (7.71)

Il periodo risulta essere,

T = 2Ļ€

āˆšĀµ a3

|Ī±| .

Si noti che il momento angolare puo essere scritto anche come,

L =āˆš

Āµ a|Ī±|āˆš

1āˆ’ e2.

235

Page 247: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Se lā€™energia e invece positiva, le orbite sono iperboli di equazione,

r(Ļ•) =(e2 āˆ’ 1) a

Ā±1 + e cosĻ•, (7.72)

dove il segno + corrisponde al caso attrattivo, Ī± < 0, e il segno ā€“ al caso repulsivo, Ī± > 0.

I parametri e ed a sono ancora dati dalle (7.71), ma ora le costanti del moto possono

essere espressi anche in termini del parametro dā€™impatto b e della velocita asintotica v0,

Īµ =1

2Āµ v2

0, L = Āµ b v0. (7.73)

Ricordiamo poi che nel caso delle iperboli la variabile angolare e limitata da,

āˆ’Ļ•0 < Ļ• < Ļ•0, cos Ļ•0 = āˆ“1

e. (7.74)

Lā€™energia emessa. Torniamo ora al calcolo dellā€™energia emessa via Bremsstrahlung.

Secondo la (7.41) la potenza emessa istantanea e data in termini del momento di dipolo

del sistema, dalla formula,

W =1

6Ļ€

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

. (7.75)

Possiamo valutare ~D usando le (7.67),

~D = e1 ~r1 + e2 ~r2 = (e1 + e2)~rCM + Āµ

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)~r.

Derivando due volte e usando le (7.68) si ottiene,

~D = Āµ

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)~r =

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)Ī±

~r

r3.

Per la potenza istantanea si ottiene allora 34,

W =Ī±2

6Ļ€

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)21

r4. (7.76)

Vediamo che la radiazione di dipolo e assente se le due particelle hanno lo stesso rapporto

e/m ā€“ in particolare se le particelle sono identiche ā€“ come dimostrato nel paragrafo 7.3.2.

Se siamo interessati allā€™energia emessa tra due istanti temporali t1 e t2, dobbiamo inte-

grare la (7.76) tra questi istanti. Lā€™integrale risultante puo essere ricondotto a un integrale

34Ricordiamo che questa formula rappresenta la potenza emessa W(t, r) allā€™istante t a una distanza rmolto grande dalla particella, se il raggio r che compare a secondo membro e valutato allā€™istante ritardatotāˆ’ r. Se valutiamo il raggio r invece in t, allora la formula fornisce lā€™energia che viene emessa allā€™istantet e che raggiunge lā€™infinito. Torneremo su questo punto nel capitolo 9.

236

Page 248: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sugli angoli, valutabile esattamente, se sfruttiamo la costanza del momento angolare (7.69)

per scrivere,

dt =Āµ r2

LdĻ•.

Se indichiamo gli angoli corrispondenti ai due istanti temporali t1 e t2 con Ļ•1 e Ļ•2, lā€™energia

emessa tra questi due istanti risulta allora,

āˆ†Īµ =

āˆ« t2

t1

W dt =ĀµĪ±2

6Ļ€L

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)2 āˆ« Ļ•2

Ļ•1

1

r2dĻ•. (7.77)

Inserendo in questa espressione le equazioni polari (7.70) e (7.72) si ottengono integrali

elementari che possono essere valutati esattamente. Consideriamo ora separatamente moti

ellittici e moti iperbolici.

Moti ellittici. Se il moto relativo e ellittico entrambe le particelle compiono moti pe-

riodici di periodo T . La corrente associata jĀµ e allora pure periodica, e il sistema emette

quindi radiazione sulle frequenze discrete Ļ‰N = 2Ļ€N/T , con N intero, vedi paragrafo

7.1.2. In questo caso lā€™energia totale emessa e evidentemente infinita, e ha senso solo la

potenza media, ottenuta mediando la (7.77) su un periodo,

W =1

T

āˆ« T

0

W dt =ĀµĪ±2

6Ļ€L T

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)2 āˆ« 2Ļ€

0

1

r2dĻ•

=ĀµĪ±2

6Ļ€LT

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)21

a2(1āˆ’ e2)2

āˆ« 2Ļ€

0

(1 + e cosĻ•)2dĻ•.

Usando lā€™integrale, āˆ« 2Ļ€

0

(1 + e cosĻ•)2dĻ• = 2Ļ€

(1 +

e2

2

),

e sostituendo i valori cinematici dati sopra si ottiene,

W =Ī±2

6Ļ€a4

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)2 1 + e2

2

(1āˆ’ e2)5/2. (7.78)

Lā€™energia che la Bremsstrahlung asporta invece durante un ciclo e data da,

āˆ†Īµc = T W .

Una conseguenza importante della Bremsstrahlung e che lā€™energia totale del sistema ā€œca-

riche + campoā€, che nel limite non relativistico quı in esame e data dalla (7.69), non

puo restare costante, perche durante ogni ciclo essa deve diminuire della quantita T W .

237

Page 249: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Di conseguenza le orbite ellittiche non possono restare stabili e si devono, in particolar

modo, ā€œaprireā€, entrando in un regime spiraleggiante. La causa diretta di questo feno-

meno e di nuovo la forza di frenamento, le cui conseguenze fisiche saranno analizzate in

modo sistematico piu avanti, vedi capitolo 12. Nel prossimo paragrafo quantitificheremo

comunque la perdita di energia (7.78) in un caso importante dal punto di visto storico,

quello dellā€™atomo di idrogeno classico, e vedremo che la forza di frenamento lo farebbe

collassare in una frazione di secondo.

Moti iperbolici. Se il moto relativo e iperbolico, entrambe le particelle compiono moti

aperiodici. Anche la corrente associata e allora aperiodica, e il sistema emette dunque

radiazione con uno spettro continuo di frequenze. Questo processo corrisponde a un urto

tra due particelle cariche che arrivano dallā€™infinito, si deflettono a vicenda, e poi escono

di nuovo verso lā€™infinito. Negli istanti iniziale e finale lā€™accelerazione delle due particelle e

nulla, e lā€™energia totale irradiata durante lā€™intero processo, come vedremo, risulta finita.

Per calcolarla dobbiamo porre nella (7.77) t1 = āˆ’āˆž e t2 = +āˆž, ovvero Ļ•1 = āˆ’Ļ•0 e

Ļ•2 = Ļ•0, vedi (7.74). Inserendo la (7.72) nella (7.77) troviamo per lā€™energia irradiata

durante lā€™intero processo,

āˆ†Īµ =

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžW dt =

ĀµĪ±2

6Ļ€L

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)21

a2(e2 āˆ’ 1)2

āˆ« Ļ•0

āˆ’Ļ•0

(Ā±1 + e cosĻ•)2dĻ•

=ĀµĪ±2

6Ļ€L

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)21

a2(e2 āˆ’ 1)2

((2 + e2) Ļ•0 Ā± 3

āˆš(e2 āˆ’ 1)

).

Usando le (7.73) possiamo esprimere questo risultato in termini della velocita asintotica

v0 e del parametro dā€™impatto b. Per fare questo e conveniente introdurre il parametro

adimensionale,

Ī³ =āˆ“1āˆše2 āˆ’ 1

=Ī±

Āµ v20 b

, Ļ•0 =Ļ€

2āˆ’ arctg Ī³.

Si noti che nel caso attrattivo si ha Ī³ < 0, mentre nel caso repulsivo risulta Ī³ > 0. Dopo

semplici passaggi si ottiene allora,

āˆ†Īµ =Āµ3v5

0

6Ļ€ Ī±

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)2 [(3Ī³2 + 1)

(Ļ€

2āˆ’ arctg Ī³

)āˆ’ 3Ī³

]Ī³3. (7.79)

Notiamo che per parametri dā€™impatto grandi, corrispondenti a valori di Ī³ piccoli, lā€™energia

irradiata va a zero,

āˆ†Īµ ā‰ˆ Ī±2

12 v0

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)21

b3, (7.80)

238

Page 250: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in accordo con il fatto che per b grandi le orbite si discostano poco da traiettorie rettilinee.

Parametri dā€™impatto piccoli. Se il parametro dā€™impatto va invece a zero, si ha un urto

frontale e,

|Ī³| ā†’ āˆž.

In questo caso la (7.79) ha due andamenti diversi, a seconda che il potenziale sia attrat-

tivo o repulsivo. Nel caso attrattivo si ha Ī³ ā†’ āˆ’āˆž, e entrambi i termini tra le parentesi

quadre in (7.79) vanno a piu infinito. Anche lā€™energia irradiata tende quindi a piu in-

finito, in accordo con il fatto che lā€™accelerazione diverge quando le particelle collidono.

Si noti, tuttavia, che in questo caso anche la velocita delle particelle va a piu infinito, e

lā€™approssimazione non relativistica non e piu valida.

Nel caso repulsivo le particelle si avvicinano invece solo fino alla distanza minima,

rm =2 Ī±

Āµ v20

,

e lā€™energia totale irradiata deve quindi essere finita. In questo caso il parametro Ī³ tende

a +āˆž, ed eseguendo il limite nella (7.79) si trova,

āˆ†Īµ0 ā‰” limĪ³ā†’āˆž

āˆ†Īµ =2 Āµ3v5

0

45 Ļ€ Ī±

(e1

m1

āˆ’ e2

m2

)2

. (7.81)

Per renderci conto dellā€™entita dellā€™energia irradiata assumiamo che una delle due particelle

sia molto piu pesante dellā€™altra, m2 ƀ m1, e che le cariche siano uguali, come succede

per esempio nellā€™urto protone/positrone. In queste condizioni il processo equivale allā€™urto

della particella leggera contro la particella pesante, considerata praticamente a riposo. Si

ha allora Āµ ā‰ˆ m1 e Ī± = e2/4Ļ€, e otteniamo,

āˆ†Īµ0 ā‰ˆ 8 m1 v50

45.

Infine, dato che ora Īµ ā‰ˆ 12m1v

20, per la diminuzione relativa dellā€™energia della particella

leggera durante lā€™urto otteniamo,

āˆ†Īµ0

Īµā‰ˆ 16

45

(v0

c

)3

.

Siccome siamo nel limite non relativistico abbiamo v0 Āæ c, e quindi āˆ†Īµ0/ĪµĀæ 1. Come nel

caso (7.80) la perdita di energia per irraggiamento e quindi completamente trascurabile.

239

Page 251: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Nel prossimo capitolo analizzeremo il fenomeno dellā€™irraggiamento nel limite ultrarela-

tivistico, ovvero per v ā‰ˆ c, e vedremo che le conseguenze saranno drasticamente diverse.

Vedremo, infatti, che per velocita prossime alla velocita della luce gli effetti radiativi

possono dare luogo a perdite di energia notevoli, anche negli urti dovuti allā€™interazione

coulombiana.

7.3.6 La radiazione dellā€™atomo dā€™idrogeno classico

In questo paragrafo illustriamo brevemente il quadro fenomenologico che emergerebbe

per lā€™atomo dā€™idrogeno, se la sua dinamica fosse governata dalle leggi della fisica classica.

Concentreremo la nostra analisi sullo stato fondamentale dellā€™atomo, che classicamente

corrisponde allā€™elettrone che compie un moto circolare uniforme attorno al protone, con

velocita v Āæ 1. Possiamo allora applicare le formule derivate nel paragrafo precedente

per il moto ellittico, nel caso particolare di eccentricita nulla.

Dato che il protone e molto piu pesante dellā€™elettrone vale m2 ƀ m1 ā‰” m e Āµ ā‰ˆ m,

e inoltre in questo caso abbiamo Ī± = āˆ’ e2

4Ļ€e r = a. Siccome la forza centripeta vale

mv2

r=

e2

4Ļ€r2, lā€™energia totale e la velocita angolare dellā€™elettrone diventano, vedi (7.69),

Īµ = āˆ’ e2

8Ļ€r= āˆ’1

2mv2, Ļ‰ =

v

r=

āˆše2

4Ļ€ mr3=

āˆšr0

r3=

me4

(4Ļ€)2~ 3, (7.82)

dove abbiamo introdotto il raggio classico r0 dellā€™elettrone, e identificato r con il raggio

di Bohr, vedi (7.63).

Il moto dellā€™elettrone e periodico con periodo T = 2Ļ€/Ļ‰, e la sua accelerazione ~a(t) e

quindi una funzione periodica semplice. Secondo le (7.45) il campo di radiazione e allora

costituito da una singola onda monocromatica di frequenza Ļ‰. Concludiamo che lā€™atomo

dā€™idrogeno classico emetterebbe radiazione unicamente sulla frequenza fondamentale Ļ‰.

Come vedremo piu avanti, vedi sezione 10.4, una particella relativistica in moto circolare

uniforme emette, invece, radiazione su tutte le frequenze Ļ‰N = NĻ‰, con N intero. Queste

previsioni sono comunque in contrasto con la formula quantistica di Rydberg, che prevede

le frequenze di emissione,

Ļ‰MN =1

2

(1

N2āˆ’ 1

M2

)me4

(4Ļ€)2~ 3,

240

Page 252: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove N e M sono interi.

Torniamo ora al calcolo della potenza emessa dallā€™atomo classico. Ponendo nella (7.78)

lā€™eccentricita uguale a zero si ottiene,

W =

(e2

4Ļ€

)2e2

6Ļ€ m2 r4=

e2

6Ļ€

r20

r4=

e2

6Ļ€Ļ‰4 r2, (7.83)

in accordo con la formula di Larmor (6.128). Siccome W = āˆ’dĪµ

dtabbiamo dunque quan-

tificato la perdita di energia dellā€™atomo. Ma dato che Īµ āˆ āˆ’1/r questa perdita comporta

anche una diminuzione del raggio. Dalle (7.82), (7.83) si ottiene la variazione relativa,

1

r

dr

dt= āˆ’1

Īµ

dĪµ

dt= āˆ’4

3

r20

r3ā‰ˆ āˆ’2 Ā· 1010/s,

dove abbiamo sostituito i valori (7.62), (7.63). Si vede che il raggio dellā€™orbita dellā€™elet-

trone si ridurrebbe a meta in meno di 10āˆ’10s, e lā€™atomo di idrogeno classico collasserebbe

nella frazione di un secondo ! Si noti in particolare che la velocita dellā€™elettrone andrebbe

allora a piu infinito, vedi (7.82).

E comunque interessante calcolare la diminuzione relativa dellā€™energia dellā€™atomo du-

rante un ciclo,āˆ†Īµ

Īµ=

TWĪµ

=2Ļ€WĻ‰ Īµ

=8Ļ€

3

(r0

r

)3/2

ā‰ˆ 3 Ā· 10āˆ’6,

che e in realta una frazione molto piccola. Quello che in ultima analisi fa collassare lā€™atomo

di idrogeno classico in pochissimo tempo e la brevita di un ciclo,

T =2Ļ€ r

c

āˆšr

r0

ā‰ˆ 1.4 Ā· 10āˆ’16s.

Per concludere aggiungiamo che la velocita dellā€™elettrone e data da,

v

c= Ļ‰ r =

āˆšr0

rā‰ˆ 0.7 Ā· 10āˆ’2,

ed era quindi corretto affrontare il problema nellā€™approssimazione non relativistica di

dipolo.

Conlcudiamo questo paragrafo con un caveat sui limiti di validita della nostra analisi.

Da un punto di vista quantitativo lā€™analisi quı eseguita e infatti valida solo fino a quando

il raggio dellā€™orbita dellā€™elettrone non varia apprezzabilmente. Se il raggio non e costante

non e piu costante nemmeno lā€™accelerazione da inserire nella formula di Larmor, e anche la

241

Page 253: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

potenza emessa varierebbe nel tempo. Lā€™equazione del moto dellā€™elettrone dovrebbe allora

essere risolta tenendo conto della perdita di energia attraverso la formula di Larmor, la

quale coinvolge a sua volta lā€™accelerazione incognita. Le equazioni differenziali risultanti

sarebbero non lineari, e non risolubili in modo analitico. Per di piu, come notato sopra, la

diminuzione del raggio porta a un aumento della velocita, la quale per r ā†’ 0 tenderebbe

a piu infinito. Riassumendo, per affrontare il problema dellā€™atomo di idrogeno classico

in modo corretto, in linea di principio bisognerebbe risolvere le equazioni di Maxwell e

di Lorentz complete, come sistema accoppiato. Inoltre da un certo istante in poi non

e piu lecito affrontare il problema nellā€™approssimazione non relativistica. Tuttavia, le

conclusioni qualitative della nostra trattazione restano comunque valide.

7.4 Radiazione di quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico

Nei casi in cui la radiazione di dipolo e assente, ovverosia, quando la derivata seconda del

momento di dipolo si annulla,

~D = 0,

nello sviluppo in multipoli (7.30) diventa rilevante il termine perturbativo successivo,

cioe, quello lineare in ~n Ā· ~y/c. Questo termine da luogo alle cosiddette radiazioni di

quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico, soppresse rispetto a quella di dipolo elettrico

di un fattore non relativistico v/c. In questa sezione determiniamo lā€™apporto allā€™eneriga

irradiata, dovuto a queste radiazioni. Per via della formula generale (7.17) e di nuovo

sufficiente determinare la parte spaziale del quadripotenziale.

Il potenziale ~A fino allā€™ordine 1/c2. Riprendiamo lo sviluppo (7.30), considerando ora

anche il termine lineare in ~n Ā· ~y/c. Sottintendendo che la quadricorrente jĀµ e valutata in

(tāˆ’ r, ~y), e ponendo c = 1, abbiamo allora,

Ai =1

4Ļ€r

āˆ« (ji + (nkyk) āˆ‚tj

i)

d3y,

=1

4Ļ€r

[Di + nk āˆ‚t

āˆ« (1

2

(ykji āˆ’ yijk

)+

1

2

(ykji + yijk

))d3y

]

=1

4Ļ€r

(Di āˆ’ M ik nk +

1

2nk āˆ‚t

āˆ« (ykji + yijk

)d3y

). (7.84)

242

Page 254: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Abbiamo definito il tensore tridimensionale antisimmetrico,

M ik ā‰” 1

2

āˆ« (xijk āˆ’ xkji

)d3x,

legato al momento di dipolo magnetico,

~M ā‰” 1

2

āˆ«d3x~xƗ~j,

dalle relazioni,

M i =1

2ĪµijkM jk, M ij = ĪµijkMk. (7.85)

Per un sistema di particelle, per cui,

~j(t, ~x) =āˆ‘

r

er ~vr(t) Ī“3(~xāˆ’ ~yr(t)),

si ha in particolare,

~M =1

2

āˆ‘r

er ~yr Ɨ ~vr. (7.86)

Lā€™ultimo termine in (7.84) puo invece essere valutato introducendo il momento di quadru-

polo elettrico Dij della distribuzione di carica, e la sua versione ā€œridottaā€ Dij, a traccia

nulla,

Dij =

āˆ«d3xxixj Ļ, Ļ = j0, Dij = Dij āˆ’ 1

3Ī“ijDkk, Dii = 0. (7.87)

Lā€™ultimo termine nella (7.84) puo infatti essere espresso in termini di Dij sfruttando

lā€™identita,

Dij =

āˆ« (xijj + xjji

)d3x,

analoga alla (7.36). La si dimostra ā€“ come nel caso di questā€™ultima ā€“ con unā€™integrazione

per parti, usando la conservazione della quadricorrente, e ricordando che jĀµ ha supporto

compatto,

Dij =

āˆ«xixj āˆ‚0j

0 d3x = āˆ’āˆ«

xixj(āˆ‚kjk)d3x =

āˆ«āˆ‚k

(xixj

)jkd3x

=

āˆ« (Ī“ikx

j + xiĪ“jk

)jkd3x =

āˆ« (xijj + xjji

)d3x.

Otteniamo quindi,

Ai =1

4Ļ€r

(Di āˆ’ M ij nj +

1

2Dij nj

)

=1

4Ļ€r

(Di āˆ’ M ij nj +

1

2

(Dij āˆ’ 1

3Ī“ijDkk

)nj

)+

Dkk

24Ļ€rni, (7.88)

243

Page 255: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove abbiamo tolto e aggiunto lo stesso termine. Consideriamo ora lā€™ultimo termine di

questa espressione. Dalla definizione (7.87) risulta che Dkk e funzione solo di tāˆ’r, perche

nellā€™integrale la densita di carica Ļ e valutata in (tāˆ’ r, ~x). Questo ci permette di scrivere,

Dkk(tāˆ’ r)

24Ļ€rni = āˆ‚i

(Dkk(tāˆ’ r)

24Ļ€r

)+ o

(1

r2

). (7.89)

Il termine o(1/r2) e ininfluente perche il potenziale e valutato nella zona delle onde. Inoltre

sappiamo che una funzione del tipo 1rf(t āˆ’ r) soddisfa lā€™equazione delle onde per r 6= 0,

vedi problema 5.7. Questo ci permette di concludere che lā€™ultimo termine nella (7.88)

puo essere eliminato con una trasformazione di gauge residua, Ai ā†’ Ai + āˆ‚iĪ›, 2Ī› = 0,

scegliendo,

Ī› = āˆ’Dkk(tāˆ’ r)

24Ļ€r.

Alla stessa conclusione si giunge osservando che un contributo ad Ai che e proporzionale a

ni, come quello in (7.89), comunque non contribuisce alla potenza (7.17), perche Ī›ijnj = 0.

Ritroviamo il fatto che lā€™energia, essendo una quantita osservabile, e invariante sotto

trasformazioni di gauge.

In definitiva, a meno di una trasformazione di gauge, e ripristinando la velocita della

luce, otteniamo per il potenziale corretto fino allā€™ordine 1/c2,

Ai =1

4Ļ€r c

(Di āˆ’ 1

cM ij nj +

1

2 cDij nj

). (7.90)

In questa approssimazione il campo nella zona delle onde risulta quindi sovrapposizione

lineare di un campo di dipolo elettrico, un campo di dipolo magnetico e un campo di

quadrupolo elettrico. Gli ultimi due sono soppressi di un fattore 1/c rispetto al primo, e

costituiscono quindi correzioni relativistiche di ordine superiore. Confrontando la (7.43)

con la (7.86) si vede in particolare che, schematicamente, si ha,

M ij āˆ¼ v Di.

La potenza totale. In presenza dei campi di dipolo magnetico e di quadrupolo elettrico

la distribuzione angolare della potenza emessa (7.17) esibisce ora una dipendenza dagli

angoli abbastanza complicata, perche ora ni compare non solo in Ī›ij, ma anche in Ai.

244

Page 256: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ciononostante e ancora possibile derivare unā€™espressione compatta per la potenza totale.

Integrando la (7.17) sullā€™angolo solido si ottiene infatti,

W =r2

c

āˆ«(AiAjĪ›ij) dĪ© (7.91)

=1

16Ļ€2c3

āˆ«dĪ©

Di āˆ’ M ik

cnk +

Ė™Dik

2cnk

Dj āˆ’ M jl

cnl +

Ė™Djl

2cnl

(Ī“ij āˆ’ ninj).

Gli integrali sugli angoli possono essere valutati come al solito, usando gli integrali inva-

rianti. Siccome alla fine tutti gli indici di Di, M ij e Ė™Dij

devono contrarsi tra di loro, e

siccome Dij e simmetrico e a traccia nulla ed M ij e antisimmetrico, i termini misti non

contribuiscono allā€™integrale. I termini diagonali, invece, possono esser valutati facilmente

usando gli integrali invarianti. Dalla relazione (7.85) si ricava in particolare,

M ijM ij = 2āˆ£āˆ£āˆ£ ~M

āˆ£āˆ£āˆ£2

.

Il risultato finale che cosı si ottiene e,

W =1

6Ļ€c3

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

+1

6Ļ€c5

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Māˆ£āˆ£āˆ£2

+1

80Ļ€c5

Ė™Dij Ė™D

ij

. (7.92)

I tre contributi alla potenza corrispondono rispettivamente alla radiazione di dipolo elet-

trico, di dipolo magnetico e di quadrupolo elettrico, gli ultimi due termini essendo sublea-

ding di un fattore 1/c2 rispetto al termine di dipolo elettrico. Come si vede, grazie alla

cancellazione dei termini misti non ci sono correzioni di ordine 1/c4. Si noti, tuttavia, che

tali correzioni sono presenti nella distribuzione angolare dW/dĪ©.

Facciamo infine un commento importante sullā€™utilizzo corretto della formula (7.92).

Lā€™espansione non relativistica (7.30) del potenziale nella zona delle onde puo essere scritta

come,

~A =1

c~A1 +

1

c2~A2 +

1

c3~A3 + Ā· Ā· Ā· , (7.93)

dove con ~AN intendiamo il contributo di 2Nā€“polo, includendo anche i corrispondenti con-

tributi magnetici. La (7.90) rappresenta allora i primi due termini di questa espansione.

Notiamo in particolare che il termine ~AN contiene N āˆ’ 1 fattori dei versori ~n. Se si

inserisce lo sviluppo (7.93) nella (7.91) si ottiene una serie di potenze in 1/c, ma dato

che lā€™integrale sugli angoli di un numero dispari di fattori ~n e zero, sopravvivono solo i

245

Page 257: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

prodotti del tipo AN AM con M + N pari. La (7.91) si scrive allora,

W = r2

āˆ« (1

c3Ai

1 Aj1 +

1

c5

(Ai

2 Aj2 + 2 Ai

1 Aj3

)+ o

(1

c7

))Ī›ij dĪ©.

Si vede, dunque, che per calcolare correttamente la potenza emessa fino allā€™ordine 1/c5,

alla (7.92) andrebbe aggiunto il termine dovuto al prodotto misto Ai1 Aj

3, che coinvolge

la radiazione di sestupolo ~A3. Possiamo comunque concludere che la (7.92) da la potenza

corretta fino allā€™ordine 1/c5, se la radiazione di dipolo e assente,

~A1 = 0 ā†” ~D = 0.

Solo in questo caso la (7.92) e allora di utilita concreta. In caso contrario in generale

bisogna tenere conto anche della radiazione di sestupolo.

Assenza delle radiazioni di quadrupolo e di dipolo magnetico. Vediamo ora qualche ca-

so in cui i contributi di ordine 1/c5 alla potenza emessa (7.92) si annullano. Il contributo

di dipolo magnetico e nullo per un sistema isolato di particelle, con rapportoer

mr

= Ī³ in-

dipendente da r. Questo e una conseguenza della conservazione del momento angolare di

un sistema isolato. Per vederlo e sufficiente inserire la relazione er = Ī³ mr nella definizione

(7.86) del momento di dipolo magnetico. Risulta,

~M =Ī³

2

āˆ‘r

~yr Ɨmr ~vr =Ī³

2~L,

dove ~L e il momento angolare totale conservato; ne segue che ~M = 0. Il contributo di

dipolo magnetico e assente anche per un sistema isolato composto da due sole particelle,

con cariche arbitrarie. In questo caso nel sistema di riferimento del centro di massa si ha

m1~r1 + m2~r2 = 0, ~p1 = āˆ’~p2, e risulta,

~M =1

2(e1 ~r1 Ɨ ~v1 + e2 ~r2 Ɨ ~v2) =

1

2

(e1

m21

+e2

m22

)m1m2

m1 + m2

~L,

dove ~L = ~r1Ɨ p1 + ~r2Ɨ ~p2 e il momento angolare totale conservato del sistema. Di nuovo

abbiamo quindi che ~M = 0.

Infine, come conseguenza del teorema di Birkhoff i contributi di ordine 1/c5 nella

(7.92) si devono annullare entrambi, se la corrente jĀµ e a simmetria sferica, ~j = ~x j(t, r),

246

Page 258: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

j0 = Ļ(r, t). In effetti si vede che ~M e nullo, perche ~xƗ~j = 0. Per quanto riguarda invece

il momento di quadrupolo ridotto, usando coordinate polari si ha,

Dij =

āˆ«d3x

(xixj āˆ’ 1

3Ī“ijx2

)Ļ =

[āˆ« āˆž

0

r4Ļ dr

] [āˆ«dĪ©

(ninj āˆ’ 1

3Ī“ij

)]= 0, (7.94)

in quanto lā€™integrale sugli angoli e zero.

7.5 Problemi

7.1 Radiazione di ciclotrone nel limite non relativistico. Si consideri una parti-

cella di carica e che in presenza di un campo magnetico costante e uniforme compie un

moto circolare uniforme, con frequenza Ļ‰ = eB/m e raggio R, tale che v = Ļ‰RĀæ 1.

a) Si determini il campo elettrico generato dalla particella nella zona delle onde.

b) Per ogni istante t fissato si determinino le direzioni in cui la potenza emessa e massima

e minima.

c) Mediando su tempi grandi rispetto al periodo si dimostri che la distribuzione angolare

della potenza media e data da,

dWdĪ©

=e2Ļ‰4R2

32Ļ€2(1 + cos2Ļ‘),

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra la direzione di osservazione e lā€™asse della circonferenza.

d) Supponendo che la carica sia vincolata a un anello di raggio R, si determini la legge

oraria con cui la velocita della particella diminuisce. Si assuma che valga,

|v| Āæ Ļ‰2R,

in modo da poter considerare nella formula di Larmor solo lā€™accelerazione centripeta. Si

verifichi la validita di questa ipotesi a posteriori.

7.2 Si consideri una particella carica leggera che compie un moto circolare uniforme

attorno a una particella carica pesante, nelle stesse ipotesi del paragrafo 7.3.6.

a) Si determini la legge oraria con cui variano la velocita e il periodo della particella

leggera.

b) Si discutano i limiti di validita dellā€™analisi svolta.

247

Page 259: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

7.3 Distribuzioni di carica a simmetria sferica. Si consideri la formula (7.9) per il

potenziale AĀµ nella zona delle onde. Si supponga che la corrente jĀµ sia dotata di simmetria

sferica, come specificato nel problema 2.5. Si verifichi che una tale distribuzione di carica

non irradia in nessuna direzione, cioe,

dWdĪ©

= 0, āˆ€~n,

come implicato dal teorema di Birkhoff.

Traccia dello svolgimento. E sufficiente dimostrare Ai dato in (7.9) e della forma,

~A(t, ~x, ) = ~n g(t, ~x), (7.95)

per qualche funzione g. A questo scopo si puo sfruttare il seguente teorema sugli integrali

invarianti tridimensionali.

Teorema: Sia data una funzione di due variabili tridimensionali f(~x, ~y), invariante per

rotazioni, cioe,

f(R~x,R~y) = f(~x, ~y), āˆ€R āˆˆ SO(3),

condizione che risulta essere equivalente ad assumere che f dipenda da ~x e ~y solo attraverso

gli invarianti |~x|, |~y| e ~x Ā· ~y. Si definisca la funzione vettoriale,

~F (~x) =

āˆ«~y f(~x, ~y) d3y.

Allora ~F e necessariamente della forma,

~F (~x) = ~xF0(|~x|). (7.96)

Dimostrazione: eseguendo nellā€™integrale che definisce ~F il cambiamento di variabili ~y ā†’R~y, si ricava che ~F e una ā€œfunzione covarianteā€ per rotazioni, cioe,

~F (R~x) = R~F (~x), āˆ€R āˆˆ SO(3).

La funzione ~F (~x) e allora necessariamente della forma (7.96).

Risulta che la funzione g(t, ~x) che compare nella (7.95), in generale e diversa da zero

e dipendente dal tempo. Cio sembra in contraddizione con il teorema di Birkhoff, secondo

cui per distribuzioni sferiche di carica il campo elettromagnetico nel vuoto e statico. Il

248

Page 260: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

paradosso si risolve facilemente se si ricorda che AĀµ e definito modulo una trasformazione

di gauge. La funzione g che compare nella (7.95) e, infatti, della forma particolare g(t, ~x) =

1rf(t āˆ’ r), e si puo fare vedere allora che esiste una trasformazione di gauge che annulla

Ai, e riporta allo stesso tempo il potenziale scalare nella forma standard A0 =Q

4Ļ€r.

7.4 A partire dai campi di Lienardā€“Wiechert (6.99) si verifichi che il tensore energiaā€“

impulso del campo prodotto da una particella in moto arbitrario, nella zona delle onde si

riduce a,

T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½ | ~E|2,

in accordo con la formula generale (7.13).

Traccia dello svolgimento. Nella zona delle onde il campo elettromagnetico (6.99) e

dominato dal campo di accelerazione (6.102), che riscriviamo come,

F ĀµĪ½ ā†’ F ĀµĪ½a =

e

4Ļ€(um)3 R(mĀµāˆ†Ī½ āˆ’mĪ½āˆ†Āµ) , āˆ†Āµ ā‰” (um) wĀµ āˆ’ (wm) uĀµ.

Questa scrittura e conveniente in quanto si ha,

mĀµmĀµ = 0 = mĀµāˆ†Āµ, āˆ†2 = (um)2w2 + (wm)2.

Allora e immediato valutare il tensore energiaā€“impulso nella zona delle onde,

T ĀµĪ½em = F ĀµĻFĻ

Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½F ĻĻƒFĻĻƒ = āˆ’ e2āˆ†2

16Ļ€2(um)6 R2mĀµmĪ½ . (7.97)

Per r grandi si ha R ā†’ r, ~m ā†’ ~n, e segue in particolare che mĀµ ā†’ nĪ½ . La verifica

che il coefficiente di nĀµnĪ½ nella (7.97) eguaglia allora | ~Ea|2, vedi (6.108), e lasciato come

esercizio.

7.5 Bremsstrahlung in campo coulombiano a grandi distanze. Si consideri un

elettrone non relativistico che passa accanto a un nucleo di carica Ze, considerato fisso,

a una distanza molto grande. In questo modo la sua traiettoria si discosta poco da una

retta. Indicando la sua velocita asintotica con v0 Āæ 1, e il parametro dā€™impatto con b, la

sua distanza dal nucleo come funzione del tempo puo allora essere approssimata con,

r(t) = |~y(t)| 'āˆš

b2 + v20 t2.

249

Page 261: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

a) Considerando che lā€™accelerazione dellā€™elettrone lungo la traiettoria e data da,

~a = āˆ’ Ze2

4Ļ€m

~y

r3,

si dimostri che durante il passaggio vicino al nulceo esso irraggia lā€™energia,

āˆ†Īµ(v0, b) =e6Z2

192Ļ€2m2v0

1

b3.

Si confronti questa espressione con il risultato esatto (7.79).

b) Si supponga ora di avere un fascio di elettroni incidenti a velocita v0. Si dimostri che

ā€œlā€™irraggiamento efficaceā€, definito come la potenza irraggiata Wrad divisa per il flusso j

di elettroni incidenti, e dato in generale da 35,

Ļ‡(v0) =

āˆ« āˆž

0

2Ļ€ b db āˆ†Īµ(v0, b), Wrad = Ļ‡(v0) j. (7.98)

Si noti che Ļ‡(v0) ha le dimensioni di [energia]Ā·[area].

c) Per il caso in questione lā€™integrale in b diverge per bā†’ 0. A questo proposito bisogna

tenere presente che il calcolo di āˆ†Īµ(v0, b) eseguito sopra e valido per b grandi, e che a

distanze piccole non si possono trascurare gli effetti quantistici. In Meccanica Quantistica

un cutā€“off naturale e fornito dal principio di indeterminazione, che suggerisce di stimare la

distanza di minimo avvicinamento d attraverso dmv0 ā‰ˆ ~, ovvero d ā‰ˆ ~/mv0. Si puo allo-

ra dare una stima dellā€™irraggiamento efficace sostituendo lā€™estremo inferiore dellā€™integrale

in (7.98) con b ā‰ˆ d. Si ottiene,

Ļ‡(v0) ā‰ˆ e6Z2

96 Ļ€ m~ c3, (7.99)

formula che riproduce il corretto ordine di grandezza del risultato della Meccanica Quan-

tistica. In realta si puo vedere che per un fascio non relativistico di elettroni incidenti ā€“

per esempio ā€“ su un solido, la perdita di energia per irraggiamento (7.99) e soppressa di

un fattore (v0/c)2, rispetto alla perdita di energia dovuta alle collisioni. In questo caso il

fenomeno dellā€™irraggiamento diventa quindi rilevante solo nel limite ultrarelativistico.

7.6 Si consideri una particella non relativistica in un ciclotrone come nel problema 7.1.

a) Si dimostri che la radiazione di dipolo magnetico e assente.

35Con ā€œflusso incidenteā€ si intende in generale il numero di particelle incidenti che attraversano lā€™unitadi superficie nellā€™unita di tempo.

250

Page 262: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

b) Si determini il contributo alla potenza emessa dovuto alla radiazione di quadrupolo,

confrontandolo con il contributo della radiazione di dipolo.

c) Si determinino le frequenze presenti nella radiazione di quadrupolo.

7.7 Si consideri un urto tra due particelle cariche identiche non relativistiche, nel sistema

di riferimento del centro di massa. Si stimi la potenza istantanea emessa durante lā€™urto,

confrontandola con la potenza istantanea emessa nellā€™urto tra due particelle della stessa

massa ma di carica opposta. Per la soluzione si veda il testo di L.D. Landau et. al. 36,

paragrafo 71, problema 1.

36L.D. Landau e E.M. Lifsits, Teoria dei Campi, Editori Riuniti, Roma, 1976.

251

Page 263: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

8 La radiazione gravitazionale

Questo capitolo e dedicato a un confronto tra la radiazione elettromagnetica e quella gravi-

tazionale, ed e quindi di carattere piu speculativo, visto che la seconda attende tuttora un

riscontro sperimentale diretto. Per concretezza considereremo queste radiazioni nel limite

non relativistico, ovvero quando vengono generate da corpi che si muovono con velocita

piccole rispetto alla velocita della luce. In questo modo risulta appropriato lo sviluppo in

multipoli, e cosı avremo a disposizione formule sufficientemente esplicite da permettere un

confronto concreto. Riporteremo le previsioni fatte dalla Relativita Generale omettendo

evidentemente le deduzioni, ma forniremo, ove possibile, argomentazioni euristiche. No-

nostante le onde gravitazionali attendano a tuttoggi una conferma sperimentale diretta,

esistono pochi dubbi sul fatto che qualsiasi corpo accelerato ne debba emettere, non per

ultimo perche le equazioni di Einstein le predicono come soluzioni. Resta comunque il

fatto curioso che fino a pochissimo tempo fa, lā€™unica traccia indiretta della loro esisten-

za proveniva dalla pulsar binaria PSR 1913+16, scoperta nel 1974 da R.A. Hulse e J.H.

Taylor, che nel 1993 valse ai suoi scopritori il premio Nobel 37.

8.1 Onde gravitazionali e onde elettromagnetiche

Per quanto riguarda il confronto tra le onde elettromagnetiche e quelle gravitazionali i

risultati di questo capitolo possono essere riassunti come segue. 1) Mentre le onde elet-

tromagnetiche costituiscono soluzioni esatte delle equazioni di Maxwell, le equazioni di

Einstein ammettono come soluzioni onde gravitazionali solo nel limite di campo debole.

Questa approssimazione e piu che giustificata, perche le onde gravitazionali, se esistono,

hanno sicuramente unā€™intensita bassissima, altrimenti sarebbero gia state osservate. 2)

Cosı come la sorgente del campo elettromagnetico e la quadricorrente jĀµ, cosı la sorgente

del campo gravitazionale e il tensore energiaā€“impulso T ĀµĪ½ del sistema, e cosı come una

carica elettrica accelerata emette onde elettromagnetiche, cosı qualsiasi corpo accelerato

emette onde gravitazionali. 3) Un sistema a simmetria sferica emette ne onde elettroma-

gnetiche, ne onde gravitazionali. 4) Le onde gravitazionali trasportano quadrimomento

37Per osservazioni piu recenti si veda M. Kramer et. al, Tests of General Relativity from Timing theDouble Pulsar, Science 314, 97-102 (2006); astroā€“ph/0609417.

252

Page 264: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

come quelle elettromagnetiche, ma rispetto alle ultime lā€™intensita delle prime e soppressa

di un fattore relativistico(v

c

)2

. Questo segue dal fatto che le radiazioni di dipolo ā€œelet-

tricoā€ e ā€œmagneticoā€ nel caso gravitazionale sono assenti per qualsiasi sistema isolato, e

che il contributo dominante della radiazione gravitazionale e quindi costituito dalla ra-

diazione di quadrupolo. 5) Ricordiamo che entrambi i tipi di onda sono onde trasversali a

due gradi di liberta, che si propagano con la velocita della luce. Ma mentre le onde elet-

tromagnetiche hanno elicita Ā±1, quelle gravitazionali hanno elicita Ā±1. 6) Infine facciamo

notare, senza entrare nei dettagli, che il gruppo di simmetria di ā€œgaugeā€ dellā€™interazione

gravitazionale e rappresentato dai ā€œdiffeomorfismiā€, ovverosia, da arbitrari cambiamenti

di coordinate,

xĀµ ā†’ xā€²Āµ(x),

che generalizzano le trasformazioni di Poincare, xĀµ ā†’ Ī›ĀµĪ½x

Ī½ + aĀµ.

8.2 Le equazioni per un campo gravitazionale debole.

In questa sezione useremo da una parte argomenti di invarianza relativistica, e dallā€™altra

la stretta analogia esistente tra le forze gravitazionale e elettromagnetica a livello non

relativistico, per dedurre le equazioni di propagazione per un campo gravitazionale di

bassa intensita in modo euristico. Le equazioni che otterremo, vedi (8.10), si identificano

con le equazioni di Einstein nel limite di campo debole. Come vedremo, queste equazioni

hanno una struttura analoga a quella delle equazioni di Maxwell in gauge di Lorentz,

e sfruttando lā€™esperienza accumulata con queste ultime non avremo nessuna difficolta a

risolvere le prime.

Cominciamo con la semplice osservazione che a livello non relativistico le interazioni

gravitazionale e elettromagnetica hanno in realta la stessa identica struttura. Le forze

quasiā€“statiche tra due corpi sono infatti date da,

~Fem =e1 e2

4Ļ€r3~r (8.1)

~Fgr = āˆ’Gm1m2

r3~r, (8.2)

essendo G la costante di Newton. Corrispondentemente i potenziali scalari elettrico e

253

Page 265: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

gravitazionale soddisfano le equazioni di tipo Poisson,

āˆ’āˆ‡2Ļ•em = Ļe, (8.3)

āˆ‡2Ļ•gr = 4Ļ€GĻm, (8.4)

dove Ļe e la densita di carica elettrica e Ļm la densita di massa. Queste equazioni eviden-

temente non sono covarianti per trasformazioni di Lorentz, ma nel caso elettromagnetico

sappiamo bene come modificare la (8.3) per renderla tale. Come primo passo dobbiamo

covariantizzare il Laplaciano sostituendolo con il dā€™Alembertiano, āˆ’āˆ‡2 ā†’ āˆ’āˆ‡2 +āˆ‚20 = 2,

ottenendo cosı,

2Ļ•em = Ļe. (8.5)

Come secondo passo dobbiamo assegnare un ben definito carattere tensoriale alle gran-

dezze coinvolte. A questo proposito ricordiamo che la densita di carica e la componente

0 della quadricorrente, Ļe = j0, e cosı possiamo concludere che anche il potenziale sca-

lare debba essere la componente 0 di un certo quadrivettore AĀµ, Ļ•em = A0. Imponendo

lā€™invarianza di Lorentz arriviamo cosı a postulare lā€™equazione,

2AĀµ = jĀµ. (8.6)

La conservazione della quadricorrente impone infine il vincolo,

āˆ‚ĀµAĀµ = 0. (8.7)

Abbiamo effettivamente ottenuto le equazioni di Maxwell in gauge di Lorentz.

Cerchiamo ora di applicare la stessa strategia alla (8.4), per derivare unā€™equazione

relativistica per il campo gravitazionale. Di nuovo cominciamo sostituendo la (8.4) con,

2Ļ•gr = āˆ’4Ļ€GĻm. (8.8)

Per individuare il multipletto tensoriale al quale appartiene il campo Ļ•gr, dobbiamo allora

trovare il multipletto tensoriale al quale appartiene la densita di massa. A questo proposito

ricordiamo che in Relativita Ristretta la massa e una forma di energia, e ci dobbiamo allora

aspettare che in una teoria relativistica della gravitazione il campo gravitazionale venga

generato non dalla massa, ma piuttosto dallā€™energia di un corpo. Sappiamo, infatti, che i

254

Page 266: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

fotoni vengono deviati da un campo gravitazionale, pur non possedendo massa, ma ā€œsoloā€

energia. Nella (8.8) dobbiamo quindi sostituire la densita di massa con la densita di

energia, che altro non e che la componente 00 del tensore energiaā€“impulso,

Ļm ā†’ T 00.

Si noti che per un sistema di particelle non relativistiche T 00 si riduce di nuovo alla

densita di massa, vedi (2.71). Questa analisi ci induce dunque a considerare Ļ•gr co-

me la componente 00 di un tensore doppio simmetrico HĀµĪ½ , il ā€œcampo gravitazionaleā€.

Convenzionalmente si pone,

Ļ•gr =1

4H00.

La (8.8) si scrive allora,

2H00 = āˆ’16Ļ€G T 00, (8.9)

che si covariantizza naturalmente in,

2HĀµĪ½ = āˆ’16Ļ€G T ĀµĪ½ . (8.10)

La legge di conservazione āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0, analoga a āˆ‚Āµj

Āµ = 0, impone poi al campo gravita-

zionale il vincolo,

āˆ‚ĀµHĀµĪ½ = 0. (8.11)

Confrontando la (8.10) con la (8.6) si vede che la sorgente del campo gravitazionale e

il tensore energiaā€“impulso, cosı come la quadricorrente elettrica e la sorgente del campo

elettromagnetico. Ma a parte questo, la struttura delle (8.10), (8.11) e identica a quella

delle (8.6), (8.7), e la soluzione delle prime sara quindi immediata.

8.2.1 La relazione con le equazioni di Einstein

Le equazioni per il campo gravitazionale (8.10) costituiscono una covariantizzazione ā€œmi-

nimaleā€ della (8.4), in quanto realizzano lā€™invarianza di Lorentz nel modo piu semplice.

In realta le equazioni di campo esatte, ovvero, le equazioni di Einstein, come postulate

dalla Relativia Generale, si riducono alle (8.10) solo nel limite di campo debole. E infatti

immediato rendersi conto le (8.10) non possono descrivere la dinamica del campo gravita-

zionale in modo esatto. Il motivo principale e che secondo la (8.10) il campo gravitazionale

255

Page 267: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sarebbe generato unicamente dal tensore energiaā€“impulso T ĀµĪ½ della materia, che per un

sistema di particelle cariche, per esempio, e dato dalla (2.66). Questa equazione non tiene

dunque conto dellā€™energia e della quantita di moto trasportate dal campo gravitazionale

stesso. Occorre quindi completare il membro di destra della (8.10), aggiungendo il ten-

sore energiaā€“impulso T ĀµĪ½gr del campo gravitazionale. In analogia con il tensore T ĀµĪ½

em del

campo elettromagnetico, T ĀµĪ½gr dovrebbe essere costruito con termini quadratici in HĀµĪ½ , ma

secondo la Relativita Generale esso contiene tutte le potenze (HĀµĪ½)N , per N ā‰„ 2. Emerge

cosı la differenza fondamentale tra le equazioni di Maxwell e quelle di Einstein: mentre le

prime sono lineari in AĀµ in quanto il campo elettromagnetico non porta carica elettrica,

le seconde sono (altamente) non lineari in HĀµĪ½ in quanto il campo gravitazionale porta

quadrimomento.

Facciamo tuttavia notare che, se il campo gravitazionale e di intensita cosı bassa da

non (auto)influenzare la sua propagazione, allora nella (8.10) il contributo T ĀµĪ½gr potra essere

trascurato.

Data la presenza di potenze di tutti gli ordini in HĀµĪ½ , per ottenere il corretto com-

pletamento non lineare della (8.10), ovvero le equazioni di Einstein, e necessario ricorrere

al principio di equivalenza, che a sua volta si traduce nella richiesta di invarianza sotto

diffeomorfismi. Mentra questa costruzione esula dagli scopi di questo testo, spieghiamo

comunque in che modo il campo HĀµĪ½ e legato alla ā€œcurvaturaā€ dello spazioā€“tempo. Come

anticipato nel paragrafo 5.3.2, in presenza di un campo gravitazionale non nullo lā€™intervallo

tra due eventi si scrive,

ds2 = dxĀµdxĪ½gĀµĪ½(x),

dove gĀµĪ½ rappresenta la ā€œmetricaā€ di uno spazioā€“tempo curvo. Se la scriviamo nella forma,

gĀµĪ½(x) = Ī·ĀµĪ½ + hĀµĪ½(x),

allora il campo hĀµĪ½ quantifica lo scostamento della metrica, dalla metrica Ī·ĀµĪ½ dello spazioā€“

tempo piatto. Dato che secondo Einstein e la materia a curvare lo spazio, in assenza di

materia (e di onde gravitazionali) si dovra dunque avere hĀµĪ½ = 0. Si definisce poi il campo

HĀµĪ½ a partire da hĀµĪ½ attraverso,

HĀµĪ½ = hĀµĪ½ āˆ’ 1

2Ī·ĀµĪ½ hĻ

Ļ, (8.12)

256

Page 268: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

relazione che si inverte facilmente, dato che HĻĻ = āˆ’hĻ

Ļ,

hĀµĪ½ = HĀµĪ½ āˆ’ 1

2Ī·ĀµĪ½ HĻ

Ļ. (8.13)

Si dimostra allora che nel limite di campo debole, cioe, per |hĀµĪ½ | Āæ 1, ovvero |HĀµĪ½ | Āæ 1,

le equazioni di Einstein per la metrica,

gĀµĪ½ = Ī·ĀµĪ½ + HĀµĪ½ āˆ’ 1

2Ī·ĀµĪ½ HĻ

Ļ, (8.14)

si riducono alle equazioni (8.10), (8.11), per unā€™opportuna scelta di gaugeā€“fixing per i

diffeomorfismi. Risolte queste ultime per HĀµĪ½ , la (8.14) permette di determinare la metrica

in ogni punto dello spazioā€“tempo.

Scelte alternative per il campo gravitazionale. A priori si offrono due alternative per il

tipo di tensore da scegliere per il campo gravitazionale. La prima ā€“ immediata ā€“ emerge

se si riguarda Ļm come la componente 0 della ā€œquadricorrente di massaā€, la quale per un

sistema di particelle e data da,

JĀµm =

āˆ‘r

mr

āˆ«uĀµ

r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr. (8.15)

Seguirebbe infatti,

J0m =

āˆ‘r

mr Ī“3(~xāˆ’ ~yr) = Ļm.

In base alla (8.8) il campo Ļ•gr sarebbe allora la componente 0 di un quadrivettore. Questa

scelta e, tuttavia, in conflitto con due fatti sperimentali fondamentali. In primo luogo in

questo modo costruiremmo una teoria relativistica della gravita, in completa analogia con

lā€™Elettrodinamica ā€“ procedura che e in palese contrasto con il fatto che la prima prevede

solo ā€œcaricheā€ positive, le masse, mentre la seconda prevede cariche di entrambi i segni.

In secondo luogo, data la (8.15) si conserverebbe la massa totale di un sistema ā€“ di nuovo

in contrasto con lā€™esperienza.

La seconda scelta alternativa consiste, invece, nel considerare Ļ•gr come un quadrisca-

lare. Nel limite non relativistico le componenti T 0i e T ij del tensore energiaā€“impulso sono

trascurabili rispetto a T 00, vedi (2.71), e di conseguenza T ĀµĀµ ā‰ˆ T 00. Potremmo allora

identificare Ļm con la traccia di T ĀµĪ½ . Al posto di (8.10) otterremmo allora lā€™equazione,

2Ļ•gr = āˆ’4Ļ€G T ĀµĀµ.

257

Page 269: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Tuttavia, essendo che TemĀµ

Āµ = 0, qesta scelta implicherebbe che il campo elettromagnetico

non genera alcun campo gravitazionale, in contrasto con il fatto che i raggi luminosi in

un campo gravitazionale vengono deviati.

8.3 Irraggiamento gravitazionale

Nel limite di campo debole le equazioni del campo gravitazionale hanno dunque la stessa

struttura delle equazioni del campo elettromagnetico, di cui conosciamo tutte le soluzioni.

