K. Lechner - Campi Elettromagnetici
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CAMPI ELETTROMAGNETICI
Kurt Lechner
Prefazione
Le conoscenze sperimentali e teoriche acquisite finora sul comportamento della materia
a livello microscopico, portano a concludere che lāinterezza dei fenomeni fisici microscopici
puo essere interpretata assumendo che tutta la materia sia costituita da particelle elemen-
tari puntiformi, soggette a solo quattro tipi di interazioni fondamentali: gravitazionale,
elettromagnetica, debole e forte. Tra queste lāinterazione gravitazionale e quella nota da
piu tempo, mentre quella elettromagnetica e la piu studiata avendo trovato una sua solida
formulazione teorica nellāElettrodinamica Quantistica, a meta del secolo scorso. La quasi
totalita dei fenomeni fisici quotidiani ā dalla stabilita della materia alla propagazione della
luce ā e infatti riconducibile a questa teoria. Le interazioni deboli e forti, che a differenza
di quelle elettromagnetica e gravitazionale si manifestano solo a distanze microscopiche,
hanno trovato una formulazione analoga nellāambito del Modello Standard delle particelle
elementari ā che include la stessa Elettrodinamica Quantistica ā mentre lāinterazione gra-
vitazionale risulta tuttora in conflitto con le leggi della Meccanica Quantistica, nonostante
i progressi maturati nellāambito della Teoria delle Superstringhe.
Nonostante il comune ruolo di mediatrici dellāazione reciproca tra i costituenti ele-
mentari della natura, ciascuna delle quattro interazioni fondamentali e contrassegnata da
proprieta esclusive tali da comportare fenomeni fisici peculiari. Cosı le interazioni forti
sono le sole a dar luogo al fenomeno del confinamento, che confina i quark e i gluoni
allāinterno dei nucleoni, mentre le interazioni deboli sono le uniche ad essere mediate da
particelle massive, le WĀ± e la Z0. Analogamente lāinterazione elettromagnetica e lāunica
a essere mediata da particelle ā i fotoni ā le quali, non essendo dotate di carica elettrica
non sono soggette a loro volta a unāinterazione elettromagnetica reciproca. E infine, lāin-
terazione gravitazionale e lāunica che si esercita tra tutte le particelle elementari, compresi
i mediatori delle interazioni stesse.
Di fronte a queste distinzioni importanti appare alquanto sorprendente come le quattro
interazioni fondamentali siano rette da unāimpalcatura teorica comune, che ne determina
fortemente la struttura generale; impalcatura elegante nella sua forma e matematicamen-
te solida, le cui profonde origini fisiche sono in parte ancora da scoprire. Tra i pilastri
principali di questa impalcatura unificante ricordiamo i seguenti: tutte le interazioni fon-
damentali soddisfano il principio di relativita einsteiniana e ammettono una formulazione
covariante a vista, con conseguente conservazione del quadrimomento e del momento an-
golare quadridimensionale. Ciascunca delle interazioni e mediata da una o piu particelle
bosoniche, rappresentate a livello classico da un insieme di campi vettoriali AĀµ, la cui
dinamica e controllata da unāinvarianza di gauge locale. Il teorema di Noether associa
poi a ciascun bosone vettore una grandezza conservata. Infine, il pilastro forse piu miste-
rioso ma non per questo meno fondante e rappresentato dal fatto che lāintera dinamica
riguardante lāinsieme delle interazioni fondamentali puo essere dedotta da un principio
variazionale.
Il presente testo costituisce un trattato sullāElettrodinamica classica di particelle pun-
tiformi, ed e stato costruito attorno agli argomenti svolti nel corso āCampi Elettroma-
gneticiā che ho tenuto negli anni accademici 2004/05ā2008/09 per la Laurea Magistrale
in Fisica presso lāUniversita di Padova. Nella sua stesura mi sono fatto guidare in prima
linea dallāintento di enucleare gli aspetti che accomunano lāElettrodinamica alle altre inte-
razioni fondamentali ā vale a dire i pilastri sopra nominati ā mettendo anche in evidenza,
ove possibile, analogie e differenze. La rinuncia piu pesante che questa impostazione ha
comportato consiste nellāaver trascurato quasi completamente lāargomento importante dei
campi elettromagnetici nei materiali.
Le altre linee guida che ho seguito si riassumono come segue. Ho cercato di formulare
lāElettrodinamica classica come una teoria basata su un sistema di postulati ā essenzial-
mente il principio di relativita einsteininana e le equazioni di Maxwell e di Lorentz ā da
cui lāintera e ricca fenomenologia delle interazioni elettromagnetiche tra particelle cariche
puo essere dedotta in modo stringente. Per poter impostare queste equazioni in modo
matematicamente rigoroso e indispensabile ambientarle nello spazio delle distribuzioni.
Particolare attenzione e poi stata dedicata alle proprieta di consistenza interna e fisica
dellāElettrodinamica. In questo contesto viene svolta unāanalisi accurata delle divergenze
ultraviolette che accompagnano la reazione di radiazione, e che rendono lāElettrodinami-
ca classica ā in ultima analisi ā una teoria internamente inconsistente. Ogni argomento
teorico e illustrato con una serie di esempi fisicamente rilevanti che vengono svolti in
dettaglio, cosı come lāintroduzione di ogni nuovo strumento matematico viene motivata
e accompagnata da esemplificazioni pratiche. Infine, la soluzione dei problemi proposti a
conclusione dei capitoli comporta una migliore comprensione di alcuni argomenti trattati
nel testo, pur non condizionando la comprensione dei capitoli successivi.
Organizzazione del materiale. A grandi linee gli argomenti del testo sono suddivisi in
tre parti. La prima parte (capitoli 1ā4) espone le basi concettuali e matematiche su cui si
fonda la costruzione dellāElettrodinamica di un sistema di particelle cariche puntiformi.
Questa parte iniziale presenta in particolare gli strumenti matematici necessari per una
formulazione precisa della teoria, vale a dire il formalismo covariante come sede naturale
di una qualsiasi teoria relativistica, e la teoria delle distribuzioni, strumento indispensa-
bile per una trattazione corretta delle singolarita implicate dalla natura puntiforme delle
particelle cariche. Dopo lāintroduzione delle equazioni fondamentali dellāElettrodinamica
ā le equazioni di Maxwell e di Lorentz ā e una loro analisi strutturale preliminare, si ana-
lizzano le leggi di conservazione da esse implicate. Conclude la prima parte lāintroduzione
del metodo variazionale. Questo metodo viene presentato come approccio alternativo per
la formulazione di una generica teoria di campo che ne codifica la dinamica in modo con-
ciso ed elegante, e come ingrediente fondamentale per la validita del teorema di Noether.
Lo stretto nesso esistente in generale tra questo teorema e il principio variazionale viene
poi esemplificato in dettaglio nel caso dellāElettrodinamica di particelle puntiformi.
La seconda parte (capitoli 5ā11) ā la piu estesa ā verte maggiormente sulle applica-
zioni dellāElettrodinamica e comprende in particolare una trattazione sistematica della
generazione di campi elettromagnetici da parte di particelle cariche in moto arbitrario,
e unāanalisi approfondita del fenomeno dellāirraggiamento, sia nel limite non relativistico
che in quello ultrarelativistico. Cosı si svolge unāanalisi sistematica delle distribuzioni an-
golare e spettrale della radiazione emessa in diverse situazioni fisicamente rilevanti, come
ad esempio quelle riguardanti le antenne, gli acceleratori ultrarelativistici, le collisioni tra
particelle cariche e la diffusione della radiazione da parte di particelle cariche. In questa
parte vengono inoltre trattati in dettaglio alcuni argomenti che nei libri di testo raramente
vengono presentati in modo sistematico. Cosı si risolve, ad esempio, il problema del cam-
po elettromagnetico creato da una particella carica priva di massa, si esegue un confronto
dettagliato tra la radiazione elettromagnetica e quella gravitazionale, e si presenta una
trattazione teorica sistematica dellāeffetto Cerenkov.
La terza parte (capitoli 12ā13) verte su argomenti piu speculativi, e delicati, che nei
testi spesso vengono trattati con superficialita. Il capitolo 12 e dedicato alla reazione
di radiazione e affronta con cura il problema delle divergenze ultraviolette da cui essa
e inevitabilmente affetta. Lo scopo di questo capitolo e doppio: da un lato si vogliono
enucleare le motivazioni teoriche che ci costringono a sostituire lāequazione di Lorentz
(divergente) ā un dogma dellāElettrodinamica classica ā con lāequazione di LorentzāDirac.
Dallāaltro si vuole illustrare come lāElettrodinamica che emerge da questa sostituzione e
affetta da unāinconsistenza interna incurabile, che muta solo di aspetto a seconda del
punto di vista pragmatico che si assume. La seconda parte di questo capitolo e dedicata
allāaltro āproblema anticoā dellāElettrodinamica, rappresentato dallāenergia infinita del
campo elettromagnetico creato da una particella puntiforme, che mina la stessa legge
di conservazione dellāenergia. Sorprendentemente, questo problema ha trovato una sua
soluzione solo una trentina di anni fa, e noi ne presenteremo una versione alternativa in
una veste piu moderna, nellāambito della teoria delle distribuzioni. Infine, il capitolo 13 e
dedicato ai monopoli magnetici e ha lo scopo di illustrare come lāElettrodinamica ā pur
essendo basata su un sistema di postulati molto rigidi ā e perfettamente compatibile con
lāesistenza in natura di questo nuovo tipo di particelle cariche.
Prerequisiti. Si suppone che il lettore di questo testo possegga conoscenze di base
di Elettromagnetismo classico e abbia familiarita con le equazioni di Maxwell e Lorentz
scritte in forma covariante a vista, e in generale con lāuso dei tensori quadridimensionali.
Lāorigine fisica e gli elementi fondamentali del calcolo tensoriale vengono comunque richia-
mati con un certo grado di completezza e rigore logico nel capitolo 1. E anche richiesto un
minimo di familiarita con la teoria delle distribuzioni, in particolare con la distribuzione
Ī“ di Dirac. Tuttavia, gli elementi essenziali riguardanti le distribuzioni e necessari per la
comprensione del testo sono presentati in modo succinto nel capitolo 2. Infine e utile, ma
non indispensabile, conoscere il metodo variazionale relativo a un sistema lagrangiano con
un numero finito di gradi di liberta.
Padova, dicembre 2008 Kurt Lechner
Indice
1 I fondamenti della Relativita Ristretta 1
1.1 I postulati della Relativita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Trasformazioni di Lorentz e di Poincare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.1 Linearita delle trasformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.2 Invarianza dellāintervallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Leggi fisiche covarianti a vista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3.1 Calcolo tensoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.4 Struttura del gruppo di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4.1 Trasformazioni infinitesime e trasformazioni finite . . . . . . . . . . 12
1.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2 Le equazioni dellāElettrodinamica 16
2.1 Cinematica di una particella relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2 LāElettrodinamica di particelle puntiformi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2.1 Equazione di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.2.2 Identita di Bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.2.3 Equazione di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.3 La natura distribuzionale del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . 30
2.3.1 Lo spazio delle distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.3.2 Operazioni sulle distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.3.3 Identita di Bianchi e forme differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.3.4 Il campo elettromagnetico della particella statica . . . . . . . . . . 40
2.4 Le costanti del moto dellāElettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
2.4.1 Conservazione e invarianza della carica elettrica . . . . . . . . . . . 44
2.4.2 Tensore energiaāimpulso e conservazione del quadrimomento . . . . 47
2.4.3 Il tensore energiaāimpulso dellāElettrodinamica . . . . . . . . . . . 49
2.4.4 Conservazione del momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
2.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3 Metodi variazionali in teoria di campo 64
3.1 Principio di minima azione in meccanica classica . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.2 Principio di minima azione in teoria di campo . . . . . . . . . . . . . . . . 69
3.2.1 Ipersuperfici nello spazio di Minkowski . . . . . . . . . . . . . . . . 72
3.2.2 Invarianza relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
3.2.3 La lagrangiana per lāequazione di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . 79
3.3 Il Teorema di Noether . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
3.3.1 Trasformazioni di Poincare infinitesime . . . . . . . . . . . . . . . . 85
3.3.2 Teorema di Noether per il gruppo di Poincare . . . . . . . . . . . . 87
3.3.3 Tensore energiaāimpulso canonico per il campo di Maxwell . . . . . 92
3.4 Costruzione di un tensore energiaāimpulso simmetrico . . . . . . . . . . . . 93
3.4.1 Tensore energiaāimpulso simmetrico per il campo di Maxwell . . . . 96
3.5 Densita di momento angolare āstandardā . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
3.6 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
4 Il metodo variazionale per lāElettrodinamica di particelle puntiformi 101
4.1 Principio variazionale per una particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . 101
4.2 Lāazione per lāElettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
4.3 Il teorema di Noether in Elettrodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
4.4 Invarianza di gauge e conservazione della carica elettrica . . . . . . . . . . 112
4.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
5 Onde elettromagnetiche 115
5.1 I gradi di liberta del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
5.1.1 I gradi di liberta in meccanica newtoniana . . . . . . . . . . . . . . 116
5.1.2 I gradi di liberta in teoria di campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
5.1.3 Il problema di Cauchy per lāequazione di Maxwell . . . . . . . . . . 118
5.2 Lāequazione delle onde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
5.2.1 Il problema alle condizioni iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
5.3 Soluzioni dellāequazione di Maxwell nel vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . 131
5.3.1 Proprieta delle onde elettromagnetiche elementari . . . . . . . . . . 134
5.3.2 Onde piane ed elicita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139
5.3.3 Onde elettromagnetiche e invarianza di gauge manifesta . . . . . . . 145
5.4 Effetto Doppler relativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
5.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
6 Generazione di campi elettromagnetici 157
6.1 Il metodo della funzione di Green: equazione di Poisson . . . . . . . . . . . 158
6.1.1 Una soluzione particolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
6.1.2 Validita della soluzione e soluzione generale . . . . . . . . . . . . . 163
6.2 Il campo generato da una corrente generica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166
6.2.1 La funzione di Green ritardata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169
6.2.2 Il potenziale vettore ritardato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
6.2.3 Validita della soluzione e trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . 176
6.3 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . 178
6.3.1 Campo di una particella massiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
6.3.2 Campo di una particella di massa nulla . . . . . . . . . . . . . . . . 183
6.4 Campo di una particella in moto arbitrario . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
6.4.1 Condizioni asintotiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188
6.4.2 I campi di LienardāWiechert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190
6.4.3 Emissione di radiazione da cariche accelerate . . . . . . . . . . . . . 198
6.4.4 Limite non relativistico e formula di Larmor . . . . . . . . . . . . . 201
6.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204
7 Irraggiamento 206
7.1 Il campo elettromagnetico nella zona delle onde . . . . . . . . . . . . . . . 208
7.1.1 Emissione di quadrimomento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
7.1.2 Sorgenti monocromatiche e onde piane . . . . . . . . . . . . . . . . 212
7.2 La radiazione dellāantenna lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214
7.3 Sviluppi non relativistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218
7.3.1 Sviluppo in multipoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218
7.3.2 La radiazione di dipolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
7.3.3 Potenza emessa da unāantenna lineare corta . . . . . . . . . . . . . 226
7.3.4 Diffusione Thomson della radiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 228
7.3.5 Bremsstrahlung dallāinterazione coulombiana . . . . . . . . . . . . . 234
7.3.6 La radiazione dellāatomo dāidrogeno classico . . . . . . . . . . . . . 240
7.4 Radiazione di quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico . . . . . . . . . . 242
7.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247
8 La radiazione gravitazionale 252
8.1 Onde gravitazionali e onde elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . 252
8.2 Le equazioni per un campo gravitazionale debole. . . . . . . . . . . . . . . 253
8.2.1 La relazione con le equazioni di Einstein . . . . . . . . . . . . . . . 255
8.3 Irraggiamento gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258
8.3.1 Un argomento euristico per la formula di quadrupolo . . . . . . . . 259
8.4 La potenza della radiazione di quadrupolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261
8.5 La pulsar binaria PSR 1913+16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 264
8.6 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268
9 Irraggiamento ultrarelativistico 269
9.1 Generalizzazione relativistica della formula di Larmor . . . . . . . . . . . . 270
9.1.1 Un argomento di covarianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271
9.1.2 Deduzione della formula di Larmor relativistica . . . . . . . . . . . 273
9.2 Perdita di energia negli acceleratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276
9.2.1 Acceleratori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 278
9.2.2 Acceleratori circolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279
9.3 Distribuzione angolare nel limite ultrarelativistico . . . . . . . . . . . . . . 281
9.4 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284
10 Analisi spettrale 286
10.1 Analisi di Fourier e risultati generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 286
10.2 Analisi spettrale nel limite non relativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289
10.2.1 Bremsstrahlung a spettro continuo e catastrofe infrarossa . . . . . . 291
10.2.2 Bremsstrahlung a spettro discreto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294
10.3 Analisi spettrale relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296
10.3.1 Spettro di emissione di una particella singola . . . . . . . . . . . . . 297
10.3.2 Frequenze caratteristiche nel limite ultrarelativistico . . . . . . . . . 300
10.4 La radiazione del ciclotrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303
10.4.1 Analisi spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 304
10.4.2 Lo spettro nel limite ultrarelativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . 305
10.4.3 Distribuzione angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 307
10.4.4 Luce di sincrotrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309
10.5 Spettro di emissione di una corrente generica . . . . . . . . . . . . . . . . . 310
10.5.1 Corrente periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 310
10.5.2 Corrente aperiodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 313
11 Lāeffetto Cerenkov 315
11.1 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme in un mezzo . . . . . . 316
11.2 Il campo per v <c
n. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 318
11.2.1 Analisi in frequenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 319
11.3 Il campo per v >c
n. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323
11.3.1 Il campo nella zona delle onde e lāangolo di Cerenkov . . . . . . . . 325
11.4 Mezzi dispersivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327
11.5 Perdita di energia ed emissione di fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331
11.5.1 Un argomento euristico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331
11.5.2 La formula di Frank e Tamm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333
11.6 Rivelatori Cerenkov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 336
12 La reazione di radiazione 338
12.1 Forze di frenamento: analisi preliminare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 341
12.1.1 Un argomento euristico per lāequazione di LorentzāDirac . . . . . . 343
12.2 Lāequazione di LorentzāDirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 344
12.2.1 Derivazione dellāequazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 346
12.2.2 Determinazione dellāautocampo regolarizzato . . . . . . . . . . . . . 350
12.2.3 Caratteristiche dellāequazione di LorentzāDirac . . . . . . . . . . . . 351
12.2.4 La particella carica libera: soluzione esatta . . . . . . . . . . . . . . 355
12.2.5 Moto in campo costante: preaccelerazione . . . . . . . . . . . . . . 358
12.3 Lāequazione integroādifferenziale di Rohrlich . . . . . . . . . . . . . . . . . 361
12.3.1 Preaccelerazione e violazione della causalita . . . . . . . . . . . . . 363
12.4 Il problema relativistico a due corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366
12.4.1 Espansione non relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 368
12.5 Problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374
13 Un tensore energiaāimpulso privo di singolarita 375
13.1 Linee guida della costruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 377
13.2 Costruzione di ĪĀµĪ½em per la particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380
13.2.1 Esistenza di ĪĀµĪ½em . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381
13.2.2 Conservazione di ĪĀµĪ½em . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384
13.2.3 Una definizione operativa dellāenergia elettromagnetica . . . . . . . 386
13.3 Costruzione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 387
14 Monopoli magnetici 390
14.1 La dualita elettromagnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 391
14.2 LāElettrodinamica classica in presenza di dioni . . . . . . . . . . . . . . . . 393
14.2.1 Leggi di conservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 395
14.3 La condizione di quantizzazione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 397
14.3.1 Una carica e un monopolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 397
14.3.2 Il momento angolare del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 399
14.3.3 Consistenza quantistica e condizione di quantizzazione di Dirac . . 401
1 I fondamenti della Relativita Ristretta
LāElettrodinamica classica costituisce il prototipo per eccellenza di una teoria relativistica,
avendo contribuito in modo determinante alla nascita della Relativita stessa. Il principio
guida della relativita einsteiniana, che afferma che tutte le leggi della Fisica devono avere
la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali, e emerso con forza da questa
teoria ed e andato consolidandosi sempre di piu man mano che le nostre conscenze del
mondo microscopico si sono ampliate e approfondite. Lāimplementazione piu naturale
ed elegante di questo principio, di fatto lāunica di una vera utilita, avviene attraverso il
paradigma della ācovarianza a vistaā realizzato nellāambito del calcolo tensoriale. Questo
paradigma ha mostrato possedere carattere universale essendo stato applicato con successo
a qualsiasi teoria di tipo fondamentale, come le teorie che descrivono le quattro interazioni
fondamentali o la piu speculativa Teoria delle superstringhe, e mantiene per di piu la sua
piena validita anche a livello quantistico. La presentazione dellāElettrodinamica fornita
in questo testo si basera cosı con forza, e diremo a ragione, su questo paradigma.
In questo capitolo introduttivo ripercorreremo innanzitutto i tratti essenziali del per-
corso logico che ha portato dai postulati della Relativita alla formulazione del paradigma
della covarianza a vista. E infatti importante tenere presente quali sono le assunzioni
apriorstiche fatte nella costruzione di una teoria, e distinguere le conseguenze inevitabili
di tali assunzioni dalle conseguenze di eventuali ipotesi aggiuntive formulate strada fa-
cendo. Riassumeremo poi in particolare gli elementi fondamentali del calcolo tensoriale
di cui faremo ampio uso in questo testo. Nella parte finale del capitolo anlizzeremo in
dettaglio la struttura del gruppo di Poincare per via della sua connessione intima con le
leggi di conservazione, connessione che verra sviscerata piu avanti.
1.1 I postulati della Relativita
La Meccanica Newtoniana e la teoria della Relativita Ristretta si basano su alcune as-
sunzioni aprioristiche comuni sulle proprieta dello spazio vuoto e del tempo, mentre si
distinguono in modo fondamentale attraverso i āprincipi di relativitaā su cui ciascuna
delle due teorie e basata.
1
Le assunzioni in comune sono costituite dalle proprieta dello spazio vuoto di essere
omogeneo e isotropo, e dallāomogeneita del tempo. Inoltre le leggi fisiche di entrambe le
teorie sono formulate rispetto a una classe particolare di sistemi di riferimento, i riferi-
menti inerziali, ed entrambe implementano lāequivalenza fisica di tutti questi riferimenti
attraverso un principio di relativita. Il principio di relativita galileiana della Meccanica
Newtoniana prevede che le leggi della meccanica mantengano la stessa forma sotto trasfor-
mazioni di Galileo da un sistema di riferimento a un altro, mentre il principio di relativita
einsteiniana richiede che tutte le leggi della fisica abbiano la stessa forma in tutti i sistemi
riferimenti, non facendo ā a priori ā nessuna ipotesi sul modo in cui trasformano lo spazio
e il tempo.
Dāaltra parte rispetto alla Meccanica Newtoniana la teoria della Relativita Ristretta
rinuncia al paradigma dellāassolutezza degli intervalli spaziali e temporali, sostituendolo
con il postulato della costanza della velocita della luce. In definitiva i postulati della fisica
relativistica risultano i seguenti:
I) Lo spazio e isotropo e omogeneo, e il tempo e omogeneo.
II) La velocita della luce e la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
III) Le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Per rendere operativi questi postulati, in particolare il postulato III) che pone forti
restrizioni sulla forme delle leggi fisiche ammesse, e necessario determinare innanzitutto
la forma delle trasformazioni delle coordinate spazioātemporali da un sistema di riferi-
mento a un altro. Prima di derivare la forma di queste trasformazioni dai postulati stessi
specifichiamo le notazioni che adottiamo in questo testo.
Indichiamo le coordinate spazioātemporali ācontrovariantiā di un evento con indici
greci, Āµ, Ī½, Ā· Ā· Ā· = (0, 1, 2, 3),
xĀµ = (x0, x1, x2, x3), x0 = ct,
dove dāora in poi la velocita della luce c verra posta uguale allāunita. Indichiamo le
componenti puramente spaziali dellāevento con indici latini, i = (1, 2, 3, ),
xi = (x1, x2, x3),
2
e scriveremo anche xĀµ = (x0, xi). Denotiamo inoltre la metrica di Minkowski, e la sua
inversa, con,
Ī·ĀµĪ½ = diag(1,ā1,ā1,ā1) = Ī·ĀµĪ½ , Ī·ĀµĪ½Ī·Ī½Ļ = Ī“ĀµĻ .
Adottiamo poi la convenzione di Einstein della āsomma sugli indici mutiā, che sottintende
il simbolo di sommatoria su un indice che compare due volte nella stessa espressione. La
metrica di Minkowski permette di introdurre coordinate spazioātemporali ācovariantiā
secondo,
xĀµ ā” Ī·ĀµĪ½xĪ½ = (x0,āx1,āx2 ā x3), xĀµ = Ī·ĀµĪ½xĪ½ .
Scrivendo xĀµ = (x0, xi) avremo quindi x0 = x0, xi = āxi. Si dice che la metrica di
Minkowski permette di abbassare e alzare gli indici.
1.2 Trasformazioni di Lorentz e di Poincare
Come notato sopra, al contrario dei postulati della Meccanica Newtoniana i postulati
della Relativita non specificano a priori la forma delle trasformazioni delle coordinate
spazioātemporali nel passaggio da un sistema di riferimento a un altro; sono piuttosto i
postulati stessi che determinano in modo univoco la forma delle trasformazioni permesse,
che risulteranno essere le trasformazioni di Poincare. In questa sezione ripercorriamo
brevemente la deduzione della forma di queste trasformazioni dai postulati, illustrando
cosı lāestrema economia dei postulati stessi e sottolineando la solidita delle proprieta
formali che attraverso essi la Relativita Ristretta impone a tutte le leggi della fisica.
1.2.1 Linearita delle trasformazioni
Consideriamo un sistema di riferimento inerziali K, e in esso due eventi infinitesimamente
vicini, con coordinate xĀµ e xĀµ + dxĀµ. Le coordinate in un altro sistema di riferimento
K ā² saranno legate alle coordinate in K da una generica trasformazione xā²Āµ = fĀµ(x). Se
le funzioni fĀµ sono sufficientemente regolari le coordinate degli stessi due eventi in K ā²
differiranno allora di,
dxā²Āµ =āfĀµ(x)
āxĪ½dxĪ½ ā” ĪĀµ
Ī½(x) dxĪ½ .
3
Tuttavia, per lāomogeneita dello spazio e del tempo, postulato I), la matrice ĪĀµĪ½(x) deve
essere indipendente da x, e integrando si percio una relazione lineare tra le coordinate in
K e K ā²,
xā²Āµ = ĪĀµĪ½x
Ī½ + aĀµ. (1.1)
Per le coordinate covarianti si ottiene allora,
xā²Āµ = ĪĀµĪ½xĪ½ + aĀµ, ĪĀµ
Ī½ ā” Ī·ĀµĪ± Ī·Ī½Ī² ĪĪ±Ī². (1.2)
I quattro parametri aĀµ corrispondono ad arbitrarie traslazioni dello spazio e del tempo, che
rappresentano in effetti una classe di trasformazioni permesse tra due sistemi di riferimento
inerziali. Dāaltra parte ci si convince facilmente che per una scelta arbitraria dei 16
parametri ĪĀµĪ½ la (1.1) in generale non corrisponde a una trasformazione da un sistema
di riferimento inerziale a un altro. Per vederlo e sufficiente considerare la scelta ĪĀµĪ½ =
k Ī“ĀµĪ½ , corrispondente a una trasformazione di scala, che per k 6= 1 in generale non lascia
invarianti le leggi della fisica.
1.2.2 Invarianza dellāintervallo
Per determinare la classe delle matrici Ī che corrispondono a trasformazioni tra sistemi di
riferimento fisicamente permesse e necessario ricorrere anche al postulato II), dimostrando
ālāinvarianza dellāintervalloā. Si definisce intervallo tra due eventi xĀµ e xĀµ + dxĀµ, con dxĀµ
differenze infinitesime o anche finite, la quantita,
ds2 ā” dxĀµdxĪ½Ī·ĀµĪ½ = dt2 ā |d~x|2,
che si dimostra essere indipendente dal sistema di riferimento. Consideriamo, infatti,
lāintervallo tra gli stessi due eventi in un altro sistema di riferimento K ā². Per (1.1) si ha,
dsā²2 = dxā²Āµdxā²Ī½Ī·ĀµĪ½ = dtā²2 ā |d~x ā²|2 = GĀµĪ½dxĀµdxĪ½ , (1.3)
dove la matrice simmetrica GĀµĪ½ e definita da,
GĀµĪ½ ā” ĪĪ±ĀµĪĪ²
Ī½Ī·Ī±Ī²,
e risulta indipendente dagli eventi considerati. Se i due eventi corrispondono al passaggio
di un raggio di luce si ha evidentemente ds2 = 0, e vale anche il viceversa. Dal postulato
4
II) segue allora che,
dsā²2 = 0 ā ds2 = 0 ā dt = Ā±|d~x|.
Concludiamo che la quantita dsā²2, vista come polinomio del secondo ordine in dt, ha gli
zeri in dt = Ā±|d~x|. La (1.3) permette allora di scrivere,
dsā²2 = G00 (dtā |d~x|) (dt + |d~x|) = G00 ds2, (1.4)
dove la quantita G00 puo dipendere solo dal moto relativo dei due riferimenti. In parti-
colare, per lāinvarianza per rotazioni ā postulato I) ā G00 puo dipendere solo dal modulo
della velocita relativa, G00(|~v|). Ma invertendo nella (1.4) i ruoli di K e K ā² avremmo
~v ā ā~v e quindi otterremmo G00(|~v|) = 1/G00(|~v|), e dunque G00 = 1. Lāintervallo tra
due eventi qualsiasi e quindi lo stesso in tutti i sistemi di riferimento,
ds2 = dsā²2,
e la (1.3) pone dunque,
GĀµĪ½ = Ī·ĀµĪ½ .
Concludiamo che le matrici Ī che compaiono nelle trasformazioni (1.1) tra due sistemi di
riferimento sono soggette ai vincoli,
ĪĪ±ĀµĪĪ²
Ī½Ī·Ī±Ī² = Ī·ĀµĪ½ ā ĪT Ī· Ī = Ī·. (1.5)
Lāinsieme di queste matrici forma un gruppo di Lie, chiamato gruppo di Lorentz, che
viene anche indicato con,
O(1, 3) ā” Ī, matrici reali 4Ć 4 /ĪT Ī· Ī = Ī·.
Due generici sistemi di riferimento sono pertanto collegati da una trasformazione li-
neare non omogenea del tipo (1.1), dove Ī e un elemento del gruppo di Lorentz. Lāinsieme
di queste trasformazioni forma a sua volta un gruppo di Lie che viene chiamato gruppo
di Poincare, P . Gli elementi di questo gruppo sono identificati univocamente dalle coppie
(ĪĪ±Ī², aĀµ),
P ā” (Ī, a) /Ī ā O(1, 3), a ā R4.
5
Il gruppo O(1, 3) e omeomorfo al sottogruppo di P corrispondente ad a = 0, mentre
gli elementi di P corrispondenti a ĪĀµĪ½ = Ī“Āµ
Ī½ formano il sottogruppo delle traslazioni.
Le trasformazioni delle coordinate (1.1) indotte dagli elementi del gruppo di Poincare
vengono chiamate trasformazioni di Poincare, mentre le trasformazioni corrispondenti ad
aĀµ = 0 vengono chiamate trasformazioni di Lorentz.
Strettamente parlando quello che abbiamo dimostrato finora e che una trasformazione
che collega due sistemi di riferimento inerziali e necessariamente una trasformazione di
Poincare. A rigore dovremmo ancora convincerci che ogni trasformazione di Poincare
corrisponde realmente al passaggio da un riferimento inerziale a un altro; e ovvio che
questo problema riguarda solo le trasformazioni di Lorentz in quanto le traslazioni hanno
un significato fisico immediato. Affronteremo questa questione nella sezione 1.4.
1.3 Leggi fisiche covarianti a vista
Una volta determinata la forma delle trasformazioni delle coordinate da un sistema di
riferimento a un altro possiamo procedere allāimplementazione del postulato III), ovverosia
allo sviluppo di una strategia che permetta di derivare leggi fisiche che soddisfano il
principio di relativita einsteiniana. Prima di poter fare questo dobbiamo determinare
il modo in cui si trasformano in generale le grandezze fisiche quando si passa da un
riferimento a un altro.
Cominciamo notando che il gruppo di Lorentz possiede come sottogruppo il gruppo
delle rotazioni spaziali, vedi sezione 1.4, rappresentato dalle matrici 3Ć 3 ortogonali Rij,
O(3) ā” R matrici reali 3Ć 3 /RTR = I.
Questo gruppo costituisce un gruppo di invarianza āa vistaā per le equazioni della Mec-
canica Newtoniana, in quanto queste genericamente sono scritte in forma triāvettoriale.
Esempi ne sono lāequazione di Newton stessa, ~F = m~a, oppure la formula per il momento
angolare di un corpo rigido, Li = I ijĻj, dove I ij e il tensore dāinerzia,
I ij =ā
n
mn(xinxj
n ā r2n Ī“ij),
e Ļj e lo pseudoāvettore velocita angolare. Notiamo comunque che le grandezze fi-
siche coinvolte sono raggruppate in vettori o tensori tridimensionali, che trasformano
6
linearmente sotto O(3). Abbiamo per esempio,
F ā²i = RijF
j, I ā²ij = RimRj
nImn.
Essendo O(3) sottogruppo di O(1, 3) possiamo allora assumere che le grandezze fisiche
che compaiono nelle leggi della fisica relativistica siano raggruppate in multipletti che tra-
sformano linearmente sotto il gruppo di Lorentz. Nel linguaggio della teoria dei gruppi si
dice che ciascuno di questi multipletti deve essere sede di una rappresentazione, riducibi-
le o irriducibile, del gruppo di Lorentz. Da un risultato fondamentale della teoria delle
rappresentazioni dei gruppi segue allora che questi multipletti devono formare ātensori
quadridimensionali di rango (m,n)ā sotto lāazione del gruppo di Lorentz.
Per definizione un tensore quadridimensionale di rango (m,n) porta m indici contro-
varianti e n indici covarianti,
TMN ā” T Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµm
Ī½1Ā·Ā·Ā·Ī½n,
ed e caratterizzato dalla specifica legge di trasformazione sotto una generica trasformazio-
ne di Poincare (1.1), che specificheremo tra un momento. Tensori di rango (0,0) vengono
chiamati scalari, e tensori di rango (1,0) e (0,1) vengono chiamati vettori, rispettivamente
controvarianti e covarianti.
Piu in generale considereremo campi tensoriali di rango (m,n), che rispetto ai ten-
sori esibiscono anche una dipendenza dalla coordinata quadridimensionale x, T Āµ1Ā·Ā·Ā·ĀµmĪ½1Ā·Ā·Ā·Ī½n
(x).
Per definizione la sua legge di trasformazione sotto una trasformazione di Poincare delle
coordinate, xā² = Īx + a, e data da,
T ā²Āµ1Ā·Ā·Ā·ĀµmĪ½1Ā·Ā·Ā·Ī½n
(xā²) = ĪĀµ1Ī±1 Ā· Ā· Ā·ĪĀµm
Ī±m ĪĪ½1
Ī²1 Ā· Ā· Ā· ĪĪ½n
Ī²n T Ī±1Ā·Ā·Ā·Ī±m
Ī²1Ā·Ā·Ā·Ī½n(x). (1.6)
In particolare un campo tensoriale e invariante per traslazioni. La legge di trasformazione
di un tensore di rango (m,n) si ottiene semplicemente dalla (1.6) omettendo la dipendenza
dalle coordinate spazioātemporali. In seguito per semplicita useremo la dicitura generica
ātensoreā sia per un campo tensoriale che per un tensore, in quanto sara chiaro dal contesto
di che tipo di oggetto si sta trattando.
Una volta accettato che le osservabili fisiche in una teoria relativistica si devono rag-
gruppare in tensori quadridimensionali, lāimplementazione del postulato III) ā la relati-
vita einsteiniana ā avviene in analogia con la Meccanica Newtoniana. Cosı come le leggi
7
di questāultima eguagliando vettori tridimensionali a vettori tridimensionali rispettano
automaticamente la richiesta di invarianza sotto rotazioni spaziali, le leggi della fisica
relativistica avranno automaticamente la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento
inerziali, se sono scritte nel linguaggio quadritensoriale, cioe, eguagliano quadritensori a
quadritensori. Se SNM e TM
N sono due tensori dello stesso rango schematicamente avremo
infatti,
SMN (x) = TM
N (x) in K ā S ā²MN (xā²) = T ā²MN (xā²) in K ā², (1.7)
come si vede moltiplicando la prima equazione con unāopportuna serie di matrici Ī. Unāe-
quazione scritta in forma quadritensoriale come la (1.7) si dice essere ācovariante a vistaā,
in quanto soddisfa automaticamente il principio di relativita einsteiniana.
In conclusione, il paradigma della covarianza a vista costituisce il metodo piu diretto
ed efficace per implementare il postulato III) in una qualsiasi teoria relativistica: in ultima
analisi questo pardigma risulta equivalente al postulato stesso in quanto non sono note
leggi fisiche che hanno la stessa forma in tutti i riferimenti inerziali, ma non possono essere
poste in forma covariante a vista.
Di seguito riassumiamo gli elementi fondamentali del calcolo tensoriale in quanto
strumento essenziale per la costruzione di equazioni covarianti a vista.
1.3.1 Calcolo tensoriale
Di seguito elenchiamo le operazioni principali che si possono eseguire sui tensori, lasciando
eventuali dimostrazioni per lo piu come esercizio.
Indici covarianti e controvarianti. Un tensore di rango (m,n) puo essere trasformato
in un tensore di rango (m ā k, n + k), alzando o abbassando k indici con la metrica di
Minkowski. In generale il tensore ottenuto viene indicato ancora con lo stesso simbolo.
Per esempio, per m = 2, n = 1 e k = 2 si scrive,
TĪ±Ī²Ļ = Ī·Ī±ĀµĪ·Ī²Ī½TĀµĪ½
Ļ.
Di conseguenza un tensore di rango (m,n) e equivalente a tutti gli effetti a un tensore di
rango (mā k, n + k), motivo per cui come rango di un tensore si definisce spesso lāintero
m + n.
8
Prodotti tra tensori. Il āprodottoā tra due tensori di rango (m,n) e (k, l) e un tensore
di rango (m + k, n + l).
Contrazione degli indici e prodotti scalari. A partire da un tensore di rango (m,n) si
possono costruire tensori di rango (m ā k, n ā k), contraendo k indici covarianti con k
indici controvarianti. Per esempio, a partire da un tensore T ĀµĪ½Ļ di rango (2, 1) contraendo
un indice si ottiene il vettore controvariante,
T ĀµĪ½Ī½ = T ĀµĪ½
Ļ Ī“ĻĪ½ . (1.8)
In particolare la contrazione degli indici del prodotto di due vettori, T ĀµUĪ½ , da lo scalare,
T ĀµUĪ½ Ī“Ī½Āµ = T ĀµUĀµ = T ĀµU Ī½Ī·ĀµĪ½ .
Indicheremo il āquadratoā di un vettore con V 2 ā” V ĀµVĀµ.
Gradiente di un campo tensoriale. Il gradiente quadriādimensionale, o piu semplice-
mente la āderivataā, di un campo tensoriale di rango (m,n) costituisce un campo tensoriale
di rango (m,n + 1). Indicheremo il gradiente rispetto alle coordinate spazioātemporali
controvarianti con il simbolo,
āĀµ ā” ā
āxĀµ.
Si noti che lāoperatore āĀµ porta lāindice in basso in quanto corrisponde a un vettore
covariante. Cosı la derivata di un campo scalare Ļ(x) e il campo vettoriale covariante
āĀµĻ(x).
Simmetrie. Un tensore di rango (2, 0) si dice simmetrico se SĀµĪ½ = SĪ½Āµ, e antisimmetrico
se AĀµĪ½ = āAĪ½Āµ, proprieta che vengono preservate dalle trasformazioni di Poincare. La
contrazione doppia del prodotto tra un tensore simmetrico e uno antisimmetrico e zero,
AĀµĪ½SĀµĪ½ = 0.
Si definiscono parte simmetrica e parte antisimmetrica di un generico tensore di rango
(2, 0) T ĀµĪ½ i tensori,
T (ĀµĪ½) ā” 1
2(T ĀµĪ½ + T Ī½Āµ), T [ĀµĪ½] ā” 1
2(T ĀµĪ½ ā T Ī½Āµ),
il primo essendo un tensore simmetrico e il secondo un tensore antisimmetrico. Si ha la
decomposizione,
T ĀµĪ½ = T (ĀµĪ½) + T [ĀµĪ½].
9
Per la contrazione doppia del prodotto di un generico tensore T ĀµĪ½ con un tensore simme-
trico, rispettivamente antisimmetrico, valgono le identita,
T ĀµĪ½SĀµĪ½ = T Ī½ĀµSĀµĪ½ = T (ĀµĪ½)SĀµĪ½ , T ĀµĪ½AĀµĪ½ = āT Ī½ĀµAĀµĪ½ = T [ĀµĪ½]AĀµĪ½ . (1.9)
Un tensore di rango (n, 0) si dice completamente (anti)simmetrico se e (anti)simmetrico
nello scambio di qualsiasi coppia di indici, proprieta preservata dallāazione del gruppo di
Poincare. Si definisce parte completamente antisimmetrica di un tensore T Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn di rango
(n, 0), il tensore dello stesso rango,
T [Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn] ā” 1
n!(T Āµ1Āµ2Ā·Ā·Ā·Āµn ā T Āµ2Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn + Ā· Ā· Ā·),
dove nella somma compaiono tutte le n! permutazioni degli indici, ciascuna con il segno
(ā)p dove p e lāordine della permutazione. Il tensore T [Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn] e completamente antisim-
metrico, ed esso e nullo se T Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn e simmetrico anche in una sola coppia di indici. Inoltre
la contrazione doppia del prodotto di T [Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn] con un tensore di rango (0, 2) simmetrico
e nulla.
Proprieta speculari valgono per la parte completamente simmetrica di un tensore di
rango (n, 0),
T (Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn) ā” 1
n!(T Āµ1Āµ2Ā·Ā·Ā·Āµn + T Āµ2Āµ1Ā·Ā·Ā·Āµn + Ā· Ā· Ā·).
Tensori invarianti. Un tensore TMN si dice invariante sotto il gruppo di Lorentz O(1, 3)
se per ogni Ī ā O(1, 3) si ha
T ā²MN = TM
N .
Osserviamo che da (1.5) segue che le matrici Ī ā O(1, 3) soddisfano |detĪ| = 1. Se
ci limitiamo alla richiesta di invarianza sotto trasformazioni di Lorentz corrispondenti
a detĪ = +1, usando la teoria dei gruppi si puo dimostrare che un generico tensore
invariante e necessariamente un polinomio nei due tensori invarianti fondamentali,
Ī·Ī±Ī² e ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“,
dove ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“ e il tensore (di LeviāCivita) completamente antisimmetrico, determinato in
modo univoco dalla condizione Īµ0123 = 1. La restrizione alle sole matrici con detĪ = +1
deriva dal fatto che per una generica matrice Ī 4Ć 4 si ha lāidentita del determinante,
ĪĪ±ĀµĪĪ²
Ī½ĪĪ³
ĻĪĪ“Ļ ĪµĀµĪ½ĻĻ = detĪ Ā· ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“,
10
proprieta che identifica il tensore di LeviāCivita come uno āpseudotensoreā invariante.
Questo tensore gode delle proprieta,
ĪµĀµĪ½ĻĻĪµĪ±Ī²Ī³Ī“ = ā4! Ī“Āµ[Ī± Ī“Ī½
Ī² Ī“ĻĪ³ Ī“Ļ
Ī“], ĪµĀµĪ½ĻĻĪµĪ±Ī²Ī³Ļ = ā3! Ī“Āµ[Ī± Ī“Ī½
Ī² Ī“ĻĪ³],
ĪµĀµĪ½ĻĻĪµĪ±Ī²ĻĻ = ā2!2! Ī“Āµ[Ī± Ī“Ī½
Ī²], ĪµĀµĪ½ĻĻĪµĪ±Ī½ĻĻ = ā3! Ī“ĀµĪ±, ĪµĀµĪ½ĻĻĪµĀµĪ½ĻĻ = ā4!
Il fatto che la metrica di Minkowski sia un tensore invariante segue invece direttamente
dalla (1.5).
1.4 Struttura del gruppo di Lorentz
In questa sezione vogliamo analizzare brevemente la struttura del gruppo di Lorentz alla
luce del fatto che le matrici Ī che rappresentano trasformazioni ammesse di coordinate da
un sistema inerziale a un altro, sono vincolate dalla (1.5). In particolare vogliamo trovare
una parametrizzazione esplicita per la generica matrice Ī che soddisfa questo vincolo per
individuare le corrispondenti operazioni fisiche che connettono due sistemi di riferimento,
questione lasciata aperta nella sezione 1.2.2. Come vedremo a questo scopo sara utile
eseguire unāanalisi dettagliata delle trasformazioni di Lorentz prossime allāidentita.
Cominciamo con il notare che i vincoli (1.5) comportano le condizioni |detĪ| = 1 e
|Ī00| ā„ 1. Il gruppo di Lorentz risulta quindi scisso in quattro sottoinsiemi disgiunti,
a seconda del valore di detĪ e del segno di Ī00. Si chiama gruppo di Lorentz proprio il
sottogruppo di O(1, 3) definito da,
SO(1, 3)c ā” Ī ā O(1, 3)/detĪ = 1, Ī00 ā„ 1.
Il simbolo āSā indica comunemente il fatto che il determinante delle matrici vale +1, e il
pedice ācā si riferisce al fatto che il gruppo di Lorentz proprio risulta connesso allāunita,
al contrario di O(1, 3). Siccome gli altri tre sottoinsiemi di O(1, 3) si possono ottenere
da SO(1, 3)c attraverso trasformazioni discrete e sufficiente occuparsi di questo ultimo
gruppo.
Conosciamo gia due classi importanti di elementi di SO(1, 3)c. La prima classe e
costituita dalle rotazioni spaziali definite da,
Īij = Ri
j, Ī00 = 1, Ī0
i = 0 = Īi0,
11
dove R ā SO(3) ā” R ā O(3)/detR = 1. Si verifica infatti immediatamente che la
matrice Ī cosı definita soddisfa la (1.5).
La seconda classe importante e costituita dalle trasformazioni di Lorentz speciali. Per
un sistema di riferimento che si muove con velocita v lungo lāasse x abbiamo per esempio,
ĪĀµĪ½ =
Ī³ āĪ²Ī³ 0 0āĪ²Ī³ Ī³ 0 0
0 0 1 00 0 0 1
, (1.10)
dove Ī² = v e Ī³ = 1/ā
1ā v2. In generale possiamo eseguire trasformazioni di Lorentz
speciali con velocita ~v arbitraria, purche in modulo minore di uno, e le matrici Ī corrispon-
denti dipenderanno quindi da tre parametri indipendenti, vale a dire dalle tre componenti
della velocita. Le rotazioni spaziali dipendono a loro volta da tre parametri indipendenti,
per esempio i tre angoli di Eulero, e ci aspettiamo quindi che i 16 elementi della generica
matrice Ī ā SO(1, 3)c possano esprimersi in termini di 6 variabili indipendenti. In altre
parole, il gruppo di Lie SO(1, 3)c dovrebbe avere dimensione 6.
Per dimostrare la correttezza di questa conlusione riscriviamo la (1.5) come,
H ā” ĪT Ī·Īā Ī· = 0, (1.11)
che corrisponde a un sistema di 16 equazioni nelle 16 incognite ĪĀµĪ½ , vale a dire HĀµĪ½ = 0.
Tuttavia, siccome per costruzione H e una matrice 4 Ć 4 simmetrica, solo 10 di queste
equazioni sono linearmente indipendenti, e la generica soluzione Ī potra quindi esprimersi
effettivamente in termini di 16ā 10 = 6 parametri indipendenti.
1.4.1 Trasformazioni infinitesime e trasformazioni finite
Per individuare una possibile scelta di questi 6 parametri consideriamo una generica
trasformazione di Lorentz prossima allāidentita,
ĪĀµĪ½ = Ī“Āµ
Ī½ + Ī©ĀµĪ½ , |Ī©Āµ
Ī½ | Āæ 1.
Imponendo la (1.11) e tenendo solo i termini lineari in Ī©ĀµĪ½ otteniamo,
(Ī“Ī±Āµ + Ī©Ī±
Āµ) Ī·Ī±Ī² (Ī“Ī²Ī½ + Ī©Ī²
Ī½)ā Ī·ĀµĪ½ = 0 ā Ī·Ī½Ī±Ī©Ī±Āµ = āĪ©Ī²
Ī½Ī·Ī²Āµ. (1.12)
12
Definendo la matrice,
ĻĀµĪ½ ā” Ī·ĀµĪ²Ī©Ī²Ī½ ,
risulta anche,
Ī©ĀµĪ½ = Ī·ĀµĪ±ĻĪ±Ī½ , (1.13)
e la relazione in (1.12) diventa allora,
ĻĀµĪ½ = āĻĪ½Āµ. (1.14)
Ļ e quindi una matrice antisimmetrica e come tale ha sei elementi indipendenti. Con-
cludiamo che la generica trasformazione di Lorentz infinitesima dipende da sei parametri
liberi, potendo essere scritta come,
ĪĀµĪ½ = Ī“Āµ
Ī½ + Ī·ĀµĪ±ĻĪ±Ī½ . (1.15)
A questo punto siamo anche in grado di dare unāespressione esplicita per il generico
elemento finito di SO(1, 3)c. In forma matriciale risulta semplicemente,
Ī = eĪ©, (1.16)
purche Ī© soddisfi la relazione (1.12) oppure, equivalentemente, Ļ soddisfi la (1.14). Per
dimostrare che le matrici Ī date in (1.16) soddisfano effettivamente la condizione (1.11)
notiamo intanto che la (1.12) in forma matriciale si scrive,
Ī· Ī© = āĪ©T Ī· ā Ī©T = āĪ· Ī© Ī·.
Risulta allora,
ĪT Ī· Ī = eĪ©T
Ī· eĪ© = eāĪ· Ī© Ī· Ī· eĪ© = Ī· eāĪ© Ī· Ī· eĪ© = Ī·, c.v.d.
Notiamo infine che le matrici Ī date da (1.16), pur dipendendo da sei parametri indipen-
denti, parametrizzano solo SO(1, 3)c e non lāintero gruppo di Lorentz. Infatti, siccome
lāesponenziale di una matrice e una funzione continua dei suoi elementi, lāinsieme delle
matrici eĪ© e connesso con continuita alla matrice identita.
Per concludere chiariamo il significato fisico dei sei parametri ĻĀµĪ½ analizzando di nuovo
una generica trasformazione infinitesima. In notazione tridimensionale, data la (1.14), in
13
tutta generalita possiamo porre,
Ļ00 = 0, (1.17)
Ļi0 = vi = āĻ0i (1.18)
Ļij = Ļ Īµijkuk, (1.19)
dove il vettore ~v corrispondera alla velocita infinitesima di un sistema di riferimeno ri-
spetto allāaltro, mentre Ļ sara lāangolo di rotazione infinitesimo attorno alla direzione
individuata dal versore ~u. Che queste interpretazioni sono in effetti corrette si vede
scrivendo esplicitamente le trasformazioni infinitesime delle coordinate, usando la (1.15),
xā²Āµ = ĪĀµĪ½x
Ī½ = xĀµ + Ī·ĀµĪ±ĻĪ±Ī½xĪ½ .
Otteniamo,
tā² = t + Ī·00Ļ0i xi = tā ~v Ā· ~x, (1.20)
xā²i = xi + Ī·ij(Ļj 0t + Ļj k xk) = xi ā vit + Ļ( ~uĆ ~x)i. (1.21)
Per ~v = 0 si ottiene in effetti una rotazione spaziale infinitesima di un angolo Ļ intorno
ad ~u, mentre per Ļ = 0 si riconosce una trasformazione di Lorentz speciale infinitesima
con velocita relativa ~v. Si noti che nelle (1.20), (1.21) sono assenti i fattori 1/ā
1ā v2 in
quanto essi introdurrebbero correzioni quadratiche in ĻĀµĪ½ , mentre nella presente analisi
ci siamo limitati ai termini lineari in ĻĀµĪ½ .
Infine, a titolo di esempio facciamo vedere in che modo possiamo riottenere la tra-
sformazione di Lorentz speciale finita data in (1.10), a partire dalla formula generale
(1.16). A questo scopo nella parametrizzazione generale (1.17)ā(1.19) poniamo Ļ = 0 e
vi = (v, 0, 0), con,
v = v + o(v2).
In questo caso le componenti non nulle di ĻĀµĪ½ sono,
Ļ10 = v = āĻ01.
Dalla (1.13) segue allora che gli elementi non nulli della matrice Ī©ĀµĪ½ sono dati da,
Ī©01 = āv = Ī©1
0. (1.22)
14
A questo punto il calcolo di eĪ© puo essere eseguito agevolmente sviluppando lāesponenziale
in serie di Taylor, ed e facile vedere che il risultato coincide con la (1.10), per unāopportuna
scelta di v, vedi problema 1.7.
1.5 Problemi
1.1 Usando le tecniche della sezione 1.4 si trovi una parametrizzazione esplicita per la
generica matrice R appartenente a O(3).
1.2 Si dimostri che il tensore dato in (1.8) corrisponde a un vettore controvariante.
1.3 Si dimostri che lāoperatore āĀµ corrisponde a un vettore covariante.
1.4 Si dimostrino le relazioni (1.9).
1.5 Si dimostri che la matrice ĪĀµĪ½ data in (1.10) soddisfa il vincolo (1.5).
1.6 Dato un generico tensore T ĀµĪ½Ļ di rango (3, 0) si dimostri che si ha,
T [ĀµĪ½Ļ] = 0 ā ĪµĀµĪ½ĻĻTĀµĪ½Ļ = 0.
1.7 Si consideri la matrice,
Ī©ĀµĪ½ =
0 āv 0 0āv 0 0 00 0 0 00 0 0 0
,
corrispondente a una trasformazione di Lorentz speciale infinitesima lungo lāasse x, vedi
(1.22). Si dimostri che lāesponenziale eĪ© coincide con la trasformazione di Lorentz speciale
finita data in (1.10), per unāopportuna scelta di v. [Sugg.: si sviluppi lāesponenziale in
serie di Taylor e si noti che la matrice,
M ā”(
0 11 0
),
gode delle identita algebriche,
M2n =
(1 00 1
), M2n+1 = M,
per ogni intero positivo n.]
15
2 Le equazioni dellāElettrodinamica
In questo capitolo presenteremo le equazioni che governano la dinamica di un sistema di
particelle cariche puntiformi in interazione con il campo elettromagnetico, ne illustreremo
ruolo e significato e analizzeremo le loro caratteristiche generali. Una parte sostanziale
del corso sara poi dedicata ad unāanalisi approfondita delle soluzioni e delle conseguenze
fisiche di queste equazioni.
Cominciamo con lāintrodurre le grandezze fisiche che caratterizzano dal punto di vista
cinematico il moto di una singola particella relativistica.
2.1 Cinematica di una particella relativistica
Linee di universo causali. In Meccanica Newtoniana le legge oraria di una particella cor-
risponde alla curva tridimensionale ~y(t) ā” (x(t), y(t), z(t)) 1. In ambito relativistico per
motivi di covarianza si introduce la traiettoria quadridimensionale Ī³ della particella ā
detta anche linea di universo ā che e descritta da quattro funzioni di un parametro reale
Ī»,
yĀµ(Ī») = (y0(Ī»), ~y(Ī»)),
che in generale supporremo essere di classe C2. Perche una linea di universo sia fisicamente
accettabile e necessario che essa sia causale e diretta nel futuro. Diremo che una linea di
universo e causale e diretta nel futuro quando, definito il vettore tangente,
V Āµ =dyĀµ
dĪ»,
risultano soddisfatte le condizioni,
a) V 2 ā„ 0, āĪ»,
b) V 0 > 0, āĪ».
Se la condizione b) e sostituita con la richiesta V 0 < 0, āĪ» la linea di universo si dice
invece causale e diretta nel passato. La condizione a) segue dal fatto che in una teoria
relativistica una particella non puo superare la velocita della luce, mentre la condizione b)
1Di solito la legge oraria di una particella viene indicata con ~x(t). Noi preferiamo la notazione~y(t) al posto di ~x(t), per evitare la confusione con il generico evento (t, ~x) in cui si valuta il campoelettromagnetico.
16
assicura che il parametro Ī» e una funzione monotona crescente del tempo, proprieta il cui
significato verra chiarito tra un momento. Da un punto di vista geometrico la condizione
a) definisce lāinterno del cono luce, mentre lāaggiunta della condizione b) ne delimita la
meta āin avantiā, ovvero, il ācono luce futuroā. Dāora in poi supporremo, dunque, che
la linea di universo percorsa da una qualsiasi particella sia causale e diretta nel futuro,
ovvero, che il suo vettore tangente V Āµ appartenga allāinterno del cono luce futuro, per
ogni Ī».
Per la condizione b), ovvero dy0/dĪ» > 0, la funzione y0(Ī») puo essere invertita per
determinare in modo univoco il parametro in funzione del tempo,
y0(Ī») = t ā Ī»(t).
Le componenti spaziali ~y(Ī») descrivono invece la traiettoria tridimensionale della particel-
la. La legge oraria tridimensionale si ottiene, infine, eliminando dalla traiettoria spaziale
il parametro Ī» in favore del tempo, e per semplicita la scriveremo come,
~y(Ī»(t)) ā” ~y(t).
In seguito indicheremo velocita e accelerazione tridimensionali con,
~v =d~y
dt, ~a =
d~v
dt.
Invarianza per riparametrizzazione. Rispetto alla Meccanica Newtoniana sembrerebbe
che la linea di universo relativistica introduce un quarto grado di liberta nella dinamica
della particella ā la funzione y0(Ī»). Tuttavia, questo grado di liberta risulta āspurioā,
ovvero inosservabile, in quanto riflette lāarbitrarieta della scelta del parametro. Due linee
di universo yĀµ1 (Ī») e yĀµ
2 (Ī») risultano, infatti, fisicamente equivalenti se sono collegabili da
una ridefinizione del parametro, vale a dire se esiste una funzione f da R in R, invertibile
e di classe C2 insieme alla sua inversa, tale che,
yĀµ1 (f(Ī»)) = yĀµ
2 (Ī»).
Si dice che le due linee di universo sono collegate da una riparametrizzazione. E evidente
che le leggi orarie associate a due linee di universo collegate da una riparametrizzazione
sono identiche,
~y1(t) = ~y2(t).
17
Saremo quindi autorizzati a usare le linee di universo per descrivere il moto di una par-
ticella, al posto delle leggi orarie, purche le equazioni del moto che postuleremo risultino
invarianti per riparametrizzazione. Si noti che la stessa legge oraria ~y(t) e una funzione in-
variante per riparametrizzazione e risulta una āgrandezza osservabileā, mentre le funzioni
~y(Ī») e y0(Ī») non lo sono.
Se tutte le equazioni che scriveremo risulteranno invarianti per riparametrizzazione
e lecito scegliere un parametro arbitrario. Una scelta che adotteremo di frequente e la
componente Āµ = 0 della traiettoria stessa, vale a dire il tempo, Ī» = y0 ā” t. In questo caso
la linea di universo sara parametrizzata da,
yĀµ(t) = (t, ~y(t)).
Unāaltra scelta di estrema utilita e il cosiddetto tempo proprio s, che ha il pregio di
essere invariante simultaneamente per trasformazioni di Lorentz e per riparametrizzazione.
Formalmente esso e definito da,
ds =ā
dyĀµ dyĀµ, (2.1)
che costituisce una notazione abbreviata per lāespressione,
s(Ī») =
ā« Ī»
0
ādyĀµ
dĪ»ā²dyĀµ
dĪ»ā²dĪ»ā² + s(0), (2.2)
dove s(0) e una costante arbitraria. Mentre lāinvarianza di Lorentz di s e manifesta, la
sua invarianza per riparametrizzazione e conseguenza del fatto che nella formula appena
scritta i fattori dĪ»ā² formalmente si cancellano. Si noti inoltre che grazie alla causalita
della linea di universo ā condizione a) di cui sopra ā il radicando in (2.2) e mai negativo,
dyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»=
(dt
dĪ»
)2
(1ā v2) ā„ 0.
Il concetto di tempo proprio permette poi di definire la derivata invariante,
d
dsā” 1ā
dyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»
d
dĪ». (2.3)
Grazie allāinvarianza per riparametrizzazione di s, nelle (2.2) e (2.3) possiamo usare come
parametro il tempo, ottenendo cosı,
s(t) =
ā« t
0
ā1ā v2(tā²) dtā² + s(0),
d
ds=
1ā1ā v2(t)
d
dt. (2.4)
18
Quadrivelocita, quadriaccelerazione e quadrimomento sono definiti da,
uĀµ =dyĀµ
ds=
(1ā
1ā v2,
~vā1ā v2
), wĀµ =
duĀµ
ds, pĀµ = muĀµ,
e soddisfano identicamente le relazioni,
uĀµuĀµ = 1, uĀµwĀµ = 0, p2 ā” pĀµpĀµ = m2, (2.5)
dove m e la massa della particella. Per lāenergia e la quantita di moto della particella si
ottengono allora le note espressioni,
Īµ ā” p0 =mā
1ā v2, ~p =
m~vā1ā v2
.
Notiamo ancora che per ogni fissato istante t0 esiste sempre un sistema di riferimento
inerziale K ā chiamato āsistema a riposo istantaneoā ā in cui la particella allāistante t0 e
a riposo. Si verifica facilmente che in K in questo istante si ha,
uĀµ = (1,~0), wĀµ = (0,~a).
2.2 LāElettrodinamica di particelle puntiformi
Introduciamo ora il sistema fisico la cui dinamica e lāoggetto di studio primario di questo
testo: un sistema di N particelle cariche puntiformi interagenti con il campo elettroma-
gnetico. Le variabili cinematiche indipendenti che lo descrivono sono le 4N funzioni yĀµr (Ī»r)
con r = 1, . . . , N , che parametrizzano le linee di universo Ī³r percorse dalle particelle, e il
campo tensoriale di Maxwell F ĀµĪ½(x) antisimmetrico,
F ĀµĪ½ = āF Ī½Āµ.
Per ciascuna delle particelle possiamo definire le quantita cinematiche introdotte nella
sezione precedente: il tempo proprio sr, la quadrivelocita uĀµr , la quadriaccelerazione wĀµ
r , e
il quadrimomento pĀµr = mru
Āµr , dove mr e la massa della particella rāesima. Per il momento
parametrizziamo ogni linea di universo Ī³r con un parametro Ī»r arbitrario.
Se indichiamo con er la carica della particella rāesima, al sistema di cariche resta
associata la (densita di) quadricorrente elettrica,
jĀµ(x) =ā
r
er
ā«
Ī³r
dyĀµr Ī“4(xā yr) ā”
ār
er
ā«dyĀµ
r
dĪ»r
Ī“4(xā yr(Ī»r)) dĪ»r. (2.6)
19
Questa espressione risulta manifestamente Lorentzācovariante e ā come conviene a qual-
siasi grandezza osservabile ā essa e anche invariante per riparametrizzazione in quanto
i fattori dĪ»r formalmente si cancellano. Ricordiamo inoltre che questa corrente risulta
conservata identicamente,
āĀµjĀµ = 0. (2.7)
Le proprieta di una generica quadricorrente elettrica conservata verranno analizzate in
dettaglio nel paragrafo 2.4.1. Quı ci limitiamo a osservare che la corrente di un sistema di
particelle puntiformi strettamente parlando non puo essere considerata come un ācampo
vettorialeā, in quanto le sue quattro componenti, coinvolgendo la funzioneāĪ“ di Dirac,
non sono āfunzioni di xā ma elementi di S ā²(R4), vale a dire distribuzioni temperate. La
corrente data in (2.6) va quindi considerata piuttosto come un ācampo vettoriale a valori
nelle distribuzioniā. Le conseguenze di questa circostanza verranno discusse in dettaglio
nella prossima sezione, dove analizzeremo a fondo la natura distribuzionale delle equazioni
di Maxwell.
Ricordiamo che il tensore di Maxwell e legato ai campi elettrico e magnetico ( ~E, ~B)
dalle note relazioni,
F 00 = 0 (2.8)
F i0 = Ei (2.9)
F ij = ā ĪµijkBk ā Bi = ā1
2ĪµijkF jk, (2.10)
e che gli invarianti di Lorentz indipendenti che si possono formare con le componenti di
F ĀµĪ½ sono dati da,
ĪµĀµĪ½ĻĻFĀµĪ½FĻĻ = ā8 ~E Ā· ~B, F ĀµĪ½FĀµĪ½ = 2 (B2 ā E2). (2.11)
Presentiamo ora le tre equazioni fondamentali che governano la dinamica del nostro
sistema,
dpĀµr
dsr
= erFĀµĪ½(yr) urĪ½ , (2.12)
ĪµĀµĪ½ĻĻāĪ½FĻĻ = 0, (2.13)
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , (2.14)
20
che chiamiamo rispettivamente Equazioni di Lorentz, Identita di Bianchi ed Equazione di
Maxwell. Scopo di queste equazioni e di determinare univocamente i campi F ĀµĪ½(x) e le
linee di universo yĀµr (Ī»r) ā modulo riparametrizzazioni ā date certe condizioni iniziali, vale
a dire, di dare luogo a un ben definito problema di Cauchy in accordo con il determinismo
newtoniano. Per le coordinate yĀµr il problema di Cauchy verra specificato nel prossimo
paragrafo mentre per il tensore di Maxwell lo affronteremo piu avanti.
Di seguito analizzeremo brevemente la struttura e il significato delle singole equazioni.
2.2.1 Equazione di Lorentz
Per non appesantire la notazione consideriamo una singola particella di carica e e linea di
unverso yĀµ(Ī»), che deve dunque soddisfare lāequazione di Lorentz,
dpĀµ
ds= eF ĀµĪ½(y) uĪ½ . (2.15)
Prima di tutto facciamo notare che in questa equazione il campo elettromagnetico ri-
sulta valutato sulla traiettoria della particella in quanto con F ĀµĪ½(y) si intendono le sei
funzioni di una variabile F ĀµĪ½(y(Ī»)). Assunto noto il campo elettromagnetico F ĀµĪ½(x) le
(2.15) cositituiscono allora formalmente quattro equazioni differenziali del secondo ordine
nelle quattro funzioni incognite yĀµ(Ī»). Dāaltra parte queste equazioni risultano invarianti
per riparametrizzazione perche lāunica variabile che vi compare esplicitamente e il tempo
proprio s, e cio comporta che esse determinano le yĀµ(Ī») solo modulo una riparametriz-
zazione in accordo con quanto richiesto nella sezione 2.1. In particolare queste equazioni
dovrebbero allora determinare univocamente la legge oraria ~y(t) note le condizioni iniziali,
~y(0) e ~v(0). (2.16)
Vediamo allora due approcci diversi ā ma matematicamente e fisicamente equivalenti ā di
formulare il problema alle condizioni iniziali.
Approccio covariante. In questo approccio si considera s come una variabile indipen-
dente, vale a dire non legata alla traiettoria dalla (2.2), e si parametrizza la linea di
universo con s. Corrispondentemente le (2.15) sono considerate come quattro equazioni
differenziali del secondo ordine nelle quattro funzioni incognite yĀµ(s), che ora pero sono
21
legate dal vincolo supplementare, vedi (2.1),
u2 =dyĀµ
ds
dyĀµ
ds= 1. (2.17)
Tuttavia, il contenuto di questo vincolo risulta meno restrittivo di quanto non potrebbe
sembrare a prima vista. Le (2.15) assicurano infatti che esso e automaticamente soddi-
sfatto per ogni valore s, una volta che e soddisfatto allāistante iniziale, diciamo per s = 0.
Per vederlo e sufficiente moltiplicare le (2.15) con uĀµ. Il membro di destra si annulla al-
lora identicamente, perche F ĀµĪ½uĀµuĪ½ = 0 grazie allāantisimmetria del tensore di Maxwell.
Quindi deve annullarsi anche il membro di sinistra,
0 = uĀµdpĀµ
ds=
m
2
d
dsu2.
u2 e quindi indipendente da s, e se vale 1 per s = 0 vale 1 per ogni s.
Analizziamo ora le condizioni iniziali. Essendo le (2.15) del secondo ordine esse hanno
soluzione unica note le condizioni iniziali,
yĀµ(0),dyĀµ
ds(0) ā” uĀµ(0).
Per quanto riguarda yĀµ(0) osserviamo che, traslando il tempo iniziale, senza perdita di
generalita possiamo porre y0(0) = 0, mentre ~y(0) fa parte dei dati iniziali āfisiciā, vedi
(2.16). Per quanto riguarda invece uĀµ(0), una volta assegnata la velocita iniziale ~v(0)
poniamo prima,
~u(0) =~v(0)ā
1ā v2(0),
e imponiamo poi il vincolo (2.17) allāistante s = 0,
u0(0) =ā
1 + |~u(0)|2 =1ā
1ā v2(0).
A questo punto le (2.15) determinano le yĀµ(s) in modo univoco, e il vincolo (2.17) e
automaticamente soddisfatto per ogni s. La legge oraria ~y(t) si ottiene infine usando
lāequazione y0(s) = t per determinare s come funzione di t, e sostituendo la funzione
risultante s(t) in ~y(s).
Lāapproccio covariante e molto conveniente quando il campo elettromagnetico ha una
forma analitica semplice, vedi per esempio il problema 2.7.
22
Approccio non covariante. In questo approccio si affronta la soluzione delle (2.15)
parametrizzando la linea di universo con il tempo,
yĀµ(t) = (t, ~y(t)),
con il vantaggio palese che non sono presenti gradi di liberta spuri. In questo caso abbiamo
ancora quattro equazioni differenziali del secondo ordine, ma le incognite sono solo le tre
funzioni ~y(t). Tuttavia, possiamo fare vedere che solo tre delle quattro equazioni (2.15)
sono funzionalmente indipendenti. Per fare questo definiamo il quadrivettore,
HĀµ ā” dpĀµ
dsā eF ĀµĪ½uĪ½ ,
e scriviamo lāequazione di Lorentz nella forma,
HĀµ = 0.
Dalle (2.8)ā(2.10) si ricavano facilmente le componenti spaziali e temporale di HĀµ,
~H =1ā
1ā v2
(d~p
dtā e
(~E + ~v Ć ~B
)),
H0 =1ā
1ā v2
(dĪµ
dtā e~v Ā· ~E
).
A questo punto osserviamo che vale identicamente ā anche senza usare la (2.15) ā
uĀµHĀµ = u0H0 ā ~u Ā· ~H = 0. (2.18)
Infatti, in contrasto con lāapproccio precedente, in questo caso la relazione uĀµwĀµ = 0 e
unāidentita, e vale ancora uĀµuĪ½FĀµĪ½ = 0. Ne discende che H0 dipende funzionalmente da
~H essendo,
H0 =~u Ā· ~H
u0= ~v Ā· ~H.
La componente temporale dellāequazione di Lorentz, H0 = 0, e allora automaticamente
soddisfatta se sono soddisfatte le sue componenti spaziali, ~H = 0. E allora sufficiente
risolvere queste ultime che, essendo del secondo ordine nelle derivate temporali, assumono
a tutti gli effetti il ruolo di āequazione di Newtonā per la particella,
d~p
dt= e
(~E + ~v Ć ~B
). (2.19)
23
Dato F ĀµĪ½(x) e note le condizioni iniziali ~y(0), ~v(0), essa ammette soluzione unica per la
legge oraria ~y(t). La componente temporale dellāequazione di Lorentz corrisponde invece
alla legge della potenza,dĪµ
dt= e~v Ā· ~E, (2.20)
ed e quindi conseguenza dellāequazione di Newton, esattamente come in fisica non relati-
vistica. Infine, nota ~y(t) la (2.4) fornisce s(t) e permette quindi di ricostruire yĀµ(s).
Concludiamo questo paragrafo insistendo sul significato preciso della (2.19), come
spiegato allāinizio di questo paragrafo,
d
dt
(m~v(t)ā1ā v(t)2
)= e
[~E(t, ~y(t)) + ~v(t)Ć ~B(t, ~y(t))
]. (2.21)
2.2.2 Identita di Bianchi
Lāāidentitaā (2.13) nella nomenclatura comune costituisce āmetaā delle equazioni di Max-
well, piu precisamente quella meta che non lega il campo elettromagnetico alla corrente
ma ne vincola la forma. In effetti e facile trovare soluzioni semplici di questa equazione
in termini di un potenziale vettore AĀµ, detto anche campo di Maxwell o campo di gauge,
ponendo,
FĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ. (2.22)
Sostituendo in (2.13) si trova infatti,
ĪµĀµĪ½ĻĻāĪ½FĻĻ = ĪµĀµĪ½ĻĻ(āĪ½āĻAĻ ā āĪ½āĻAĻ) = 0, (2.23)
in quanto in entrambi i termini si contrae una coppia di indici simmetrici ā quelli delle
derivate ā con una coppia di indici antisimmetrici ā quelli del tensore di LeviāCivita. Ma
usando i metodi della Geometria Differenziale si puo dimostrare un risultato piu forte: per
ogni campo tensoriale antisimmetrico FĀµĪ½ soddisfacente lāequazione (2.13) esiste un campo
vettoriale AĀµ, tale che FĀµĪ½ possa essere scritto come in (2.22) 2. La conclusione, forse
sorprendente, e che la (2.22) rappresenta la soluzione generale dellāidentita di Bianchi.
2Questo risultato e valido purche lo spazioātempo considerato sia topologicamente banale, come peresempio R4.
24
Tuttavia, potenziali vettori diversi possono dare luogo allo stesso F ĀµĪ½ . Infatti, dato
un campo scalare Ī qualsiasi si puo definire un nuovo potenziale vettore,
Aā²Āµ = AĀµ + āĀµĪ, (2.24)
e si verifica immediatamente che vale,
F ā²ĀµĪ½ = āĀµA
ā²Ī½ ā āĪ½A
ā²Āµ = FĀµĪ½ + āĀµāĪ½Īā āĪ½āĀµĪ = FĀµĪ½ ,
grazie alla commutativita delle derivate parziali. Le trasformazioni (2.24), che vengono
chiamate trasformazioni di gauge, lasciano quindi il tensore di Maxwell invariante.
In definitiva possiamo affermare che ālāidentitaā di Bianchi puo essere risolta identica-
mente in termini di un potenziale vettore, ma che il potenziale vettore stesso e determinato
solo modulo una trasformazione di gauge. Schematicamente abbiamo,
ĪµĀµĪ½ĻĻāĪ½FĻĻ = 0 āā FĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ, con AĀµ ā AĀµ + āĀµĪ. (2.25)
La nostra strategia per affrontare il sistema (2.12)ā(2.14) sara ā nella maggior parte dei
casi ā di considerare risolta lāidentita di Bianchi in termini di AĀµ, rimanendo quindi con
le equazioni (2.12) e (2.14) nelle incognite yĀµr e AĀµ.
Ricordiamo che, ponendo AĀµ = (A0, ~A), in notazione tridimensionale le (2.22) corri-
spondono alle relazioni note,
~E = ā~āA0 ā ā ~A
āt, ~B = ~āĆ ~A. (2.26)
2.2.3 Equazione di Maxwell
Lāequazione (2.14) e da considerarsi come la vera e propria equazione del moto per il campo
elettromagnetico, in quanto lega F ĀµĪ½ alla quadricorrente elettrica. Questa equazione
quantifica quindi il modo in cui la corrente genera il campo. Ricordiamo che lāequazione e
consistente con lāequazione di continuita della corrente, āĪ½jĪ½ = 0, grazie allāantisimmetria
del tensore di Maxwell, che implica lāidentita,
āĪ½āĀµFĀµĪ½ = 0.
Come abbiamo appena osservato, una volta risolta lāidentita di Bianchi secondo la
(2.22), lāequazione di Maxwell diventa in realta unāequazione per il potenziale vettore.
25
Avremmo quindi quattro equazioni differenziali alle derivate parziali del secondo ordine,
nelle quattro incognite AĀµ. Tuttavia, questo conteggio e solo parzialmente significativo,
per due motivi: primo, le componenti del potenziale vettore non sono tutte āfisicheā in
quanto soggette alle trasformazioni di gauge; infatti, potenziali vettori diversi possono cor-
rispondere agli stessi campi elettrici e magnetici, ma sono solo questi ultimi a poter essere
osservati sperimentalmente. Secondo, le quattro componenti dellāequazione di Maxwell
non sono funzionalmente indipendenti. Per vederlo definiamo,
GĪ½ ā” āĀµFĀµĪ½ ā jĪ½ ,
e scriviamo le equazione di Maxwell nella forma GĪ½ = 0. Grazie alle identita ricordate
pocāanzi e poi immediato vedere che le GĪ½ soddisfano identicamente il vincolo,
āĪ½GĪ½ = 0 ā ā0G
0 = ā~ā Ā· ~G. (2.27)
La derivata della componente temporale dellāequazione di Maxwell e quindi legata alle
sue componenti spaziali. Tuttavia, questo vincolo non e di tipo algebrico ā non coinvolge
direttamente le equazioni del moto ma le loro derivate ā e quindi non e immediato indi-
viduare le equazioni indipendenti. Risolveremo questo problema piu avanti, nellāambito
della formulazione del problema di Cauchy per il campo elettromagnetico, quando avremo
a disposizione i mezzi per affrontarlo. Concludiamo questa sezione con qualche ulteriore
commento sul sistema (2.12)ā(2.14).
Sui gradi di liberta del campo elettromagnetico. Daremo una definizione precisa di cio
che intendiamo con i āgradi di libertaā associati a un generico campo Ļ(x) in sezione 5.1,
dove analizzeremo anche a fondo i gradi di liberta del campo elettromagnetico. Quali-
tativamente possiamo dire che con i gradi di liberta di un sistema fisico si intendono le
variabili indipendenti necessarie per descriverne la dinamica. In particolare si richiede
che le equazioni del moto siano in grado di determinare il loro valore a un istante ge-
nerico, assegnati certi dati iniziali. Possiamo svolgere unāanalisi preliminare dei gradi di
liberta contenuti nel campo elettromagnetico, se partiamo dalle (2.13), (2.14) riscritte nel
consueto formalismo tridimensionale,
āā ~E
āt+ ~āĆ ~B = ~j, (2.28)
26
ā ~B
āt+ ~āĆ ~E = 0, (2.29)
~ā Ā· ~E = j0, (2.30)
~ā Ā· ~B = 0. (2.31)
Le (2.28), (2.29) costituiscono sei equazioni nelle sei funzioni incognite ~E(t, ~x) e ~B(t, ~x),
che coinvolgono le derivate prime di ~E e ~B rispetto al tempo: esse vanno quindi considerate
come equazioni dinamiche. Queste equazioni ammettono infatti soluzione unica, note le
sei condizioni iniziali ~E(0, ~x), ~B(0, ~x). Al contrario, le due equazioni scalari (2.30) e (2.31)
non contengono derivate temporali e vanno quindi considerate come vincoli, piuttosto che
come equazioni dinamiche. In particolare, le sei condizioni iniziali non possono essere
assegnate arbitrarimente, perche esse sono soggette ai vincoli (2.30), (2.31),
~ā Ā· ~E(0, ~x) = j0(0, ~x),
~ā Ā· ~B(0, ~x) = 0.
Allāistante t = 0 e quindi sufficiente assegnare 6 ā 2 = 4 componenti del campo elet-
tromagnetico, in quanto a quello stesso istante le rimanenti due componenti risultano
determinate in termini delle altre quattro. A questo punto non e difficile dimostrare
che, se le equazioni (2.28), (2.29) sono soddisfatte per qualsiasi t, e le (2.30), (2.31) so-
no soddisfatte allāistante t = 0, allora queste ultime sono automaticamente soddisfatte
per qualsiasi t, vedi problema 2.11. Ci aspettiamo quindi che il campo elettromagnetico
corrisponda non a sei, ma solo a quattro āgradi di liberta fisici del primo ordineā.
Sulle soluzioni del sistema (2.12)ā(2.14) . Lāinsieme di queste equazioni costituisce un
sistema di equazioni differenziali non lineari fortemente accoppiate che, eccetti casi raris-
simi, non e risolubile esattamente: la forma dei campi determina il moto delle particelle
secondo le (2.12), e i campi a loro volta sono determinati dal moto delle particelle secondo
le (2.14), e dalle (2.13). Tuttavia, in molte situazioni fisiche il problema puo essere ridotto
difatti a considerare una delle due seguenti situazioni, in cui le equazioni si disaccoppiano:
I) E dato un campo elettromagnetico āesternoā nel vuoto, soddisfacente, cioe, le (2.13)
e (2.14) con jĀµ = 0. Esempi sono un campo elettromagnetico costante e uniforme in
una certa regione dello spazio, come quello tra le due paratie di un condensatore, oppure
27
unāonda elettromagnetica piana di frequenza e ampiezza data. In molti casi si chiede di
determinare il moto di una particella carica sottoposta a un tale campo. Questo problema
si riconduce allora alla soluzione delle sole equazioni (2.12) nelle incognite yĀµr .
II) E assegnato il moto di una particella carica, oppure di piu particelle cariche, e si chie-
de di determinare il campo elettromagnetico creato da questo sistema di cariche in moto.
Questo problema riguarda solamente le equazioni (2.13) e (2.14) che, come vedremo,
possono essere risolte esattamente, in termini dei celebri potenziali di LienardāWiechert.
In entrambi i casi, pero, bisogna tenere presente che la dinamica vera del sistema e
governata dallāintero set di equazioni (2.12)ā(2.14), e che si sta considerando soltanto una
schematizzazione della situazione fisica reale, la cui validita deve essere valutata caso per
caso.
In astratto la strategia da seguire per risolvere il sistema delle equazioni fondamentali
dellāElettrodinamica, e che in linea di principio seguiremo anche noi in questo testo, e la
seguente. Risolta lāidentita di Bianchi in termini di un potenziale vettore AĀµ, si trova la
soluzione esatta dellāequazione di Maxwell per AĀµ ā e quindi per F ĀµĪ½ ā in termini delle
traiettorie generiche yĀµr . Dopodiche si sostituisce il campo F ĀµĪ½ cosı trovato nelle equazioni
di Lorentz, che diventano quindi delle equazioni non locali, ma chiuse, nelle sole incognite
yĀµr . Risolte queste equazioni si possono sostituire le yĀµ
r risultanti in F ĀµĪ½ , per ottenere
infine il campo elettromagnetico come funzione delle sole x.
Come menzionato sopra questo programma raramente puo essere portato a termine in
modo esplicito, per via delle difficolta tecniche coinvolte. Ma vedremo, per di piu, che nel
corso della sua attuazione emergeranno anche difficolta concettuali ā causati dalla natura
puntiforme delle particelle cariche ā che minano irrimediabilmente la consistenza interna
dellāElettrodinamica classica. In altre parole, vedremo lāElettrodinamica classica entrare
in contraddizione con se stessa. Dāaltra parte da un punto di vista sperimentale questa
teoria descrive tutti i fenomeni elettromagnetici classici con estrema precisione: teoria ed
esperimento sono in perfetto accordo. Restera quindi da spiegare come mai le inconsi-
stenze interne della teoria non si manifestano anche a livello sperimentale. Vedremo, per
lāappunto, che e facile predisporre esperimenti in cui queste inconsistenze si tradurreb-
bero in fenomeni fisicamente osservabili. Tuttavia, vedremo anche che questi fenomeni
28
occorrerebbero su scale spazioātemporali alle quali gli effetti quantistici non possono piu
essere trascurati. A queste scale lāElettrodinamica classica perde quindi la sua validita
fenomenologica, ed essa deve essere sostituita dalla Teoria Quantistica di Campo. In
altri termini: sono proprio gli effetti quantistici a mascherare le inconsistenze interne
dellāElettrodinamica classica ā rendendole inosservabili.
Sulle cariche elettriche. Per il momento abbiamo tacitamente assunto che le cariche
elettriche delle particelle costituiscano un arbitrario insieme di costanti er. Siamo con-
fortati in questa ipotesi dal fatto che ā per quanto riguarda le analisi svolte finora sul
sistema (2.12)ā(2.14) ā non abbiamo incontrato nessuna inconsistenza: questo sistema di
equazioni sembra consistente qualsiasi siano i valori delle er. A questo proposito possia-
mo, pero, anche notare che le cariche elettriche entrano nelle equazioni fondamentali in
due modi diversi: nelle equazioni di Lorentz, e nellāequazione di Maxwell attraverso la
corrente. E evidente che a priori non cāe nessun motivo per cui i due insiemi di cariche
siano identici. Potremmo, cioe, usare nelle equazioni di Lorentz le cariche er, e nella
definizione della corrente (2.6) un insieme diverso eār, e le equazioni fondamentali man-
terrebbero tutte le buone proprieta discusse finora. Rimane allora da capire cosa ci ha
spinto a identificare questi due insiemi di cariche fin dallāinizio. Unāindicazione cruciale
che ci aiuta a rispondere a questa domanda viene dal limite non relativistico. Consideria-
mo in questo limite due particelle con cariche (e1, eā1) e (e2, e
ā2), e chiamiamo ~r il raggio
vettore che congiunge la particella 1 alla particella 2. Allora dallāequazione di Maxwell
(2.30) ci possiamo calcolare il campo elettrico quasiāstatico creato dalla particella 1 nel
punto in cui si trova la particella 2, e viceversa,
~E2 =eā14Ļ
~r
r3, ~E1 = ā eā2
4Ļ
~r
r3,
mentre nel limite non relativistico i campi magnetici possono essere trascurati. In questo
limite le equazioni di Lorentz (2.19) ci danno allora per la forza ~F12 esercitata dalla
particella 1 sulla particella 2, e viceversa,
~F12 = e2~E2 =
e2eā1
4Ļ
~r
r3, ~F21 = e1
~E1 = āe1eā2
4Ļ
~r
r3.
Si vede quindi che la terza legge di Newton, ovverosia il principio di azione e reazione
29
~F12 = ā~F21, che e un postulato fondamentale della Meccanica Newtoniana, vale solo se,
e1
eā1=
e2
eā2.
Ripetendo questo ragionamento per unāarbitraria coppia di particelle si conclude che la
validita della terza legge di Newton richiede che il rapporto er/eār sia una costante uni-
versale, che puo essere posta uguale allāunita riscalando il campo elettromagnetico e le
cariche. Si ottiene cosı,
er = eār.
A livello non relativistico lāorigine di questa identificazione risiede dunque nel principio
di azione e reazione. Dāaltra parte, sempre a livello non relativistico questo principio e
equivalente alla conservazione della quantita di moto totale di un sistema isolato,
d
dt(~p1 + ~p2) = ~F21 + ~F12 = 0.
A livello relativistico dobbiamo allora aspettarci che lāidentificazione dei due tipi di carica
venga imposta dalla richiesta di conservazione del quadrimomento totale, in particolare
dellāenergia. Nella sezione 2.4 vedremo in effetti che questo e cio che succede.
2.3 La natura distribuzionale del campo elettromagnetico
Abbiamo gia fatto notare che le componenti della quadricorrente jĀµ non sono funzioni,
bensı distribuzioni, supportate sulle linee di universo delle particelle. Dallāequazione di
Maxwell (2.14) si deduce allora che le componenti di F ĀµĪ½ non possono essere āfunzioni
derivabiliā lungo le linee di universo, perche altrimenti anche le componenti del quadri-
vettore āĀµFĀµĪ½ sarebbero funzioni. Traiamo allora le seguente conclusioni: I) il tensore
F ĀµĪ½ e necessariamente singolare lungo le linee di universo, e vedremo che la singolarita
in questione e del tipo 1/r2, se r indica la distanza spaziale dalla linea di universo; II)
lāequazione di Maxwell (2.14) non ha senso come equazione differenziale nello spazio delle
funzioni, mentre essa sara perfettamente ben definita se la consideriamo come equazione
differenziale nello spazio delle distribuzioni temperate S ā²(R4) 3.
3In ultima analisi il ruolo della (2.14) e unicamente quello di qualificare le singolarita di FĀµĪ½ lungole linee di universo, visto che nel loro complemento la corrente si annulla, e quindi ivi vale banalmenteāĀµFĀµĪ½ = 0.
30
In questa nuova ottica le componenti di F ĀµĪ½ andranno dunque considerate come ele-
menti di S ā²(R4), e le derivate che compaiono nella (2.14) andranno considerate come
derivate nel senso delle distribuzioni. Per consistenza allora anche lāidentita di Bianchi
(2.13) deve essere riguardata come equazione differenziale in S ā²(R4). Si noti che questa
reinterpretazione delle due equazioni di Maxwell come equazioni differenziali nello spazio
delle distribuzioni e consistente, perche esse sono lineari in F ĀµĪ½ .
Una volta che abbiamo dato un significato matematico preciso alle equazioni di Max-
well e Bianchi possiamo chiederci se ora anche lāequazione di Lorentz risulta ben definita.
E immediato vedere che la risposta a questa domanda e negativa. Infatti, nelle (2.12)
compare F ĀµĪ½(yr), cioe il campo elettromagnetico valutato proprio sulla traiettoria del-
la particella, luogo dove esso e singolare: le quantita F ĀµĪ½(yr) sono quindi divergenti e
lāequazione di Lorentz e mal definita. Lāinterpretazione fisica di questa patologia e che
lāinterazione della particella con il campo elettromagnetico da essa stessa creata ā lāau-
tointerazione ā e di intensita infinita. Si intuisce facilmente che la causa prima di questa
divergenza āultraviolettaā, dovuta cioe alle leggi che determinano la fisica a piccole distan-
ze, e proprio la natura puntiforme delle particelle cariche, come anticipato nel paragrafo
precedente.
Nel capitolo 12 discuteremo possibili soluzioni pragmatiche al problema dellāautointe-
razione infinita, ma nessuna di queste risultera soddisfacente dal punto di vista teorico,
se ci si confina allāambito dellāElettrodinamica classica.
2.3.1 Lo spazio delle distribuzioni
Prima di illustrare con qualche esempio il significato ā e la necessita ā di questa nuova
interpretazione delle leggi dellāElettrodinamica, ricordiamo qualche elemento operativo
della teoria delle distribuzioni (temperate) in uno spazio di dimensione arbitraria.
Distribuzioni e funzioni di test. In D dimensioni lo spazio delle funzioni di test S ā”S(RD) e lo spazio vettoriale delle funzioni complesse Ļ(x) di classe Cā, che allāinfinito de-
crescono insieme a tutte le loro derivate piu rapidamente dellāinverso di qualsiasi potenza.
Devono, cioe, essere finite tutte le āseminormeā,
||Ļ||P,Q ā” sup xāRD |P(x)Q(ā)Ļ(x)| , (2.32)
31
dove con P intendiamo un generico monomio nelle xĀµ e con Q un generico monomio nelle
derivate parziali āĀµ. Per quanto riguarda la topologia di cui si dota S si rimanda a un
testo di Metodi Matematici. Lo spazio delle distribuzioni S ā² ā” S ā²(RD) e allora definito
come lāinsieme dei funzionali F che sono lineari e continui su S,
F : S ā C,
Ļ ā F (Ļ). (2.33)
Una generica distribuzione F ā S ā² e completamente determinata dai valori F (Ļ) che essa
assume quando viene applicata a una generica funzione di test Ļ ā S. Ricordiamo ora un
teorema che e di grande utilita pratica quando si tratta di stabilire se un dato funzionale
lineare su S risulta continuo.
Teorema: un funzionale lineare F su S e continuo, cioe, appartiene ad S ā², se e solo se esso
puo essere maggiorato da una somma finita di seminorme di Ļ, vale a dire,
|F (Ļ)| ā¤ā
CP,Q ||Ļ||P,Q, āĻ ā S, (2.34)
per opportune costanti positive CP,Q indipendenti da Ļ.
Unāimportante classe di distribuzioni e quella costituita dalle distribuzioni regolari,
ovvero dalle distribuzioni che sono rappresentate da funzioni. Si dice che una distribuzione
F e rappresentata dalla funzione f(x) da RD in C quando si ha,
F (Ļ) =
ā«f(x) Ļ(x) dDx.
Sfruttando il teorema di cui sopra e allora facile dimostrare che rappresentano distribu-
zioni regolari in particolare tutte le funzioni limitate, e tutte le funzioni con singolarita
integrabili, che divergono allāinfinito al massimo come qualche potenza, vedi problema 2.4.
Ricordiamo inoltre che in generale le distribuzioni non si possono moltiplicare o divi-
dere tra di loro, e che il valore di una distribuzione F in un punto x in generale non e una
quantita ben definita. Tuttavia, certe proprieta delle distribuzioni risultano di āaccesso
immediatoā se si ricorre alla notazione āsimbolicaā, vale a dire se si introduce formalmente
la quantita F (x). In notazione simbolica scriveremo per esempio,
F (Ļ) =
ā«F (x) Ļ(x) dDx.
32
2.3.2 Operazioni sulle distribuzioni
Le operazioni che presentiamo di seguito si riferiscono a distribuzioni F che operano su
funzioni di test Ļ appartenenti ad S, ma in molti casi queste operazioni mantengono
la loro validita anche quando le distribuzioni vengono applicate a funzioni molto meno
regolari di quelle appartenenti a S.
Derivate di distribuzioni. Ogni elemento F ā S ā² ammette derivate parziali āĀµF ā S ā²,definite da,
(āĀµF )(Ļ) = āF (āĀµĻ). (2.35)
Dalla definizione segue immediatamente che le derivate parziali nel senso delle distribu-
zioni commutano sempre,
āĀµāĪ½F = āĪ½āĀµF.
La valutazione esplicita della derivata di una distribuzione F e facilitata se in un sottoin-
sieme B di RD essa puo essere rappresentata da una funzione di classe Cā. In questa
regione la derivata puo essere calcolata semplicemente nel senso delle funzioni, e il calcolo
della derivata di F e ridotto essenzialmente alla determinazione di āĀµF nel complemento
di B, che e il luogo dove F e singolare. Siccome le singolarita delle distribuzioni con cui
avremo a che fare costituiscono sempre insiemi di misura nulla, questa strategia si rivelera
molto efficace.
Convoluzione. La convoluzione F āĻ tra una distribuzione F e una funzione di test Ļ
e una distribuzione che in notazione simbolica e data da,
(F ā Ļ)(x) =
ā«F (xā y) Ļ(y) dDy.
Per le sue derivata si ha,
āĀµ(F ā Ļ) = āĀµF ā Ļ = F ā āĀµĻ.
Se anche F ā S si ha inoltre F ā Ļ = Ļ ā F .
FunzioneāĪ“ di Dirac unidimensionale. La distribuzione di Dirac unidimensionale Ī“a
supportata in x = a, con a ā R, e lāelemento di S ā²(R) definito da Ī“a(Ļ) = Ļ(a), per
ogni Ļ ā S(R). Essa al solito viene rappresentata dalla funzione simbolica Ī“(x ā a) che
33
soddisfa, ā«Ī“(xā a) Ļ(x) dx = Ļ(a).
La Ī“ di Dirac gode di alcune importanti proprieta che ora elencheremo usando la notazione
simbolica. Per la sua derivata nāesima si ha,
ā«dn
dxnĪ“(xā a) Ļ(x) dx = (ā)n dnĻ
dxn(a).
Per ogni f ā OM(R) ā lāinsieme delle funzioni Cā su R polinomialmente limitate insieme
a tutte le loro derivate ā si ha poi,
f(x) Ī“(xā a) = f(a) Ī“(xā a). (2.36)
Questa relazione comporta alcune semplici identita, come per esempio,
x Ī“(x) = 0, x2 d
dxĪ“(x) = 0, x
d
dxĪ“(x) = āĪ“(x), etc.
Queste identita si dimostrano facilmente usando la regola di Leibnitz, valida per prodotti
del tipo fF , con f ā OM(R) e F ā S ā²(R). Se c e un numero reale diverso da zero vale
anche,
Ī“(c (xā a)) =Ī“(xā a)
| c| .
Data una funzione reale f(x), in certe condizioni resta definita anche lāespressione Ī“(f(x)).
Puı precisamente, se f e derivabile e ha un numero finito di zeri xn tali che le derivate
prime f ā²(xn) sono tutte diverse da zero, si definisce,
Ī“(f(x)) =ā
n
Ī“(xā xn)
|f ā²(xn)| . (2.37)
Lāorigine di questa definizione diventa evidente se si applicano entrambi i membri a una
funzione di test, e se nellāintegrale risultante a primo membro si esegue formalmente
il cambiamento di variabile x ā y = f(x). Un caso che incontreremo di frequente
corrisponde alla funzione f(x) = x2 ā a2, a 6= 0, per cui la (2.37) da,
Ī“(x2 ā a2) =1
2|a| (Ī“(xā a) + Ī“(x + a)) . (2.38)
Dalla definizione della convoluzione data sopra segue inoltre che si ha,
Ī“ ā Ļ = Ļ,
34
per ogni Ļ ā S.
FunzioneāĪ“ di Dirac quadridimensionale. La distribuzione di Dirac si generalizza im-
mediatamente a uno spazio di dimensione arbitraria. Per definitezza, e in vista dellāuso
che ne faremo in seguito, quı presentiamo il caso quadridimensionale.
Dato un quadrivettore aĀµ la distribuzione di Dirac Ī“a, supportata in xĀµ = aĀµ, e lāele-
mento di S ā²(R4) definito da Ī“a(Ļ) = Ļ(a), per ogni Ļ ā S(R4). Essa viene rappresentata
dallāespressione simbolica,
Ī“4(xā a) = Ī“(x0 ā a0) Ī“3(~xā ~a) = Ī“(x0 ā a0)Ī“(x1 ā a1)Ī“(x2 ā a2)Ī“(x3 ā a3), (2.39)
e si scrive,
Ī“a(Ļ) =
ā«Ī“4(xā a) Ļ(x) d4x = Ļ(a).
Per le sue derivate si ottiene,
(āĀµĪ“a)(Ļ) = āĪ“a(āĀµĻ) = āāĀµĻ(a),
che in notazione simbolica si scrive come,
ā«āĀµĪ“
4(xā a) Ļ(x) d4x = āāĀµĻ(a).
Per ogni f ā OM(R4) si ha poi,
f(x) Ī“4(xā a) = f(a) Ī“4(xā a).
In questo caso da questa relazione seguono le identita,
xĀµĪ“4(x) = 0, xĀµxĪ½āĻ Ī“4(x) = 0, xĀµāĪ½ Ī“4(x) = āĪ“ĀµĪ½ Ī“4(x), etc.
Se CĀµĪ½ e una qualsiasi matrice 4Ć 4 invertibile si ha inoltre,
Ī“4(C(xā a)) =Ī“4(xā a)
| detC| .
La quadricorrente in notazione tridimensionale. Per illustrare lāuso della Ī“ di Dirac
come funzione simbolica deriviamo la forma tridimensionale della quadricorrente jĀµ di un
sistema di particelle, vedi (2.6). A questo scopo esplicitiamo lāintegrale rāesimo in (2.6),
35
scegliendo come variabile di integrazione la coordinata temporale della particella rāesima,
cioe, Ī»r = y0r . Usando la (2.39) si ottiene,
jĀµ(x) =ā
r
er
ā«
Ī³r
dyĀµr (y0
r)
dy0r
Ī“4(xāyr(y0r)) dy0
r =ā
r
er
ā«
Ī³r
dyĀµr (y0
r)
dy0r
Ī“(tāy0r) Ī“3(~xā~yr(y
0r)) dy0
r .
A questo punto si puo eseguire lāintegrale della Ī“(t ā y0r) in dy0
r , considerando il resto
dellāintegrando come una āfunzione di testā, la quale va quindi valutata in y0r = t. Si
ottiene,
jĀµ(t, ~x) =ā
r
erdyĀµ
r (t)
dtĪ“3(~xā ~yr(t)),
dove e sottinteso che y0r(t) = t. Scrivendo separatamente parte temporale e parte spaziale
si ottengono rispettivamente la densita di carica e la densita di corrente spaziale,
j0(t, ~x) =ā
r
er Ī“3(~xā ~yr(t)), (2.40)
~j(t, ~x) =ā
r
er ~vr(t) Ī“3(~xā ~yr(t)). (2.41)
Distribuzioni con supporto in un punto. Completiamo lāelenco delle proprieta della Ī“
di Dirac enunciando un teorema che vincola fortemente la forma di una distribuzione che
e ādiversa da zeroā solo in un insieme finito di punti, vale a dire il cui supporto e costituito
da un insieme finito di punti.
Teorema: Una distribuzione F ā S ā²(RD) il cui supporto e costituito dal punto xĀµ = aĀµ,
e necessariamente una combinazione lineare finita della Ī“D(x ā a) e delle sue derivate.
Avremo, cioe,
F = c Ī“D(xā a) + cĀµāĀµĪ“D(xā a) + Ā· Ā· Ā·+ cĀµ1Ā·Ā·Ā·ĀµnāĀµ1 Ā· Ā· Ā· āĀµnĪ“D(xā a), (2.42)
dove i cĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµk sono coefficienti costanti. Se il supporto di una distribuzione e invece co-
stituito da un insieme finito di punti, essa e data da una somma di espressioni del tipo
(2.42). Come vedremo questo teorema risultera molto utile nella soluzione di equazioni
algebriche per distribuzioni.
Trasformata di Fourier di una distribuzione. La trasformata di Fourier costituisce una
biiezione di S in se stesso ed, opportunamente estesa, di S ā² in se stesso. Indicheremo la
trasformata di Fourier di un generico elemento Ļ ā S con Ļ, e analogamente quella di un
36
generico elemento F ā S ā² con F . Nello spazioātempo di Minkowski quadridimensionale
per una generica funzione di test si ha,
Ļ(k) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāikĀ·xĻ(x), Ļ(x) =
1
(2Ļ)2
ā«d4k eikĀ·xĻ(k),
dove abbiamo introdotto le quattro variabili duali k ā” kĀµ e definito k Ā· x ā” kĀµxĪ½Ī·ĀµĪ½ . Si
noti che, strettamente parlando, per quanto riguarda la variabile ~x la nostra definizione
corrisponde in realta allāantitrasformata di Fourier. La trasformata di Fourier di una
distribuzione e allora definita da,
F (Ļ) = F (Ļ), āĻ ā S.
Da questa definizione segue facilmente che in notazione simbolica si ha,
F (k) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāikĀ·xF (x), F (x) =
1
(2Ļ)2
ā«d4k eikĀ·xF (k),
ma insistiamo sul fatto che questi integrali sono da intendersi come tali solo se la distri-
buzione F e sufficientemente regolare.
Per le derivate e la moltiplicazione per una coordinata si ha,
āĀµF (k) = i kĀµF (k), xĀµF (k) = iā
ākĀµ
F (k),
con ovvie estensioni alla trasformata di Fourier di un generico polinomio in xĀµ e āĪ½ ,
applicato a F . Ricordiamo in particolare le trasformate della Ī“4 e delle sue derivate,
Ī“4(x)(k) =1
(2Ļ)2, āĀµĪ“4(x)(k) =
ikĀµ
(2Ļ)2.
Per concludere riportiamo la formula per la trasformata di Fourier della convoluzione
tra un elemento F di S ā² e un elemento Ļ di S. In uno spazio a dimensione D in notazione
simbolica si ha,
F ā Ļ (k) = (2Ļ)D/2F (k) Ļ(k).
2.3.3 Identita di Bianchi e forme differenziali
Una volta assodato che le equazioni per il campo elettromagnetico devono essere formulate
nello spazio delle distribuzioni e opportuno riesaminarle in questo nuovo ambito. In questo
37
paragrafo rianalizzeremo lāidentita di Bianchi (2.13) e la sua soluzione generale (2.22),
mentre nel prossimo paragrafo ci dedicheremo allāequazione di Maxwell.
Come ora sappiamo le componenti di F ĀµĪ½ non sono derivabili ovunque ā come funzioni
ā e le derivate āĪ½FĻĻ che compaiono nella (2.13) vanno eseguite nel senso delle distribuzioni.
Si ripresenta allora la domanda se lāespressione FĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ e ancora soluzione
dellāidentita di Bianchi, ovverosia, se il calcolo formale eseguito in (2.23) e ancora valido.
Se vogliamo dare senso a questa domanda, come prima cosa dobbiamo considerare anche
le componenti di AĀµ come distribuzioni. A questo punto la correttezza del risultato (2.23)
ā indipendentemente dalla presenza o meno di singolarita in AĀµ, purche di carattere
distribuzionale ā segue semplicemente dal fatto che le derivate nel senso delle distribuzioni
commutano.
Per dimostrare il viceversa, cioe, che in S ā²(R4) ogni soluzione di (2.13) puo essere
scritta nella forma (2.22), conviene fare uso di un formalismo che viene introdotto in
Geometria Differenziale 4, piu precisamente il formalismo delle āpāforme differenziali a
valori nello spazio delle distribuzioniā. Questi oggetti geometrici ā che vengono chiamati
anche piu semplicemente āpāformeā ā sono essenzialmente tensori di rango (0, p) comple-
tamente antisimmetrici a valori in S ā²(R4). Lāanalisi che segue, non essendo indispensabile
per la comprensione del resto del testo, e rivolta a coloro che sono familiari con questo
formalismo.
Nel linguaggio delle forme al tensore antisimmetrico F ĀµĪ½ resta associata la dueāforma,
F =1
2dxĪ½ ā§ dxĀµFĀµĪ½ . (2.43)
Ricordiamo poi che sullāalgebra delle forme e definito lāoperatore ādifferenziale esternoā
d, che associa a una pāforma una (p + 1)āforma, e risulta nihilpotente, cioe soddisfa,
d2 = 0.
Nellāambito delle forme a valori nelle distribuzioni questa proprieta e conseguenza diretta
del fatto che le derivate parziali nel senso delle distribuzioni commutano sempre. Per
4Un testo che presenta la Geometria Differenziale con particolare riferimento alle sue applicazioni infisica, compreso il linguaggio delle forme differenziali, e āAnalysis, Manifolds and Physicsā, di YvonneChoquetāBruhat, Cecile DeWittāMorette e Margaret DillardāBleick, ed. NorthāHolland, Amsterdam,1982.
38
definizione il differenziale esterno di F e la treāforma,
dF =1
2dxĪ½ ā§ dxĀµ ā§ dxĻ ā[ĻFĀµĪ½].
Lāidentita di Bianchi e allora equivalente alla richiesta che F sia una forma chiusa, cioe,
che valga dF = 0. Infatti, vedi problema 2.2,
dF = 0 ā ā[ĻFĀµĪ½] = 0.
Siccome F e una forma chiusa, secondo il Lemma di Poincare nello spazio delle forme a
valori nelle distribuzioni, essa e anche esatta 5. Esiste, cioe, una unoāforma A = dxĪ½AĪ½ a
valori nelle distribuzioni tale che,
F = dA. (2.44)
Esplicitando il differenziale si ottiene,
F =1
2dxĪ½ ā§ dxĀµFĀµĪ½ = d(dxĪ½AĪ½) = dxĪ½ ā§ dxĀµ ā[ĀµAĪ½],
e quindi,
FĀµĪ½ = 2ā[ĀµAĪ½] = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ,
che corrisponde alla (2.22). Dāaltra parte, dato che lāoperatore d e nihilpotente la unoā
forma A data in (2.44) e a sua volta definita modulo unoāforme esatte,
A ā A + dĪ, (2.45)
dove Ī e una zeroāforma, ovverosia un campo scalare. Siccome dĪ = dxĀµāĀµĪ la (2.45) si
traduce in,
AĀµ ā AĀµ + āĀµĪ,
cosicche ritroviamo che il potenziale vettore e definito modulo una trasformazione di
gauge. In conclusione, nel linguaggio delle forme differenziali le relazioni (2.25) si scrivono
semplicemente,
dF = 0 āā F = dA, con A ā A + dĪ.
5Nello spazio delle forme differenziali a valori in S ā²(RD) il lemma di Poincare asserisce che ogni formachiusa e anche esatta. Questo e essenzialmente dovuto al fatto che lo spazio RD e topologicamente banale.
39
Si vede che da un lato il formalismo delle forme differenziali e utile perche fornisce
una notazione compatta che evita di indicare esplicitamente gli indici; dallāaltro lato
nellāambito della teoria delle distribuzioni esso permette di definire le componenti delle pā
forme āglobalmenteā ā vale a dire in tutto R4 ā anche in presenza di singolarita. Notiamo,
tuttavia, che questo formalismo non si applica a tensori che non sono completamente
antisimmetrici.
2.3.4 Il campo elettromagnetico della particella statica
La necessita di considerare le equazioni che governano la dinamica del campo elettroma-
gnetico nello spazio delle distribuzioni, emerge molto chiaramente dal semplice esempio
di una particella statica. Per questo motivo analizzeremo ora in dettaglio questo caso.
Ad una particella statica nellāorigine corrisponde la linea di universo, y0(t) = t, ~y(t) =
0, e quindi ~v(t) = 0. Secondo le (2.40) e (2.41) ad essa corrisponde la quadricorrente,
j0(t, ~x) = e Ī“3(~x), ~j(t, ~x) = 0.
In questo caso sappiamo che il campo magnetico e nullo,
~B = 0,
e che il campo elettrico e statico. Lāequazione di Maxwell e lāidentita di Bianchi si riducono
allora rispettivamente a,
~ā Ā· ~E = e Ī“3(~x), ~āĆ ~E = 0, (2.46)
vedi (2.28)ā(2.31). Come e noto la soluzione di questo sistema di equazioni dovrebbe
essere data dal campo coulombiano,
~E(t, ~x) =e
4Ļ
~x
r3, r = |~x|, (2.47)
affermazione che ora rianalizzeremo criticamente.
Come analisi preliminare ci calcoliamo le derivate di ~E nel senso delle funzioni. Dato
che āi r = xi/r, per ~x 6= 0 si ottiene facilmente,
āiEj =
e
4Ļr3
(Ī“ij ā 3
xixj
r2
). (2.48)
40
Lāidentita di Bianchi sarebbe quindi soddisfatta in quanto āiEj ā ājE
i = 0, mentre
lāequazione di Maxwell sarebbe violata, perche si otterrebbe āiEi = 0 ! Lāerrore sta
evidentemente nellāavere considerato sia ~E che lāoperator āi nello spazio delle funzioni.
Rianalizziamo dunque il problema nello spazio di distribuzioni S ā² ā” S ā²(R3), appro-
priato per il caso statico. Come prima cosa dobbiamo domandarci se le componenti Ei
del campo elettrico (2.47) appartengono effettivamente ad S ā². La risposta e affermativa
in quanto ~E ha solo una singolarita integrabile in ~x = 0, e allāinfinito e limitato da una
costante, vedi problema 2.4. Le derivate āiEj sono allora ben definite in S ā², ma esse vanno
ā per lāappunto ā calcolate nel senso delle distribuzioni, vale a dire applicando la (2.35).
Presentiamo prima i calcoli spiegando i passaggi intermedi di seguito,
(āiEj)(Ļ) = āEj(āiĻ) = ā e
4Ļ
ā«d3x
xj
r3āiĻ = ā e
4ĻlimĪµā0
ā«
r> Īµ
d3xxj
r3āiĻ
= ā e
4ĻlimĪµā0
ā«
r> Īµ
d3x
[āi
(xj
r3Ļ
)ā āi
(xj
r3
)Ļ
]
=e
4ĻlimĪµā0
[ā«
r=Īµ
dĪ© ninj Ļ +
ā«
r>Īµ
d3x1
r3
(Ī“ij ā 3
xixj
r2
)Ļ
]
=e
3Ī“ij Ļ(0) +
e
4Ļ
ā«d3x
1
r3
(Ī“ij ā 3
xixj
r2
)Ļ. (2.49)
Spieghiamo ora i passaggi. Lāintegrando della prima riga appartiene a L1(R3), e cosı
possiamo eseguire lāintegrale introducendo una successione invadente qualsiasi. Abbiamo
usato la successione invadente VĪµ = R3\SĪµ, dove SĪµ e la palla di raggio Īµ centrata nel-
lāorigine. Siccome in VĪµ lāintegrando e di classe Cā abbiamo poi potuto usare il calcolo
differenziale standard. Nella seconda riga abbiamo cosı usato la regola di Leibnitz e nella
terza il teorema di Gauss. Il bordo di VĪµ e costituito dalla sfera allāinfinito, che non da
contributo al flusso perche Ļ svanisce allāinfinito piu rapidamente dellāinverso di qualsiasi
potenza, e dalla sfera di raggio Īµ centrata nellāorigine. Per valutare lāintegrale su questa
sfera abbiamo usato coordinate polari ~x ā (r, Ī©), con Ī© = (Ļ, Ļ) e dĪ© ā” senĻ dĻ dĻ,
e introdotto il versore radiale uscente ni = xi/Īµ. Lāelemento di superficie diventa allora
41
dĪ£i = niĪµ2dĪ©. Infine abbiamo ultilizzato lāintegrale sugli angoli, vedi problema 2.6,
ā«dĪ© ninj =
4Ļ
3Ī“ij.
Riscrivendo la (2.49) in notazione simbolica otteniamo in definitiva per le derivate di ~E
nel senso delle distribuzioni,
āiEj =
e
3Ī“ij Ī“3(~x) +
e
4Ļr3
(Ī“ij ā 3
xixj
r2
). (2.50)
Confrontando con la (2.48) si vede che il calcolo ānaivā e valido per ~x 6= 0, ma non e
capace di rivelare la presenza del termine supportato in ~x = 0, dove il campo elettrico e
infatti singolare 6.
Come si vede lāespressione (2.50) soddisfa ora entrambe le equazioni di (2.46), la prima
in particolare essendo equivalente allāidentita in S ā²,
~ā Ā· ~x
r3= 4Ļ Ī“3(~x). (2.51)
Infine possiamo rileggere i nostri risultati in termini del potenziale coulombiano A0. La
soluzione generale dellāidentita di Bianchi ~āĆ ~E = 0 e infatti data da,
~E = ā~āA0.
Data la (2.47) si verifica facilmente (esercizio) che questa relazione e soddisfatta ā anche
nel senso delle distribuzioni ā se si sceglie il potenziale,
A0 =e
4Ļr, (2.52)
appartenente anchāesso S ā². Lāanalisi svolta sopra implica allora la validita dellāequazione
di Poisson āā2A0 = e Ī“3(~x), dalla quale segue la nota identita,
ā2 1
r= ā4Ļ Ī“3(~x). (2.53)
Lāequazione di Lorentz. Una volta risolte lāequazione di Maxwell e lāidentita di Bianchi
possiamo considerare lāequazione di Lorentz, le cui componenti indipendenti sono date
6Si noti che il secondo e il terzo termine in (2.50), che per r ā 0 si comportano entrambi come 1/r3,presi separatamente non costituiscono affatto distribuzioni. E solo la particolare combinazione lineareche compare in (2.50), con coefficiente relativo ā3, ad essere un elemento di S ā².
42
in (2.21). Siccome abbiamo ~v = ~p = 0, il membro di sinistra di questa equazione e
identicamente nullo. Dāaltra parte, dato che ~y(t) = 0 il membro di destra della (2.21) si
ridurrebbe a e ~E(t,~0), espressione che ā data la (2.47) ā diverge! Ritroviamo cosı che la
forza esercitata dal campo elettromagnetico generato da una particella puntiforme sulla
particella stessa e divergente, e che lāequazione di Lorentz e inconsistente. A dire il vero
nel caso statico quı considerato conosciamo una soluzione pragmatica del problema: in
accordo con lāesperienza dobbiamo porre la quantita mal definita ~E(t,~0) uguale a zero,
perche sperimentalmente si osserva che una particella statica non subisce nessuna forza.
Vedremo, tuttavia, che nel caso generale di una particella in moto vario questa semplice
ricetta non risulta implementabile, perche entrerebbe in conflitto con la conservazione del
quadrimomento totale.
Lāenergia infinita del campo elettromagnetico. Concludiamo lāanalisi della particella
statica con un ulteriore commento, anticipando lāespressione per la densita di energia
del campo elettromagnetico, vedi paragrafo 2.4.3,
Ļem =1
2(E2 + B2).
