Io e la Chiesa maestri ti dicono: impegnati in politica e il paese cambierà. Ma chi sono io per...

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Io e la Chiesa osservatorio - memoria - comunicazione - proposta Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova Il ruolo dei laici. Periodico ROC - La Madonna della Guardia - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - MP/GENOVA NO/51/2011 - n. 03 anno 119 - Mensile - Poste Italiane S.p.A. Taxe perçue - Tassa riscossa - CMP GE Aeroporto ... e c’era la Madre di Gesù Gv. 2,1 3/marzo 2014

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Io e la Chiesa

osservatorio - memoria - comunicazione - proposta

Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova

Il ruolo dei laici.

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3/marzo 2014

7 la chiesa diffusa nel mondo la sorprendente (e antichissima) chiesa del kerala gianfranco parodi

8 la famiglia attraverso l’arte la famiglia enrico quaglia

9 editoriale un “nemico” a tutti i costi o...? marco granara

10 osservatorio servizio civile, una grande opportunità alma severino

ecco perché lo faccio mirco mazzoli

20 le ragioni del credere semi nel mondo. i laici e il futuro della chiesa. mirco mazzoli

storia (sommaria) dei laici gianfranco parodi

26 momenti di vita

27 cronache

30 il ricordo e la preghiera

il Sommario

Anno della Famiglia. Famiglie ferite.

4 PAGINE CENTRALI

4 scrivere e rispondere marco granara

19 succede in chiesa

24 due minuti per pensare nucci scipilliti, laura siccardi

25 piccole storie anna gatti

testimoni 14 anna gatti, nucci scipilliti

pregare con i salmi... 19 enrico quaglia

la gioia del vangelo 25 marcello monticone

Associato all’U.S.P.I.Unione StampaPeriodica Italiana

Stampa B.N. MARCONI s.r.l.Passo Ruscarolo, 71 - 16153 GenovaTel. 010.651.59.14

La Madonna della Guardia - Anno 119o n. 03Autorizzazione n. 2/84 del 17.1.1984del Tribunale di Genova

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fernando primerano

a Proposito

Siamo nel pieno del tempo di Quaresima. Papa Francesco ha scritto per tutti i fedeli un messaggio per offrire spunti di riflessione e vivere bene questo tempo di grazia. Il Papa ha preso spunto da una frase di San Paolo che scrive nella seconda lettera ai Corinzi: “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9). In questa logica d’amo-re Dio in Cristo si spoglia di tutto per farsi identico all’uomo (eccetto il peccato) e così renderlo ricco di Dio. Gesù viene a noi sempre, anche oggi, povero per arricchirci. Il Papa dice: “Cristo si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri”.

Ai fedeli poi il Santo Padre chiede di farsi imitatori del modo di amare di Cristo e di andare incontro ad ogni uomo per guarirlo dalle miserie materiali, morali e spirituali. Egli scrive: “Il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza!”

Chiediamoci a questo punto: come stiamo vivendo la nostra Quaresima? La Chiesa da sempre ci chiede di compiere semplici gesti penitenziali (preghiera, digiuno e elemosina), non per spirito di masochismo spirituale, ma per affermare con gioia che al di sopra di tut-to c’è Dio. Egli è prima del cibo, prima del vestito, prima del denaro, prima del tempo che riser-viamo a noi stessi. Gesù stesso ci ha chiesto di vivere così, con coraggio: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). La Quaresima ogni anno è un dono di luce acceso sulla vita. A noi è chiesto solo di accogliere con gioia Dio che in Cristo viene perché ci ama. A nostra volta, pieni di grazia, agiremo con lo stesso stile e in ogni persona non potremo fare a meno di vedere un fratello o una sorella da amare.

La Madonna della Guardia sia per tutti noi maestra d’amore accolto e donato.