In questo limite, dunque, anche le equazioni del campo gravitazionale possono essere

risolte esattamente. In questa sezione riportiamo le soluzioni rilevanti e ne discutiamo le

conseguenze fisiche, specie in riferimento al fenomeno dellā€™irraggiamento gravitazionale.

Come prima cosa osserviamo che nel vuoto, dove T ĀµĪ½ = 0, le (8.10) si riducono alle

equazioni delle onde,

2HĀµĪ½ = 0. (8.16)

Come sappiamo, queste equazioni ammettono come soluzioni delle onde piane ā€œgravita-

zionaliā€, e viste le (8.11), (8.12) e immediato verificare che esse sono date proprio dalle

(5.82).

Viceversa, in presenza di un tensore energiaā€“impulso diverso da zero la (8.10) ammette

la soluzione esatta, vedi (6.48),

HĀµĪ½ = āˆ’4 G

āˆ«d3y

1

|~xāˆ’ ~y| T ĀµĪ½(tāˆ’ |~xāˆ’ ~y|, ~y).

A grandi distanze dalla sorgente ā€“ nella zona delle onde ā€“ possiamo ripetere lā€™analisi

asintotica svolta in sezione 7.1. Usando le stesse notazioni di quella sezione e allora

immediato vedere che il campo gravitazionale nella zona delle onde e dato da,

HĀµĪ½ = āˆ’4 G

r

āˆ«d3y T ĀµĪ½(tāˆ’ r + ~n Ā· ~y, ~y), r = |~x|, ~n =

~x

r. (8.17)

A grandi distanze il campo gravitazionale decade quindi come 1/r, come si conviene a un

campo di accelerazione. Come in sezione 7.1 si dimostra inoltre che, modulo termini di

ordine 1/r2, il campo (8.17) soddisfa le relazioni delle onde,

āˆ‚ĻHĀµĪ½ = nĻH

ĀµĪ½ , nĀµHĀµĪ½ = 0, n2 = 0, nĀµ = (1, ~n). (8.18)

258

Page 270: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Con lo stesso argomento del pargrafo 7.1.2 si puo poi vedere che asintoticamente il campo

hĀµĪ½ = HĀµĪ½ āˆ’ 12Ī·ĀµĪ½ HĻ

Ļ risulta sovrapposizione di onde piane del tipo (5.82), come si

conviene a un campo di radiazione.

Infine, nel limite non relativistico si puo trascurare il termine ~n Ā· ~y, e si ottiene la

semplice espressione,

HĀµĪ½ = āˆ’4G

r

āˆ«d3y T ĀµĪ½(tāˆ’ r, ~y). (8.19)

La potenza emessa. Passiamo ora allā€™analisi energetica della radiazione emessa. Per

eseguire questa analisi occorre conoscere lā€™espressione esplicita del tensore energiaā€“impulso

del campo gravitazionale T ĀµĪ½gr , in termini di HĀµĪ½ . Noto questo tensore si possono deter-

minare la distribuzione angolare della potenza emessa dWgr/dĪ©, e la potenza totale Wgr,

in completa analogia con la componente Āµ = 0 della (6.116),

dWgr

dĪ©= r2

(T 0i

gr ni), r ā†’āˆž, Wgr =

āˆ«dWgr

dĪ©dĪ©. (8.20)

Tuttavia, per derivare la forma esplicita di T ĀµĪ½gr e necessario ricorrere alle equazioni

di Einstein esatte. Per il momento ci e sufficiente sapere che nel limite di campo debole

esso risulta quadratico in HĀµĪ½ , di modo tale che per r ā†’ āˆž la (8.20) da luogo a un

risultato finito. Nella prossima sezione valuteremo la (8.20) esplicitamente, e lā€™espressione

di Wgr risultante sara in effetti molto semplice, vedi (8.25). In sezione 8.5 applicheremo

poi questa formula per valutare la perdita di energia della pulsar binaria PSR 1913+16,

causa emissione di onde gravitazionali, ne analizzeremo le conseguenze fenomenologiche

e le confronteremo con le osservazioni astronomiche di Hulse e Taylor.

8.3.1 Un argomento euristico per la formula di quadrupolo

Invece di passare direttamente al calcolo esplicito della (8.20), in questo paragrafo daremo

un argomento euristico ā€“ basato ancora sullā€™analogia con lā€™Elettrodinamica ā€“ per valutare

lā€™ordine di grandezza di Wgr. Questo argomento ci permettera inoltre di comprendere

meglio il significato fisico del risultato. Prima di procedere ricordiamo che nella trattazione

svolta finora abbiamo supposto che āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0, cioe, che il sistema irradiante che stiamo

considerando sia isolato. Per valutare la potenza emessa e infatti sufficiente considerare

la dinamica del sistema nellā€™approssimazione di ordine zero, cioe, trascurando la ā€œforza di

frenamento gravitazionaleā€.

259

Page 271: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Torniamo dunque allā€™espansione non relativistica (7.92) della potenza elettromagnetica

emessa da un sistema carico,

Wem =1

6Ļ€c3

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

+1

6Ļ€c5

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Māˆ£āˆ£āˆ£2

+1

80Ļ€c5

Ė™Dij Ė™D

ij

. (8.21)

Supponiamo ora che il sistema in questione sia formato da un certo numero di particelle,

con cariche er e masse mr. Allora lā€™analogia fra la (8.1) e la (8.2) suggerisce di stimare la

potenza gravitazionale emessa dallo stesso sistema, operando nella (8.21) semplicemente

le sostituzioni,

er ā†’āˆš

4Ļ€G mr. (8.22)

Dato che a livello non relativistico lā€™energia e dominata dalla massa, dovremo quindi

effettuare la sostituzione, vedi (2.80),

jĀµ ā†’āˆš

4Ļ€GT Āµ0.

Se si ricordano le definizioni dei vari momenti di multipolo che compaiono nella (8.21), si

vede che questa procedura porta alla stima,

Wgr ā‰ˆ 2 G

3c3

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Pāˆ£āˆ£āˆ£2

+G

6c5

āˆ£āˆ£āˆ£~Lāˆ£āˆ£āˆ£2

+G

20c5

Ė™Pij Ė™P

ij

, (8.23)

dove ~P =āˆ‘

r mr~vr e la quantita di moto totale del sistema, ~L =āˆ‘

r ~yr Ɨmr~vr e il suo

momento angolare totale, e P ij e il suo momento di quadrupolo gravitazionale ridotto,

P ij = P ij āˆ’ 1

3Ī“ij P kk, P ij =

āˆ«d3xxixj T 00. (8.24)

Ma siccome il sistema e isolato abbiamo ~P = 0 = ~L, ed entrambi i contributi di dipolo

nella (8.23) sono allora nulli! In ultima analisi lā€™assenza dei contributi di dipolo nella

radiazione gravitazionale e conseguenza del principio di equivalenza, che assicura che la

ā€œcarica gravitazionaleā€ di un corpo coincide con la sua massa: dopo la sostituzione (8.22)

il rapporto ā€œer/mrā€ diventa allora indipendente da r per qualsiasi corpo, eguagliando la

costante Ī³ =āˆš

4Ļ€G. E in questo caso sappiamo, infatti, che le radiazioni di dipolo sono

entrambe assenti, si vedano il paragrafo 7.3.2 e la sezione 7.4.

Resterebbe quindi solo il termine di quadrupolo. In realta nel prossimo paragrafo

vedremo che la valutazione esplicita della (8.20) conferma il risultato (8.23) ā€“ a parte un

260

Page 272: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

fattore moltiplicativo 4. Otterremo infatti,

Wgr =G

5c5

Ė™Pij Ė™P

ij

. (8.25)

Questa e la celebrata formula di quadrupolo per lā€™irraggiamento gravitazionale. Essa

costituisce a tutti gli effetti la controparte gravitazionale dellā€™analogo risultato (7.41)

dellā€™Elettrodinamica,

Wem =1

6Ļ€c3

āˆ£āˆ£āˆ£ ~Dāˆ£āˆ£āˆ£2

,

in quanto entrambe le formule danno il termine leading della potenza totale emessa in

approssimazione non relativistica. Previa lā€™identificazione e ā†” āˆš4Ļ€Gm si vede che lā€™in-

tensita della radiazione gravitazionale, essendo di quadrupolo, e soppressa di un fattore

(v/c)2 rispetto alla radiazione elettromagnetica, che e appunto di dipolo.

Teorema di Birkhoff. Facciamo, infine, notare che nella (8.25) la comparsa del momen-

to di quadrupolo ridotto (8.24) e dovuta al fatto che il teorema di Birkhoff, vedi problema

2.5, vale anche per il campo gravitazionale, per il quale, in realta, originalmente e stato

dimostrato. In Relativita Generale questo teorema afferma che il campo gravitazionale

prodotto da un sistema sferico nel vuoto, e statico, e quindi un tale sistema non puo

emettere onde gravitazionali, ovvero Wgr = 0. La formula (8.24) verifica in effetti questo

teorema, perche per un sistema a simmetra sferica si ha T 00 = T 00(t, r), e lā€™argomento

dato in (7.94) si estende allora immediatamente al momento di quadrupolo ridotto (8.24),

e ne segue che P ij = 0. Per un sistema sferico si ha quindi Wgr = 0.

8.4 La potenza della radiazione di quadrupolo

In questa sezione deriviamo la (8.25) a partire dalla (8.20).

Punto di partenza e lā€™espressione per il tensore energiaā€“impulso del campo gravitazio-

nale, che viene fornita dalle equazioni di Einstein. Invece di riportare lā€™espressione esatta,

diamo la sua forma nella zona delle onde, che risulta particolarmente semplice,

T ĀµĪ½gr =

nĀµnĪ½

32Ļ€ G

(HĪ±Ī²HĪ±Ī² āˆ’ 1

2(HĪ±

Ī±)2

). (8.26)

Scrivendo la (8.26) abbiamo omesso un termine proporzionale a una quadridivergenza,

261

Page 273: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

del tipo,

āˆ‚ĻWĻĀµĪ½ = nĻ

āˆ‚W ĻĀµĪ½

āˆ‚t, (8.27)

dove W ĻĀµĪ½ e un tensore bilineare in HĪ±Ī² e HĪ±Ī². Essendo una derivata totale rispetto al

tempo, questo termine non contribuisce quando si considera un sistema che compie un

moto periodico, e si media la potenza (8.20) nel tempo. In questo caso HĪ±Ī² e, infatti,

periodico nel tempo, e tale sara allora W ĻĀµĪ½ . Se un sistema compie, invece, un moto

aperiodico, ed e accelerato per un intervallo temporale finito, allora il termine (8.27) non

contribuisce allā€™energia totale emessa, perche in quel caso per tā†’ Ā±āˆž HĪ±Ī² tende a zero,

e per tā†’ Ā±āˆž si annulla quindi anche W ĻĀµĪ½ .

Facciamo notare lā€™analogia formale tra la (8.26) e lā€™espressione corrispondente di T ĀµĪ½em

per il campo elettromagnetico (5.72),

T ĀµĪ½em = āˆ’nĀµnĪ½(AĪ±AĪ±).

Per la distribuzione angolare della potenza le (8.20), (8.26) danno allora,

dWgr

dĪ©=

r2

32Ļ€G

(HĪ±Ī²HĪ±Ī² āˆ’ 1

2(HĪ±

Ī±)2

). (8.28)

Come nel caso elettromagnetico esprimiamo innanzitutto il membro destra di questa for-

mula in termini delle sole componenti spaziali H ij del campo gravitazionale. A questo sco-

po riprendiamo dalle (8.18) le identita algebriche nĀµHĀµĪ½ = 0, che permettono di esprimere

tutte le componenti di HĀµĪ½ in termini delle sole H ij,

H00 = ninjH ij

H0i = njH ij.

Inserendo queste espressioni nella (8.28) si ottiene facilmente,

dWgr

dĪ©=

r2

32Ļ€GH ij H lm Ī›ijlm, (8.29)

Ī›ijlm ā‰” Ī“ilĪ“jm āˆ’ 1

2Ī“ijĪ“lm āˆ’ 2 Ī“ilnjnm + Ī“ijnlnm +

1

2ninjnlnm, (8.30)

analoga alla (7.17) dellā€™Elettrodinamica. Per procedere e piu conveniente riesprimere il

membro di destra della (8.29) in termini della parte di traccia di H ij, cioe H ii, e della sua

parte a traccia nulla,

Hij ā‰” H ij āˆ’ 1

3Ī“ijHkk, Hii = 0.

262

Page 274: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Inserendo nella (8.29) lā€™espressione,

H ij = Hij +1

3Ī“ijHkk,

e svolgendo i calcoli si vede che la parte di traccia si cancella, e si ottiene,

dWgr

dĪ©=

r2

32Ļ€GHij Hlm Ī£ijlm, (8.31)

Ī£ijlm ā‰” Ī“ilĪ“jm āˆ’ 2 Ī“ilnjnm +1

2ninjnlnm. (8.32)

I campi H ij, infine, sono dati dalle (8.19),

H ij = āˆ’4G

r

āˆ«d3y T ij. (8.33)

Come ultimo passo facciamo vedere che questi campi sono legati in modo molto semplice

ai momenti di quadrupolo (8.24). Si dimostra infatti che vale lā€™identita,āˆ«

d3xT ij =1

2P ij.

La dimostrazione sfrutta la conservazione del tensore energiaā€“impulso āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0, che

comporta,

T 00 = āˆ’āˆ‚kTk0,

T 0k = āˆ’āˆ‚mTmk,

e quindi,

T 00 = āˆ’āˆ‚kTk0 = āˆ‚kāˆ‚mT km.

Integrando due volte per parti si ottiene allora,

P ij =

āˆ«d3xxixjT 00 =

āˆ«d3xxixj āˆ‚kāˆ‚mT km =

āˆ«d3x āˆ‚kāˆ‚m

(xixj

)T km

=

āˆ«d3x

(Ī“ikĪ“

jm + Ī“j

kĪ“im

)T km = 2

āˆ«d3xT ij.

Concludiamo che nel limite non relativistico il campo gravitazionale nella zona delle onde

e legato al momento di quadrupolo dalla semplice relazione 38,

H ij = āˆ’2G

rP ij, (8.34)

38Ripristinando la velocita della luce e identificando nella (8.24) T 00 con la densita di massa Ļm, la

(8.34) si scrive, Hij = āˆ’ 2G

rc4P ij . Rispetto alla (7.37) ā€“ che e una radiazione e di dipolo ā€“ ci si sarebbe

aspettati una potenza di 1/c2. Lā€™ulteriore fattore 1/c2 e dovuto al fatto che hĀµĪ½ corrisponde al campogravitazionale, diviso c2.

263

Page 275: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

da confrontare con la (7.37). Per questo motivo la radiazione rappresentata da H ij

corrisponde a una ā€œradiazione di quadrupoloā€. Sottraendo dalla (8.34) la traccia si trova,

Hij = āˆ’2G

rP ij,

e sostituendo in (8.31) si ottiene,

dWgr

dĪ©=

G

8Ļ€Ė™P

ij Ė™Plm

Ī£ijlm.

In generale la distribuzione angolare della potenza e quindi una funzione abbastanza

complicata degli angoli. Tuttavia, grazie agli integrali invarianti del problema 2.6 si

ottiene una formula molto semplice per la potenza totale,

Wgr =G

8Ļ€Ė™P

ij Ė™Plm

āˆ«Ī£ijlm dĪ© (8.35)

=G

8Ļ€Ė™P

ij Ė™Plm 2Ļ€

15

(Ī“ijĪ“lm + 11 Ī“ilĪ“jm + Ī“imĪ“jl

)

=G

5Ė™P

ij Ė™Pij

, (8.36)

che e la formula di quadrupolo (8.25).

8.5 La pulsar binaria PSR 1913+16

La formula appena derivata fornisce lā€™energia emessa nellā€™unita di tempo da un sistema

non relativistico mediante onde gravitazionali, noto il momento di quadrupolo (8.24), e

quindi la sua densita di energia. Nel limite non relativistico la densita di energia e a sua

volta dominata dalla densita di massa. Se il sistema e composto da un certo numero di

particelle con massa Mr e traiettorie ~yr(t), o piu in generale, da un certo numero di corpi

rigidi con moti rotazionali trascurabili, allora abbiamo dunque, vedi (2.80),

T 00 =āˆ‘

r

Mr Ī“3(~xāˆ’ ~yr).

Di conseguenza otteniamo la semplice espressione,

P ij =

āˆ«d3x xixj T 00 =

āˆ‘r

Mr

āˆ«d3xxixj Ī“3(~xāˆ’ ~yr) =

āˆ‘r

Mr yir yj

r . (8.37)

Derivandola tre volte rispetto al tempo, sottraendo la traccia e inserendo lā€™espressione

risultante nella (8.25), si puo quindi calcolare facilmente lā€™energia che viene emessa nel-

lā€™unita di tempo. Per i motivi spiegati sopra lā€™entita di questa energia e in generale

264

Page 276: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

molto piccola, e quindi difficile da misurare. La verifica sperimentale della (8.25) necessi-

ta dunque dellā€™esistenza di particolari sistemi fisici, in cui la radiazione gravitazionale sia

cosı intensa da poter essere rivelata sperimentalmente. In linea di principio ci sono due

possibilita diverse per stabilire la presenza di onde gravitazionali.

Osservazioni dirette. Siccome in Wgr compaiono le derivate delle coordinate, lā€™inten-

sita della radiazione sara elevata se un sistema e costituito da corpi con accelerazioni

molto violente e masse molto grandi. In questo caso dovrebbe essere possibile osservare

direttamente gli effetti del campo (8.34), anche se la durata delle accelerazioni e molto

breve, come per esempio nelle supernovae. Le tecniche sperimentali per effettuare misure

di questo tipo impiegano antenne gravitazionali o dispositivi interferometrici.

Osservazioni indirette. Se un sistema fisico e soggetto ad accelerazioni troppo picco-

le, allora la radiazione gravitazionale emessa puo essere troppo poco intensa per essere

osservata sperimentalmente. Tuttavia, per la conservazione dellā€™energia il fenomeno del-

lā€™irraggiamento gravitazionale comporta necessariamente una diminuzione dellā€™energia del

sistema irradiante. Anche se la potenza istantanea e molto piccola, se il sistema irradia

abbastanza a lungo, compiendo per esempio un moto periodico, allora puo succedere che la

continua perdita di energia causa nel sistema effetti cumulativi cosı grandi da poter essere

rivelati sperimentalmente. Effetti di questo tipo possono essere, per esempio, variazioni

molto leggere delle velocita o delle dimensioni delle orbite di un sistema ā€“ altrimenti sup-

posto periodico. Un sistema astronomico con queste caratteristiche e stato scoperto da

R.A. Hulse e J.H. Taylor nel 1974, la pulsar binaria PSR 1913+16, la quale e stata tenuta

sotto osservazione dagli scopritori per una decina di anni.

La pulsar PSR 1913+16 e la sua compagna ruotano una attorno allā€™altra su orbite

ellittiche pressoche newtoniane, di periodo T = 7.75h, a una distanza di 2 r ā‰ˆ 1.8 Ā·106km. Il diametro di entrambe le stelle si stima di una decina di km. La pulsar si

trova inoltre in rotazione rapida attorno a un suo asse con periodo di ā€œspinā€ Ļ„ ā‰ˆ 59 ms,

ed in corrispondenza emette impulsi elettromagnetici intervallati dallo stesso periodo.

Lā€™osserazione di questi impulsi, in particolare lā€™analisi delle oscillazioni del periodo di spin

dovute allā€™effetto Doppler, causato dal moto orbitale, ha permesso di effettuare una serie

di misure molto precise sulla dinamica del sistema. Una caratteristica delle pulsar isolate

265

Page 277: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e, infatti, costituita dal fatto che lā€™intervallo Ļ„ tra due impulsi successivi resta costante

nel tempo, con una precisione che rasenta spesso quella degli orologi atomici.

Cosı e stato possibile, per esempio, determinare le masse delle due stelle e lā€™eccentricita

dellā€™orbita relativa, con precisione molto elevata. Se indichiamo con M0 la massa del sole,

la massa della pulsar e quella della sua compagna valgono rispettivamente,

M1 = 1.4414(2)M0, M2 = 1.3867(2)M0,

mentre lā€™eccentricita dellā€™orbita e,

e = 0.617127(3).

Le misure effettuate su questo sistema hanno permesso, in particolare, di verificare diverse

previsioni della Relativita Generale in un regime di campi gravitazionali forti, ma il dato

sperimentale forse piu rilevante e che il periodo orbitale T del sistema diminuisce nel

tempo, anche se molto lentamente. Le osservazioni effettuate da Hulse e Taylor nellā€™arco di

circa un decennio, tra il 1974 e il 1987, hanno infatti rivelato che sussiste una diminuzione

costante e sistematica del periodo data da,

(dT

dt

)

oss

= āˆ’(2.4056Ā± 0.0051) Ā· 10āˆ’12 s/s. (8.38)

Si noti che in un anno il periodo di 7.75 ore diminuisce di soli 7 Ā· 10āˆ’5s.

Valutazione della formula di quadrupolo. Analizzeremo ora gli effetti dellā€™emissione di

radiazione gravitazionale sul sistema stesso, in stretta analogia con lā€™analisi svolta per

lā€™atomo di idrogeno classico nel paragrafo 7.3.6. In questo caso svolgeremo lā€™analisi ap-

prossimando le traiettorie ellittiche con orbite circolari di raggio r, e assumendo che si

abbia M1 = M2 = M ; la correzione dovuta allā€™eccentricita non nulla sara introdotta alla

fine. Dai dati riportati si vede che la velocita delle stelle vale v/c = 2Ļ€r/T ā‰ˆ 0.7 Ā· 10āˆ’3, e

quindi e giustificata lā€™approssimazione non relativistica.

Per valutare la potenza irradiata (8.25) dobbiamo partire dal momento di quadrupolo

(8.37). Dato che abbiamo ~y1 = āˆ’~y2 ā‰” ~y, si ottiene semplicemente,

P ij = 2M yi yj.

266

Page 278: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Sfruttando la cinematica del moto circolare uniforme e ponendo vi = yi si ottiene poi

facilmente,

Ė™Pij

= āˆ’8Mv2

r2

(yivj + yjvi

).

Dato che ~y Ā· ~v = 0, segue che Ė™Pii

= 0, e quindi in questo caso abbiamo,

Ė™Pij

= Ė™Pij

.

La (8.25) da allora immediatamente,

Wgr =128 GM2v6

5r2c5. (8.39)

Per quantificare gli effetti della potenza emessa (8.39) sul sistema, procediamo come

nel caso dellā€™atomo di idrogeno classico. Poniamo,

Wgr = āˆ’dĪµ

dt,

dove Īµ e lā€™energia totale non relativistica del sistema. Dallā€™equazione della forza centripeta,

Mv2

r=

GM2

(2r)2ā‡’ v2 =

MG

4r,

si ottiene,

Īµ = 2

(1

2Mv2

)āˆ’ GM2

2r= āˆ’GM2

4r.

Dā€™altra parte, siccome,T 2

4Ļ€2=

r2

v2=

4r3

MG,

risulta che Īµ e proporzionale a Tāˆ’2/3. Si conclude allora che il periodo diminuisce nel

tempo secondo la legge,dT

dt= āˆ’3

2

T

Īµ

dĪµ

dt= āˆ’12

5

TG3M3

r4c5,

dove per āˆ’dĪµ

dtabbiamo sostituito la (8.39). Infine, si puo vedere che la struttura el-

littica delle orbite modifica questo risultato solo per un fattore correttivo dipendente

dallā€™eccentricita,dT

dt= āˆ’12

5

TG3M3

r4c5

1 + 73e2/24 + 37e4/96

(1āˆ’ e2)7/2.

Inserendo in questa formula i dati di Hulse e Taylor si conclude che la Relativita Generale

prevede per la diminuzione del periodo orbitale nel tempo il valore,(

dT

dt

)

RG

= āˆ’(2.40242Ā± 0.00002) Ā· 10āˆ’12 s/s.

267

Page 279: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La diminuzione del periodo osservata (8.38) e quindi perfettamente consistente con lā€™e-

missione di onde gravitazionali, come prevista dalla Relativita Generale. Risulta infatti,

(dTdt

)oss(

dTdt

)RG

= 1.0013Ā± 0.0021.

8.6 Problemi

8.1 Si dimostri che lā€™integrale sugli angoli nella (8.35) da la (8.36).

8.2 Si consideri un sistema formato da due stelle identiche di massa M , che ruotano

una attorno allā€™altra su orbite circolari di raggio r, come in sezione 8.5.

a) Si dimostri che la potenza totale della radiazione gravitazionale emessa e data dalla

(8.39).

b) Si esegua lā€™analisi spettrale della radiazione emessa.

268

Page 280: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

9 Irraggiamento ultrarelativistico

La fisica moderna ricorre frequentemente ad esperimenti che coinvolgono particelle cariche

con velocita molto elevate, spesso prossime alla velocita della luce. Per farle raggiungere

velocita cosı grandi occorre fornire loro energia, e se inoltre le si vogliono confinare a zone

limitate le loro traiettorie devono essere necessariamente curvate. In entrambi i processi

le particelle sono sottoposte ad accelerazione ed emettono quindi radiazione elettroma-

gnetica, dissipando parte dellā€™energia accumulata. In questi casi per valutare la perdita

di energia non si puo piu ricorrere allo sviluppo in multipoli, valido nel limite non re-

lativistico, ma sono necessari strumenti di calcolo che forniscono risultati esatti, validi

per velocita arbitrarie. In questo capitolo svilupperemo gli strumenti utili a tal scopo,

e li useremo in particolare per analizzare il fenomeno della dissipazione di energia negli

acceleratori ad alte energie, a causa dellā€™irraggiamento.

Le basi per lā€™analisi relativistica della radiazione emessa da un generico sistema ca-

rico sono gia state sviluppate nel capitolo precedente. Sappiamo in particolare che la

valutazione del quadrimomento emesso, che secondo le (7.13) e (7.15) e dato da,

d2P Āµ

dt dĪ©= r2

(T Āµi

emni)

= r2nĀµ| ~E|2, (9.1)

richiede solo la conoscenza del campo elettrico nella zona delle onde; e per una distribu-

zione di carica generica questo campo puo essere calcolato agevolmente usando le (7.9) e

(7.11). Tuttavia, in seguito ci occuperemo principalmente della radiazione emessa da una

singola particella, e in questo caso per ~E potremo usare alternativamente lā€™espressione di

Lienardā€“Wiechert. Eseguendo i limiti asintotici R ā†’ r e ~mā†’ ~n, dalla (6.108) si ottiene

infatti,

~E =e

4Ļ€ r

~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)3. (9.2)

Ricordiamo che le variabili cinematiche ~v e ~a che compaiono in questa espressione sono

valutate al tempo ritardato tā€²(x), definito dalla relazione implicita,

tāˆ’ tā€² = |~xāˆ’ ~y(tā€²)|. (9.3)

Anche questa relazione deve allora essere specificata al caso di grandi r. Eseguendo

269

Page 281: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

lā€™espansione di |~xāˆ’ ~y(tā€²)| per grandi r si ottiene, vedi sezione 7.1,

|~xāˆ’ ~y(tā€²)| = r āˆ’ ~n Ā· ~y(tā€²) +

(1

r

),

da cui segue la relazione asintotica,

t = tā€² + r āˆ’ ~n Ā· ~y(tā€²). (9.4)

Derivando questā€™ultima rispetto a tā€², per ~x = ~n r fissato, si ottiene una relazione che

useremo piu volte in seguito,dt

dtā€²= 1āˆ’ ~n Ā· ~v(tā€²). (9.5)

Inserendo infine la (9.2) nella (9.1) si ottiene unā€™espressione, abbastanza complicata,

per la distribuzione angolare del quadrimomento emesso. Tuttavia, nella prossima sezione

faremo vedere che integrando la (9.1) sugli angoli e possibile derivare unā€™espressione molto

semplice per il quadrimomento totaledP Āµ

rad

dt, irradiato dalla particella nellā€™unita di tempo

in tutte le direzioni. Dato che per una particella singola possiamo sempre scrivere,

d

ds= u0 d

dt,

questo risultato fornira poi anche il quadrimomento totale irradiato per unita di tempo

proprio,dP Āµ

rad

ds= u0 dP Āµ

rad

dt,

che e una quantita Lorentzā€“covariante. La formula risultante costituisce una generalizza-

zione relativistica della formula di Larmor, valida per velocita arbitrarie.

Unā€™analisi qualitativa della distribuzione angolare della radiazione emessa da particelle

ultrarelativistiche verra invece svolta in sezione 9.3.

9.1 Generalizzazione relativistica della formula di Larmor

Consideriamo una particella carica che compie un moto arbitrario. In quanto segue, per

semplicita supporremo che la particella sia accelerata solo durante un intervallo temporale

limitato, oppure che lā€™accelerazione vada a zero con sufficiente rapidita per |t| ā†’ āˆž. In

questo modo la particella emettera radiazione solo per un intervallo temporale finito, e an-

che il quadrimomento totale emesso sara allora finito. In questa sezione vogliamo, infatti,

270

Page 282: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

calcolare il quadrimomento totale emesso in tutte le direzioni lungo lā€™intera traiettoria, e

successivamente il quadrimomentodP Āµ

rad

dsemesso in tutte le direzioni per unita di tempo

proprio. Per fare questo dovremmo inserire la (9.2) nella (9.1), e integrare lā€™espressione

risultante su tutti gli angoli e su tutti i tempi. Questo calcolo e istruttivo e lo eseguiremo

esplicitamente nel paragrafo 9.1.2, ma esso risulta anche un poā€™ lungo. Per questo motivo

nel paragrafo che segue daremo una deduzione alternativa e piu rapida didP Āµ

rad

ds, sfrut-

tando il semplice fatto che sotto trasformazioni di Lorentz il quadrimomento si comporta

come un quadrivettore.

9.1.1 Un argomento di covarianza

Riprendiamo i risultati per lā€™energia e la quantita di moto irradiate nellā€™unita di tempo

da una particella non relativistica, vedi paragrafo 7.3.2,

dĪµ

dt=

e2

6Ļ€|~a(tāˆ’ r)|2, d ~P

dt= 0.

Ricordiamo che questo quadrimomento viene rivelato a un istante t a una distanza r dalla

particella, motivo per cui lā€™accelerazione e valutata allā€™istante ritardato t āˆ’ r. Proprio

questa circostanza ci permette di interpretare lā€™espressione,

dP Āµrad

dt=

e2

6Ļ€|~a(t)|2 (1, 0, 0, 0), (9.6)

come quella frazione di quadrimomento emessa da una particella non relativistica allā€™i-

stante t, che raggiunge lā€™infinito.

Cio premesso consideriamo ora una particella che compie un moto arbitrario. Dato che

siamo in presenza di unā€™unica particella, al posto del tempo possiamo equivalentemente

considerare il suo tempo proprio, e chiederci quanto vale il quadrimomentodP Āµ

rad

ds, irradiato

dalla particella nellā€™unita di tempo proprio. In seguito assumeremo che questa quantita sia

un quadrivettore 39. Per riallacciarci alla (9.6) consideriamo per ogni s fissato il sistema

di riferimento Kāˆ—, in cui la particella in quellā€™istante e a riposo. Secondo quanto stabilito

sopra, in questo sistema di riferimento vale allora,

dP āˆ—Āµrad

ds=

e2

6Ļ€|~a āˆ—|2 uāˆ—Āµ, uāˆ—Āµ ā‰” (1, 0, 0, 0), (9.7)

39Se la quantita dPĀµrad/ds uguagliasse la perdita di quadrimomento della particella in quellā€™istante,

questa ipotesi sarebbe soddisfatta banalmente. Ma in realta piu avanti vedremo che la particella perdelocalmente unā€™ulteriore porzione di quadrimomento, il termine di Schott, che risulta covariante anchā€™esso.La nostra ipotesi si giustifica quindi a posteriori.

271

Page 283: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove uāˆ—Āµ e la quadrivelocita della particella in Kāˆ—. Abbiamo posto dtāˆ— = ds, in quanto

~v āˆ— = 0. Notiamo poi che in Kāˆ— la quadriaccelerazione vale wāˆ—Āµ = (0,~a āˆ—), e quindi

possiamo scrivere,

wāˆ—2 = wāˆ—Āµwāˆ—Āµ = āˆ’|~a āˆ—|2.

La (9.7) si scrive allora,dP āˆ—Āµ

rad

ds= āˆ’ e2

6Ļ€wāˆ—2 uāˆ—Āµ.

Dato che questa relazione eguaglia un quadrivettore a un quadrivettore, concludiamo che

essa vale in qualsiasi riferimento, e otteniamo dunque,

dP Āµrad

ds= āˆ’ e2

6Ļ€w2 uĀµ, (9.8)

che costituisce la generalizzazione relativistica della formula di Larmor. Rimarchiamo il

fatto che questa formula non esprime il quadrimomento ā€œtotaleā€ emesso dalla particella

allā€™istante s, ma solo quella parte che raggiunge lā€™infinito.

Dalla (9.8) si vede che a livello relativistico la radiazione trasporta ora anche quantita

di moto. Ricordando ched

ds= u0 d

dt, la componente spaziale di questa formula corrisponde

appunto a,d~Prad

dt= āˆ’ e2

6Ļ€w2 ~v,

che risulta trascurabile se v Āæ 1. Considerando invece la componente temporale della

(9.8) si ottiene la potenza totale emessa da una particella in moto arbitrario,

W = āˆ’ e2

6Ļ€w2. (9.9)

Facciamo notare che questa espressione e Lorentz invariante, nonostante la potenza in

generale non sia una quantita scalare, ma dipenda dal sistema di riferimento. Nel caso in

questione la Lorentzā€“invarianza di W e una conseguenza del fatto chedP Āµ

rad

dsāˆ uĀµ.

~a āŠ„ ~v e ~a ā€– ~v. Per confrontare la (9.9) con la formula di Larmor non relativistica

(6.128), esprimiamo la prima in termini dellā€™accelerazione spaziale ~a, vedi problema 2.1,

W =e2

6Ļ€

a2 āˆ’ (~aƗ ~v)2

(1āˆ’ v2)3.

Per velocita piccole riotteniamo ovviamente la potenza di Larmor, ma per particelle ul-

trarelativistiche i fattori1

1āˆ’ v2ā€“ a parita di accelerazione ā€“ danno luogo a una potenza

272

Page 284: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

irradiata molto piu elevata, rispetto al caso non relativistico. In particolare possiamo

analizzare separatamente i moti per cui ~a ā€– ~v e quelli per cui ~a āŠ„ ~v,

Wā€– =e2a2

6Ļ€

1

(1āˆ’ v2)3, WāŠ„ =

e2a2

6Ļ€

1

(1āˆ’ v2)2. (9.10)

Si vede che a parita di accelerazione per particelle ultrarelativistiche si avrebbeWā€– ƀWāŠ„,

e quindi in un moto rettilineo verrebbe emessa molta piu radiazione che non in un moto con

pura accelerazione centripeta. Tuttavia, questa analisi non tiene conto delle accelerazioni

che si possono raggiungere sperimentalmente in un caso e nellā€™altro, e inoltre non rapporta

lā€™energia irradiata allā€™energia posseduta dalla particella. Vedremo, per esempio, che nel

caso degli acceleratori ad alte energie la situazione e difatti rovesciata.

9.1.2 Deduzione della formula di Larmor relativistica

Deriveremo ora la formula di Larmor relativistica (9.8), a partire dalla formula base (9.1).

La procedura che seguiremo ci permettera in particolare di confermare la correttezza

dellā€™interpretazione fisica datane sopra.

Invece di inserire la (9.2) direttamente nella (9.1), e piu conveniente usare per il tensore

energiaā€“impulso dei campi asintotici di Lienardā€“Wiechert lā€™espressione equivalente (7.97),

vedi problema 7.4. La riportiamo quı con le identificazioni asintotiche Rā†’ r, mĀµ ā†’ nĀµ,

T ĀµĪ½ = āˆ’e2[(un)2w2 + (wn)2]

16Ļ€2(un)6 r2nĀµ nĪ½ . (9.11)

Inserendo questa formula in (9.1) risulta,

d2P Āµ

dt dĪ©= āˆ’e2[(un)2w2 + (wn)2]

16Ļ€2(un)6nĀµ. (9.12)

E un semplice esercizio fare vedere che si ottiene lo stesso risultato se si inserisce la (9.2)

nella (9.1).

Lā€™espressione (9.12) fornisce la distribuzione angolare del quadrimomento emesso nel-

lā€™unita di tempo. Per determinare il quadrimomento totale āˆ†P Āµ emesso lungo tutta la

traiettoria, la integriamo su tutti gli angoli e su tutti i tempi,

āˆ†P Āµ = āˆ’ e2

16Ļ€2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždt

āˆ«dĪ© nĀµ

(w2

(un)4+

(wn)2

(un)6

). (9.13)

Lā€™integrando in questa espressione dipende in modo complicato da t e ~n, per via del fatto

che u e w sono valutati al tempo ritardato tā€²(t, ~x). Per valutare lā€™integrale e allora piu

273

Page 285: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

conveniente passare dalla variabile dā€™integrazione t al tempo proprio s della particella. Per

ogni ~x fissato esiste, infatti, una relazione biunivoca tra t e tā€², vedi (9.4), e una relazione

biunivoca tra tā€² e s, vedi (6.83). Usando la (9.5) si trova in particolare,

dt =dtā€²

ds

dt

dtā€²ds = u0 (1āˆ’ ~n Ā· ~y) ds = (un) ds,

e la (9.13) diventa in definitiva,

āˆ†P Āµ = āˆ’ e2

16Ļ€2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžds

āˆ«dĪ© nĀµ

(w2

(un)3+

(wn)2

(un)5

). (9.14)

Ora s e una variabile di integrazione indipendente, e lā€™integrazione sugli angoli e elemen-

tare. La eseguiamo esplicitamente, per illustrare alcune tecniche che vengono usate di

frequente in fisica teorica.

Cominciamo notando che la funzione integranda in (9.14) dipende dai ā€œparametriā€

u e w, che sono soggetti ai vincoli u2 = 1 e uw = 0. La tecnica che useremo prevede,

invece, di valutare lā€™integrale per vettori u e w generici, cioe, non soggetti a tali vincoli.

Lā€™integrale che ci interessa sara poi ottenuto imponendo questi vincoli nel risultato finale.

Considerando dunque uĀµ come una variabile libera, possiamo riscrivere lā€™integrando di

(9.14) come un gradiente rispetto a uĀµ,

nĀµ

(w2

(un)3+

(wn)2

(un)5

)= āˆ’1

2

āˆ‚

āˆ‚uĀµ

(w2

(un)2+

1

2

(wn)2

(un)4

).

Portando la derivata rispetto a uĀµ fuori dallā€™integrale sugli angoli otteniamo,

āˆ†P Āµ =e2

32Ļ€2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžds

āˆ‚

āˆ‚uĀµ

āˆ«dĪ©

(w2

(un)2+

1

2

(wn)2

(un)4

).

Ci siamo dunque ricondotti al calcolo di un unico integrale. Possiamo semplificare ulte-

riormente lā€™integrando se notiamo lā€™identita,

(wn)2

(un)4= wĪ± wĪ²

nĪ±nĪ²

(un)4=

1

6wĪ± wĪ²

āˆ‚2

āˆ‚uĪ±āˆ‚uĪ²

1

(un)2,

e portiamo le derivate rispetto a uĀµ di nuovo fuori dal segno di integrale,

āˆ†P Āµ =e2

32Ļ€2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžds

āˆ‚

āˆ‚uĀµ

[(w2 +

1

12wĪ± wĪ²

āˆ‚2

āˆ‚uĪ±āˆ‚uĪ²

) āˆ«dĪ©

1

(un)2

].

274

Page 286: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Abbiamo quindi ricondotto lā€™integrale al calcolo di qualche derivata e alla valutazione di

un unico integrale elementare 40,āˆ«

dĪ©1

(u n)2=

4Ļ€

u2. (9.15)

Si ottiene,

āˆ†P Āµ =e2

8Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžds

āˆ‚

āˆ‚uĀµ

[(w2 +

1

12wĪ± wĪ²

āˆ‚2

āˆ‚uĪ±āˆ‚uĪ²

)1

u2

]. (9.16)

Il calcolo delle derivate e elementare e da,

āˆ‚

āˆ‚uĀµ

[(w2 +

1

12wĪ±wĪ²

āˆ‚2

āˆ‚uĪ±āˆ‚uĪ²

)1

u2

]=

(2

3āˆ’ 2u2

)w2uĀµ

(u2)3+

(4

3u2wĀµ āˆ’ 4(uw)uĀµ

)uw

(u2)4

= āˆ’4

3w2uĀµ,

dove nellā€™espressione finale, valida per qualsiasi u e w, abbiamo imposto i vincoli fisici

u2 = 1, uw = 0. La (9.16) si riduce quindi a,

āˆ†P Āµ = āˆ’ e2

6Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžw2uĀµ ds. (9.17)

Questo risultato quantifica il quadrimomento totale irradiato dalla particella lungo tutta

la traiettoria. Vediamo che esso risulta da una somma di contributi individuali, ciascuno

associato ad un istante dā€™emissione fissato s, dati da,

āˆ†P Āµrad(s) = āˆ’ e2

6Ļ€w2(s) uĀµ(s)āˆ†s, (9.18)

che equivale in effetti alla (9.8).

Dopo questa deduzione possiamo affermare, con piu precisione, che la generalizzazione

relativistica della formula di Larmor (9.8) rappresenta il quadrimomento che la particel-

la emette allā€™istante s e che raggiunge lā€™infinito. In effetti non possiamo affermare che

la (9.18) rappresenta tutto il quadrimomento emesso allā€™istante s, perche la particella

potrebbe emettere in quellā€™istante un quadrimomento addizionale,

āˆ†P Āµadd = GĀµ(s)āˆ†s,

40Questo integrale e a priori una funzione generica di u0 e di ~u. Tuttavia, per lā€™invarianza per rotazionitridimensionali esso puo dipendere solo da u0 e |~u|, ma non dalla direzione di ~u, perche una rotazionespaziale di ~u puo essere compensata da un cambiamento delle variabili dā€™integrazione angolari nella (9.15).E allora sufficiente calcolare lā€™integrale, per esempio, per uĀµ = (u0, 0, 0, u3). Si ottiene,

āˆ«dĪ©

1(un)2

= 2Ļ€

āˆ« Ļ€

0

senĻ‘ dĻ‘

(u0 āˆ’ u3 cosĻ‘)2=

4Ļ€

(u0)2 āˆ’ (u3)2=

4Ļ€

u2.

275

Page 287: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e riassorbirlo successivamente. Questi termini non darebbero, infatti, nessun contributo

al quadrimomento totale āˆ†P Āµ, se vale,

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžGĀµ(s) ds = 0. (9.19)

In questo caso dovremmo allora concludere che la variazione istantanea del quadrimomen-

to della particella, dovuta allā€™emissione di radiazione, non eguaglia āˆ’dP Āµrad

dsma piuttosto,

āˆ’dP Āµrad

dsāˆ’GĀµ.

Nel capitolo 12 vedremo in effetti che il quadrivettore GĀµ e diverso da zero.

Facciamo, infine, notare che lā€™interpretazione che abbiamo dato alla quantita (9.17) ā€“

come la variazione del quadrimomento della particella tra lo stato iniziale e quello finale,

causata dellā€™irraggiamento ā€“ presuppone che il quadrimomento del campo elettromagne-

tico negli stati iniziale e finale sia lo stesso. Questa ipotesi verra giustificata nel capitolo

13, dove faremo vedere che il quadrimomento (rinormalizzato) del campo elettromagne-

tico di una particella che si muove di moto rettilineo uniforme e in effetti nullo. Siccome

abbiamo supposto che la particella sia accelerata solo per un intervallo temporale finito,

il quadrimomento del campo negli stati iniziale e finale e quindi lo stesso, ovvero zero.

9.2 Perdita di energia negli acceleratori

In questa sezione applicheremo la formula (9.9) per valutare la perdita di energia negli

acceleratori ad alte energie. In questi casi le velocita delle particelle sfiorano quella della

luce, e lā€™approssimazione non relativistica non e piu valida. Negli acceleratori il moto delle

particelle e determinato essenzialmente dai campi elettrici e magnetici presenti lungo la

traiettoria. Incominceremo quindi questa sezione derivando una formula per la potenza

emessa, nel caso in cui lā€™accelerazione della particella e dovuta a un generico campo elettro-

magnetico F ĀµĪ½ esterno. Useremo poi questa formula per analizzare la portata degli effetti

radiativi negli acceleratori ultrarelativistici. Troveremo che mentre negli acceleratori li-

neari questi effetti sono completamente trascurabili, negli acceleratori circolari le perdite

di energia dovute allā€™irraggiamento possono diventare il fenomeno dinamico dominante ā€“

a un punto tale da limitare in modo sostanziale le energie massime raggiungibili.

276

Page 288: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Supponiamo dunque di avere una particella carica che si muove sotto lā€™influenza

di un campo elettromagnetico F ĀµĪ½ . Sappiamo allora che il suo moto e determinato

dallā€™equazione di Lorentz,dpĀµ

ds= e F ĀµĪ½uĪ½ . (9.20)

Questa equazione permette di esprimere la quadriaccelerazione,

wĀµ =1

m

dpĀµ

ds,

in termini dei campi e della quadrivelocita, e possiamo usarla per esplicitare la formula

di Larmor relativistica (9.9). Otteniamo,

W = āˆ’ e2

6Ļ€m2

dpĀµ

ds

dpĀµ

ds=

e2

6Ļ€m2

1

1āˆ’ v2

[ āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£d~p

dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

āˆ’(

dĪµ

dt

)2 ].

Usando lā€™equazione di Lorentz in notazione tridimensionale, vedi (2.19) e (2.20), si ottiene

in definitiva,

W =e4

6Ļ€m2

| ~E + ~v Ɨ ~B| 2 āˆ’ (~v Ā· ~E)2

1āˆ’ v2. (9.21)

Questa formula fornisce dunque la potenza istantanea, in termini dei campi esterni valuta-

ti lungo la traiettoria ~y(t) della particella, per determinare la quale bisognerebbe risolvere,

a sua volta, lā€™equazione di Lorentz. La (9.21) risulta quindi particolarmente utile quando

questā€™ultima puo essere risolta esattamente, come per esempio nel caso di campi costanti

e uniformi. Occorre, tuttavia, tenere presente che procedendo in questo modo si trascura

lā€™effetto della perdita di energia sulla forma della traiettoria, ovverosia la forza di frena-

mento. Lā€™attendibilita del risultato deve quindi essere accertata a posteriori, verificando

che il valore di W fornito dalla (9.21) e piccolo, rispetto alla potenza Wex somministrata

alla particella dai campi esterni.

Concludiamo queste considerazioni introduttive con unā€™osservazione di carattere ge-

nerale, riguardante la fisica degli acceleratori. A questo scopo riscriviamo la (9.21) in

termini dellā€™energia Īµ della particella,

W =e4 Īµ2

6Ļ€m4

(| ~E + ~v Ɨ ~B| 2 āˆ’ (~v Ā· ~E)2

).

Dalle potenze di m che compaiono a denominatore si vede allora che a parita di campi

acceleranti e di energia raggiunta, nel caso ultrarelativistico una particella leggera irradia

277

Page 289: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

molto di piu di una particella pesante. Questo segue essenzialmente dal fatto che a

parita di forza applicata, una particella leggera subisce unā€™accelerazione maggiore di una

particella pesante. Si conclude che dal punto di vista della dissipazione di energia per

irraggiamento, gli acceleratori di protoni, come LHC, sono molto piu convenienti degli

acceleratori di elettroni e positroni, come LEP, in quanto mp ā‰ˆ 2000 me.

9.2.1 Acceleratori lineari

Applichiamo ora la (9.21) per analizzare la rilevanza della perdita di energia per irraggia-

mento negli acceleratori lineari. In questi acceleratori le particelle sono sottoposte ad un

campo elettrico ~E parallelo al loro moto, diciamo lungo lā€™asse x, e lā€™equazione di Lorentz

da allora,

Wex =dĪµ

dt= e v E.

Dā€™altra parte, ponendo nella (9.21) ~B = 0, otteniamo,

W =e4

6Ļ€m2E2. (9.22)

Notiamo che questa formula sembra in conflitto con lā€™espressione di Wā€– calcolata nella

(9.10), in quanto sono scomparsi i fattori relativistici1āˆš

1āˆ’ v2. Tuttavia, dallā€™equazione

di Lorentz per un moto unidimensionale,

md

dt

(vāˆš

1āˆ’ v2

)= eE,

e immediato dedurre che si ha, vedi problema 2.10,

a =dv

dt=

(āˆš1āˆ’ v2

)3 eE

m,

e le due formule combaciano. Per valutare la rilevanza di (9.22) rapportiamo la potenza

emessa alla potenza fornita dal campo esterno,

WWex

=e3 E

6Ļ€m2 v=

2 r0

3 mv

dĪµ

dx, (9.23)

dove,dĪµ

dx=

1

v

dĪµ

dt= eE,

rappresenta lā€™energia fornita dal campo esterno per unita di spazio percorso, ed r0 =

e2/4Ļ€m e il raggio classico della particella. Per velocita elevate, v ā‰ˆ 1, avremmo quindi

278

Page 290: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che la perdita di energia per irraggiamento e rilevante solo in presenza di campi esterni

cosı intensi, da fornire alla particella unā€™energia dellā€™ordine di grandezze della sua massa,

mentre essa percorre uno spazio dellā€™ordine di grandezza del suo raggio classico. Ma

in pratica i campi elettrici che si riescono a produrre sperimentalmente sono molto piu

piccoli, e non superano il valore E ā‰ˆ 100 MV/m, per cui,

dĪµ

dxā‰ˆ 100 MeV/m.

Il rapporto (9.23) e comunque massimo per la particella carica piu leggera, ovvero lā€™elet-

trone, per cui m = 0.5 MeV e r0 = 3 Ā· 10āˆ’13cm, e si otterrebbe,

WWex

ā‰ˆ 4 Ā· 10āˆ’13,

mentre per il protone questo rapporto sarebbe ancora piu piccolo, dellā€™ordine di 10āˆ’19.

Concludiamo quindi che negli acceleratori lineari ad alta energia il fenomeno dellā€™irrag-

giamento e completamente trascurabile.

9.2.2 Acceleratori circolari

In un acceleratore circolare ā€“ o ciclotrone ā€“ una particella carica compie un moto circolare

uniforme sotto lā€™influenza di un campo magnetico B costante e uniforme. Lā€™equazione di

Lorentz diventa allora,d~u

dt= ~uƗ

( e

m

āˆš1āˆ’ v2 ~B

),

da cui si ricava la frequenza relativistica di ciclotrone,

Ļ‰0 =eB

m

āˆš1āˆ’ v2 =

e B

Īµ. (9.24)

In questo caso abbiamo ~E = 0 e la (9.21) da,

W =e4

6Ļ€m2

v2B2

1āˆ’ v2=

e2

6Ļ€

v2Ļ‰20

(1āˆ’ v2)2, (9.25)

da confrontare con la potenza non relativistica di Larmor,

Wn.r. =e2 a2

6Ļ€, a =

v e B

m.

Per esaminare la rilevanza degli effetti dellā€™irraggiamento negli acceleratori circolari, cal-

coliamo lā€™energia āˆ†Īµ emessa durante un ciclo. Indicando il raggio dellā€™orbita con R e

279

Page 291: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

usando Ļ‰0 = v/R si ha,

āˆ†Īµ =2Ļ€R

vW =

e2

3R

v3

(1āˆ’ v2)2=

e2 v3

3R m4Īµ4,

dove abbiamo introdotto lā€™energia Īµ della particella. Per particelle ultrarelativistiche

poniamo v ā‰ˆ 1 nel numeratore, e otteniamo cosı lā€™importante formula per lā€™irraggiamento

nei ciclotroni ultrarelativistici,

āˆ†Īµ =e2

3R

( Īµ

m

)4

. (9.26)

Questa formula impone, infatti, forti restrizioni sulle caratteristiche tecniche degli acce-

leratori circolari realizzabili in pratica. Vediamo in particolare che a parita di energia

accumulata, lā€™effetto dellā€™irraggiamento e minore se si scelgono orbite grandi e particelle

pesanti.