Vista la (2.47) e dato che ~B = 0, lāenergia totale del campo elettromagnetico di una
particella statica risulterebbe quindi,
Īµem =
ā«Ļem d3x =
( e
4Ļ
)2ā«
d3x
r4,
che corrisponde a una ācostanteā divergente, per via del comportamento singolare del-
lāintegrando in r ā 0. Dāaltra parte, nel caso sotto esame lāenergia della particella e
conservata banalmente, essendo Īµ =mā
1ā v2= m, e allora ā se si deve conservare lāener-
gia totale ā anche lāenergia Īµem del campo elettromagnetico dovrebbe essere una costante
(finita). Nel capitolo 13 vedremo che nel caso statico lāunico valore di Īµem compatibile
con lāinvarianza relativistica, in realta e Īµem = 0. Ma vedremo anche che nel caso di
una particella in moto arbitrario, questa semplice scelta āfatta a manoā violerebbe sia la
conservazione del quadrimomento totale, sia lāinvarianza relativistica.
E abbastanza evidente che il problema dellāenergia infinita del campo elettromagnetico
ā cosı come quello dellāautointerazione infinita di una particella carica ā e conseguenza
della natura puntiforme delle particelle elementari: mentre il secondo in ultima analisi e
43
tuttora irrisolto, vedi capitolo 12, il primo ha trovato una soluzione ā anche se solo di
recente ā nellāambito della teoria delle distribuzioni 7. Noi la presenteremo in una forma
alternativa nel capitolo 13.
2.4 Le costanti del moto dellāElettrodinamica
In Fisica un ruolo fondamentale viene giocato dalle costanti del moto associate alla di-
namica di un sistema, ovverosia dalle grandezze fisiche che si conservano durante la sua
evoluzione temporale. Dāaltra parte, come e noto esiste un legame molto stretto tra leggi
di conservazione e simmetrie continue di una teoria, legame che viene concretizzato dal
teorema di Noether. Lāimportanza concettuale di questo teorema che, oltre a stabilire
lāesistenza di costanti del moto ne fornisce anche la forma esplicita, risiede nella sua ge-
neralita: e valido in qualsiasi teoria le cui equazioni del moto possano essere dedotte da
un principio variazionale. Per lāElettrodinamica di particelle puntiformi, le cui equazioni
del moto sono relativamente semplici, deriveremo ora la forma delle principali costanti del
moto in modo euristico ā senza ricorrere a questo teorema ā utilizzando invece nozioni di
elettromagnetismo di base. La verifica che le costanti del moto cosı ottenute combaciano
perfettamente con quelle previste dal teorema di Noether verra poi fatta nel capitolo 4.
2.4.1 Conservazione e invarianza della carica elettrica
Come prototipo di una legge di conservazione locale, che sia cioe basata su unāequazione di
continuita per unāopportuna quadricorrente jĀµ, consideriamo la conservazione della carica
elettrica. Se la materia carica e costituita da particelle puntiformi la corrente e data dalla
(2.6); se la carica e invece distribuita con continuita la corrente ha una forma generica. Per
quello che segue la forma particolare della corrente sara irrilevante, in quanto assumeremo
soltanto che essa goda delle seguenti proprieta:
I) jĀµ e un campo vettoriale,
II) jĀµ soddisfa lāequazione di continuita, āĀµjĀµ = 0,
III) lim|~x|āā |~x|3jĀµ(t, ~x) = 0, richiediamo cioe che per ogni t fissato la corrente decada
7E.G.P. Rowe, Phys. Rev. D 18 3639 (1978).
44
allāinfinito spaziale piu rapidamente di 1/|~x|3, proprieta certamente posseduta da (2.40)
e (2.41).
Sotto queste ipotesi vogliamo ora dimostrare che esiste una carica totale Q conservata,
e che essa e uno scalare sotto trasformazioni di Lorentz.
La costruzione della carica segue una procedura standard, che consiste nellāintegrare
lāequazione di continuita su un volume V ,
ā0
ā«
V
j0 d3x = āā«
V
~ā Ā·~j d3x.
Applicando il teorema di Gauss e definendo la carica contenuta in un volume V come
QV =ā«
Vj0 d3x, si ottiene poi lāequazione di conservazione locale,
dQV
dt= ā
ā«
āV
~j Ā· d~Ī£. (2.54)
La derivata della carica contenuta nel volume V eguaglia dunque lāopposto del flusso della
corrente spaziale attraverso il bordo di V . Se estendiamo ora il volume a tutto R3, per la
proprieta III) converge lāintegrale della densita j0 su tutto lo spazio, mentre va a zero il
flusso della corrente spaziale allāinfinito 8. Si ottiene quindi la carica conservata,
Q =
ā«j0 d3x,
dQ
dt= 0. (2.55)
Che la carica totale sia un invariante di Lorentz ā proprieta certamente non posseduta
dalla carica in un volume finito QV ā e un poā meno ovvio. Per dimostrarlo valutiamo la
carica, che e indipendente dal tempo, allāistante t = 0 e la riscriviamo come segue,
Q =
ā«j0(0, ~x) d3x =
ā«j0(x) Ī“(t) d4x =
ā«j0(x)ā0H(t) d4x =
ā«jĀµ(x) āĀµH(t) d4x.
Abbiamo introdotto la funzione di Heaviside H(t), nulla per t < 0 e uguale a 1 per t ā„ 0,
legata alla Ī“ di Dirac dalla nota relazione,
dH(t)
dt= Ī“(t).
8Se V si estende a tutto lo spazio possiamo scegliere per āV una sfera di raggio R e mandare Rallāinfinito. Conviene passare a coordinate polari. Ponendo d~Ī£ = ~nR2 dĪ©, dove ~n e il versore normalealla sfera e Ī© lāangolo solido, otteniamo
ā«āV
~j Ā· d~Ī£ =ā«
dĪ©~n Ā· (limRāāR2~j). Ma per la proprieta III) illimite tra parentesi e zero.
45
Consideriamo ora la carica totale Qā² in un altro sistema di riferimento, legato al primo da
una trasformazione di Lorentz propria xā²Āµ = ĪĀµĪ½x
Ī½ , Ī00 ā„ 1. Con lo stesso procedimento
di cui sopra troviamo,
Qā² =ā«
jā²Āµ(xā²) āā²ĀµH(tā²) d4xā².
Sfruttando le trasformazioni di Lorentz,
jā²Āµ(xā²) = ĪĀµĪ½j
Ī½(x),
āā²Āµ = ĪĀµĻāĻ,
d4xā² = |detĪ| d4x = d4x,
si ottiene poi,
Qā² =ā«
jĀµ(x)āĀµH(tā²) d4x,
dove,
tā² = Ī00 t + Ī0
i xi. (2.56)
Possiamo infine valutare la differenza,
Qā² āQ =
ā«jĀµ(x) āĀµ (H(tā²)āH(t)) d4x =
ā«āĀµ [jĀµ(x) (H(tā²)āH(t))] d4x, (2.57)
dove nellāultimo passaggio abbiamo sfruttato lāequazione di continuita. Dividiamo ora la
quadridivergenza in parte spaziale e parte temporale, applicando alla prima il teorema di
Gauss in d = 3, e alla seconda il teorema fondamentale del calcolo in t. Supponendo di
poter scambiare gli ordini di integrazione si ottiene,
Qā² āQ =
ā«dt
ā«
Īā(H(tā²)āH(t))~j(x) Ā· d~Ī£ +
ā«d3x j0(x)(H(tā²)āH(t))|t=+ā
t=āā.
Nel primo termine Īā e una superficie sferica posta allāinfinito spaziale, dove ~j si annulla
piu rapidamente di 1/|~x|3; lāintegrale del flusso e quindi zero. Nel secondo termine dob-
biamo valutare la differenza H(tā²) ā H(t) nei limiti t ā Ā±ā, per ~x fissato. Grazie al
fatto che Ī00 ā„ 1, dalla (2.56) si vede che per t ā +ā anche tā² ā +ā, ed entrambe
le funzioni di Heaviside vanno a 1, mentre per t ā āā anche tā² ā āā ed entrambe le
funzioni di Heaviside vanno a zero. Anche il secondo integrale e quindi zero e abbiamo,
Qā² = Q.
46
2.4.2 Tensore energiaāimpulso e conservazione del quadrimomento
In questo paragrafo ā e nel successivo ā illustreremo come il principio di conservazione
dellāenergia e della quantita di moto ā cardine di qualsiasi teoria fisica fondamentale ā vie-
ne realizzato nellāambito dellāElettrodinamica, come conseguenza delle equazioni (2.12)ā
(2.14). Ma prima di considerare il caso particolare dellāElettrodinamica, imposteremo ora
il problema in una generica teoria relativistica.
In una teoria relativistica lāenergia costituisce la quarta componente di un quadri-
vettore, appunto del quadrimomento. Siccome una trasformazione di Lorentz mescola
energia e quantita di moto ci aspettiamo quindi che la conservazione della prima non
possa avvenire senza la contemporanea conservazione della seconda. In realta stiamo
quindi cercando quattro costanti del moto raggruppate nel quadrimomento P Ī½ , la cui
componente temporale P 0 = Īµ rappresenta lāenergia totale del sistema.
In analogia con la carica elettrica ci aspettiamo anche per il quadrimomento leggi di
conservazione locali, ovverosia ci aspettiamo che ad ogni componente del quadrimomento
P Ī½ sia associata una corrente conservata. Indichiamo le quattro correnti risultanti con,
jĀµ(Ī½)(x) ā” T ĀµĪ½(x), (2.58)
grandezza che viene chiamata ātensore energiaāimpulsoā.
In base a quanto abbiamo appena detto postuliamo che in una teoria relativistica la
conservazione del quadrimomento sia conseguenza dellāesistenza di un tensore energiaā
impulso, che gode delle seguenti proprieta:
I) T ĀµĪ½ e un campo tensoriale,
II) T ĀµĪ½ soddisfa lāequazione di continuita, āĀµTĀµĪ½ = 0,
III) lim|~x|āā |~x|3 T ĀµĪ½(t, ~x) = 0.
La proprieta I) assicura in particolare la covarianza dellāequazione di continuita II), cioe,
se essa vale in un sistema di riferimento vale in tutti i sistemi di riferimento.
Procediamo ora come nel caso della corrente elettrica per dedurre lāesistenza di quan-
tita conservate. Integrando lāequazione di continuita su un volume finito otteniamo,
ā0
ā«
V
T 0Ī½ d3x = āā«
V
āiTiĪ½ d3x. (2.59)
47
In base allāidentificazione (2.58) le componenti T 0Ī½ corrispondono alla densita di quadri-
momento, e il quadrimomento contenuto in un volume V e dunque dato da,
P Ī½V =
ā«
V
T 0Ī½ d3x. (2.60)
La (2.59) ci dice allora che le quantita T iĪ½ sono da interpretarsi come ādensita di corrente
di quadrimomentoā. Infatti, applicando il teorema di Gauss si ottiene lāequazione del
flusso,dP Ī½
V
dt= ā
ā«
āV
T iĪ½dĪ£i. (2.61)
Scriviamo in particolare le componenti Ī½ = 0 delle (2.60), (2.61), che riguardano lāenergia
ĪµV ā” P 0V contenuta nel volume V ,
ĪµV =
ā«
V
T 00 d3x,dĪµV
dt= ā
ā«
āV
T i0dĪ£i.
Si vede che mentre T 00 rappresenta la densita di energia, il vettore tridimensionale T i0
rappresenta il flusso di energia, entrambe quantita che in seguito giocheranno un ruolo
importante. Interpretazioni analoghe valgono per le componenti T Āµi, che riguardano la
quantita di moto.
Se infine nella (2.61) estendiamo il volume a tutto lo spazio, grazie alla proprieta III)
deduciamo che il quadrimomento totale e conservato,
P Ī½ =
ā«T 0Ī½ d3x,
dP Ī½
dt= 0. (2.62)
A questo punto facciamo notare che il quadrimomento P Ī½V contenuto in un volume finito
ā che in generale dipende dal tempo ā non ha proprieta ben definite sotto trasformazioni
di Lorentz, mentre, se vogliamo che la conservazione del quadrimomento totale sia una
proprieta preservata nel passaggio da un sistema di riferimento a un altro, dobbiamo
dimostrare che P Ī½ costituisce effettivamente un quadrivettore. La dimostrazione di questo
fatto si basa sulle proprieta I)āIII), e segue da vicino quella dellāinvarianza della carica
elettrica del paragrafo precedente. Eseguendo gli stessi passaggi si ottiene facilmente,
P Ī½ =
ā«T ĀµĪ½(x) āĀµH(t) d4x, P ā²Ī½ =
ā«T ā²ĀµĪ½(xā²) āā²ĀµH(tā²) d4xā².
Considerando che i tensori energiaāimpulso nei due riferimenti sono legati dalla relazione,
T ā²ĀµĪ½(xā²) = ĪĀµĪ±ĪĪ½
Ī²T Ī±Ī²(x),
48
si ottiene,
P ā²Ī½ = ĪĪ½Ī²
ā«T ĀµĪ²(x) āĀµH(tā²) d4x.
Calcoliamo allora la differenza,
P ā²Ī½āĪĪ½Ī²P Ī² = ĪĪ½
Ī²
ā«T ĀµĪ²(x)āĀµ(H(tā²)āH(t)) d4x = ĪĪ½
Ī²
ā«āĀµ
[T ĀµĪ²(x)(H(tā²)āH(t))
]d4x,
dove nellāultimo passaggio abbiamo sfruttato lāequazione di continuita. Lāintegrale otte-
nuto e della stessa forma dellāintegrale (nullo) in (2.57), e quindi anchāesso e zero. Vale
dunque,
P ā²Ī½ = ĪĪ½Ī²P Ī²,
come volevamo dimostrare.
2.4.3 Il tensore energiaāimpulso dellāElettrodinamica
In questo paragrafo diamo una dimostrazione costruttiva dellāesistenza di un tensore
energiaāimpulso per lāElettrodinamica classica, che goda delle proprieta postulate nel
paragrafo precedente. Deriveremo prima, in modo euristico, la forma della densita di
energia T 00, dopodiche useremo lāinvarianza di Lorentz per ricostruire lāintero tensore.
Per cominciare ricordiamo la nota formula per la densita di energia del campo elet-
tromagnetico,
T 00em =
1
2(E2 + B2). (2.63)
Chiaramente lāenergia totale conservata non potra essere data solo dallāintegrale di T 00em,
perche sappiamo che il campo elettromagnetico scambia energia con le particelle cariche.
Per quantificare questo scambio ci calcoliamo la derivata temporale di T 00em, usando le
equazioni di Maxwell nella forma (2.28)ā(2.31),
āT 00em
āt= ~E Ā· ā
~E
āt+ ~B Ā· ā
~B
āt
= ~E Ā·(
~āĆ ~B ā~j)ā ~B Ā· ~āĆ ~E
= ā~j Ā· ~E ā ~ā Ā·(
~E Ć ~B)
.
Integriamo ora questa relazione su tutto lo spazio. Applicando allāultimo termine il teo-
rema di Gauss e assumendo che ~E e ~B decrescano allāinfinito spaziale abbastanza rapida-
mente, vediamo che esso non da contributo. Ricordando la forma della corrente spaziale
49
(2.41) possiamo allora scrivere,
d
dt
ā«T 00
em d3x = āā«
~E Ā·~j d3x = āā
r
er ~vr Ā·ā«
~E(t, ~x) Ī“3(~xā ~yr(t)) d3x (2.64)
= āā
r
er ~vr Ā· ~E(t, ~yr(t)) = ā d
dt
(ār
Īµr
), (2.65)
dove abbiamo usato la legge della potenza (2.20), con Īµr = mr/ā
1ā v2r . La relazione che
abbiamo ottenuto ci dice che si conserva lāenergia totale del sistema, nella forma,
Īµ =
ā«T 00
em d3x +ā
r
Īµr =
ā« (1
2(E2 + B2) +
ār
Īµr Ī“3(~xā ~yr(t))
)d3x.
Da questa formula possiamo dedurre lāespressione della densita di energia,
T 00 =1
2(E2 + B2) +
ār
Īµr Ī“3(~xā ~yr(t)).
Viene allora naturale assumere che il tensore energiaāimpulso totale possa essere scritto
come somma di due contributi, uno che rappresenta solo i campi e lāaltro che rappresenta
solo le particelle,
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½
p , (2.66)
con le condizioni,
T 00em =
1
2(E2 + B2), T 00
p =ā
r
Īµr Ī“3(~xā ~yr(t)). (2.67)
Con queste posizioni cerchiamo ora di determinare i due tensori separatamente, sfrut-
tando il fatto che sotto trasformazioni di Lorentz entrambi si devono trasformare in modo
covariante.
Cominciamo con il contributo del campo elettromagnetico. Siccome T 00em e bilineare in
~E e ~B ā che sono le componenti del tensore F ĀµĪ½ ā e siccome le trasformazioni di Lorentz
sono lineari, possiamo concludere che tutte le componenti di T ĀµĪ½em devono essere bilineari
in F ĀµĪ½ . La covarianza di Lorentz impone allora la seguente struttura generale, dove a, b
e c sono per il momento costanti arbitrarie 9,
T ĀµĪ½em = aF Āµ
Ī±FĪ±Ī½ + b Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī² + c F ĀµĪ½FĪ±Ī±. (2.68)
9A priori potrebbero essere presenti anche contributi che coinvolgono il tensore di LeviāCivita ĪµĀµĪ½ĻĻ,ma questi renderebbero TĀµĪ½
em uno pseudotensore. Per parita, ovverosia per ~x ā ā~x, ~E ā ā ~E, ~B ā ~B,la componente T 00
em dovrebbe allora cambiare di segno, in contraddizione con la (2.63) che resta inveceinvariante.
50
Lāultimo termine e identicamente nullo grazie allāantisimmetria di FĪ±Ī². Per determinare
le costanti a e b calcoliamo T 00em dalla (2.68) e confrontiamo il risultato con la (2.67),
T 00em = aF 0
Ī±FĪ±0 + b Ī·00 Ā· 2(B2 ā E2)
= aF 0iF
i0 + 2b (B2 ā E2) = (aā 2b)E2 + 2bB2.
Il confronto da a = 1, b = 1/4, e quindi,
T ĀµĪ½em = F Āµ
Ī±FĪ±Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī². (2.69)
Per determinare T ĀµĪ½p riscriviamo la componente T 00
p in (2.67) nel modo seguente,
T 00p =
ār
ā«Īµr Ī“4(xā yr) dy0
r =ā
r
ā«Īµr u0
r Ī“4(xā yr) dsr =ā
r
mr
ā«u0
r u0r Ī“4(xā yr) dsr.
Questa forma suggerisce di porre,
T ĀµĪ½p =
ār
mr
ā«uĀµ
r uĪ½rĪ“
4(xā yr) dsr, (2.70)
che e un tensore per trasformazioni di Lorentz e riproduce la componente 00 corretta. E
sottinteso che lāintegrale curvilineo e esteso allāintera linea di universo di ciascuna parti-
cella, come nella definizione della quadricorrente. Integrando nuovamente la Ī“ temporale
possiamo riscrivere questo tensore in modo non manifestamente covariante, in una forma
che sara utile nel prossimo paragrafo,
T ĀµĪ½p =
ār
pĀµr pĪ½
r
Īµr
Ī“3(~xā ~yr(t)). (2.71)
Facciamo notare che i tensori dati in (2.69) e (2.70) sono simmetrici in Āµ e Ī½, e quindi lo
e anche il tensore energiaāimpulso totale,
T ĀµĪ½ = T Ī½Āµ.
Per il momento questa proprieta sembra accidentale, ma essa giochera un ruolo rilevante
in seguito.
Lāequazione di continuita per T ĀµĪ½. Le formula per T ĀµĪ½p e T ĀµĪ½
em appena trovate sono state
dedotto in modo euristico, ma la loro giustificazione definitiva discende dal fatto che si
puo dimostrare che il tensore energiaāimpulso totale T ĀµĪ½ e conservato se,
51
a) F ĀµĪ½ soddisfa lāidentita di Bianchi e lāequazione di Maxwell,
b) le coordinate delle particelle soddisfano lāequazione di Lorentz.
Per dimostrarlo calcoliamo la quadridivergenza dei due tensori separatamente, comincian-
do dal tensore elettromagnetico,
āĀµTĀµĪ½em = āĀµF
ĀµĪ±FĪ±Ī½ + F ĀµĪ±āĀµFĪ±
Ī½ +1
2FĪ±Ī² āĪ½FĪ±Ī²
= āF Ī½Ī±jĪ± +1
2FĪ±Ī²
(āĪ±F Ī²Ī½ ā āĪ²FĪ±Ī½
)+
1
2FĪ±Ī²āĪ½FĪ±Ī²
= āF Ī½Ī±jĪ± +1
2FĪ±Ī²
(āĪ±F Ī²Ī½ + āĪ²F Ī½Ī± + āĪ½F Ī±Ī²
)
= āā
r
er
ā«F Ī½Ī±(yr)urĪ± Ī“4(xā yr) dsr. (2.72)
Abbiamo usato lāequazione di Maxwell, lāidentita di Bianchi nella forma (2.89), e la
definizione della quadricorrente.
Per calcolare la quadridivergenza del tensore energiaāimpulso delle particelle si ese-
guono gli stessi passaggi del calcolo della quadridivergenza della corrente elettrica 10,
āĀµTĀµĪ½p =
ār
ā«pĪ½
r uĀµr āĀµĪ“
4(xā yr) dsr = āā
r
ā«pĪ½
r
d
dsr
Ī“4(xā yr) dsr
=ā
r
ā«dpĪ½
r
dsr
Ī“4(xā yr) dsr āā
r
pĪ½r Ī“4(xā yr)
ā£ā£sr=+āsr=āā
=ā
r
ā«dpĪ½
r
dsr
Ī“4(xā yr) dsr. (2.73)
Sommando questo risultato alla (2.72) si ottiene,
āĀµTĀµĪ½ =
ār
ā« (dpĪ½
r
dsr
ā erFĪ½Ī±(yr)urĪ±
)Ī“4(xā yr) dsr = 0, (2.74)
in virtu dellāequazione di Lorentz.
Concludiamo che le formule (2.66), (2.69) e (2.70) individuano un tensore energiaā
impulso che soddisfa le proprieta I) e II) del paragrafo precedente. Sotto ipotesi molto
generali si puo inoltre fare vedere che esso soddisfa anche la proprieta III) sul suo anda-
mento asintotico. Il contributo T ĀµĪ½p soddisfa questa proprieta in modo ovvio. Per quanto
riguarda invece il tensore T ĀµĪ½em vedremo che esso la soddisfa, per esempio, se lāaccelerazione
10Per non appesantire la notazione in questo calcolo usiamo per le distribuzioni la notazione simbolica.Per rendersi conto che i passaggi eseguiti sono corretti e sufficiente applicare i risultati intermedi a unafunzione di test Ļ.
52
delle particelle cariche svanisce per t ā āā con sufficiente rapidita (in particolare se le
particelle sono accelerate solo per un intervallo temporale finito). Nel capitolo 6 faremo,
infatti, vedere che in questo caso il campo elettromagnetico ha lāandamento asintotico
tipico di un campo coulombiano,
F ĀµĪ½ ā¼ 1
r2, per r = |~x| ā ā.
Siccome T ĀµĪ½em e quadratico in F ĀµĪ½ ne segue che asintoticamente,
T ĀµĪ½em ā¼
1
r4,
e quindi r3T ĀµĪ½em ā 0.
Prima di procedere osserviamo che nella dimostrazione dellāequazione di continuita
appena svolta abbiamo evidentemente sottointeso lāidentificazione dei due tipi di carica
discussi alla fine del paragrafo 2.2.3, vale a dire abbiamo posto er = eār. Ricordiamo che le
eār sono le cariche che compaiono ā a priori ā nella corrente, e che le er sono quelle che
compaiono nelle equazioni di Lorentz. Ma e facile ripetere gli stessi passaggi di cui sopra
senza usare questa identificazione, e si vede immediatamente che al posto di āĀµTĀµĪ½ = 0 si
otterrebbe, vedi (2.74),
āĀµTĀµĪ½ =
ār
(er ā eār)ā«
F Ī½Ī±(yr) Ī“4(xā yr) dyrĪ±. (2.75)
Lāequazione di continuita e quindi violata, a meno che non si abbia er = eār. Lāidentificazio-
ne dei due tipi di carica e quindi effettivamente necessaria per assicurare la conservazione
del quadrimomento totale del sistema, come anticipato nel paragrafo 2.2.3.
Il significato delle componenti di T ĀµĪ½. Analizziamo ora brevemente il significato del-
le singole componenti di T ĀµĪ½ , cominciando di nuovo con il contributo elettromagnetico.
Calcoli elementari danno,
T 00em =
1
2(E2 + B2), (2.76)
T i0em = T 0i
em = ( ~E Ć ~B)i, (2.77)
T ijem =
1
2(E2 + B2) Ī“ij ā EiEj āBiBj. (2.78)
Riotteniamo ovviamente la densita di energia T 00em dalla quale eravamo partiti. Nelle com-
ponenti miste riconosciamo poi il vettore di Poynting Si che, come sappiamo, rappresenta
53
effettivamente il flusso di energia del campo elettromagnetico,
T i0em = Si, ~S = ~E Ć ~B. (2.79)
Vediamo inoltre che il vettore di Poynting eguaglia anche la densita di quantita di moto
T 0iem. Le componenti spazioāspazio invece formano un tensore simmetrico che viene chia-
mato ātensore degli sforzi di Maxwellā; esso rappresenta il flusso della quantita di moto.
Infine osserviamo che il tensore energiaāimpulso elettromagnetico e a traccia nulla,
T Āµem Āµ = T ĀµĪ½
em Ī·ĀµĪ½ = 0.
Per quanto riguarda il tensore energiaāimpulso delle particelle, dalla (2.71) si vede che
la densita di quadrimomento ha la forma aspettata,
T 0Āµp =
ār
pĀµr Ī“3(~xā ~yr(t)). (2.80)
Infatti, il quadrimomento totale delle particelle che a un istante considerato si trovano
allāinterno di un volume V e dato da,
ā«
V
T 0Āµp d3x =
ār
pĀµr
ā«
V
Ī“3(~xā ~yr(t)) d3x =ārāV
pĀµr ,
dove la somma si estende a tutte le particelle contenute in V .
Concludiamo questo paragrafo riprendendo il bilancio del quadrimomento riferito a
un volume V . Secondo la (2.61) il quadrimomento che abbandona nellāunita di tempo il
volume V e dato da,dP Āµ
V
dt= ā
ā«
āV
T iĀµdĪ£i.
Lāintgrale a secondo membro e un integrale di superficie e riceve ā a priori ā contributi
sia da T iĀµem che da T iĀµ
p . Ma siccome le particelle allāistante considerato stanno o allāinterno
o allāesterno della superficie, il termine T iĀµp non contribuisce e si ottiene,
dP ĀµV
dt= ā
ā«
āV
T iĀµem dĪ£i. (2.81)
In altre parole, la variazione del quadrimomento totale contenuto in V , che risulta dalla
somma del quadrimomento delle particelle e di quello del campo elettromagnetico, e cau-
sata dal solo flusso elettromagnetico. In particolare per ālāenergia irradiataā nellāunita di
54
tempo dal volume V otteniamo,
dĪµV
dt= ā
ā«
āV
T i0em dĪ£i = ā
ā«
āV
~S Ā· d~Ī£. (2.82)
Questa importante relazione sara la formula cardine per lāanalisi energetica di tutti i
fenomeni di irraggiamento.
2.4.4 Conservazione del momento angolare
In questo paragrafo stabiliremo la legge di conservazione locale del momento angolare qua-
dridimensionale, in una generica teoria relativistica. Applicheremo poi la ricetta ottenuta
allāElettrodinamica.
Sappiamo che in un sistema isolato di particelle non relativistiche, oltre allāenergia e
alla quantita di moto si conserva anche il momento angolare tridimensionale, nella forma,
Li =ā
r
(~yr Ć ~pr)i = Īµijk
ār
yjr pk
r ,
dove ~pr = mr~vr e la quantita di moto non relativistica della particella rāesima. In una
teoria relativistica questa legge di conservazione vettoriale, opportunamente generalizzata
dovrebbe acquisire carattere covariante quadridimensionale. Ma il tentativo piu naturale
di estendere il momento angolare a un quadrivettore fallisce, in quanto il prodotto esterno
tridimensionale non ammette nessuna estensione quadrivettoriale. Tuttavia, possiamo
sfruttare il fatto che in tre dimensioni ogni vettore e equivalente a un tensore doppio
antisimmetrico,
Lij ā” ĪµijkLk =ā
r
(yirp
jr ā yj
rpir). (2.83)
In quanto tensore antisimmetrico questa espressione ammette ora unāestensione naturale
a un quadritensore antisimmetrico di rango due,
LĪ±Ī²p =
ār
(yĪ±r pĪ²
r ā yĪ²r pĪ±
r ), LĪ±Ī²p = āLĪ²Ī±
p , (2.84)
purche identifichiamo pĪ±r con il quadrimomento relativistico della particella. Un tensore
di questo tipo corrisponderebbe quindi a sei quantita conservate. In realta dovevamo
aspettarci che il momento angolare relativistico fosse costituito da piu di tre componenti.
Sappiamo, infatti, che in fisica Newtoniana la conservazione del momento angolare discen-
de dallāinvarianza per rotazioni spaziali, le quali costituiscono un gruppo a tre parametri.
55
A livello relativistico questo gruppo si allarga al gruppo di Lorentz che costituisce invece
un gruppo a sei parametri, e quindi risulta naturale la comparsa di altrettante quantita
conservate.
Come per la carica elettrica e il quadrimomento assumiamo anche in questo caso leggi
di conservazione locali. Ipotizziamo quindi lāesistenza di un tensore ādensita di corrente
di momento angolareā di rango tre MĀµĪ±Ī², con le proprieta,
I) MĀµĪ±Ī² = āMĀµĪ²Ī±,
II) āĀµMĀµĪ±Ī² = 0.
Alla luce della (2.84), vedi sotto, postuliamo la seguente definizione,
MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ±. (2.85)
La proprieta I) e allora valida per costruzione. Per quanto riguarda la II) calcoliamo,
āĀµMĀµĪ±Ī² = Ī“Ī±
ĀµT ĀµĪ² + xĪ±āĀµTĀµĪ² ā Ī“Ī²
ĀµT ĀµĪ± ā xĪ²āĀµTĀµĪ± = TĪ±Ī² ā T Ī²Ī±,
dove abbiamo sfruttato la conservazione del tensore energiaāimpulso. Vediamo ora che se
questāultimo e anche simmetrico ā come nel caso dellāElettrodinamica ā allora risulta in
effetti lāequazione di continuita,
āĀµMĀµĪ±Ī² = 0.
Seguendo il procedimento standard e assumendo opportuni andamenti asintotici dei campi
allāinfinito, segue allora che esistono sei quantita conservate date da,
LĪ±Ī² =
ā«M0Ī±Ī² d3x =
ā«(xĪ±T 0Ī² ā xĪ²T 0Ī±) d3x, LĪ±Ī² = āLĪ²Ī±. (2.86)
Con il consueto procedimento si dimostra poi anche che le quantita LĪ±Ī² costituiscono
un tensore di rango due sotto trasformazioni di Lorentz. Inoltre, in assenza di campo
elettromagnetico, cioe per un sistema di particelle neutre, usando la (2.80) si vede im-
mediatamente che la (2.86) si riduce alla (2.84). Giustifichiamo cosı ā a posteriori ā la
definizione del momento angolare relativistico data in (2.85).
In realta i campi MĀµĪ±Ī² si comportano come campi ātensorialiā solo sotto trasformazioni
di Lorentz, mentre sotto traslazioni, xĀµ ā xā²Āµ = xĀµ + aĀµ, essi trasformano in modo
āanomaloā,
M ā²ĀµĪ±Ī²(xā²) = MĀµĪ±Ī²(x) + aĪ±T ĀµĪ²(x)ā aĪ²T ĀµĪ±(x).
56
Ricordiamo, appunto, che sotto traslazioni un tensore non dovrebbe cambiare. In modo
simile le quantita conservate (2.86) trasformano secondo, vedi (2.62),
Lā²Ī±Ī² = LĪ±Ī² + aĪ±P Ī² ā aĪ²PĪ±. (2.87)
Questa anomalia si spiega facilmente osservando che la densita di momento angolare
(2.85) e stata calcolata considerando implicitamente come polo lāorigine O, con coordinate
xĀµO = 0. Per un polo generico la (2.85) si generalizza invece come,
MĀµĪ±Ī²O = (xĪ± ā xĪ±
O)T ĀµĪ² ā (xĪ² ā xĪ²O)T ĀµĪ±,
espressione che risulta ora invariante per traslazioni e preserva, per di piu, le proprieta I) e
II) di cui sopra. La (2.87) puo allora essere interpretata come la versione relativistica della
nota regola di cambiamento del momento angolare non relativistico per un cambiamento
del polo, xĀµO ā xā²ĀµO = xĀµ
O ā aĀµ.
Esplicitiamo ora la forma delle costanti del moto LĪ±Ī² nel caso dellāElettrodinamica.
Analizziamo separatamente le componenti Lij, ovverosia il vettore Li = 12ĪµijkLjk che
corrisponde al momento angolare spaziale, e le tre nuove costanti del moto Ki ā” L0i, che
vengono chiamate boost. Per il momento angolare spaziale la (2.79) e la (2.80) danno,
Li =1
2ĪµijkLjk = Īµijk
ā«xj T 0k d3x = Īµijk
ā«xj
(Sk +
ār
pkr Ī“3(~xā ~yr)
)d3x,
e quindi,
~L =
ā«(~xĆ ~S) d3x +
ār
~yr Ć ~pr ā” Lem + ~Lp, (2.88)
risultato non sorprendente, dato che il vettore di Poynting rappresenta la densita di
quantita di moto del campo elettromagnetico.
Il significato dei boost. Analizziamo ora le componenti (0 i) di LĪ±Ī², in una teoria
relativistica generica. Dalla (2.86) otteniamo le costanti del moto,
Ki = L0i = t
ā«T 0i d3xā
ā«xi T 00 d3x,
dove nelle quantita P i =ā«
T 0i d3x riconosciamo la quantita di moto totale conservata del
sistema. Per dare unāinterpretazione al secondo termine di Ki definiamo la posizione del
ācentro di massaā di un sistema relativistico come,
~xcm(t) ā”ā«
~x T 00 d3xā«T 00 d3x
,
57
dove Īµ =ā«
T 00 d3x e lāenergia totale conservata del sistema. Si noti che questa formula si
ottiene dalla corrispondente espressione non relativistica sostituendo la densita di massa
con la densita di energia. La costanza del vettore di boost,
~K = t ~P ā Īµ ~xcm(t),
e allora equivalente allāaffermazione che il centro di massa del sistema si muove di moto
rettilineo uniforme, con velocita data da,
~vcm =~P
Īµ.
Resta, tuttavia, da notare che il concetto di centro di massa di un sistema, per come
lāabbiamo introdotto non e un concetto relativisticamente invariante, nel senso che le sue
coordinate (t, ~xcm) non costituiscono un quadrivettore: il centro di massa di un sistema e
rappresentato da punti diversi in sistemi di riferimento diversi.
In definitiva, dalle equazioni del moto dellāElettrodinamica siamo riusciti a dedurre
lāesistenza delle dieci quantita conservate P Ī½ e LĪ±Ī² ā tante quanti sono i parametri con-
tinui che parametrizzano il gruppo di Poincare. Abbiamo gia anticipato che alla base di
questa ācoincidenzaā numerica cāe un legame profondo esistente in natura tra principi di
simmetria e leggi di conservazione, legame che a livello matematico viene decodificato dal
teorema di Noether.
2.5 Problemi
2.1 Si dimostri che il quadrato della quadriaccelerazione w2 ā” wĀµwĀµ soddisfa,
w2 ā¤ 0.
[Sugg.: si sfrutti lāidentita wĀµuĀµ = 0.] Si dimostri che in termini di velocita e accelerazione
tridimensionali si ha,
w2 = āa2 ā (~aĆ ~v)2
(1ā v2)3.
2.2 Si dimostri che le seguenti tre versioni dellāidentita di Bianchi sono equivalenti tra
di loro:
āĀµFĪ½Ļ + āĪ½FĻĀµ + āĻFĀµĪ½ = 0, (2.89)
58
ā[ĀµFĪ½Ļ] = 0,
ĪµĀµĪ½ĻĻāĪ½FĻĻ = 0.
2.3 Si trovino tutte le soluzioni per F ā S ā²(R) dellāequazione in una dimensione,
(x2 ā a2)F (x) = 0, a > 0.
Si dimostri che ogni soluzione puo essere posta nella forma F (x) = f(x)Ī“(x2 ā a2), per
unāopportuna funzione continua f .
2.4 Si dimostri che una funzione f(x) : RD ā C definisce un elemento F ā S ā²(RD),
dato da,
F (Ļ) =
ā«f(x) Ļ(x) dDx, (2.90)
se 1) f e integrabile in modulo su una qualsiasi palla di RD ā in particolare se possiede un
numero finito di singolarita integrabili ā e 2) se essa e asintoticamente polinomialmente
limitata. Una funzione f si dice asintoticamente polinomialmente limitata se esistono una
distanza d, un intero positivo N e una costante positiva C, tali che per ogni x per cui
r ā„ d si abbia,
|f(x)| ā¤ C r2N ,
dove r ā”ā
(x1)2 + Ā· Ā· Ā·+ (xD)2. [Sugg.: E necessario e sufficiente dimostrare che vale la
(2.34) per opportuni monomi P e Q. A questo scopo e utile suddividere il dominio di
integrazione nella (2.90) in una palla sufficientemente grande e nel suo complemento in
RD, e sfruttare le proprieta asintotiche (2.32) della Ļ.]
2.5 Si dimostri il āTeorema di Birkhoffā, enunciato come segue. Sia data una
quadricorrente a simmetria sferica, ma in generale non statica,
j0(~x, t) = Ļ(r, t),
ji(~x, t) =xi
rj(r, t),
a supporto spaziale compatto, cioe,
jĀµ(~x, t) = 0 per r > r0, ā t.
59
Allora il campo elettromagnetico generato dalla quadricorrente nel vuoto, vale a dire nella
regione r > r0, e statico, essendo dato da,
~E =Q
4Ļ
~x
r3, ~B = 0, Q =
ā«
r<r0
Ļ(r, t) d3x.
[Sugg.: si usi lāAnsatz ~E = ~x f(r, t), ~B = ~x g(r, t), implicato dalla simmetria sferica.] Se
ne conclude in particolare che una distribuzione di corrente a simmetria sferica ā seppure
costituita da cariche accelerate ā non puo irradiare onde elettromagnetiche, perche il
campo da essa generato e statico.
2.6 Integrali invarianti in 3 dimensioni. Si definisca il tensore doppio tridimensio-
nale,
H ij =
ā«dĪ© ninj, (2.91)
dove dĪ© = senĻ dĻ dĻ e la misura dellāangolo solido in 3 dimensioni, conā«
dĪ© = 4Ļ, e
ni = xi/r, r = |~x|. Lāintegrando nella (2.91) dipende quindi solo dagli angoli.
a) Si dimostri che si puo scrivere H ij =ā«
d3x Ī“(r ā 1) xixj.
b) Si dimostri che H ij e un tensore invariante per SO(3), cioe,
RimRj
nHmn = H ij, ā R ā SO(3).
[Sugg.: si esegua il cambiamento di variabili xi = Rik yk nellāintegrando del punto a)].
c) Sapendo che gli unici tensori invarianti indipendenti per SO(3) sono Ī“ij e Īµijk, si
concluda che H ij = C Ī“ij per qualche costante C. Si determini C contraendo la (2.91)
con Ī“ij.
d) Secondo questa linea di argomenti si stabilisca la seguente tabella di integrali invarianti:
ā«dĪ© = 4Ļ,
ā«dĪ© ni = 0,
ā«dĪ© ninj =
4Ļ
3Ī“ij,
ā«dĪ© ninjnk = 0,
ā«dĪ© ninjnknl =
4Ļ
15(Ī“ijĪ“kl + Ī“ikĪ“jl + Ī“ilĪ“jk).
60
2.7 Una particella di carica e e massa m si trova in presenza di un campo elettroma-
gnetico costante e uniforme F ĀµĪ½ . La quadrivelocita iniziale della particella per s = 0 sia
uĀµ(0), con u2(0) = 1. Seguendo lāapproccio covariante del paragrafo 2.2.1,
a) si dimostri che in questo caso lāequazione di Lorentz e equivalente allāequazione del
primo ordine,dyĀµ
ds= uĀµ(s) =
[esA
]ĀµĪ½ uĪ½(0),
per unāopportuna matrice costante AĀµĪ½ , determinandola esplicitamente.
b) Si verifichi esplicitamente che u2(s) = 1 ā s. [Sugg.: si noti che esA ā SO(1, 3)c ā s.]
c) Si dimostri che la quantita w2 = wĀµ(s)wĀµ(s) e indipendente da s, esprimendola in
termini di F ĀµĪ½ e uĀµ(0).
d) Escluso il caso in cui | ~E| = | ~B| e simultaneamente ~E ā„ ~B = 0, esiste sempre un sistema
di riferimento in cui ~E e ~B sono paralleli e diretti lungo lāasse delle x: ~E = (E, 0, 0),
~B = (B, 0, 0). Si dimostri che in questo riferimento la matrice A e diagonale a blocchi
2Ć 2.
e) Sfruttando questa struttura di A si determini esA sviluppando lāesponenziale in serie,
e risommandolo in termini delle funzioni sen, cos, cosh e senh.
f) Ponendo come velocita iniziale ~v0 = (0, v0, 0), cioe,
uĀµ(0) =1ā
1ā v20
(1, 0, v0, 0),
si determinino uĀµ(s) e yĀµ(s), e quindi la legge oraria ~y(t). In questo quesito per semplicita
si ponga B = 0.
2.8 Si consideri un sistema di N particelle cariche nel limite non relativistico, vr Āæ 1,
che creano quindi un campo elettromagnetico dato da,
~E = ā~āA0, A0(t, ~x) =Nā
r=1
er
4Ļ|~xā ~yr(t)| ,~B = 0.
a) Utilizzando lāequazione di Coulomb āā2A0 = j0, si dimostri che lāenergia del campo
elettromagnetico Īµem = 12
ā«d3x (E2 + B2) puo essere riscritta āformalmenteā come somma
delle energie potenziali relative di tutte le cariche,
Īµem =1
2
ā«d3xA0j0 =
1
2
Nār,s=1
eres
4Ļ|~yr(t)ā ~ys(t)| . (2.92)
61
b) Si sottragga da questa espressione la parte divergente dovuta allāautointerazione, e si
scriva lāenergia totale del sistema campo elettromagnetico + particelle cariche, aggiungen-
do lāenergia cinetica non relativistica di queste ultime. Si dimostri che lāenergia totale cosı
ottenuta risulta conservata nel limite non relativistico. Si noti che mentre lāespressione
originale per Īµem e sempre positiva ā qualsiasi siano i segni delle cariche ā cio non e piu
vero per lāespressione (2.92), dopo la sottrazione della parte divergente (esempio: N = 2,
e1 = āe2).
2.9 Si trovi la soluzione generale yĀµ(Ī») dellāequazione del moto per la particella libera,
d2yĀµ
ds2= 0,
parametrizzando la linea di universo con un parametro Ī» generico, vedi (2.3). Si verifichi
che la soluzione generale e determinata solo modulo una riparametrizzazione.
2.10 Si dimostri che ālāequazione di Newtonā (2.21) puo essere posta nella forma,
m~a = ~F (~y,~v),
per unāopportuna forza ~F .
2.11 Si dimostri che se un campo elettromagnetico F ĀµĪ½(x) soddisfa le equazioni di Max-
well (2.28), (2.29) per ogni t, e le equazioni (2.30), (2.31) a t = 0, allora esso soddisfa
automaticamente le (2.30), (2.31) per ogni t. [Sugg.: si valuti la divergenza spaziale delle
(2.28), (2.29).]
2.12 Si verifichi esplicitamente che il tensore tridimensionale,
1
r3
(Ī“ij ā 3
xixj
r2
),
che compare al membro di destra della (2.50), appartiene a S ā²(R3).
Soluzione Problema 2.3 Lāequazione,
(x2 ā a2)F (x) = 0, a > 0, (2.93)
62
implica che F puo essere ādiversa da zeroā solo per x = Ā±a, ovverosia che il supporto di F
e āa, a, che e un insieme di punti. Il teorema enunciato nel paragrafo 2.3.2, vedi (2.42),
implica allora che F e una combinazione lineare finita di Ī“(x Ā± a) e delle loro derivate.
Evidentemente,
F0 ā” c1 Ī“(xā a) + c2 Ī“(x + a),
e soluzione dellāequazione (2.93), con c1 e c2 costanti aribitrarie, come si verifica subito
usando la (2.36). Per quanto riguarda invece le derivate prime notiamo che, derivando
lāidentita (x2 ā a2) Ī“(xĀ± a) = 0, si ottiene,
(x2 ā a2)Ī“ā²(xĀ± a) = ā2xĪ“(xĀ± a) = Ā±2a Ī“(xĀ± a) 6= 0.
Quindi le derivate prime non sono soluzioni di (2.93), e allo stesso modo si dimostra che
nemmeno le derivate successive lo sono. F0 e quindi la soluzione generale della (2.93).
Per porre F0 nella forma richiesta nel problema e sufficiente ricordare la (2.38), e
moltiplicarla per una generica funzione continua f ,
F1 ā” f(x)Ī“(x2 ā a2) =1
2a(f(a)Ī“(xā a) + f(āa)Ī“(x + a)).
Siccome f(a) e f(āa) possono assumere qualsiasi valore F0 puo quindi sempre essere
posta nella forma F1.
Soluzione Problema 2.5 Inserendo gli Ansatz dati per ~E e ~B nelle equazioni di Max-
well nel vuoto, ~ā Ā· ~E = 0, ~ā Ā· ~B = 0, si trovano equazioni differenziali che determinano
completamente la dipendenza di f e g da r,
f(r, t) =F (t)
r3, g(r, t) =
G(t)
r3.
Inserendo queste formule di nuovo negli Ansatz per ~E e ~B, si trova che vale identicamente
~ā Ć ~E = 0 = ~ā Ć ~B. Usando questi risultati nelle rimanenti due equazioni di Maxwell
nel vuoto, si trova che F (t) e G(t) sono funzioni costanti. Queste costanti si determinano,
infine, applicando il teorema di Gauss alle equazioni di Maxwell complete, ~ā Ā· ~E = Ļ,
~ā Ā· ~B = 0.
63
3 Metodi variazionali in teoria di campo
Nel capitolo precedente abbiamo illustrato le equazioni fondamentali dellāElettrodinami-
ca evidenziando le loro proprieta piu salienti, tra cui lāinvarianza sotto trasformazioni
del gruppo di Poincare. Abbiamo poi scoperto che queste equazioni godono di unāaltra
importante proprieta, cioe, quella di garantire la conservazione del quadrimomento e del
momento angolare quadridimensionale. A prima vista questi due aspetti ā lāinvarianza
relativistica e la presenza di leggi di conservazione ā non sembrano avere niente a che
fare lāuno con lāaltro. Ma in realta le equazioni dellāElettrodinamica posseggono unāal-
tra caratteristica fondamentale, che a questo punto appare ancora completamente velata:
esse discendono da un principio variazionale. Come vedremo e proprio questa proprieta
aggiuntiva ad assicurare la validita delle leggi di conservazione ā stabilite āa manoā nel ca-
pitolo precedente ā e a qualificare definitivamente lāElettrodinamica come unāinterazione
fondamentale.
In questo capitolo rideriveremo dunque le equazioni del moto e le leggi di conservazio-
ne dellāElettrodinamica usando il metodo variazionale ā metodo che in generale fornisce
una descrizione alternativa, compatta e elegante, della dinamica di un generico sistema
fisico. Lāimportanza che questo metodo riveste in Fisica si desume dal fatto che tutte
le teorie fondamentali, dal Modello Standard delle particelle elementari fino alla Relati-
vita Generale e alla piu speculativa Teoria delle Stringhe, sono deducibili da un principio
variazionale: senza un tale principio la consistenza interna di queste teorie sarebbe difficil-
mente controllabile, e non sarebbero garantite le principali leggi di conservazione. Infatti,
come anticipato nella sezione 2.4, la validita del teorema di Noether, che rivela la pro-
fonda connessione esistente in natura tra principi di simmetria e leggi di conservazione,
necessita di un principio variazionale.
Lo strumento fondamentale del metodo variazionale e il principio di minima azione.
Questo principio si basa sulla conoscenza di unāunica funzione delle variabili dinamiche del
sistema ā la lagrangiana L ā dalla quale per integrazione discende un funzionale, lāazione
I. Il pregio tecnico del metodo consiste nellāestrema economia impiegata nella derivazione
di una teoria fisica: assegnata la sola funzione L il principio di minima determina univo-
64
camente la dinamica del sistema, e il teorema di Noether fornisce poi la forma esplicita
delle leggi di conservazione.
Quantizzazione e invarianza relativistica. Cāe unāulteriore circostanza che conferisce al
metodo variazionale un ruolo fondamentale: e il fatto che esso costituisce il punto di par-
tenza indispensabile per la quantizzazione canonica di una qualsiasi teoria. Ricordiamo,
infatti, che e la lagrangiana a determinare la forma dei momenti coniugati e, attraverso
la trasformata di Legendre, lāhamiltoniana ā oggetto su cui si fonda la quantizzazione
canonica di una qualsiasi teoria. Notiamo, tuttavia, che in una teoria relativistica la
quantizzazione canonica non costituisce una procedura covariante a vista, semplicemen-
te perche lāhamiltoniana, essendo la quarta componente di un quadrivettore, non e un
invariante relativistico. Dāaltra parte per le teorie relativistiche esiste una procedura di
quantizzazione alternativa, quella dellāintegrale funzionale di Feynman, che si basa diret-
tamente sullāazione ā e quindi non sullāhamiltoniana, ma sulla lagrangiana ā e che ha il
pregio di mantenere la teoria quantistica covariante a vista.
Nelle teorie relativistiche il metodo variazionale e soggetto, infatti, a un ulterio-
re vincolo: lāazione deve essere unāinvariante per trasformazioni di Poincare, cioe, un
quadriscalare,
I = I ā².
Sotta questa ipotesi le equazioni del moto che ne derivano soddisfano automaticamente
il principio di relativita einsteiniana. Infatti, secondo il principio di minima azione le
configurazioni che soddisfano le equazioni del moto sono quelle che rendono stazionaria
lāazione ā Ī“I = 0 ā sotto opportune variazioni delle variabili dinamiche. Schematicamente
abbiamo allora,
Equazioni del moto in K ā Ī“I = 0 ā Ī“I ā² = 0 ā Equazioni del moto in Kā².
Le equazioni del moto hanno quindi automaticamente la stessa forma in tutti i sistemi di
riferimento.
Localita. Concludiamo questa nota introduttiva soffermandoci su un aspetto peculiare
della dinamica delle particelle relativistiche, la localita dellāinterazione. Ricordiamo prima
di tutto che in fisica newtoniana le particelle interagiscono attraverso forze che esercitano
65
unāazione a distanza. Per esempio, una particella di carica e2 esercita su una particella
di carica e1 la forza,
~F =e1e2
4Ļ
~y1 ā ~y2
|~y1 ā ~y2|3 ,
la quale viene trasmessa istantaneamente: se a un dato istante la seconda particella si
sposta, la prima ne subisce lāeffetto allo stesso istante. Unāinterazione ā non locale ā di
questo tipo corrisponde a un segnale che si propaga con velocita infinita, ed e quindi in
conflitto con i principi della Relativita Ristretta. In una teoria relativistica, invece, le
particelle non interagiscono tra di loro direttamente ma attraverso i campi, e lāinterazione
tra campi e particelle e unāazione a contatto, ovverosia, locale. Cosı la forza di Lorentz
subita da una particella carica relativistica,
e F ĀµĪ½(y)uĪ½ ,
dipende solo dal valore del campo nel punto yĀµ dello spazioātempo dove essa si trova, e
non dalle posizioni delle altre particelle o dai valori del campo in altri punti. Lāinterazione
elettromagnetica tra particelle cariche si propaga quindi con la velocita di propagazione
del campo elettromagnetico, cioe, con la velocita della luce. Per confronto osserviamo
che a livello quantistico la richiesta di localita si traduce nel fatto che lāinterazione tra
particelle cariche e mediata dai quanti del campo elettromagnetico, ovverosia dai fotoni,
che viaggiano a loro volta con la velocita della luce. Lāinterazione tra questi ultimi e le
particelle cariche, nella schematizzazione dei grafici di Feynman avviene di nuovo in un
punto, e risulta quindi a sua volta ālocaleā.
In una teoria relativistica sono quindi i campi a implementare la localita dellāinte-
razione, e cosı essi vanno considerati a tutti gli effetti come gradi di liberta dinamici
indipendenti, alla stessa stregua delle coordinate delle particelle: mentre in fisica non
relativistica il concetto di campo e utile, in una teoria relativistica esso e indispensabile.
In conlusione, la formulazione di una teoria fisica attraverso il metodo variazionale
avviene secondo il seguente schema:
I) Individuare lāespressione dellāazione.
II) Derivare le equazioni del moto attraverso il principio di minima azione.
66
III) Usare il teorema di Noether per derivare le leggi di conservazione.
Per quanto detto sopra, in fisica relativistica genericamente avremo a che fare con
un sistema di particelle puntiformi in interazione con un sistema di campi. Un sistema
fisico i cui gradi di liberta consistono di soli campi viene chiamato āteoria di campoā. In
generale dovremo quindi implementare il metodo variazionale per un sistema di particelle
in interazione con una teoria di campo. In questo capitolo svilupperemo dunque prima
il metodo variazionale per una generica teoria di campo che, come vedremo, puo essere
considerata come un sistema lagrangiano con un numero infinito di gradi di liberta. Per
questo motivo nel paragrafo che segue ricorderemo brevemente in che cosa consiste il
metodo per un sistema lagrangiano con un numero finito di gradi di liberta, ovverosia, in
meccanica classica.
Nel prossimo capitolo estenderemo infine il principio variazionale a un sistema di
particelle cariche interagenti con il campo elettromagnetico.
3.1 Principio di minima azione in meccanica classica
Consideriamo un sistema meccanico non relativistico, conservativo e olonomo, a N gradi
di liberta, descritto dalle coordinate lagrangiane qn(t), n = 1, Ā· Ā· Ā· , N. Indicheremo le coor-
dinate collettivamente con q = (q1, Ā· Ā· Ā· , qN), e le loro derivate prime con q = (q1, Ā· Ā· Ā· , qN),
dove,
qn =dqn
dt.
Sappiamo allora che esiste una funzione di 2N variabili, la lagrangiana L(q, q), tale che le
equazioni del moto del sistema meccanico sottostante siano equivalenti alle equazioni di
Lagrange,d
dt
āL
āqn
ā āL
āqn
= 0, n = (1, Ā· Ā· Ā· , N). (3.1)
Ricordiamo lāesempio prototipico di un sistema di M particelle non vincolate, con
coordinate cartesiane ~yi(t), i = 1, Ā· Ā· Ā· ,M , nel qual caso le coordinate lagrangiane sono date
da q = (~y1, Ā· Ā· Ā· , ~yM), e N = 3M . Se indichiamo il potenziale di interazione reciproca con
V (q), e lāenergia cinetica totale delle particelle con T (q) = 12
āi miv
2i , allora la lagrangiana
67
di questo sistema e data da,
L(q, q) = T ā V.
Fissiamo ora due estremi temporali t1 < t2, e associamo alla generica lagrangiana L il
seguente funzionale I delle leggi orarie q(t), chiamato azione,
I[q] =
ā« t2
t1
L(q(t), q(t)) dt. (3.2)
Possiamo allora dimostrare il principio di minima azione, detto anche principio di Hamil-
ton.
Principio di minima azione: le leggi orarie q(t) soddisfano le equazioni di Lagrange
(3.1) nellāintervallo [t1, t2], se e solo se esse rendono lāazione I[q] stazionaria per variazioni
Ī“q = (Ī“q1, Ā· Ā· Ā· , Ī“qN) arbitrarie purche nulle agli estremi, vale a dire,
Ī“qn(t1) = 0 = Ī“qn(t2).
Prima di dimostrare il principio spieghiamo la terminologia usata nellāenunciato. In-
nanzitutto specifichiamo che le Ī“qn(t) indicano N funzioni reali del tempo con le stesse
proprieta di regolarita delle qn(t). Introduciamo poi il concetto di āvariazione dellāazioneā
Ī“I attorno a una configurazione q, per delle variazioni Ī“q assegnate. Poniamo 11,
Ī“I ā” d
dĪ±I[q + Ī± Ī“q]
ā£ā£ā£ā£Ī±=0
, (3.3)
dove Ī± e un parametro reale. Siccome lāazione (3.2) e data dallāintegrale di una funzione
delle q e q che supponiamo essere sufficientemente regolare, la (3.3) equivale a,
Ī“I = limĪ±ā0
I[q + Ī± Ī“q]ā I[q]
Ī±=
(I[q + Ī“q]ā I[q]
)lin
. (3.4)
Con lāultima espressione intendiamo la quantita I[q + Ī“q] ā I[q] sviluppata in serie di
Taylor attorno a q, e arrestata al termine lineare in Ī“q. Per calcolare Ī“I userermo in
pratica sempre la (3.4), tralasciando il pedice ālinā.
Si dice, infine, che la configurazione q rende lāazione I stazionaria per delle variazioni
Ī“q date, se risulta Ī“I = 0.
11Si tenga presente che Ī“I e in realta un funzionale delle 2N funzioni q e Ī“q, e andrebbe quindipropriamente indicato con Ī“I[q, Ī“q].
68
Passiamo ora a dimostrare il principio di minima azione calcolando la variazione Ī“I
usando la (3.4),
Ī“I = I[q + Ī“q]ā I[q] =
ā« t2
t1
(L(q + Ī“q, q + Ī“q)ā L(q, q)
)dt
=
ā« t2
t1
Ī“L dt =
ā« t2
t1
ān
(āL
āqn
Ī“qn +āL
āqn
d Ī“qn
dt
)dt
=
ā« t2
t1
ān
(āL
āqn
Ī“qn +d
dt
(āL
āqn
Ī“qn
)ā d
dt
āL
āqn
Ī“qn
)dt
=
ā« t2
t1
ān
(āL
āqn
ā d
dt
āL
āqn
)Ī“qn dt +
ān
āL
āqn
Ī“qn
ā£ā£ā£ā£t2
t1
.
Se vale Ī“qn(t1) = 0 = Ī“qn(t2) lāultima sommatoria e nulla. Si conclude allora che Ī“I = 0
per variazioni Ī“qn arbitrarie nellāintervallo aperto (t1, t2), se e solo se le qn(t) soddisfano
le equazioni di Lagrange (3.1) nellāintervallo [t1, t2].
3.2 Principio di minima azione in teoria di campo
Una teoria classica di campo e descritta da un certo numero di funzioni dello spazioātempo,
Ļr(t, ~x) ā” Ļr(x), r = 1, Ā· Ā· Ā· , N , i ā campi lagrangiani ā che indicheremo collettivamente
con Ļ = (Ļ1, Ā· Ā· Ā· , ĻN). Questi campi descrivono completamente il sistema nel senso che
ogni grandezza fisica osservabile potra esprimersi in funzione di essi, ma in generale essi
stessi non sono necessariamente osservabili. Nel caso dellāElettrodinamica, per esempio,
i campi lagrangiani non saranno i campi elettrico e magnetico bensı le componenti del
quadripotenziale, Ļ = (A0, A1, A2, A3), legate ai primi dalla relazione (2.22). In questo
caso i campi lagrangiani non sono osservabili perche sono definiti modulo trasformazioni
di gauge, mentre le componenti del tensore F ĀµĪ½ sono gauge invarianti e costituiscono
grandezze osservabili.
Scrivendo Ļr(t, ~x) ā” qr,~x(t) e identificando la coppia (r, ~x) con ālāindiceā n del caso
finito dimensionale, possiamo pensare lāinsieme dei campi come un sistema lagrangiano
con un numero infinito di gradi di liberta. Anche in una teoria di campo cercheremo
quindi di derivare la dinamica del sistema da un principio di minima azione, a partire
da unāazione I[Ļ] che sara ora un funzionale dei campi. In questo caso partiremo da
una densita lagrangiana L, in seguito chiamata ancora semplicemente lagrangiana, che in
69
analogia con il caso finito dimensionale sara funzione dei campi Ļ e delle loro derivate
Ļ = ā0Ļ. Tuttavia, se vogliamo che lāazione sia unāinvariante relativistico, allora la
lagrangiana dovra dipendere necessariamente da tutte le derivate parziali āĀµĻ,
L(Ļ(x), āĻ(x)).
La lagrangiana L, propriamente detta, sara allora ottenuta sommando su tutti i gradi di
liberta, ovverosia integrando la densita lagrangiana sulla coordinata spaziale ~x,
L(t) =
ā«L(Ļ(x), āĻ(x)) d3x.
Definiamo, infine, lāazione della teoria di campo come,
I[Ļ] =
ā« t2
t1
L(t) dt =
ā« t2
t1
L(Ļ(x), āĻ(x)) d4x. (3.5)
Per questa azione vogliamo ora formulare un principio variazionale, analogo al principio
di minima azione per un sistema a finiti gradi di liberta. Come in quel caso supponiamo
che le funzioni Ļ(x) e L(Ļ, āĻ) siano sufficientemente regolari in modo tale che la (3.4),
opportunamente generalizzata, sia ancora valida, ma oltre a questo imponiamo opportune
condizioni asintotiche su queste funzioni. Piu precisamente richiediamo che allāinfinito
spaziale i campi e le loro derivate si annullino con sufficiente rapidita. In particolare
avremo,
lim|~x|āā
Ļr(t, ~x) = 0. (3.6)
Supponiamo inoltre che la lagrangiana si annulli con sufficiente rapidita per Ļ ā 0, di
modo tale che nella (3.5) lāintegrale nella variabile ~x su tutto R3 esista finito.
Le equazioni analoghe alle (3.1) per la lagrangiana L sono allora le equazioni di Euleroā
Lagrange,
āĀµāL
ā(āĀµĻr)ā āL
āĻr
= 0, (3.7)
equazioni che vanno riguardate come le equazioni del moto dei campi. Possiamo allora
enunciare il principio variazionale per una teoria classica di campo.
Principio di minima azione in teoria di campo: le leggi orarie Ļr(t, ~x) soddisfano le
equazioni di EuleroāLagrange nellāintervallo [t1, t2], se e solo se esse rendono lāazione I[Ļ]
70
stazionaria per variazioni Ī“Ļr arbitrarie purche nulle agli estremi, vala a dire Ī“Ļr(t1, ~x) =
0 = Ī“Ļr(t2, ~x), per ogni ~x.
La stazionarieta del funzionale I[Ļ] rispetto a variazioni Ī“Ļr e definita in modo comple-
tamente analogo alla stazionarieta del funzionale I[q] rispetto a variazioni Ī“qn, vedi (3.3)
e la discussione susseguente. E inoltre sottinteso che le variazioni Ī“Ļr che prendiamo in
considerazione hanno le stesse proprieta di regolarita e le stesse proprieta asintotiche dei
campi Ļr.
Per dimostrare il principio calcoliamo dapprima la variazione di (3.5) per variazioni
Ī“Ļr arbitrarie dei campi,
Ī“I =d
dĪ±I[Ļ + Ī± Ī“Ļ]
ā£ā£ā£ā£Ī±=0
= I[Ļ + Ī“Ļ]ā I[Ļ]
=
ā« t2
t1
(L(Ļ + Ī“Ļ, āĻ + Ī“āĻ)ā L(Ļ, āĻ)
)d4x
=
ā« t2
t1
Ī“L d4x =
ā« t2
t1
ār
(āLāĻr
Ī“Ļr +āL
ā(āĀµĻr)Ī“ āĀµĻr
)d4x.
Siccome per definizione abbiamo,
Ī“ āĀµĻr = āĀµ(Ļr + Ī“Ļr)ā āĀµĻr = āĀµĪ“Ļr,
usando la regola di Leibnitz si ottiene,
Ī“I =
ā« t2
t1
ār
(āLāĻr
ā āĀµāL
ā(āĀµĻr)
)Ī“Ļr d4x +
ā« t2
t1
ār
āĀµ
(āL
ā(āĀµĻr)Ī“Ļr
)d4x. (3.8)
Il secondo integrale, il cui integrando e una quadridivergenza, e nullo. Per dimostrarlo
usiamo il teorema fondamentale del calcolo nella variabile temporale, e il teorema di Gauss
tridimensionale con una superficie chiusa Īā posta allāinfinito spaziale,
ā« t2
t1
ār
āĀµ
(āL
ā(āĀµĻr)Ī“Ļr
)d4x =
ār
ā«d3x
āLāĻr
Ī“Ļr
ā£ā£ā£ā£t2
t1
+ā
r
ā« t2
t1
(ā«
Īā
āLā(āiĻr)
Ī“Ļr dĪ£i
)dt.
Il primo termine a secondo membro e nullo se le variazioni Ī“Ļr si annullano sugli iperpiani
t = t1 e t = t2, mentre il secondo termine e nullo perche allāinfinito spaziale i campi
svaniscono. La (3.8) si riduce allora al primo integrale, e vediamo che Ī“I si annulla per
qualsiasi scelta delle Ī“Ļr se e solo se i campi soddisfano le equazioni di EuleroāLagrange.
71
3.2.1 Ipersuperfici nello spazio di Minkowski
In questo paragrafo introduciamo alcune nozioni riguardanti le ipersuperfici in quattro
dimensioni, di cui ci serviremo in seguito.
Per definizione unāipersuperficie Ī nello spazio quadridimensionale di Minkowski e un
sottoinsieme ā per essere piu precisi, una sottovarieta ā di R4 di dimensione tre. In forma
parametrica unāipersuperficie e descritta da quattro funzioni di tre parametri,
xĀµ(Ī»), (3.9)
dove con Ī» indichiamo la terna Ī»a, con a = 1, 2, 3. Alternativamente essa puo essere
rappresentata in forma implicita in termini di unāunica funzione scalare f(x) attraverso,
xĀµ ā Ī ā f(x) = 0.
Si passa da una rappresentazione allāaltra, per esempio, invertendo le funzioni spaziali
~x(Ī») nella (3.9) per determinare i parametri Ī»(~x) come funzioni di ~x, e definendo poi,
f(x) ā” x0 ā x0(Ī»(~x)).
Useremo una rappresentazione o lāaltra a seconda della convenienza. Si noti comunque
che vale identicamente,
f(x(Ī»)) = 0. (3.10)
Una classe importante di ipersuperfici e costituita dagli iperpiani, che in forma impli-
cita sono descritti da una funzione del tipo,
f(x) = MĀµ(xĀµ ā xĀµ0) = 0, (3.11)
dove MĀµ e xĀµ0 sono vettori costanti. Lāiperpiano corrispondente a (3.11) passa per il punto
xĀµ0 ed e ortogonale al vettore MĀµ.
Vettori tangenti e normali. In un generico punto P ā” xĀµ(Ī») ā Ī i tre vettori,
V Āµa ā”
āxĀµ(Ī»)
āĪ»a, (3.12)
costituiscono una base per lo āspazio tangenteā, sicche un generico vettore tangente a Ī
in P puo essere scritto come combinazione lineare di questi,
V Āµ =3ā
a=1
caV Āµa ,
72
per certi coefficienti ca. Sempre in P possiamo anche definire il āvettore normaleā a Ī,
come il vettore NĀµ(Ī») ortogonale a tutti i vettori tangenti,
NĀµVĀµa = 0, ā a. (3.13)
Per come lāabbiamo definito NĀµ e determinato a meno di un fattore di normalizzazione.
Differenziando lāidentita (3.10) rispetto a Ī»a si ottiene,
0 =āf
āxĀµ
āxĀµ
āĪ»a=
āf
āxĀµV Āµ
a ,
sicche otteniamo per NĀµ la semplice espressione,
NĀµ =āf
āxĀµ.
A questo punto siamo in grado di definire i tre tipi di ipersuperficie che ci interesseranno
in seguito.
Definizione. Unāipersuperficie Ī si dice di tipo spazio, tempo o nullo, se in ogni punto
di Ī vale rispettivamente,
N2 > 0, N2 < 0, N2 = 0,
caratteristiche che sono evidentemente invarianti sotto trasformazioni di Lorentz.
Ipersuperfici di tipo spazio. Per unāipersuperficie di tipo spazio abbiamo N2 > 0, e di
conseguenza i vettori tangenti sono tutti di tipo spazio. Per vederlo e sufficiente sfruttare
il fatto che se N2 > 0, allora per ogni punto P ā Ī esiste un sistema di riferimento in
cui il vettore normale ha la forma NĀµ = (N0, 0, 0, 0). La condizione NĀµVĀµ = 0 comporta
allora che in questo sistema di riferimento si ha V 0 = 0, e quindi,
V 2 < 0.
Si puo inoltre far vedere che unāipersuperficie Ī e di tipo spazio, se e solo se per ogni
coppia di punti (x, y) appartenenti a Ī vale,
(xā y)2 < 0.
Questa caratterizzazione alternativa e immediata nel caso degli iperpiani (3.11), per cui
si ha,
NĀµ =āf
āxĀµ= MĀµ.
73
Infatti, se x e y appartengono a Ī e M2 > 0, allora la (3.11) implica che,
(xĀµ ā yĀµ)MĀµ = 0 ā (xā y)2 < 0,
ed e facile convincersi che vale anche il viceversa. Nel caso particolare in cui MĀµ =
(1, 0, 0, 0) otteniamo gli iperpiani a tempo costante,
f(x) = MĀµ(xĀµ ā xĀµ0) = tā t0 = 0,
che sono le particolari ipersuperfici di tipo spazio che abbiamo usato per definire lāazione
(3.5). In forma parametrica, vedi (3.9), questi iperpiani si scrivono,
x0(Ī») = t0, xi(Ī») = Ī»i. (3.14)
Ipersuperfici di tipo tempo. Per unāipersuperficie di tipo tempo abbiamo N2 < 0,
ma in questo caso i vettori tangenti possono essere di tipo spazio, tempo o nullo. Se
consideriamo, per esempio, lāiperpiano con MĀµ = (0, 0, 0, 1) la condizione V ĀµMĀµ = 0
da V Āµ = (V 0, V x, V y, 0), e V 2 puo quindi essere positivo, negativo o nullo. Unāaltra
ipersuperficie di tipo tempo e rappresentata dalla funzione,
f(x) =1
2(~x2 āR2) = 0, NĀµ = (0, ~x), N2 = ā|~x|2 < 0,
che corrisponde alla sfera di raggio R al variare del tempo. Per R ā ā questa ipersu-
perficie corrisponde a una āipersuperficie di tipo tempo allāinfinito spazialeā, un tipo di
ipersuperficie che incontreremo tra poco.
Lāelemento di ipersuperficie. In seguito faremo uso del teorema di Gauss in quattro
dimensioni, e quindi ci servira lāelemento di ipersuperficie tridimensionale. Consideriamo
dunque lāintegrale della quadridivergenza di un vettore W Āµ su un volume quadridimen-
sionale V , con bordo lāipersuperficie Ī ā” āV . Se parametrizziamo Ī come in (3.9) allora
il teorema di Gauss ā che riportiamo senza dimostrazione ā asserisce che,
ā«
V
āĀµWĀµd4x =
ā«
Ī
W ĀµdĪ£Āµ, (3.15)
dove lāelemento di ipersuperficie tridimensionale e dato da, vedi (3.12),
dĪ£Āµ = ĪµĀµĪ±Ī²Ī³ V Ī³1 V Ī²
2 V Ī±3 d3Ī».
74
Siccome vale identicamente,
V Āµa
(ĪµĀµĪ±Ī²Ī³ V Ī³
1 V Ī²2 V Ī±
3
)= 0, ā a,
concludiamo che,
ĪµĀµĪ±Ī²Ī³ V Ī³1 V Ī²
2 V Ī±3 = NĀµ,
dove unāeventuale costante di normalizzazione e stata assorbita nel vettore normale NĀµ.
Abbiamo quindi,
dĪ£Āµ = NĀµ d3Ī».
Si noti lāanalogia con la forma dellāelemento di superficie bidimensionale, d~Ī£ = ~n dĪ£.
Se una falda di Ī e costituita da unāiperpiano a tempo costante, vedi (3.14), allora e
immediato vedere che su questa falda dĪ£Āµ si riduce a,
dĪ£0 = d3Ī» ā” d3x, dĪ£i = 0,
come cāera da aspettarsi. Il corrispondente contributo allāintegrale (3.15) diventa allora,
ā«W 0 d3x
ā£ā£ā£ā£t=t0
.
3.2.2 Invarianza relativistica
Fino a questo punto non abbiamo fatto nessuna ipotesi sulle proprieta di invarianza della
teoria di campo in considerazione. In questo paragrafo analizzeremo alcune caratteristiche
importanti del principio di minima azione, nel caso particolare di una teoria di campo
relativistica.
Principio di minima azione covariante a vista. Nel caso di una teoria di campo re-
lativistica ci aspettiamo che le equazioni del moto siano covarianti a vista. A questo
proposito notiamo che se i campi sono suddivisi in multipletti tensoriali e se L e un inva-
riante relativistico, cioe, un campo scalare, allora le equazioni di EuleroāLagrange (3.7)
sono effettivamente covarianti a vista. In una teoria relativistica richiederemo dunque che
la lagrangiana sia uno scalare sotto trasformazioni di Poincare, vale a dire,
L(Ļā²(xā²), āā²Ļā²(xā²)) = L(Ļ(x), āĻ(x)), xā² = Īx + a. (3.16)
75
Possiamo allora domandarci se anche lāazione sia uno scalare ā come richiesto nellāintro-
duzione a questo capitolo. In realta dalla scrittura (3.5) emerge unāostruzione immediata
allāinvarianza di I: mentre la misura dellāintegrale e invariante,
d4xā² = |detĪ| d4x = d4x,
la regione dāintegrazione non lo e affatto, in quanto la variabile temporale e integrata
su un intervallo finito. Tuttavia, non e difficile ovviare a questo problema. E sufficiente
sostituire nella (3.5) gli iperpiani t = t1 e t = t2, che delimitano la regione dāintegrazione
quadridimensionale, con due generiche ipersuperfici di tipo spazio Ī1 e Ī2 che non si
intersecano. Un iperpiano a tempo costante e in effetti una particolare ipersuperficie di
tipo spazio, che in seguito a una trasformazione di Poincare non sara piu un iperpiano
a tempo costante, ma restera pur sempre unāipersuperficie di tipo spazio. Consideriamo
allora lāazione generalizzata,
I[Ļ] =
ā« Ī2
Ī1
L(Ļ(x), āĻ(x)) d4x, (3.17)
che grazie a (3.16) e ora un invariante relativistico,
I ā² =ā« Īā²2
Īā²1
L(Ļā²(xā²), āā²Ļā²(xā²)) d4xā² =ā« Ī2
Ī1
L(Ļ(x), āĻ(x)) d4x = I.
Possiamo allora formulare un principio di minima azione covariante a vista, richiedendo
che lāazione (3.17) sia stazionaria per variazioni Ī“Ļr arbitrarie, purche nulle su Ī1 e Ī2.
La versione relativisticamente invariante della condizione asintotica (3.6) e invece,
limx2āāā
Ļr(x) = 0. (3.18)
E poi evidente che il principio di minima azione basato sulla (3.17) fornisce come equazioni
del moto ancora le equazioni di EuleroāLagrange (3.7).
Quadridivergenze. Aggiungiamo ora un commento riguardo allāesistenza e allāunicita
della lagrangiana. Data L, le equazioni del moto (3.7) sono ovviamente univocamente
determinate, ma spesso si deve affrontare il problema inverso: dato un insieme di equazioni
del moto per i campi, si cerca una lagrangiana da cui esse discendano. E chiaro che per
un insieme arbitrario di equazioni del moto ā seppure relativistiche ā questo problema
76
in generale non ammette nessuna soluzione, nel senso che non esiste nessuna lagrangiana
per cui queste equazioni possano essere poste nella forma (3.7). Dāaltra parte, se una tale
lagrangiana esiste ā come per tutte le teorie fisiche fondamentali ā e facile vedere che in
generale essa non e unica. In particolare, se a e b sono costanti reali e immediato verificare
che le lagrangiane L e,
L = aL+ b,
danno luogo alle stesse equazioni di EuleroāLagrange.
Unāambiguita un poā meno ovvia e costituita, invece, dallāaggiunta di una quadridi-
vergenza,
L = L+ āĀµCĀµ(Ļ),
dove le CĀµ(Ļ) sono quattro funzioni arbitrarie dei campi, con le stesse proprieta di rego-
larita di L. Possiamo, infatti, fare vedere che L e L danno luogo alle stesse equazioni di
EuleroāLagrange. A questo scopo calcoliamo la differenza tra le azioni associate alle due
lagrangiane, e applichiamo il teorema di Gauss quadridimensionale,
I ā I =
ā« Ī2
Ī1
L d4xāā« Ī2
Ī1
L d4x =
ā« Ī2
Ī1
āĀµCĀµ d4x =
ā«
āV4
CĀµ dĪ£Āµ.
V4 indica il volume di integrazione quadridimensionale il cui bordo e composto da Ī1 e Ī2,
e da unāipersuperficie di tipo tempo posta allāinfinito spaziale, Īā, si veda il paragrafo
precedente. Si ha allora,
I ā I =
ā«
Ī2
CĀµ dĪ£Āµ āā«
Ī1
CĀµ dĪ£Āµ +
ā«
ĪāCĀµ dĪ£Āµ.
Lāintegrale su Īā e nullo per via della condizione asintotica (3.18). Viceversa, i primi due
integrali sono diversi da zero, ma coinvolgono solo i valori dei campi sulle ipersuperfici Ī1
e Ī2, che nel principio di minima azione sono tenuti fissi. Abbiamo quindi Ī“(I ā I) = 0,
cioe,
Ī“I = Ī“I,
e le due azioni danno quindi luogo alle medesime equazioni di EuleroāLagrange. In con-
clusione possiamo affermare che tutte le lagrangiane che differiscono per una quadridiver-
genza sono fisicamente equivalenti.
77
Localita. Concludiamo questo paragrafo con unāulteriore restrizione sul tipo di lagran-
giane che ammetteremo in una teoria relativistica di campo. Alla richesta di invarianza
relativistica aggiungeremo, infatti, quella di localita, analoga alla richiesta di āazione a con-
tattoā tra particelle e campi, discussa nellāintroduzione a questo capitolo. Nel caso di una
teoria di campo la localita richiede che la lagrangiana sia data da una somma di prodotti
dei campi e delle loro derivate prime, valutati nello stesso punto dello spazioātempo.
Illustriamo questa richiesta nel caso di una teoria di campo con due campi scala-
ri, Ļ1(x) ā” A(x), e Ļ2(x) ā” B(x). In questo caso ammetteremo, per esempio, una
lagrangiana del tipo,
L1 =1
2āĀµA(x) āĀµA(x) +
1
2āĀµB(x) āĀµB(x)ā g A2(x) B2(x), (3.19)
mentre non accetteremo la lagrangiana,
L2 =1
2āĀµA(x) āĀµA(x) +
1
2āĀµB(x) āĀµB(x)ā gN
ā«A2(x) [(xā y)2]N B2(y) d4y,
(3.20)
dove gN e una ācostante di accoppiamentoā reale, e N e un intero positivo. Infatti, mentre
in L1 il campo A(x) e āin contattoā con il campo B valutato nello stesso punto x, in L2
il campo A(x) e in contatto con B(y) per un qualsiasi valore di y. Dal punto di vista
delle equazioni di EuleroāLagrange questo vorrebbe dire che la dinamica di A nel punto
x e influenzata dai valori di B in tutti i punti dello spazio, in contrasto con la ālocalitaā
dellāinterazione.
Ribadiamo, comunque, che la lagrangiana L2 e uno scalare sotto trasformazioni di
Poincare, e che darebbe dunque luogo a equazioni del moto relativistiche ben definite.
Sussiste, tuttavia, un ulteriore motivo che ci porta a rigettare lagrangiane come queste. Il
fatto e che lagrangiane come (3.20) non hanno carattere āfondamentaleā: lāintero N che
ivi compare e completamente arbitrario, anzi, potremmo sostituire il fattore gN [(xāy)2]N
con una qualsiasi funzione f(x, y) invariante sotto il gruppo di Poincare. Sviluppata in
serie di Taylor una tale funzione ha la forma generale,
f(x, y) =āā
N=0
gN [(xā y)2]N ,
78
ed essa introdurrebbe quindi un numero infinito di costanti di accoppiamento gN inde-
terminate. Per mantenere il carattere predittivo della teoria la forma della f , ovvero il
valore delle costanti gN , dovrebbe allora essere dedotta da una teoria āpiu fondamentaleā.
Lagrangiane del tipo L2 rappresentano infatti tipicamente teorie effettive, vale a dire teo-
rie approssimate che riproducono correttamente i risultati sperimentali solo in particolari
regimi fisici, per esempio a basse o ad alte energie.
Consistenza quantistica. Le restrizioni piu forti sulla scelta delle lagrangiane relativi-
stiche permesse provengono, tuttavia, dallāapproccio della teoria quantistica relativistica
di campo. Nellāambito di questo approccio si dimostra, infatti, che le lagrangiane classiche
che a livello quantistico danno luogo a teorie consistenti devono essere:
a) invarianti sotto trasformazioni di Poincare,
b) locali,
c) polinomi nei campi e nelle loro derivate, di ordine massimo quattro.
Queste restrizioni limitano di molto la forma delle lagrangiane permesse, e insieme ad
altre richeste di invarianza spesso permettono di determinarle univocamente. Esempi ne
sono le lagrangiane āfondamentaliā che descrivono le interazioni elettrodeboli e quelle forti.
Al contrario, la lagrangiana che nellāambito della Relativita Generale descrive lāinterazione
gravitazionale soddisfa le richiesta a) e b) ma non la c) ā la causa essendo la complicata
autointerazione del campo gravitazionale. E questo il motivo per cui, con le conoscenze
che abbiamo acquisito fino ad oggi, questa interazione appare tuttora in conflitto con le
leggi della Meccanica Quantistica.
3.2.3 La lagrangiana per lāequazione di Maxwell
In questo paragrafo illustriamo il metodo variazionale derivando le equazioni che gover-
nano la dinamica del campo elettromagnetico da un principio di minima azione. In linea
di principio si tratta quindi di ottenere le equazioni (2.13) e (2.14) come equazioni di
EuleroāLagrange relative ad unāopportuna lagrangiana. La prima questione da affrontare
riguarda allora la scelta dei campi lagrangiani Ļr. Siccome le (2.13), (2.14) corrispon-
dono a otto equazioni dovremmo avere altrettanti campi lagrangiani. La scelta naturale
Ļr ā” F ĀµĪ½ ā che tra lāaltro avrebbe il pregio di introdurre solo campi osservabili ā e dunque
79
esclusa, perche il tensore di Maxwell corrisponde non a otto ma solo a sei campi indipen-
denti, vale a dire ~E e ~B. Questa strada risulta quindi impraticabile, si veda in particolare
il problema 3.9, e dobbiamo cercarne unāaltra.
Una strategia alternativa consiste nel procedere come anticipato nei paragrafi 2.2.2 e
2.2.3. Risolviamo, cioe, lāidentita di Bianchi attraverso,
FĀµĪ½ ā” āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ,
e consideriamo come campi lagrangiani le componenti del quadripotenziale,
Ļr = AĀµ, (3.21)
r = Āµ = (0, 1, 2, 3). Secondo questa strategia il principio di minima azione dovrebbe allora
dare luogo alle equazioni di Maxwell,
āĀµFĀµĪ½ ā jĪ½ = 0, (3.22)
come equazioni di EuleroāLagrange associate a unāopportuna lagrangiana L. Si noti che
la scelta dei campi lagrangiani (3.21) e ora consistente con il fatto che le equazioni (3.22)
sono quattro in numero.
Il problema si riduce allora a trovare una lagrangiana L(A, āA), polinomiale in A e
āA, tale che le equazioni di EuleroāLagrange ad essa associate,
āĀµāL
ā(āĀµAĪ½)ā āL
āAĪ½
= 0, (3.23)
equivalgano alle (3.22). La lagrangiana che cerchiamo dovra essere certamente un in-
variante relativistico, ma dato che abbiamo risolto lāidentita di Bianchi introducendo il
potenziale vettore, essa dovra essere altresı invariante per trasformazioni di gauge,
Aā²Āµ = AĀµ + āĀµĪ,
modulo quadridivergenze. Per quanto riguarda, invece, la corrente assumeremo solo che
essa sia conservata, āĀµjĀµ = 0, e che non dipenda da AĀµ. Per individuare lo scalare L pro-
cediamo in modo euristico, sfruttando la struttura della (3.22). Il primo termine di questa
equazione e lineare in AĀµ, mentre il secondo ne e indipendente. Corrispondentemente la
80
lagrangiana dovra contenere un termine quadratico in AĀµ, L1, e uno lineare in AĀµ, L2.
Considerata poi la forma particolare dei due termini nella (3.22) L1 dovra contenere due
derivate, mentre L2 dovra esserne privo.
Cerchiamo ora di determinare L1. Questo termine deve contenere le derivate del
quadripotenziale. Lāinvarianza di gauge impone allora che esso dipende da AĀµ solo attra-
verso il campo gaugeāinvariante F ĀµĪ½ , e in definitiva L1 deve allora essere quadratico in
questāultimo. In effetti abbiamo due invarianti quadratici a disposizione,
F ĀµĪ½FĀµĪ½ e ĪµĀµĪ½ĻĻFĀµĪ½FĻĻ.
Tuttavia, grazie allāidentita di Bianchi il secondo invariante corrisponde a una quadridi-
vergenza,
ĪµĀµĪ½ĻĻFĀµĪ½FĻĻ = 2 ĪµĀµĪ½ĻĻāĀµAĪ½FĻĻ = 2āĀµ ( ĪµĀµĪ½ĻĻAĪ½FĻĻ)ā 2AĪ½ ( ĪµĀµĪ½ĻĻāĀµFĻĻ)
= 2āĀµ ( ĪµĀµĪ½ĻĻAĪ½FĻĻ) . (3.24)
Esso da quindi un contributo irrilevante alla lagrangiana 12. Possiamo quindi concludere
che L1 e proporzionale a F ĀµĪ½FĀµĪ½ .
Consideriamo ora L2. Questo termine deve essere lineare in AĀµ e coinvolgere la corrente
jĀµ. Lāunico scalare che possiamo formare con queste quantita e L2 ā AĀµjĀµ. Verifichiamone
lāinvarianza di gauge,
Aā²Āµj
Āµ = AĀµjĀµ + āĀµĪjĀµ = AĀµj
Āµ + āĀµ(ĪjĀµ)ā Ī āĀµjĀµ.
Siccome la corrente e conservata vediamo che L2 e in effetti gauge invariante ā modulo
una quadridivergenza.
Per ottenere lāequazione di Maxwell con i coefficienti corretti poniamo,
L = L1 + L2 = ā1
4F ĀµĪ½FĀµĪ½ ā jĪ½AĪ½ . (3.25)
Verifichiamo ora che con questa scelta per L le equazioni (3.23) corrispondono proprio
allāequazione di Maxwell. Al termine āLāAĪ½
contribuisce solo L2,
āLāAĪ½
= ājĪ½ ,
12Il termine ĪµĀµĪ½ĻĻFĀµĪ½FĻĻ in realta e uno pseudoscalare e, anche se non fosse una quadridivergenza,contribuirebbe allāequazione del moto con un termine pseudovettoriale, mentre lāequazione di Maxwell evettoriale.
81
mentre alla derivata āLā(āĀµAĪ½)
contribuisce solo L1. Per determinarla e conveniente calcolare
la variazione di L1 per una variazione infinitesima di āA,
Ī“L1 = ā1
2F ĀµĪ½Ī“FĀµĪ½ = ā1
2F ĀµĪ½(Ī“āĀµAĪ½ ā Ī“āĪ½AĀµ) = āF ĀµĪ½Ī“(āĀµAĪ½),
e quindi,āL
ā(āĀµAĪ½)= āF ĀµĪ½ . (3.26)
In definitiva otteniamo,
āĀµāL
ā(āĀµAĪ½)ā āL
āAĪ½
= āāĀµFĀµĪ½ + jĪ½ = 0, (3.27)
che e lāequazione di Maxwell.
Il ruolo del potenziale vettore. Concludiamo questa deduzione con un commento sul
ruolo del potenziale vettore in Elettrodinamica, classica e quantistica. Intanto insistiamo
sul fatto che a livello classico lāequazione di Maxwell e lāidentita di Bianchi di per se
possono essere formulate, e risolte, senza mai introdurre il potenziale vettore, in quanto
questāultimo costituisce solo un ausilio āutileā. Al contrario, se vogliamo far discende-
re queste equazioni da un principio variazionale allora ā come abbiamo appena visto ā
lāintroduzione del potenziale vettore risulta indispensabile. Ma il principio variazionale
costituisce, a sua volta, il punto di partenza irrinunciabile per la quantizzazione di una
qualsiasi teoria: concludiamo cosı che, mentre a livello classico lāuso del potenziale vetto-
re e un āoptionalā, a livello quantistico la sua introduzione e inevitabile. Considerazioni
completamente analoghe valgono per il ruolo dei potenziali vettore nelle altre interazioni
fondamentali.
Sui mediatori delle interazioni deboli e forti. Chiudiamo questo paragrafo con un com-
mento sulla struttura della lagrangiana (3.25) nel caso particolare di corrente nulla, jĀµ = 0.
In questo caso lāequazione (3.22) descrive il campo di Maxwell nel vuoto, disaccoppiato
da qualsiasi carica, ovvero un campo āliberoā. La lagrangiana,
L1 = ā1
4F ĀµĪ½FĀµĪ½ ,
descrive quindi un campo di gauge libero. Come abbiamo visto la struttura di questa
lagrangiana e essenzialmente determinata dai principi di invarianza relativistica e di inva-
rianza di gauge. Non stupisce allora che anche la propagazione libera dei mediatori delle
82
interazioni deboli e forti, che sono soggette agli stessi principi, sia descritta da lagrangiane
completamente analoghe. Ai mediatori delle interazioni deboli Z0 e WĀ± sono associati ri-
spettivamente il campo di gauge reale Z0Āµ, e i campi di gauge complessi WĀ±
Āµ = (W Āµ1 Ā±iW Āµ
2 ),
con i corrispondenti tensori di Maxwell,
F 0ĀµĪ½ = āĀµZ
0Ī½ ā āĪ½Z
0Āµ, FĀ±
ĀµĪ½ = āĀµWĀ±Ī½ ā āĪ½W
Ā±Āµ ,
mentre agli otto mediatori delle interazioni forti sono associati i campi gluonici AIĀµ, I =
1, Ā· Ā· Ā· , 8, con i relativi tensori di Maxwell,
F IĀµĪ½ = āĀµA
IĪ½ ā āĪ½A
IĀµ.
La lagrangiana totale che descrive la propagazione libera di tutti questi campi risulta
allora,
L0 = ā1
4
(F ĀµĪ½FĀµĪ½ + F 0ĀµĪ½F 0
ĀµĪ½ + F+ĀµĪ½FāĀµĪ½ +
8āI=1
F IĀµĪ½F IĀµĪ½
).
La lagrangiana āliberaā L1 da luogo alle equazioni di Maxwell nel vuoto āĀµFĀµĪ½ = 0, le
cui soluzioni sono onde (elettromagnetiche), che si propagano con la velocita della luce. Di
conseguenza i mediatori associati hanno massa nulla. Ma mentre i fotoni e i gluoni sono
effettivamente particelle prive di massa, i mediatori delle interazioni deboli sono in realta
massivi. La lagrangiana L0 andra allora completata con lāaggiunta di un termine Lm,
dipendente solo da WĀ±Āµ e Z0
Āµ, che tenga conto delle masse mW e mZ di queste particelle.
Si puo vedere che questo termine deve essere dato da, vedi anche il problema 3.1,
Lm =1
2~2
(m2
W W+Āµ WāĀµ + m2
Z Z0ĀµZ
0Āµ), (3.28)
dove la presenza della costante di Planck ~ e suggerita da motivi dimensionali. Dāal-
tra parte si verifica immediatamente che lāespressione in (3.28) non e invariante sotto le
trasformazioni di gauge,
WĀ±Āµ ā WĀ±
Āµ + āĀµĪĀ±, Z0Āµ ā Z0
Āµ + āĀµĪ0,
e anche la lagrangiana totale L0+Lm romperebbe quindi questa invarianza. Per quello che
concerne le interazioni deboli si puo, tuttavia, vedere che questa rottura della simmetria
non inficia la consistenza della teoria, se essa avviene in modo āspontaneoā. Per maggiori
dettagli su questo argomento e per la giustificazione della (3.28) rimandiamo a un testo
di particelle elementari.
83
3.3 Il Teorema di Noether
Il Teorema di Noether asserisce in generale che a ogni gruppo a un parametro di simmetrie
di una teoria fisica, corrisponde una costante del moto, cioe, una quantita conservata.
A titolo di esempio ricordiamo che in una teoria invariante per traslazioni temporali si
conserva lāenergia, mentre se essa e invariante per rotazioni spaziali si conserva il momento
angolare.
Prima di proseguire specifichiamo meglio cosa intendiamo con āinvarianza di una
teoriaā, nel contesto del teorema di Noether. In primo luogo si potrebbe intendere
lāinvarianza delle equazioni del moto che governano la dinamica della teoria, sotto lāazio-
ne del gruppo di simmetria. Tuttavia vedremo che questa richiesta risulta genericamente
troppo debole, perche lāinvarianza delle equazioni del moto in generale non e sufficiente
per garantire la presenza di costanti del moto. Il teorema di Noether si basa, infatti, sulle
ipotesi piu restrittive che,
1) le equazioni del moto discendano da un principio variazionale,
2) lāazione associata sia invariante sotto il gruppo di simmetrie.
Come abbiamo visto in teoria di campo lāazione e data a sua volta in termini di una
lagrangiana,
I =
ā«L d4x.
Per le teorie di campo considerate da noi lāinvarianza dellāazione sara poi sempre conse-
guenza dellāinvarianza della misura dāintegrazione 13 e, separatamente, della lagrangiana
ā modulo quadridivergenze .
Unāaltro aspetto importante, peculiare del teorema di Noether in teoria di campo, e
che esso assicura la conservazione locale della grandezza fisica in questione. Questo vuol
dire che si conserva non solo una ācaricaā totale, ma che la conservazione e conseguenza
di unāequazione di continuita. Per ogni gruppo di simmetrie a un parametro il teorema
implica, cioe, lāesistenza di una quadricorrente JĀµ a divergenza nulla,
āĀµJĀµ = 0.
13Nel caso di āsimmetrie interneā per definizione le coordinate non cambiano, xā²Āµ = xĀµ ā d4xā² = d4x.Per trasformazioni di Poincare, invece, abbiamo xā²Āµ = ĪĀµ
Ī½xĪ½ + aĀµ ā d4xā² = d4x |det Ī| = d4x.
84
Come visto questo assicura che la variazione della carica QV =ā«
VJ0 d3x in un volume V ,
e necessariamente accompagnata da un flusso di carica attraverso il suo bordo,
dQV
dt= ā
ā«
āV
~J Ā· d~Ī£.
Non e, cioe, possibile che la carica scompaia in un punto e compaia in un altro punto,
senza āfluireā da un punto allāaltro.
In Teoria dei Campi esiste una dimostrazione generale e semplice del teorema di Noe-
ther per le cosiddette āsimmetrie interneā, cioe, per simmetrie che non coinvolgono trasfor-
mazioni dello spazioātempo, come per esempio le trasformazioni di gauge. Al contrario,
il gruppo di Poincare origina proprio da trasformazioni dello spazioātempo, e per questo
gruppo di simmetrie la dimostrazione del teorema e leggermente piu complicata. Tuttavia,
date lāimportanza concettuale e la rilevanza fenomenologica che esso ricopre, in questa
sezione dimostreremo il teorema di Noether per il gruppo di Poincare in una generica teo-
ria di campo relativistica. Il sottogruppo delle traslazioni costituisce un gruppo a quattro
parametri a cui corrisponderanno quattro grandezze conservate, che identificheremo con
il quadrimomento totale, mentre il sottogruppo di Lorentz costituisce un gruppo a sei
parametri a cui corrisponderanno altrettante grandezze conservate, che identificheremo
con il momento angolare quadridimensionale totale del sistema.
3.3.1 Trasformazioni di Poincare infinitesime
Per dimostrare il teorema di Noether sfrutteremo in particolare lāinvarianza della lagran-
giana sotto trasformazioni di Poincare infinitesime. In questo paragrafo determineremo
preliminarmente le variazioni dei campi sotto trasformazioni āinfinitesimeā ā vale a dire
trasformazioni valutate al primo ordine nei parametri ĻĀµĪ½ e aĀµ ā la cui forma esplicita ci
servira poi nella dimostrazione del teorema.
Finora abbiamo indicato lāinsieme dei campi lagrangiani genericamente con Ļ =
(Ļ1, Ā· Ā· Ā· , ĻN). In una teoria relativistica i singoli campi devono essere raggruppati in
āmultiplettiā che costituiscono tensori sotto trasformazioni di Poincare, per esempio cam-
pi scalari Ī¦(x), campi vettoriali AĀµ(x), campi tensoriali di rango due BĀµĪ½(x), etc. E ovvio
che possiamo avere anche piu campi dello stesso rango. Lāindice r dellāinsieme ĻrNr=1
indica allora tutte le componenti di tutti i multipletti.
85
Incominciamo ricordando la forma di una generica trasformazione di Poincare delle
coordinate,
xā²Āµ = ĪĀµĪ½x
Ī½ + aĀµ, (3.29)
dove la matrice di Lorentz e data da, vedi paragrafo 1.4.1,
ĪĀµĪ½ = eĻĀµ
Ī½ , ĻĀµĪ½ = āĻĪ½Āµ. (3.30)
Sotto questa trasformazione i singoli campi trasformano a seconda del loro rango tenso-
riale,
Ī¦ā²(xā²) = Ī¦(x), Aā²Āµ(xā²) = ĪĀµĪ½A
Ī½(x), Bā²ĀµĪ½(xā²) = ĪĀµĪ±ĪĪ½
Ī²BĪ±Ī²(x), (3.31)
e cosı via. Possiamo indicare queste trasformazioni complessivamente con,
Ļā²r(xā²) =Mr
sĻs(x), (3.32)
per una qualche matrice N ĆN Mrs, indipendente da x. Si noti in particolare che queste
trasformazioni sono lineari nei campi Ļr.
Possiamo allora definire due tipi di variazioni ā per il momento finite ā dei campi: le
variazioni totali Ī“Ļr, e le variazioni in forma Ī“Ļr,
Ī“Ļr ā” Ļā²r(xā²)ā Ļr(x) (3.33)
Ī“Ļr ā” Ļā²r(x)ā Ļr(x). (3.34)
Passiamo ora alla valutazione di queste variazioni per trasformazioni di Poincare infinite-
sime. Queste ultime corrispondono a trasformazioni di Lorentz infinitesime,
ĪĀµĪ½ = Ī“Āµ
Ī½ + ĻĀµĪ½ ,
e a traslazioni infinitesime. Per le coordinate otteniamo le trasformazioni infinitesime,
Ī“xĀµ = xā²Āµ ā xĀµ = (Ī“ĀµĪ½ + ĻĀµ
Ī½)xĪ½ + aĀµ ā xĀµ = aĀµ + ĻĀµ
Ī½xĪ½ . (3.35)
Usando le (3.31) troviamo allora le seguenti trasformazioni totali infinitesime, intese al
primo ordine in ĻĪ±Ī² e aĀµ,
Ī“Ī¦ = Ī¦ā²(xā²)ā Ī¦(x) = 0,
Ī“AĀµ = (Ī“ĀµĪ½ + ĻĀµ
Ī½)AĪ½(x)ā AĀµ(x) = ĻĀµ
Ī½AĪ½(x),
Ī“BĀµĪ½ = (Ī“ĀµĪ± + ĻĀµ
Ī±)(Ī“Ī½Ī² + ĻĪ½
Ī²)BĪ±Ī²(x)āBĀµĪ½(x) = ĻĀµĪ±BĪ±Ī½(x) + ĻĪ½
Ī²BĀµĪ²(x),
86
e cosı via. Da questi esempi si capisce che le generiche variazioni Ī“Ļr sono lineari nei
parametri ĻĀµĪ½ e nei campi stessi, si veda anche la (3.32). Possiamo allora scrivere la
formula generale,
Ī“Ļr =1
2ĻĪ±Ī² Ī£Ī±Ī²
rsĻs, (3.36)
dove le quantita Ī£Ī±Ī²rs sono antisimmetriche in Ī± e Ī² 14,
Ī£Ī±Ī²rs = āĪ£Ī²Ī±
rs,
e la sommatoria su s e sottintesa. Le espressioni esplicite di queste quantita si leggono
facilmente dalle trasformazioni infinitesime totali dei campi calcolate sopra. Per esempio,
per il campo scalare Ī¦ si ha semplicemente Ī£Ī±Ī²11 = 0, mentre per il campo vettoriale
AĀµ ā” Ļr si ha,
Ī£Ī±Ī²rs = Ī“Ī±
r Ī·Ī²s ā Ī“Ī²r Ī·Ī±s. (3.37)
Calcoliamo ora la versione infinitesima delle variazioni in forma. Aggiungendo e to-
gliendo nella (3.34) lo stesso termine e usando la (3.36), al primo ordine in ĻĪ±Ī² e aĀµ si
ottiene,
Ī“Ļr = Ļā²r(x)ā Ļā²r(xā²) + Ļā²r(x
ā²)ā Ļr(x)
= Ļā²r(x)ā Ļā²r(x + Ī“x) + Ī“Ļr
= āĪ“xĪ½ āĪ½Ļā²r + Ī“Ļr = āĪ“xĪ½ āĪ½Ļr + Ī“Ļr
= āĪ“xĪ½ āĪ½Ļr +1
2ĻĪ±Ī² Ī£Ī±Ī²
rsĻs, (3.38)
dove nella penultima riga abbiamo tenuto conto che la differenza tra Ļr e Ļā²r e del primo
ordine in ĻĪ±Ī² e aĀµ.
3.3.2 Teorema di Noether per il gruppo di Poincare
In una teoria di campo classica il teorema di Noether riferito al gruppo di Poincare si
enuncia come segue.
Teorema di Noether. Si consideri una teoria di campo la cui dinamica discenda dallāa-
zione,
I =
ā«d4xL,
14Nella (3.36) gli indici Ī± e Ī² di Ī£Ī±Ī²rs sono contratti con la coppia antisimmetrica di ĻĪ±Ī² ; cio implica
che comunque solo la parte antisimmetrica in Ī± e Ī² di Ī£Ī±Ī²rs contribuisce a ĻĪ±Ī² Ī£Ī±Ī²
rs.
87
per unāopportuna lagrangiana L, ovvero, una teoria di campo le cui equazioni del moto
siano date dalla (3.7). Allora, se L e invariante per traslazioni si conserva localmente
il quadrimomento, il tensore energiaāimpulso essendo dato dalla (3.44), mentre se L e
invariante per trasformazioni di Lorentz, allora si conserva localmente il momento angolare
quadridimensionale, il tensore densita di momento angolare essendo dato dalla (3.45).
Queste leggi di conservazione sono valide purche i campi soddisfino le equazioni di Euleroā
Lagrange (3.7).
Per comprendere meglio il significato dellāinvarianza per traslazioni di L consideriamo
una classe di lagrangiane leggermente piu ampia di quella considerata finora, del tipo,
L(Ļ(x), āĻ(x), x), (3.39)
dove ammettiamo, cioe, che L abbia anche una generica dipendenza esplicita da x. Per
una traslazione, xā² = x + a, abbiamo Ļā²r(xā²) = Ļr(x), e per la lagrangiana traslata si
ottiene allora,
L(Ļā²(xā²), āā²Ļā²(xā²), xā²) = L(Ļ(x), āĻ(x), x + a),
che uguaglia L(Ļ(x), āĻ(x), x) solo se L non dipende esplicitamente da x. Possiamo quindi
affermare che una lagrangiana e invariante per traslazioni se e sole se essa non esibisce
dipendenza esplicita da x.
Dimostrazione. Il primo passo nella dimostrazione del teorema di Noether consiste nel
valutare la variazione della lagrangiana per unāarbitraria trasformazione finita di Poincare
dei campi, vedi (3.29) e (3.31),
āL ā” L(Ļā²(xā²), āā²Ļā²(xā²), xā²)ā L(Ļ(x), āĻ(x), x). (3.40)
Per ogni x fissato questa espressione e una funzione dei parametri ĻĪ±Ī² e aĀµ, e come tale
puo essere sviluppata in serie di Taylor attorno ai valori ĻĪ±Ī² = 0 = aĀµ. Siccome āL si
annulla per valori nulli dei parametri, otteniamo uno sviluppo del tipo,
āL = Ī“L+ o(ĻĪ±Ī², aĀµ)2,
dove con Ī“L, la āvariazione infinitesima della lagrangianaā, abbiamo indicato i termi-
ni di āL lineari in ĻĪ±Ī² e aĀµ. Se L e invariante sotto lāazione del gruppo di Poincare
88
avremo āL = 0 identicamente, ovvero āĻĪ±Ī², ā aĀµ, e per il teorema sullāidentita delle
serie di potenze ne seguira che Ī“L = 0, āĻĪ±Ī², ā aĀµ. Sfruttando questāultima identita e
assumendo la validita delle equazioni di EuleroāLagrange potremo poi concludere che le
quadridivergenze di certi tensori sono nulli.
Secondo questa strategia dobbiamo dunque trovare unāespressione esplicita per Ī“L. A
questo scopo e conveniente aggiungere e togliere a āL lo stesso termine, e valutare poi
lāespressione risultante tenendo solo i termini lineari nei parametri,
Ī“L = [L(Ļā²(xā²), āā²Ļā²(xā²), xā²)ā L(Ļā²(x), āĻā²(x), x)]lin
+ [L(Ļā²(x), āĻā²(x), x)ā L(Ļ(x), āĻ(x), x)]lin .
I due termini della prima parentesi quadra differiscono solo per la sostituzione xā xā² =
x + Ī“x, mentre nella seconda parentesi quadra i campi differiscono per la variazione in
forma (3.34). Tenendo conto che āĀµĪ“xĀµ = Ī·ĀµĪ½Ļ
ĀµĪ½ = 0, vedi (3.35), e definendo i āmomenti
coniugatiā,
Ī Āµr =āL
ā(āĀµĻr), (3.41)
si ottiene allora,
Ī“L = Ī“xĀµāĀµL+ Ī“ĻrāLāĻr
+ āĀµĪ“Ļr Ī Āµr
= āĀµ (Ī“xĀµL) + Ī“Ļr
(Ī“LāĻr
ā āĀµĪ Āµr
)+ āĀµ (Ī“ĻrĪ
Āµr)
= āĀµ [Ī“xĀµL+ Ī“ĻrĪ Āµr] + Ī“Ļr
(Ī“LāĻr
ā āĀµĪ Āµr
), (3.42)
dove la sommatoria su r e sottintesa. Valutiamo ora il termine tra parentesi quadre in
(3.42), usando la formula (3.38) per la variazione infinitesima dei campi,
Ī“xĀµL+ Ī“ĻrĪ Āµr = Ī“xĪ½ (Ī·ĀµĪ½L ā Ī ĀµrāĪ½Ļr) +
1
2Ī ĀµrĻĪ±Ī²Ī£Ī±Ī²
rsĻs. (3.43)
Prima di procedere definiamo il tensore energiaāimpulso canonico,
T ĀµĪ½ = Ī ĀµrāĪ½Ļr ā Ī·ĀµĪ½L, (3.44)
e il tensore densita di momento angolare canonico,
MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ± + Ī ĀµrĪ£Ī±Ī²rsĻs, MĀµĪ±Ī² = āMĀµĪ²Ī±. (3.45)
89
Usando queste definizioni e la (3.35), la (3.43) diventa,
Ī“xĀµL+ Ī“ĻrĪ Āµr = ā(aĪ½ + ĻĪ½Ļ xĻ)T ĀµĪ½ +
1
2Ī ĀµrĻĪ±Ī²Ī£Ī±Ī²
rsĻs
= āaĪ½TĀµĪ½ +
1
2ĻĪ±Ī²MĀµĪ±Ī². (3.46)
Per la variazione di L sotto una generica trasformazione di Poincare infinitesima otteniamo
cosı il seguente risultato,
Ī“L = āaĪ½ āĀµTĀµĪ½ +
1
2ĻĪ±Ī² āĀµM
ĀµĪ±Ī² + Ī“Ļr
(Ī“LāĻr
ā āĀµĪ Āµr
). (3.47)
Supponiamo ora, per esempio, che la lagrangiana sia invariante per il sottogruppo a
un parametro del gruppo di Poincare costituito dalle traslazioni nel tempo,
tā² = t + a0, ~x ā² = ~x.
Come visto sopra questo equivale allāassunzione che in L sia assente la dipendenza esplicita
da t. Allora abbiamo,
Ī“L = 0, per ai = 0 = ĻĪ±Ī², a0 arbitrario.
Se in piu imponiamo che i campi soddisfino le equazioni di EuleroāLagrange,
āĀµĪ Āµr ā Ī“LāĻr
= 0,
si ricordi la definizione (3.41), allora dalla (3.47) si ricava,
0 = āa0 āĀµTĀµ0 = 0, ā a0 ā āĀµT
Āµ0 = 0.
Abbiamo cosı ottenuto lāequazione di continuita per lāenergia, che assicura che lāenergia
e localmente conservata.
Allo stesso modo dalla (3.47) segue che a ciascuno dei dieci parametri (aĀµ, ĻĪ±Ī²) cor-
risponde una corrente a quadridivergenza nulla e una grandezza localmente conservata,
se la lagrangiana e invariante sotto il corrispondente gruppo a un paramentro: ad a0
(traslazioni del tempo) corrisponde la conservazione locale dellāenergia, ad a1 (traslazioni
lungo lāasse x) quella della componente x della quantita di moto, ad Ļ12 (rotazioni attor-
no allāasse z) quella della componente z del momento angolare, ad Ļ01 (trasformazioni di
90
Lorentz speciali lungo lāasse x) quella della componente x del boost, e via di seguito. In
partciolare se la lagrangiana e invariante sotto lāintero gruppo delle traslazioni si conserva
localmente il quadrimomento, mentre se essa e invariante sotto lāintero gruppo di Loren-
tz allora si conserva localmente il momento angolare quadridimensionale. Abbiamo cosı
concluso la dimostrazione del teorema.
In particolare se L e invariante sotto lāintero gruppo di Poincare, dalla (3.47) ottenia-
mo,
āaĪ½ āĀµTĀµĪ½ +
1
2ĻĪ±Ī² āĀµM
ĀµĪ±Ī² = 0, ā aĀµ, āĻĪ±Ī²,
e quindi,
āĀµTĀµĪ½ = 0, āĀµM
ĀµĪ±Ī² = 0.
In questo caso abbiamo dieci costanti del moto, raggruppate nel quadrimomento e nel
momento angolare quadridimensionale,
P Āµ =
ā«T 0Āµ d3x, LĪ±Ī² =
ā«M0Ī±Ī² d3x.
Insistiamo sul fatto che queste leggi di conservazione sono valide purche i campi soddisfino
le equazioni del moto di EuleroāLagrange.
Per illustrare la portata di questo teorema nominiamo il fatto che le teorie che descri-
vono le quattro interazioni fondamentali soddisfano il principio di relativita einsteiniana,
e che sono formulate in termini di un principio variazionale: in queste teorie il teorema di
Noether assicura allora che la conservazione del quadrimomento e del momento angolare
e automatica.
Sulle densita di corrente canoniche. Concludiamo questo paragrafo con qualche osser-
vazione sulla struttura delle correnti conservate trovate. Come prima cosa notiamo che
il tensore energiaāimpulso canonico (3.44) in generale non e simmetrico. In Relativita
Ristretta questa circostanza di per se non costituisce nessun problema. Viceversa, si puo
vedere che lāesistenza di un tensore energiaāimpulso simmetrico e una richiesta irrinun-
ciabile, se si vuole accoppiare una teoria di campo alla gravita secondo i postulati della
Relativita Generale 15. Come seconda cosa facciamo notare che lāespressione (3.45) per
15Le equazioni di Einstein eguagliano, infatti, un opportuno tensore doppio simmetrico, formatocon la metrica gĀµĪ½(x) e le sue derivate, al tensore energiaāimpulso; queste equazioni sarebbero quindiinconsistenti se questāultimo non fosse simmetrico.
91
la densita di momento angolare canonico non e āstandardā, nel senso che non e della
semplice forma standard xĪ±T ĀµĪ² āxĪ²T ĀµĪ±. In realta queste due āanomalieā sono legate tra
di loro. Infatti, la divergenza della densita di momento angolare standard non si annulla,
uguagliando proprio la parte antisimmetrica del tensore energiaāimpulso canonico,
āĀµ
(xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ±
)= T Ī±Ī² ā T Ī²Ī±.
Dāaltra parte dalla (3.45) si vede che il tensore MĀµĪ±Ī² si riduce alla forma standard xĪ±T ĀµĪ²āxĪ²T ĀµĪ±, solo se le quantita Ī£Ī±Ī²
rs svaniscono, ma questo succede solo se i campi della teoria
sono tutti campi scalari. In questāultimo caso, dāaltro canto, non e difficile dimostrare che
T ĀµĪ½ e in effetti simmetrico, vedi problema 3.6.
Concludiamo che, per quanto riguarda la densita di momento angolare la āanomaliaā
appena discussa non costituisce un problema di tipo concettuale, ma solo di naturalez-
za, mentre per quanto riguarda il tensore energiaāimpulso sorgerebbe un problema di
incompatibilita con lāinterazione gravitazionale, se non fosse possibile trovare un tensore
energiaāimpulso simmetrico. Questo problema verra affrontato e risolto in tutta generalita
nelle sezioni 3.4 e 3.5.
3.3.3 Tensore energiaāimpulso canonico per il campo di Maxwell
In questo paragrafo esemplifichiamo la costruzione generale del tensore energiaāimpulso
canonico (3.44), nel caso semplice di un campo di Maxwell libero, jĀµ = 0. La dinamica
di questo campo e governata dalla lagrangiana, vedi (3.25),
L1 = ā1
4F ĀµĪ½FĀµĪ½ , (3.48)
con Ļr ā” AĪ±. Ricordiamo la forma dei momenti coniugati, determinati in (3.26),
Ī ĀµĪ± =āL1
ā(āĀµAĪ±)= āF ĀµĪ±. (3.49)
Il tensore energiaāimpulso canonico discende allora direttamente dalla (3.44),
T ĀµĪ½em = āF ĀµĪ±āĪ½AĪ± +
1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī². (3.50)
Notiamo che questo tensore soffre di due patologie: non e simmetrico, e non e nemmeno
gaugeāinvariante. Affronteremo questi problemi nel paragrafo 3.4.1.
92
3.4 Costruzione di un tensore energiaāimpulso simmetrico
In questa sezione faremo vedere che in una teoria di campo lagrangiana invariante sot-
to trasformazioni di Poincare, e sempre possibile costruire un tensore energiaāimpulso
simmetrico, la costruzione essendo canonica.
A questo proposito notiamo che il tensore energiaāimpulso di una teoria in realta non
e definito univocamente. Consideriamo, infatti, un generico tensore di rango tre ĻĻĀµĪ½ che
sia antisimmetrico nei primi due indici,
ĻĻĀµĪ½ = āĻĀµĻĪ½ .
Possiamo allora definire un tensore energiaāimpulso modificato attraverso,
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āĻĻĻĀµĪ½ . (3.51)
Questo tensore gode, infatti, delle seguenti due proprieta:
1) āĀµTĀµĪ½ = 0,
2) P Ī½ ā” ā«T 0Ī½ d3x = P Ī½ .
T ĀµĪ½ e dunque conservato, come lo e T ĀµĪ½ , ed esso da luogo allo stesso quadrimomento
totale di T ĀµĪ½ . La prima proprieta discende dal fatto che,
āĀµāĻĻĻĀµĪ½ = 0,
in quanto una coppia di indici antisimmmetrici contrae una coppia di indici simmetrici.
La seconda segue invece da,
P Ī½āP Ī½ =
ā« (T 0Ī½ ā T 0Ī½
)d3x =
ā«āĻĻ
Ļ0Ī½ d3x =
ā«āiĻ
i0Ī½ d3x =
ā«
ĪāĻi0Ī½dĪ£i = 0, (3.52)
dove abbiamo usato che Ļ00Ī½ = 0, come conseguenza dellāantisimmetria di ĻĻĀµĪ½ nei primi
due indici. Nellāultimo passaggio abbiamo applicato il teorema di Gauss, con Īā su-
perficie allāinfinito spaziale, e abbiamo inoltre supposto che ĻĻĀµĪ½ decada allāinfinito piu
rapidamente di 1/r2. La proprieta 2) assicura in particolare che lāhamiltoniana del siste-
ma, rappresentata dalla componente P 0, non dipende dal tensore energiaāimpulso che si
considera. T ĀµĪ½ puo dunque essere riguardato come tensore energiaāimpulso della teoria ā
alla stessa stregua di T ĀµĪ½ . Sfruttando questa liberta di scelta dimostreremo ora il seguente
teorema.