Esempi di ciclotroni ad alta energia. Dato che in un acceleratore circolare la perdita

di energia (9.26) e inevitabile, se si vogliono mantere le particelle in orbita ad energia

costante, lungo lā€™anello di accumulazione devono essere disposti dei campi elettrici accele-

ranti ā€“ delle cosiddette cavita a radiofrequenza ā€“ che compensano questa perdita. A titolo

di esempio valutiamo lā€™energia dissipata nel sincrotrone di elettroni di Cornell, che era at-

tivo dal 1968 al 1979. Questo acceleratore raggiungeva energie dellā€™ordine di Īµ = 10 GeV ,

ed aveva un raggio R = 100 m. La (9.26) da allora,

āˆ†Īµ = 8.9 Ā·MeV,āˆ†Īµ

Īµā‰ˆ 10āˆ’3,

mentre le cavita risonanti erano capaci di fornire unā€™energia di 10.5 MeV per ciclo. Ad

unā€™energia di 10 GeV lā€™acceleratore funzionava dunque al limite delle sue possibilita.

Come secondo esempio consideriamo lā€™acceleratore circolare LEP presso il CERN di

Ginevra, che accumulava elettroni e positroni. In questo caso il raggio e di circa R =

4.3 km, e lā€™energia massima raggiunta per elettrone era di circa 100 GeV . Si ottiene,

āˆ†Īµ ā‰ˆ 2 GeV,

che significa una perdita di energia del 2% per ogni ciclo. Dato che in un secondo le

particelle compiono circa 11.000 cicli, in assenza di cavita a radiofrequenza tutta lā€™energia

accumulata si sarebbe quindi dispersa nella frazione di un secondo.

280

Page 292: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Infine consideriamo lā€™acceleratore LHC del CERN, che prevede la collisione tra due

fasci di protoni di energia Īµ = 7 TeV . Grazie al fatto che la massa di un protone e circa

duemila volte quella di un elettrone, la (9.26) da per la perdita di energia in un ciclo il

valore molto piccolo,

āˆ†Īµ ā‰ˆ 3 keV.

Ne segue che,āˆ†Īµ

Īµā‰ˆ 0.5 Ā· 10āˆ’9,

ed e immediato vedere che nellā€™arco di unā€™ora lā€™energia dei protoni diminuisce solo del 2%.

9.3 Distribuzione angolare nel limite ultrarelativistico

In questo paragrafo effettuiamo unā€™analisi qualitativa della distribuzione angolare della

radiazione emessa da una particella ultrarelativistica.

Prima di procedere ricordiamo le caratteristiche della distribuzione angolare della ra-

diazione di una particella non relativistica, v Āæ 1. In questo caso avevamo ottenuto, vedi

(7.46),dWdĪ©

=e2 |~nƗ ~a|2

16 Ļ€2=

e2

16 Ļ€2|~a|2sen2Ļ‘, (9.27)

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra ~a e ~n. In questo limite la potenza emessa ha quindi una distribu-

zione angolare ā€œcontinuaā€, con un massimo nel piano ortogonale allā€™accelerazione, ed uno

zero lungo la direzione dellā€™accelerazione. In particolare essa risulta indipendente dalla

direzione della velocita della particella. Vedremo ora che nel limite ultrarelativistico la

natura della distribuzione angolare cambia drasticamente.

Riprendiamo dunque la formula generale per la distribuzione angolare (7.17),

dWdĪ©

= r2| ~E|2,

e inseriamo il campo elettrico asintotico (9.2). Risulta lā€™espressione,

dWdĪ©

=e2

16 Ļ€2

|~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]|2(1āˆ’ ~v Ā· ~n)6

, (9.28)

che e valida per velocita arbitrarie. Per v ā†’ 0 essa si riduce evidentemente alla (9.27),

ma per v āˆ¼ 1 il suo andamento e determinato dalla presenza delle potenze del fattore

281

Page 293: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

1

1āˆ’ ~v Ā· ~n . Per velocita non relativistiche questo fattore e prossimo allā€™unita, in qualsiasi

direzione, ma per velocita elevate esso diventa molto grande lungo la direzione di volo

della particella. Per ~n = ~v/v si ha infatti,

1

1āˆ’ ~v Ā· ~n =1

1āˆ’ v.

Per analizzare lā€™effetto di questi termini piu in dettaglio riscriviamo la (9.28) come pro-

dotto di due fattori,

dWdĪ©

=e2

16 Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

Ā· 1

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)4, (9.29)

e distinguiamo i seguenti due casi.

Velocita e accelerazione generiche. Consideriamo un istante in cui la velocita e lā€™acce-

lerazione formano un generico angolo diverso da zero. Per ~n = ~v/v abbiamo,

~nāˆ’ ~v

1āˆ’ ~v Ā· ~n = ~n, (9.30)

e quindi lungo la direzione di volo il primo fattore della (9.29) si riduce a 41,

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

= |~nƗ ~a|2 ,

che e indipendente dalla velocita. Dā€™altra parte, il secondo fattore della (9.29) lungo la

direzione di volo diventa 1/(1 āˆ’ v)4, che per v āˆ¼ 1 e molto grande. Concludiamo quindi

che una particella ultrarelativistica in moto generico emette radiazione principalmente ā€œin

avantiā€, lungo la direzione del moto.

Possiamo stimare lā€™apertura angolare Ī± del cono centrato in ~v, allā€™interno del qua-

le viene emessa la maggior parte della radiazione. Le direzioni ~n in questione devono

soddisfare,

1āˆ’ ~v Ā· ~n āˆ¼ 1āˆ’ v, (9.31)

41Unā€™analisi piu accurata mostra che per qualsiasi ~n vale,

1 ā‰¤āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£

~nāˆ’ ~v

1āˆ’ ~v Ā· ~n

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ ā‰¤1āˆš

1āˆ’ v2,

dove, se Ī± e lā€™angolo tra ~v e ~n, lā€™estremo inferiore viene raggiunto per Ī± = 0 e Ī± = Ļ€, mentre lā€™estremosuperiore si raggiunge per sen Ī± =

āˆš1āˆ’ v2. In realta, quindi, per v āˆ¼ 1 anche il vettore (~nāˆ’~v)/(1āˆ’~v Ā·~n)

diventa molto grande, nella direzione Ī± ā‰ˆ āˆš1āˆ’ v2, sicche la (9.30) equivale a una stima per difetto.

282

Page 294: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

di modo tale che il valore del fattore1

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)4della (9.29) si mantenga vicino al suo

massimo1

(1āˆ’ v)4. Indicando lā€™angolo tra ~n e ~v con Ī±, e sfruttando il fatto che questo

angolo e piccolo, abbiamo,

1āˆ’ ~v Ā· ~n = 1āˆ’ v cosĪ± āˆ¼ 1āˆ’ v

(1āˆ’ Ī±2

2

)āˆ¼ 1āˆ’ v +

Ī±2

2.

Se vogliamo che valga la (9.31) dobbiamo dunque avere Ī± āˆ¼ āˆš1āˆ’ v, oppure, che e lo

stesso,

Ī± āˆ¼āˆš

1āˆ’ v2. (9.32)

In conclusione, una particella ultrarelativistica in moto generico, irradia principalmente

lungo la direzione di volo, e la maggior parte della radiazione e contenuta nel cono centrato

in ~v di apertura angolare Ī± āˆ¼ āˆš1āˆ’ v2.

Velocita parallela allā€™accelerazione. Un caso speciale e rappresentato dalle orbite ret-

tilinee, vedi paragrafo 9.2.1, per cui ~a ā€– ~v. Per tali orbite la (9.29) si riduce a,

dWdĪ©

=e2

16 Ļ€2

|~nƗ ~a|2(1āˆ’ ~v Ā· ~n)6

=e2

16 Ļ€2

a2sen2Ī±

(1āˆ’ v cosĪ±)6,

dove Ī± e di nuovo lā€™angolo tra ~n e ~v. In questo caso si vede che la particella non emette

radiazione lungo la direzione di volo, perchedWdĪ©

si annulla in Ī± = 0. Tuttavia, dalla

formula appena scritta e facile vedere che nel limite ultrarelativistico,dWdĪ©

ha un massimo

molto pronunciato per Ī± āˆ¼ āˆš1āˆ’ v2, vedi problema 9.2. Anche in questo caso la maggior

parte della radiazione viene quindi emessa allā€™interno del cono centrato in ~v e di apertura

āˆ¼ āˆš1āˆ’ v2.

Da queste considerazioni di carattere generale segue, per esempio, che un elettrone

ultrarelativistico in un ciclotrone emette radiazione principalmente nel piano dellā€™orbita,

attraverso un lampo spiraleggiante di tipo ā€œpulsarā€. Si noti che questa distribuzione

angolare della radiazione e radicalmente diversa da quella emessa da un ciclotrone non

relativistico, vedi problema 7.1.

Energia osservata ed energia emessa. Concludiamo questa sezione con un commen-

to sullā€™interpretazione della formula generale (9.28). Come osservato varie volte questa

espressione fornisce la distribuzione angolare dellā€™energia della radiazione che a un istante

283

Page 295: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

fissato t attraversa la sfera di raggio r nellā€™unita di tempo. Sappiamo poi che questa

radiazione proviene dalla posizione della particella allā€™istante ritardato tā€² dato dalla (9.4),

t = tā€² + r āˆ’ ~n Ā· ~y(tā€²).

Se si vuole invece determinare la distribuzione angolare dellā€™energia emessa dalla particella

tra gli istanti Ļ„1 e Ļ„2 bisogna considerare lā€™espressione,

dĪµ

dĪ©=

āˆ« Ļ„2+rāˆ’~nĀ·~y(Ļ„2)

Ļ„1+rāˆ’~nĀ·~y(Ļ„1)

dWdĪ©

dt =

āˆ« Ļ„2

Ļ„1

dWdĪ©

(1āˆ’ ~n Ā· ~v) dtā€²,

dove abbiamo usato la (9.5). La potenza emessa dalla particella nellā€™unita dtā€² del suo

tempo di accelerazione e allora data da,

dW ā€²

dĪ©=

dt

dtā€²dWdĪ©

= (1āˆ’ ~n Ā· ~v)dWdĪ©

. (9.33)

dWdĪ©

rappresenta lā€™energia osservata da un osservatore lontano, mentredW ā€²

dĪ©rappresenta

lā€™energia emessa dalla particella. Per capire meglio il significato fisico della relazione

(9.33) tra queste due grandezze, conviene considerare lā€™energiaW0 emessa dalla particella

nellā€™unita di tempo proprio ds,

dW0

dĪ©=

dtā€²

ds

dW ā€²

dĪ©=

1āˆš1āˆ’ v2

dW ā€²

dĪ©=

1āˆ’ ~n Ā· ~vāˆš1āˆ’ v2

dWdĪ©

,

ovvero,dWdĪ©

=

āˆš1āˆ’ v2

1āˆ’ ~n Ā· ~vdW0

dĪ©.

In questa formula riconosciamo il fattore di proporzionalita dellā€™effetto Doppler, vedi

sezione 5.4, che connette giustappunto la frequenza ā€“ e quindi lā€™energia ā€“ della radiazione

emessa da una sorgente in moto, alla frequenza della radiazione rivelata da un osservatore

statico.

E comunque immediato riconoscere che la presenza del fattore (1āˆ’ ~n Ā· ~v) nella (9.33),

non cambia i risultati dellā€™analisi qualitativa della distribuzione angolare ultrarelativistica

di cui sopra.

9.4 Problemi

9.1 Si dimostri che lā€™energia totale irradiata da una particella ultrarelativistica con carica

e, massa m e velocita v0, che passa con parametro dā€™impatto b grande accanto a un nucleo

284

Page 296: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

di carica Ze, considerato fisso, vale,

āˆ†Īµ(v0, b) =e6Z2

192Ļ€2m2b3v0

1āˆ’ v20/4

1āˆ’ v20

.

Si confronti il risultato con quello del problema 7.5. [Sugg.: Dato che v0 ā‰ˆ 1 e b e

grande, la particella praticamente non viene deviata e si puo assumere che la traiettoria

sia pressoche rettilinea, ovvero ~y(t) = (v0t, b, 0).]

9.2 Unā€™onda piana polarizzata circolarmente, con campo elettrico dato da,

~E(t, ~x) = (E0 cos(Ļ‰(tāˆ’ z)), E0 sen(Ļ‰(tāˆ’ z)), 0),

investe una particella carica relativistica.

a) Si dimostri che i moti stazionari della particella sono moti circolari uniformi, determi-

nandone velocita e raggio.

b) Per questi moti si determini la potenza totale irradiata dalla particella.

9.3 Si analizzi la distribuzione angolare della radiazione emessa da una particella ultrare-

lativistica in moto rettilineo, individuando in particolare le direzioni di emissione massima

e minima, e la si confronti con la distribuzione angolare del limite non relativistico.

285

Page 297: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

10 Analisi spettrale

Nei capitoli precedenti abbiamo fornito gli strumenti principali per unā€™analisi sistematica

del contenuto energetico della radiazione emessa da un generico sistema carico. Abbiamo

in particolare derivato formule esplicite per lā€™energia emessa nellā€™unita di tempo, e per la

distribuzione angolare della radiazione. Per alcuni sistemi siamo anche stati in grado di

determinare le frequenze su cui essi emettono. Abbiamo visto, per esempio, che lā€™antenna

lineare emette tutta la radiazione sulla frequenza fondamentale, mentre nel moto circolare

uniforme la radiazione di dipolo contiene la frequenza fondamentale, e la radiazione di

quadrupolo la prima armonica superiore, vedi problema 7.6. In generale la radiazione

emessa da sistemi relativistici e distribuita su unā€™ampia banda di frequenze, e molti sistemi

fisici ā€“ da un semplice atomo a una pulsar ā€“ sono difatti identificabili attraverso il loro

spettro di emissione.

La grandezza osservabile rilevante e la quantita di energia che viene emessa tra le

frequenze Ļ‰ e Ļ‰ + āˆ†Ļ‰, osservabile che quantifica il peso con cui le varie frequenze sono

presenti nella radiazione emessa dal sistema. Lo studio di questa grandezza viene chiamato

ā€œanalisi spettraleā€, o anche ā€œanalisi in frequenzaā€. In questo capitolo presenteremo un

approccio sistematico allā€™analisi spettrale, valido per la radiazione di un sistema carico

arbitrario. Nella prima sezione presenteremo gli strumenti fondamentali dellā€™approccio,

in sezione 10.2 applicheremo questi strumenti a sistemi non relativistici, e in sezione 10.3

li applicheremo a sistemi relativistici.

10.1 Analisi di Fourier e risultati generali

Abbiamo visto che la soluzione generale delle equazioni di Maxwell nel vuoto corrisponde

a una sovrapposizione di onde piane monocromatiche, e che lā€™analisi temporale di Fourier

del campo elettromagnetico risultante equivale a unā€™analisi in frequenza, vedi (5.60).

Corrispondentemente nel paragrafo 7.1.2 abbiamo visto che anche il campo elettro-

magnetico prodotto da una generica corrente nella zona delle onde e sovrapposizione di

onde elementari, e che il campo risultante ammette unā€™analisi di Fourier temporale, che

equivale ancora a unā€™analisi in frequenza. E possibile esprimere la trasformata di Fourier

del campo elettrico nella zona delle onde, direttamente in termini della generica sorgente

286

Page 298: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

jĀµ data in (7.2). Per fare questo e sufficiente inserire la (7.2) nella (7.9), e usare la (7.11).

Si trova,

~E(t, ~x) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždĻ‰ eiĻ‰t ~E(Ļ‰, ~x),

dove,

~E(Ļ‰, ~x) ā‰” āˆ’ i Ļ‰ eāˆ’i Ļ‰r

4Ļ€r

āˆ«d3y ei Ļ‰ ~nĀ· ~y

[~j(Ļ‰, ~y)āˆ’ (~n Ā·~j(Ļ‰, ~y))~n

]. (10.1)

Come visto nel paragrafo 7.1.2, se la corrente e periodica nel tempo anche il campo

elettrico e periodico, e la trasformata di Fourier puo allora essere sostituita da una serie

di Fourier, ed e immediato adattare le relazioni appena scritte a questo caso particolare.

Per una corrente generica jĀµ lā€™analisi spettrale potrebbe essere basata sulla formula

generale (10.1), ma siccome in questo capitolo siamo interessati principalmente alla ra-

diazione emessa da una singola particella, preferiamo procedere in altro modo. Lā€™analisi

spettrale per una corrente generica verra sviluppata nella sezione 10.5.

Dalle considerazioni appena svolte concludiamo comunque che per correnti aperiodiche

possiamo porre,

~E(t) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždĻ‰ eiĻ‰t ~E(Ļ‰), (10.2)

~E(Ļ‰) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždt eāˆ’iĻ‰t ~E(t), (10.3)

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž| ~E(t)|2dt =

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž| ~E(Ļ‰)|2dĻ‰ = 2

āˆ« āˆž

0

| ~E(Ļ‰)|2dĻ‰, (10.4)

dove lā€™ultima riga rappresenta lā€™identita di Parseval. Se la corrente e invece periodica, con

periodo T e frequenza fondamentale Ļ‰0 = 2Ļ€/T , il campo elettrico puo essere sviluppato

in serie di Fourier,

~E(t) =āˆžāˆ‘

N=āˆ’āˆžeiNĻ‰0t ~EN , (10.5)

~EN =1

T

āˆ« T

0

eāˆ’iNĻ‰0t ~E(t) dt, (10.6)

1

T

āˆ« T

0

| ~E(t)|2dt =āˆžāˆ‘

N=āˆ’āˆž| ~EN |2 = 2

āˆžāˆ‘N=1

| ~EN |2. (10.7)

Per scrivere lā€™ultima espressione in ciascun caso abbiamo sfruttato il fatto che il campo

elettrico e reale, quindi,

~Eāˆ—(Ļ‰) = ~E(āˆ’Ļ‰), ~Eāˆ—N = ~Eāˆ’N ,

287

Page 299: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e che le frequenze vengono considerate positive. Inoltre, nella serie di Fourier abbiamo

omesso il termine con N = 0. Il campo elettrico e, infatti, proporzionale alla derivata

temporale del potenziale vettore, vedi (7.11),

~E(t) =āˆ‚

āˆ‚t

(~nƗ (~nƗ ~A)

),

e siccome anche ~A e periodico, la (10.6) da,

~E0 =1

T

āˆ« T

0

~E(t) dt = 0.

Facciamo notare che tutte le quantita indicate con ~E(Ā·) andrebbero scritte piu corretta-

mente come ~E(Ā·, ~x), ma per non appesantire la notazione omettiamo di indicare esplici-

tamente la dipendenza da ~x. Dalla (10.1) vediamo, comunque, che ~E(Ļ‰, ~x) dipende da r

semplicemente attraverso il fattoreeāˆ’i Ļ‰r

r. La grandezza ~E(Ļ‰, ~x) e quindi essenzialmente

una funzione di Ļ‰ e della direzione ~n. Ricordiamo ancora che quı non stiamo considerando

il campo elettrico esatto, ma il campo nella zona delle onde.

Riprendiamo dunque la formula generale per la distribuzione angolare della potenza

emessa,dWdĪ©

=d 2Īµ

dt dĪ©= r2| ~E(t)|2.

Sistemi aperiodici. Per una corrente aperiodica la grandezza fisica rilevante e lā€™energia

totale emessa nellā€™unita di angolo solido tra t = āˆ’āˆž e t = āˆž. Se le particelle sono

sottoposte a forze per un tempo limitato, lā€™accelerazione ha una durata finita, e anche

lā€™energia totale emessa sara, quindi, finita. Utilizzando la (10.4) si ottiene allora,

dĪµ

dĪ©=

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

dWdĪ©

dt = r2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž| ~E(t)|2dt = 2r2

āˆ« āˆž

0

| ~E(Ļ‰)|2dĻ‰.

Lā€™energia emessa nellā€™intervallo unitario di frequenze e nellā€™unita di angolo solido e quindi

data da,d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©= 2r2| ~E(Ļ‰)|2, (10.8)

e lo spettro di frequenze presenti e in generale un sottoinsieme ā€œcontinuoā€ di R+.

Sistemi periodici. Per una corrente periodica lā€™energia totale emessa e infinita, e la

grandezza di rilievo e allora la potenza media, ovvero, lā€™energia emessa durante un periodo

288

Page 300: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

divisa il periodo. In questo caso utilizziamo la (10.7) e otteniamo,

dWdĪ©

=1

T

āˆ« T

0

dWdĪ©

dt = r2 1

T

āˆ« T

0

| ~E(t)|2dt = 2r2

āˆžāˆ‘N=1

| ~EN |2. (10.9)

La potenza della radiazione emessa con la frequenza Ļ‰N = NĻ‰0 nellā€™unita di angolo solido,

e quindi data da,dWN

dĪ©= 2r2| ~EN |2. (10.10)

Le formule (10.8) e (10.10) costituiscono il punto di partenza per lā€™analisi spettrale di un

generico fenomeno radiativo. Si noti che esse richiedono solo la conoscenza del campo

elettrico ā€“ nella zona delle onde.

10.2 Analisi spettrale nel limite non relativistico

Nel limite non relativistico le (10.8) e (10.10) possono essere valutate immediatamente,

perche in questo caso il campo elettrico e dato semplicemente in termini del momento di

dipolo del sistema, vedi (7.39),

~E(t) =1

4Ļ€r~nƗ

(~nƗ ~D(tāˆ’ r)

). (10.11)

Trattiamo separatamente i due tipi di corrente.

Corrente aperiodica. Definendo la trasformata di Fourier di ~D(t) in modo standard,

~D(Ļ‰) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždt eāˆ’iĻ‰t ~D(t), (10.12)

dalla (10.11) segue facilmente, si confronti con (10.1),

~E(Ļ‰) = āˆ’Ļ‰2 eāˆ’i Ļ‰ r

4Ļ€r~nƗ

(~nƗ ~D(Ļ‰)

).

La (10.8) da quindi,d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©=

Ļ‰4

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~D(Ļ‰)āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.13)

Integrando sugli angoli risulta poi,

dĪµ

dĻ‰=

Ļ‰4

3Ļ€| ~D(Ļ‰)|2. (10.14)

Infine lā€™integraleāˆ«āˆž

0dĪµdĻ‰

dĻ‰ fornisce lā€™energia totale emessa.

289

Page 301: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Frequenze caratteristiche: analisi qualitativa. Consideriamo ora come caso particolare

una particella non relativistica che esegue un moto aperiodico. Dato che il suo momento

di dipolo e ~D(t) = e ~y(t), abbiamo ~D(t) = e~a(t), e la trasformata di Fourier di questa

relazione da āˆ’Ļ‰2 ~D(Ļ‰) = e~a(Ļ‰), dove ~a(Ļ‰) indica la trasformata di Fourier di ~a(t). La

(10.14) fornisce allora la distribuzione in frequenza,

dĪµ

dĻ‰=

e2

3Ļ€|~a(Ļ‰)|2. (10.15)

Supponiamo ora che la forza ~F (t) agente sulla particella sia caratterizzata da un tempo

caratteristico T . Dato che ~a(t) =~F (t)

m, per le proprieta della trasformata di Fourier

possiamo allora concludere che |~a(Ļ‰)| e una funzione apprezzabilmente non nulla solo per

valori di Ļ‰ che si estendono circa fino a1

T. Vale allora il seguente risultato generale circa

la distribuzione spettrale della radiazione emessa da una particella non relativistica in

moto aperiodico: se la forza alla quale e sottoposta la particella varia su scale temporali

dellā€™ordine di T , allora la radiazione emessa e concentrata principalmente in un intervallo

di frequenze limitato superiormente da,

Ļ‰ āˆ¼ 1

T. (10.16)

Corrente periodica. Per una corrente periodica definiamo i coefficienti di Fourier,

~DN =1

T

āˆ« T

0

eāˆ’iNĻ‰0t ~D(t) dt, (10.17)

e dalla (10.11) segue allora,

~EN = āˆ’(NĻ‰0)2 eāˆ’i NĻ‰0r

4Ļ€r~nƗ

(~nƗ ~DN

).

La (10.10) da quindi,dWN

dĪ©=

(NĻ‰0)4

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~DN

āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.18)

Integrando sugli angoli risulta poi,

WN =(NĻ‰0)

4

3Ļ€| ~DN |2. (10.19)

Infine la sommaāˆ‘āˆž

N=1WN uguaglia la potenza totale media W .

Per quanto riguarda le frequenze dominanti, per i moti periodici vale un risultato simile

a quello visto per i moti aperiodici. Se la scala temporale su cui varia la forza esterna

290

Page 302: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e dellā€™ordine del periodo, allora il sistema emette principalmente sulle prime armoniche

superiori, cioe, sulle frequenze,

Ļ‰N = NĻ‰0,

con N dellā€™ordine dellā€™unita. Questo risultato e illustrato nellā€™esempio del paragrafo 10.2.2.

Moti armonici semplici. Consideriamo un sistema di particelle che compiono moti

armonici semplici,

~yr(t) = ~br sen

(2Ļ€

Tt

)+ ~cr cos

(2Ļ€

Tt

),

con lo stesso periodo T . Esempi di moti di questo tipo sono i moti circolari uniformi,

e i moti di oscillazione sinusoidale in una direzione. Un tale sistema emette radiazione

sclusivamente sulla frequenza fondamentale Ļ‰0 =2Ļ€

T. Infatti, in questo caso la relazione

~D(t) =āˆ‘

r er ~ar(t) da,

āˆ’Ļ‰2N

~DN =āˆ‘

r

er ~arN ,

dove ~arN indica il coefficiente di Fourier Nā€“esimo di ~ar(t). Ma siccome per un moto

armonico semplice si ha ~arN = 0 per N 6= 1, nella (10.19) solo il termine W1 e allora

diverso da zero.

Insistiamo sul fatto che i risultati qualitativi di questo paragrafo valgono nel limite

non relativistico.

10.2.1 Bremsstrahlung a spettro continuo e catastrofe infrarossa

In questo paragrafo vogliamo illustrare i risultati del paragrafo precedente, nel caso di

una particella non relativistica che viene accelerata da un campo elettrico esterno.

Per essere precisi consideriamo una particella carica che attraversa una regione limitata

in cui esiste un campo elettrico costante e uniforme. Lā€™accelerazione e allora diversa

da zero solo per un periodo limitato, e la particella compie un moto aperiodico. Di

conseguenza essa emette radiazione ā€“ Bremsstrahlung ā€“ a spettro continuo. Vogliamo

determinare la forma dello spettro di emissione, e individuare in particolare le frequenze

su cui la particella emette maggiormente. Confronteremo poi i risultati ottenuti con la

previsione fatta nella (10.16).

Senza perdita di generalita possiamo supporre che la particella entri nella zona del

campo elettrico allā€™istante t = āˆ’T , e che esca da questa zona allā€™istante t = T . In questo

291

Page 303: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

intervallo temporale la sua accelerazione vale allora,

~a =e ~E

m,

mentre fuori dallā€™intervallo essa e zero. La (10.15) richiede allora di valutare la trasformata

di Fourier,

~a (Ļ‰) =1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždt eāˆ’iĻ‰t ~a(t) =

e ~E

m

1āˆš2Ļ€

āˆ« T

āˆ’T

dt eāˆ’iĻ‰t =2 e ~Eāˆš2Ļ€ m

sen(Ļ‰T )

Ļ‰.

La (10.15) da allora,dĪµ

dĻ‰=

2 e2a2

3Ļ€2

sen2(Ļ‰T )

Ļ‰2. (10.20)

Questa funzione ha un massimo per Ļ‰ = 0, e si annulla la prima volta per Ļ‰ =Ļ€

T. Oltre

questo valore essa va rapidamente a zero, in accordo con il risultato generale (10.16).

Possiamo anche valutare lā€™energia totale emessa durante lā€™intera fase di accelerazione.

Per fare questo possiamo integrare la (10.20) su tutte le frequenze, usando lā€™integrale,

āˆ« āˆž

0

(sen x

x

)2

dx =Ļ€

2,

oppure possiamo applicare la formula di Larmor W = e2a2/6Ļ€. Si ottiene,

āˆ†Īµ =

āˆ« āˆž

0

dĪµ

dĻ‰dĻ‰ =

āˆ« T

āˆ’T

W dt =e2a2 T

3Ļ€=

e2 |āˆ†~v|212 Ļ€ T

, (10.21)

dove abbiamo introdotto la differenza tra le velocita iniziale e finale,

āˆ†~v ā‰” ~vf āˆ’ ~vi = 2 T~a.

Abbiamo quindi trovato un legame diretto tra lā€™energia irradiata, e la variazione della

velocita della particella ā€“ causa della radiazione. Vediamo ora come si comporta la di-

stribuzione spettrale nel limite in cui la durata del processo va a zero, T ā†’ 0, a parita di

āˆ†~v. Dalla (10.20) segue,

dĪµ

dĻ‰=

e2|āˆ†~v|26Ļ€2

sen2(Ļ‰T )

Ļ‰2T 2ā†’ e2|āˆ†~v|2

6Ļ€2,

e si otterrebbe quindi uno spettro ā€œpiattoā€, in cui tutte le frequenze sono equiprobabili,

ancora in accordo con la (10.16). Dā€™altra parte in questo limite lā€™energia totale (10.21)

divergerebbe. Da cio si desume che la schematizzazione dellā€™urto di una particella carica

292

Page 304: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

come un processo istantaneo ā€“ usata spesso negli studi teorici, per via della sua semplicita

ā€“ e fisicamente inconsistente, perche lā€™energia emessa sarebbe infinita.

Catastrofe infrarossa. Concludiamo la discussione di questo esempio con un commento

su un fenomeno quantistico che viene chiamato ā€œcatastrofe infrarossaā€. Abbiamo appena

visto che lā€™energia totale emessa durante il processo e finita. Teniamo ora in conto che

lā€™emissione di radiazione elettromagnetica di frequenza Ļ‰ a livello quantistico corrisponde

allā€™emissione di fotoni con energia individuale ~Ļ‰ 42. Possiamo allora chiederci quanti

fotoni vengono emessi nellā€™intervallo di frequenza Ļ‰ e Ļ‰ + dĻ‰, e la risposta e,

dN

dĻ‰=

1

~Ļ‰dĪµ

dĻ‰=

2 e2a2

3Ļ€2~sen2(Ļ‰T )

Ļ‰3.

Il numero di fotoni emessi tra le frequenze Ļ‰1 e Ļ‰2 e allora dato da,

N(Ļ‰1, Ļ‰2) =

āˆ« Ļ‰2

Ļ‰1

dN

dĻ‰dĻ‰ =

2 e2a2

3Ļ€2~

āˆ« Ļ‰2

Ļ‰1

sen2(Ļ‰T )

Ļ‰3dĻ‰.

Come si vede il numero di fotoni ā€œduriā€, cioe, di frequenza elevata, risulta finito in quanto

lā€™integrale N(Ļ‰,āˆž) e finito. Dā€™altra parte il numero di fotoni ā€œsofficiā€, cioe, di frequenza

bassa, diverge perche per Ļ‰ ā†’ 0 si ha,

sen2(Ļ‰T )

Ļ‰3ā‰ˆ T 2

Ļ‰,

e N(0, Ļ‰) diverge. Questo vuol dire che nonostante lā€™energia totale irradiata sia finita,

il numero di fotoni soffici emessi durante il processo di accelerazione e infinito. Questo

fenomeno fisico porta il nome di ā€œcatastrofe infrarossaā€, in quanto legato alla presenza di

infiniti fotoni con energie tendenti a zero. So noti, tuttavia, che solo un numero finito di

questi fotoni e osservabile sperimentalmente, perche qualsiasi apparato di misura ha una

ā€œsensibilitaā€ finita, potendo rivelare solo i fotoni che hanno unā€™energia al di sopra di una

certa soglia āˆ†Īµ.

Dallā€™analisi svolta e chiaro che la catastrofe infrarossa e dovuta semplicemente allā€™ac-

celerazione della particella, indipendentemente dalla forza che la causa, e in particolare

essa accompagna allora qualsiasi processo dā€™urto che coinvolge particelle cariche. Dā€™al-

tro canto questo fenomeno e legato strettamente al fatto che il mediatore dellā€™interazione

42La nostra analisi classica della radiazione resta valida per lunghezze dā€™onda molto superiori allalunghezza dā€™onda Compton, Ī»Ć€ Ī»C = ~/mc, cioe per Ļ‰ Āæ mc2/~, che vuol dire T ƀ ~/mc2 ā‰ˆ 10āˆ’21s.Lā€™analisi della catastrofe infrarossa svolta nel testo riguarda il caso Ļ‰ ā†’ 0, per cui la trattazione classicae comunque valida.

293

Page 305: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

elettromagnetica ā€“ il fotone ā€“ essendo privo di massa puo raggiungere energie ~Ļ‰ arbi-

trariamente piccole. Concludiamo quindi che la catastrofe infrarossa non avviene nelle

interazioni deboli, i cui mediatori sono massivi, mentre e presente sia nelle interazioni

gravitazionali che in quelle forti. Notiamo, tuttavia, che nelle interazioni forti, per via del

fenomeno del confinamento, i gluoni soffici non si presentano come particelle ā€œasintoticheā€

libere, perche adronizzano in pochissimo tempo formando particelle massive.

Infine osserviamo che, essendo un fenomeno di basse energie, la catastrofe infrarossa

considerata quı a livello classico, si ripresenta in teoria quantistica di campo dove causa

una seria di problemi, sia di carattere tecnico che concettuale, che in parte aspettano

tuttora di essere risolti ā€“ come per esempio in Cromodinamica Quantistica.

10.2.2 Bremsstrahlung a spettro discreto

Consideriamo una particella non relativistica che compie un moto periodico di periodo T

lungo un arco di circonferenza di raggio R, con legge oraria,

~y(t) = (R cosĻ•(t), R senĻ•(t), 0), Ļ•(t) = Ļ•0 sen(Ļ‰0t), 0 < Ļ•0 < Ļ€/2,

dove Ļ‰0 = 2Ļ€/T e la frequenza fondamentale, e Ļ•0 e lā€™elongazione. Sappiamo allora che

questa particella emette radiazione con frequenze Ļ‰N = NĻ‰0. Vogliamo eseguire lā€™analisi

spettrale di questo sistema, cercando in particolare di individuare le frequenze su cui la

particella emette la maggior parte della radiazione.

Per la potenza totale mediata su un ciclo possiamo usare la formula di Larmor,

W =e2

6Ļ€a2,

e un semplice conto fornisce,

W =e2R2Ļ‰4

0

6Ļ€

(1

2Ļ•2

0 +3

8Ļ•4

0

).

Per calcolare la potenza che la particella emette sulla frequenza Ļ‰N = NĻ‰0, occorre

valutare i coefficienti di Fourier del momento di dipolo ~D(t) = e ~y(t),

~DN =1

T

āˆ« T

0

dt eāˆ’i NĻ‰0t ~D(t) =eR

T

āˆ« T

0

dt eāˆ’i NĻ‰0t(cosĻ•(t), senĻ•(t), 0). (10.22)

294

Page 306: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Funzioni di Bessel. Gli integrali di cui sopra possono essere espressi in termini delle

funzioni di Bessel di ordine intero N ,

JN(y) =1

2Ļ€

āˆ« 2Ļ€

0

ei(Nxāˆ’y senx) dx =1

Ļ€

āˆ« Ļ€

0

cos(Nxāˆ’ y senx)d x, (10.23)

di cui elenchiamo ora qualche proprieta. Esse soddisfano,

JN(āˆ’y) = Jāˆ’N(y) = (āˆ’)NJN(y). (10.24)

Si ha inoltre,

1

2Ļ€

āˆ« 2Ļ€

0

ei(Nxāˆ’y senx) cosx dx =N

yJN(y), (10.25)

1

2Ļ€

āˆ« 2Ļ€

0

ei(Nxāˆ’y senx) senx dx = i J ā€²N(y). (10.26)

La prima discende dallā€™identita,

āˆ« 2Ļ€

0

d

dxei(Nxāˆ’y senx) dx = 0,

mentre la seconda e immediata. Si hanno poi gli andamenti asintotici,

JN(y) āˆ¼āˆš

2

Ļ€ycos

(y āˆ’ Ļ€

4(2N + 1)

), per y ā†’āˆž, N fissato, (10.27)

JN(y) āˆ¼ 1

N !

(y

2

)N

, per y ā†’ 0, N fissato, (10.28)

JN(y) āˆ¼ 1

N !

(y

2

)N

, per N ā†’āˆž, y fissato. (10.29)

Il coincidere degli ultimi due andamenti deve considerarsi una casualita.

La valutazione degli integrali nella (10.22) e allora immediata,

~DN =eR

2

(JN(Ļ•0) + JN(āˆ’Ļ•0),

1

i(JN(Ļ•0)āˆ’ JN(āˆ’Ļ•0)), 0

).

Per la potenza irradiata sulla frequenza Nā€“esima risulta in definitiva,

WN =(NĻ‰0)

4

3Ļ€| ~DN |2 =

e2 R2 (NĻ‰0)4

3Ļ€J2

N(Ļ•0),

e il teorema di Parseval assicura poi che,

W =āˆžāˆ‘

N=1

WN .

295

Page 307: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Cerchiamo ora di capire quali sono i WN che contribuiscono maggiormente a questa som-

ma. Per fare questo sfruttiamo gli andamenti asintotici delle funzioni di Bessel di cui

sopra. Per N grandi abbiamo,

WN

W =N4J2

N(Ļ•0)14Ļ•2

0 + 316

Ļ•40

ā‰ˆ 1

N2N, (10.30)

che vuol dire che le armoniche superiori sono comunque fortemente soppresse.

Possiamo considerare inoltre il caso di elongazioni Ļ•0 piccoli, e di elongazioni del-

lā€™ordine dellā€™unita. Per Ļ•0 piccoli possiamo rapportare la potenza emessa sullā€™armonica

fondamentale, alla potenza totale,

W1

W =J2

1 (Ļ•0)14Ļ•2

0 + 316

Ļ•40

= 1āˆ’ Ļ•20 + o

(Ļ•4

0

),

dove abbiamo utilizzato lo sviluppo

J1(x) =x

2āˆ’ x3

16+ o(x5). (10.31)

Per Ļ•0 piccoli quasi tutta la potenza viene quindi emessa sullā€™armonica fondamentale. Ma

anche scegliendo elongazioni Ļ•0 dellā€™ordine dellā€™unita, la situazione resta qualitativamente

la stessa. Per Ļ•0 = 1, che corrisponde a unā€™elongazione di circa 60o, la (10.30) da,

WN

W =16

7N4J2

N(1),

e usando per JN(1) i valori tabulati si ricava,

W1

W = 0.43,W1 +W2

W = 0.91,W1 +W2 +W3

W = 0.98.

Si vede che praticamente tutta lā€™energia viene emessa sulle prime armoniche piu basse.

10.3 Analisi spettrale relativistica

In questa sezione ci occupiamo dello spettro di emissione di un generico sistema relativi-

stico. Nel primo paragrafo deriveremo la formula fondamentale per lo spettro di emissione

di una particella singola in moto arbitrario, vedi (10.40), (10.42), e nel paragrafo succes-

sivo useremo questa formula per determinare le frequenze caratteristiche della radiazione

emessa da una generica particella ultrarelativistica. Nella sezione 10.4 la applicheremo,

296

Page 308: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

invece, per eseguire lā€™analisi spettrale quantitativa della radiazione emessa da una parti-

cella in un ciclotrone relativistico. Nella sezione 10.5 deriveremo, infine, unā€™espressione

per lo spettro di emissione di una corrente generica.

10.3.1 Spettro di emissione di una particella singola

In questo paragrafo vogliamo dunque derivare una formula per la distribuzione in fre-

quenza della radiazione emessa da una particella carica in moto arbitrario. Il risultato

dara lā€™energia emessa per unita di frequenza, in termini di un integrale semplice lungo la

traiettoria della particella.

Riprendiamo il campo elettrico asintotico di Lienardā€“Wiechert (9.2),

~E(t, ~x) =e

4Ļ€r

~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)3. (10.32)

Per determinare la distribuzione in frequenza della radiazione dobbiamo inserire que-

sta formula rispettivamente nelle (10.3) e (10.6), e usare le (10.8) e (10.10). Di nuovo

trattiamo separatamente moti periodici e aperiodici.

Moto periodico. Per un moto periodico si tratta di valutare, per ogni ~x fissato, il

coefficiente di Fourier ~EN(~x) ā‰” ~EN ,

~EN =1

T

āˆ« T

0

dt eāˆ’iNĻ‰0t ~E(t, ~x). (10.33)

Prima di procedere dobbiamo ricordarci che le variabili ~v e ~a che compaiono nella (10.32)

non sono valutate allā€™istante t, ma allā€™istante ritardato tā€²(t, ~x), dato dalla (9.4),

t = tā€² + r āˆ’ ~n Ā· ~y(tā€²). (10.34)

Nellā€™integrale (10.33) conviene allora passare dalla variabile dā€™integrazione t alla variabile

tā€². Siccome ~x e tenuto fisso, la misura di integrazione cambia secondo la (9.5),

dt = (1āˆ’ ~n Ā· ~v) dtā€². (10.35)

Usando queste relazioni la (10.33) si scrive allora come un integrale lungo la traiettoria,

~EN =e

4Ļ€reāˆ’iNĻ‰0 r 1

T

āˆ« T

0

eāˆ’iNĻ‰0(tā€²āˆ’~nĀ·~y(tā€²)) Ā· ~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)2dtā€², (10.36)

Si noti che la (10.34) assicura che, se t corre lungo un periodo, anche tā€² corre lungo un

periodo, perche la legge oraria ~y(tā€²) e periodica. Lā€™integrale nella (10.36) e quindi di

297

Page 309: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

nuovo tra 0 e T . Inserendo questa espressione nella (10.10), e chiamando la variabile

dā€™integrazione di nuovo t, si ottiene per la distribuzione angolare della potenza emessa

sulla frequenza Ļ‰N = NĻ‰0,

dWN

dĪ©=

e2

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) Ā· ~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)2dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.37)

Questa formula puo essere ulteriormente semplificata, se si usano le identita,

~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)2=

d

dt

[~nƗ (~nƗ ~v)

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)

], (10.38)

d

dteāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) = āˆ’i NĻ‰0(1āˆ’ ~v Ā· ~n) eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y). (10.39)

Con unā€™integrazione per parti la (10.37) si riduce allora a,

dWN

dĪ©=

e2(NĻ‰0)2

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

, (10.40)

dove abbiamo usato che |~nƗ (~nƗ ~V )| = |~nƗ ~V |, per qualsiasi vettore ~V .

Limite non relativistico. La (10.40) fornisce la distribuzione in frequenza della radia-

zione emessa da una particella con velocita arbitraria, nota la sua legge oraria ~y(t). E

immediato verificare che nel limite non relativistico questa formule si riduce alla (10.18),

ricavata nel paragrafo 10.2. In questo limite il termine ~n Ā· ~y nellā€™esponente della (10.40)

e, infatti, trascurabile, e scrivendo ~v =d~y

dt, unā€™integrazione per parti muta la (10.40) in,

dWN

dĪ©ā‰ˆ e2(NĻ‰0)

4

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0t ~y dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

.

Questa espressione coincide con la (10.18), in quanto per una particella singola si ha,

~DN =1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0t ~D(t) dt =e

T

āˆ« T

0

eāˆ’iNĻ‰0t ~y dt.

Moto aperiodico. Per un moto aperiodico si procede in modo del tutto analogo, par-

tendo dalle (10.8), (10.3) e (10.32), e si trova facilmente che al posto di (10.37) ora si

ottiene per la distribuzione in frequenza,

d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©=

e2

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’iĻ‰(tāˆ’~nĀ·~y) Ā· ~nƗ [(~nāˆ’ ~v)Ɨ ~a]

(1āˆ’ ~v Ā· ~n)2dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.41)

Tuttavia, lā€™integrazione per parti basata sulle (10.38), (10.39), con lā€™identificazione NĻ‰0 ā†”Ļ‰, non puo essere eseguita in modo naiv nellā€™integrale presente nella (10.41). Il motivo

298

Page 310: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

e che il termine al bordo dellā€™integrazione per parti e situato ora allā€™infinito temporale,

e lā€™integrando non ammette limite per t ā†’ Ā±āˆž, per la presenza dei fattori oscillanti

eāˆ’iĻ‰(tāˆ’ ~n Ā· ~y). Per ovviare a questa difficolta tecnica conviene regolarizzare lā€™integrale

nella (10.41) introducendo un cut-off temporale L,āˆ« āˆž

āˆ’āˆždt ā†’

āˆ« L

āˆ’L

dt,

ed eseguire lā€™integrazione per parti per L finito. Per L ā†’ āˆž il termine al bordo ancora

non ammette limite, ma esso va a zero se questo limite viene eseguito nel senso delle

distribuzioni nella variabile Ļ‰. Questa procedura e quindi perfettamente lecita, purche

anche lā€™integrale improprio risultante vada considerato come limite nel senso delle distri-

buzioni. Con questo caveat e allora immediato vedere che le (10.38), (10.39) mutano la

(10.41) nellā€™espressione piu semplice,

d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©=

e2Ļ‰2

8 Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’i Ļ‰(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

, (10.42)

analoga alla (10.40).

Per illustrare come la (10.42) sia ben definita solo nel senso delle distribuzioni, verifi-

chiamo che per una particella in moto rettilineo uniforme, ~y(t) = ~v t, si ottiened 2Īµ

dĻ‰ dĪ©= 0,

in accordo con il fatto che una particella non accelerata non emette radiazione. Si noti

che in questo caso la (10.41), che e comunque ben definita, da il risultato corretto, perche

~a(t) = 0 identicamente. Volendo usare la (10.42) si tratta, invece, di valutare lā€™integrale,āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’i Ļ‰t(1āˆ’~nĀ·~v) ~v dt ā‰” S ā€² āˆ’ lim

Lā†’āˆž

āˆ« L

āˆ’L

eāˆ’i Ļ‰t(1āˆ’~nĀ·~v) ~v dt.

Ricordando la rappresentazione della Ī“ di Dirac,

S ā€² āˆ’ limLā†’āˆž

āˆ« L

āˆ’L

eāˆ’ik xdk = 2Ļ€ Ī“(x),

risulta dunque lā€™espressione ben definita nello spazio delle distribuzioni,āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’i Ļ‰t(1āˆ’~nĀ·~v) ~v dt =

2Ļ€ ~v

1āˆ’ ~n Ā· ~v Ī“(Ļ‰).

Tuttavia, nella (10.42) questo integrale appare moltiplicato per Ļ‰, e siccome Ļ‰ Ī“(Ļ‰) = 0,

risulta in effettid 2Īµ

dĻ‰ dĪ©= 0.

Usando la (10.41), infine, e immediato vedere che nel limite non relativistico si riottiene

la (10.13).

299

Page 311: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

10.3.2 Frequenze caratteristiche nel limite ultrarelativistico

Vogliamo ora eseguire unā€™analisi qualitativa dello spettro emesso da una generica particella

ultrarelativistica, v āˆ¼ 1, in moto aperiodico. Ci chiediamo in particolare quali sono le

frequenze su cui una particella ultrarelativistica emette in generale la maggior parte della

radiazione. Ricordiamo che nel caso non relativistico la risposta a questa domanda e data

dalla (10.16), ovverosia, la particella emette la maggior parte della radiazione entro le

frequenze,

Ļ‰ āˆ¼ 1

T, (10.43)

se T e la scala temporale sulla quale la forza varia sensibilmente.

Per analizzare la distribuzione in frequenza della radiazione emessa da una particella

ultrarelativistica, possiamo sfruttare il fatto che una particella che viaggia con velocita

molto elevata, devia poco dalla traiettoria rettilinea. Lā€™angolo di scattering Ļ‡, che e

lā€™angolo tra la direzione incidente e quella uscente, sara quindi molto piccolo, cosı come

e piccola lā€™apertura angolare Ī± del cono, entro il quale viene emessa la maggior parte

della radiazione. Dalla sezione 9.3 sappiamo, infatti, che vale Ī± āˆ¼ āˆš1āˆ’ v2. Eseguiremo

lā€™analisi spettrale ultrarelativistica distinguendo i casi Ļ‡Āæ Ī±, e Ī±Āæ Ļ‡.

Lā€™angolo di scattering Ļ‡. Per dare una stima dellā€™angolo di scattering, supponiamo che

la particella sia soggetta alla forza di Lorentz,

d~p

dt= e( ~E + ~v Ɨ ~B),

dĪµ

dt= e~v Ā· ~E,

e che i campi esterni siano sensibilmente diversi da zero solo in una regione spaziale

limitata, di dimensioni lineari L. Siccome la particella e ultrarelativistica, essa percepira

dunque questi campi per una durata caratteristica T āˆ¼ L. Per le variazioni della quantita

di moto e dellā€™energia tra lo stato iniziale e quello finale, otteniamo allora,

|āˆ†~p| = e

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ« āˆž

āˆ’āˆž( ~E + ~v Ɨ ~B) dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ āˆ¼ e F T, āˆ†Īµ = e

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž~v Ā· ~E dt āˆ¼ e F T, (10.44)

dove abbiamo posto v āˆ¼ 1, e indicato con F un valore caratteristico dei campi elettrico

e magnetico. Dato che la particella viene deflessa poco, lā€™angolo di scattering e dato dal

modulo della differenza tra i versori finale e iniziale, Ļ‡ āˆ¼ |~nf āˆ’ ~ni|. Siccome abbiamo

300

Page 312: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

~v =~p

Īµ, si ottiene allora,

Ļ‡ =

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~vf

vf

āˆ’ ~vi

vi

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ =

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ†(

~v

v

)āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ =

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ†(

~p

|~p|)āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ ,

dove ~vi e ~vf sono le velocita iniziale e finale. Dato che |~p| = āˆšĪµ2 āˆ’m2, e quindi āˆ†|~p| =Īµ āˆ†Īµ

|~p| āˆ¼ āˆ†Īµ, si ottiene,

āˆ†

(~p

|~p|)

=āˆ†~p

|~p| āˆ’~p āˆ†Īµ

|~p| 2 āˆ¼āˆš

1āˆ’ v2

m(āˆ†~pāˆ’ ~v āˆ†Īµ) .

Usando le (10.44) risulta quindi la stima,

Ļ‡ āˆ¼āˆš

1āˆ’ v2

meF T. (10.45)

Si ottiene allora,Ļ‡

Ī±āˆ¼ e F T

m, (10.46)

rapporto che e indipendente dalla velocita della particella, ma dipende solo dalle carat-

teristiche del campo esterno. La (10.46) puo essere scritta anche come il rapporto tra la

ā€œfrequenza di ciclotroneā€ non relativisticae F

m, vedi (9.24), e la frequenza

1

Tdi un moto

aperiodo non relativistico, vedi (10.16),

Ļ‡

Ī±āˆ¼

(e F

m

)

(1

T

) . (10.47)

Frequenze caratteristiche per Ļ‡Āæ Ī±. Consideriamo ora il caso in cui Ļ‡Āæ Ī±. In questa

situazione la maggior parte della radiazione viene emessa allā€™interno del cono centrato in ~v

di apertura Ī±, il cui asse durante il moto praticamente non cambia. Pertanto e sufficiente

analizzare la radiazione emessa nellā€™immediata vicinanza della direzione di ~v, e porre

quindi nella formula generale (10.41),

~n ā‰ˆ ~v

v, ~nāˆ’ ~v ā‰ˆ (1āˆ’ v)~n, ~y(t) ā‰ˆ ~v t.