93
Teorema. Sia data una lagrangiana invariante sotto lāazione del gruppo di Poincare.
Allora si puo costruire un tensore ĻĻĀµĪ½ antisimmetrico in Ļ e Āµ, tale che il tensore energiaā
impulso T ĀµĪ½ dato in (3.51) risulti simmetrico, la costruzione essendo canonica.
Dimostrazione. Siccome per ipotesi la lagrangiana e invariante sotto trasformazioni
dellāintero gruppo di Poincare, per la dimostrazione del teorema possiamo servirci del
teorema di Noether e ricorrere ai tensori T ĀµĪ½ e MĀµĪ±Ī² a quadridivergenza nulla, definiti
in (3.44) e (3.45). Riprendiamo in particolare lāespressione per la densita di momento
angolare,
MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī², V ĀµĪ±Ī² ā” Ī ĀµrĪ£Ī±Ī²rsĻs, (3.53)
dove abbiamo introdotto il tensore V ĀµĪ±Ī², antisimmetrico negli ultimi due indici,
V ĀµĪ±Ī² = āV ĀµĪ²Ī±.
Sfruttando il fatto che sia MĀµĪ±Ī² che T ĀµĪ½ sono a quadridivergenza nulla, si ottiene,
0 = āĀµMĀµĪ±Ī² = āĀµx
Ī±T ĀµĪ² ā āĀµxĪ²T ĀµĪ± + āĀµV
ĀµĪ±Ī², (3.54)
ovverosia, cambiando di nome agli indici,
āĻVĻĀµĪ½ = T Ī½Āµ ā T ĀµĪ½ , (3.55)
che equivale proprio alla parte antisimmetrica di T Ī½Āµ. Tuttavia, non possiamo identificare
V ĻĀµĪ½ direttamente con ĻĻĀµĪ½ , perche il primo non e antisimmetrico in Ļ e Āµ. Se poniamo
invece,
ĻĻĀµĪ½ =1
2(V ĻĀµĪ½ ā V ĀµĻĪ½ ā V Ī½ĻĀµ) , (3.56)
possiamo verificare che questo tensore gode delle seguenti proprieta:
a) ĻĻĀµĪ½ = āĻĀµĻĪ½ ,
b) āĻĻĻĀµĪ½ = 1
2
(T Ī½Āµ ā T ĀµĪ½
)ā 1
2āĻ (V ĀµĻĪ½ + V Ī½ĻĀµ).
La prima proprieta, che assicura che ĻĻĀµĪ½ da luogo a una modifica consistente di T ĀµĪ½ ,
discende dallāantisimmetria di V Ī½ĻĀµ negli ultimi due indici; la seconda e conseguenza
diretta di (3.55) e (3.56). Infine possiamo determinare il nuovo tensore energiaāimpulso
usando la (3.51), e sfruttando la proprieta b),
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āĻĻĻĀµĪ½ =
1
2
(T Ī½Āµ + T ĀµĪ½
)ā 1
2āĻ (V ĀµĻĪ½ + V Ī½ĻĀµ) ,
94
che e manifestamente simmetrico in Āµ e Ī½. Sfruttando lāantisimmetria di V ĀµĪ½Ļ negli ultimi
due indici e usando la nostra convenzione sulla simmetrizzazione dei tensori, possiamo
riscrivere questo risultato anche come,
T ĀµĪ½ = T (ĀµĪ½) + āĻV(ĀµĪ½)Ļ, āĀµT
ĀµĪ½ = 0. (3.57)
Abbiamo quindi dato una dimostrazione costruttiva dellāesistenza di un tensore energiaā
impulso a quadridivergenza nulla e simmetrico, che da luogo allo stesso quadrimomento
totale conservato del tensore energiaāimpulso canonico. Facciamo, pero, notare che il
quadrimomento P ĀµV contenuto in un volume finito dipende dal tensore energiaāimpulso
che si considera. Tuttavia, questo quadrimomento non ha carattere tensoriale, cioe P ĀµV
non e un quadrivettore.
Dalla dimostrazione appena svolta traiamo inoltre le seguenti conclusioni. Lāesistenza
di un tensore energiaāimpulso conservato richiede soltanto lāinvarianza per traslazioni
di una teoria, mentre lāesistenza di un tensore energiaāimpulso conservato e simmetrico
richiede in piu che essa sia invariante sotto trasformazioni di Lorentz. Infatti, nella nostra
costruzione di ĻĻĀµĪ½ era essenziale lāequazione di continuita āĀµMĀµĪ±Ī² = 0, vedi (3.54) e
(3.55), che a sua volta discende dallāinvarianza di Lorentz via il teorema di Noether.
Il gruppo di Poincare e la Relativita Generale. Concludiamo questa sezione con una
considerazione sul doppio ruolo dellāinvarianza di Poincare nellāinterazione gravitazionale.
In primo luogo menzioniamo il fatto che in base al Principio di Equivalenza qualsiasi
teoria invariante sotto trasformazioni del gruppo di Poincare, nellāambito della Relativita
Generale ammette un cosiddetto āaccoppiamento minimaleā consistente con un campo
gravitazionale esterno. In secondo luogo ricordiamo che la consistenza delle equazioni
di Einstein, che governano la dinamica del campo gravitazionale, necessita del tensore
energiaāimpulso simmetrico (3.57) ā la cui esistenza e assicurata, a sua volta, dallāinva-
rianza di Poincare. Possiamo allora affermare che la consistenza dellāinterazione gravi-
tazionale di un sistema fisico ā benche coinvolga un gruppo di simmetrie piu ampio del
gruppo di Poincare, cioe, il gruppo dei diffeomorfismi 16 ā e garantita in ultima analisi
16Un diffeomorfismo e una generica trasformazione di coordinate xĀµ ā xā²Āµ(x), invertibile e di classe Cā
insieme alla sua inversa. I diffeomorfismi costituiscono quindi una generalizzazione delle trasformazionidi Poincare, xā²Āµ(x) = ĪĀµ
Ī½xĪ½ + aĀµ.
95
dallāinvarianza di Poincare del sistema in assenza di interazione gravitazionale. Lāim-
portanza di questa invarianza sta anche in questo: oltre ad assicurare la covarianza delle
equazioni del moto e la conservazione delle grandezze fisiche fondamentali, essa garantisce
anche la consistenza interna della Relativita Generale.
3.4.1 Tensore energiaāimpulso simmetrico per il campo di Maxwell
A titolo di esempio determiniamo il tensore energiaāimpulso simmetrico per il campo
di Maxwell libero. La lagrangiana di questo sistema e data in (3.48), e lāequazione di
EuleroāLagrange associata e lāequazione di Maxwell nel vuoto, vedi (3.27),
āĀµFĀµĪ½ = 0. (3.58)
Il tensore energiaāimpulso canonico associato a questa lagrangiana e stato determinato
nella (3.50),
T ĀµĪ½em = āF ĀµĪ±āĪ½AĪ± +
1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī².
Denotando i campi di gauge indistintamente con Ar o AĪ±, ricordiamo anche la forma dei
momenti coniugati (3.49), e delle matrici Ī£Ī±Ī²rs per un campo vettoriale, vedi (3.37),
Ī Āµr = āF Āµr, Ī£Ī±Ī²rs = Ī“Ī±
r Ī·Ī²s ā Ī“Ī²r Ī·Ī±s.
Calcoliamo dapprima il tensore V ĀµĪ±Ī², antisimmetrico in Ī± e Ī²,
V ĀµĪ±Ī² ā” Ī ĀµrĪ£Ī±Ī²rsAs = āF ĀµĪ±AĪ² + F ĀµĪ²AĪ±. (3.59)
Determiniamo poi il tensore ĻĻĀµĪ½ definito in (3.56), vedi problema 3.7,
ĻĻĀµĪ½ = āF ĻĀµAĪ½ , (3.60)
antisimmetrico in Ļ e Āµ. Per la sua divergenza si ottiene allora,
āĻĻĻĀµĪ½ = āāĻF
ĻĀµAĪ½ ā F ĻĀµāĻAĪ½ = F ĀµĪ±āĪ±AĪ½ ,
dove abbiamo utilizzato lāequazione di EuleroāLagrange (3.58). Il nuovo tensore energiaā
impulso risulta in definitiva,
T ĀµĪ½em = T ĀµĪ½
em + āĻĻĻĀµĪ½ = F ĀµĪ±(āĪ±AĪ½ ā āĪ½AĪ±) +
1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī² = F ĀµĪ±FĪ±
Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī²,
che e gauge invariante oltre che simmetrico, ed in perfetto accordo con la (2.69).
96
3.5 Densita di momento angolare āstandardā
Concludiamo questo capitolo dimostrando che per una lagrangiana L invariante per il
gruppo di Poincare esiste sempre una densita di momento angolare MĀµĪ±Ī² āstandardā,
legata al tensore energiaāimpulso simmetrico dalla relazione,
MĀµĪ±Ī² = xĪ± T ĀµĪ² ā xĪ² T ĀµĪ±. (3.61)
La dimostrazione di questa proprieta segue una strategia molto simile a quella usata per
dimostrare lāesistenza di un tensore energiaāimpulso simmetrico. Sfrutteremo, cioe, il fatto
che anche la densita di momento angolare e determinata a meno della quadridivergenza
di un tensore con opportune proprieta di antisimmetria. Dimostreremo, infatti, che esiste
un tensore ĪĀµĪ½Ī±Ī² di rango quattro, antisimmetrico nella prima coppia di indici oltre che
nella seconda, tale che,
MĀµĪ±Ī² = MĀµĪ±Ī² + āĻĪĻĀµĪ±Ī²,
con MĀµĪ±Ī² definito in (3.61). Con un argomento standard, vedi (3.52), si verifica allora
facilmente che,
LĪ±Ī² ā”ā«
d3xM0Ī±Ī² =
ā«d3x M0Ī±Ī² ā” LĪ±Ī²,
purche ĪĀµĪ½Ī±Ī² svanisca allāinfinito spaziale piu rapidamente di 1/r2.
Incominciamo la dimostrazione ricordando la definizione della densita canonica di
momento angolare,
MĀµĪ±Ī² = xĪ± T ĀµĪ² ā xĪ² T ĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī², V ĀµĪ±Ī² ā” Ī Āµr Ī£Ī±Ī²rs Ļs,
e la relazione tra il tensore energiaāimpulso canonico e quello simmetrico,
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āĻĻĻĀµĪ½ , ĻĻĀµĪ½ ā” 1
2(V ĻĀµĪ½ ā V ĀµĻĪ½ ā V Ī½ĻĀµ) . (3.62)
Allora si puo scrivere,
MĀµĪ±Ī² = xĪ± T ĀµĪ² ā xĪ² T ĀµĪ± ā xĪ± āĻĻĻĀµĪ² + xĪ² āĻĻ
ĻĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī²
= MĀµĪ±Ī² ā āĻ
(xĪ± ĻĻĀµĪ² ā xĪ² ĻĻĀµĪ±
)+ ĻĪ±ĀµĪ² ā ĻĪ²ĀµĪ± + V ĀµĪ±Ī²
= MĀµĪ±Ī² ā āĻ
(xĪ± ĻĻĀµĪ² ā xĪ² ĻĻĀµĪ±
),
97
dove nellāultimo passaggio abbiamo usato la definizione di ĻĻĀµĪ½ riportata in (3.62), che
comporta lāidentita,
ĻĪ±ĀµĪ² ā ĻĪ²ĀµĪ± = āV ĀµĪ±Ī².
Otteniamo quindi,
MĀµĪ±Ī² = MĀµĪ±Ī² + āĻĪĻĀµĪ±Ī², con ĪĻĀµĪ±Ī² ā” xĪ± ĻĻĀµĪ² ā xĪ² ĻĻĀµĪ±, (3.63)
dove ĪĻĀµĪ±Ī² e antisimmetrico nella prima coppia di indici oltre che nella seconda, che e
quanto volevamo dimostrare.
3.6 Problemi
3.1 Si consideri un campo scalare reale Ļ (āparticella neutra con spin 0 e massa mā)
con lagrangiana,
L =1
2
(āĀµĻāĀµĻām2Ļ2
)ā Ī»
4!Ļ4,
dove m e Ī» sono costanti reali.
a) Si scrivano le equazioni di EuleroāLagrange associate a L.
b) Si verifichi esplicitamente che tali equazioni sono equivalenti alla richiesta di stazio-
narieta dellāazione I =ā« t2
t1L d4x, per variazioni generiche del campo Ļ, purche nulle in
t = t1 e t = t2.
3.2 Si consideri un campo scalare complesso Ī¦ = Ļ1 + iĻ2 (āparticella carica con spin 0
e massa mā) con lagrangiana,
L = āĀµĪ¦āāĀµĪ¦ām2Ī¦āĪ¦ā Ī»
4(Ī¦āĪ¦)2 ,
dove m e Ī» sono costanti reali.
a) Si scrivano le equazioni di EuleroāLagrange associate a L. [Sugg.: si considerino come
campi indipendenti Ī¦ e Ī¦ā.]
b) Si dica per quali valori di Ī» e m le equazioni del moto per Ļ1 e Ļ2 risultano disaccoppiate
tra di loro.
3.3 Si consideri lāazione,
I =
ā« t2
t1
L d4x,
98
con L data in (3.25).
a) Si determini la variazione di I per variazioni generiche di AĀµ.
b) Si verifichi esplicitamente che la variazione di I e nulla per variazioni arbitrarie dei
campi, purche nulle in t = t1 e t = t2, se e solo se il campo di gauge soddisfa lāequazione
di Maxwell.
3.4 Si consideri la lagrangiana per il campo reale scalare data nel problema 3.1.
a) Si derivi il tensore energiaāimpulso canonico, analizzandone le proprieta di simmetria.
b) Si scriva lāespressione esplicita per la densita di energia e per lāenergia totale del sistema.
Si dica per quali valori di m e Ī» lāenergia e definita positiva.
3.5 Si verifichi esplicitamente che il tensore energiaāimpulso canonico del campo di
Maxwell libero dato in (3.50) ha quadridivergenza nulla.
3.6 Si dimostri che per una teoria di campo di soli campi scalari il tensore energiaā
impulso canonico e simmetrico. [Sugg.: per lāinvarianza di Lorentz la lagrangiana puo
dipendere da āĀµĻr solo attraverso la āmatriceā Mrs = āĀµĻrāĀµĻs, simmetrica in r e s.]
3.7 Si verifichi che per un campo di Maxwell libero il tensore ĻĻĀµĪ½ ha la forma data in
(3.60).
3.8 Si determini la densita di momento angolare canonico MĀµĪ±Ī² per un campo di Max-
well libero. Si verifichi che la corrispondente densita di momento angolare āstandardā,
come definita in (3.63), risulta uguale a xĪ±T ĀµĪ²em ā xĪ²T ĀµĪ±
em .
3.9 Si consideri una teoria di campo descritta dai sei campi lagrangiani Ļ ā” ~E, ~B,con lagrangiana,
L = ~E Ā· ā~B
āt+
1
2
(~E Ā· ~āĆ ~E + ~B Ā· ~āĆ ~B
)ā~j Ā· ~B,
dove ~j e un campo esterno indipendente da Ļ. Si confrontino le equazioni del moto
associate a questa lagrangiana con le equazioni di Maxwell (2.28)ā(2.31).
3.10 Si consideri la lagrangiana L del campo complesso del problema 3.2.
a) Si verifichi che L e invariante sotto il gruppo a un parametro di trasformazioni (gruppo
99
U(1) di ātrasformazioni di gauge globaliā),
Ī¦ā²(x) = eiĪ Ī¦(x), Ī¦āā²(x) = eāiĪ Ī¦ā(x), Ī ā R,
con Ī indipendente da x.
b) Si dimostri che sotto una generica variazione infinitesima Ī¦ā Ī¦ + Ī“Ī¦ si ha,
Ī“L =
(āLāĪ¦ā āĀµ
āLā(āĀµĪ¦)
)Ī“Ī¦ + c.c. + āĀµ
(āL
ā(āĀµĪ¦)Ī“Ī¦
)+ c.c.
c) Si dimostri il teorema di Noether relativo al gruppo di simmetria di cui al punto a),
determinando la forma esplicita della corrente jĀµ associata. [Sugg.: per una trasforma-
zione infinitesima si ha Ī“Ī¦ = Ī¦ā² ā Ī¦ = iĪĪ¦.]
d) Si verifichi esplicitamente che la corrente jĀµ e conservata, se il campo Ī¦ soddisfa le
equazioni di EuleroāLagrange determinate nel punto a) del problema 3.2.
100
4 Il metodo variazionale per lāElettrodinamica di par-
ticelle puntiformi
In questa sezione estenderemo il metodo variazionale a una teoria di campo accoppiata
ad un sistema di particelle puntiformi. Per concretezza ci limiteremo a considerare il
caso dellāElettrodinamica, ovvero una teoria di campo con un unico campo vettoriale AĀµ,
interagente con un sistema di particelle cariche.
4.1 Principio variazionale per una particella libera
Prima di considerare il sistema accoppiato deduciamo la forma dellāazione per una par-
ticella relativistica libera. La richiesta di stazionarieta di questa azione deve allora dare
luogo alle equazioni del moto di una particella libera, cioe,
dpĀµ
ds= 0. (4.1)
Si tratta in sostanza di trovare la generalizzazione relativistica dellāazione newtoniana per
la particella libera, con coordinate lagrangiane ~y(t),
I0[~y] =
ā« tb
ta
(1
2mv2
)dt, (4.2)
dove questa volta abbiamo indicato gli estremi temporali con ta e tb, al posto di t1 e
t2. Come abbiamo visto il primo passo nella formulazione di un principio variazionale
consiste nella scelta delle variabili lagrangiane. In questo caso stiamo cercando unāazione
relativistica, e le coordinate lagrangiane appropriate non sono allora le ~y(t), ma le quattro
funzioni,
yĀµ(Ī»),
che parametrizzano una generica linea di universo. Conseguentemente lāazione I[y] che
stiamo cercando dovra essere invariante non solo sotto trasformazioni di Poincare, ma
anche sotto riparametrizzazione, perche tale e lāequazione (4.1).
Come primo passo nella covariantizzazione di I0 sostituiamo la misura dt con la misura
invariante, sia per Poincare che per riparametrizzazione,
ds =
ādyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»dĪ»,
101
che nel limite non relativistico si riduce in effetti a dt. Lāazione che stiamo cercando
dovrebbe quindi avere la forma,
I[y] =
ā« b
a
l(y, y) ds,
per unāopportuna lagrangiana invariante l. In questa espressione a e b indicano gli estremi
del tratto di linea di universo considerato, e abbiamo definito,
yĀµ =dyĀµ
dĪ».
A questo punto facciamo notara che, al contrario delle āvelocitaā yĀµ, le coordinate yĀµ
in realta non hanno carattere ātensorialeā, perche sotto traslazioni non sono invarianti.
Di conseguenza l non puo dipendere dalle yĀµ, ma solo dalle yĀµ. Dāaltra parte lāunico
quadriscalare indipendente che possiamo formare con le yĀµ e la quantita,
yĀµyĀµ,
ma questa non e invariante sotto riparametrizzazione. Concludiamo che l deve essere
indipendente anche dalle yĀµ, e quindi necessariamente una costante. Poniamo allora per
lāazione relativistica,
I[y] = l
ā« b
a
ds,
che dal punto di vista geometrico corrisponde alla ālunghezzaā dellāarco quadridimen-
sionale della linea di universo compreso tra a e b. Per determinare infine la costante l
richiediamo che nel limite non relativistico, v Āæ 1, questa azione si riduca a I0. A questo
scopo ricordiamo la definizione di ds e ne eseguiamo lo sviluppo non relativistico,
ds =ā
1ā v2 dt =
(1ā v2
2+ o(v4)
)dt.
Arrestandoci al termine quadratico ottieniamo allora,
I[y] = l(ta ā tb)āā« tb
ta
(l
2v2
)dt.
Il primo termine e indipendente dalle variabili dinamiche ed e irrilevante. Il secondo si
riduce in effetti a I0 se poniamo l = ām. Otteniamo quindi per lāazione relativistica di
una particella libera,
I[y] = ām
ā« b
a
ds = ām
ā« b
a
ādyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»dĪ». (4.3)
102
Ci possiamo ora domandare quali sono le linee di universo che rendono stazionaria
questa azione per variazioni generiche delle coordinate 17,
Ī“yĀµ(Ī») = yā²Āµ(Ī»)ā yĀµ(Ī»),
purche nulle ai bordi,
Ī“yĀµ(a) = 0 = Ī“yĀµ(b). (4.4)
Faremo ora vedere che le linee di universo in questione sono esattamente quelle che soddi-
sfano le (4.1). Per farlo calcoliamo la variazione dellāazione (4.3) per variazioni generiche
delle coordinate,
Ī“I = ām
ā« b
a
1
2ā
dyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»
Ī“
(dyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»
)dĪ» = ām
ā« b
a
1ādyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»
(dyĀµ
dĪ»
d Ī“yĀµ
dĪ»
)dĪ».
Usando le relazioni, ādyĀµ
dĪ»
dyĀµ
dĪ»=
ds
dĪ», pĀµ = m
dyĀµ
ds,
otteniamo,
Ī“I = āā« b
a
pĀµ d Ī“yĀµ
dsds,
e integrando per parti arriviamo poi a,
Ī“I = āpĀµĪ“yĀµ
ā£ā£ā£b
a+
ā« b
a
dpĀµ
dsĪ“yĀµ ds.
Se imponiamo ora che lāazione sia stazionaria per variazioni Ī“yĀµ arbitrarie purche soddi-
sfacenti le (4.4), il primo termine si annulla, e otteniamo la condizione di stazionarieta,
dpĀµ
ds= 0.
4.2 Lāazione per lāElettrodinamica
In questa sezione consideriamo un generico sistema di particelle cariche in interazione con
il campo elettromagnetico. Se introduciamo come al solito un potenziale vettore AĀµ e
17In alternativa lāazione di una particella relativistica potrebbe essere considerata anche come funzionaledelle variabili lagrangiane ~y(t), al posto delle yĀµ(Ī»). In questo caso si otterrebbero equazioni del motocompletamente equivalenti, ma non in forma covariante a vista. E facile vedere che nel caso della particellalibera, per esempio, dalla (4.3) si otterrebbe lāequazione d~p/dt = 0, al posto di dpĀµ/ds = 0. La sceltadelle variabili yĀµ(Ī») ha evidentemente il pregio di mantenere la covarianza a vista.
103
definiamo,
FĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ,
allora le equazione del moto di questo sistema sono lāequazione di Maxwell (2.14) per il
potenziale vettore, e le equazioni di Lorentz (2.12) per le particelle. In questa sezione
rideriveremo queste equazioni da un principio variazionale. Useremo poi il teorema di
Noether applicato al gruppo di Poincare, per riottenere le noti leggi di conservazione.
Confermeremo in particolare le espressioni esplicite delle correnti (2.69), (2.70) e (2.85),
ottenute precedentemente in modo euristico.
Punto di partenza deve essere unāazione I[A, yr] ā funzionale del campo elettroma-
gnetico AĀµ(x) e delle linee di universo yĀµr (Ī»r) delle particelle ā che sia invariante sotto
trasformazioni di Poincare. Abbiamo gia dedotte lāequazione di Maxwell da un prin-
cipio variazionale a partire dalla lagrangiana (3.25), e conosciamo inoltre lāazione (4.3)
corrispondente a una particella libera. Per lāazione del sistema interagente viene allora
naturale ipotizzare lāespressione,
I[A, yr] = ā1
4
ā« Ī£b
Ī£a
F ĀµĪ½FĀµĪ½ d4xāā« Ī£b
Ī£a
AĀµjĀµ d4xā
ār
mr
ā« br
ar
dsr = I1 + I2 + I3. (4.5)
In questa espressione gli integrali quadridimensionali sono eseguiti tra due ipersuperfici
di tipo spazio Ī£a e Ī£b non intersecantesi, mentre ar e br sono rispettivamente i punti
dāintersezione della linea di universo rāesima con Ī£a e Ī£b18. Interpretiamo I1 come la
parte dellāazione che descrive la propagazione libera di AĀµ, I3 come la parte che descrive il
moto libero delle cariche, e I2 come la parte che descrive lāinterazione tra particelle cariche
e campo elettromagnetico. La giustificazione ultima di questa azione deriva, ovviamente,
dal fatto che essa da luogo alle equazioni del moto desiderate, come faremo vedere di
seguito.
Per impostare il problema variazionale e conveniente riscrivere lāazione in una forma
diversa. Sfruttando la definizione della corrente possiamo intanto riscrivere il termine di
interazione,
I2 = āā« Ī£b
Ī£a
AĀµ(x)ā
r
er
ā«Ī“4(xā yr) dyĀµ
r d4x = āā
r
er
ā« br
ar
AĀµ(yr) dyĀµr . (4.6)
18Ogni linea di universo Ī³r interseca le ipersuperfici Ī£a,b unāunica volta, perche la prima e di tipotempo, mentre le seconde sono di tipo spazio.
104
Come nella sezione precedente introduciamo per le derivate delle variabili lagrangiane
yĀµr (Ī»r) la notazione abbreviata,
yĀµr =
dyĀµr
dĪ»r
.
Usando (4.3) e (4.6) e allora immediato ottenere,
I2 + I3 = āā
r
ā« br
ar
(mr dsr + erAĀµ(yr)dyĀµr ) (4.7)
= āā
r
ā« br
ar
(mr
āyĀµ
r yrĀµ + erAĀµ(yr)yĀµr
)dĪ»r (4.8)
=ā
r
ā« br
ar
Lr(yr, yr) dĪ»r, (4.9)
dove abbiamo definito le Lagrangiane āordinarieā,
Lr(yr, yr) = āmr
āyĪ½
r yrĪ½ ā er AĪ½(yr) yĪ½r . (4.10)
Dalle formule scritte si vede anche che lāazione puo essere posta nella forma,
I =
ā« Ī£b
Ī£a
L d4x,
se definiamo la lagrangiana totale,
L = L1 + L2 + L3 = ā1
4F ĀµĪ½FĀµĪ½ ā AĀµj
Āµ āā
r
mr
ā«Ī“4(xā yr) dsr (4.11)
= L1 +ā
r
ā«Lr Ī“4(xā yr) dĪ»r. (4.12)
Il problema variazionale. Secondo il principio variazionale cerchiamo ora le configu-
razioni di campi e particelle che rendono stazionaria lāazione ā Ī“I = 0 ā per variazioni
arbitrarie Ī“AĀµ e Ī“yĀµr , purche soddisfacenti,
Ī“AĀµ|Ī£a = 0 = Ī“AĀµ|Ī£b, Ī“yĀµ
r (ar) = 0 = Ī“yĀµr (br).
Consideriamo separatamente variazioni dei campi e variazioni delle linee di universo. Per
variazioni dei campi, siccome I3 e indipendente da AĀµ, il problema si riduce a considerare
lāazione I1 +I2 =ā«
d4x (L1 +L2). Ma sappiamo che le configurazioni dei campi che rendo-
no stazionaria questa azione sono quelle che soddisfano le equazioni di EuleroāLagrange
associate alla lagrangiana L1 +L2. Queste ultime, dāaltro canto, sono state derivate nella
sezione 3.2.3 e viste coincidere con lāequazione di Maxwell (3.27).
105
Resta da imporre la stazionarieta dellāazione per variazioni delle coordinate. In questo
caso, siccome I1 e indipendente dalle yr, e sufficiente considerare lāazione I2+I3. Potremmo
calcolare la variazione di questa azione con le tecniche usate nella sezione precedente,
e troveremmo che le condizioni di stazionarieta coincidono proprio con le equazioni di
Lorentz, vedi problema 4.1.
Di seguito proponiamo una dimostrazione alternativa di questo risultato, basata di-
rettamente sul metodo lagrangiano per un sistema a finiti di gradi di liberta, vedi sezione
3.1. Riprendiamo a questo scopo lāazione I2 + I3, scritta come in (4.9). Questa azione si
separa in una somma di termini,
I2 + I3 =ā
r
I[yr], I[yr] =
ā« br
ar
Lr(yr, yr) dĪ»r,
ciascuno dei quali dipende solo da una delle coordinate. Lāazione I2 + I3 sara quindi
stazionaria se ciascuna I[yr] e stazionaria per variazioni generiche delle yĀµr , con le solite
condizioni agli estremi. Ma I[yr] e lāintegrale della lagrangiana ordinaria Lr, corrisponden-
te a un sistema lagrangiano con quattro gradi di liberta. Come sappiamo dalla sezione 3.1,
il problema della stazionarieta di questa azione si riduce allora alle equazioni di Lagrange
associate, vale a dire,d
dĪ»r
āLr
āyĀµrā āLr
āyĀµr
= 0.
Valutiamo dunque i due termini di questa equazione, tralasciando per semplicita lāindice
r. Dalla (4.10) si ottiene immediatamente,
āL
āyĀµ= āe āĀµAĪ½ yĪ½ .
Calcoliamo poi,āL
āyĀµ= ā myĀµā
yĪ½ yĪ½
ā eAĀµ(y) = āpĀµ ā eAĀµ(y), (4.13)
dove abbiamo introdotto il quadrimomento pĀµ della particella, ed utilizzato la solita
relazioneā
yĪ½ yĪ½ = dsdĪ»
. Infine dobbiamo valutare,
d
dĪ»
āL
āyĀµ= ādpĀµ
dĪ»ā e yĪ½ āĪ½AĀµ.
In definitiva otteniamo,
d
dĪ»
āL
āyĀµā āL
āyĀµ= ādpĀµ
dĪ»+ e yĪ½(āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ) = ā ds
dĪ»
(dpĀµ
dsā eFĀµĪ½u
Ī½
)= 0, (4.14)
che e lāequazione di Lorentz.
106
4.3 Il teorema di Noether in Elettrodinamica
Nella sezione precedente abbiamo stabilito un principio variazionale per lāElettrodinamica
classica, compatibile con i postulati della Relativita Ristretta. Piu precisamente, abbia-
mo individuato unāazione invariante sotto trasformazione del gruppo di Poincare da cui
discendono le equazioni del moto per campi e particelle. Secondo il teorema di Noether
dovrebbe quindi essere possibile derivare la forma delle ācorrentiā conservate T ĀµĪ½ e MĀµĪ±Ī²,
sfruttando lāinvarianza dellāazione rispettivamente per traslazioni e per trasformazioni di
Lorentz. Anche in questo caso la dimostrazione del teorema puo essere svolta secondo la
strategia adottata nel capitolo precedente per un sistema di soli campi, ma dal punto di
vista tecnico essa e leggermente piu complicata per via della presenza delle particelle.
Seguendo il metodo della sezione 3.3 impostiamo la dimostrazione a partire non diret-
tamente dallāazione, ma dalla lagrangiana del sistema, vedi (4.11). Per brevita indichiamo
le dipendenze funzionali di questa lagrangiana con L(A(x), yr, x), omettendo di indicare
esplicitamente la dipendenza dalle derivate āA e yr. Notiamo, comunque, che formal-
mente questa lagrangiana esibisce anche una dipendenza esplicita dalla coordinata x ā
indicata dal suo terzo argomento ā attraverso le Ī“4(xā yr) che compaiono in (4.11). Tut-
tavia, vedremo fra poco che in questo caso non sussiste nessuna rottura dellāinvarianza
per traslazioni.
Per le trasformazioni di Poincare adottiamo le notazioni del paragrafo 3.3.1. Per
trasformazioni finite abbiamo,
xā²Āµ = ĪĀµĪ½x
Ī½ + aĀµ, yā²Āµr = ĪĀµĪ½ yĪ½
r + aĀµ, Aā²Āµ(xā²) = ĪĀµĪ½A
Ī½(x),
e per trasformazioni infinitesime, ĪĀµĪ½ = Ī“Āµ
Ī½ + ĻĀµĪ½ , ne segue,
Ī“xĀµ = aĀµ + ĻĀµĪ½x
Ī½ , Ī“yĀµr = aĀµ + ĻĀµ
Ī½yĪ½r . (4.15)
Per le trasformazioni del campo vettoriale distinguiamo di nuovo trasformazioni totali e
trasformazioni in forma,
Ī“AĪ± ā” Aā²Ī±(xā²)ā AĪ±(x) = ĻĪ±
Ī²AĪ²(x),
Ī“AĪ± ā” Aā²Ī±(x)ā AĪ±(x) = āĪ“xĪ½ āĪ½AĪ± + Ī“AĪ± = āĪ“xĪ½ āĪ½AĪ± + ĻĪ±
Ī²AĪ²(x). (4.16)
107
Lāinvarianza di L sotto trasformazioni di Poincare e allora espressa dallāidentita,
Ī“L ā” L(Aā²(xā²), yā²r, xā²)ā L(A(x), yr, x) = 0. (4.17)
Difatti lāunico elemento nella (4.11) la cui invarianza va controllata e la Ī“4 di Dirac,
Ī“4(xā² ā yā²r) = Ī“4(Īx + aā (Īyr + a)) = Ī“4(Ī(xā yr)) =Ī“4(xā yr)
|detĪ| = Ī“4(xā yr).
Questo vuol dire che le trasformazioni delle Ī“4 in seguito potranno essere semplicemente
ignorate.
Manipoliamo ora lāidentita (4.17) in completa analogia con il caso di una teoria con
soli campi. Scriviamo,
Ī“L = [L(Aā²(xā²), yā²r, xā²)ā L(Aā²(x), yr, x)] + [L(Aā²(x), yr, x)ā L(A(x), yr, x)] .
I due termini della prima parentesi quadra differiscono solo per le variazioni (4.15) di x
e yr, mentre nella seconda parentesi quadra compare solo una trasformazione in forma
di AĀµ. Nella prima parentesi quadra conviene usare lāespressione (4.12), mentre nella
seconda e piu conveniente la (4.11). Si ottiene cosı,
Ī“L =
[Ī“xĀµāĀµL1 +
ār
ā«Ī“Lr Ī“4(xā yr) dĪ»r
]+
[āLāAĪ½
Ī“AĪ½ + Ī ĀµĪ½ āĀµĪ“AĪ½
]. (4.18)
Con Ī“Lr intendiamo quı la variazione di Lr per le variazioni delle yr date in (4.15), e
abbiamo usato la definizione consueta per i momenti coniugati, Ī ĀµĪ½ ā” āLā(āĀµAĪ½)
= āF ĀµĪ½ .
Alla seconda parentesi quadra contribuiscono solo i termini L1+L2, e possiamo riscriverla
come,
āLāAĪ½
Ī“AĪ½ + Ī ĀµĪ½ āĀµĪ“AĪ½ = āĀµ (Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½) +
[āLāAĪ½
ā āĀµĪ ĀµĪ½
]Ī“AĪ½ ,
= āĀµ (Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½) + (āĀµFĀµĪ½ ā jĪ½) Ī“AĪ½ ,
dove nellāultimo termine riconosciamo lāequazione di Maxwell. In modo completamen-
te analogo possiamo manipolare la variazione di Lr, facendo comparire le equazioni di
Lorentz,
Ī“Lr = Ī“yĪ½r
āLr
āyĪ½r
+ Ī“yĪ½r
āLr
āyĪ½r
=d
dĪ»r
(Ī“yĪ½
r
āLr
āyĪ½r
)+ Ī“yĪ½
r
(āLr
āyĪ½r
ā d
dĪ»r
āLr
āyĪ½r
)
=d
dĪ»r
(Ī“yĪ½
r
āLr
āyĪ½r
)+
dsr
dĪ»r
(dprĪ½
dsr
ā FĪ½ĀµuĀµr
)Ī“yĪ½
r ,
108
dove lāultimo termine corrisponde alle equazioni di Lorentz, vedi (4.14). Il primo termine,
invece, inserito in (4.18), attraverso unāintegrazione per parti da luogo a,ā«
d
dĪ»r
(Ī“yĪ½
r
āLr
āyĪ½r
)Ī“4(xā yr) dĪ»r = ā
ā«Ī“yĪ½
r
āLr
āyĪ½r
d
dĪ»r
Ī“4(xā yr) dĪ»r
+
(Ī“yĪ½
r
āLr
āyĪ½r
Ī“4(xā yr)
)ā£ā£ā£ā£Ī»r=+ā
Ī»r=āā.
Per ogni x fissato, per Ī»r ā Ā±ā la Ī“4(x ā yr) si annulla, quindi il secondo termine e
nullo. Per quanto riguarda il primo termine notiamo invece che,
d
dĪ»r
Ī“4(xā yr) = āyĀµr āĀµĪ“
4(xā yr) = āāĀµ(yĀµr Ī“4(xā yr)),
e otteniamo una quadridivergenza,ā«
d
dĪ»r
(Ī“yĪ½
r
āLr
āyĪ½r
)Ī“4(xā yr) dĪ»r = āĀµ
(ā«yĀµ
r Ī“yĪ½r
āLr
āyĪ½r
Ī“4(xā yr) dĪ»r
).
Inseriamo ora questi risultati nella (4.18),
Ī“L = āĀµ
[Ī“xĀµL1 + Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½ +
ār
ā«yĀµ
r Ī“yĪ½r
āLr
āyĪ½r
Ī“4(xā yr) dĪ»r
](4.19)
+ (āĀµFĀµĪ½ ā jĪ½) Ī“AĪ½ +
ār
ā« (dprĪ½
dsr
ā FĪ½ĀµuĀµr
)Ī“yĪ½
r Ī“4(xā yr) dsr.
Questa formula ha ora la stuttura prevista dal teorema di Noether: eguaglia la va-
riazione della lagrangiana alla quadridivergenza di un certo quadrivettore ā la parentesi
quadra ā modulo termini proporzionali alle equazioni del moto. E ora un semplice eserci-
zio esplicitare la parentesi quadra e determinare i coefficienti di aĪ½ e di ĻĪ±Ī², per ottenere
la forma esplicita delle correnti conservate. E sufficiente inserire le formule (4.13), (4.15)
e (4.16). Per i primi due termini della parentesi quadra in (4.19) otteniamo,
Ī“xĀµL1 + Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½ = Ī“xĪ½ (Ī·ĀµĪ½L1 ā Ī ĀµĪ½āĪ½AĪ½) + Ī ĀµĪ½Ī“AĪ½ = āĪ“xĪ½TĀµĪ½em ā F ĀµĪ½ĻĪ½ĻA
Ļ, (4.20)
dove abbiamo ritrovato il tensore energiaāimpulso canonico per un campo di Maxwell
libero, (3.50). Per il terzo termine in (4.19) notiamo che per le proprieta della Ī“4 possiamo
sostituire Ī“yĪ½r con Ī“xĪ½ . Con lāaiuto di (4.13) e parametrizzando lāintegrale con il tempo
proprio, questo termine puo allora essere posto nella forma,
ār
ā«yĀµ
r Ī“yĪ½r
āLr
āyĪ½r
Ī“4(xā yr) dĪ»r = āĪ“xĪ½
ār
ā«uĀµ
r (pĪ½r + erA
Ī½(yr)) Ī“4(xā yr) dsr
= āĪ“xĪ½
(T ĀµĪ½
p + jĀµAĪ½), (4.21)
109
dove abbiamo ritrovato il tensore energiaāimpulso delle particelle, (2.70). Sommando
(4.20) e (4.21) ed esplicitando Ī“xĪ½ = aĪ½ + ĻĪ½Ī²xĪ², la parentesi quadra in (4.19) puo allora
essere scritta come,
āĪ“xĪ½
(T ĀµĪ½
p + T ĀµĪ½em + jĀµAĪ½
)ā F ĀµĪ½ĻĪ½ĻA
Ļ = āaĪ½TĀµĪ½ +
1
2ĻĪ±Ī²MĀµĪ±Ī²,
dove abbiamo definito i tensori energiaāimpulso e densita di momento angolare canonici
dellāElettrodinamica classica,
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½p + T ĀµĪ½
em + jĀµAĪ½ (4.22)
MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ± ā F ĀµĪ±AĪ² + F ĀµĪ²AĪ±. (4.23)
In definitiva possiamo riscrivere la (4.19) come,
Ī“L = āaĪ½ āĀµTĀµĪ½ +
1
2ĻĪ±Ī² āĀµM
ĀµĪ±Ī² (4.24)
+ (āĀµFĀµĪ½ ā jĪ½) Ī“AĪ½ +
ār
ā« (dprĪ½
dsr
ā FĪ½ĀµuĀµr
)Ī“yĪ½
r Ī“4(xā yr) dsr,
da confrontare con lāanaloga identita per una teoria di soli campi, vedi (3.47).
Dato che la lagrangiana e invariante per lāintero gruppo di Poincare abbiamo che
Ī“L = 0 identicamente. Concludiamo quindi che, se i campi e le particelle soddisfano le
rispettive equazioni del moto, allora i tensori T ĀµĪ½ e MĀµĪ±Ī² risultano conservati,
āĀµTĀµĪ½ = 0 = āĀµM
ĀµĪ±Ī². (4.25)
Tensore energiaāimpulso simmetrico e densita di momento angolare standard. Di nuo-
vo vediamo che le correnti che abbiamo ottenuto non hanno la forma che abbiamo trovato
nei paragrafi 2.4.3 e 2.4.4 con metodi euristici; in particolare T ĀµĪ½ non e simmetrico e MĀµĪ±Ī²
non ha la forma standard. Inoltre, nessuno dei due tensori e gauge invariante. Vediamo
comunque che in assenza di particelle T ĀµĪ½ si riduce a T ĀµĪ½em, mentre in assenza di campo
elettromagnetico esso si riduce a T ĀµĪ½p . Ma nella (4.22) cāe anche il termine di interferenza
jĀµAĪ½ , di interpretazione piu difficile. Tuttavia, anche in questo caso possiamo adottare
la strategia generale per la simmetrizzazione del tensore energiaāimpulso, sviluppata in
sezione 3.4. Poniamo,
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½ + āĻĻĻĀµĪ½ , ĻĻĀµĪ½ = āĻĀµĻĪ½ , (4.26)
110
dove il tensore ĻĻĀµĪ½ e dato in termini del tensore V ĀµĪ±Ī² secondo la definizione (3.56). Dāaltra
parte questāultimo si puo determinare confrontando la (4.23) con la (3.53). Risulta,
V ĀµĪ±Ī² = āF ĀµĪ±AĪ² + F ĀµĪ²AĪ±,
come nel caso del campo di Maxwell libero, vedi (3.59). Anche il tensore ĻĻĀµĪ½ e allora
quello corrispondente al campo di Maxwell libero,
ĻĻĀµĪ½ = āF ĻĀµAĪ½ .
Tuttavia, in presenza di particelle la divergenza di questo tensore contiene anche un
termine proporzionale alla corrente. Risulta infatti,
āĻĻĻĀµĪ½ = āāĻF
ĻĀµAĪ½ ā F ĻĀµāĻAĪ½ = ājĀµAĪ½ ā FĪ±ĀµāĪ±AĪ½ .
Aggiungendo questa espressione a (4.22) si vede che il termine di interferenza jĀµAĪ½ si
cancella, e che si ricombina il tensore energiaāimpulso simmetrico del campo elettroma-
gnetico,
T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½
p , āĀµTĀµĪ½ = 0,
a conferma dei risultati (2.69) e (2.70) del capitolo 2.
Analogamente, secondo la (3.63) si puo modificare la densita di momento angolare
(4.23) ponendo,
MĀµĪ±Ī² = MĀµĪ±Ī² + āĻĪĻĀµĪ±Ī², ĪĻĀµĪ±Ī² = xĪ± ĻĻĀµĪ² ā xĪ² ĻĻĀµĪ±.
Nel nostro caso risulta,
āĻĪĻĀµĪ±Ī² = ĻĪ±ĀµĪ² + xĪ±āĻĻ
ĻĀµĪ² ā (Ī±ā Ī²) = F ĀµĪ±AĪ² + xĪ±(T ĀµĪ² ā T ĀµĪ²)ā (Ī±ā Ī²).
Aggiungendo questo termine a (4.23) si vede immediatamente che risulta,
MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ±,
in accordo con il nostro risultato euristico (2.85).
Abbiamo cosı riottenuto la forma dei tensori energiaāimpulso e densita di momento
angolare per lāElettrodinamica. Piu del risultato, gia noto, e importante il metodo che
111
abbiamo utilizzato, cioe, il teorema di Noether. Nella sezione 3.3 abbiamo dato una
dimostrazione generale di questo teorema per una teoria di soli campi. In questa sezione
abbiamo dimostrato il teorema in una situazione fisica molto diversa, in cui alcuni gradi di
liberta non sono distribuiti con continuita nello spazio, come i campi, ma costituiscono dei
ādifettiā puntiformi, appunto le particelle. In questo capitolo abbiamo difatti illustrato
una circostanza molto generale, e cioe che in Fisica il teorema di Noether vale a tutti i
livelli: vale per teorie contenenti campi, particelle, stringhe e ā piu in generale ā membrane
di qualsiasi estensione spaziale; vale a livello newtoniano cosı come vale in Relativita
Ristretta e in Relativita Generale, vale in Fisica Classica e in Meccanica Quantistica, in
Teoria Quantistica Relativistica dei Campi e, ancora, nelle Teorie di Superstringa.
4.4 Invarianza di gauge e conservazione della carica elettrica
Nella sezione precedente abbiamo discusso il teorema di Noether relativo al gruppo di
Poincare, con conseguente conservazione del quadrimomento e del momento angolare
quadridimensionale. Ma in Elettrodinamica esiste unāaltra grandezza conservata ā non
associata al gruppo di Poincare ā che e la carica elettrica, e se vale il teorema di Noether,
allora anche ad essa dovrebbe essere associato un gruppo a un parametro di simmetrie.
In effetti lāElettrodinamica e dotata di una simmetria fondamentale che abbiamo gia am-
piamento esplorato ā lāinvarianza di gauge ā che potrebbe essere legata alla conservazione
della carica via il teorema di Noether.
Per analizzare questo possibile nesso facciamo intanto notare che le trasformazioni di
gauge costituiscono effettivamente un gruppo (abeliano), con un solo parametro Ī. Posto
Aā²1Āµ = AĀµ + āĀµĪ1,
abbiamo infatti,
Aā²2Āµ = Aā²
1Āµ + āĀµĪ2 = AĀµ + āĀµ(Ī1 + Ī2).
Esploriamo allora la variazione della lagrangiana (4.11) sotto una generica trasformazione
di gauge Ī“AĀµ = Aā²Āµ ā AĀµ = āĀµĪ. Risulta,
Ī“L = āāĀµĪjĀµ = āāĀµ(ĪjĀµ) + Ī āĀµjĀµ ā¼= Ī āĀµj
Āµ,
112
dove abbiamo sfruttato il fatto che le lagrangiana sono definite modulo quadridivergenze.
Avremmo dunque trovato proprio il legame implicato dal teorema di Noether, ovvero che
lāinvarianza della lagrangiana implica la conservazione locale della carica,
Ī“L = 0 ā āĀµjĀµ = 0. (4.27)
Tuttavia, il nesso appena evidenziato non segue proprio le linee del teorema di Noether,
per come lāabbiamo illustrato nella sezione precedente. Il primo motivo e che il parametro
Ī(x) non e un parametro āglobaleā, ovvero costante, come invece previsto dal teorema
di Noether; dāaltra parte se Ī e costante la trasformazione di gauge si riduce banalmente
alla trasformazione identica. Il secondo motivo e che nella derivazione della (4.27) le
equazioni del moto dellāElettrodinamica non hanno giocato nessun ruolo, mentre il loro uso
era essenziale nella dimostrazione delle leggi di conservazione (4.25). Sappiamo, infatti,
che la corrente (2.6) e conservata identicamente, indipendentemente dalla validita delle
equazioni del moto.
Si intuisce che questa aāsimmetria esistente in Elettrodinamica classica tra il gruppo
di Poincare e il gruppo delle trasformazioni di gauge, e dovuta al fatto che le particelle
cariche in questo ambito vengono trattate come ādifettiā puntiformi: conseguentemente
la conservazione della carica totale ā in ultima analisi ā corrisponde semplicemente al
āconteggioā delle particelle contenute in un dato volume. Infatti, integrando la (2.40) su
un volume finito V si ottiene per la carica QV (t) contenuta allāistante t in V ,
QV (t) =
ā«
V
j0(t, ~x) d3x =ā
r
er
ā«
V
Ī“3(~xā ~yr(t)) d3x =ārāV
er,
dove la somma si estende a tutte le particelle che allāistante t si trovano in V .
Si puo, al contrario, vedere che quando anche le particelle cariche vengono rappresenta-
te da campi ā alla stessa stregua del campo elettromagnetico ā allora la conservazione della
carica elettrica segue esattamente lo schema āa la Noetherā, illustrato sopra per la con-
servazione di quadrimomento e momento angolare quadridimensionale. Questo succede,
per esempio, nellāambito della teoria quantistica relativistica di campo.
113
4.5 Problemi
4.1 Seguendo il procedimento della sezione 4.1 si deducano le equazioni di Lorentz (2.12),
imponendo la stazionarieta dellāazione (4.8) per variazioni generiche Ī“yĀµr delle coordinate,
purche nulle in ar e br.
4.2 Si deduca la forma della lagrangiana di un sistema di cariche non relativistiche
interagenti con un campo elettromagnetico esterno, eseguendo il limite non relativistico
dellāazione (4.7),
114
5 Onde elettromagnetiche
In questo capitolo avviamo la ricerca di soluzioni esatte dellāequazioni di Maxwell e lāanalisi
delle loro proprieta. La prima classe di soluzioni che analizzeremo e costituita dalle onde
piane elettromagnetiche, le quali costituiscono un particolare insieme completo di soluzioni
dellāequazione di Maxwell nel vuoto, cioe, in assenza di sorgenti,
jĀµ = 0.
La rilevanza fenomenologica di queste soluzioni e evidente. Basta pensare che lāenergia
fornita dal sole viaggia interamente a cavallo di onde elettromagnetiche, e che qualsiasi
tipo di segnale che si propaga sulla terra via āetereā e costituito da queste onde. Ricor-
diamo inoltre che la quasi totalita dellāinformazione che acquisiamo sullāuniverso arriva
sulla terra tramite segnali luminosi emessi da oggetti stellari, segnali costituiti da onde
elettromagnetiche che si propagano nello spazio vuoto su distanze molto grandi.
Lāuniverso stesso poi e pervaso dalla cosiddetta radiazione cosmica di fondo, con ottima
approssimazione isotropa ed omogenea, che e caratterizzata da uno spettro in frequenza
di corpo nero ad una temperatura di T = 2.73 oK. Questa radiazione e messaggera di
unāepoca primordiale in cui la materia era costituita prevalentemente da particelle cariche
dissociate, soggette in continuazione a urti di natura elettromagnetica. Dopo ālāultimo
scatteringā e la conseguente ricombinazione delle particelle cariche in molecole neutre, il
campo di radiazione prodotto in questi urti si e disaccoppiato dalle cariche e si manifesta
oggi come āradiazioneā di fondo ā apparentemente priva di sorgenti.
In questo capitolo studieremo le proprieta delle onde elettromagnetiche, in quanto
base completa di soluzioni dellāequazione di Maxwell nel vuoto. Nel prossimo capitolo ci
occuperemo invece delle soluzioni dellāequazione di Maxwell in presenza di sorgenti. In
particolare determineremo il campo elettromagnetico esatto creato da una quadricorrente
jĀµ arbitraria. Lontano dalle sorgenti questo campo soddisfa di nuovo lāequazione di Max-
well nel vuoto, ed in quella regione potra quindi essere analizzato a sua volta in termini
di onde elettromagnetiche.
Tuttavia, prima di poter affrontare questi argomenti dobbiamo capire qual e il conte-
nuto cinematico del campo elettromagnetico, ovverosia, quali sono le variabili indipendenti
115
che descrivono il suo stato in ogni istante. Detto in altre parole, dobbiamo individuare i
gradi di liberta fisici coinvolti nellāevoluzione temporale del campo elettromagnetico. Solo
allora saremo in grado di impostare correttamente il problema di Cauchy, cioe, di assegna-
re un insieme completo di dati iniziali, che attraverso lāequazione di Maxwell determinano
il valore del campo in ogni istante.
5.1 I gradi di liberta del campo elettromagnetico
Innanzitutto dobbiamo spiegare cosa intendiamo con āgrado di libertaā in una generica
teoria di campo. La definizione che ne daremo costituisce una generalizzazione del con-
cetto analogo in meccanica classica ā prototipo di un sistema lagrangiano a finiti gradi
di liberta. Prima di passare alla teoria di campo e allora utile ricordare brevemente il
significato di questo importante concetto in meccanica.
5.1.1 I gradi di liberta in meccanica newtoniana
In meccanica newtoniana il concetto di grado di liberta si riferisce al numero di variabili
lagrangiane necessarie per descrivere cinematicamente un sistema fisico. Per esempio,
una particella che si muove nello spazio tridimensionale e caratterizzata da tre gradi di
liberta, in quanto la sua posizione e specificata in ogni istante t dalle tre coordinate ~y(t).
Ma possiamo analizzare lo stesso sistema fisico anche da un altro punto vista, ponendoci
la domanda: quanti dati iniziali, diciamo a t = 0, dobbiamo assegnare per poter predire
la posizione della particella in ogni istante? La risposta ā sei e non tre ā e strettamente
legata alla dinamica della particella, vale a dire allāequazione di Newton,
md2~y
dt2= ~F ,
quale equazione differenziale del secondo ordine nel tempo, che richiede di assegnare sia
~y(0) che ~v(0). Potremmo porre il problema dinamico equivalentemente nella forma,
md~v
dt= ~F ,
d~y
dt= ~v,
che rappresenterebbe in effetti un sistema a sei gradi di liberta. Ci rendiamo cosı conto
che la convenzione comune āuna particella corrisponde a tre gradi di libertaā sottintende
116
in realta tre gradi di liberta del secondo ordine. Equivalentemente potremmo infatti dire
che una particella corrisponde a sei gradi di liberta del primo ordine. La preferenza
per la prima convenzione discende dal fatto che il determinismo newtoniano ā confermato
sperimentalmente in modo universale ā prevede in generale che una variabile fondamentale
e determinata in ogni istante, se a un dato istante si conoscono il suo valore e la sua
derivata prima.
Dāora in poi useremo il termine āgrado di libertaā ā sottintendendo ādel secondo
ordineā ā per una variabile la cui dinamica sia governata da unāequazione del moto che,
noti il suo valore e la sua derivata ad un dato istante, determina la variabile in ogni
istante.
5.1.2 I gradi di liberta in teoria di campo
In teoria di campo le variabili fondamentali sono i campi ā che da un punto di vista
meccanico corrispondono a un sistema a infiniti gradi di liberta. Mantenendo lāanalogia
con la meccanica, ma adattando la prospettiva, diamo allora la seguente definizione.
Definzione. Diremo che un campo Ļ(t, ~x) corrisponde a un grado di liberta (del secondo
ordine) se le equazioni del moto che governano la sua dinamica sono tali, che noti Ļ(0, ~x)
e ā0Ļ(0, ~x) in tutto lo spazio, esse determinano Ļ(t, ~x) per ogni t.
Come prototipo di unāequazione di questo tipo consideriamo lāequazione per un campo
scalare,
2 Ļ = P (Ļ), (5.1)
dove P (Ļ) e un polinomio in Ļ e,
2 ā” āĀµāĀµ = ā2
0 āā2,
e lāoperatore dāAlembertiano, completamento relativistico dellāoperatore Laplaciano tri-
dimensionale. Questa equazione e del secondo ordine nella derivata temporale e ci aspet-
tiamo quindi che essa assegni a Ļ un grado di liberta. Per convincerci che questo e
effettivamente il caso fissiamo i dati iniziali,
Ļ(0, ~x) e ā0Ļ(0, ~x),
117
e cerchiamo di determinare Ļ(t, ~x) imponendo la (5.1). Se assumiamo che la soluzione sia
una funzione analitica in t possiamo svilupparla in serie di Taylor,
Ļ(t, ~x) =āā
n=0
ān0 Ļ(0, ~x)
n!tn, (5.2)
e cercare di determinare i coefficienti usando la (5.1). I coefficienti con n = 0 e n = 1
sono fissati dai dati inizili. Il coefficiente con n = 2 si ottiene invece valutando la (5.1) in
t = 0,
ā20Ļ(0, ~x) = ā2Ļ(0, ~x) + P (Ļ(0, ~x)).
Derivando poi la (5.1) una volta rispetto al tempo e valutandola in t = 0 si ottiene il
coefficiente con n = 3,
ā30Ļ(0, ~x) = ā2ā0Ļ(0, ~x) + P ā²(Ļ(0, ~x)) ā0Ļ(0, ~x).
Derivando ripetutamente la (5.1) rispetto al tempo si ottengono cosı tutte le derivate
ān0 Ļ(0, ~x) in termini delle derivate spaziali dei dati iniziali Ļ(0, ~x) e ā0Ļ(0, ~x), e la solu-
zione e quindi univocamente determinata. E poi facile vedere che si giunge alla stessa
conclusione se P e un arbitrario polinomio in Ļ e āĀµĻ, e anche se il membro di destra
della (5.1) contiene un termine aggiuntivo noto j(x), indipendente da Ļ.
5.1.3 Il problema di Cauchy per lāequazione di Maxwell
Siamo ora in grado di affrontare il problema di Cauchy, ovverosia il problema alle condi-
zioni inziali, per lāequazione di Maxwell. In particolare vogliamo stabilire quanti e quali
sono i gradi di liberta associati alla propagazione del campo elettromagnetico. Se secondo
la nostra consueta strategia risolviamo lāidentita di Bianchi introducendo un potenziale
vettore AĀµ, allora il sistema di equazioni da risolvere schematicamente si scrive,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , F ĀµĪ½ ā” āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ, AĀµ ā AĀµ + āĀµĪ.
Condizioni asintotiche. Prima di affrontare la soluzione di questo sistema specifichia-
mo la classe di configurazioni del potenziale vettore e della corrente che consideriamo
āfisicamente accettabiliā. Assumeremo intanto che la corrente sia nota e ā ovviamente ā a
118
quadridivergenza nulla. Supporremo inoltre che per ogni t fissato essa sia a supporto spa-
ziale compatto, come succede per qualsiasi distribuzione di carica realizzabile in natura.
Richiederemo, cioe, che,
jĀµ(t, ~x) = 0, per |~x| > R, (5.3)
dove il raggio R in generale dipende da t. Corrispondentemente accetteremo come so-
luzioni āfisicheā dellāequazione di Maxwell solo quelle che per ogni t fissato allāinfinito
spaziale si annullano,
lim|~x|āā
AĀµ(t, ~x) = 0. (5.4)
Si puo, infatti, vedere che questa condizione discende essenzialmente dallāassunzione che
non ci siano cariche allāinfinito.
Nel caso particolare di un campo elettromagnetico nel vuoto, in realta non sembra
esserci nessun legame tra la condizione (5.4) e la posizione delle cariche ā semplicemente
perche le cariche sono assenti. Tuttavia, un ācampo nel vuotoā costituisce la schema-
tizzazione matematica di una situazione realizzabile fisicamente, in cui il campo e stato
generato da delle cariche ālontaneā in un āpassato lontanoā, e quindi anche in questo
caso allāinfinito esso sara zero. Facciamo comunque notare che la condizione (5.4) esclude
anche certe soluzioni idealizzate ā di per se non fisiche ā che vengono pero spesso uti-
lizzate in Elettrodinamica per semplificare le analisi svolte. Cosı essa esclude il campo
elettromagnetico costante e uniforme fĀµĪ½ , con potenziale vettore,
AĀµ(x) =1
2xĪ½f
Ī½Āµ, F ĀµĪ½(x) = fĀµĪ½ ,
i campi prodotti da fili e piani infiniti uniformemente carichi, e la stessa onda piana, in
quanto infinitamente estesa, vedi (5.61).
Esplicitiamo ora lāequazione di Maxwell in termini del potenziale vettore,
āĀµ (āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ) = 2AĪ½ ā āĪ½(āĀµAĀµ) = jĪ½ .
Per via della presenza delle derivate seconde rispetto al tempo ci si potrebbe aspettare
che questo sistema corrisponda a quattro gradi di liberta. Tuttavia, questa conclusione e
affrettata, per i seguenti due motivi.
119
Un vincolo. Il primo motivo e costituito dal fatto che ā come gia notato nel para-
grafo 2.2.3 ā le quattro componenti dellāequazione di Maxwell non sono funzionalmente
indipendenti. Definito,
GĪ½ ā” āĀµFĀµĪ½ ā jĪ½ = 2AĪ½ ā āĪ½(āĀµA
Āµ)ā jĪ½ , (5.5)
vale infatti identicamente,
āĪ½GĪ½ = 0 ā ā0G
0 = āāiGi. (5.6)
Cio significa che le quattro equazioni di Maxwell,
GĀµ = 0,
sono equivalenti al sistema,
Gi(t, ~x) = 0, ā t (5.7)
G0(0, ~x) = 0. (5.8)
Infatti, imposto Gi(t, ~x) = 0 ā t la (5.6) assicura che ā0G0(t, ~x) = 0, e quindi la funzione
G0(t, ~x) e indipendente dal tempo; e allora sufficiente imporre il suo annullamento allāi-
stante t = 0. La componento 0 dellāequazione di Maxwell si riduce quindi a un vincolo
sui dati iniziali, e non va considerata come una vera e propria equazione del moto.
Invarianza di gauge e gaugeāfixing. Il secondo motivo per cui il conteggio dei gradi
di liberta di cui sopra e errato e costituito dal fatto che il potenziale vettore e definito
solo modulo una trasformazione di gauge: i potenziali AĀµ e AĀµ + āĀµĪ corrispondono allo
stesso campo elettromagnetico F ĀµĪ½ , e sono quindi fisicamente equivalenti. Si rende allora
necessario selezionare tra tutti i potenziali vettore associati ad un dato F ĀµĪ½ , un unico
rappresentante, ovverosia, come si suol dire, attuare un āgaugeāfixingā su AĀµ. Evidente-
mente ci sono infiniti modi diversi di fissare la gauge, tutti fisicamente equivalenti. Noi
optiamo per la cosiddetta āgauge di Lorentzā, rappresentata dal vincolo,
āĀµAĀµ = 0, (5.9)
per il suo pregio di essere preservata sotto trasformazioni di Lorentz 19. La consistenza di
questa scelta deriva dal fatto che a partire da un potenziale vettore arbitrario e sempre
19Gaugeāfixing non covarianti usati talvolta sono la gauge di Coulomb ~ā Ā· ~A = 0, e la gauge assialeA0 = 0, oppure, piu in generale, nĀµAĀµ = 0, con nĀµ vettore costante.
120
possibile eseguire una trasformazione di gauge, tale che il nuovo potenziale vettore abbia
quadridivergenza nulla,
āĀµ(AĀµ + āĀµĪ) = 0.
E infatti sufficiente scegliere Ī tale che,
2Ī = āāĀµAĀµ,
equazione che, come visto nel paragrafo precedente, ammette in effetti infinite soluzioni.
Con il gaugeāfixing (5.9) lāequazione di Maxwell (5.5) si semplifica e diventa,
GĀµ = 2AĀµ ā jĀµ = 0.
Useremo questa forma per le componenti spaziali Gi dellāequazione mentre, per quello che
segue, per la componente G0 e piu conveniente usare lāespressione originale (5.5),
G0 = 2A0 ā ā0(ā0A0 + āiA
i)ā j0 = āā2A0 ā āi(ā0Ai)ā j0 = 0. (5.10)
Si noti che questa equazione non contiene la derivata seconda rispetto al tempo: come an-
ticipato sopra, essa va infatti interpretata come un vincolo, piuttosto che come equazione
dinamica.
Invarianza di gauge residua. Resta a questo punto la domanda se la gauge di Lorentz
e completa, cioe, se essa fissa il potenziale vettore univocamente. La risposta e negativa
perche, assumendo che valga āĀµAĀµ = 0 e volendo restare nella classe di potenziali che
soddisfano questa condizione, possiamo ancora eseguire trasformazioni di gauge AĀµ āAĀµ + āĀµĪ, a patto che,
āĀµ(AĀµ + āĀµĪ) = 0 ā 2Ī = 0.
Sussiste, cioe, lāinvarianza di gauge āresiduaā,
AĀµ ā AĀµ + āĀµĪ, 2Ī = 0. (5.11)
Anche il gaugeāfixing dellāinvarianza residua puo essere eseguito in infiniti modi equiva-
lenti. Noi optiamo per le condizioni,
A3(0, ~x) = 0 = ā0A3(0, ~x), (5.12)
121
che si possono in effetti imporre eseguendo una trasformazione di gauge residua. Per
farlo vedere ricordiamo dal paragrafo precedente che la soluzione dellāequazione 2Ī = 0
e completamente determinata dalle ācondizioni inizialiā,
Ī(0, ~x) ā” Ī¦1(~x), ā0Ī(0, ~x) ā” Ī¦2(~x).
Per una trasformazione di gauge abbiamo,
Aā²3 = A3 + ā3Ī, (5.13)
ed e facile vedere che esistono dei campi Ī¦1 e Ī¦2 tali che,
Aā²3(0, ~x) = A3(0, ~x) + ā3Ī(0, ~x) = A3(0, ~x) + ā3Ī¦1(~x) = 0, (5.14)
ā0Aā²3(0, ~x) = ā0A
3(0, ~x) + ā3ā0Ī(0, ~x) = ā0A3(0, ~x) + ā3Ī¦2(~x) = 0. (5.15)
Infatti, e sufficiente scegliere per Ī¦1 e Ī¦2 delle primitive rispetto alla variabile x3, rispet-
tivamente di āA3(0, ~x) e āā0A3(0, ~x). Per il potenziale trasformato le (5.14) e (5.15)
equivalgono allora effettivamente alle (5.12).
In conclusione, tenendo conto delle condizioni di gaugeāfixing (5.9) e (5.12) ci siamo
ricondotti al seguente sistema di equazioni,
2Ai = ji, (5.16)
ā2A0 = āāi(ā0Ai)ā j0, per t = 0, (5.17)
āĀµAĀµ = 0, (5.18)
A3(0, ~x) = 0 = ā0A3(0, ~x). (5.19)
Facciamo ora vedere che questo sistema ammette in effetti soluzione unica per AĀµ(t, ~x),
una volta assegnate le condizioni iniziali āfisicheā,
A1(0, ~x), ā0A1(0, ~x), A2(0, ~x), ā0A
2(0, ~x). (5.20)
Intanto osserviamo che con queste condizioni iniziali e con le (5.19), le tre equazioni (5.16)
determinano Ai(t, ~x) per ogni t. Noti i campi Ai, la (5.17) determina allora univocamente
A0(0, ~x), perche nello spazio delle funzioni che svaniscono allāinfinito il Laplaciano tridi-
mensionale ammette inverso unico, vedi sezione 6.1. Noti A0(0, ~x) e i campi Ai(t, ~x), la
122
(5.18) determina infine A0(t, ~x) per ogni t,
A0(t, ~x) = A0(0, ~x)āā« t
0
~ā Ā· ~A(tā², ~x) dtā².
In conclusione, una volta assegnate le quattro condizioni iniziali fisiche (5.20), lāequa-
zione di Maxwell determina i campi AĀµ(t, ~x) in modo univoco. Con la procedura scelta
da noi i campi āfisiciā sono risultati A1 e A2, ma e chiaro che una scelta diversa del
gaugeāfixing portera ad assegnazioni diverse. Quello che restera pero invariato e il nu-
mero di condizioni iniziali ā quattro ā che si possono imporre arbitrariamente. Resta
poi il problema, solo tecnico, di come si deducono i dati (5.20) a partire dai dati iniziali
osservabili sperimentalmente, che sono i campi elettrico e magnetico allāistante iniziale.
Difatti, noti ~E(0, ~x) e ~B(0, ~x) e imposti i gaugeāfixing (5.18) e (5.19), la determinazione
dei dati iniziali (5.20) e un semplice esercizio, lasciato al lettore.
I due gradi di liberta del campo elettromagnetico. Dai dati indipendenti (5.20) vedia-
mo infine che il campo elettromagnetico corrisponde a due gradi di liberta, come anticipato
nel paragrafo 2.2.3, e non a quattro. Dalla nostra trattazione si desume in particolare
che il meccanismo che elimina da AĀµ due gradi di liberta e essenzialmente il seguente: un
grado di liberta viene assorbito dallāinvarianza di gauge e lāaltro dallāinvarianza di gauge
residua, in concomitanza con il fatto che una delle quattro equazioni di Maxwell in realta
e un vincolo. Aggiungiamo, tuttavia, che 1) quali siano le componenti di AĀµ che appaiono
come fisiche, dipende dalla scelta del gaugeāfixing, e che 2) sotto una trasformazione di
Lorentz queste componenti non restano invariate. Infatti, mentre la gauge di Lorentz
(5.9) e invariante sotto trasformazioni di Lorentz, le condizioni (5.12) non lo sono. E im-
portante notare che questa circostanza non viola affatto lāinvarianza relativistica, perche,
come abbiamo visto, in qualsiasi sistema di riferimento le condizioni (5.12) possono essere
ripristinate eseguendo unāopportuna trasformazione di gauge.
Il fatto che i gradi di liberta fisici del campo elettromagnetico sono due ha varie con-
seguenze importanti: a livello classico esso implica, come vedremo tra poco, che le onde
elettromagnetiche sono caratterizzate da due vettori di polarizzazione indipendenti, men-
tre a livello quantistico esso comporta che i fotoni esistono in due stati di polarizzazione
indipendenti, contrassegnati da āelicitaā opposte.
123
5.2 Lāequazione delle onde
Consideriamo un campo scalare reale con lagrangiana,
L =1
2āĀµĻāĀµĻ. (5.21)
Lāequazione di EuleroāLagrange associata a questa lagrangiana viene chiamata equazione
delle onde, o anche equazione di dāAlembert,
āĀµāL
ā(āĀµĻ)ā āL
āĻ= āĀµā
ĀµĻ = 2Ļ = 0. (5.22)
Essa riveste un ruolo importante in Fisica e in particolar modo in Elettrodinamica, motivo
per cui ora analizzeremo in dettaglio la sua soluzione generale. In particolare vedremo che
la ricerca delle soluzioni dellāequazione di Maxwell nel vuoto sara molto facilitata dalla
conoscenza della soluzione generale della (5.22). In analogia con le condizioni asintotiche
(5.4) considereremo solo soluzioni che soddisfano,
lim|~x|āā
Ļ(t, ~x) = 0. (5.23)
Se assumiamo che eventuali singolarita di Ļ(x) siano di tipo distribuzionali, vale a dire
se assumiamo che Ļ sia un elemento di S ā²(R4), un metodo potente per risolvere lāequazione
delle onde e fornito dalla trasformata di Fourier, che costituisce appunto una biiezione di
S ā² in se stesso. Ricordiamo che in notazione simbolica questa trasformata e definita da,
Ļ(k) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāikĀ·xĻ(x), Ļ(x) =
1
(2Ļ)2
ā«d4k eikĀ·xĻ(k), (5.24)
dove abbiamo introdotto la variabile duale k ā” kĀµ e definito k Ā· x = kĀµxĀµĪ·ĀµĪ½ . Tra le
proprieta della trasformata di Fourier ci serviranno le seguenti, vedi paragrafo 2.3.2.
1) Se il campo Ļ e reale, come da noi sottinteso, allora la trasformata soddisfa,
Ļ ā(k) = Ļ(āk). (5.25)
Per vederlo e sufficiente prendere il complesso coniugato della prima relazione in (5.24),
e sfruttare il fatto che Ļā(x) = Ļ(x).
2) Se Ļ(x) e un campo scalare sotto trasformazioni di Lorentz, e se assegniamo a kĀµ
carattere vettoriale,
kā²Āµ = ĪĀµĪ½k
Ī½ ,
124
allora anche la trasformata Ļ(k) e un campo scalare,
Ļā²(kā²) = Ļ(k).
Per la dimostrazione e sufficiente usare le relazioni kā² Ā· xā² = k Ā· x, e d4xā² = d4x.
3) Per la trasformata delle derivate di Ļ abbiamo,
[P (āĀµ)Ļ](k) = P (ikĀµ)Ļ(k),
dove P (āĀµ) e un qualsiasi polinomio nelle derivate parziali āĀµ.
Usando la proprieta 3) e immediato eseguire la trasformata di Fourier dellāequazione
delle onde, e si ottiene,
k2Ļ(k) = 0, (5.26)
dove,
k2 = kĀµkĀµ = (k0)2 ā |~k|2.
In seguito useremo anche,
Ļ ā” |~k|,
per indicare la āfrequenzaā. Vediamo che la trasformata di Fourier ha mutato lāequazio-
ne differenziale (5.22) in unāequazione algebrica, facilmente risolubile nello spazio delle
distribuzioni. Dalla (5.26) si vede in particolare che Ļ(k) ha come supporto il cono luce,
k0 = Ā±|~k|,
ed e quindi chiaro che essa non puo essere una āfunzioneā ordinaria. In realta le soluzioni
di questa equazione cadono in due categorie, che ora analizzeremo separatamente.
Soluzioni di tipo I. Analizziamo innanzitutto le soluzioni in una regione del cono luce
che non contenga lāorigine, cioe, per ~k 6= 0. Per ~k fissato e allora conveniente considerare
le Ļ(k) come distribuzioni nella sola variabile k0, perche in questo modo le soluzioni della
(5.26) possono essere derivate direttamente dalla soluzione del problema 2.3. E infatti
sufficiente eseguire in questo problema le sostituzioni,
xā k0, aā Ļ, x2 ā a2 ā (k0)2 ā Ļ2 = k2, f(x)ā f(k),
125
con f(k) generica funzione complessa di kĀµ, per ottenere le soluzioni della (5.26),
ĻI(k) = Ī“(k2)f(k). (5.27)
Ricordando che Ļ(x) e reale la (5.25) impone poi,
f ā(k) = f(āk). (5.28)
Inoltre, dato che Ī“(k2) e Lorentzāinvariante e Ļ(k) e campo scalare, anche la funzione
f(k) e dunque uno scalare per trasformazioni di Lorentz. Usando le proprieta della Ī“ di
Dirac possiamo allora esplicitare le soluzioni (5.27) come segue,
ĻI(k) =1
2Ļ
(Ī“(k0 ā Ļ) + Ī“(k0 + Ļ)
)f(k0, ~k)
=1
2Ļ
(Ī“(k0 ā Ļ)f(Ļ,~k) + Ī“(k0 + Ļ)f(āĻ,~k)
)
=1
2Ļ
(Ī“(k0 ā Ļ) Īµ(~k) + Ī“(k0 + Ļ) Īµā(ā~k)
), (5.29)
dove nellāultimo passaggio abbiamo definito la funzione complessa di tre variabili,
Īµ(~k) ā” f(Ļ,~k),
e sfruttato la (5.28).
Soluzioni di tipo II. Il problema 2.3 e ben posto solo se a 6= 0, ovvero Ļ 6= 0, che
esclude dal cono luce lāorigine quadridimensionale kĀµ = 0. Potrebbero dunque esistere
ulteriori soluzioni della (5.26), supportate nel punto kĀµ = 0. Per il teorema sulle distribu-
zioni supportate in un punto, vedi paragrafo 2.3.2, sappiamo allora che queste soluzioni
sarebbero necessariamente combinazioni lineari finite della Ī“4(k) e delle sue derivate,
ĻII(k) =Nā
n=1
CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn āĀµ1 Ā· Ā· Ā· āĀµnĪ“4(k), (5.30)
dove i CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn sono arbitrari tensori costanti completamente simmetrici. Antitrasformando
questa espressione nello spazio delle configurazioni e tenendo conto che la trasformata della
Ī“4 vale 1/(2Ļ)4 si ottiene,
ĻII(x) =1
(2Ļ)4
Nān=1
(āi)n CĀµ1Ā·Ā·Ā·ĀµnxĀµ1 Ā· Ā· Ā· xĀµn . (5.31)
126
Inserendo questa espressione nella (5.22) e facile vedere che lāequazione di dāAlembert e
soddisfatta, se e solo se i tensori simmetrici C sono anche a traccia nulla,
CĪ½Ī½Āµ3Ā·Ā·Ā·Āµn = 0. (5.32)
Ed e altrettanto immediato vedere che queste condizioni ammettono infinite soluzioni. Per
esempio, nel caso n = 2, che corrisponde a un polinomio del secondo ordine, la soluzione
generale della (5.32) e data da,
CĀµĪ½ = HĀµĪ½ ā 1
4Ī·ĀµĪ½HĻ
Ļ,
dove HĀµĪ½ e unāarbitraria matrice simmetrica costante. Concludiamo quindi che esiste una
seconda classe di soluzioni, rappresentate dalla (5.31), che sono polinomi in xĀµ. Tuttavia,
come tali non svaniscono allāinfinito spaziale, e quindi non le ammettiamo come soluzioni
fisiche.
Ritorniamo allora alle soluzioni di tipo I (5.29), antitrasformandole nello spazio delle
coordinate secondo la (5.24). Integrando la Ī“ di Dirac in k0 e eseguendo nellāintegrale
che coinvolge Īµā(ā~k) il cambiamento di variabili ~k ā ā~k, si ottiene la soluzione generale
dellāequazione delle onde,
Ļ(x) =1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
ā«dk0 ei(k0x0ā~kĀ·~x)
(Ī“(k0 ā Ļ) Īµ(~k) + Ī“(k0 + Ļ) Īµā(ā~k)
),
=1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(eikĀ·x Īµ(~k) + c.c.
). (5.33)
Sottolineiamo il fatto che nellāespressione finale (5.33) la componente k0 nellāesponenziale
e definita da k0 = +Ļ, e che k2 = 0. Vediamo quindi che la soluzione generale e identificata
da due funzioni reali di tre variabili,
Īµ(~k) = Īµ1(~k) + i Īµ2(~k),
in accordo con il fatto che un campo scalare che soddisfa lāequazione delle onde corrisponde
a un grado di liberta. Difatti non e difficile determinare Īµ1(~k) e Īµ2(~k) in termini dei dati
iniziali Ļ(~x, 0) e ā0Ļ(~x, 0), e viceversa, vedi il prossimo paragrafo.
Onde elementari. Vediamo che la soluzione generale (5.33) dellāequazione delle onde
puo essere riguardata come una sovrapposizione di infinite āonde elementariā di vettore
127
dāonda ~k fissato,
Ļel(x) = Īµ(~k) eikĀ·x + c.c., k0 = Ļ. (5.34)
Esaminiamo ora le principali proprieta di queste onde.
a) Le Ļel sono onde piane, i cui piani delle fasi sono ortogonali a ~k. Per t fissato su un
piano delle fasi la funzione Ļel(x) assume lo stesso valore.
b) Le Ļel sono onde che si propagano con la velocita della luce nella direzione di ~k. Se
scegliamo ~x//~k abbiamo infatti: kĀµxĀµ = Ļ tā ~k Ā· ~x = Ļ(tā |~x|).
c) Le Ļel sono onde monocromatiche di frequenza Ļ, periodo T = 2Ļ/Ļ e lunghezza dāonda
Ī» = 2Ļc/Ļ, fissati.
d) Le Ļel sono onde scalari nel senso che il ātensore di polarizzazioneā Īµ, che ne identifica
lāintensita, e uno scalare sotto trasformazioni di Lorentz.
e) Contenuto in energia. Dalla lagrangiana (5.21) e immediato ottenere il tensore energiaā
impulso del campo, vedi problema 3.4,
T ĀµĪ½ = āĀµĻāĪ½Ļā 1
2Ī·ĀµĪ½āĪ±ĻāĪ±Ļ. (5.35)
Per valutarlo determiniamo le derivate dellāonda elementare,
āĀµĻel(x) = i kĀµ Īµ(~k) eikĀ·x + c.c.
e introduciamo il āvettoreā di tipo nullo,
nĀµ ā” kĀµ
Ļ, n0 = 1, ~n =
~k
Ļ, n2 = nĀµn
Āµ = 0, (5.36)
dove ~n e il versore tridimensionale che indica la direzione di propagazione dellāonda. Allora
possiamo scrivere in modo compatto,
āĀµĻel = nĀµĻel,
e ne segue che āĪ±ĻelāĪ±Ļel = 0. Usando queste relazioni nella (5.35) e inserendo la (5.34)
si ottiene,
T ĀµĪ½ = nĀµnĪ½Ļ2el = nĀµnĪ½Ļ2
(2|Īµ|2 ā Īµ2e2ikĀ·x ā Īµā2eāi2kĀ·x) . (5.37)
Mediando il tensore energiaāimpulso su scale temporali grandi rispetto al periodo e su
scale spaziali grandi rispetto alla lunghezza dāonda, gli esponenziali si mediano a zero e
128
si ottiene,
ćT ĀµĪ½ć = 2 kĀµkĪ½ |Īµ|2.
Vediamo che la densita di energia dellāonda vale in media ćT 00ć = 2 Ļ2|Īµ|2, mentre il
flusso di energia vale ćT 0ić = 2 Ļ2|Īµ|2ni ed e diretto lungo la direzione di propagazione
dellāonda. Considerando infine un volume V piccolo, ma grande rispetto alla lunghezza
dāonda, possiamo determinare il quadrimomento P Āµ ivi contenuto. Otteniamo,
P 0 = ćT 00ćV = 2 Ļ2|Īµ|2 V, P i = ćT 0ićV = 2 Ļ2|Īµ|2 V ni.
La massa della āparticellaā corrispondente a questo volume risulta allora essere uguale a
zero in quanto,
M2 = P ĀµPĀµ =(2 Ļ2|Īµ|2 V
)2 (1ā |~n|2) = 0.
Questo risultato e in accordo con il fatto che in teoria quantistica di campo la particella
associata a un campo scalare soddisfacente lāequazione delle onde (5.22), e in effetti una
particella (neutra e di spin zero) priva di massa.
5.2.1 Il problema alle condizioni iniziali
Affrontiamo infine il problema alle condizioni iniziali. Vogliamo, cioe, trovare la forma
esplicita della soluzione dellāequazione delle onde, fissati i dati iniziali,
Ļ(0, ~x) ā” f(~x),
ā0Ļ(0, ~x) ā” g(~x).
Si tratta dunque di determinare la funzione complessa Īµ(~k) della (5.33), in termini del-
le due funzioni reali f e g. A questo scopo e conveniente sviluppare queste ultime in
trasformata di Fourier,
f(~x) =1
(2Ļ)3/2
ā«d3k eāi~kĀ·~x f(~k), g(~x) =
1
(2Ļ)3/2
ā«d3k eāi~kĀ·~x g(~k), (5.38)
e valutare la (5.33) e la sua derivata temporale a t = 0,
f(~x) = Ļ(0, ~x) =1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(eāi~kĀ·~x Īµ(~k) + c.c.
),
g(~x) = ā0Ļ(0, ~x) =1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(i Ļ eāi~kĀ·~x Īµ(~k) + c.c.
). (5.39)
129
Confrontando con le (5.38) e antitrasformando si trova,
f(~k) =1ā2Ļ
1
2Ļ
(Īµ(~k) + Īµā(ā~k)
),
g(~k) =1ā2Ļ
i
2
(Īµ(~k)ā Īµā(ā~k)
),
e quindi,
Īµ(~k) =ā
(2Ļ)(Ļf(~k)ā i g(~k)
).
Sostituendo questa espressione nella (5.33) si ottiene,
Ļ(x) =1
(2Ļ)3/2
ā«d3k
2Ļ
[eikĀ·x
(Ļf(~k)ā ig(~k)
)+ c.c.
]. (5.40)
Infine possiamo invertire le trasformate (5.38) per riesprimere f e g in termini di f e g.
Sostituendo le espressioni che ne risultano nella (5.40) si trova infine la formula cercata,
vedi problema 5.1,
Ļ(t, ~x) =
ā«d3y [D(t, ~xā ~y) ā0Ļ(0, ~y) + ā0D(t, ~xā ~y) Ļ(0, ~y)] , (5.41)
dove il ākernel antisimmetricoā D e dato da,
D(t, ~x) =1
(2Ļ)3
ā«d3k
2 Ļ i
(eikĀ·x ā eāikĀ·x) =
1
(2Ļ)3
ā«d3k
sen(Ļt)
Ļei~kĀ·~x. (5.42)
La trasformata di Fourier tridimensionale che compare in questa espressione e da inten-
dersi nel senso delle distribuzioni. Eseguendola esplicitamente si trova, vedi problema
5.1,
D(t, ~x) =1
4Ļr(Ī“(tā r)ā Ī“(t + r)) =
1
2ĻĪµ(t) Ī“(x2), (5.43)
dove Īµ(Ā·) indica la funzione āsegnoā e r = |~x|. Dalle espressioni scritte sopra si deduce
facilmente che questo kernel gode delle seguenti proprieta,
2D = 0, (5.44)
D(0, ~x) = 0, (5.45)
ā0D(0, ~x) = Ī“3(~x). (5.46)
Usando queste proprieta e poi immediato verificare esplicitamente che la (5.41) soddisfa
lāequazione delle onde (5.22), con le corrette condizioni iniziali. Per quanto riguarda
130
Ļ(0, ~x) questo discende direttamente dalle (5.45), (5.46), mentre per quanto riguarda
ā0Ļ(0, ~x), derivando la (5.41) rispetto al tempo e ponendo t = 0 si ottiene,
ā0Ļ(0, ~x) =
ā«d3y
[ā0D(0, ~xā ~y) ā0Ļ(0, ~y) + ā2
0D(0, ~xā ~y) Ļ(0, ~y)].
Il primo integrale si riduce a ā0Ļ(0, ~x) grazie alla (5.46), mentre il secondo si annulla
perche la (5.44) valutata in t = 0 da,
ā20D(0, ~x) = ā2D(0, ~x) = 0,
grazie alla (5.45). Torneremo sul significato fisico del kernel D, e le conseguenti proprieta
della soluzione (5.41), nella prossima sezione.
5.3 Soluzioni dellāequazione di Maxwell nel vuoto
In questa sezione determineremo la soluzione generale dellāequazione di Maxwell in assenza
di sorgenti,
āĀµFĀµĪ½ = 0, F ĀµĪ½ ā” āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ, AĀµ ā AĀµ + āĀµĪ. (5.47)
Un campo elettromagnetico che soddisfa questa equazione viene chiamato ācampo liberoā,
oppure ācampo di radiazioneā. Stiamo quindi cercando la forma di un generico campo
di radiazione. Siccome il sistema di equazioni in questione e lineare nei campi, la tecnica
di soluzione piu appropriata e ancora quella della trasformata di Fourier. Ricordiamo
infatti che, in base allāanalisi svolta nella sezione 2.3, consideriamo sia F ĀµĪ½ che AĀµ come
distribuzioni temperate.
Per affrontare la soluzione del sistema (5.47) dobbiamo innanzitutto decidere il tipo di
gaugeāfixing che vogliamo adottare. Come esemplificato nel paragrafo 5.1.3, ci conviene
scegliere la gauge di Lorentz,
āĀµAĀµ = 0,
per via della sua covarianza a vista, mentre ci riserviamo di fissare la gauge residua in
un secondo momento. Secondo lāanalisi svolta nel paragrafo 5.1.3, particolarizzata al caso
jĀµ = 0, dobbiamo allora risolvere il seguente sistema,
2AĀµ = 0, (5.48)
131
āĀµAĀµ = 0, (5.49)
AĀµ ā AĀµ + āĀµĪ, 2Ī = 0. (5.50)
La trasformata di Fourier del potenziale vettore e definita in modo standard,
AĀµ(k) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāikĀ·xAĀµ(x),
e analogamente quella Ī(k) del campo Ī(x). Lāunica differenza sostanziale tra AĀµ(k) e
la trasformata di Fourier del campo scalare Ļ(k), e che sotto trasformazioni di Lorentz
AĀµ(k) trasforma come un campo vettoriale, vedi problema 5.2,
Aā²Āµ(kā²) = ĪĀµĪ½A
Ī½(k).
Il sistema di equazioni differenziali (5.48)ā(5.50) muta allora nuovamente in un sistema
algebrico,
k2AĀµ(k) = 0, (5.51)
kĀµAĀµ(k) = 0, (5.52)
AĀµ(k) ā AĀµ(k) + i kĀµ Ī(k), k2 Ī(k) = 0. (5.53)
La soluzione generale della (5.51) si ottiene come nel caso delle onde scalari, vedi (5.27)
e (5.29), con lāunica differenza che la funzione āpesoā ora e un quadrivettore fĀµ(k),
AĀµ(k) = Ī“(k2)fĀµ(k) =1
2Ļ
(Ī“(k0 ā Ļ) ĪµĀµ(~k) + Ī“(k0 + Ļ) ĪµāĀµ(ā~k)
), (5.54)
dove abbiamo posto,
ĪµĀµ(~k) ā” fĀµ(Ļ,~k), Ļ = |~k|.
Cosı come nel caso delle onde scalari Īµ(~k) era un quadriscalare cosı ora ĪµĀµ(~k) e un quadri-
vettore, che viene chiamato āvettore di polarizzazioneā. A questo punto la (5.52) impone
su questo vettore la condizione di ātrasversalitaā,
kĀµĪµĀµ = 0, con k0 = Ļ. (5.55)
Analogamente, risolvendo lāequazione (5.53) per Ī si ottiene,
Ī(k) =1
2Ļi
(Ī“(k0 ā Ļ)Ī»(~k)ā Ī“(k0 + Ļ)Ī»ā(ā~k)
).
132
La (5.53) asserisce allora che i vettori di polarizzazione, oltre a essere soggetti al vincolo
(5.55), sono definiti modulo la trasformazione di gauge residua,
ĪµĀµ(~k) ā ĪµĀµ(~k) + kĀµĪ»(~k). (5.56)
Si noti che questa trasformazione preserva la gauge di Lorentz (5.55), in quanto grazie a
k2 = 0 si ha,
kĀµ(ĪµĀµ + kĀµĪ») = 0.
Si evince cosı che delle quattro componenti del vettore di polarizzazione solo due hanno
rilevanza fisica: una componente viene eliminata dalla condizione (5.55), e unāaltra dalla
gauge residua (5.56). Scegliendo per esempio nella (5.56),
Ī» = āĪµ0
Ļ,
possiamo annullare Īµ0, e la (5.55) si riduce allora a,
~k Ā· ~Īµ = 0,
che impone lāannullamento della componente di ~Īµ lungo la direzione di ~k. Riconfermiamo
cosı il fatto che il campo elettromagnetico propaga due gradi di liberta fisici.
Antitrasformando la (5.54) si trova infine il potenziale vettore nello spazio delle coor-
dinate,
AĀµ(x) =1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(eikĀ·xĪµĀµ(~k) + c.c.
), (5.57)
e per il campo elettromagnetico si ottiene allora,
F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ =1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(i eikĀ·x [kĀµĪµĪ½ ā kĪ½ĪµĀµ] + c.c.
). (5.58)
Introducendo per la variabile di integrazione ~k coordinate polari, ~k ā (Ļ, Ļ, Ļ), d3k =
Ļ2 dĻ dĪ©, si puo anche scrivere,
F ĀµĪ½(t, ~x) =i
2(2Ļ)2
ā« ā
0
dĻ eiĻtĻ
ā«dĪ©
(eāi~kĀ·~x [kĀµĪµĪ½ ā kĪ½ĪµĀµ]
)+ c.c. (5.59)
Riconosciamo in particolare che questa espressione puo essere posta nella forma,
F ĀµĪ½(t, ~x) =1ā2Ļ
ā« ā
āādĻ eiĻtF ĀµĪ½(Ļ, ~x), F āĀµĪ½(Ļ, ~x) = F ĀµĪ½(āĻ, ~x). (5.60)
133
Vediamo cosı che la trasformata di Fourier di F ĀµĪ½ nella sola variabile t, ovvero la quantita
F ĀµĪ½(Ļ, ~x), rappresenta il peso relativo con cui ogni frequenza Ļ compare nella sovrappo-
sizione di onde piane, di cui e composto il campo elettromagnetico nel vuoto. Questo
risultato verra utilizzato quando analizzeremo il contenuto energetico della radiazione
āfrequenza per frequenzaā, cioe, quando eseguiremo la sua analisi spettrale, vedi capitolo
10.
5.3.1 Proprieta delle onde elettromagnetiche elementari
Dalla soluzione generale (5.57) dellāequazione di Maxwell nel vuoto vediamo che il generico
potenziale vettore risulta sovrapposizione di onde elementari, con vettore dāonda ~k fissato,
AĀµel(x) = ĪµĀµ eikĀ·x + c.c., k0 = Ļ, kĀµĪµ
Āµ = 0, ĪµĀµ ā ĪµĀµ + kĀµĪ». (5.61)
Dalla sezione 5.2 sappiamo gia che queste onde sono piane, moncocromatiche, e che viag-
giano con la velocita della luce. Ma queste onde non sono scalari, perche il tensore di
polarizzazione ĪµĀµ e ora un vettore.
Le relazioni delle onde. Per derivare le caratteristiche addizionali derivanti dalla na-
turale tensoriale di queste onde, vedi le proprieta 1) ā 4) elencate sotto, e conveniente
trovare unāopportuna forma per le derivate di AĀµel. Per non appesantire la notazione dāora
in poi indicheremo questo potenziale vettore semplicemente con AĀµ. Derivando la (5.61)
risulta allora,
āĀµAĪ½ = ikĀµ ĪµĪ½ eikĀ·x + c.c. (5.62)
Seguendo la notazione della sezione 5.2, vedi (5.36),
nĀµ ā” kĀµ
Ļ, n0 = 1, ~n =
~k
Ļ, n2 = nĀµn
Āµ = 0,
dalle (5.61) e (5.62) seguono cosı facilmente le ārelazioni delle ondeā,
āĀµAĪ½ = nĀµA
Ī½ , nĀµAĀµ = 0, nĀµnĀµ = 0. (5.63)
Queste relazioni investono un ruolo importante perche, come vedremo piu avanti, non
valgono solo per le onde piane, ma anche per un generico campo elettromagnetico nella
cosiddetta āzona delle ondeā, ovvero a grandi distanze dalle sorgenti. La dimostrazione
134
delle proprieta 1), 2) e 4) si basera infatti su queste relazioni, e non sulle formule esplicite
(5.61): queste proprieta varranno quindi anche per un generico campo nella zona delle
onde ā circostanza che sfrutteremo pesantemente quando studieremo il fenomeno dellāir-
raggiamento da parte di cariche accelerate, vedi capitolo 7.
1) Onde trasverse. Le onde elettromagnetiche sono polarizzate trasversalmente, vale a
dire,
~n Ā· ~E = 0 = ~n Ā· ~B. (5.64)
I campi elettrico e campo magnetico sono quindi sempre ortogonali alla direzione di pro-
pagazione. Per far vedere questo determiniamo il campo elettromagnetico usando le
(5.63),
F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ = nĀµAĪ½ ā nĪ½AĀµ. (5.65)
Quindi,
Ei = F i0 = niA0 ā Ai = ni(nkAk)ā Ai (5.66)
Bi = ā1
2ĪµijkF jk = āĪµijk nj Ak, (5.67)
dove abbiamo usato che,
nĀµAĀµ = 0 ā A0 = nkAk. (5.68)
Le condizioni di trasversalita (5.64) seguono allora immediatamente dalle (5.66), (5.67).
2) Relazione tra ~E e ~B. Le onde elettromagnetiche sono tali che,
| ~E| = | ~B|, ~E Ā· ~B = 0. (5.69)
Per fare vedere questo e sufficiente ricordare la forma degli invarianti quadratici,
ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“FĪ±Ī²FĪ³Ī“ = ā8 ~E Ā· ~B, F Ī±Ī²FĪ±Ī² = 2 (B2 ā E2).
Inserendo la (5.65) si trova che entrambi gli invarianti sono nulli ā il primo per lāantisim-
metria del tensore di LeviāCivita, e il secondo per le (5.63) ā e seguono le (5.69). Possiamo
riassumere le proprieta 1) e 2) nelle formule,
~B = ~nĆ ~E, ~n Ā· ~E = 0. (5.70)
135
3) Due stati di polarizzazione fisici. Per ogni ~k fissato esistono due stati di polarizzazione
fisici indipendenti. Abbiamo gia accennato a questo fatto nel paragrafo precedente, quı lo
illustriamo da un altro punto di vista. Per concretezza scegliamo come asse z la direzione
di propagazione dellāonda, sicche,
kĀµ = (Ļ, 0, 0, Ļ).
La condizione kĀµĪµĀµ = 0 pone allora ĪµĀµ = (Īµ0, Īµ1, Īµ2, Īµ0). Questo vettore di polarizzazione
puo essere considerato come sovrapposizione dello stato ālongitudinaleā non fisico,
ĪµĀµl = (Īµ0, 0, 0, Īµ0),
e dei due stati di polarizzazione ātrasversiā fisici,
ĪµĀµt = (0, Īµ1, Īµ2, 0).
Questa terminologia e giustificata dal fatto che lo stato longitudinale puo essere eliminato
con una trasformazione di gauge residua,
ĪµĀµ ā Īµā²Āµ = ĪµĀµ + Ī» kĀµ = (Īµ0 + Ī»Ļ, Īµ1, Īµ2, Īµ0 + Ī»Ļ),
scegliendo Ī» = āĪµ0/Ļ, mentre gli stati trasversi sono gauge invarianti e quindi osservabili.
Vedremo che in pratica non sara quasi mai necessario usare lāinvarianza di gauge residua
per eliminare lo stato longitudinale dal potenziale vettore ā operazione che violerebbe
lāinvarianza di Lorentz manifesta. Al contrario, la presenza formale dello stato longitudi-
nale puo essere usata in molti casi per controllare la correttezza dei calcoli che si stanno
svolgendo: infatti, tutti le quantita osservabili non devono risentire della presenza dello
stato longitudinale. Dal punto di vista matematico questa richiesta si traduce nel fatto
che le grandezze osservabili devono essere invarianti sotto trasformazioni di gauge residue.
A titolo di esempio consideriamo i campi elettrico e magnetico dati in (5.66), (5.67),
che certamente costitituiscono delle grandezze osservabili. Dalle (5.61) vediamo che la
trasformazione di gauge residua per lāonda elementare assume la forma,
AĀµ ā AĀµ + nĀµĻ, (5.71)
136
dove Ļ e unāarbitraria onda piana scalare di vettore dāonda ~k. E allora immediato verificare
che sotto queste trasformazioni le espressioni (5.66), (5.67) sono invarianti,
Ei ā Ei + ni(nknkĻ)ā niĻ = Ei
Bi ā Bi ā Īµijk njnkĻ = Bi.
La presenza di due soli gradi di liberta fisici nelle onde piane elettromagnetiche puo essere
desunta anche direttamente dalle relazioni (5.70): queste implicano appunto che ~B e
completamente determinato in termini di ~E, e che ~E e vincolato dallāequazione ~n Ā· ~E = 0.
Fissato ~k le uniche osservabili fisiche indipendenti dellāonda sono quindi le due componenti
di ~E ortogonali ad ~n.
4) Contenuto in energia. Il contenuto in energia e quantita di moto di un generico campo
elettromagnetico e espresso dal tensore energiaāimpulso (2.69),
T ĀµĪ½em = F Āµ
Ī±FĪ±Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī².
Valutiamolo per le onde elementari usando le (5.65). Sappiamo gia che lāinvariante FĪ±Ī²FĪ±Ī²
si annulla, e resta da valutare,
T ĀµĪ½em = (nĀµAĪ± ā nĪ±AĀµ)(nĪ±AĪ½ ā nĪ½AĪ±) = ānĀµnĪ½(AĪ±AĪ±), (5.72)
da confrontare con la (5.37). Possiamo riscrivere questa formula in vari modi. Eliminando
A0 secondo la (5.68), otteniamo unāespressione che coinvolge solo il potenziale vettore
spaziale,
T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½(AiAj) Īij, Īij ā” Ī“ij ā ninj. (5.73)
Da questa espressione si vede in particolare che il tensore energiaāimpulso ā certamente
una grandezza osservabile ā e invariante sotto le trasformazioni di gauge residue (5.71),
che equivalgono alla sostituzione,
Ai ā Ai + niĻ. (5.74)
Per vederlo e sufficiente notare che vale identicamente,
Īijnj = 0.
137
In effetti la matrice 3 Ć 3 simmetrica Īij e un proiettore di rango due, che elimina da
T ĀµĪ½em la componente longitudinale di Ai ā quella parallela a ni ā la quale non puo essere
trasportatrice di quadrimomento, in quanto non fisica. Quanto detto diventa molto tra-
sparente se scegliamo come asse z la direzione di propagazione dellāonda, ni = (0, 0, 1).
In questo caso la (5.73) si riduce a,
T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½
(AiAi ā
(niAi
)2)
= nĀµnĪ½[(A1)
2 + (A2)2], (5.75)
mentre la (5.74) equivale a,
A1 ā A1, A2 ā A2, A3 ā A3 + Ļ.
Lāinvarianza del tensore energiaāimpulso sotto trasformazioni di gauge residue si riduce
allora semplicemente al fatto che esso non dipende dalla componente longitudinale A3.
Confrontando la (5.75) con la (5.37) riscontriamo di nuovo il fatto che alle onde elettro-
magnetiche restano associati due gradi di liberta fisici ā trasportatori di quadrimomento
ā uno rappresentato da A1 e lāaltro da A2. Secondo lāanalisi svolta dopo la formula (5.37)
ci aspettiamo inoltre che a livello quantistico a ciascuno dei due stati trasversi sia asso-
ciata una particella priva di massa, ovvero un fotone ātrasversoā. Nel prossimo paragrafo
vedremo che quello che distingue questi due stati trasversi tra di loro e lāelicita.
Infine, usando la (5.66) e facile vedere che possiamo riscrivere la (5.73) anche come,
T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½ | ~E|2 =
1
2nĀµnĪ½
(| ~E|2 + | ~B|2
),
espressione che e in accordo con il fatto che per le onde piane il vettore di Poynting assume
la forma, vedi (5.70),
~S = ~E Ć ~B = ~E Ć (~nĆ ~E) = | ~E|2 ~n. (5.76)
Ritroviamo quindi le formule generali T 00em = 1
2(E2 + B2), e T 0i
em = Si. In particolare il
flusso di energia in unāonda piana e diretto lungo la direzione di propagazione dellāonda,
come cāera da aspettarsi.
Concludiamo questo paragrafo con il caveat che le proprieta 1)ā4) valgono per le onde
elettromagnetiche elementari (5.61), e non per un generico campo di radiazione (5.58),
sovrapposizione generica delle prime. Ma abbiamo anticipato che il potenziale vettore
138
lontano dalle sorgenti ā nella zona (asintotica) delle onde ā pur non essendo unāonda
piana elementare soddisfera ugualmente le relazioni delle onde (5.63). Come gia osservato
le proprieta 1), 2) e 4) saranno quindi valide anche per un generico campo elettromagnetico
nella zona delle onde. Ci riferiamo in particolare alle formule (5.66), (5.70) e (5.73), che
danno il campo elettrico, il campo magnetico e il tensore energiaāimpulso in termini del
solo potenziale vettore spaziale,
~E = ā ~A + (~n Ā· ~A )~n = ~nĆ (~nĆ ~A ), (5.77)
~B = ~nĆ ~E, ~n Ā· ~E = 0, (5.78)
T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½(AiAj) Īij = nĀµnĪ½ | ~E|2, Īij ā” Ī“ij ā ninj. (5.79)
Insistiamo su questo punto perche, come vedremo, lāanalisi energetica di quasi tutti i fe-
nomeni di radiazione non richiede la conoscenza del potenziale vettore esatto, ma soltanto
la conoscenza della sua forma asintotica nella zona delle onde. Per questāultima potremo
allora usare le formule molto semplici scritte sopra, e lāanalisi energetica risultera cosı
notevolmente semplificata.
5.3.2 Onde piane ed elicita
In questo paragrafo analizzeremo una proprieta caratteristica delle onde piane, che viene
chiamata elicita. Questo concetto riveste un ruolo significativo per la sua connessione
con unāaltra grandezza fisica, che gioca invece un ruolo fondamentale nella descrizione
quantistica di unāonda, ovvero lo spin 20. Piu precisamente, si puo far vedere che lāelicita
di unāonda piana corrisponde esattamente allo spin delle particelle che la rappresentano
a livello quantistico. Per chiarire meglio il significato di questo concetto metteremo a
confronto onde scalari, onde elettromagnetiche e onde gravitazionali.
Riportiamo dunque la forme delle onde piane rispettivamente nei tre casi,
Ļ(x) = Īµ(~k) eikĀ·x + c.c., (5.80)
AĀµ(x) = ĪµĀµ(~k) eikĀ·x + c.c., kĀµĪµĀµ = 0, ĪµĀµ ā ĪµĀµ + Ī» kĀµ, (5.81)
hĀµĪ½(x) = ĪµĀµĪ½(~k) eikĀ·x + c.c., kĀµĪµĀµĪ½ =
1
2kĪ½ĪµĀµ
Āµ, ĪµĀµĪ½ ā ĪµĀµĪ½ + Ī»ĀµkĪ½ + Ī»Ī½kĀµ. (5.82)
20Il termine āelicitaā viene talvolta usato anche a livello quantistico. In quel caso si intende la proiezionedello spin di una particella priva di massa lungo la sua direzione di propagazione.
139
Onde gravitazionali. Per le onde gravitazionali abbiamo riportato le previsioni fatte
dalla Relativita Generale. In uno spazioātempo curvo la forma dellāintervallo si generalizza
a,
ds2 = dxĀµdxĪ½Ī·ĀµĪ½ ā ds2 = dxĀµdxĪ½gĀµĪ½(x),
dove il tensore simmetrico gĀµĪ½(x) rappresenta la āmetricaā del continuo spazioātemporale.
Se la si scrive come,
gĀµĪ½(x) = Ī·ĀµĪ½ + hĀµĪ½(x),
allora il campo gravitazionale e rappresentato dal tensore doppio simmetrico hĀµĪ½ . Questo
campo descrive dunque lo scostamento della metrica di uno spazioātempo curvo dalla
metrica āpiattaā Ī·ĀµĪ½ . Si puo poi vedere che nellāapprossimazione di campi gravitazionali
deboli, ovvero per,
|hĀµĪ½ | Āæ 1,
le equazioni di Einstein ammettono come soluzioni le onde piane date nella (5.82). In
questo caso il tensore di polarizzazione ĪµĀµĪ½ e simmetrico, ed e soggetto alle condizioni di
gaugeāfixing e di invarianza di gauge residua, riportate in formula. In questo caso si hanno
quattro parametri di gauge, Ī»Āµ, ed e immediatamente verificare che le trasformazioni di
gauge residua preservano la condizione di gaugeāfixing. Grazie a k2 = 0, vale infatti,
kĀµ(ĪµĀµĪ½ + Ī»ĀµkĪ½ + Ī»Ī½kĀµ) =1
2kĪ½(ĪµĀµ
Āµ + Ī»ĀµkĀµ + Ī»ĀµkĀµ), āĪ»Āµ.
Anche le onde gravitazionali viaggiano con la velocita della luce. Per determinare il
numero di gradi di liberta associati a queste onde osserviamo innanzitutto che il tensore
ĪµĀµĪ½ , essendo simmetrico, ha dieci componenti indipendenti. Abbiamo quattro condizioni
di gaugeāfixing, e quattro trasformazioni di gauge residua, rappresentate dal vettore Ī»Āµ.
Le onde gravitazionali sono quindi caratterizzate da 10 ā 4 ā 4 = 2 gradi di liberta ā
esattamente come le onde elettromagnetiche. Dal punto di vista cinematico lāunica cosa
che le distingue dalle onde elettromagnetiche ā in ultima analisi ā e lāelicita.
Elicita. Il concetto di elicita e legato alle proprieta di trasformazione dei tensori di
polarizzazione Īµ(~k), ĪµĀµ(~k), ĪµĀµĪ½(~k), sotto una certa classe di rotazioni tridimensionali. Ri-
cordiamo che sotto una generica trasformazione di Lorentz ĪĀµĪ½ questi tensori sono soggetti
140
a leggi di trasformazione ben definite,
Īµā²(~kā²) = Īµ(~k), Īµā²Āµ(~kā²) = ĪĀµĪ½ ĪµĪ½(~k), Īµā²ĀµĪ½(~kā²) = ĪĀµ
Ī±ĪĪ½Ī² ĪµĪ±Ī²(~k), (5.83)
dove,
kā²Āµ = ĪĀµĪ½k
Ī½ .
Ricordiamo che k0 = Ļ = |~k|, in quanto k2 = 0. Consideriamo ora un generico vettore
dāonda ~k, che teniamo fisso in tutta lāanalisi che segue. Una generica onda piana e allora
completamente caratterizzata dal suo tensore di polarizzazione, soggetto alla rispettiva
condizione di gaugeāfixing. Chiamiamo Vi (i = 1, 2, 3) lo spazio vettoriale lineare comples-
so dei tensori di polarizzazione in ciascuno dei tre casi, vincolati dalle rispettive condizioni
di gaugeāfixing. Le dimensioni di di questi spazi sono allora,
d1 = 1, d2 = 4ā 1 = 3, d3 = 10ā 4 = 6.
Definiamo ora il sottogruppo G del gruppo di Lorentz, costituito dalle rotazioni spaziali
di un generico angolo Ļ attorno alla direzione di ~k. G costituisce un sottogruppo di Lie
abeliano ad un solo parametro in quanto, se indichiamo il suo generico elemento con
ĪĀµĪ½(Ļ), abbiamo,
ĪĀµĪ½(Ļ1)Ī
Ī½Ļ(Ļ2) = ĪĀµ
Ļ(Ļ1 + Ļ2).
Per trasformazioni di questo tipo ~k resta ovviamente invariante,
kā²Āµ = ĪĀµĪ½(Ļ) kĪ½ = kĀµ.
Nelle (5.83) trasformano allora solo i tensori di polarizzazione, ma non i loro argomenti. Di
conseguenza le polarizzazioni trasformate continuano a soddisfare le condizioni di gaugeā
fixing indicate in (5.80)ā(5.82), con lo stesso kĀµ. Concludiamo quindi che ciascuno spazio
vettoriale Vi e sede di una rappresentazione di G ā in generale riducibile. Ma secondo
un noto teorema della teoria dei gruppi, le rappresentazioni complesse irriducibili del
gruppo G sono tutte unidimensionali, con sede i numeri complessi E ā C, e in ogni
rappresentazione irriducibile il gruppo agisce secondo,
E ā E ā² = ei hĻ E , (5.84)
141
per un qualche numero reale h.
Deve allora essere possibile decomporre lo spazio vettoriale Vi delle polarizzazioni in di
sottospazi unidimensionali, sedi di rappresentazioni irriducibili di G del tipo (5.84). Ogni
sottospazio rappresenta cosı un grado di liberta ā fisico o non fisico ā e la polarizzazione
E associata trasforma per una rotazione attorno a ~k secondo la (5.84). A ciascuno dei
gradi di liberta dellāonda piana, classificati in questo modo, resta quindi associato in modo
univoco un numero reale h ā che viene chiamato elicita.
Il fatto importante e che si puo dimostrare che a un grado di liberta con elicita h, a
livello quantistico corrisponde una particella di spin h.
Per eseguire esplicitamente la decomposizione in rappresentazioni irriducibili in ciascu-
no dei tre casi, e conveniente scegliere come asse z la direzione di ~k, sicche kĀµ = (Ļ, 0, 0, Ļ).
La matrice ĪĀµĪ½(Ļ) e allora la matrice di rotazione di un angolo Ļ attorno allāasse z,
ĪĀµĪ½(Ļ) =
1000
0cos Ļāsen Ļ
0
0sen Ļcos Ļ
0
0001
. (5.85)
Per ridurre le rappresentazioni di G date in (5.83) in rappresentazioni unidimensionali,
occorre trovare opportune combinazioni lineari E delle componenti dei tensori di pola-
rizzazione, tali che per esse le trasformazioni (5.83) assumano la forma diagonale (5.84).
Eseguiamo ora questa riduzione in ciascuno dei tre casi.
Onde scalari. Per le onde scalari abbiamo d1 = 1. Per qualsiasi trasformazione di Lo-
rentz, e quindi anche per la trasformazione ĪĀµĪ½(Ļ), abbiamo Īµā² = Īµ. La rappresentazione
e gia unidimensionale e vale la (5.84) con E = Īµ, e h = 0. Le onde scalari corrispondono
quindi a un solo grado di liberta fisico, di elicita zero.
Onde elettromagnetiche. Per queste onde abbiamo d2 = 3. Per via del gaugeāfixing
kĀµĪµĀµ = 0 il vettore ĪµĀµ ha infatti tre componenti indipendenti: le due polarizzazioni fisiche
trasverse Īµ1 e Īµ2, e la componente non fisica longitudinale Īµ3 = Īµ0. Esplicitando la
trasformazione Īµā²Āµ = ĪĀµĪ½(Ļ) ĪµĪ½ , si ottiene,
Īµā²0 = Īµ0,
Īµā²1 = cos Ļ Īµ1 + sen Ļ Īµ2,
Īµā²2 = āsen Ļ Īµ1 + cos Ļ Īµ2,
142
Īµā²3 = Īµ3.
Riconosciamo quindi che la componente longitudinale porta elicita zero. Le combinazioni
lineari delle componenti trasverse che diagonalizzano la trasformazione, sono invece date
da,
EĀ± = Īµ1ā iĪµ2.
Infatti,
E ā²ā = Īµā²1 + iĪµā²2 = cos Ļ Īµ1 + sen Ļ Īµ2 + i (āsen Ļ Īµ1 + cos Ļ Īµ2) = eāiĻEā,
e analogamente per E+. Risulta quindi,
E ā²Ā± = eĀ±i ĻEĀ±.
Concludiamo che unāonda elettromagnetica contiene uno stato di polarizzazione non fisico,
di elicita zero, e due stati di polarizzazione fisici, di elicita h = Ā±1. Si puo poi vedere,
vedi problema 5.5, che questi due stati corrispondono a onde elettromagnetiche polarizzate
circolarmente ā rispettivamente in senso orario e antiorario.
Onde gravitazionali. Nel caso dellāonda gravitazionale il tensore di polarizzazione ĪµĀµĪ½ ,
per via del gaugeāfixing,
kĀµĪµĀµĪ½ =
1
2kĪ½ĪµĀµ
Āµ, (5.86)
ha d3 = 6 componenti indipendenti, di cui due fisici e quattro non fisici. Per brevita in
questo caso ci occupiamo solo delle due componenti fisiche. Per individuarle facciamo
notare che le componenti 0Āµ di ĪµĀµĪ½ possono essere eliminate con una trasformazione di
gauge residua,
Īµā²0Āµ = Īµ0Āµ + Ī»0kĀµ + Ī»ĀµĻ = 0.
E sufficiente scegliere,
Ī»0 = ā 1
2ĻĪµ00, Ī»i =
1
Ļ
(1
2niĪµ00 ā Īµ0i
).
Una volta posto Īµ0Āµ = 0, le condizioni (5.86) per Ī½ = 0 implicano,
ĪµĀµĀµ = āĪµii = 0, (5.87)
143
e per Ī½ = i esse si riducono allora a,
kĀµĪµĀµi = ākjĪµji = 0.
Dato che abbiamo scelto ~k = (0, 0, Ļ), si ottiene quindi che anche Īµ3Āµ = 0. La (5.87) da
allora,
Īµ11 + Īµ22 = 0.
Concludiamo cosı che possiamo annullare tutte le componenti di ĪµĀµĪ½ , tranne,
Īµ12 = Īµ21, e Īµ11 = āĪµ22.
Īµ12 e Īµ11 rappresentano allora le due polarizzazioni fisiche indipendenti. Si noti in par-
ticolare che esse sono invarianti sotto le trasformazioni residue di (5.82), perche kĀµ non
ha componenti lungo le direzioni x e y. Per una rotazione attorno allāasse z queste
componenti si trasformano secondo,
Īµā²ĀµĪ½ = ĪĀµĪ±(Ļ)ĪĪ½
Ī²(Ļ) ĪµĪ±Ī²,
ed esplicitando si trova,
Īµā²11 = Ī11(Ļ)Ī1
1(Ļ)Īµ11 + 2Ī12(Ļ)Ī1
1(Ļ)Īµ12 + Ī12(Ļ)Ī1
2(Ļ)Īµ22
= cos2Ļ Īµ11 + 2 sen Ļ cos Ļ Īµ12 ā sen2Ļ Īµ11
= cos 2Ļ Īµ11 + sen 2Ļ Īµ12.
E analogamente,
Īµā²12 = āsen 2Ļ Īµ11 + cos 2Ļ Īµ12.