Si ottiene cosı,

d 2 Īµ

dĻ‰ dĪ©ā‰ˆ e2

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~n

1āˆ’ vƗ 1āˆš

2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’iĻ‰ t(1āˆ’v) ~a(t) dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

ā‰ˆ e2

8Ļ€2(1āˆ’ v)2|~nƗ ~a(Ļ‰(1āˆ’ v))|2 ,

301

Page 313: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove ~a(Ļ‰(1 āˆ’ v)) e la trasformata di Fourier di ~a(t), calcolata in Ļ‰(1 āˆ’ v). Dato che la

particella percepisce la forza esterna per un tempo limitato T , la sua accelerazione varia

sensibilmente sulla stessa scala temporale T . Per le proprieta della trasformata di Fourier

la funzione ~a(Ļ‰(1 āˆ’ v)) e allora apprezzabilmente diversa da zero per valori di Ļ‰ per cui

Ļ‰(1āˆ’ v) āˆ¼ Ļ‰(1āˆ’ v2) <1

T. In termini dellā€™energia della particella la maggior parte della

radiazione viene quindi emessa entro le frequenze caratteristiche,

Ļ‰ āˆ¼ 1

T

1

1āˆ’ v2=

1

T

( Īµ

m

)2

, (10.48)

da confrontare con la (10.43).

Se Ļ‡Āæ Ī±, lo spettro di radiazione di una particella ultrarelativistica e quindi spostato

molto verso le frequenze alte. Da un punto di vista quantistico questo vuol dire che la

particella emette principalmente fotoni ā€œduriā€, cioe, molto energetici, mentre nel caso non

relativistico la particella emette fotoni molto piu ā€œsofficiā€, cioe, poco energetici

Frequenze caratteristiche per Ī±Āæ Ļ‡. Se lā€™angolo di scattering e grande rispetto ad Ī±,

la direzione di emissione cambia sensibilmente durante il moto, e la radiazione emessa in

una data direzione ~n proviene solo da quel piccolo arco della traiettoria, lungo il quale

la velocita della particella forma con ~n un angolo inferiore a Ī± āˆ¼ āˆš1āˆ’ v2. Chiamando

āˆ†x la lunghezza di questo arco, e ricordando che durante lā€™intero percorso di lunghezza

T āˆ¼ L, la direzione della traiettoria cambia di un angolo Ļ‡, avremo che lungo questo arco

la direzione della velocita cambia di un angolo,

āˆ†x

TĻ‡.

Siccome questo angolo e uguale ad Ī±, otteniamo per la lunghezza dellā€™arco in questione

la stima,

āˆ†x āˆ¼ Ī±

Ļ‡T Āæ T.

Dato che āˆ†x e, dunque, molto minore di T , lungo questo arco i campi possono essere

assunti costanti, e dato che inoltre lā€™arco e piccolo, esso potra essere approssimato con

un arco di circonferenza. Siccome, per di piu, abbiamo che v āˆ¼ 1, su questo arco il

moto sara pressoche circolare uniforme. Possiamo allora anticipare il risultato (10.65)

della sezione 10.4, in cui si esegue unā€™analisi dettagliata della radiazione emessa da una

302

Page 314: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

particella ultrarelativistica in moto circolare uniforme ā€“ in quel caso in presenza di un

campo magnetico costante e uniforme B. Previa la sostituzione B ā†’ F , la (10.65) da

allora le frequenze caratteristiche,

Ļ‰ āˆ¼ e F

m

( Īµ

m

)2

. (10.49)

Come si vede, queste frequenze mostrano la stessa dipendenza dallā€™energia della (10.48),

ma il coefficiente di proporzionalita corrisponde ora alla ā€œfrequenza di ciclotroneā€ non

relativisticae F

m, al posto di

1

T.

Data la (10.47) possiamo riassumere i risultati di questo paragrafo, affermando che un

sistema carico ultrarelativistico emette radiazione con frequenze caratteristiche,

Ļ‰ āˆ¼ Ļ‰āˆ—( Īµ

m

)2

, (10.50)

dove Ļ‰āˆ— e la piu grande tra le ā€œfrequenze fondamentaliā€e F

me

1

T.

10.4 La radiazione del ciclotrone

In questa sezione eseguiamo lā€™analisi spettrale e angolare della radiazione emessa da una

particella carica in un ciclotrone, dedicando particolare attenzione al caso ultrarelativistico

v āˆ¼ 1.

Adottando la notazione del paragrafo 9.2.2, ricordiamo che la frequenza di ciclotrone

e la velocita della particella sono date rispettivamente da,

Ļ‰0 =eB

m

āˆš1āˆ’ v2 =

eB

Īµ, v = Ļ‰0R,

dove R e il raggio dellā€™orbita. Siccome la particella compie un moto periodico con periodo

T = 2Ļ€/Ļ‰0, il sistema emette radiazione sulle frequenze,

Ļ‰N = NĻ‰0.

Conosciamo anche la formula per la potenza totale media, vedi (9.25),

W =e2

6Ļ€

v2Ļ‰20

(1āˆ’ v2)2. (10.51)

Ciclotrone non relativistico. Prima di procedere ricordiamo le principali caratteristiche

della radiazione emessa da una particella non relativistica, v Āæ 1. In questo caso il sistema

303

Page 315: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

emette solo sulla frequenza fondamentale (non relativistica) Ļ‰0 ā‰ˆ eB/m, con distribuzione

angolare,dWdĪ©

=dW1

dĪ©=

e2v2Ļ‰20

32Ļ€2(1 + cos2Ļ‘), (10.52)

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra la direzione di emissione ~n, e lā€™asse del ciclotrone, vedi problema 7.1.

Il rapporto fra lā€™intensita della radiazione emessa lungo Ļ‘ = Ļ€/2 (nel piano dellā€™orbita), e

lā€™intensita emessa lungo Ļ‘ = 0 (ortogonalmente allā€™orbita) risulta allora,

Wā€–WāŠ„ā‰”

dWdĪ©

(Ļ€

2

)

dWdĪ©

(0)

=1

2. (10.53)

Integrando la (10.52) sugli angoli si ottiene poi la potenza totale,

W =W1 =e2

6Ļ€v2Ļ‰2

0,

da confrontare con la (10.51).

10.4.1 Analisi spettrale

Dā€™ora in poi consideriamo una particella con velocita arbitraria. Cominciamo lā€™analisi

della radiazione, valutando esplicitamente i coefficienti spettrali, (10.40),

dWN

dĪ©=

e2(NĻ‰0)2

8Ļ€2

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.54)

Prendendo come asse z lā€™asse dellā€™orbita, traiettoria, velocita e accelerazione istantanea

della particella sono date da,

~y(t) = R (cosĻ•, senĻ•, 0) (10.55)

~v(t) = v (āˆ’senĻ•, cosĻ•, 0), (10.56)

~a(t) = āˆ’Ļ‰20 ~y(t), (10.57)

dove,

Ļ• = Ļ‰0t. (10.58)

Per via dellā€™invarianza per rotazioni attorno allā€™asse z, per quanto riguarda la valutazio-

ne della (10.54) non e restrittivo scegliere la direzione di emissione ~n nel piano (y, z).

Possiamo allora scrivere,

~n = (0, senĻ‘, cosĻ‘), (10.59)

304

Page 316: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra ~n e lā€™asse z. Notando che,

Ļ‰0 ~n Ā· ~y = v senĻ‘ senĻ•,

possiamo riscrivere lā€™integrale lungo lā€™orbita che compare nella (10.40) come,

1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt =v

2Ļ€

āˆ« 2Ļ€

0

eāˆ’i N(Ļ•āˆ’v senĻ‘ senĻ•)(āˆ’senĻ•, cosĻ•, 0) dĻ•, (10.60)

dove dallā€™integrale in t siamo passati a un integrale in Ļ•. Utilizzando le proprieta (10.25)

e (10.26) delle funzioni di Bessel, e allora immediato riconoscere che la (10.60) equivale a,

1

T

āˆ« T

0

eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt = v

(i jā€²N(vNsenĻ‘),

1

vsenĻ‘jN(v NsenĻ‘), 0

).

Calcolando il prodotto esterno tra questo vettore e ~n, e inserendolo nella (10.54), ottenia-

mo cosı le distribuzioni angolari spettrali cercate,

dWN

dĪ©=

e2(NĻ‰0)2

8Ļ€2

(ctg2Ļ‘ j2

N(vNsenĻ‘) + v2jā€² 2N (vNsenĻ‘)). (10.61)

Come prima cosa analizziamo il loro comportamento nel limite non relativistico v Āæ 1.

Dalle formule asintotiche (10.28) vediamo che per v ā†’ 0 si hanno gli andamenti leading,

dWN

dĪ©āˆ¼ e2Ļ‰2

0 v2N ,

e quindi in questo limite le armoniche con N ā‰„ 2 sono fortemente soppresse rispetto

allā€™armonica fondamentale N = 1. Dā€™altra parte, usando la (10.28) e immediato vedere

che il peso spettrale (10.61) per N = 1, nel limite non relativistico si riduce alla (10.52).

10.4.2 Lo spettro nel limite ultrarelativistico

Per eseguire unā€™analisi qualitativa dello spettro emesso da una particella ultrarelativistica,

conviene integrare la (10.61) sugli angoli, si veda per esempio J. Schwinger et. al. 43,

WN =

āˆ«dWN

dĪ©dĪ© =

e2NĻ‰20

4Ļ€v

(2v2jā€²2N(2Nv)āˆ’ (1āˆ’ v2)

āˆ« 2Nv

0

j2N(y) dy

). (10.62)

Un argomento qualitativo. Prima di procedere con lā€™analisi della (10.62) nel limite

v āˆ¼ 1, diamo un argomento qualitativo per stabilire lā€™ordine di grandezza delle frequenze,

43J. Schwinger, L.L. DeRaad, K.A. Milton e W. Tsai, Classical Electrodynamics, Perseus Books,Reading (MA), 1998.

305

Page 317: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

su cui la particella emette maggiormente. Ricordiamo dalla sezione 9.3 che, se v āˆ¼ 1, allora

in un dato istante la particella emette principalmente in un cono attorno alla direzione

di volo, di apertura angolare Ī± āˆ¼ āˆš1āˆ’ v2. Se la particella compie un moto circolare di

periodo T = 2Ļ€/Ļ‰0, allora la radiazione in una data direzione di osservazione proviene solo

da una piccola porzione dellā€™orbita, ovvero da quella che viene percorsa dalla particella

nel tempo,

āˆ†tā€² āˆ¼ Ī±

2Ļ€T āˆ¼

āˆš1āˆ’ v2

Ļ‰0

.

Una tipica frequenza di emissione e allora data,

Ļ‰ā€² =1

āˆ†tā€²āˆ¼ Ļ‰0āˆš

1āˆ’ v2.

Dā€™altra parte, al tempo di emissione āˆ†tā€² corrisponde il tempo di osservazione, vedi (10.35),

āˆ†t = (1āˆ’ ~n Ā· ~v)āˆ†tā€² āˆ¼ (1āˆ’ v)āˆ†tā€² āˆ¼ (1āˆ’ v2)āˆ†tā€²,

a cui corrisponde dunque la frequenza osservata,

Ļ‰ =1

āˆ†tāˆ¼ Ļ‰ā€²

1āˆ’ v2.

Concludiamo che le frequenze caratteristiche della radiazione del ciclotrone ultrarelativi-

stico sono date da,

Ļ‰ āˆ¼ Ļ‰0

(1āˆ’ v2)3/2= Ļ‰0

( Īµ

m

)3

, (10.63)

che corrispondono dunque a armoniche di ordine molto elevato,

N āˆ¼( Īµ

m

)3

. (10.64)

In termini del campo esterno le frequenze caratteristiche della radiazione sono allora date

da,

Ļ‰ āˆ¼ eB

m

( Īµ

m

)2

. (10.65)

Analisi quantitativa. Torniamo ora alle espressioni quantitative (10.62). Per quello

che abbiamo appena visto dobbiamo apsettarci che per velocita vicine alla velocita della

luce, sono dominanti i pesi spettrali WN con N molto grande. In realta si puo vedere

che lā€™andamento della successione (10.62) per grandi N , dipende sensibilmente dal valore,

grande anchā€™esso, di 1/āˆš

1āˆ’ v2. Attraverso unā€™analisi asintotica delle funzioni di Bessel

306

Page 318: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che compaiono nella (10.62) si trova, infatti, che per v āˆ¼ 1, a parte fattori numerici, si ha

44,

WN ā‰ˆ

e2 Ļ‰20 N1/3, per 1Āæ N Āæ 1

(1āˆ’v2)3/2 ,

e2 Ļ‰20

āˆšN (1āˆ’ v2)1/4 eāˆ’

23

N(1āˆ’v2)3/2, per 1

(1āˆ’v2)3/2 Āæ N .(10.66)

Vediamo dunque che per valori di N grandi ma inferiori a 1/(1 āˆ’ v2)3/2, i pesi spettrali

crescono come N1/3, mentre per N molto maggiore di 1/(1 āˆ’ v2)3/2 essi sono esponen-

zialmente soppressi. La particella emette dunque radiazione fino a frequenze dellā€™ordine

di,

Ļ‰N = NĻ‰0 āˆ¼ Ļ‰0

(1āˆ’ v2)3/2,

a conferma della (10.63).

Dato che nel limite ultrarelativistico si ha Ļ‰0 = v/R āˆ¼ 1/R, per le lunghezze dā€™onda

emesse si trova allora il valore caratteristico,

Ī» =2Ļ€

Ļ‰N

āˆ¼ R(m

Īµ

)3

.

In base a questa formula la radiazione emessa da LEP conteneva lunghezze dā€™onda mol-

to corte dellā€™ordine di Ī» āˆ¼ 10āˆ’3 nm, corrispondenti a raggi Ī³, mentre la radiazione di

LHC sara piccata su lunghezze dā€™onda molto piu lunghe, dellā€™ordine di Ī» āˆ¼ 10 nm,

corrispondenti a raggi X molli.

10.4.3 Distribuzione angolare

Invece di analizzare la distribuzione angolare delle singole frequenze, analizziamo la di-

stribuzione angolare totale. A questo scopo si dovrebbe risommare la serie,

dWdĪ©

=Nāˆ‘

N=1

dWN

dĪ©,

cosa che risulta difficile da fare direttamente. In questo caso e piu conveniente ricorrere

alla (10.9),dWdĪ©

=r2

T

āˆ« T

0

| ~E|2dt. (10.67)

44Vedi per esempio J. Schwinger et. al., op. cit.

307

Page 319: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Come prima cosa bisogna dunque valutare | ~E|2, con ~E dato come al solito dalla (10.32).

Inserendo le (10.55)ā€“(10.57) e la (10.59), con un semplice conto si ottiene,

| ~E|2 =e2v2Ļ‰2

0

16Ļ€2r2Ā· (1āˆ’ v2) cos2Ļ‘ + (v āˆ’ senĻ‘ cosĻ•)2

(1āˆ’ v senĻ‘ cosĻ•)6, (10.68)

dove ora Ļ• = Ļ‰0 tā€² = Ļ‰0 tā€²(t, ~x). Di nuovo e conveniente cambiare variabile dā€™integrazione

e passare da t a Ļ•, utilizzando le (10.34), (10.35). Siccome si ha,

dt = (1āˆ’ ~n Ā· ~v(tā€²)) dtā€² =1āˆ’ v senĻ‘ cosĻ•

Ļ‰0

dĻ•,

la (10.67) diventa,dWdĪ©

=r2

2Ļ€

āˆ« 2Ļ€

0

| ~E|2(1āˆ’ v senĻ‘ cosĻ•) dĻ•.

Inserendo in questa formula la (10.68) si trova un integrale che puo essere valutato

esplicitamente, e il risultato e,

dWdĪ©

=e2v2Ļ‰2

0

32Ļ€2Ā· 1 + cos2Ļ‘āˆ’ v2

4(1 + 3v2) sen4Ļ‘

(1āˆ’ v2sen2Ļ‘)7/2. (10.69)

Per velocita piccole riotteniamo la distribuzione ā€œcontinuaā€ (10.52), che ha un massimo

per Ļ‘ = 0. Viceversa, per velocita elevate, v āˆ¼ 1, dallā€™esame del denominatore della

(10.69) si vede chedWdĪ©

ha un massimo pronunciato nelle vicinancze di Ļ‘ =Ļ€

2, cioe, nel

piano dellā€™orbita. Cerchiamo allora di individuare le direzioni vicine al piano dellā€™orbita,

entro le quali viene emessa la maggior parte della radiazione. Le direzioni in questione

sono quelle per cui il denominatore della (10.69) resta essenzialmente dello stesso ordine

di grandezza del suo valore massimo, ovvero, per angoli Ļ‘ per cui,

1āˆ’ v2sen2Ļ‘ āˆ¼ 1āˆ’ v2.

Ponendo Ī± =Ļ€

2āˆ’ Ļ‘, cio succede se,

1āˆ’ v2cos2Ī± āˆ¼ 1āˆ’ v2

(1āˆ’ Ī±2

2

)āˆ¼ 1āˆ’ v2 +

Ī±2

2āˆ¼ 1āˆ’ v2,

ovvero, per direzioni ~n che formano con il piano dellā€™orbita angoli Ī± minori o uguali a,

Ī± āˆ¼āˆš

1āˆ’ v2.

Si noti che questi risultati qualitativi sono in accordo con lā€™analisi generale della distribu-

zione angolare nel limite ultrarelatvistico, svolta in sezione 9.3.

308

Page 320: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Infine calcoliamo il rapporto tra lā€™intensita emessa nel piano dellā€™orbita, a Ļ‘ =Ļ€

2, e

quella emessa lungo il suo asse, a Ļ‘ = 0. Dalla (10.69) si trova facilmente,

Wā€–WāŠ„

=

dWdĪ©

(Ļ€

2

)

dWdĪ©

(0)

=1

8

4 + 3v2

(1āˆ’ v2)5/2.

Nel limite non relativistico si riottiene la (10.53), mentre per velocita ultrarelativistiche

si ottiene un rapporto molto grande.

10.4.4 Luce di sincrotrone

La radiazione emessa da un ciclotrone relativistico viene chiamata radiazione (o luce) di

sincrotrone, perche fu osservata per la prima volta in un sincrotrone di elettroni, presso

la ā€œGeneral Electric Companyā€ di Schenectady, a New York, nel 1947. Da allora le

previsioni quantitative (10.61) e (10.69) sono state verificate sperimentalmente in diversi

sincrotroni, e le distribuzioni angolari e in frequenza misurate sono in ottimo accordo con

queste formule. Mentre negli acceleratori ad alte energie questa radiazione rappresenta

un effetto dissipativo, nei sincrotroni dedicati essa viene prodotta ad arte, ed utilizzata

per le ricerche nei campi della materia condensata, della biologia e della medicina, che

necessitano di fotoni molto energetici. Uno dei pregi di questa radiazione consiste nel fatto

che lo spettro emesso e in generale molto ampio, vedi (10.65), potendo coprire le regioni

del visibile, dellā€™ultravioletto e dei raggi X. Attraverso particolari dispositivi sperimentali,

i ā€œwigglersā€ o gli ā€œondulatoriā€, si possono infatti selezionare dallo spettro la particolare

banda di frequenze richiesta per le ricerche specifiche che si intendono svolgere.

Luce di sincrotrone viene prodotta anche in ambito astronomico, ad esempio dal pia-

neta Giove e dalla nebulosa Granchio. La radiazione proveniente da Giove, che e avvolto

da un campo magnetico intenso, con B āˆ¼ 1gauss, viene emessa da elettroni con energie

comprese circa tra 3MeV < Īµ < 50MeV , che compiono quindi orbite di ciclotrone con

raggi che arrivano fino a qualche centinaio di metri. Per un valore tipico di Īµ āˆ¼ 5MeV

la (10.65) da la frequenza caratteristica Ļ‰ āˆ¼ 109/s, corrispondente ad onde radio, e se-

condo la (10.64) la radiazione comprende armoniche fino allā€™ordine N āˆ¼ 1.000, previsioni

che sono in buon accordo con lā€™osservazione. La radiazione proveniente dalla nebulosa

Granchio viene, invece, emessa da elettroni che raggiungono anche energie dellā€™ordine di

309

Page 321: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Īµ āˆ¼ 104GeV , in presenza di un campo magnetico B āˆ¼ 10āˆ’4gauss. Gli elettroni piu ener-

getici emettono quindi radiazione con frequenze caratteristiche molto elevate, Ļ‰ āˆ¼ 1018/s,

che corrispondono allā€™estremo ultravioletto, e sono presenti le armoniche fino allā€™ordine

N āˆ¼( Īµ

m

)3

āˆ¼ (2 Ā· 107)3 āˆ¼ 1022.

10.5 Spettro di emissione di una corrente generica

In questa sezione vogliamo determinare la distribuzione spettrale della radiazione pro-

dotta da una corrente macroscopica jĀµ generica, non composta necessariamente da par-

ticelle puntiformi. Distingueremo di nuovo quadricorrenti periodiche, e quadricorrenti

aperiodiche.

10.5.1 Corrente periodica

Se la corrente e periodica, con periodo T =2Ļ€

Ļ‰0

, essa ammette uno sviluppo in serie di

Fourier nella coordinata temporale, e una rappresentazione in trasformata di Fourier nelle

tre coordinate spaziali,

jĀµ(x) =1

(2Ļ€)3/2

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

āˆ«d3p ei(NĻ‰0tāˆ’~pĀ·~x) JĀµ

N(~p). (10.70)

Eseguendo le antitrasformate si ottengono i coefficiente di Fourier,

JĀµN(~p) =

1

T

āˆ« T

0

dt1

(2Ļ€)3/2

āˆ«d3x eāˆ’i(NĻ‰0tāˆ’~pĀ·~x) jĀµ(x). (10.71)

Possiamo utilizzare lo sviluppo (10.70) per valutare il potenziale e il campo elettrico nella

zona delle onde, secondo le (7.9), (7.11). I pesi spettrali possono poi essere determinati

usando le formule fondamentali dellā€™analisi spettrale (10.6), (10.10).

Come primo passo dobbiamo inserire la (10.70) nella (7.9),

~A =1

4Ļ€r (2Ļ€)3/2

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

āˆ«d3p

āˆ«d3y ei NĻ‰0(tāˆ’r+~nĀ·~y) eāˆ’i~p Ā· ~y ~JN(~p)

=1

4Ļ€r (2Ļ€)3/2

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

āˆ«d3p

āˆ«d3y ei NĻ‰0(tāˆ’r) eāˆ’i(~pāˆ’NĻ‰0~n)Ā·~y ~JN(~p).

Lā€™integrale in d3y da luogo a una Ī“ di Dirac tridimensionale,

āˆ«d3y eāˆ’i(~pāˆ’NĻ‰0~n)Ā·~y = (2Ļ€)3Ī“3(~pāˆ’NĻ‰0~n),

310

Page 322: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

la presenza della quale permette a sua volta di eseguire lā€™integrale in ~p. Risulta,

~A =

āˆš2Ļ€

2r

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

āˆ«d3p ei NĻ‰0(tāˆ’r) Ī“3(~pāˆ’NĻ‰0~n) ~JN(~p)

=

āˆš2Ļ€

2r

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

ei NĻ‰0(tāˆ’r) ~JN(NĻ‰0~n).

Dalla (7.11) si ottiene allora per il campo elettrico,

~E(t) =iāˆš

2Ļ€

2rnƗ

(~nƗ

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

NĻ‰0 ei NĻ‰0(tāˆ’r) ~JN(~k)

),

dove abbiamo posto ~k = NĻ‰0~n. Confrontando questa espressione con la (10.5), si vede

che i coefficienti di Fourier del campo elettrico sono dati da,

~EN =iāˆš

2Ļ€

2rNĻ‰0 eāˆ’iNĻ‰0 r ~nƗ (~nƗ ~JN(~k)).

Inserendo questi coefficienti nella (10.10), si trova infine una semplice formula per i pesi

spettrali,dWN

dĪ©= Ļ€(NĻ‰0)

2āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~JN(~k)

āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.72)

Questa formula viene presentata spesso in modo leggermente diverso, sfruttando la

conservazione della quadricorrente. Usando la rappresentazione (10.70) si ottiene infatti,

āˆ‚ĀµjĀµ(x) =

i

(2Ļ€)3/2

āˆžāˆ‘N=āˆ’āˆž

āˆ«d3p

(NĻ‰0J

0N(~p)āˆ’ ~p Ā· ~JN(~p)

)ei(NĻ‰0tāˆ’~pĀ·~x) = 0,

che comporta lā€™identita,

J0N(~p) =

~p Ā· ~JN(~p)

NĻ‰0

.

Ponendo ~p = ~k = NĻ‰0~n, si ottiene allora,

J0N(~k) = ~n Ā· ~JN(~k),

e quindi, āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~JN(~k)āˆ£āˆ£āˆ£2

= | ~JN(~k)|2 āˆ’ |~n Ā· ~JN(~k)|2 = āˆ’Jāˆ—ĀµN (~k)JNĀµ(~k).

La (10.72) puo allora essere posta nella forma alternativa,

dWN

dĪ©= āˆ’Ļ€(NĻ‰0)

2Jāˆ—ĀµN (~k)JNĀµ(~k). (10.73)

311

Page 323: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™antenna lineare. Esemplifichiamo lā€™uso della (10.72), riderivando la formula (7.26)

per la distribuzione angolare della radiazione emessa da unā€™antenna lineare. Riprendiamo

la corrente dellā€™antenna (7.22),

~j(t, ~x) = I Ī“(x) Ī“(y) sen

(Ļ‰

(L

2āˆ’ |z|

))cos(Ļ‰t) ~u, I =

I0

sen(

Ļ‰L2

) , (10.74)

dove ~u e il versore lungo lā€™asse z. Siccome questa corrente e una corrente monocromatica,

con frequenza Ļ‰ e periodo T =2Ļ€

Ļ‰, i coefficienti ~JN(~p) nella (10.71) sono tutti nulli, tranne

quello corrispondente ad N = 1. Lā€™antenna emette quindi solo sullā€™armonica fondamentale

Ļ‰1 = Ļ‰, e si ha,dWdĪ©

=dW1

dĪ©= Ļ€ Ļ‰2

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~J1(~k)āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.75)

Per valutare ~J1(~k) dobbiamo inserire la (10.74) nella (10.71), e porre ~p = ~k = Ļ‰ ~n. Si

ottiene,

~J1(~k) =I ~u

T (2Ļ€)3/2

āˆ« T

0

dt eāˆ’iĻ‰t cos(Ļ‰t)

āˆ«d3x ei Ļ‰ ~nĀ·~x Ī“(x) Ī“(y) sen

(Ļ‰

(L

2āˆ’ |z|

))

=I ~u

2(2Ļ€)3/2

āˆ« L/2

āˆ’L/2

dz e i Ļ‰ cosĻ‘ zsen

(Ļ‰

(L

2āˆ’ |z|

))

=I ~u

(2Ļ€)3/2

āˆ« L/2

0

dz cos (Ļ‰ cosĻ‘ z) sen

(Ļ‰

(L

2āˆ’ z

)), (10.76)

dove Ļ‘ e lā€™angolo tra lā€™asse z e ~n. Lā€™integrale in z e elementare, e porta a,

~J1(~k) =I ~u

(2Ļ€)3/2 Ļ‰ sen2Ļ‘

(cos

(Ļ‰L

2cosĻ‘

)āˆ’ cos

Ļ‰L

2

).

Inserendo questa espressione nella (10.75) e notando che |~n Ɨ ~u| = senĻ‘, si riottiene la

(7.26).

Particella singola. Nel caso di una particella singola la (10.72) si deve ridurre alla

(10.40). Per verificare questo e sufficiente determinare i coefficienti di Fourier (10.71), per

le sole componenti spaziali della corrente, vedi (2.41),

~j(x) = e~v(t) Ī“3(~xāˆ’ ~y(t)). (10.77)

Inserendo questa espressione nella (10.71), ed eseguendo lā€™integrale su ~x, si ottiene,

~JN(~p) =e

T

āˆ« T

0

dt1

(2Ļ€)3/2

āˆ«d3x eāˆ’i(NĻ‰0tāˆ’~pĀ·~x) ~v Ī“3(~xāˆ’ ~y) =

e

T

āˆ« T

0

dt1

(2Ļ€)3/2eāˆ’i(NĻ‰0tāˆ’~pĀ·~y) ~v.

312

Page 324: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Ponendo ~p = ~k = NĻ‰0~n, risulta allora,

~JN(~k) =e

(2Ļ€)3/2 T

āˆ« T

0

dt eāˆ’i NĻ‰0(tāˆ’~nĀ·~y) ~v.

Inserendo questa formula nella (10.72) si riottiene la (10.40).

10.5.2 Corrente aperiodica

Nel caso di un sistema carico aperiodico la corrente ammette una rappresentazione in

trasformata di Fourier in tutte e quattro le variabili, e possiamo scrivere,

jĀµ(x) =1

(2Ļ€)2

āˆ«dĻ‰

āˆ«d3p ei(Ļ‰ tāˆ’~pĀ·~x) JĀµ(Ļ‰, ~p), (10.78)

dove,

JĀµ(Ļ‰, ~p) =1

(2Ļ€)2

āˆ«d4x eāˆ’i(Ļ‰ tāˆ’~pĀ·~x) jĀµ(x). (10.79)

Procediamo come sopra, inserendo la (10.78) nella (7.9). Come prima lā€™integrale su ~y da

luogo a una Ī“3 di Dirac, che permette poi di eseguire lā€™integrale su ~p. Si ottiene,

~A =1

4Ļ€r (2Ļ€)2

āˆ«d3y

āˆ«dĻ‰

āˆ«d3p ei Ļ‰(tāˆ’r+~nĀ·~y) eāˆ’i~p Ā· ~y ~J(Ļ‰, ~p)

=1

2r

āˆ«dĻ‰ ei Ļ‰(tāˆ’r) ~J(Ļ‰, Ļ‰~n).

Dalla (7.11) si ottiene allora per il campo elettrico,

~E(t) =i

2rnƗ

(~nƗ

āˆ«dĻ‰ Ļ‰ ei Ļ‰(tāˆ’r) ~J(k)

),

dove la variabile kĀµ di ~J e definita da, k0 = Ļ‰, ~k = Ļ‰ ~n. Confrontando questa formula

con la (10.2), si individua la trasformata di Fourier temporale del campo elettrico,

~E(Ļ‰) =iāˆš

2Ļ€

2rĻ‰ eāˆ’iĻ‰ r ~nƗ (~nƗ ~J(k)).

Inserendo questa espressione nella (10.8), si trova per la distribuzione spettrale della

radiazione,d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©= Ļ€ Ļ‰2

āˆ£āˆ£āˆ£~nƗ ~J(k)āˆ£āˆ£āˆ£2

. (10.80)

Sfruttando il fatto che āˆ‚ĀµjĀµ = 0, la (10.78) da Ļ‰ J0(Ļ‰, ~p) = ~p Ā· ~J(Ļ‰, ~p), che per ~p = ~k = Ļ‰~n

da,

J0(k) = ~n Ā· ~J(k).

313

Page 325: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Di conseguenza la (10.80) puo essere scritta anche come,

d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©= āˆ’Ļ€ Ļ‰2 Jāˆ—Āµ(k)JĀµ(k). (10.81)

Come prima e immediato fare vedere che nel caso di una particella singola, la (10.80)

si riduce alla (10.42). Inserendo la (10.77) nella (10.79), ed eseguendo gli stessi passaggi

di cui sopra si arriva infatti a,

~J(k) =e

(2Ļ€)3/2

1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆždt eāˆ’i Ļ‰(tāˆ’~nĀ·~y) ~v. (10.82)

Sostituendo questa espressione nella (10.80), si riottiene in effetti la (10.42). Tuttavia,

come gia notato nel paragrafo 10.3.1, lā€™integrale presente nella (10.82) in generale non

converge. Nella procedura quı adottata lā€™origine di questa divergenza e evidente: la

(10.82) rappresenta la trasformata di Fourier della distribuzione ~j(x), e come tale deve

essere eseguita nel senso delle distribuzioni. Un modo per farlo consiste nellā€™introdurre

nella (10.82) unā€™opportuna regolarizzazione, per esempio restringendo lā€™integrale in t tra

āˆ’L ed L, come illustrato nel paragrafo 10.3.1, e nellā€™eseguire poi il limite per Lā†’āˆž, nel

senso delle distribuzioni.

314

Page 326: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

11 Lā€™effetto Cerenkov

Nel 1934 il fisico russo P.A. Cerenkov studio il fenomeno della luminescenza emessa da

certe soluzioni liquide, se irradiate con raggi Ī³ provenienti da sorgenti radioattive. Nel

corso degli esperimenti, durati fino al 1938, si accorse che i raggi Ī³ causano una radia-

zione molto debole anche in solventi puri, come lā€™acqua e il benzolo, dando luogo a una

luce blu, vale a dire radiazione nello spettro visibile. Da unā€™analisi approfondita delle

caratteristiche della luce emessa si rese conto che questo effetto non poteva essere un fe-

nomeno di luminescenza, come assunto inizialmente. La radiazione osservata era infatti

caratterizzata da una polarizzazione lineare ben definita, e veniva emessa solo in avanti,

lungo un cono di direzioni che formavano un ben determinato angolo con la direzione dei

raggi Ī³, entrambe proprieta non possedute dalla luminescenza. La radiazione osservata

aveva inoltre carattere universale, nel senso che le sue caratteristiche erano indipendenti

dalle specifiche proprieta delle soluzioni usate, come la temperatura e la loro particolare

composizione. Ci si aspettava allora che anche la spiegazione teorica dellā€™effetto dovesse

avere carattere universale.

Questa spiegazione fu data dai fisici russi I.E. Frank e I.M. Tamm nel 1937, i quali

assumevano che la radiazione osservata da Cerenkov non fosse causata direttamente dai

raggi Ī³, ma da elettroni ad alta velocita, prodotti dai raggi Ī³ attraverso lā€™effetto Compton.

Secondo la loro teoria questa radiazione viene generata da elettroni che si trovano in moto

rettilineo uniforme in un mezzo dielettrico, con una velocita superiore alla velocita della

luce nel mezzo. Ricordiamo che un mezzo con costante dielettrica reale Īµ ha indice di

rifrazione n =āˆš

Īµ, e che la velocita della luce nel mezzo valec

n. Per n > 1 essa risulta

dunque minore di c.

In questa sezione analizzeremo in dettaglio i campi prodotti da una particella in moto

rettilineo uniforme in un mezzo, sia per velocita minori che per velocita maggiori della

velocita della luce nel mezzo, e spiegheremo cosı lā€™origine e le proprieta della ā€œradiazione

Cerenkovā€.

Aspetti macroscopici e microscopici. La spiegazione dellā€™effetto Cerenkov data da Frank

e Tamm si basa sulle equazioni di Maxwell in un mezzo dielettrico, che forniscono una

315

Page 327: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

descrizione macroscopica della dinamica del campo elettromagetico. Come e noto, queste

equazioni rappresentano un metodo semplice per tenere conto delle cariche di polarizza-

zione che si creano in un mezzo, a causa delle cariche ā€œlibereā€. Il campo elettromagnetico

totale risulta, infatti, dalla sovrapposizione del campo prodotto dalla particella nel vuoto,

e da quello prodotto dalle cariche di polarizzazione. Siccome una particella in moto rettili-

neo uniforme ā€œnel vuotoā€ non da luogo a nessun campo di radiazione, a livello microscopico

la radiazione di Cerenkov deve dunque originare dalle cariche di polarizzazione. In effetti,

quello che succede a livello microscopico e che lā€™elettrone durante il suo passaggio nel mez-

zo deforma le molecole facendo loro acquistare un momento di dipolo elettrico, il quale

scompare immediatamente dopo il passaggio dellā€™elettrone. Le cariche che compongono i

momenti di dipolo sono cosı sottoposti a unā€™accelerazione quasiā€“istantanea, e diventano

quindi sorgenti impulsive di onde elettromagnetiche elementari, che si manifestano come

radiazione Cerenkov.

Tuttavia, non e immediato determinare il campo macroscopico, valutando esplicita-

mente la sovrapposizione coerente di queste infinite onde elementari ā€œmicroscopicheā€.

Viceversa, le equazioni di Maxwell in un mezzo costituiscono uno strumento molto effica-

ce per valutare il campo elettromagnetico prodotto a livello macroscopico dalla particella,

e dalle cariche di polarizzazione da essa indotte. Per semplicita parleremo comunque di

ā€œcampo prodotto dalla particellaā€ nel mezzo, e di ā€œenergia irradiata dalla particellaā€.

11.1 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme in unmezzo

Equazioni di Maxwell in un mezzo dielettrico. Consideriamo un mezzo isotropo e omoge-

neo, con permeabilita magnetica uguale a quella del vuoto, Āµ = 1, e con costante dielettrica

Īµ > 1 e reale. In questo modo trascuriamo lā€™assorbimento del mezzo, ipotesi giustificata

per frequenze lontane dalle frequenze di risonanza. Per il momento assumiamo anche

che non vi sia dispersione, ovvero, che Īµ sia indipendente dalla frequenza, rinviando la

trattazione del caso realistico di un mezzo dispersivo alla sezione 11.4. Anche lā€™indice di

rifrazione,

n =āˆš

Īµ, (11.1)

316

Page 328: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

risulta allora indipendente dalla frequenza.

In un mezzo dielettrico con queste caratteristiche le equazioni di Maxwell (2.28)ā€“(2.31)

diventano,

āˆ’n2

c

āˆ‚ ~E

āˆ‚t+ ~āˆ‡Ć— ~B =

~j

c, (11.2)

1

c

āˆ‚ ~B

āˆ‚t+ ~āˆ‡Ć— ~E = 0, (11.3)

~āˆ‡ Ā· ~E =Ļ

n2, (11.4)

~āˆ‡ Ā· ~B = 0, (11.5)

dove Ļ indica la densita di carica, e abbiamo momentaneamente ripristinato la velocita

della luce. Si noti che queste equazioni si possono ottenere dalle (2.28)ā€“(2.31) effettuando

le sostituzioni,

~E ā†’ n ~E, ~B ā†’ ~B cā†’ c

n, Ļā†’ Ļ

n, ~j ā†’

~j

n. (11.6)

Le identita di Bianchi (11.3) e (11.5) sono rimaste immutate, e quindi possiamo risolverle

nel modo standard,

~E = āˆ’~āˆ‡A0 āˆ’ 1

c

āˆ‚ ~A

āˆ‚t, (11.7)

~B = ~āˆ‡Ć— ~A, (11.8)

e i potenziali A0 e ~A sono ancora definiti modulo le trasformazioni di gauge AĀµ ā†’ AĀµ+āˆ‚ĀµĪ›.

In questo caso e conveniente effettuare il gaugeā€“fixing di Lorentz adattato,

n2

c

āˆ‚A0

āˆ‚t+ ~āˆ‡ Ā· ~A = 0.

E allora immediato vedere che le (11.2), (11.4) si riducono a,

2n AĀµ ā‰”(

n2

c2

āˆ‚2

āˆ‚t2āˆ’āˆ‡2

)AĀµ =

(Ļ

n2,~j

c

). (11.9)

In assenza di cariche libere, jĀµ = 0, nel mezzo il campo elettromagnetico si propaga quindi

con la velocitac

n.

Consideriamo ora una particella che si muove di moto rettilineo uniforme, quindi con

velocita ~v e quadrivelocita uĀµ = (c, ~v)/āˆš

1āˆ’ v2/c2 costanti. Allora da (6.58) segue,

Ļ = e u0

āˆ«Ī“4(xāˆ’ u s) ds = e Ī“3(~xāˆ’ ~v t), ~j = Ļ~v, (11.10)

317

Page 329: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

ed e sufficiente risolvere le (11.9) per Āµ = 0,

2nA0 =Ļ

n2. (11.11)

La parte spaziale del quadripotenziale e, infatti, data semplicemente da,

~A =n2~v

cA0. (11.12)

In seguito supporremo che la particella si muova lungo lā€™asse delle z, quindi con

traiettoria,

~y(t) = (0, 0, vt).

In questo caso e conveniente introdurre coordinate cilindriche, ~x ā†” (z, r, Ļ•), dove r e Ļ•

sono coordinate polari bidimensionali, nel piano ortogonale alla traiettoria della particella.

In particolare r indica allora la distanza di ~x dallā€™asse z. Corrispondentemente useremo i

versori ~uz, ~ur e ~uĻ•.

11.2 Il campo per v <c

n

Supponiamo ora che la velocita della particella sia minore della velocita della luce nel

mezzo, v <c

n. In questo caso la (11.11) puo essere risolta con lo stesso metodo usato nel

paragrafo 6.3.1 per risolvere lā€™analoga equazione nel vuoto,

2A0 = Ļ. (11.13)

In quel caso si aveva n = 1 e v < c. Per ottenere la soluzione della (11.11) e sufficiente

eseguire nella soluzione (6.63) della (11.13) le sostituzioni eā†’ e

n2, cā†’ c

n. La componente

0 della (6.63) si scrive,

A0 =e

4Ļ€

u0

āˆš(ux)2 āˆ’ x2

=e

4Ļ€

1āˆš(z āˆ’ vt)2 +

(1āˆ’ v2

c2

)r2

,

e la soluzione della (11.11) risulta allora,

A0 =e

4Ļ€n2

1āˆš(z āˆ’ vt)2 + (1āˆ’ v2n2)r2

, (11.14)

318

Page 330: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove abbiamo posto di nuovo c = 1. Per i campi elettrico e magnetico le (11.7), (11.8)

danno allora,

~E =e

4Ļ€n2

(1āˆ’ v2n2)(~xāˆ’ ~v t)

((z āˆ’ vt)2 + (1āˆ’ v2n2)r2)3/2, ~B =

e

4Ļ€

(1āˆ’ v2n2) v r ~uĻ•

((z āˆ’ vt)2 + (1āˆ’ v2n2)r2)3/2,

(11.15)

e il vettore di Poynting diventa,

~S = ~E Ɨ ~B =( e

4Ļ€n

)2

Ā· (1āˆ’ v2n2)2 v r [r ~uz āˆ’ (z āˆ’ vt) ~ur]

((z āˆ’ vt)2 + (1āˆ’ v2n2)r2)3= Sz ~uz + Sr ~ur. (11.16)

Vediamo ora quali sono le proprieta del campo ottenuto. Come nel vuoto, il campo

elettromagnetico non presenta singolarita al di fuori della traiettoria, perche per v < 1/n

il denominatore nelle (11.15) si annulla solo per ~x = ~v t. Inoltre, dalla (11.16) si vede che

non cā€™e flusso radiale netto di energia, perche ā€œdietroā€ la particella ā€“ per z < vt ā€“ esiste

un flusso radiale uscente, Sr > 0, mentre ā€œdavantiā€ ā€“ per z > v t ā€“ esiste un flusso radiale

entrante, Sr < 0, e i due si compensano. In particolare, se calcoliamo il flusso di energia

totale attraverso un cilindro concentrico con la traiettoria, di raggio r e basi situate in z1

e z2, troviamo,

āˆ†Īµ = 2Ļ€r

āˆ« z2

z1

dz

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžSr dt =

2Ļ€r

v

āˆ« z2

z1

dz

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžSr dl = 0, (11.17)

perche Sr e una funzione antisimmetrica della variabile l = z āˆ’ vt.

11.2.1 Analisi in frequenza

In vista del confronto con il caso v > 1/n e utile eseguire anche una ā€œanalisi spettraleā€

del campo. In realta questa analisi ha senso se siamo in presenza di campi di radiazione,

mentre il campo di una particella con velocita costante minore di quella della luce, a

grandi distanze decade come1

|~x|2 , vedi (11.15), e non costituisce quindi un campo di

radiazione. Eseguiamo comunque la trasformata di Fourier temporale della (11.14),

A0(Ļ‰) =eāˆš

2Ļ€ 4Ļ€n2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

eāˆ’iĻ‰t

āˆš(z āˆ’ vt)2 + (1āˆ’ v2n2)r2

dt. (11.18)

Con semplici passaggi si ottiene,

A0(Ļ‰) =e

(2Ļ€)3/2n2 veāˆ’i Ļ‰z/vK

(āˆš1āˆ’ v2n2

vĻ‰ r

), (11.19)

319

Page 331: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove K(x) e la funzione di Bessel modificata del secondo tipo di ordine 0, indicata

comunemente con K0(x),

K(x) =1

2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

ei x s

āˆšs2 + 1

ds =

āˆ« āˆž

0

cos(x senh Ī²) dĪ².

La seconda rappresentazione si ottiene con il cambiamento di variabile, s = senh Ī².

La funzione K(x). Per quello che segue e utile dare unā€™altra rappresentazione ancora

di K, che si ottiene usando lā€™analisi complessa. Si noti che K(āˆ’x) = K(x), per cui di

seguito supporremo x > 0. Consideriamo la funzione di variabile complessa,

f(z) =ei x z

āˆšz2 + 1

,

che e analitica nel semipiano superiore, esclusa la semiretta z = i u con u āˆˆ [1,āˆž] dove

possiede un taglio. Allora si annulla lā€™integrale di linea,āˆ®

Ī³

f(z) dz = 0, (11.20)

in cui Ī³ e una curva chiusa composta 1) dallā€™asse reale, 2) da due quarti di circonferenza

giacenti nel semipiano superiore e centrati nellā€™origine, con raggio R e aperture angolari

rispettivamente 0 < Ļ• < Ļ€/2 e Ļ€/2 < Ļ• < Ļ€, 3) dalle due semirette z = Ā±Īµ + i u, con

u āˆˆ [1,āˆž], e infine, 4) da una semicirconferenza centrata in z = i e di raggio Īµ, rivolta

verso il basso. Nel limite per Rā†’āˆž e per Īµā†’ 0, gli integrali sui tre archi di circonferenza

vanno a zero se x > 0, e nella (11.20) sopravvivono allora solo gli integrali lungo lā€™asse

reale e lungo le due semirette. Risulta allora,āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

ei x s

āˆšs2 + 1

dsāˆ’ 2

āˆ« āˆž

1

eāˆ’x u

āˆšu2 āˆ’ 1

du = 0.

Si conclude quindi che per x > 0 la funzione K puo essere scritta anche come,

K(x) =

āˆ« āˆž

1

eāˆ’x u

āˆšu2 āˆ’ 1

du =

āˆ« āˆž

0

eāˆ’x cosh Ī²dĪ², (11.21)

dove abbiamo posto u = coshĪ².

Andamenti asintotici di K(x). La rappresentazione (11.21) e in particolare convenien-

te per determinare gli andamenti asintotici di K, per x grandi e piccoli. Per grandi x

usiamo il metodo del punto sella. Per xā†’āˆž, nellā€™integrando in (11.21) contano i valori

di Ī² per cui cosh Ī² e minimo, cioe, i valori di Ī² vicino allo zero. Espandendo,

cosh Ī² = 1 +1

2Ī²2 + o(Ī²4),

320

Page 332: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

si trova allora,

K(x) = eāˆ’x

āˆ« āˆž

0

eāˆ’[x2

Ī²2+x o(Ī²4)] dĪ².

Riscalando Ī² ā†’ Ī²/āˆš

x, risulta cosı,

K(x) =eāˆ’x

āˆšx

āˆ« āˆž

0

eāˆ’[ 12Ī²2+o(Ī²4)/x] dĪ² =

āˆšĻ€

2xeāˆ’x

(1 + o

(1

x

)). (11.22)

Per x ā†’ 0 la funzione K(x) diverge invece. Per determinare il tipo di divergenza, sepa-

riamo dallā€™integrale (11.21) la parte convergente. Per fare questo riscaliamo la variabile

dā€™integrazione, uā†’ u/x, e riscriviamo lā€™integrale come,

K(x) =

āˆ« āˆž

x

eāˆ’u

āˆšu2 āˆ’ x2

du =

āˆ« 1

x

eāˆ’u

āˆšu2 āˆ’ x2

du +

āˆ« āˆž

1

eāˆ’u

āˆšu2 āˆ’ x2

du. (11.23)

Lā€™ultimo integrale converge per xā†’ 0, ed e sufficiente valutare il penultimo,

āˆ« 1

x

eāˆ’u

āˆšu2 āˆ’ x2

du =

āˆ« 1

x

1āˆšu2 āˆ’ x2

du +

āˆ« 1

x

eāˆ’u āˆ’ 1āˆšu2 āˆ’ x2

du.

Di nuovo, per xā†’ 0 lā€™ultimo integrale converge, perche la funzione (eāˆ’uāˆ’ 1)/u e regolare

nellā€™intervallo [0, 1], ed e sufficiente calcolare,

āˆ« 1

x

1āˆšu2 āˆ’ x2

du = arccosh

(1

x

)= āˆ’ ln

(x

2

)+ o(x).

Per x che va a zero K diverge quindi logaritmicamente,

K(x) = āˆ’ ln x + C + o(x), (11.24)

dove C e una costante.

Unā€™equazione differenziale per K(x). Le funzioni speciali vengono spesso anche definite

attraverso le equazioni differenziali che esse soddisfano. Lā€™equazione definente per K e,

per x 6= 0,

K ā€²ā€² +1

xK ā€² āˆ’K = 0. (11.25)

Verifichiamo che essa e soddisfatta dalla (11.21),

K ā€²ā€² +1

xK ā€² =

āˆ« āˆž

1

(u2

āˆšu2 āˆ’ 1

āˆ’ 1

x

uāˆšu2 āˆ’ 1

)eāˆ’ux du

=

āˆ« āˆž

1

(u2

āˆšu2 āˆ’ 1

āˆ’ 1

x

dāˆš

u2 āˆ’ 1

du

)eāˆ’ux du.

Con unā€™integrazione per parti si ottiene allora di nuovo lā€™integrale (11.21).

321

Page 333: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

In realta lā€™equazione differenziale lineare (11.25), essendo del secondo ordine ha due

soluzioni indipendenti. Una e K(x), e lā€™altra e data dalla funzione,

K(x) =

āˆ« 1

āˆ’1

ex u

āˆš1āˆ’ u2

du =

āˆ« Ļ€

0

ex cosĻ‘dĻ‘, (11.26)

che e legata alla funzione di Bessel modificata del primo tipo di ordine 0, I0(x), dalla

relazione K(x) = Ļ€ I0(x). Anchā€™essa e pari, K(āˆ’x) = K(x), e i suoi andamenti asintotici

per x > 0 sono,

K(x) =

āˆšĻ€

2xex

(1 + o

(1

x

)), K(x) = Ļ€ + o(x), (11.27)

da confrontare con le (11.22), (11.24). Si noti in particolare che, al contrario di K(x), la

funzione K(x), divergendo esponenzialmente per |x| ā†’ āˆž, non costituisce una distribu-

zione temperata.

Unā€™onda evanescente. Torniamo ora alla (11.19). Vediamo che A0(Ļ‰) dipende da z

attraverso il termine di ā€œonda pianaā€ eāˆ’ikzz, con vettore dā€™onda,

kz =Ļ‰

v.

Questo termine descrive quindi unā€™onda che si propaga in direzione z con la velocita della

particella, in quanto vz ā‰” Ļ‰

kz

= v. Tuttavia, a grandi distanze dalla traiettoria, ovvero

per grandi r, a causa dellā€™andamento asintotico (11.22), A0(Ļ‰) si comporta come,

A0(Ļ‰) āˆ¼ Cāˆšr

eāˆ’ikzz āˆ’ Ļ‰

v

āˆš1āˆ’ v2n2 r

, (11.28)

dove C e una costante indipendente da ~x. Vediamo che A0(Ļ‰) esibisce un fattore1āˆšr,

tipico per unā€™onda cilindrica 45, che in questo caso viene pero soppiantato dal fattore di

decrescita esponenziale exp(āˆ’Ļ‰

v

āˆš1āˆ’ v2n2 r

), che rappresenta una ā€œonda evanescenteā€.

Per rappresentare una vera ā€œondaā€ questo esponenziale dovrebbe essere sostituito da un

fattore oscillante del tipo exp (ikrr). Ritroviamo cosı che una particella in moto rettilineo

uniforme, con velocita costante minore dic

n, non irradia onde elettromagnetiche.

45Come spiegheremo in sezione 11.5, per le onde a simmetria cilindrica la presenza del fattore 1/āˆš

re richiesta dalla conservazione dellā€™energia. Per le onde sferiche lā€™andamento analogo, implicato sempredalla conservazione dellā€™energia, e invece 1/r.

322

Page 334: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

11.3 Il campo per v >c

n

Se v >c

n, la soluzione della (11.11) non puo essere ottenuta con semplici sostituzioni dalla

(6.63), ma possiamo comunque applicare il metodo usato nel paragrafo 6.3.1. In seguito

porremo di nuovo c = 1.

Introduciamo una funzione di Green adattata Gn soddisfacente,

2nGn = Ī“4(x) = Ī“(t)Ī“3(x).

La soluzione di questa equazione puo essere ottenuta dalla funzione di Green (6.43),

soddisfacente 2G = Ī“4(x), attraverso la sostituzione t ā†’ t

n. Ricordando che Ī“

(tn

)=

n Ī“(t), si ottiene cosı,

Gn =1

2Ļ€nH(t) Ī“(x2

n), x2n ā‰”

t2

n2āˆ’ |~x|2.

In seguito useremo anche la notazione,

(a b)n ā‰” a0b0

n2āˆ’ ~a Ā·~b.

La soluzione della (11.11) e allora data da,

A0 =1

n2Gn āˆ— Ļ =

1

n2

āˆ«Gn(xāˆ’ y)Ļ(y) d4y.

Sostituendo la (11.10), con passaggi standard si ottiene,

A0 =e u0

2Ļ€n3

āˆ«H(tāˆ’ u0s) Ī“(f(s)) ds =

e u0

2Ļ€n3

(H(tāˆ’ u0s+)

|f ā€²(s+)| +H(tāˆ’ u0sāˆ’)

|f ā€²(sāˆ’)|)

, (11.29)

purche la forma quadratica,

f(s) ā‰” u2ns

2 āˆ’ 2s(ux)n + x2n,

abbia due zeri reali sĀ±. In caso contrario A0 e zero. Il valore dellā€™integrale nella (11.29)

dipende quindi 1) dalla presenza di zeri reali di f(s), e 2) dal segno di tāˆ’ u0sĀ±. Gli zeri

sono dati da,

sĀ± =(ux)n Ā±

āˆš(ux)2

n āˆ’ u2nx

2n

u2n

, u2n =

1āˆ’ v2n2

(1āˆ’ v2)n2< 0,

e,

|f ā€²(sĀ±)| = 2āˆš

(ux)2n āˆ’ u2

nx2n = 2

u0

n

āˆš(z āˆ’ vt)2 āˆ’ (v2n2 āˆ’ 1)r2.

323

Page 335: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Vediamo che esistono zeri reali solo nella regione,

(z āˆ’ vt)2 > (v2n2 āˆ’ 1)r2 ā†” r2

(z āˆ’ vt)2 + r2<

1

v2n2, (11.30)

che corrisponde a un cono doppio centrato nella posizione della particella, e con asse la

sua traiettoria, di apertura angolare,

senĪ± =1

v n. (11.31)

Al di fuori di questo cono doppio il campo e quindi nullo. Stando allā€™interno del cono

studiamo ora il segno di tāˆ’ u0sĀ±. Da un semplice calcolo risulta,

tāˆ’ u0sĀ± = āˆ’ n

v2n2 āˆ’ 1

(v n (z āˆ’ vt)āˆ“

āˆš(z āˆ’ vt)2 āˆ’ (v2n2 āˆ’ 1)r2

).

Siccome il termine (v2n2 āˆ’ 1) e positivo, per z āˆ’ vt > 0 si ha tāˆ’ u0sĀ± < 0, e il campo e

nullo, mentre per,

z āˆ’ vt < 0, (11.32)

si ha t āˆ’ u0sĀ± > 0, e nella (11.29) contribuiscono tutti e due i termini. Concludiamo

quindi che ad ogni istante il campo e diverso da zero solo allā€™interno del cono centrato

nella particella, coassiale con la traiettoria e rivolto in direzione opposta al moto, di

apertura angolare Ī± = arcsen

(1

v n

).

Singolarita del campo. Tenendo conto delle (11.30) e (11.32), dalla (11.29) risulta il

potenziale,

A0 =e

4Ļ€n2

2 H[āˆ’(z āˆ’ vt)āˆ’ r

āˆšv2n2 āˆ’ 1

]āˆš

(z āˆ’ vt)2 āˆ’ (v2n2 āˆ’ 1)r2. (11.33)

Confrontando con il potenziale (11.14) del caso v <c

n, si vede che le due espressioni

esibiscono formalmente le stesse dipendenze funzionali da ~x e t. Nella (11.33) compare in

piu un fattore due, ma in compenso il campo e nullo allā€™esterno del cono ā€œallā€™indietroā€ di

apertura Ī±. Inoltre, sul bordo di questo cono, ovvero per,

z = vtāˆ’ rāˆš

v2n2 āˆ’ 1, (11.34)

A0 diverge. Vedremo tra poco che questa singolarita non e fisica, in quanto dovuta alla

nostra schematizzazione di un mezzo non dispersivo. Siccome le (11.14) e (11.33) hanno la

stessa dipendenza funzionale, a parte il fattore due i campi ~E e ~B e il vettore di Poynting

324

Page 336: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sono ancora dati dalle (11.15) e (11.16). Ma questa volta la componente radiale di ~S e

diversa da zero ā€“ e positiva ā€“ solo per z < vt (allā€™interno del cono), mentre e nulla per

z > vt. Ci aspettiamo dunque un flusso radiale uscente netto di energia elettromagnetica.

Si noti come la forma del potenziale (11.33) sia analoga al fronte dā€™onda sonoro conico,

che si crea quando un aereo viaggia con velocita supersonica, il cosiddetto ā€œcono di Machā€.

11.3.1 Il campo nella zona delle onde e lā€™angolo di Cerenkov

Per indagare la presenza di radiazione elettromagnetica, eseguiamo di nuovo la trasformata

di Fourier temporale di A0. Per via della presenza della funzione di Heaviside in (11.33),

ora abbiamo,

A0(Ļ‰) =eāˆš

2Ļ€ 2Ļ€n2

āˆ« āˆž

1v (z+r

āˆšv2n2āˆ’1)

eāˆ’iĻ‰t

āˆš(z āˆ’ vt)2 āˆ’ (v2n2 āˆ’ 1)r2

dt.

Traslando e riscalando la variabile t si arriva a,

A0(Ļ‰) =e

(2Ļ€)3/2n2 veāˆ’i Ļ‰z/vL

(āˆšv2n2 āˆ’ 1

vĻ‰ r

), (11.35)

dove la funzione complessa L(x) e data da,

L(x) =

āˆ« āˆž

1

eāˆ’i x u

āˆšu2 āˆ’ 1

du =

āˆ« āˆž

0

eāˆ’i x cosh Ī² dĪ², (11.36)

ed e legata alla funzione di Haenkel di ordine zero H(2)0 (x), dalla relazione L(x) =

Ļ€2i

H(2)0 (x). La seconda espressione nella (11.36) e stata ottenuta attraverso il cambia-

mento di variabile, u = cosh Ī². Confrontando la (11.35) con la (11.19) vediamo che le due

espressioni di A0(Ļ‰) costituiscono una la continuazione analitica dellā€™altra, dalla regione

v <1

n, alla regione v >

1

n. Formalmente vale infatti, vedi (11.21),

L(x) = K(i x).

Proprieta della funzione L(x). A partire dalla (11.36), con le stesse tecniche del pa-

ragrafo 11.2.1 si possono derivare le proprieta principali della funzione L(x). Notiamo

che vale Lāˆ—(x) = L(āˆ’x), condizione imposta dalla realta di A0(t, ~x), sicche e sufficiente

limitarsi al semiasse x > 0. In questo caso si ottengono gli andamenti asintotici,

L(x) =

āˆšĻ€

2xeāˆ’i(x+Ļ€/4)

(1 + o

(1

x

)), L(x) = āˆ’ ln x + C + o(x), (11.37)

325

Page 337: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

da confrontare con le (11.22), (11.24). Separando L in parte reale e parte immaginaria,

L(x) = L1(x) + iL2(x), L1(āˆ’x) = L1(x), L2(āˆ’x) = āˆ’L2(x), (11.38)

si vede quindi che per xā†’āˆž entrambe queste funzioni hanno un andamento oscillatorio,

mentre per x ā†’ 0 solo L1(x) esibisce una divergenza logaritmica, e L2(x) e regolare.

Lā€™equazione differenziale soddisfatta da L e, invece,

Lā€²ā€² +1

xLā€² + L = 0, (11.39)

da confrontare con la (11.25). Siccome anche questa equazione e reale, L1 ed L2 la

soddisfano separatamente, e costituiscono quindi un insieme completo di soluzioni. La

particolare combinazione delle due soluzioni che compare nella (11.35) rappresenta unā€™on-

da uscente in direzione radiale, vedi (11.40), la presenza della quale e dettata dalla

causalita. Lā€™altra combinazione indipendente, la complessa coniugata Lāˆ— = L1 āˆ’ iL2,

corrisponderebbe invece a unā€™onda entrante.

Lā€™angolo di Cerenkov. Con lā€™aiuto della (11.37), nella zona delle onde, ovvero, per

grandi r, la (11.35) assume la forma,

A0(Ļ‰) =e

4Ļ€n2Ā· eāˆ’iĻ€/4

(v2n2 āˆ’ 1)1/4āˆš

v Ļ‰ reāˆ’i

Ļ‰

v

(z +āˆš

v2n2 āˆ’ 1 r)

(11.40)

=Cāˆšr

eāˆ’i (kzz + krr), (11.41)

dove C e una costante indipendente dalle coordinate, e abbiamo trascurato termini di ordi-

ne o(1/r3/2). Al contrario della (11.28) questa espressione rappresenta unā€™onda (cilindrica)

vera e propria, con vettore dā€™onda ~k dato da,

kz =Ļ‰

v, kr =

Ļ‰

v

āˆšv2n2 āˆ’ 1, kĻ• = 0.

La sua velocita di propagazione e allora data da,

Ļ‰

|~k|=

Ļ‰āˆšk2

r + k2z

=1

n,

che e la velocita della luce nel mezzo. La direzione di propagazione dellā€™onda e invece

individuata dallā€™angolo Ļ‘C che ~k forma con la direzione del moto della particella, lā€™angolo

326

Page 338: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

di Cerenkov,

cos Ļ‘C =kz

|~k|=

1

v n. (11.42)

Tale angolo e ben definito fino a quando risulta soddisfatta la condizione di Cerenkov

v >1

n. Le direzioni di emissione giacciono quindi su un cono ā€œin avantiā€, coassiale con

la traiettoria della particella e di apertura Ļ‘C , che viene chiamato cono di Cerenkov.

Lā€™angolo di Cerenkov e legato allā€™angolo Ī± di (11.31) dalla relazione di complementaria,

Ļ‘C =Ļ€

2āˆ’ Ī±.

La direzione della radiazione coincide, inoltre, con la direzione del vettore di Poynting sul

bordo del cono in cui il campo e diverso da zero. Valutando il numeratore della (11.16)

per z = vt āˆ’ rāˆš

v2n2 āˆ’ 1, si vede infatti che risulta ~S ā€– ~k. In realta, come anticipato

sopra, sul bordo di questo cono il modulo di ~S diverge, vedi sezione 11.4.

Nellā€™acqua, che alle frequenze visibili ha un indice di rifrazione n = 43, si ha emissione

di radiazione Cerenkov se v > 34, e quando v varia tra 3

4e 1, lā€™angolo di emissione varia

tra Ļ‘C = 0 e Ļ‘C = arccos 34

= 41.4o.

11.4 Mezzi dispersivi

Molti mezzi dielettrici hanno un indice di rifrazione che nello spettro visibile e pratica-

mente costante, ma nei mezzi reali esso e in generale una funzione della frequenza, n(Ļ‰).

Si dice che il mezzo e dispersivo. Lā€™andamento della funzione n(Ļ‰) dipende molto dalle

proprieta atomiche del mezzo, in particolare dalla presenza di frequenze di risonanza. Le

sue caratteristiche generali sono comunque,

n(Ļ‰) < 1, per Ļ‰ > Ļ‰m,

limĻ‰ā†’āˆž n(Ļ‰) = 1,(11.43)

dove Ļ‰m e un valore limite, che e vicino alla frequenza di risonanza piu elevata. Per grandi

Ļ‰ si ha in particolare lā€™andamento asintotico n(Ļ‰) ā‰ˆ 1 āˆ’ Ļ‰2p/Ļ‰

2, dove Ļ‰p e la ā€œfrequenza

di plasmaā€ del mezzo. La banda di frequenze in cui n(Ļ‰) < 1 e quindi limitata.

Equazioni di Maxwell in un mezzo dispersivo. In un mezzo dispersivo la dinamica del

campo elettromagnetico non e piu descritta dalle (11.2)ā€“(11.5), ovvero, dalle (11.9), ma

327

Page 339: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dalle ā€œtrasformate di Fourier temporaliā€ di queste ultime,

āˆ’(n2(Ļ‰) Ļ‰2 +āˆ‡2

)AĀµ(Ļ‰) =

(Ļ(Ļ‰)

n2(Ļ‰),~j(Ļ‰)

), (11.44)

dove Ļ(Ļ‰) e ~j(Ļ‰) indicano rispettivamente le trasformate di Fourier temporali di Ļ(x) e

~j(x). In caso di dispersione il potenziale vettore e allora definito come lā€™antitrasformata,

AĀµ(x) ā‰” 1āˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeiĻ‰tAĀµ(Ļ‰) dt, (11.45)

dove le AĀµ(Ļ‰) risolvono, per definizione, le (11.47). In particolare AĀµ(x) non soddisfa

quindi piu unā€™equazione differenziale locale, come la (11.9).

Il campo per un moto rettilineo uniforme. Per il moto rettilineo uniforme e di nuovo

sufficiente determinare la componente Āµ = 0 del quadripotenziale, perche dalla (11.10)

segue che ~j(Ļ‰) = Ļ(Ļ‰)~v, e la (11.44) implica allora che,

~A(Ļ‰) = n2(Ļ‰)A0(Ļ‰)~v. (11.46)

Eseguendo la trasformata di Fourier della (11.10) si ottiene,

Ļ(Ļ‰) =eāˆš2Ļ€

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’iĻ‰t Ī“(z āˆ’ vt) Ī“2(~r) dt =

eāˆš2Ļ€ v

eāˆ’iĻ‰z/v Ī“2(~r),

e la componente Āµ = 0 della (11.44) diventa allora,

(n2(Ļ‰) Ļ‰2 +āˆ‡2

)A0(Ļ‰) = āˆ’ eāˆš

2Ļ€ v n2(Ļ‰)eāˆ’iĻ‰z/v Ī“2(~r). (11.47)

Ci siamo quindi ricondotti alla soluzione di questa equazione differenziale alle derivate

parziali. In realta, ripercorrendo la procedura della sezione precedente, in particolare

considerando la trasformata di Fourier temporale della (11.11), non e difficile rendersi

conto che la (11.47) e risolta dalle (11.19), (11.35), rispettivamente per i valori di Ļ‰ per

cui n(Ļ‰) < 1v

e n(Ļ‰) > 1v, purche si effettui nelle (11.19), (11.35) la sostituzione nā†’ n(Ļ‰).

Per verificarlo esplicitamente ricordiamo che in coordinate cilindriche il laplaciano si scrive,

āˆ‡2 = āˆ‚2z +āˆ‡2

r, āˆ‡2r ā‰” āˆ‚2

r +1

rāˆ‚r +

1

r2āˆ‚2

Ļ•,

e poniamo,

A0(Ļ‰) =e

(2Ļ€)3/2v n2(Ļ‰)eāˆ’i Ļ‰z/vI(Ļ‰, r), (11.48)

328

Page 340: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove assumiamo che I(Ļ‰, r) non dipenda da z e Ļ•. La (11.47) si riduce allora a,

(āˆ‚2

r +1

rāˆ‚r +

Ļ‰2

v2

(n2(Ļ‰)v2 āˆ’ 1

))I(Ļ‰, r) = āˆ’2Ļ€Ī“2(~r). (11.49)

Notando che per x 6= 0 le funzioni K e L soddisfano le equazioni differenziali (11.25),

(11.39), vediamo che per r 6= 0 la (11.49) e soddisfatta se poniamo, rispettivamente per

n(Ļ‰) < 1v

e n(Ļ‰) > 1v,

I(Ļ‰, r) = K

(āˆš1āˆ’ v2n2(Ļ‰)

vĻ‰ r

), I(Ļ‰, r) = L

(āˆšv2n2(Ļ‰)āˆ’ 1

vĻ‰ r

), (11.50)

in accordo con le (11.19), (11.35). Per rivelare, invece, la presenza della Ī“2(~r) nella (11.49),

occorre ricordare che in x = 0 le funzioni L e K esibiscono le singolarita logaritmiche

(11.24) e (11.37), sicche nelle vicinanze di r = 0 I(Ļ‰, r) si comporta come,

I(Ļ‰, r) = āˆ’ ln r + a + o(r),

dove a e una costante indipendente da r. Siccome la funzione di Green del laplaciano

bidimensionale e il logaritmo, vedi problema 6.4,

āˆ‡2r (ln r) = 2Ļ€ Ī“2(~r),

la parte singolare in r = 0 di āˆ‡2r I(Ļ‰, r) risulta proprio,

(āˆ‡2r I(Ļ‰, r)

)sing

= āˆ‡2r (āˆ’ ln r) = āˆ’2Ļ€ Ī“2(~r).

Si conclude quindi che la I(Ļ‰, r) data in (11.50) soddisfa la (11.49) nel senso delle

distribuzioni.

Unicita della soluzione. Discutiamo brevemente lā€™unicita della soluzione (11.50), fa-

cendo vedere che lā€™equazione omogenea associata alla (11.49) non ammette soluzioni ā€œfisi-

cheā€. Per n(Ļ‰) <1

vquesta equazione coincide con la (11.25), che ha come unica soluzione

K, in quanto solo essa in x = 0 e regolare, vedi (11.27). 46 Tuttavia, questa funzione

diverge esponenzialmente per x ā†’ āˆž, e quindi non e accettabile come soluzione fisica.

Per n(Ļ‰) <1

vla soluzione e quindi unica. Per n(Ļ‰) >

1

vinvece, lā€™equazione omogenea

46In realta la funzione K non costituisce una ā€œdistribuzione temperataā€, ovvero un elemento di S ā€², pervia della divergenza esponenziale per xā†’āˆž. Essa rappresenta, tuttavia, una ā€œdistribuzioneā€, ovvero unelemento di Dā€², e come tale soddisfa la (11.25).

329

Page 341: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

associata alla (11.49) e data dalla (11.39), e lā€™unica soluzione di questa equazione e la

funzione L2, che e regolare in x = 0 e costituisce in effetti una distribuzione temperata,

vedi (11.37), (11.38). Dato che A0(t, ~x) e reale, la (11.48) impone che Iāˆ—(Ļ‰, r) = I(āˆ’Ļ‰, r).

Siccome si ha L2(āˆ’x) = āˆ’L2(x), per n(Ļ‰) >1

vla soluzione generale della (11.49) e allora

data da, tralasciando gli argomenti,

I = L + a i L2 =(1 +

a

2

)Lāˆ’ a

2Lāˆ—,

dove a e una costante reale arbitraria. Tuttavia, dallā€™andamento asintotico (11.37) si vede

che L rappresenta unā€™onda uscente radialmente, mentre Lāˆ— rappresenta unā€™onda entrante

radialmente dallā€™infinito. La causalita impone allora la scelta a = 0, e la soluzione fisica

e di nuovo unica.

Dispersione, fronti dā€™onda e singolarita. Riassumendo possiamo dire che in presenza

di un mezzo dispersivo, il potenziale scalare di una particella in moto rettilineo uniforme

e dato da, vedi (11.45), (11.48) e (11.50),

A0(t, ~x) =e

(2Ļ€)2 v

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’i

Ļ‰

v(z āˆ’ v t) I(Ļ‰, r)

n2(Ļ‰)dĻ‰, (11.51)

dove,

I(Ļ‰, r) =

K

(āˆš1āˆ’v2n2(Ļ‰)

vĻ‰ r

), per n(Ļ‰) < 1

v,

L

(āˆšv2n2(Ļ‰)āˆ’1

vĻ‰ r

), per n(Ļ‰) > 1

v.

(11.52)

In modo analogo si determina lā€™espressione per ~A, usando la (11.46),

~A(t, ~x) =e ~uz

(2Ļ€)2

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’i

Ļ‰

v(z āˆ’ v t)

I(Ļ‰, r) dĻ‰.

Per velocita piccole, ovvero, per v < 1n(Ļ‰)āˆ€Ļ‰, la (11.51) si riduce alla (11.14), che

costituisce un potenziale regolare per qualsiasi ~x 6= ~v t. Per un mezzo non dispersivo (n

costante), e v >1

n, la (11.51) si riduce invece alla (11.33), e si crea un fronte dā€™onda

singolare per z āˆ’ vt = āˆ’rāˆš

v2n2 āˆ’ 1. Illustriamo brevemente come questa singolarita

emerge dalla rappresentazione integrale (11.51). In questo caso si ha I = L per ogni Ļ‰, e

per grandi valori di Ļ‰ la (11.37) fornisce lā€™andamento asintotico oscillante,

I(Ļ‰, r) āˆ¼ 1āˆš|Ļ‰| eāˆ’ i

Ļ‰ r

v

āˆšv2n2 āˆ’ 1

. (11.53)

330

Page 342: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Si vede allora che per z āˆ’ vt = āˆ’rāˆš

v2n2 āˆ’ 1, nella (11.51) per grandi Ļ‰ i due fattori

oscillanti si compensano tra di loro, e lā€™integrale in Ļ‰ diverge: sul fronte dā€™onda A0(t, ~x)

e quindi infinito.

Viceversa, se v >1

n(Ļ‰)solo per un insieme limitato di frequenze ā€“ come succede in un

qualsiasi mezzo reale, vedi le (11.43) ā€“ allora per Ļ‰ sufficientemente grande si ha I = K.

In questo caso lā€™andamento asintotico (11.53) e sostituito da, vedi (11.22),

I(Ļ‰, r) āˆ¼ 1āˆš|Ļ‰| eāˆ’|Ļ‰| r

v

āˆš1āˆ’ v2n2

,

e lā€™integrale nella (11.51) converge allora per ogni ~x 6= ~v t. In un mezzo reale A0(t, ~x) e

dunque una funzione regolare in tutto lo spazio, qualsiasi sia la velocita della particella, e

non compare nessun fronte dā€™onda singolare. Risultati identici si ottengono per ~A(t, ~x).

Per quello che segue sara comunque sufficiente conoscere esplicitamente le funzioni

spettrali A0(Ļ‰), date in (11.48).

11.5 Perdita di energia ed emissione di fotoni

Stabilita la presenza di radiazione, in questa sezione quantifichiamo lā€™energia irradiata dal-

la particella durante il suo passaggio nel mezzo. Per il carattere stazionario del fenomeno

cercheremo lā€™energia emessa per unita di frequenza e per unita di spazio percorso,

d 2Īµ

dz dĻ‰.

Prima di passare alla valutazione esplicita di questa grandezza a partire dai campi derivati

nella sezione precedente, presentiamo una derivazione euristica.

11.5.1 Un argomento euristico

Partiamo dalla formula generale dellā€™analisi spettrale della radiazione emessa da una

particella in moto aperiodico (10.42),

d 2Īµ

dĻ‰ dĪ©=

e2Ļ‰2

16 Ļ€3

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗāˆ« āˆž

āˆ’āˆžeāˆ’i Ļ‰(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

. (11.54)

Ricordiamo che questa formula e valida nel vuoto, con indice di rifrazione uguale a 1, e

per v < 1. Se la particella non e accelerata risulta ovviamento d 2ĪµdĻ‰ dĪ©

= 0.

331

Page 343: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™espressione (11.54) si riferisce allā€™energia emessa nellā€™unita di frequenza, lungo tutta

la traiettoria. Se un moto e illimitato e lā€™accelerazione ha una durata infinita, allora questa

grandezza in generale e divergente. Per ottenere un valore finito ā€“ eventualmente nullo

ā€“ consideriamo lā€™energia emessa durante un tempo finito, diciamo tra gli istanti āˆ’T e T .

Per fare questo dobbiamo limitare lā€™integrale temporale che compare nella (11.54) tra gli

estremi āˆ’T e T . Per determinare lā€™energia media emessa nellā€™unita di tempo dobbiamo

successivamente dividere per 2T , e prendere il limite per T ā†’ āˆž. Infine, dividendo il

risultato cosı ottenuto per v, otteniamo unā€™espressione per lā€™energia emessa nellā€™unita di

spazio percorso,

d 3Īµ

dz dĻ‰ dĪ©=

e2Ļ‰2

16 Ļ€3 vlim

Tā†’āˆž1

2T

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗāˆ« T

āˆ’T

eāˆ’i Ļ‰(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

. (11.55)

Se ~v e costante abbiamo ~y = ~v t, e svolgendo i calcoli si ottiene,

1

2T

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗāˆ« T

āˆ’T

eāˆ’i Ļ‰(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

= 2(v2 āˆ’ (~n Ā· ~v)2

) Ā· sen2 ((1āˆ’ ~n Ā· ~v) Ļ‰ T )

(1āˆ’ ~n Ā· ~v)2 Ļ‰2 T. (11.56)

Per eseguire il limite per T ā†’āˆž e sufficiente notare che si ha il limite in S ā€²,

limTā†’āˆž

sen2(Tx)

Tx2= Ļ€ Ī“(x),

limite che si verifica facilmente applicando ambo i membri a una funzione di test. Usando

questa relazione il limite della (11.56) diventa,

limTā†’āˆž

1

2T

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£~nƗāˆ« T

āˆ’T

eāˆ’i Ļ‰(tāˆ’~nĀ·~y) ~v dt

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£2

= 2Ļ€(v2 āˆ’ (~n Ā· ~v)2

)Ī“((1āˆ’ ~n Ā· ~v) Ļ‰)

=2Ļ€

Ļ‰

(v2 āˆ’ 1

)Ī“ (1āˆ’ ~n Ā· ~v) . (11.57)

Ripristinando la velocita della luce e introducendo lā€™angolo Ļ‘ tra ~v e la direzione di

emissione ~n, la (11.55) diventa allora,

d 3Īµ

dz dĻ‰ dĪ©=

e2Ļ‰

8Ļ€2v c

(v2

c2āˆ’ 1

)Ī“(1āˆ’ v

ccosĻ‘

). (11.58)

Per v < c lā€™argomento della Ī“ non si annulla per nessun valore di Ļ‘ e quindi non si

ha emissione di energia, come conviene a una particella che si muove di moto rettilineo

uniforme nel vuoto.

332

Page 344: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Continuazione analitica. La formula appena scritta, valida nel vuoto, ammette una

continuazione analitica naturale quando si e in presenza di un mezzo. E, infatti, sufficiente

effettuare nella (11.58) le sostituzioni (11.6), per ottenere (n ā‰” n(Ļ‰)) 47,

d 3Īµ

dz dĻ‰ dĪ©=

e2Ļ‰

8Ļ€2v n c

(v2n2

c2āˆ’ 1

)Ī“(1āˆ’ v n

ccosĻ‘

). (11.59)

Si vede che per v >c

nesiste ora un cono di direzioni di emissione, formanti con la velocita

della particella unā€™angolo Ļ‘ determinato da,

cosĻ‘ =c

vn,

angolo che coincide in effetti con lā€™angolo di Cerenkov (11.42). Grazie alla presenza della

Ī“ e immediato effettuare lā€™integrale sugli angoli della (11.59). Siccome abbiamo,āˆ«

Ī“(1āˆ’ v n

ccosĻ‘

)dĪ© = 2Ļ€

āˆ« 1

āˆ’1

Ī“(1āˆ’ v n

ccosĻ‘

)dcosĻ‘ =

2Ļ€ c

v nH(v nāˆ’ c),

si ottiene,d 2Īµ

dz dĻ‰=

e2Ļ‰

4Ļ€c2

(1āˆ’ c2

v2n2

), se v >

c

n, (11.60)

e d 2Īµdz dĻ‰

= 0, se v <c

n. La formula (11.60) e stata derivata da Frank e Tamm nel 1937, in

spiegazione dellā€™effetto Cerenkov. Torneremo al suo significato nel prossimo paragrafo.

11.5.2 La formula di Frank e Tamm

Lā€™argomento del paragrafo precedente ha evidentemente carattere euristico e puo risultare

piu o meno convincente; esso e comunque interessante per via degli strumenti che abbiamo

utilizzato. In questo paragrafo daremo, invece, una derivazione della formula di Frank e

Tamm a partire dai ā€œprincipi primiā€, ovvero a partire dallā€™analisi asintotica dei campi,

svolta nella sezione precedente.

Consideriamo allora lā€™energia totale āˆ†Īµ che la particella emette attraverso un cilindro

coassiale con la traiettoria, di raggio r e lunghezza āˆ†z = z2āˆ’z1, durante lā€™intero percorso.

Dai risultati della sezione precedente sappiamo che i campi dipendono da t e z solo

attraverso la combinazione z āˆ’ vt, vedi (11.51), e āˆ†Īµ e quindi indipendente da z1 e z2, e

dipende solo da āˆ†z. Risulta allora,

āˆ†Īµ = (2Ļ€r āˆ†z)

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

(~E Ɨ ~B

)Ā· ~ur dt = (2Ļ€r āˆ†z)

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

(~Eāˆ—(Ļ‰)Ɨ ~B(Ļ‰)

)Ā· ~ur dĻ‰,

47Non si confonda lā€™indice di rifrazione n con il modulo del versore ~n, che vale 1.

333

Page 345: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove abbiamo usato il teorema di Parseval. Come vedremo tra poco, frequenze positive

e negative contribuiscono in ugual maniera, e quindi lā€™energia emessa per unita di spazio

percorso e per unita di frequenza e data da,

d 2Īµ

dz dĻ‰= 4Ļ€r

(~Eāˆ—(Ļ‰)Ɨ ~B(Ļ‰)

)Ā· ~ur. (11.61)

Per calcolare lā€™energia ā€œemessaā€ dobbiamo prendere il limite per r ā†’āˆž. Vediamo quindi

che per avere emissione di radiazione in simmetria cilindrica, a frequenza fissata i campi

devono decrescere allā€™infinito come1āˆšr, come ā€œonde cilindricheā€.

La valutazione esplicita della (11.61) e facilitata dai risultati della sezione precedente.

Per v <1

n(Ļ‰)i campi decadono esponenzialmente, vedi (11.28), e non cā€™e emissione di

energia. Per v >1

n(Ļ‰)lā€™andamento del potenziale per grandi r e stato determinato in

(11.40),

A0(Ļ‰) =e

4Ļ€n2Ā· eāˆ’iĻ€/4

(v2n2 āˆ’ 1)1/4āˆš

v Ļ‰ reāˆ’i

Ļ‰

v

(z +āˆš

v2n2 āˆ’ 1 r). (11.62)

Il campi ~E(Ļ‰) e ~B(Ļ‰) si determinano facilmente eseguendo la trasformata di Fourier delle

definizioni (11.7), (11.8), e ricordando la (11.46),

~E(Ļ‰) = āˆ’~āˆ‡A0(Ļ‰)āˆ’ i Ļ‰ ~A(Ļ‰) = āˆ’(

~āˆ‡+ i Ļ‰ n2 ~v)

A0(Ļ‰),

~B(Ļ‰) = ~āˆ‡Ć— ~A(Ļ‰) = āˆ’n2~v Ɨ ~āˆ‡A0 = n2 ~v Ɨ ~E(Ļ‰).

E quindi sufficiente calcolare ~E(Ļ‰), limitandosi ai termini di ordine1āˆšr. Nella valutazione

di ~āˆ‡A0 e sufficiente derivare lā€™esponenziale in (11.62), perche la derivata di1āˆšr

porta a

termini di ordine1

r3/2. Si ottiene cosı,

~āˆ‡A0(Ļ‰) = āˆ’i Ļ‰

v

(~uz +

āˆšv2n2 āˆ’ 1 ~ur

)A0(Ļ‰),

~E(Ļ‰) =i Ļ‰

v

āˆšv2n2 āˆ’ 1

(~ur āˆ’

āˆšv2n2 āˆ’ 1 ~uz

)A0(Ļ‰), (11.63)

~B(Ļ‰) = i Ļ‰ n2āˆš

v2n2 āˆ’ 1 A0(Ļ‰) ~uĻ•. (11.64)

Polarizzazione. Dalle espressioni di ~E(Ļ‰) e ~B(Ļ‰) vediamo in particolare che i vettori di

polarizzazione sono reali, a parte una fase overall. Concludiamo quindi che la radiazione

334

Page 346: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Cerenkov e linearmente polarizzata, e che la polarizzazione di ~E appartiene al piano

contenente la direzione della particella e la direzione di propagazione della radiazione ā€“

in accordo con le osservazioni fatte da Cerenkov.

Infine, inserendo le (11.63), (11.64) nella (11.61) si ottiene,

d 2Īµ

dz dĻ‰=

4Ļ€r n2Ļ‰2

v

(n2v2 āˆ’ 1

)3/2 |A0(Ļ‰)|2.

Calcolando dalla (11.62),

|A0(Ļ‰)|2 =( e

4Ļ€n2

)2 1

v Ļ‰ rāˆš

v2n2 āˆ’ 1,

si ottiene il risultato di Frank e Tamm,

d 2Īµ

dz dĻ‰=

e2Ļ‰

4Ļ€c2

(1āˆ’ c2

v2n2(Ļ‰)

), (11.65)

dove abbiamo ripristinato la velocita della luce e la dipendenza dellā€™indice di rifrazione da

Ļ‰. Per determinare lā€™energia totale emessa per unita di spazio percorso, occorre integrare

la (11.65) sulle frequenze,

dĪµ

dz=

e2

4Ļ€c2

āˆ«Ļ‰

(1āˆ’ c2

v2n2(Ļ‰)

)dĻ‰,

dove per una velocita fissata lā€™integrale si estende su tutte le frequenze per cui v >c

n(Ļ‰).

Siccome lā€™insieme di queste frequenze e un insieme limitato, lā€™energia emessa e sempre

finita.

Numero di fotoni emessi. Ricordando che radiazione di frequenza Ļ‰ e composta da

fotoni di energia ~Ļ‰, possiamo anche determinare il numero N di fotoni che viene emesso

per unita di spazio percorso, nellā€™intervallo unitario di frequenze. Dividendo la (11.65)

per lā€™energia di un fotone risulta,

d 2N

dz dĻ‰=

e2

4Ļ€c2~

(1āˆ’ c2

v2n2(Ļ‰)

),

mentre il numero totale di fotoni emessi per unita di spazio percorso e dato da,

dN

dz=

Ī±

c

āˆ« (1āˆ’ c2

v2n2(Ļ‰)

)dĻ‰, (11.66)

dove abbiamo introdotto la costante di struttura fine Ī± =e2

4Ļ€~c=

1

137. Anche questo

numero e quindi finito.

335

Page 347: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

A titolo di esempio stimiamo il numero di fotoni emessi nello spettro visibile, da una

particella che viaggia con velocita prossima a quella della luce in acqua pura. Siccome

nellā€™ottico lā€™acqua ha un indice di rifrazione praticamente costante, n(Ļ‰) =4

3, in questo

caso abbiamo,

1āˆ’ c2

v2n2(Ļ‰)= 1āˆ’ 9

16=

7

16.

Considerando Ī»1 = 400nm e Ī»2 = 800nm, e Ļ‰1,2 = 2Ļ€c/Ī»1,2, la (11.66) da allora,

dN

dz=

Ī±

c

āˆ« Ļ‰1

Ļ‰2

(1āˆ’ c2

v2n2(Ļ‰)

)dĻ‰ =

7Ļ€Ī±

8

(1

Ī»1

āˆ’ 1

Ī»2

)ā‰ˆ 250/cm. (11.67)

Mentre la particella percorre un centimetro in acqua, essa emette dunque circa 250 fotoni

con frequenze nello spettro visibile. Si noti che la (11.67) permette di dare la stima

qualitativa generale,dN

dzā‰ˆ Ī±

Ī»=

1

137Ī»,

che indica che su una distanza di 137 volte la lunghezza dā€™onda, la particella emette circa

un fotone.

11.6 Rivelatori Cerenkov

Un dispositivo sperimentale che si avvale dellā€™effetto Cerenkov per rivelare particelle ele-

mentari, viene chiamato ā€œrivelatore Cerenkovā€. In genere e costituito da un contenitore

riempito da un mezzo trasparente ā€“ il cosiddetto radiatore ā€“ per esempio acqua purissima,

che funge da dielettrico polarizzabile. La luce provocata dal passaggio di una particella

carica con velocita elevata viene raccolta da fotorivelatori. Dallā€™angolo di emissione, e dal

numero di fotoni emessi in un intervallo di lunghezze dā€™onda, vedi (11.42) e (11.67), si

determina la velocita della particella. Siccome la radiazione viene emessa su coni concen-

trici, si puo risalire inoltre alla direzione del moto della particella. Benche le potenzialita

dellā€™effetto Cerenkov come base per un rivelatore fossero chiare sin dai primordi, e solo

lā€™avvento dei fotomoltiplicatori, capaci di rivelare con unā€™alta efficienza ed una risposta

veloce anche piccole intensita di luce, che permise a John Valentine Jelley nel 1951 di

sviluppare il primo dispositivo impiegato in un esperimento.

Superā€“Kamionkande. In tempi recenti rivelatori Cerenkov sono stati impiegati nelle

ricerche sulla fisica dei neutrini, effettuate dagli esperimenti ā€œKamiokandeā€ e ā€œSuperā€“

336

Page 348: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Kamiokandeā€ nelle miniere di Kamioka in Giappone. I neutrini interagiscono debolmente

con la materia, ma e possibile che un neutrino molto energetico interagisca con un atomo,

e trasferisca buona parte della sua energia ad una particella carica, tipicamente un elet-

trone o un muone, che irradia a sua volta luce Cerenkov. Superā€“Kamiokande si avvale di

un recipiente cilindrico di 40m di altezza e di diametro, contenente come radiatore 50.000

tonnellate di acqua purissima, la cui superficie e disseminata di circa 11.000 fotomolti-

plicatori. Gli esperimenti di Kamioka hanno conseguito scoperte importanti nel campo

della fisica dei neutrini. Cosı nel 1987 Kamiokande rivelo per la prima volta un flusso

di neutrini proveniente dallā€™esplosione di una supernova, nella Grande Nube di Magel-

lano, mentre nel 1988 osservo neutrini provenienti dal Sole. Nel 1998 gli esperimenti di

Superā€“Kamiokande hanno invece fornito la prima evidenza sperimentale dellā€™oscillazione

dei neutrini, fenomeno che e possibile solo se i neutrini hanno una massa diversa da zero.

I rivelatori Cerenkov hanno giocato un ruolo altrettanto essenziale nella scoperta del-

lā€™antiprotone con il Bevatrone di Berkeley nel 1955, e in quella del quark charm nei

laboratori di Brookhaven nel 1974.

337

Page 349: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

12 La reazione di radiazione

Riprendiamo le equazioni dellā€™Elettrodinamica per una particella singola,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , (12.1)

dpĀµ

ds= e F ĀµĪ½(y)uĪ½ , (12.2)

con le definizioni consuete,

F ĀµĪ½ = āˆ‚ĀµAĪ½ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ, jĀµ = e

āˆ«uĀµ Ī“4(xāˆ’ y) ds.

Dalle analisi svolte nei capitoli precedenti appare evidente che, escluso casi banali, questo

sistema di equazioni accoppiate non puo essere risolto analiticamente, e difatti finora ab-

biamo affrontato la sua soluzione adottando implicitamente un approccio ā€œriduzionisticoā€.

Riassumiamolo brevemente.

Come primo passo abbiamo determinato la soluzione esatta dellā€™equazione di Maxwell

(12.1), assumendo nota la traiettoria yĀµ(s) della particella. Abbiamo trovato che il campo

elettromagnetico risultante e dato dalla somma del campo di Lienardā€“Wiechert (6.99),

che dā€™ora in poi indicheremo con FĀµĪ½ , e di un arbitrario campo esterno libero F ĀµĪ½in ,

F ĀµĪ½ = FĀµĪ½ + F ĀµĪ½in . (12.3)

Se la particella si trovava in presenza di campi esterni noti, come i campi elettromagne-

tici negli acceleratori di particelle, oppure quello dellā€™onda piana che incide sullā€™elettrone

nellā€™effetto Thomson, abbiamo determinato preliminarmente la traiettoria della particella

risolvendo lā€™equazione di Lorentz (12.2), ponendo ivi F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½in : cosı facendo abbiamo,

dunque, trascurato lā€™azione del campo di Lienardā€“Wiechert sulla particella stessa, ovvero,

abbiamo trascurato ā€œlā€™autocampoā€.

Avendo determinato la traiettoria della particella in questo modo, abbiamo calcolato

il campo da essa creato risolvendo la (12.1), e lo abbiamo poi valutato a grandi distanze

dalla stessa, per analizzare il quadrimomento trasportato dalla radiazione emessa. In al-

cuni casi siamo inoltre stati in grado di quantificare lā€™effetto dellā€™emissione di radiazione

sul moto della particella, invocando la conservazione del quadrimomento. Abbiamo visto

338

Page 350: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

che in generale questo effetto e costituito da una diminuzione dellā€™energia della particel-

la, e da una variazione della sua quantita di moto. Ricordiamo come esempi la forza di

reazione nella diffusione Thomson, la diminuzione della velocita di una particella carica

in un ciclotrone, e il collasso dellā€™atomo di idrogeno classico. Questo effetto secondario,

chiamato ā€œreazione di radiazioneā€, ā€œforza di frenamentoā€ o anche ā€œforza di autointera-

zioneā€, scaturisce dallā€™azione del campo elettromagnetico FĀµĪ½(x) creato dalla particella,

sulla particella stessa. Per ragioni di localita questa azione puo avvenire solo nel punto

x = y(s) ā‰” y dove la particella si trova, e quindi deve coinvolgere il valore del campo

FĀµĪ½(y) in quel punto. Corrispondentemente, dalle (12.2) e (12.3) si vede che la forza di

frenamento e rappresentata proprio dal termine,

eFĀµĪ½(y) uĪ½ . (12.4)

Tuttavia, come abbiamo anticipato varie volte, la grandezza FĀµĪ½(y) ā€“ lā€™autocampo ā€“

e sempre infinita! Piu precisamente, per ~x ā†’ ~y(t) si ha che lā€™istante ritardato tā€² si

approssima a t, vedi (6.94), e segue che 48,

R = |~xāˆ’ ~y(tā€²)| āˆ¼ |~xāˆ’ ~y(t)| ā‰” r.

Dalle (6.100)ā€“(6.102) si vede allora che nelle vicinanze della traiettoria domina il campo

coulombiano, e che per ~x ā†’ ~y(t), ovvero, per xĀµ ā†’ yĀµ, il campo di Lienardā€“Wiechert

(6.99) diverge come,

FĀµĪ½(x) āˆ¼ 1

r2. (12.5)

Questa e la ragione per cui abbiamo rinviato la trattazione sistematica della reazione di

radiazione fino a questo capitolo.

48In realta, quando ~x ā†’ ~y(t), la distanza R = |~x āˆ’ ~y(tā€²)| si identificata con la ā€œdistanza fisicaā€r = |~x āˆ’ ~y(t)|, solo modulo una costante moltiplicativa. Risolvendo la condizione del ritardo (6.94) alprimo ordine in r, si trova infatti,

tā€²(t, ~x) = tāˆ’(

~v Ā· ~m +āˆš

1āˆ’ v2 + (~v Ā· ~m)2

1āˆ’ v2

)r + o(r2), ~m ā‰” ~xāˆ’ ~y(t)

r.

Dato che R = |~xāˆ’ ~y(tā€²)| = tāˆ’ tā€²(t, ~x), si ottiene allora,

R =

(~v Ā· ~m +

āˆš1āˆ’ v2 + (~v Ā· ~m)2

1āˆ’ v2

)r + o(r2).

Vicino alla linea di universo R differisce quindi da r per una costante moltiplicativa, di origine relativistica,che pero non si annulla mai.

339

Page 351: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

A parte la difficolta concettuale appena menzionata, appare chiaro che lā€™approccio

riduzionistico adottato finora non puo che avere validita limitata, perche il moto della

particella e determinato non solo dalle forze esterne, ma anche dalla forza di frenamento,

e in generale queste due forze devono essere prese in considerazione contemporaneamen-

te. Nelle prossime sezioni affronteremo il problema della reazione di radiazione in modo

sistematico, a partire dai principi primi, cioe, dalle equazioni (12.1) e (12.2).

Particelle puntiformi e divergenze ultraviolette. Le divergenze appena evidenziate si

riflettono anche nella definizione dellā€™energia totale del campo elettromagnetico, come

discusso nel caso della particella statica nel paragrafo 2.3.4. Nel caso generale, a causa

della (12.5), vicino alla particella il tensore energiaā€“impulso del campo elettromagnetico

(2.69) diverge come,

T ĀµĪ½em āˆ¼

1

r4,

che rappresenta una singolarita non integrabile in R3. Per ogni t fissato gli integrali del

quadrimomento totale, P Āµem =

āˆ«T 0Āµ

em d3x, sono quindi divergenti. Questo problema verra

affrontato e risolto nel capitolo 13, dove faremo vedere come si puo costruire un nuovo

tensore energiaā€“impulso, ben definito nello spazio delle distribuzioni, conservato e con

quadrimomento totale finito.

E chiaro che lā€™origine di entrambe le patologie quı descritte ā€“ forza di frenamento

divergente, e energia del campo elettromagnetico infinita ā€“ risiede nella struttura punti-

forme della particella carica. E infatti proprio la distribuzione puntiforme della carica

a dare luogo a un campo, che nelle immediate vicinanze della particella diverge come

1/r2. In teoria quantistica, a causa del principio di indeterminazione, lā€™analisi di regioni

molto piccole richiede energie molto elevate, ovvero, fotoni con frequenze molto grandi.

Per questo motivo divergenze che occorrono a piccole scale spaziali vengono comunemen-

te chiamate ā€œdivergenze ultravioletteā€œ ā€“ anche nellā€™ambito della fisica classica ā€“ mentre

divergenze che emergono a distanze grandi vengono chiamate ā€œdivergenze infrarosseā€. Le

divergenze presenti nella forza di frenamento e nellā€™energia del campo elettromagnetico

corrispondono quindi a divergenze ultraviolette, perche si percepiscono a distanze molto

piccole dalla particella. Dā€™altra parte una particella carica puntiforme non da luogo a nes-

suna singolarita infrarossa, perche allā€™infinito il campo decresce come 1/r2, e lā€™integrale

340

Page 352: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

del quadrimomentoāˆ«

T 0Āµem d3x converge quindi a grandi distanze 49.

Viceversa, una particella con una distribuzione piu regolare di carica, per esempio

una distribuzione superficiale su una sfera rigida, creerebbe un campo elettromagnetico

ovunque privo di singolarita. Tuttavia, una tale distribuzione sarebbe in conflitto con i

principi della Relativita: il vincolo di rigidita richiederebbe forze interne a ā€œdistanzaā€,

che violerebbero la causalita, e la compensazione della repulsione elettrostatica della di-

stribuzione di carica, richiederebbe lā€™introduzione di nuove forze di legame, di origine non

elettromagnetica. Volendo preservare i postulati della Relativita e lā€™economia inerente alla

formulazione minimale dellā€™Elettrodinamica ā€“ che non prevede altre forze fuorche quelle

di origine elettromagnetica ā€“ preferiamo mantenere le particelle puntiformi, e modificare

invece lā€™equazione di Lorentz ā€“ sostituendola con lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac (12.12).

12.1 Forze di frenamento: analisi preliminare

Prima di passare a unā€™analisi sistematica delle forze di frenamento facciamo qualche con-

siderazione di carattere generale. Ci sono, infatti, molti casi in cui localmente le forze di

frenamento possono essere trattate come una perturbazione, ed eventualmente trascura-

te. Con ā€œlocalmente trascurabileā€ intendiamo il fatto che queste forze influenzano poco il

moto instantaneo della particella. Questo succede, per esempio, se le forze di frenamento

sono piccole rispetto alle forze esterne primarie, oppure se esse vengono compensate da

opportune forze esterne aggiuntive ā€“ come le cavita a radiofrequenza in un ciclotrone, o i

generatori di differenza di pontenziale che mantengono gli elettroni in unā€™antenna in stato

di oscillazione.

Forze di frenamento trascurabili. Analizziamo ora qualitativamente le condizioni fisi-

che in cui le forze di frenamento sono localmente trascurabili. Adottiamo il seguente

criterio: la reazione di radiazione puo essere trascurata, se lā€™energia āˆ†Īµ persa dalla par-

ticella a causa dellā€™irraggiamento durante un intervallo temporale, e piccola rispetto al-

lā€™energia āˆ†Īµ0 fornita dalla forza esterna nello stesso intervallo temporale. Applichiamo

il criterio nel limite non relativistico. Indichiamo con T la scala temporale caratteristi-

49Per ogni t fissato, a grandi distanze FĀµĪ½ decresce come 1/r2, purche la particella sia accelerata perun intervallo temporale finito. In caso contrario domina il campo di accelerazione, e FĀµĪ½ decresce come1/r.

341

Page 353: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

ca della forza esterna, ovvero, il tempo durante il quale la velocita della particella varia

apprezzabilmente, āˆ†v āˆ¼ v. Se a e lā€™accelerazione della particella abbiamo dunque,

āˆ†v āˆ¼ a T āˆ¼ v.

Allora possiamo usare la formula di Larmor per stimare,

āˆ†Īµ āˆ¼ e2 a2

6Ļ€T,

mentre lā€™energia comunicata dalla forza esterna alla particella nel tempo T e,

āˆ†Īµ0 = āˆ†

(1

2mv2

)āˆ¼ mv āˆ†v āˆ¼ m a2 T 2.

Si ottiene allora,āˆ†Īµ

āˆ†Īµ0

āˆ¼ e2

3Ļ€m

1

T.

La quantita,

Ļ„ =e2

6Ļ€mc3, (12.6)

corrisponde a un tempo molto piccolo, che e legato al raggio classico della particella dalla

relazione Ļ„ =2r0

3c. Per lā€™elettrone si ha, per esempio,

Ļ„ = 0.6 Ā· 10āˆ’23 s.

Abbiamo quindi,āˆ†Īµ

āˆ†Īµ0

āˆ¼ Ļ„

T. (12.7)

Localmente la reazione di radiazione e quindi trascurabile, fino a quando la scala tempo-

rale T sulla quale la forza esterna varia sensibilmente e grande rispetto a Ļ„ . Al contrario,

la reazione di radiazione non puo essere trascurata, se la forza varia molto violentemente,

ovvero, se durante lā€™intervallo temporale piccolo Ļ„ essa subisce una variazione relati-

va apprezzabile. Torneremo sullā€™effetto di forze di questo tipo nel paragrafo 12.2.5, in

connessione con il fenomeno della ā€œpreaccelerazioneā€.

Lā€™analisi appena svolta ha validita locale. Anche se le forze variano su scale tempo-

rali T ƀ Ļ„ , esse possono comunque dare luogo ad effetti cumulativi apprezzabili. Cosı

un elettrone in un ciclotrone non relativistico dopo un tempo sufficientemente grande si

342

Page 354: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

arresta. Dā€™altra parte, come abbiamo visto nel paragrafo 9.2.2, nel ciclotrone ultrarela-

tivistico lā€™irraggiamento ha effetti importanti anche localmente, e puo portare allā€™arresto

della particella in una frazione piccolissima di secondo. In questi casi la reazione di radia-

zione certamente non puo essere trascurata, e in certe situazioni essa puo diventare anche

dominante rispetto alla stessa forza esterna.