Come per le onde elettromagnetiche queste trasformazioni si diagonalizzano ponendo,
EĀ± = Īµ11 ā iĪµ12.
Ma ora risulta,
E ā²Ā± = eĀ±2i ĻEĀ±.
Le due polarizzazioni fisiche contenute in unāonda gravitazionale hanno quindi elicita
h = Ā±2. A livello classico le onde elettromagnetiche e le onde gravitazionali hanno dunque
144
in comune la velocita di propagazione e il numero di gradi di liberta, ma si distinguono
per lāelicita.
Possiamo quindi concludere che a livello quantistico un campo scalare, la cui dinamica
discenda dalla lagrangiana (5.21), corrispondera a una particella priva di massa e di
spin, che il campo elettromagnetico sara composto da particelle prive di massa di spin
Ā±1, i fotoni, mentre il campo gravitazionale, supposto che esista una teoria quantistica
consistente dellāinterazione gravitazionale, sara composto da particelle prive di massa di
spin Ā±2, i gravitoni.
Basi diverse di soluzioni. In questa sezione abbiamo studiato una particolare base
completa di soluzioni dellāequazione di Maxwell nel vuoto, le onde piane, e ne abbiamo
analizzato le proprieta piu salienti. Ne menzioniamo ora unāaltra, non meno significativa
e forse la piu caratteristica: per trasformazioni di Lorentz ogni suo elemento va in un altro
elemento della stessa base. Detto in altre parole, sotto trasformazioni di Lorentz lāonda
piana (5.61) resta unāonda piana.
Tuttavia e chiaro che la base delle onde piane, pur essendo di particolare rilevanza,
non e lāunica base di interesse fisico. Un altro importante sistema completo di soluzioni
e costituito dalle cosiddette onde sferiche, sistema che risulta molto utile nello sviluppo
sistematico della radiazione in multipoli. Non ci occuperemo in dettaglio di questo si-
stema di soluzioni, perche avremo bisogno dello sviluppo in multipoli solo nel limite non
relativistico, dove sara sufficiente tenere conto dei termini di dipolo e di quadrupolo. Si
vedano tuttavia i paragrafi 9.6 e 9.7 del testo di J.D. Jackson 21.
5.3.3 Onde elettromagnetiche e invarianza di gauge manifesta
Abbiamo visto che lāintroduzione del potenziale vettore risulta inevitabile se si vuole
basare lāElettrodinamica su un principio variazionale, il quale costituisce a sua volta il
punto di partenza indispensabile per la quantizzazione della teoria. Dāaltra parte il difetto
principale delle procedure che coinvolgono il campo di gauge ā e non direttamente il campo
elettromagnetico ā e la mancanza dellāinvarianza di gauge manifesta, sicche lāassenza di
gradi di liberta non fisici in linea di principio deve essere controllata di volta in volta.
21J.D. Jackson, Classical Electrodynamics, 3a edizione, Wiley & Sons, New York, 1998.
145
In realta nellāambito dellāElettrodinamica classica lāintroduzione del potenziale vettore
costituisce solo un fatto di convenienza, in quanto puo rendere piu agevole lo studio di certi
fenomeni. Abbbiamo visto, per esempio, che lāintroduzione del potenziale vettore, insieme
allāuso della trasformata di Fourier, ci ha permesso di risolvere agevolmente lāequazione di
Maxwell nel vuoto ā salvo di controllare poi alla fine lāinvarianza di gauge della procedura.
Rimarchiamo, tuttavia, che lāintera Elettrodinamica classica puo essere analizzata an-
che senza mai nominare il potenziale vettore AĀµ, ma usando solo il campo elettromagnetico
F ĀµĪ½ , con i pregi evidenti che in questo modo non si introducono mai elementi nonāfisici e
che lāinvarianza di gauge e manifesta. Per illustrare le tecniche che si usano e le difficolta
che si incontrano in questo framework alternativo, in questo paragrafo risolviamo di nuovo
le equazioni di Maxwell nel vuoto ā utilizzando solo il campo elettromagnetico.
In questa ottica alternativa dobbiamo riconsiderare oltre allāequazione di Maxwell
anche lāidentita di Bianchi, e il sistema da risolvere e allora,
āĀµFĀµĪ½ = 0, (5.88)
ā[ĀµFĪ½Ļ] =1
3(āĀµFĪ½Ļ + āĪ½FĻĀµ + āĻFĀµĪ½) = 0. (5.89)
Come primo passo della soluzione dimostriamo che tutte le componenti del campo elettro-
magnetico devono soddisfare lāequazione delle onde. Per fare vedere questo e sufficiente
applicare allāidentita di Bianchi lāoperatore āĀµ. Risulta,
2FĪ½Ļ + āĪ½āĀµFĻĀµ + āĻā
ĀµFĀµĪ½ = 0.
Grazie alla (5.88) il secondo e il terzo termine di questa equazione sono nulli, e si ottiene
effettivamente,
2F ĀµĪ½ = 0. (5.90)
Facciamo pero notare che questa equazione segue dalle (5.88), (5.89), ma non le implica.
Con lāesperienza accumulata finora e comunque immediato scrivere la soluzione generale
della (5.90),
F ĀµĪ½ =1
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(eikĀ·x fĀµĪ½(~k) + c.c.
), (5.91)
dove fĀµĪ½(~k) per il momento e un arbitrario tensore complesso antisimmetrico, e ricordiamo
che k2 = 0. A questo punto cerchiamo di capire per quali fĀµĪ½ lāespressione appena scritta
146
soddisfa anche le (5.88), (5.89). Calcoliamo allora,
āĻFĀµĪ½ =
i
(2Ļ)2
ā«d3k
2Ļ
(eikĀ·x kĻ fĀµĪ½(~k) + c.c.
),
dove abbiamo portato la derivata sotto il segno di integrale e derivato lāesponenziale.
Lāequazione di Maxwell e lāidentitia di Bianchi equivalgono quindi rispettivamente alle
equazioni algebriche,
kĀµfĀµĪ½ = 0, (5.92)
k[ĀµfĪ½Ļ] = 0. (5.93)
Non e difficile convincersi che la soluzione generale della seconda e,
fĀµĪ½ = kĀµĪ²Ī½ ā kĪ½Ī²Āµ, (5.94)
per qualche vettore complesso Ī²Āµ, e che la prima allora implica che,
kĀµĪ²Āµ = 0. (5.95)
Dāaltra parte si vede anche subito che non tutti i vettori Ī²Āµ danno luogo a soluzioni
diverse. Infatti, i vettori Ī²Āµ e Ī²Āµ + Ī» kĀµ soddisfano entrambi la (5.95), ma danno luogo
allo stesso fĀµĪ½ .
E allora immediato vedere che le soluzioni (5.91), con fĀµĪ½ dato dalle (5.94) e (5.95),
combaciano perfettamente con le soluzioni (5.58) trovate usando il potenziale vettore ā
previa lāidentificazione,
Ī²Āµ = i ĪµĀµ.
Problema di Cauchy. Analizziamo ora brevemente il problema alle condizioni iniziali
per il campo elettromagnetico. In realta, data la (5.90) e visti gli sviluppi del paragrafo
5.2.1, sappiamo gia come si scrive F ĀµĪ½ in funzione dei valori del campo allāistante inziale,
vedi (5.41),
F ĀµĪ½(x) =
ā«d3y [D(t, ~xā ~y) ā0F
ĀµĪ½(0, ~y) + ā0D(t, ~xā ~y) F ĀµĪ½(0, ~y)] . (5.96)
Dāaltra parte, le derivate temporali ā0FĀµĪ½(0, ~y) allāistante iniziale sono determinati dai
valori iniziali degli stessi campi F ĀµĪ½(0, ~y), attraverso le (5.88) e (5.89). Risultano infatti
le solite relazioni,
ā0~E = ~āĆ ~B, ā0
~B = ā~āĆ ~E.
147
Valutandole a t = 0 e inserendole nella (5.96) si ottiene allora,
~E(x) =
ā«d3y
[D(t, ~xā ~y) ~āĆ ~B(0, ~y) + ā0D(t, ~xā ~y) ~E(0, ~y)
], (5.97)
~B(x) =
ā«d3y
[āD(t, ~xā ~y) ~āĆ ~E(0, ~y) + ā0D(t, ~xā ~y) ~B(0, ~y)
]. (5.98)
A questo punto e un semplice esercizio verificare che queste espressioni soddisfano in effetti
le (5.88) e (5.89) per ogni t, purche i dati iniziali soddisfino i vincoli di fisicita,
~ā Ā· ~E(0, ~x) = 0 = ~ā Ā· ~B(0, ~x).
Vediamo di nuovo che solo quattro campi iniziali possono essere scelti in modo arbitrario,
per esempio,
E1(0, ~x), E2(0, ~x), B1(0, ~x), B2(0, ~x), (5.99)
a conferma del fatto che il campo elettromagnetico corrisponde a due gradi di liberta del
secondo ordine.
Covarianza. Concludiamo questo paragrafo con una breve analisi delle proprieta strut-
turali delle formule risolutive (5.96)ā(5.98); in particolare vogliamo fare vedere come si
puo rendere la (5.96) manifestamente Lorentzācovariante. Riprendiamo la forma esplicita
del kernel antisimmetrico (5.43),
D(x) =1
4Ļ|~x| [Ī“(tā |~x|)ā Ī“(t + |~x|)] =1
2ĻĪµ(t) Ī“(x2), (5.100)
e facciamo vedere che esso e invariante sotto trasformazioni di Lorentz proprie xĀµ āĪĀµ
Ī½xĪ½ ,
D(Īx) = D(x), Ī ā SO(1, 3)c. (5.101)
Dato che il fattore Ī“(x2) e manifestamente invariante, per dimostrare la (5.101) e sufficiente
fare vedere che Īµ(t) ā il segno di t ā e invariante sotto trasformazioni di Lorentz proprie,
se xĀµ e di tipo tempo o nullo,
x2 = t2 ā |~x|2 ā„ 0, ovvero |t| > |~x|. (5.102)
Per fare vedere questo notiamo che per Ī ā SO(1, 3)c abbiamo Ī00 ā„ 1, e che la condizione
ĪĀµĪ±ĪĪ½
Ī²Ī·Ī±Ī² = Ī·ĀµĪ½ , per Āµ = Ī½ = 0, implica,
(Ī00)
2 = 1 + |~L|2, Li ā” Ī0i. (5.103)
148
Per il tempo trasformato abbiamo allora,
tā² = Ī00t + Ī0
i xi = Ī0
0t + ~L Ā· ~x = Ī00
(t +
~L Ā· ~xĪ0
0
).
Siccome le (5.102), (5.103) implicano,ā£ā£ā£ā£ā£~L Ā· ~xĪ0
0
ā£ā£ā£ā£ā£ ā¤|~L| Ā· |~x|ā1 + |~L|2
ā¤ |t|,
abbiamo dunque che il segno di tā² uguaglia quello di t.
Invarianza relativistica dei coni luce. Con lāanalisi appena svolta abbiamo in partico-
lare dimostrato che il ācono luce futuroā e il ācono luce passatoā, ovvero, gli insiemi di
quadrivettori,
L+ = V Āµ ā R4/V 2 ā„ 0, V 0 > 0, Lā = V Āµ ā R4/V 2 ā„ 0, V 0 < 0,
sono invarianti sotto trasformazioni di Lorentz proprie. Useremo queste proprieta nel
prossimo capitolo.
Data la (5.101) siamo ora in grado covariantizzare la (5.96), generalizzandola al caso
in cui i valori āinizialiā dei campi sono dati su unāarbitrario iperpiano di tipo spazio Ī,
vedi paragrafo 3.2.1. Questi iperpiani sono caratterizzati da un vettore normale di tipo
tempo costante NĀµ, che possiamo normalizzare scegliendo NĀµNĀµ = 1. Ricordiamo che
lāequazione di Ī e,
NĀµ(xĀµ ā xĀµ0) = 0.
Se si assegnano i valori di F ĀµĪ½ e della sua derivata normale NĻ āĻF ĀµĪ½ su Ī, allora la
versione covariante della (5.96) si scrive,
F ĀµĪ½(x) =
ā«
Ī
dĪ£Ļ [D(xā y) āĻF ĀµĪ½(y) + āĻD(xā y) F ĀµĪ½(y)] , (5.104)
dove la misura dĪ£Ļ = NĻ d3Ī» e stata definita nel paragrafo 3.2.1. Per verificare che la
(5.104) soddisfa le condizioni al bordo corrette, nonche lāequazione 2F ĀµĪ½ = 0, occorro
usare le seguenti versioni covarianti delle proprieta (5.44)ā(5.46) del kernel,
2D = 0, (5.105)
D(x) = 0, per x2 < 0 (5.106)
āĀµD(x)|NĪ½xĪ½=0 = NĀµ
ā« ā
āāĪ“4(xāNĪ») dĪ». (5.107)
149
Causalita. Lāaltra proprieta importante del kernel consiste nel fatto che esso e suppor-
tato sul (bordo del) cono luce, vale a dire e diverso da zero solo per t = Ā±|~x|. Questa
circostanza assicura che un generico campo elettromagnetico ā e non solo le onde piane
ā si propaga con la velocita della luce. Se supponiamo, per esempio, che i campi iniziali
(5.99) siano diversi da zero solo allāinterno di una sfera di raggio L, allora nelle (5.97),
(5.98) lāintegrale su ~y si restringe alla regione |~y| < L. Di conseguenza, in un generico
punto ~x allāesterno della sfera, a un istante t > 0 il campo sara diverso da zero solo se per
qualche |~y| < L si ha,
|~xā ~y| = t.
In ~x il primo segnale giungera quindi allāistante t = |~x| ā L, mentre in tutti gli istanti
t < |~x| ā L il campo elettromagnetico in ~x sara nullo.
Essendo invariante per trasformazioni di Lorentz, il kernel e in particolare invariante
per rotazioni spaziali ~xā R ~x, con R ā SO(3),
D(t,R~x) = D(t, ~x).
Da questo segue che il campo elettromagnetico si propaga localmente in modo isotropo
in tutte le direzioni, a conferma del principio di Huygens.
Inversione temporale. Lāultima caratteristica del kernel che facciamo notare e che esso
cambia di segno per inversione temporale tā āt,
D(āt, ~x) = āD(t, ~x).
Vogliamo fare vedere che questa proprieta e intimamente legata con lāinvarianza per
inversione temporale dellāequazione delle onde,
2Ļ =(ā2
0 āā2)Ļ = 0,
la quale resta appunto invariata se si sostituisce ā0 con āā0. Cio comporta che se Ļ(t, ~x)
e soluzione, allora e soluzione anche la funzione,
Ļ(t, ~x) ā” Ļ(āt, ~x).
In particolare la soluzione Ļ e univocamente determinata dalle condizioni iniziali,
Ļ(0, ~x) = Ļ(0, ~x), ā0Ļ(0, ~x) = āā0Ļ(0, ~x).
150
Scrivendo la (5.41) per Ļ si ottiene allora,
Ļ(x) =
ā«d3y [āD(t, ~xā ~y) ā0Ļ(0, ~y) + ā0D(t, ~xā ~y) Ļ(0, ~y)] .
Dāaltra parte Ļ puo essere anche ottenuta effettuando nella (5.41) la sostituzione tā āt,
Ļ(x) =
ā«d3y [D(āt, ~xā ~y) ā0Ļ(0, ~y)ā ā0D(āt, ~xā ~y) Ļ(0, ~y)] .
Si vede che affinche le due formule coincidano e necessario e sufficiente che D sia fun-
zione antisimmetrica di t. Vediamo quindi che lāantisimmetria del kernel (5.100) e ā in
ultima analisi ā una conseguenza dellāinvarianza per inversione temporale delle equazio-
ni di Maxwell. Si puo vedere che la trasformazione t ā āt costituisce, in realta, una
simmetria discreta esatta non solo dellāinterazione elettromagnetica, ma anche di quelle
gravitazionale e forte, mentre e violata dalle interazioni deboli.
Infine facciamo notare che lāinvarianza per inversione temporale e intrinseca anche alla
meccanica non relativistica, in quanto lāequazione di Newton,
md2~x
dt2= ~F = ā~āV (~x),
e invariante per t ā āt, purche il potenziale non dipenda esplicitamente dal tempo. E
anche in questo caso ne consegue che se ~x(t) e soluzione, allora lo e anche ~x(āt).
5.4 Effetto Doppler relativistico
Nella sezione precedente abbiamo visto che nel passaggio da un sistema di riferimento a
un altro, unāonda piana elementare resta unāonda piana elementare, ma polarizzazione,
direzione di propagazione e frequenza cambiano. In questo paragrafo ci occuperemo in
particolare del cambiamento della frequenza. A questo scopo consideriamo una sorgente
che emette segnali luminosi monocromatici di frequenza āpropriaā ā vale a dire quando
e a riposo ā Ļ0 = 2ĻĪ»0
, in tutte le direzioni. Vogliamo allora determinare la frequenza del
segnale, quando la sorgente si trova in moto rettilineo uniforme con velocita ~v.
Consideriamo allora il sistema di riferimento Kā in cui la sorgente e a riposo. In
Kā la quadrivelocita della sorgente e il vettore dāonda quadridimensionale sono dati
rispettivamente da,
uāĀµ = (1,~0), kāĀµ = (Ļ0, ~k0).
151
Nel sistema di riferimento K del laboratorio le analoghe quantita sono date da,
uĀµ =
(1ā
1ā v2,
~vā1ā v2
), kĀµ = (Ļ,~k).
Se indichiamo lāangolo tra la direzione di propagazione dellāonda e la velocita della sorgente
ā entrambe misurate in K ā con Ī±, possiamo sfruttare lāinvarianza di Lorentz dello scalare
u Ā· k per ottenere,
Ļ0 = uāĀµkāĀµ = uĀµk
Āµ =1ā
1ā v2(Ļ ā Ļ v cos Ī±).
Per frequenza e lunghezza dāonda nel sistema del laboratorio si ottiene allora,
Ļ =
ā1ā v2
1ā v cos Ī±Ļ0, Ī» =
1ā v cos Ī±ā1ā v2
Ī»0. (5.108)
Queste formule descrivono lāeffetto Doppler relativistico.
Nei casi particolari in cui la sorgente che si avvicina (allontana) frontalmente abbiamo
Ī± = 0 (Ī± = Ļ), e ripristinando la velocita della luce otteniamo,
Ī» =1ā v/cā1ā v2/c2
Ī»0. (5.109)
Questa formula puo essere confrontata con la formula dellāeffetto Doppler non relativistico,
Ī»n.r. = (1ā v/vp) Ī»0,
dove vp rappresenta la velocita di propagazione del segnale. Si vede che se la sorgente si
muove con velocita v piccola rispetto alla velocita della luce, il risultato relativistico si
riduce formalmente a quello non relativistico, se si pone vp = c.
Redshift cosmologico. Concludiamo la sezione con unāapplicazione importante dellāef-
fetto Doppler relativistico, il cosiddetto redshift. Per sorgenti che si allontanano dallāosser-
vatore frontalmente, la (5.109) permette di ricavare la variazione relativa della lunghezza
dāonda,
z ā” Ī»ā Ī»0
Ī»0
=
ā1 + v/c
1ā v/cā 1 > 0. (5.110)
Le lunghezze dāonda aumentano dunque allāaumentare della velocita. Questo fenomeno
e noto come āredshiftā, in quanto le frequenze si abbassano e le righe spettrali si sposta-
no verso il rosso, ed e di importanza fondamentale in cosmologia: attraverso unāanalisi
152
sistematica del āredshift cosmologicoā nella radiazione emessa dalle galassie, Hubble nel
1929 e stato in grado di scoprire lāespansione dellāuniverso. Le galassie osservate da lui
avevano velocita piccole rispetto alla velocita della luce, dellāordine di v ā 3.000km/s,
per cui lāaumento relativo delle lunghezze dāonda era piccolo. Sviluppando la (5.110) si
ottiene infatti,
z ā v
c= 10ā2.
Ma oggi sono note anche galassie con valori di z molto elevati. Per esempio, per la galassia
8C1435+635 nel 1994 si e misurato il redshift z = 4.25, corrispondente a una velocita di
allontanamento pari a v = 0.93 c.
Per concludere notiamo che misure molto precise del redshift cosmologico nelle su-
pernovae di tipo Ia, effettuate di recente, hanno permesso di trarre conclusioni nuove e
rivoluzionarie sullo stato del nostro universo: da queste misure sappiamo, infatti, che
lāuniverso non solo e in espansione, ma che sta accelerando. Dāaltra parte secondo la Re-
lativita Generale un universo che accelera esige necessariamente una costante cosmologica
diversa zero e positiva, circostanza che ha arricchito la cosmologia odierna di una serie di
problematiche nuove, tuttora irrisolte.
5.5 Problemi
5.1 In riferimento alla soluzione dellāequazione delle onde del paragrafo 5.2.1,
a) si dimostri che la (5.40) si puo riscrivere come in (5.41);
b) si dimostri che il kernel antisimmetrico D dato in (5.42) puo essere scritto come in
(5.43). [Sugg.: si passi dalla variabile dāintegrazione ~k in coordinate polari, e si sfrutti
lāinvarianza per rotazioni per porre ~x = (0, 0, |~x|). Infine si ricordi che la Ī“ di Dirac
ammette la rappresentazione simbolica in trasformata di Fourier,
Ī“(xā a) =1
2Ļ
ā«eik(xāa) dk.]
5.2 Supponendo che AĀµ(x) sia un campo vettoriale e che per una trasformazione di
Lorentz si abbia kā²Āµ = ĪĀµĪ½k
Ī½ , si dimostri che anche la trasformata di Fourier,
AĀµ(k) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāikĀ·xAĀµ(x),
153
e un campo vettoriale nella variabile k.
5.3 Utilizzando il gaugeāfixing,
A0 = 0,
si dimostri che lāequazione di Maxwell, āĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , propaga due gradi di liberta fisici. Si
adotti la seguente strategia:
a) si impongano condizioni iniziali per A1 e A2 e le loro derivate temporali, a t = 0;
b) si determini la forma delle trasformazioni di gauge residue;
c) imponendo lāequazione G0 ā” āĀµFĀµ0 ā j0 = 0 a t = 0, e utilizzando le trasformazioni di
gauge residue, si fissino le condizioni iniziali per A3 e ā0A3 a t = 0.
5.4 Partendo dalla (5.58) si deducano le espressioni generali per i campi elettrico e
magnetico nel vuoto,
~E(t, ~x) =1
2(2Ļ)2
ā«d3k
(i eikĀ·x [(~n Ā· ~Īµ)~nā ~Īµ] + c.c.
),
~B(t, ~x) =1
2(2Ļ)2
ā«d3k
(i eikĀ·x [~ĪµĆ ~n] + c.c.
).
a) Si verifichi che questi campi soddisfano le equazioni di Maxwell nel vuoto (2.28)ā(2.31),
nonche le equazioni delle onde,
2 ~E = 0 = 2 ~B.
b) Noti i campi iniziali ~E(0, ~x) e ~B(0, ~x), si determini il campo vettoriale tridimensionale,
~V (~k) ā” ~Īµā (~n Ā· ~Īµ)~n,
e quindi ~E e ~B ad ogni t. [Sugg.: si veda il paragrafo 5.2.1.]
c) Il campo ~Īµ(~k) e univocamente determinato?
5.5 Si consideri unāonda piana elementare propagantesi lungo lāasse z, con vettore dāonda
kĀµ = (Ļ, 0, 0, Ļ), e polarizzazione ĪµĀµ = (Īµ0, Īµ1, Īµ2, Īµ0) generica,
AĀµ(x) = ĪµĀµ eikĀ·x + c.c.
a) Si determinino esplicitamente i campi ~E(t, ~x) e ~B(t, ~x) e si verifichi che essi sono
gaugeāinvarianti, ovvero indipendenti da Īµ0, e che soddisfano le condizioni di trasversalita
154
E3 = 0 = B3.
b) Nel piano trasverso (x, y) si definisca il campo elettrico complesso E ā” E1 + iE2. Si
dimostri che risulta,
E = āi Ļ(Eā eikĀ·x ā Eā+ eāikĀ·x) , (5.111)
dove EĀ± sono gli āautostatiā di elicita: EĀ± = Īµ1 ā iĪµ2.
c) Si verifichi che per Eā = 0 (E+ = 0) la punta del campo elettrico descrive unāelica
percorsa in senso orario, di āelicitaā positiva, (antiorario, di āelicitaā negativa), corri-
spondente a polarizzazione circolare lungo la direzione del moto (in direzione opposta al
moto). La soluzione generale (5.111) corrisponde quindi a una generica sovrapposizione
dei due stati di polarizzazione circolare.
d) Se ĪµĀµ e reale si ha Eāā = E+. Si verifichi che in questo caso lāonda risulta polarizzata
linearmente, ovvero, che ~E ha direzione costante.
5.6 Si dimostri che il tensore energia impulso associato allāonda elettromagnetica ele-
mentare (5.61), mediato su scale temporali grandi rispetto al periodo e dato da,
ćT ĀµĪ½emć = ā2 kĀµkĪ½ ĪµāĪ±ĪµĪ±.
Si dimostri che vale ćT 00emć ā„ 0.
5.7 Si consideri lāonda scalare āsfericaā,
Ļ(t, ~x) =1
rG(tā r), r ā” |~x|,
dove G e una funzione arbitraria.
a) Si dimostri che Ļ soddisfa lāequazione delle onde 2Ļ = 0, in ogni regione spaziale che
non contiene il punto ~x = 0. [Sugg.: puo essere utile scrivere il Laplaciano in coordinate
polari,
ā2 =1
r
(ā
ār
)2
r +1
r2L2,
dove L2 e un operatore differenziale che coinvolge solo gli angoli.]
b) Si spieghi perche Ļ non e soluzione dellāequazione delle onde in tutto lo spazio, e se ne
dia unāinterpretazione fisica.
155
5.8 Si consideri lāequazione delle onde in una dimensione spaziale,
(ā2
t ā ā2x
)Ļ(x, t) = 0.
Utilizzando la tecnica della trasformata di Fourier si dimostri che la soluzione generale di
questa equazione si puo scrivere come,
Ļ(t, x) = f(xā t) + g(x + t),
con f e g funzioni arbitrarie.
156
6 Generazione di campi elettromagnetici
Nel capitolo precedente abbiamo determinato la forma di un generico campo di radiazione,
ovverosia di un campo elettromagnetico che soddisfa lāequazione di Maxwell in assenza
di sorgenti. Abbiamo trovato che questo campo consiste di una sovrapposizione lineare
di onde piane, monocromatiche e trasverse, che si propagano con la velocita della luce,
le onde elettromagnetiche. In questo capitolo affronteremo un altro problema centrale
dellāElettrodinamica classica: la determinazione del campo elettromagnetico generato da
unāarbitraria distribuzione di cariche in movimento. Risolveremo, infatti, lāequazione di
Maxwell in presenza di una generica quadricorrente jĀµ conservata. Scopo ultimo di questo
capitolo e la derivazione di formule esplicite per i campi elettrico e magnetico, creati da
una singola particella carica in moto arbitrario. Questi campi rivestono a loro volta un
ruolo cruciale in Elettrodinamica classica, e portano i nomi dei loro scopritori, Lienard
(1898), e Wiechert (1900).
In presenza di correnti il campo elettromagnetico deve soddisfare le equazioni,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ,
ovverosia, in gauge di Lorentz,
2AĀµ = jĀµ, (6.1)
āĀµAĀµ = 0. (6.2)
Queste equazioni sono lineari in AĀµ, ma non omogenee. La soluzione generale si potra
quindi scrivere come somma di una soluzione particolare AĀµret, e della soluzione generale
AĀµin del sistema omogeneo associato,
AĀµ = AĀµret + AĀµ
in. (6.3)
Il potenziale AĀµin e dunque la soluzione generale del sistema,
2AĀµin = 0, āĀµA
Āµin = 0,
che corrisponde a un campo di Maxwell libero. Dal capitolo precedente sappiamo allora
che AĀµin e una generica sovrapposizione di onde elettromagnetiche piane ā un generico
campo di radiazione ā che gioca il ruolo di un campo esterno āentrante dallāinfinitoā.
157
Il āpotenziale ritardatoā AĀµret rappresenta invece il campo generato causalmente dalla
corrente jĀµ, secondo le equazioni (6.1) e (6.2), della cui soluzione ci occuperemo nelle
prossime sezioni. Siccome nel resto di questo capitolo ignoreremo il campo di radiazione,
indicheremo AĀµret semplicemente con AĀµ.
I pedici in e ret significano rispettivamente incoming e retarded. Questa nomenclatura
deriva dal fatto che convenzionalmente la radiazione AĀµin, che si sovrappone al potenziale
ritardato (fisico) AĀµret, viene considerata entrante dallāinfinito. Per completezza menzio-
niamo che la soluzione (6.3) puo essere scritta formalmente anche in termini del cosiddetto
potenziale avanzato (non fisico) AĀµadv, vedi sezione 6.2,
AĀµ = AĀµadv + AĀµ
out.
La radiazione sovrapposta ad AĀµadv viene considerata uscente verso lāinfinito, outgoing, e
indicata con AĀµout. I potenziali AĀµ
adv e AĀµout hanno una certa rilevanza nella teoria dello
scattering, ma noi non ce ne serviremo. Questa nomenclatura diventera comunque piu
trasparente, quando avremo risolto lāequazione di Maxwell.
Una tecnica efficace per risolvere equazioni differenziali alle derivate parziali del tipo
(6.1), e costituita dal cosiddetto āmetodo della funzione di Greenā. Prima di applicare
questo metodo alla soluzione della (6.1), nella prossima sezione lo illustriamo nel caso
di unāequazione piu semplice, ma fisicamente rilevante, ovvero, quello dellāequazione di
Poisson.
6.1 Il metodo della funzione di Green: equazione di Poisson
Consideriamo lāequazione di Poisson in tre dimensioni spaziali,
āā2F (~x) = Ļ(~x), (6.4)
nellāincognita F . Per definitezza assumiamo che sia,
F ā S ā²(R3), Ļ ā S(R3),
ma vedremo che le soluzioni che troveremo saranno valide sotto ipotesi meno restrittive.
Se interpretiamo F come il potenziale elettrico A0, e Ļ come la densita di carica j0, allora
158
la (6.4) si identifica con lāequazione fondamentale dellāElettrostatica. Ispirati da questa
interpretazione aggiungiamo allora la richiesta ulteriore che Ļ sia a supporto compatto,
Ļ(~x) = 0, per |~x| > R.
Corrispondentemente imponiamo la condizione āfisicaā che F si annulli allāinfinito,
lim|~x|āā
F (~x) = 0. (6.5)
Vedremo, infatti, che con questa condizione asintotica lāequazione di Poisson ammettera
soluzione unica. Per completezza ricordiamo che in generale non ha senso imporre una
condizione asintotica, come la (6.5), a una distribuzione. Tuttavia, vedremo che per
unāampia classe di āfunzioniā Ļ, non necessariamente appartenenti ad S, le soluzioni
della (6.4) sono rappresentate da funzioni, di classe Cā al di fuori di un compatto di R3.
Per tali Ļ la (6.5) e quindi ben posta. Esempi ne sono le Ļ corrispondenti alla densita di
carica associata a un numero finito di cariche puntiformi statiche,
Ļ(~x) =Nā
r=1
er Ī“3(~xā ~yr), (6.6)
che appartengono ad S ā², ma non ad S.
Discuteremo comunque la soluzione generale dellāequazione di Poisson ā indipenden-
temente dalla validita della (6.5) ā alla fine di questa sezione.
6.1.1 Una soluzione particolare
Siccome lāequazione di Poisson e unāequazione lineare non omogenea, la sua soluzio-
ne generale e data da una soluzione particolare, sovrappposta alla soluzione generale
dellāequazione omogenea associata, ovvero, dellāequazione di Laplace,
ā2F = 0.
Ovviamente la soluzione particolare non e unica, ma possiamo circoscriverla attraverso
qualche richiesta aggiuntiva. Osserviamo che la (6.4) e ācongiuntamente lineareā in F e
Ļ, nel senso che una soluzione particolare relativa alla densita di carica Ļ1+Ļ2, puo essere
ottenuta sommando le soluzioni individuali F1 e F2. Lasciando per il momento da parte le
159
proprieta di regolarita delle grandezze coinvolte, possiamo allora avanzare lāipotesi che il
valore di F in ~x dipende linearmente dai valori che Ļ assume in tutti i punti dello spazio,
ovvero, che per ogni ~x fissato il numero F (~x) definisca āun funzionale lineare e continuoā
f~x, sullo spazio delle Ļ,
F (~x) = f~x (Ļ).
In notazione simbolica avremo allora,
F (~x) =
ā«d3y f~x (~y) Ļ(~y) ā”
ā«d3y g(~x, ~y) Ļ(~y), (6.7)
per qualche funzione incognita di due variabili g(~x, ~y). Possiamo vincolare la forma di
questa funzione se adottiamo lāinterpretazione elettrostatica della (6.4), e invochiamo il
gruppo di simmetria dello spazio tridimensionale vuoto, ovvero, le rototraslazioni,
~xā ~x ā² = R ~x + ~a, R ā SO(3), ~a ā R3.
In un altro sistema di riferimento la (6.7) diventa infatti 22,
F ā²(~x ā²) =
ā«d3yā² g(~x ā², ~y ā²) Ļā²(~y ā²).
Sotto queste trasformazioni il potenziale elettrico e la densita di carica siano invarianti,
F ā²(~x ā²) = F (~x), Ļā²(~x ā²) = Ļ(~x),
e dato che d3yā² = d3y, ne segue che deve essere,
g(~x ā², ~y ā²) = g(~x, ~y),
per una qualsiasi rototraslazione. Scegliendo R = 1 e ~a = ā~y si ottiene allora,
g(~x, ~y) = g(~xā ~y, 0) ā” g(~xā ~y),
mentre lāinvarianza per rotazioni impone poi che g(~x) dipenda solo da |~x|. La (6.7) si
riduce allora a,
F (~x) =
ā«d3y g(~xā ~y) Ļ(~y), g(~x) = g(|~x|). (6.8)
22Si noti che la funzione g deve essere indipendente dal sistema di riferimento, perche in caso contrarioun osservatore in un altro sistema di riferimento potrebbe accorgersi di essere stato rototraslato. In altreparole, deve valere g(~x ā², ~y ā²) = g(~x, ~y), e non gā²(~x ā², ~y ā²) = g(~x, ~y).
160
Ricordando la definizione della convoluzione, vedi paragrafo 2.3.2, si riconosce che questa
formula puo essere riscritta in modo compatto come,
F = g ā Ļ. (6.9)
Posta in questa forma la soluzione F apparterra effettivamente a S ā², purche anche g
appartenga a S ā². Ricordiamo, infatti, che la convoluzione tra una distribuzione e una
funzione di test definisce sempre una distribuzione.
La funzione di Green. Data la (6.8), lāequazione di Poisson si trasforma ora in unāe-
quazione per g,
āā2F (~x) = āā«
d3yā2g(~xā ~y) Ļ(~y) = Ļ(~x).
Per lāarbitrarieta della Ļ dovra dunque valere,
āā2g(~xā ~y) = Ī“3(~xā ~y),
ovvero, piu semplicemente,
āā2g(~x) = Ī“3(~x). (6.10)
Questa equazione identifica g come la funzione di Green associata allāequazione (6.4),
chiamata talvolta anche āpropagatoreā, o ākernel integraleā dellāequazione. Il metodo
della funzione di Green consiste nel risolvere esplicitamente lāequazione per il kernel (6.10),
e di scrivere la soluzione dellāequazione di partenza nella forma integrale (6.8). Lāefficacia
del metodo risiede nel fatto che esso riconduce la soluzione della (6.4), che a priori dovrebbe
essere risolta per ogni Ļ separatamente, alla soluzione di una sola equazione: lāequazione
del kernel (6.10).
Lāinverso del Laplaciano. La particolare forma della soluzione (6.9), (6.10) permette
di dare unāinterpretazione alternativa a g. Infatti, come qualsiasi kernel integrale anche
g induce un operatore lineare O nello spazio delle funzioni su R3, definito da,
Ļ ā O Ļ = g ā Ļ.
Alla luce dellāidentita,
āā2O Ļ = āā2(g ā Ļ) = ā(ā2g) ā Ļ = Ī“3 ā Ļ = Ļ,
161
lāoperatore O costituisce un inverso dellāoperatore āā2. Per questo motivo si dice anche
che il kernel g āinverte il Laplacianoā, e formalmente si scrive,
1
āā2= g.
Ci siamo dunque ricondotti alla soluzione del sistema,
āā2g(~x) = Ī“3(~x), g(~x) = g(|~x|), g ā S ā². (6.11)
In realta conosciamo gia una soluzione di questo sistema, vedi (2.53),
g(~x) =1
4Ļ|~x| . (6.12)
Ma essa e anche unica, modulo lāaggiunta di una costante additiva. Infatti, come faremo
vedere sotto, lāequazione omogenea associata alla (6.11),
ā2g = 0,
ammette come unica soluzione invariante per rotazioni la costante. Ma e facile vedere che
lāaddizione di una costante alla (6.12), porta a una F che non svanisce allāinfinito.
Sostituendo la (6.12) nella (6.8) possiamo allora affermare che una soluzione particolare
dellāequazione di Poisson e data da,
F (~x) =1
4Ļ
ā«d3y
1
|~xā ~y| Ļ(~y), (6.13)
espressione che riproduce correttamente il potenziale elettrico creato da una densita di
carica statica. Resta da verificare la validita della condizione asintotica (6.5). Per fare
questo valutiamo il limite,
lim|~x|āā
|~x|F (~x) =1
4Ļlim|~x|āā
ā«d3y
|~x||~xā ~y| Ļ(~y) =
1
4Ļ
ā«d3y Ļ(~y) =
Q
4Ļ,
dove Q e la ācaricaā totale, finita, perche Ļ e a supporto compatto. Asintoticamente F
va quindi a zero come,
F (~x) ā¼ Q
4Ļ|~x| . (6.14)
Infine facciamo notare che la formula risolutiva (6.13), assieme allāandamento asintoti-
co (6.14), possono restare validi anche se Ļ non appartiene ad S, ma e, per esempio, della
forma piu singolare (6.6). In questo caso la (6.13) si riduce infatti allāespressione nota,
F (~x) =ā
r
er
4Ļ|~xā ~yr| ā¼ā
r er
4Ļ|~x| , per |~x| ā ā.
162
6.1.2 Validita della soluzione e soluzione generale
Affrontiamo ora la questione della validita della soluzione (6.13), ovvero della (6.9),
F = g ā Ļ, (6.15)
in generale. Ricordiamo che avevamo richiesto F ā S ā² e Ļ ā S. Come osservato sopra,
la funzione di Green (6.12) appartiene ad S ā², e di conseguenza la convoluzione in (6.15)
definisce effettivamente un elemento di S ā², se Ļ appartiene ad S. Per di piu in questo
caso la convoluzione equivale proprio allāintegrale (6.13). Tuttavia, come abbiamo fatto
notare nel paragrafo precedente, in diversi casi di interesse fisico Ļ non appartiene a
S. In Elettrostatica esempi sono la (6.6), oppure certe densita di carica macroscopiche
āsingolariā, come quelle corrispondenti a distribuzioni di carica superficiali, o filiformi. In
questi casi abbiamo,
Ļ ā S ā², Ļ /ā S,
e la (6.15) e a priori priva di senso, perche in generale la convoluzione tra due distribuzioni
non e definita.
Una convoluzione tra due distribuzioni. Per uscire dallāempasse manteniamo per il mo-
mento Ļ ā S, ed eseguiamo la trasformata di Fourier della (6.15), vedi paragrafo 2.3.2,
F (~k) = (2Ļ)3/2 g(~k) Ļ(~k). (6.16)
Sappiamo che la trasformata g sta in S ā², ma possiamo anche valutarla esplicitamente.
Per determinarla in modo spedito procediamo formalmente, cioe, scrivendo lāintegrale
corrispondente ā di per se divergente ā e sfruttando lāinvarianza per rotazioni per porre
~k = (0, 0, k), con k = |~k|. Valutiamo lāintegrale passando in coordinate polari,
g(~k) =1
(2Ļ)3/2
ā«d3x eāi~kĀ·~x 1
4Ļ|~x| =1
(2Ļ)3/2 4Ļ
ā« ā
0
r2dr
ā« 2Ļ
0
dĻ
ā« 1
ā1
d cos Ļ eāi cos Ļrk 1
r
=i
2 (2Ļ)3/2 k
ā« ā
0
dr(eāikr ā eikr
)=
i
2 (2Ļ)3/2 k
ā« ā
āādx eāikx Īµ(x)
=i
2 (2Ļ) kĪµ (k), .
Nellāultimo passaggio abbiamo introdotto la trasformata di Fourier della funzione segno,
Īµ(x) = H(x)āH(āx),
Īµ (k) =1ā2Ļ
ā« ā
āādx eāikx Īµ(x) = āi
ā2
ĻP
(1
k
),
163
dove P indica la āparte principaleā. Dato che k e positivo si ottiene in definitiva,
g(~k) =1
(2Ļ)3/2|~k|2ā S ā², (6.17)
e quindi,
F (~k) =1
|~k|2Ļ(~k). (6.18)
Si noti in particolare lāesatta corrispondenza tra le relazioni (6.17), (6.18), e le trasformate
di Fourier delle equazioni (6.10), (6.4).
A questo punto notiamo, pero, che il membro di destra della (6.18) ā e piu in generale
della (6.16) ā ha senso anche se g ā S ā² e Ļ ā OM23, perche il prodotto di una generica
distribuzione con una funzione in OM definisce sempre una distribuzione, vedi paragrafo
2.3.2. Dāaltra parte, per il teorema di PaleyāWiener 24 la trasformata di Fourier di una
generica distribuzione Ļ ā S ā² a supporto compatto, appartiene a OM . Di conseguenza, per
una tale Ļ il membro di destra della (6.18) costituisce una distribuzione in S ā². In questo
caso possiamo allora definire F come lāantitrasformata di Fourier del membro di destra
della (6.18).
In conclusione, lāespressione formale (6.15), definita come lāantitrasformata di Fourier
del membro di destra della (6.16), costituisce una soluzione della (6.4) con F ā S ā², purche
Ļ sia una distribuzione a supporto compatto. Tali sono in particolare tutte le distribuzioni
statiche di carica realizzate in natura.
Unicita della soluzione ed equazione di Laplace. Per concludere discutiamo brevemen-
te la soluzione generale della (6.4), indipendentemente dalla condizione asintotica (6.5).
Per ottenere la soluzione generale dellāequazione di Poisson e sufficiente aggiungere alla
soluzione particolare (6.13), la soluzione generale F0 dellāequazione omogenea associata,
ovvero dellāequazione di Laplace,
ā2F0(~x) = 0. (6.19)
Questa equazione ammette in effetti infinite soluzioni, ma nessuna di queste svanisce
allāinfinito. Per provarlo troviamo la soluzione generale per F0 ā S ā²(R3). A questo scopo
23Ricordiamo che con OM (RD) si intende lo spazio delle funzioni Cā su RD, polinomialmente limitateassieme a tutte le loro derivate parziali.
24Vedi per esempio, M. Reed e B. Simon, Methods of Modern Mathematical Physics ā I FunctionalAnalysis, Academic Press, New York, 1980.
164
e conveniente eseguire la trasformata di Fourier della (6.19),
|~k|2 F0(~k) = 0, (6.20)
e sfruttare il teorema sulle distribuzioni con supporto in un punto, vedi paragrafo 2.3.2.
Lāequazione appena scritta implica, infatti, che F0(~k) ha come supporto lāorigine ~k = 0.
Essa e dunque necessariamente una combinazione lineare finita della Ī“3(~k) e delle sue
derivate. Avremo cioe,
F0(~k) =Nā
n=1
Ci1Ā·Ā·Ā·ināi1 Ā· Ā· Ā· āinĪ“3(~k), (6.21)
dove i Ci1Ā·Ā·Ā·in sono tensori costanti completamente simmetrici. Inserendo questa espres-
sione nella (6.20) si trova che, affinche F0(~k) sia soluzione, e necessario e sufficiente che i
coefficienti siano a traccia nulla, vedi il problema analogo per lāequazione di DāAlembert
in sezione 5.2,
Ī“i1i2 C i1Ā·Ā·Ā·in = 0. (6.22)
Esistono quindi effettivamente infinite soluzioni. Tuttavia, eseguendo lāantitrasformata di
Fourier della (6.21), si ottiene semplicemente il polinomio,
F0(~x) =1
(2Ļ)3/2
Nān=1
(āi)nCi1Ā·Ā·Ā·inxi1 Ā· Ā· Ā·xin , (6.23)
che allāinfinito diverge. Concludiamo che lāequazione di Laplace non ammette soluzioni
che svaniscono allāinfinito, esclusa la soluzione banale F0 = 0.
Infine, per dimostrare lāunicita della soluzione del sistema (6.11), facciamo vedere che
lāequazione di Laplace non ammette soluzioni invarianti per rotazioni, a parte la costante.
A questo scopo e conviente introdurre una base di soluzioni alternativa alle (6.23), che
si ottiene risolvendo la (6.19) in coordinate polari. Scrivendo il Laplaciano come nel
problema 5.7, e infatti immediato vedere che la base di soluzioni che ne risulta e data da,
F lm0 (~x) = rl Ylm(Ļ, Ļ), (6.24)
dove le Ylm sono le armoniche sferiche, e r = |~x|. Contando le potenze di ~x nella (6.23),
si vede che lāindice l della base (6.24) si identifica direttamente con lāintero n della base
(6.23). Usando la base F lm0 si vede poi che lāunica soluzione dellāequazione di Laplace
invariante per rotazioni, ovvero, indipendente dagli angoli, e F 000 , che e una costante.
165
Metodo della funzione di Green in generale. Il metodo della funzione di Green si gene-
ralizza facilmente a unāequazione differenziale lineare in uno spazio Dādimensionale, che
coinvolge un arbitrario operatore polinomiale nelle derivate parziali P (ā),
P (ā) F = Ļ.
Secondo lāesempio appena svolto la funzione di Green g associata a questa equazione deve
soddisfare lāequazione del kernel,
P (ā) g(x) = Ī“D(x),
e la soluzione si scrive come,
F = g ā Ļ.
Infatti, ricordando le proprieta della convoluzione riportate nel paragrafo 2.3.2 si trova,
P (ā) F = P (ā) (g ā Ļ) = P (ā) g ā Ļ = Ī“D ā Ļ = Ļ.
6.2 Il campo generato da una corrente generica
Cerchiamo ora di applicare il metodo della funzione di Green per risolvere lāequazione di
Maxwell in presenza di una generica corrente conservata, in gauge di Lorentz,
2AĀµ = jĀµ, (6.25)
āĀµAĀµ = 0. (6.26)
Come anticipato cercheremo non la soluzione generale, ma il campo generato causalmente
dalla corrente jĀµ. Per il momento per definitezza assumeremo che sia,
AĀµ ā S ā² ā” S ā²(R4), jĀµ ā S ā” S(R4). (6.27)
Ricordiamo tuttavia che ā come nel caso dellāequazione di Poisson ā la corrente di un siste-
ma di particelle puntiformi in realta non sta in S, ma in S ā². Anche nel caso dellāequazione
di Maxwell, alla fine dovremo allora affrontare il problema di come estendere la soluzione
al caso āfisicoā ā in cui jĀµ ā S ā². La differenza principale tra la (6.25) e lāequazione di
Poisson e essenzialmente che la seconda vive in tre dimensioni spaziali, mentre la prima
166
e formulata nello spazio quadrimensionale di Minkowski: il suo gruppo di invarianza sara
quindi il gruppo di Poincare, in sostituzione del gruppo delle rototraslazioni.
Ci occuperemo prima della soluzione della (6.25), e imporremo poi la gauge di Lorentz
alle soluzioni trovate. Per la linearita congiunta in AĀµ e jĀµ dellāequazione di Maxwell,
cerchiamo ora una soluzione della forma,
AĀµ(x) =
ā«d4y G(x, y) jĀµ(y), (6.28)
dove la funzione di Green G(x, y) e una funzione incognita delle coordinate spazioā
temporali xĀµ e yĀµ. Come prima cosa vediamo allora quali sono i vincoli imposti a questa
funzione dalla richiesta di covarianza sotto trasformazioni di Poincare. Cambiando sistema
di riferimento,
xĀµ ā xā²Āµ = ĪĀµĪ½x
Ī½ + aĀµ,
abbiamo,
Aā²Āµ(xā²) =
ā«d4yā² G(xā², yā²)jā²Āµ(yā²),
e dato che si ha,
Aā²Āµ(xā²) = ĪĀµĪ½A
Ī½(x), jā²Āµ(yā²) = ĪĀµĪ½j
Ī½(y), d4yā² = d4y,
segue facilmente,
AĪ½(x) =
ā«d4y G(xā², yā²)jĪ½(y).
Confrontando con la (6.28) concludiamo allora che G deve essere invariante per trasfor-
mazioni di Poincare, cioe 25,
G(Īx + a, Īy + a) = G(x, y), ā ĪĀµĪ½ ā SO(1, 3)c, ā aĀµ ā R4.
Scegliendo ĪĀµĪ½ = Ī“Āµ
Ī½ , e aĀµ = āyĀµ si ottiene,
G(x, y) = G(xā y, 0) ā” G(xā y).
25Come nel caso dellāequazione di Poisson la quantita G(x, y) va considerata non come un camposcalare in x e y, ma come una funzione invariante di x e y, con una dipendenza funzionale ben definita.Questa funzione deve essere la stessa in ogni sistema di riferimento, altrimenti due correnti con la stessadipendenza funzionale in due diversi sistemi di riferimento, darebbero luogo a potenziali con dipendenzefunzionali diverse, in contrasto con il principio di relativita einsteiniana. In altre parole, deve valereG(xā², yā²) = G(x, y), e non Gā²(xā², yā²) = G(x, y).
167
Scegliendo poi aĀµ = 0 e ĪĀµĪ½ generico, si trova che G(x) deve essere invariante per
trasformazioni di Lorentz proprie 26,
G(Īx) = G(x), āĪĀµĪ½ ā SO(1, 3)c. (6.29)
In particolare vediamo allora che la (6.28) puo essere scritta nella forma prevista dal
metodo della funzione di Green,
AĀµ(x) =
ā«d4y G(xā y) jĀµ(y), (6.30)
ovvero, in notazione compatta,
AĀµ = G ā jĀµ. (6.31)
Sostituendo infine la (6.30) nella (6.25) si trova,
2AĀµ(x) =
ā«d4y 2G(xā y) jĀµ(y) = jĀµ(x),
che comporta per la funzione di Green lāequazione,
2G(x) = Ī“4(x). (6.32)
La soluzione dellāequazione di Maxwell e quindi ricondotta alla soluzione di questa equa-
zione, compatibilmente con il vincolo (6.29).
Tuttavia, si puo vedere che le condizioni (6.29) e (6.32) non determinano ancora la
funzione di Green univocamente. Aggiungiamo a questo punto una richiesta fisica, concer-
nente la propagazione causale del campo elettromagnetico: richiediamo che il potenziale
AĀµ(x) nel punto x non possa dipendere dai valori della corrente jĀµ(y) in punti y che sono
temporalmente successivi a x, ovverosia, punti per cui x0 < y0. Questo vuol dire che deve
essere G(xā y) = 0 per x0 < y0, ovvero,
G(x) = 0, ā t < 0.
Vedremo che con questa richiesta aggiuntiva le (6.29) e (6.32) ammettono unāunica solu-
zione. La funzione di Green risultante viene chiamata āfunzione di Green ritardataā, e
viene indicata con Gret.
26Tra un attimo spiegheremo il motivo per cui G non puo essere invariante sotto lāintero gruppo diLorentz.
168
Per spiegare la nomenclatura osserviamo che in certe analisi teoriche si introduce anche
la āfunzione di Green avanzataā, definita da,
Gadv(x) = 0, ā t > 0, (6.33)
alla quale si puo associare la soluzione formale,
AĀµadv = Gadv ā jĀµ.
Tuttavia, non rispettando la causalita questa soluzione non giochera nessun ruolo nella
nostra trattazione.
6.2.1 La funzione di Green ritardata
La funzione di Green ritardata e definita dalle condizioni,
2G(x) = Ī“4(x), (6.34)
G(Īx) = G(x), āĪ ā SO(1, 3)c, (6.35)
G(x) = 0, ā t < 0. (6.36)
Prima di procedere alla soluzione di questo sistema di equazioni, dimostriamo che la
soluzione, se esiste e, unica.
Unicita della funzione di Green. Per dimostrare lāunicita della funzione di Green e
sufficiente dimostrare che non esistono soluzioni dellāequazione delle onde ā lāequazione
omogenea associata ā
2F = 0, (6.37)
soddisfacenti (6.35) e (6.36). Determineremo prima tutte le soluzioni della (6.37) soddi-
sfacenti la (6.35), ovvero F (Īx) = F (x), e alla fine imporremo la (6.36). Per eseguire
questa analisi e conveniente passare in trasformata di Fourier, F (x)ā F (k). La Lorentzā
invarianza di F (x) si traduce allora semplicemente nella Lorentzāinvarianza di F (k), come
funzione di kĀµ. Infatti, eseguendo il cambiamento di variabili x = Īy, d4x = d4y, si ha,
F (Īk) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāi ĪkĀ·xF (x) =
1
(2Ļ)2
ā«d4y eāi ĪkĀ·ĪyF (Īy)
=1
(2Ļ)2
ā«d4y eāi kĀ·yF (y) = F (k).
169
Dobbiamo dunque risolvere il sistema,
k2F (k) = 0, F (Īk) = F (k), āĪ ā SO(1, 3)c.
In realta lāequazione delle onde e stata risolta in tutta generalita in sezione 5.2, e possiamo
quindi ricorrere ai risultati di quella sezione. Avevamo trovato che le soluzioni cadono in
due classi, rispettivamente,
FI = Ī“(k2)f(k) (6.38)
FII =Nā
n=1
CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn āĀµ1 Ā· Ā· Ā· āĀµnĪ“4(k), CĪ½Ī½Āµ3Ā·Ā·Ā·Āµn = 0, (6.39)
dove i tensori CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn sono completamente simmetrici. Si tratta allora di selezionare da
ciascuna di queste classi le soluzioni Lorentzāinvarianti. Per quanto riguarda le soluzioni
di tipo I osserviamo che, per lāinvarianza per rotazioni spaziali, f puo dipendere solo da
k0 = Ā±|~k|. Ma le uniche funzioni di k0 Lorentzāinvarianti sul cono luce, sono la costante
e la funzione segno Īµ(k0). Tenendo conto della condizione di realta F ā(k) = F (āk), si
ottengono cosı le due soluzioni linearmente indipendenti,
F1 = Ī“(k2), F2 = i Īµ(k0) Ī“(k2).
Per quanto riguarda invece le soluzioni di tipo II osserviamo che lāinvarianza di Lorentz
impone che i tensori completamente simmetrici CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn devono essere tensori Lorentzā
invarianti. I tensori di rango dispari devono allora essere nulli, mentre quelli di rango
pari devono essere proporzionali al prodotto completamente simmetrizzato di metriche di
Minkowski. Deve essere, cioe,
CĀµ1Ā·Ā·Ā·Āµn = an Ī·(Āµ1Āµ2 Ā· Ā· Ā· Ī·Āµnā1Āµn),
dove gli an sono costanti. Ma questi tensori devono essere anche a traccia nulla, vedi
(6.39),
CĪ½Ī½Āµ3Ā·Ā·Ā·Āµn =
(n + 2) an
nā 1Ī·(Āµ3Āµ4 Ā· Ā· Ā· Ī·Āµnā1Āµn) = 0.
Ne segue che deve essere an = 0 per n 6= 0. Per n = 0 otteniamo invece una terza soluzione
indipendente,
F3 = Ī“4(k).
170
Si noti che queste tre soluzioni si possono ottenere formalmente dalla (5.29), scegliendo
rispettivamente Īµ(~k) = 1, i, Ļ Ī“3(~k). Le antitrasformate delle Fi possono essere valutate
analiticamente, e noi le riportiamo senza dimostrazione:
F1 = ā 1
ĻP
(1
x2
),
F2 = āĪµ(t) Ī“(x2),
F3 =1
(2Ļ)2,
dove āPā indica la parte principale rispetto alla variabile x0. Si vede che tutte e tre le
soluzioni sono invarianti per SO(1, 3)c, come da costruzione, ma nessuna di esse soddisfa
la condizione di causalita (6.36). La funzione di Green ritardata, se esiste, e quidi unica.
Determinazione della funzione di Green ritardata. Determiniamo ora la soluzione del
sistema (6.34)ā(6.36). Notiamo innanzitutto che lāinvarianza per rotazioni spaziali,
G(t,R ~x) = G(t, ~x), ā R ā SO(3),
implica che G puo dipendere da ~x solo attraverso la variabile r = |~x|,
G = G(t, r).
Poniamoci ora nella regione ~x 6= 0, t arbitrario. In questa regione si deve avere 2G = 0.
Per ~x 6= 0 e lecito usare coordinate polari, e scrivere il Laplaciano come nel problema 5.7.
Sfruttando il fatto che G non dipende dagli angoli si ottiene allora,
2G =
(ā2
t ā1
rā2
r r
)G =
1
r
(ā2
t ā ā2r
)(rG) = 0, (6.40)
che corrisponde allāequazione delle onde in una dimensione. Ricordando la forma della
sua soluzione generale, vedi problema 5.8, abbiamo dunque,
G(t, r) =1
r(f(tā r) + g(t + r)) ,
dove f e g sono funzioni arbitrarie di una variabile. Ma siccome G deve annullarsi ā t < 0
dobbiamo scegliere g = 0, e restiamo con,
G =1
rf(tā r).
171
Per determinare f imponiamo ora che G soddisfi lāequazione del kernel (6.34) āin tutto
lo spazioā, ovvero, nel senso delle distribuzioni,
ā2t Gāā2G = Ī“3(~x) Ī“(t). (6.41)
Indicando la derivata della f rispetto al suo argomento con un āprimoā, abbiamo intanto,
ā2t G =
1
rf ā²ā²(tā r).
Per valutare invece il Laplaciano occorre procedere con un poā di cautela, per via della
singolarita in r = 0 del fattore 1/r. Possiamo comunque applicare la regola di Leibnitz per
le derivate, se supponiamo che f(tā r) sia regolare in r = 0, proprieta che verificheremo
a posteriori,
ā2G =
(ā2 1
r
)f(tā r) +
1
rā2f(tā r) + 2
(~ā 1
r
)Ā·(
~ā f(tā r))
.
Per funzioni invarianti per rotazioni e regolari in r = 0, possiamo usare la forma del
Laplaciano utilizzata in (6.40). Abbiamo quindi,
ā2f(tā r) =1
rā2
r (rf(tā r)) = f ā²ā²(tā r)ā 2
rf ā²(tā r).
Ricordiamo poi che nel senso delle distribuzioni si ha,
~ā 1
r= ā ~x
r3, ā2 1
r= ā4Ļ Ī“3(~x),
e che
~āf(tā r) = ā~x
rf ā²(tā r).
Si vede allora che le derivate prime di f si cancellano e rimane,
ā2G = ā4Ļ Ī“3(~x) f(t) +1
rf ā²ā²(tā r).
La (6.41) si riduce allora a,
(ā2
t āā2)G = 4ĻĪ“3(~x)f(t) = Ī“3(x) Ī“(t),
e quindi deve essere,
f(t) =1
4ĻĪ“(t).
172
Concludiamo che la funzione di Green ritardata e data da,
Gret =1
4ĻrĪ“(tā r). (6.42)
Questa espressione soddisfa la (6.36), ma non sembra soddisfare (6.35). In realta, ricor-
dando lāidentita,
Ī“(x2) = Ī“(t2 ā r2) =1
2r[Ī“(tā r) + Ī“(t + r)] ,
possiamo riscrivere la (6.42) nella forma manifestamente Lorentzāinvariante,
Gret =1
2ĻH(x0) Ī“(x2). (6.43)
Analogamente per la funzione di Green avanzata (6.33) si otterrebbe,
Gadv =1
4ĻrĪ“(t + r) (6.44)
=1
2ĻH(āx0) Ī“(x2). (6.45)
In definitiva abbiamo dunque ottenuto due funzioni di Green soddisfacenti (6.34) e (6.35),
entrambi appartenenti ad S ā², vedi problema 6.1. In particolare vale quindi,
2Gret = Ī“4(x),
2Gadv = Ī“4(x).
A priori avremmo quindi potuto scegliere come funzione di Green qualsiasi combinazione
del tipo,
G = Ī± Gret + (1ā Ī±) Gadv, 2G = Ī“4(x),
con Ī± numero reale arbitrario, ma la condizione di causalita (6.36) seleziona il valore
Ī± = 1 ! Dāora in poi al posto di Gret scriveremo semplicemente G.
Osserviamo inoltre che cāe un semplice legame tra i kernel avanzati e ritardati, e il
kernel antisimmetrico D introdotto nel paragrafo 5.2.1, vedi (5.43). Vale infatti,
D = Gret āGadv, (6.46)
da cui discende immediatamente lāequazione caratteristica del kernel antisimmetrico,
2D = 0,
che lo identifica come āpropagatoreā delle onde elettromagnetiche libere.
173
6.2.2 Il potenziale vettore ritardato
Inserendo la (6.43) nella (6.30) otteniamo cosı il āpotenziale ritardatoā AĀµ ā” AĀµret,
AĀµ(x) =1
2Ļ
ā«d4y H(x0 ā y0) Ī“((xā y)2)jĀµ(y), (6.47)
in forma covariante a vista. Usando invece la (6.42) possiamo integrare sulla coordinata
y0 e riscriverlo come,
AĀµ(t, ~x) =1
4Ļ
ā«d4y
1
|~xā ~y| Ī“(tā y0 ā |~xā ~y|) jĀµ(y0, ~y)
=1
4Ļ
ā«d3y
1
|~xā ~y| jĀµ(tā |~xā ~y|, ~y). (6.48)
In seguito faremo uso sia della (6.47) che della (6.48); la prima scrittura ha il pregio di
essere manifestamente Lorentzāinvariante, la seconda quello di contenere unāintegrazione
in meno.
Resta allora da imporre la condizione di gaugeāfixing (6.26), che abbiamo lasciato in
sospeso. La soluzione appena scritta, con i criteri imposti, ha il carattere di unicita. Per
consistenza la condizione di Lorentz dovrebbe allora essere soddisfatta automaticamente.
In realta questo e quello che succede. Per farlo vedere e sufficiente ricorrere alla (6.31) e
usare le proprieta della convoluzone del paragrafo 2.3.2,
āĀµAĀµ = āĀµ(G ā jĀµ) = G ā āĀµj
Āµ = 0,
dove abbiamo sfruttato la conservazione della quadricorrente. Si noti che il potenziale
AĀµ = G ā jĀµ soddisfa la gauge di Lorentz indipendentemente dalla forma di G.
Funzioni di Green e causalita. Analizziamo ora brevemente la struttura causale della
soluzione (6.47). Abbiamo derivato questa formula imponendo la ācondizione minimaleā
che la funzione di Green si annulli per tempi negativi, assicurando cosı che eventi futuri
non possano influenzare eventi passati. Dāaltra parte una semplice richiesta di questo
tipo e in palese conflitto con la Relativita Ristretta, perche in generale lāordinamento
temporale tra due eventi non viene preservato da una trasformazione di Lorentz. Per
preservare lāordinamento temporale bisogna imporre una condizione ulteriore, cioe, che
due eventi possano influenzarsi solo se sono a distanza di tipo tempo o nullo. Infatti,
174
secondo la causalita relativistica un evento y puo influenzare un evento x, solo se valgono
le due condizioni,
(xā y)2 ā„ 0, x0 ā„ y0,
che definiscono il cone luce futuro di y ā insieme che sappiamo essere invariante sotto
trasformazioni di Lorentz proprie, vedi paragrafo 5.3.3. Lāevento y puo quindi influenzare
lāevento x, solo se x appartiene al cono luce futuro di y. Corrispondentemente una generica
funzione di Green causale e relativistica deve godere delle proprieta minimali,
G(x) = 0, ā t < 0.
G(x) = 0, ā x2 < 0.
La funzione di Green (6.43) dellāequazione di Maxwell non solo possiede queste proprieta,
ma e anche supportata interamente sul bordo del cono luce. Come conseguenza nella
(6.47) il potenziale vettore in un punto x e causalmente connesso solo con punti y della
corrente che stanno a distanze di tipo luce da x, e che appartengono al passato di x.
Concludiamo che nel campo elettromagnetico lāinformazione si propaga dalle particelle
cariche al punto di osservazione con la velocita della luce, e non viceversa. Vedremo
che sara proprio questa asimmetria per inversione temporale, imposta dalla causalita, a
dar luogo ā in ultima analisi ā al fenomeno dellāirraggiamento, ovvero, dellāemissione di
radiazione da parte di particelle cariche accelerate. Nel paragrafo 6.4.3 vedremo, infatti,
che per via di questa asimmetria le particelle accelerate emettono energia ā e non la
assorbono.
Il ritardo. Concludiamo questo paragrafo con un ulteriore commento sulla struttura
relativistica della (6.48), confrontandola con la soluzione (6.13) dellāequazione di Poisson.
Riportiamo la (6.13) nellāinterpretazione dellāElettrostatica, āaccendendoā il tempo,
A0(t, ~x) =1
4Ļ
ā«d3y
1
|~xā ~y| j0(t, ~y). (6.49)
Per confrontare questa espressione con la (6.48) riscriviamo anche questāultima, reinse-
rendo le potenze della velocita della luce. Risulta,
AĀµ(t, ~x) =1
4Ļ
ā«d3y
1
|~xā ~y| jĀµ
(tā |~xā ~y|
c, ~y
).
175
Vediamo che lāunica differenza tra le due formule e la comparsa del āritardoā ā |~xā~y|c
, nel-
lāargomento temporale della corrente. Questo termine corrisponde esattamente al tempo
che la luce impiega per passare dal punto ~y in cui e situata la carica, al punto di osser-
vazione ~x, dove si valuta il campo. Il campo allāistante t nel punto ~x dipende quindi dal
valore della corrente nel punto ~y, allāistante āritardatoā tā² = t ā |~xā~y|c
. Nel potenziale
elettrostatico (6.49) si suppone, invece, unāinterazione non locale a distanza, e il ritardo
viene trascurato.
6.2.3 Validita della soluzione e trasformata di Fourier
In questo paragrafo discuteremo brevemente i limiti di validita della soluzione formale
(6.47), o alternativamente della (6.31), date le singolarita presenti necessariamente in una
corrente jĀµ di particelle puntiformi.
Dato che G ā S ā², la soluzione (6.31),
AĀµ = G ā jĀµ, (6.50)
e in effetti ben definita in S ā², purche jĀµ stia in S, come supposto in (6.27). Ma in realta
sappiamo che le correnti fisiche non stanno in S, ma in S ā², e per di piu questa volta esse
non sono nemmeno a supporto a compatto ā come succedeva invece nel caso dellāequazione
di Poisson ā semplicemente perche la corrente jĀµ in generale e diversa da zero per qualsiasi
āā < t < +ā ! Non possiamo quindi piu applicare il teorema di PaleyāWiener, come
in sezione 6.1. Ciononostante, come in quel caso possiamo cercare di dare un senso alla
(6.50), passando in trasformata di Fourier. Senza dimostrazione riportiamo le formule per
le trasformate di Fourier in S ā² dei kernel ritardati e avanzati,
Gret(k) = ā 1
(2Ļ)2
(P
(1
k2
)+ i Ļ Īµ(k0) Ī“(k2)
)(6.51)
Gadv(k) = ā 1
(2Ļ)2
(P
(1
k2
)ā i Ļ Īµ(k0) Ī“(k2)
). (6.52)
Si noti, comunque, la compatibilita di queste formule con la trasformata di Fourier
dellāequazione del kernel (6.32), e con le (5.42), (6.46).
A questo punto possiamo eseguire esplicitamente la trasformata di Fourier della (6.50),
AĀµ(k) = (2Ļ)2 Gret(k) j Āµ(k) = ā(
P
(1
k2
)+ i Ļ Īµ(k0) Ī“(k2)
)j Āµ(k). (6.53)
176
Come anticipato sopra, la trasformata della corrente, j Āµ(k), in generale non appartiene
ad OM , e quindi non e garantito che il prodotto a secondo membro sia ben definito. Illu-
striamo la situazione, considerando la corrente di una particella carica in moto rettilineo
uniforme, yĀµ(Ī») = uĀµ Ī»,
jĀµ(x) = e uĀµ
ā«dĪ» Ī“4(xā uĪ»).
La sua trasformata di Fourier e facile da valutare,
j Āµ(k) =e uĀµ
(2Ļ)2
ā«d4x eāikĀ·x
ā«dĪ» Ī“4(xā uĪ») =
e uĀµ
(2Ļ)2
ā«dĪ» eāikĀ·u Ī» =
e uĀµ
2ĻĪ“(u Ā· k),
e come si vede, essa non appartiene a OM , bensı a S ā². Ciononostante, in certi casi il
prodotto formale (6.53), ovvero lāespressione,
AĀµ(k) = āe uĀµ
2Ļ
(P
(1
k2
)+ i Ļ Īµ(k0) Ī“(k2)
)Ī“(u Ā· k), (6.54)
possono essere comunque ben definiti in S ā². Per vedere quando questo succede conside-
riamo separatamente i casi di particelle massive, e particelle prive di massa.
a) Traiettorie di tipo tempo. Per una particella massiva la traiettoria e di tempo, e
possiamo porci nel suo sistema di riferimento a riposo. In questo sistema abbiamo uĀµ =
(1, 0, 0, 0) e Ī“(u Ā· k) = Ī“(k0). Il secondo termine del prodotto (6.54) e allora nullo, in
quanto,
Īµ(k0) Ī“(k2) Ī“(u Ā· k) =1
2|~k|(Ī“(k0 ā |~k|)ā Ī“(k0 + |~k|)
)Ī“(k0) = 0. (6.55)
La (6.54) si riduce allora a,
AĀµ(k) = āP
(1
k2
)e uĀµ
2ĻĪ“(k0) =
e uĀµ
2Ļ|~k|2Ī“(k0),
che appartiene effettivamente a S ā². In realta in questo caso e anche immediato determinare
lāantitrasformata di Fourier di AĀµ(k) esplicitamente ā si veda la (6.17) ā per ottenere il
noto potenziale coulombiano,
AĀµ(x) =e uĀµ
4Ļ|~x| . (6.56)
Similmente si puo vedere che il prodotto (6.53) definisce una distribuzione temperata, se la
corrente jĀµ(x) corrisponde a unāarbitraria linea dāuniverso di tipo tempo. E in questi casi
vedremo esplicitamente che anche le rappresentazioni integrali (6.47) e (6.48) sono sempre
177
ben definite ā motivo per cui dāora in poi ci serviremo sempre di queste rappresentazioni
esplicite.
b) Traiettorie di tipo luce. Per una particella carica priva di massa la quadrivelocita
soddisfa u2 = 0, e possiamo metterci nel sistema di riferimento in cui uĀµ = (1, 0, 0, 1),
sicche Ī“(u Ā· k) = Ī“(k0 ā k3). In questo caso avremmo, al posto di (6.55),
Īµ(k0) Ī“(k2) Ī“(u Ā· k) = Īµ(k0) Ī“((k1)2 + (k2)2) Ī“(k0 ā k3).
A questa espressione formale si puo associare un elemento di S ā², ponendo,
Ī“((k1)2 + (k2)2) = Ļ Ī“(k1) Ī“(k2).
Questa identificazione emerge se si applica il primo membro a una funzione di test di
S(R2). Usando coordinate polari bidimensionali (Ļ, Ļ =ā
(k1)2 + (k2)2), si ottiene infatti,ā«
d2k Ī“((k1)2 + (k2)2) Ļ(k1, k2) =
ā« 2Ļ
0
dĻ
ā« ā
0
Ļ dĻ Ī“(Ļ2) Ļ(Ļ, Ļ)
=1
2
ā« 2Ļ
0
dĻ
ā« ā
0
dĻ2 Ī“(Ļ2) Ļ(Ļ, Ļ) = Ļ Ļ(0).
La (6.54) diventerebbe allora,
AĀµ(k) =e uĀµ
2Ļ
(1
(k1)2 + (k2)2ā i Ļ2 Īµ(k3) Ī“(k1) Ī“(k2)
)Ī“(k0 ā k3), (6.57)
che non appartiene a S ā². Infatti, mentre il secondo addendo sta in S ā², la funzione,
1
(k1)2 + (k2)2,
non e localmente integrabile in R4, e non ammette nessuna regolarizzazione in S ā². Per una
particella priva di massa il prodotto (6.53) non costituisce, dunque, una distribuzione. In
questo caso questa formula, e la (6.47), sono prive di senso e devono essere abbandonate
ā insieme al metodo della funzione di Green. Nondimeno vedremo che le (6.25), (6.26)
ammettono soluzioni ben definite nel senso delle distribuzioni, anche per particelle prive di
massa, e le determineremo esplicitamente in sezione 6.3.2 seguendo una strada alternativa.
6.3 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme
Come prima applicazione della formula (6.47), in questa sezione calcoleremo il campo
elettromagnetico creato da una particella carica in moto rettilineo uniforme. Tratteremo
178
separatamente i casi di particelle massive e particelle prive di massa. Nel primo caso
il campo potrebbe essere calcolato anche attraverso una trasformazione di Lorentz dal
sistema a riposo della particella, dove,
~E =e
4Ļ
~x
r3, ~B = 0,
al sistema di riferimento del laboratorio, vedi problema 6.3. Tuttavia, questa procedura
romperebbe lāinvarianza di Lorentz manifesta. Nel secondo caso ā per di piu ā questa pro-
cedura non sarebbe nemmeno applicabile, perche non esiste nessun sistema di riferimento
in cui una particella di massa nulla e a riposo. Nel paragrafo 6.3.2 vedremo comunque
che il campo di una particella priva di massa puo essere dedotto da quello di una parti-
cella massiva, attraverso unāopportuna procedura di limite nel senso delle distribuzioni,
superando cosı le difficolta menzionate alle fine della sezione precedente.
6.3.1 Campo di una particella massiva
Secondo la (6.47) come prima cosa dobbiamo esplicitare la forma della corrente jĀµ(y)
associata a una particella in moto rettilineo uniforme. La linea di universo di una particella
con quadrivelocita costante si scrive,
yĀµ(s) = yĀµ(0) + uĀµ s, u2 = 1,
e se scegliamo lāorigine del sistema di riferimento in modo tale che a t = 0 la particella
passi per lāorigine, abbiamo piu semplicemente,
yĀµ(s) = uĀµ s.
Per la quadricorrente si ottiene allora,
jĀµ(y) = e
ā«ds uĀµĪ“4(y ā y(s)) = e uĀµ
ā«ds Ī“4(y ā u s). (6.58)
Sostituendo nella (6.47) otteniamo allora,
AĀµ(x) =e
2ĻuĀµ
ā«d4y
ā«dsH(x0 ā y0) Ī“((xā y)2) Ī“4(y ā us)
=e
2ĻuĀµ
ā«ds H(x0 ā su0) Ī“((xā us)2)
=e
2ĻuĀµ
ā«ds H(x0 ā su0) Ī“(f(s)). (6.59)
179
Abbiamo definito la funzione di s,
f(s) ā” (xā us)2 = x2 ā 2 s (ux) + s2, (ux) ā” uĀµxĀµ,
sottintendendo la dipendenza da xĀµ e uĀµ. Per valutare lāintegrale della (6.59) dobbiamo
esplicitare la distribuzione Ī“(f(s)) in base alla (2.37), e quindi dobbiamo preventivamente
individuare gli zeri della f . Essendo quadratica f(s) ha due zeri,
sĀ± = (ux)āā
(ux)2 ā x2, f(sĀ±) = 0, (6.60)
entrambi reali. La quantita scalare (ux)2āx2 e, infatti, sempre maggiore o uguale a zero.
Per rendercene conto possiamo sfruttare lāinvarianza di Lorentz e valutarla nel sistema di
riferimento in cui la particella e a riposo, dove si ha uĀµ = (1,~0). Si ottiene allora,
(ux)2 ā x2 = (x0)2 ā ((x0)2 ā |~x|2) = |~x|2 ā„ 0. (6.61)
Secondo la (2.37) abbiamo allora,
Ī“(f(s)) =Ī“(sā s+)
|f ā²(s+)| +Ī“(sā sā)
|f ā²(sā)| . (6.62)
Essendo,
f ā²(s) = 2(sā ux),
abbiamo inoltre,
|f ā²(sĀ±)| = 2ā
(ux)2 ā x2.
Inserendo questi elementi nella (6.59) si ottiene allora,
AĀµ(x) =e
4Ļ
uĀµ
ā(ux)2 ā x2
ā«ds
(H(x0 ā s+u0) Ī“(sā s+) + H(x0 ā sāu0) Ī“(sā sā)
).
Per valutare lāintegrale rimanente dobbiamo studiare i segni di x0āsĀ±u0. Per farlo usiamo
argomenti di covarianza. Se definiamo i quadrivettori,
V ĀµĀ± = xĀµ ā sĀ±uĀµ,
per costruzione questi vettori appartengono al cono luce, V 2Ā± = 0. Il segno delle componen-
ti temporali V 0Ā± = x0āsĀ±u0 e allora un invariante di Lorentz, e possiamo determinarlo nel
riferimento a riposo della particella. In questo riferimento abbiamo, vedi (6.60) e (6.61),
sĀ± = x0 ā |~x| ā V 0Ā± = x0 ā sĀ±u0 = Ā±|~x|.
180
Concludiamo che in qualsiasi riferimento vale,
x0 ā s+u0 > 0, x0 ā sāu0 < 0.
Di conseguenza,
H(x0 ā s+u0) = 1, H(x0 ā sāu0) = 0.
Si ottiene quindi,
AĀµ(x) =e
4Ļ
uĀµ
ā(ux)2 ā x2
, (6.63)
formula manifestamente Lorentzāinvariante. Vediamo in particolare che per la particella
statica, uĀµ = (1, 0, 0, 0), riotteniamo il noto potenziale coulombiano, vedi anche (6.56),
A0 =e
4Ļ|~x| ,~A = 0. (6.64)
Infine possiamo calcolare il campo elettromagnetico. Dato che si ha,
āĀµAĪ½ =e
4Ļ
xĀµ ā uĀµ(ux)
((ux)2 ā x2)3/2uĪ½ , (6.65)
risulta,
F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ =e
4Ļ
xĀµuĪ½ ā xĪ½uĀµ
((ux)2 ā x2)3/2. (6.66)
Contraendo invece nella (6.65) Āµ con Ī½, si verifica che il potenziale soddisfa la gauge di
Lorentz āĀµAĀµ = 0, come da costruzione.
I campi ~E e ~B. Partendo dalla (6.66) analizzeremo ora le proprieta generali dei campi
elettrico e magnetico prodotti da una particella in moto rettilineo uniforme, confrontandoli
in particolare con i campi di una particella non relativistica, v Āæ 1. Analizzeremo poi
questi campi anche nel regime opposto, quello ultrarelativistico, corrispondente a una
particella che si muove con velocita prossima a quella della luce.
Cominciamo con il calcolo di ~E e ~B a partire dalla (6.66),
Ei = F i0 =e
4Ļ
xiu0 ā x0ui
((ux)2 ā x2)3/2=
e u0
4Ļ
xi ā vi t
((ux)2 ā x2)3/2.
Bk = ā1
2ĪµkijF ij = ā1
2
e
4ĻĪµkij xiuj ā xjui
((ux)2 ā x2)3/2=
e u0
4ĻĪµkij vixj
((ux)2 ā x2)3/2
=e u0
4ĻĪµkij vi(xj ā vj t)
((ux)2 ā x2)3/2= ĪµkijviEj. (6.67)
181
Abbiamo, cioe, ripristinando la velocita della luce,
~B =~v
cĆ ~E. (6.68)
In ogni punto il campo magnetico e dunque una semplice funzione del campo elettrico, ed
e quindi sufficiente analizzare questāultimo. In particolare vediamo che rispetto al campo
elettrico il campo magnetico e soppresso di un fattore v/c, in accordo con il fatto che il
secondo rappresenta un effetto dinamico.
Per analizzare la forma del campo elettrico e conveniente introdurre il vettore,
~R = ~xā ~v t,
congiungente in ogni istante t il punto di osservazione ~x con la posizione ~y(t) = ~v t della
particella. Con semplice algebra si trova allora,
(ux)2 ā x2 =R2 + (~v Ā· ~R)2 ā v2R2
1ā v2,
e quindi,
~E =e
4Ļ
(1ā v2)~R
(R2 + (~v Ā· ~R)2 ā v2R2)3/2. (6.69)
Se introduciamo infine lāangolo Ļ tra ~v e ~R, il campo elettrico si puo scrivere come,
~E =(1ā v2)
(1ā v2sen2 Ļ)3/2~Enr, (6.70)
dove abbiamo introdotto il campo coulombiano non relativistico,
~Enr =e
4Ļ
~R
R3.
Analizziamo ora le proprieta del campo elettrico ottenuto. Intanto vediamo che per
ogni t fissato, a grandi distanze ~E decade come 1/r2, come il campo coulombiano non
relativistico, e quindi abbiamo lāandamento asintotico,
F ĀµĪ½ ā¼ 1
r2, per r āā. (6.71)
Inoltre ~E e ancora un campo centrale, cioe, e diretto lungo la retta passante per la posizione
della particella e il punto di osservazione. Tuttavia, questo campo non e piu a simmetria
sferica come il campo coulombiano non relativistico, perche il suo modulo ora dipende
182
dalla direzione. Infatti, per ~R rispettivamente ortogonale (Ļ = Ļ/2) e parallelo (Ļ = 0, Ļ)
a ~v, la (6.70) da per i corrispondenti moduli del campo elettrico,
Eā„ =1ā
1ā v2Enr > Enr, (6.72)
Eā = (1ā v2) Enr < Enr. (6.73)
Lungo la direzione del moto il campo risulta quindi schiacciato, in entrambi i versi, mentre
lungo le direzioni ortogonali al moto il campo risulta potenziato. In particolare, per
velocita che si approssimano alla velocita della luce il primo svanisce, mentre il secondo
va a infinito. Difatti per velocita molto elevate il campo elettromagnetico e praticamente
nullo in tutte le direzioni, tranne per valori di Ļ molti vicini a Ļ/2.
Vista la (6.68), risultati analoghi valgono per il modulo del campo magnetico. Dato
che ~E e radiale, questa formula ci dice inoltre che le linee di campo di ~B sono circonferenze
ortogonali alla traiettoria della particella, e concentriche con essa.
6.3.2 Campo di una particella di massa nulla
Abbiamo dedotto il campo (6.66) nellāipotesi che la velocita della particella sia costante,
ma minore di quella della luce. In questo paragrafo affrontiamo il problema del campo
elettromagnetico generato da una particella carica di massa nulla, che viaggia dunque
con la velocita della luce. Per le peculiarita dei campi di una particella ultrarelativistica,
appena messe in evidenza, ci aspettiamo campi con singolarita molto pronunciate, ai quali
si potra dare senso solo nello spazio delle distribuzioni.
Per una particella che viaggia con la velocita della luce il tempo proprio non e definito,
e dobbiamo parametrizzare la sua linea di universo con un parametro Ī» generico. Se
introduciamo il quadrimomento pĀµ della particella possiamo parametrizzarla secondo,
yĀµ(Ī») = pĀµĪ», p2 = 0, p0 = |~p| > 0,
dove di nuovo abbiamo supposto che per t = 0 la particella passi per lāorigine. La direzione
del moto e allora,
~n =~p
|~p| ,
183
e la traiettoria tridimensionale e data da ~y(t) = ~n t. Per quello che segue e conveniente
definire anche il vettore nullo,
nĀµ = (1, ~n) =pĀµ
p0, n2 = 0.
La quadricorrente della particella e comunque data da,
J Āµ(x) = e pĀµ
ā«Ī“4(xā Ī»p) dĪ» = e nĀµ Ī“3(~xā ~n t),
e il sistema di equazioni da risolvere e,
āĀµFĀµĪ½ = J Ī½ , ā[ĀµFĪ½Ļ] = 0. (6.74)
Una procedura di limite. Vogliamo ora derivare la soluzione di questo sistema dai ri-
sultati del paragrafo precedente, con unāopportuna procedura di limite. Ponendo nella
(6.58) ~v = v ~n e ricordando le (2.40), (2.41) per una particella singola, si vede intanto che
abbiamo il limite in S ā²(R4),
S ā² ā limvā1
jĀµ = J Āµ.
Siccome il tensore F ĀµĪ½ definito in (6.66) soddisfa per costruzione,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , ā[ĀµFĪ½Ļ] = 0,
e siccome le derivate costituiscono operazioni continue in S ā², se esiste il limite di F ĀµĪ½ per
v ā 1 nel senso delle distribuzioni, allora il tensore,
FĀµĪ½ ā” S ā² ā limvā1
F ĀµĪ½ , (6.75)
soddisfa automaticamente le (6.74). Insistiamo sul fatto che questa strategia ha senso solo
se i limiti di cui sopra vengono eseguiti nel senso delle distribuzioni: si noti in particolare
che il limite puntuale di F ĀµĪ½ e nullo quasi ovunque, vedi (6.69).
Affrontiamo ora la determinazione del limite (6.75), partendo non direttamente dal-
la (6.66) ma dallāespressione del potenziale (6.63), che appare piu semplice. Se questo
potenziale ammettesse limite nel senso delle distribuzioni, potremmo infatti scrivere,
S ā² ā limvā1
F ĀµĪ½ = āĀµ(S ā² ā lim
vā1AĪ½
)ā āĪ½
(S ā² ā lim
vā1AĀµ
).
184
Ora, eseguendo il limite puntuale della (6.63) si ottiene in effetti il risultato finito,
limvā1
AĀµ(x) =e
4Ļ
nĀµ
|(n x)| , (nx) = tā ~n Ā· ~x,
ma questa espressione non costituisce una distribuzione! Vedremo tra poco che in realta
il limite di AĀµ nel senso delle distribuzioni non esiste ā in accordo con il fatto che lāespres-
sione (6.57) non costituisce una distribuzione. Sorge allora la domanda se F ĀµĪ½ ammette
effettivamente limite in S ā², oppure no. La risposta puo essere ancora affermativa se la
parte di AĀµ che ādivergeā per v ā 1 in S ā², in qualche modo non contribuisce a F ĀµĪ½ .
A questo proposito ricordiamo in effetti che il potenziale e definito solo modulo una
trasformazione di gauge. Affinche F ĀµĪ½ ammetta un limite ben definito e allora sufficiente
che la parte divergente del potenziale possa essere eliminata con una trasformazione di
gauge. Consideriamo, per esempio, una trasformazione di gauge con parametro,
Ī =e
4Ļln
ā£ā£ā£(ux)āā
(ux)2 ā x2
ā£ā£ā£ . (6.76)
Con un semplice calcolo si trova che il potenziale trasformato, del tutto equivalente a
(6.63) ma non piu soddisfacente la gauge di Lorentz, e dato da,
AĀµ = AĀµ + āĀµĪ =e
4Ļ
(1 +
(ux)ā(ux)2 ā x2
)xĀµ
x2, F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ, (6.77)
dove con 1/x2 intendiamo la sua parte principale. Grazie al limite puntuale,
limvā1
(ux)ā(ux)2 ā x2
= Īµ(nx),
dove Īµ(Ā·) indica la distribuzione segno, non e difficile vedere che il limite distribuzionale
del potenziale trasformato ora e ben definito, e che coincide semplicemente con il suo
limite puntuale,
AĀµ ā” S ā² ā limvā1
AĀµ =e
2Ļ
xĀµ
x2H(nx). (6.78)
Dato che AĀµ ammette limite per v ā 1, mentre nello stesso limite il parametro di gauge Ī
diverge, vedi (6.76), risulta ora anche chiaro perche (6.63) non poteva ammettere limite.
Usando le (6.77), (6.78), possiamo ora determinare il campo elettromagnetico creato
da una particella carica di massa nulla, in moto in direzione ~n,
FĀµĪ½ = S ā² ā limvā1
F ĀµĪ½ = S ā² ā limvā1
(āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ) = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ =e
2Ļ
nĀµxĪ½ ā nĪ½xĀµ
x2Ī“(nx).
185
Per i campi elettrico e magnetico si ottiene allora facilmente,
~E = ā e
2Ļ
~xā ~n t
x2Ī“(nx), B = ~nĆ ~E , ~n Ā· E = 0. (6.79)
In particolare per i āmoduliā vale E = B.
Se vede che in ogni istante i campi sono diversi da zero solo sul piano passante per la
posizione della particella in quellāistante, e perpendicolare alla sua velocita. Per esempio,
se la particella si muove lungo lāasse z si ha,
~E =e
2Ļ(x2 + y2)(x, y, 0) Ī“(z ā t), (6.80)
~B =e
2Ļ(x2 + y2)(āy, x, 0) Ī“(z ā t), (6.81)
e allāistante t i campi sono non nulli solo sul piano z = t, dove sono āmolto intensiā, cioe,
proporzionali alla Ī“ di Dirac. Ricordiamo poi che per costruzione questi campi soddisfano
le equazioni di Maxwell. Si verifica per esempio facilmente che vale, vedi problema 6.4,
~ā Ā· ~E = e Ī“(x) Ī“(y) Ī“(z ā t) = j0(x), ~ā Ā· ~B = 0. (6.82)
Infine, se si vuole nuovamente ottenere un potenziale nella gauge di Lorentz, e suffi-
ciente eseguire unāaltra trasformazione di gauge,
AĀµ = AĀµ ā āĀµ( e
4ĻH(nx) ln
ā£ā£x2ā£ā£)
= ā e
4Ļln |x2| Ī“(nx) nĀµ, āĀµAĀµ = 0.
Shock waves. Campi del tipo (6.79) vengono chiamati āshock wavesā, perche in ogni
istante il campo e diverso da zero solo su un piano, che avanza con la velocita della luce.
Succede allora che una carica di prova avverte un effetto solo nellāistante in cui questo
piano la colpisce, subendo una variazione istantanea, ma finita, della propria quantita di
moto. Supponiamo, per esempio, che il piano dāonda della particella colpisca allāistante
t = 0 una particella di carica eā non relativistica, v Āæ 1, nella posizione (x, y, 0) ā” ~b. In
questo caso nellāequazione di Lorentz,
d~p
dt= eā (E + ~v Ć B)
il campo magnetico e trascurabile. Inserendo in questa formula la (6.80), e integrando
tra un instante precedente e uno successivo allāurto, si trova che alla particella viene
186
comunicata la quantita di moto,
ā~p =
ā« t
āt
d~p
dtdt = eā
ā« t
āt
~E dt = eāā« t
āt
e~b
2Ļ b2Ī“(z(t)ā t) dt =
eāe~b
2Ļ b2 (1ā vz)' eāe~b
2Ļ b2c.
Nel risultato finale abbiamo ripristinato la velocita della luce, per evidenziare il fatto che
si tratta di un effetto relativistico. Lāurto provoca quindi un ākickā di allontanamento se
le cariche sono dello stesso segno, e un kick di avvicinamento se sono di segno opposto.
Osserviamo, comunque, che in Elettrodinamica il fenomeno delle shock waves costi-
tuisce solo unāestrapolazione matematica ā e non una situazione fisicamente realizzabile ā
perche in natura non esistono particelle cariche prive di massa. Al contrario, risolvendo le
equazione di Einstein si puo vedere che il campo gravitazionale generato da una particella
che viaggia con la velocita della luce, e ancora di tipo shock wave 27. Ma questa volta le
soluzioni hanno valenza fisica, perche qualsiasi particella senza massa ā come il fotone ā
essendo dotata di energia e gravitazionalmente ācaricaā, e quindi crea un campo gravita-
zionale di questo tipo. In questo caso lāestrapolazione matematica descrive, dunque, una
situazione realizzata in natura.
6.4 Campo di una particella in moto arbitrario
Come seconda applicazione importante della (6.8), determiniamo il campo elettromagne-
tico creato da una particella che percorre unāarbitraria traiettoria di tipo tempo. Rispetto
al moto rettilineo uniforme la particella possiede dunque unāaccelerazione generalmente
non nulla, e vedremo che il campo generato apparira qualitativamente molto diverso. Le
peculiarita distintive che emergeranno rispetto al moto rettilineo uniforme si possono rias-
sumere come segue. Il campo di tipo coulombiano (6.66) verra deformato, ma manterra il
suo andamento a grandi distanze, ovvero 1/r2. In aggiunta comparira un campo nuovo,
dovuto allāaccelerazione della particella, che a grandi distanze decadra piu debolmente,
ovvero come 1/r, e che sara quindi dominante rispetto al primo. Vedremo poi che sara
proprio questo andamento asintotico piu intenso ad essere responsabile del fenomeno del-
lāirraggiamento, del quale ci occuperemo in dettaglio nel prossimo capitolo: gli artefici
dellāirraggiamento sono dunque le cariche accelerate.
27P. Aichelburg e R. Sexl, Gen. Rel. Grav. 2 (1971) 303).
187
6.4.1 Condizioni asintotiche.
Cominciamo con qualche considerazione di carattere generale, sulle traiettorie delle par-
ticelle cariche che prenderemo in considerazione.
Riferendoci a una singola particella ricordiamo che possiamo parametrizzare la sua
linea di universo con il tempo proprio, yĀµ(s), ma anche con il tempo t,
t ā” y0(s) āā s(t) āā yĀµ(s(t)).
Con un abuso di linguaggio, in questo secondo caso indicheremo la linea di universo,
per semplicita, di nuovo con yĀµ(t) ā” (t, ~y(t)). Ricordiamo poi che, a parte una costante
additiva, la relazione esplicita tra i due parametri e,
s(t) =
ā« t
0
ā1ā v2(tā²) dtā², ~v(t) ā” d~y
dt. (6.83)
Dato che in natura non esistono particelle cariche di massa nulla, prenderemo in conside-
razione solo particelle massive, per cui ad ogni istante finito si ha v < 1. Per tā Ā±ā, in
linea di principio puo succedere che v tende a 1, come per esempio nel caso di una par-
ticella in un campo elettrico costante e uniforme, vedi problema 2.7. Difatti imporremo
una condizione leggermente piu forte, cioe, che esista una velocita vM tale che,
v(t) ā¤ vM < 1, ā t. (6.84)
Sotto questa condizione si ha,
ā1ā v2(t) ā„
ā1ā v2
M ,
e la (6.83) implica allora che,
limtāĀ±ā
s(t) = Ā±ā, (6.85)
Cio assicura che i parametri s e t possono essere usati equivalentemente, per tutta lāevo-
luzione temporale. Difatti, per i moti realizzati in natura la condizione (6.84) e sempre
soddisfatta, come ora illustreremo. Le traiettorie che si riscontrano sperimentalmente
sono essenzialmente di due tipi ā moti limitati e moti illimitati ā e analizzeremo ora
separatamente questi due casi.
188
Moti illimitati. Per questi moti per definizione la quadrivelocita della particella am-
mette limiti finiti per tā Ā±ā,
limtāĀ±ā
uĀµ = uĀµĀ±.
Questa ipotesi e equivalente ad assumere che le velocita ordinarie ammettano limiti ~vĀ±, con
vĀ± < 1. Fisicamente queste condizioni sono motivate dal fatto che non esistono campi di
forza con unāestensione spaziale illimitata. Allāinfinito lāaccelerazione deve quindi essere
nulla, e la velocita tendere a un vettore costante. E allora ovvio che esiste un valore
vM , per cui vale la (6.84). Esempi tipici di moti illimitati sono le traiettorie aperte di
un esperimento di scattering. Si puo comunque vedere che anche per campi (costanti e
uniformi) che si estendono fino allāinfinito, per cui le velocita limite eguagliano la velocita
della luce, si hanno le relazioni asintotiche, vedi problema 2.7,
s(t) ā¼ Ā± ln |t|.
Anche in questo caso valgono quindi le (6.85).
Moti limitati. Per questi moti sono soddisfatti i vincoli,
v(t) ā¤ vM < 1, |~y(t)| ā¤ L, ā t.
Questa categoria riguarda particelle confinate a una regione limitata dello spazio, come
per esempio un elettrone in unāantenna, oppure una particella carica in un ciclotrone. Nel
primo caso la particella e sottoposta a una forza ācostanteā oscillante, ma contempora-
neamente dissipa energia per effetto Joule e per irraggiamento. Il risultato e che la sua
energia resta limitata, e quindi la sua velocita strettamente minore di quella della luce.
Nel caso del ciclotrone, durante alcuni tratti del ciclo, oltre al campo magnetico sono
presenti anche campi elettrici acceleranti, che tendono a fare aumentare lāenergia della
particella. Tuttavia, a regime questo aumento e completamente compensato dalla perdita
di energia per irraggiamento e, come vedremo, esiste una velocita massima minore della
velocita della luce ā seppure spesso molto vicina ad essa.
Infine notiamo che, dato che in natura tutti i campi acceleranti F ĀµĪ½ hanno intensita
limitata, la (6.84) assicura, per di piu, che lāaccelerazione ordinaria ~a resta limitata, vedi
problema 2.10. Ricordando la relazione tra ~a e wĀµ si vede allora che anche la quadriacce-
lerazione di una particella carica e sempre limitata, sia per i moti limitati che per quelli
189
illimitati. In seguito tutte le traiettorie considerate saranno supposte appartenere a una
di queste due categorie.
6.4.2 I campi di LienardāWiechert
Per determinare il campo elettromagnetico creato da una particella in moto arbitrario,
procediamo formalmente come nel caso di una particella in moto rettilineo uniforme.
Riprendiamo la forma generale della corrente,
jĀµ(y) = e
ā«ds uĀµ(s) Ī“4(y ā y(s)),
e la inseriamo nella (6.30),
AĀµ(x) =e
2Ļ
ā«d4y
ā«ds uĀµ(s) H(x0 ā y0) Ī“((xā y)2) Ī“4(y ā y(s))
=e
2Ļ
ā«ds uĀµ(s) H(x0 ā y0(s)) Ī“((xā y(s))2)
=e
2Ļ
ā«ds uĀµ(s) H(x0 ā y0(s)) Ī“(f(s)). (6.86)
Abbiamo definito la funzione,
f(s) = (xā y(s))2 = (x0 ā y0(s))2 ā |~xā ~y(s)|2,
in cui sottintendiamo la dipendenza dal punto di osservazione xĀµ = (x0, ~x), che e fissato.
Come prima, per valutare Ī“(f(s)) dobbiamo individuare gli zeri della f . Dimostreremo
ora che questa funzione ha esattamente due zeri sĀ±(x), soddisfacenti,
x0 ā y0(s+) > 0, x0 ā y0(sā) < 0. (6.87)
Per fare questo sfrutteremo le proprieta generali delle traiettorie di tempo considerate,
discusse nel paragrafo precedente.
Determinazione degli zeri di f(s). Incominciamo con lāosservare che si hanno i limiti,
limsāĀ±ā
f(s) = +ā. (6.88)
Per i moti limitati questo e ovvio, perche per sā Ā±ā si ha,
y0(s) = t(s)ā Ā±ā,
190
mentre ~y(s) resta limitata. Per i moti illimitati, invece, per s ā Ā±ā le quadrivelocita
tendono a limiti uĀµĀ± ben definiti, e quindi,
yĀµ(s)ā uĀµĀ± s ā f(s)ā x2 ā 2 (xuĀ±) s + s2 ā +ā.
Dai limiti (6.88) segue che f(s) ha almeno un estremale ā in particolare almeno un minimo
ā e quindi la sua derivata almeno uno zero. Scegliamo un estremale qualsiasi, s = a.
Calcolando la derivata,
f ā²(s) = ā2(xĀµ ā yĀµ(s)) uĀµ(s), (6.89)
si deduce che,
f ā²(a) = ā2(xĀµ ā yĀµ(a)) uĀµ(a) = 0.
Ne segue che 28,
f(a) < 0.
Per provare questo sfruttiamo il fatto che le quantita f(s) e f ā²(s) sono scalari per trasfor-
mazioni di Lorentz, quindi possiamo calcolarle in un sistema di riferimento arbitrario. Sce-
gliamo il sistema di riferimento in cui per s = a la particella e a riposo, uĀµ(a) = (1, 0, 0, 0).
Allora abbiamo,
0 = f ā²(a) = ā2(x0 ā y0(a)) ā f(a) = ā|~xā ~y(a)|2 < 0.
Tutti i minimi e massimi di f(s) si trovano dunque nel semipiano inferiore. Questa
informazione, assieme al fatto che per s ā Ā±ā f va a +ā, implica che per ogni xĀµ
fissato f possiede esattamente due zeri sĀ±,
f(sĀ±) = 0, s+ < sā.
In s+ f passa da valori positivi a valori negativi, e in sā da valori negativi a valori positivi.
Di conseguenza abbiamo,
f ā²(s+) < 0, f ā²(sā) > 0.
Valutando queste disuguaglianze tramite la (6.89) nei riferimenti in cui la particella e
a riposo, rispettivamente agli istanti s+ e sā, si ottengono le relazioni (6.87) in questi
28In tutta questa analisi e sottointeso che x non appartenga alla linea di universo della particella, cioe,xĀµ 6= yĀµ(s), ā s. Nei punti x appartenenti alla linea di universo il potenziale vettore diverge.
191
riferimenti. Ma dato che i vettori xĀµ ā yĀµĀ±(s) appartengono al cono luce, il segno di
x0 ā y0Ā±(s) e un invariante relativistico. Concludiamo quindi che le disuguaglianze (6.87)
valgono in qualsiasi sistema di riferimento, c.v.d.
Il quadripotenziale di LienardāWiechert. A questo punto possiamo valutare lāintegran-
do della (6.86), usando la (2.37),
H(x0 ā y0(s)) Ī“(f(s)) = H(x0 ā y0(s))
(Ī“(sā s+)
|f ā²(s+)| +Ī“(sā sā)
|f ā²(sā)|)
= H(x0 ā y0(s+))Ī“(sā s+)
|f ā²(s+)| + H(x0 ā y0(sā))Ī“(sā sā)
|f ā²(sā)|=
Ī“(sā s+)
|f ā²(s+)| =Ī“(sā s+)
2(xā y(s+))u(s+).
Sostituendo nella (6.86) si ottiene il quadripotenziale di LienardāWiechert,
AĀµ(x) =e
4Ļ
uĀµ(s)
(xā y(s))u(s)
ā£ā£ā£ā£s=s+(x)
, (6.90)
dove la funzione s+(x) e determinata in modo univoco dalle relazioni,
(xā y(s))2 = 0, x0 ā y0(s) > 0, (6.91)
equivalenti a,
x0 ā y0(s) = |~xā ~y(s)|. (6.92)
Il tempo ritardato. Per renderci conto del significato della posizione yĀµ(s+) della par-
ticella al tempo proprio s+, e piu conveniente parametrizzare la sua linea di universo con
il tempo,
tā² = y0(s), yĀµ(tā²) = (tā², ~y(tā²)), ~v(tā²) =d~y(tā²)dtā²
, uĀµ(tā²) =1ā
1ā v(tā²)2(1, ~v(tā²)).
Questo permette di riscrivere il potenziale di LienardāWiechert come,
AĀµ(x) =e
4Ļ
uĀµ(tā²)(xā y(tā²)) u(tā²)
=e
4Ļ
(1, ~v(tā²))tā tā² ā (~xā ~y(tā²)) Ā· ~v(tā²)
=e
4Ļ
(1, ~v(tā²)
c
)
|~xā ~y(tā²)| ā (~xā ~y(tā²)) Ā· ~v(tā²)c
, (6.93)
192
dove il ātempo ritardatoā tā²(t, ~x) e determinato dalla (6.92),
tā tā² =1
c|~xā ~y(tā²)|. (6.94)
Nelle formule finali abbiamo reinserito la velocita della luce, per evidenziare le correzioni
relativistiche; per il caso statico si veda la (6.64). Come si vede, il potenziale nel punto
xĀµ = (t, ~x) non dipende dalle variabili cinematiche della particella allāistante t, bensı dai
valori di posizione e velocita allāistante ritardato tā². Dalla (6.94) si vede che questo istante
e determinato in modo tale che lāevento (tā², ~y(tā²)) sia connesso attraverso un segnale di tipo
luce āfuturoā, al punto dāosservazione xĀµ. La presenza del ritardo comporta nella (6.93)
correzioni relativistiche implicite, in quanto tā² = tā o(1/c). Piu precisamente, eseguendo
lo sviluppo non relativistico della (6.94) si ottiene,
tā²(t, ~x) = tā |~xā ~y(t)|c
ā (~xā ~y(t)) Ā· ~v(t)
c2+ o
(1
c3
). (6.95)
Al denominatore della (6.93) compare poi una correzione relativistica esplicita, per la
presenza del termine proporzionale a v(tā²)/c.
I campi di LienardāWiechert. Passiamo ora al calcolo del campo elettromagnetico
F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½āāĪ½AĀµ. In seguito per semplicita con āsā indicheremo la funzione di x s+(x).
Introduciamo oltre alla quadriaccelerazione wĀµ = duĀµ/ds, il quadrivettore dipendente da
x,
LĀµ(x) ā” xĀµ ā yĀµ(s), (6.96)
dove bisogna tenere presente che la dipendenza da x avviene anche attraverso s. Allora il
sistema (6.91) puo essere riscritto come,
LĪ±LĪ± = 0, L0 = |~xā ~y(s)|. (6.97)
Per il potenziale e il campo elettromagnetico si ottiene allora,
AĀµ =e
4Ļ
uĀµ
(uL), F ĀµĪ½ =
e
4Ļ
(1
(uL)āĀµuĪ½ ā 1
(uL)2āĀµ(uL) uĪ½ ā (Āµā Ī½)
). (6.98)
Per determinare le derivate rimanenti dobbiamo valutare le derivate parziali di s ā” s(x)
rispetto a xĀµ. A questo scopo e sufficiente derivare la (6.97) rispetto a xĀµ,
0 = LĪ±āĀµLĪ± = LĪ±āĀµ(xĪ± ā yĪ±(s)) = LĪ±
(Ī·Ī±Āµ ā ās
āxĀµ
dyĪ±
ds
)= LĀµ ā (uL)
ās
āxĀµ,
193
che da,ās
āxĀµ=
LĀµ
(uL).
Possiamo ora calcolare le derivate che compaiono in F ĀµĪ½ ,
āĀµuĪ½ =ās
āxĀµ
duĪ½
ds=
LĀµwĪ½
(uL),
āĀµLĪ½ = Ī·ĀµĪ½ ā ās
āxĀµ
dyĪ½
ds= Ī·ĀµĪ½ ā LĀµuĪ½
(uL),
e quindi,
āĀµ(uL) = (āĀµuĪ½)LĪ½ + uĪ½āĀµLĪ½
=1
(uL)LĀµ(wL) + uĪ½
(Ī·ĀµĪ½ ā LĀµuĪ½
(uL)
)
=1
(uL)((wL)ā 1)LĀµ + uĀµ.
Sostituendo queste espressioni nella (6.98) si ottiene infine unāespressione covariante a
vista, per il campo elettromagnetico prodotto da una particella carica in moto arbitrario,
F ĀµĪ½ =e
4Ļ(uL)3
(LĀµuĪ½ + LĀµ [(uL) wĪ½ ā (wL) uĪ½ ]ā (Āµā Ī½)
). (6.99)
Campi di velocita e campi di accelerazione. Come prima cosa vogliamo analizzare il
comportamento della (6.99) a grandi distanze dalla particella. A questo scopo e convenien-
te suddividere i termini che compaiono in F ĀµĪ½ in due classi, in base alla loro dipendenza
dalla variabile,
R ā” L0 = |~xā ~y(s)|,
vedi (6.97). E anche conveniente definire il versore nullo,
mĀµ ā” LĀµ
R, mĀµmĀµ = 0,
con componenti,
m0 = 1, ~m =~xā ~y(s)
|~xā ~y(s)| , |~m| = 1.
Scrivendo LĀµ = R mĀµ possiamo allora riscrivere il campo (6.99) come somma di due
contributi, il ācampo di velocitaā F ĀµĪ½v , e il ācampo di accelerazioneā F ĀµĪ½
a ,
F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½v + F ĀµĪ½
a , (6.100)
F ĀµĪ½v =
e
4Ļ(um)3R2(mĀµuĪ½ āmĪ½uĀµ) , (6.101)
F ĀµĪ½a =
e
4Ļ(um)3R
(mĀµ [(um) wĪ½ ā (wm) uĪ½)]ā (Āµā Ī½)
). (6.102)
194
In F ĀµĪ½a abbiamo incluso i termini proporzionali a 1/R, e in F ĀµĪ½
v i termini proporzionali
a 1/R2. Come si vede il primo risulta proporzionale alla quadriaccelerazione, mentre il
secondo ne e indipendente.
Analizziamo ora gli andamenti di questi campi a grandi distanze dalla particella. Per
fare questo supponiamo che la particella si muova in una regione limitata dello spazio,
|~y| ā¤ D,
e consideriamo il campo in un punto ~x lontano da questa regione,
r ā” |~x| Ć D.
Allora abbiamo le identificazioni asintotiche,
R = |~xā ~y| ā r, ~m =~xā ~y
|~xā ~y| ā~x
rā” ~n. (6.103)
Siccome per qualsiasi valore di r i vettori uĀµ, wĀµ e mĀµ sono limitati, vediamo che a grandi
distanze dalla particella il campo di accelerazione decade come,
F ĀµĪ½a ā¼
1
r, (6.104)
mentre il campo di velocita decade come,
F ĀµĪ½v ā¼
1
r2. (6.105)
In particolare vediamo che a grandi distanze il campo di accelerazione domina sul campo
di velocita, e quindi il campo totale decade come,
F ĀµĪ½ ā¼ 1
r,
in contrapposizione con lāandamento del campo del moto rettilineo uniforme, vedi (6.71).
Consideriamo ora piu da vicino il campo di velocita, riscrivendolo come,
F ĀµĪ½v =
e
4Ļ(uL)3(LĀµuĪ½ ā LĪ½uĀµ) . (6.106)
E facile vedere che per un moto rettilineo uniforme questo campo si riduce in realta alla
(6.66). Infatti, se yĀµ(s) = uĀµs, si ha LĀµ = xĀµ ā uĀµs, e quindi,
LĀµuĪ½ ā LĪ½uĀµ = xĀµuĪ½ ā xĪ½uĀµ,
(uL) = uĀµ(xĀµ ā uĀµs) = (ux)ā s+(x) =ā
(ux)2 ā x2,
195
vedi (6.60). Il campo F ĀµĪ½v rappresenta quindi una deformazione del campo elettromagneti-
co di una particella in moto rettilineo uniforme, ed eredita in particolare il suo andamento
asintotico 1/r2. Per questo motivo F ĀµĪ½v viene anche chiamato ācampo coulombianoā.
Un effetto genuinamente nuovo e invece rappresentato dalla comparsa del campo di
accelerazione F ĀµĪ½a ā causato appunto dallāaccelerazione della particella ā che a grandi
distanze soppianta il campo di velocita. Nel prossimo paragrafo vedremo che e proprio
questo campo a causare il fenomeno dellāirraggiamento.
I campi ~E e ~B. Esplicitiamo ora i campi elettrico e magnetico corrispondenti alla
(6.99). Usando le (6.100)ā(6.102), questi campi possono a loro volta essere suddivisi
in campi di velocita, indipendenti dallāaccelerazione e proporzionali a 1/R2, e in campi di
accelerazione, lineari nellāaccelerazione e proporzionali a 1/R,
~E = ~Ev + ~Ea,
~B = ~Bv + ~Ba.
Esplicitiamo prima la quadriaccelerazione in termini dellāaccelerazione spaziale ~a = d~v/dtā²,
wĀµ =~a Ā· ~v
(1ā v2)3/2uĀµ +
1
(1ā v2)(0,~a).
Si vede allora che il termine proporzionale a uĀµ si cancella, quando wĀµ viene inserito in
[(um) wĪ½ ā (wm) uĪ½ ]. Usando anche che,
(um) =1ā
1ā v2(1ā ~v Ā· ~m),
con calcoli elementari dalle (6.101), (6.102) si trova allora, ripristinando la velocita della
luce,
~Ev =e
4ĻR2
(1ā v2
c2
) (~mā ~v
c
)(1ā ~vĀ·~m
c
)3 , ~Bv = ~mĆ ~Ev, (6.107)
~Ea =e
4Ļc2R
~mĆ [(~mā ~v
c
)Ć ~a]
(1ā ~vĀ·~m
c
)3 , ~Ba = ~mĆ ~Ea, (6.108)
che sono i campi di LienardāWiechert. Si badi che le quantita cinematiche ~y, ~v e ~a che
compaiono in queste formule sono valutate allāistante ritardato tā²(x), definito dalla (6.94).
196
Vediamo che in ogni punto i campi elettrico e magnetico sono ortogonali tra di loro, in
quanto si ha,
~B = ~mĆ ~E.
Data lāespressione particolare di ~Ev si vede poi che si puo anche scrivere,
~Bv =~v
cĆ ~Ev.
Il campo magnetico di velocita e quindi soppresso di un fattore v/c rispetto al campo
elettrico di velocita, come nel caso del moto rettilineo uniforme, vedi (6.68). Viceversa,
i campi elettrico e magnetico di accelerazione sono invece uguali in modulo, in quanto si
ha,
~m Ā· ~Ea = 0, ~Ba = ~mĆ ~Ea, | ~Ba| = | ~Ea|, (6.109)
relazioni che sfrutteremo nel prossimo paragrafo.
Facciamo infine notare che rispetto al campo di velocita ~Ev, i campi ~Ea e ~Ba portano
un prefattore 1/c2. I campi di accelerazione rappresentano quindi degli effetti prettamente
relativistici !
Andamenti asintotici in generale. Concludiamo questo paragrafo con una generaliz-
zazione importante. Grazie al fatto che la (6.47) e lineare nella corrente, gli andamenti
asintotici del campo (6.99) derivati sopra si estendono, infatti, automaticamente al campo
elettromagnetico generato da un arbitrario sistema di cariche puntiformi. In particolare
il campo si scrivera ancora come,
F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½v + F ĀµĪ½
a , (6.110)
dove a grandi distanze,
F ĀµĪ½v ā¼
1
r2, F ĀµĪ½
a ā¼1
r. (6.111)
Per il campo totale si avra quindi di nuovo,
F ĀµĪ½ ā¼ 1
r. (6.112)
A livello asintotico si possono generalizzare anche le (6.109), ricordando che per grandi r
si ha lāidentificazione, vedi (6.103),
~m ā ~n,
197
dove il versore radiale ~n e indipendente dalle traiettorie delle particelle. Per un siste-
ma arbitrario di particelle dalle (6.109) ā per linearita ā si ottengono allora le relazioni
asintotiche,
~n Ā· ~Ea = 0, ~Ba = ~nĆ ~Ea, | ~Ba| = | ~Ea|, per r āā. (6.113)
Ancora, siccome anche le correnti āmacroscopicheā ā come quelle corrispondenti agli elet-
troni in unāantenna o in un circuito elettrico ā possono essere pensate come sovrapposizioni
delle correnti elementari delle cariche costituenti, gli andamenti asintotici (6.113) valgono
anche per i campi generati da tali correnti.
6.4.3 Emissione di radiazione da cariche accelerate
Ora che abbiamo unāespressione per il campo elettromagnetico prodotto da una particella
carica in moto arbitrario, possiamo chiederci sotto quali condizioni una particella cede o
assorbe energia o, piu in generale, quadrimomento, attraverso questo campo. Non siamo
quindi interessati al quadrimomento che le particelle cedono al campo, ma piuttosto al
quadrimomento che il sistema campo + particelle cede allāāambienteā ā che e quello che
viene rivelato sperimentalmente. Con un abuso di linguaggio, che adotteremo anche noi,
si parla comunque di āquadrimomento emesso dalle particelleā.
Formula fondamentale per lāemissione di quadrimomento. Consideriamo dunque un ge-
nerico sistema di particelle cariche interagenti con il campo elettromagnetico. Come ab-
biamo visto, il trasporto di quadrimomento di un tale sistema e quantificato dal tensore
energiaāimpulso del solo campo elettromagnetico, vedi paragrafo 2.4.3,
T ĀµĪ½em = F Āµ
Ī±FĪ±Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī².