12.1.1 Un argomento euristico per lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac

Tornando allā€™equazione di Lorentz (12.2) e sostituendo la soluzione generale dellā€™equazione

di Maxwell (12.3), si arriva a,

dpĀµ

ds= eFĀµĪ½(y) uĪ½ + e F ĀµĪ½

in (y) uĪ½ . (12.8)

Per rendere operativa questa equazione dovremmo valutare esplicitamente la forza di fre-

namento (12.4) ā€“ divergente. La valutazione di questa forza e in realta indispensabile, per

chiudere il sistema di equazioni che governano lā€™Elettrodinamica di una particella carica.

Sostituito al posto di FĀµĪ½ il campo di Lienardā€“Wiechert, la (12.8) corrisponderebbe ap-

punto a quattro equazioni del secondo ordine nelle incognite yĀµ(s), di cui tre indipendenti.

Lā€™intero problema dinamico dellā€™Elettrodinamica sarebbe cosı ricondotto alla soluzione di

queste tre equazioni del secondo ordine: per quanto complicate esse siano, la legge oraria

~y(t) della particella sarebbe completamente determinata dai dati iniziali ~y(0) e ~v(0). In

realta vedremo che, una volta eliminate le divergenze attraverso unā€™opportuna procedu-

ra di ā€œrinormalizzazioneā€, in ultima analisi questa strategia non potra essere portata a

termine.

Prima di passare allā€™analisi esplicita della forza di frenamento (divergente), presentia-

mo un semplice argomento euristico per derivare una sua possibile espressione finita. A

questo scopo ricordiamo che il quadrimomento irradiato dalla particella al tempo proprio

s, e che raggiunge lā€™infinito, e dato dalla formula relativistica di Larmor (9.8),

dP Āµrad

ds= āˆ’ e2

6Ļ€w2uĀµ. (12.9)

Se il quadrimomento totale si deve conservare, allora ci dobbiamo aspettare che la parti-

cella ceda questa quantita di quadrimomento, subendo la forza di frenamento,

dpĀµ

ds=

e2

6Ļ€w2uĀµ + Ā· Ā· Ā·+ e F ĀµĪ½

in (y) uĪ½ , (12.10)

343

Page 355: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove abbiamo indicato la presenza di eventuali termini addizionali. Infatti, indipenden-

temente dalla presenza o meno del campo esterno, il termine di Larmor non puo essere

lā€™unico termine presente al membro di destra di questa equazione. Per convincersi di

questo e sufficiente contrarre lā€™equazione con uĀµ: il membro di sinistra si annulla allora,

perche uĀµwĀµ = 0, mentre quello di destra resta diverso da zero. In realta abbiamo gia

anticipato la possibilita della presenza di termini addizionali, quando nel paragrafo 9.1.2

abbiamo discusso il significato della (12.9). Lā€™analisi appena svolta dimostra che questi

contributi addizionali sono necessariamente presenti, e non e difficile avanzare unā€™ipotesi

sulla loro forma. E sufficiente notare lā€™identita,

uĀµdwĀµ

ds= āˆ’w2, (12.11)

che si ottiene derivando rispetto a s la relazione uĀµwĀµ = 0,

wĀµwĀµ + uĀµ

dwĀµ

ds= 0.

Allora e immediato vedere che un completamento dellā€™equazione (12.10) ā€“ consistente con

il vincolo uĀµdpĀµ

ds= 0 ā€“ e costituito dallā€™equazione di Lorentzā€“Dirac 50,

dpĀµ

ds=

e2

6Ļ€

(dwĀµ

ds+ w2uĀµ

)+ e F ĀµĪ½

in (y) uĪ½ . (12.12)

Insistiamo sul fatto che questa equazione non potra essere dedotta dalla (12.8), perche

questā€™ultima e divergente.

La conclusione dellā€™analisi preliminare di questa sezione e che non e possibile derivare

unā€™equazione chiusa per la dinamica di una particella carica, a partire dalle equazioni di

Maxwell e di Lorentz: la teoria deve quindi necessariamente essere modificata. Dallā€™analisi

svolta si capisce anche che, volendo mantenere le equazioni di Maxwell ā€“ nella cui soluzione

tra lā€™altro non abbiamo incontrato nessuna inconsistenza ā€“ dovremo modificare lā€™equazione

di Lorentz.

12.2 Lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac

In questa sezione presenteremo una deduzione dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, a partire

da unā€™equazione di Lorentz modificata, in particolare ā€œregolarizzataā€, e analizzeremo le

50Lorentz dedusse la versione non relativistica di questa equazione nel 1904, mentre Dirac ottenne laversione covariante (12.12) nel 1938.

344

Page 356: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sue proprieta piu salienti. Per semplicita considereremo prima una particella singola,

presentando la generalizzazione al caso di N particelle alla fine della sezione.

Per lā€™equazione del moto per una particella carica consistente ā€“ in sostituzione dellā€™e-

quazione di Lorentz ā€“ poniamo le seguenti richieste minimali, di ovvio significato:

1) Invarianza relativistica.

2) Assenza di termini divergenti nellā€™equazione.

3) Consistenza dellā€™equazione con lā€™identita uĀµdpĀµ

ds= 0.

4) Compatibilita con la conservazione del quadrimomento totale.

In seguito ci occuperemo delle richieste 1) ā€“ 3), mentre la richiesta 4), non meno

importante delle altre, verra affrontata nel capitolo 13.

Incominciamo riprendendo lā€™espressione per il campo di Lienardā€“Wiechert (6.99),

FĀµĪ½(x) =e

4Ļ€(uL)3

(LĀµuĪ½ + LĀµ [(uL) wĪ½ āˆ’ (wL) uĪ½ ]āˆ’ (Āµā†” Ī½)

). (12.13)

Ricordiamo che,

LĀµ(x) = xĀµ āˆ’ yĀµ(Ī»), (12.14)

e che le variabili cinematiche della particella, y(Ī»), u(Ī»), e w(Ī»), sono valutate al tempo

ritardato proprio Ī»(x), definito da,

(xāˆ’ y(Ī»))2 = 0, x0 > y0(Ī»). (12.15)

Regolarizzazione e rinormalizzazione. La nostra strategia per ottenere unā€™equazione di

Lorentz ā€œfinitaā€, a partire dallā€™equazione di Lorentz singolare (12.8), segue una procedura

che viene applicata comunemente nelle teorie di campo quantistiche relativistiche, per

curare le divergenze ultraviolette. Questa procedura prevede due passaggi, il primo e

costituito da una ā€œregolarizzazioneā€, e il secondo da una ā€œrinormalizzazioneā€. Vediamo

come essa si attua in concreto.

Come primo passo si introduce un regolarizzatore Īµ > 0, che nel presente caso avra le

dimensioni di una lunghezza. Si introduce poi un campo di Lienardā€“Wiechert regolariz-

zato,

FĀµĪ½(x)ā†’ FĀµĪ½Īµ (x), (12.16)

soggetto al limite puntuale,

limĪµā†’0FĀµĪ½

Īµ (x) = FĀµĪ½(x),

345

Page 357: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

con la richiesta che esso sia regolare sulla traiettoria. Richiediamo, cioe, che la grandezza,

FĀµĪ½Īµ (y(s)),

sia finita per ogni Īµ > 0, e per ogni s. Come secondo ingrediente della procedura sosti-

tuiamo la massa m della particella con il parametro mĪµ, la cui forma verra specificata in

seguito 51. Non necessariamente dovra essere, e non sara, limĪµā†’0 mĪµ = m.

La nostra proposta per la nuova equazione di Lorentz, in sostituzione della (12.8), e

allora,

limĪµā†’0

[mĪµ

duĀµ

dsāˆ’ eFĀµĪ½

Īµ (y) uĪ½ āˆ’ e F ĀµĪ½in (y) uĪ½

]= 0, (12.17)

purche si riesca a trovare un parametro mĪµ, che elimini dallā€™equazione eventuali termini

divergenti per Īµ ā†’ 0. Si noti che questā€™ultima condizione e molto restrittiva, perche per

qualsiasi scelta di mĪµ si riescono ad eliminare solo termini divergenti che sono proporzionali

a wĀµ =duĀµ

ds. Questo passaggio finale viene chiamato ā€œrinormalizzazioneā€.

Formulata in questo modo, se un tale mĪµ esiste la nostra proposta soddisfa automatica-

mente le richieste 2) e 3). La richiesta 3) e soddisfatta semplicemente perche nella (12.17)

uĪ½ moltiplica sempre un tensore antisimmetrico. La richiesta 1) sara, invece, soddisfatta

se la regolarizzazione (12.16) preserva lā€™invarianza di Lorentz. Con cio intendiamo che

il campo FĀµĪ½Īµ (x) si trasforma come un campo tensoriale sotto trasformazioni di Lorentz,

per ogni Īµ > 0.

12.2.1 Derivazione dellā€™equazione

Implementeremo ora questo programma, scegliendo una specifica regolarizzazione che

preserva lā€™invarianza di Lorentz.

Una regolarizzazione Lorentzā€“invariante. Introduciamo un campo di Lienardā€“Wiechert

regolarizzato mantenendo formalmente lā€™espressione (12.13), ma sostituendo la funzione

Ī»(x) di (12.15), con lā€™espressione regolarizzata Ī»Īµ(x), definita da,

(xāˆ’ y(Ī»Īµ))2 = Īµ2, x0 > y0(Ī»Īµ). (12.18)

51A priori si potrebbe anche introdurre una carica regolarizzata eĪµ, ma nel caso in questione non enecessario.

346

Page 358: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Definiamo, cioe 52,

FĀµĪ½Īµ = FĀµĪ½

āˆ£āˆ£āˆ£Ī»ā†’Ī»Īµ

. (12.19)

Questa regolarizzazione preserva lā€™invarianza di Lorentz, perche le condizioni (12.18) sono

Lorentzā€“invarianti. Si ricordi, in particolare, che il cono luce futuro e Lorentzā€“invariante.

E anche immediato vedere che FĀµĪ½Īµ (y), dove sottintendiamo yĀµ ā‰” yĀµ(s), e ben definito

per ogni Īµ > 0. Infatti, valutando la (12.18) per xĀµ = yĀµ(s) abbiamo,

(y(s)āˆ’ y(Ī»Īµ))2 = Īµ2,

che pone, al posto della soluzione Ī» = s del caso non regolarizzato,

Ī»Īµ = sāˆ’ Īµ + o(Īµ2).

Si ottiene cosı,

LĀµĪµ (y(s)) = yĀµ(s)āˆ’ yĀµ(Ī»Īµ) = Īµ uĀµ(s) + o(Īµ2) ā‡’ (uL)Īµ = Īµ + o(Īµ2) 6= 0.

Il prefattore1

[(uL)Īµ]3della versione regolarizzata di (12.13) e quindi finito lungo tutta la

traiettoria, e lā€™autocampo FĀµĪ½Īµ (y) e allora ben definito per ogni Īµ > 0 e per ogni s.

La regolarizzazione (12.19) ha lā€™ulteriore pregio di preservare la struttura causale del

campo non regolarizzato. Dalla (12.18) si vede infatti che FĀµĪ½Īµ (x) dipende dalle variabili

cinematiche y, u e w della particella nel punto y(Ī»Īµ), che e connesso a x attraverso un

segnale causale futuro, segnale che per Īµ > 0 si propaga con velocita strettamente minore

della velocita della luce. Inoltre, non e difficile dimostrare che vale Ī»Īµ(x) < Ī»(x), per ogni

Īµ > 0. In questo modo il campo regolarizzato FĀµĪ½Īµ (x) dipende dalle variabili cinematiche

della particella a un istante ritardato precedente allā€™istante ritardato fisico tā€²(x), ma non

dalle variabili cinematiche ad istanti successivi a tā€²(x).

52Non e difficile convincersi che questa regolarizzazione equivale a tutti gli effetti a sostituire la funzionedi Green ritardata G, con la funzione di Green regolarizzata, ma ancora Lorentz invariante, GĪµ, data da,

G =12Ļ€

H(x0)Ī“(x2) ā‡’ GĪµ =12Ļ€

H(x0)Ī“(x2 āˆ’ Īµ2).

Definendo AĀµĪµ = GĪµ āˆ— jĀµ, e infatti immediato dimostrare che vale,

FĀµĪ½Īµ = āˆ‚ĀµAĪ½

Īµ āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµĪµ .

347

Page 359: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Il campo regolarizzato del moto rettilineo uniforeme. Prima di applicare questa rego-

larizzazione a un moto generico, la illustriamo nel caso di una particella in moto rettilineo

uniforme, con linea di universo,

yĀµ(s) = uĀµs, wĀµ(s) = 0.

In questo caso possiamo determinare il campo di Lienardā€“Wiechert regolarizzato esatta-

mente. Come primo passo determiniamo Ī»Īµ(x), risolvendo il vincolo (12.18),

(xāˆ’ uĪ»)2 = Īµ2 ā‡’ Ī»Īµ(x) = (ux)āˆ’āˆš

(ux)2 āˆ’ x2 + Īµ2.

Secondo la (12.19) dobbiamo allora valutare la (12.13), sostituendo Ī»(x) ā†’ Ī»Īµ(x). Ab-

biamo,

LĀµĪµ = xĀµ āˆ’ uĀµĪ»Īµ(x) ā‡’ (uL)Īµ = (ux)āˆ’ Ī»Īµ(x) =

āˆš(ux)2 āˆ’ x2 + Īµ2.

Siccome wĀµ = 0, la (12.13) da allora,

FĀµĪ½Īµ (x) =

e

4Ļ€

xĀµuĪ½ āˆ’ xĪ½uĀµ

[(ux)2 āˆ’ x2 + Īµ2)]3/2, (12.20)

espressione manifestamente Lorentzā€“invariante. Per Īµ ā†’ 0 si riottiene evidentemente il

campo creato da una particella in moto rettilineo uniforme, vedi (6.66). Ma il campo

(12.20) e ora ben definito anche sulla traiettora della particella, cioe, per xĀµ = yĀµ(s) =

uĀµ s. Il denominatore si riduce infatti a 4Ļ€Īµ3, mentre il numeratore va a zero, e quindi,

FĀµĪ½Īµ (y) = 0.

Anche il limite limĪµā†’0FĀµĪ½Īµ (y) e allora nullo. Questo significa che una particella che si

muove di moto rettilineo uniforme, quindi con F ĀµĪ½in = 0, non esercita nessuna autointe-

razione. Questo risultato e evidentemente in accordo con il fatto che una particella che

non e accelerata non emette radiazione. Dallā€™analisi appena svolta traiamo anche unā€™al-

tra conclusione importante: per un moto arbitrario il limite (divergente) limĪµā†’0FĀµĪ½Īµ (y)

deve necessariamente dipendere dalla quadriaccelerazione wĀµ e/o eventualmente dalle sue

derivate, perche per un moto rettilineo uniforme esso e zero.

Rinormalizzazione della massa. Torniamo ora al caso generale. Per analizzare il limite

in (12.17) dobbiamo determinare lā€™andamento dellā€™autocampo FĀµĪ½Īµ (y), nel limite per Īµā†’

348

Page 360: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

0. Nel paragrafo 12.2.2 faremo vedere che per un moto generale questo limite non esiste,

e che FĀµĪ½Īµ (y) ammette invece lo sviluppo in serie di Laurent attorno a Īµ = 0,

FĀµĪ½Īµ (y) =

e

8Ļ€Īµ(uĀµwĪ½ āˆ’ uĪ½wĀµ)āˆ’ e

6Ļ€

(uĀµ dwĪ½

dsāˆ’ uĪ½ dwĀµ

ds

)+ o(Īµ). (12.21)

Utilizzando questo risultato e facile valutare la forza di frenamento regolarizzata, che

compare in (12.17). Usando lā€™identita (12.11) si ottiene,

eFĀµĪ½Īµ (y) uĪ½ =

e2

6Ļ€

(dwĀµ

ds+ w2uĀµ

)āˆ’ e2

8Ļ€ĪµwĀµ + o(Īµ).

Come si vede, la forza di frenamento contiene un termine divergente per Īµ ā†’ 0, che e

pero proporzionale aduĀµ

ds. Grazie a questa circostanza, a meno di termini di ordine Īµ la

(12.17) si scrive dunque,

(mĪµ +

e2

8Ļ€Īµ

)duĀµ

ds=

e2

6Ļ€

(dwĀµ

ds+ w2uĀµ

)+ e F ĀµĪ½

in uĪ½ . (12.22)

Il termine divergente puo allora essere eliminato se si sceglie per la massa regolarizzata il

valore, tendente a āˆ’āˆž,

mĪµ = māˆ’ e2

8Ļ€Īµ,

dove identifichiamo m con la massa fisica finita della particella. Questa ridefinizione

(infinita) della massa della particella rappresenta la ā€œrinormalizzazioneā€. Dopo questa

operazione la (12.22) si riduce in effetti allā€™equazione di Diracā€“Lorentz (12.12). Questa

equazione puo essere scritta anche come,

wĀµ = Ļ„

(dwĀµ

ds+ w2uĀµ

)+

e

mF ĀµĪ½

in uĪ½ , (12.23)

dove il parametro Ļ„ , con le dimensioni di un tempo, e lo stesso che compare nella (12.6),

Ļ„ =e2

6Ļ€mc3. Si vede che questo tempo e massimo per la particella carica piu leggera,

ovvero, per lā€™elettrone.

Equazioni di Lorentzā€“Dirac per un sistema di N particelle. E immediato generalizza-

re lā€™equazione (12.12) a un sistema di N particelle cariche. In questo caso nellā€™equazione

della particella rā€“esima bisogna tenere conto anche dei campi di Lienardā€“Wiechert FĀµĪ½s ,

creati dalle altre particelle. Si ottiene cosı,

dpĀµr

dsr

=e2

r

6Ļ€

(dwĀµ

r

dsr

+ w2ru

Āµr

)+ er F ĀµĪ½

r (yr) urĪ½ , (12.24)

349

Page 361: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove il ā€œcampo esternoā€ agente sulla particella rā€“esima e dato da,

F ĀµĪ½r = F ĀµĪ½

in +āˆ‘

s 6=r

FĀµĪ½s . (12.25)

E chiaro che il campo F ĀµĪ½r (x) non presenta nessuna singolarita in x = yr.

Analizzeremo le caratteristiche principali dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac nel paragrafo

12.2.3.

12.2.2 Determinazione dellā€™autocampo regolarizzato

In questo paragrafo dimostriamo la formula (12.21). La valutazione di FĀµĪ½Īµ (y(s)) richiede

intanto di determinare per ogni s fissato il parametro Ī»Īµ, tale che, vedi (12.18),

(y(s)āˆ’ y(Ī»Īµ))2 = Īµ2. (12.26)

Siccome per Īµā†’ 0 abbiamo che Ī»Īµ ā†’ s, e conveniente porre,

Ī»Īµ = sāˆ’āˆ†, (12.27)

dove āˆ† e un parametro positivo che per Īµā†’ 0 va a zero. Piu precisamente, inserendo la

(12.27) nella (12.26) e sviluppando in serie si ottiene,

[y(s)āˆ’

(y(s)āˆ’āˆ† u(s) +

1

2āˆ†2 w(s)

)+ o(āˆ†3)

]2

= āˆ†2 + o(āˆ†4) = Īµ2,

e quindi,

āˆ† = Īµ + o(Īµ3). (12.28)

Invece di analizzare il limite di FĀµĪ½Īµ (y(s)) per Īµ ā†’ 0, possiamo allora usare la (12.27) e

analizzarne il limite per āˆ†ā†’ 0. Per quello che segue sara sufficiente sapere che āˆ† ugaglia

Īµ, modulo termini cubici.

In definitiva si tratta quindi di sviluppare lā€™espressione,

FĀµĪ½Īµ (y(s)) =

e

4Ļ€

[1

(uL)3

(LĀµuĪ½ + LĀµLĪ³ [uĪ³ wĪ½ āˆ’ wĪ³ uĪ½ ]āˆ’ (Āµā†” Ī½)

)]

Ī»=sāˆ’āˆ†

, (12.29)

in serie di Laurant attorno a āˆ† = 0, dove in questa formula e sottointeso che,

LĀµ = yĀµ(s)āˆ’ yĀµ(Ī»).

350

Page 362: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Siccome nella (12.29) a denominatore compare il termine (uL)3, ed LĀµ e di ordine āˆ†,

e necessario espandere il numeratore fino al terzo ordine in āˆ†. Definendo uĀµ ā‰” uĀµ(s),

wĀµ ā‰” wĀµ(s) e dwĀµ

dsā‰” dwĀµ

ds(s) otteniamo gli sviluppi,

LĀµ = yĀµ(s)āˆ’ yĀµ(Ī») = āˆ† uĀµ āˆ’ 1

2āˆ†2wĀµ +

1

6āˆ†3 dwĀµ

ds+ o(āˆ†4),

uĀµ(Ī») = uĀµ āˆ’āˆ†wĀµ +1

2āˆ†2 dwĀµ

ds+ o(āˆ†3),

wĀµ(Ī») = wĀµ āˆ’āˆ†dwĀµ

ds+ o(āˆ†2),

usando i quali e facile espandere i vari termini che compaiono nella (12.29) fino allā€™ordine

desiderato,

(uL) = uĀµ(Ī»)LĀµ = āˆ† + o(āˆ†3),

LĀµ uĪ½(Ī»)āˆ’ LĪ½ uĀµ(Ī») = āˆ’1

2āˆ†2 (uĀµwĪ½ āˆ’ uĪ½wĀµ) +

1

3āˆ†3

(uĀµ dwĪ½

dsāˆ’ uĪ½ dwĀµ

ds

),

[uĪ³ wĪ½ āˆ’ wĪ³ uĪ½ ] (Ī») = uĪ³wĪ½ āˆ’ uĪ½wĪ³ āˆ’āˆ†

(uĪ³ dwĪ½

dsāˆ’ uĪ½ dwĪ³

ds

),

LĀµLĪ³ [uĪ³ wĪ½ āˆ’ wĪ³ uĪ½ ] (Ī»)āˆ’ (Āµā†” Ī½) = āˆ†2(uĀµwĪ½ āˆ’ uĪ½wĀµ)āˆ’āˆ†3

(uĀµ dwĪ½

dsāˆ’ uĪ½ dwĀµ

ds

).

Inserendo queste espressioni nella (12.29) si ottiene in definitiva,

FĀµĪ½Īµ (y(s)) =

e

8Ļ€āˆ†(uĀµwĪ½ āˆ’ uĪ½wĀµ)āˆ’ e

6Ļ€

(uĀµ dwĪ½

dsāˆ’ uĪ½ dwĀµ

ds

)+ o(āˆ†), (12.30)

dove, data la (12.28), āˆ† puo essere sostituito di nuovo con Īµ. Il risultato e quindi la

(12.21).

12.2.3 Caratteristiche dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac

Il ruolo dellā€™equazione. Insistiamo sul fatto che lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac non e stata

ā€œdedottaā€ dalle equazioni dellā€™Elettrodinamica, ma che ne abbiamo data una deduzione

euristica: in ultima analisi essa deve venire postulata. La sua giustificazione ultima di-

scende, invece, dal fatto che, come spiegheremo nel capitolo 13, essa viene imposta dalla

conservazione del quadrimomento totale del sistema particelle + campi. Non per niente

Dirac baso la sua deduzione dellā€™equazione su argomenti di conservazione.

Finora abbiamo determinato il moto di una particella carica, tenendo conto solo della

forza esterna e/o della forza di interazione con le altre particelle cariche, vedi il termine

351

Page 363: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

F ĀµĪ½r (yr) nella (12.24). In base al moto cosı derivato abbiamo determinato la radiazione

emessa e, infine, tramite la formula di Larmor abbiamo analizzato gli effetti della forza

di frenamento, trattandola come una perturbazione. Questa procedura approssimata

deve essere ora sostituita, in linea di principio, dalla soluzione del sistema di equazioni

accoppiate dato in (12.24) ā€“ autointerazioni comprese.

Forza di frenamento e termine di Schott. Il vettore,

Ī“Āµ =e2

6Ļ€

(dwĀµ

ds+ w2uĀµ

), (12.31)

in (12.12) rappresenta la quadriforza di frenamento, ed e composto da due termini. Il

secondo termine e il termine di Larmor, la cui presenza e stata ipotizzata in sezione

12.1, sfruttando la conservazione del quadrimomento. Il primo termine, detto ā€œtermine

dellā€™energia di Schottā€, e invece necessario per assicurare la consistenza della forza di

frenamento con lā€™identita uĀµ(dpĀµ/ds) = 0, cioe, la nostra richiesta 3). Ricordiamo, infatti,

che la (12.11) assicura che vale identicamente,

uĀµ Ī“Āµ = 0.

Bilancio del quadrimomento. Abbiamo appena visto che il termine di Schott non ori-

gina da una legge di conservazione, ma da una richiesta di consistenza algebrica. Cor-

rispondentemente facciamo notare che questo termine non contribuisce al bilancio del

quadrimomento totale, 1) in un processo di scattering, per cui wĀµ ā†’ 0 per sā†’ Ā±āˆž e, 2)

durante un moto quasiā€“periodico. In entrambi i casi si ha, infatti,

āˆ†P ĀµSchott =

e2

6Ļ€

āˆ« f

i

dwĀµ

dsds =

e2

6Ļ€

(wĀµ

f āˆ’ wĀµi

)= 0.

La variazione totale del quadrimomento della particella e quindi dovuta soltanto al termine

di Larmor ā€“ come supposto in tutte le nostre analisi precedenti ā€“ e evidentemente al campo

esterno F ĀµĪ½in , ovverosia, in presenza di piu particelle, a F ĀµĪ½

r .

Conflitto con il determinismo e condizioni supplementari. Pur non contribuendo al bi-

lancio del quadrimomento totale, il termine di Schott ha effetti locali sul moto della parti-

cella, che in generale non possono essere trascurati. Per di piu questo termine e in conflitto

con il determinismo newtoniano, perche contiene la derivata terza delle coordinate ~y(t)

352

Page 364: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

rispetto al tempo: dunque il moto non e piu univocamente determinato, note ~y(0) e ~v(0).

Date queste condizioni iniziali sarebbero, infatti, possibili infiniti moti diversi, a seconda

dellā€™accelerazione iniziale ~a(0). Questa circostanza, oltre a essere in contrasto con lā€™os-

servazione, svuoterebbe lā€™equazione del moto del suo potere predittivo. Concludiamo,

quindi, che non tutte le soluzioni dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac possono corrispondere a

moti realizzati in natura, ed occorre allora imporre opportune condizioni supplementari,

atte a selezionare i moti fisicamente ammessi, senza inficiare lā€™invarianza di Lorentz.

Se supponiamo che i campi esterni vanno a zero allā€™infinito spaziale con sufficiente

rapiditia, allora esistono delle condizioni supplementari che si offrono in modo naturale.

Se allā€™infinito i campi svaniscono e, infatti, naturale aspettarsi che per tempi grandi lā€™ac-

celerazione tenda a zero, e che la velocita tenda a un valore limite, diverso dalla velocita

della luce. Imponiamo dunque le seguenti condizioni supplementari 53,

limsā†’+āˆž

wĀµ(s) = 0, limsā†’+āˆž

uĀµ(s) = uĀµāˆž. (12.32)

Non imponiamo condizioni analoghe per s ā†’ āˆ’āˆž, per un motivo che sara chiaro tra

poco. Si noti che nel linguaggio tridimensionale queste condizioni equivalgono a,

limtā†’+āˆž

~a(t) = 0, limtā†’+āˆž

~v(t) = ~vāˆž, |~vāˆž| < 1. (12.33)

Sotto opportune condizioni di regolarita, la richiesta dellā€™annullamento asintotico del-

lā€™accelerazione implica la costanza asintotica della velocita, sicche la seconda condizione

in (12.32) risulta ridondante. Esploreremo le conseguenze fisiche di queste condizioni

supplementari nelle soluzioni esplicite dei prossimi paragrafi.

Un determinismo alternativo del terzo ordine? Una strategia alternativa allā€™imposizio-

ne delle (12.32) ā€“ piu pragmatica e ā€œsperimentaleā€, ma anche piu rinunciataria ā€“ potrebbe

essere la seguente. Supponiamo di misurare allā€™istante iniziale non solo posizione e velo-

cita, ma anche lā€™accelerezione della particella. Con questi tre dati iniziali lā€™equazione di

Lorentzā€“Dirac determinerebbe il moto della particella allora univocamente, e si potrebbe

cosı predire la sua posizione ad ogni istante successivo. Oltre a essere in conflitto con il

53Difatti queste condizioni sono soddisfatte anche per i ā€œmoti limitatiā€. In un acceleratore, per esempio,una particella non puo essere alimentata da un campo elettrico per un tempo infinito, e irraggiando perdequindi energia fino a quando non raggiunge una velocita nulla o costante.

353

Page 365: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

determinismo newtoniano, questo determinismo ā€œdel terzo ordineā€ fallisce, tuttavia, per

motivi sperimentali. Illustriamolo nellā€™esempio della particella libera. Per accertare se

essa si muove di moto rettilineo unifome, lā€™osservatore misura la velocita della particella

in vari istanti, ma alla fine potra solo fornire un valore massimo, seppur molto piccolo,

per lā€™accelerazione. Tuttavia, dalla soluzione generale dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac

per la particella libera, vedi (12.40), si vede che per una qualsiasi accelerazione iniziale

diversa da zero, la particella accelera violentemente, e la sua velocita tende a quella della

luce. Lā€™osservatore concluderebbe, quindi, che teoria ed esperimento sono in disaccordo.

Lā€™unico modo per verificare la teoria consisterebbe nellā€™eseguire misure con errori nulli,

ottenendo per lā€™accelerazione il valore zero, ma questo non e possibile.

Lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac e il principio variazionale. Una volta sostituita lā€™equa-

zione di Lorentz ā€“ che sappiamo discendere attraverso il principio variazionale dallā€™azione

(4.7) ā€“ con lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, resta la domanda se anche questā€™ultima possa

essere dedotta da unā€™opportuna azione. La questione e rilevante in quanto lā€™esistenza di

unā€™azione assicurerebbe, grazie al teorema di Noether, lā€™esistenza di un tensore energiaā€“

impulso conservato e simmetrico. Il fatto che non esiste nessuna azione canonica da cui

lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac possa essere dedotta ā€“ il motivo essendo essenzialmente la

comparsa della derivata terza delle coordinate ā€“ mette cosı in dubbio la conservazione del

quadrimomento e del momento angolare totali in Elettrodinamica classica. Per illustrare il

problema consideriamo una particella singola in un campo esterno F ĀµĪ½in = āˆ‚ĀµAĪ½

in āˆ’ āˆ‚Ī½AĪ½in,

nel qual caso si tratterebbe di trovare unā€™azione che riproduce lā€™equazione (12.12). In

assenza della forza di frenamento lā€™azione sarebbe data dalla (4.7). Dā€™altra parte, per

riprodurre la forza di frenamento (12.31), che contiene un termine lineare nella deri-

vata terza delle yĀµ, nellā€™azione devono comparire termini quadratici nelle yĀµ, con com-

plessivamente tre derivate. Imponendo anche lā€™invarianza relativistica e lā€™invarianza per

riparametrizzazione della linea dā€™universo, la forma piu generale dellā€™azione sarebbe allora,

I = āˆ’m

āˆ«dsāˆ’ e

āˆ«AĀµ

in dyĀµ + e2

āˆ« (a

dyĀµ

ds

d2yĀµ

ds2+ b yĀµ d3yĀµ

ds3

)ds, (12.34)

dove a e b sono costanti adimensionali. A questo punto notiamo, pero, che il primo termine

nella parentesi uguaglia a uĀµwĀµ, che e zero identicamente, mentre il secondo termine puo

354

Page 366: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

essere ricondotto al primo attraverso unā€™integrazione per parti,

yĀµ d3yĀµ

ds3=

d

ds(yĀµwĀµ)āˆ’ dyĀµ

ds

d2yĀµ

ds2=

d

ds(yĀµwĀµ) .

Nellā€™azione questo termine da quindi luogo a un termine al bordo, che non contribuisce

alle equazioni del moto. Lā€™azione (12.34) fornisce dunque lā€™equazione del moto dpĀµ/ds =

eF ĀµĪ½in uĪ½ , e non lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac.

Lā€™assenza di unā€™azione da cui lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac possa essere dedotta com-

porta, in particolare, che un eventuale tensore energiaā€“impulso conservato debba essere

costruito ā€œa manoā€, problema che verra affrontato nel capitolo 13.

12.2.4 La particella carica libera: soluzione esatta

In alcuni casi semplici lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac puo essere risolta esattamente, un

esempio essendo quello della particella libera. In questo caso si tratta di risolvere la

(12.23) con F ĀµĪ½in = 0,

wĀµ = Ļ„

(dwĀµ

ds+ w2uĀµ

). (12.35)

Limite non relativistico e soluzioni ā€œrunawayā€. Prima di affrontare la soluzione ge-

nerale di questa equazione, la risolviamo nel limite non relativistico. Per fare questo

dobbiamo sviluppare la (12.35) in serie di potenze di 1/c, ed arrestarci allā€™ordine piu bas-

so. E sufficiente considerare le tre equazioni funzionalmente indipendenti, ovvero, quelle

spaziali, che possono essere scritte come,

~w =Ļ„āˆš

1āˆ’ v2

(d~w

dt+ w2~v

), (12.36)

dove,

~w =1āˆš

1āˆ’ v2

d

dt

~vāˆš1āˆ’ v2

=~a

1āˆ’ v2+

~v Ā· ~a(1āˆ’ v2)2

~v, w2 = āˆ’a2 āˆ’ (~aƗ ~v)2

(1āˆ’ v2)3,

vedi problema 2.1. Moltiplicando lā€™espressione di ~w scalarmente per ~v si ottiene,

~v Ā· ~w =~v Ā· ~a

(1āˆ’ v2)2,

e cosı possiamo esprimere ~a in termini di ~w,

~a = (1āˆ’ v2) (~w āˆ’ (~v Ā· ~w)~v) .

355

Page 367: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Sostituendo per ~w la (12.36), e ricordando che si ha Ļ„ =e2

6Ļ€mc3, si ottiene lā€™equazione di

Newton tridimensionale,

m~a =e2

āˆš1āˆ’ v2

c2

6Ļ€c3

(d~w

dtāˆ’ 1

c2

(~v Ā· d~w

dt

)~v +

1

c2

(1āˆ’ v2

c2

)w2~v

), (12.37)

dove abbiamo ripristinato la velocita della luce. Come si vede, nellā€™espansione non re-

lativistica il contributo dominante proviene dal termine di Schott, che e di ordine 1/c3,

mentre il termine di Larmor da luogo a contributi di ordine 1/c5. Tenendo nella (12.37)

solo il termine dominante, e ricordando che ~w = ~a + o(1/c2), concludiamo che nel limite

non relativistico la (12.35) si riduce semplicemente a m~a =e2

6Ļ€c3

d~a

dt, ovvero,

~a = Ļ„d~a

dt. (12.38)

La soluzione generale di questa equazione e,

~a(t) = ~C et/Ļ„ ā‡’ ~v(t) = Ļ„ ~C(et/Ļ„ āˆ’ 1

)+ ~v0,

dove ~C e un arbitrario vettore costante. Si riscontra quindi un fenomeno anomalo: pur

trovandosi in assenza di forze esterne, la particella accelera, e per tā†’ +āˆž la sua velocita

tende a piu infinito, mentre non si riscontra nessuna anomalia per t ā†’ āˆ’āˆž. Queste

soluzioni, chiamate ā€œrunaway solutionsā€, non sono quindi fisicamente accettabili e devono

essere scartate. Se si impongono le condizioni supplementari (12.33), si vede che le uniche

soluzioni che le soddisfano sono quelle per cui ~C = 0. Otteniamo quindi,

~v(t) = ~v0,

corrispondente a un moto rettilineo uniforme ā€“ come si conviene a una particella libera.

La situazione appena vista e prototipica: il ruolo delle condizioni supplementari

sara, infatti, sempre quello di eliminare le soluzioni che fisicamente non sono accetta-

bili. Nei prossimi paragrafi vedremo, tuttavia, che in presenza di interazione le soluzioni

dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac che soddisfano anche le (12.32), pur non esibendo un

comportamento anomalo di tipo runaway, sono in conflitto con la causalita.

Soluzione relativistica esatta. Abbiamo appena visto che in approssimazione non rela-

tivistica lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac comporta moti per cui la velocita della particella

356

Page 368: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

aumenta indefinitamente, comportamento che di per se invalida lā€™approssimazione stessa.

Cerchiamo allora di risolvere lā€™equazione (12.35) esattamente. Per trovare la sua soluzione

generale e conveniente eseguire il cambiamento di variabile,

sā†’ Ī»(s) = e s/Ļ„ ,d

ds=

Ī»

Ļ„

d

dĪ».

Indicando la derivatad

dĪ»con un primo ā€œ ā€² ā€, si ha,

wĀµ =Ī»

Ļ„uĀµā€²,

dwĀµ

ds=

1

Ļ„ 2

(Ī»2 uĀµā€²ā€² + Ī»uĀµā€²) ,

e la (12.35) si riduce allora a,

uā€²ā€²Āµ + (uā€²uā€²) uĀµ = 0, (uā€²uā€²) ā‰” uā€²Ī½uĪ½ ā€². (12.39)

Per risolvere questa equazione notiamo che lā€™identita u2 = 1, implica che (uuā€²) = 0.

Contraendo la (12.39) con uĀµā€² si ottiene allora,

0 = (uā€²uā€²ā€²) =1

2(uā€²uā€²)ā€² ā‡’ (uā€²uā€²) = āˆ’K2,

con K costante positiva. Risostituendo questo risultato nella (12.39) si ottiene lā€™equazione

del repulsore armonico, con soluzione generale,

uĀµ = AĀµ eKĪ» + BĀµ eāˆ’KĪ», wĀµ =Ī»K

Ļ„

(AĀµ eKĪ» āˆ’BĀµ eāˆ’KĪ»

), (12.40)

dove AĀµ e BĀµ sono vettori costanti. Infine, per soddisfare il vincolo u2 = 1, questi vettori

devono essere vincolati dalle relazioni,

A2 = 0 = B2, AĀµBĀµ =1

2. (12.41)

Come si vede, le soluzioni (12.40) esibiscono di nuovo un comportamento di tipo runa-

way, in quanto per s ā†’ +āˆž, che corrisponde a Ī» ā†’ +āˆž, tutte le componenti della

quadrivelocita divergono. Per grandi s lā€™energia, per esempio, cresce come,

Īµ(s) = mu0(s) āˆ¼ mA0 exp(K exp

(s

Ļ„

)).

Allo stesso modo divergono tutte le componenti di uĀµ e wĀµ. Corrispondentemente per

s ā†’ +āˆž la velocita della particella tende alla velocita della luce, la velocita asintotica

essendo data da,

~vāˆž = limsā†’+āˆž

~v = limsā†’+āˆž

~u

u0=

~A

| ~A|, |~vāˆž| = 1.

357

Page 369: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Di nuovo vediamo che per sā†’ āˆ’āˆž, che corrisponde a Ī»ā†’ 0, la quadrivelocita ammette

invece limite finito,

limsā†’āˆ’āˆž

uĀµ(s) = AĀµ + BĀµ,

sicche per sā†’ āˆ’āˆž la velocita tende a un valore minore della velocita della luce. Si noti

che le scelte ~A = 0 e/o ~B = 0 sono proibite dalle (12.41).

Imponiamo allora di nuovo le condizioni supplementari (12.32). Dalle (12.40) si vede

che le uniche soluzioni per cui wĀµ(s) tende a zero per sā†’ +āˆž, sono quelle corrispondenti

a,

K = 0 ā‡’ wĀµ(s) = 0, āˆ€ s,

che comporta uĀµ(s) = AĀµ + BĀµ = costante.

Concludiamo che le uniche soluzioni dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac per la particella

libera, compatibili con le (12.32), corrispondono a moti rettilini uniformi, in accordo con

lā€™esperienza. Nel prossimo paragrafo vedremo, invece, che in presenza di forze esterne la

situazione sara alquanto piu problematica.

12.2.5 Moto in campo costante: preaccelerazione

Analizzeremo ora il moto di una particella soggetta a un campo elettrico indipendente

dal tempo e unidirezionale, esteso a una regione spaziale limitata. Considereremo soli

moti che avvengono lungo la stessa direzione del campo. Questo esempio, per quanto

semplice possa sembrare, esibisce tutti gli aspetti problematici inerenti allā€™equazione di

Lorentzā€“Dirac in presenza di una generica forza esterna.

In questo caso il campo esterno F ĀµĪ½in consiste di un campo elettrico, diciamo in direzione

z, ~E = (0, 0, E), e di un campo magnetico nullo. Per il momento non facciamo nessuna

ipotesi sulla dipendenza di E da z, a parte la solita condizione asintotica,

limzā†’Ā±āˆž

E(z) = 0.

E allora consistente assumere che il moto avvenga lungo lā€™asse delle z. Definendo,

u ā‰” u3,

e indicando la derivatad

dscon un primo ā€œ ā€² ā€, abbiamo allora,

uĀµ = (u0, 0, 0, u), (u0)2 āˆ’ u2 = 1, wĀµ = (u0ā€², 0, 0, uā€²).

358

Page 370: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Riferendoci alla (12.23) la quadriforza esterna diventa allora,

e F ĀµĪ½in uĪ½ =

(eEu, 0, 0, eEu0

).

Siccome la variabile u0 e una funzione di u ā€“ che diventa lā€™unica incognita del sistema ā€“ e

sufficiente scrivere la componente z dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, come unica equazione

funzionalmente indipendente. Dato che si ha,

u0ā€² =d

ds

āˆš1 + u2 =

uuā€²āˆš1 + u2

,

segue,

w2 = u0ā€²2 āˆ’ uā€²2 = āˆ’ uā€²2

1 + u2,

e la componente z della (12.23) si scrive allora,

uā€² = Ļ„

(uā€²ā€² āˆ’ uuā€²2

1 + u2

)+

F

mu0, F ā‰” eE, (12.42)

dove F e la forza esterna. E conveniente cambiare incognita u(s)ā†’ Ī³(s), secondo,

u = sinh Ī³, u0 = cosh Ī³,

che dopo semplici passaggi riduce la (12.42) a,

Ī³ā€² = Ļ„Ī³ā€²ā€² +F

m. (12.43)

Per quello che segue e utile riscrivere Ī³ā€² come,

Ī³ā€² =

du

dsdu

dĪ³

=1

u0

du

ds,

che equivale quindi a,

Ī³ā€² =du

dt=

w3

u0. (12.44)

Aanalizzamo ora le caratteristiche della soluzione generale della (12.43). Siccome

allā€™infinito spaziale il campo esterno va a zero, per sā†’ +āˆž lā€™equazione si riduce sempli-

cemente a,

Ī³ā€² = Ļ„Ī³ā€²ā€² ā‡’ Ī³ā€² = Ces/Ļ„ ā‡’ Ī³ = CĻ„ es/Ļ„ + B. (12.45)

359

Page 371: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

La quadrivelocita u(s) = sinh Ī³(s) diverge quindi di nuovo violentemente per s ā†’ +āˆž,

anche se la forza allā€™infinito va zero, e le (12.32) impongono di nuovo C = 0. Per

E(z) = 0 identicamente, riotteniamo in particolare le soluzioni della particella libera

(12.40). Tuttavia, per E 6= 0 non e piu cosı ovvio in che modo possiamo imporre le

condizioni supplementari (12.32), e che effetto tali condizioni avranno sulle soluzioni che

le soddisfano.

Campo esterno uniforme. Per fare un esempio concreto supponiamo che il campo elet-

trico sia diverso da zero solo in un intervallo dellā€™asse z, e che sia ivi costante. Sara

allora,

F (s) = e E Ļ‡[a,b](s),

dove abbiamo introdotto la funzione caratteristica dellā€™intervallo [a, b], ed E e costante.

Per una forza esterna siffatta e facile scrivere la soluzione generale (ā€œintegrale primoā€)

della (12.43),

Ī³ā€² =F

m+

eE

m

(H(aāˆ’ s) e(sāˆ’a)/Ļ„ āˆ’H(bāˆ’ s) e(sāˆ’b)/Ļ„

)+ C es/Ļ„ , (12.46)

con C costante arbitraria. Per s ā†’ +āˆž si conferma lā€™andamento asintotico (12.45), in

quanto per s > b le funzioni di Heaviside si annullano entrambe.

E ora facile imporre le (12.32), che in questo caso si riducono a,

limsā†’+āˆž

w3 = 0, limsā†’+āˆž

u0 = u0āˆž.

Per via della (12.44) questo significa che deve essere,

limsā†’+āˆž

Ī³ā€² = 0,

e lā€™unico valore di C per cui cio succede risulta essere ancora C = 0. Usando la (12.44) e

introducendo la quantita di moto p = mu, la (12.46) si riduce allora a,

dp

dt= F + Ffr, (12.47)

dove,

Ffr = eE(H(aāˆ’ s) e(sāˆ’a)/Ļ„ āˆ’H(bāˆ’ s) e(sāˆ’b)/Ļ„

),

rappresenta la forza di frenamento. La (12.47) e da interpretarsi a tutti gli effetti come

lā€™equazione di Newton della particella, che tiene conto anche della reazione di radiazione.

360

Page 372: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Si vede che la forza di frenamento e diversa da zero āˆ€ s < a, e la particella subisce quindi

una ā€œpreaccelerazioneā€ lungo un intero tratto dellā€™asse z, in cui la forza esterna e nulla.

Questo fenomeno e chiaramente in conflitto con la causalita in quanto ā€œlā€™effettoā€, cioe,

lā€™accelerazione, precederebbe la ā€œcausaā€, cioe, la forza esterna. Dā€™altra parte la forza di

frenamento Ffr ā€“ responsabile della preaccelerazione ā€“ e sensibilmente diversa da zero

solo negli intervalli [a, aāˆ’ Ļ„ ] e [b, bāˆ’ Ļ„ ]. Questa forza distorce quindi apprezzabilmente la

forza esterna solo se bāˆ’ a āˆ¼ Ļ„ , cioe, se il campo esterno varia apprezzabilmente su scale

temporali piccolissime, dellā€™ordine di Ļ„ .

Da questa soluzione esatta dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac vediamo che (lā€™inevitabile)

riduzione dellā€™equazione dal terzo al secondo ordine, comporta una violazione della cau-

salita ā€“ sotto forma di una preaccelerazione ā€“ su una scala temporale dellā€™ordine di Ļ„ .

Nella prossima sezione faremo vedere che questa conclusione ha carattere completamente

generale, e discuteremo in particolare la possibilita di osservare questa rottura di causalita

sperimentalmente.

12.3 Lā€™equazione integroā€“differenziale di Rohrlich

In questa sezione vogliamo analizzare le proprieta generali del sottoinsieme di soluzioni

dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, che soddisfano anche le condizioni supplementari (12.32).

Abbiamo visto che queste ultime sono necessarie per eliminare le soluzioni runaway, e

per rendere lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac nuovamente compatibile con il determinismo

newtoniano. Con le condizioni ā€œinizialiā€ 54,

yĀµ(0) = yĀµ0 , uĀµ(0) = uĀµ

0 , limsā†’+āˆž

wĀµ(s) = 0, (12.48)

lā€™equazione (12.23) ammette, infatti, unā€™unica soluzione.

Vediamo allora quali sono le caratteristiche delle soluzioni che soddisfano questi dati

iniziali, in particolare la condizione asintotica sullā€™accelerazione. Un metodo standard per

imporre concretamente una condizione iniziale su unā€™equazione differenziale di ordine n,

consiste nel trasformare lā€™equazione differenziale in unā€™equazione integroā€“differenziale di

54Lā€™unicita della soluzione e garantita sotto opportune ipotesi di regolarita della forza esterna. Inparticolare in (12.48) abbiamo omesso la condizione dellā€™esistenza della velocita asintotica ā€“ vedi (12.32)ā€“ in quanto implicata, sotto opportune condizioni, dallā€™annullamento della quadriaccelerazione asintotica.

361

Page 373: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

ordine nāˆ’ 1, che ingloba automaticamente la condizione iniziale. In generale ci sono vari

modi per operare questa riduzione; noi seguiremo quı il metodo di F. Rohrlich 55, che ha

il particolare pregio di preservare lā€™invarianza di Lorentz a vista.

Riprendiamo dunque lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac (12.23), riscrivendola nella forma,

m

(wĀµ āˆ’ Ļ„

dwĀµ

ds

)=

e2

6Ļ€w2uĀµ + e F ĀµĪ½

in uĪ½ ā‰” F Āµ. (12.49)

Siccome e F ĀµĪ½in uĪ½ e la forza esterna, e il termine di Larmor e2

6Ļ€w2uĀµ e responsabile dellā€™e-

missione del quadrimomento totale, interpretiamo F Āµ come la quadriforza totale effettiva.

Un argomento qualitativo. Prima di procedere diamo un argomento qualitativo ā€“ ma

generale ā€“ per la presenza inevitabile di un effetto di preaccelerazione, in una generica

soluzione dellā€™equazione di Lorentzā€“Dirac. Siccome Ļ„ e piccolo possiamo, infatti, riscrivere

la (12.49) come,

mwĀµ(sāˆ’ Ļ„) ā‰ˆ F Āµ(s),

oppure,

mwĀµ(s) ā‰ˆ F Āµ(s + Ļ„). (12.50)

Lā€™accelerazione allā€™istante s sarebbe quindi determinata dalla forza effettiva allā€™istante

avanzato sā€² āˆ¼ s + Ļ„ , di nuovo in conflitto con la causalita.

Riduciamo ora lā€™equazione differenziale del terzo ordine (12.49), a unā€™equazione integroā€“

differenziale del secondo ordine, imponendo la condizione asintotica su wĀµ in (12.48). A

questo scopo moltiplichiamo lā€™equazione per eāˆ’s/Ļ„ e la riscriviamo nella forma,

āˆ’mĻ„d

ds

(eāˆ’s/Ļ„wĀµ(s)

)= eāˆ’s/Ļ„F Āµ(s).

Integrando tra un generico istante s e un istante finale b otteniamo,

m(eāˆ’s/Ļ„wĀµ(s)āˆ’ eāˆ’b/Ļ„wĀµ(b)

)=

1

Ļ„

āˆ« b

s

eāˆ’Ī»/Ļ„F Āµ(Ī») dĪ». (12.51)

Per imporre la condizione,

limbā†’+āˆž

wĀµ(b) = 0,

55F. Rohrlich, Classical charged particles, Addisonā€“Wesley, Massachusetts, 1965.

362

Page 374: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

eseguiamo nella (12.51) il limite per bā†’ +āˆž, ottenendo 56,

meāˆ’s/Ļ„wĀµ(s) =1

Ļ„

āˆ« āˆž

s

eāˆ’Ī»/Ļ„F Āµ(Ī») dĪ».

Dopo il cambiamento di variabile Ī» = Ī±Ļ„ + s, si ottiene lā€™equazione integroā€“differenziale

di Rohrlich,

mwĀµ(s) =

āˆ« āˆž

0

eāˆ’Ī±F Āµ(s + Ļ„Ī±) dĪ±. (12.52)

Questa equazione e ora del secondo ordine nelle derivate di yĀµ(s) ā€“ altamente non lineare

in quanto F in generale e una funzione complicata di y, u e della stessa w ā€“ che ammette,

tuttavia, soluzione unica, note le condizioni iniziali y0 e u0. Lā€™equazione presuppone

implicitamente lā€™esistenza dellā€™integrale a secondo membro nella (12.52).

Abbiamo gia anticipato che il pregio principale di questa equazione e la sua Lorentzā€“

invarianza manifesta. Uno dei suoi difetti, invece, sta nel fatto che difficilmente essa

puo essere usata per analizzare in concreto lā€™effetto della forza di frenamento sul moto

della particella. Per esempio, nel caso della particella libera la forza effettiva si riduce

a F Āµ = e2

6Ļ€w2uĀµ, ma non e immediato risolvere la (12.52) esplicitamente ā€“ nemmeno in

questo caso semplice. Si puo, tuttavia, verificare che tra le soluzioni generali (12.40), le

uniche che soddisfano la (12.52) con F ĀµĪ½in = 0, sono quelle per cui K = 0.

12.3.1 Preaccelerazione e violazione della causalita

Eseguiamo ora unā€™analisi qualitativa delle soluzioni dellā€™equazione di Rohrlich. Come

prima cosa osserviamo che lā€™accelerazione nel punto s non dipende solo dal valore della

forza effettiva F Āµ in s, ma anche dai suoi valori in tutti gli istanti successivi sā€² = s + Ļ„Ī±.

Di nuovo riscontriamo, quindi, una violazione della causalita sotto forma di una preac-

celerazione. Tuttavia, grazie alla presenza del fattore di damping eāˆ’Ī±, che nellā€™integrale

sopprime i contributi provenienti dai valori di Ī±Ć€ 1, gli istanti che contribuiscono mag-

giormente allā€™accelerazione in s, sono quelli dellā€™ordine di sā€² āˆ¼ s + Ļ„ , in accordo con la

(12.50).

56Si noti che per una soluzione generica il termine eāˆ’b/Ļ„wĀµ(b) diverge per b ā†’ +āˆž, nonostante lapresenza del termine di smorzamento eāˆ’b/Ļ„ , perche wĀµ(b) diverge piu fortemente dellā€™esponenziale. Siveda in proposito la soluzione per la particella libera (12.40), nel qual caso,

wĀµ(b) āˆ¼ K Ā· exp(b/Ļ„) Ā· exp[K(exp(b/Ļ„))].

363

Page 375: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per quantificare lā€™effetto della violazione della causalita riscriviamo la (12.52) nel modo

seguente,

mwĀµ(s) = F Āµ(s) + āˆ†F Āµ(s), (12.53)

āˆ†F Āµ(s) ā‰”āˆ« āˆž

0

eāˆ’Ī± [F Āµ(s + Ļ„Ī±)āˆ’ F Āµ(s)] dĪ±. (12.54)

Abbiamo cosı diviso la forza risultante in due contributi: il primo, F Āµ(s), rappresenta la

forza ā€œnominaleā€ e dipende solo da s. Il secondo invece, āˆ†F Āµ(s), codifica la violazione

della causalita. In particolare, confrontando la (12.53) con la (12.49) vediamo che questo

ultimo eguaglia proprio il termine di Schott,

āˆ†F Āµ(s) = mĻ„dwĀµ

ds.

La violazione della causalita sara quindi riscontrabile sperimentalmente, se āˆ†F Āµ e ap-

prezzabile rispetto a F Āµ. Per stimare āˆ†F Āµ notiamo che, come visto sopra, nellā€™inte-

grale (12.54) i valori di Ī± rilevanti sono dellā€™ordine dellā€™unita. Possiamo quindi porre

F Āµ(s + Ļ„Ī±) āˆ¼ F Āµ(s + Ļ„), e dare la stima,

āˆ†F Āµ(s) ā‰ˆāˆ« āˆž

0

eāˆ’Ī± [F Āµ(s + Ļ„)āˆ’ F Āµ(s)] dĪ± = F Āµ(s + Ļ„)āˆ’ F Āµ(s). (12.55)

āˆ†F Āµ eguaglia, quindi, la variazione di F Āµ su una scala temporale dellā€™ordine di Ļ„ . Se

questa variazione e piccola rispetto a F Āµ, allora la violazione della causalita sara inosser-

vabile. Di nuovo vediamo che il fenomeno della preaccelerazione risulta osservabile solo se

i campi esterni variano in modo apprezzabile durante il tempo Ļ„ = 0.6 Ā·10āˆ’23s. Si noti che

in questo tempo la luce percorre lo spazio c Ļ„ āˆ¼ r0, pari al raggio classico della particella.

Violazione della causalita e Meccanica Quantistica. Analizziamo ora lā€™effetto di campi

variabili cosı rapidamente a livello quantistico 57. Per campi che variano su una scala

temporale generica āˆ†T , il principio di Heisenberg predice unā€™indeterminazione in energia

dellā€™ordine di āˆ†Īµ āˆ¼ ~āˆ†T

. Dā€™altra parte, la scala energetica alla quale si innesca la pro-

duzione di coppie virtuali particella/antiparticella e data da āˆ†Īµ āˆ¼ 2m. Per raggiungere

questa soglia e allora necessario che i campi varino su una scala temporale dellā€™ordine di,

āˆ†T āˆ¼ ~2māˆ¼ 4Ļ€~

e2

e2

6Ļ€māˆ¼ 137 Ļ„.

57Lā€™analisi quantistica che segue va pensata svolta nel sistema di riferimento in cui la particella e istan-taneamente a riposo, dove valgono le leggi della Meccanica Quantistica non relativistica. In particolare,il tempo proprio s si identifica allora con il tempo t.

364

Page 376: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per poter osservare una violazione della causalita in Elettrodinamica classica servireb-

bero, invece, campi che variano su una scala temporale Ļ„ , scala che e di un fattore 137

piu piccola di āˆ†T ! Campi siffatti danno dunque luogo alla produzione di coppie, e si

trovano quindi gia in forte regime quantistico. Concludiamo che la rottura classica della

causalita e schermata da effetti quantistici: nel regime in cui la violazione della causalita

si manifesterebbe, lā€™Elettrodinamica classica non e piu valida, e la rottura della causalita

quindi inosservabile.

A una conclusione analoga si arriva considerando una particella che si muove sotto

lā€™effetto di una forza esterna, che le imprime una frequenza Ļ‰. In questo caso si ha, da

(12.55),

āˆ†F Āµ(s) āˆ¼ Ļ„dF Āµ(s)

dsāˆ¼ Ļ„ Ļ‰ F Āµ(s).

āˆ†F Āµ(s) e quindi apprezzabile rispetto a F Āµ(s) solo se la frequenza e molto grande, del-

lā€™ordine di Ļ‰ āˆ¼ 1

Ļ„, ovverosia, dato che Ī» =

2Ļ€

Ļ‰, se la lunghezza dā€™onda della radiazione

emessa e molto piccola, dellā€™ordine di Ī» āˆ¼ r0. Dā€™altra parte, lā€™ordine di grandezza del-

le lunghezze dā€™onda alle quali lā€™Elettrodinamica classica cessa di valere, e rappresentato

dalla lunghezza dā€™onda Compton,

Ī»C =~māˆ¼ 137 r0.

Per lunghezze dā€™onda di questo ordine di grandezza incomincia a manifestarsi la natura

quantistica del campo elettromagnetico, cioe, la sua composizione in termini di fotoni.

Per poter osservare la violazione della causalita servirebbero, invece, lunghezze dā€™onda

dellā€™ordine di Ī» āˆ¼ r0, che sono di un fattore 137 piu piccole di Ī»C . Per lunghezze dā€™onda

cosı corte il campo elettromagnetico si trova gia in pieno regime quantistico, ed eventuali

effetti acausali sono di nuovo inosservabili.

Riassumendo possiamo quindi affermare che lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, ovverosia,

la sua versione integroā€“differenziale di Rohrlich, da luogo a una violazione della causa-

lita, che rende lā€™Elettrodinamica classica inconsistente. Tuttavia, da un punto di vista

fenomenologico questa violazione avviene su scale di distanze, energie e tempi per cui lā€™E-

lettrodinamica classica non e piu valida, e deve essere sostituita dalla teoria quantistica

relativistica dei campi.

365

Page 377: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

12.4 Il problema relativistico a due corpi

In questa sezione analizziamo il bilancio del quadrimomento nel problema a due corpi

relativistico. Ci limiteremo a considerare due particelle cariche che percorrono orbite

aperte, essendo sottoposte alla sola interazione elettromagnetica reciproca. Nel limite

non relativistico queste orbite sono iperboli.

Limite non relativistico. Riassumiamo prima la descrizione della dinamica di questo

sistema nel limite non relativistico, v1,2 Āæ 1. Indicando le leggi orarie con ~y1,2 ā‰” ~y1,2(t),

in questo caso le particelle obbediscono alle equazioni del moto e leggi della potenza,

d~p1

dt= e1

~E2(~y1),dĪµ1

dt= e1 ~v1 Ā· ~E2(~y1), (12.56)

d~p2

dt= e2

~E1(~y2),dĪµ2

dt= e2 ~v2 Ā· ~E1(~y2), (12.57)

dove i campi elettrici (di Lienardā€“Wiechert) non relativistici sono dati da,

~E1(~x) =e1

4Ļ€

~xāˆ’ ~y1

|~xāˆ’ ~y1|3 , ~E2(~x) =e2

4Ļ€

~xāˆ’ ~y2

|~xāˆ’ ~y2|3 .

Vale il principio di azione e reazione e1~E2(~y1) + e2

~E1(~y2) = 0, e quindi si conserva la

quantita di moto totale ~p1 + ~p2. Per quanto riguarda lā€™energia risulta invece,

d(Īµ1 + Īµ2)

dt= āˆ’ d

dt

(e1 e2

4Ļ€|~y1 āˆ’ ~y2|)ā‰” āˆ’dĪµp

dt, (12.58)

e si conserva lā€™energia ā€œmeccanicaā€ Īµ1 +Īµ2 +Īµp . Siccome lā€™energia potenziale Īµp a t = Ā±āˆžsi annulla, si conserva pure lā€™energia cinetica totale Īµ1 + Īµ2, tra t = āˆ’āˆž e t = +āˆž.

Indicando con ā€œāˆ†ā€ la variazione tra questi due istanti asintotici abbiamo quindi,

āˆ†pĀµ ā‰” āˆ†(pĀµ1 + pĀµ

2) = 0. (12.59)

Diffusione relativistica. Consideriamo ora lo stesso processo a livello relativistico. In

questo caso le (12.56), (12.57) devono essere sostituite dalle equazioni, vedi (12.24),

dpĀµ1

ds1

=e21

6Ļ€

(dwĀµ

1

ds1

+ w21u

Āµ1

)+ e1FĀµĪ½

2 (y1) u1Ī½ , (12.60)

dpĀµ2

ds2

=e22

6Ļ€

(dwĀµ

2

ds2

+ w22u

Āµ2

)+ e2FĀµĪ½

1 (y2) u2Ī½ , (12.61)

dove FĀµĪ½1,2(x) sono i campi di Lienardā€“Wiechert prodotti dalle due particelle. In questo caso

non vale piu il principio di azione e reazione, e di conseguenza la (12.59) risulta violata.

366

Page 378: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Come sappiamo, il quadrimomento totale delle due particelle non si conserva durante il

processo di diffusione a causa dellā€™emissione di radiazione ā€“ che nel limite non relativistico

viene trascurata. In quanto segue vogliamo trovare la generalizzazione relativistica della

(12.59).

Per velocita arbitrarie le orbite delle particelle non sono piu iperboli, ma asintotica-

mente lā€™accelerazione e ancora nulla, perche a grandi distanze la forza di mutua interazione

svanisce 58. Avremo quindi,

limsā†’Ā±āˆž

wĀµ(s) = 0, limsā†’Ā±āˆž

uĀµ(s) = uĀµĀ±, (12.62)

per entrambe le particelle. Integrando le (12.60), (12.61) tra s = āˆ’āˆž e s = +āˆž, il

termine di Schott allora non contribuisce, e risulta,

āˆ†pĀµ1 =

e21

6Ļ€

āˆ«w2

1 uĀµ1 ds1 + e1

āˆ«FĀµĪ½

2 (y1) u1Ī½ ds1, (12.63)

āˆ†pĀµ2 =

e22

6Ļ€

āˆ«w2

2 uĀµ2 ds2 + e2

āˆ«FĀµĪ½

1 (y2) u2Ī½ ds2. (12.64)

Occupiamoci ora degli integrali che coinvolgono la forza di interazione reciproca. Espri-

mendo il tensore di Maxwell in termini del potenziale vettore abbiamo,

e1

āˆ«FĀµĪ½

2 (y1) u1Ī½ ds1 = e1

āˆ«[āˆ‚ĀµAĪ½

2(y1)āˆ’ āˆ‚Ī½AĀµ2(y1)] u1Ī½ds1

= e1

āˆ«āˆ‚ĀµAĪ½

2(y1)u1Ī½ ds1 āˆ’ e1

āˆ«dAĀµ(y1)

ds1

ds1

= e1

āˆ«āˆ‚ĀµAĪ½

2(y1)u1Ī½ ds1 āˆ’ e1 (AĀµ(āˆž)āˆ’AĀµ(āˆ’āˆž))

= e1

āˆ«āˆ‚ĀµAĪ½

2(y1)u1Ī½ ds1, (12.65)

dove abbiamo sfruttato il fatto che il potenziale vettore allā€™infinito spaziale si annulla.

Per valutare il termine rimasto conviene usare lā€™espressione per il potenziale di Lienardā€“

Wiechert data in (6.86),

AĪ½2(x) =

e2

2Ļ€

āˆ«uĪ½

2 H(x0 āˆ’ y02) Ī“((xāˆ’ y2)

2) ds2.

Si ottiene,

āˆ‚ĀµAĪ½2(x) =

e2

Ļ€

āˆ«(xĀµ āˆ’ yĀµ

2 ) uĪ½2 H(x0 āˆ’ y0

2) Ī“ā€²((xāˆ’ y2)2) ds2,

58E sottinteso che selezioniamo le soluzioni ā€œfischeā€ delle (12.60), (12.61), che soddisfano le condizionisupplementari (12.32).

367

Page 379: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

in quanto la derivata della funzione di Heaviside non contribuisce, e quindi,

e1

āˆ«āˆ‚ĀµAĪ½

2(y1)u1Ī½ ds1 =e1 e2

Ļ€

āˆ«ds1

āˆ«ds2 (yĀµ

1 āˆ’ yĀµ2 ) (u2 u1) H(y0

1 āˆ’ y02) Ī“ā€²((y1 āˆ’ y2)

2).

Sommando le (12.63) e (12.64), per la variazione del quadrimomento totale delle due

particelle tra t = āˆ’āˆž e t = +āˆž si ottiene allora,

āˆ†pĀµ =e21

6Ļ€

āˆ«w2

1 uĀµ1 ds1 +

e22

6Ļ€

āˆ«w2

2 uĀµ2 ds2 + (12.66)

e1 e2

Ļ€

āˆ«ds1

āˆ«ds2 (yĀµ

1 āˆ’ yĀµ2 ) (u2 u1)

(H(y0

1 āˆ’ y02)āˆ’H(y0

2 āˆ’ y01)

)Ī“ā€²((y1 āˆ’ y2)

2),

versione relativistica della (12.59). Al membro di destra abbiamo il contributo dei due

termini di Larmor, che rappresentano la radiazione emessa dalle due particelle singolar-

mente. Ma poi compare un ulteriore termine, proporzionale a e1e2 ed originante quindi

dalle forze di mutua interazione, che e dovuto allā€™interferenza tra i campi di radiazione

delle due particelle.

Per analizzare la natura delle varie correzioni relativistiche contenute nella (12.66) e piu

conveniente tornare alle equazioni di partenza (12.60) e (12.61), ed eseguirne unā€™espansione

non relativistica. In questo modo saremo anche in grado di confrontarle direttamente con

le (12.56), (12.57).

12.4.1 Espansione non relativistica

Di seguito eseguiremo unā€™espansione non relativistica in potenze di 1/c, delle equazioni

(12.60) e (12.61). Dalle espansioni del paragrafo 12.2.4 sappiamo che le forze di frenamento

cominciano con termini di ordine 1/c3, e conosciamo anche la loro forma. Limitandoci

a termini fino allā€™ordine 1/c3, le componenti spaziali delle (12.60) e (12.61) si scrivono

allora,

d~p1

dt=

e21

6Ļ€c3

d~a1

dt+ ~F21, (12.67)

d~p2

dt=

e22

6Ļ€c3

d~a2

dt+ ~F12, (12.68)

dove abbiamo definito le forze di interazione,

~F21 = e1

(~E2(y1) +

~v1

cƗ ~B2(y1)

), ~F12 = e2

(~E1(y2) +

~v2

cƗ ~B1(y2)

). (12.69)

368

Page 380: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per quanto riguarda, invece, le leggi della potenza occorre valutare la componente 0 della

forza di frenamento Ī“Āµ, vedi (12.31). In questo caso contribuiscono sia il termine di

Larmor, che quello di Schott,

Ī“0 =e2

6Ļ€c3

1āˆš1āˆ’ v2

c2

(dw0

dt+ w2

)=

e2

6Ļ€c3

(d

dt(~v Ā· ~a)āˆ’ |~a|2

)+ o

(1

c5

)

=e2

6Ļ€c3~v Ā· d~a

dt+ o

(1

c5

).

Arrestandoci allā€™ordine 1/c3, le componenti Āµ = 0 delle (12.60), (12.61) si riducono allora

a,

dĪµ1

dt=

e21

6Ļ€c3~v1 Ā· d~a1

dt+ e1 ~v1 Ā· ~E2(y1), (12.70)

dĪµ2

dt=

e22

6Ļ€c3~v2 Ā· d~a2

dt+ e2 ~v2 Ā· ~E1(y2). (12.71)

Si verifica facilmente che le (12.70), (12.71) sono conseguenze delle (12.67), (12.68), in

quanto dalla relazione algebrica Īµ2 = c2p2 + m2c4 segue che,

ĪµdĪµ

dt= c2 ~p Ā· d~p

dtā‡’ dĪµ

dt= ~v Ā· d~p

dt.

Espansione non relativistica di potenziali e campi. Dalle formule scritte si vede che,

per consistenza dellā€™approssimazione, e necessario espandere il campo elettrico fino ai

termini di ordine 1/c3, e il campo magnetico fino ai termini di ordine 1/c2. Dovremmo

quindi sviluppare i campi di Lienardā€“Wiechert (6.107), (6.108) in serie di potenze di 1/c,

arrestandoci agli ordini richiesti. Dal punto di vista tecnico questa operazione risulta

complicata dal fatto che e necessario sviluppare in serie di potenze di 1/c anche il tem-

po ritardato tā€²(t, ~x). Difatti, per eseguire lā€™espansione non relativistica dei campi e piu

conveniente esprimere questi ultimi in termini dei potenziali di Lienardā€“Wiechert (6.93),

~E = āˆ’~āˆ‡A0 āˆ’ 1

c

āˆ‚ ~A

āˆ‚t, ~B = ~āˆ‡Ć— ~A, (12.72)

e sviluppare dunque i potenziali. Dobbiamo allora espandere A0 fino ai termini di ordine

1/c3, e ~A fino ai termini di ordine 1/c2. Infine, invece di usare per il quadripotenziale la

formula (6.93), e piu conveniente ripartire dalla rappresentazione integrale (6.48),

AĀµ =1

4Ļ€c

āˆ«d3z

1

|~xāˆ’ ~z| jĀµ

(tāˆ’ |~xāˆ’ ~z|

c, ~z

), (12.73)

369

Page 381: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove per una singola particella la corrente e data da,

jĀµ(t, ~x) = e V Āµ(t) Ī“3(~xāˆ’ ~y(t)), V Āµ(t) = (c, ~v(t)) .

Incominciamo espandendo la (12.73) in serie di potenze di 1/c, arrestandoci al terzo

ordine,

AĀµ =1

4Ļ€c

āˆ«d3z

(jĀµ(t, ~z)

|~xāˆ’ ~z| āˆ’1

c

āˆ‚jĀµ(t, ~z)

āˆ‚t+

1

2c2|~xāˆ’ ~z| āˆ‚

2jĀµ(t, ~z)

āˆ‚t2āˆ’ 1

6c3|~xāˆ’ ~z|2 āˆ‚3jĀµ(t, ~z)

āˆ‚t3

)

=1

4Ļ€c

āˆ«d3z

jĀµ(t, ~z)

|~xāˆ’ ~z| āˆ’1

4Ļ€c2

āˆ‚

āˆ‚t

āˆ«d3z jĀµ(t, ~z)

+1

8Ļ€c3

āˆ‚2

āˆ‚t2

āˆ«d3z |~xāˆ’ ~z| jĀµ(t, ~z)āˆ’ 1

24Ļ€c4

āˆ‚3

āˆ‚t3

āˆ«d3z |~xāˆ’ ~z|2 jĀµ(t, ~z)

=e

4Ļ€c

(V Āµ

rāˆ’ 1

c

āˆ‚V Āµ

āˆ‚t+

1

2c2

āˆ‚2

āˆ‚t2(rV Āµ)āˆ’ 1

6c3

āˆ‚3

āˆ‚t3(r2V Āµ

)),

dove abbiamo posto,

~r = ~xāˆ’ ~y(t), r = |~r|.

I potenziali, fino allā€™ordine richiesto, sono allora dati da,

A0 =e

4Ļ€

(1

r+

1

2c2

āˆ‚2r

āˆ‚t2āˆ’ 1

6c3

āˆ‚3r2

āˆ‚t3

),

~A =e

4Ļ€

(~v

c rāˆ’ ~a

c2

).

Si noti che in A0 e assente il contributo di ordine 1/c. Ricordiamo che le formule appena

scritte costituiscono le espansioni non relativistiche dei potenziali di Lienardā€“Wiechert

(6.93). Per determinare il campo elettrico occorre calcolare,

āˆ’~āˆ‡A0 =e

4Ļ€

(~r

r3āˆ’ 1

2c2

āˆ‚2r

āˆ‚t2āˆ’ 1

3c3

d~a

dt

), (12.74)

āˆ’1

c

āˆ‚ ~A

āˆ‚t= āˆ’ e

4Ļ€

(1

c2

āˆ‚

āˆ‚t

(~v

r

)āˆ’ 1

c3

d~a

dt

), (12.75)

dove abbiamo posto,

r =~r

r.

370

Page 382: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Usando,āˆ‚r

āˆ‚t=

(r Ā· ~v) r āˆ’ ~v

r,

āˆ‚r

āˆ‚t= āˆ’r Ā· ~v,

per valutare le derivate nelle (12.74), (12.75), le (12.72) danno allora,

~E =e

4Ļ€

(~r

r3āˆ’ 1

2c2

āˆ‚

āˆ‚t

(~v + (r Ā· ~v)r

r

)+

2

3c3

d~a

dt

)(12.76)

=e

4Ļ€

(~r

r3āˆ’ 1

2c2r

(~a + (r Ā· ~a) r +

(3(r Ā· ~v)2 āˆ’ v2) r

r

)+

2

3c3

d~a

dt

), (12.77)

~B =e

4Ļ€c~v Ɨ ~r

r3. (12.78)

Si noti che in ~B il termine di ordine 1/c2 e assente, perche ~a e indipendente da ~x.

In ~E si riconosce allā€™ordine piu basso il termine coulombiano, lā€™ordine 1/c2 compren-

de una correzione relativistica di tipo cinetico al campo coulombiano, mentre il termi-

ne di ordine 1/c3 rappresenta la radiazione, come vedremo tra poco. Insistiamo sul

fatto che le (12.77), (12.78) costituiscono le espansioni non relativistiche dei campi di

Lienardā€“Wiechert (6.107), (6.108).

Determinazione di āˆ†pĀµ. Dati questi campi possiamo ora analizzare il trasferimento

di quadrimomento dalle particelle al campo elettromagnetico durante il processo di dif-

fusione. Consideriamo prima la quantita di moto. Valutando i campi (12.77) e (12.78)

lungo le traiettorie delle due particelle, possiamo determinare la forza dā€™interazione totale

~F12 + ~F21, usando le (12.69). Il campo coulombiano si cancella, e dopo un semplice conto

si ricava che questa forza si puo scrivere come una derivata totale,

~F12 + ~F21 =e1e2

4Ļ€

d

dt

(āˆ’ 1

2c2r12

(~v1 + ~v2 + [~m Ā· (~v1 + ~v2)]~m ) +2

3c3(~a1 + ~a2)

), (12.79)

dove abbiamo posto,

r12 = |~y2 āˆ’ ~y1|, ~m =~y2 āˆ’ ~y1

|~y2 āˆ’ ~y1| .

Sommando le (12.67) e (12.68), e integrando tra t = āˆ’āˆž e t = +āˆž si trova allora,

āˆ† (~p1 + ~p2) =

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

(~F12 + ~F21

)dt = 0,

perche per t ā†’ Ā±āˆž si ha ~a1,2 ā†’ 0, e 1/r12 ā†’ 0. Durante il processo di diffusione

la quantita di moto totale delle due particelle dunque non cambia, nonostante si abbia

371

Page 383: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

d(~p1 + ~p2)/dt 6= 0. Questo risultato e evidentemente in accordo con il fatto che in ap-

prossimazione non relativistica, ovvero, in approssimazione di dipolo, la radiazione non

trasporta quantita di moto, vedi paragrafo 7.3.2. Con cio abbiamo in particolare verificato

che il membro di destra della parte spaziale dellā€™equazione (12.66) e di ordine 1/c4.

Passiamo ora allā€™analisi del trasferimento di energia, sommando le (12.70) e (12.71).

Usando la (12.76) si dimostra facilmente che la somma delle ā€œpotenze relativeā€ si puo

scrivere come,

e1 ~v1 Ā· ~E2(y1) + e2 ~v2 Ā· ~E1(y2) = āˆ’dĪµp

dt+

e1e2

6Ļ€c3

(~v1 Ā· d~a2

dt+ ~v2 Ā· d~a1

dt

), (12.80)

dove abbiamo definito lā€™energia potenziale modificata,

Īµp =e1e2

4Ļ€r12

(1 +

1

2c2(~v1 Ā· ~v2 + (~m Ā· ~v1)(~m Ā· ~v2))

).

Nella (12.80) il termine di ordine zero e il potenziale coulombiano non relativistico, vedi

(12.58), i termini di ordine 1/c2 corrispondono a una correzione cinematica al potenziale

coulombiano, mentre i termini di ordine 1/c3 rappresentano gli effetti dellā€™interferenza

tra le radiazioni emesse dalle due cariche. Sommando le (12.70), (12.71) si ottiene in

definitiva,d

dt(Īµ1 + Īµ2 + Īµp) =

1

6Ļ€c3(e1~v1 + e2~v2) Ā· d

dt(e1~a1 + e2~a2).

Integrando questa relazione tra t = āˆ’āˆž e t = +āˆž, e sfruttando il fatto che allā€™infinito

vale ancora Īµp ā†’ 0, si ottiene per la variazione dellā€™energia totale delle due particelle,

āˆ†(Īµ1 + Īµ2) =1

6Ļ€c3

āˆ«dt (e1~v1 + e2~v2) Ā· d

dt(e1~a1 + e2~a2) = āˆ’ 1

6Ļ€c3

āˆ«dt |e1~a1 + e2~a2|2 .

(12.81)

Abbiamo eseguito unā€™integrazione per parti, sfruttando di nuovo il fatto che per t ā†’Ā±āˆž, si ha ~a1,2 ā†’ 0. Si noti che il risultato (12.81) e in accordo con la formula (7.44),

che da la potenza emessa da un generico sistema carico sotto forma di radiazione, in

approssimazione di dipolo: in assenza di forze esterne lā€™energia totale del sistema ā€œcariche

+ campoā€ si deve, infatti, conservare. Confrontando la (12.81) con la componente 0 della

(12.66) si vede, infine, che i termini di Larmor vengono riprodotti correttamente nel limite

non relativistico, mentre il termine di interferenza ā€“ la seconda riga nella (12.66) ā€“ e dato

372

Page 384: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

da,

āˆ’e1 e2

3Ļ€c3

āˆ«dt (~a1 Ā· ~a2),

modulo termini di ordine 1/c4.

Lagrangiana al secondo ordine. Per concludere osserviamo che la dinamica di un si-

stema di due particelle cariche ā€“ vedi le equazioni (12.67), (12.68) ā€“ tenendo conto delle

correzioni relativistiche fino allā€™ordine 1/c2 puo essere dedotta dalla lagrangiana,

L =1

2m2

1v21 +

1

2m2

2v22 +

1

8m1

v41

c2+

1

8m2

v42

c2āˆ’ e1e2

4Ļ€r12

(1āˆ’ 1

2c2(~v1 Ā· ~v2 + (~m Ā· ~v1)(~m Ā· ~v2))

).

La verifica e lasciata per esercizio. Osserviamo, comunque, che i termini di ordine v4/c2

discendono dallo sviluppo dellā€™azione libera, āˆ’mcāˆ«

ds = āˆ’mc2āˆ« āˆš

1āˆ’ v2/c2dt, fino al-

lā€™ordine 1/c2. I termini del tipo v2/c2r12 riproducono, invece, le correzioni di ordine 1/c2

alle forze (12.69), dove i campi elettrico e magnetico sono dati dalle (12.77), (12.78).

Infine facciamo notare che i termini di ordine 1/c3 nelle equazioni (12.67), (12.68), non

possono essere dedotti da una lagrangiana, il motivo essendo che questi termini sono lineari

nelle derivate terze delle coordinate. Considerando una singola particella lā€™equazione da

riprodurre sarebbe,

m~a =e2

6Ļ€c3

d~a

dt+ Ā· Ā· Ā·

Per motivi dimensionali la lagrangiana dovrebbe allora avere la forma,

L =1

2mv2 +

e2

c3

(k1 ~v Ā· ~a + k2 ~y Ā· d~a

dt

)+ Ā· Ā· Ā· ,

dove k1 e k2 sono costanti adimensionali. Tuttavia, i termini tra parentesi corrispondono

a una derivata totale,

k1 ~v Ā· ~a + k2 ~y Ā· d~adt

=d

dt

(k2 ~y Ā· ~a +

k1 āˆ’ k2

2v2

).

L da quindi luogo allā€™equazione del moto della particella libera. Riscontriamo di nuovo il

fatto che lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac non puo essere derivata da un principio variazionale,

vedi paragrafo 12.2.3.

373

Page 385: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

12.5 Problemi

12.1 Si dimostri che nel limite non relativistico lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac (12.23), e

la sua versione integroā€“differenziale (12.52), si riducono rispettivamente a,

m~a = mĻ„d~a

dt+ e ~E,

m~a(t) = e

āˆ« āˆž

0

eāˆ’Ī± ~E(t + Ļ„ Ī±) dĪ±, (12.82)

dove ~E e il campo elettrico esterno.

a) Si dimostri che la seconda e soluzione implicita della prima.

b) Si supponga che ~E sia diverso da zero solo in una regione limitata dello spazio, e che

sia ivi costante e uniforme. Si determini esplicitamente il membro di destra della (12.82),

e si discuta la violazione della causalita nellā€™equazione di Newton che ne risulta.

374

Page 386: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

13 Un tensore energiaā€“impulso privo di singolarita

Nel capitolo precedente abbiamo visto che il campo creato da una particella diverge nelle

vicinanze della stessa come,

F ĀµĪ½ āˆ¼ 1

r2, r = |~xāˆ’ ~y(t)|,

e di conseguenza il tensore energiaā€“impulso,

T ĀµĪ½em = F ĀµĪ±FĪ±

Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī², (13.1)

diverge come,

T ĀµĪ½em āˆ¼

1

r4. (13.2)

Nel caso particolare di una particella statica nellā€™origine, per cui ~y(t) = 0, si ha,

~E =e

4Ļ€

~x

r3, ~B = 0, (13.3)

e, vedi (2.76)ā€“(2.78),

T 00em =

1

2

( e

4Ļ€

)2 1

r4, (13.4)

T 0iem = 0, (13.5)

T ijem =

1

2

( e

4Ļ€

)2 1

r4

(Ī“ij āˆ’ 2

xixj

r2

). (13.6)

Due problemi di T ĀµĪ½em. Lā€™andamento singolare (13.2) comporta due patologie, legate

tra di loro. La prima, gia menzionata nel capitolo 12, consiste nel fatto che gli integrali

del quadrimomento totale P Āµem =

āˆ«T 0Āµ

emd3x, sono divergenti. Nel caso particolare della

particella statica si ha,

Īµem =

āˆ«T 00

em d3x =1

2

( e

4Ļ€

)2āˆ«

1

r4d3x =āˆž, P i

em =

āˆ«T 0i

em d3x = 0, (13.7)

e diverge solo lā€™energia, ma per una particella in moto arbitrario diverge anche la quantita

di moto. Ovviamente divergono anche gli integrali del quadrimomento su un qualsiasi

volume finito V contenente la particella. Si noti, comunque, che nelle analisi dei bilanci

energetici svolte nei capitoli precedenti, il problema dellā€™energia infinita non e mai inter-

venuto direttamente. La potenza irradiata coinvolge, infatti, il campo elettromagnetico a

375

Page 387: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

grandi distanze dalla particella, dove esso e regolare. Dā€™altra parte la potenza irradiata si

riferisce a differenze di valori di energia, e si puo supporre che nelle differenze le divergenze

si cancellino. In effetti, quello che risulta osservabile in natura sono le differenze dei valori

dellā€™energia di un sistema fisico, e non la sua energia stessa. Tuttavia, se si vuole dare

un significato preciso allā€™affermazione ā€œil quadrimomento si conservaā€, e necessario che il

quadrimomento sia una grandezza finita.

Il secondo problema consiste nel fatto che le componenti del tensore T ĀµĪ½em non sono

distribuzioni temperate, ovvero, elementi di S ā€²(R4): mentre le componenti di F ĀµĪ½ sono

distribuzioni, i loro prodotti, che compaiono nella (13.1), non lo sono. Ricordiamo che

in generale prodotti di distribuzioni non definiscono distribuzioni. Lā€™andamento (13.2)

rappresenta, infatti, una singolarita non integrabile in R4. Non essendo le componenti

di T ĀµĪ½em distribuzioni, le loro derivate non sono definite, e la domanda quanto valga la

quadridivergenza āˆ‚ĀµTĀµĪ½em e quindi priva di senso, e la questione della conservazione del

quadrimomento dunque malposta. Si noti, in proposito, che lā€™espressione formale derivata

per la quadridivergenza di T ĀµĪ½em in (2.72),

āˆ‚ĀµTĀµĪ½em = āˆ’

āˆ‘r

er

āˆ«F Ī½Āµ(yr)urĀµ Ī“4(xāˆ’ yr) dsr, (13.8)

e, in realta, divergente. Il coefficiente F Ī½Āµ(yr) comprende, infatti, lā€™autocampo di Lienardā€“

Wiechert della particella rā€“esima, che sappiamo essere divergente. Vediamo cosı che la

dimostrazione della conservazione del tensoreā€“energia impulso totale T ĀµĪ½em+T ĀµĪ½

p , presentata

nel paragrafo 2.4.3, aveva solo validita formale, essendo per di piu basata sullā€™equazione

di Lorentz orginale ā€“ che ora sappiamo pure divergere.

Scopo di questo capitolo e la costruzione di un tensore energiaā€“impulso totale T ĀµĪ½ , le

cui componenti siano distribuzioni, che sia Lorentz covariante, a divergenza nulla e che

ammetta integrali di quadrimomento finiti. La costruzione di per se risultera semplice,

ma la dimostrazione che il tensore cosı costruito abbia le proprieta richieste e un poā€™

complicata, e verra riportata solo per il campo generato da una particella in moto rettilineo

uniforme.

Nella prossima sezione presentiamo la strategia che sta alla base della costruzione, e

diamo un argomento euristico per la costruzione esplicita. In sezione 13.2 dimostriamo la

376

Page 388: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

validita dellā€™approccio nel caso di una particella in moto rettilineo uniforme, e in sezione

13.3 presentiamo la sua generalizzazione ad un sistema di N particelle.

13.1 Linee guida della costruzione

Per costruire un tensore energiaā€“impulso con le proprieta desiderate a partire dalla (13.1),

seguiamo una procedura simile a quella del capitolo 12, consistente di una regolarizzazione

seguita da una rinormalizzazione. Consideriamo una particella singola, e mettiamo a zero

il campo esterno F ĀµĪ½in , supposto regolare, perche la sua presenza e ininfluente per quanto

riguarda le singolarita del tensore energiaā€“impulso. Il campo elettromagnetico totale e

allora dato dal solo campo di Lienardā€“Wiechert FĀµĪ½ di (12.13).

Regolarizzazione. Dato che le singolarita di FĀµĪ½ sono localizzate nei punti dove si

trovano le particelle, possiamo adottare ancora la regolarizzazione che abbiamo usato per

dedurre lā€™equazione di Lorentzā€“Dirac, che tra lā€™altro preserva lā€™invarianza relativistica.

Ripartiamo allora dal campo di Lienardā€“Wiechert regolarizzato, vedi (12.19),

FĀµĪ½Īµ = FĀµĪ½

āˆ£āˆ£āˆ£Ī»ā†’Ī»Īµ(x)

,

che costituisce, in effetti, una distribuzione regolare. Piu precisamente, le componenti

di questo campo sono funzioni di classe Cāˆž(R4), per ogni Īµ > 0. Illustriamo questa

proprieta per una particella statica nellā€™origine. Per il moto rettilineo uniforme il campo

regolarizzato e stato valutato nella (12.20), che per uĀµ = (1, 0, 0, 0) si riduce a,

~EĪµ =e

4Ļ€

~x

(r2 + Īµ2)3/2, ~BĪµ = 0. (13.9)

Questi campi sono effettivamente di classe Cāˆž(R4), e come tali sono regolari in tutto lo

spazio, compreso il punto ~x = 0, dove si trova la particella. In particolare, lā€™energia totale

del campo elettromagnetico regolarizzato e finita. Al posto di (13.7) abbiamo, infatti,

Īµem,Īµ =1

2

āˆ«| ~EĪµ|2 d3x =

1

2 Īµ

( e

4Ļ€

)2āˆ«

r2

(r2 + 1)3d3x =

( e

4Ļ€

)2 3Ļ€2

8 Īµ. (13.10)

Per valutare lā€™integrale abbiamo eseguito il cambiamento di variabili ~xā†’ Īµ ~x e usato,

āˆ«r2

(r2 + 1)3d3x =

3Ļ€2

4.

377

Page 389: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Si noti che per Īµā†’ 0 lā€™energia regolarizzata diverge di nuovo, come 1/Īµ.

Tornando a un moto yĀµ(s) arbitrario notiamo che, essendo FĀµĪ½Īµ una distribuzione

regolare di classe Cāˆž, risultano distribuzioni di Classe Cāˆž anche i suoi prodotti. Possiamo

allora definire un tensore energiaā€“impulso elettromagnetico regolarizzato, ponendo,

T ĀµĪ½Īµ ā‰” FĀµĪ±

Īµ FĪµ Ī±Ī½ +

1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²

Īµ FĪµ Ī±Ī². (13.11)

Le componenti di questo tensore appartengono a S ā€² per ogni Īµ > 0. Inoltre, per ogni

xĀµ 6= yĀµ(s) esiste il limite puntuale,

limĪµā†’0

T ĀµĪ½Īµ (x) = T ĀµĪ½

em(x).

Tuttavia, tale limite non esiste se eseguito nella topologia di S ā€², a causa delle singolarita

presenti per xĀµ = yĀµ(s), e infatti T ĀµĪ½em /āˆˆ S ā€² ! Queste proprieta sono molto evidenti nel caso

statico 59.

Rinormalizzazione. Prima di poter eseguire il limite per Īµ ā†’ 0 nella topologia di S ā€²,occorre quindi individuare e sottrarre ā€œla parte divergenteā€ di T ĀµĪ½

Īµ , che indichiamo con

T ĀµĪ½Īµ . Questa sottrazione rappresenta la ā€œrinormalizzazioneā€. Al tensore T ĀµĪ½

Īµ , che viene

anche chiamato ā€œcontrotermineā€, richiediamo le seguenti proprieta:

1) Deve essere un tensore sotto trasformazioni di Lorentz.

2) Deve essere supportato sulla traiettoria della particella, cioe, T ĀµĪ½Īµ (x) = 0, se xĀµ 6= yĀµ(s).

3) Deve essere simmetrico e a traccia nulla, come lo e il tensore regolarizzato T ĀµĪ½Īµ , cioe,

Ī·ĀµĪ½TĀµĪ½Īµ = 0.

4) Deve essere tale che esista il tensore limite,

Ī˜ĀµĪ½em ā‰” S ā€² āˆ’ lim

Īµā†’0

(T ĀµĪ½

Īµ āˆ’ T ĀµĪ½Īµ

). (13.12)

Identifichiamo Ī˜ĀµĪ½em con il tensore energiaā€“impulso elettromagnetico rinormalizzato, che

sostituisce a tutti gli effetti il tensore originale, mal definito, T ĀµĪ½em.

59Nel caso statico si ha,

T 00Īµ =

12| ~EĪµ|2 =

12

( e

4Ļ€

)2 r2

(r2 + Īµ2)3,

che per Īµā†’ 0 converge, per ogni ~x 6= 0, puntualmente a,

T 00em =

12

( e

4Ļ€

)2 1r4

.

Ma questa espressione non costituisce una distribuzione.

378

Page 390: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

5) T ĀµĪ½Īµ deve essere tale che il tensore energiaā€“impulso totale del sistema campo + particella

sia conservato,

T ĀµĪ½ ā‰” Ī˜ĀµĪ½em + T ĀµĪ½

p , āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0,

dove per T ĀµĪ½p manteniamo la forma standard (2.70).

La richiesta 1) assicura che Ī˜ĀµĪ½em e un tensore sotto trasformazioni di Lorentz, dato che

anche T ĀµĪ½Īµ lo e. La richiesta 2) e motivata dai seguenti due fatti. Primo, nel complemento

della traiettoria della particella il tensore energiaā€“impulso totale originale T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½

p e

regolare e conservato. Secondo, la forma di T ĀµĪ½em nel complemento della traiettoria e

ben testata dal punto di vista fenomenologico, come abbiamo visto per esempio dalla

componente T 0iem = ( ~E Ɨ ~B)i, che e responsabile dellā€™irraggiamento. La procedura di

rinormalizzazione non deve, dunque, cambiare il valore di T ĀµĪ½em nel complemento della

traiettoria. Questo vuol dire che il supporto del controtermine deve essere la linea di

universo della particella, e T ĀµĪ½Īµ deve quindi essere una combinazione lineare della Ī“ di

Dirac e delle sue derivate, supportate sulla traiettoria. La richiesta 3) segue dal fatto

che la parte divergente di un tensore simmetrico a traccia nulla, e ancora un tensore

simmetrico a traccia nulla. Il significato delle richieste 4) e 5) e, invece, evidente. Si

puo, infine, vedere che le richieste 1)ā€“5) determinano il tensore T ĀµĪ½Īµ univocamente, moduli

termini di ordine o(Īµ) nella topologia di S ā€². Cio assicura in particolare lā€™unicita del tensore

Ī˜ĀµĪ½em, come definito in (13.12).

Costruzione esplicita: un argomento euristico. Cerchiamo ora di sfruttare queste ri-

chieste per determinare euristicamente la forma di T ĀµĪ½Īµ . Per la proprieta 2) questo tensore

deve essere proporzionale a Ī“3(~xāˆ’ ~y(t)), o meglio, alla grandezza Lorentzā€“invariante,āˆ«

Ī“4(xāˆ’ y(s)) ds =āˆš

1āˆ’ v2(t) Ī“3(~xāˆ’ ~y(t)).

Inoltre, dato che T ĀµĪ½Īµ e proporzionale alla carica al quadrato, tale dovra essere anche

T ĀµĪ½Īµ . Per la richiesta 4) il controtermine deve poi cancellare le parti divergenti di T ĀµĪ½

Īµ ,

e quindi deve divergere per Īµ ā†’ 0. Visto lā€™esempio (13.10), ci aspettiamo che queste

divergenze compaiano come poli in 1/Īµ. Includiamo allora in T ĀµĪ½Īµ un fattore 1/Īµ. Queste

considerazioni ci portano quindi a ipotizzare la forma,

T ĀµĪ½Īµ =

1

Īµ

( e

4Ļ€

)2āˆ«

HĀµĪ½ Ī“4(xāˆ’ y(s)) ds,

379

Page 391: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

dove HĀµĪ½ e un tensore simmetrico e a traccia nulla. Essendo definito lungo la linea di

universo, questo tensore deve dipendere dalle quantita cinematiche yĀµ(s), uĀµ(s), wĀµ(s)

etc., e puo coinvolgere eventualmente le derivate spazioā€“temporali āˆ‚Āµ. Inoltre, T ĀµĪ½Īµ deve

avere le stesse dimensioni di T ĀµĪ½Īµ , e dato che Īµ ha le dimensioni di una lunghezza, HĀµĪ½ deve

essere adimensionale. Siccome uĀµ e lā€™unica quantita cinematica adimensionale, HĀµĪ½ deve

allora essere necessariamente della forma a uĀµuĪ½ + b Ī·ĀµĪ½ , con a e b costanti. Ma dovendo

essere anche a traccia nulla, si conclude che,

HĀµĪ½ = C

(uĀµuĪ½ āˆ’ 1

4Ī·ĀµĪ½

),

per qualche costante numerica C. Si noti che contributi ad HĀµĪ½ del tipo yĀµwĪ½ + yĪ½wĀµ āˆ’12Ī·ĀµĪ½yĻwĻ, oppure yĀµāˆ‚Ī½ + yĪ½āˆ‚Āµ āˆ’ 1

2Ī·ĀµĪ½yĻāˆ‚Ļ, che sarebbero pure adimensionali, simmetrici

e a traccia nulla, sono esclusi perche non invarianti sotto traslazioni, yĀµ ā†’ yĀµ + aĀµ.

Le nostre richieste porterebbero allora alla seguente proposta per il tensore energiaā€“

impulso rinormalizzato,

Ī˜ĀµĪ½em = S ā€² āˆ’ lim

Īµā†’0

[T ĀµĪ½

Īµ āˆ’C

Īµ

( e

4Ļ€

)2āˆ« (

uĀµuĪ½ āˆ’ 1

4Ī·ĀµĪ½

)Ī“4(xāˆ’ y(s)) ds

], (13.13)

dove lā€™unica quantita indeterminata e la costante C. Questa costante dovrebbe essere

fissata imponendo la richiesta 4), cioe, che T ĀµĪ½Īµ cancelli le parti divergenti di T ĀµĪ½

Īµ , e la

richiesta 5), cioe, che il tensore energiaā€“impulso totale risultante sia conservato. In effetti

si puo dimostrare il risultato non banale che con la scelta,

C =Ļ€2

2,

si riescono a soddisfare entrambe queste richieste. Siccome la dimostrazione di questo

fatto per una particella in moto arbitrario e abbastanza complicata 60, ci limitiamo a

svolgerla nel caso di una particella libera.

13.2 Costruzione di Ī˜ĀµĪ½em per la particella libera

Una particella libera si muove di moto rettilineo uniforme e genera i campi determinati

in sezione 6.3. Data la Lorentzā€“invarianza della procedura appena congetturata, se essa

60Si veda, K. Lechner and P.A. Marchetti, Variational principle and energyā€“momentum tensor forrelativistic Electrodynamics of point charges, Ann. Phys. 322 (2007) 1162-1190, (hep-th/0602224).

380

Page 392: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

ha successo in un sistema di riferimento particolare, allora ha automaticamente successo

in qualsiasi sistema di riferimento. E allora sufficiente considerare una particella statica

nellā€™origine, con ~y(t) = 0.

Conosciamo gia i campi regolarizzati di una particella statica, vedi (13.9), e usando

le (2.76)ā€“(2.78) e allora immediato scrivere le componenti del tensore energiaā€“impulso

regolarizzato (13.11),

T 00Īµ =

1

2

( e

4Ļ€

)2 r2

(r2 + Īµ2)3, (13.14)

T 0iĪµ = 0, (13.15)

T ijĪµ =

1

2

( e

4Ļ€

)2 Ī“ij r2 āˆ’ 2 xixj

(r2 + Īµ2)3. (13.16)

Si noti che Ī·ĀµĪ½TĀµĪ½Īµ = 0. Anche il controtermine in (13.13) e facile da valutare, perche si

ha uĀµ = (1, 0, 0, 0), eāˆ«

Ī“4(xāˆ’ y(s)) ds = Ī“3(~x). Inserendo le (13.14)ā€“(13.16) nella (13.13),

dovremmo allora, prima di tutto, stabilire lā€™esistenza dei limiti,

Ī˜00em =

1

2

( e

4Ļ€

)2

Ā· S ā€² āˆ’ limĪµā†’0

(r2

(r2 + Īµ2)3āˆ’ 3 C

2 ĪµĪ“3(~x)

), (13.17)

Ī˜0iem = 0, (13.18)

Ī˜ijem =

1

2

( e

4Ļ€

)2

Ā· S ā€² āˆ’ limĪµā†’0

(Ī“ij r2 āˆ’ 2 xixj

(r2 + Īµ2)3āˆ’ C

2 ĪµĪ“ij Ī“3(~x)

), (13.19)

per unā€™opportuna costante C.

13.2.1 Esistenza di Ī˜ĀµĪ½em

Nella valutazione dei limiti che seguono risultera spesso necessario portare il limite sotto

il segno di integrale, operazione non sempre lecita. A questo proposito e utile il teorema

della convergenza dominata, che enunciamo senza dimostrazione.

Teorema della convergenza dominata. Sia data una successione di funzioni fn āˆˆL1 ā‰” L1[RD] tale che, a) esista il limite puntuale (quasi ovunque rispetto alla misura

di Lebesgue in RD),

limnā†’āˆž

fn(x) = f(x),

e, b) esista una funzione positiva g āˆˆ L1, tale che (quasi ovunque rispetto alla misura di

Lebesgue in RD),

|fn(x)| ā‰¤ g(x), āˆ€n.

381

Page 393: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Allora f āˆˆ L1, e le fn convergono ad f nella topologia di L1,

L1 āˆ’ limnā†’āˆž

fn = f.

Corollario. Il teorema assicura che la successione fn converge nella topologia di L1.

Cio e sufficiente per poter portare il limite sotto il segno di integrale. Abbiamo, infatti,

la maggiorazione,āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ«

fn dDxāˆ’āˆ«

f dDx

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ =

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£āˆ«

(fn āˆ’ f) dDx

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ ā‰¤āˆ«|fn āˆ’ f | dDx = ||fn āˆ’ fā€–L1 .

Siccome per nā†’āˆž si ha che fn ā†’ f in L1, lā€™ultimo membro della maggiorazione converge

a zero, e quindi converge a zero anche il primo. Abbiamo allora,

limnā†’āˆž

āˆ«fn dDx =

āˆ«f dDx =

āˆ«lim

nā†’āˆžfn dDx,

dove abbiamo usato la definizione di f . Concludiamo che, se le fn soddisfano le ipotesi

del teorema della convergenza dominata, allora possiamo scambiare i segni di limite e di

integrazione. Nei casi di nostro interesse al posto dellā€™indice discreto n avremo lā€™indice

ā€œcontinuoā€ Īµ. Inoltre, siccome il limite puntuale ā€“ ipotesi a) ā€“ esistera sempre banalmente,

per assicurare la validita del teorema si trattera di trovare una maggiorante g ā€œuniformeā€,

ovvero, indipendente da Īµ, come richiesto dallā€™ipotesi b).

Esistenza di Ī˜00em. Cominciamo la dimostrazione dellā€™esistenza di Ī˜ĀµĪ½

em, dimostrando

lā€™esistenza del limite che definisce la componente Ī˜00em, cioe, la densita di energia. In

particolare vorremo ottenere una definizione operativa per questa distribuzione, ovverosia,

una definizione che ci permetta di determinare esplicitamente lā€™energia contenuta in un

volume qualsiasi. Secondo la definizione del limite nel senso delle distribuzioni, dobbiamo

dimostrare che per unā€™opportuna costante C esiste il limite ordinario,

Ī˜00em(Ļ•) ā‰” 1

2

( e

4Ļ€

)2

limĪµā†’0

[āˆ«r2 Ļ•(~x)

(r2 + Īµ2)3d3xāˆ’ 3 C

2 ĪµĻ•(0)

],

per ogni funzione di test Ļ• āˆˆ S(R3) 61. Sottraendo e aggiungendo Ļ•(0) nel numeratore

dellā€™integrando, e notando che si ha lā€™integrale,

āˆ«r2

(r2 + Īµ2)3d3x =

3 Ļ€2

4 Īµ,

61Lo spazio delle funzioni di test da usare sarebbe S(R4), ma nel caso statico la dipendenza dal tempoe banale e puo essere omessa.