In particolare, se consideriamo āpositivoā il quadrimomento emesso ā come dāora in poi
faremo sempre ā il quadrimomento emesso nellāunita di tempo da una superficie chiusa Ī
e dato da, vedi (2.81),dP Āµ
dt=
ā«
Ī
T Āµiem dĪ£i. (6.114)
Tuttavia, il quadrimomento che puo essere considerato definitivamente ceduto dal sistema
allāambiente, e solo quello che successivamente non viene riassorbito. Il quadrimomento
198
in questione e quindi quello che riesce a raggiungere lāinfinito spaziale 29. Questo vuol
dire che nellāintegrale in (6.114) dobbiamo scegliere per Ī una sfera di raggio r, e poi fare
tendere r allāinfinito. Scrivendo lāelemento di superficie della sfera come d~Ī£ = ~n r2 dĪ©,
dove dĪ© e lāangolo solido, per il quadrimomento emesso nellāunita di tempo otteniamo
allora,dP Āµ
dt= r2
ā«T Āµi
em nidĪ©, r āā. (6.115)
Da questa espressione possiamo infine selezionare il quadrimomento emesso nellāunita di
tempo e nellāunita di angolo solido, in direzione ~n,
d2P Āµ
dt dĪ©= r2
(T Āµi
em ni), r āā, (6.116)
dove dāora in poi il limite per r ā ā sara sempre sottinteso. La (6.116) costituisce la
formula fondamentale per lāanalisi di tutti i fenomeni di irraggiamento. Si vede allora in
particolare che, per valutare il quadrimomento emesso, e sufficiente selezionare da T Āµiem i
contributi che vanno come 1/r2 ovverosia, dato che T ĀµĪ½em e proporzionale a (F ĀµĪ½)2, da F ĀµĪ½
quelli che vanno come 1/r. Ma visti gli andamenti asintotici (6.111), questo significa che
al membro di destra della (6.116) contribuisce solo il campo di accelerazione.
La doppia conclusione di questa analisi ā completamente generale ā e che al quadrimo-
mento emesso da un sistema di cariche contribuisce solo il campo di accelerazione, e che
per determinare il primo e sufficiente valutare il secondo a grandi distanze dalle cariche.
Emissione di energia. Consideriamo ora piu in dettaglio lāemissione di energia. Per
lāenergia P 0 ā” Īµ emessa nellāunita di tempo e nellāunita di angolo solido, ovverosia, per la
potenza W = dĪµ/dt emessa nellāunita di angolo solido, la componente zero della (6.116)
fornisce, si ricordi che T 0iem = Si,
dWdĪ©
=d2Īµ
dt dĪ©= r2(~S Ā· ~n). (6.117)
Ma per quanto concluso sopra, al vettore di Poynting contribuiscono solo i campi di
accelerazione,
~S = ~E Ć ~B ā ~Ea Ć ~Ba,
29A livello quantistico questo significa che consideriamo āemessiā solo quei fotoni che riescono araggiungere lāinfinto, e non vengono successivamente risassorbiti dalle particelle.
199
e questi ultimi vanno inoltre valutati a grandi distanze. Possiamo allora usare le relazioni
asintotiche (6.113), per derivare la semplice formula,
~S = ~Ea Ć ~Ba = ~Ea Ć (~nĆ ~Ea) = ~n | ~Ea|2. (6.118)
Risulta, quindi, che ~S ha la stessa direzione e lo stesso verso di ~n, e ne segue che il flusso
di energia e sempre radiale uscente, verso lāinfinito: lāenergia viene quindi sempre emessa
dalle particelle, e mai assorbita ! Questa circostanza e una conseguenza diretta del fatto
che abbiamo utilizzato il kernel ritardato Gret; se avessimo usato il kernel avanzato Gadv,
il flusso di energia sarebbe stato invece sempre entrante dallāinfinito.
Se inseriamo la (6.118) nella (6.117) vediamo che la potenza emessa dipende in modo
semplice dal modulo del campo elettrico di accelerazione, valutato a grandi distanze dalla
particella,dWdĪ©
= c r2| ~Ea|2, (6.119)
dove abbiamo ripristinato la velocita della luce. Grazie al fatto che ~Ea decade come 1/r,
la potenza emessa sara in particolare sempre finita. Inoltre, siccome | ~Ba| = | ~Ea| abbiamo,
W = 0 ā F ĀµĪ½a = 0.
La presenza o assenza di energia emessa costituisce quindi un fenomeno Lorentz invarian-
te, cioe, indipendente dal sistema di riferimento. In presenza di una singola particella
abbiamo inoltre, vedi la (6.102) e il problema 6.2,
F ĀµĪ½a = 0 ā wĀµ = 0.
La presenza o assenza di energia emessa e quindi legata inscindibilmente allāaccelerazione
della particella.
Il campo di accelerazione come campo di radiazione. Possiamo infine cercare di met-
tere in relazione il campo di accelerazione F ĀµĪ½a , con i ācampi di radiazioneā ā le soluzioni
dellāequazione di Maxwell nel vuoto, che abbiamo studiato nel capitolo precedente. A
questo proposito notiamo che nel complemento della linea di universo, il campo totale
(6.100) soddisfa evidentemente le equazioni di un campo di radiazione,
āĀµFĀµĪ½ = 0 = ā[ĀµFĪ½Ļ].
200
Ma dato che F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½v + F ĀµĪ½
a , e che F ĀµĪ½v decade come 1/r2, ne segue che F ĀµĪ½
a (che di per
se decade solo come 1/r) soddisfa queste equazioni asintoticamente, vale a dire modulo
termini 1/r2,
āĀµFĀµĪ½a = o
(1
r2
), ā[ĀµFa Ī½Ļ] = o
(1
r2
).
Ci aspettiamo allora che a grandi distanze dalla particella il campo di accelerazione si
comporti come un campo di radiazione, e che risulti in particolare sovrapposizone di on-
de piane. Dalla formula del vettore di Poynting (6.118) ā formalmente identico a quello
delle onde piane (5.76) ā si desume allora che le onde che compongono F ĀµĪ½a si propagano
necessariamente lungo la direzione radiale uscente. Siamo quindi portati a concludere che
lāenergia emessa (6.119) viaggia asintoticamente a cavallo di un campo di radiazione, che
e composto da onde elettromagnetiche che si propagano in direzione radiale. Nel prossi-
mo capitolo renderemo questa affermazione precisa, analizzando in dettaglio le proprieta
asintotiche di un generico campo di accelerazione F ĀµĪ½a . Per le caratteristiche appena de-
scritte, il campo di accelerazione viene spesso anche chiamato semplicemente ācampo di
radiazioneā.
In conclusione, una carica accelerata cede energia e quantita di moto attraverso il suo
campo di radiazione, liberando onde elettromagnetiche che le trasportano fino allāinfinito.
6.4.4 Limite non relativistico e formula di Larmor
Per illustrare il significato delle formule del paragrafo precedente determiniamo la potenza
totale emessa da una particella carica accelerata in tutte le direzioni,
W =
ā«dWdĪ©
dĪ©, (6.120)
nel limite non relativistico. Per essere precisi, vogliamo valutare questa potenza allāordine
piu basso in 1/c che, come vedremo, corrisponde a W ā¼ 1/c3.
Data la (6.119) si tratta dunque di valutare il campo elettrico di accelerazione allāordine
piu basso in 1/c. Siccome questo campo porta un prefattore 1/c2, nella (6.108) possiamo
allora trascurare i fattori v/c, ottenendo,
~Ea =e
4ĻR c2~mĆ (~mĆ ~a), | ~Ea|2 =
e2 |~mĆ ~a|216 Ļ2 R2 c4
. (6.121)
201
La validita di questa approssimazione richiede dunque in particolare che la particella si
muova con velocita piccola rispetto alla velocita della luce,
v Āæ c,
come cāera da aspettarsi. Per determinare la distribuzione angolare della potenza emessa
(6.119) dobbiamo inoltre valutare ~Ea asintoticamente, a grandi distanze dalla particella,
per cui secondo le (6.103) si ha Rā r e ~mā ~n. La (6.119) diventa allora,
dWdĪ©
=e2
16 Ļ2 c3|~nĆ ~a|2 . (6.122)
La potenza emessa nellāunita di angolo solido e quindi quadratica nellāaccelerazione della
particella, ma esibisce anche una dipendenza esplicita dalla direzione ~n in cui si osserva
la radiazione.
Il ritardo asintotico. Prima di poter determinare la potenza totale integrando la (6.122)
sullāangolo solido, occorre fare una precisazione sullāinterpretazione di questa formula in
relazione alla propagazione causale della radiazione. Questa formula da, infatti, lāenergia
emessa dalla particella nellāunita di tempo e nellāunita di angolo solido in direzione ~n
ā rivelata allāistante t a una distanza r molto grande dalla particella, e il membro di
sinstra della (6.122) andrebbe quindi scritto meglio come dWdĪ©
(t, r, ~n). Lāaccelerazione che
compare al membro di destra della formula e, invece, valutata allāistante ritardato tā²(t, ~x),
determinato dalla relazione (6.94),
tā tā² =1
c|~xā ~y(tā²)|. (6.123)
Anche questa relazione va valutata asintoticamente, per punti di osservazione ~x molto
lontani dalla traiettoria della particella. Supponiamo allora che la particella sia confinata
alla sfera SD, di raggio D e centro nellāorigine: |~y(t)| < D, ā t, e scegliamo r = |~x| Ć D.
Ricordando che ~n = ~x/r abbiamo allora lo sviluppo,
|~xā ~y(tā²)| = r
ā£ā£ā£ā£~nā~y(tā²)
r
ā£ā£ā£ā£ = r
ā1ā 2
~n Ā· ~y(tā²)r
+y2(tā²)
r2
= r
(1ā ~n Ā· ~y(tā²)
r+ o
(1
r2
))= r ā ~n Ā· ~y(tā²) + o
(1
r
), (6.124)
e si ottiene per la versione asintotica della (6.123),
tā² = tā r
c+
~n Ā· ~y(tā²)c
ā” T +~n Ā· ~y(tā²)
c. (6.125)
202
La (6.122) si scrive quindi piu precisamente,
dWdĪ©
(t, r, ~n) =e2
16 Ļ2 c3|~nĆ ~a(tā²)|2 , (6.126)
dove la funzione tā² = tā²(t, ~x) e definita dalla relazione implicita (6.125).
Vediamo che il tempo ritardato (6.125) e composto da un termine āmacroscopicoā,
T = t ā rc, e da un contributo āmicroscopicoā, ~n Ā· ~y(tā²)/c. Il primo rappresenta lāistante
(ritardato) in cui la radiazione deve lasciare il centro di SD, per giungere allāistante t
nel punto di rivelazione ~x. Questo istante e indipendente dal moto della particella e
dalla direzione di osservazione ~n. Il termine microscopico rappresenta invece un ritardo
aggiuntivo causato dal moto ~y(t) della particella allāinterno di SD, e dipende da ~n. Siccome
questo termine e inoltre soppresso di un fattore 1/c, nel limite non relativistico esso potra
essere trascurato, vedi sotto.
Il membro di destra della (6.126) esibisce quindi una dipendenza esplicita da ~n, e una
implicita attraverso tā². Di conseguenza lāintegrale sugli angoli nella (6.120) in generale
non puo essere eseguito analiticamente. Possiamo comunque risolvere iterativamente la
(6.125) attraverso uno sviluppo non relativistico in potenze di 1/c,
tā² = T +~n Ā· ~y(T )
c+
(~n Ā· ~y(T ))(~n Ā· ~v(T ))
c2+
(1
c3
).
che porta a,
~a(tā²) = ~a(T ) +~n Ā· ~y(T )
c~a(T ) +
(1
c2
). (6.127)
Tuttavia, dato che la (6.126) e stata ottenuta trascurando nella (6.108) i fattori v/c,
per consistenza anche nella (6.127) dobbiamo omettere i termini di ordine 1/c, e tenere
quindi solo il contributo di ordine zero ~a(T ), che equivale a porre tā² = T . In questo limite
si trascura quindi, in particolare, il ritardo microscopico. In conclusione, nel limite non
relativistico la radiazione che viene rivelata a un istante t a una distanza r dalla particella,
viene considerata emessa dalla particella allāistante ritardato T = tā rc, e quindi lāenergia
emessa corrisponente (6.126) deve dipendere dal valore dellāaccelerazione ~a(T ) allo stesso
istante.
Nello sviluppo (6.127) i termini di ordine 1/c e successivi rappresentano, invece, corre-
zioni relativistiche di ordine superiore. Per una trattazione sistematica degli sviluppi non
203
relativistici rimandiamo alla sezione 7.3, dove faremo in particolare vedere che, affinche il
ritardo microscopico possa essere trascurato, e necessario che le particelle si muovano con
velocita piccole rispetto alla velocita della luce.
Formula di Larmor. Nellāapprossimazione non relativistica lāaccelerazione ~a(T ) ā” ~a
nella (6.126) risulta indipendente dagli angoli, e la potenza totale (6.120) puo allora essere
valutata esplicitamente. Per fare questo e sufficiente scegliere come asse z la direzione di
~a, e usare le relazioni,
|~nĆ ~a|2 = |~a |2sen2Ļ, dĪ© = senĻ dĻ dĻ.
Risulta allora,
W =e2|~a |216 Ļ2 c3
ā« 2Ļ
0
dĻ
ā« Ļ
0
sen3Ļ dĻ.
Svolgendo gli integrali si ottiene una formula semplice per la potenza totale emessa da
una particella non relativistica, con carica e e accelerazione ~a,
W =e2 |~a |26Ļ c3
, (6.128)
che e la nota formula di Larmor (1897). Insistiamo sul fatto che in questa formula la
potenza W(t, r) rivelata a un istante t a una distanza r dalla particella, coinvolge al
membro di destra lāaccelerazione valutata allāistante t ā rc. Proprio perche la radiazione
si propaga con velocita c, la formula puo allora anche essere interpretata dicendo che, se
a un dato istante la particella possiede lāaccelerazione ~a, in quellāistante essa emette la
potenza e2|~a|2/6Ļc3. Torneremo su questo punto in sezione 9.1, dove discuteremo la gene-
ralizzazione relativistica della (6.128). Le conseguenze fenomenologiche della formula di
Larmor saranno invece analizzate nel prossimo capitolo, dove la rideriveremo nellāambito
di un approccio piu sistematico.
6.5 Problemi
6.1 Si dimostri che la funzione di Green ritardata (6.43) definisce una distribuzione in
S ā²(R4).
6.2 Si dimostri che il campo F ĀµĪ½a asintotico dato in (6.102) e nullo in ogni direzione ~n,
se e solo se wĀµ = 0. [Sugg.: puo essere utile usare il sistema a riposo istantaneo.]
204
6.3 Si consideri una particella di carica e che si muove con velocita v costante lungo
lāasse z, nel sistema di riferimento del laboratorio K. Si consideri che nel sistema di
riferimento K ā², dove la particella e a riposo in ~x ā² = 0, il quadripotenziale vale,
Aā²Āµ(xā²) =e
4Ļ|~x ā²| (1, 0, 0, 0).
a) Si determini la trasformazione di Lorentz ĪĀµĪ½ che connette un evento in K con lāevento
corrispondente in K ā².
b) Si determini il potenziale AĀµ(x) in K sfruttando il fatto che esso e un quadrivettore, e
si confronti il risultato con la (6.63).
6.4 Si verifichi che i campi elettrico e magnetico di una particella priva di massa soddi-
sfano le equazioni (6.82), dimostrando in particolare che in due dimensioni vale lāidentita
distribuzionale,
~ā Ā· ~x
r2= 2Ļ Ī“2(~x),
dove ~x ā” (x, y) e r =ā
x2 + y2.
Se ne deduca che la funzione di Green del laplaciano bidimensionale e data dal
logaritmo,
ā2
(1
2Ļln r
)= (ā2
x + ā2y)
(1
2Ļln
āx2 + y2
)= Ī“2(~x).
205
7 Irraggiamento
Con āirraggiamentoā si intende genericamente il fenomeno dellāemissione di radiazione
da parte di un generico sistema carico. Nel capitolo precedente abbiamo derivato unāe-
spressione esatta per il campo elettromagnetico generato da una particella carica in moto
arbitrario. Abbiamo visto che se la particella e accelerata, allora essa genera un campo di
accelerazione che a grandi distanze decade come 1/r e che trasporta energia e quantita di
moto. Abbiamo anche constatato che lāanalisi quantitativa della radiazione, e in partico-
lare la determinazione del quadrimomento emesso, in realta non richiedono la conoscenza
dei campi di LienardāWiechert esatti, ma solo della loro forma asintotica.
Nel presente capitolo vogliamo eseguire unāanalisi sistematica della radiazione emessa
da un arbitrario sistema carico, rappresentato da una quadricorrente jĀµ generica. Siccome
a livello microscopico qualsiasi sistema carico puo essere pensato come composto da un
insieme di particelle cariche puntiformi, il suo campo a grandi distanze decade ancora
come 1/r, e per analizzare la radiazione emessa e di nuovo sufficiente determinare il suo
andamanto asintotico. Uno degli scopi principali di questo capitolo sara in particolare la
determinazione del quadrimomento emesso dal sistema nellāunita di tempo, vedi (6.116),
d2P Āµ
dt dĪ©= r2
(T Āµi
em ni). (7.1)
Siccome al membro di destra di questa formula contribuiscono solo i campi F ĀµĪ½ che a
grandi distanze decadono come 1/r, per valutare il quadrimomento emesso e allora suffi-
ciente selezionare anche dal quadripotenziale AĀµ di (6.48) i contributi che vanno come 1/r.
La prossima sezione sara dunque dedicata a unāanalisi sistematica del quadripotenziale a
grandi distanze dal sistema carico, ovvero nella āzona della ondeā.
Decomposizione spettrale della corrente. Concludiamo questa premessa con una speci-
ficazione sulla natura delle correnti che considereremo. In primo luogo queste dovranno
certamente essere conservate, āĀµjĀµ = 0. Le correnti che compaiono nella realta fisica si
suddividono poi naturalmente in due categoria a seconda della loro dipendenza dal tem-
po, correnti aperiodiche e correnti periodiche. Nel primo caso la corrente ammette una
trasformata di Fourier nella sola variabile temporale, ovvero, ammette la ādecomposizione
206
spettraleā,
jĀµ(t, ~x) =1ā2Ļ
ā« ā
āādĻ eiĻtjĀµ(Ļ, ~x), (7.2)
dove la trasformata jĀµ(Ļ, ~x) rappresenta il āpeso continuoā con cui la frequenza Ļ compare
nella corrente. Siccome la corrente e reale questi pesi devono soddisfare la condizione di
realta,
jĀµā(Ļ, ~x) = jĀµ(āĻ, ~x),
a causa della quale in seguito le frequenze saranno considerate sempre positive. Esempi
di processi che corrispondono a correnti aperiodiche sono gli urti elastici tra particelle
cariche, o il passaggio di una particella carica attraverso una zona limitata con un campo
elettromagnetico non nullo.
Se la corrente e invece periodica nel tempo con periodo T ā come la corrente macro-
scopica in unāantenna, o quella dovuta a una particella carica in un ciclotrone ā allora la
decomposizione (7.2) viene sostituita dalla serie di Fourier 30,
jĀµ(t, ~x) =āā
N=āāeiNĻ0 t jĀµ
N(~x), jĀµāN (~x) = jĀµ
āN(~x), (7.3)
dove Ļ0 = 2ĻT
e la frequenza fondamentale. In questo caso jĀµN(~x) rappresenta il āpeso
discretoā con cui la frequenza,
ĻN = NĻ0,
compare nella corrente.
In seguito considereremo anche āsorgenti monocromaticheā corrispondenti a correnti
con frequenza fissata, del tipo,
jĀµ(t, ~x) = eiĻtjĀµ(Ļ, ~x) + c.c. (7.4)
Qualsiasi sorgente potra quindi essere pensata come sovrapposizione ā discreta o continua
ā di sorgenti monocromatiche. La denominazione āfrequenzaā per la variabile duale Ļ
30In realta la (7.3) puo essere riguardata come un caso particolare della (7.2), se si pone,
jĀµ(Ļ, ~x) =ā
2Ļ
āā
N=āāĪ“(Ļ ā ĻN )jĀµ
N (~x).
207
deriva dal fatto che, come vedremo, una sorgente monocromatica genera un campo elet-
tromagnetico che nella zona delle onde assume la forma di unāonda piana monocromatica,
con la stessa frequenza Ļ della sorgente.
7.1 Il campo elettromagnetico nella zona delle onde
In questa sezione considereremo una generica corrente a supporto spaziale compatto. Sce-
gliendo opportunamente lāorigine spaziale del sistema di riferimento, il suo supporto
spaziale sara allora contenuto in una palla di raggio R e avremo,
jĀµ(t, ~x) = 0, per |~x| > R, ā t.
La limitazione a correnti siffatte trova la sua motivazione fisica nel fatto che le distribuzioni
di carica realizzabili in natura sono necessariamente confinate a una regione limitata.
Il potenziale nella zona delle onde. Definiamo come āzona delle ondeā la regione lon-
tana dalle cariche, ovvero la regione spaziale 31,
|~x| ā” r Ć R. (7.6)
Per i motivi detti valutiamo ora il quadripotenziale esatto (6.48),
AĀµ(x) =1
4Ļ
ā«d3y
1
|~xā ~y| jĀµ(tā |~xā ~y|, ~y), (7.7)
nella zona delle onde, arrestandoci ai termini di ordine 1/r. Siccome la corrente nellāin-
tegrando e nulla per |~y| > R, lāintegrale in d3y puo essere ristretto ai valori di ~y per cui
|~y| ā¤ R. In base alla (7.6) abbiamo allora,
|~x| Ć |~y|.31Come āzona delle ondeā si definisce spesso la regione degli r che oltre alla (7.6) soddisfano anche,
r Ć Ī», r Ć R2
Ī», (7.5)
dove Ī» = 2Ļ/Ļ e la lunghezza dāonda, e Ļ indica la generica frequenza presente nella corrente (7.2). Se rsoddisfa queste relazioni ulteriori, allora le formule (7.9) e (7.10) mantengono la loro validita anche pervalori finiti di r, e non solo asintoticamente. Per esempio, per arrivare alla (7.9) nellāargomento temporaledella corrente in (7.7) abbiamo trascurato un termine o(y2/r), vedi (7.8), che nello sviluppo della correntedarebbe luogo a un contributo del tipo (y2/r)ā0j
Āµ. Considerando la componente monocromatica (7.4)schematicamente si ha ā0j
Āµ ' iĻjĀµ, e quindi questo termine e trascurabile se Ļy2/r < ĻR2/r Āæ 1, cheequivale alla seconda condizione in (7.5).
208
Introducendo il versore radiale ~n = ~x/r abbiamo allora gli sviluppi, vedi (6.124),
|~xā ~y| = r
ā1ā 2
~n Ā· ~yr
+y2
r2= r ā ~n Ā· ~y + o
(1
r
), (7.8)
1
|~xā ~y| =1
r+ o
(1
r2
).
Inserendo queste espansioni in (7.7) si ottiene il potenziale nella zona delle onde,
AĀµ(x) =1
4Ļr
ā«d3y jĀµ(tā r + ~n Ā· ~y, ~y) + o
(1
r2
). (7.9)
In seguito trascureremo i termini di ordine 1/r2, in quanto siamo interessati solo al termine
leading ā che e di ordine 1/r come anticipato. Si noti in particolare che lāintegrale che
moltiplica il fattore 1/4Ļr dipende, oltre che da ~x, anche dal tempo. Di conseguenza il
potenziale (7.9) dara luogo a un campo F ĀµĪ½ che a grandi distanze decade ancora come 1/r,
vedi sotto, corrispondente appunto a un campo di accelerazione. Per confronto ricordiamo
che anche il potenziale coulombiano statico e proporzionale a 1/r, ma che in quel caso il
coefficiente di proporzionalita e indipendente dal tempo e il campo corrispondente decade
allora come 1/r2, e non come 1/r.
Notiamo poi nella (7.9) la comparsa del tempo ritardato āmacroscopicoā T = t ā r,
che tiene conto del tempo che il campo elettromagnetico impiega per raggiungere il punto
di osservazione, a partire dal centro della palla contenente le cariche. Il termine ~n Ā· ~ytiene invece conto del ritardo āmicroscopicoā delle cariche individuali, a seconda della
loro posizione allāinterno della palla.
Le relazioni delle onde. Le proprieta principali del campo elettromagnetico nella zona
della onde, derivato dal potenziale (7.9), seguono dalle relazioni delle onde (5.63),
āĀµAĪ½ = nĀµA
Ī½ , nĀµAĀµ = 0, nĀµnĀµ = 0, (7.10)
relazioni che ora dimostreremo essere valide anche per il potenziale (7.9), modulo ter-
mini di ordine 1/r2. Cominciamo definendo il āquadrivettoreā nullo nĀµ = (n0, ~n) con
componenti,
n0 = 1, ~n =~x
r, n2 = 0.
Calcoliamo poi le derivate rispetto a t e xi dellāintegrando della (7.9)
1
rjĀµ(tā r + ~n Ā· ~y, ~y),
209
tralasciando di scrivere esplicitamente gli argomenti,
ā0
(1
rjĪ½
)=
1
rā0j
Ī½ ,
āi
(1
rjĪ½
)= āxi
r2ā0j
Ī½ + o
(1
r2
).
Modulo termini di ordine 1/r2 queste relazioni equivalgono a,
āĀµ
(1
rjĪ½
)= nĀµ ā0
(1
rjĪ½
).
Dalla (7.9) si ottiene allora,
āĀµAĪ½ =
1
4Ļ
ā«d3y āĀµ
(1
rjĪ½
)=
1
4Ļ
ā«d3y nĀµ ā0
(1
rjĪ½
)= nĀµ ā0
1
4Ļr
ā«d3y jĪ½ = nĀµ ā0A
Ī½ ,
che e la prima relazione in (7.10). La seconda e conseguenza del fatto che il potenziale
per costruzione soddisfa la gauge di Lorentz, āĀµAĀµ = 0.
Una volta appurato che valgono le (7.10), concludiamo che il campo elettromagnetico
nella zona delle onde condivide con le onde piane le proprieta (5.77)ā(5.79),
~E = ā ~A + (~n Ā· ~A )~n = ~nĆ[~nĆ ~A
], (7.11)
~B = ~nĆ ~E, ~n Ā· ~E = 0, | ~E| = | ~B|, (7.12)
T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½(AiAj) Īij = nĀµnĪ½
ā£ā£ā£~nĆ ~Aā£ā£ā£2
= nĀµnĪ½ | ~E|2, Īij ā” Ī“ij ā ninj. (7.13)
In particolare i campi elettrico e magnetico sono ortogonali tra di loro, e la direzione di
propagazione del campo e la radiale uscente ~n. Infatti, dalle (7.12) segue che il vettore di
Poynting e parallelo e concorde a ~n,
~S = ~E Ć ~B = ~n | ~E|2. (7.14)
Le relazioni (7.12) e (7.14) generalizzano in particolare le formule asintotiche (6.113) e
(6.118) ā valide per il campo asintotico di un sistema di particelle puntiformi ā al caso di
una corrente generica. Dalla (7.9) segue inoltre lāandamento asintotico,
AĀµ ā¼ 1
r,
e le (7.11), (7.12) comportano allora per il campo elettromagnetico lāandamento asintotico
previsto, F ĀµĪ½ ā¼ 1/r.
Notiamo infine che la valutazione esplicita delle formule (7.11)ā(7.13) richiede solo la
conoscenza della parte spaziale ~A del quadrivettore (7.9).
210
7.1.1 Emissione di quadrimomento
Inserendo la formula per il tensore energiaāimpulso asintotico (7.13) nella (7.1) otte-
niamo unāespressione compatta per la distribuzione angolare del quadrimomento emesso
nellāunita di tempo,d2P Āµ
dt dĪ©= r2 nĀµ| ~E|2. (7.15)
Per calcolare invece il quadrimomento emesso nellāunita di tempo in tutte le direzioni,
occorre integrare il membro di destra della (7.15) sullāangolo solido totale,
dP Āµ
dt= r2
ā«dĪ© nĀµ| ~E|2. (7.16)
Per processi di radiazione transitori, ovvero processi originati da cariche che sono accele-
rate solo per un intervallo finito di tempo, sara finito anche il quadrimomento emesso in
direzione ~n nellāunita di angolo solido, durante lāintero processo,
dP Āµ
dĪ©= r2nĀµ
ā« ā
āā| ~E|2 dt.
Indicando come al solito la potenza emessa condĪµ
dt=W , le componenti temporale e
spaziali della (7.15) si scrivono, vedi (7.11),
d2Īµ
dt dĪ©=
dWdĪ©
= r2 | ~E|2 = r2 (AiAjĪij), Īij ā” Ī“ij ā ninj, (7.17)
d2 ~P
dt dĪ©=
dWdĪ©
~n. (7.18)
Si noti in particolare la compensazione delle potenze di r nella (7.17), una volta inserita
la (7.9). Si vede che per il campo elettromagnetico nella zona delle onde, 1) il flusso di
quantita di moto e determinato localmente dal flusso di energia e, 2) la quantita di moto
e lāenergia soddisfano localmente le relazioni,
ā~P = ~n āĪµ, (āĪµ)2 ā |ā~P |2 = 0, (7.19)
come nel caso delle onde piane. Siccome a livello quantistico il fenomeno dellāirraggia-
mento corrisponde allāemissione di fotoni, le (7.19) indicano allora che queste particelle
sono prive di massa, e che si propagano in direzione radiale. Torneremo su alcuni aspetti
quantistici della radiazione nel capitolo 10.
211
Il risultato piu importante di questo paragrafo e la relazione (7.17), in quanto punto
di partenza per lāanalisi energetica di tutti i fenomeni di radiazione: essa permette di
determinare la distribuzione angolare e temporale della radiazione emessa da una generica
corrente jĀµ, una volta valutata la parte spaziale del potenziale vettore attraverso la (7.9).
7.1.2 Sorgenti monocromatiche e onde piane
Abbiamo appena constatato che il campo elettromagnetico nella zona delle onde possiede
molte delle proprieta delle onde piane. Questo fatto chiaramente non e casuale perche,
essendo jĀµ(t, ~x) = 0 per |~x| > R, al di fuori della palla di raggio R il campo e un campo
libero. Pur non essendo libero in tutto lo spazio, la sua forma si avvicinera tanto piu a
quella di un campo libero in tutto lo spazio, quanto piu ci allontaniamo dalla sorgente.
Cāe allora da aspettarsi che nella zona delle onde il campo elettromagnetico risulti con
buona approssimazione una sovrapposizione di onde piane, e non stupisce che esso erediti
le loro proprieta piu salienti. Tuttavia, e altrettanto chiaro che in generale questo campo
non sara costituito da una singola onda piana monocromatica.
Per decomporre il campo nella zona delle onde in onde elementari, sfruttiamo la li-
nearita in jĀµ del potenziale vettore (7.9), e utilizziamo le decomposizioni spettrali del-
la corrente (7.2) e (7.3). Considerando una singola frequenza Ļ inseriamo la sorgente
monocromatica (7.4) nella (7.9),
AĀµ(x) =1
4Ļr
ā«d3y eiĻ(tār+~nĀ·~y) jĀµ(Ļ, ~y) + c.c.
=1
4ĻreiĻ(tār)
ā«d3y eiĻ(~nĀ·~y) jĀµ(Ļ, ~y) + c.c.
ā” ĪµĀµ eikĀ·x + c.c. (7.20)
Abbiamo definito il vettore dāonda kĀµ con componenti,
k0 = Ļ, ~k = Ļ ~n,
soddisfacente,
k2 = 0, k Ā· x = kĀµxĀµ = Ļ(tā r),
e il vettore di polarizzazione,
ĪµĀµ =1
4Ļr
ā«d3y eiĻ(~nĀ·~y)jĀµ(Ļ, ~y). (7.21)
212
Vediamo allora che una sorgente monocromatica genera un campo che nella zona delle
onde si riduce formalmente a unāonda piana, con i vettori dāonda e di polarizzazione
indicati. In particolare, una corrente di frequenza Ļ genera unāonda della stessa frequenza.
Onde piane e onde sferiche. Tuttavia, la (7.20) non costituisce unāonda piana vera
e propria, perche sia il vettore dāonda, sia il vettore di polarizzazione esibiscono una
dipendenza residua dalla posizione ~x = ~n r. In particolare il vettore di polarizzazione porta
il prefattore 1/r, la cui presenza e tra lāaltro richiesta dalla conservazione dellāenergia.
Infatti, scrivendo il vettore di Poynting mediato nel tempo associato allāonda (7.20) si ha,
vedi il problema 5.6,
~S = ā2~nĻ2ĪµāĀµĪµĀµ,
e si vede che ~S e proporzionale a 1/r2. Di conseguenza lāenergia che attraversa la sezione
di un cono di apertura angolare dĪ© nellāunita di tempo,
~S Ā· (~n r2dĪ©),
e indipendente da r. Lāenergia fluisce quindi verso lāinfinito, conservandosi. La polariz-
zazione ĪµĀµ dipende poi anche dalla direzione ~n, attraverso lāesponenziale nellāintegrando
della (7.21). Per queste particolari dipendenze da r e ~n il potenziale (7.20) corrisponde,
propriamente parlando, a una sovrapposizione di āonde sfericheā, vedi il testo di J.D.
Jackson 32, piuttosto che a unāonda piana.
Tuttavia, in una regione con estensioni spaziali L piccole rispetto a r,
LĀæ r,
i vettori kĀµ e ĪµĀµ risultano praticamente costanti, e localmente la (7.20) appare quindi
come unāonda piana. Infatti, allāinterno di una regione di questo tipo le variazioni relative
di r e ~n sono limitate da,ār
r<
L
r, |ā~n| < L
r,
e la variazione relativa di ~k equivale allora a,
|ā~k|Ļ
= |ā~n| < L
rĀæ 1.
32J.D. Jackson, Classical Electrodynamics, 3a edizione, Wiley & Sons, New York, 1998.
213
Per quanto riguarda invece la variazione del vettore di polarizzazione, dalla (7.21) si ricava,
āĪµĀµ =1
4Ļr
ā«d3y
(āār
r+ i Ļ (ā~n Ā· ~y)
)eiĻ(~nĀ·~y)jĀµ(Ļ, ~y).
Considerando che |~y| < R abbiamo,ā£ā£ā£ā£ā
ār
r+ i Ļ (ā~n Ā· ~y)
ā£ā£ā£ā£ <L
r+ ĻR |ā~n| < (1 + ĻR)
L
r.
Siccome per sistemi microscopici ĻR corrisponde alla velocita delle cariche nella corrente,
vedi la prossima sezione, anche la variazione relativa di ĪµĀµ e allora dellāordine di L/r Āæ 1.
Se a titolo di esempio consideriamo la radiazione emessa dal sole e osservata sulla terra,
r corrisponde alla distanza terraāsole, r = 1.5 Ā· 108km, mentre L e il diametro della terra,
L = 1.2 Ā· 104km. Sulla superficie della terra il vettore dāonda e il vettore di polarizzazione
sono quindi soggetti a variazioni relative molto piccole, dellāordine di L/r ā¼ 10ā4, e la
radiazione osservata risulta in pratica composta da onde piane.
Sorgenti generiche. Data la linearita della (7.9), questi risultati si estendono diretta-
mente alle generiche quadricorrenti (7.2) e (7.3). Nel caso generale il campo elettroma-
gnetico nella zona delle onde risulta dunque ā localmente ā sovrapposizione di onde piane
monocromatiche, e le frequenze presenti nella radiazione sono un sottoinsieme di quelle
presenti nella corrente. Puo, infatti, succedere che lāintegrale nella (7.21) sia zero.
In particolare, a un arbitrario sistema di cariche che eseguono un moto periodico di
periodo T , corrisponde una corrente periodica del tipo (7.3), e sistemi siffatti emettono
quindi radiazione con frequenze appartenenti allāinsieme,
ĻN = NĻ0, N = 1, 2, 3 Ā· Ā· Ā· .
Viceversa, a un sistema di particelle che seguono orbite aperte corrisponde una corrente
aperiodica del tipo (7.2), e un tale sistema di cariche emette quindi radiazione con uno
spettro continuo di frequenze.
7.2 La radiazione dellāantenna lineare
Dalle formule derivate nella sezione precedente si vede che il calcolo del quadrimomento
emesso richiede la valutazione del potenziale spaziale ~A nella zona delle onde. Sfortu-
natamente lāintegrale che compare nella (7.9) raramente puo essere eseguito in modo
214
esatto, ed in generale e necessario ricorrere a un approccio perturbativo, come per esem-
pio lo sviluppo in multipoli che presenteremo nella prossima sezione. Uno dei rari casi
in cui lāintegrale nella (7.9) puo essere valutato esattamente e quello dellāantenna lineare,
alimentata al centro.
Senza entrare nei dettagli diamo la forma della densita di corrente spaziale in unāan-
tenna lineare di lunghezza L disposta lungo lāasse z, alimentata al centro da un generatore
di frequenza Ļ,
~j(t, ~y) = I Ī“(y1) Ī“(y2) sen(Ļ(L/2ā |y3|)) cos(Ļt) ~u, (7.22)
I ā” I0
sen(ĻL/2). (7.23)
E sottinteso che ~j = 0 per |y3| ā„ L/2. Si vede che la corrente si annulla al bordo,
per y3 = Ā±L/2, mentre per ogni t fissato essa e massima al āgapā, ovvero in y3 = 0,
che e il punto in cui viene alimentata. I0 ha le dimensioni di una corrente, nel senso di
carica per unita di tempo, e corrisponde alla corrente al gap. ~u = (0, 0, 1) e il versore
lungo z. Confrontando con la (7.4) vediamo in particolare che la (7.22) e una corrente
monocromatica, e quindi essa emette radiazione monocromatica di frequenza Ļ e lunghezza
dāonda Ī» = 2Ļ/Ļ.
Per determinare il potenziale nella zona delle onde inseriamo la (7.22) nella (7.9),
~A(t, ~x) =I~u
4Ļr
ā« L/2
āL/2
dy3
ā«dy1
ā«dy2 Ī“(y1) Ī“(y2) sen(Ļ(L/2ā |y3|)) cos(Ļ(tā r + ~n Ā· ~y)).
Possiamo integrare le funzioni Ī“ in y1 e y2, sostituendo ~n Ā· ~y = n1y1 + n2y2 + n3y3 con
n3y3 = cosĻ y3, dove Ļ e lāangolo tra ~n e lāasse z. Si ottiene cosı,
~A(t, ~x) =I~u
4Ļr
ā« L/2
āL/2
dy3 sen(Ļ(L/2ā |y3|)) cos(Ļ(tā r + cos Ļ y3)).
Lāintegrazione rimanente su y3 e elementare e porta a,
~A(t, ~x) =I cos(Ļ(tā r))
2Ļr Ļ sen2Ļ
(cos
(ĻL
2cosĻ
)ā cos
ĻL
2
)~u. (7.24)
Il potenziale vettore e quindi in ogni punto parallelo allāasse z, cosı come lo e ~A. Dalle
(7.11) vediamo allora che il campo elettrico giace sempre nel piano individuato dallāasse
z e da ~n, essendo ortogonale a ~n.
215
La distribuzione angolare della potenza emessa si ottiene invece derivando la (7.24)
rispetto al tempo, e inserendo lāespressione risultante nella (7.17). Sfruttando il fatto che
~A e diretto lungo lāasse z risulta,
dWdĪ©
= r2(AiAjĪij) = r2ā£ā£ā£ ~A
ā£ā£ā£2
sen2Ļ. (7.25)
La derivata temporale della (7.24) equivale alla sostituzione,
cos(Ļ(tā r))ā āĻ sen(Ļ(tā r)).
Eseguendo inoltre la media temporale della (7.25) dobbiamo effettuare la sostituzione,
sen2(Ļ(tā r))ā 1/2.
In definitiva otteniamo per la distribuzione angolare della potenza media emessa dallāan-
tenna lineare lāespressione 33,
dWdĪ©
=I20
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£ā£cos
(ĻL2
cosĻ)ā cosĻL
2
sen(ĻL2
) senĻ
ā£ā£ā£ā£ā£
2
. (7.26)
Da questa formula si vede che lāesistenza di direzioni in cui dW/dĪ© e massima o minima
dipende fortemente dai valori del rapporto,
ĻL
2=
ĻL
Ī».
Invece di eseguire unāanalisi sistematica della distribuzione angolare (7.26), di seguito ci
limiteremo a considerare qualche caso particolare. Vediamo comumque che dW/dĪ© e
sempre nulla per Ļ = 0, cioe, lungo la direzione dellāantenna, mentre ha un massimo per
Ļ = Ļ/2, cioe nel piano ortogonale allāantenna, a patto che sia L/Ī» 6= 2 n con n intero.
Inoltre si puo vedere facilmente che se L ā¤ Ī» allora la potenza non ha altri estremali,
mentre se L > Ī» allora esistono ulteriori direzioni in cui essa e massima o nulla.
Qualitativamente possiamo dividere le antenne in due categorie, antenne ālungheā
corrispondenti a L ' Ī», e antenne ācorteā corrispondenti a L Āæ Ī». Tratteremo le
ultime in dettaglio nel paragrafo 7.3.3 nellāambito dellāapprossimazione di dipolo, mentre
di seguito consideriamo un tipico esempio di antenna lunga.
33Si noti che per L = nĪ», con n intero, la normalizzazione di I nella (7.23) deve essere cambiata.
216
Antenne lunghe. Casi particolarmente interessanti di antenne lunghe sono le antenne
a āmezzāondaā di lunghezza L = Ī»/2, e quelle a āonda interaā di lunghezza L = Ī».
Consideriamo a titolo dāesempio unāantenna a mezzāonda, per cui ĻL/2 = Ļ/2. In questo
caso la (7.26) si riduce a,dWdĪ©
=I20
8Ļ2
cos2(
Ļ2cosĻ
)
sen2Ļ,
che ha un unico massimo in Ļ = Ļ/2 e un unico minimo in Ļ = 0, dove si annulla. Se
vogliamo invece analizzare ālāefficienzaā dellāantenna a mezzāonda dobbiamo calcolare la
potenza totale,
W =
ā«dWdĪ©
dĪ© =I20
8Ļ2
ā« 2Ļ
0
dĻ
ā« Ļ
0
dĻcos2
(Ļ2cosĻ
)
senĻ=
I20
4Ļ
ā« Ļ
0
dĻcos2
(Ļ2cosĻ
)
senĻ.
Lāultimo integrale puo esser valutato solo numericamente e vale 1.22. In definitiva otte-
niamo,
W = 0.097 I20 =
1
2I20 R
(1/2)rad . (7.27)
Abbiamo introdotto la āresistenza di radiazioneā dellāantenna a mezzāonda,
R(1/2)rad = 2 Ā· 0.097,
da non confondere con la sua resistenza ohmica Rohm. Se torniamo alle unita di misura
del sistema MKS, il nostro valore adimensionale della resistenza deve essere moltiplicato
per la āresistenza del vuotoā,
R0 =
āĀµ0
Īµ0
ā 377 Ohm.
La resistenza di radiazione dellāantenna a mezzāonda diventa allora,
R(1/2)rad = 2 Ā· 0.097 R0 ā 73 Ohm, (7.28)
mentre per unāantenna a onda intera si otterrebbe,
R(1)rad ā 201Ohm.
Si puo vedere che questi valori della resistenza sono tipicamente molto maggiori della
resistenza ohmica dellāantenna,
Rohm Āæ Rrad.
217
Unāantenna lunga costituisce quindi un radiatore molto efficace, in quanto la maggior
parte dellāenergia fornita dal generatore viene irradiata sotto forma di onde elettromagne-
tiche, mentre solo una piccola parte viene dissipata per effetto Joule. Nel paragrafo 7.3.3
vedremo, invece, che unāantenna corta costituisce al contrario un radiatore poco efficace,
in quanto in quel caso si ha Rohm Ć Rrad.
7.3 Sviluppi non relativistici
In sezione 7.1 abbiamo ricondotto il calcolo del quadrimomento emesso da una generica
distribuzione di carica, si vedano le (7.17) e (7.18), alla determinazione della parte spa-
ziale del quadripotenziale nella zona delle onde (7.9), che quı riportiamo ripristinando la
velocita della luce,
AĀµ(x) =1
4Ļr c
ā«d3y jĀµ
(tā r
c+
~n Ā· ~yc
, ~y
). (7.29)
Insistiamo sul fatto che questo procedimento fornisce risultati esatti. Tuttavia, in pratica
non e quasi mai possibile valutare lāintegrale tridimensionale nella (7.29) analiticamente,
ed e quindi necessario ricorrere a qualche approccio perturbativo. Se le cariche si muovono
con velocita piccole rispetto alla velocita della luce, allora risulta appropriato un metodo
perturbativo che viene chiamato āsviluppo in multipoliā. Vediamo in che cosa consiste.
7.3.1 Sviluppo in multipoli
Per definizione lo sviluppo in multipoli del potenziale (7.29) equivale a uno sviluppo in se-
rie di Taylor della corrente jĀµ
(tā r
c+
~n Ā· ~yc
, ~y
)attorno al tempo ritardato macroscopico
T = tā r
c, considerando come parametro di sviluppo il ritardo microscopico
~n Ā· ~yc
,
AĀµ(x) =1
4Ļr c
ā«d3y
(jĀµ(T, ~y) +
~n Ā· ~yc
ātjĀµ(T, ~y) +
1
2
(~n Ā· ~y)2
c2ā2
t jĀµ(T, ~y) + Ā· Ā· Ā·
). (7.30)
Come si vede questo sviluppo equivale a unāespansione in potenze di 1/c, e costitui-
sce quindi uno sviluppo non relativistico. Il primo termine nella (7.30) viene chiamato
ātermine di dipoloā, il secondo ātermine di quadrupoloā, e cosı via.
Spieghiamo innanzitutto il motivo per cui questa espansione risulta appropriata, se le
velocita delle particelle cariche che compongono la corrente jĀµ sono piccole rispetto alla
218
velocita della luce. Supponiamo che queste particelle si muovano con velocita caratteristi-
ca v. Esse impiegano allora il tempo caratteristico R/v per attraversare la palla di raggio
R entro la quale sono confinate, e ne segue che la corrente varia sensibilmente su scale
temporali dellāordine di t0 = R/v. Dato che |~y| < R, possiamo allora dare la seguente
stima del ritardo microscopico,
ā£ā£ā£ā£~n Ā· ~y
c
ā£ā£ā£ā£ <R
c=
v
ct0. (7.31)
Siccome la corrente varia su scale temporali caratteristiche dellāordine di t0, concludiamo
allora che jĀµ
(T +
~n Ā· ~yc
, ~y
)differisce poco da jĀµ(T, ~y), a patto che il ritardo microscopico
sia molto minore di t0, ā£ā£ā£ā£~n Ā· ~y
c
ā£ā£ā£ā£Āæ t0. (7.32)
Ma per la (7.31) cio equivale a,
v
ct0 Āæ t0 ā v Āæ c.
Per velocita piccole rispetto a c la corrente potra allora essere sviluppata in serie di potenze
di~n Ā· ~y
c.
Un modo alternativo per analizzare il significato dello sviluppo in multipoli consiste
nellāanalizzare AĀµ frequenza per frequenza, cioe, considerando la corrente monocromatica
(7.4),
jĀµ(t, ~x) = eiĻtjĀµ(Ļ, ~x) + c.c. (7.33)
con frequenza Ļ fissata. La velocita caratteristica delle cariche risulta allora essere v = ĻR.
Siccome in questo caso schematicamente abbiamo,
āNt jĀµ ' ĻNjĀµ,
dalla (7.31) segue che il termine Nāesimo dello sviluppo in (7.30) ammonta a,
1
N !
(~n Ā· ~y)N
cNāN
t jĀµ(T, ~y) ' 1
N !
(ĻR)N
cNjĀµ(T, ~y) =
1
N !
(v
c
)N
jĀµ(T, ~y),
che equivale quindi direttamente a uno sviluppo in serie di potenze div
c.
219
7.3.2 La radiazione di dipolo
Il resto di questa sezione sara dedicato a unāanalisi dettagliata dellāapprossimazione di
ordine piu basso ā lāapprossimazione di dipolo ā che equivale a considerare nella (7.30)
solo il primo termine dello sviluppo,
Ai(x) =1
4Ļr c
ā«d3y ji
(tā r
c, ~y
). (7.34)
Ricordiamo che per lāanalisi della radiazione emessa e sufficiente determinare Ai. Il campo
elettromagnetico risultante dalla (7.34) viene chiamato ācampo di dipoloā, e la radiazione
ad esso associata āradiazione di dipoloā. Quando le velocita delle cariche in gioco sono
piccole rispetto alla velocita della luce, lāapprossimazione di dipolo fornisce in generale
valori sufficientemente accurati per il campo asintotico e per il quadrimomento irradiato.
Se si richiede, invece, un grado di precisione piu elevato, oppure se il campo di dipolo e
nullo, allora nella (7.30) bisogna tenere conto anche dellāordine successivo, corrispondente
al ācampo di quadrupoloā. Come vedremo in sezione 7.4, lāenergia emessa trasportata
dal campo di quadrupolo e soppressa di un fattore(v
c
)2
rispetto a quella trasportata dal
campo di dipolo.
Il momento di dipolo. La (7.34) puo essere riscritta in modo piu semplice, se si intro-
duce per una generica quadricorrente jĀµ il suo momento di dipolo (elettrico),
Di(t) ā”ā«
d3xxiĻ(t, ~x), j0 = c Ļ. (7.35)
Come conseguenza dellāequazione di continuita āĀµjĀµ = 0, la sua derivata temporale
soddisfa,
Di(t) =
ā«d3x ji(t, ~x). (7.36)
Infatti, dato che Ļ = ā0j0, si ha,
Di(t) =
ā«d3xxi ā0j
0 = āā«
d3xxi ākjk = ā
ā«d3x
[āk(x
ijk)ā ji]
=
ā«d3x ji,
dove nellāultimo passaggio la derivata totale non contribuisce, perche per |~x| > R la
corrente e zero. La (7.34) diventa allora semplicemente,
Ai =1
4Ļr cDi, (7.37)
220
dove e sottointeso che il momento di dipolo e valutato allāistante ritardato macroscopico
t ā rc. La caratteristica principale di questa formula ā peculiare per lāapprossimazione
di dipolo ā e che esprime Ai in termini della sola densita di carica, senza coinvolgere
esplicitamente la corrente spaziale.
Il potenziale scalare A0. Per lāanalisi della radiazione e sufficiente la conoscenza di Ai,
ma per completezza facciamo notare che nello sviluppo (7.30) occorre fare una distinzione
tra Ai e A0. Questa distinzione deriva dal fatto che la componente temporale della corrente
e legata alla densita di carica Ļ dalla relazione j0 = c Ļ, mentre le sue componenti spaziali
sono indipendenti da c. Per una singola particella si ha, infatti, ~j = ~v Ļ. Ne segue
che, se nello sviluppo in multipoli (7.30) per Ai ci si arresta allāordine (~n Ā· ~y)N/cN , per
consistenza nello sviluppo di A0 bisogna considerare anche il termine successivo di ordine
(~n Ā·~y)N+1/cN+1. In approssimazione di dipolo nel calcolo di A0 bisogna allora tenere conto
anche del termine lineare in ~n Ā· ~y/c. La (7.30) da allora,
A0 =1
4Ļr c
(ā«d3y c Ļ + ~n Ā· 1
cāt
ā«d3y ~y c Ļ
)=
1
4Ļr
(Q +
niDi
c
), (7.38)
dove Q =ā«
d3x Ļ e la carica totale conservata del sistema. Si riconosce nel primo termine,
indipendente dal tempo, il potenziale coulombiano, mentre il secondo, dipendente dal
tempo, coinvolge a sua volta il momento di dipolo. Si noti come nellāapprossimazione di
dipolo il potenziale vettore (7.37), (7.38) soddisfi la gauge di Lorentz āĀµAĀµ = 0, modulo
termini di ordine 1/r2. Dāora in poi porremo di nuovo c = 1.
Emissione di quadrimomento. Dato il potenziale vettore (7.37) possiamo usare le (7.11)
e (7.12), valide nella zona delle onde, per ottenere espressioni semplici per i campi di
dipolo,
~E = ā 1
4Ļr[ ~D ā (~n Ā· ~D)~n], ~B = ā 1
4Ļr~nĆ ~D. (7.39)
Il campo elettrico giace quindi nel piano individuato da ~D e ~n. Inserendo infine la
(7.37) nella (7.17) otteniamo la distribuzione angolare della potenza emessa da un generico
sistema di cariche non relativistiche,
dWdĪ©
=1
16 Ļ2DiDj(Ī“ij ā ninj) =
1
16 Ļ2
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
sen2Ļ =1
16 Ļ2
ā£ā£ā£~nĆ ~Dā£ā£ā£2
, (7.40)
221
dove Ļ e lāangolo tra ~D e ~n. Vediamo quindi che la radiazione di dipolo ha una distri-
buzione angolare molto semplice: essa e nulla lungo la direzione di ~D, mentre e massima
nel piano ortogonale a ~D.
La potenza totale si ottiene invece integrando dW/dĪ© sugli angoli. Usando gli integrali
invarianti del problema 2.6 risulta,
W =
ā«dWdĪ©
dĪ© =1
16Ļ2DiDj
ā«dĪ©
(Ī“ij ā ninj
)
=1
16Ļ2DiDj
(4Ļ Ī“ij ā 4Ļ
3Ī“ij
)=
1
6Ļ
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
. (7.41)
Al contrario, la quantita di moto totale emessa in tutte le direzioni e nulla. Infatti, dalla
(7.18) segue,
dP k
dt=
ā«nk dW
dĪ©dĪ© =
1
16Ļ2DiDj
ā«dĪ© nk(Ī“ij ā ninj) = 0, (7.42)
dove di nuovo si sono usati gli integrali invarianti. Lāannullamento della quantita di moto
totale emessa e dovuta al fatto che, come conseguenza dellāinvarianza della (7.40) per
~nā ā~n, le energie emesse in due direzioni opposte sono uguali; ne segue che le quantita
di moto emesse in direzioni opposte si cancellano.
Sistemi di particelle e Bremsstrahlung. Consideriamo ora come caso particolare un si-
stema di particelle cariche puntiformi non relativistiche. In questo caso la densita di carica
e
j0(t, ~x) =ā
r
er Ī“3(~xā ~yr(t)),
e per il momento di dipolo la (7.35) da,
~D(t) =
ā«d3x~x
ār
er Ī“3(~xā ~yr(t)) =ā
r
er ~yr(t) ā ~D =ā
r
er ~ar, (7.43)
dove ~ar e lāaccelerazione della particella rāesima. Secondo la (7.41) un tale sistema emette
quindi radiazione di dipolo con potenza istantanea,
W =1
6Ļ
ā£ā£ā£ā£ā£ā
r
er ~ar
ā£ā£ā£ā£ā£
2
. (7.44)
Questa formula, che lega lāenergia emessa direttamente alla causa della radiazione ā lāac-
celerazione delle particelle ā generalizza la formula di Larmor (6.128) a un sistema di piu
222
particelle. Si noti, in particolare, che la potenza emessa non e data dalla somma delle
potenze individuali, ovvero 16Ļ
ār e2
r |~ar|2, in quanto sono presenti anche dei termini di
āinterferenzaā tra le varie particelle. La presenza di questi termini e conseguenza del
fatto che il campo elettromagnetico soddisfa il principio di sovrapposizione, e che obbe-
disce quindi alle leggi dellāinterferenza. Se indichiamo il campo elettrico asintotico della
particella rāesima con ~Er, vedi (7.45), la (7.17) si scrive per lāappunto,
dWdĪ©
= r2
ā£ā£ā£ā£ā£ā
r
~Er
ā£ā£ā£ā£ā£
2
,
e non dWdĪ©
= r2ā
r | ~Er|2.Il fenomeno della radiazione emessa da particelle cariche a causa di unāaccelerazione
momentanea, o prolungata nel tempo, viene genericamente chiamato Bremsstrahlung,
ovvero, radiazione di frenamento. La formula (7.44) quantifica lāentita di questa radiazione
ā sommata sugli angoli ā per un arbitrario sistema di particelle non relativistiche. Nei
prossimi paragrafi analizzeremo in dettaglio vari casi di Bremsstrahlung non relativistica,
tra cui la diffusione Thomson, e la radiazione emessa a causa dellāinterazione coulombiana
tra due particelle cariche.
Particella singola. Consideriamo piu in dettaglio il caso di una particella singola, per
cui ~D = e~a. Per i campi a grandi distanze le (7.39) danno allora,
~E = ā e
4Ļr[~aā (~n Ā· ~a)~n], ~B = ā e
4Ļr~nĆ ~a. (7.45)
Si noti come questi campi siano fondamentalmente diversi dai campi prodotti a grandi
distanze da una particella non relativistica in moto rettilineo uniforme, vedi (6.70) e
(6.68). Vediamo in particolare che in questo caso il campo elettrico non e piu radiale ā
essendo piuttosto ortogonale alla direzione radiale ~n ā e che appartiene al piano formato
da ~n e ~a. Per la distribuzione angolare della radiazione la (7.40) da invece,
dWdĪ©
=e2 |~nĆ ~a|2
16 Ļ2. (7.46)
Vediamo che la particella non emette radiazione lungo la direzione dellāaccelerazione, men-
tre lāemissione e massima nel piano ortogonale ad essa. Anticipiamo che questa proprieta
della distribuzione angolare della radiazione e caratteristica per il limite non relativisti-
223
co. Vedremo, infatti, che per particelle ultrarelativistiche la distribuzione angolare della
radiazione sara radicalmente diversa.
Infine, per la potenza totale emessa da una particella singola non relativistica con
carica e e accelerazione ~a, la (7.44) si riduce a,
W =e2|~a |2
6Ļ,
che e la formula di Larmor (6.128).
Si noti come le formule per una singola particella non relativistica appena derivate,
siano in perfetto accordo con i limiti non relativistici delle corrispondenti formule esatte
derivate nel paragrafo 6.4.4, a partire dai campi di LienardāWiechert.
Assenza della radiazione di dipolo. Menzioniamo ora alcuni casi importanti in cui la
radiazione di dipolo e assente. Oltre al caso ovvio di un sistema di cariche che si muovono
di moto rettilineo uniforme, quindi molto distanti tra di loro, la radiazione di dipolo e
assente per un sistema isolato di cariche con rapporto er/mr = Ī³ indipendente da r. In
questo caso il momento di dipolo si puo infatti scrivere come,
~D(t) =ā
r
er ~yr(t) = Ī³ā
r
mr ~yr(t),
e quindi,
~D = Ī³d
dt
(āmr ~vr
)= 0,
in quanto la quantita di moto totale di un sistema isolato non relativistico e una costante
del moto. Concludiamo in particolare che in qualsiasi processo isolato che coinvolge solo
una specie di particelle, come per esempio lo scattering tra due particelle identiche, non
cāe emissione di radiazione di dipolo.
La radiazione di dipolo e pure assente per una distribuzione sferica di cariche. Cio e
conseguenza del teorema di Birkhoff, vedi problema 2.5, che assicura che una distribuzione
sferica di carica nel vuoto da luogo a un campo statico. E un campo statico non puo
emettere radiazione. Per verificare che le nostre formule sono in accordo con questa
previsione, e sufficiente ricordare che per una distribuzione sferica la densita di carica
dipende solo da r e t,
j0(t, ~x) = j0(t, r).
224
Per il momento di dipolo si ottiene allora, usando coordinate polari e sfruttando gli
integrali invarianti,
Di(t) =
ā«d3xxij0(t, r) =
(ā«r3drj0(t, r)
)(ā«dĪ© ni
)= 0.
Nei casi in cui la radiazione di dipolo e assente diventa dunque rilevante il termine di ordine
successivo nello sviluppo (7.30), ovvero, quello corrispondente alla campo di quadrupolo.
Per sistemi a simmetria sferica la radiazione e evidentemente assente a tutti gli ordini.
Riepilogo. Concludiamo questo paragrafo riassumendo le varie formule per il potenziale
vettore, e la corrispondente distribuzione angolare della potenza emessa.
a) Potenziale esatto:
AĀµ(x) =1
4Ļ
ā«d3y
1
|~xā ~y| jĀµ(tā |~xā ~y|, ~y).
b) Potenziale nella zona delle onde:
AĀµ(x) =1
4Ļr
ā«d3y jĀµ(tā r + ~n Ā· ~y, ~y).
c) Potenziale nella zona delle onde in approssimazione di dipolo:
Ai(x) =1
4Ļr
ā«d3y ji(tā r, ~y) =
1
4ĻrDi.
a) Potenza locale esatta:dWdĪ©
= r2( ~E Ć ~B) Ā· ~n.
b) Potenza āemessaā esatta:dWdĪ©
= r2(AiAjĪij).
c) Potenza emessa in approssimazione di dipolo:
dWdĪ©
=1
16Ļ2
ā£ā£ā£~nĆ ~Dā£ā£ā£2
.
Nellāapprossimazione di dipolo si puo anche determinare la potenza totale emessa in tutte
le direzioni,
W =1
6Ļ
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
.
225
7.3.3 Potenza emessa da unāantenna lineare corta
Come prima applicazione dellāapprossimazione di dipolo determiniamo la potenza emessa
da unāantenna lineare alimentata al centro, molto piu corta della lunghezza dāonda su cui
emette,
LĀæ Ī», ovvero ĻLĀæ 1. (7.47)
Siccome la potenza emessa da unāantenna lineare di lunghezza arbitraria e gia stata cal-
colata in modo esatto, vedi sezione 7.2, lāanalisi che segue ci permettera in particolare di
discutere i limiti di validita dellāapprossimazione di dipolo in un esempio concreto.
Ripartiamo dalla corrente spaziale (7.22),
~j(t, ~y) = I0 Ī“(y1) Ī“(y2)sen(Ļ(L/2ā |y3|))
sen(ĻL/2)cos(Ļt) ~u. (7.48)
In questo caso lāapprossimazione di dipolo e in effetti appropriata perche il tempo carat-
teristico con cui varia la corrente e t0 = 2Ļ/Ļ, e la condizione (7.32) diventa allora,
|~n Ā· ~y| ā¤ LĀæ t0 = 2Ļ/Ļ,
che e soddisfatta grazie alla (7.47). La potenza emessa dallāantenna puo allora essere
calcolata usando la (7.40), che coinvolge solo il momento di dipolo. La determinazione di
questāultimo richiede in realta la conoscenza della densita di carica, ma questa puo essere
determinata a sua volta sfruttando la conservazione della quadricorrente,
ā0j0 = āāij
i = ā ā
āy3j3.
Dalla (7.48) si ottiene allora facilmente,
j0(t, ~y) = I0 Ī“(y1) Ī“(y2)cos(Ļ(L/2ā |y3|))
sen(ĻL/2)sen(Ļt) Īµ(y3),
dove Īµ(Ā·) e la funzione segno. Possiamo allora calcolare il momento di dipolo,
~D(t) =
ā«d3y ~y j0(t, ~y) =
I0 sen(Ļt)
sen(ĻL/2)
ā«d3y ~y Ī“(y1) Ī“(y2) cos(Ļ(L/2ā |y3|)) Īµ(y3)
=2I0sen(Ļt) ~u
sen(ĻL/2)
ā« L/2
0
dy3 y3cos(Ļ(L/2ā y3)) =2I0 sen(Ļt)(1ā cos(ĻL/2))
Ļ2 sen(ĻL/2)~u.
Siccome per ipotesi abbiamo ĻLĀæ 1, questa espressione si riduce a,
~D =I0 L
2Ļsen(Ļt) ~u, ~D = ā1
2I0 ĻL sen(Ļt) ~u.
226
La potenza istantanea si ottiene allora dalla (7.40),
dWdĪ©
=(I0ĻL)2sen2(Ļ(tā r))
64 Ļ2sen2Ļ,
dove Ļ e lāangolo tra ~n e lāasse z. Eseguendo la media temporale su un periodo abbiamo
< sen2(Ļ(tā r)) >= 1/2, e quindi,
dWdĪ©
=(I0ĻL)2
128 Ļ2sen2Ļ, (7.49)
da confrontare con il risultato esatto (7.26). In effetti si vede facilmente che nel limite
ĻLĀæ 1 questāultimo si riduce alla (7.49). Per quanto riguarda la distribuzione angolare
notiamo che la potenza approssimata (7.49) ha una distribuzione molto semplice ā tipica
per la radiazione di dipolo ā con un massimo nel piano ortogonale allāantenna, e uno zero
nella direzione parallela ad essa. Da un confronto qualitativo tra la (7.49) e la (7.26)
emerge allora che fino a quando L ā¤ Ī» questāultima ha in effetti una forma molto simile
alla prima: un unico massimo in Ļ = Ļ/2 e uno zero in Ļ = 0.
La discrepanza maggiore tra il trattamento esatto e lāapprossimazione di dipolo emer-
ge, invece, se si confrontano le intensita delle radiazioni. Per rendercene conto, per sem-
plicita consideriamo la potenza totale. Integrando la (7.49) sullāangolo solido si ottiene
infatti,
W =(ĻL)2
48 ĻI20 =
1
2I20 R
(c)rad, (7.50)
dove la resistenza di radiazione e data da,
R(c)rad =
(ĻL)2
24 Ļ=
Ļ
6
(L
Ī»
)2
.
Reinserendo la resistenza del vuoto, R0 ā 377 Ohm, risulta dunque,
R(c)rad =
Ļ
6
(L
Ī»
)2
R0 = 197
(L
Ī»
)2
Ohm. (7.51)
Se in accordo con lāipotesi di lavoro (7.47) scegliamo, per esempio, L = Ī»/50 otteniamo,
R(c)rad = 0.08 Ohm,
che e molto minore della resistenza (7.28) dellāantenna a mezzāonda, R(1/2)rad = 73 Ohm.
Tuttavia, il dato piu rilevante e che la resistenza ohmica di unāantenna corta puo essere
227
dello stesso ordine di grandezza di R(c)rad, o anche sensibilmente maggiore: unāantenna corta
costituisce quindi in generale un radiatore poco efficace.
Infine possiamo chiederci quale risultato avremmo ottenuto se per lāantenna a mez-
zāonda ā sbagliando ā avessimo usato lāapprossimazione di dipolo. Il risultato sarebbe
stata la (7.50) con L = Ļ/Ļ, cioe,
W =Ļ
48I20 = 0.065 I2
0 ,
al posto della (7.27), W = 0.097 I20 . Avremmo quindi ottenuto il corretto ordine di
grandezza, ma un valore numerico sbagliato.
7.3.4 Diffusione Thomson della radiazione
Un fenomeno che ricopre un ruolo importante in Elettrodinamica e costituito dalla dif-
fusione di radiazione elettromagnetica da parte di una particella carica libera. Se questo
processo viene considerato a livello classico, esso e descritto da unāonda elettromagnetica
che investe una particella carica, e viene chiamato ādiffusione Thomsonā. A livello quan-
tistico lo stesso processo e invece descritto dallāurto tra un fotone e una particella carica,
e viene chiamato āeffetto Comptonā.
Vediamo in cosa consiste qualitativamente la diffusione Thomson. Se unāonda elet-
tromagnetica piana incide su una particella carica libera, la particella incomincera ad
oscillare, principalmente lungo la direzione del campo elettrico. Essendo accelerata es-
sa emettera a sua volta radiazione elettromagnetica. Questa radiazione ādiffusaā viene
emessa in direzioni diverse da quella dellāonda incidente, ma vedremo che per velocita non
relativistiche della particella, essa ha la stessa frequenza dellāonda incidente.
Consideriamo dunque una generica onda piana āincidenteā in direzione ~u, con campi
elettrico e magnetico dati da, vedi problema 5.5,
~E = ~E0 eikĀ·x + c.c., ~B = ~uĆ ~E ,
dove ~E0 e un generico vettore complesso costante, ortogonale a ~u. In seguito assumeremo
che lāonda incidente sia polarizzata linearmente, vale a dire che ~E abbia direzione costante.
Avremo allora,
~Eā0 = ~E0.
228
Lāintensita media dellāonda incidente, definita come lāenergia che attraversa lāunita di
superficie nellāunita di tempo e allora data da,
I0 =< |~S| >=< |~E|2 >= 2 E20 . (7.52)
In seguito supporremo che lāintensita dellāonda incidente sia sufficientemente bassa, in
modo tale che la velocita della particella si mantenga molto minore della velocita della
luce. Per lāanalisi della radiazione emessa risultera dunque appropriata lāapprossimazione
di dipolo.
Vediamo ora qual e lāeffetto di questa onda se investe una particella di massa m e
carica e. Per moti non relativistici dovremo risolvere lāequazione,
m~a = e(
~E + ~v Ć ~B)
. (7.53)
Siccome abbiamo v Āæ 1 e | ~B| = |~E|, il campo magnetico puo essere trascurato. Lāequa-
zione da risolvere si scrive allora piu precisamente,
md2~y(t)
dt2= e ~E0 ei(Ļ tā ~k Ā· ~y(t)) + c.c. = 2 e ~E0 cos(Ļ tā ~k Ā· ~y(t)).
Se supponiamo che la direzione di incidenza sia z ā nel qual caso ~k = (0, 0, Ļ) ā e che ~E0sia diretto lungo x, si ottiene la soluzione stazionaria,
x(t) = ā2 e E0mĻ2
cos(Ļt), y(t) = z(t) = 0. (7.54)
La particella si mette quindi a oscillare attorno allāorigine lungo la direzione del campo
elettrico incidente, con la sua stessa frequenza Ļ. Vediamo in particolare che la no-
stra approssimazione non relativistica e consistente, purche la velocita massima vM della
particella sia molto minore di 1,
vM =2 e E0mĻ
Āæ 1. (7.55)
Lāonda diffusa. Dalle (7.54) si ottiene lāaccelerazione,
~a(t) =2 e ~E0
mcos(Ļt). (7.56)
229
A questo punto possiamo applicare le formule (7.45) e (7.46), per scrivere i campi di
radiazione e la potenza emessa,
~E = ā e2
2Ļm r
(~E0 ā (~n Ā· ~E0)~n
)cos(Ļ(tā r)), ~B = ~nĆ ~E, (7.57)
dWdĪ©
=e4
4Ļ2m2
(E2
0 ā (~n Ā· ~E0)2)
cos2(Ļ(tā r)), (7.58)
Il campo elettromagnetico di radiazione, che rappresenta lāonda diffusa, ha quindi la stessa
frequenza dellāonda incidente, ma si propaga radialmente in tutte le direzioni. Inoltre la
sua intensita e massima nel piano passante per la particella ed ortogonale a ~E0. Vediamo
poi che la sua polarizzazione appartiene sempre al piano formato da ~E0 e ~n.
Onda incidente non polarizzata. Analizziamo ora piu in dettaglio la distribuzione an-
golare (7.58) della potenza emessa. Possiamo intanto eseguire la media temporale, che
equivale alla sostituzione cos2(Ļ(t ā r)) ā 1
2. Inoltre, nella maggior parte dei casi la
radiazione incidente non e polarizzata, ma ammonta a una sovrapposizione equiprobabile
di tutte le polarizzazioni ~E0 ortogonali a ~k, come nel caso della luce naturale. In questo
caso dobbiamo mediare la distribuzione angolare della potenza emessa (7.58), su tutte
le polarizzazioni ortogonali a ~k. Per fare questo esplicitiamo i termini della (7.58) che
dipendendono dalle polarizzazioni,
E20 ā (~n Ā· ~E0)2 = E2
0 ā (nx E0x + ny E0y)2 = E2
0 ā n2x E2
0x ā n2y E2
0y ā 2 nxnyE0xE0y.
Prendendo la media di questa espressione si ha < E20x >=< E2
0y >= 12E2
0 , e < E0xE0y >= 0.
Inoltre, se chiamiamo Ļ lāangolo tra ~n e la direzione di inicidenza, nel presente caso lāasse
z, allora abbiamo nz = cosĻ, e quindi n2x + n2
y = sen2Ļ. Si ottiene cosı,
< E20 ā (~n Ā· ~E0)2 >= E2
0 ā1
2sen2Ļ E2
0 =1
2(1 + cos2Ļ) E2
0 .
Per unāonda incidente non polarizzata dalla (7.58) si ottiene allora la potenza diffusa,(
dWdĪ©
)
n.p.
=e4 E2
0
16 Ļ2m2(1 + cos2Ļ). (7.59)
Si vede che questa potenza risulta massima lungo la direzione di propagazione dellāonda
incidente, in entrambi i versi Ļ = 0 e Ļ = Ļ, in accordo con il fatto che per qualsiasi
polarizzazione dellāonda incidente, la particella oscilla nel piano ortogonale alla direzione
di incidenza.
230
Infine possiamo integrare la (7.59) sugli angoli per ottenere la potenza totale. Usando,
ā«dĪ© (1 + cos2Ļ) =
ā« 2Ļ
0
dĻ
ā« Ļ
0
senĻ dĻ (1 + cos2Ļ) =16 Ļ
3, (7.60)
si ottiene,
W =
ā« (dWdĪ©
)
n.p.
dĪ© =e4 E2
0
3 Ļm2.
Lo stesso risultato si puo ovviamente anche ottenere inserendo la (7.56) nella formula di
Larmor (6.128) per la potenza totale, e mediando sul tempo. Il risultato cosı ottenuto e
indipendente dalle polarizzazioni, e la media su queste e quindi banale.
Sezione dāurto. Dal punto di vista sperimentale le grandezze rilevanti in un processo
di diffusione sono la sezione dāurto differenzialedĻ
dĪ©, ed eventualmente la sezione dāurto
totale Ļ. Nel caso in questionedĻ
dĪ©e definita come lāenergia diffusa nellāunita di tempo
in una data direzione nellāunita di angolo solido, divisa lāenergia incidente per unita di
superficie nellāunita di tempo, ovvero, lāintensita incidente I0, vedi (7.52). Analogamente,
Ļ e definita come lāenergia diffusa nellāunita di tempo in tutte le direzioni, divisa lāintensita
incidente. Dalle formule scritte sopra risulta,
dĻ
dĪ©=
1
I0
(dWdĪ©
)
n.p.
=1 + cos2Ļ
2r20, (7.61)
dove abbiamo introdotto il raggio classico della particella r0, che per lāelettrone vale,
r0 =e2
4Ļm c2= 2.8 Ā· 10ā13 cm. (7.62)
Possiamo confrontare questo raggio con il raggio di Bohr rB, e la lunghezza dāonda
Compton Ī»C dellāelettrone,
rB =4Ļ~2
me2= 5.3 Ā· 10ā9 cm, Ī»C =
~mc
= 3.8 Ā· 10ā11 cm. (7.63)
La sezione dāurto totale si ottiene integrando la (7.61) su tutti gli angoli. Usando di nuovo
la (7.60) ottiene,
Ļ =
ā«dĻ
dĪ©dĪ© =
WI0
=8Ļ
3r20. (7.64)
Questa sezione dāurto viene chiamata sezione dāurto di Thomson. Essa ha le dimensioni
di una superficie e ā vista la definizione ā puo essere interpretata come la superficie che
231
lāelettrone āoffreā come bersaglio allāonda incidente. E proprio questa circostanza che
permette di interpretare r0 come il raggio classico dellāelettrone.
Bilancio del quadrimomento e reazione di radiazione. Concludiamo lāanalisi della dif-
fusione Thomson con un commento sulla conservazione del quadrimomento in questo
processo. Ricordiamo innanzitutto che in approssimazione di dipolo la radiazione emessa
complessivamente non trasporta quantita di moto, vedi (7.42). Di conseguenza alla radia-
zione diffusa, rappresentata dal campo (7.57), complessivamente non e associata nessuna
quantita di moto. Inoltre, vista la definizione di Ļ, il processo di diffusione in questione
puo essere interpretato come segue: di tutta lāonda incidente, concettualmente infinita-
mente estesa, solo la parte che colpisce la superficie Ļ viene diffusa, mentre il resto passa
indisturbato e costituisce lāonda trasmessa.
Consideriamo ora il bilancio del quadrimomento separatamente per lāonda trasmessa,
lāonda diffusa e la particella. Per lāonda trasmessa il quadrimomento iniziale e finale
sono evidentemente uguali. Anche la particella conserva in media il suo quadrimomento,
perche essa si trova in moto stazionario. Allāonda diffusa prima della diffusione e associato
il flusso di energia ĻI0, mentre dopo la diffusione le e associato il flusso W ; siccome si ha
W = ĻI0 la sua energia si conserva. Al contrario, il suo flusso di quantita di moto prima
della diffusione vale,dPz
dt= ĻI0,
mentre dopo la diffusione esso e nullo! Dato che la quantita di moto totale del sistema si
deve conservare, dobbiamo concludere che la quantita di moto mancante e stata trasferita
alla particella. Questāultima deve quindi subire una forza media in avanti pari a,
Fz =dPz
dt=
16 Ļ
3r20 E2
0 , (7.65)
forza che andrebbe ad aggiungersi al membro di destra della (7.53).
Emerge quindi il seguente quadro. La forza e(~E+~vĆ ~B) costituisce la causa primaria che
imprime unāaccelerazione alla particella. Di conseguenza la particella da luogo a un campo
di radiazione emettendo onde elettromagnetiche le quali, a loro volta, provocano una
reazione di rinculo nella particella, rappresentata dalla forza Fz. Questa forza scaturisce
quindi dallāinterazione tra la particella e il campo da essa stessa creata, e viena chiamata
232
alternativamente āreazione di radiazioneā, āforza di autointerazioneā, o anche āforza di
frenamentoā. Si noti che mentre la forza di Lorentz e(~E + ~v Ć ~B) ā la causa primaria ā e
lineare in E0, la reazione di radiazione Fz ā un effetto secondario ā e quadratica in E0, e
corrisponde a una correzione relativistica. Stimando il rapporto tra le due forze si ottiene
infatti, vedi (7.55) e (7.62),
Fz
e E0 =16 Ļ r2
0
3 eE0 ā¼ Ļ r0
vM
c= 2Ļ
r0
Ī»
vM
c.
Nel capitolo 12 vedremo che la validita dellāElettrodinamica classica richiede comunque
che sia Ī» > r0. La forza di reazione e quindi soppressa rispetto alla forza di Lorentz dal
fattore non relativistico vM/c.
Per completezza aggiungiamo che in realta e possibile dedurre la presenza della rea-
zione di radiazione (7.65), direttamente dallāequazione di Lorentz ācompletaā (2.21),
d~p
dt= e(~E + ~v Ć ~B) + e( ~E + ~v Ć ~B), (7.66)
dove ~E e ~B sono i campi di LienardāWiechert prodotti dalla particella stessa. Tutta-
via, in questo caso non e lecito usare le loro espressioni asintotiche (7.57), perche nella
(7.66) questi campi sono valutati nella posizione della particella ā dove essi sono diver-
genti. Unāanalisi dettagliata del membro di destra della (7.66) conferma sı la presenza
del termine (7.65), ma rivela anche la presenza di termini infiniti: lāequazione di Lorentz,
nella sua forma originale (2.21), dovra dunque essere abbondonata. Anticipiamo che una
trattazione sistematica della reazione di radiazione, che comporta in particolare la sostitu-
zione dellāequazione di Lorentz con lāequazione di LorentzāDirac, vede lāElettrodinamica
classica entrare in contraddizione con se stessa, vedi capitolo 12.
Effetti quantistici. La diffusione Thomson come quı analizzata non tiene conto di effetti
quantistici, in quanto trascura il fatto che le onde elettromagnetiche sono costituite da
particelle, i fotoni. A livello quantistico il processo di diffusione di radiazione di frequenza
Ļ da parte di elettroni si realizza, infatti, attraverso urti tra fotoni āincidentiā di energia
~Ļ, ed elettroni, e viene chiamato effetto Compton. In questo caso ālāondaā uscente e
costituita da fotoni che si propagano in tutte le direzioni Ļ. Fino a quando le lunghezze
dāonda della radiazione incidente sono molto maggiori della lunghezza dāonda Compton,
233
Ī» =2Ļc
ĻĆ Ī»C =
~mc
, e quindi ~Ļ Āæ mc2, gli effetti quantistici possono essere trascurati,
ed e valida lāanalisi svolta sopra. Viceversa, per Ī» ā Ī»C il fotone incidente cede parte
della sua energia allāelettrone, ed emerge quindi dallāurto con una frequenza piu piccola,
ovvero, con una lunghezza dāonda Ī»ā² maggiore di Ī». Imponendo la conservazione del
quadrimomento risulta, infatti, la nota formula dellāeffetto Compton,
Ī»ā² = Ī» + 2Ļ(1ā cosĻ)Ī»C ,
dove Ļ e lāangolo tra il fotone entrante e quello uscente.
Le differenze principali rispetto allāanalisi classica della diffusione sono quindi 1) che
lāenergia non viene piu irradiata con continuita, ma sotto forma di quanti di luce e 2) che
la frequenza della radiazione uscente e minore di quella della radiazione incidente. Inoltre
si puo vedere 3) che la sezione dāurto di Thomson subisce una correzione quantistica che
al primo ordine in ~ risulta in,
Ļ =8Ļ
3r20
(1ā 4Ļ
Ī»C
Ī»
).
Per Ī» Ć Ī»C i fotoni entranti e uscenti hanno praticamente la stessa energia ~Ļ,
indipendentemente dallāangolo di diffusione Ļ, e in questo limite sono inoltre valide le
formule per le sezioni dāurto (7.61), (7.64). In questo limite lāenergia delle radiazioni
incidente ed uscente e data semplicemente dal numero di fotoni moltiplicato per ~Ļ, e
quindi queste sezioni dāurto danno allora anche il numero di fotoni diffusi nell unita di
tempo, diviso il numero di fotoni incidenti per unita di superficie nellāunita di tempo,
ovvero il āflusso entranteā.
7.3.5 Bremsstrahlung dallāinterazione coulombiana
In questo paragrafo consideriamo la radiazione generata dallāinterazione elettromagnetica
tra due particelle cariche in moto non relativistico ā prototipo di Bremsstrahlung non
relativistica. Di nuovo siamo interessati principalmente alla determinazione dellāenergia
emessa sotto forma di radiazione. Dato che nel limite non relativistico lāinterazione elet-
tromagnetica tra due particelle e governata dal potenziale coulombiano Ī±/r, le orbite
relative sono coniche, ovvero ellissi, iperboli o parabole. La conoscenza della forma ana-
litica delle orbite facilitera notevolmente lāanalisi della potenza emessa e, come vedremo,
234
essa ci permettera di determinare lāenergia totale irraggiata durante il moto in modo
esatto.
Consideriamo dunque un sistema isolato formato da due particelle cariche, con masse
m1 e m2 e cariche e1 e e2. Indichiamo i vettori posizione rispettivamente con ~r1 e ~r2, la
posizione relativa con ~r = ~r1 ā ~r2, e quella del centro di massa con ~rCM . Allora abbiamo,
~r1 = ~rCM +m2
m1 + m2
~r, ~r2 = ~rCM ā m1
m1 + m2
~r. (7.67)
Secondo la teoria dei moti relativi la dinamica del sistema e allora governata dalle equa-
zioni del moto,
Āµ ~r = Ī±~r
r3, ~rCM = 0, (7.68)
dove,
Ī± =e1e2
4Ļ, Āµ =
m1m2
(m1 + m2),
essendo Āµ la massa ridotta.
Cinematica delle coniche. Siccome il potenziale coulombiano e centrale e a simmetria
sferica, il moto relativo e piano, e si conservano lāenergia Īµ e il momento angolare L.
Introducendo le coordinate polari piane r e Ļ si ha,
Īµ =1
2Āµ v2 +
Ī±
r, L = Āµ r2Ļ. (7.69)
Per il potenziale in questione le orbite del moto relativo sono coniche. Se lāenergia e
negativa, e quindi necessariamente Ī± < 0, lāorbita e un ellisse di equazione,
r(Ļ) =(1ā e2) a
1 + e cosĻ, (7.70)
dove lāeccentricita e e il semiasse maggiore a sono dati da,
e =
ā1 +
2 ĪµL2
ĀµĪ±2, a = ā Ī±
2 Īµ. (7.71)
Il periodo risulta essere,
T = 2Ļ
āĀµ a3
|Ī±| .
Si noti che il momento angolare puo essere scritto anche come,
L =ā
Āµ a|Ī±|ā
1ā e2.
235
Se lāenergia e invece positiva, le orbite sono iperboli di equazione,
r(Ļ) =(e2 ā 1) a
Ā±1 + e cosĻ, (7.72)
dove il segno + corrisponde al caso attrattivo, Ī± < 0, e il segno ā al caso repulsivo, Ī± > 0.
I parametri e ed a sono ancora dati dalle (7.71), ma ora le costanti del moto possono
essere espressi anche in termini del parametro dāimpatto b e della velocita asintotica v0,
Īµ =1
2Āµ v2
0, L = Āµ b v0. (7.73)
Ricordiamo poi che nel caso delle iperboli la variabile angolare e limitata da,
āĻ0 < Ļ < Ļ0, cos Ļ0 = ā1
e. (7.74)
Lāenergia emessa. Torniamo ora al calcolo dellāenergia emessa via Bremsstrahlung.
Secondo la (7.41) la potenza emessa istantanea e data in termini del momento di dipolo
del sistema, dalla formula,
W =1
6Ļ
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
. (7.75)
Possiamo valutare ~D usando le (7.67),
~D = e1 ~r1 + e2 ~r2 = (e1 + e2)~rCM + Āµ
(e1
m1
ā e2
m2
)~r.
Derivando due volte e usando le (7.68) si ottiene,
~D = Āµ
(e1
m1
ā e2
m2
)~r =
(e1
m1
ā e2
m2
)Ī±
~r
r3.
Per la potenza istantanea si ottiene allora 34,
W =Ī±2
6Ļ
(e1
m1
ā e2
m2
)21
r4. (7.76)
Vediamo che la radiazione di dipolo e assente se le due particelle hanno lo stesso rapporto
e/m ā in particolare se le particelle sono identiche ā come dimostrato nel paragrafo 7.3.2.
Se siamo interessati allāenergia emessa tra due istanti temporali t1 e t2, dobbiamo inte-
grare la (7.76) tra questi istanti. Lāintegrale risultante puo essere ricondotto a un integrale
34Ricordiamo che questa formula rappresenta la potenza emessa W(t, r) allāistante t a una distanza rmolto grande dalla particella, se il raggio r che compare a secondo membro e valutato allāistante ritardatotā r. Se valutiamo il raggio r invece in t, allora la formula fornisce lāenergia che viene emessa allāistantet e che raggiunge lāinfinito. Torneremo su questo punto nel capitolo 9.
236
sugli angoli, valutabile esattamente, se sfruttiamo la costanza del momento angolare (7.69)
per scrivere,
dt =Āµ r2
LdĻ.
Se indichiamo gli angoli corrispondenti ai due istanti temporali t1 e t2 con Ļ1 e Ļ2, lāenergia
emessa tra questi due istanti risulta allora,
āĪµ =
ā« t2
t1
W dt =ĀµĪ±2
6ĻL
(e1
m1
ā e2
m2
)2 ā« Ļ2
Ļ1
1
r2dĻ. (7.77)
Inserendo in questa espressione le equazioni polari (7.70) e (7.72) si ottengono integrali
elementari che possono essere valutati esattamente. Consideriamo ora separatamente moti
ellittici e moti iperbolici.
Moti ellittici. Se il moto relativo e ellittico entrambe le particelle compiono moti pe-
riodici di periodo T . La corrente associata jĀµ e allora pure periodica, e il sistema emette
quindi radiazione sulle frequenze discrete ĻN = 2ĻN/T , con N intero, vedi paragrafo
7.1.2. In questo caso lāenergia totale emessa e evidentemente infinita, e ha senso solo la
potenza media, ottenuta mediando la (7.77) su un periodo,
W =1
T
ā« T
0
W dt =ĀµĪ±2
6ĻL T
(e1
m1
ā e2
m2
)2 ā« 2Ļ
0
1
r2dĻ
=ĀµĪ±2
6ĻLT
(e1
m1
ā e2
m2
)21
a2(1ā e2)2
ā« 2Ļ
0
(1 + e cosĻ)2dĻ.
Usando lāintegrale, ā« 2Ļ
0
(1 + e cosĻ)2dĻ = 2Ļ
(1 +
e2
2
),
e sostituendo i valori cinematici dati sopra si ottiene,
W =Ī±2
6Ļa4
(e1
m1
ā e2
m2
)2 1 + e2
2
(1ā e2)5/2. (7.78)
Lāenergia che la Bremsstrahlung asporta invece durante un ciclo e data da,
āĪµc = T W .
Una conseguenza importante della Bremsstrahlung e che lāenergia totale del sistema āca-
riche + campoā, che nel limite non relativistico quı in esame e data dalla (7.69), non
puo restare costante, perche durante ogni ciclo essa deve diminuire della quantita T W .
237
Di conseguenza le orbite ellittiche non possono restare stabili e si devono, in particolar
modo, āaprireā, entrando in un regime spiraleggiante. La causa diretta di questo feno-
meno e di nuovo la forza di frenamento, le cui conseguenze fisiche saranno analizzate in
modo sistematico piu avanti, vedi capitolo 12. Nel prossimo paragrafo quantitificheremo
comunque la perdita di energia (7.78) in un caso importante dal punto di visto storico,
quello dellāatomo di idrogeno classico, e vedremo che la forza di frenamento lo farebbe
collassare in una frazione di secondo.
Moti iperbolici. Se il moto relativo e iperbolico, entrambe le particelle compiono moti
aperiodici. Anche la corrente associata e allora aperiodica, e il sistema emette dunque
radiazione con uno spettro continuo di frequenze. Questo processo corrisponde a un urto
tra due particelle cariche che arrivano dallāinfinito, si deflettono a vicenda, e poi escono
di nuovo verso lāinfinito. Negli istanti iniziale e finale lāaccelerazione delle due particelle e
nulla, e lāenergia totale irradiata durante lāintero processo, come vedremo, risulta finita.
Per calcolarla dobbiamo porre nella (7.77) t1 = āā e t2 = +ā, ovvero Ļ1 = āĻ0 e
Ļ2 = Ļ0, vedi (7.74). Inserendo la (7.72) nella (7.77) troviamo per lāenergia irradiata
durante lāintero processo,
āĪµ =
ā« ā
āāW dt =
ĀµĪ±2
6ĻL
(e1
m1
ā e2
m2
)21
a2(e2 ā 1)2
ā« Ļ0
āĻ0
(Ā±1 + e cosĻ)2dĻ
=ĀµĪ±2
6ĻL
(e1
m1
ā e2
m2
)21
a2(e2 ā 1)2
((2 + e2) Ļ0 Ā± 3
ā(e2 ā 1)
).
Usando le (7.73) possiamo esprimere questo risultato in termini della velocita asintotica
v0 e del parametro dāimpatto b. Per fare questo e conveniente introdurre il parametro
adimensionale,
Ī³ =ā1āe2 ā 1
=Ī±
Āµ v20 b
, Ļ0 =Ļ
2ā arctg Ī³.
Si noti che nel caso attrattivo si ha Ī³ < 0, mentre nel caso repulsivo risulta Ī³ > 0. Dopo
semplici passaggi si ottiene allora,
āĪµ =Āµ3v5
0
6Ļ Ī±
(e1
m1
ā e2
m2
)2 [(3Ī³2 + 1)
(Ļ
2ā arctg Ī³
)ā 3Ī³
]Ī³3. (7.79)
Notiamo che per parametri dāimpatto grandi, corrispondenti a valori di Ī³ piccoli, lāenergia
irradiata va a zero,
āĪµ ā Ī±2
12 v0
(e1
m1
ā e2
m2
)21
b3, (7.80)
238
in accordo con il fatto che per b grandi le orbite si discostano poco da traiettorie rettilinee.
Parametri dāimpatto piccoli. Se il parametro dāimpatto va invece a zero, si ha un urto
frontale e,
|Ī³| ā ā.
In questo caso la (7.79) ha due andamenti diversi, a seconda che il potenziale sia attrat-
tivo o repulsivo. Nel caso attrattivo si ha Ī³ ā āā, e entrambi i termini tra le parentesi
quadre in (7.79) vanno a piu infinito. Anche lāenergia irradiata tende quindi a piu in-
finito, in accordo con il fatto che lāaccelerazione diverge quando le particelle collidono.
Si noti, tuttavia, che in questo caso anche la velocita delle particelle va a piu infinito, e
lāapprossimazione non relativistica non e piu valida.
Nel caso repulsivo le particelle si avvicinano invece solo fino alla distanza minima,
rm =2 Ī±
Āµ v20
,
e lāenergia totale irradiata deve quindi essere finita. In questo caso il parametro Ī³ tende
a +ā, ed eseguendo il limite nella (7.79) si trova,
āĪµ0 ā” limĪ³āā
āĪµ =2 Āµ3v5
0
45 Ļ Ī±
(e1
m1
ā e2
m2
)2
. (7.81)
Per renderci conto dellāentita dellāenergia irradiata assumiamo che una delle due particelle
sia molto piu pesante dellāaltra, m2 Ć m1, e che le cariche siano uguali, come succede
per esempio nellāurto protone/positrone. In queste condizioni il processo equivale allāurto
della particella leggera contro la particella pesante, considerata praticamente a riposo. Si
ha allora Āµ ā m1 e Ī± = e2/4Ļ, e otteniamo,
āĪµ0 ā 8 m1 v50
45.
Infine, dato che ora Īµ ā 12m1v
20, per la diminuzione relativa dellāenergia della particella
leggera durante lāurto otteniamo,
āĪµ0
Īµā 16
45
(v0
c
)3
.
Siccome siamo nel limite non relativistico abbiamo v0 Āæ c, e quindi āĪµ0/ĪµĀæ 1. Come nel
caso (7.80) la perdita di energia per irraggiamento e quindi completamente trascurabile.
239
Nel prossimo capitolo analizzeremo il fenomeno dellāirraggiamento nel limite ultrarela-
tivistico, ovvero per v ā c, e vedremo che le conseguenze saranno drasticamente diverse.
Vedremo, infatti, che per velocita prossime alla velocita della luce gli effetti radiativi
possono dare luogo a perdite di energia notevoli, anche negli urti dovuti allāinterazione
coulombiana.
7.3.6 La radiazione dellāatomo dāidrogeno classico
In questo paragrafo illustriamo brevemente il quadro fenomenologico che emergerebbe
per lāatomo dāidrogeno, se la sua dinamica fosse governata dalle leggi della fisica classica.
Concentreremo la nostra analisi sullo stato fondamentale dellāatomo, che classicamente
corrisponde allāelettrone che compie un moto circolare uniforme attorno al protone, con
velocita v Āæ 1. Possiamo allora applicare le formule derivate nel paragrafo precedente
per il moto ellittico, nel caso particolare di eccentricita nulla.
Dato che il protone e molto piu pesante dellāelettrone vale m2 Ć m1 ā” m e Āµ ā m,
e inoltre in questo caso abbiamo Ī± = ā e2
4Ļe r = a. Siccome la forza centripeta vale
mv2
r=
e2
4Ļr2, lāenergia totale e la velocita angolare dellāelettrone diventano, vedi (7.69),
Īµ = ā e2
8Ļr= ā1
2mv2, Ļ =
v
r=
āe2
4Ļ mr3=
ār0
r3=
me4
(4Ļ)2~ 3, (7.82)
dove abbiamo introdotto il raggio classico r0 dellāelettrone, e identificato r con il raggio
di Bohr, vedi (7.63).
Il moto dellāelettrone e periodico con periodo T = 2Ļ/Ļ, e la sua accelerazione ~a(t) e
quindi una funzione periodica semplice. Secondo le (7.45) il campo di radiazione e allora
costituito da una singola onda monocromatica di frequenza Ļ. Concludiamo che lāatomo
dāidrogeno classico emetterebbe radiazione unicamente sulla frequenza fondamentale Ļ.
Come vedremo piu avanti, vedi sezione 10.4, una particella relativistica in moto circolare
uniforme emette, invece, radiazione su tutte le frequenze ĻN = NĻ, con N intero. Queste
previsioni sono comunque in contrasto con la formula quantistica di Rydberg, che prevede
le frequenze di emissione,
ĻMN =1
2
(1
N2ā 1
M2
)me4
(4Ļ)2~ 3,
240
dove N e M sono interi.
Torniamo ora al calcolo della potenza emessa dallāatomo classico. Ponendo nella (7.78)
lāeccentricita uguale a zero si ottiene,
W =
(e2
4Ļ
)2e2
6Ļ m2 r4=
e2
6Ļ
r20
r4=
e2
6ĻĻ4 r2, (7.83)
in accordo con la formula di Larmor (6.128). Siccome W = ādĪµ
dtabbiamo dunque quan-
tificato la perdita di energia dellāatomo. Ma dato che Īµ ā ā1/r questa perdita comporta
anche una diminuzione del raggio. Dalle (7.82), (7.83) si ottiene la variazione relativa,
1
r
dr
dt= ā1
Īµ
dĪµ
dt= ā4
3
r20
r3ā ā2 Ā· 1010/s,
dove abbiamo sostituito i valori (7.62), (7.63). Si vede che il raggio dellāorbita dellāelet-
trone si ridurrebbe a meta in meno di 10ā10s, e lāatomo di idrogeno classico collasserebbe
nella frazione di un secondo ! Si noti in particolare che la velocita dellāelettrone andrebbe
allora a piu infinito, vedi (7.82).
E comunque interessante calcolare la diminuzione relativa dellāenergia dellāatomo du-
rante un ciclo,āĪµ
Īµ=
TWĪµ
=2ĻWĻ Īµ
=8Ļ
3
(r0
r
)3/2
ā 3 Ā· 10ā6,
che e in realta una frazione molto piccola. Quello che in ultima analisi fa collassare lāatomo
di idrogeno classico in pochissimo tempo e la brevita di un ciclo,
T =2Ļ r
c
ār
r0
ā 1.4 Ā· 10ā16s.
Per concludere aggiungiamo che la velocita dellāelettrone e data da,
v
c= Ļ r =
ār0
rā 0.7 Ā· 10ā2,
ed era quindi corretto affrontare il problema nellāapprossimazione non relativistica di
dipolo.
Conlcudiamo questo paragrafo con un caveat sui limiti di validita della nostra analisi.
Da un punto di vista quantitativo lāanalisi quı eseguita e infatti valida solo fino a quando
il raggio dellāorbita dellāelettrone non varia apprezzabilmente. Se il raggio non e costante
non e piu costante nemmeno lāaccelerazione da inserire nella formula di Larmor, e anche la
241
potenza emessa varierebbe nel tempo. Lāequazione del moto dellāelettrone dovrebbe allora
essere risolta tenendo conto della perdita di energia attraverso la formula di Larmor, la
quale coinvolge a sua volta lāaccelerazione incognita. Le equazioni differenziali risultanti
sarebbero non lineari, e non risolubili in modo analitico. Per di piu, come notato sopra, la
diminuzione del raggio porta a un aumento della velocita, la quale per r ā 0 tenderebbe
a piu infinito. Riassumendo, per affrontare il problema dellāatomo di idrogeno classico
in modo corretto, in linea di principio bisognerebbe risolvere le equazioni di Maxwell e
di Lorentz complete, come sistema accoppiato. Inoltre da un certo istante in poi non
e piu lecito affrontare il problema nellāapprossimazione non relativistica. Tuttavia, le
conclusioni qualitative della nostra trattazione restano comunque valide.
7.4 Radiazione di quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico
Nei casi in cui la radiazione di dipolo e assente, ovverosia, quando la derivata seconda del
momento di dipolo si annulla,
~D = 0,
nello sviluppo in multipoli (7.30) diventa rilevante il termine perturbativo successivo,
cioe, quello lineare in ~n Ā· ~y/c. Questo termine da luogo alle cosiddette radiazioni di
quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico, soppresse rispetto a quella di dipolo elettrico
di un fattore non relativistico v/c. In questa sezione determiniamo lāapporto allāeneriga
irradiata, dovuto a queste radiazioni. Per via della formula generale (7.17) e di nuovo
sufficiente determinare la parte spaziale del quadripotenziale.
Il potenziale ~A fino allāordine 1/c2. Riprendiamo lo sviluppo (7.30), considerando ora
anche il termine lineare in ~n Ā· ~y/c. Sottintendendo che la quadricorrente jĀµ e valutata in
(tā r, ~y), e ponendo c = 1, abbiamo allora,
Ai =1
4Ļr
ā« (ji + (nkyk) ātj
i)
d3y,
=1
4Ļr
[Di + nk āt
ā« (1
2
(ykji ā yijk
)+
1
2
(ykji + yijk
))d3y
]
=1
4Ļr
(Di ā M ik nk +
1
2nk āt
ā« (ykji + yijk
)d3y
). (7.84)
242
Abbiamo definito il tensore tridimensionale antisimmetrico,
M ik ā” 1
2
ā« (xijk ā xkji
)d3x,
legato al momento di dipolo magnetico,
~M ā” 1
2
ā«d3x~xĆ~j,
dalle relazioni,
M i =1
2ĪµijkM jk, M ij = ĪµijkMk. (7.85)
Per un sistema di particelle, per cui,
~j(t, ~x) =ā
r
er ~vr(t) Ī“3(~xā ~yr(t)),
si ha in particolare,
~M =1
2
ār
er ~yr Ć ~vr. (7.86)
Lāultimo termine in (7.84) puo invece essere valutato introducendo il momento di quadru-
polo elettrico Dij della distribuzione di carica, e la sua versione āridottaā Dij, a traccia
nulla,
Dij =
ā«d3xxixj Ļ, Ļ = j0, Dij = Dij ā 1
3Ī“ijDkk, Dii = 0. (7.87)
Lāultimo termine nella (7.84) puo infatti essere espresso in termini di Dij sfruttando
lāidentita,
Dij =
ā« (xijj + xjji
)d3x,
analoga alla (7.36). La si dimostra ā come nel caso di questāultima ā con unāintegrazione
per parti, usando la conservazione della quadricorrente, e ricordando che jĀµ ha supporto
compatto,
Dij =
ā«xixj ā0j
0 d3x = āā«
xixj(ākjk)d3x =
ā«āk
(xixj
)jkd3x
=
ā« (Ī“ikx
j + xiĪ“jk
)jkd3x =
ā« (xijj + xjji
)d3x.
Otteniamo quindi,
Ai =1
4Ļr
(Di ā M ij nj +
1
2Dij nj
)
=1
4Ļr
(Di ā M ij nj +
1
2
(Dij ā 1
3Ī“ijDkk
)nj
)+
Dkk
24Ļrni, (7.88)
243
dove abbiamo tolto e aggiunto lo stesso termine. Consideriamo ora lāultimo termine di
questa espressione. Dalla definizione (7.87) risulta che Dkk e funzione solo di tār, perche
nellāintegrale la densita di carica Ļ e valutata in (tā r, ~x). Questo ci permette di scrivere,
Dkk(tā r)
24Ļrni = āi
(Dkk(tā r)
24Ļr
)+ o
(1
r2
). (7.89)
Il termine o(1/r2) e ininfluente perche il potenziale e valutato nella zona delle onde. Inoltre
sappiamo che una funzione del tipo 1rf(t ā r) soddisfa lāequazione delle onde per r 6= 0,
vedi problema 5.7. Questo ci permette di concludere che lāultimo termine nella (7.88)
puo essere eliminato con una trasformazione di gauge residua, Ai ā Ai + āiĪ, 2Ī = 0,
scegliendo,
Ī = āDkk(tā r)
24Ļr.
Alla stessa conclusione si giunge osservando che un contributo ad Ai che e proporzionale a
ni, come quello in (7.89), comunque non contribuisce alla potenza (7.17), perche Īijnj = 0.
Ritroviamo il fatto che lāenergia, essendo una quantita osservabile, e invariante sotto
trasformazioni di gauge.
In definitiva, a meno di una trasformazione di gauge, e ripristinando la velocita della
luce, otteniamo per il potenziale corretto fino allāordine 1/c2,
Ai =1
4Ļr c
(Di ā 1
cM ij nj +
1
2 cDij nj
). (7.90)
In questa approssimazione il campo nella zona delle onde risulta quindi sovrapposizione
lineare di un campo di dipolo elettrico, un campo di dipolo magnetico e un campo di
quadrupolo elettrico. Gli ultimi due sono soppressi di un fattore 1/c rispetto al primo, e
costituiscono quindi correzioni relativistiche di ordine superiore. Confrontando la (7.43)
con la (7.86) si vede in particolare che, schematicamente, si ha,
M ij ā¼ v Di.
La potenza totale. In presenza dei campi di dipolo magnetico e di quadrupolo elettrico
la distribuzione angolare della potenza emessa (7.17) esibisce ora una dipendenza dagli
angoli abbastanza complicata, perche ora ni compare non solo in Īij, ma anche in Ai.
244
Ciononostante e ancora possibile derivare unāespressione compatta per la potenza totale.
Integrando la (7.17) sullāangolo solido si ottiene infatti,
W =r2
c
ā«(AiAjĪij) dĪ© (7.91)
=1
16Ļ2c3
ā«dĪ©
Di ā M ik
cnk +
ĖDik
2cnk
Dj ā M jl
cnl +
ĖDjl
2cnl
(Ī“ij ā ninj).
Gli integrali sugli angoli possono essere valutati come al solito, usando gli integrali inva-
rianti. Siccome alla fine tutti gli indici di Di, M ij e ĖDij
devono contrarsi tra di loro, e
siccome Dij e simmetrico e a traccia nulla ed M ij e antisimmetrico, i termini misti non
contribuiscono allāintegrale. I termini diagonali, invece, possono esser valutati facilmente
usando gli integrali invarianti. Dalla relazione (7.85) si ricava in particolare,
M ijM ij = 2ā£ā£ā£ ~M
ā£ā£ā£2
.
Il risultato finale che cosı si ottiene e,
W =1
6Ļc3
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
+1
6Ļc5
ā£ā£ā£ ~Mā£ā£ā£2
+1
80Ļc5
ĖDij ĖD
ij
. (7.92)
I tre contributi alla potenza corrispondono rispettivamente alla radiazione di dipolo elet-
trico, di dipolo magnetico e di quadrupolo elettrico, gli ultimi due termini essendo sublea-
ding di un fattore 1/c2 rispetto al termine di dipolo elettrico. Come si vede, grazie alla
cancellazione dei termini misti non ci sono correzioni di ordine 1/c4. Si noti, tuttavia, che
tali correzioni sono presenti nella distribuzione angolare dW/dĪ©.
Facciamo infine un commento importante sullāutilizzo corretto della formula (7.92).
Lāespansione non relativistica (7.30) del potenziale nella zona delle onde puo essere scritta
come,
~A =1
c~A1 +
1
c2~A2 +
1
c3~A3 + Ā· Ā· Ā· , (7.93)
dove con ~AN intendiamo il contributo di 2Nāpolo, includendo anche i corrispondenti con-
tributi magnetici. La (7.90) rappresenta allora i primi due termini di questa espansione.
Notiamo in particolare che il termine ~AN contiene N ā 1 fattori dei versori ~n. Se si
inserisce lo sviluppo (7.93) nella (7.91) si ottiene una serie di potenze in 1/c, ma dato
che lāintegrale sugli angoli di un numero dispari di fattori ~n e zero, sopravvivono solo i
245
prodotti del tipo AN AM con M + N pari. La (7.91) si scrive allora,
W = r2
ā« (1
c3Ai
1 Aj1 +
1
c5
(Ai
2 Aj2 + 2 Ai
1 Aj3
)+ o
(1
c7
))Īij dĪ©.
Si vede, dunque, che per calcolare correttamente la potenza emessa fino allāordine 1/c5,
alla (7.92) andrebbe aggiunto il termine dovuto al prodotto misto Ai1 Aj
3, che coinvolge
la radiazione di sestupolo ~A3. Possiamo comunque concludere che la (7.92) da la potenza
corretta fino allāordine 1/c5, se la radiazione di dipolo e assente,
~A1 = 0 ā ~D = 0.
Solo in questo caso la (7.92) e allora di utilita concreta. In caso contrario in generale
bisogna tenere conto anche della radiazione di sestupolo.
Assenza delle radiazioni di quadrupolo e di dipolo magnetico. Vediamo ora qualche ca-
so in cui i contributi di ordine 1/c5 alla potenza emessa (7.92) si annullano. Il contributo
di dipolo magnetico e nullo per un sistema isolato di particelle, con rapportoer
mr
= Ī³ in-
dipendente da r. Questo e una conseguenza della conservazione del momento angolare di
un sistema isolato. Per vederlo e sufficiente inserire la relazione er = Ī³ mr nella definizione
(7.86) del momento di dipolo magnetico. Risulta,
~M =Ī³
2
ār
~yr Ćmr ~vr =Ī³
2~L,
dove ~L e il momento angolare totale conservato; ne segue che ~M = 0. Il contributo di
dipolo magnetico e assente anche per un sistema isolato composto da due sole particelle,
con cariche arbitrarie. In questo caso nel sistema di riferimento del centro di massa si ha
m1~r1 + m2~r2 = 0, ~p1 = ā~p2, e risulta,
~M =1
2(e1 ~r1 Ć ~v1 + e2 ~r2 Ć ~v2) =
1
2
(e1
m21
+e2
m22
)m1m2
m1 + m2
~L,
dove ~L = ~r1Ć p1 + ~r2Ć ~p2 e il momento angolare totale conservato del sistema. Di nuovo
abbiamo quindi che ~M = 0.
Infine, come conseguenza del teorema di Birkhoff i contributi di ordine 1/c5 nella
(7.92) si devono annullare entrambi, se la corrente jĀµ e a simmetria sferica, ~j = ~x j(t, r),
246
j0 = Ļ(r, t). In effetti si vede che ~M e nullo, perche ~xĆ~j = 0. Per quanto riguarda invece
il momento di quadrupolo ridotto, usando coordinate polari si ha,
Dij =
ā«d3x
(xixj ā 1
3Ī“ijx2
)Ļ =
[ā« ā
0
r4Ļ dr
] [ā«dĪ©
(ninj ā 1
3Ī“ij
)]= 0, (7.94)
in quanto lāintegrale sugli angoli e zero.
7.5 Problemi
7.1 Radiazione di ciclotrone nel limite non relativistico. Si consideri una parti-
cella di carica e che in presenza di un campo magnetico costante e uniforme compie un
moto circolare uniforme, con frequenza Ļ = eB/m e raggio R, tale che v = ĻRĀæ 1.
a) Si determini il campo elettrico generato dalla particella nella zona delle onde.
b) Per ogni istante t fissato si determinino le direzioni in cui la potenza emessa e massima
e minima.
c) Mediando su tempi grandi rispetto al periodo si dimostri che la distribuzione angolare
della potenza media e data da,
dWdĪ©
=e2Ļ4R2
32Ļ2(1 + cos2Ļ),
dove Ļ e lāangolo tra la direzione di osservazione e lāasse della circonferenza.
d) Supponendo che la carica sia vincolata a un anello di raggio R, si determini la legge
oraria con cui la velocita della particella diminuisce. Si assuma che valga,
|v| Āæ Ļ2R,
in modo da poter considerare nella formula di Larmor solo lāaccelerazione centripeta. Si
verifichi la validita di questa ipotesi a posteriori.
7.2 Si consideri una particella carica leggera che compie un moto circolare uniforme
attorno a una particella carica pesante, nelle stesse ipotesi del paragrafo 7.3.6.
a) Si determini la legge oraria con cui variano la velocita e il periodo della particella
leggera.
b) Si discutano i limiti di validita dellāanalisi svolta.
247
7.3 Distribuzioni di carica a simmetria sferica. Si consideri la formula (7.9) per il
potenziale AĀµ nella zona delle onde. Si supponga che la corrente jĀµ sia dotata di simmetria
sferica, come specificato nel problema 2.5. Si verifichi che una tale distribuzione di carica
non irradia in nessuna direzione, cioe,
dWdĪ©
= 0, ā~n,
come implicato dal teorema di Birkhoff.
Traccia dello svolgimento. E sufficiente dimostrare Ai dato in (7.9) e della forma,
~A(t, ~x, ) = ~n g(t, ~x), (7.95)
per qualche funzione g. A questo scopo si puo sfruttare il seguente teorema sugli integrali
invarianti tridimensionali.
Teorema: Sia data una funzione di due variabili tridimensionali f(~x, ~y), invariante per
rotazioni, cioe,
f(R~x,R~y) = f(~x, ~y), āR ā SO(3),
condizione che risulta essere equivalente ad assumere che f dipenda da ~x e ~y solo attraverso
gli invarianti |~x|, |~y| e ~x Ā· ~y. Si definisca la funzione vettoriale,
~F (~x) =
ā«~y f(~x, ~y) d3y.
Allora ~F e necessariamente della forma,
~F (~x) = ~xF0(|~x|). (7.96)
Dimostrazione: eseguendo nellāintegrale che definisce ~F il cambiamento di variabili ~y āR~y, si ricava che ~F e una āfunzione covarianteā per rotazioni, cioe,
~F (R~x) = R~F (~x), āR ā SO(3).
La funzione ~F (~x) e allora necessariamente della forma (7.96).
Risulta che la funzione g(t, ~x) che compare nella (7.95), in generale e diversa da zero
e dipendente dal tempo. Cio sembra in contraddizione con il teorema di Birkhoff, secondo
cui per distribuzioni sferiche di carica il campo elettromagnetico nel vuoto e statico. Il
248
paradosso si risolve facilemente se si ricorda che AĀµ e definito modulo una trasformazione
di gauge. La funzione g che compare nella (7.95) e, infatti, della forma particolare g(t, ~x) =
1rf(t ā r), e si puo fare vedere allora che esiste una trasformazione di gauge che annulla
Ai, e riporta allo stesso tempo il potenziale scalare nella forma standard A0 =Q
4Ļr.
7.4 A partire dai campi di LienardāWiechert (6.99) si verifichi che il tensore energiaā
impulso del campo prodotto da una particella in moto arbitrario, nella zona delle onde si
riduce a,
T ĀµĪ½em = nĀµnĪ½ | ~E|2,
in accordo con la formula generale (7.13).
Traccia dello svolgimento. Nella zona delle onde il campo elettromagnetico (6.99) e
dominato dal campo di accelerazione (6.102), che riscriviamo come,
F ĀµĪ½ ā F ĀµĪ½a =
e
4Ļ(um)3 R(mĀµāĪ½ āmĪ½āĀµ) , āĀµ ā” (um) wĀµ ā (wm) uĀµ.
Questa scrittura e conveniente in quanto si ha,
mĀµmĀµ = 0 = mĀµāĀµ, ā2 = (um)2w2 + (wm)2.
Allora e immediato valutare il tensore energiaāimpulso nella zona delle onde,
T ĀµĪ½em = F ĀµĻFĻ
Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½F ĻĻFĻĻ = ā e2ā2
16Ļ2(um)6 R2mĀµmĪ½ . (7.97)
Per r grandi si ha R ā r, ~m ā ~n, e segue in particolare che mĀµ ā nĪ½ . La verifica
che il coefficiente di nĀµnĪ½ nella (7.97) eguaglia allora | ~Ea|2, vedi (6.108), e lasciato come
esercizio.
7.5 Bremsstrahlung in campo coulombiano a grandi distanze. Si consideri un
elettrone non relativistico che passa accanto a un nucleo di carica Ze, considerato fisso,
a una distanza molto grande. In questo modo la sua traiettoria si discosta poco da una
retta. Indicando la sua velocita asintotica con v0 Āæ 1, e il parametro dāimpatto con b, la
sua distanza dal nucleo come funzione del tempo puo allora essere approssimata con,
r(t) = |~y(t)| 'ā
b2 + v20 t2.
249
a) Considerando che lāaccelerazione dellāelettrone lungo la traiettoria e data da,
~a = ā Ze2
4Ļm
~y
r3,
si dimostri che durante il passaggio vicino al nulceo esso irraggia lāenergia,
āĪµ(v0, b) =e6Z2
192Ļ2m2v0
1
b3.
Si confronti questa espressione con il risultato esatto (7.79).
b) Si supponga ora di avere un fascio di elettroni incidenti a velocita v0. Si dimostri che
ālāirraggiamento efficaceā, definito come la potenza irraggiata Wrad divisa per il flusso j
di elettroni incidenti, e dato in generale da 35,
Ļ(v0) =
ā« ā
0
2Ļ b db āĪµ(v0, b), Wrad = Ļ(v0) j. (7.98)
Si noti che Ļ(v0) ha le dimensioni di [energia]Ā·[area].
c) Per il caso in questione lāintegrale in b diverge per bā 0. A questo proposito bisogna
tenere presente che il calcolo di āĪµ(v0, b) eseguito sopra e valido per b grandi, e che a
distanze piccole non si possono trascurare gli effetti quantistici. In Meccanica Quantistica
un cutāoff naturale e fornito dal principio di indeterminazione, che suggerisce di stimare la
distanza di minimo avvicinamento d attraverso dmv0 ā ~, ovvero d ā ~/mv0. Si puo allo-
ra dare una stima dellāirraggiamento efficace sostituendo lāestremo inferiore dellāintegrale
in (7.98) con b ā d. Si ottiene,
Ļ(v0) ā e6Z2
96 Ļ m~ c3, (7.99)
formula che riproduce il corretto ordine di grandezza del risultato della Meccanica Quan-
tistica. In realta si puo vedere che per un fascio non relativistico di elettroni incidenti ā
per esempio ā su un solido, la perdita di energia per irraggiamento (7.99) e soppressa di
un fattore (v0/c)2, rispetto alla perdita di energia dovuta alle collisioni. In questo caso il
fenomeno dellāirraggiamento diventa quindi rilevante solo nel limite ultrarelativistico.
7.6 Si consideri una particella non relativistica in un ciclotrone come nel problema 7.1.
a) Si dimostri che la radiazione di dipolo magnetico e assente.
35Con āflusso incidenteā si intende in generale il numero di particelle incidenti che attraversano lāunitadi superficie nellāunita di tempo.
250
b) Si determini il contributo alla potenza emessa dovuto alla radiazione di quadrupolo,
confrontandolo con il contributo della radiazione di dipolo.
c) Si determinino le frequenze presenti nella radiazione di quadrupolo.
7.7 Si consideri un urto tra due particelle cariche identiche non relativistiche, nel sistema
di riferimento del centro di massa. Si stimi la potenza istantanea emessa durante lāurto,
confrontandola con la potenza istantanea emessa nellāurto tra due particelle della stessa
massa ma di carica opposta. Per la soluzione si veda il testo di L.D. Landau et. al. 36,
paragrafo 71, problema 1.
36L.D. Landau e E.M. Lifsits, Teoria dei Campi, Editori Riuniti, Roma, 1976.
251
8 La radiazione gravitazionale
Questo capitolo e dedicato a un confronto tra la radiazione elettromagnetica e quella gravi-
tazionale, ed e quindi di carattere piu speculativo, visto che la seconda attende tuttora un
riscontro sperimentale diretto. Per concretezza considereremo queste radiazioni nel limite
non relativistico, ovvero quando vengono generate da corpi che si muovono con velocita
piccole rispetto alla velocita della luce. In questo modo risulta appropriato lo sviluppo in
multipoli, e cosı avremo a disposizione formule sufficientemente esplicite da permettere un
confronto concreto. Riporteremo le previsioni fatte dalla Relativita Generale omettendo
evidentemente le deduzioni, ma forniremo, ove possibile, argomentazioni euristiche. No-
nostante le onde gravitazionali attendano a tuttoggi una conferma sperimentale diretta,
esistono pochi dubbi sul fatto che qualsiasi corpo accelerato ne debba emettere, non per
ultimo perche le equazioni di Einstein le predicono come soluzioni. Resta comunque il
fatto curioso che fino a pochissimo tempo fa, lāunica traccia indiretta della loro esisten-
za proveniva dalla pulsar binaria PSR 1913+16, scoperta nel 1974 da R.A. Hulse e J.H.
Taylor, che nel 1993 valse ai suoi scopritori il premio Nobel 37.
8.1 Onde gravitazionali e onde elettromagnetiche
Per quanto riguarda il confronto tra le onde elettromagnetiche e quelle gravitazionali i
risultati di questo capitolo possono essere riassunti come segue. 1) Mentre le onde elet-
tromagnetiche costituiscono soluzioni esatte delle equazioni di Maxwell, le equazioni di
Einstein ammettono come soluzioni onde gravitazionali solo nel limite di campo debole.
Questa approssimazione e piu che giustificata, perche le onde gravitazionali, se esistono,
hanno sicuramente unāintensita bassissima, altrimenti sarebbero gia state osservate. 2)
Cosı come la sorgente del campo elettromagnetico e la quadricorrente jĀµ, cosı la sorgente
del campo gravitazionale e il tensore energiaāimpulso T ĀµĪ½ del sistema, e cosı come una
carica elettrica accelerata emette onde elettromagnetiche, cosı qualsiasi corpo accelerato
emette onde gravitazionali. 3) Un sistema a simmetria sferica emette ne onde elettroma-
gnetiche, ne onde gravitazionali. 4) Le onde gravitazionali trasportano quadrimomento
37Per osservazioni piu recenti si veda M. Kramer et. al, Tests of General Relativity from Timing theDouble Pulsar, Science 314, 97-102 (2006); astroāph/0609417.
252
come quelle elettromagnetiche, ma rispetto alle ultime lāintensita delle prime e soppressa
di un fattore relativistico(v
c
)2
. Questo segue dal fatto che le radiazioni di dipolo āelet-
tricoā e āmagneticoā nel caso gravitazionale sono assenti per qualsiasi sistema isolato, e
che il contributo dominante della radiazione gravitazionale e quindi costituito dalla ra-
diazione di quadrupolo. 5) Ricordiamo che entrambi i tipi di onda sono onde trasversali a
due gradi di liberta, che si propagano con la velocita della luce. Ma mentre le onde elet-
tromagnetiche hanno elicita Ā±1, quelle gravitazionali hanno elicita Ā±1. 6) Infine facciamo
notare, senza entrare nei dettagli, che il gruppo di simmetria di āgaugeā dellāinterazione
gravitazionale e rappresentato dai ādiffeomorfismiā, ovverosia, da arbitrari cambiamenti
di coordinate,
xĀµ ā xā²Āµ(x),
che generalizzano le trasformazioni di Poincare, xĀµ ā ĪĀµĪ½x
Ī½ + aĀµ.
8.2 Le equazioni per un campo gravitazionale debole.
In questa sezione useremo da una parte argomenti di invarianza relativistica, e dallāaltra
la stretta analogia esistente tra le forze gravitazionale e elettromagnetica a livello non
relativistico, per dedurre le equazioni di propagazione per un campo gravitazionale di
bassa intensita in modo euristico. Le equazioni che otterremo, vedi (8.10), si identificano
con le equazioni di Einstein nel limite di campo debole. Come vedremo, queste equazioni
hanno una struttura analoga a quella delle equazioni di Maxwell in gauge di Lorentz,
e sfruttando lāesperienza accumulata con queste ultime non avremo nessuna difficolta a
risolvere le prime.
Cominciamo con la semplice osservazione che a livello non relativistico le interazioni
gravitazionale e elettromagnetica hanno in realta la stessa identica struttura. Le forze
quasiāstatiche tra due corpi sono infatti date da,
~Fem =e1 e2
4Ļr3~r (8.1)
~Fgr = āGm1m2
r3~r, (8.2)
essendo G la costante di Newton. Corrispondentemente i potenziali scalari elettrico e
253
gravitazionale soddisfano le equazioni di tipo Poisson,
āā2Ļem = Ļe, (8.3)
ā2Ļgr = 4ĻGĻm, (8.4)
dove Ļe e la densita di carica elettrica e Ļm la densita di massa. Queste equazioni eviden-
temente non sono covarianti per trasformazioni di Lorentz, ma nel caso elettromagnetico
sappiamo bene come modificare la (8.3) per renderla tale. Come primo passo dobbiamo
covariantizzare il Laplaciano sostituendolo con il dāAlembertiano, āā2 ā āā2 +ā20 = 2,
ottenendo cosı,
2Ļem = Ļe. (8.5)
Come secondo passo dobbiamo assegnare un ben definito carattere tensoriale alle gran-
dezze coinvolte. A questo proposito ricordiamo che la densita di carica e la componente
0 della quadricorrente, Ļe = j0, e cosı possiamo concludere che anche il potenziale sca-
lare debba essere la componente 0 di un certo quadrivettore AĀµ, Ļem = A0. Imponendo
lāinvarianza di Lorentz arriviamo cosı a postulare lāequazione,
2AĀµ = jĀµ. (8.6)
La conservazione della quadricorrente impone infine il vincolo,
āĀµAĀµ = 0. (8.7)
Abbiamo effettivamente ottenuto le equazioni di Maxwell in gauge di Lorentz.
Cerchiamo ora di applicare la stessa strategia alla (8.4), per derivare unāequazione
relativistica per il campo gravitazionale. Di nuovo cominciamo sostituendo la (8.4) con,
2Ļgr = ā4ĻGĻm. (8.8)
Per individuare il multipletto tensoriale al quale appartiene il campo Ļgr, dobbiamo allora
trovare il multipletto tensoriale al quale appartiene la densita di massa. A questo proposito
ricordiamo che in Relativita Ristretta la massa e una forma di energia, e ci dobbiamo allora
aspettare che in una teoria relativistica della gravitazione il campo gravitazionale venga
generato non dalla massa, ma piuttosto dallāenergia di un corpo. Sappiamo, infatti, che i
254
fotoni vengono deviati da un campo gravitazionale, pur non possedendo massa, ma āsoloā
energia. Nella (8.8) dobbiamo quindi sostituire la densita di massa con la densita di
energia, che altro non e che la componente 00 del tensore energiaāimpulso,
Ļm ā T 00.
Si noti che per un sistema di particelle non relativistiche T 00 si riduce di nuovo alla
densita di massa, vedi (2.71). Questa analisi ci induce dunque a considerare Ļgr co-
me la componente 00 di un tensore doppio simmetrico HĀµĪ½ , il ācampo gravitazionaleā.
Convenzionalmente si pone,
Ļgr =1
4H00.
La (8.8) si scrive allora,
2H00 = ā16ĻG T 00, (8.9)
che si covariantizza naturalmente in,
2HĀµĪ½ = ā16ĻG T ĀµĪ½ . (8.10)
La legge di conservazione āĀµTĀµĪ½ = 0, analoga a āĀµj
Āµ = 0, impone poi al campo gravita-
zionale il vincolo,
āĀµHĀµĪ½ = 0. (8.11)
Confrontando la (8.10) con la (8.6) si vede che la sorgente del campo gravitazionale e
il tensore energiaāimpulso, cosı come la quadricorrente elettrica e la sorgente del campo
elettromagnetico. Ma a parte questo, la struttura delle (8.10), (8.11) e identica a quella
delle (8.6), (8.7), e la soluzione delle prime sara quindi immediata.
8.2.1 La relazione con le equazioni di Einstein
Le equazioni per il campo gravitazionale (8.10) costituiscono una covariantizzazione āmi-
nimaleā della (8.4), in quanto realizzano lāinvarianza di Lorentz nel modo piu semplice.
In realta le equazioni di campo esatte, ovvero, le equazioni di Einstein, come postulate
dalla Relativia Generale, si riducono alle (8.10) solo nel limite di campo debole. E infatti
immediato rendersi conto le (8.10) non possono descrivere la dinamica del campo gravita-
zionale in modo esatto. Il motivo principale e che secondo la (8.10) il campo gravitazionale
255
sarebbe generato unicamente dal tensore energiaāimpulso T ĀµĪ½ della materia, che per un
sistema di particelle cariche, per esempio, e dato dalla (2.66). Questa equazione non tiene
dunque conto dellāenergia e della quantita di moto trasportate dal campo gravitazionale
stesso. Occorre quindi completare il membro di destra della (8.10), aggiungendo il ten-
sore energiaāimpulso T ĀµĪ½gr del campo gravitazionale. In analogia con il tensore T ĀµĪ½
em del
campo elettromagnetico, T ĀµĪ½gr dovrebbe essere costruito con termini quadratici in HĀµĪ½ , ma
secondo la Relativita Generale esso contiene tutte le potenze (HĀµĪ½)N , per N ā„ 2. Emerge
cosı la differenza fondamentale tra le equazioni di Maxwell e quelle di Einstein: mentre le
prime sono lineari in AĀµ in quanto il campo elettromagnetico non porta carica elettrica,
le seconde sono (altamente) non lineari in HĀµĪ½ in quanto il campo gravitazionale porta
quadrimomento.
Facciamo tuttavia notare che, se il campo gravitazionale e di intensita cosı bassa da
non (auto)influenzare la sua propagazione, allora nella (8.10) il contributo T ĀµĪ½gr potra essere
trascurato.
Data la presenza di potenze di tutti gli ordini in HĀµĪ½ , per ottenere il corretto com-
pletamento non lineare della (8.10), ovvero le equazioni di Einstein, e necessario ricorrere
al principio di equivalenza, che a sua volta si traduce nella richiesta di invarianza sotto
diffeomorfismi. Mentra questa costruzione esula dagli scopi di questo testo, spieghiamo
comunque in che modo il campo HĀµĪ½ e legato alla ācurvaturaā dello spazioātempo. Come
anticipato nel paragrafo 5.3.2, in presenza di un campo gravitazionale non nullo lāintervallo
tra due eventi si scrive,
ds2 = dxĀµdxĪ½gĀµĪ½(x),
dove gĀµĪ½ rappresenta la āmetricaā di uno spazioātempo curvo. Se la scriviamo nella forma,
gĀµĪ½(x) = Ī·ĀµĪ½ + hĀµĪ½(x),
allora il campo hĀµĪ½ quantifica lo scostamento della metrica, dalla metrica Ī·ĀµĪ½ dello spazioā
tempo piatto. Dato che secondo Einstein e la materia a curvare lo spazio, in assenza di
materia (e di onde gravitazionali) si dovra dunque avere hĀµĪ½ = 0. Si definisce poi il campo
HĀµĪ½ a partire da hĀµĪ½ attraverso,
HĀµĪ½ = hĀµĪ½ ā 1
2Ī·ĀµĪ½ hĻ
Ļ, (8.12)
256
relazione che si inverte facilmente, dato che HĻĻ = āhĻ
Ļ,
hĀµĪ½ = HĀµĪ½ ā 1
2Ī·ĀµĪ½ HĻ
Ļ. (8.13)
Si dimostra allora che nel limite di campo debole, cioe, per |hĀµĪ½ | Āæ 1, ovvero |HĀµĪ½ | Āæ 1,
le equazioni di Einstein per la metrica,
gĀµĪ½ = Ī·ĀµĪ½ + HĀµĪ½ ā 1
2Ī·ĀµĪ½ HĻ
Ļ, (8.14)
si riducono alle equazioni (8.10), (8.11), per unāopportuna scelta di gaugeāfixing per i
diffeomorfismi. Risolte queste ultime per HĀµĪ½ , la (8.14) permette di determinare la metrica
in ogni punto dello spazioātempo.
Scelte alternative per il campo gravitazionale. A priori si offrono due alternative per il
tipo di tensore da scegliere per il campo gravitazionale. La prima ā immediata ā emerge
se si riguarda Ļm come la componente 0 della āquadricorrente di massaā, la quale per un
sistema di particelle e data da,
JĀµm =
ār
mr
ā«uĀµ
r Ī“4(xā yr) dsr. (8.15)
Seguirebbe infatti,
J0m =
ār
mr Ī“3(~xā ~yr) = Ļm.
In base alla (8.8) il campo Ļgr sarebbe allora la componente 0 di un quadrivettore. Questa
scelta e, tuttavia, in conflitto con due fatti sperimentali fondamentali. In primo luogo in
questo modo costruiremmo una teoria relativistica della gravita, in completa analogia con
lāElettrodinamica ā procedura che e in palese contrasto con il fatto che la prima prevede
solo ācaricheā positive, le masse, mentre la seconda prevede cariche di entrambi i segni.
In secondo luogo, data la (8.15) si conserverebbe la massa totale di un sistema ā di nuovo
in contrasto con lāesperienza.
La seconda scelta alternativa consiste, invece, nel considerare Ļgr come un quadrisca-
lare. Nel limite non relativistico le componenti T 0i e T ij del tensore energiaāimpulso sono
trascurabili rispetto a T 00, vedi (2.71), e di conseguenza T ĀµĀµ ā T 00. Potremmo allora
identificare Ļm con la traccia di T ĀµĪ½ . Al posto di (8.10) otterremmo allora lāequazione,
2Ļgr = ā4ĻG T ĀµĀµ.
257
Tuttavia, essendo che TemĀµ
Āµ = 0, qesta scelta implicherebbe che il campo elettromagnetico
non genera alcun campo gravitazionale, in contrasto con il fatto che i raggi luminosi in
un campo gravitazionale vengono deviati.
8.3 Irraggiamento gravitazionale
Nel limite di campo debole le equazioni del campo gravitazionale hanno dunque la stessa
struttura delle equazioni del campo elettromagnetico, di cui conosciamo tutte le soluzioni.
In questo limite, dunque, anche le equazioni del campo gravitazionale possono essere
risolte esattamente. In questa sezione riportiamo le soluzioni rilevanti e ne discutiamo le
conseguenze fisiche, specie in riferimento al fenomeno dellāirraggiamento gravitazionale.
Come prima cosa osserviamo che nel vuoto, dove T ĀµĪ½ = 0, le (8.10) si riducono alle
equazioni delle onde,
2HĀµĪ½ = 0. (8.16)
Come sappiamo, queste equazioni ammettono come soluzioni delle onde piane āgravita-
zionaliā, e viste le (8.11), (8.12) e immediato verificare che esse sono date proprio dalle
(5.82).
Viceversa, in presenza di un tensore energiaāimpulso diverso da zero la (8.10) ammette
la soluzione esatta, vedi (6.48),
HĀµĪ½ = ā4 G
ā«d3y
1
|~xā ~y| T ĀµĪ½(tā |~xā ~y|, ~y).
A grandi distanze dalla sorgente ā nella zona delle onde ā possiamo ripetere lāanalisi
asintotica svolta in sezione 7.1. Usando le stesse notazioni di quella sezione e allora
immediato vedere che il campo gravitazionale nella zona delle onde e dato da,
HĀµĪ½ = ā4 G
r
ā«d3y T ĀµĪ½(tā r + ~n Ā· ~y, ~y), r = |~x|, ~n =
~x
r. (8.17)
A grandi distanze il campo gravitazionale decade quindi come 1/r, come si conviene a un
campo di accelerazione. Come in sezione 7.1 si dimostra inoltre che, modulo termini di
ordine 1/r2, il campo (8.17) soddisfa le relazioni delle onde,
āĻHĀµĪ½ = nĻH
ĀµĪ½ , nĀµHĀµĪ½ = 0, n2 = 0, nĀµ = (1, ~n). (8.18)
258
Con lo stesso argomento del pargrafo 7.1.2 si puo poi vedere che asintoticamente il campo
hĀµĪ½ = HĀµĪ½ ā 12Ī·ĀµĪ½ HĻ
Ļ risulta sovrapposizione di onde piane del tipo (5.82), come si
conviene a un campo di radiazione.
Infine, nel limite non relativistico si puo trascurare il termine ~n Ā· ~y, e si ottiene la
semplice espressione,
HĀµĪ½ = ā4G
r
ā«d3y T ĀµĪ½(tā r, ~y). (8.19)
La potenza emessa. Passiamo ora allāanalisi energetica della radiazione emessa. Per
eseguire questa analisi occorre conoscere lāespressione esplicita del tensore energiaāimpulso
del campo gravitazionale T ĀµĪ½gr , in termini di HĀµĪ½ . Noto questo tensore si possono deter-
minare la distribuzione angolare della potenza emessa dWgr/dĪ©, e la potenza totale Wgr,
in completa analogia con la componente Āµ = 0 della (6.116),
dWgr
dĪ©= r2
(T 0i
gr ni), r āā, Wgr =
ā«dWgr
dĪ©dĪ©. (8.20)
Tuttavia, per derivare la forma esplicita di T ĀµĪ½gr e necessario ricorrere alle equazioni
di Einstein esatte. Per il momento ci e sufficiente sapere che nel limite di campo debole
esso risulta quadratico in HĀµĪ½ , di modo tale che per r ā ā la (8.20) da luogo a un
risultato finito. Nella prossima sezione valuteremo la (8.20) esplicitamente, e lāespressione
di Wgr risultante sara in effetti molto semplice, vedi (8.25). In sezione 8.5 applicheremo
poi questa formula per valutare la perdita di energia della pulsar binaria PSR 1913+16,
causa emissione di onde gravitazionali, ne analizzeremo le conseguenze fenomenologiche
e le confronteremo con le osservazioni astronomiche di Hulse e Taylor.
8.3.1 Un argomento euristico per la formula di quadrupolo
Invece di passare direttamente al calcolo esplicito della (8.20), in questo paragrafo daremo
un argomento euristico ā basato ancora sullāanalogia con lāElettrodinamica ā per valutare
lāordine di grandezza di Wgr. Questo argomento ci permettera inoltre di comprendere
meglio il significato fisico del risultato. Prima di procedere ricordiamo che nella trattazione
svolta finora abbiamo supposto che āĀµTĀµĪ½ = 0, cioe, che il sistema irradiante che stiamo
considerando sia isolato. Per valutare la potenza emessa e infatti sufficiente considerare
la dinamica del sistema nellāapprossimazione di ordine zero, cioe, trascurando la āforza di
frenamento gravitazionaleā.
259
Torniamo dunque allāespansione non relativistica (7.92) della potenza elettromagnetica
emessa da un sistema carico,
Wem =1
6Ļc3
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
+1
6Ļc5
ā£ā£ā£ ~Mā£ā£ā£2
+1
80Ļc5
ĖDij ĖD
ij
. (8.21)
Supponiamo ora che il sistema in questione sia formato da un certo numero di particelle,
con cariche er e masse mr. Allora lāanalogia fra la (8.1) e la (8.2) suggerisce di stimare la
potenza gravitazionale emessa dallo stesso sistema, operando nella (8.21) semplicemente
le sostituzioni,
er āā
4ĻG mr. (8.22)
Dato che a livello non relativistico lāenergia e dominata dalla massa, dovremo quindi
effettuare la sostituzione, vedi (2.80),
jĀµ āā
4ĻGT Āµ0.
Se si ricordano le definizioni dei vari momenti di multipolo che compaiono nella (8.21), si
vede che questa procedura porta alla stima,
Wgr ā 2 G
3c3
ā£ā£ā£ ~Pā£ā£ā£2
+G
6c5
ā£ā£ā£~Lā£ā£ā£2
+G
20c5
ĖPij ĖP
ij
, (8.23)
dove ~P =ā
r mr~vr e la quantita di moto totale del sistema, ~L =ā
r ~yr Ćmr~vr e il suo
momento angolare totale, e P ij e il suo momento di quadrupolo gravitazionale ridotto,
P ij = P ij ā 1
3Ī“ij P kk, P ij =
ā«d3xxixj T 00. (8.24)
Ma siccome il sistema e isolato abbiamo ~P = 0 = ~L, ed entrambi i contributi di dipolo
nella (8.23) sono allora nulli! In ultima analisi lāassenza dei contributi di dipolo nella
radiazione gravitazionale e conseguenza del principio di equivalenza, che assicura che la
ācarica gravitazionaleā di un corpo coincide con la sua massa: dopo la sostituzione (8.22)
il rapporto āer/mrā diventa allora indipendente da r per qualsiasi corpo, eguagliando la
costante Ī³ =ā
4ĻG. E in questo caso sappiamo, infatti, che le radiazioni di dipolo sono
entrambe assenti, si vedano il paragrafo 7.3.2 e la sezione 7.4.
Resterebbe quindi solo il termine di quadrupolo. In realta nel prossimo paragrafo
vedremo che la valutazione esplicita della (8.20) conferma il risultato (8.23) ā a parte un
260
fattore moltiplicativo 4. Otterremo infatti,
Wgr =G
5c5
ĖPij ĖP
ij
. (8.25)
Questa e la celebrata formula di quadrupolo per lāirraggiamento gravitazionale. Essa
costituisce a tutti gli effetti la controparte gravitazionale dellāanalogo risultato (7.41)
dellāElettrodinamica,
Wem =1
6Ļc3
ā£ā£ā£ ~Dā£ā£ā£2
,
in quanto entrambe le formule danno il termine leading della potenza totale emessa in
approssimazione non relativistica. Previa lāidentificazione e ā ā4ĻGm si vede che lāin-
tensita della radiazione gravitazionale, essendo di quadrupolo, e soppressa di un fattore
(v/c)2 rispetto alla radiazione elettromagnetica, che e appunto di dipolo.
Teorema di Birkhoff. Facciamo, infine, notare che nella (8.25) la comparsa del momen-
to di quadrupolo ridotto (8.24) e dovuta al fatto che il teorema di Birkhoff, vedi problema
2.5, vale anche per il campo gravitazionale, per il quale, in realta, originalmente e stato
dimostrato. In Relativita Generale questo teorema afferma che il campo gravitazionale
prodotto da un sistema sferico nel vuoto, e statico, e quindi un tale sistema non puo
emettere onde gravitazionali, ovvero Wgr = 0. La formula (8.24) verifica in effetti questo
teorema, perche per un sistema a simmetra sferica si ha T 00 = T 00(t, r), e lāargomento
dato in (7.94) si estende allora immediatamente al momento di quadrupolo ridotto (8.24),
e ne segue che P ij = 0. Per un sistema sferico si ha quindi Wgr = 0.
8.4 La potenza della radiazione di quadrupolo
In questa sezione deriviamo la (8.25) a partire dalla (8.20).
Punto di partenza e lāespressione per il tensore energiaāimpulso del campo gravitazio-
nale, che viene fornita dalle equazioni di Einstein. Invece di riportare lāespressione esatta,
diamo la sua forma nella zona delle onde, che risulta particolarmente semplice,
T ĀµĪ½gr =
nĀµnĪ½
32Ļ G
(HĪ±Ī²HĪ±Ī² ā 1
2(HĪ±
Ī±)2
). (8.26)
Scrivendo la (8.26) abbiamo omesso un termine proporzionale a una quadridivergenza,
261
del tipo,
āĻWĻĀµĪ½ = nĻ
āW ĻĀµĪ½
āt, (8.27)
dove W ĻĀµĪ½ e un tensore bilineare in HĪ±Ī² e HĪ±Ī². Essendo una derivata totale rispetto al
tempo, questo termine non contribuisce quando si considera un sistema che compie un
moto periodico, e si media la potenza (8.20) nel tempo. In questo caso HĪ±Ī² e, infatti,
periodico nel tempo, e tale sara allora W ĻĀµĪ½ . Se un sistema compie, invece, un moto
aperiodico, ed e accelerato per un intervallo temporale finito, allora il termine (8.27) non
contribuisce allāenergia totale emessa, perche in quel caso per tā Ā±ā HĪ±Ī² tende a zero,
e per tā Ā±ā si annulla quindi anche W ĻĀµĪ½ .
Facciamo notare lāanalogia formale tra la (8.26) e lāespressione corrispondente di T ĀµĪ½em
per il campo elettromagnetico (5.72),
T ĀµĪ½em = ānĀµnĪ½(AĪ±AĪ±).
Per la distribuzione angolare della potenza le (8.20), (8.26) danno allora,
dWgr
dĪ©=
r2
32ĻG
(HĪ±Ī²HĪ±Ī² ā 1
2(HĪ±
Ī±)2
). (8.28)
Come nel caso elettromagnetico esprimiamo innanzitutto il membro destra di questa for-
mula in termini delle sole componenti spaziali H ij del campo gravitazionale. A questo sco-
po riprendiamo dalle (8.18) le identita algebriche nĀµHĀµĪ½ = 0, che permettono di esprimere
tutte le componenti di HĀµĪ½ in termini delle sole H ij,
H00 = ninjH ij
H0i = njH ij.
Inserendo queste espressioni nella (8.28) si ottiene facilmente,
dWgr
dĪ©=
r2
32ĻGH ij H lm Īijlm, (8.29)
Īijlm ā” Ī“ilĪ“jm ā 1
2Ī“ijĪ“lm ā 2 Ī“ilnjnm + Ī“ijnlnm +
1
2ninjnlnm, (8.30)
analoga alla (7.17) dellāElettrodinamica. Per procedere e piu conveniente riesprimere il
membro di destra della (8.29) in termini della parte di traccia di H ij, cioe H ii, e della sua
parte a traccia nulla,
Hij ā” H ij ā 1
3Ī“ijHkk, Hii = 0.
262
Inserendo nella (8.29) lāespressione,
H ij = Hij +1
3Ī“ijHkk,
e svolgendo i calcoli si vede che la parte di traccia si cancella, e si ottiene,
dWgr
dĪ©=
r2
32ĻGHij Hlm Ī£ijlm, (8.31)
Ī£ijlm ā” Ī“ilĪ“jm ā 2 Ī“ilnjnm +1
2ninjnlnm. (8.32)
I campi H ij, infine, sono dati dalle (8.19),
H ij = ā4G
r
ā«d3y T ij. (8.33)
Come ultimo passo facciamo vedere che questi campi sono legati in modo molto semplice
ai momenti di quadrupolo (8.24). Si dimostra infatti che vale lāidentita,ā«
d3xT ij =1
2P ij.
La dimostrazione sfrutta la conservazione del tensore energiaāimpulso āĀµTĀµĪ½ = 0, che
comporta,
T 00 = āākTk0,
T 0k = āāmTmk,
e quindi,
T 00 = āākTk0 = ākāmT km.
Integrando due volte per parti si ottiene allora,
P ij =
ā«d3xxixjT 00 =
ā«d3xxixj ākāmT km =
ā«d3x ākām
(xixj
)T km
=
ā«d3x
(Ī“ikĪ“
jm + Ī“j
kĪ“im
)T km = 2
ā«d3xT ij.
Concludiamo che nel limite non relativistico il campo gravitazionale nella zona delle onde
e legato al momento di quadrupolo dalla semplice relazione 38,
H ij = ā2G
rP ij, (8.34)
38Ripristinando la velocita della luce e identificando nella (8.24) T 00 con la densita di massa Ļm, la
(8.34) si scrive, Hij = ā 2G
rc4P ij . Rispetto alla (7.37) ā che e una radiazione e di dipolo ā ci si sarebbe
aspettati una potenza di 1/c2. Lāulteriore fattore 1/c2 e dovuto al fatto che hĀµĪ½ corrisponde al campogravitazionale, diviso c2.
263
da confrontare con la (7.37). Per questo motivo la radiazione rappresentata da H ij
corrisponde a una āradiazione di quadrupoloā. Sottraendo dalla (8.34) la traccia si trova,
Hij = ā2G
rP ij,
e sostituendo in (8.31) si ottiene,
dWgr
dĪ©=
G
8ĻĖP
ij ĖPlm
Ī£ijlm.
In generale la distribuzione angolare della potenza e quindi una funzione abbastanza
complicata degli angoli. Tuttavia, grazie agli integrali invarianti del problema 2.6 si
ottiene una formula molto semplice per la potenza totale,
Wgr =G
8ĻĖP
ij ĖPlm
ā«Ī£ijlm dĪ© (8.35)
=G
8ĻĖP
ij ĖPlm 2Ļ
15
(Ī“ijĪ“lm + 11 Ī“ilĪ“jm + Ī“imĪ“jl
)
=G
5ĖP
ij ĖPij
, (8.36)
che e la formula di quadrupolo (8.25).
8.5 La pulsar binaria PSR 1913+16
La formula appena derivata fornisce lāenergia emessa nellāunita di tempo da un sistema
non relativistico mediante onde gravitazionali, noto il momento di quadrupolo (8.24), e
quindi la sua densita di energia. Nel limite non relativistico la densita di energia e a sua
volta dominata dalla densita di massa. Se il sistema e composto da un certo numero di
particelle con massa Mr e traiettorie ~yr(t), o piu in generale, da un certo numero di corpi
rigidi con moti rotazionali trascurabili, allora abbiamo dunque, vedi (2.80),
T 00 =ā
r
Mr Ī“3(~xā ~yr).
Di conseguenza otteniamo la semplice espressione,
P ij =
ā«d3x xixj T 00 =
ār
Mr
ā«d3xxixj Ī“3(~xā ~yr) =
ār
Mr yir yj
r . (8.37)
Derivandola tre volte rispetto al tempo, sottraendo la traccia e inserendo lāespressione
risultante nella (8.25), si puo quindi calcolare facilmente lāenergia che viene emessa nel-
lāunita di tempo. Per i motivi spiegati sopra lāentita di questa energia e in generale
264
molto piccola, e quindi difficile da misurare. La verifica sperimentale della (8.25) necessi-
ta dunque dellāesistenza di particolari sistemi fisici, in cui la radiazione gravitazionale sia
cosı intensa da poter essere rivelata sperimentalmente. In linea di principio ci sono due
possibilita diverse per stabilire la presenza di onde gravitazionali.
Osservazioni dirette. Siccome in Wgr compaiono le derivate delle coordinate, lāinten-
sita della radiazione sara elevata se un sistema e costituito da corpi con accelerazioni
molto violente e masse molto grandi. In questo caso dovrebbe essere possibile osservare
direttamente gli effetti del campo (8.34), anche se la durata delle accelerazioni e molto
breve, come per esempio nelle supernovae. Le tecniche sperimentali per effettuare misure
di questo tipo impiegano antenne gravitazionali o dispositivi interferometrici.
Osservazioni indirette. Se un sistema fisico e soggetto ad accelerazioni troppo picco-
le, allora la radiazione gravitazionale emessa puo essere troppo poco intensa per essere
osservata sperimentalmente. Tuttavia, per la conservazione dellāenergia il fenomeno del-
lāirraggiamento gravitazionale comporta necessariamente una diminuzione dellāenergia del
sistema irradiante. Anche se la potenza istantanea e molto piccola, se il sistema irradia
abbastanza a lungo, compiendo per esempio un moto periodico, allora puo succedere che la
continua perdita di energia causa nel sistema effetti cumulativi cosı grandi da poter essere
rivelati sperimentalmente. Effetti di questo tipo possono essere, per esempio, variazioni
molto leggere delle velocita o delle dimensioni delle orbite di un sistema ā altrimenti sup-
posto periodico. Un sistema astronomico con queste caratteristiche e stato scoperto da
R.A. Hulse e J.H. Taylor nel 1974, la pulsar binaria PSR 1913+16, la quale e stata tenuta
sotto osservazione dagli scopritori per una decina di anni.
La pulsar PSR 1913+16 e la sua compagna ruotano una attorno allāaltra su orbite
ellittiche pressoche newtoniane, di periodo T = 7.75h, a una distanza di 2 r ā 1.8 Ā·106km. Il diametro di entrambe le stelle si stima di una decina di km. La pulsar si
trova inoltre in rotazione rapida attorno a un suo asse con periodo di āspinā Ļ ā 59 ms,
ed in corrispondenza emette impulsi elettromagnetici intervallati dallo stesso periodo.
Lāosserazione di questi impulsi, in particolare lāanalisi delle oscillazioni del periodo di spin
dovute allāeffetto Doppler, causato dal moto orbitale, ha permesso di effettuare una serie
di misure molto precise sulla dinamica del sistema. Una caratteristica delle pulsar isolate
265
e, infatti, costituita dal fatto che lāintervallo Ļ tra due impulsi successivi resta costante
nel tempo, con una precisione che rasenta spesso quella degli orologi atomici.
Cosı e stato possibile, per esempio, determinare le masse delle due stelle e lāeccentricita
dellāorbita relativa, con precisione molto elevata. Se indichiamo con M0 la massa del sole,
la massa della pulsar e quella della sua compagna valgono rispettivamente,
M1 = 1.4414(2)M0, M2 = 1.3867(2)M0,
mentre lāeccentricita dellāorbita e,
e = 0.617127(3).
Le misure effettuate su questo sistema hanno permesso, in particolare, di verificare diverse
previsioni della Relativita Generale in un regime di campi gravitazionali forti, ma il dato
sperimentale forse piu rilevante e che il periodo orbitale T del sistema diminuisce nel
tempo, anche se molto lentamente. Le osservazioni effettuate da Hulse e Taylor nellāarco di
circa un decennio, tra il 1974 e il 1987, hanno infatti rivelato che sussiste una diminuzione
costante e sistematica del periodo data da,
(dT
dt
)
oss
= ā(2.4056Ā± 0.0051) Ā· 10ā12 s/s. (8.38)
Si noti che in un anno il periodo di 7.75 ore diminuisce di soli 7 Ā· 10ā5s.
Valutazione della formula di quadrupolo. Analizzeremo ora gli effetti dellāemissione di
radiazione gravitazionale sul sistema stesso, in stretta analogia con lāanalisi svolta per
lāatomo di idrogeno classico nel paragrafo 7.3.6. In questo caso svolgeremo lāanalisi ap-
prossimando le traiettorie ellittiche con orbite circolari di raggio r, e assumendo che si
abbia M1 = M2 = M ; la correzione dovuta allāeccentricita non nulla sara introdotta alla
fine. Dai dati riportati si vede che la velocita delle stelle vale v/c = 2Ļr/T ā 0.7 Ā· 10ā3, e
quindi e giustificata lāapprossimazione non relativistica.
Per valutare la potenza irradiata (8.25) dobbiamo partire dal momento di quadrupolo
(8.37). Dato che abbiamo ~y1 = ā~y2 ā” ~y, si ottiene semplicemente,
P ij = 2M yi yj.
266
Sfruttando la cinematica del moto circolare uniforme e ponendo vi = yi si ottiene poi
facilmente,
ĖPij
= ā8Mv2
r2
(yivj + yjvi
).
Dato che ~y Ā· ~v = 0, segue che ĖPii
= 0, e quindi in questo caso abbiamo,
ĖPij
= ĖPij
.
La (8.25) da allora immediatamente,
Wgr =128 GM2v6
5r2c5. (8.39)
Per quantificare gli effetti della potenza emessa (8.39) sul sistema, procediamo come
nel caso dellāatomo di idrogeno classico. Poniamo,
Wgr = ādĪµ
dt,
dove Īµ e lāenergia totale non relativistica del sistema. Dallāequazione della forza centripeta,
Mv2
r=
GM2
(2r)2ā v2 =
MG
4r,
si ottiene,
Īµ = 2
(1
2Mv2
)ā GM2
2r= āGM2
4r.
Dāaltra parte, siccome,T 2
4Ļ2=
r2
v2=
4r3
MG,
risulta che Īµ e proporzionale a Tā2/3. Si conclude allora che il periodo diminuisce nel
tempo secondo la legge,dT
dt= ā3
2
T
Īµ
dĪµ
dt= ā12
5
TG3M3
r4c5,
dove per ādĪµ
dtabbiamo sostituito la (8.39). Infine, si puo vedere che la struttura el-
littica delle orbite modifica questo risultato solo per un fattore correttivo dipendente
dallāeccentricita,dT
dt= ā12
5
TG3M3
r4c5
1 + 73e2/24 + 37e4/96
(1ā e2)7/2.
Inserendo in questa formula i dati di Hulse e Taylor si conclude che la Relativita Generale
prevede per la diminuzione del periodo orbitale nel tempo il valore,(
dT
dt
)
RG
= ā(2.40242Ā± 0.00002) Ā· 10ā12 s/s.
267
La diminuzione del periodo osservata (8.38) e quindi perfettamente consistente con lāe-
missione di onde gravitazionali, come prevista dalla Relativita Generale. Risulta infatti,
(dTdt
)oss(
dTdt
)RG
= 1.0013Ā± 0.0021.
8.6 Problemi
8.1 Si dimostri che lāintegrale sugli angoli nella (8.35) da la (8.36).
8.2 Si consideri un sistema formato da due stelle identiche di massa M , che ruotano
una attorno allāaltra su orbite circolari di raggio r, come in sezione 8.5.
a) Si dimostri che la potenza totale della radiazione gravitazionale emessa e data dalla
(8.39).
b) Si esegua lāanalisi spettrale della radiazione emessa.
268
9 Irraggiamento ultrarelativistico
La fisica moderna ricorre frequentemente ad esperimenti che coinvolgono particelle cariche
con velocita molto elevate, spesso prossime alla velocita della luce. Per farle raggiungere
velocita cosı grandi occorre fornire loro energia, e se inoltre le si vogliono confinare a zone
limitate le loro traiettorie devono essere necessariamente curvate. In entrambi i processi
le particelle sono sottoposte ad accelerazione ed emettono quindi radiazione elettroma-
gnetica, dissipando parte dellāenergia accumulata. In questi casi per valutare la perdita
di energia non si puo piu ricorrere allo sviluppo in multipoli, valido nel limite non re-
lativistico, ma sono necessari strumenti di calcolo che forniscono risultati esatti, validi
per velocita arbitrarie. In questo capitolo svilupperemo gli strumenti utili a tal scopo,
e li useremo in particolare per analizzare il fenomeno della dissipazione di energia negli
acceleratori ad alte energie, a causa dellāirraggiamento.
Le basi per lāanalisi relativistica della radiazione emessa da un generico sistema ca-
rico sono gia state sviluppate nel capitolo precedente. Sappiamo in particolare che la
valutazione del quadrimomento emesso, che secondo le (7.13) e (7.15) e dato da,
d2P Āµ
dt dĪ©= r2
(T Āµi
emni)
= r2nĀµ| ~E|2, (9.1)
richiede solo la conoscenza del campo elettrico nella zona delle onde; e per una distribu-
zione di carica generica questo campo puo essere calcolato agevolmente usando le (7.9) e
(7.11). Tuttavia, in seguito ci occuperemo principalmente della radiazione emessa da una
singola particella, e in questo caso per ~E potremo usare alternativamente lāespressione di
LienardāWiechert. Eseguendo i limiti asintotici R ā r e ~mā ~n, dalla (6.108) si ottiene
infatti,
~E =e
4Ļ r
~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)3. (9.2)
Ricordiamo che le variabili cinematiche ~v e ~a che compaiono in questa espressione sono
valutate al tempo ritardato tā²(x), definito dalla relazione implicita,
tā tā² = |~xā ~y(tā²)|. (9.3)
Anche questa relazione deve allora essere specificata al caso di grandi r. Eseguendo
269
lāespansione di |~xā ~y(tā²)| per grandi r si ottiene, vedi sezione 7.1,
|~xā ~y(tā²)| = r ā ~n Ā· ~y(tā²) +
(1
r
),
da cui segue la relazione asintotica,
t = tā² + r ā ~n Ā· ~y(tā²). (9.4)
Derivando questāultima rispetto a tā², per ~x = ~n r fissato, si ottiene una relazione che
useremo piu volte in seguito,dt
dtā²= 1ā ~n Ā· ~v(tā²). (9.5)
Inserendo infine la (9.2) nella (9.1) si ottiene unāespressione, abbastanza complicata,
per la distribuzione angolare del quadrimomento emesso. Tuttavia, nella prossima sezione
faremo vedere che integrando la (9.1) sugli angoli e possibile derivare unāespressione molto
semplice per il quadrimomento totaledP Āµ
rad
dt, irradiato dalla particella nellāunita di tempo
in tutte le direzioni. Dato che per una particella singola possiamo sempre scrivere,
d
ds= u0 d
dt,
questo risultato fornira poi anche il quadrimomento totale irradiato per unita di tempo
proprio,dP Āµ
rad
ds= u0 dP Āµ
rad
dt,
che e una quantita Lorentzācovariante. La formula risultante costituisce una generalizza-
zione relativistica della formula di Larmor, valida per velocita arbitrarie.
Unāanalisi qualitativa della distribuzione angolare della radiazione emessa da particelle
ultrarelativistiche verra invece svolta in sezione 9.3.
9.1 Generalizzazione relativistica della formula di Larmor
Consideriamo una particella carica che compie un moto arbitrario. In quanto segue, per
semplicita supporremo che la particella sia accelerata solo durante un intervallo temporale
limitato, oppure che lāaccelerazione vada a zero con sufficiente rapidita per |t| ā ā. In
questo modo la particella emettera radiazione solo per un intervallo temporale finito, e an-
che il quadrimomento totale emesso sara allora finito. In questa sezione vogliamo, infatti,
270
calcolare il quadrimomento totale emesso in tutte le direzioni lungo lāintera traiettoria, e
successivamente il quadrimomentodP Āµ
rad
dsemesso in tutte le direzioni per unita di tempo
proprio. Per fare questo dovremmo inserire la (9.2) nella (9.1), e integrare lāespressione
risultante su tutti gli angoli e su tutti i tempi. Questo calcolo e istruttivo e lo eseguiremo
esplicitamente nel paragrafo 9.1.2, ma esso risulta anche un poā lungo. Per questo motivo
nel paragrafo che segue daremo una deduzione alternativa e piu rapida didP Āµ
rad
ds, sfrut-
tando il semplice fatto che sotto trasformazioni di Lorentz il quadrimomento si comporta
come un quadrivettore.
9.1.1 Un argomento di covarianza
Riprendiamo i risultati per lāenergia e la quantita di moto irradiate nellāunita di tempo
da una particella non relativistica, vedi paragrafo 7.3.2,
dĪµ
dt=
e2
6Ļ|~a(tā r)|2, d ~P
dt= 0.
Ricordiamo che questo quadrimomento viene rivelato a un istante t a una distanza r dalla
particella, motivo per cui lāaccelerazione e valutata allāistante ritardato t ā r. Proprio
questa circostanza ci permette di interpretare lāespressione,
dP Āµrad
dt=
e2
6Ļ|~a(t)|2 (1, 0, 0, 0), (9.6)
come quella frazione di quadrimomento emessa da una particella non relativistica allāi-
stante t, che raggiunge lāinfinito.
Cio premesso consideriamo ora una particella che compie un moto arbitrario. Dato che
siamo in presenza di unāunica particella, al posto del tempo possiamo equivalentemente
considerare il suo tempo proprio, e chiederci quanto vale il quadrimomentodP Āµ
rad
ds, irradiato
dalla particella nellāunita di tempo proprio. In seguito assumeremo che questa quantita sia
un quadrivettore 39. Per riallacciarci alla (9.6) consideriamo per ogni s fissato il sistema
di riferimento Kā, in cui la particella in quellāistante e a riposo. Secondo quanto stabilito
sopra, in questo sistema di riferimento vale allora,
dP āĀµrad
ds=
e2
6Ļ|~a ā|2 uāĀµ, uāĀµ ā” (1, 0, 0, 0), (9.7)
39Se la quantita dPĀµrad/ds uguagliasse la perdita di quadrimomento della particella in quellāistante,
questa ipotesi sarebbe soddisfatta banalmente. Ma in realta piu avanti vedremo che la particella perdelocalmente unāulteriore porzione di quadrimomento, il termine di Schott, che risulta covariante anchāesso.La nostra ipotesi si giustifica quindi a posteriori.
271
dove uāĀµ e la quadrivelocita della particella in Kā. Abbiamo posto dtā = ds, in quanto
~v ā = 0. Notiamo poi che in Kā la quadriaccelerazione vale wāĀµ = (0,~a ā), e quindi
possiamo scrivere,
wā2 = wāĀµwāĀµ = ā|~a ā|2.
La (9.7) si scrive allora,dP āĀµ
rad
ds= ā e2
6Ļwā2 uāĀµ.
Dato che questa relazione eguaglia un quadrivettore a un quadrivettore, concludiamo che
essa vale in qualsiasi riferimento, e otteniamo dunque,
dP Āµrad
ds= ā e2
6Ļw2 uĀµ, (9.8)
che costituisce la generalizzazione relativistica della formula di Larmor. Rimarchiamo il
fatto che questa formula non esprime il quadrimomento ātotaleā emesso dalla particella
allāistante s, ma solo quella parte che raggiunge lāinfinito.
Dalla (9.8) si vede che a livello relativistico la radiazione trasporta ora anche quantita
di moto. Ricordando ched
ds= u0 d
dt, la componente spaziale di questa formula corrisponde
appunto a,d~Prad
dt= ā e2
6Ļw2 ~v,
che risulta trascurabile se v Āæ 1. Considerando invece la componente temporale della
(9.8) si ottiene la potenza totale emessa da una particella in moto arbitrario,
W = ā e2
6Ļw2. (9.9)
Facciamo notare che questa espressione e Lorentz invariante, nonostante la potenza in
generale non sia una quantita scalare, ma dipenda dal sistema di riferimento. Nel caso in
questione la Lorentzāinvarianza di W e una conseguenza del fatto chedP Āµ
rad
dsā uĀµ.
~a ā„ ~v e ~a ā ~v. Per confrontare la (9.9) con la formula di Larmor non relativistica
(6.128), esprimiamo la prima in termini dellāaccelerazione spaziale ~a, vedi problema 2.1,
W =e2
6Ļ
a2 ā (~aĆ ~v)2
(1ā v2)3.
Per velocita piccole riotteniamo ovviamente la potenza di Larmor, ma per particelle ul-
trarelativistiche i fattori1
1ā v2ā a parita di accelerazione ā danno luogo a una potenza
272
irradiata molto piu elevata, rispetto al caso non relativistico. In particolare possiamo
analizzare separatamente i moti per cui ~a ā ~v e quelli per cui ~a ā„ ~v,
Wā =e2a2
6Ļ
1
(1ā v2)3, Wā„ =
e2a2
6Ļ
1
(1ā v2)2. (9.10)
Si vede che a parita di accelerazione per particelle ultrarelativistiche si avrebbeWā ĆWā„,
e quindi in un moto rettilineo verrebbe emessa molta piu radiazione che non in un moto con
pura accelerazione centripeta. Tuttavia, questa analisi non tiene conto delle accelerazioni
che si possono raggiungere sperimentalmente in un caso e nellāaltro, e inoltre non rapporta
lāenergia irradiata allāenergia posseduta dalla particella. Vedremo, per esempio, che nel
caso degli acceleratori ad alte energie la situazione e difatti rovesciata.
9.1.2 Deduzione della formula di Larmor relativistica
Deriveremo ora la formula di Larmor relativistica (9.8), a partire dalla formula base (9.1).
La procedura che seguiremo ci permettera in particolare di confermare la correttezza
dellāinterpretazione fisica datane sopra.
Invece di inserire la (9.2) direttamente nella (9.1), e piu conveniente usare per il tensore
energiaāimpulso dei campi asintotici di LienardāWiechert lāespressione equivalente (7.97),
vedi problema 7.4. La riportiamo quı con le identificazioni asintotiche Rā r, mĀµ ā nĀµ,
T ĀµĪ½ = āe2[(un)2w2 + (wn)2]
16Ļ2(un)6 r2nĀµ nĪ½ . (9.11)
Inserendo questa formula in (9.1) risulta,
d2P Āµ
dt dĪ©= āe2[(un)2w2 + (wn)2]
16Ļ2(un)6nĀµ. (9.12)
E un semplice esercizio fare vedere che si ottiene lo stesso risultato se si inserisce la (9.2)
nella (9.1).
Lāespressione (9.12) fornisce la distribuzione angolare del quadrimomento emesso nel-
lāunita di tempo. Per determinare il quadrimomento totale āP Āµ emesso lungo tutta la
traiettoria, la integriamo su tutti gli angoli e su tutti i tempi,
āP Āµ = ā e2
16Ļ2
ā« ā
āādt
ā«dĪ© nĀµ
(w2
(un)4+
(wn)2
(un)6
). (9.13)
Lāintegrando in questa espressione dipende in modo complicato da t e ~n, per via del fatto
che u e w sono valutati al tempo ritardato tā²(t, ~x). Per valutare lāintegrale e allora piu
273
conveniente passare dalla variabile dāintegrazione t al tempo proprio s della particella. Per
ogni ~x fissato esiste, infatti, una relazione biunivoca tra t e tā², vedi (9.4), e una relazione
biunivoca tra tā² e s, vedi (6.83). Usando la (9.5) si trova in particolare,
dt =dtā²
ds
dt
dtā²ds = u0 (1ā ~n Ā· ~y) ds = (un) ds,
e la (9.13) diventa in definitiva,
āP Āµ = ā e2
16Ļ2
ā« ā
āāds
ā«dĪ© nĀµ
(w2
(un)3+
(wn)2
(un)5
). (9.14)
Ora s e una variabile di integrazione indipendente, e lāintegrazione sugli angoli e elemen-
tare. La eseguiamo esplicitamente, per illustrare alcune tecniche che vengono usate di
frequente in fisica teorica.
Cominciamo notando che la funzione integranda in (9.14) dipende dai āparametriā
u e w, che sono soggetti ai vincoli u2 = 1 e uw = 0. La tecnica che useremo prevede,
invece, di valutare lāintegrale per vettori u e w generici, cioe, non soggetti a tali vincoli.
Lāintegrale che ci interessa sara poi ottenuto imponendo questi vincoli nel risultato finale.
Considerando dunque uĀµ come una variabile libera, possiamo riscrivere lāintegrando di
(9.14) come un gradiente rispetto a uĀµ,
nĀµ
(w2
(un)3+
(wn)2
(un)5
)= ā1
2
ā
āuĀµ
(w2
(un)2+
1
2
(wn)2
(un)4
).
Portando la derivata rispetto a uĀµ fuori dallāintegrale sugli angoli otteniamo,
āP Āµ =e2
32Ļ2
ā« ā
āāds
ā
āuĀµ
ā«dĪ©
(w2
(un)2+
1
2
(wn)2
(un)4
).
Ci siamo dunque ricondotti al calcolo di un unico integrale. Possiamo semplificare ulte-
riormente lāintegrando se notiamo lāidentita,
(wn)2
(un)4= wĪ± wĪ²
nĪ±nĪ²
(un)4=
1
6wĪ± wĪ²
ā2
āuĪ±āuĪ²
1
(un)2,
e portiamo le derivate rispetto a uĀµ di nuovo fuori dal segno di integrale,
āP Āµ =e2
32Ļ2
ā« ā
āāds
ā
āuĀµ
[(w2 +
1
12wĪ± wĪ²
ā2
āuĪ±āuĪ²
) ā«dĪ©
1
(un)2
].
274
Abbiamo quindi ricondotto lāintegrale al calcolo di qualche derivata e alla valutazione di
un unico integrale elementare 40,ā«
dĪ©1
(u n)2=
4Ļ
u2. (9.15)
Si ottiene,
āP Āµ =e2
8Ļ
ā« ā
āāds
ā
āuĀµ
[(w2 +
1
12wĪ± wĪ²
ā2
āuĪ±āuĪ²
)1
u2
]. (9.16)
Il calcolo delle derivate e elementare e da,
ā
āuĀµ
[(w2 +
1
12wĪ±wĪ²
ā2
āuĪ±āuĪ²
)1
u2
]=
(2
3ā 2u2
)w2uĀµ
(u2)3+
(4
3u2wĀµ ā 4(uw)uĀµ
)uw
(u2)4
= ā4
3w2uĀµ,
dove nellāespressione finale, valida per qualsiasi u e w, abbiamo imposto i vincoli fisici
u2 = 1, uw = 0. La (9.16) si riduce quindi a,
āP Āµ = ā e2
6Ļ
ā« ā
āāw2uĀµ ds. (9.17)
Questo risultato quantifica il quadrimomento totale irradiato dalla particella lungo tutta
la traiettoria. Vediamo che esso risulta da una somma di contributi individuali, ciascuno
associato ad un istante dāemissione fissato s, dati da,
āP Āµrad(s) = ā e2
6Ļw2(s) uĀµ(s)ās, (9.18)
che equivale in effetti alla (9.8).
Dopo questa deduzione possiamo affermare, con piu precisione, che la generalizzazione
relativistica della formula di Larmor (9.8) rappresenta il quadrimomento che la particel-
la emette allāistante s e che raggiunge lāinfinito. In effetti non possiamo affermare che
la (9.18) rappresenta tutto il quadrimomento emesso allāistante s, perche la particella
potrebbe emettere in quellāistante un quadrimomento addizionale,
āP Āµadd = GĀµ(s)ās,
40Questo integrale e a priori una funzione generica di u0 e di ~u. Tuttavia, per lāinvarianza per rotazionitridimensionali esso puo dipendere solo da u0 e |~u|, ma non dalla direzione di ~u, perche una rotazionespaziale di ~u puo essere compensata da un cambiamento delle variabili dāintegrazione angolari nella (9.15).E allora sufficiente calcolare lāintegrale, per esempio, per uĀµ = (u0, 0, 0, u3). Si ottiene,
ā«dĪ©
1(un)2
= 2Ļ
ā« Ļ
0
senĻ dĻ
(u0 ā u3 cosĻ)2=
4Ļ
(u0)2 ā (u3)2=
4Ļ
u2.
275
e riassorbirlo successivamente. Questi termini non darebbero, infatti, nessun contributo
al quadrimomento totale āP Āµ, se vale,
ā« ā
āāGĀµ(s) ds = 0. (9.19)
In questo caso dovremmo allora concludere che la variazione istantanea del quadrimomen-
to della particella, dovuta allāemissione di radiazione, non eguaglia ādP Āµrad
dsma piuttosto,
ādP Āµrad
dsāGĀµ.
Nel capitolo 12 vedremo in effetti che il quadrivettore GĀµ e diverso da zero.
Facciamo, infine, notare che lāinterpretazione che abbiamo dato alla quantita (9.17) ā
come la variazione del quadrimomento della particella tra lo stato iniziale e quello finale,
causata dellāirraggiamento ā presuppone che il quadrimomento del campo elettromagne-
tico negli stati iniziale e finale sia lo stesso. Questa ipotesi verra giustificata nel capitolo
13, dove faremo vedere che il quadrimomento (rinormalizzato) del campo elettromagne-
tico di una particella che si muove di moto rettilineo uniforme e in effetti nullo. Siccome
abbiamo supposto che la particella sia accelerata solo per un intervallo temporale finito,
il quadrimomento del campo negli stati iniziale e finale e quindi lo stesso, ovvero zero.
9.2 Perdita di energia negli acceleratori
In questa sezione applicheremo la formula (9.9) per valutare la perdita di energia negli
acceleratori ad alte energie. In questi casi le velocita delle particelle sfiorano quella della
luce, e lāapprossimazione non relativistica non e piu valida. Negli acceleratori il moto delle
particelle e determinato essenzialmente dai campi elettrici e magnetici presenti lungo la
traiettoria. Incominceremo quindi questa sezione derivando una formula per la potenza
emessa, nel caso in cui lāaccelerazione della particella e dovuta a un generico campo elettro-
magnetico F ĀµĪ½ esterno. Useremo poi questa formula per analizzare la portata degli effetti
radiativi negli acceleratori ultrarelativistici. Troveremo che mentre negli acceleratori li-
neari questi effetti sono completamente trascurabili, negli acceleratori circolari le perdite
di energia dovute allāirraggiamento possono diventare il fenomeno dinamico dominante ā
a un punto tale da limitare in modo sostanziale le energie massime raggiungibili.
276
Supponiamo dunque di avere una particella carica che si muove sotto lāinfluenza
di un campo elettromagnetico F ĀµĪ½ . Sappiamo allora che il suo moto e determinato
dallāequazione di Lorentz,dpĀµ
ds= e F ĀµĪ½uĪ½ . (9.20)
Questa equazione permette di esprimere la quadriaccelerazione,
wĀµ =1
m
dpĀµ
ds,
in termini dei campi e della quadrivelocita, e possiamo usarla per esplicitare la formula
di Larmor relativistica (9.9). Otteniamo,
W = ā e2
6Ļm2
dpĀµ
ds
dpĀµ
ds=
e2
6Ļm2
1
1ā v2
[ ā£ā£ā£ā£d~p
dt
ā£ā£ā£ā£2
ā(
dĪµ
dt
)2 ].
Usando lāequazione di Lorentz in notazione tridimensionale, vedi (2.19) e (2.20), si ottiene
in definitiva,
W =e4
6Ļm2
| ~E + ~v Ć ~B| 2 ā (~v Ā· ~E)2
1ā v2. (9.21)
Questa formula fornisce dunque la potenza istantanea, in termini dei campi esterni valuta-
ti lungo la traiettoria ~y(t) della particella, per determinare la quale bisognerebbe risolvere,
a sua volta, lāequazione di Lorentz. La (9.21) risulta quindi particolarmente utile quando
questāultima puo essere risolta esattamente, come per esempio nel caso di campi costanti
e uniformi. Occorre, tuttavia, tenere presente che procedendo in questo modo si trascura
lāeffetto della perdita di energia sulla forma della traiettoria, ovverosia la forza di frena-
mento. Lāattendibilita del risultato deve quindi essere accertata a posteriori, verificando
che il valore di W fornito dalla (9.21) e piccolo, rispetto alla potenza Wex somministrata
alla particella dai campi esterni.
Concludiamo queste considerazioni introduttive con unāosservazione di carattere ge-
nerale, riguardante la fisica degli acceleratori. A questo scopo riscriviamo la (9.21) in
termini dellāenergia Īµ della particella,
W =e4 Īµ2
6Ļm4
(| ~E + ~v Ć ~B| 2 ā (~v Ā· ~E)2
).
Dalle potenze di m che compaiono a denominatore si vede allora che a parita di campi
acceleranti e di energia raggiunta, nel caso ultrarelativistico una particella leggera irradia
277
molto di piu di una particella pesante. Questo segue essenzialmente dal fatto che a
parita di forza applicata, una particella leggera subisce unāaccelerazione maggiore di una
particella pesante. Si conclude che dal punto di vista della dissipazione di energia per
irraggiamento, gli acceleratori di protoni, come LHC, sono molto piu convenienti degli
acceleratori di elettroni e positroni, come LEP, in quanto mp ā 2000 me.
9.2.1 Acceleratori lineari
Applichiamo ora la (9.21) per analizzare la rilevanza della perdita di energia per irraggia-
mento negli acceleratori lineari. In questi acceleratori le particelle sono sottoposte ad un
campo elettrico ~E parallelo al loro moto, diciamo lungo lāasse x, e lāequazione di Lorentz
da allora,
Wex =dĪµ
dt= e v E.
Dāaltra parte, ponendo nella (9.21) ~B = 0, otteniamo,
W =e4
6Ļm2E2. (9.22)
Notiamo che questa formula sembra in conflitto con lāespressione di Wā calcolata nella
(9.10), in quanto sono scomparsi i fattori relativistici1ā
1ā v2. Tuttavia, dallāequazione
di Lorentz per un moto unidimensionale,
md
dt
(vā
1ā v2
)= eE,
e immediato dedurre che si ha, vedi problema 2.10,
a =dv
dt=
(ā1ā v2
)3 eE
m,
e le due formule combaciano. Per valutare la rilevanza di (9.22) rapportiamo la potenza
emessa alla potenza fornita dal campo esterno,
WWex
=e3 E
6Ļm2 v=
2 r0
3 mv
dĪµ
dx, (9.23)
dove,dĪµ
dx=
1
v
dĪµ
dt= eE,
rappresenta lāenergia fornita dal campo esterno per unita di spazio percorso, ed r0 =
e2/4Ļm e il raggio classico della particella. Per velocita elevate, v ā 1, avremmo quindi
278
che la perdita di energia per irraggiamento e rilevante solo in presenza di campi esterni
cosı intensi, da fornire alla particella unāenergia dellāordine di grandezze della sua massa,
mentre essa percorre uno spazio dellāordine di grandezza del suo raggio classico. Ma
in pratica i campi elettrici che si riescono a produrre sperimentalmente sono molto piu
piccoli, e non superano il valore E ā 100 MV/m, per cui,
dĪµ
dxā 100 MeV/m.
Il rapporto (9.23) e comunque massimo per la particella carica piu leggera, ovvero lāelet-
trone, per cui m = 0.5 MeV e r0 = 3 Ā· 10ā13cm, e si otterrebbe,
WWex
ā 4 Ā· 10ā13,
mentre per il protone questo rapporto sarebbe ancora piu piccolo, dellāordine di 10ā19.
Concludiamo quindi che negli acceleratori lineari ad alta energia il fenomeno dellāirrag-
giamento e completamente trascurabile.
9.2.2 Acceleratori circolari
In un acceleratore circolare ā o ciclotrone ā una particella carica compie un moto circolare
uniforme sotto lāinfluenza di un campo magnetico B costante e uniforme. Lāequazione di
Lorentz diventa allora,d~u
dt= ~uĆ
( e
m
ā1ā v2 ~B
),
da cui si ricava la frequenza relativistica di ciclotrone,
Ļ0 =eB
m
ā1ā v2 =
e B
Īµ. (9.24)
In questo caso abbiamo ~E = 0 e la (9.21) da,
W =e4
6Ļm2
v2B2
1ā v2=
e2
6Ļ
v2Ļ20
(1ā v2)2, (9.25)
da confrontare con la potenza non relativistica di Larmor,
Wn.r. =e2 a2
6Ļ, a =
v e B
m.
Per esaminare la rilevanza degli effetti dellāirraggiamento negli acceleratori circolari, cal-
coliamo lāenergia āĪµ emessa durante un ciclo. Indicando il raggio dellāorbita con R e
279
usando Ļ0 = v/R si ha,
āĪµ =2ĻR
vW =
e2
3R
v3
(1ā v2)2=
e2 v3
3R m4Īµ4,
dove abbiamo introdotto lāenergia Īµ della particella. Per particelle ultrarelativistiche
poniamo v ā 1 nel numeratore, e otteniamo cosı lāimportante formula per lāirraggiamento
nei ciclotroni ultrarelativistici,
āĪµ =e2
3R
( Īµ
m
)4
. (9.26)
Questa formula impone, infatti, forti restrizioni sulle caratteristiche tecniche degli acce-
leratori circolari realizzabili in pratica. Vediamo in particolare che a parita di energia
accumulata, lāeffetto dellāirraggiamento e minore se si scelgono orbite grandi e particelle
pesanti.
Esempi di ciclotroni ad alta energia. Dato che in un acceleratore circolare la perdita
di energia (9.26) e inevitabile, se si vogliono mantere le particelle in orbita ad energia
costante, lungo lāanello di accumulazione devono essere disposti dei campi elettrici accele-
ranti ā delle cosiddette cavita a radiofrequenza ā che compensano questa perdita. A titolo
di esempio valutiamo lāenergia dissipata nel sincrotrone di elettroni di Cornell, che era at-
tivo dal 1968 al 1979. Questo acceleratore raggiungeva energie dellāordine di Īµ = 10 GeV ,
ed aveva un raggio R = 100 m. La (9.26) da allora,
āĪµ = 8.9 Ā·MeV,āĪµ
Īµā 10ā3,
mentre le cavita risonanti erano capaci di fornire unāenergia di 10.5 MeV per ciclo. Ad
unāenergia di 10 GeV lāacceleratore funzionava dunque al limite delle sue possibilita.
Come secondo esempio consideriamo lāacceleratore circolare LEP presso il CERN di
Ginevra, che accumulava elettroni e positroni. In questo caso il raggio e di circa R =
4.3 km, e lāenergia massima raggiunta per elettrone era di circa 100 GeV . Si ottiene,
āĪµ ā 2 GeV,
che significa una perdita di energia del 2% per ogni ciclo. Dato che in un secondo le
particelle compiono circa 11.000 cicli, in assenza di cavita a radiofrequenza tutta lāenergia
accumulata si sarebbe quindi dispersa nella frazione di un secondo.
280
Infine consideriamo lāacceleratore LHC del CERN, che prevede la collisione tra due
fasci di protoni di energia Īµ = 7 TeV . Grazie al fatto che la massa di un protone e circa
duemila volte quella di un elettrone, la (9.26) da per la perdita di energia in un ciclo il
valore molto piccolo,
āĪµ ā 3 keV.
Ne segue che,āĪµ
Īµā 0.5 Ā· 10ā9,
ed e immediato vedere che nellāarco di unāora lāenergia dei protoni diminuisce solo del 2%.
9.3 Distribuzione angolare nel limite ultrarelativistico
In questo paragrafo effettuiamo unāanalisi qualitativa della distribuzione angolare della
radiazione emessa da una particella ultrarelativistica.
Prima di procedere ricordiamo le caratteristiche della distribuzione angolare della ra-
diazione di una particella non relativistica, v Āæ 1. In questo caso avevamo ottenuto, vedi
(7.46),dWdĪ©
=e2 |~nĆ ~a|2
16 Ļ2=
e2
16 Ļ2|~a|2sen2Ļ, (9.27)
dove Ļ e lāangolo tra ~a e ~n. In questo limite la potenza emessa ha quindi una distribu-
zione angolare ācontinuaā, con un massimo nel piano ortogonale allāaccelerazione, ed uno
zero lungo la direzione dellāaccelerazione. In particolare essa risulta indipendente dalla
direzione della velocita della particella. Vedremo ora che nel limite ultrarelativistico la
natura della distribuzione angolare cambia drasticamente.
Riprendiamo dunque la formula generale per la distribuzione angolare (7.17),
dWdĪ©
= r2| ~E|2,
e inseriamo il campo elettrico asintotico (9.2). Risulta lāespressione,
dWdĪ©
=e2
16 Ļ2
|~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]|2(1ā ~v Ā· ~n)6
, (9.28)
che e valida per velocita arbitrarie. Per v ā 0 essa si riduce evidentemente alla (9.27),
ma per v ā¼ 1 il suo andamento e determinato dalla presenza delle potenze del fattore
281
1
1ā ~v Ā· ~n . Per velocita non relativistiche questo fattore e prossimo allāunita, in qualsiasi
direzione, ma per velocita elevate esso diventa molto grande lungo la direzione di volo
della particella. Per ~n = ~v/v si ha infatti,
1
1ā ~v Ā· ~n =1
1ā v.
Per analizzare lāeffetto di questi termini piu in dettaglio riscriviamo la (9.28) come pro-
dotto di due fattori,
dWdĪ©
=e2
16 Ļ2
ā£ā£ā£ā£~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)
ā£ā£ā£ā£2
Ā· 1
(1ā ~v Ā· ~n)4, (9.29)
e distinguiamo i seguenti due casi.
Velocita e accelerazione generiche. Consideriamo un istante in cui la velocita e lāacce-
lerazione formano un generico angolo diverso da zero. Per ~n = ~v/v abbiamo,
~nā ~v
1ā ~v Ā· ~n = ~n, (9.30)
e quindi lungo la direzione di volo il primo fattore della (9.29) si riduce a 41,
ā£ā£ā£ā£~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)
ā£ā£ā£ā£2
= |~nĆ ~a|2 ,
che e indipendente dalla velocita. Dāaltra parte, il secondo fattore della (9.29) lungo la
direzione di volo diventa 1/(1 ā v)4, che per v ā¼ 1 e molto grande. Concludiamo quindi
che una particella ultrarelativistica in moto generico emette radiazione principalmente āin
avantiā, lungo la direzione del moto.
Possiamo stimare lāapertura angolare Ī± del cono centrato in ~v, allāinterno del qua-
le viene emessa la maggior parte della radiazione. Le direzioni ~n in questione devono
soddisfare,
1ā ~v Ā· ~n ā¼ 1ā v, (9.31)
41Unāanalisi piu accurata mostra che per qualsiasi ~n vale,
1 ā¤ā£ā£ā£ā£
~nā ~v
1ā ~v Ā· ~n
ā£ā£ā£ā£ ā¤1ā
1ā v2,
dove, se Ī± e lāangolo tra ~v e ~n, lāestremo inferiore viene raggiunto per Ī± = 0 e Ī± = Ļ, mentre lāestremosuperiore si raggiunge per sen Ī± =
ā1ā v2. In realta, quindi, per v ā¼ 1 anche il vettore (~nā~v)/(1ā~v Ā·~n)
diventa molto grande, nella direzione Ī± ā ā1ā v2, sicche la (9.30) equivale a una stima per difetto.
282
di modo tale che il valore del fattore1
(1ā ~v Ā· ~n)4della (9.29) si mantenga vicino al suo
massimo1
(1ā v)4. Indicando lāangolo tra ~n e ~v con Ī±, e sfruttando il fatto che questo
angolo e piccolo, abbiamo,
1ā ~v Ā· ~n = 1ā v cosĪ± ā¼ 1ā v
(1ā Ī±2
2
)ā¼ 1ā v +
Ī±2
2.
Se vogliamo che valga la (9.31) dobbiamo dunque avere Ī± ā¼ ā1ā v, oppure, che e lo
stesso,
Ī± ā¼ā
1ā v2. (9.32)
In conclusione, una particella ultrarelativistica in moto generico, irradia principalmente
lungo la direzione di volo, e la maggior parte della radiazione e contenuta nel cono centrato
in ~v di apertura angolare Ī± ā¼ ā1ā v2.
Velocita parallela allāaccelerazione. Un caso speciale e rappresentato dalle orbite ret-
tilinee, vedi paragrafo 9.2.1, per cui ~a ā ~v. Per tali orbite la (9.29) si riduce a,
dWdĪ©
=e2
16 Ļ2
|~nĆ ~a|2(1ā ~v Ā· ~n)6
=e2
16 Ļ2
a2sen2Ī±
(1ā v cosĪ±)6,
dove Ī± e di nuovo lāangolo tra ~n e ~v. In questo caso si vede che la particella non emette
radiazione lungo la direzione di volo, perchedWdĪ©
si annulla in Ī± = 0. Tuttavia, dalla
formula appena scritta e facile vedere che nel limite ultrarelativistico,dWdĪ©
ha un massimo
molto pronunciato per Ī± ā¼ ā1ā v2, vedi problema 9.2. Anche in questo caso la maggior
parte della radiazione viene quindi emessa allāinterno del cono centrato in ~v e di apertura
ā¼ ā1ā v2.
Da queste considerazioni di carattere generale segue, per esempio, che un elettrone
ultrarelativistico in un ciclotrone emette radiazione principalmente nel piano dellāorbita,
attraverso un lampo spiraleggiante di tipo āpulsarā. Si noti che questa distribuzione
angolare della radiazione e radicalmente diversa da quella emessa da un ciclotrone non
relativistico, vedi problema 7.1.
Energia osservata ed energia emessa. Concludiamo questa sezione con un commen-
to sullāinterpretazione della formula generale (9.28). Come osservato varie volte questa
espressione fornisce la distribuzione angolare dellāenergia della radiazione che a un istante
283
fissato t attraversa la sfera di raggio r nellāunita di tempo. Sappiamo poi che questa
radiazione proviene dalla posizione della particella allāistante ritardato tā² dato dalla (9.4),
t = tā² + r ā ~n Ā· ~y(tā²).
Se si vuole invece determinare la distribuzione angolare dellāenergia emessa dalla particella
tra gli istanti Ļ1 e Ļ2 bisogna considerare lāespressione,
dĪµ
dĪ©=
ā« Ļ2+rā~nĀ·~y(Ļ2)
Ļ1+rā~nĀ·~y(Ļ1)
dWdĪ©
dt =
ā« Ļ2
Ļ1
dWdĪ©
(1ā ~n Ā· ~v) dtā²,
dove abbiamo usato la (9.5). La potenza emessa dalla particella nellāunita dtā² del suo
tempo di accelerazione e allora data da,
dW ā²
dĪ©=
dt
dtā²dWdĪ©
= (1ā ~n Ā· ~v)dWdĪ©
. (9.33)
dWdĪ©
rappresenta lāenergia osservata da un osservatore lontano, mentredW ā²
dĪ©rappresenta
lāenergia emessa dalla particella. Per capire meglio il significato fisico della relazione
(9.33) tra queste due grandezze, conviene considerare lāenergiaW0 emessa dalla particella
nellāunita di tempo proprio ds,
dW0
dĪ©=
dtā²
ds
dW ā²
dĪ©=
1ā1ā v2
dW ā²
dĪ©=
1ā ~n Ā· ~vā1ā v2
dWdĪ©
,
ovvero,dWdĪ©
=
ā1ā v2
1ā ~n Ā· ~vdW0
dĪ©.
In questa formula riconosciamo il fattore di proporzionalita dellāeffetto Doppler, vedi
sezione 5.4, che connette giustappunto la frequenza ā e quindi lāenergia ā della radiazione
emessa da una sorgente in moto, alla frequenza della radiazione rivelata da un osservatore
statico.
E comunque immediato riconoscere che la presenza del fattore (1ā ~n Ā· ~v) nella (9.33),
non cambia i risultati dellāanalisi qualitativa della distribuzione angolare ultrarelativistica
di cui sopra.
9.4 Problemi
9.1 Si dimostri che lāenergia totale irradiata da una particella ultrarelativistica con carica
e, massa m e velocita v0, che passa con parametro dāimpatto b grande accanto a un nucleo
284
di carica Ze, considerato fisso, vale,
āĪµ(v0, b) =e6Z2
192Ļ2m2b3v0
1ā v20/4
1ā v20
.
Si confronti il risultato con quello del problema 7.5. [Sugg.: Dato che v0 ā 1 e b e
grande, la particella praticamente non viene deviata e si puo assumere che la traiettoria
sia pressoche rettilinea, ovvero ~y(t) = (v0t, b, 0).]
9.2 Unāonda piana polarizzata circolarmente, con campo elettrico dato da,
~E(t, ~x) = (E0 cos(Ļ(tā z)), E0 sen(Ļ(tā z)), 0),
investe una particella carica relativistica.
a) Si dimostri che i moti stazionari della particella sono moti circolari uniformi, determi-
nandone velocita e raggio.
b) Per questi moti si determini la potenza totale irradiata dalla particella.
9.3 Si analizzi la distribuzione angolare della radiazione emessa da una particella ultrare-
lativistica in moto rettilineo, individuando in particolare le direzioni di emissione massima
e minima, e la si confronti con la distribuzione angolare del limite non relativistico.
285
10 Analisi spettrale
Nei capitoli precedenti abbiamo fornito gli strumenti principali per unāanalisi sistematica
del contenuto energetico della radiazione emessa da un generico sistema carico. Abbiamo
in particolare derivato formule esplicite per lāenergia emessa nellāunita di tempo, e per la
distribuzione angolare della radiazione. Per alcuni sistemi siamo anche stati in grado di
determinare le frequenze su cui essi emettono. Abbiamo visto, per esempio, che lāantenna
lineare emette tutta la radiazione sulla frequenza fondamentale, mentre nel moto circolare
uniforme la radiazione di dipolo contiene la frequenza fondamentale, e la radiazione di
quadrupolo la prima armonica superiore, vedi problema 7.6. In generale la radiazione
emessa da sistemi relativistici e distribuita su unāampia banda di frequenze, e molti sistemi
fisici ā da un semplice atomo a una pulsar ā sono difatti identificabili attraverso il loro
spettro di emissione.
La grandezza osservabile rilevante e la quantita di energia che viene emessa tra le
frequenze Ļ e Ļ + āĻ, osservabile che quantifica il peso con cui le varie frequenze sono
presenti nella radiazione emessa dal sistema. Lo studio di questa grandezza viene chiamato
āanalisi spettraleā, o anche āanalisi in frequenzaā. In questo capitolo presenteremo un
approccio sistematico allāanalisi spettrale, valido per la radiazione di un sistema carico
arbitrario. Nella prima sezione presenteremo gli strumenti fondamentali dellāapproccio,
in sezione 10.2 applicheremo questi strumenti a sistemi non relativistici, e in sezione 10.3
li applicheremo a sistemi relativistici.
10.1 Analisi di Fourier e risultati generali
Abbiamo visto che la soluzione generale delle equazioni di Maxwell nel vuoto corrisponde
a una sovrapposizione di onde piane monocromatiche, e che lāanalisi temporale di Fourier
del campo elettromagnetico risultante equivale a unāanalisi in frequenza, vedi (5.60).
Corrispondentemente nel paragrafo 7.1.2 abbiamo visto che anche il campo elettro-
magnetico prodotto da una generica corrente nella zona delle onde e sovrapposizione di
onde elementari, e che il campo risultante ammette unāanalisi di Fourier temporale, che
equivale ancora a unāanalisi in frequenza. E possibile esprimere la trasformata di Fourier
del campo elettrico nella zona delle onde, direttamente in termini della generica sorgente
286
jĀµ data in (7.2). Per fare questo e sufficiente inserire la (7.2) nella (7.9), e usare la (7.11).
Si trova,
~E(t, ~x) =1ā2Ļ
ā« ā
āādĻ eiĻt ~E(Ļ, ~x),
dove,
~E(Ļ, ~x) ā” ā i Ļ eāi Ļr
4Ļr
ā«d3y ei Ļ ~nĀ· ~y
[~j(Ļ, ~y)ā (~n Ā·~j(Ļ, ~y))~n
]. (10.1)
Come visto nel paragrafo 7.1.2, se la corrente e periodica nel tempo anche il campo
elettrico e periodico, e la trasformata di Fourier puo allora essere sostituita da una serie
di Fourier, ed e immediato adattare le relazioni appena scritte a questo caso particolare.
Per una corrente generica jĀµ lāanalisi spettrale potrebbe essere basata sulla formula
generale (10.1), ma siccome in questo capitolo siamo interessati principalmente alla ra-
diazione emessa da una singola particella, preferiamo procedere in altro modo. Lāanalisi
spettrale per una corrente generica verra sviluppata nella sezione 10.5.
Dalle considerazioni appena svolte concludiamo comunque che per correnti aperiodiche
possiamo porre,
~E(t) =1ā2Ļ
ā« ā
āādĻ eiĻt ~E(Ļ), (10.2)
~E(Ļ) =1ā2Ļ
ā« ā
āādt eāiĻt ~E(t), (10.3)
ā« ā
āā| ~E(t)|2dt =
ā« ā
āā| ~E(Ļ)|2dĻ = 2
ā« ā
0
| ~E(Ļ)|2dĻ, (10.4)
dove lāultima riga rappresenta lāidentita di Parseval. Se la corrente e invece periodica, con
periodo T e frequenza fondamentale Ļ0 = 2Ļ/T , il campo elettrico puo essere sviluppato
in serie di Fourier,
~E(t) =āā
N=āāeiNĻ0t ~EN , (10.5)
~EN =1
T
ā« T
0
eāiNĻ0t ~E(t) dt, (10.6)
1
T
ā« T
0
| ~E(t)|2dt =āā
N=āā| ~EN |2 = 2
āāN=1
| ~EN |2. (10.7)
Per scrivere lāultima espressione in ciascun caso abbiamo sfruttato il fatto che il campo
elettrico e reale, quindi,
~Eā(Ļ) = ~E(āĻ), ~EāN = ~EāN ,
287
e che le frequenze vengono considerate positive. Inoltre, nella serie di Fourier abbiamo
omesso il termine con N = 0. Il campo elettrico e, infatti, proporzionale alla derivata
temporale del potenziale vettore, vedi (7.11),
~E(t) =ā
āt
(~nĆ (~nĆ ~A)
),
e siccome anche ~A e periodico, la (10.6) da,
~E0 =1
T
ā« T
0
~E(t) dt = 0.
Facciamo notare che tutte le quantita indicate con ~E(Ā·) andrebbero scritte piu corretta-
mente come ~E(Ā·, ~x), ma per non appesantire la notazione omettiamo di indicare esplici-
tamente la dipendenza da ~x. Dalla (10.1) vediamo, comunque, che ~E(Ļ, ~x) dipende da r
semplicemente attraverso il fattoreeāi Ļr
r. La grandezza ~E(Ļ, ~x) e quindi essenzialmente
una funzione di Ļ e della direzione ~n. Ricordiamo ancora che quı non stiamo considerando
il campo elettrico esatto, ma il campo nella zona delle onde.
Riprendiamo dunque la formula generale per la distribuzione angolare della potenza
emessa,dWdĪ©
=d 2Īµ
dt dĪ©= r2| ~E(t)|2.
Sistemi aperiodici. Per una corrente aperiodica la grandezza fisica rilevante e lāenergia
totale emessa nellāunita di angolo solido tra t = āā e t = ā. Se le particelle sono
sottoposte a forze per un tempo limitato, lāaccelerazione ha una durata finita, e anche
lāenergia totale emessa sara, quindi, finita. Utilizzando la (10.4) si ottiene allora,
dĪµ
dĪ©=
ā« ā
āā
dWdĪ©
dt = r2
ā« ā
āā| ~E(t)|2dt = 2r2
ā« ā
0
| ~E(Ļ)|2dĻ.
Lāenergia emessa nellāintervallo unitario di frequenze e nellāunita di angolo solido e quindi
data da,d 2Īµ
dĻ dĪ©= 2r2| ~E(Ļ)|2, (10.8)
e lo spettro di frequenze presenti e in generale un sottoinsieme ācontinuoā di R+.
Sistemi periodici. Per una corrente periodica lāenergia totale emessa e infinita, e la
grandezza di rilievo e allora la potenza media, ovvero, lāenergia emessa durante un periodo
288
divisa il periodo. In questo caso utilizziamo la (10.7) e otteniamo,
dWdĪ©
=1
T
ā« T
0
dWdĪ©
dt = r2 1
T
ā« T
0
| ~E(t)|2dt = 2r2
āāN=1
| ~EN |2. (10.9)
La potenza della radiazione emessa con la frequenza ĻN = NĻ0 nellāunita di angolo solido,
e quindi data da,dWN
dĪ©= 2r2| ~EN |2. (10.10)
Le formule (10.8) e (10.10) costituiscono il punto di partenza per lāanalisi spettrale di un
generico fenomeno radiativo. Si noti che esse richiedono solo la conoscenza del campo
elettrico ā nella zona delle onde.
10.2 Analisi spettrale nel limite non relativistico
Nel limite non relativistico le (10.8) e (10.10) possono essere valutate immediatamente,
perche in questo caso il campo elettrico e dato semplicemente in termini del momento di
dipolo del sistema, vedi (7.39),
~E(t) =1
4Ļr~nĆ
(~nĆ ~D(tā r)
). (10.11)
Trattiamo separatamente i due tipi di corrente.
Corrente aperiodica. Definendo la trasformata di Fourier di ~D(t) in modo standard,
~D(Ļ) =1ā2Ļ
ā« ā
āādt eāiĻt ~D(t), (10.12)
dalla (10.11) segue facilmente, si confronti con (10.1),
~E(Ļ) = āĻ2 eāi Ļ r
4Ļr~nĆ
(~nĆ ~D(Ļ)
).
La (10.8) da quindi,d 2Īµ
dĻ dĪ©=
Ļ4
8Ļ2
ā£ā£ā£~nĆ ~D(Ļ)ā£ā£ā£2
. (10.13)
Integrando sugli angoli risulta poi,
dĪµ
dĻ=
Ļ4
3Ļ| ~D(Ļ)|2. (10.14)
Infine lāintegraleā«ā
0dĪµdĻ
dĻ fornisce lāenergia totale emessa.
289
Frequenze caratteristiche: analisi qualitativa. Consideriamo ora come caso particolare
una particella non relativistica che esegue un moto aperiodico. Dato che il suo momento
di dipolo e ~D(t) = e ~y(t), abbiamo ~D(t) = e~a(t), e la trasformata di Fourier di questa
relazione da āĻ2 ~D(Ļ) = e~a(Ļ), dove ~a(Ļ) indica la trasformata di Fourier di ~a(t). La
(10.14) fornisce allora la distribuzione in frequenza,
dĪµ
dĻ=
e2
3Ļ|~a(Ļ)|2. (10.15)
Supponiamo ora che la forza ~F (t) agente sulla particella sia caratterizzata da un tempo
caratteristico T . Dato che ~a(t) =~F (t)
m, per le proprieta della trasformata di Fourier
possiamo allora concludere che |~a(Ļ)| e una funzione apprezzabilmente non nulla solo per
valori di Ļ che si estendono circa fino a1
T. Vale allora il seguente risultato generale circa
la distribuzione spettrale della radiazione emessa da una particella non relativistica in
moto aperiodico: se la forza alla quale e sottoposta la particella varia su scale temporali
dellāordine di T , allora la radiazione emessa e concentrata principalmente in un intervallo
di frequenze limitato superiormente da,
Ļ ā¼ 1
T. (10.16)
Corrente periodica. Per una corrente periodica definiamo i coefficienti di Fourier,
~DN =1
T
ā« T
0
eāiNĻ0t ~D(t) dt, (10.17)
e dalla (10.11) segue allora,
~EN = ā(NĻ0)2 eāi NĻ0r
4Ļr~nĆ
(~nĆ ~DN
).
La (10.10) da quindi,dWN
dĪ©=
(NĻ0)4
8Ļ2
ā£ā£ā£~nĆ ~DN
ā£ā£ā£2
. (10.18)
Integrando sugli angoli risulta poi,
WN =(NĻ0)
4
3Ļ| ~DN |2. (10.19)
Infine la sommaāā
N=1WN uguaglia la potenza totale media W .
Per quanto riguarda le frequenze dominanti, per i moti periodici vale un risultato simile
a quello visto per i moti aperiodici. Se la scala temporale su cui varia la forza esterna
290
e dellāordine del periodo, allora il sistema emette principalmente sulle prime armoniche
superiori, cioe, sulle frequenze,
ĻN = NĻ0,
con N dellāordine dellāunita. Questo risultato e illustrato nellāesempio del paragrafo 10.2.2.
Moti armonici semplici. Consideriamo un sistema di particelle che compiono moti
armonici semplici,
~yr(t) = ~br sen
(2Ļ
Tt
)+ ~cr cos
(2Ļ
Tt
),
con lo stesso periodo T . Esempi di moti di questo tipo sono i moti circolari uniformi,
e i moti di oscillazione sinusoidale in una direzione. Un tale sistema emette radiazione
sclusivamente sulla frequenza fondamentale Ļ0 =2Ļ
T. Infatti, in questo caso la relazione
~D(t) =ā
r er ~ar(t) da,
āĻ2N
~DN =ā
r
er ~arN ,
dove ~arN indica il coefficiente di Fourier Nāesimo di ~ar(t). Ma siccome per un moto
armonico semplice si ha ~arN = 0 per N 6= 1, nella (10.19) solo il termine W1 e allora
diverso da zero.
Insistiamo sul fatto che i risultati qualitativi di questo paragrafo valgono nel limite
non relativistico.
10.2.1 Bremsstrahlung a spettro continuo e catastrofe infrarossa
In questo paragrafo vogliamo illustrare i risultati del paragrafo precedente, nel caso di
una particella non relativistica che viene accelerata da un campo elettrico esterno.
Per essere precisi consideriamo una particella carica che attraversa una regione limitata
in cui esiste un campo elettrico costante e uniforme. Lāaccelerazione e allora diversa
da zero solo per un periodo limitato, e la particella compie un moto aperiodico. Di
conseguenza essa emette radiazione ā Bremsstrahlung ā a spettro continuo. Vogliamo
determinare la forma dello spettro di emissione, e individuare in particolare le frequenze
su cui la particella emette maggiormente. Confronteremo poi i risultati ottenuti con la
previsione fatta nella (10.16).
Senza perdita di generalita possiamo supporre che la particella entri nella zona del
campo elettrico allāistante t = āT , e che esca da questa zona allāistante t = T . In questo
291
intervallo temporale la sua accelerazione vale allora,
~a =e ~E
m,
mentre fuori dallāintervallo essa e zero. La (10.15) richiede allora di valutare la trasformata
di Fourier,
~a (Ļ) =1ā2Ļ
ā« ā
āādt eāiĻt ~a(t) =
e ~E
m
1ā2Ļ
ā« T
āT
dt eāiĻt =2 e ~Eā2Ļ m
sen(ĻT )
Ļ.
La (10.15) da allora,dĪµ
dĻ=
2 e2a2
3Ļ2
sen2(ĻT )
Ļ2. (10.20)
Questa funzione ha un massimo per Ļ = 0, e si annulla la prima volta per Ļ =Ļ
T. Oltre
questo valore essa va rapidamente a zero, in accordo con il risultato generale (10.16).
Possiamo anche valutare lāenergia totale emessa durante lāintera fase di accelerazione.
Per fare questo possiamo integrare la (10.20) su tutte le frequenze, usando lāintegrale,
ā« ā
0
(sen x
x
)2
dx =Ļ
2,
oppure possiamo applicare la formula di Larmor W = e2a2/6Ļ. Si ottiene,
āĪµ =
ā« ā
0
dĪµ
dĻdĻ =
ā« T
āT
W dt =e2a2 T
3Ļ=
e2 |ā~v|212 Ļ T
, (10.21)
dove abbiamo introdotto la differenza tra le velocita iniziale e finale,
ā~v ā” ~vf ā ~vi = 2 T~a.
Abbiamo quindi trovato un legame diretto tra lāenergia irradiata, e la variazione della
velocita della particella ā causa della radiazione. Vediamo ora come si comporta la di-
stribuzione spettrale nel limite in cui la durata del processo va a zero, T ā 0, a parita di
ā~v. Dalla (10.20) segue,
dĪµ
dĻ=
e2|ā~v|26Ļ2
sen2(ĻT )
Ļ2T 2ā e2|ā~v|2
6Ļ2,
e si otterrebbe quindi uno spettro āpiattoā, in cui tutte le frequenze sono equiprobabili,
ancora in accordo con la (10.16). Dāaltra parte in questo limite lāenergia totale (10.21)
divergerebbe. Da cio si desume che la schematizzazione dellāurto di una particella carica
292
come un processo istantaneo ā usata spesso negli studi teorici, per via della sua semplicita
ā e fisicamente inconsistente, perche lāenergia emessa sarebbe infinita.
Catastrofe infrarossa. Concludiamo la discussione di questo esempio con un commento
su un fenomeno quantistico che viene chiamato ācatastrofe infrarossaā. Abbiamo appena
visto che lāenergia totale emessa durante il processo e finita. Teniamo ora in conto che
lāemissione di radiazione elettromagnetica di frequenza Ļ a livello quantistico corrisponde
allāemissione di fotoni con energia individuale ~Ļ 42. Possiamo allora chiederci quanti
fotoni vengono emessi nellāintervallo di frequenza Ļ e Ļ + dĻ, e la risposta e,
dN
dĻ=
1
~ĻdĪµ
dĻ=
2 e2a2
3Ļ2~sen2(ĻT )
Ļ3.
Il numero di fotoni emessi tra le frequenze Ļ1 e Ļ2 e allora dato da,
N(Ļ1, Ļ2) =
ā« Ļ2
Ļ1
dN
dĻdĻ =
2 e2a2
3Ļ2~
ā« Ļ2
Ļ1
sen2(ĻT )
Ļ3dĻ.
Come si vede il numero di fotoni āduriā, cioe, di frequenza elevata, risulta finito in quanto
lāintegrale N(Ļ,ā) e finito. Dāaltra parte il numero di fotoni āsofficiā, cioe, di frequenza
bassa, diverge perche per Ļ ā 0 si ha,
sen2(ĻT )
Ļ3ā T 2
Ļ,
e N(0, Ļ) diverge. Questo vuol dire che nonostante lāenergia totale irradiata sia finita,
il numero di fotoni soffici emessi durante il processo di accelerazione e infinito. Questo
fenomeno fisico porta il nome di ācatastrofe infrarossaā, in quanto legato alla presenza di
infiniti fotoni con energie tendenti a zero. So noti, tuttavia, che solo un numero finito di
questi fotoni e osservabile sperimentalmente, perche qualsiasi apparato di misura ha una
āsensibilitaā finita, potendo rivelare solo i fotoni che hanno unāenergia al di sopra di una
certa soglia āĪµ.
Dallāanalisi svolta e chiaro che la catastrofe infrarossa e dovuta semplicemente allāac-
celerazione della particella, indipendentemente dalla forza che la causa, e in particolare
essa accompagna allora qualsiasi processo dāurto che coinvolge particelle cariche. Dāal-
tro canto questo fenomeno e legato strettamente al fatto che il mediatore dellāinterazione
42La nostra analisi classica della radiazione resta valida per lunghezze dāonda molto superiori allalunghezza dāonda Compton, Ī»Ć Ī»C = ~/mc, cioe per Ļ Āæ mc2/~, che vuol dire T Ć ~/mc2 ā 10ā21s.Lāanalisi della catastrofe infrarossa svolta nel testo riguarda il caso Ļ ā 0, per cui la trattazione classicae comunque valida.
293
elettromagnetica ā il fotone ā essendo privo di massa puo raggiungere energie ~Ļ arbi-
trariamente piccole. Concludiamo quindi che la catastrofe infrarossa non avviene nelle
interazioni deboli, i cui mediatori sono massivi, mentre e presente sia nelle interazioni
gravitazionali che in quelle forti. Notiamo, tuttavia, che nelle interazioni forti, per via del
fenomeno del confinamento, i gluoni soffici non si presentano come particelle āasintoticheā
libere, perche adronizzano in pochissimo tempo formando particelle massive.
Infine osserviamo che, essendo un fenomeno di basse energie, la catastrofe infrarossa
considerata quı a livello classico, si ripresenta in teoria quantistica di campo dove causa
una seria di problemi, sia di carattere tecnico che concettuale, che in parte aspettano
tuttora di essere risolti ā come per esempio in Cromodinamica Quantistica.
10.2.2 Bremsstrahlung a spettro discreto
Consideriamo una particella non relativistica che compie un moto periodico di periodo T
lungo un arco di circonferenza di raggio R, con legge oraria,
~y(t) = (R cosĻ(t), R senĻ(t), 0), Ļ(t) = Ļ0 sen(Ļ0t), 0 < Ļ0 < Ļ/2,
dove Ļ0 = 2Ļ/T e la frequenza fondamentale, e Ļ0 e lāelongazione. Sappiamo allora che
questa particella emette radiazione con frequenze ĻN = NĻ0. Vogliamo eseguire lāanalisi
spettrale di questo sistema, cercando in particolare di individuare le frequenze su cui la
particella emette la maggior parte della radiazione.
Per la potenza totale mediata su un ciclo possiamo usare la formula di Larmor,
W =e2
6Ļa2,
e un semplice conto fornisce,
W =e2R2Ļ4
0
6Ļ
(1
2Ļ2
0 +3
8Ļ4
0
).
Per calcolare la potenza che la particella emette sulla frequenza ĻN = NĻ0, occorre
valutare i coefficienti di Fourier del momento di dipolo ~D(t) = e ~y(t),
~DN =1
T
ā« T
0
dt eāi NĻ0t ~D(t) =eR
T
ā« T
0
dt eāi NĻ0t(cosĻ(t), senĻ(t), 0). (10.22)
294
Funzioni di Bessel. Gli integrali di cui sopra possono essere espressi in termini delle
funzioni di Bessel di ordine intero N ,
JN(y) =1
2Ļ
ā« 2Ļ
0
ei(Nxāy senx) dx =1
Ļ
ā« Ļ
0
cos(Nxā y senx)d x, (10.23)
di cui elenchiamo ora qualche proprieta. Esse soddisfano,
JN(āy) = JāN(y) = (ā)NJN(y). (10.24)
Si ha inoltre,
1
2Ļ
ā« 2Ļ
0
ei(Nxāy senx) cosx dx =N
yJN(y), (10.25)
1
2Ļ
ā« 2Ļ
0
ei(Nxāy senx) senx dx = i J ā²N(y). (10.26)
La prima discende dallāidentita,
ā« 2Ļ
0
d
dxei(Nxāy senx) dx = 0,
mentre la seconda e immediata. Si hanno poi gli andamenti asintotici,
JN(y) ā¼ā
2
Ļycos
(y ā Ļ
4(2N + 1)
), per y āā, N fissato, (10.27)
JN(y) ā¼ 1
N !
(y
2
)N
, per y ā 0, N fissato, (10.28)
JN(y) ā¼ 1
N !
(y
2
)N
, per N āā, y fissato. (10.29)
Il coincidere degli ultimi due andamenti deve considerarsi una casualita.
La valutazione degli integrali nella (10.22) e allora immediata,
~DN =eR
2
(JN(Ļ0) + JN(āĻ0),
1
i(JN(Ļ0)ā JN(āĻ0)), 0
).
Per la potenza irradiata sulla frequenza Nāesima risulta in definitiva,
WN =(NĻ0)
4
3Ļ| ~DN |2 =
e2 R2 (NĻ0)4
3ĻJ2
N(Ļ0),
e il teorema di Parseval assicura poi che,
W =āā
N=1
WN .
295
Cerchiamo ora di capire quali sono i WN che contribuiscono maggiormente a questa som-
ma. Per fare questo sfruttiamo gli andamenti asintotici delle funzioni di Bessel di cui
sopra. Per N grandi abbiamo,
WN
W =N4J2
N(Ļ0)14Ļ2
0 + 316
Ļ40
ā 1
N2N, (10.30)
che vuol dire che le armoniche superiori sono comunque fortemente soppresse.
Possiamo considerare inoltre il caso di elongazioni Ļ0 piccoli, e di elongazioni del-
lāordine dellāunita. Per Ļ0 piccoli possiamo rapportare la potenza emessa sullāarmonica
fondamentale, alla potenza totale,
W1
W =J2
1 (Ļ0)14Ļ2
0 + 316
Ļ40
= 1ā Ļ20 + o
(Ļ4
0
),
dove abbiamo utilizzato lo sviluppo
J1(x) =x
2ā x3
16+ o(x5). (10.31)
Per Ļ0 piccoli quasi tutta la potenza viene quindi emessa sullāarmonica fondamentale. Ma
anche scegliendo elongazioni Ļ0 dellāordine dellāunita, la situazione resta qualitativamente
la stessa. Per Ļ0 = 1, che corrisponde a unāelongazione di circa 60o, la (10.30) da,
WN
W =16
7N4J2
N(1),
e usando per JN(1) i valori tabulati si ricava,
W1
W = 0.43,W1 +W2
W = 0.91,W1 +W2 +W3
W = 0.98.
Si vede che praticamente tutta lāenergia viene emessa sulle prime armoniche piu basse.
10.3 Analisi spettrale relativistica
In questa sezione ci occupiamo dello spettro di emissione di un generico sistema relativi-
stico. Nel primo paragrafo deriveremo la formula fondamentale per lo spettro di emissione
di una particella singola in moto arbitrario, vedi (10.40), (10.42), e nel paragrafo succes-
sivo useremo questa formula per determinare le frequenze caratteristiche della radiazione
emessa da una generica particella ultrarelativistica. Nella sezione 10.4 la applicheremo,
296
invece, per eseguire lāanalisi spettrale quantitativa della radiazione emessa da una parti-
cella in un ciclotrone relativistico. Nella sezione 10.5 deriveremo, infine, unāespressione
per lo spettro di emissione di una corrente generica.
10.3.1 Spettro di emissione di una particella singola
In questo paragrafo vogliamo dunque derivare una formula per la distribuzione in fre-
quenza della radiazione emessa da una particella carica in moto arbitrario. Il risultato
dara lāenergia emessa per unita di frequenza, in termini di un integrale semplice lungo la
traiettoria della particella.
Riprendiamo il campo elettrico asintotico di LienardāWiechert (9.2),
~E(t, ~x) =e
4Ļr
~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)3. (10.32)
Per determinare la distribuzione in frequenza della radiazione dobbiamo inserire que-
sta formula rispettivamente nelle (10.3) e (10.6), e usare le (10.8) e (10.10). Di nuovo
trattiamo separatamente moti periodici e aperiodici.
Moto periodico. Per un moto periodico si tratta di valutare, per ogni ~x fissato, il
coefficiente di Fourier ~EN(~x) ā” ~EN ,
~EN =1
T
ā« T
0
dt eāiNĻ0t ~E(t, ~x). (10.33)
Prima di procedere dobbiamo ricordarci che le variabili ~v e ~a che compaiono nella (10.32)
non sono valutate allāistante t, ma allāistante ritardato tā²(t, ~x), dato dalla (9.4),
t = tā² + r ā ~n Ā· ~y(tā²). (10.34)
Nellāintegrale (10.33) conviene allora passare dalla variabile dāintegrazione t alla variabile
tā². Siccome ~x e tenuto fisso, la misura di integrazione cambia secondo la (9.5),
dt = (1ā ~n Ā· ~v) dtā². (10.35)
Usando queste relazioni la (10.33) si scrive allora come un integrale lungo la traiettoria,
~EN =e
4ĻreāiNĻ0 r 1
T
ā« T
0
eāiNĻ0(tā²ā~nĀ·~y(tā²)) Ā· ~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)2dtā², (10.36)
Si noti che la (10.34) assicura che, se t corre lungo un periodo, anche tā² corre lungo un
periodo, perche la legge oraria ~y(tā²) e periodica. Lāintegrale nella (10.36) e quindi di
297
nuovo tra 0 e T . Inserendo questa espressione nella (10.10), e chiamando la variabile
dāintegrazione di nuovo t, si ottiene per la distribuzione angolare della potenza emessa
sulla frequenza ĻN = NĻ0,
dWN
dĪ©=
e2
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£1
T
ā« T
0
eāi NĻ0(tā~nĀ·~y) Ā· ~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)2dt
ā£ā£ā£ā£2
. (10.37)
Questa formula puo essere ulteriormente semplificata, se si usano le identita,
~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)2=
d
dt
[~nĆ (~nĆ ~v)
(1ā ~v Ā· ~n)
], (10.38)
d
dteāi NĻ0(tā~nĀ·~y) = āi NĻ0(1ā ~v Ā· ~n) eāi NĻ0(tā~nĀ·~y). (10.39)
Con unāintegrazione per parti la (10.37) si riduce allora a,
dWN
dĪ©=
e2(NĻ0)2
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£~nĆ1
T
ā« T
0
eāi NĻ0(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
, (10.40)
dove abbiamo usato che |~nĆ (~nĆ ~V )| = |~nĆ ~V |, per qualsiasi vettore ~V .
Limite non relativistico. La (10.40) fornisce la distribuzione in frequenza della radia-
zione emessa da una particella con velocita arbitraria, nota la sua legge oraria ~y(t). E
immediato verificare che nel limite non relativistico questa formule si riduce alla (10.18),
ricavata nel paragrafo 10.2. In questo limite il termine ~n Ā· ~y nellāesponente della (10.40)
e, infatti, trascurabile, e scrivendo ~v =d~y
dt, unāintegrazione per parti muta la (10.40) in,
dWN
dĪ©ā e2(NĻ0)
4
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£~nĆ1
T
ā« T
0
eāi NĻ0t ~y dt
ā£ā£ā£ā£2
.
Questa espressione coincide con la (10.18), in quanto per una particella singola si ha,
~DN =1
T
ā« T
0
eāi NĻ0t ~D(t) dt =e
T
ā« T
0
eāiNĻ0t ~y dt.
Moto aperiodico. Per un moto aperiodico si procede in modo del tutto analogo, par-
tendo dalle (10.8), (10.3) e (10.32), e si trova facilmente che al posto di (10.37) ora si
ottiene per la distribuzione in frequenza,
d 2Īµ
dĻ dĪ©=
e2
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£1ā2Ļ
ā« ā
āāeāiĻ(tā~nĀ·~y) Ā· ~nĆ [(~nā ~v)Ć ~a]
(1ā ~v Ā· ~n)2dt
ā£ā£ā£ā£2
. (10.41)
Tuttavia, lāintegrazione per parti basata sulle (10.38), (10.39), con lāidentificazione NĻ0 āĻ, non puo essere eseguita in modo naiv nellāintegrale presente nella (10.41). Il motivo
298
e che il termine al bordo dellāintegrazione per parti e situato ora allāinfinito temporale,
e lāintegrando non ammette limite per t ā Ā±ā, per la presenza dei fattori oscillanti
eāiĻ(tā ~n Ā· ~y). Per ovviare a questa difficolta tecnica conviene regolarizzare lāintegrale
nella (10.41) introducendo un cut-off temporale L,ā« ā
āādt ā
ā« L
āL
dt,
ed eseguire lāintegrazione per parti per L finito. Per L ā ā il termine al bordo ancora
non ammette limite, ma esso va a zero se questo limite viene eseguito nel senso delle
distribuzioni nella variabile Ļ. Questa procedura e quindi perfettamente lecita, purche
anche lāintegrale improprio risultante vada considerato come limite nel senso delle distri-
buzioni. Con questo caveat e allora immediato vedere che le (10.38), (10.39) mutano la
(10.41) nellāespressione piu semplice,
d 2Īµ
dĻ dĪ©=
e2Ļ2
8 Ļ2
ā£ā£ā£ā£~nĆ1ā2Ļ
ā« ā
āāeāi Ļ(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
, (10.42)
analoga alla (10.40).
Per illustrare come la (10.42) sia ben definita solo nel senso delle distribuzioni, verifi-
chiamo che per una particella in moto rettilineo uniforme, ~y(t) = ~v t, si ottiened 2Īµ
dĻ dĪ©= 0,
in accordo con il fatto che una particella non accelerata non emette radiazione. Si noti
che in questo caso la (10.41), che e comunque ben definita, da il risultato corretto, perche
~a(t) = 0 identicamente. Volendo usare la (10.42) si tratta, invece, di valutare lāintegrale,ā« ā
āāeāi Ļt(1ā~nĀ·~v) ~v dt ā” S ā² ā lim
Lāā
ā« L
āL
eāi Ļt(1ā~nĀ·~v) ~v dt.
Ricordando la rappresentazione della Ī“ di Dirac,
S ā² ā limLāā
ā« L
āL
eāik xdk = 2Ļ Ī“(x),
risulta dunque lāespressione ben definita nello spazio delle distribuzioni,ā« ā
āāeāi Ļt(1ā~nĀ·~v) ~v dt =
2Ļ ~v
1ā ~n Ā· ~v Ī“(Ļ).
Tuttavia, nella (10.42) questo integrale appare moltiplicato per Ļ, e siccome Ļ Ī“(Ļ) = 0,
risulta in effettid 2Īµ
dĻ dĪ©= 0.
Usando la (10.41), infine, e immediato vedere che nel limite non relativistico si riottiene
la (10.13).
299
10.3.2 Frequenze caratteristiche nel limite ultrarelativistico
Vogliamo ora eseguire unāanalisi qualitativa dello spettro emesso da una generica particella
ultrarelativistica, v ā¼ 1, in moto aperiodico. Ci chiediamo in particolare quali sono le
frequenze su cui una particella ultrarelativistica emette in generale la maggior parte della
radiazione. Ricordiamo che nel caso non relativistico la risposta a questa domanda e data
dalla (10.16), ovverosia, la particella emette la maggior parte della radiazione entro le
frequenze,
Ļ ā¼ 1
T, (10.43)
se T e la scala temporale sulla quale la forza varia sensibilmente.
Per analizzare la distribuzione in frequenza della radiazione emessa da una particella
ultrarelativistica, possiamo sfruttare il fatto che una particella che viaggia con velocita
molto elevata, devia poco dalla traiettoria rettilinea. Lāangolo di scattering Ļ, che e
lāangolo tra la direzione incidente e quella uscente, sara quindi molto piccolo, cosı come
e piccola lāapertura angolare Ī± del cono, entro il quale viene emessa la maggior parte
della radiazione. Dalla sezione 9.3 sappiamo, infatti, che vale Ī± ā¼ ā1ā v2. Eseguiremo
lāanalisi spettrale ultrarelativistica distinguendo i casi ĻĀæ Ī±, e Ī±Āæ Ļ.
Lāangolo di scattering Ļ. Per dare una stima dellāangolo di scattering, supponiamo che
la particella sia soggetta alla forza di Lorentz,
d~p
dt= e( ~E + ~v Ć ~B),
dĪµ
dt= e~v Ā· ~E,
e che i campi esterni siano sensibilmente diversi da zero solo in una regione spaziale
limitata, di dimensioni lineari L. Siccome la particella e ultrarelativistica, essa percepira
dunque questi campi per una durata caratteristica T ā¼ L. Per le variazioni della quantita
di moto e dellāenergia tra lo stato iniziale e quello finale, otteniamo allora,
|ā~p| = e
ā£ā£ā£ā£ā« ā
āā( ~E + ~v Ć ~B) dt
ā£ā£ā£ā£ ā¼ e F T, āĪµ = e
ā« ā
āā~v Ā· ~E dt ā¼ e F T, (10.44)
dove abbiamo posto v ā¼ 1, e indicato con F un valore caratteristico dei campi elettrico
e magnetico. Dato che la particella viene deflessa poco, lāangolo di scattering e dato dal
modulo della differenza tra i versori finale e iniziale, Ļ ā¼ |~nf ā ~ni|. Siccome abbiamo
300
~v =~p
Īµ, si ottiene allora,
Ļ =
ā£ā£ā£ā£~vf
vf
ā ~vi
vi
ā£ā£ā£ā£ =
ā£ā£ā£ā£ā(
~v
v
)ā£ā£ā£ā£ =
ā£ā£ā£ā£ā(
~p
|~p|)ā£ā£ā£ā£ ,
dove ~vi e ~vf sono le velocita iniziale e finale. Dato che |~p| = āĪµ2 ām2, e quindi ā|~p| =Īµ āĪµ
|~p| ā¼ āĪµ, si ottiene,
ā
(~p
|~p|)
=ā~p
|~p| ā~p āĪµ
|~p| 2 ā¼ā
1ā v2
m(ā~pā ~v āĪµ) .
Usando le (10.44) risulta quindi la stima,
Ļ ā¼ā
1ā v2
meF T. (10.45)
Si ottiene allora,Ļ
Ī±ā¼ e F T
m, (10.46)
rapporto che e indipendente dalla velocita della particella, ma dipende solo dalle carat-
teristiche del campo esterno. La (10.46) puo essere scritta anche come il rapporto tra la
āfrequenza di ciclotroneā non relativisticae F
m, vedi (9.24), e la frequenza
1
Tdi un moto
aperiodo non relativistico, vedi (10.16),
Ļ
Ī±ā¼
(e F
m
)
(1
T
) . (10.47)
Frequenze caratteristiche per ĻĀæ Ī±. Consideriamo ora il caso in cui ĻĀæ Ī±. In questa
situazione la maggior parte della radiazione viene emessa allāinterno del cono centrato in ~v
di apertura Ī±, il cui asse durante il moto praticamente non cambia. Pertanto e sufficiente
analizzare la radiazione emessa nellāimmediata vicinanza della direzione di ~v, e porre
quindi nella formula generale (10.41),
~n ā ~v
v, ~nā ~v ā (1ā v)~n, ~y(t) ā ~v t.
Si ottiene cosı,
d 2 Īµ
dĻ dĪ©ā e2
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£~n
1ā vĆ 1ā
2Ļ
ā« ā
āāeāiĻ t(1āv) ~a(t) dt
ā£ā£ā£ā£2
ā e2
8Ļ2(1ā v)2|~nĆ ~a(Ļ(1ā v))|2 ,
301
dove ~a(Ļ(1 ā v)) e la trasformata di Fourier di ~a(t), calcolata in Ļ(1 ā v). Dato che la
particella percepisce la forza esterna per un tempo limitato T , la sua accelerazione varia
sensibilmente sulla stessa scala temporale T . Per le proprieta della trasformata di Fourier
la funzione ~a(Ļ(1 ā v)) e allora apprezzabilmente diversa da zero per valori di Ļ per cui
Ļ(1ā v) ā¼ Ļ(1ā v2) <1
T. In termini dellāenergia della particella la maggior parte della
radiazione viene quindi emessa entro le frequenze caratteristiche,
Ļ ā¼ 1
T
1
1ā v2=
1
T
( Īµ
m
)2
, (10.48)
da confrontare con la (10.43).
Se ĻĀæ Ī±, lo spettro di radiazione di una particella ultrarelativistica e quindi spostato
molto verso le frequenze alte. Da un punto di vista quantistico questo vuol dire che la
particella emette principalmente fotoni āduriā, cioe, molto energetici, mentre nel caso non
relativistico la particella emette fotoni molto piu āsofficiā, cioe, poco energetici
Frequenze caratteristiche per Ī±Āæ Ļ. Se lāangolo di scattering e grande rispetto ad Ī±,
la direzione di emissione cambia sensibilmente durante il moto, e la radiazione emessa in
una data direzione ~n proviene solo da quel piccolo arco della traiettoria, lungo il quale
la velocita della particella forma con ~n un angolo inferiore a Ī± ā¼ ā1ā v2. Chiamando
āx la lunghezza di questo arco, e ricordando che durante lāintero percorso di lunghezza
T ā¼ L, la direzione della traiettoria cambia di un angolo Ļ, avremo che lungo questo arco
la direzione della velocita cambia di un angolo,
āx
TĻ.
Siccome questo angolo e uguale ad Ī±, otteniamo per la lunghezza dellāarco in questione
la stima,
āx ā¼ Ī±
ĻT Āæ T.
Dato che āx e, dunque, molto minore di T , lungo questo arco i campi possono essere
assunti costanti, e dato che inoltre lāarco e piccolo, esso potra essere approssimato con
un arco di circonferenza. Siccome, per di piu, abbiamo che v ā¼ 1, su questo arco il
moto sara pressoche circolare uniforme. Possiamo allora anticipare il risultato (10.65)
della sezione 10.4, in cui si esegue unāanalisi dettagliata della radiazione emessa da una
302
particella ultrarelativistica in moto circolare uniforme ā in quel caso in presenza di un
campo magnetico costante e uniforme B. Previa la sostituzione B ā F , la (10.65) da
allora le frequenze caratteristiche,
Ļ ā¼ e F
m
( Īµ
m
)2
. (10.49)
Come si vede, queste frequenze mostrano la stessa dipendenza dallāenergia della (10.48),
ma il coefficiente di proporzionalita corrisponde ora alla āfrequenza di ciclotroneā non
relativisticae F
m, al posto di
1
T.
Data la (10.47) possiamo riassumere i risultati di questo paragrafo, affermando che un
sistema carico ultrarelativistico emette radiazione con frequenze caratteristiche,
Ļ ā¼ Ļā( Īµ
m
)2
, (10.50)
dove Ļā e la piu grande tra le āfrequenze fondamentaliāe F
me
1
T.
10.4 La radiazione del ciclotrone
In questa sezione eseguiamo lāanalisi spettrale e angolare della radiazione emessa da una
particella carica in un ciclotrone, dedicando particolare attenzione al caso ultrarelativistico
v ā¼ 1.
Adottando la notazione del paragrafo 9.2.2, ricordiamo che la frequenza di ciclotrone
e la velocita della particella sono date rispettivamente da,
Ļ0 =eB
m
ā1ā v2 =
eB
Īµ, v = Ļ0R,
dove R e il raggio dellāorbita. Siccome la particella compie un moto periodico con periodo
T = 2Ļ/Ļ0, il sistema emette radiazione sulle frequenze,
ĻN = NĻ0.