382

Page 394: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

otteniamo,

Ī˜00em(Ļ•) =

1

2

( e

4Ļ€

)2

limĪµā†’0

[āˆ«r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0))

(r2 + Īµ2)3d3x +

3

2 Īµ

(Ļ€2

2āˆ’ C

)Ļ•(0)

]. (13.20)

Il limite per Īµā†’ 0 dellā€™integrale a secondo membro e ora finito. Per farlo vedere separiamo

nella regione dā€™integrazione gli r piccoli da quelli grandi,

āˆ«r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0))

(r2 + Īµ2)3d3x =

āˆ«

r<1

r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)āˆ’ xiāˆ‚iĻ•(0))

(r2 + Īµ2)3d3x+

āˆ«

r>1

r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0))

(r2 + Īµ2)3d3x.

(13.21)

Nel primo integrale abbiamo sottratto un termine che e nullo, in quanto si annulla lā€™in-

tegrale sugli angoliāˆ«

nidĪ©, dove ni = xi/r. Nel primo integrale possiamo ora portare il

limite sotto il segno di integrale, usando il teorema della convergenza dominata. Abbiamo

infatti la maggiorazione uniforme,

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)āˆ’ xiāˆ‚iĻ•(0))

(r2 + Īµ2)3

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ ā‰¤|Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)āˆ’ xiāˆ‚iĻ•(0))|

r4ā‰” g(~x) āˆˆ L1(R3),

dove e sottointeso che per r > 1 poniamo g = 0. La maggiorante g sta in L1(R3), perche

il numeratore Ļ•(~x) āˆ’ Ļ•(0) āˆ’ xiāˆ‚iĻ•(0) si annulla come r2, per r ā†’ 0. In questo caso

particolare la maggiorante coincide con il modulo della funzione limite. Per portare il

limite sotto il segno di integrale nel secondo integrale della (13.21), e sufficiente usare la

maggiorazione, āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0))

(r2 + Īµ2)3

āˆ£āˆ£āˆ£āˆ£ ā‰¤2 ||Ļ•||

r4ā‰” g(~x) āˆˆ L1(R3),

dove con ||Ļ•|| intendiamo lā€™estremo superiore del modulo di Ļ• in R3, ed e sottinteso che

g = 0 per r < 1.

Portando nella (13.21) i limiti sotto i segni di integrale, otteniamo allora il limite finito,

limĪµā†’0

āˆ«r2(Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0))

(r2 + Īµ2)3d3x =

āˆ«

r<1

Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)āˆ’ xiāˆ‚iĻ•(0)

r4d3x +

āˆ«

r>1

Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)

r4d3x.

(13.22)

Concludiamo che per ottenere un limite finito nella (13.20), e necessario e sufficiente

scegliere,

C =Ļ€2

2.

Se nel primo integrale della (13.22) facciamo precedere lā€™integrazione su r dallā€™integrazione

sugli angoli, il terzo termine non contribuisce, e la somma dei due integrali si puo scrivere

383

Page 395: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

di nuovo come un integrale unico su tutto R3. La densita di energia rinormalizzata si puo

allora scrivere semplicemente come,

Ī˜00em(Ļ•) =

1

2

( e

4Ļ€

)2āˆ«

Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)

r4d3x, (13.23)

dove, per costruzione, lā€™integrazione sugli angoli deve precedere lā€™integrazione su r (ā€œcon-

vergenza condizionataā€).

In modo completamente analogo si dimostra che, per lo stesso valore di C, esiste anche

il limite (13.19), e che risulta,

Ī˜ijem(Ļ•) =

1

2

( e

4Ļ€

)2āˆ«

Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)

r6

(Ī“ij r2 āˆ’ 2 xixj

)d3x. (13.24)

Nella dimostrazione conviene fare uso degli integrali invarianti del problema 2.6, scrivendo

xixj = ninj r2. Abbiamo quindi concluso la dimostrazione dellā€™esistenza del limite (13.13),

secondo la richiesta 4).

13.2.2 Conservazione di Ī˜ĀµĪ½em

Affrontiamo ora la richiesta 5), cioe, la conservazione del tensore energiaā€“impulso. Per

una particella in moto rettilineo uniforme, il quadrimomento del campo elettromagnetico

si deve conservare separatamente, perche il quadrimomento della particella e costante.

Dobbiamo quindi dimostrare che vale,

āˆ‚ĀµĪ˜ĀµĪ½em = 0.

La componente Ī½ = 0 di questa equazione e banalmente soddisfatta, perche Ī˜i0em = 0,

e Ī˜00em non dipende dal tempo. Resta quindi da verificare la componente Ī½ = j, che si

riduce a,

āˆ‚iĪ˜ijem = 0, (13.25)

equazione non ovvia. Si vede, quindi, che anche per la particella libera la conservazione

del tensore energiaā€“impulso rinormalizzato non e garantita a priori. Per dimostrare che

Ī˜ijem soddisfa la (13.25), invece di usare direttamente la (13.24) e piu conveniente usare la

definizione originale (13.19), e sfruttare il fatto che la derivata e unā€™operazione continua in

S ā€². Cio ci permette di scambiare i limiti con le derivate. Ponendo C = Ļ€2/2 e prendendo

384

Page 396: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

la divergenza della (13.19), si ottiene allora,

āˆ‚iĪ˜ijem =

1

2

( e

4Ļ€

)2

Ā· S ā€² āˆ’ limĪµā†’0

(āˆ‚i

(Ī“ij r2 āˆ’ 2 xixj

(r2 + Īµ2)3

)āˆ’ Ļ€2

4 Īµāˆ‚j Ī“3(~x)

). (13.26)

Siccome il primo termine e una distribuzione regolare, le sue derivate possono essere

calcolate nel senso delle funzioni,

āˆ‚i

(Ī“ij r2 āˆ’ 2 xixj

(r2 + Īµ2)3

)= āˆ’6

xj Īµ2

(r2 + Īµ2)4= āˆ‚j

(Īµ2

(r2 + Īµ2)3

).

La (13.26) puo allora essere riscritta come,

āˆ‚iĪ˜ijem =

1

2

( e

4Ļ€

)2

āˆ‚j

(S ā€² āˆ’ lim

Īµā†’0

[Īµ2

(r2 + Īµ2)3āˆ’ Ļ€2

4 ĪµĪ“3(~x)

]).

Abbiamo di nuovo scambiato le derivate con il limite. Questo passaggio e lecito, purche

il limite della distribuzione tra parentesi quadre esista. In realta questo limite e zero.

Per dimostrarlo occorre fare vedere che per ogni Ļ• āˆˆ S, e zero il limite per Īµ ā†’ 0 della

quantita,

Īµ2

āˆ«d3x

Ļ•(~x)

(r2 + Īµ2)3āˆ’ Ļ€2

4 ĪµĻ•(0) = Īµ2

āˆ«d3x

Ļ•(~x)āˆ’ Ļ•(0)

(r2 + Īµ2)3=

āˆ«d3x

Ļ•(Īµ~x)āˆ’ Ļ•(0)

Īµ (r2 + 1)3, (13.27)

dove abbiamo usato lā€™integrale,

āˆ«d3x

(r2 + Īµ2)3=

Ļ€2

4 Īµ3.

Nellā€™ultimo integrale della (13.27) possiamo ora portare il limite sotto il segno di inte-

grale, sfruttando il teorema della convergenza dominata. In questo caso la successione

integranda,

fĪµ(~x) ā‰” Ļ•(Īµ~x)āˆ’ Ļ•(0)

Īµ (r2 + 1)3,

puo essere maggiorata usando la stima,

Ļ•(Īµ~x)āˆ’ Ļ•(0) = Īµ~x Ā·āˆ« 1

0

~āˆ‡Ļ•(Īµ~xĪ±) dĪ± ā‡’ |Ļ•(Īµ~x)āˆ’ Ļ•(0)| ā‰¤ 3 Īµr ||āˆ‚Ļ•||,

dove con ||āˆ‚Ļ•|| intendiamo lā€™estremo superiore dei moduli delle derivate parziali di Ļ• in

R3. Abbiamo allora la maggiorazione uniforme, ipotesi b),

|fĪµ(~x)| ā‰¤ 3r||āˆ‚Ļ•||(r2 + 1)3

ā‰” g(~x) āˆˆ L1[R3].

385

Page 397: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Dā€™altra parte la successione fĪµ ammette il limite puntuale āˆ€ ~x, ipotesi a),

limĪµā†’0

fĪµ(~x) =xiāˆ‚iĻ•(0)

(r2 + 1)3ā‰” f(~x).

Portando dunque nella (13.27) il limite sotto il segno di integrale risulta,

limĪµā†’0

(Īµ2

āˆ«d3x

Ļ•(~x)

(r2 + Īµ2)3āˆ’ Ļ€2

4 ĪµĻ•(0)

)=

āˆ«d3x lim

Īµā†’0

Ļ•(Īµ ~x)āˆ’ Ļ•(0)

Īµ (r2 + 1)3=

āˆ«d3x

xiāˆ‚iĻ•(0)

(r2 + 1)3= 0,

(13.28)

dove la conclusione deriva dal fatto che, scrivendo xi = nir, lā€™integrazione sugli angoli daāˆ«

dĪ© ni = 0. Segue la (13.25).

Concludiamo che il tensore energiaā€“impulso definito dalle (13.17)ā€“(13.19) soddisfa,

āˆ‚ĀµĪ˜ĀµĪ½em = 0. (13.29)

13.2.3 Una definizione operativa dellā€™energia elettromagnetica

La costruzione del paragrafo 13.2.1 ha fornito in particolare una definizione operativa per

la densita di energia Ī˜00em ā€“ la (13.23) ā€“ che permette di determinare esplicitamente lā€™ener-

gia contenuta in un arbitrario volume V . Indichando con Ļ‡V (~x) la funzione caratteristica

del volume V , la (13.23) ci dice, infatti, come calcolare lā€™energia contenuta in V ,

Īµem,V =

āˆ«

V

Ī˜00em d3x = Ī˜00

em(Ļ‡V ) =1

2

( e

4Ļ€

)2āˆ«

Ļ‡V (~x)āˆ’ Ļ‡V (0)

r4d3x.

Da questa formula, ma equivalentemente anche dalla (13.17), vediamo che lā€™energia cosı

definita ha le seguenti proprieta:

1) ĪµV e finita āˆ€V , il cui bordo non contenga lā€™origine, cioe, la particella.

2) Se V non contiene lā€™origine, allora ĪµV =āˆ«

VT 00

em d3x, dove T 00em = 1

2

(e4Ļ€

)2 1r4 .

3) Se VR e una palla di raggio R centrata nellā€™origine, allora Īµem,VR= āˆ’ e2

8Ļ€R.

4) Se VR indica il complemento di VR in R3, allora Īµem,eVR= e2

8Ļ€R.

5) Īµem,R3 = 0, cioe, lā€™energia totale del campo elettromagnetico di una particella statica

e zero, cosı come e zero pure la sua quantita di moto totale, vedi la (13.18). Abbiamo

quindi,

P Āµem ā‰”

āˆ«Ī˜0Āµ

em d3x = 0. (13.30)

6) Lā€™energia cosı definita riproduce, in particolare, la sottrazione che si opera di solito ā€œa

manoā€ nel caso di un sistema di cariche non relativistiche, vedi problema 2.8.

386

Page 398: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Moto rettilineo uniforme generico. Grazie allā€™invarianza di Lorentz della nostra proce-

dura, tutti questi risultati si estendono automaticamente a un moto rettilineo uniforme

generico. Possiamo allora riassumere le conclusioni di questo paragrafo come segue.

Per un moto rettilineo uniforme il tensore energiaā€“impulso Ī˜ĀµĪ½em dato in (13.13), con

C = Ļ€2/2, definisce una distribuzione Lorentzā€“covariante, simmetrica, e conservata,

āˆ‚ĀµĪ˜ĀµĪ½em = 0, Ī˜ĀµĪ½

em = Ī˜Ī½Āµem.

Gli integrali a tempo fissato,

P Āµem,V =

āˆ«

V

Ī˜Āµ0em d3x,

esistono finiti per ogni V , e rappresentano il quadrimomento del campo elettromagnetico

contenuto nel volume V . Se in un dato istante la particella non e contenuta in V allora

si ha,

P Āµem,V =

āˆ«

V

T Āµ0em d3x,

coincidente con il quadrimomento fornito dal tensore energiaā€“impulso originale. Il qua-

drimomento totale del campo della particella e zero,

P Āµem =

āˆ«Ī˜Āµ0

em d3x = 0.

13.3 Costruzione generale

In questa sezione presentiamo, senza dimostrazione, la generalizzazione dei risultati delle

sezioni precedenti al caso di un sistema di N particelle in moto arbitrario.

Consideriamo N particelle puntiformi che interagiscono tra di loro, e con un campo

esterno F ĀµĪ½in . Ciascuna di queste particelle produce allora un campo di Lienardā€“Wiechert,

che indichiamo con FĀµĪ½r , r = 1, Ā· Ā· Ā· , N . Il campo elettromagnetico totale del sistema e

dunque dato da,

F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½in +

āˆ‘r

FĀµĪ½r . (13.31)

Ciascuno dei campi di Lienardā€“Wiechert puo essere regolarizzato secondo la (12.19), dan-

do luogo al campo FĀµĪ½r Īµ . Come campo elettromagnetico totale regolarizzato del sistema

387

Page 399: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

definiamo allora,

F ĀµĪ½Īµ = F ĀµĪ½

in +āˆ‘

r

FĀµĪ½r Īµ .

Definiamo poi il tensore energiaā€“impulso regolarizzato come,

T ĀµĪ½Īµ = F ĀµĪ±

Īµ FĪµ Ī±Ī½ +

1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²

Īµ FĪµ Ī±Ī².

Il tensore energiaā€“impulso rinormalizzato segue allora dalla ricetta (13.13),

Ī˜ĀµĪ½em = S ā€² āˆ’ lim

Īµā†’0

[T ĀµĪ½

Īµ āˆ’Ļ€2

2 Īµ

āˆ‘r

( er

4Ļ€

)2āˆ« (

uĀµr u

Ī½r āˆ’

1

4Ī·ĀµĪ½

)Ī“4(xāˆ’ yr) dsr

]. (13.32)

Si noti che il controtermine e dato semplicemente dalla somma dei controtermini delle

singole particelle. Questa scelta discende dal fatto che le mutue interazioni tra le particelle,

corrispondenti ai prodotti dei campi di Lienardā€“Wiechert di particelle differenti, danno

luogo in T ĀµĪ½Īµ a singolarita integrabili di tipo 1/r2, che sono ben definite nel senso delle

distribuzioni. In particolare si dimostrano i seguenti due teoremi, si veda la nota 60.

Teorema A. Il limite distribuzionale in (13.32) esiste, qualsiasi siano le traiettorie delle

particelle. Inoltre, il quadrimomento totale del campo elettromagnetico,

P Āµem ā‰”

āˆ«Ī˜Āµ0

em d3x,

e finito, purche lā€™accelerazione delle particelle svanisca con sufficiente rapidita per t ā†’āˆ’āˆž.

Teorema B. Per traiettorie arbitrarie delle particelle ā€“ non soggette a nessuna equazione

del moto ā€“ la divergenza di Ī˜ĀµĪ½em, come definito in (13.32), e data da,

āˆ‚ĀµĪ˜ĀµĪ½em = āˆ’

āˆ‘r

āˆ« (e2

r

6Ļ€

(dwĪ½

r

dsr

+ w2ru

Ī½r

)+ erF

Ī½Āµr (yr)urĀµ

)Ī“4(xāˆ’ yr) dsr, (13.33)

dove abbiamo definito,

F ĀµĪ½r = F ĀµĪ½

in +āˆ‘

s 6=r

FĀµĪ½s .

Questa relazione e la controparte ā€“ ben definita ā€“ della relazione formale (13.8). Confron-

tando le due relazioni, e tenendo conto della (13.31), si vede che e come se nella (13.8) la

forza di frenamento divergente erFĪ½Āµr (yr)urĀµ, fosse stata sostituita con la forza di frena-

mento ben definitae2

r

6Ļ€

(dwĪ½

r

dsr

+ w2ru

Ī½r

). In particolare, per una particella singola in moto

rettilineo uniforme, e quindi in assenza di forze esterne, la (13.33) si riduce alla (13.29).

388

Page 400: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Mantenendo per il tensore energiaā€“impulso delle particelle lā€™espressione (2.70),

T ĀµĪ½p =

āˆ‘r

mr

āˆ«uĀµ

r uĪ½r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr,

si ha ancora, vedi paragrafo 2.4.3,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½p =

āˆ‘r

āˆ«dpĪ½

r

dsr

Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Considerando come tensore energiaā€“impulso totale del sistema la somma,

T ĀµĪ½ = Ī˜ĀµĪ½em + T ĀµĪ½

p ,

si ottiene dunque,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½ =

āˆ‘r

āˆ« (dpĪ½

r

dsr

āˆ’ e2r

6Ļ€

(dwĪ½

r

dsr

+ w2ru

Ī½r

)āˆ’ erF

Ī½Āµr (yr)urĀµ

)Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Se si vuole, infine, che il quadrimomento totale sia conservato localmente, āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0,

allora occorre dunque che le cariche soddisfino le equazioni di Lorentzā€“Dirac (12.24),

dpĀµr

dsr

=e2

r

6Ļ€

(dwĀµ

r

dsr

+ w2ru

Āµr

)+ er F ĀµĪ½

r (yr) urĪ½ .

Vediamo che, in ultima analisi, e la richiesta della conservazione del quadrimomento

ad imporre che le particelle soddisfino queste equazioni del moto del terzo ordine. Questa

richiesta va, quindi, considerata come la causa ultima di tutti gli aspetti problematici che

queste equazioni comportano.

389

Page 401: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

14 Monopoli magnetici

Nelle equazioni dellā€™Elettrodinamica i campi elettrico e magnetico giocano sotto certi

aspetti ruoli molto simili, ma sotto altri hanno funzioni completamente diverse. In assenza

di sorgenti le similitudini tra questi campi sono evidenti se si considerano le equazioni di

Maxwell in notazione tridimensionale (2.28)ā€“(2.31). In questo caso le equazioni per ~E e

~B sono difatti identiche, a parte un segno.

Dā€™altra parte nellā€™equazione di Lorentz,

d~p

dt= e

(~E + ~v Ɨ ~B

),

questi campi giocano ruoli molto diversi, in particolare il campo magnetico e soppresso

di un fattore v/c rispetto al campo elettrico. Ma la differenza piu significativa emerge in

presenza di sorgenti non nulle: cariche statiche generano infatti solo un campo elettrico,

e nessun campo magnetico. In altre parole essendo,

~āˆ‡ Ā· ~E = j0, ~āˆ‡ Ā· ~B = 0,

lā€™Elettrodinamica classica non prevede cariche magnetiche, ma solo cariche elettriche.

In questo capitolo esploreremo la possibilita di introdurre in Elettrodinamica particel-

le dotate di carica magnetica, i cosiddetti monopoli magnetici. A priori questa impresa

sembra avere poche possibilita di successo perche la struttura interna di questa teoria

appare molto rigida, essendo sorretta da vari requisiti che sono in delicato equilibrio tra

di loro, come lā€™invarianza relativistica e la conservazione della carica elettrica, del quadri-

momento e del momento angolare. Sappiamo poi che queste proprieta sono intimamente

legate tra di loro. Qualsiasi modifica ad hoc delle equazioni di Maxwell e dellā€™equazione di

Lorentz rischia quindi di compromettere la consistenza interna della teoria. Alla luce di

questo fatto il risultato principale del presente capitolo, cioe, che lā€™Elettrodinamica clas-

sica resta perfettamente consistente anche in presenza di monopoli magnetici, deve essere

considerato un risultato altamente non banale. Lā€™introduzione di monopoli magnetici in

Elettrodinamica fu in effetti presa in considerazione gia allā€™inizio del secolo scorso 62, e rie-

62Vedi per esempio, H. Poincare, Compt. Rendus 123 (1896) 530, e J.J. Thomson, Electricity andMatter, Scribners, New York, 1904, p. 26.

390

Page 402: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

saminata a livello quantistico pochissimi anni dopo lā€™avvento della Meccanica Quantistica

da Dirac.

Una volta accertato che i monopoli magnetici sono compatibili con la struttura ge-

nerale dellā€™Elettrodinamica, lā€™ipotesi di questo nuovo tipo di particelle assume una certa

rilevanza anche da un punto di vista sperimentale. Il dato sperimentale in questione e la

quantizzazione della carica elettrica, cioe, il fatto che tutte le cariche elettriche presenti

in natura sono multipli interi di una carica fondamentale ā€“ fenomeno che tuttora attende

una spiegazione teorica. Ebbene, come dimostrato da P.A.M. Dirac nel 1931, se in natura

esiste anche un solo monopolo magnetico allora la consistenza dellā€™Elettrodinamica quan-

tistica comporta automaticamente la quantizzazione della carica elettrica. Nella sezione

finale di questo capitolo presenteremo una deduzione semiclassica di questa ā€œcondizione

di quantizzazione di Diracā€.

14.1 La dualita elettromagnetica

Riprendiamo le equazioni di Maxwell nel vuoto,

āˆ’āˆ‚ ~E

āˆ‚t+ ~āˆ‡Ć— ~B = 0, (14.1)

~āˆ‡ Ā· ~E = 0, (14.2)

āˆ‚ ~B

āˆ‚t+ ~āˆ‡Ć— ~E = 0, (14.3)

~āˆ‡ Ā· ~B = 0. (14.4)

Come si vede questo insieme di equazioni resta invariato se si eseguono le sostituzioni,

~E ā†’ ~B, ~B ā†’ āˆ’ ~E. (14.5)

Queste trasformazioni generano un gruppo discreto di simmetrie che viene chiamato ā€œdua-

lita elettromagneticaā€, o semplicemente ā€œdualitaā€. Si verifica facilmente che il gruppo in

questione e Z4. Infatti, e sufficiente notare che se si esegue la trasformazione generatrice

(14.5) due volte, si ottiene meno lā€™identita. In presenza di cariche elettriche questa sim-

metria e evidentemente violata ā€“ per via della presenza di sorgenti solo nella prima coppia

di equazioni.

391

Page 403: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Per dare valenza relativistica alla dualita elettromagnetica introduciamo il ā€œtensore

elettromagnetico dualeā€, antisimmetrico ancheā€™esso 63,

F ĀµĪ½ ā‰” 1

2ĪµĀµĪ½ĻĻƒ FĻĻƒ. (14.6)

Eseguendo lā€™operazione di dualita due volte e notando lā€™identita ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“ĪµĪ±Ī²ĀµĪ½ = āˆ’4Ī“Ī³[ĀµĪ“

Ī“Ī½] si

ottiene,

ĖœF

ĀµĪ½

=1

2ĪµĀµĪ½ĻĻƒ FĻĻƒ = āˆ’F ĀµĪ½ . (14.7)

In termini del tensore elettromagnetico duale le trasformazioni di dualita (14.5) corrispon-

dono difatti semplicemente alle sostituzioni,

F ĀµĪ½ ā†’ F ĀµĪ½ , F ĀµĪ½ ā†’ āˆ’F ĀµĪ½ . (14.8)

Per vederlo e sufficiente determinare i campi elettrico e magnetico ā€œdualiā€. Usando la

definzione (14.6) si trova infatti,

Ei ā‰” F i 0 =1

2Īµi0jkFjk = āˆ’1

2ĪµijkF jk = Bi, (14.9)

Bi ā‰” āˆ’1

2Īµijk F jk = āˆ’1

2ĪµijkĪµjkl0Fl0 = āˆ’1

2ĪµijkĪµljkEl = āˆ’Ei, (14.10)

in accordo con (14.5).

E anche immediato verificare che le due coppie di equazioni di Maxwell, precedente-

mente chiamate ā€œequazione di Maxwellā€ e ā€œidentita di Bianchiā€, si possono scrivere nella

forma equivalente,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½

e , (14.11)

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = 0, (14.12)

dove abbiamo introdotto il pedice ā€œeā€ per indicare che si tratta della quadricorrente elet-

trica. Risulta allora chiaro che se si vogliono mantenere le equazioni di Maxwell invarianti

63Lā€™operazione di contrazione di un tensore completamente antisimmetrico di rango n con il tensoredi Leviā€“Civita si chiama ā€œdualita di Hodgeā€. Il risultato dellā€™operazione e un tensore completamenteantisimmetrico di rango Dāˆ’n, se D e la dimensione dello spazioā€“tempo. Da un conteggio delle componentiindipendenti di un tensore antisimmetrico,

(Dn

)per la precisione, ci si convince facilmente che questa

mappa preserva il numero di componenti. La dualita di Hodge e infatti una biiezione tra lo spazio deitensori antisimmetrici di rango n e quello dei tensori antisimmetrici di rango D āˆ’ n.

392

Page 404: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sotto le trasformazioni di dualita (14.8) in presenza di sorgenti, allora e necessario in-

trodurre anche delle ā€œsorgenti magneticheā€ al membro di destra dellā€™identita di Bianchi

(14.12).

Lā€™introduzione di una quadricorrente magnetica nellā€™identita di Bianchi comporta a

priori vari aspetti problematici riguardo alla consistenza interna della teoria modificata.

Esponiamo quı di seguito lā€™aspetto che risulta il piu problematico di tutti. Supponiamo

pure di introdurre una quadricorrente magnetica nella (14.12) e di preservare in questo

modo lā€™invarianza di Poincare delle equazioni del moto. Sussistendo tale invarianza sap-

piamo che e garantita la conservazione del quadrimomento e del momento angolare totali,

se esiste unā€™azione invariante per trasformazioni di Poincare, dalla quale queste equazioni

possono essere dedotte. Ma, come abbiamo visto, per scrivere unā€™azione e necessario in-

trodurre un potenziale vettore AĀµ. In assenza di correnti magnetiche lā€™identita di Bianchi

stessa e equivalente allā€™esistenza di un potenziale vettore, ma in presenza di tali correnti

lā€™identita di Bianchi e violata e non esiste nessun modo naturale per introdurre un po-

tenziale vettore. In effetti si puo far vedere che in presenza di correnti magnetiche non

esiste nessuna azione canonica 64. La conservazione del quadrimomento e del momento

angolare non e quindi piu garantita a priori.

Nonostante cio, come faremo vedere nella prossima sezione, esiste un modo consistente

per modificare le equazioni di Maxwell e di Lorentz in presenza di monopoli magnetici,

che preserva lā€™invarianza di Poincare e mantiene tutte le leggi di conservazione dellā€™Elet-

trodinamica con sole cariche ā€“ un risultato altamente non banale alla luce del fatto che

non esiste unā€™azione canonica.

14.2 Lā€™Elettrodinamica classica in presenza di dioni

In questa sezione proponiamo un nuovo insieme di equazioni fondamentali per lā€™Elettrodi-

namica ā€“ in sostituzione delle (2.12)ā€“(2.14) ā€“ che descrivono la dinamica di un arbitrario

64Per scrivere unā€™azione si deve rinunciare ad almeno una delle proprieta base che si richiedono disolito a unā€™azione, per esempio la localita, oppure lā€™invarianza di Lorentz manifesta. Ciononostante leequazioni del moto che si ottengono da queste azioni sono locali e Lorentzā€“invarianti. Tuttavia, lā€™assenzadi unā€™azione manifestamente Lorentzā€“invariante crea gravi problemi qualora si cerchi di quantizzare lateoria. Questa difficolta ha ritardato di molto la dimostrazione della consistenza quantistica della teoriadei monopoli magnetici, avvenuta solo nel 1979.

393

Page 405: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

sistema di particelle che portano sia carica elettrica che carica magnetica, i cosiddetti

dioni.

Consideriamo dunque un sistema di N particelle puntiformi con masse mr e linee di

universo yĀµr (sr), dotate ā€“ oltre che di carica elettrica er ā€“ di carica magnetica gr. Se per

una particella si ha er 6= 0, gr 6= 0 essa viene chiamata ā€œdioneā€, se er 6= 0, gr = 0 la si

chiama carica (elettrica), e se er = 0, gr 6= 0 essa viene chiamata monopolo (magnetico).

A questo sistema di particelle possiamo associare le quadricorrenti elettriche e magne-

tiche,

jĀµe =

āˆ‘r

er

āˆ«uĀµ

r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr,

jĀµm =

āˆ‘r

gr

āˆ«uĀµ

r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Allo stesso modo in cui si e dimostrato che la corrente elettrica e conservata, si dimostra

che e conservata anche quella magnetica. Abbiamo quindi,

āˆ‚ĀµjĀµe = 0, āˆ‚Āµj

Āµm = 0, (14.13)

qualsiasi siano le cariche er e gr. In particolare la carica magnetica totale G =āˆ«

j0m d3x

risulta conservata.

Proponiamo la seguente modifica delle equazioni di Maxwell,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½

e , (14.14)

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½

m. (14.15)

Intanto vediamo che queste equazioni sono compatibili con le (14.13), in quanto sia F che

F sono tensori antisimmetrici. Inoltre ora possiamo ristabilire lā€™invarianza per dualita se

poniamo le seguenti trasformazioni,

F ā†’ F , F ā†’ āˆ’F, je ā†’ jm, jm ā†’ āˆ’je, (14.16)

cioe, per quanto riguarda le cariche,

er ā†’ gr, gr ā†’ āˆ’er. (14.17)

394

Page 406: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Lā€™invarianza sotto queste trasformazioni e anche evidente se si scrivono le nuove equazioni

di Maxwell nel formalismo tridimensionale,

~āˆ‡ Ā· ~E = j0e , (14.18)

~āˆ‡Ć— ~B āˆ’ āˆ‚ ~E

āˆ‚t= ~je, (14.19)

~āˆ‡ Ā· ~B = j0m, (14.20)

āˆ’~āˆ‡Ć— ~E āˆ’ āˆ‚ ~B

āˆ‚t= ~jm. (14.21)

Notiamo che, anche in presenza di dioni, lā€™identita di Bianchi modificata puo essere scritta

in tre modi equivalenti,

āˆ‚ĀµFĀµĪ½ = jĪ½

m.

āˆ‚ĀµFĪ½Ļ + āˆ‚Ī½FĻĀµ + āˆ‚ĻFĀµĪ½ = āˆ’ĪµĀµĪ½ĻĪ± jĪ±m (14.22)

āˆ‚[ĀµFĪ½Ļ] = āˆ’1

3ĪµĀµĪ½ĻĪ± jĪ±

m.

Dalle (14.18)ā€“(14.21) si vede che, il campo magnetico e ora generato non solo da

cariche elettriche in moto, ma anche da monopoli magnetici statici, cosı come il campo

elettrico sara ora generato non solo da cariche elettriche statiche, ma anche da monopoli

magnetici in moto.

14.2.1 Leggi di conservazione

Come test principale della consistenza del nuovo sistema di equazioni (14.14), (14.15),

affrontiamo ora la questione dellā€™esistenza di un tensore energiaā€“impulso, che soddisfi

lā€™equazione di continuita āˆ‚ĀµTĀµĪ½ = 0. Manteniamo la definizione sia del contributo del

campo elettromagnetico che di quello delle particelle 65, T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½

p ,

T ĀµĪ½em = F ĀµĪ±FĪ±

Ī½ +1

4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī², T ĀµĪ½

p =āˆ‘

r

mr

āˆ«uĀµ

r uĪ½r Ī“4(xāˆ’ yr) dsr, (14.23)

e valutiamo separatamente la divergenza dellā€™uno e dellā€™altro. Cominciamo con il contri-

buto elettromagnetico,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½em = jĪ±

e FĪ±Ī½ + F ĀµĪ±āˆ‚ĀµFĪ±

Ī½ +1

2FĪ±Ī²āˆ‚Ī½FĪ±Ī²

65Per semplicita trascuriamo quı il problema delle divergenze dovute allā€™autointerazione, risolubile conle stesse tecniche del capitolo precedente.

395

Page 407: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

= āˆ’F Ī½Ī±jeĪ± +1

2FĪ±Ī²

(āˆ‚Ī±F Ī²Ī½ + āˆ‚Ī²F Ī½Ī± + āˆ‚Ī½FĪ±Ī²

)

= āˆ’F Ī½Ī±jeĪ± āˆ’ 1

2FĪ±Ī²ĪµĪ±Ī²Ī½ĀµjmĀµ

= āˆ’F Ī½Ī±jeĪ± āˆ’ F Ī½Ī±jmĪ±

= āˆ’āˆ‘

r

āˆ« (erF

Ī½Ī± + grFĪ½Ī±

)urĪ± Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Nel primo passaggio al posto di āˆ‚ĀµFĀµĪ± abbiamo sostituito jĪ±

e , usando (14.14). Il

secondo passaggio contiene rimaneggiamenti elementari degli indici. Nel terzo abbiamo

usato lā€™identita di Bianchi modificata, nella forma (14.22). Nel quarto abbiamo applicato

la definizione di F , e nellā€™ultimo la definizione delle correnti.

La divergenza del tensore energiaā€“impulso delle particelle e stata calcolata in (2.73),

āˆ‚ĀµTĀµĪ½p =

āˆ‘r

āˆ«dpĪ½

r

dsr

Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Sommando i due contributi si ottiene allora,

āˆ‚ĀµTĀµĪ½ =

āˆ‘r

āˆ« (dpĪ½

r

dsr

āˆ’(erF

Ī½Ī± + grFĪ½Ī±

)urĪ±

)Ī“4(xāˆ’ yr) dsr.

Vediamo, quindi, che se vogliamo mantenere il tensore enerigaā€“impulso totale conservato,

allora dobbiamo modificare anche lā€™equazione di Lorentz, sostituendola con,

dpĪ½r

dsr

=(erF

Ī½Ī± + grFĪ½Ī±

)urĪ±. (14.24)

Si noti che questa formula e ora invariante per dualita, vedi (14.8) e (14.17). Usando le

(14.9), (14.10) e immediato scriverla in notazione tridimensionale,

dĪµr

dt= ~vr Ā·

(er

~E + gr~B)

(14.25)

d~pr

dt= er

(~E + ~vr Ɨ ~B

)+ gr

(~B āˆ’ ~vr Ɨ ~E

). (14.26)

Un dione ā€“ una particella dotata oltre che di carica elettrica er anche di carica magnetica

gr ā€“ e quindi soggetta alla forza di Lorentz aggiuntiva gr( ~B āˆ’ ~vr Ɨ ~E).

Dalle equazioni (14.18)ā€“(14.21), e (14.26) si vede allora che ā€“ grazie alla dualita ā€“ la

dinamica di un sistema di soli monopoli, e completamente identica alla dinamica di un

sistema di sole cariche, cioe, allā€™Elettrodinamica standard.

396

Page 408: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Essendo il tensore energiaā€“impulso totale conservato e simmetrico, sappiamo che si

conserva automaticamente anche la corrente di densita di momento angolare,

MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² āˆ’ xĪ²T ĀµĪ±, āˆ‚ĀµMĀµĪ±Ī² = 0. (14.27)

Inoltre, dato che il tensoreā€“energia impulso ha mantenuto la stessa forma, anche lā€™espres-

sione del momento angolare conservato, LĪ±Ī² =āˆ«

d3xM0Ī±Ī², in termini di ~E e ~B rimane

immutata. Ricordiamo in particolare lā€™espressione per il momento angolare spaziale totale

Li = 12ĪµijkLjk, vedi (2.88),

~L =āˆ‘

r

(~yr Ɨ ~pr) +

āˆ«d3x

[~xƗ ( ~E Ɨ ~B)

]ā‰” ~Lp + ~Lem. (14.28)

Si noti che per un sistema statico di sole cariche, o soli monopoli, si ha ~Lem = 0, in

quanto nel primo caso si annulla ~B, mentre nel secondo si annulla ~E. Nella prossima

sezione vedremo che per un sistema statico costituito da cariche e monopoli, avremo

invece ~Lem 6= 0.

14.3 La condizione di quantizzazione di Dirac

Abbiamo visto che lā€™Elettrodinamica classica di un sistema di dioni, basata sulle equazioni

(14.14), (14.15) e (14.24), e perfettamente consistente qualsiasi siano le cariche er e gr delle

particelle. In questa sezione daremo un argumento semiclassico per cui la dinamica quan-

tistica di un tale sistema risulta consistente solo se queste cariche sono opportunamente

vincolate tra di loro ā€“ dalla condizione di quantizzazione di Dirac.

14.3.1 Una carica e un monopolo

Dalla trattazione precedente risulta chiaro che aspetti fenomenologici nuovi possono emer-

gere solo se consideriamo un sistema in cui compaiono sia cariche che monopoli. La si-

tuazione non banale piu semplice da analizzare e la seguente. Consideriamo un monopolo

magnetico statico (particella 1) con massa M e cariche e1 = 0 e g1 = g, fisso nellā€™origine.

Possiamo allora studiare la dinamica di una carica elettrica non relativistica (particella

2) con massa mĀæM e cariche e2 = e e g2 = 0, che si muove nel campo elettromagnetico

creato dal monopolo.

397

Page 409: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Come prima cosa dobbiamo dunque calcolare il campo elettromagnetico generato dal

monopolo. Essendo statico e fisso nellā€™origine le sue correnti sono,

j0m = g Ī“3(~x), ~jm = 0, jĀµ

e = 0,

in quanto e1 = 0. Si tratta allora di risolvere il sistema (14.18)ā€“(14.21) in presenza di

queste correnti. Dato che ci troviamo in un regime statico esso si riduce essenzialmente

allā€™equazione ~āˆ‡Ā· ~B = g Ī“3(~x). La soluzione, ottenibile per dualita dal caso della particella

carica statica, e,

~E1(t, ~x) = 0, ~B1(t, ~x) =g

4Ļ€

~x

r3. (14.29)

La particella 2 si muove quindi in questo campo elettromagnetico sotto lā€™azione della forza

di Lorentz data in (14.26).

Nella presente trattazione non relativistica la forza di frenamento agente sulla parti-

cella 2 puo essere trascurata, e il campo creato da essa non ha quindi nessuna influenza

sulla sua dinamica. Tuttavia, piu avanti avremo bisogno di conoscere il campo elettroma-

gnetico totale del sistema carica + monopolo, e quindi anche il campo creato dalla carica.

Se denotiamo la sua traiettoria con ~y(t), nel limite non relativistico le sue correnti sono,

j0e = e Ī“3(~xāˆ’ ~y(t)), ~je ā‰ˆ 0, jĀµ

m = 0.

Per queste correnti le (14.18)ā€“(14.21) danno luogo al campo elettromagnetico ben noto,

~E2(t, ~x) =e

4Ļ€

~xāˆ’ ~y(t)

|~xāˆ’ ~y(t)|3 , ~B2(t, ~x) = 0. (14.30)

Scriviamo ora lā€™equazione del moto (14.26) della carica nel limite non relativistico.

Tenendo conto che g2 = 0 e che ~E1 = 0 si ottiene (~v = d~y/dt, ~a = d~v/dt),

m~a = e~v Ɨ ~B1(t, ~y) =eg

4Ļ€~v Ɨ ~y

y3. (14.31)

Questa e unā€™equazione differenziale del secondo ordine che determina la legge oraria ~y(t)

della carica, note le condizioni iniziali ~y0 e ~v0. Data questa legge oraria vogliamo ora esplo-

rare le leggi di conservazione del sistema carica + monopolo + campo elettromagnetico,

sfruttando il fatto che ā€“ come dimostrato nella sezione precedente ā€“ energia, quantita di

moto e momento angolare totali si devono conservare.

398

Page 410: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

Consideriamo innanzitutto lā€™energia. Si vede subito che lā€™energia cinetica della carica

si conserva perche,d

(12mv2

)

dt= m~a Ā· ~v = 0,

cosı come si conservano seperatamente lā€™energia del monopolo, che e zero, e quella del

campo elettromagnetico. Lā€™energia di questā€™ultimo vale 1/2āˆ«

d3x( ~E22 + ~B2

1), che e infatti

una ā€œcostanteā€ infinita.

La quantita di moto m~v della carica evidentemente non si conserva, ma non e difficile

dimostrare che la quantita di moto del sistema carica + monopolo e conservata 66. La

quantita di moto del campo elettromagnetico dovrebbe allora essere costante. Usando le

(14.29) e (14.30) si trova infatti che,

~Pem =

āˆ«d3x ~E Ɨ ~B =

āˆ«d3x ~E2 Ɨ ~B1 = āˆ’ eg

(4Ļ€)2~y Ɨ

āˆ«~x

r3 |~xāˆ’ ~y|3 d3x = 0,

in quanto lā€™integrale in d3x e proporzionale a ~y.

14.3.2 Il momento angolare del sistema

Analizziamo ora in dettaglio la conservazione del momento angolare. Nel limite statico

il monopolo ha momento angolare nullo, perche anche se la sua quantita di moto resta

diversa da zero, il suo braccio va a zero. Il momento angolare della carica ~Lp = ~y Ɨm~v e

invece diverso da zero e, per di piu, non si conserva. Usando la (14.31) si trova appunto,

d~Lp

dt= ~y Ɨm~a =

eg

4Ļ€

(~v

yāˆ’ (~v Ā· ~y) ~y

y3

). (14.32)

Di conseguenza anche il momento angolare del campo elettromagnetico deve essere diverso

da zero. Lo possiamo valutare usando la sua definizione (14.28), con ~E = ~E2, e ~B = ~B1,

(~n ā‰” ~x/r),

~Lem =

āˆ«d3x~xƗ ( ~E Ɨ ~B)

=g

4Ļ€

āˆ«d3x~xƗ

(~E Ɨ ~x

r3

)

=g

4Ļ€

āˆ«d3x

(1

r~E āˆ’ (~x Ā· ~E)

~x

r3

)

66Nel limite statico la velocita del monopolo va a zero, ma la sua quantita di moto resta finita. Lasomma delle quantita di moto di carica e monopolo e infatti costante per il principio di azione e reazionedi Newton, valido nel limite non relativistico.

399

Page 411: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

=g

4Ļ€

āˆ«d3x

(Ei āˆ‚i ~n

)

=g

4Ļ€

āˆ«d3x

(āˆ‚i

(~nEi

)āˆ’ ~n (~āˆ‡ Ā· ~E))

=g

4Ļ€

[limrā†’āˆž

(āˆ«r2ni Ei ~n dĪ©

)āˆ’ e

āˆ«d3x~n Ī“3(~xāˆ’ ~y)

]

=eg

(4Ļ€)2

āˆ«~n dĪ©āˆ’ eg

4Ļ€

~y

y

= āˆ’ eg

4Ļ€

~y

y. (14.33)

Il momento angolare totale e quindi dato da,

~L = ~Lp + ~Lem = ~y Ɨm~v āˆ’ eg

4Ļ€

~y

y, (14.34)

e usando (14.32) si verifica facilmente che e conservato, d~L/dt = 0.

Il fatto che il momento angolare del sistema a due corpi (carica + monopolo) da solo

non si conserva ha due conseguenze importanti. La prima e che il moto non e piano,

come succede invece per due corpi che interagiscono attraverso una forza centrale. La

seconda e che in un esperimento di scattering una carica inizialmente priva di momento

angolare, passando vicino a un monopolo magnetico puo acquistare un momento angolare

non nullo, sottraendolo al campo elettromagnetico. La variazione del momento angolare

della carica tra lo stato iniziale e quello finale puo infatti essere letta dalla (14.34),

āˆ†~Lp = āˆ’āˆ†~Lem =eg

4Ļ€

((~y

y

)

f

āˆ’(

~y

y

)

i

).

Supponiamo ora di eseguire un esperimento di scattering in cui la carica passa a

una distanza molto grande dal monopolo, ovverosia con un parametro dā€™impatto b molto

grande. In questo caso la carica praticamente non viene deflessa perche la forza a cui e

sottoposta si annulla a grandi distanze come 1/y2, vedi (14.31). Indicando allora con z il

versore della velocita a piu e meno infinito, che e dunque la stessa, abbiamo,(

~y

y

)

i

= āˆ’z,

(~y

y

)

f

= z,

e quindi,

āˆ†~Lp =eg

2Ļ€z. (14.35)

Calcolo esplicito di āˆ†Lzp. Per capire meglio il meccanismo che fa emergere per bā†’āˆž

una variazione non nulla del momento angolare, mentre nello stesso limite le velocita

400

Page 412: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

iniziale e finale sono uguali, calcoliamo esplicitamente la variazione della velocita durante

lā€™intero processo di scattering. In questo caso la traiettoria e praticamente rettilinea, e

supponendo che essa giaccia nel piano (x, z) abbiamo ~y(t) = b x+vt z, ~v(t) = v z. Lā€™unica

componente non nulla della forza in (14.31) e allora la componente y 67,

Fy =eg

4Ļ€

[~v Ɨ ~y

y3

]

y

=eg

4Ļ€

v b

(b2 + v2t2)3/2.

Di conseguenza lā€™unica componente della velocita che varia e la componente y,

āˆ†vy =

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžay(t) dt =

1

m

āˆ« āˆž

āˆ’āˆžFy dt =

eg vb

4Ļ€ m

āˆ« āˆž

āˆ’āˆž

dt

(b2 + v2t2)3/2=

eg

2Ļ€ m b.

Si vede quindi che la particella acquista una velocita lungo y diversa da zero ā€“ che la fa

uscire dal piano iniziale (x, z) ā€“ che si annulla nel limite per b ā†’ āˆž. Al contrario, la

componente z del momento angolare subisce una variazione non nulla anche per bā†’āˆž,

āˆ†Lzp = b (māˆ†vy) =

eg

2Ļ€,

in accordo con la (14.35).

14.3.3 Consistenza quantistica e condizione di quantizzazione di Dirac

Cerchiamo ora di interpretare il risultato di questo esperimento nel contesto della Mec-

canica Quantistica. In questo ambito, dato che abbiamo considerato il limite bā†’āˆž, sia

nello stato iniziale che in quello finale la carica puo essere considerata come una particella

libera che si muove di moto rettilineo uniforme lungo lā€™asse z. Inoltre, le componenti z

della velocita e del momento angolare sono variabili compatibili, perche da,

[Li, pj] = i~ Īµijkpk,

segue,

[Lzp, p

z] = 0.

Possiamo quindi misurare lā€™osservabile Lzp con precisione sia nello stato iniziale che in

quello finale, senza modificare la velocita lungo z. I valori che otteniamo per Lzp nei

67Ovviamente la traiettoria della carica giace nel piano (x, z) solo per per t ā†’ āˆ’āˆž, perche il motonon e piano. In realta quı stiamo eseguendo un calcolo perturbativo attorno alla traiettoria rettilineaimperturbata, con parametro di espansione 1/b.

401

Page 413: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

due stati sono evidentemente due autovalori permessi per una componente del momento

angolare, cioe, n1~ e n2~, con n1 e n2 interi. Ma allora deve essere quantizzata anche la

differenza,

āˆ†Lzp = n~,

con n intero. Confrontando con la (14.35) si deduce cosı la condizione di quantizzazione

di Dirac 68,

e g = 2Ļ€n~c, (n = 0,Ā±1,Ā±2, Ā· Ā· Ā·). (14.36)

Possiamo concludere che una condizione necessaria per la coesistenza quantistica di

monopoli e cariche e che qualsiasi coppia di cariche e monopoli soddisfi la condizione di

quantizzazione di Dirac, per qualche intero positivo o negativo n. Solo recentemente e

stato dimostrato che la (14.36) e in realta anche sufficiente per la costruzione di una teoria

quantistica relativistica di campo che coinvolge sia cariche che monopoli 69.

Nonostante questi risultati teorici confortanti la ricerca sperimentale di monopoli ma-

gnetici ā€“ tuttora in atto ā€“ ha dato finora esiti negativi. Tuttavia, per lā€™interesse sia teorico

che sperimentale che queste particelle continuano a suscitare, elenchiamo quı di seguito

alcune conseguenze che deriverebbero dallā€™esistenza di monopoli magnetici in natura.

Quantizzazione della carica elettrica. Supponendo che esista anche un solo monopolo,

di carica g0, la carica elettrica er di una qualsiasi particella carica a noi nota dovrebbe

soddisfare la relazione er g0 = 2Ļ€nr~, e quindi,

er = e0 nr, e0 ā‰” 2Ļ€~g0

.

Si risolverebbe cosı il problema della quantizzazione della carica elettrica, perche tutte le

cariche sarebbero necessariamente multiple di una carica fondamentale e0. Questo fatto e

confermato dagli esperimenti con estrema precisione ā€“ per esempio la differenza relativa

tra i moduli della carica dellā€™elettrone e della carica del protone e minore di 10āˆ’20 ā€“ ma

a tuttoggi non esiste nessuna spiegazione teorica di questa ā€œcoincidenzaā€.

Dualita di accoppiamento debole/forte. La condizione di Dirac stabilisce una relazione

68P.A.M. Dirac, Proc. Roy. Soc. (London), A133, 60 (1931).69R.A. Brandt et al., Phys. Rev. D19 4 1153 (1979)

402

Page 414: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

tra le costanti di struttura fine elettrica e magnetica,

Ī±e ā‰” e2

4Ļ€ ~c, Ī±m ā‰” g2

4Ļ€ ~c,

che in teoria quantistica di campo giocano il ruolo di costanti di accoppiamento. Usando

la (14.36) si ottiene infatti,

Ī±e Ī±m =n2

4.

Per un dato sistema di cariche abbiamo quindi che se Ī±e e piccola allora Ī±m e grande, e

viceversa. Dā€™altra parte sotto una trasformazione di dualita e e g si scambiano tra di loro

secondo eā†’ g, g ā†’ āˆ’e, che per le costanti di accoppiamento equivale a,

Ī±e ā†ā†’ Ī±m. (14.37)

La dualita elettromagnetica scambia quindi regimi di accoppiamento debole con regimi di

accoppiamento forte. Per questo motivo questa dualita viene anche chiamata ā€œdualita di

accoppiamento debole/forteā€. Si puo allora facilmente intuire che una relazione di dualita

puo essere molto utile per analizzare una teoria a livello non perturbativo, cioe, in un

regime in cui la costante di accoppiamento e grande, per cui non avrebbe senso effettuare

uno sviluppo perturbativo.

I monopoli in Teorie di Grande Unificazione. Lo studio dei monopoli ā€“ introdotti da

noi ad hoc nellā€™ambito dellā€™Elettrodinamica classica ā€“ e motivato anche dal fatto che nelle

Teorie di Grande Unificazione (GUT), come per esempio quella basata sul gruppo di gauge

SU(5), la presenza di monopoli e una previsione inevitabile della teoria stessa. Il fatto che

i monopoli non siano stati ancora osservati evidentemente non contraddice queste teorie,

per il semplice motivo che le masse previste per queste particelle sono troppo elevate da

poterle produrre negli acceleratori oggi in uso.

La condizione di quantizzazione di Schwinger. Concludiamo presentando la generaliz-

zazione della condizione di Dirac al caso di particelle dioniche. Lā€™argomento semiclassico

che abbiamo presentato sopra si estende infatti facilmente al caso in cui abbiamo una

particella con cariche e1 e g1, statica nellā€™origine, e una particella con cariche e2 e g2 che

si muove nel campo elettromagnetico creato dalla prima. In questo caso si ottiene la

403

Page 415: K. Lechner - Campi Elettromagnetici

condizione 70,

e1g2 āˆ’ e2g1 = 2Ļ€n ~c, (n = 0,Ā±1,Ā±2, Ā· Ā· Ā·). (14.38)

Il segno relativo tra i due termini in questa relazione e dettato dallā€™invarianza per dualita,

vedi (14.17).

Sottolineiamo il fatto che le condizioni di quantizzazione (14.36) e (14.38) sono state

ottenute come condizioni necessarie ā€“ attraverso un argomento semiclassico nellā€™ambito

della Meccanica Quantistica non relativistica. Per completezza aggiungiamo che nellā€™am-

bito delle teorie quantistiche relativistiche di campo si puo far vedere che un sistema di

N dioni puo interagire consistentemente se vale, in alternativa, lā€™uno o lā€™altro dei seguenti

due set di condizioni,

ergs = 2Ļ€nrs ~c, āˆ€ r, s,

ergs āˆ’ esgr = 4Ļ€nrs ~c, āˆ€ r, s,

dove gli nrs sono interi postivi o negativi. Il fattore 2 aggiuntivo nel secondo set di

condizioni, rispetto a (14.38), e da interpretarsi come un effetto relativistico.

70J. Schwinger, Phys. Rev. 144 4 (1966) 1087.

404