Conosciamo anche la formula per la potenza totale media, vedi (9.25),
W =e2
6Ļ
v2Ļ20
(1ā v2)2. (10.51)
Ciclotrone non relativistico. Prima di procedere ricordiamo le principali caratteristiche
della radiazione emessa da una particella non relativistica, v Āæ 1. In questo caso il sistema
303
emette solo sulla frequenza fondamentale (non relativistica) Ļ0 ā eB/m, con distribuzione
angolare,dWdĪ©
=dW1
dĪ©=
e2v2Ļ20
32Ļ2(1 + cos2Ļ), (10.52)
dove Ļ e lāangolo tra la direzione di emissione ~n, e lāasse del ciclotrone, vedi problema 7.1.
Il rapporto fra lāintensita della radiazione emessa lungo Ļ = Ļ/2 (nel piano dellāorbita), e
lāintensita emessa lungo Ļ = 0 (ortogonalmente allāorbita) risulta allora,
WāWā„ā”
dWdĪ©
(Ļ
2
)
dWdĪ©
(0)
=1
2. (10.53)
Integrando la (10.52) sugli angoli si ottiene poi la potenza totale,
W =W1 =e2
6Ļv2Ļ2
0,
da confrontare con la (10.51).
10.4.1 Analisi spettrale
Dāora in poi consideriamo una particella con velocita arbitraria. Cominciamo lāanalisi
della radiazione, valutando esplicitamente i coefficienti spettrali, (10.40),
dWN
dĪ©=
e2(NĻ0)2
8Ļ2
ā£ā£ā£ā£~nĆ1
T
ā« T
0
eāi NĻ0(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
. (10.54)
Prendendo come asse z lāasse dellāorbita, traiettoria, velocita e accelerazione istantanea
della particella sono date da,
~y(t) = R (cosĻ, senĻ, 0) (10.55)
~v(t) = v (āsenĻ, cosĻ, 0), (10.56)
~a(t) = āĻ20 ~y(t), (10.57)
dove,
Ļ = Ļ0t. (10.58)
Per via dellāinvarianza per rotazioni attorno allāasse z, per quanto riguarda la valutazio-
ne della (10.54) non e restrittivo scegliere la direzione di emissione ~n nel piano (y, z).
Possiamo allora scrivere,
~n = (0, senĻ, cosĻ), (10.59)
304
dove Ļ e lāangolo tra ~n e lāasse z. Notando che,
Ļ0 ~n Ā· ~y = v senĻ senĻ,
possiamo riscrivere lāintegrale lungo lāorbita che compare nella (10.40) come,
1
T
ā« T
0
eāi NĻ0(tā~nĀ·~y) ~v dt =v
2Ļ
ā« 2Ļ
0
eāi N(Ļāv senĻ senĻ)(āsenĻ, cosĻ, 0) dĻ, (10.60)
dove dallāintegrale in t siamo passati a un integrale in Ļ. Utilizzando le proprieta (10.25)
e (10.26) delle funzioni di Bessel, e allora immediato riconoscere che la (10.60) equivale a,
1
T
ā« T
0
eāi NĻ0(tā~nĀ·~y) ~v dt = v
(i jā²N(vNsenĻ),
1
vsenĻjN(v NsenĻ), 0
).
Calcolando il prodotto esterno tra questo vettore e ~n, e inserendolo nella (10.54), ottenia-
mo cosı le distribuzioni angolari spettrali cercate,
dWN
dĪ©=
e2(NĻ0)2
8Ļ2
(ctg2Ļ j2
N(vNsenĻ) + v2jā² 2N (vNsenĻ)). (10.61)
Come prima cosa analizziamo il loro comportamento nel limite non relativistico v Āæ 1.
Dalle formule asintotiche (10.28) vediamo che per v ā 0 si hanno gli andamenti leading,
dWN
dĪ©ā¼ e2Ļ2
0 v2N ,
e quindi in questo limite le armoniche con N ā„ 2 sono fortemente soppresse rispetto
allāarmonica fondamentale N = 1. Dāaltra parte, usando la (10.28) e immediato vedere
che il peso spettrale (10.61) per N = 1, nel limite non relativistico si riduce alla (10.52).
10.4.2 Lo spettro nel limite ultrarelativistico
Per eseguire unāanalisi qualitativa dello spettro emesso da una particella ultrarelativistica,
conviene integrare la (10.61) sugli angoli, si veda per esempio J. Schwinger et. al. 43,
WN =
ā«dWN
dĪ©dĪ© =
e2NĻ20
4Ļv
(2v2jā²2N(2Nv)ā (1ā v2)
ā« 2Nv
0
j2N(y) dy
). (10.62)
Un argomento qualitativo. Prima di procedere con lāanalisi della (10.62) nel limite
v ā¼ 1, diamo un argomento qualitativo per stabilire lāordine di grandezza delle frequenze,
43J. Schwinger, L.L. DeRaad, K.A. Milton e W. Tsai, Classical Electrodynamics, Perseus Books,Reading (MA), 1998.
305
su cui la particella emette maggiormente. Ricordiamo dalla sezione 9.3 che, se v ā¼ 1, allora
in un dato istante la particella emette principalmente in un cono attorno alla direzione
di volo, di apertura angolare Ī± ā¼ ā1ā v2. Se la particella compie un moto circolare di
periodo T = 2Ļ/Ļ0, allora la radiazione in una data direzione di osservazione proviene solo
da una piccola porzione dellāorbita, ovvero da quella che viene percorsa dalla particella
nel tempo,
ātā² ā¼ Ī±
2ĻT ā¼
ā1ā v2
Ļ0
.
Una tipica frequenza di emissione e allora data,
Ļā² =1
ātā²ā¼ Ļ0ā
1ā v2.
Dāaltra parte, al tempo di emissione ātā² corrisponde il tempo di osservazione, vedi (10.35),
āt = (1ā ~n Ā· ~v)ātā² ā¼ (1ā v)ātā² ā¼ (1ā v2)ātā²,
a cui corrisponde dunque la frequenza osservata,
Ļ =1
ātā¼ Ļā²
1ā v2.
Concludiamo che le frequenze caratteristiche della radiazione del ciclotrone ultrarelativi-
stico sono date da,
Ļ ā¼ Ļ0
(1ā v2)3/2= Ļ0
( Īµ
m
)3
, (10.63)
che corrispondono dunque a armoniche di ordine molto elevato,
N ā¼( Īµ
m
)3
. (10.64)
In termini del campo esterno le frequenze caratteristiche della radiazione sono allora date
da,
Ļ ā¼ eB
m
( Īµ
m
)2
. (10.65)
Analisi quantitativa. Torniamo ora alle espressioni quantitative (10.62). Per quello
che abbiamo appena visto dobbiamo apsettarci che per velocita vicine alla velocita della
luce, sono dominanti i pesi spettrali WN con N molto grande. In realta si puo vedere
che lāandamento della successione (10.62) per grandi N , dipende sensibilmente dal valore,
grande anchāesso, di 1/ā
1ā v2. Attraverso unāanalisi asintotica delle funzioni di Bessel
306
che compaiono nella (10.62) si trova, infatti, che per v ā¼ 1, a parte fattori numerici, si ha
44,
WN ā
e2 Ļ20 N1/3, per 1Āæ N Āæ 1
(1āv2)3/2 ,
e2 Ļ20
āN (1ā v2)1/4 eā
23
N(1āv2)3/2, per 1
(1āv2)3/2 Āæ N .(10.66)
Vediamo dunque che per valori di N grandi ma inferiori a 1/(1 ā v2)3/2, i pesi spettrali
crescono come N1/3, mentre per N molto maggiore di 1/(1 ā v2)3/2 essi sono esponen-
zialmente soppressi. La particella emette dunque radiazione fino a frequenze dellāordine
di,
ĻN = NĻ0 ā¼ Ļ0
(1ā v2)3/2,
a conferma della (10.63).
Dato che nel limite ultrarelativistico si ha Ļ0 = v/R ā¼ 1/R, per le lunghezze dāonda
emesse si trova allora il valore caratteristico,
Ī» =2Ļ
ĻN
ā¼ R(m
Īµ
)3
.
In base a questa formula la radiazione emessa da LEP conteneva lunghezze dāonda mol-
to corte dellāordine di Ī» ā¼ 10ā3 nm, corrispondenti a raggi Ī³, mentre la radiazione di
LHC sara piccata su lunghezze dāonda molto piu lunghe, dellāordine di Ī» ā¼ 10 nm,
corrispondenti a raggi X molli.
10.4.3 Distribuzione angolare
Invece di analizzare la distribuzione angolare delle singole frequenze, analizziamo la di-
stribuzione angolare totale. A questo scopo si dovrebbe risommare la serie,
dWdĪ©
=Nā
N=1
dWN
dĪ©,
cosa che risulta difficile da fare direttamente. In questo caso e piu conveniente ricorrere
alla (10.9),dWdĪ©
=r2
T
ā« T
0
| ~E|2dt. (10.67)
44Vedi per esempio J. Schwinger et. al., op. cit.
307
Come prima cosa bisogna dunque valutare | ~E|2, con ~E dato come al solito dalla (10.32).
Inserendo le (10.55)ā(10.57) e la (10.59), con un semplice conto si ottiene,
| ~E|2 =e2v2Ļ2
0
16Ļ2r2Ā· (1ā v2) cos2Ļ + (v ā senĻ cosĻ)2
(1ā v senĻ cosĻ)6, (10.68)
dove ora Ļ = Ļ0 tā² = Ļ0 tā²(t, ~x). Di nuovo e conveniente cambiare variabile dāintegrazione
e passare da t a Ļ, utilizzando le (10.34), (10.35). Siccome si ha,
dt = (1ā ~n Ā· ~v(tā²)) dtā² =1ā v senĻ cosĻ
Ļ0
dĻ,
la (10.67) diventa,dWdĪ©
=r2
2Ļ
ā« 2Ļ
0
| ~E|2(1ā v senĻ cosĻ) dĻ.
Inserendo in questa formula la (10.68) si trova un integrale che puo essere valutato
esplicitamente, e il risultato e,
dWdĪ©
=e2v2Ļ2
0
32Ļ2Ā· 1 + cos2Ļā v2
4(1 + 3v2) sen4Ļ
(1ā v2sen2Ļ)7/2. (10.69)
Per velocita piccole riotteniamo la distribuzione ācontinuaā (10.52), che ha un massimo
per Ļ = 0. Viceversa, per velocita elevate, v ā¼ 1, dallāesame del denominatore della
(10.69) si vede chedWdĪ©
ha un massimo pronunciato nelle vicinancze di Ļ =Ļ
2, cioe, nel
piano dellāorbita. Cerchiamo allora di individuare le direzioni vicine al piano dellāorbita,
entro le quali viene emessa la maggior parte della radiazione. Le direzioni in questione
sono quelle per cui il denominatore della (10.69) resta essenzialmente dello stesso ordine
di grandezza del suo valore massimo, ovvero, per angoli Ļ per cui,
1ā v2sen2Ļ ā¼ 1ā v2.
Ponendo Ī± =Ļ
2ā Ļ, cio succede se,
1ā v2cos2Ī± ā¼ 1ā v2
(1ā Ī±2
2
)ā¼ 1ā v2 +
Ī±2
2ā¼ 1ā v2,
ovvero, per direzioni ~n che formano con il piano dellāorbita angoli Ī± minori o uguali a,
Ī± ā¼ā
1ā v2.
Si noti che questi risultati qualitativi sono in accordo con lāanalisi generale della distribu-
zione angolare nel limite ultrarelatvistico, svolta in sezione 9.3.
308
Infine calcoliamo il rapporto tra lāintensita emessa nel piano dellāorbita, a Ļ =Ļ
2, e
quella emessa lungo il suo asse, a Ļ = 0. Dalla (10.69) si trova facilmente,
WāWā„
=
dWdĪ©
(Ļ
2
)
dWdĪ©
(0)
=1
8
4 + 3v2
(1ā v2)5/2.
Nel limite non relativistico si riottiene la (10.53), mentre per velocita ultrarelativistiche
si ottiene un rapporto molto grande.
10.4.4 Luce di sincrotrone
La radiazione emessa da un ciclotrone relativistico viene chiamata radiazione (o luce) di
sincrotrone, perche fu osservata per la prima volta in un sincrotrone di elettroni, presso
la āGeneral Electric Companyā di Schenectady, a New York, nel 1947. Da allora le
previsioni quantitative (10.61) e (10.69) sono state verificate sperimentalmente in diversi
sincrotroni, e le distribuzioni angolari e in frequenza misurate sono in ottimo accordo con
queste formule. Mentre negli acceleratori ad alte energie questa radiazione rappresenta
un effetto dissipativo, nei sincrotroni dedicati essa viene prodotta ad arte, ed utilizzata
per le ricerche nei campi della materia condensata, della biologia e della medicina, che
necessitano di fotoni molto energetici. Uno dei pregi di questa radiazione consiste nel fatto
che lo spettro emesso e in generale molto ampio, vedi (10.65), potendo coprire le regioni
del visibile, dellāultravioletto e dei raggi X. Attraverso particolari dispositivi sperimentali,
i āwigglersā o gli āondulatoriā, si possono infatti selezionare dallo spettro la particolare
banda di frequenze richiesta per le ricerche specifiche che si intendono svolgere.
Luce di sincrotrone viene prodotta anche in ambito astronomico, ad esempio dal pia-
neta Giove e dalla nebulosa Granchio. La radiazione proveniente da Giove, che e avvolto
da un campo magnetico intenso, con B ā¼ 1gauss, viene emessa da elettroni con energie
comprese circa tra 3MeV < Īµ < 50MeV , che compiono quindi orbite di ciclotrone con
raggi che arrivano fino a qualche centinaio di metri. Per un valore tipico di Īµ ā¼ 5MeV
la (10.65) da la frequenza caratteristica Ļ ā¼ 109/s, corrispondente ad onde radio, e se-
condo la (10.64) la radiazione comprende armoniche fino allāordine N ā¼ 1.000, previsioni
che sono in buon accordo con lāosservazione. La radiazione proveniente dalla nebulosa
Granchio viene, invece, emessa da elettroni che raggiungono anche energie dellāordine di
309
Īµ ā¼ 104GeV , in presenza di un campo magnetico B ā¼ 10ā4gauss. Gli elettroni piu ener-
getici emettono quindi radiazione con frequenze caratteristiche molto elevate, Ļ ā¼ 1018/s,
che corrispondono allāestremo ultravioletto, e sono presenti le armoniche fino allāordine
N ā¼( Īµ
m
)3
ā¼ (2 Ā· 107)3 ā¼ 1022.
10.5 Spettro di emissione di una corrente generica
In questa sezione vogliamo determinare la distribuzione spettrale della radiazione pro-
dotta da una corrente macroscopica jĀµ generica, non composta necessariamente da par-
ticelle puntiformi. Distingueremo di nuovo quadricorrenti periodiche, e quadricorrenti
aperiodiche.
10.5.1 Corrente periodica
Se la corrente e periodica, con periodo T =2Ļ
Ļ0
, essa ammette uno sviluppo in serie di
Fourier nella coordinata temporale, e una rappresentazione in trasformata di Fourier nelle
tre coordinate spaziali,
jĀµ(x) =1
(2Ļ)3/2
āāN=āā
ā«d3p ei(NĻ0tā~pĀ·~x) JĀµ
N(~p). (10.70)
Eseguendo le antitrasformate si ottengono i coefficiente di Fourier,
JĀµN(~p) =
1
T
ā« T
0
dt1
(2Ļ)3/2
ā«d3x eāi(NĻ0tā~pĀ·~x) jĀµ(x). (10.71)
Possiamo utilizzare lo sviluppo (10.70) per valutare il potenziale e il campo elettrico nella
zona delle onde, secondo le (7.9), (7.11). I pesi spettrali possono poi essere determinati
usando le formule fondamentali dellāanalisi spettrale (10.6), (10.10).
Come primo passo dobbiamo inserire la (10.70) nella (7.9),
~A =1
4Ļr (2Ļ)3/2
āāN=āā
ā«d3p
ā«d3y ei NĻ0(tār+~nĀ·~y) eāi~p Ā· ~y ~JN(~p)
=1
4Ļr (2Ļ)3/2
āāN=āā
ā«d3p
ā«d3y ei NĻ0(tār) eāi(~pāNĻ0~n)Ā·~y ~JN(~p).
Lāintegrale in d3y da luogo a una Ī“ di Dirac tridimensionale,
ā«d3y eāi(~pāNĻ0~n)Ā·~y = (2Ļ)3Ī“3(~pāNĻ0~n),
310
la presenza della quale permette a sua volta di eseguire lāintegrale in ~p. Risulta,
~A =
ā2Ļ
2r
āāN=āā
ā«d3p ei NĻ0(tār) Ī“3(~pāNĻ0~n) ~JN(~p)
=
ā2Ļ
2r
āāN=āā
ei NĻ0(tār) ~JN(NĻ0~n).
Dalla (7.11) si ottiene allora per il campo elettrico,
~E(t) =iā
2Ļ
2rnĆ
(~nĆ
āāN=āā
NĻ0 ei NĻ0(tār) ~JN(~k)
),
dove abbiamo posto ~k = NĻ0~n. Confrontando questa espressione con la (10.5), si vede
che i coefficienti di Fourier del campo elettrico sono dati da,
~EN =iā
2Ļ
2rNĻ0 eāiNĻ0 r ~nĆ (~nĆ ~JN(~k)).
Inserendo questi coefficienti nella (10.10), si trova infine una semplice formula per i pesi
spettrali,dWN
dĪ©= Ļ(NĻ0)
2ā£ā£ā£~nĆ ~JN(~k)
ā£ā£ā£2
. (10.72)
Questa formula viene presentata spesso in modo leggermente diverso, sfruttando la
conservazione della quadricorrente. Usando la rappresentazione (10.70) si ottiene infatti,
āĀµjĀµ(x) =
i
(2Ļ)3/2
āāN=āā
ā«d3p
(NĻ0J
0N(~p)ā ~p Ā· ~JN(~p)
)ei(NĻ0tā~pĀ·~x) = 0,
che comporta lāidentita,
J0N(~p) =
~p Ā· ~JN(~p)
NĻ0
.
Ponendo ~p = ~k = NĻ0~n, si ottiene allora,
J0N(~k) = ~n Ā· ~JN(~k),
e quindi, ā£ā£ā£~nĆ ~JN(~k)ā£ā£ā£2
= | ~JN(~k)|2 ā |~n Ā· ~JN(~k)|2 = āJāĀµN (~k)JNĀµ(~k).
La (10.72) puo allora essere posta nella forma alternativa,
dWN
dĪ©= āĻ(NĻ0)
2JāĀµN (~k)JNĀµ(~k). (10.73)
311
Lāantenna lineare. Esemplifichiamo lāuso della (10.72), riderivando la formula (7.26)
per la distribuzione angolare della radiazione emessa da unāantenna lineare. Riprendiamo
la corrente dellāantenna (7.22),
~j(t, ~x) = I Ī“(x) Ī“(y) sen
(Ļ
(L
2ā |z|
))cos(Ļt) ~u, I =
I0
sen(
ĻL2
) , (10.74)
dove ~u e il versore lungo lāasse z. Siccome questa corrente e una corrente monocromatica,
con frequenza Ļ e periodo T =2Ļ
Ļ, i coefficienti ~JN(~p) nella (10.71) sono tutti nulli, tranne
quello corrispondente ad N = 1. Lāantenna emette quindi solo sullāarmonica fondamentale
Ļ1 = Ļ, e si ha,dWdĪ©
=dW1
dĪ©= Ļ Ļ2
ā£ā£ā£~nĆ ~J1(~k)ā£ā£ā£2
. (10.75)
Per valutare ~J1(~k) dobbiamo inserire la (10.74) nella (10.71), e porre ~p = ~k = Ļ ~n. Si
ottiene,
~J1(~k) =I ~u
T (2Ļ)3/2
ā« T
0
dt eāiĻt cos(Ļt)
ā«d3x ei Ļ ~nĀ·~x Ī“(x) Ī“(y) sen
(Ļ
(L
2ā |z|
))
=I ~u
2(2Ļ)3/2
ā« L/2
āL/2
dz e i Ļ cosĻ zsen
(Ļ
(L
2ā |z|
))
=I ~u
(2Ļ)3/2
ā« L/2
0
dz cos (Ļ cosĻ z) sen
(Ļ
(L
2ā z
)), (10.76)
dove Ļ e lāangolo tra lāasse z e ~n. Lāintegrale in z e elementare, e porta a,
~J1(~k) =I ~u
(2Ļ)3/2 Ļ sen2Ļ
(cos
(ĻL
2cosĻ
)ā cos
ĻL
2
).
Inserendo questa espressione nella (10.75) e notando che |~n Ć ~u| = senĻ, si riottiene la
(7.26).
Particella singola. Nel caso di una particella singola la (10.72) si deve ridurre alla
(10.40). Per verificare questo e sufficiente determinare i coefficienti di Fourier (10.71), per
le sole componenti spaziali della corrente, vedi (2.41),
~j(x) = e~v(t) Ī“3(~xā ~y(t)). (10.77)
Inserendo questa espressione nella (10.71), ed eseguendo lāintegrale su ~x, si ottiene,
~JN(~p) =e
T
ā« T
0
dt1
(2Ļ)3/2
ā«d3x eāi(NĻ0tā~pĀ·~x) ~v Ī“3(~xā ~y) =
e
T
ā« T
0
dt1
(2Ļ)3/2eāi(NĻ0tā~pĀ·~y) ~v.
312
Ponendo ~p = ~k = NĻ0~n, risulta allora,
~JN(~k) =e
(2Ļ)3/2 T
ā« T
0
dt eāi NĻ0(tā~nĀ·~y) ~v.
Inserendo questa formula nella (10.72) si riottiene la (10.40).
10.5.2 Corrente aperiodica
Nel caso di un sistema carico aperiodico la corrente ammette una rappresentazione in
trasformata di Fourier in tutte e quattro le variabili, e possiamo scrivere,
jĀµ(x) =1
(2Ļ)2
ā«dĻ
ā«d3p ei(Ļ tā~pĀ·~x) JĀµ(Ļ, ~p), (10.78)
dove,
JĀµ(Ļ, ~p) =1
(2Ļ)2
ā«d4x eāi(Ļ tā~pĀ·~x) jĀµ(x). (10.79)
Procediamo come sopra, inserendo la (10.78) nella (7.9). Come prima lāintegrale su ~y da
luogo a una Ī“3 di Dirac, che permette poi di eseguire lāintegrale su ~p. Si ottiene,
~A =1
4Ļr (2Ļ)2
ā«d3y
ā«dĻ
ā«d3p ei Ļ(tār+~nĀ·~y) eāi~p Ā· ~y ~J(Ļ, ~p)
=1
2r
ā«dĻ ei Ļ(tār) ~J(Ļ, Ļ~n).
Dalla (7.11) si ottiene allora per il campo elettrico,
~E(t) =i
2rnĆ
(~nĆ
ā«dĻ Ļ ei Ļ(tār) ~J(k)
),
dove la variabile kĀµ di ~J e definita da, k0 = Ļ, ~k = Ļ ~n. Confrontando questa formula
con la (10.2), si individua la trasformata di Fourier temporale del campo elettrico,
~E(Ļ) =iā
2Ļ
2rĻ eāiĻ r ~nĆ (~nĆ ~J(k)).
Inserendo questa espressione nella (10.8), si trova per la distribuzione spettrale della
radiazione,d 2Īµ
dĻ dĪ©= Ļ Ļ2
ā£ā£ā£~nĆ ~J(k)ā£ā£ā£2
. (10.80)
Sfruttando il fatto che āĀµjĀµ = 0, la (10.78) da Ļ J0(Ļ, ~p) = ~p Ā· ~J(Ļ, ~p), che per ~p = ~k = Ļ~n
da,
J0(k) = ~n Ā· ~J(k).
313
Di conseguenza la (10.80) puo essere scritta anche come,
d 2Īµ
dĻ dĪ©= āĻ Ļ2 JāĀµ(k)JĀµ(k). (10.81)
Come prima e immediato fare vedere che nel caso di una particella singola, la (10.80)
si riduce alla (10.42). Inserendo la (10.77) nella (10.79), ed eseguendo gli stessi passaggi
di cui sopra si arriva infatti a,
~J(k) =e
(2Ļ)3/2
1ā2Ļ
ā« ā
āādt eāi Ļ(tā~nĀ·~y) ~v. (10.82)
Sostituendo questa espressione nella (10.80), si riottiene in effetti la (10.42). Tuttavia,
come gia notato nel paragrafo 10.3.1, lāintegrale presente nella (10.82) in generale non
converge. Nella procedura quı adottata lāorigine di questa divergenza e evidente: la
(10.82) rappresenta la trasformata di Fourier della distribuzione ~j(x), e come tale deve
essere eseguita nel senso delle distribuzioni. Un modo per farlo consiste nellāintrodurre
nella (10.82) unāopportuna regolarizzazione, per esempio restringendo lāintegrale in t tra
āL ed L, come illustrato nel paragrafo 10.3.1, e nellāeseguire poi il limite per Lāā, nel
senso delle distribuzioni.
314
11 Lāeffetto Cerenkov
Nel 1934 il fisico russo P.A. Cerenkov studio il fenomeno della luminescenza emessa da
certe soluzioni liquide, se irradiate con raggi Ī³ provenienti da sorgenti radioattive. Nel
corso degli esperimenti, durati fino al 1938, si accorse che i raggi Ī³ causano una radia-
zione molto debole anche in solventi puri, come lāacqua e il benzolo, dando luogo a una
luce blu, vale a dire radiazione nello spettro visibile. Da unāanalisi approfondita delle
caratteristiche della luce emessa si rese conto che questo effetto non poteva essere un fe-
nomeno di luminescenza, come assunto inizialmente. La radiazione osservata era infatti
caratterizzata da una polarizzazione lineare ben definita, e veniva emessa solo in avanti,
lungo un cono di direzioni che formavano un ben determinato angolo con la direzione dei
raggi Ī³, entrambe proprieta non possedute dalla luminescenza. La radiazione osservata
aveva inoltre carattere universale, nel senso che le sue caratteristiche erano indipendenti
dalle specifiche proprieta delle soluzioni usate, come la temperatura e la loro particolare
composizione. Ci si aspettava allora che anche la spiegazione teorica dellāeffetto dovesse
avere carattere universale.
Questa spiegazione fu data dai fisici russi I.E. Frank e I.M. Tamm nel 1937, i quali
assumevano che la radiazione osservata da Cerenkov non fosse causata direttamente dai
raggi Ī³, ma da elettroni ad alta velocita, prodotti dai raggi Ī³ attraverso lāeffetto Compton.
Secondo la loro teoria questa radiazione viene generata da elettroni che si trovano in moto
rettilineo uniforme in un mezzo dielettrico, con una velocita superiore alla velocita della
luce nel mezzo. Ricordiamo che un mezzo con costante dielettrica reale Īµ ha indice di
rifrazione n =ā
Īµ, e che la velocita della luce nel mezzo valec
n. Per n > 1 essa risulta
dunque minore di c.
In questa sezione analizzeremo in dettaglio i campi prodotti da una particella in moto
rettilineo uniforme in un mezzo, sia per velocita minori che per velocita maggiori della
velocita della luce nel mezzo, e spiegheremo cosı lāorigine e le proprieta della āradiazione
Cerenkovā.
Aspetti macroscopici e microscopici. La spiegazione dellāeffetto Cerenkov data da Frank
e Tamm si basa sulle equazioni di Maxwell in un mezzo dielettrico, che forniscono una
315
descrizione macroscopica della dinamica del campo elettromagetico. Come e noto, queste
equazioni rappresentano un metodo semplice per tenere conto delle cariche di polarizza-
zione che si creano in un mezzo, a causa delle cariche ālibereā. Il campo elettromagnetico
totale risulta, infatti, dalla sovrapposizione del campo prodotto dalla particella nel vuoto,
e da quello prodotto dalle cariche di polarizzazione. Siccome una particella in moto rettili-
neo uniforme ānel vuotoā non da luogo a nessun campo di radiazione, a livello microscopico
la radiazione di Cerenkov deve dunque originare dalle cariche di polarizzazione. In effetti,
quello che succede a livello microscopico e che lāelettrone durante il suo passaggio nel mez-
zo deforma le molecole facendo loro acquistare un momento di dipolo elettrico, il quale
scompare immediatamente dopo il passaggio dellāelettrone. Le cariche che compongono i
momenti di dipolo sono cosı sottoposti a unāaccelerazione quasiāistantanea, e diventano
quindi sorgenti impulsive di onde elettromagnetiche elementari, che si manifestano come
radiazione Cerenkov.
Tuttavia, non e immediato determinare il campo macroscopico, valutando esplicita-
mente la sovrapposizione coerente di queste infinite onde elementari āmicroscopicheā.
Viceversa, le equazioni di Maxwell in un mezzo costituiscono uno strumento molto effica-
ce per valutare il campo elettromagnetico prodotto a livello macroscopico dalla particella,
e dalle cariche di polarizzazione da essa indotte. Per semplicita parleremo comunque di
ācampo prodotto dalla particellaā nel mezzo, e di āenergia irradiata dalla particellaā.
11.1 Campo di una particella in moto rettilineo uniforme in unmezzo
Equazioni di Maxwell in un mezzo dielettrico. Consideriamo un mezzo isotropo e omoge-
neo, con permeabilita magnetica uguale a quella del vuoto, Āµ = 1, e con costante dielettrica
Īµ > 1 e reale. In questo modo trascuriamo lāassorbimento del mezzo, ipotesi giustificata
per frequenze lontane dalle frequenze di risonanza. Per il momento assumiamo anche
che non vi sia dispersione, ovvero, che Īµ sia indipendente dalla frequenza, rinviando la
trattazione del caso realistico di un mezzo dispersivo alla sezione 11.4. Anche lāindice di
rifrazione,
n =ā
Īµ, (11.1)
316
risulta allora indipendente dalla frequenza.
In un mezzo dielettrico con queste caratteristiche le equazioni di Maxwell (2.28)ā(2.31)
diventano,
ān2
c
ā ~E
āt+ ~āĆ ~B =
~j
c, (11.2)
1
c
ā ~B
āt+ ~āĆ ~E = 0, (11.3)
~ā Ā· ~E =Ļ
n2, (11.4)
~ā Ā· ~B = 0, (11.5)
dove Ļ indica la densita di carica, e abbiamo momentaneamente ripristinato la velocita
della luce. Si noti che queste equazioni si possono ottenere dalle (2.28)ā(2.31) effettuando
le sostituzioni,
~E ā n ~E, ~B ā ~B cā c
n, Ļā Ļ
n, ~j ā
~j
n. (11.6)
Le identita di Bianchi (11.3) e (11.5) sono rimaste immutate, e quindi possiamo risolverle
nel modo standard,
~E = ā~āA0 ā 1
c
ā ~A
āt, (11.7)
~B = ~āĆ ~A, (11.8)
e i potenziali A0 e ~A sono ancora definiti modulo le trasformazioni di gauge AĀµ ā AĀµ+āĀµĪ.
In questo caso e conveniente effettuare il gaugeāfixing di Lorentz adattato,
n2
c
āA0
āt+ ~ā Ā· ~A = 0.
E allora immediato vedere che le (11.2), (11.4) si riducono a,
2n AĀµ ā”(
n2
c2
ā2
āt2āā2
)AĀµ =
(Ļ
n2,~j
c
). (11.9)
In assenza di cariche libere, jĀµ = 0, nel mezzo il campo elettromagnetico si propaga quindi
con la velocitac
n.
Consideriamo ora una particella che si muove di moto rettilineo uniforme, quindi con
velocita ~v e quadrivelocita uĀµ = (c, ~v)/ā
1ā v2/c2 costanti. Allora da (6.58) segue,
Ļ = e u0
ā«Ī“4(xā u s) ds = e Ī“3(~xā ~v t), ~j = Ļ~v, (11.10)
317
ed e sufficiente risolvere le (11.9) per Āµ = 0,
2nA0 =Ļ
n2. (11.11)
La parte spaziale del quadripotenziale e, infatti, data semplicemente da,
~A =n2~v
cA0. (11.12)
In seguito supporremo che la particella si muova lungo lāasse delle z, quindi con
traiettoria,
~y(t) = (0, 0, vt).
In questo caso e conveniente introdurre coordinate cilindriche, ~x ā (z, r, Ļ), dove r e Ļ
sono coordinate polari bidimensionali, nel piano ortogonale alla traiettoria della particella.
In particolare r indica allora la distanza di ~x dallāasse z. Corrispondentemente useremo i
versori ~uz, ~ur e ~uĻ.
11.2 Il campo per v <c
n
Supponiamo ora che la velocita della particella sia minore della velocita della luce nel
mezzo, v <c
n. In questo caso la (11.11) puo essere risolta con lo stesso metodo usato nel
paragrafo 6.3.1 per risolvere lāanaloga equazione nel vuoto,
2A0 = Ļ. (11.13)
In quel caso si aveva n = 1 e v < c. Per ottenere la soluzione della (11.11) e sufficiente
eseguire nella soluzione (6.63) della (11.13) le sostituzioni eā e
n2, cā c
n. La componente
0 della (6.63) si scrive,
A0 =e
4Ļ
u0
ā(ux)2 ā x2
=e
4Ļ
1ā(z ā vt)2 +
(1ā v2
c2
)r2
,
e la soluzione della (11.11) risulta allora,
A0 =e
4Ļn2
1ā(z ā vt)2 + (1ā v2n2)r2
, (11.14)
318
dove abbiamo posto di nuovo c = 1. Per i campi elettrico e magnetico le (11.7), (11.8)
danno allora,
~E =e
4Ļn2
(1ā v2n2)(~xā ~v t)
((z ā vt)2 + (1ā v2n2)r2)3/2, ~B =
e
4Ļ
(1ā v2n2) v r ~uĻ
((z ā vt)2 + (1ā v2n2)r2)3/2,
(11.15)
e il vettore di Poynting diventa,
~S = ~E Ć ~B =( e
4Ļn
)2
Ā· (1ā v2n2)2 v r [r ~uz ā (z ā vt) ~ur]
((z ā vt)2 + (1ā v2n2)r2)3= Sz ~uz + Sr ~ur. (11.16)
Vediamo ora quali sono le proprieta del campo ottenuto. Come nel vuoto, il campo
elettromagnetico non presenta singolarita al di fuori della traiettoria, perche per v < 1/n
il denominatore nelle (11.15) si annulla solo per ~x = ~v t. Inoltre, dalla (11.16) si vede che
non cāe flusso radiale netto di energia, perche ādietroā la particella ā per z < vt ā esiste
un flusso radiale uscente, Sr > 0, mentre ādavantiā ā per z > v t ā esiste un flusso radiale
entrante, Sr < 0, e i due si compensano. In particolare, se calcoliamo il flusso di energia
totale attraverso un cilindro concentrico con la traiettoria, di raggio r e basi situate in z1
e z2, troviamo,
āĪµ = 2Ļr
ā« z2
z1
dz
ā« ā
āāSr dt =
2Ļr
v
ā« z2
z1
dz
ā« ā
āāSr dl = 0, (11.17)
perche Sr e una funzione antisimmetrica della variabile l = z ā vt.
11.2.1 Analisi in frequenza
In vista del confronto con il caso v > 1/n e utile eseguire anche una āanalisi spettraleā
del campo. In realta questa analisi ha senso se siamo in presenza di campi di radiazione,
mentre il campo di una particella con velocita costante minore di quella della luce, a
grandi distanze decade come1
|~x|2 , vedi (11.15), e non costituisce quindi un campo di
radiazione. Eseguiamo comunque la trasformata di Fourier temporale della (11.14),
A0(Ļ) =eā
2Ļ 4Ļn2
ā« ā
āā
eāiĻt
ā(z ā vt)2 + (1ā v2n2)r2
dt. (11.18)
Con semplici passaggi si ottiene,
A0(Ļ) =e
(2Ļ)3/2n2 veāi Ļz/vK
(ā1ā v2n2
vĻ r
), (11.19)
319
dove K(x) e la funzione di Bessel modificata del secondo tipo di ordine 0, indicata
comunemente con K0(x),
K(x) =1
2
ā« ā
āā
ei x s
ās2 + 1
ds =
ā« ā
0
cos(x senh Ī²) dĪ².
La seconda rappresentazione si ottiene con il cambiamento di variabile, s = senh Ī².
La funzione K(x). Per quello che segue e utile dare unāaltra rappresentazione ancora
di K, che si ottiene usando lāanalisi complessa. Si noti che K(āx) = K(x), per cui di
seguito supporremo x > 0. Consideriamo la funzione di variabile complessa,
f(z) =ei x z
āz2 + 1
,
che e analitica nel semipiano superiore, esclusa la semiretta z = i u con u ā [1,ā] dove
possiede un taglio. Allora si annulla lāintegrale di linea,ā®
Ī³
f(z) dz = 0, (11.20)
in cui Ī³ e una curva chiusa composta 1) dallāasse reale, 2) da due quarti di circonferenza
giacenti nel semipiano superiore e centrati nellāorigine, con raggio R e aperture angolari
rispettivamente 0 < Ļ < Ļ/2 e Ļ/2 < Ļ < Ļ, 3) dalle due semirette z = Ā±Īµ + i u, con
u ā [1,ā], e infine, 4) da una semicirconferenza centrata in z = i e di raggio Īµ, rivolta
verso il basso. Nel limite per Rāā e per Īµā 0, gli integrali sui tre archi di circonferenza
vanno a zero se x > 0, e nella (11.20) sopravvivono allora solo gli integrali lungo lāasse
reale e lungo le due semirette. Risulta allora,ā« ā
āā
ei x s
ās2 + 1
dsā 2
ā« ā
1
eāx u
āu2 ā 1
du = 0.
Si conclude quindi che per x > 0 la funzione K puo essere scritta anche come,
K(x) =
ā« ā
1
eāx u
āu2 ā 1
du =
ā« ā
0
eāx cosh Ī²dĪ², (11.21)
dove abbiamo posto u = coshĪ².
Andamenti asintotici di K(x). La rappresentazione (11.21) e in particolare convenien-
te per determinare gli andamenti asintotici di K, per x grandi e piccoli. Per grandi x
usiamo il metodo del punto sella. Per xāā, nellāintegrando in (11.21) contano i valori
di Ī² per cui cosh Ī² e minimo, cioe, i valori di Ī² vicino allo zero. Espandendo,
cosh Ī² = 1 +1
2Ī²2 + o(Ī²4),
320
si trova allora,
K(x) = eāx
ā« ā
0
eā[x2
Ī²2+x o(Ī²4)] dĪ².
Riscalando Ī² ā Ī²/ā
x, risulta cosı,
K(x) =eāx
āx
ā« ā
0
eā[ 12Ī²2+o(Ī²4)/x] dĪ² =
āĻ
2xeāx
(1 + o
(1
x
)). (11.22)
Per x ā 0 la funzione K(x) diverge invece. Per determinare il tipo di divergenza, sepa-
riamo dallāintegrale (11.21) la parte convergente. Per fare questo riscaliamo la variabile
dāintegrazione, uā u/x, e riscriviamo lāintegrale come,
K(x) =
ā« ā
x
eāu
āu2 ā x2
du =
ā« 1
x
eāu
āu2 ā x2
du +
ā« ā
1
eāu
āu2 ā x2
du. (11.23)
Lāultimo integrale converge per xā 0, ed e sufficiente valutare il penultimo,
ā« 1
x
eāu
āu2 ā x2
du =
ā« 1
x
1āu2 ā x2
du +
ā« 1
x
eāu ā 1āu2 ā x2
du.
Di nuovo, per xā 0 lāultimo integrale converge, perche la funzione (eāuā 1)/u e regolare
nellāintervallo [0, 1], ed e sufficiente calcolare,
ā« 1
x
1āu2 ā x2
du = arccosh
(1
x
)= ā ln
(x
2
)+ o(x).
Per x che va a zero K diverge quindi logaritmicamente,
K(x) = ā ln x + C + o(x), (11.24)
dove C e una costante.
Unāequazione differenziale per K(x). Le funzioni speciali vengono spesso anche definite
attraverso le equazioni differenziali che esse soddisfano. Lāequazione definente per K e,
per x 6= 0,
K ā²ā² +1
xK ā² āK = 0. (11.25)
Verifichiamo che essa e soddisfatta dalla (11.21),
K ā²ā² +1
xK ā² =
ā« ā
1
(u2
āu2 ā 1
ā 1
x
uāu2 ā 1
)eāux du
=
ā« ā
1
(u2
āu2 ā 1
ā 1
x
dā
u2 ā 1
du
)eāux du.
Con unāintegrazione per parti si ottiene allora di nuovo lāintegrale (11.21).
321
In realta lāequazione differenziale lineare (11.25), essendo del secondo ordine ha due
soluzioni indipendenti. Una e K(x), e lāaltra e data dalla funzione,
K(x) =
ā« 1
ā1
ex u
ā1ā u2
du =
ā« Ļ
0
ex cosĻdĻ, (11.26)
che e legata alla funzione di Bessel modificata del primo tipo di ordine 0, I0(x), dalla
relazione K(x) = Ļ I0(x). Anchāessa e pari, K(āx) = K(x), e i suoi andamenti asintotici
per x > 0 sono,
K(x) =
āĻ
2xex
(1 + o
(1
x
)), K(x) = Ļ + o(x), (11.27)
da confrontare con le (11.22), (11.24). Si noti in particolare che, al contrario di K(x), la
funzione K(x), divergendo esponenzialmente per |x| ā ā, non costituisce una distribu-
zione temperata.
Unāonda evanescente. Torniamo ora alla (11.19). Vediamo che A0(Ļ) dipende da z
attraverso il termine di āonda pianaā eāikzz, con vettore dāonda,
kz =Ļ
v.
Questo termine descrive quindi unāonda che si propaga in direzione z con la velocita della
particella, in quanto vz ā” Ļ
kz
= v. Tuttavia, a grandi distanze dalla traiettoria, ovvero
per grandi r, a causa dellāandamento asintotico (11.22), A0(Ļ) si comporta come,
A0(Ļ) ā¼ Cār
eāikzz ā Ļ
v
ā1ā v2n2 r
, (11.28)
dove C e una costante indipendente da ~x. Vediamo che A0(Ļ) esibisce un fattore1ār,
tipico per unāonda cilindrica 45, che in questo caso viene pero soppiantato dal fattore di
decrescita esponenziale exp(āĻ
v
ā1ā v2n2 r
), che rappresenta una āonda evanescenteā.
Per rappresentare una vera āondaā questo esponenziale dovrebbe essere sostituito da un
fattore oscillante del tipo exp (ikrr). Ritroviamo cosı che una particella in moto rettilineo
uniforme, con velocita costante minore dic
n, non irradia onde elettromagnetiche.
45Come spiegheremo in sezione 11.5, per le onde a simmetria cilindrica la presenza del fattore 1/ā
re richiesta dalla conservazione dellāenergia. Per le onde sferiche lāandamento analogo, implicato sempredalla conservazione dellāenergia, e invece 1/r.
322
11.3 Il campo per v >c
n
Se v >c
n, la soluzione della (11.11) non puo essere ottenuta con semplici sostituzioni dalla
(6.63), ma possiamo comunque applicare il metodo usato nel paragrafo 6.3.1. In seguito
porremo di nuovo c = 1.
Introduciamo una funzione di Green adattata Gn soddisfacente,
2nGn = Ī“4(x) = Ī“(t)Ī“3(x).
La soluzione di questa equazione puo essere ottenuta dalla funzione di Green (6.43),
soddisfacente 2G = Ī“4(x), attraverso la sostituzione t ā t
n. Ricordando che Ī“
(tn
)=
n Ī“(t), si ottiene cosı,
Gn =1
2ĻnH(t) Ī“(x2
n), x2n ā”
t2
n2ā |~x|2.
In seguito useremo anche la notazione,
(a b)n ā” a0b0
n2ā ~a Ā·~b.
La soluzione della (11.11) e allora data da,
A0 =1
n2Gn ā Ļ =
1
n2
ā«Gn(xā y)Ļ(y) d4y.
Sostituendo la (11.10), con passaggi standard si ottiene,
A0 =e u0
2Ļn3
ā«H(tā u0s) Ī“(f(s)) ds =
e u0
2Ļn3
(H(tā u0s+)
|f ā²(s+)| +H(tā u0sā)
|f ā²(sā)|)
, (11.29)
purche la forma quadratica,
f(s) ā” u2ns
2 ā 2s(ux)n + x2n,
abbia due zeri reali sĀ±. In caso contrario A0 e zero. Il valore dellāintegrale nella (11.29)
dipende quindi 1) dalla presenza di zeri reali di f(s), e 2) dal segno di tā u0sĀ±. Gli zeri
sono dati da,
sĀ± =(ux)n Ā±
ā(ux)2
n ā u2nx
2n
u2n
, u2n =
1ā v2n2
(1ā v2)n2< 0,
e,
|f ā²(sĀ±)| = 2ā
(ux)2n ā u2
nx2n = 2
u0
n
ā(z ā vt)2 ā (v2n2 ā 1)r2.
323
Vediamo che esistono zeri reali solo nella regione,
(z ā vt)2 > (v2n2 ā 1)r2 ā r2
(z ā vt)2 + r2<
1
v2n2, (11.30)
che corrisponde a un cono doppio centrato nella posizione della particella, e con asse la
sua traiettoria, di apertura angolare,
senĪ± =1
v n. (11.31)
Al di fuori di questo cono doppio il campo e quindi nullo. Stando allāinterno del cono
studiamo ora il segno di tā u0sĀ±. Da un semplice calcolo risulta,
tā u0sĀ± = ā n
v2n2 ā 1
(v n (z ā vt)ā
ā(z ā vt)2 ā (v2n2 ā 1)r2
).
Siccome il termine (v2n2 ā 1) e positivo, per z ā vt > 0 si ha tā u0sĀ± < 0, e il campo e
nullo, mentre per,
z ā vt < 0, (11.32)
si ha t ā u0sĀ± > 0, e nella (11.29) contribuiscono tutti e due i termini. Concludiamo
quindi che ad ogni istante il campo e diverso da zero solo allāinterno del cono centrato
nella particella, coassiale con la traiettoria e rivolto in direzione opposta al moto, di
apertura angolare Ī± = arcsen
(1
v n
).
Singolarita del campo. Tenendo conto delle (11.30) e (11.32), dalla (11.29) risulta il
potenziale,
A0 =e
4Ļn2
2 H[ā(z ā vt)ā r
āv2n2 ā 1
]ā
(z ā vt)2 ā (v2n2 ā 1)r2. (11.33)
Confrontando con il potenziale (11.14) del caso v <c
n, si vede che le due espressioni
esibiscono formalmente le stesse dipendenze funzionali da ~x e t. Nella (11.33) compare in
piu un fattore due, ma in compenso il campo e nullo allāesterno del cono āallāindietroā di
apertura Ī±. Inoltre, sul bordo di questo cono, ovvero per,
z = vtā rā
v2n2 ā 1, (11.34)
A0 diverge. Vedremo tra poco che questa singolarita non e fisica, in quanto dovuta alla
nostra schematizzazione di un mezzo non dispersivo. Siccome le (11.14) e (11.33) hanno la
stessa dipendenza funzionale, a parte il fattore due i campi ~E e ~B e il vettore di Poynting
324
sono ancora dati dalle (11.15) e (11.16). Ma questa volta la componente radiale di ~S e
diversa da zero ā e positiva ā solo per z < vt (allāinterno del cono), mentre e nulla per
z > vt. Ci aspettiamo dunque un flusso radiale uscente netto di energia elettromagnetica.
Si noti come la forma del potenziale (11.33) sia analoga al fronte dāonda sonoro conico,
che si crea quando un aereo viaggia con velocita supersonica, il cosiddetto ācono di Machā.
11.3.1 Il campo nella zona delle onde e lāangolo di Cerenkov
Per indagare la presenza di radiazione elettromagnetica, eseguiamo di nuovo la trasformata
di Fourier temporale di A0. Per via della presenza della funzione di Heaviside in (11.33),
ora abbiamo,
A0(Ļ) =eā
2Ļ 2Ļn2
ā« ā
1v (z+r
āv2n2ā1)
eāiĻt
ā(z ā vt)2 ā (v2n2 ā 1)r2
dt.
Traslando e riscalando la variabile t si arriva a,
A0(Ļ) =e
(2Ļ)3/2n2 veāi Ļz/vL
(āv2n2 ā 1
vĻ r
), (11.35)
dove la funzione complessa L(x) e data da,
L(x) =
ā« ā
1
eāi x u
āu2 ā 1
du =
ā« ā
0
eāi x cosh Ī² dĪ², (11.36)
ed e legata alla funzione di Haenkel di ordine zero H(2)0 (x), dalla relazione L(x) =
Ļ2i
H(2)0 (x). La seconda espressione nella (11.36) e stata ottenuta attraverso il cambia-
mento di variabile, u = cosh Ī². Confrontando la (11.35) con la (11.19) vediamo che le due
espressioni di A0(Ļ) costituiscono una la continuazione analitica dellāaltra, dalla regione
v <1
n, alla regione v >
1
n. Formalmente vale infatti, vedi (11.21),
L(x) = K(i x).
Proprieta della funzione L(x). A partire dalla (11.36), con le stesse tecniche del pa-
ragrafo 11.2.1 si possono derivare le proprieta principali della funzione L(x). Notiamo
che vale Lā(x) = L(āx), condizione imposta dalla realta di A0(t, ~x), sicche e sufficiente
limitarsi al semiasse x > 0. In questo caso si ottengono gli andamenti asintotici,
L(x) =
āĻ
2xeāi(x+Ļ/4)
(1 + o
(1
x
)), L(x) = ā ln x + C + o(x), (11.37)
325
da confrontare con le (11.22), (11.24). Separando L in parte reale e parte immaginaria,
L(x) = L1(x) + iL2(x), L1(āx) = L1(x), L2(āx) = āL2(x), (11.38)
si vede quindi che per xāā entrambe queste funzioni hanno un andamento oscillatorio,
mentre per x ā 0 solo L1(x) esibisce una divergenza logaritmica, e L2(x) e regolare.
Lāequazione differenziale soddisfatta da L e, invece,
Lā²ā² +1
xLā² + L = 0, (11.39)
da confrontare con la (11.25). Siccome anche questa equazione e reale, L1 ed L2 la
soddisfano separatamente, e costituiscono quindi un insieme completo di soluzioni. La
particolare combinazione delle due soluzioni che compare nella (11.35) rappresenta unāon-
da uscente in direzione radiale, vedi (11.40), la presenza della quale e dettata dalla
causalita. Lāaltra combinazione indipendente, la complessa coniugata Lā = L1 ā iL2,
corrisponderebbe invece a unāonda entrante.
Lāangolo di Cerenkov. Con lāaiuto della (11.37), nella zona delle onde, ovvero, per
grandi r, la (11.35) assume la forma,
A0(Ļ) =e
4Ļn2Ā· eāiĻ/4
(v2n2 ā 1)1/4ā
v Ļ reāi
Ļ
v
(z +ā
v2n2 ā 1 r)
(11.40)
=Cār
eāi (kzz + krr), (11.41)
dove C e una costante indipendente dalle coordinate, e abbiamo trascurato termini di ordi-
ne o(1/r3/2). Al contrario della (11.28) questa espressione rappresenta unāonda (cilindrica)
vera e propria, con vettore dāonda ~k dato da,
kz =Ļ
v, kr =
Ļ
v
āv2n2 ā 1, kĻ = 0.
La sua velocita di propagazione e allora data da,
Ļ
|~k|=
Ļāk2
r + k2z
=1
n,
che e la velocita della luce nel mezzo. La direzione di propagazione dellāonda e invece
individuata dallāangolo ĻC che ~k forma con la direzione del moto della particella, lāangolo
326
di Cerenkov,
cos ĻC =kz
|~k|=
1
v n. (11.42)
Tale angolo e ben definito fino a quando risulta soddisfatta la condizione di Cerenkov
v >1
n. Le direzioni di emissione giacciono quindi su un cono āin avantiā, coassiale con
la traiettoria della particella e di apertura ĻC , che viene chiamato cono di Cerenkov.
Lāangolo di Cerenkov e legato allāangolo Ī± di (11.31) dalla relazione di complementaria,
ĻC =Ļ
2ā Ī±.
La direzione della radiazione coincide, inoltre, con la direzione del vettore di Poynting sul
bordo del cono in cui il campo e diverso da zero. Valutando il numeratore della (11.16)
per z = vt ā rā
v2n2 ā 1, si vede infatti che risulta ~S ā ~k. In realta, come anticipato
sopra, sul bordo di questo cono il modulo di ~S diverge, vedi sezione 11.4.
Nellāacqua, che alle frequenze visibili ha un indice di rifrazione n = 43, si ha emissione
di radiazione Cerenkov se v > 34, e quando v varia tra 3
4e 1, lāangolo di emissione varia
tra ĻC = 0 e ĻC = arccos 34
= 41.4o.
11.4 Mezzi dispersivi
Molti mezzi dielettrici hanno un indice di rifrazione che nello spettro visibile e pratica-
mente costante, ma nei mezzi reali esso e in generale una funzione della frequenza, n(Ļ).
Si dice che il mezzo e dispersivo. Lāandamento della funzione n(Ļ) dipende molto dalle
proprieta atomiche del mezzo, in particolare dalla presenza di frequenze di risonanza. Le
sue caratteristiche generali sono comunque,
n(Ļ) < 1, per Ļ > Ļm,
limĻāā n(Ļ) = 1,(11.43)
dove Ļm e un valore limite, che e vicino alla frequenza di risonanza piu elevata. Per grandi
Ļ si ha in particolare lāandamento asintotico n(Ļ) ā 1 ā Ļ2p/Ļ
2, dove Ļp e la āfrequenza
di plasmaā del mezzo. La banda di frequenze in cui n(Ļ) < 1 e quindi limitata.
Equazioni di Maxwell in un mezzo dispersivo. In un mezzo dispersivo la dinamica del
campo elettromagnetico non e piu descritta dalle (11.2)ā(11.5), ovvero, dalle (11.9), ma
327
dalle ātrasformate di Fourier temporaliā di queste ultime,
ā(n2(Ļ) Ļ2 +ā2
)AĀµ(Ļ) =
(Ļ(Ļ)
n2(Ļ),~j(Ļ)
), (11.44)
dove Ļ(Ļ) e ~j(Ļ) indicano rispettivamente le trasformate di Fourier temporali di Ļ(x) e
~j(x). In caso di dispersione il potenziale vettore e allora definito come lāantitrasformata,
AĀµ(x) ā” 1ā2Ļ
ā« ā
āāeiĻtAĀµ(Ļ) dt, (11.45)
dove le AĀµ(Ļ) risolvono, per definizione, le (11.47). In particolare AĀµ(x) non soddisfa
quindi piu unāequazione differenziale locale, come la (11.9).
Il campo per un moto rettilineo uniforme. Per il moto rettilineo uniforme e di nuovo
sufficiente determinare la componente Āµ = 0 del quadripotenziale, perche dalla (11.10)
segue che ~j(Ļ) = Ļ(Ļ)~v, e la (11.44) implica allora che,
~A(Ļ) = n2(Ļ)A0(Ļ)~v. (11.46)
Eseguendo la trasformata di Fourier della (11.10) si ottiene,
Ļ(Ļ) =eā2Ļ
ā« ā
āāeāiĻt Ī“(z ā vt) Ī“2(~r) dt =
eā2Ļ v
eāiĻz/v Ī“2(~r),
e la componente Āµ = 0 della (11.44) diventa allora,
(n2(Ļ) Ļ2 +ā2
)A0(Ļ) = ā eā
2Ļ v n2(Ļ)eāiĻz/v Ī“2(~r). (11.47)
Ci siamo quindi ricondotti alla soluzione di questa equazione differenziale alle derivate
parziali. In realta, ripercorrendo la procedura della sezione precedente, in particolare
considerando la trasformata di Fourier temporale della (11.11), non e difficile rendersi
conto che la (11.47) e risolta dalle (11.19), (11.35), rispettivamente per i valori di Ļ per
cui n(Ļ) < 1v
e n(Ļ) > 1v, purche si effettui nelle (11.19), (11.35) la sostituzione nā n(Ļ).
Per verificarlo esplicitamente ricordiamo che in coordinate cilindriche il laplaciano si scrive,
ā2 = ā2z +ā2
r, ā2r ā” ā2
r +1
rār +
1
r2ā2
Ļ,
e poniamo,
A0(Ļ) =e
(2Ļ)3/2v n2(Ļ)eāi Ļz/vI(Ļ, r), (11.48)
328
dove assumiamo che I(Ļ, r) non dipenda da z e Ļ. La (11.47) si riduce allora a,
(ā2
r +1
rār +
Ļ2
v2
(n2(Ļ)v2 ā 1
))I(Ļ, r) = ā2ĻĪ“2(~r). (11.49)
Notando che per x 6= 0 le funzioni K e L soddisfano le equazioni differenziali (11.25),
(11.39), vediamo che per r 6= 0 la (11.49) e soddisfatta se poniamo, rispettivamente per
n(Ļ) < 1v
e n(Ļ) > 1v,
I(Ļ, r) = K
(ā1ā v2n2(Ļ)
vĻ r
), I(Ļ, r) = L
(āv2n2(Ļ)ā 1
vĻ r
), (11.50)
in accordo con le (11.19), (11.35). Per rivelare, invece, la presenza della Ī“2(~r) nella (11.49),
occorre ricordare che in x = 0 le funzioni L e K esibiscono le singolarita logaritmiche
(11.24) e (11.37), sicche nelle vicinanze di r = 0 I(Ļ, r) si comporta come,
I(Ļ, r) = ā ln r + a + o(r),
dove a e una costante indipendente da r. Siccome la funzione di Green del laplaciano
bidimensionale e il logaritmo, vedi problema 6.4,
ā2r (ln r) = 2Ļ Ī“2(~r),
la parte singolare in r = 0 di ā2r I(Ļ, r) risulta proprio,
(ā2r I(Ļ, r)
)sing
= ā2r (ā ln r) = ā2Ļ Ī“2(~r).
Si conclude quindi che la I(Ļ, r) data in (11.50) soddisfa la (11.49) nel senso delle
distribuzioni.
Unicita della soluzione. Discutiamo brevemente lāunicita della soluzione (11.50), fa-
cendo vedere che lāequazione omogenea associata alla (11.49) non ammette soluzioni āfisi-
cheā. Per n(Ļ) <1
vquesta equazione coincide con la (11.25), che ha come unica soluzione
K, in quanto solo essa in x = 0 e regolare, vedi (11.27). 46 Tuttavia, questa funzione
diverge esponenzialmente per x ā ā, e quindi non e accettabile come soluzione fisica.
Per n(Ļ) <1
vla soluzione e quindi unica. Per n(Ļ) >
1
vinvece, lāequazione omogenea
46In realta la funzione K non costituisce una ādistribuzione temperataā, ovvero un elemento di S ā², pervia della divergenza esponenziale per xāā. Essa rappresenta, tuttavia, una ādistribuzioneā, ovvero unelemento di Dā², e come tale soddisfa la (11.25).
329
associata alla (11.49) e data dalla (11.39), e lāunica soluzione di questa equazione e la
funzione L2, che e regolare in x = 0 e costituisce in effetti una distribuzione temperata,
vedi (11.37), (11.38). Dato che A0(t, ~x) e reale, la (11.48) impone che Iā(Ļ, r) = I(āĻ, r).
Siccome si ha L2(āx) = āL2(x), per n(Ļ) >1
vla soluzione generale della (11.49) e allora
data da, tralasciando gli argomenti,
I = L + a i L2 =(1 +
a
2
)Lā a
2Lā,
dove a e una costante reale arbitraria. Tuttavia, dallāandamento asintotico (11.37) si vede
che L rappresenta unāonda uscente radialmente, mentre Lā rappresenta unāonda entrante
radialmente dallāinfinito. La causalita impone allora la scelta a = 0, e la soluzione fisica
e di nuovo unica.
Dispersione, fronti dāonda e singolarita. Riassumendo possiamo dire che in presenza
di un mezzo dispersivo, il potenziale scalare di una particella in moto rettilineo uniforme
e dato da, vedi (11.45), (11.48) e (11.50),
A0(t, ~x) =e
(2Ļ)2 v
ā« ā
āāeāi
Ļ
v(z ā v t) I(Ļ, r)
n2(Ļ)dĻ, (11.51)
dove,
I(Ļ, r) =
K
(ā1āv2n2(Ļ)
vĻ r
), per n(Ļ) < 1
v,
L
(āv2n2(Ļ)ā1
vĻ r
), per n(Ļ) > 1
v.
(11.52)
In modo analogo si determina lāespressione per ~A, usando la (11.46),
~A(t, ~x) =e ~uz
(2Ļ)2
ā« ā
āāeāi
Ļ
v(z ā v t)
I(Ļ, r) dĻ.
Per velocita piccole, ovvero, per v < 1n(Ļ)āĻ, la (11.51) si riduce alla (11.14), che
costituisce un potenziale regolare per qualsiasi ~x 6= ~v t. Per un mezzo non dispersivo (n
costante), e v >1
n, la (11.51) si riduce invece alla (11.33), e si crea un fronte dāonda
singolare per z ā vt = ārā
v2n2 ā 1. Illustriamo brevemente come questa singolarita
emerge dalla rappresentazione integrale (11.51). In questo caso si ha I = L per ogni Ļ, e
per grandi valori di Ļ la (11.37) fornisce lāandamento asintotico oscillante,
I(Ļ, r) ā¼ 1ā|Ļ| eā i
Ļ r
v
āv2n2 ā 1
. (11.53)
330
Si vede allora che per z ā vt = ārā
v2n2 ā 1, nella (11.51) per grandi Ļ i due fattori
oscillanti si compensano tra di loro, e lāintegrale in Ļ diverge: sul fronte dāonda A0(t, ~x)
e quindi infinito.
Viceversa, se v >1
n(Ļ)solo per un insieme limitato di frequenze ā come succede in un
qualsiasi mezzo reale, vedi le (11.43) ā allora per Ļ sufficientemente grande si ha I = K.
In questo caso lāandamento asintotico (11.53) e sostituito da, vedi (11.22),
I(Ļ, r) ā¼ 1ā|Ļ| eā|Ļ| r
v
ā1ā v2n2
,
e lāintegrale nella (11.51) converge allora per ogni ~x 6= ~v t. In un mezzo reale A0(t, ~x) e
dunque una funzione regolare in tutto lo spazio, qualsiasi sia la velocita della particella, e
non compare nessun fronte dāonda singolare. Risultati identici si ottengono per ~A(t, ~x).
Per quello che segue sara comunque sufficiente conoscere esplicitamente le funzioni
spettrali A0(Ļ), date in (11.48).
11.5 Perdita di energia ed emissione di fotoni
Stabilita la presenza di radiazione, in questa sezione quantifichiamo lāenergia irradiata dal-
la particella durante il suo passaggio nel mezzo. Per il carattere stazionario del fenomeno
cercheremo lāenergia emessa per unita di frequenza e per unita di spazio percorso,
d 2Īµ
dz dĻ.
Prima di passare alla valutazione esplicita di questa grandezza a partire dai campi derivati
nella sezione precedente, presentiamo una derivazione euristica.
11.5.1 Un argomento euristico
Partiamo dalla formula generale dellāanalisi spettrale della radiazione emessa da una
particella in moto aperiodico (10.42),
d 2Īµ
dĻ dĪ©=
e2Ļ2
16 Ļ3
ā£ā£ā£ā£~nĆā« ā
āāeāi Ļ(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
. (11.54)
Ricordiamo che questa formula e valida nel vuoto, con indice di rifrazione uguale a 1, e
per v < 1. Se la particella non e accelerata risulta ovviamento d 2ĪµdĻ dĪ©
= 0.
331
Lāespressione (11.54) si riferisce allāenergia emessa nellāunita di frequenza, lungo tutta
la traiettoria. Se un moto e illimitato e lāaccelerazione ha una durata infinita, allora questa
grandezza in generale e divergente. Per ottenere un valore finito ā eventualmente nullo
ā consideriamo lāenergia emessa durante un tempo finito, diciamo tra gli istanti āT e T .
Per fare questo dobbiamo limitare lāintegrale temporale che compare nella (11.54) tra gli
estremi āT e T . Per determinare lāenergia media emessa nellāunita di tempo dobbiamo
successivamente dividere per 2T , e prendere il limite per T ā ā. Infine, dividendo il
risultato cosı ottenuto per v, otteniamo unāespressione per lāenergia emessa nellāunita di
spazio percorso,
d 3Īµ
dz dĻ dĪ©=
e2Ļ2
16 Ļ3 vlim
Tāā1
2T
ā£ā£ā£ā£~nĆā« T
āT
eāi Ļ(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
. (11.55)
Se ~v e costante abbiamo ~y = ~v t, e svolgendo i calcoli si ottiene,
1
2T
ā£ā£ā£ā£~nĆā« T
āT
eāi Ļ(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
= 2(v2 ā (~n Ā· ~v)2
) Ā· sen2 ((1ā ~n Ā· ~v) Ļ T )
(1ā ~n Ā· ~v)2 Ļ2 T. (11.56)
Per eseguire il limite per T āā e sufficiente notare che si ha il limite in S ā²,
limTāā
sen2(Tx)
Tx2= Ļ Ī“(x),
limite che si verifica facilmente applicando ambo i membri a una funzione di test. Usando
questa relazione il limite della (11.56) diventa,
limTāā
1
2T
ā£ā£ā£ā£~nĆā« T
āT
eāi Ļ(tā~nĀ·~y) ~v dt
ā£ā£ā£ā£2
= 2Ļ(v2 ā (~n Ā· ~v)2
)Ī“((1ā ~n Ā· ~v) Ļ)
=2Ļ
Ļ
(v2 ā 1
)Ī“ (1ā ~n Ā· ~v) . (11.57)
Ripristinando la velocita della luce e introducendo lāangolo Ļ tra ~v e la direzione di
emissione ~n, la (11.55) diventa allora,
d 3Īµ
dz dĻ dĪ©=
e2Ļ
8Ļ2v c
(v2
c2ā 1
)Ī“(1ā v
ccosĻ
). (11.58)
Per v < c lāargomento della Ī“ non si annulla per nessun valore di Ļ e quindi non si
ha emissione di energia, come conviene a una particella che si muove di moto rettilineo
uniforme nel vuoto.
332
Continuazione analitica. La formula appena scritta, valida nel vuoto, ammette una
continuazione analitica naturale quando si e in presenza di un mezzo. E, infatti, sufficiente
effettuare nella (11.58) le sostituzioni (11.6), per ottenere (n ā” n(Ļ)) 47,
d 3Īµ
dz dĻ dĪ©=
e2Ļ
8Ļ2v n c
(v2n2
c2ā 1
)Ī“(1ā v n
ccosĻ
). (11.59)
Si vede che per v >c
nesiste ora un cono di direzioni di emissione, formanti con la velocita
della particella unāangolo Ļ determinato da,
cosĻ =c
vn,
angolo che coincide in effetti con lāangolo di Cerenkov (11.42). Grazie alla presenza della
Ī“ e immediato effettuare lāintegrale sugli angoli della (11.59). Siccome abbiamo,ā«
Ī“(1ā v n
ccosĻ
)dĪ© = 2Ļ
ā« 1
ā1
Ī“(1ā v n
ccosĻ
)dcosĻ =
2Ļ c
v nH(v nā c),
si ottiene,d 2Īµ
dz dĻ=
e2Ļ
4Ļc2
(1ā c2
v2n2
), se v >
c
n, (11.60)
e d 2Īµdz dĻ
= 0, se v <c
n. La formula (11.60) e stata derivata da Frank e Tamm nel 1937, in
spiegazione dellāeffetto Cerenkov. Torneremo al suo significato nel prossimo paragrafo.
11.5.2 La formula di Frank e Tamm
Lāargomento del paragrafo precedente ha evidentemente carattere euristico e puo risultare
piu o meno convincente; esso e comunque interessante per via degli strumenti che abbiamo
utilizzato. In questo paragrafo daremo, invece, una derivazione della formula di Frank e
Tamm a partire dai āprincipi primiā, ovvero a partire dallāanalisi asintotica dei campi,
svolta nella sezione precedente.
Consideriamo allora lāenergia totale āĪµ che la particella emette attraverso un cilindro
coassiale con la traiettoria, di raggio r e lunghezza āz = z2āz1, durante lāintero percorso.
Dai risultati della sezione precedente sappiamo che i campi dipendono da t e z solo
attraverso la combinazione z ā vt, vedi (11.51), e āĪµ e quindi indipendente da z1 e z2, e
dipende solo da āz. Risulta allora,
āĪµ = (2Ļr āz)
ā« ā
āā
(~E Ć ~B
)Ā· ~ur dt = (2Ļr āz)
ā« ā
āā
(~Eā(Ļ)Ć ~B(Ļ)
)Ā· ~ur dĻ,
47Non si confonda lāindice di rifrazione n con il modulo del versore ~n, che vale 1.
333
dove abbiamo usato il teorema di Parseval. Come vedremo tra poco, frequenze positive
e negative contribuiscono in ugual maniera, e quindi lāenergia emessa per unita di spazio
percorso e per unita di frequenza e data da,
d 2Īµ
dz dĻ= 4Ļr
(~Eā(Ļ)Ć ~B(Ļ)
)Ā· ~ur. (11.61)
Per calcolare lāenergia āemessaā dobbiamo prendere il limite per r āā. Vediamo quindi
che per avere emissione di radiazione in simmetria cilindrica, a frequenza fissata i campi
devono decrescere allāinfinito come1ār, come āonde cilindricheā.
La valutazione esplicita della (11.61) e facilitata dai risultati della sezione precedente.
Per v <1
n(Ļ)i campi decadono esponenzialmente, vedi (11.28), e non cāe emissione di
energia. Per v >1
n(Ļ)lāandamento del potenziale per grandi r e stato determinato in
(11.40),
A0(Ļ) =e
4Ļn2Ā· eāiĻ/4
(v2n2 ā 1)1/4ā
v Ļ reāi
Ļ
v
(z +ā
v2n2 ā 1 r). (11.62)
Il campi ~E(Ļ) e ~B(Ļ) si determinano facilmente eseguendo la trasformata di Fourier delle
definizioni (11.7), (11.8), e ricordando la (11.46),
~E(Ļ) = ā~āA0(Ļ)ā i Ļ ~A(Ļ) = ā(
~ā+ i Ļ n2 ~v)
A0(Ļ),
~B(Ļ) = ~āĆ ~A(Ļ) = ān2~v Ć ~āA0 = n2 ~v Ć ~E(Ļ).
E quindi sufficiente calcolare ~E(Ļ), limitandosi ai termini di ordine1ār. Nella valutazione
di ~āA0 e sufficiente derivare lāesponenziale in (11.62), perche la derivata di1ār
porta a
termini di ordine1
r3/2. Si ottiene cosı,
~āA0(Ļ) = āi Ļ
v
(~uz +
āv2n2 ā 1 ~ur
)A0(Ļ),
~E(Ļ) =i Ļ
v
āv2n2 ā 1
(~ur ā
āv2n2 ā 1 ~uz
)A0(Ļ), (11.63)
~B(Ļ) = i Ļ n2ā
v2n2 ā 1 A0(Ļ) ~uĻ. (11.64)
Polarizzazione. Dalle espressioni di ~E(Ļ) e ~B(Ļ) vediamo in particolare che i vettori di
polarizzazione sono reali, a parte una fase overall. Concludiamo quindi che la radiazione
334
Cerenkov e linearmente polarizzata, e che la polarizzazione di ~E appartiene al piano
contenente la direzione della particella e la direzione di propagazione della radiazione ā
in accordo con le osservazioni fatte da Cerenkov.
Infine, inserendo le (11.63), (11.64) nella (11.61) si ottiene,
d 2Īµ
dz dĻ=
4Ļr n2Ļ2
v
(n2v2 ā 1
)3/2 |A0(Ļ)|2.
Calcolando dalla (11.62),
|A0(Ļ)|2 =( e
4Ļn2
)2 1
v Ļ rā
v2n2 ā 1,
si ottiene il risultato di Frank e Tamm,
d 2Īµ
dz dĻ=
e2Ļ
4Ļc2
(1ā c2
v2n2(Ļ)
), (11.65)
dove abbiamo ripristinato la velocita della luce e la dipendenza dellāindice di rifrazione da
Ļ. Per determinare lāenergia totale emessa per unita di spazio percorso, occorre integrare
la (11.65) sulle frequenze,
dĪµ
dz=
e2
4Ļc2
ā«Ļ
(1ā c2
v2n2(Ļ)
)dĻ,
dove per una velocita fissata lāintegrale si estende su tutte le frequenze per cui v >c
n(Ļ).
Siccome lāinsieme di queste frequenze e un insieme limitato, lāenergia emessa e sempre
finita.
Numero di fotoni emessi. Ricordando che radiazione di frequenza Ļ e composta da
fotoni di energia ~Ļ, possiamo anche determinare il numero N di fotoni che viene emesso
per unita di spazio percorso, nellāintervallo unitario di frequenze. Dividendo la (11.65)
per lāenergia di un fotone risulta,
d 2N
dz dĻ=
e2
4Ļc2~
(1ā c2
v2n2(Ļ)
),
mentre il numero totale di fotoni emessi per unita di spazio percorso e dato da,
dN
dz=
Ī±
c
ā« (1ā c2
v2n2(Ļ)
)dĻ, (11.66)
dove abbiamo introdotto la costante di struttura fine Ī± =e2
4Ļ~c=
1
137. Anche questo
numero e quindi finito.
335
A titolo di esempio stimiamo il numero di fotoni emessi nello spettro visibile, da una
particella che viaggia con velocita prossima a quella della luce in acqua pura. Siccome
nellāottico lāacqua ha un indice di rifrazione praticamente costante, n(Ļ) =4
3, in questo
caso abbiamo,
1ā c2
v2n2(Ļ)= 1ā 9
16=
7
16.
Considerando Ī»1 = 400nm e Ī»2 = 800nm, e Ļ1,2 = 2Ļc/Ī»1,2, la (11.66) da allora,
dN
dz=
Ī±
c
ā« Ļ1
Ļ2
(1ā c2
v2n2(Ļ)
)dĻ =
7ĻĪ±
8
(1
Ī»1
ā 1
Ī»2
)ā 250/cm. (11.67)
Mentre la particella percorre un centimetro in acqua, essa emette dunque circa 250 fotoni
con frequenze nello spettro visibile. Si noti che la (11.67) permette di dare la stima
qualitativa generale,dN
dzā Ī±
Ī»=
1
137Ī»,
che indica che su una distanza di 137 volte la lunghezza dāonda, la particella emette circa
un fotone.
11.6 Rivelatori Cerenkov
Un dispositivo sperimentale che si avvale dellāeffetto Cerenkov per rivelare particelle ele-
mentari, viene chiamato ārivelatore Cerenkovā. In genere e costituito da un contenitore
riempito da un mezzo trasparente ā il cosiddetto radiatore ā per esempio acqua purissima,
che funge da dielettrico polarizzabile. La luce provocata dal passaggio di una particella
carica con velocita elevata viene raccolta da fotorivelatori. Dallāangolo di emissione, e dal
numero di fotoni emessi in un intervallo di lunghezze dāonda, vedi (11.42) e (11.67), si
determina la velocita della particella. Siccome la radiazione viene emessa su coni concen-
trici, si puo risalire inoltre alla direzione del moto della particella. Benche le potenzialita
dellāeffetto Cerenkov come base per un rivelatore fossero chiare sin dai primordi, e solo
lāavvento dei fotomoltiplicatori, capaci di rivelare con unāalta efficienza ed una risposta
veloce anche piccole intensita di luce, che permise a John Valentine Jelley nel 1951 di
sviluppare il primo dispositivo impiegato in un esperimento.
SuperāKamionkande. In tempi recenti rivelatori Cerenkov sono stati impiegati nelle
ricerche sulla fisica dei neutrini, effettuate dagli esperimenti āKamiokandeā e āSuperā
336
Kamiokandeā nelle miniere di Kamioka in Giappone. I neutrini interagiscono debolmente
con la materia, ma e possibile che un neutrino molto energetico interagisca con un atomo,
e trasferisca buona parte della sua energia ad una particella carica, tipicamente un elet-
trone o un muone, che irradia a sua volta luce Cerenkov. SuperāKamiokande si avvale di
un recipiente cilindrico di 40m di altezza e di diametro, contenente come radiatore 50.000
tonnellate di acqua purissima, la cui superficie e disseminata di circa 11.000 fotomolti-
plicatori. Gli esperimenti di Kamioka hanno conseguito scoperte importanti nel campo
della fisica dei neutrini. Cosı nel 1987 Kamiokande rivelo per la prima volta un flusso
di neutrini proveniente dallāesplosione di una supernova, nella Grande Nube di Magel-
lano, mentre nel 1988 osservo neutrini provenienti dal Sole. Nel 1998 gli esperimenti di
SuperāKamiokande hanno invece fornito la prima evidenza sperimentale dellāoscillazione
dei neutrini, fenomeno che e possibile solo se i neutrini hanno una massa diversa da zero.
I rivelatori Cerenkov hanno giocato un ruolo altrettanto essenziale nella scoperta del-
lāantiprotone con il Bevatrone di Berkeley nel 1955, e in quella del quark charm nei
laboratori di Brookhaven nel 1974.
337
12 La reazione di radiazione
Riprendiamo le equazioni dellāElettrodinamica per una particella singola,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½ , (12.1)
dpĀµ
ds= e F ĀµĪ½(y)uĪ½ , (12.2)
con le definizioni consuete,
F ĀµĪ½ = āĀµAĪ½ ā āĪ½AĀµ, jĀµ = e
ā«uĀµ Ī“4(xā y) ds.
Dalle analisi svolte nei capitoli precedenti appare evidente che, escluso casi banali, questo
sistema di equazioni accoppiate non puo essere risolto analiticamente, e difatti finora ab-
biamo affrontato la sua soluzione adottando implicitamente un approccio āriduzionisticoā.
Riassumiamolo brevemente.
Come primo passo abbiamo determinato la soluzione esatta dellāequazione di Maxwell
(12.1), assumendo nota la traiettoria yĀµ(s) della particella. Abbiamo trovato che il campo
elettromagnetico risultante e dato dalla somma del campo di LienardāWiechert (6.99),
che dāora in poi indicheremo con FĀµĪ½ , e di un arbitrario campo esterno libero F ĀµĪ½in ,
F ĀµĪ½ = FĀµĪ½ + F ĀµĪ½in . (12.3)
Se la particella si trovava in presenza di campi esterni noti, come i campi elettromagne-
tici negli acceleratori di particelle, oppure quello dellāonda piana che incide sullāelettrone
nellāeffetto Thomson, abbiamo determinato preliminarmente la traiettoria della particella
risolvendo lāequazione di Lorentz (12.2), ponendo ivi F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½in : cosı facendo abbiamo,
dunque, trascurato lāazione del campo di LienardāWiechert sulla particella stessa, ovvero,
abbiamo trascurato ālāautocampoā.
Avendo determinato la traiettoria della particella in questo modo, abbiamo calcolato
il campo da essa creato risolvendo la (12.1), e lo abbiamo poi valutato a grandi distanze
dalla stessa, per analizzare il quadrimomento trasportato dalla radiazione emessa. In al-
cuni casi siamo inoltre stati in grado di quantificare lāeffetto dellāemissione di radiazione
sul moto della particella, invocando la conservazione del quadrimomento. Abbiamo visto
338
che in generale questo effetto e costituito da una diminuzione dellāenergia della particel-
la, e da una variazione della sua quantita di moto. Ricordiamo come esempi la forza di
reazione nella diffusione Thomson, la diminuzione della velocita di una particella carica
in un ciclotrone, e il collasso dellāatomo di idrogeno classico. Questo effetto secondario,
chiamato āreazione di radiazioneā, āforza di frenamentoā o anche āforza di autointera-
zioneā, scaturisce dallāazione del campo elettromagnetico FĀµĪ½(x) creato dalla particella,
sulla particella stessa. Per ragioni di localita questa azione puo avvenire solo nel punto
x = y(s) ā” y dove la particella si trova, e quindi deve coinvolgere il valore del campo
FĀµĪ½(y) in quel punto. Corrispondentemente, dalle (12.2) e (12.3) si vede che la forza di
frenamento e rappresentata proprio dal termine,
eFĀµĪ½(y) uĪ½ . (12.4)
Tuttavia, come abbiamo anticipato varie volte, la grandezza FĀµĪ½(y) ā lāautocampo ā
e sempre infinita! Piu precisamente, per ~x ā ~y(t) si ha che lāistante ritardato tā² si
approssima a t, vedi (6.94), e segue che 48,
R = |~xā ~y(tā²)| ā¼ |~xā ~y(t)| ā” r.
Dalle (6.100)ā(6.102) si vede allora che nelle vicinanze della traiettoria domina il campo
coulombiano, e che per ~x ā ~y(t), ovvero, per xĀµ ā yĀµ, il campo di LienardāWiechert
(6.99) diverge come,
FĀµĪ½(x) ā¼ 1
r2. (12.5)
Questa e la ragione per cui abbiamo rinviato la trattazione sistematica della reazione di
radiazione fino a questo capitolo.
48In realta, quando ~x ā ~y(t), la distanza R = |~x ā ~y(tā²)| si identificata con la ādistanza fisicaār = |~x ā ~y(t)|, solo modulo una costante moltiplicativa. Risolvendo la condizione del ritardo (6.94) alprimo ordine in r, si trova infatti,
tā²(t, ~x) = tā(
~v Ā· ~m +ā
1ā v2 + (~v Ā· ~m)2
1ā v2
)r + o(r2), ~m ā” ~xā ~y(t)
r.
Dato che R = |~xā ~y(tā²)| = tā tā²(t, ~x), si ottiene allora,
R =
(~v Ā· ~m +
ā1ā v2 + (~v Ā· ~m)2
1ā v2
)r + o(r2).
Vicino alla linea di universo R differisce quindi da r per una costante moltiplicativa, di origine relativistica,che pero non si annulla mai.
339
A parte la difficolta concettuale appena menzionata, appare chiaro che lāapproccio
riduzionistico adottato finora non puo che avere validita limitata, perche il moto della
particella e determinato non solo dalle forze esterne, ma anche dalla forza di frenamento,
e in generale queste due forze devono essere prese in considerazione contemporaneamen-
te. Nelle prossime sezioni affronteremo il problema della reazione di radiazione in modo
sistematico, a partire dai principi primi, cioe, dalle equazioni (12.1) e (12.2).
Particelle puntiformi e divergenze ultraviolette. Le divergenze appena evidenziate si
riflettono anche nella definizione dellāenergia totale del campo elettromagnetico, come
discusso nel caso della particella statica nel paragrafo 2.3.4. Nel caso generale, a causa
della (12.5), vicino alla particella il tensore energiaāimpulso del campo elettromagnetico
(2.69) diverge come,
T ĀµĪ½em ā¼
1
r4,
che rappresenta una singolarita non integrabile in R3. Per ogni t fissato gli integrali del
quadrimomento totale, P Āµem =
ā«T 0Āµ
em d3x, sono quindi divergenti. Questo problema verra
affrontato e risolto nel capitolo 13, dove faremo vedere come si puo costruire un nuovo
tensore energiaāimpulso, ben definito nello spazio delle distribuzioni, conservato e con
quadrimomento totale finito.
E chiaro che lāorigine di entrambe le patologie quı descritte ā forza di frenamento
divergente, e energia del campo elettromagnetico infinita ā risiede nella struttura punti-
forme della particella carica. E infatti proprio la distribuzione puntiforme della carica
a dare luogo a un campo, che nelle immediate vicinanze della particella diverge come
1/r2. In teoria quantistica, a causa del principio di indeterminazione, lāanalisi di regioni
molto piccole richiede energie molto elevate, ovvero, fotoni con frequenze molto grandi.
Per questo motivo divergenze che occorrono a piccole scale spaziali vengono comunemen-
te chiamate ādivergenze ultravioletteā ā anche nellāambito della fisica classica ā mentre
divergenze che emergono a distanze grandi vengono chiamate ādivergenze infrarosseā. Le
divergenze presenti nella forza di frenamento e nellāenergia del campo elettromagnetico
corrispondono quindi a divergenze ultraviolette, perche si percepiscono a distanze molto
piccole dalla particella. Dāaltra parte una particella carica puntiforme non da luogo a nes-
suna singolarita infrarossa, perche allāinfinito il campo decresce come 1/r2, e lāintegrale
340
del quadrimomentoā«
T 0Āµem d3x converge quindi a grandi distanze 49.
Viceversa, una particella con una distribuzione piu regolare di carica, per esempio
una distribuzione superficiale su una sfera rigida, creerebbe un campo elettromagnetico
ovunque privo di singolarita. Tuttavia, una tale distribuzione sarebbe in conflitto con i
principi della Relativita: il vincolo di rigidita richiederebbe forze interne a ādistanzaā,
che violerebbero la causalita, e la compensazione della repulsione elettrostatica della di-
stribuzione di carica, richiederebbe lāintroduzione di nuove forze di legame, di origine non
elettromagnetica. Volendo preservare i postulati della Relativita e lāeconomia inerente alla
formulazione minimale dellāElettrodinamica ā che non prevede altre forze fuorche quelle
di origine elettromagnetica ā preferiamo mantenere le particelle puntiformi, e modificare
invece lāequazione di Lorentz ā sostituendola con lāequazione di LorentzāDirac (12.12).
12.1 Forze di frenamento: analisi preliminare
Prima di passare a unāanalisi sistematica delle forze di frenamento facciamo qualche con-
siderazione di carattere generale. Ci sono, infatti, molti casi in cui localmente le forze di
frenamento possono essere trattate come una perturbazione, ed eventualmente trascura-
te. Con ālocalmente trascurabileā intendiamo il fatto che queste forze influenzano poco il
moto instantaneo della particella. Questo succede, per esempio, se le forze di frenamento
sono piccole rispetto alle forze esterne primarie, oppure se esse vengono compensate da
opportune forze esterne aggiuntive ā come le cavita a radiofrequenza in un ciclotrone, o i
generatori di differenza di pontenziale che mantengono gli elettroni in unāantenna in stato
di oscillazione.
Forze di frenamento trascurabili. Analizziamo ora qualitativamente le condizioni fisi-
che in cui le forze di frenamento sono localmente trascurabili. Adottiamo il seguente
criterio: la reazione di radiazione puo essere trascurata, se lāenergia āĪµ persa dalla par-
ticella a causa dellāirraggiamento durante un intervallo temporale, e piccola rispetto al-
lāenergia āĪµ0 fornita dalla forza esterna nello stesso intervallo temporale. Applichiamo
il criterio nel limite non relativistico. Indichiamo con T la scala temporale caratteristi-
49Per ogni t fissato, a grandi distanze FĀµĪ½ decresce come 1/r2, purche la particella sia accelerata perun intervallo temporale finito. In caso contrario domina il campo di accelerazione, e FĀµĪ½ decresce come1/r.
341
ca della forza esterna, ovvero, il tempo durante il quale la velocita della particella varia
apprezzabilmente, āv ā¼ v. Se a e lāaccelerazione della particella abbiamo dunque,
āv ā¼ a T ā¼ v.
Allora possiamo usare la formula di Larmor per stimare,
āĪµ ā¼ e2 a2
6ĻT,
mentre lāenergia comunicata dalla forza esterna alla particella nel tempo T e,
āĪµ0 = ā
(1
2mv2
)ā¼ mv āv ā¼ m a2 T 2.
Si ottiene allora,āĪµ
āĪµ0
ā¼ e2
3Ļm
1
T.
La quantita,
Ļ =e2
6Ļmc3, (12.6)
corrisponde a un tempo molto piccolo, che e legato al raggio classico della particella dalla
relazione Ļ =2r0
3c. Per lāelettrone si ha, per esempio,
Ļ = 0.6 Ā· 10ā23 s.
Abbiamo quindi,āĪµ
āĪµ0
ā¼ Ļ
T. (12.7)
Localmente la reazione di radiazione e quindi trascurabile, fino a quando la scala tempo-
rale T sulla quale la forza esterna varia sensibilmente e grande rispetto a Ļ . Al contrario,
la reazione di radiazione non puo essere trascurata, se la forza varia molto violentemente,
ovvero, se durante lāintervallo temporale piccolo Ļ essa subisce una variazione relati-
va apprezzabile. Torneremo sullāeffetto di forze di questo tipo nel paragrafo 12.2.5, in
connessione con il fenomeno della āpreaccelerazioneā.
Lāanalisi appena svolta ha validita locale. Anche se le forze variano su scale tempo-
rali T Ć Ļ , esse possono comunque dare luogo ad effetti cumulativi apprezzabili. Cosı
un elettrone in un ciclotrone non relativistico dopo un tempo sufficientemente grande si
342
arresta. Dāaltra parte, come abbiamo visto nel paragrafo 9.2.2, nel ciclotrone ultrarela-
tivistico lāirraggiamento ha effetti importanti anche localmente, e puo portare allāarresto
della particella in una frazione piccolissima di secondo. In questi casi la reazione di radia-
zione certamente non puo essere trascurata, e in certe situazioni essa puo diventare anche
dominante rispetto alla stessa forza esterna.
12.1.1 Un argomento euristico per lāequazione di LorentzāDirac
Tornando allāequazione di Lorentz (12.2) e sostituendo la soluzione generale dellāequazione
di Maxwell (12.3), si arriva a,
dpĀµ
ds= eFĀµĪ½(y) uĪ½ + e F ĀµĪ½
in (y) uĪ½ . (12.8)
Per rendere operativa questa equazione dovremmo valutare esplicitamente la forza di fre-
namento (12.4) ā divergente. La valutazione di questa forza e in realta indispensabile, per
chiudere il sistema di equazioni che governano lāElettrodinamica di una particella carica.
Sostituito al posto di FĀµĪ½ il campo di LienardāWiechert, la (12.8) corrisponderebbe ap-
punto a quattro equazioni del secondo ordine nelle incognite yĀµ(s), di cui tre indipendenti.
Lāintero problema dinamico dellāElettrodinamica sarebbe cosı ricondotto alla soluzione di
queste tre equazioni del secondo ordine: per quanto complicate esse siano, la legge oraria
~y(t) della particella sarebbe completamente determinata dai dati iniziali ~y(0) e ~v(0). In
realta vedremo che, una volta eliminate le divergenze attraverso unāopportuna procedu-
ra di ārinormalizzazioneā, in ultima analisi questa strategia non potra essere portata a
termine.
Prima di passare allāanalisi esplicita della forza di frenamento (divergente), presentia-
mo un semplice argomento euristico per derivare una sua possibile espressione finita. A
questo scopo ricordiamo che il quadrimomento irradiato dalla particella al tempo proprio
s, e che raggiunge lāinfinito, e dato dalla formula relativistica di Larmor (9.8),
dP Āµrad
ds= ā e2
6Ļw2uĀµ. (12.9)
Se il quadrimomento totale si deve conservare, allora ci dobbiamo aspettare che la parti-
cella ceda questa quantita di quadrimomento, subendo la forza di frenamento,
dpĀµ
ds=
e2
6Ļw2uĀµ + Ā· Ā· Ā·+ e F ĀµĪ½
in (y) uĪ½ , (12.10)
343
dove abbiamo indicato la presenza di eventuali termini addizionali. Infatti, indipenden-
temente dalla presenza o meno del campo esterno, il termine di Larmor non puo essere
lāunico termine presente al membro di destra di questa equazione. Per convincersi di
questo e sufficiente contrarre lāequazione con uĀµ: il membro di sinistra si annulla allora,
perche uĀµwĀµ = 0, mentre quello di destra resta diverso da zero. In realta abbiamo gia
anticipato la possibilita della presenza di termini addizionali, quando nel paragrafo 9.1.2
abbiamo discusso il significato della (12.9). Lāanalisi appena svolta dimostra che questi
contributi addizionali sono necessariamente presenti, e non e difficile avanzare unāipotesi
sulla loro forma. E sufficiente notare lāidentita,
uĀµdwĀµ
ds= āw2, (12.11)
che si ottiene derivando rispetto a s la relazione uĀµwĀµ = 0,
wĀµwĀµ + uĀµ
dwĀµ
ds= 0.
Allora e immediato vedere che un completamento dellāequazione (12.10) ā consistente con
il vincolo uĀµdpĀµ
ds= 0 ā e costituito dallāequazione di LorentzāDirac 50,
dpĀµ
ds=
e2
6Ļ
(dwĀµ
ds+ w2uĀµ
)+ e F ĀµĪ½
in (y) uĪ½ . (12.12)
Insistiamo sul fatto che questa equazione non potra essere dedotta dalla (12.8), perche
questāultima e divergente.
La conclusione dellāanalisi preliminare di questa sezione e che non e possibile derivare
unāequazione chiusa per la dinamica di una particella carica, a partire dalle equazioni di
Maxwell e di Lorentz: la teoria deve quindi necessariamente essere modificata. Dallāanalisi
svolta si capisce anche che, volendo mantenere le equazioni di Maxwell ā nella cui soluzione
tra lāaltro non abbiamo incontrato nessuna inconsistenza ā dovremo modificare lāequazione
di Lorentz.
12.2 Lāequazione di LorentzāDirac
In questa sezione presenteremo una deduzione dellāequazione di LorentzāDirac, a partire
da unāequazione di Lorentz modificata, in particolare āregolarizzataā, e analizzeremo le
50Lorentz dedusse la versione non relativistica di questa equazione nel 1904, mentre Dirac ottenne laversione covariante (12.12) nel 1938.
344
sue proprieta piu salienti. Per semplicita considereremo prima una particella singola,
presentando la generalizzazione al caso di N particelle alla fine della sezione.
Per lāequazione del moto per una particella carica consistente ā in sostituzione dellāe-
quazione di Lorentz ā poniamo le seguenti richieste minimali, di ovvio significato:
1) Invarianza relativistica.
2) Assenza di termini divergenti nellāequazione.
3) Consistenza dellāequazione con lāidentita uĀµdpĀµ
ds= 0.
4) Compatibilita con la conservazione del quadrimomento totale.
In seguito ci occuperemo delle richieste 1) ā 3), mentre la richiesta 4), non meno
importante delle altre, verra affrontata nel capitolo 13.
Incominciamo riprendendo lāespressione per il campo di LienardāWiechert (6.99),
FĀµĪ½(x) =e
4Ļ(uL)3
(LĀµuĪ½ + LĀµ [(uL) wĪ½ ā (wL) uĪ½ ]ā (Āµā Ī½)
). (12.13)
Ricordiamo che,
LĀµ(x) = xĀµ ā yĀµ(Ī»), (12.14)
e che le variabili cinematiche della particella, y(Ī»), u(Ī»), e w(Ī»), sono valutate al tempo
ritardato proprio Ī»(x), definito da,
(xā y(Ī»))2 = 0, x0 > y0(Ī»). (12.15)
Regolarizzazione e rinormalizzazione. La nostra strategia per ottenere unāequazione di
Lorentz āfinitaā, a partire dallāequazione di Lorentz singolare (12.8), segue una procedura
che viene applicata comunemente nelle teorie di campo quantistiche relativistiche, per
curare le divergenze ultraviolette. Questa procedura prevede due passaggi, il primo e
costituito da una āregolarizzazioneā, e il secondo da una ārinormalizzazioneā. Vediamo
come essa si attua in concreto.
Come primo passo si introduce un regolarizzatore Īµ > 0, che nel presente caso avra le
dimensioni di una lunghezza. Si introduce poi un campo di LienardāWiechert regolariz-
zato,
FĀµĪ½(x)ā FĀµĪ½Īµ (x), (12.16)
soggetto al limite puntuale,
limĪµā0FĀµĪ½
Īµ (x) = FĀµĪ½(x),
345
con la richiesta che esso sia regolare sulla traiettoria. Richiediamo, cioe, che la grandezza,
FĀµĪ½Īµ (y(s)),
sia finita per ogni Īµ > 0, e per ogni s. Come secondo ingrediente della procedura sosti-
tuiamo la massa m della particella con il parametro mĪµ, la cui forma verra specificata in
seguito 51. Non necessariamente dovra essere, e non sara, limĪµā0 mĪµ = m.
La nostra proposta per la nuova equazione di Lorentz, in sostituzione della (12.8), e
allora,
limĪµā0
[mĪµ
duĀµ
dsā eFĀµĪ½
Īµ (y) uĪ½ ā e F ĀµĪ½in (y) uĪ½
]= 0, (12.17)
purche si riesca a trovare un parametro mĪµ, che elimini dallāequazione eventuali termini
divergenti per Īµ ā 0. Si noti che questāultima condizione e molto restrittiva, perche per
qualsiasi scelta di mĪµ si riescono ad eliminare solo termini divergenti che sono proporzionali
a wĀµ =duĀµ
ds. Questo passaggio finale viene chiamato ārinormalizzazioneā.
Formulata in questo modo, se un tale mĪµ esiste la nostra proposta soddisfa automatica-
mente le richieste 2) e 3). La richiesta 3) e soddisfatta semplicemente perche nella (12.17)
uĪ½ moltiplica sempre un tensore antisimmetrico. La richiesta 1) sara, invece, soddisfatta
se la regolarizzazione (12.16) preserva lāinvarianza di Lorentz. Con cio intendiamo che
il campo FĀµĪ½Īµ (x) si trasforma come un campo tensoriale sotto trasformazioni di Lorentz,
per ogni Īµ > 0.
12.2.1 Derivazione dellāequazione
Implementeremo ora questo programma, scegliendo una specifica regolarizzazione che
preserva lāinvarianza di Lorentz.
Una regolarizzazione Lorentzāinvariante. Introduciamo un campo di LienardāWiechert
regolarizzato mantenendo formalmente lāespressione (12.13), ma sostituendo la funzione
Ī»(x) di (12.15), con lāespressione regolarizzata Ī»Īµ(x), definita da,
(xā y(Ī»Īµ))2 = Īµ2, x0 > y0(Ī»Īµ). (12.18)
51A priori si potrebbe anche introdurre una carica regolarizzata eĪµ, ma nel caso in questione non enecessario.
346
Definiamo, cioe 52,
FĀµĪ½Īµ = FĀµĪ½
ā£ā£ā£Ī»āĪ»Īµ
. (12.19)
Questa regolarizzazione preserva lāinvarianza di Lorentz, perche le condizioni (12.18) sono
Lorentzāinvarianti. Si ricordi, in particolare, che il cono luce futuro e Lorentzāinvariante.
E anche immediato vedere che FĀµĪ½Īµ (y), dove sottintendiamo yĀµ ā” yĀµ(s), e ben definito
per ogni Īµ > 0. Infatti, valutando la (12.18) per xĀµ = yĀµ(s) abbiamo,
(y(s)ā y(Ī»Īµ))2 = Īµ2,
che pone, al posto della soluzione Ī» = s del caso non regolarizzato,
Ī»Īµ = sā Īµ + o(Īµ2).
Si ottiene cosı,
LĀµĪµ (y(s)) = yĀµ(s)ā yĀµ(Ī»Īµ) = Īµ uĀµ(s) + o(Īµ2) ā (uL)Īµ = Īµ + o(Īµ2) 6= 0.
Il prefattore1
[(uL)Īµ]3della versione regolarizzata di (12.13) e quindi finito lungo tutta la
traiettoria, e lāautocampo FĀµĪ½Īµ (y) e allora ben definito per ogni Īµ > 0 e per ogni s.
La regolarizzazione (12.19) ha lāulteriore pregio di preservare la struttura causale del
campo non regolarizzato. Dalla (12.18) si vede infatti che FĀµĪ½Īµ (x) dipende dalle variabili
cinematiche y, u e w della particella nel punto y(Ī»Īµ), che e connesso a x attraverso un
segnale causale futuro, segnale che per Īµ > 0 si propaga con velocita strettamente minore
della velocita della luce. Inoltre, non e difficile dimostrare che vale Ī»Īµ(x) < Ī»(x), per ogni
Īµ > 0. In questo modo il campo regolarizzato FĀµĪ½Īµ (x) dipende dalle variabili cinematiche
della particella a un istante ritardato precedente allāistante ritardato fisico tā²(x), ma non
dalle variabili cinematiche ad istanti successivi a tā²(x).
52Non e difficile convincersi che questa regolarizzazione equivale a tutti gli effetti a sostituire la funzionedi Green ritardata G, con la funzione di Green regolarizzata, ma ancora Lorentz invariante, GĪµ, data da,
G =12Ļ
H(x0)Ī“(x2) ā GĪµ =12Ļ
H(x0)Ī“(x2 ā Īµ2).
Definendo AĀµĪµ = GĪµ ā jĀµ, e infatti immediato dimostrare che vale,
FĀµĪ½Īµ = āĀµAĪ½
Īµ ā āĪ½AĀµĪµ .
347
Il campo regolarizzato del moto rettilineo uniforeme. Prima di applicare questa rego-
larizzazione a un moto generico, la illustriamo nel caso di una particella in moto rettilineo
uniforme, con linea di universo,
yĀµ(s) = uĀµs, wĀµ(s) = 0.
In questo caso possiamo determinare il campo di LienardāWiechert regolarizzato esatta-
mente. Come primo passo determiniamo Ī»Īµ(x), risolvendo il vincolo (12.18),
(xā uĪ»)2 = Īµ2 ā Ī»Īµ(x) = (ux)āā
(ux)2 ā x2 + Īµ2.
Secondo la (12.19) dobbiamo allora valutare la (12.13), sostituendo Ī»(x) ā Ī»Īµ(x). Ab-
biamo,
LĀµĪµ = xĀµ ā uĀµĪ»Īµ(x) ā (uL)Īµ = (ux)ā Ī»Īµ(x) =
ā(ux)2 ā x2 + Īµ2.
Siccome wĀµ = 0, la (12.13) da allora,
FĀµĪ½Īµ (x) =
e
4Ļ
xĀµuĪ½ ā xĪ½uĀµ
[(ux)2 ā x2 + Īµ2)]3/2, (12.20)
espressione manifestamente Lorentzāinvariante. Per Īµ ā 0 si riottiene evidentemente il
campo creato da una particella in moto rettilineo uniforme, vedi (6.66). Ma il campo
(12.20) e ora ben definito anche sulla traiettora della particella, cioe, per xĀµ = yĀµ(s) =
uĀµ s. Il denominatore si riduce infatti a 4ĻĪµ3, mentre il numeratore va a zero, e quindi,
FĀµĪ½Īµ (y) = 0.
Anche il limite limĪµā0FĀµĪ½Īµ (y) e allora nullo. Questo significa che una particella che si
muove di moto rettilineo uniforme, quindi con F ĀµĪ½in = 0, non esercita nessuna autointe-
razione. Questo risultato e evidentemente in accordo con il fatto che una particella che
non e accelerata non emette radiazione. Dallāanalisi appena svolta traiamo anche unāal-
tra conclusione importante: per un moto arbitrario il limite (divergente) limĪµā0FĀµĪ½Īµ (y)
deve necessariamente dipendere dalla quadriaccelerazione wĀµ e/o eventualmente dalle sue
derivate, perche per un moto rettilineo uniforme esso e zero.
Rinormalizzazione della massa. Torniamo ora al caso generale. Per analizzare il limite
in (12.17) dobbiamo determinare lāandamento dellāautocampo FĀµĪ½Īµ (y), nel limite per Īµā
348
0. Nel paragrafo 12.2.2 faremo vedere che per un moto generale questo limite non esiste,
e che FĀµĪ½Īµ (y) ammette invece lo sviluppo in serie di Laurent attorno a Īµ = 0,
FĀµĪ½Īµ (y) =
e
8ĻĪµ(uĀµwĪ½ ā uĪ½wĀµ)ā e
6Ļ
(uĀµ dwĪ½
dsā uĪ½ dwĀµ
ds
)+ o(Īµ). (12.21)
Utilizzando questo risultato e facile valutare la forza di frenamento regolarizzata, che
compare in (12.17). Usando lāidentita (12.11) si ottiene,
eFĀµĪ½Īµ (y) uĪ½ =
e2
6Ļ
(dwĀµ
ds+ w2uĀµ
)ā e2
8ĻĪµwĀµ + o(Īµ).
Come si vede, la forza di frenamento contiene un termine divergente per Īµ ā 0, che e
pero proporzionale aduĀµ
ds. Grazie a questa circostanza, a meno di termini di ordine Īµ la
(12.17) si scrive dunque,
(mĪµ +
e2
8ĻĪµ
)duĀµ
ds=
e2
6Ļ
(dwĀµ
ds+ w2uĀµ
)+ e F ĀµĪ½
in uĪ½ . (12.22)
Il termine divergente puo allora essere eliminato se si sceglie per la massa regolarizzata il
valore, tendente a āā,
mĪµ = mā e2
8ĻĪµ,
dove identifichiamo m con la massa fisica finita della particella. Questa ridefinizione
(infinita) della massa della particella rappresenta la ārinormalizzazioneā. Dopo questa
operazione la (12.22) si riduce in effetti allāequazione di DiracāLorentz (12.12). Questa
equazione puo essere scritta anche come,
wĀµ = Ļ
(dwĀµ
ds+ w2uĀµ
)+
e
mF ĀµĪ½
in uĪ½ , (12.23)
dove il parametro Ļ , con le dimensioni di un tempo, e lo stesso che compare nella (12.6),
Ļ =e2
6Ļmc3. Si vede che questo tempo e massimo per la particella carica piu leggera,
ovvero, per lāelettrone.
Equazioni di LorentzāDirac per un sistema di N particelle. E immediato generalizza-
re lāequazione (12.12) a un sistema di N particelle cariche. In questo caso nellāequazione
della particella rāesima bisogna tenere conto anche dei campi di LienardāWiechert FĀµĪ½s ,
creati dalle altre particelle. Si ottiene cosı,
dpĀµr
dsr
=e2
r
6Ļ
(dwĀµ
r
dsr
+ w2ru
Āµr
)+ er F ĀµĪ½
r (yr) urĪ½ , (12.24)
349
dove il ācampo esternoā agente sulla particella rāesima e dato da,
F ĀµĪ½r = F ĀµĪ½
in +ā
s 6=r
FĀµĪ½s . (12.25)
E chiaro che il campo F ĀµĪ½r (x) non presenta nessuna singolarita in x = yr.
Analizzeremo le caratteristiche principali dellāequazione di LorentzāDirac nel paragrafo
12.2.3.
12.2.2 Determinazione dellāautocampo regolarizzato
In questo paragrafo dimostriamo la formula (12.21). La valutazione di FĀµĪ½Īµ (y(s)) richiede
intanto di determinare per ogni s fissato il parametro Ī»Īµ, tale che, vedi (12.18),
(y(s)ā y(Ī»Īµ))2 = Īµ2. (12.26)
Siccome per Īµā 0 abbiamo che Ī»Īµ ā s, e conveniente porre,
Ī»Īµ = sāā, (12.27)
dove ā e un parametro positivo che per Īµā 0 va a zero. Piu precisamente, inserendo la
(12.27) nella (12.26) e sviluppando in serie si ottiene,
[y(s)ā
(y(s)āā u(s) +
1
2ā2 w(s)
)+ o(ā3)
]2
= ā2 + o(ā4) = Īµ2,
e quindi,
ā = Īµ + o(Īµ3). (12.28)
Invece di analizzare il limite di FĀµĪ½Īµ (y(s)) per Īµ ā 0, possiamo allora usare la (12.27) e
analizzarne il limite per āā 0. Per quello che segue sara sufficiente sapere che ā ugaglia
Īµ, modulo termini cubici.
In definitiva si tratta quindi di sviluppare lāespressione,
FĀµĪ½Īµ (y(s)) =
e
4Ļ
[1
(uL)3
(LĀµuĪ½ + LĀµLĪ³ [uĪ³ wĪ½ ā wĪ³ uĪ½ ]ā (Āµā Ī½)
)]
Ī»=sāā
, (12.29)
in serie di Laurant attorno a ā = 0, dove in questa formula e sottointeso che,
LĀµ = yĀµ(s)ā yĀµ(Ī»).
350
Siccome nella (12.29) a denominatore compare il termine (uL)3, ed LĀµ e di ordine ā,
e necessario espandere il numeratore fino al terzo ordine in ā. Definendo uĀµ ā” uĀµ(s),
wĀµ ā” wĀµ(s) e dwĀµ
dsā” dwĀµ
ds(s) otteniamo gli sviluppi,
LĀµ = yĀµ(s)ā yĀµ(Ī») = ā uĀµ ā 1
2ā2wĀµ +
1
6ā3 dwĀµ
ds+ o(ā4),
uĀµ(Ī») = uĀµ āāwĀµ +1
2ā2 dwĀµ
ds+ o(ā3),
wĀµ(Ī») = wĀµ āādwĀµ
ds+ o(ā2),
usando i quali e facile espandere i vari termini che compaiono nella (12.29) fino allāordine
desiderato,
(uL) = uĀµ(Ī»)LĀµ = ā + o(ā3),
LĀµ uĪ½(Ī»)ā LĪ½ uĀµ(Ī») = ā1
2ā2 (uĀµwĪ½ ā uĪ½wĀµ) +
1
3ā3
(uĀµ dwĪ½
dsā uĪ½ dwĀµ
ds
),
[uĪ³ wĪ½ ā wĪ³ uĪ½ ] (Ī») = uĪ³wĪ½ ā uĪ½wĪ³ āā
(uĪ³ dwĪ½
dsā uĪ½ dwĪ³
ds
),
LĀµLĪ³ [uĪ³ wĪ½ ā wĪ³ uĪ½ ] (Ī»)ā (Āµā Ī½) = ā2(uĀµwĪ½ ā uĪ½wĀµ)āā3
(uĀµ dwĪ½
dsā uĪ½ dwĀµ
ds
).
Inserendo queste espressioni nella (12.29) si ottiene in definitiva,
FĀµĪ½Īµ (y(s)) =
e
8Ļā(uĀµwĪ½ ā uĪ½wĀµ)ā e
6Ļ
(uĀµ dwĪ½
dsā uĪ½ dwĀµ
ds
)+ o(ā), (12.30)
dove, data la (12.28), ā puo essere sostituito di nuovo con Īµ. Il risultato e quindi la
(12.21).
12.2.3 Caratteristiche dellāequazione di LorentzāDirac
Il ruolo dellāequazione. Insistiamo sul fatto che lāequazione di LorentzāDirac non e stata
ādedottaā dalle equazioni dellāElettrodinamica, ma che ne abbiamo data una deduzione
euristica: in ultima analisi essa deve venire postulata. La sua giustificazione ultima di-
scende, invece, dal fatto che, come spiegheremo nel capitolo 13, essa viene imposta dalla
conservazione del quadrimomento totale del sistema particelle + campi. Non per niente
Dirac baso la sua deduzione dellāequazione su argomenti di conservazione.
Finora abbiamo determinato il moto di una particella carica, tenendo conto solo della
forza esterna e/o della forza di interazione con le altre particelle cariche, vedi il termine
351
F ĀµĪ½r (yr) nella (12.24). In base al moto cosı derivato abbiamo determinato la radiazione
emessa e, infine, tramite la formula di Larmor abbiamo analizzato gli effetti della forza
di frenamento, trattandola come una perturbazione. Questa procedura approssimata
deve essere ora sostituita, in linea di principio, dalla soluzione del sistema di equazioni
accoppiate dato in (12.24) ā autointerazioni comprese.
Forza di frenamento e termine di Schott. Il vettore,
ĪĀµ =e2
6Ļ
(dwĀµ
ds+ w2uĀµ
), (12.31)
in (12.12) rappresenta la quadriforza di frenamento, ed e composto da due termini. Il
secondo termine e il termine di Larmor, la cui presenza e stata ipotizzata in sezione
12.1, sfruttando la conservazione del quadrimomento. Il primo termine, detto ātermine
dellāenergia di Schottā, e invece necessario per assicurare la consistenza della forza di
frenamento con lāidentita uĀµ(dpĀµ/ds) = 0, cioe, la nostra richiesta 3). Ricordiamo, infatti,
che la (12.11) assicura che vale identicamente,
uĀµ ĪĀµ = 0.
Bilancio del quadrimomento. Abbiamo appena visto che il termine di Schott non ori-
gina da una legge di conservazione, ma da una richiesta di consistenza algebrica. Cor-
rispondentemente facciamo notare che questo termine non contribuisce al bilancio del
quadrimomento totale, 1) in un processo di scattering, per cui wĀµ ā 0 per sā Ā±ā e, 2)
durante un moto quasiāperiodico. In entrambi i casi si ha, infatti,
āP ĀµSchott =
e2
6Ļ
ā« f
i
dwĀµ
dsds =
e2
6Ļ
(wĀµ
f ā wĀµi
)= 0.
La variazione totale del quadrimomento della particella e quindi dovuta soltanto al termine
di Larmor ā come supposto in tutte le nostre analisi precedenti ā e evidentemente al campo
esterno F ĀµĪ½in , ovverosia, in presenza di piu particelle, a F ĀµĪ½
r .
Conflitto con il determinismo e condizioni supplementari. Pur non contribuendo al bi-
lancio del quadrimomento totale, il termine di Schott ha effetti locali sul moto della parti-
cella, che in generale non possono essere trascurati. Per di piu questo termine e in conflitto
con il determinismo newtoniano, perche contiene la derivata terza delle coordinate ~y(t)
352
rispetto al tempo: dunque il moto non e piu univocamente determinato, note ~y(0) e ~v(0).
Date queste condizioni iniziali sarebbero, infatti, possibili infiniti moti diversi, a seconda
dellāaccelerazione iniziale ~a(0). Questa circostanza, oltre a essere in contrasto con lāos-
servazione, svuoterebbe lāequazione del moto del suo potere predittivo. Concludiamo,
quindi, che non tutte le soluzioni dellāequazione di LorentzāDirac possono corrispondere a
moti realizzati in natura, ed occorre allora imporre opportune condizioni supplementari,
atte a selezionare i moti fisicamente ammessi, senza inficiare lāinvarianza di Lorentz.
Se supponiamo che i campi esterni vanno a zero allāinfinito spaziale con sufficiente
rapiditia, allora esistono delle condizioni supplementari che si offrono in modo naturale.
Se allāinfinito i campi svaniscono e, infatti, naturale aspettarsi che per tempi grandi lāac-
celerazione tenda a zero, e che la velocita tenda a un valore limite, diverso dalla velocita
della luce. Imponiamo dunque le seguenti condizioni supplementari 53,
limsā+ā
wĀµ(s) = 0, limsā+ā
uĀµ(s) = uĀµā. (12.32)
Non imponiamo condizioni analoghe per s ā āā, per un motivo che sara chiaro tra
poco. Si noti che nel linguaggio tridimensionale queste condizioni equivalgono a,
limtā+ā
~a(t) = 0, limtā+ā
~v(t) = ~vā, |~vā| < 1. (12.33)
Sotto opportune condizioni di regolarita, la richiesta dellāannullamento asintotico del-
lāaccelerazione implica la costanza asintotica della velocita, sicche la seconda condizione
in (12.32) risulta ridondante. Esploreremo le conseguenze fisiche di queste condizioni
supplementari nelle soluzioni esplicite dei prossimi paragrafi.
Un determinismo alternativo del terzo ordine? Una strategia alternativa allāimposizio-
ne delle (12.32) ā piu pragmatica e āsperimentaleā, ma anche piu rinunciataria ā potrebbe
essere la seguente. Supponiamo di misurare allāistante iniziale non solo posizione e velo-
cita, ma anche lāaccelerezione della particella. Con questi tre dati iniziali lāequazione di
LorentzāDirac determinerebbe il moto della particella allora univocamente, e si potrebbe
cosı predire la sua posizione ad ogni istante successivo. Oltre a essere in conflitto con il
53Difatti queste condizioni sono soddisfatte anche per i āmoti limitatiā. In un acceleratore, per esempio,una particella non puo essere alimentata da un campo elettrico per un tempo infinito, e irraggiando perdequindi energia fino a quando non raggiunge una velocita nulla o costante.
353
determinismo newtoniano, questo determinismo ādel terzo ordineā fallisce, tuttavia, per
motivi sperimentali. Illustriamolo nellāesempio della particella libera. Per accertare se
essa si muove di moto rettilineo unifome, lāosservatore misura la velocita della particella
in vari istanti, ma alla fine potra solo fornire un valore massimo, seppur molto piccolo,
per lāaccelerazione. Tuttavia, dalla soluzione generale dellāequazione di LorentzāDirac
per la particella libera, vedi (12.40), si vede che per una qualsiasi accelerazione iniziale
diversa da zero, la particella accelera violentemente, e la sua velocita tende a quella della
luce. Lāosservatore concluderebbe, quindi, che teoria ed esperimento sono in disaccordo.
Lāunico modo per verificare la teoria consisterebbe nellāeseguire misure con errori nulli,
ottenendo per lāaccelerazione il valore zero, ma questo non e possibile.
Lāequazione di LorentzāDirac e il principio variazionale. Una volta sostituita lāequa-
zione di Lorentz ā che sappiamo discendere attraverso il principio variazionale dallāazione
(4.7) ā con lāequazione di LorentzāDirac, resta la domanda se anche questāultima possa
essere dedotta da unāopportuna azione. La questione e rilevante in quanto lāesistenza di
unāazione assicurerebbe, grazie al teorema di Noether, lāesistenza di un tensore energiaā
impulso conservato e simmetrico. Il fatto che non esiste nessuna azione canonica da cui
lāequazione di LorentzāDirac possa essere dedotta ā il motivo essendo essenzialmente la
comparsa della derivata terza delle coordinate ā mette cosı in dubbio la conservazione del
quadrimomento e del momento angolare totali in Elettrodinamica classica. Per illustrare il
problema consideriamo una particella singola in un campo esterno F ĀµĪ½in = āĀµAĪ½
in ā āĪ½AĪ½in,
nel qual caso si tratterebbe di trovare unāazione che riproduce lāequazione (12.12). In
assenza della forza di frenamento lāazione sarebbe data dalla (4.7). Dāaltra parte, per
riprodurre la forza di frenamento (12.31), che contiene un termine lineare nella deri-
vata terza delle yĀµ, nellāazione devono comparire termini quadratici nelle yĀµ, con com-
plessivamente tre derivate. Imponendo anche lāinvarianza relativistica e lāinvarianza per
riparametrizzazione della linea dāuniverso, la forma piu generale dellāazione sarebbe allora,
I = ām
ā«dsā e
ā«AĀµ
in dyĀµ + e2
ā« (a
dyĀµ
ds
d2yĀµ
ds2+ b yĀµ d3yĀµ
ds3
)ds, (12.34)
dove a e b sono costanti adimensionali. A questo punto notiamo, pero, che il primo termine
nella parentesi uguaglia a uĀµwĀµ, che e zero identicamente, mentre il secondo termine puo
354
essere ricondotto al primo attraverso unāintegrazione per parti,
yĀµ d3yĀµ
ds3=
d
ds(yĀµwĀµ)ā dyĀµ
ds
d2yĀµ
ds2=
d
ds(yĀµwĀµ) .
Nellāazione questo termine da quindi luogo a un termine al bordo, che non contribuisce
alle equazioni del moto. Lāazione (12.34) fornisce dunque lāequazione del moto dpĀµ/ds =
eF ĀµĪ½in uĪ½ , e non lāequazione di LorentzāDirac.
Lāassenza di unāazione da cui lāequazione di LorentzāDirac possa essere dedotta com-
porta, in particolare, che un eventuale tensore energiaāimpulso conservato debba essere
costruito āa manoā, problema che verra affrontato nel capitolo 13.
12.2.4 La particella carica libera: soluzione esatta
In alcuni casi semplici lāequazione di LorentzāDirac puo essere risolta esattamente, un
esempio essendo quello della particella libera. In questo caso si tratta di risolvere la
(12.23) con F ĀµĪ½in = 0,
wĀµ = Ļ
(dwĀµ
ds+ w2uĀµ
). (12.35)
Limite non relativistico e soluzioni ārunawayā. Prima di affrontare la soluzione ge-
nerale di questa equazione, la risolviamo nel limite non relativistico. Per fare questo
dobbiamo sviluppare la (12.35) in serie di potenze di 1/c, ed arrestarci allāordine piu bas-
so. E sufficiente considerare le tre equazioni funzionalmente indipendenti, ovvero, quelle
spaziali, che possono essere scritte come,
~w =Ļā
1ā v2
(d~w
dt+ w2~v
), (12.36)
dove,
~w =1ā
1ā v2
d
dt
~vā1ā v2
=~a
1ā v2+
~v Ā· ~a(1ā v2)2
~v, w2 = āa2 ā (~aĆ ~v)2
(1ā v2)3,
vedi problema 2.1. Moltiplicando lāespressione di ~w scalarmente per ~v si ottiene,
~v Ā· ~w =~v Ā· ~a
(1ā v2)2,
e cosı possiamo esprimere ~a in termini di ~w,
~a = (1ā v2) (~w ā (~v Ā· ~w)~v) .
355
Sostituendo per ~w la (12.36), e ricordando che si ha Ļ =e2
6Ļmc3, si ottiene lāequazione di
Newton tridimensionale,
m~a =e2
ā1ā v2
c2
6Ļc3
(d~w
dtā 1
c2
(~v Ā· d~w
dt
)~v +
1
c2
(1ā v2
c2
)w2~v
), (12.37)
dove abbiamo ripristinato la velocita della luce. Come si vede, nellāespansione non re-
lativistica il contributo dominante proviene dal termine di Schott, che e di ordine 1/c3,
mentre il termine di Larmor da luogo a contributi di ordine 1/c5. Tenendo nella (12.37)
solo il termine dominante, e ricordando che ~w = ~a + o(1/c2), concludiamo che nel limite
non relativistico la (12.35) si riduce semplicemente a m~a =e2
6Ļc3
d~a
dt, ovvero,
~a = Ļd~a
dt. (12.38)
La soluzione generale di questa equazione e,
~a(t) = ~C et/Ļ ā ~v(t) = Ļ ~C(et/Ļ ā 1
)+ ~v0,
dove ~C e un arbitrario vettore costante. Si riscontra quindi un fenomeno anomalo: pur
trovandosi in assenza di forze esterne, la particella accelera, e per tā +ā la sua velocita
tende a piu infinito, mentre non si riscontra nessuna anomalia per t ā āā. Queste
soluzioni, chiamate ārunaway solutionsā, non sono quindi fisicamente accettabili e devono
essere scartate. Se si impongono le condizioni supplementari (12.33), si vede che le uniche
soluzioni che le soddisfano sono quelle per cui ~C = 0. Otteniamo quindi,
~v(t) = ~v0,
corrispondente a un moto rettilineo uniforme ā come si conviene a una particella libera.
La situazione appena vista e prototipica: il ruolo delle condizioni supplementari
sara, infatti, sempre quello di eliminare le soluzioni che fisicamente non sono accetta-
bili. Nei prossimi paragrafi vedremo, tuttavia, che in presenza di interazione le soluzioni
dellāequazione di LorentzāDirac che soddisfano anche le (12.32), pur non esibendo un
comportamento anomalo di tipo runaway, sono in conflitto con la causalita.
Soluzione relativistica esatta. Abbiamo appena visto che in approssimazione non rela-
tivistica lāequazione di LorentzāDirac comporta moti per cui la velocita della particella
356
aumenta indefinitamente, comportamento che di per se invalida lāapprossimazione stessa.
Cerchiamo allora di risolvere lāequazione (12.35) esattamente. Per trovare la sua soluzione
generale e conveniente eseguire il cambiamento di variabile,
sā Ī»(s) = e s/Ļ ,d
ds=
Ī»
Ļ
d
dĪ».
Indicando la derivatad
dĪ»con un primo ā ā² ā, si ha,
wĀµ =Ī»
ĻuĀµā²,
dwĀµ
ds=
1
Ļ 2
(Ī»2 uĀµā²ā² + Ī»uĀµā²) ,
e la (12.35) si riduce allora a,
uā²ā²Āµ + (uā²uā²) uĀµ = 0, (uā²uā²) ā” uā²Ī½uĪ½ ā². (12.39)
Per risolvere questa equazione notiamo che lāidentita u2 = 1, implica che (uuā²) = 0.
Contraendo la (12.39) con uĀµā² si ottiene allora,
0 = (uā²uā²ā²) =1
2(uā²uā²)ā² ā (uā²uā²) = āK2,
con K costante positiva. Risostituendo questo risultato nella (12.39) si ottiene lāequazione
del repulsore armonico, con soluzione generale,
uĀµ = AĀµ eKĪ» + BĀµ eāKĪ», wĀµ =Ī»K
Ļ
(AĀµ eKĪ» āBĀµ eāKĪ»
), (12.40)
dove AĀµ e BĀµ sono vettori costanti. Infine, per soddisfare il vincolo u2 = 1, questi vettori
devono essere vincolati dalle relazioni,
A2 = 0 = B2, AĀµBĀµ =1
2. (12.41)
Come si vede, le soluzioni (12.40) esibiscono di nuovo un comportamento di tipo runa-
way, in quanto per s ā +ā, che corrisponde a Ī» ā +ā, tutte le componenti della
quadrivelocita divergono. Per grandi s lāenergia, per esempio, cresce come,
Īµ(s) = mu0(s) ā¼ mA0 exp(K exp
(s
Ļ
)).
Allo stesso modo divergono tutte le componenti di uĀµ e wĀµ. Corrispondentemente per
s ā +ā la velocita della particella tende alla velocita della luce, la velocita asintotica
essendo data da,
~vā = limsā+ā
~v = limsā+ā
~u
u0=
~A
| ~A|, |~vā| = 1.
357
Di nuovo vediamo che per sā āā, che corrisponde a Ī»ā 0, la quadrivelocita ammette
invece limite finito,
limsāāā
uĀµ(s) = AĀµ + BĀµ,
sicche per sā āā la velocita tende a un valore minore della velocita della luce. Si noti
che le scelte ~A = 0 e/o ~B = 0 sono proibite dalle (12.41).
Imponiamo allora di nuovo le condizioni supplementari (12.32). Dalle (12.40) si vede
che le uniche soluzioni per cui wĀµ(s) tende a zero per sā +ā, sono quelle corrispondenti
a,
K = 0 ā wĀµ(s) = 0, ā s,
che comporta uĀµ(s) = AĀµ + BĀµ = costante.
Concludiamo che le uniche soluzioni dellāequazione di LorentzāDirac per la particella
libera, compatibili con le (12.32), corrispondono a moti rettilini uniformi, in accordo con
lāesperienza. Nel prossimo paragrafo vedremo, invece, che in presenza di forze esterne la
situazione sara alquanto piu problematica.
12.2.5 Moto in campo costante: preaccelerazione
Analizzeremo ora il moto di una particella soggetta a un campo elettrico indipendente
dal tempo e unidirezionale, esteso a una regione spaziale limitata. Considereremo soli
moti che avvengono lungo la stessa direzione del campo. Questo esempio, per quanto
semplice possa sembrare, esibisce tutti gli aspetti problematici inerenti allāequazione di
LorentzāDirac in presenza di una generica forza esterna.
In questo caso il campo esterno F ĀµĪ½in consiste di un campo elettrico, diciamo in direzione
z, ~E = (0, 0, E), e di un campo magnetico nullo. Per il momento non facciamo nessuna
ipotesi sulla dipendenza di E da z, a parte la solita condizione asintotica,
limzāĀ±ā
E(z) = 0.
E allora consistente assumere che il moto avvenga lungo lāasse delle z. Definendo,
u ā” u3,
e indicando la derivatad
dscon un primo ā ā² ā, abbiamo allora,
uĀµ = (u0, 0, 0, u), (u0)2 ā u2 = 1, wĀµ = (u0ā², 0, 0, uā²).
358
Riferendoci alla (12.23) la quadriforza esterna diventa allora,
e F ĀµĪ½in uĪ½ =
(eEu, 0, 0, eEu0
).
Siccome la variabile u0 e una funzione di u ā che diventa lāunica incognita del sistema ā e
sufficiente scrivere la componente z dellāequazione di LorentzāDirac, come unica equazione
funzionalmente indipendente. Dato che si ha,
u0ā² =d
ds
ā1 + u2 =
uuā²ā1 + u2
,
segue,
w2 = u0ā²2 ā uā²2 = ā uā²2
1 + u2,
e la componente z della (12.23) si scrive allora,
uā² = Ļ
(uā²ā² ā uuā²2
1 + u2
)+
F
mu0, F ā” eE, (12.42)
dove F e la forza esterna. E conveniente cambiare incognita u(s)ā Ī³(s), secondo,
u = sinh Ī³, u0 = cosh Ī³,
che dopo semplici passaggi riduce la (12.42) a,
Ī³ā² = ĻĪ³ā²ā² +F
m. (12.43)
Per quello che segue e utile riscrivere Ī³ā² come,
Ī³ā² =
du
dsdu
dĪ³
=1
u0
du
ds,
che equivale quindi a,
Ī³ā² =du
dt=
w3
u0. (12.44)
Aanalizzamo ora le caratteristiche della soluzione generale della (12.43). Siccome
allāinfinito spaziale il campo esterno va a zero, per sā +ā lāequazione si riduce sempli-
cemente a,
Ī³ā² = ĻĪ³ā²ā² ā Ī³ā² = Ces/Ļ ā Ī³ = CĻ es/Ļ + B. (12.45)
359
La quadrivelocita u(s) = sinh Ī³(s) diverge quindi di nuovo violentemente per s ā +ā,
anche se la forza allāinfinito va zero, e le (12.32) impongono di nuovo C = 0. Per
E(z) = 0 identicamente, riotteniamo in particolare le soluzioni della particella libera
(12.40). Tuttavia, per E 6= 0 non e piu cosı ovvio in che modo possiamo imporre le
condizioni supplementari (12.32), e che effetto tali condizioni avranno sulle soluzioni che
le soddisfano.
Campo esterno uniforme. Per fare un esempio concreto supponiamo che il campo elet-
trico sia diverso da zero solo in un intervallo dellāasse z, e che sia ivi costante. Sara
allora,
F (s) = e E Ļ[a,b](s),
dove abbiamo introdotto la funzione caratteristica dellāintervallo [a, b], ed E e costante.
Per una forza esterna siffatta e facile scrivere la soluzione generale (āintegrale primoā)
della (12.43),
Ī³ā² =F
m+
eE
m
(H(aā s) e(sāa)/Ļ āH(bā s) e(sāb)/Ļ
)+ C es/Ļ , (12.46)
con C costante arbitraria. Per s ā +ā si conferma lāandamento asintotico (12.45), in
quanto per s > b le funzioni di Heaviside si annullano entrambe.
E ora facile imporre le (12.32), che in questo caso si riducono a,
limsā+ā
w3 = 0, limsā+ā
u0 = u0ā.
Per via della (12.44) questo significa che deve essere,
limsā+ā
Ī³ā² = 0,
e lāunico valore di C per cui cio succede risulta essere ancora C = 0. Usando la (12.44) e
introducendo la quantita di moto p = mu, la (12.46) si riduce allora a,
dp
dt= F + Ffr, (12.47)
dove,
Ffr = eE(H(aā s) e(sāa)/Ļ āH(bā s) e(sāb)/Ļ
),
rappresenta la forza di frenamento. La (12.47) e da interpretarsi a tutti gli effetti come
lāequazione di Newton della particella, che tiene conto anche della reazione di radiazione.
360
Si vede che la forza di frenamento e diversa da zero ā s < a, e la particella subisce quindi
una āpreaccelerazioneā lungo un intero tratto dellāasse z, in cui la forza esterna e nulla.
Questo fenomeno e chiaramente in conflitto con la causalita in quanto ālāeffettoā, cioe,
lāaccelerazione, precederebbe la ācausaā, cioe, la forza esterna. Dāaltra parte la forza di
frenamento Ffr ā responsabile della preaccelerazione ā e sensibilmente diversa da zero
solo negli intervalli [a, aā Ļ ] e [b, bā Ļ ]. Questa forza distorce quindi apprezzabilmente la
forza esterna solo se bā a ā¼ Ļ , cioe, se il campo esterno varia apprezzabilmente su scale
temporali piccolissime, dellāordine di Ļ .
Da questa soluzione esatta dellāequazione di LorentzāDirac vediamo che (lāinevitabile)
riduzione dellāequazione dal terzo al secondo ordine, comporta una violazione della cau-
salita ā sotto forma di una preaccelerazione ā su una scala temporale dellāordine di Ļ .
Nella prossima sezione faremo vedere che questa conclusione ha carattere completamente
generale, e discuteremo in particolare la possibilita di osservare questa rottura di causalita
sperimentalmente.
12.3 Lāequazione integroādifferenziale di Rohrlich
In questa sezione vogliamo analizzare le proprieta generali del sottoinsieme di soluzioni
dellāequazione di LorentzāDirac, che soddisfano anche le condizioni supplementari (12.32).
Abbiamo visto che queste ultime sono necessarie per eliminare le soluzioni runaway, e
per rendere lāequazione di LorentzāDirac nuovamente compatibile con il determinismo
newtoniano. Con le condizioni āinizialiā 54,
yĀµ(0) = yĀµ0 , uĀµ(0) = uĀµ
0 , limsā+ā
wĀµ(s) = 0, (12.48)
lāequazione (12.23) ammette, infatti, unāunica soluzione.
Vediamo allora quali sono le caratteristiche delle soluzioni che soddisfano questi dati
iniziali, in particolare la condizione asintotica sullāaccelerazione. Un metodo standard per
imporre concretamente una condizione iniziale su unāequazione differenziale di ordine n,
consiste nel trasformare lāequazione differenziale in unāequazione integroādifferenziale di
54Lāunicita della soluzione e garantita sotto opportune ipotesi di regolarita della forza esterna. Inparticolare in (12.48) abbiamo omesso la condizione dellāesistenza della velocita asintotica ā vedi (12.32)ā in quanto implicata, sotto opportune condizioni, dallāannullamento della quadriaccelerazione asintotica.
361
ordine nā 1, che ingloba automaticamente la condizione iniziale. In generale ci sono vari
modi per operare questa riduzione; noi seguiremo quı il metodo di F. Rohrlich 55, che ha
il particolare pregio di preservare lāinvarianza di Lorentz a vista.
Riprendiamo dunque lāequazione di LorentzāDirac (12.23), riscrivendola nella forma,
m
(wĀµ ā Ļ
dwĀµ
ds
)=
e2
6Ļw2uĀµ + e F ĀµĪ½
in uĪ½ ā” F Āµ. (12.49)
Siccome e F ĀµĪ½in uĪ½ e la forza esterna, e il termine di Larmor e2
6Ļw2uĀµ e responsabile dellāe-
missione del quadrimomento totale, interpretiamo F Āµ come la quadriforza totale effettiva.
Un argomento qualitativo. Prima di procedere diamo un argomento qualitativo ā ma
generale ā per la presenza inevitabile di un effetto di preaccelerazione, in una generica
soluzione dellāequazione di LorentzāDirac. Siccome Ļ e piccolo possiamo, infatti, riscrivere
la (12.49) come,
mwĀµ(sā Ļ) ā F Āµ(s),
oppure,
mwĀµ(s) ā F Āµ(s + Ļ). (12.50)
Lāaccelerazione allāistante s sarebbe quindi determinata dalla forza effettiva allāistante
avanzato sā² ā¼ s + Ļ , di nuovo in conflitto con la causalita.
Riduciamo ora lāequazione differenziale del terzo ordine (12.49), a unāequazione integroā
differenziale del secondo ordine, imponendo la condizione asintotica su wĀµ in (12.48). A
questo scopo moltiplichiamo lāequazione per eās/Ļ e la riscriviamo nella forma,
āmĻd
ds
(eās/ĻwĀµ(s)
)= eās/ĻF Āµ(s).
Integrando tra un generico istante s e un istante finale b otteniamo,
m(eās/ĻwĀµ(s)ā eāb/ĻwĀµ(b)
)=
1
Ļ
ā« b
s
eāĪ»/ĻF Āµ(Ī») dĪ». (12.51)
Per imporre la condizione,
limbā+ā
wĀµ(b) = 0,
55F. Rohrlich, Classical charged particles, AddisonāWesley, Massachusetts, 1965.
362
eseguiamo nella (12.51) il limite per bā +ā, ottenendo 56,
meās/ĻwĀµ(s) =1
Ļ
ā« ā
s
eāĪ»/ĻF Āµ(Ī») dĪ».
Dopo il cambiamento di variabile Ī» = Ī±Ļ + s, si ottiene lāequazione integroādifferenziale
di Rohrlich,
mwĀµ(s) =
ā« ā
0
eāĪ±F Āµ(s + ĻĪ±) dĪ±. (12.52)
Questa equazione e ora del secondo ordine nelle derivate di yĀµ(s) ā altamente non lineare
in quanto F in generale e una funzione complicata di y, u e della stessa w ā che ammette,
tuttavia, soluzione unica, note le condizioni iniziali y0 e u0. Lāequazione presuppone
implicitamente lāesistenza dellāintegrale a secondo membro nella (12.52).
Abbiamo gia anticipato che il pregio principale di questa equazione e la sua Lorentzā
invarianza manifesta. Uno dei suoi difetti, invece, sta nel fatto che difficilmente essa
puo essere usata per analizzare in concreto lāeffetto della forza di frenamento sul moto
della particella. Per esempio, nel caso della particella libera la forza effettiva si riduce
a F Āµ = e2
6Ļw2uĀµ, ma non e immediato risolvere la (12.52) esplicitamente ā nemmeno in
questo caso semplice. Si puo, tuttavia, verificare che tra le soluzioni generali (12.40), le
uniche che soddisfano la (12.52) con F ĀµĪ½in = 0, sono quelle per cui K = 0.
12.3.1 Preaccelerazione e violazione della causalita
Eseguiamo ora unāanalisi qualitativa delle soluzioni dellāequazione di Rohrlich. Come
prima cosa osserviamo che lāaccelerazione nel punto s non dipende solo dal valore della
forza effettiva F Āµ in s, ma anche dai suoi valori in tutti gli istanti successivi sā² = s + ĻĪ±.
Di nuovo riscontriamo, quindi, una violazione della causalita sotto forma di una preac-
celerazione. Tuttavia, grazie alla presenza del fattore di damping eāĪ±, che nellāintegrale
sopprime i contributi provenienti dai valori di Ī±Ć 1, gli istanti che contribuiscono mag-
giormente allāaccelerazione in s, sono quelli dellāordine di sā² ā¼ s + Ļ , in accordo con la
(12.50).
56Si noti che per una soluzione generica il termine eāb/ĻwĀµ(b) diverge per b ā +ā, nonostante lapresenza del termine di smorzamento eāb/Ļ , perche wĀµ(b) diverge piu fortemente dellāesponenziale. Siveda in proposito la soluzione per la particella libera (12.40), nel qual caso,
wĀµ(b) ā¼ K Ā· exp(b/Ļ) Ā· exp[K(exp(b/Ļ))].
363
Per quantificare lāeffetto della violazione della causalita riscriviamo la (12.52) nel modo
seguente,
mwĀµ(s) = F Āµ(s) + āF Āµ(s), (12.53)
āF Āµ(s) ā”ā« ā
0
eāĪ± [F Āµ(s + ĻĪ±)ā F Āµ(s)] dĪ±. (12.54)
Abbiamo cosı diviso la forza risultante in due contributi: il primo, F Āµ(s), rappresenta la
forza ānominaleā e dipende solo da s. Il secondo invece, āF Āµ(s), codifica la violazione
della causalita. In particolare, confrontando la (12.53) con la (12.49) vediamo che questo
ultimo eguaglia proprio il termine di Schott,
āF Āµ(s) = mĻdwĀµ
ds.
La violazione della causalita sara quindi riscontrabile sperimentalmente, se āF Āµ e ap-
prezzabile rispetto a F Āµ. Per stimare āF Āµ notiamo che, come visto sopra, nellāinte-
grale (12.54) i valori di Ī± rilevanti sono dellāordine dellāunita. Possiamo quindi porre
F Āµ(s + ĻĪ±) ā¼ F Āµ(s + Ļ), e dare la stima,
āF Āµ(s) āā« ā
0
eāĪ± [F Āµ(s + Ļ)ā F Āµ(s)] dĪ± = F Āµ(s + Ļ)ā F Āµ(s). (12.55)
āF Āµ eguaglia, quindi, la variazione di F Āµ su una scala temporale dellāordine di Ļ . Se
questa variazione e piccola rispetto a F Āµ, allora la violazione della causalita sara inosser-
vabile. Di nuovo vediamo che il fenomeno della preaccelerazione risulta osservabile solo se
i campi esterni variano in modo apprezzabile durante il tempo Ļ = 0.6 Ā·10ā23s. Si noti che
in questo tempo la luce percorre lo spazio c Ļ ā¼ r0, pari al raggio classico della particella.
Violazione della causalita e Meccanica Quantistica. Analizziamo ora lāeffetto di campi
variabili cosı rapidamente a livello quantistico 57. Per campi che variano su una scala
temporale generica āT , il principio di Heisenberg predice unāindeterminazione in energia
dellāordine di āĪµ ā¼ ~āT
. Dāaltra parte, la scala energetica alla quale si innesca la pro-
duzione di coppie virtuali particella/antiparticella e data da āĪµ ā¼ 2m. Per raggiungere
questa soglia e allora necessario che i campi varino su una scala temporale dellāordine di,
āT ā¼ ~2mā¼ 4Ļ~
e2
e2
6Ļmā¼ 137 Ļ.
57Lāanalisi quantistica che segue va pensata svolta nel sistema di riferimento in cui la particella e istan-taneamente a riposo, dove valgono le leggi della Meccanica Quantistica non relativistica. In particolare,il tempo proprio s si identifica allora con il tempo t.
364
Per poter osservare una violazione della causalita in Elettrodinamica classica servireb-
bero, invece, campi che variano su una scala temporale Ļ , scala che e di un fattore 137
piu piccola di āT ! Campi siffatti danno dunque luogo alla produzione di coppie, e si
trovano quindi gia in forte regime quantistico. Concludiamo che la rottura classica della
causalita e schermata da effetti quantistici: nel regime in cui la violazione della causalita
si manifesterebbe, lāElettrodinamica classica non e piu valida, e la rottura della causalita
quindi inosservabile.
A una conclusione analoga si arriva considerando una particella che si muove sotto
lāeffetto di una forza esterna, che le imprime una frequenza Ļ. In questo caso si ha, da
(12.55),
āF Āµ(s) ā¼ ĻdF Āµ(s)
dsā¼ Ļ Ļ F Āµ(s).
āF Āµ(s) e quindi apprezzabile rispetto a F Āµ(s) solo se la frequenza e molto grande, del-
lāordine di Ļ ā¼ 1
Ļ, ovverosia, dato che Ī» =
2Ļ
Ļ, se la lunghezza dāonda della radiazione
emessa e molto piccola, dellāordine di Ī» ā¼ r0. Dāaltra parte, lāordine di grandezza del-
le lunghezze dāonda alle quali lāElettrodinamica classica cessa di valere, e rappresentato
dalla lunghezza dāonda Compton,
Ī»C =~mā¼ 137 r0.
Per lunghezze dāonda di questo ordine di grandezza incomincia a manifestarsi la natura
quantistica del campo elettromagnetico, cioe, la sua composizione in termini di fotoni.
Per poter osservare la violazione della causalita servirebbero, invece, lunghezze dāonda
dellāordine di Ī» ā¼ r0, che sono di un fattore 137 piu piccole di Ī»C . Per lunghezze dāonda
cosı corte il campo elettromagnetico si trova gia in pieno regime quantistico, ed eventuali
effetti acausali sono di nuovo inosservabili.
Riassumendo possiamo quindi affermare che lāequazione di LorentzāDirac, ovverosia,
la sua versione integroādifferenziale di Rohrlich, da luogo a una violazione della causa-
lita, che rende lāElettrodinamica classica inconsistente. Tuttavia, da un punto di vista
fenomenologico questa violazione avviene su scale di distanze, energie e tempi per cui lāE-
lettrodinamica classica non e piu valida, e deve essere sostituita dalla teoria quantistica
relativistica dei campi.
365
12.4 Il problema relativistico a due corpi
In questa sezione analizziamo il bilancio del quadrimomento nel problema a due corpi
relativistico. Ci limiteremo a considerare due particelle cariche che percorrono orbite
aperte, essendo sottoposte alla sola interazione elettromagnetica reciproca. Nel limite
non relativistico queste orbite sono iperboli.
Limite non relativistico. Riassumiamo prima la descrizione della dinamica di questo
sistema nel limite non relativistico, v1,2 Āæ 1. Indicando le leggi orarie con ~y1,2 ā” ~y1,2(t),
in questo caso le particelle obbediscono alle equazioni del moto e leggi della potenza,
d~p1
dt= e1
~E2(~y1),dĪµ1
dt= e1 ~v1 Ā· ~E2(~y1), (12.56)
d~p2
dt= e2
~E1(~y2),dĪµ2
dt= e2 ~v2 Ā· ~E1(~y2), (12.57)
dove i campi elettrici (di LienardāWiechert) non relativistici sono dati da,
~E1(~x) =e1
4Ļ
~xā ~y1
|~xā ~y1|3 , ~E2(~x) =e2
4Ļ
~xā ~y2
|~xā ~y2|3 .
Vale il principio di azione e reazione e1~E2(~y1) + e2
~E1(~y2) = 0, e quindi si conserva la
quantita di moto totale ~p1 + ~p2. Per quanto riguarda lāenergia risulta invece,
d(Īµ1 + Īµ2)
dt= ā d
dt
(e1 e2
4Ļ|~y1 ā ~y2|)ā” ādĪµp
dt, (12.58)
e si conserva lāenergia āmeccanicaā Īµ1 +Īµ2 +Īµp . Siccome lāenergia potenziale Īµp a t = Ā±āsi annulla, si conserva pure lāenergia cinetica totale Īµ1 + Īµ2, tra t = āā e t = +ā.
Indicando con āāā la variazione tra questi due istanti asintotici abbiamo quindi,
āpĀµ ā” ā(pĀµ1 + pĀµ
2) = 0. (12.59)
Diffusione relativistica. Consideriamo ora lo stesso processo a livello relativistico. In
questo caso le (12.56), (12.57) devono essere sostituite dalle equazioni, vedi (12.24),
dpĀµ1
ds1
=e21
6Ļ
(dwĀµ
1
ds1
+ w21u
Āµ1
)+ e1FĀµĪ½
2 (y1) u1Ī½ , (12.60)
dpĀµ2
ds2
=e22
6Ļ
(dwĀµ
2
ds2
+ w22u
Āµ2
)+ e2FĀµĪ½
1 (y2) u2Ī½ , (12.61)
dove FĀµĪ½1,2(x) sono i campi di LienardāWiechert prodotti dalle due particelle. In questo caso
non vale piu il principio di azione e reazione, e di conseguenza la (12.59) risulta violata.
366
Come sappiamo, il quadrimomento totale delle due particelle non si conserva durante il
processo di diffusione a causa dellāemissione di radiazione ā che nel limite non relativistico
viene trascurata. In quanto segue vogliamo trovare la generalizzazione relativistica della
(12.59).
Per velocita arbitrarie le orbite delle particelle non sono piu iperboli, ma asintotica-
mente lāaccelerazione e ancora nulla, perche a grandi distanze la forza di mutua interazione
svanisce 58. Avremo quindi,
limsāĀ±ā
wĀµ(s) = 0, limsāĀ±ā
uĀµ(s) = uĀµĀ±, (12.62)
per entrambe le particelle. Integrando le (12.60), (12.61) tra s = āā e s = +ā, il
termine di Schott allora non contribuisce, e risulta,
āpĀµ1 =
e21
6Ļ
ā«w2
1 uĀµ1 ds1 + e1
ā«FĀµĪ½
2 (y1) u1Ī½ ds1, (12.63)
āpĀµ2 =
e22
6Ļ
ā«w2
2 uĀµ2 ds2 + e2
ā«FĀµĪ½
1 (y2) u2Ī½ ds2. (12.64)
Occupiamoci ora degli integrali che coinvolgono la forza di interazione reciproca. Espri-
mendo il tensore di Maxwell in termini del potenziale vettore abbiamo,
e1
ā«FĀµĪ½
2 (y1) u1Ī½ ds1 = e1
ā«[āĀµAĪ½
2(y1)ā āĪ½AĀµ2(y1)] u1Ī½ds1
= e1
ā«āĀµAĪ½
2(y1)u1Ī½ ds1 ā e1
ā«dAĀµ(y1)
ds1
ds1
= e1
ā«āĀµAĪ½
2(y1)u1Ī½ ds1 ā e1 (AĀµ(ā)āAĀµ(āā))
= e1
ā«āĀµAĪ½
2(y1)u1Ī½ ds1, (12.65)
dove abbiamo sfruttato il fatto che il potenziale vettore allāinfinito spaziale si annulla.
Per valutare il termine rimasto conviene usare lāespressione per il potenziale di Lienardā
Wiechert data in (6.86),
AĪ½2(x) =
e2
2Ļ
ā«uĪ½
2 H(x0 ā y02) Ī“((xā y2)
2) ds2.
Si ottiene,
āĀµAĪ½2(x) =
e2
Ļ
ā«(xĀµ ā yĀµ
2 ) uĪ½2 H(x0 ā y0
2) Ī“ā²((xā y2)2) ds2,
58E sottinteso che selezioniamo le soluzioni āfischeā delle (12.60), (12.61), che soddisfano le condizionisupplementari (12.32).
367
in quanto la derivata della funzione di Heaviside non contribuisce, e quindi,
e1
ā«āĀµAĪ½
2(y1)u1Ī½ ds1 =e1 e2
Ļ
ā«ds1
ā«ds2 (yĀµ
1 ā yĀµ2 ) (u2 u1) H(y0
1 ā y02) Ī“ā²((y1 ā y2)
2).
Sommando le (12.63) e (12.64), per la variazione del quadrimomento totale delle due
particelle tra t = āā e t = +ā si ottiene allora,
āpĀµ =e21
6Ļ
ā«w2
1 uĀµ1 ds1 +
e22
6Ļ
ā«w2
2 uĀµ2 ds2 + (12.66)
e1 e2
Ļ
ā«ds1
ā«ds2 (yĀµ
1 ā yĀµ2 ) (u2 u1)
(H(y0
1 ā y02)āH(y0
2 ā y01)
)Ī“ā²((y1 ā y2)
2),
versione relativistica della (12.59). Al membro di destra abbiamo il contributo dei due
termini di Larmor, che rappresentano la radiazione emessa dalle due particelle singolar-
mente. Ma poi compare un ulteriore termine, proporzionale a e1e2 ed originante quindi
dalle forze di mutua interazione, che e dovuto allāinterferenza tra i campi di radiazione
delle due particelle.
Per analizzare la natura delle varie correzioni relativistiche contenute nella (12.66) e piu
conveniente tornare alle equazioni di partenza (12.60) e (12.61), ed eseguirne unāespansione
non relativistica. In questo modo saremo anche in grado di confrontarle direttamente con
le (12.56), (12.57).
12.4.1 Espansione non relativistica
Di seguito eseguiremo unāespansione non relativistica in potenze di 1/c, delle equazioni
(12.60) e (12.61). Dalle espansioni del paragrafo 12.2.4 sappiamo che le forze di frenamento
cominciano con termini di ordine 1/c3, e conosciamo anche la loro forma. Limitandoci
a termini fino allāordine 1/c3, le componenti spaziali delle (12.60) e (12.61) si scrivono
allora,
d~p1
dt=
e21
6Ļc3
d~a1
dt+ ~F21, (12.67)
d~p2
dt=
e22
6Ļc3
d~a2
dt+ ~F12, (12.68)
dove abbiamo definito le forze di interazione,
~F21 = e1
(~E2(y1) +
~v1
cĆ ~B2(y1)
), ~F12 = e2
(~E1(y2) +
~v2
cĆ ~B1(y2)
). (12.69)
368
Per quanto riguarda, invece, le leggi della potenza occorre valutare la componente 0 della
forza di frenamento ĪĀµ, vedi (12.31). In questo caso contribuiscono sia il termine di
Larmor, che quello di Schott,
Ī0 =e2
6Ļc3
1ā1ā v2
c2
(dw0
dt+ w2
)=
e2
6Ļc3
(d
dt(~v Ā· ~a)ā |~a|2
)+ o
(1
c5
)
=e2
6Ļc3~v Ā· d~a
dt+ o
(1
c5
).
Arrestandoci allāordine 1/c3, le componenti Āµ = 0 delle (12.60), (12.61) si riducono allora
a,
dĪµ1
dt=
e21
6Ļc3~v1 Ā· d~a1
dt+ e1 ~v1 Ā· ~E2(y1), (12.70)
dĪµ2
dt=
e22
6Ļc3~v2 Ā· d~a2
dt+ e2 ~v2 Ā· ~E1(y2). (12.71)
Si verifica facilmente che le (12.70), (12.71) sono conseguenze delle (12.67), (12.68), in
quanto dalla relazione algebrica Īµ2 = c2p2 + m2c4 segue che,
ĪµdĪµ
dt= c2 ~p Ā· d~p
dtā dĪµ
dt= ~v Ā· d~p
dt.
Espansione non relativistica di potenziali e campi. Dalle formule scritte si vede che,
per consistenza dellāapprossimazione, e necessario espandere il campo elettrico fino ai
termini di ordine 1/c3, e il campo magnetico fino ai termini di ordine 1/c2. Dovremmo
quindi sviluppare i campi di LienardāWiechert (6.107), (6.108) in serie di potenze di 1/c,
arrestandoci agli ordini richiesti. Dal punto di vista tecnico questa operazione risulta
complicata dal fatto che e necessario sviluppare in serie di potenze di 1/c anche il tem-
po ritardato tā²(t, ~x). Difatti, per eseguire lāespansione non relativistica dei campi e piu
conveniente esprimere questi ultimi in termini dei potenziali di LienardāWiechert (6.93),
~E = ā~āA0 ā 1
c
ā ~A
āt, ~B = ~āĆ ~A, (12.72)
e sviluppare dunque i potenziali. Dobbiamo allora espandere A0 fino ai termini di ordine
1/c3, e ~A fino ai termini di ordine 1/c2. Infine, invece di usare per il quadripotenziale la
formula (6.93), e piu conveniente ripartire dalla rappresentazione integrale (6.48),
AĀµ =1
4Ļc
ā«d3z
1
|~xā ~z| jĀµ
(tā |~xā ~z|
c, ~z
), (12.73)
369
dove per una singola particella la corrente e data da,
jĀµ(t, ~x) = e V Āµ(t) Ī“3(~xā ~y(t)), V Āµ(t) = (c, ~v(t)) .
Incominciamo espandendo la (12.73) in serie di potenze di 1/c, arrestandoci al terzo
ordine,
AĀµ =1
4Ļc
ā«d3z
(jĀµ(t, ~z)
|~xā ~z| ā1
c
ājĀµ(t, ~z)
āt+
1
2c2|~xā ~z| ā
2jĀµ(t, ~z)
āt2ā 1
6c3|~xā ~z|2 ā3jĀµ(t, ~z)
āt3
)
=1
4Ļc
ā«d3z
jĀµ(t, ~z)
|~xā ~z| ā1
4Ļc2
ā
āt
ā«d3z jĀµ(t, ~z)
+1
8Ļc3
ā2
āt2
ā«d3z |~xā ~z| jĀµ(t, ~z)ā 1
24Ļc4
ā3
āt3
ā«d3z |~xā ~z|2 jĀµ(t, ~z)
=e
4Ļc
(V Āµ
rā 1
c
āV Āµ
āt+
1
2c2
ā2
āt2(rV Āµ)ā 1
6c3
ā3
āt3(r2V Āµ
)),
dove abbiamo posto,
~r = ~xā ~y(t), r = |~r|.
I potenziali, fino allāordine richiesto, sono allora dati da,
A0 =e
4Ļ
(1
r+
1
2c2
ā2r
āt2ā 1
6c3
ā3r2
āt3
),
~A =e
4Ļ
(~v
c rā ~a
c2
).
Si noti che in A0 e assente il contributo di ordine 1/c. Ricordiamo che le formule appena
scritte costituiscono le espansioni non relativistiche dei potenziali di LienardāWiechert
(6.93). Per determinare il campo elettrico occorre calcolare,
ā~āA0 =e
4Ļ
(~r
r3ā 1
2c2
ā2r
āt2ā 1
3c3
d~a
dt
), (12.74)
ā1
c
ā ~A
āt= ā e
4Ļ
(1
c2
ā
āt
(~v
r
)ā 1
c3
d~a
dt
), (12.75)
dove abbiamo posto,
r =~r
r.
370
Usando,ār
āt=
(r Ā· ~v) r ā ~v
r,
ār
āt= ār Ā· ~v,
per valutare le derivate nelle (12.74), (12.75), le (12.72) danno allora,
~E =e
4Ļ
(~r
r3ā 1
2c2
ā
āt
(~v + (r Ā· ~v)r
r
)+
2
3c3
d~a
dt
)(12.76)
=e
4Ļ
(~r
r3ā 1
2c2r
(~a + (r Ā· ~a) r +
(3(r Ā· ~v)2 ā v2) r
r
)+
2
3c3
d~a
dt
), (12.77)
~B =e
4Ļc~v Ć ~r
r3. (12.78)
Si noti che in ~B il termine di ordine 1/c2 e assente, perche ~a e indipendente da ~x.
In ~E si riconosce allāordine piu basso il termine coulombiano, lāordine 1/c2 compren-
de una correzione relativistica di tipo cinetico al campo coulombiano, mentre il termi-
ne di ordine 1/c3 rappresenta la radiazione, come vedremo tra poco. Insistiamo sul
fatto che le (12.77), (12.78) costituiscono le espansioni non relativistiche dei campi di
LienardāWiechert (6.107), (6.108).
Determinazione di āpĀµ. Dati questi campi possiamo ora analizzare il trasferimento
di quadrimomento dalle particelle al campo elettromagnetico durante il processo di dif-
fusione. Consideriamo prima la quantita di moto. Valutando i campi (12.77) e (12.78)
lungo le traiettorie delle due particelle, possiamo determinare la forza dāinterazione totale
~F12 + ~F21, usando le (12.69). Il campo coulombiano si cancella, e dopo un semplice conto
si ricava che questa forza si puo scrivere come una derivata totale,
~F12 + ~F21 =e1e2
4Ļ
d
dt
(ā 1
2c2r12
(~v1 + ~v2 + [~m Ā· (~v1 + ~v2)]~m ) +2
3c3(~a1 + ~a2)
), (12.79)
dove abbiamo posto,
r12 = |~y2 ā ~y1|, ~m =~y2 ā ~y1
|~y2 ā ~y1| .
Sommando le (12.67) e (12.68), e integrando tra t = āā e t = +ā si trova allora,
ā (~p1 + ~p2) =
ā« ā
āā
(~F12 + ~F21
)dt = 0,
perche per t ā Ā±ā si ha ~a1,2 ā 0, e 1/r12 ā 0. Durante il processo di diffusione
la quantita di moto totale delle due particelle dunque non cambia, nonostante si abbia
371
d(~p1 + ~p2)/dt 6= 0. Questo risultato e evidentemente in accordo con il fatto che in ap-
prossimazione non relativistica, ovvero, in approssimazione di dipolo, la radiazione non
trasporta quantita di moto, vedi paragrafo 7.3.2. Con cio abbiamo in particolare verificato
che il membro di destra della parte spaziale dellāequazione (12.66) e di ordine 1/c4.
Passiamo ora allāanalisi del trasferimento di energia, sommando le (12.70) e (12.71).
Usando la (12.76) si dimostra facilmente che la somma delle āpotenze relativeā si puo
scrivere come,
e1 ~v1 Ā· ~E2(y1) + e2 ~v2 Ā· ~E1(y2) = ādĪµp
dt+
e1e2
6Ļc3
(~v1 Ā· d~a2
dt+ ~v2 Ā· d~a1
dt
), (12.80)
dove abbiamo definito lāenergia potenziale modificata,
Īµp =e1e2
4Ļr12
(1 +
1
2c2(~v1 Ā· ~v2 + (~m Ā· ~v1)(~m Ā· ~v2))
).
Nella (12.80) il termine di ordine zero e il potenziale coulombiano non relativistico, vedi
(12.58), i termini di ordine 1/c2 corrispondono a una correzione cinematica al potenziale
coulombiano, mentre i termini di ordine 1/c3 rappresentano gli effetti dellāinterferenza
tra le radiazioni emesse dalle due cariche. Sommando le (12.70), (12.71) si ottiene in
definitiva,d
dt(Īµ1 + Īµ2 + Īµp) =
1
6Ļc3(e1~v1 + e2~v2) Ā· d
dt(e1~a1 + e2~a2).
Integrando questa relazione tra t = āā e t = +ā, e sfruttando il fatto che allāinfinito
vale ancora Īµp ā 0, si ottiene per la variazione dellāenergia totale delle due particelle,
ā(Īµ1 + Īµ2) =1
6Ļc3
ā«dt (e1~v1 + e2~v2) Ā· d
dt(e1~a1 + e2~a2) = ā 1
6Ļc3
ā«dt |e1~a1 + e2~a2|2 .
(12.81)
Abbiamo eseguito unāintegrazione per parti, sfruttando di nuovo il fatto che per t āĀ±ā, si ha ~a1,2 ā 0. Si noti che il risultato (12.81) e in accordo con la formula (7.44),
che da la potenza emessa da un generico sistema carico sotto forma di radiazione, in
approssimazione di dipolo: in assenza di forze esterne lāenergia totale del sistema ācariche
+ campoā si deve, infatti, conservare. Confrontando la (12.81) con la componente 0 della
(12.66) si vede, infine, che i termini di Larmor vengono riprodotti correttamente nel limite
non relativistico, mentre il termine di interferenza ā la seconda riga nella (12.66) ā e dato
372
da,
āe1 e2
3Ļc3
ā«dt (~a1 Ā· ~a2),
modulo termini di ordine 1/c4.
Lagrangiana al secondo ordine. Per concludere osserviamo che la dinamica di un si-
stema di due particelle cariche ā vedi le equazioni (12.67), (12.68) ā tenendo conto delle
correzioni relativistiche fino allāordine 1/c2 puo essere dedotta dalla lagrangiana,
L =1
2m2
1v21 +
1
2m2
2v22 +
1
8m1
v41
c2+
1
8m2
v42
c2ā e1e2
4Ļr12
(1ā 1
2c2(~v1 Ā· ~v2 + (~m Ā· ~v1)(~m Ā· ~v2))
).
La verifica e lasciata per esercizio. Osserviamo, comunque, che i termini di ordine v4/c2
discendono dallo sviluppo dellāazione libera, āmcā«
ds = āmc2ā« ā
1ā v2/c2dt, fino al-
lāordine 1/c2. I termini del tipo v2/c2r12 riproducono, invece, le correzioni di ordine 1/c2
alle forze (12.69), dove i campi elettrico e magnetico sono dati dalle (12.77), (12.78).
Infine facciamo notare che i termini di ordine 1/c3 nelle equazioni (12.67), (12.68), non
possono essere dedotti da una lagrangiana, il motivo essendo che questi termini sono lineari
nelle derivate terze delle coordinate. Considerando una singola particella lāequazione da
riprodurre sarebbe,
m~a =e2
6Ļc3
d~a
dt+ Ā· Ā· Ā·
Per motivi dimensionali la lagrangiana dovrebbe allora avere la forma,
L =1
2mv2 +
e2
c3
(k1 ~v Ā· ~a + k2 ~y Ā· d~a
dt
)+ Ā· Ā· Ā· ,
dove k1 e k2 sono costanti adimensionali. Tuttavia, i termini tra parentesi corrispondono
a una derivata totale,
k1 ~v Ā· ~a + k2 ~y Ā· d~adt
=d
dt
(k2 ~y Ā· ~a +
k1 ā k2
2v2
).
L da quindi luogo allāequazione del moto della particella libera. Riscontriamo di nuovo il
fatto che lāequazione di LorentzāDirac non puo essere derivata da un principio variazionale,
vedi paragrafo 12.2.3.
373
12.5 Problemi
12.1 Si dimostri che nel limite non relativistico lāequazione di LorentzāDirac (12.23), e
la sua versione integroādifferenziale (12.52), si riducono rispettivamente a,
m~a = mĻd~a
dt+ e ~E,
m~a(t) = e
ā« ā
0
eāĪ± ~E(t + Ļ Ī±) dĪ±, (12.82)
dove ~E e il campo elettrico esterno.
a) Si dimostri che la seconda e soluzione implicita della prima.
b) Si supponga che ~E sia diverso da zero solo in una regione limitata dello spazio, e che
sia ivi costante e uniforme. Si determini esplicitamente il membro di destra della (12.82),
e si discuta la violazione della causalita nellāequazione di Newton che ne risulta.
374
13 Un tensore energiaāimpulso privo di singolarita
Nel capitolo precedente abbiamo visto che il campo creato da una particella diverge nelle
vicinanze della stessa come,
F ĀµĪ½ ā¼ 1
r2, r = |~xā ~y(t)|,
e di conseguenza il tensore energiaāimpulso,
T ĀµĪ½em = F ĀµĪ±FĪ±
Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī², (13.1)
diverge come,
T ĀµĪ½em ā¼
1
r4. (13.2)
Nel caso particolare di una particella statica nellāorigine, per cui ~y(t) = 0, si ha,
~E =e
4Ļ
~x
r3, ~B = 0, (13.3)
e, vedi (2.76)ā(2.78),
T 00em =
1
2
( e
4Ļ
)2 1
r4, (13.4)
T 0iem = 0, (13.5)
T ijem =
1
2
( e
4Ļ
)2 1
r4
(Ī“ij ā 2
xixj
r2
). (13.6)
Due problemi di T ĀµĪ½em. Lāandamento singolare (13.2) comporta due patologie, legate
tra di loro. La prima, gia menzionata nel capitolo 12, consiste nel fatto che gli integrali
del quadrimomento totale P Āµem =
ā«T 0Āµ
emd3x, sono divergenti. Nel caso particolare della
particella statica si ha,
Īµem =
ā«T 00
em d3x =1
2
( e
4Ļ
)2ā«
1
r4d3x =ā, P i
em =
ā«T 0i
em d3x = 0, (13.7)
e diverge solo lāenergia, ma per una particella in moto arbitrario diverge anche la quantita
di moto. Ovviamente divergono anche gli integrali del quadrimomento su un qualsiasi
volume finito V contenente la particella. Si noti, comunque, che nelle analisi dei bilanci
energetici svolte nei capitoli precedenti, il problema dellāenergia infinita non e mai inter-
venuto direttamente. La potenza irradiata coinvolge, infatti, il campo elettromagnetico a
375
grandi distanze dalla particella, dove esso e regolare. Dāaltra parte la potenza irradiata si
riferisce a differenze di valori di energia, e si puo supporre che nelle differenze le divergenze
si cancellino. In effetti, quello che risulta osservabile in natura sono le differenze dei valori
dellāenergia di un sistema fisico, e non la sua energia stessa. Tuttavia, se si vuole dare
un significato preciso allāaffermazione āil quadrimomento si conservaā, e necessario che il
quadrimomento sia una grandezza finita.
Il secondo problema consiste nel fatto che le componenti del tensore T ĀµĪ½em non sono
distribuzioni temperate, ovvero, elementi di S ā²(R4): mentre le componenti di F ĀµĪ½ sono
distribuzioni, i loro prodotti, che compaiono nella (13.1), non lo sono. Ricordiamo che
in generale prodotti di distribuzioni non definiscono distribuzioni. Lāandamento (13.2)
rappresenta, infatti, una singolarita non integrabile in R4. Non essendo le componenti
di T ĀµĪ½em distribuzioni, le loro derivate non sono definite, e la domanda quanto valga la
quadridivergenza āĀµTĀµĪ½em e quindi priva di senso, e la questione della conservazione del
quadrimomento dunque malposta. Si noti, in proposito, che lāespressione formale derivata
per la quadridivergenza di T ĀµĪ½em in (2.72),
āĀµTĀµĪ½em = ā
ār
er
ā«F Ī½Āµ(yr)urĀµ Ī“4(xā yr) dsr, (13.8)
e, in realta, divergente. Il coefficiente F Ī½Āµ(yr) comprende, infatti, lāautocampo di Lienardā
Wiechert della particella rāesima, che sappiamo essere divergente. Vediamo cosı che la
dimostrazione della conservazione del tensoreāenergia impulso totale T ĀµĪ½em+T ĀµĪ½
p , presentata
nel paragrafo 2.4.3, aveva solo validita formale, essendo per di piu basata sullāequazione
di Lorentz orginale ā che ora sappiamo pure divergere.
Scopo di questo capitolo e la costruzione di un tensore energiaāimpulso totale T ĀµĪ½ , le
cui componenti siano distribuzioni, che sia Lorentz covariante, a divergenza nulla e che
ammetta integrali di quadrimomento finiti. La costruzione di per se risultera semplice,
ma la dimostrazione che il tensore cosı costruito abbia le proprieta richieste e un poā
complicata, e verra riportata solo per il campo generato da una particella in moto rettilineo
uniforme.
Nella prossima sezione presentiamo la strategia che sta alla base della costruzione, e
diamo un argomento euristico per la costruzione esplicita. In sezione 13.2 dimostriamo la
376
validita dellāapproccio nel caso di una particella in moto rettilineo uniforme, e in sezione
13.3 presentiamo la sua generalizzazione ad un sistema di N particelle.
13.1 Linee guida della costruzione
Per costruire un tensore energiaāimpulso con le proprieta desiderate a partire dalla (13.1),
seguiamo una procedura simile a quella del capitolo 12, consistente di una regolarizzazione
seguita da una rinormalizzazione. Consideriamo una particella singola, e mettiamo a zero
il campo esterno F ĀµĪ½in , supposto regolare, perche la sua presenza e ininfluente per quanto
riguarda le singolarita del tensore energiaāimpulso. Il campo elettromagnetico totale e
allora dato dal solo campo di LienardāWiechert FĀµĪ½ di (12.13).
Regolarizzazione. Dato che le singolarita di FĀµĪ½ sono localizzate nei punti dove si
trovano le particelle, possiamo adottare ancora la regolarizzazione che abbiamo usato per
dedurre lāequazione di LorentzāDirac, che tra lāaltro preserva lāinvarianza relativistica.
Ripartiamo allora dal campo di LienardāWiechert regolarizzato, vedi (12.19),
FĀµĪ½Īµ = FĀµĪ½
ā£ā£ā£Ī»āĪ»Īµ(x)
,
che costituisce, in effetti, una distribuzione regolare. Piu precisamente, le componenti
di questo campo sono funzioni di classe Cā(R4), per ogni Īµ > 0. Illustriamo questa
proprieta per una particella statica nellāorigine. Per il moto rettilineo uniforme il campo
regolarizzato e stato valutato nella (12.20), che per uĀµ = (1, 0, 0, 0) si riduce a,
~EĪµ =e
4Ļ
~x
(r2 + Īµ2)3/2, ~BĪµ = 0. (13.9)
Questi campi sono effettivamente di classe Cā(R4), e come tali sono regolari in tutto lo
spazio, compreso il punto ~x = 0, dove si trova la particella. In particolare, lāenergia totale
del campo elettromagnetico regolarizzato e finita. Al posto di (13.7) abbiamo, infatti,
Īµem,Īµ =1
2
ā«| ~EĪµ|2 d3x =
1
2 Īµ
( e
4Ļ
)2ā«
r2
(r2 + 1)3d3x =
( e
4Ļ
)2 3Ļ2
8 Īµ. (13.10)
Per valutare lāintegrale abbiamo eseguito il cambiamento di variabili ~xā Īµ ~x e usato,
ā«r2
(r2 + 1)3d3x =
3Ļ2
4.
377
Si noti che per Īµā 0 lāenergia regolarizzata diverge di nuovo, come 1/Īµ.
Tornando a un moto yĀµ(s) arbitrario notiamo che, essendo FĀµĪ½Īµ una distribuzione
regolare di classe Cā, risultano distribuzioni di Classe Cā anche i suoi prodotti. Possiamo
allora definire un tensore energiaāimpulso elettromagnetico regolarizzato, ponendo,
T ĀµĪ½Īµ ā” FĀµĪ±
Īµ FĪµ Ī±Ī½ +
1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²
Īµ FĪµ Ī±Ī². (13.11)
Le componenti di questo tensore appartengono a S ā² per ogni Īµ > 0. Inoltre, per ogni
xĀµ 6= yĀµ(s) esiste il limite puntuale,
limĪµā0
T ĀµĪ½Īµ (x) = T ĀµĪ½
em(x).
Tuttavia, tale limite non esiste se eseguito nella topologia di S ā², a causa delle singolarita
presenti per xĀµ = yĀµ(s), e infatti T ĀµĪ½em /ā S ā² ! Queste proprieta sono molto evidenti nel caso
statico 59.
Rinormalizzazione. Prima di poter eseguire il limite per Īµ ā 0 nella topologia di S ā²,occorre quindi individuare e sottrarre āla parte divergenteā di T ĀµĪ½
Īµ , che indichiamo con
T ĀµĪ½Īµ . Questa sottrazione rappresenta la ārinormalizzazioneā. Al tensore T ĀµĪ½
Īµ , che viene
anche chiamato ācontrotermineā, richiediamo le seguenti proprieta:
1) Deve essere un tensore sotto trasformazioni di Lorentz.
2) Deve essere supportato sulla traiettoria della particella, cioe, T ĀµĪ½Īµ (x) = 0, se xĀµ 6= yĀµ(s).
3) Deve essere simmetrico e a traccia nulla, come lo e il tensore regolarizzato T ĀµĪ½Īµ , cioe,
Ī·ĀµĪ½TĀµĪ½Īµ = 0.
4) Deve essere tale che esista il tensore limite,
ĪĀµĪ½em ā” S ā² ā lim
Īµā0
(T ĀµĪ½
Īµ ā T ĀµĪ½Īµ
). (13.12)
Identifichiamo ĪĀµĪ½em con il tensore energiaāimpulso elettromagnetico rinormalizzato, che
sostituisce a tutti gli effetti il tensore originale, mal definito, T ĀµĪ½em.
59Nel caso statico si ha,
T 00Īµ =
12| ~EĪµ|2 =
12
( e
4Ļ
)2 r2
(r2 + Īµ2)3,
che per Īµā 0 converge, per ogni ~x 6= 0, puntualmente a,
T 00em =
12
( e
4Ļ
)2 1r4
.
Ma questa espressione non costituisce una distribuzione.
378
5) T ĀµĪ½Īµ deve essere tale che il tensore energiaāimpulso totale del sistema campo + particella
sia conservato,
T ĀµĪ½ ā” ĪĀµĪ½em + T ĀµĪ½
p , āĀµTĀµĪ½ = 0,
dove per T ĀµĪ½p manteniamo la forma standard (2.70).
La richiesta 1) assicura che ĪĀµĪ½em e un tensore sotto trasformazioni di Lorentz, dato che
anche T ĀµĪ½Īµ lo e. La richiesta 2) e motivata dai seguenti due fatti. Primo, nel complemento
della traiettoria della particella il tensore energiaāimpulso totale originale T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½
p e
regolare e conservato. Secondo, la forma di T ĀµĪ½em nel complemento della traiettoria e
ben testata dal punto di vista fenomenologico, come abbiamo visto per esempio dalla
componente T 0iem = ( ~E Ć ~B)i, che e responsabile dellāirraggiamento. La procedura di
rinormalizzazione non deve, dunque, cambiare il valore di T ĀµĪ½em nel complemento della
traiettoria. Questo vuol dire che il supporto del controtermine deve essere la linea di
universo della particella, e T ĀµĪ½Īµ deve quindi essere una combinazione lineare della Ī“ di
Dirac e delle sue derivate, supportate sulla traiettoria. La richiesta 3) segue dal fatto
che la parte divergente di un tensore simmetrico a traccia nulla, e ancora un tensore
simmetrico a traccia nulla. Il significato delle richieste 4) e 5) e, invece, evidente. Si
puo, infine, vedere che le richieste 1)ā5) determinano il tensore T ĀµĪ½Īµ univocamente, moduli
termini di ordine o(Īµ) nella topologia di S ā². Cio assicura in particolare lāunicita del tensore
ĪĀµĪ½em, come definito in (13.12).
Costruzione esplicita: un argomento euristico. Cerchiamo ora di sfruttare queste ri-
chieste per determinare euristicamente la forma di T ĀµĪ½Īµ . Per la proprieta 2) questo tensore
deve essere proporzionale a Ī“3(~xā ~y(t)), o meglio, alla grandezza Lorentzāinvariante,ā«
Ī“4(xā y(s)) ds =ā
1ā v2(t) Ī“3(~xā ~y(t)).
Inoltre, dato che T ĀµĪ½Īµ e proporzionale alla carica al quadrato, tale dovra essere anche
T ĀµĪ½Īµ . Per la richiesta 4) il controtermine deve poi cancellare le parti divergenti di T ĀµĪ½
Īµ ,
e quindi deve divergere per Īµ ā 0. Visto lāesempio (13.10), ci aspettiamo che queste
divergenze compaiano come poli in 1/Īµ. Includiamo allora in T ĀµĪ½Īµ un fattore 1/Īµ. Queste
considerazioni ci portano quindi a ipotizzare la forma,
T ĀµĪ½Īµ =
1
Īµ
( e
4Ļ
)2ā«
HĀµĪ½ Ī“4(xā y(s)) ds,
379
dove HĀµĪ½ e un tensore simmetrico e a traccia nulla. Essendo definito lungo la linea di
universo, questo tensore deve dipendere dalle quantita cinematiche yĀµ(s), uĀµ(s), wĀµ(s)
etc., e puo coinvolgere eventualmente le derivate spazioātemporali āĀµ. Inoltre, T ĀµĪ½Īµ deve
avere le stesse dimensioni di T ĀµĪ½Īµ , e dato che Īµ ha le dimensioni di una lunghezza, HĀµĪ½ deve
essere adimensionale. Siccome uĀµ e lāunica quantita cinematica adimensionale, HĀµĪ½ deve
allora essere necessariamente della forma a uĀµuĪ½ + b Ī·ĀµĪ½ , con a e b costanti. Ma dovendo
essere anche a traccia nulla, si conclude che,
HĀµĪ½ = C
(uĀµuĪ½ ā 1
4Ī·ĀµĪ½
),
per qualche costante numerica C. Si noti che contributi ad HĀµĪ½ del tipo yĀµwĪ½ + yĪ½wĀµ ā12Ī·ĀµĪ½yĻwĻ, oppure yĀµāĪ½ + yĪ½āĀµ ā 1
2Ī·ĀµĪ½yĻāĻ, che sarebbero pure adimensionali, simmetrici
e a traccia nulla, sono esclusi perche non invarianti sotto traslazioni, yĀµ ā yĀµ + aĀµ.
Le nostre richieste porterebbero allora alla seguente proposta per il tensore energiaā
impulso rinormalizzato,
ĪĀµĪ½em = S ā² ā lim
Īµā0
[T ĀµĪ½
Īµ āC
Īµ
( e
4Ļ
)2ā« (
uĀµuĪ½ ā 1
4Ī·ĀµĪ½
)Ī“4(xā y(s)) ds
], (13.13)
dove lāunica quantita indeterminata e la costante C. Questa costante dovrebbe essere
fissata imponendo la richiesta 4), cioe, che T ĀµĪ½Īµ cancelli le parti divergenti di T ĀµĪ½
Īµ , e la
richiesta 5), cioe, che il tensore energiaāimpulso totale risultante sia conservato. In effetti
si puo dimostrare il risultato non banale che con la scelta,
C =Ļ2
2,
si riescono a soddisfare entrambe queste richieste. Siccome la dimostrazione di questo
fatto per una particella in moto arbitrario e abbastanza complicata 60, ci limitiamo a
svolgerla nel caso di una particella libera.
13.2 Costruzione di ĪĀµĪ½em per la particella libera
Una particella libera si muove di moto rettilineo uniforme e genera i campi determinati
in sezione 6.3. Data la Lorentzāinvarianza della procedura appena congetturata, se essa
60Si veda, K. Lechner and P.A. Marchetti, Variational principle and energyāmomentum tensor forrelativistic Electrodynamics of point charges, Ann. Phys. 322 (2007) 1162-1190, (hep-th/0602224).
380
ha successo in un sistema di riferimento particolare, allora ha automaticamente successo
in qualsiasi sistema di riferimento. E allora sufficiente considerare una particella statica
nellāorigine, con ~y(t) = 0.
Conosciamo gia i campi regolarizzati di una particella statica, vedi (13.9), e usando
le (2.76)ā(2.78) e allora immediato scrivere le componenti del tensore energiaāimpulso
regolarizzato (13.11),
T 00Īµ =
1
2
( e
4Ļ
)2 r2
(r2 + Īµ2)3, (13.14)
T 0iĪµ = 0, (13.15)
T ijĪµ =
1
2
( e
4Ļ
)2 Ī“ij r2 ā 2 xixj
(r2 + Īµ2)3. (13.16)
Si noti che Ī·ĀµĪ½TĀµĪ½Īµ = 0. Anche il controtermine in (13.13) e facile da valutare, perche si
ha uĀµ = (1, 0, 0, 0), eā«
Ī“4(xā y(s)) ds = Ī“3(~x). Inserendo le (13.14)ā(13.16) nella (13.13),
dovremmo allora, prima di tutto, stabilire lāesistenza dei limiti,
Ī00em =
1
2
( e
4Ļ
)2
Ā· S ā² ā limĪµā0
(r2
(r2 + Īµ2)3ā 3 C
2 ĪµĪ“3(~x)
), (13.17)
Ī0iem = 0, (13.18)
Īijem =
1
2
( e
4Ļ
)2
Ā· S ā² ā limĪµā0
(Ī“ij r2 ā 2 xixj
(r2 + Īµ2)3ā C
2 ĪµĪ“ij Ī“3(~x)
), (13.19)
per unāopportuna costante C.
13.2.1 Esistenza di ĪĀµĪ½em
Nella valutazione dei limiti che seguono risultera spesso necessario portare il limite sotto
il segno di integrale, operazione non sempre lecita. A questo proposito e utile il teorema
della convergenza dominata, che enunciamo senza dimostrazione.
Teorema della convergenza dominata. Sia data una successione di funzioni fn āL1 ā” L1[RD] tale che, a) esista il limite puntuale (quasi ovunque rispetto alla misura
di Lebesgue in RD),
limnāā
fn(x) = f(x),
e, b) esista una funzione positiva g ā L1, tale che (quasi ovunque rispetto alla misura di
Lebesgue in RD),
|fn(x)| ā¤ g(x), ān.
381
Allora f ā L1, e le fn convergono ad f nella topologia di L1,
L1 ā limnāā
fn = f.
Corollario. Il teorema assicura che la successione fn converge nella topologia di L1.
Cio e sufficiente per poter portare il limite sotto il segno di integrale. Abbiamo, infatti,
la maggiorazione,ā£ā£ā£ā£ā«
fn dDxāā«
f dDx
ā£ā£ā£ā£ =
ā£ā£ā£ā£ā«
(fn ā f) dDx
ā£ā£ā£ā£ ā¤ā«|fn ā f | dDx = ||fn ā fāL1 .
Siccome per nāā si ha che fn ā f in L1, lāultimo membro della maggiorazione converge
a zero, e quindi converge a zero anche il primo. Abbiamo allora,
limnāā
ā«fn dDx =
ā«f dDx =
ā«lim
nāāfn dDx,
dove abbiamo usato la definizione di f . Concludiamo che, se le fn soddisfano le ipotesi
del teorema della convergenza dominata, allora possiamo scambiare i segni di limite e di
integrazione. Nei casi di nostro interesse al posto dellāindice discreto n avremo lāindice
ācontinuoā Īµ. Inoltre, siccome il limite puntuale ā ipotesi a) ā esistera sempre banalmente,
per assicurare la validita del teorema si trattera di trovare una maggiorante g āuniformeā,
ovvero, indipendente da Īµ, come richiesto dallāipotesi b).
Esistenza di Ī00em. Cominciamo la dimostrazione dellāesistenza di ĪĀµĪ½
em, dimostrando
lāesistenza del limite che definisce la componente Ī00em, cioe, la densita di energia. In
particolare vorremo ottenere una definizione operativa per questa distribuzione, ovverosia,
una definizione che ci permetta di determinare esplicitamente lāenergia contenuta in un
volume qualsiasi. Secondo la definizione del limite nel senso delle distribuzioni, dobbiamo
dimostrare che per unāopportuna costante C esiste il limite ordinario,
Ī00em(Ļ) ā” 1
2
( e
4Ļ
)2
limĪµā0
[ā«r2 Ļ(~x)
(r2 + Īµ2)3d3xā 3 C
2 ĪµĻ(0)
],
per ogni funzione di test Ļ ā S(R3) 61. Sottraendo e aggiungendo Ļ(0) nel numeratore
dellāintegrando, e notando che si ha lāintegrale,
ā«r2
(r2 + Īµ2)3d3x =
3 Ļ2
4 Īµ,
61Lo spazio delle funzioni di test da usare sarebbe S(R4), ma nel caso statico la dipendenza dal tempoe banale e puo essere omessa.
382
otteniamo,
Ī00em(Ļ) =
1
2
( e
4Ļ
)2
limĪµā0
[ā«r2(Ļ(~x)ā Ļ(0))
(r2 + Īµ2)3d3x +
3
2 Īµ
(Ļ2
2ā C
)Ļ(0)
]. (13.20)
Il limite per Īµā 0 dellāintegrale a secondo membro e ora finito. Per farlo vedere separiamo
nella regione dāintegrazione gli r piccoli da quelli grandi,
ā«r2(Ļ(~x)ā Ļ(0))
(r2 + Īµ2)3d3x =
ā«
r<1
r2(Ļ(~x)ā Ļ(0)ā xiāiĻ(0))
(r2 + Īµ2)3d3x+
ā«
r>1
r2(Ļ(~x)ā Ļ(0))
(r2 + Īµ2)3d3x.
(13.21)
Nel primo integrale abbiamo sottratto un termine che e nullo, in quanto si annulla lāin-
tegrale sugli angoliā«
nidĪ©, dove ni = xi/r. Nel primo integrale possiamo ora portare il
limite sotto il segno di integrale, usando il teorema della convergenza dominata. Abbiamo
infatti la maggiorazione uniforme,
ā£ā£ā£ā£r2(Ļ(~x)ā Ļ(0)ā xiāiĻ(0))
(r2 + Īµ2)3
ā£ā£ā£ā£ ā¤|Ļ(~x)ā Ļ(0)ā xiāiĻ(0))|
r4ā” g(~x) ā L1(R3),
dove e sottointeso che per r > 1 poniamo g = 0. La maggiorante g sta in L1(R3), perche
il numeratore Ļ(~x) ā Ļ(0) ā xiāiĻ(0) si annulla come r2, per r ā 0. In questo caso
particolare la maggiorante coincide con il modulo della funzione limite. Per portare il
limite sotto il segno di integrale nel secondo integrale della (13.21), e sufficiente usare la
maggiorazione, ā£ā£ā£ā£r2(Ļ(~x)ā Ļ(0))
(r2 + Īµ2)3
ā£ā£ā£ā£ ā¤2 ||Ļ||
r4ā” g(~x) ā L1(R3),
dove con ||Ļ|| intendiamo lāestremo superiore del modulo di Ļ in R3, ed e sottinteso che
g = 0 per r < 1.
Portando nella (13.21) i limiti sotto i segni di integrale, otteniamo allora il limite finito,
limĪµā0
ā«r2(Ļ(~x)ā Ļ(0))
(r2 + Īµ2)3d3x =
ā«
r<1
Ļ(~x)ā Ļ(0)ā xiāiĻ(0)
r4d3x +
ā«
r>1
Ļ(~x)ā Ļ(0)
r4d3x.
(13.22)
Concludiamo che per ottenere un limite finito nella (13.20), e necessario e sufficiente
scegliere,
C =Ļ2
2.
Se nel primo integrale della (13.22) facciamo precedere lāintegrazione su r dallāintegrazione
sugli angoli, il terzo termine non contribuisce, e la somma dei due integrali si puo scrivere
383
di nuovo come un integrale unico su tutto R3. La densita di energia rinormalizzata si puo
allora scrivere semplicemente come,
Ī00em(Ļ) =
1
2
( e
4Ļ
)2ā«
Ļ(~x)ā Ļ(0)
r4d3x, (13.23)
dove, per costruzione, lāintegrazione sugli angoli deve precedere lāintegrazione su r (ācon-
vergenza condizionataā).
In modo completamente analogo si dimostra che, per lo stesso valore di C, esiste anche
il limite (13.19), e che risulta,
Īijem(Ļ) =
1
2
( e
4Ļ
)2ā«
Ļ(~x)ā Ļ(0)
r6
(Ī“ij r2 ā 2 xixj
)d3x. (13.24)
Nella dimostrazione conviene fare uso degli integrali invarianti del problema 2.6, scrivendo
xixj = ninj r2. Abbiamo quindi concluso la dimostrazione dellāesistenza del limite (13.13),
secondo la richiesta 4).
13.2.2 Conservazione di ĪĀµĪ½em
Affrontiamo ora la richiesta 5), cioe, la conservazione del tensore energiaāimpulso. Per
una particella in moto rettilineo uniforme, il quadrimomento del campo elettromagnetico
si deve conservare separatamente, perche il quadrimomento della particella e costante.
Dobbiamo quindi dimostrare che vale,
āĀµĪĀµĪ½em = 0.
La componente Ī½ = 0 di questa equazione e banalmente soddisfatta, perche Īi0em = 0,
e Ī00em non dipende dal tempo. Resta quindi da verificare la componente Ī½ = j, che si
riduce a,
āiĪijem = 0, (13.25)
equazione non ovvia. Si vede, quindi, che anche per la particella libera la conservazione
del tensore energiaāimpulso rinormalizzato non e garantita a priori. Per dimostrare che
Īijem soddisfa la (13.25), invece di usare direttamente la (13.24) e piu conveniente usare la
definizione originale (13.19), e sfruttare il fatto che la derivata e unāoperazione continua in
S ā². Cio ci permette di scambiare i limiti con le derivate. Ponendo C = Ļ2/2 e prendendo
384
la divergenza della (13.19), si ottiene allora,
āiĪijem =
1
2
( e
4Ļ
)2
Ā· S ā² ā limĪµā0
(āi
(Ī“ij r2 ā 2 xixj
(r2 + Īµ2)3
)ā Ļ2
4 Īµāj Ī“3(~x)
). (13.26)
Siccome il primo termine e una distribuzione regolare, le sue derivate possono essere
calcolate nel senso delle funzioni,
āi
(Ī“ij r2 ā 2 xixj
(r2 + Īµ2)3
)= ā6
xj Īµ2
(r2 + Īµ2)4= āj
(Īµ2
(r2 + Īµ2)3
).
La (13.26) puo allora essere riscritta come,
āiĪijem =
1
2
( e
4Ļ
)2
āj
(S ā² ā lim
Īµā0
[Īµ2
(r2 + Īµ2)3ā Ļ2
4 ĪµĪ“3(~x)
]).
Abbiamo di nuovo scambiato le derivate con il limite. Questo passaggio e lecito, purche
il limite della distribuzione tra parentesi quadre esista. In realta questo limite e zero.
Per dimostrarlo occorre fare vedere che per ogni Ļ ā S, e zero il limite per Īµ ā 0 della
quantita,
Īµ2
ā«d3x
Ļ(~x)
(r2 + Īµ2)3ā Ļ2
4 ĪµĻ(0) = Īµ2
ā«d3x
Ļ(~x)ā Ļ(0)
(r2 + Īµ2)3=
ā«d3x
Ļ(Īµ~x)ā Ļ(0)
Īµ (r2 + 1)3, (13.27)
dove abbiamo usato lāintegrale,
ā«d3x
(r2 + Īµ2)3=
Ļ2
4 Īµ3.
Nellāultimo integrale della (13.27) possiamo ora portare il limite sotto il segno di inte-
grale, sfruttando il teorema della convergenza dominata. In questo caso la successione
integranda,
fĪµ(~x) ā” Ļ(Īµ~x)ā Ļ(0)
Īµ (r2 + 1)3,
puo essere maggiorata usando la stima,
Ļ(Īµ~x)ā Ļ(0) = Īµ~x Ā·ā« 1
0
~āĻ(Īµ~xĪ±) dĪ± ā |Ļ(Īµ~x)ā Ļ(0)| ā¤ 3 Īµr ||āĻ||,
dove con ||āĻ|| intendiamo lāestremo superiore dei moduli delle derivate parziali di Ļ in
R3. Abbiamo allora la maggiorazione uniforme, ipotesi b),
|fĪµ(~x)| ā¤ 3r||āĻ||(r2 + 1)3
ā” g(~x) ā L1[R3].
385
Dāaltra parte la successione fĪµ ammette il limite puntuale ā ~x, ipotesi a),
limĪµā0
fĪµ(~x) =xiāiĻ(0)
(r2 + 1)3ā” f(~x).
Portando dunque nella (13.27) il limite sotto il segno di integrale risulta,
limĪµā0
(Īµ2
ā«d3x
Ļ(~x)
(r2 + Īµ2)3ā Ļ2
4 ĪµĻ(0)
)=
ā«d3x lim
Īµā0
Ļ(Īµ ~x)ā Ļ(0)
Īµ (r2 + 1)3=
ā«d3x
xiāiĻ(0)
(r2 + 1)3= 0,
(13.28)
dove la conclusione deriva dal fatto che, scrivendo xi = nir, lāintegrazione sugli angoli daā«
dĪ© ni = 0. Segue la (13.25).
Concludiamo che il tensore energiaāimpulso definito dalle (13.17)ā(13.19) soddisfa,
āĀµĪĀµĪ½em = 0. (13.29)
13.2.3 Una definizione operativa dellāenergia elettromagnetica
La costruzione del paragrafo 13.2.1 ha fornito in particolare una definizione operativa per
la densita di energia Ī00em ā la (13.23) ā che permette di determinare esplicitamente lāener-
gia contenuta in un arbitrario volume V . Indichando con ĻV (~x) la funzione caratteristica
del volume V , la (13.23) ci dice, infatti, come calcolare lāenergia contenuta in V ,
Īµem,V =
ā«
V
Ī00em d3x = Ī00
em(ĻV ) =1
2
( e
4Ļ
)2ā«
ĻV (~x)ā ĻV (0)
r4d3x.
Da questa formula, ma equivalentemente anche dalla (13.17), vediamo che lāenergia cosı
definita ha le seguenti proprieta:
1) ĪµV e finita āV , il cui bordo non contenga lāorigine, cioe, la particella.
2) Se V non contiene lāorigine, allora ĪµV =ā«
VT 00
em d3x, dove T 00em = 1
2
(e4Ļ
)2 1r4 .
3) Se VR e una palla di raggio R centrata nellāorigine, allora Īµem,VR= ā e2
8ĻR.
4) Se VR indica il complemento di VR in R3, allora Īµem,eVR= e2
8ĻR.
5) Īµem,R3 = 0, cioe, lāenergia totale del campo elettromagnetico di una particella statica
e zero, cosı come e zero pure la sua quantita di moto totale, vedi la (13.18). Abbiamo
quindi,
P Āµem ā”
ā«Ī0Āµ
em d3x = 0. (13.30)
6) Lāenergia cosı definita riproduce, in particolare, la sottrazione che si opera di solito āa
manoā nel caso di un sistema di cariche non relativistiche, vedi problema 2.8.
386
Moto rettilineo uniforme generico. Grazie allāinvarianza di Lorentz della nostra proce-
dura, tutti questi risultati si estendono automaticamente a un moto rettilineo uniforme
generico. Possiamo allora riassumere le conclusioni di questo paragrafo come segue.
Per un moto rettilineo uniforme il tensore energiaāimpulso ĪĀµĪ½em dato in (13.13), con
C = Ļ2/2, definisce una distribuzione Lorentzācovariante, simmetrica, e conservata,
āĀµĪĀµĪ½em = 0, ĪĀµĪ½
em = ĪĪ½Āµem.
Gli integrali a tempo fissato,
P Āµem,V =
ā«
V
ĪĀµ0em d3x,
esistono finiti per ogni V , e rappresentano il quadrimomento del campo elettromagnetico
contenuto nel volume V . Se in un dato istante la particella non e contenuta in V allora
si ha,
P Āµem,V =
ā«
V
T Āµ0em d3x,
coincidente con il quadrimomento fornito dal tensore energiaāimpulso originale. Il qua-
drimomento totale del campo della particella e zero,
P Āµem =
ā«ĪĀµ0
em d3x = 0.
13.3 Costruzione generale
In questa sezione presentiamo, senza dimostrazione, la generalizzazione dei risultati delle
sezioni precedenti al caso di un sistema di N particelle in moto arbitrario.
Consideriamo N particelle puntiformi che interagiscono tra di loro, e con un campo
esterno F ĀµĪ½in . Ciascuna di queste particelle produce allora un campo di LienardāWiechert,
che indichiamo con FĀµĪ½r , r = 1, Ā· Ā· Ā· , N . Il campo elettromagnetico totale del sistema e
dunque dato da,
F ĀµĪ½ = F ĀµĪ½in +
ār
FĀµĪ½r . (13.31)
Ciascuno dei campi di LienardāWiechert puo essere regolarizzato secondo la (12.19), dan-
do luogo al campo FĀµĪ½r Īµ . Come campo elettromagnetico totale regolarizzato del sistema
387
definiamo allora,
F ĀµĪ½Īµ = F ĀµĪ½
in +ā
r
FĀµĪ½r Īµ .
Definiamo poi il tensore energiaāimpulso regolarizzato come,
T ĀµĪ½Īµ = F ĀµĪ±
Īµ FĪµ Ī±Ī½ +
1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²
Īµ FĪµ Ī±Ī².
Il tensore energiaāimpulso rinormalizzato segue allora dalla ricetta (13.13),
ĪĀµĪ½em = S ā² ā lim
Īµā0
[T ĀµĪ½
Īµ āĻ2
2 Īµ
ār
( er
4Ļ
)2ā« (
uĀµr u
Ī½r ā
1
4Ī·ĀµĪ½
)Ī“4(xā yr) dsr
]. (13.32)
Si noti che il controtermine e dato semplicemente dalla somma dei controtermini delle
singole particelle. Questa scelta discende dal fatto che le mutue interazioni tra le particelle,
corrispondenti ai prodotti dei campi di LienardāWiechert di particelle differenti, danno
luogo in T ĀµĪ½Īµ a singolarita integrabili di tipo 1/r2, che sono ben definite nel senso delle
distribuzioni. In particolare si dimostrano i seguenti due teoremi, si veda la nota 60.
Teorema A. Il limite distribuzionale in (13.32) esiste, qualsiasi siano le traiettorie delle
particelle. Inoltre, il quadrimomento totale del campo elettromagnetico,
P Āµem ā”
ā«ĪĀµ0
em d3x,
e finito, purche lāaccelerazione delle particelle svanisca con sufficiente rapidita per t āāā.
Teorema B. Per traiettorie arbitrarie delle particelle ā non soggette a nessuna equazione
del moto ā la divergenza di ĪĀµĪ½em, come definito in (13.32), e data da,
āĀµĪĀµĪ½em = ā
ār
ā« (e2
r
6Ļ
(dwĪ½
r
dsr
+ w2ru
Ī½r
)+ erF
Ī½Āµr (yr)urĀµ
)Ī“4(xā yr) dsr, (13.33)
dove abbiamo definito,
F ĀµĪ½r = F ĀµĪ½
in +ā
s 6=r
FĀµĪ½s .
Questa relazione e la controparte ā ben definita ā della relazione formale (13.8). Confron-
tando le due relazioni, e tenendo conto della (13.31), si vede che e come se nella (13.8) la
forza di frenamento divergente erFĪ½Āµr (yr)urĀµ, fosse stata sostituita con la forza di frena-
mento ben definitae2
r
6Ļ
(dwĪ½
r
dsr
+ w2ru
Ī½r
). In particolare, per una particella singola in moto
rettilineo uniforme, e quindi in assenza di forze esterne, la (13.33) si riduce alla (13.29).
388
Mantenendo per il tensore energiaāimpulso delle particelle lāespressione (2.70),
T ĀµĪ½p =
ār
mr
ā«uĀµ
r uĪ½r Ī“4(xā yr) dsr,
si ha ancora, vedi paragrafo 2.4.3,
āĀµTĀµĪ½p =
ār
ā«dpĪ½
r
dsr
Ī“4(xā yr) dsr.
Considerando come tensore energiaāimpulso totale del sistema la somma,
T ĀµĪ½ = ĪĀµĪ½em + T ĀµĪ½
p ,
si ottiene dunque,
āĀµTĀµĪ½ =
ār
ā« (dpĪ½
r
dsr
ā e2r
6Ļ
(dwĪ½
r
dsr
+ w2ru
Ī½r
)ā erF
Ī½Āµr (yr)urĀµ
)Ī“4(xā yr) dsr.
Se si vuole, infine, che il quadrimomento totale sia conservato localmente, āĀµTĀµĪ½ = 0,
allora occorre dunque che le cariche soddisfino le equazioni di LorentzāDirac (12.24),
dpĀµr
dsr
=e2
r
6Ļ
(dwĀµ
r
dsr
+ w2ru
Āµr
)+ er F ĀµĪ½
r (yr) urĪ½ .
Vediamo che, in ultima analisi, e la richiesta della conservazione del quadrimomento
ad imporre che le particelle soddisfino queste equazioni del moto del terzo ordine. Questa
richiesta va, quindi, considerata come la causa ultima di tutti gli aspetti problematici che
queste equazioni comportano.
389
14 Monopoli magnetici
Nelle equazioni dellāElettrodinamica i campi elettrico e magnetico giocano sotto certi
aspetti ruoli molto simili, ma sotto altri hanno funzioni completamente diverse. In assenza
di sorgenti le similitudini tra questi campi sono evidenti se si considerano le equazioni di
Maxwell in notazione tridimensionale (2.28)ā(2.31). In questo caso le equazioni per ~E e
~B sono difatti identiche, a parte un segno.
Dāaltra parte nellāequazione di Lorentz,
d~p
dt= e
(~E + ~v Ć ~B
),
questi campi giocano ruoli molto diversi, in particolare il campo magnetico e soppresso
di un fattore v/c rispetto al campo elettrico. Ma la differenza piu significativa emerge in
presenza di sorgenti non nulle: cariche statiche generano infatti solo un campo elettrico,
e nessun campo magnetico. In altre parole essendo,
~ā Ā· ~E = j0, ~ā Ā· ~B = 0,
lāElettrodinamica classica non prevede cariche magnetiche, ma solo cariche elettriche.
In questo capitolo esploreremo la possibilita di introdurre in Elettrodinamica particel-
le dotate di carica magnetica, i cosiddetti monopoli magnetici. A priori questa impresa
sembra avere poche possibilita di successo perche la struttura interna di questa teoria
appare molto rigida, essendo sorretta da vari requisiti che sono in delicato equilibrio tra
di loro, come lāinvarianza relativistica e la conservazione della carica elettrica, del quadri-
momento e del momento angolare. Sappiamo poi che queste proprieta sono intimamente
legate tra di loro. Qualsiasi modifica ad hoc delle equazioni di Maxwell e dellāequazione di
Lorentz rischia quindi di compromettere la consistenza interna della teoria. Alla luce di
questo fatto il risultato principale del presente capitolo, cioe, che lāElettrodinamica clas-
sica resta perfettamente consistente anche in presenza di monopoli magnetici, deve essere
considerato un risultato altamente non banale. Lāintroduzione di monopoli magnetici in
Elettrodinamica fu in effetti presa in considerazione gia allāinizio del secolo scorso 62, e rie-
62Vedi per esempio, H. Poincare, Compt. Rendus 123 (1896) 530, e J.J. Thomson, Electricity andMatter, Scribners, New York, 1904, p. 26.
390
saminata a livello quantistico pochissimi anni dopo lāavvento della Meccanica Quantistica
da Dirac.
Una volta accertato che i monopoli magnetici sono compatibili con la struttura ge-
nerale dellāElettrodinamica, lāipotesi di questo nuovo tipo di particelle assume una certa
rilevanza anche da un punto di vista sperimentale. Il dato sperimentale in questione e la
quantizzazione della carica elettrica, cioe, il fatto che tutte le cariche elettriche presenti
in natura sono multipli interi di una carica fondamentale ā fenomeno che tuttora attende
una spiegazione teorica. Ebbene, come dimostrato da P.A.M. Dirac nel 1931, se in natura
esiste anche un solo monopolo magnetico allora la consistenza dellāElettrodinamica quan-
tistica comporta automaticamente la quantizzazione della carica elettrica. Nella sezione
finale di questo capitolo presenteremo una deduzione semiclassica di questa ācondizione
di quantizzazione di Diracā.
14.1 La dualita elettromagnetica
Riprendiamo le equazioni di Maxwell nel vuoto,
āā ~E
āt+ ~āĆ ~B = 0, (14.1)
~ā Ā· ~E = 0, (14.2)
ā ~B
āt+ ~āĆ ~E = 0, (14.3)
~ā Ā· ~B = 0. (14.4)
Come si vede questo insieme di equazioni resta invariato se si eseguono le sostituzioni,
~E ā ~B, ~B ā ā ~E. (14.5)
Queste trasformazioni generano un gruppo discreto di simmetrie che viene chiamato ādua-
lita elettromagneticaā, o semplicemente ādualitaā. Si verifica facilmente che il gruppo in
questione e Z4. Infatti, e sufficiente notare che se si esegue la trasformazione generatrice
(14.5) due volte, si ottiene meno lāidentita. In presenza di cariche elettriche questa sim-
metria e evidentemente violata ā per via della presenza di sorgenti solo nella prima coppia
di equazioni.
391
Per dare valenza relativistica alla dualita elettromagnetica introduciamo il ātensore
elettromagnetico dualeā, antisimmetrico ancheāesso 63,
F ĀµĪ½ ā” 1
2ĪµĀµĪ½ĻĻ FĻĻ. (14.6)
Eseguendo lāoperazione di dualita due volte e notando lāidentita ĪµĪ±Ī²Ī³Ī“ĪµĪ±Ī²ĀµĪ½ = ā4Ī“Ī³[ĀµĪ“
Ī“Ī½] si
ottiene,
ĖF
ĀµĪ½
=1
2ĪµĀµĪ½ĻĻ FĻĻ = āF ĀµĪ½ . (14.7)
In termini del tensore elettromagnetico duale le trasformazioni di dualita (14.5) corrispon-
dono difatti semplicemente alle sostituzioni,
F ĀµĪ½ ā F ĀµĪ½ , F ĀµĪ½ ā āF ĀµĪ½ . (14.8)
Per vederlo e sufficiente determinare i campi elettrico e magnetico ādualiā. Usando la
definzione (14.6) si trova infatti,
Ei ā” F i 0 =1
2Īµi0jkFjk = ā1
2ĪµijkF jk = Bi, (14.9)
Bi ā” ā1
2Īµijk F jk = ā1
2ĪµijkĪµjkl0Fl0 = ā1
2ĪµijkĪµljkEl = āEi, (14.10)
in accordo con (14.5).
E anche immediato verificare che le due coppie di equazioni di Maxwell, precedente-
mente chiamate āequazione di Maxwellā e āidentita di Bianchiā, si possono scrivere nella
forma equivalente,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½
e , (14.11)
āĀµFĀµĪ½ = 0, (14.12)
dove abbiamo introdotto il pedice āeā per indicare che si tratta della quadricorrente elet-
trica. Risulta allora chiaro che se si vogliono mantenere le equazioni di Maxwell invarianti
63Lāoperazione di contrazione di un tensore completamente antisimmetrico di rango n con il tensoredi LeviāCivita si chiama ādualita di Hodgeā. Il risultato dellāoperazione e un tensore completamenteantisimmetrico di rango Dān, se D e la dimensione dello spazioātempo. Da un conteggio delle componentiindipendenti di un tensore antisimmetrico,
(Dn
)per la precisione, ci si convince facilmente che questa
mappa preserva il numero di componenti. La dualita di Hodge e infatti una biiezione tra lo spazio deitensori antisimmetrici di rango n e quello dei tensori antisimmetrici di rango D ā n.
392
sotto le trasformazioni di dualita (14.8) in presenza di sorgenti, allora e necessario in-
trodurre anche delle āsorgenti magneticheā al membro di destra dellāidentita di Bianchi
(14.12).
Lāintroduzione di una quadricorrente magnetica nellāidentita di Bianchi comporta a
priori vari aspetti problematici riguardo alla consistenza interna della teoria modificata.
Esponiamo quı di seguito lāaspetto che risulta il piu problematico di tutti. Supponiamo
pure di introdurre una quadricorrente magnetica nella (14.12) e di preservare in questo
modo lāinvarianza di Poincare delle equazioni del moto. Sussistendo tale invarianza sap-
piamo che e garantita la conservazione del quadrimomento e del momento angolare totali,
se esiste unāazione invariante per trasformazioni di Poincare, dalla quale queste equazioni
possono essere dedotte. Ma, come abbiamo visto, per scrivere unāazione e necessario in-
trodurre un potenziale vettore AĀµ. In assenza di correnti magnetiche lāidentita di Bianchi
stessa e equivalente allāesistenza di un potenziale vettore, ma in presenza di tali correnti
lāidentita di Bianchi e violata e non esiste nessun modo naturale per introdurre un po-
tenziale vettore. In effetti si puo far vedere che in presenza di correnti magnetiche non
esiste nessuna azione canonica 64. La conservazione del quadrimomento e del momento
angolare non e quindi piu garantita a priori.
Nonostante cio, come faremo vedere nella prossima sezione, esiste un modo consistente
per modificare le equazioni di Maxwell e di Lorentz in presenza di monopoli magnetici,
che preserva lāinvarianza di Poincare e mantiene tutte le leggi di conservazione dellāElet-
trodinamica con sole cariche ā un risultato altamente non banale alla luce del fatto che
non esiste unāazione canonica.
14.2 LāElettrodinamica classica in presenza di dioni
In questa sezione proponiamo un nuovo insieme di equazioni fondamentali per lāElettrodi-
namica ā in sostituzione delle (2.12)ā(2.14) ā che descrivono la dinamica di un arbitrario
64Per scrivere unāazione si deve rinunciare ad almeno una delle proprieta base che si richiedono disolito a unāazione, per esempio la localita, oppure lāinvarianza di Lorentz manifesta. Ciononostante leequazioni del moto che si ottengono da queste azioni sono locali e Lorentzāinvarianti. Tuttavia, lāassenzadi unāazione manifestamente Lorentzāinvariante crea gravi problemi qualora si cerchi di quantizzare lateoria. Questa difficolta ha ritardato di molto la dimostrazione della consistenza quantistica della teoriadei monopoli magnetici, avvenuta solo nel 1979.
393
sistema di particelle che portano sia carica elettrica che carica magnetica, i cosiddetti
dioni.
Consideriamo dunque un sistema di N particelle puntiformi con masse mr e linee di
universo yĀµr (sr), dotate ā oltre che di carica elettrica er ā di carica magnetica gr. Se per
una particella si ha er 6= 0, gr 6= 0 essa viene chiamata ādioneā, se er 6= 0, gr = 0 la si
chiama carica (elettrica), e se er = 0, gr 6= 0 essa viene chiamata monopolo (magnetico).
A questo sistema di particelle possiamo associare le quadricorrenti elettriche e magne-
tiche,
jĀµe =
ār
er
ā«uĀµ
r Ī“4(xā yr) dsr,
jĀµm =
ār
gr
ā«uĀµ
r Ī“4(xā yr) dsr.
Allo stesso modo in cui si e dimostrato che la corrente elettrica e conservata, si dimostra
che e conservata anche quella magnetica. Abbiamo quindi,
āĀµjĀµe = 0, āĀµj
Āµm = 0, (14.13)
qualsiasi siano le cariche er e gr. In particolare la carica magnetica totale G =ā«
j0m d3x
risulta conservata.
Proponiamo la seguente modifica delle equazioni di Maxwell,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½
e , (14.14)
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½
m. (14.15)
Intanto vediamo che queste equazioni sono compatibili con le (14.13), in quanto sia F che
F sono tensori antisimmetrici. Inoltre ora possiamo ristabilire lāinvarianza per dualita se
poniamo le seguenti trasformazioni,
F ā F , F ā āF, je ā jm, jm ā āje, (14.16)
cioe, per quanto riguarda le cariche,
er ā gr, gr ā āer. (14.17)
394
Lāinvarianza sotto queste trasformazioni e anche evidente se si scrivono le nuove equazioni
di Maxwell nel formalismo tridimensionale,
~ā Ā· ~E = j0e , (14.18)
~āĆ ~B ā ā ~E
āt= ~je, (14.19)
~ā Ā· ~B = j0m, (14.20)
ā~āĆ ~E ā ā ~B
āt= ~jm. (14.21)
Notiamo che, anche in presenza di dioni, lāidentita di Bianchi modificata puo essere scritta
in tre modi equivalenti,
āĀµFĀµĪ½ = jĪ½
m.
āĀµFĪ½Ļ + āĪ½FĻĀµ + āĻFĀµĪ½ = āĪµĀµĪ½ĻĪ± jĪ±m (14.22)
ā[ĀµFĪ½Ļ] = ā1
3ĪµĀµĪ½ĻĪ± jĪ±
m.
Dalle (14.18)ā(14.21) si vede che, il campo magnetico e ora generato non solo da
cariche elettriche in moto, ma anche da monopoli magnetici statici, cosı come il campo
elettrico sara ora generato non solo da cariche elettriche statiche, ma anche da monopoli
magnetici in moto.
14.2.1 Leggi di conservazione
Come test principale della consistenza del nuovo sistema di equazioni (14.14), (14.15),
affrontiamo ora la questione dellāesistenza di un tensore energiaāimpulso, che soddisfi
lāequazione di continuita āĀµTĀµĪ½ = 0. Manteniamo la definizione sia del contributo del
campo elettromagnetico che di quello delle particelle 65, T ĀµĪ½ = T ĀµĪ½em + T ĀµĪ½
p ,
T ĀµĪ½em = F ĀµĪ±FĪ±
Ī½ +1
4Ī·ĀµĪ½FĪ±Ī²FĪ±Ī², T ĀµĪ½
p =ā
r
mr
ā«uĀµ
r uĪ½r Ī“4(xā yr) dsr, (14.23)
e valutiamo separatamente la divergenza dellāuno e dellāaltro. Cominciamo con il contri-
buto elettromagnetico,
āĀµTĀµĪ½em = jĪ±
e FĪ±Ī½ + F ĀµĪ±āĀµFĪ±
Ī½ +1
2FĪ±Ī²āĪ½FĪ±Ī²
65Per semplicita trascuriamo quı il problema delle divergenze dovute allāautointerazione, risolubile conle stesse tecniche del capitolo precedente.
395
= āF Ī½Ī±jeĪ± +1
2FĪ±Ī²
(āĪ±F Ī²Ī½ + āĪ²F Ī½Ī± + āĪ½FĪ±Ī²
)
= āF Ī½Ī±jeĪ± ā 1
2FĪ±Ī²ĪµĪ±Ī²Ī½ĀµjmĀµ
= āF Ī½Ī±jeĪ± ā F Ī½Ī±jmĪ±
= āā
r
ā« (erF
Ī½Ī± + grFĪ½Ī±
)urĪ± Ī“4(xā yr) dsr.
Nel primo passaggio al posto di āĀµFĀµĪ± abbiamo sostituito jĪ±
e , usando (14.14). Il
secondo passaggio contiene rimaneggiamenti elementari degli indici. Nel terzo abbiamo
usato lāidentita di Bianchi modificata, nella forma (14.22). Nel quarto abbiamo applicato
la definizione di F , e nellāultimo la definizione delle correnti.
La divergenza del tensore energiaāimpulso delle particelle e stata calcolata in (2.73),
āĀµTĀµĪ½p =
ār
ā«dpĪ½
r
dsr
Ī“4(xā yr) dsr.
Sommando i due contributi si ottiene allora,
āĀµTĀµĪ½ =
ār
ā« (dpĪ½
r
dsr
ā(erF
Ī½Ī± + grFĪ½Ī±
)urĪ±
)Ī“4(xā yr) dsr.
Vediamo, quindi, che se vogliamo mantenere il tensore enerigaāimpulso totale conservato,
allora dobbiamo modificare anche lāequazione di Lorentz, sostituendola con,
dpĪ½r
dsr
=(erF
Ī½Ī± + grFĪ½Ī±
)urĪ±. (14.24)
Si noti che questa formula e ora invariante per dualita, vedi (14.8) e (14.17). Usando le
(14.9), (14.10) e immediato scriverla in notazione tridimensionale,
dĪµr
dt= ~vr Ā·
(er
~E + gr~B)
(14.25)
d~pr
dt= er
(~E + ~vr Ć ~B
)+ gr
(~B ā ~vr Ć ~E
). (14.26)
Un dione ā una particella dotata oltre che di carica elettrica er anche di carica magnetica
gr ā e quindi soggetta alla forza di Lorentz aggiuntiva gr( ~B ā ~vr Ć ~E).
Dalle equazioni (14.18)ā(14.21), e (14.26) si vede allora che ā grazie alla dualita ā la
dinamica di un sistema di soli monopoli, e completamente identica alla dinamica di un
sistema di sole cariche, cioe, allāElettrodinamica standard.
396
Essendo il tensore energiaāimpulso totale conservato e simmetrico, sappiamo che si
conserva automaticamente anche la corrente di densita di momento angolare,
MĀµĪ±Ī² = xĪ±T ĀµĪ² ā xĪ²T ĀµĪ±, āĀµMĀµĪ±Ī² = 0. (14.27)
Inoltre, dato che il tensoreāenergia impulso ha mantenuto la stessa forma, anche lāespres-
sione del momento angolare conservato, LĪ±Ī² =ā«
d3xM0Ī±Ī², in termini di ~E e ~B rimane
immutata. Ricordiamo in particolare lāespressione per il momento angolare spaziale totale
Li = 12ĪµijkLjk, vedi (2.88),
~L =ā
r
(~yr Ć ~pr) +
ā«d3x
[~xĆ ( ~E Ć ~B)
]ā” ~Lp + ~Lem. (14.28)
Si noti che per un sistema statico di sole cariche, o soli monopoli, si ha ~Lem = 0, in
quanto nel primo caso si annulla ~B, mentre nel secondo si annulla ~E. Nella prossima
sezione vedremo che per un sistema statico costituito da cariche e monopoli, avremo
invece ~Lem 6= 0.
14.3 La condizione di quantizzazione di Dirac
Abbiamo visto che lāElettrodinamica classica di un sistema di dioni, basata sulle equazioni
(14.14), (14.15) e (14.24), e perfettamente consistente qualsiasi siano le cariche er e gr delle
particelle. In questa sezione daremo un argumento semiclassico per cui la dinamica quan-
tistica di un tale sistema risulta consistente solo se queste cariche sono opportunamente
vincolate tra di loro ā dalla condizione di quantizzazione di Dirac.
14.3.1 Una carica e un monopolo
Dalla trattazione precedente risulta chiaro che aspetti fenomenologici nuovi possono emer-
gere solo se consideriamo un sistema in cui compaiono sia cariche che monopoli. La si-
tuazione non banale piu semplice da analizzare e la seguente. Consideriamo un monopolo
magnetico statico (particella 1) con massa M e cariche e1 = 0 e g1 = g, fisso nellāorigine.
Possiamo allora studiare la dinamica di una carica elettrica non relativistica (particella
2) con massa mĀæM e cariche e2 = e e g2 = 0, che si muove nel campo elettromagnetico
creato dal monopolo.
397
Come prima cosa dobbiamo dunque calcolare il campo elettromagnetico generato dal
monopolo. Essendo statico e fisso nellāorigine le sue correnti sono,
j0m = g Ī“3(~x), ~jm = 0, jĀµ
e = 0,
in quanto e1 = 0. Si tratta allora di risolvere il sistema (14.18)ā(14.21) in presenza di
queste correnti. Dato che ci troviamo in un regime statico esso si riduce essenzialmente
allāequazione ~āĀ· ~B = g Ī“3(~x). La soluzione, ottenibile per dualita dal caso della particella
carica statica, e,
~E1(t, ~x) = 0, ~B1(t, ~x) =g
4Ļ
~x
r3. (14.29)
La particella 2 si muove quindi in questo campo elettromagnetico sotto lāazione della forza
di Lorentz data in (14.26).
Nella presente trattazione non relativistica la forza di frenamento agente sulla parti-
cella 2 puo essere trascurata, e il campo creato da essa non ha quindi nessuna influenza
sulla sua dinamica. Tuttavia, piu avanti avremo bisogno di conoscere il campo elettroma-
gnetico totale del sistema carica + monopolo, e quindi anche il campo creato dalla carica.
Se denotiamo la sua traiettoria con ~y(t), nel limite non relativistico le sue correnti sono,
j0e = e Ī“3(~xā ~y(t)), ~je ā 0, jĀµ
m = 0.
Per queste correnti le (14.18)ā(14.21) danno luogo al campo elettromagnetico ben noto,
~E2(t, ~x) =e
4Ļ
~xā ~y(t)
|~xā ~y(t)|3 , ~B2(t, ~x) = 0. (14.30)
Scriviamo ora lāequazione del moto (14.26) della carica nel limite non relativistico.
Tenendo conto che g2 = 0 e che ~E1 = 0 si ottiene (~v = d~y/dt, ~a = d~v/dt),
m~a = e~v Ć ~B1(t, ~y) =eg
4Ļ~v Ć ~y
y3. (14.31)
Questa e unāequazione differenziale del secondo ordine che determina la legge oraria ~y(t)
della carica, note le condizioni iniziali ~y0 e ~v0. Data questa legge oraria vogliamo ora esplo-
rare le leggi di conservazione del sistema carica + monopolo + campo elettromagnetico,
sfruttando il fatto che ā come dimostrato nella sezione precedente ā energia, quantita di
moto e momento angolare totali si devono conservare.
398
Consideriamo innanzitutto lāenergia. Si vede subito che lāenergia cinetica della carica
si conserva perche,d
(12mv2
)
dt= m~a Ā· ~v = 0,
cosı come si conservano seperatamente lāenergia del monopolo, che e zero, e quella del
campo elettromagnetico. Lāenergia di questāultimo vale 1/2ā«
d3x( ~E22 + ~B2
1), che e infatti
una ācostanteā infinita.
La quantita di moto m~v della carica evidentemente non si conserva, ma non e difficile
dimostrare che la quantita di moto del sistema carica + monopolo e conservata 66. La
quantita di moto del campo elettromagnetico dovrebbe allora essere costante. Usando le
(14.29) e (14.30) si trova infatti che,
~Pem =
ā«d3x ~E Ć ~B =
ā«d3x ~E2 Ć ~B1 = ā eg
(4Ļ)2~y Ć
ā«~x
r3 |~xā ~y|3 d3x = 0,
in quanto lāintegrale in d3x e proporzionale a ~y.
14.3.2 Il momento angolare del sistema
Analizziamo ora in dettaglio la conservazione del momento angolare. Nel limite statico
il monopolo ha momento angolare nullo, perche anche se la sua quantita di moto resta
diversa da zero, il suo braccio va a zero. Il momento angolare della carica ~Lp = ~y Ćm~v e
invece diverso da zero e, per di piu, non si conserva. Usando la (14.31) si trova appunto,
d~Lp
dt= ~y Ćm~a =
eg
4Ļ
(~v
yā (~v Ā· ~y) ~y
y3
). (14.32)
Di conseguenza anche il momento angolare del campo elettromagnetico deve essere diverso
da zero. Lo possiamo valutare usando la sua definizione (14.28), con ~E = ~E2, e ~B = ~B1,
(~n ā” ~x/r),
~Lem =
ā«d3x~xĆ ( ~E Ć ~B)
=g
4Ļ
ā«d3x~xĆ
(~E Ć ~x
r3
)
=g
4Ļ
ā«d3x
(1
r~E ā (~x Ā· ~E)
~x
r3
)
66Nel limite statico la velocita del monopolo va a zero, ma la sua quantita di moto resta finita. Lasomma delle quantita di moto di carica e monopolo e infatti costante per il principio di azione e reazionedi Newton, valido nel limite non relativistico.
399
=g
4Ļ
ā«d3x
(Ei āi ~n
)
=g
4Ļ
ā«d3x
(āi
(~nEi
)ā ~n (~ā Ā· ~E))
=g
4Ļ
[limrāā
(ā«r2ni Ei ~n dĪ©
)ā e
ā«d3x~n Ī“3(~xā ~y)
]
=eg
(4Ļ)2
ā«~n dĪ©ā eg
4Ļ
~y
y
= ā eg
4Ļ
~y
y. (14.33)
Il momento angolare totale e quindi dato da,
~L = ~Lp + ~Lem = ~y Ćm~v ā eg
4Ļ
~y
y, (14.34)
e usando (14.32) si verifica facilmente che e conservato, d~L/dt = 0.
Il fatto che il momento angolare del sistema a due corpi (carica + monopolo) da solo
non si conserva ha due conseguenze importanti. La prima e che il moto non e piano,
come succede invece per due corpi che interagiscono attraverso una forza centrale. La
seconda e che in un esperimento di scattering una carica inizialmente priva di momento
angolare, passando vicino a un monopolo magnetico puo acquistare un momento angolare
non nullo, sottraendolo al campo elettromagnetico. La variazione del momento angolare
della carica tra lo stato iniziale e quello finale puo infatti essere letta dalla (14.34),
ā~Lp = āā~Lem =eg
4Ļ
((~y
y
)
f
ā(
~y
y
)
i
).
Supponiamo ora di eseguire un esperimento di scattering in cui la carica passa a
una distanza molto grande dal monopolo, ovverosia con un parametro dāimpatto b molto
grande. In questo caso la carica praticamente non viene deflessa perche la forza a cui e
sottoposta si annulla a grandi distanze come 1/y2, vedi (14.31). Indicando allora con z il
versore della velocita a piu e meno infinito, che e dunque la stessa, abbiamo,(
~y
y
)
i
= āz,
(~y
y
)
f
= z,
e quindi,
ā~Lp =eg
2Ļz. (14.35)
Calcolo esplicito di āLzp. Per capire meglio il meccanismo che fa emergere per bāā
una variazione non nulla del momento angolare, mentre nello stesso limite le velocita
400
iniziale e finale sono uguali, calcoliamo esplicitamente la variazione della velocita durante
lāintero processo di scattering. In questo caso la traiettoria e praticamente rettilinea, e
supponendo che essa giaccia nel piano (x, z) abbiamo ~y(t) = b x+vt z, ~v(t) = v z. Lāunica
componente non nulla della forza in (14.31) e allora la componente y 67,
Fy =eg
4Ļ
[~v Ć ~y
y3
]
y
=eg
4Ļ
v b
(b2 + v2t2)3/2.
Di conseguenza lāunica componente della velocita che varia e la componente y,
āvy =
ā« ā
āāay(t) dt =
1
m
ā« ā
āāFy dt =
eg vb
4Ļ m
ā« ā
āā
dt
(b2 + v2t2)3/2=
eg
2Ļ m b.
Si vede quindi che la particella acquista una velocita lungo y diversa da zero ā che la fa
uscire dal piano iniziale (x, z) ā che si annulla nel limite per b ā ā. Al contrario, la
componente z del momento angolare subisce una variazione non nulla anche per bāā,
āLzp = b (māvy) =
eg
2Ļ,
in accordo con la (14.35).
14.3.3 Consistenza quantistica e condizione di quantizzazione di Dirac
Cerchiamo ora di interpretare il risultato di questo esperimento nel contesto della Mec-
canica Quantistica. In questo ambito, dato che abbiamo considerato il limite bāā, sia
nello stato iniziale che in quello finale la carica puo essere considerata come una particella
libera che si muove di moto rettilineo uniforme lungo lāasse z. Inoltre, le componenti z
della velocita e del momento angolare sono variabili compatibili, perche da,
[Li, pj] = i~ Īµijkpk,
segue,
[Lzp, p
z] = 0.
Possiamo quindi misurare lāosservabile Lzp con precisione sia nello stato iniziale che in
quello finale, senza modificare la velocita lungo z. I valori che otteniamo per Lzp nei
67Ovviamente la traiettoria della carica giace nel piano (x, z) solo per per t ā āā, perche il motonon e piano. In realta quı stiamo eseguendo un calcolo perturbativo attorno alla traiettoria rettilineaimperturbata, con parametro di espansione 1/b.
401
due stati sono evidentemente due autovalori permessi per una componente del momento
angolare, cioe, n1~ e n2~, con n1 e n2 interi. Ma allora deve essere quantizzata anche la
differenza,
āLzp = n~,
con n intero. Confrontando con la (14.35) si deduce cosı la condizione di quantizzazione
di Dirac 68,
e g = 2Ļn~c, (n = 0,Ā±1,Ā±2, Ā· Ā· Ā·). (14.36)
Possiamo concludere che una condizione necessaria per la coesistenza quantistica di
monopoli e cariche e che qualsiasi coppia di cariche e monopoli soddisfi la condizione di
quantizzazione di Dirac, per qualche intero positivo o negativo n. Solo recentemente e
stato dimostrato che la (14.36) e in realta anche sufficiente per la costruzione di una teoria
quantistica relativistica di campo che coinvolge sia cariche che monopoli 69.
Nonostante questi risultati teorici confortanti la ricerca sperimentale di monopoli ma-
gnetici ā tuttora in atto ā ha dato finora esiti negativi. Tuttavia, per lāinteresse sia teorico
che sperimentale che queste particelle continuano a suscitare, elenchiamo quı di seguito
alcune conseguenze che deriverebbero dallāesistenza di monopoli magnetici in natura.
Quantizzazione della carica elettrica. Supponendo che esista anche un solo monopolo,
di carica g0, la carica elettrica er di una qualsiasi particella carica a noi nota dovrebbe
soddisfare la relazione er g0 = 2Ļnr~, e quindi,
er = e0 nr, e0 ā” 2Ļ~g0
.
Si risolverebbe cosı il problema della quantizzazione della carica elettrica, perche tutte le
cariche sarebbero necessariamente multiple di una carica fondamentale e0. Questo fatto e
confermato dagli esperimenti con estrema precisione ā per esempio la differenza relativa
tra i moduli della carica dellāelettrone e della carica del protone e minore di 10ā20 ā ma
a tuttoggi non esiste nessuna spiegazione teorica di questa ācoincidenzaā.
Dualita di accoppiamento debole/forte. La condizione di Dirac stabilisce una relazione
68P.A.M. Dirac, Proc. Roy. Soc. (London), A133, 60 (1931).69R.A. Brandt et al., Phys. Rev. D19 4 1153 (1979)
402
tra le costanti di struttura fine elettrica e magnetica,
Ī±e ā” e2
4Ļ ~c, Ī±m ā” g2
4Ļ ~c,
che in teoria quantistica di campo giocano il ruolo di costanti di accoppiamento. Usando
la (14.36) si ottiene infatti,
Ī±e Ī±m =n2
4.
Per un dato sistema di cariche abbiamo quindi che se Ī±e e piccola allora Ī±m e grande, e
viceversa. Dāaltra parte sotto una trasformazione di dualita e e g si scambiano tra di loro
secondo eā g, g ā āe, che per le costanti di accoppiamento equivale a,
Ī±e āā Ī±m. (14.37)
La dualita elettromagnetica scambia quindi regimi di accoppiamento debole con regimi di
accoppiamento forte. Per questo motivo questa dualita viene anche chiamata ādualita di
accoppiamento debole/forteā. Si puo allora facilmente intuire che una relazione di dualita
puo essere molto utile per analizzare una teoria a livello non perturbativo, cioe, in un
regime in cui la costante di accoppiamento e grande, per cui non avrebbe senso effettuare
uno sviluppo perturbativo.
I monopoli in Teorie di Grande Unificazione. Lo studio dei monopoli ā introdotti da
noi ad hoc nellāambito dellāElettrodinamica classica ā e motivato anche dal fatto che nelle
Teorie di Grande Unificazione (GUT), come per esempio quella basata sul gruppo di gauge
SU(5), la presenza di monopoli e una previsione inevitabile della teoria stessa. Il fatto che
i monopoli non siano stati ancora osservati evidentemente non contraddice queste teorie,
per il semplice motivo che le masse previste per queste particelle sono troppo elevate da
poterle produrre negli acceleratori oggi in uso.
La condizione di quantizzazione di Schwinger. Concludiamo presentando la generaliz-
zazione della condizione di Dirac al caso di particelle dioniche. Lāargomento semiclassico
che abbiamo presentato sopra si estende infatti facilmente al caso in cui abbiamo una
particella con cariche e1 e g1, statica nellāorigine, e una particella con cariche e2 e g2 che
si muove nel campo elettromagnetico creato dalla prima. In questo caso si ottiene la
403
condizione 70,
e1g2 ā e2g1 = 2Ļn ~c, (n = 0,Ā±1,Ā±2, Ā· Ā· Ā·). (14.38)
Il segno relativo tra i due termini in questa relazione e dettato dallāinvarianza per dualita,
vedi (14.17).
Sottolineiamo il fatto che le condizioni di quantizzazione (14.36) e (14.38) sono state
ottenute come condizioni necessarie ā attraverso un argomento semiclassico nellāambito
della Meccanica Quantistica non relativistica. Per completezza aggiungiamo che nellāam-
bito delle teorie quantistiche relativistiche di campo si puo far vedere che un sistema di
N dioni puo interagire consistentemente se vale, in alternativa, lāuno o lāaltro dei seguenti
due set di condizioni,
ergs = 2Ļnrs ~c, ā r, s,
ergs ā esgr = 4Ļnrs ~c, ā r, s,
dove gli nrs sono interi postivi o negativi. Il fattore 2 aggiuntivo nel secondo set di
condizioni, rispetto a (14.38), e da interpretarsi come un effetto relativistico.
70J. Schwinger, Phys. Rev. 144 4 (1966) 1087.
404