Buona lettura,Don Fernando

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scrivere e rispondere

Impegno in politica... tra timori e sfiducia

Caro don, la mia domanda è secca e forse non dovrei farla a un prete, ma... c’è una via d’u-scita in questa nostra politica? A me sembra che gli ultimi eventi e i personaggi che agitano lo scenario dei partiti non ci lascino ben sperare. Ci fanno credere che cambierà e poi... Tutti i buoni maestri ti dicono: impegnati in politica e il paese cambierà. Ma chi sono io per credere di vincere contro questa gente?

Giampaolo s. - Bordighera

Il suo timore è giustificato. E allora? Dobbiamo credere a quella voce fin troppo diffusa che... “son tutti uguali”? Come vede, su questa sponda, si sono schierati (tra non votanti o votanti solo per protesta) oltre la metà degli italiani... Ma anche in nazioni ben più note e spesso prese come model-lo le sorti della Cosa Pubblica sono da anni affidate a una minoranza dei cittadini (pensi un po’, quanti americani sono coinvolti effettivamente nella elezione del loro mega Presidente?). Pensi a quanta fatica per arrivare a sottrarre i problemi della gente ai capricci delle monarchie assolute o agli interessi delle oligarchie, per poi arrivare alla tristezza di dover registrare, da parte della gente, la perdita di fiducia in se stessi... Non sono io un tuttologo e nemmeno un politologo. Dovrei e vorrei essere solo un “uomo di fede” che cerca di vedere l’uomo e le sue vicende con gli occhi benevoli e fiduciosi del suo Creatore. San Pietro diceva ai suoi cristiani di essere “sempre pronti a rendere ragione a chiunque della speranza che è in voi”. Il problema che lei solle-va – gravissimo – è solo all’interno di questa incapacità di “rendere ragione” a se stessi, ai propri figli, a tutti, dei motivi per cui si può e si deve stare alle stanghe della vita in qualunque situazione e con chiunque siamo chiamati a convivere. Il problema della “politica” con la “P” maiuscola, per me, è ancora un problema di Fede. Tutto è possibile, ma tutto è anche molto faticoso e crocifiggente, per chi ci crede! Io sento che ci “dobbiamo credere”!

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risponde mons. marco granara, rettore del santuario

[email protected]

C’è un costo e un prezzo anche per... fare i santi?

Ho letto che il Papa ha uni-formato verso il basso i costi che si devono affrontare per istruire una causa di beatifica-zione e di santificazione. Ap-prezzo la buona intenzione. Ma la domanda è: ma bisogna pagare anche per diventare santi? Confesso che non lo sa-pevo e che resto sconcertato.

Corrado G. – Genova

Un “processo” che coinvolge uomini e mezzi di ricerca ha an-che un costo di tempo e di risor-se. Cercare di documentare tutte le espressioni di una vita per con-frontarle con i criteri del Vangelo e per verificarne la rispondenza, impegna, a volte per anni. Non è strano tutto questo. Fa invece più problema che, a parità di valore (se così si può dire), chi in vita è stato più conosciuto e sostenuto da amici e devoti è agevolato in questo “procedere” verso la conoscenza generaliz-zata del suo valore di cristiano eroico, con prove raccolte, docu-mentate e vagliate da un vero e proprio tribunale ecclesiastico, secondo vari gradi: Servo di Dio, Venerabile, Beato e Santo! Un esempio concreto a noi vicino? Tutti conosciamo, ammiriamo come esempio e invochiamo come intercessore il grande San Giovanni Bosco. Cammino re-lativamente spedito il suo verso il riconoscimento. Suo contem-poraneo e amico, il nostro Don Francesco Montebruno, geno-vese, generoso e impegnato su tutti i fronti delle virtù cristiane e dell’attenzione ai giovani. Si

stimavano, si frequentavano re-ciprocamente, erano sul punto di unire le loro due opere simili, in un’unica istituzione. Ma, quan-to al riconoscimento pubblico e solenne, Don Bosco fu presto venerato Santo dal mondo in-tero e il “nostro” Montebruno è rimasto... a piedi. Forse Papa Francesco e i suoi collabora-tori, che da tempo registrano mille incongruenze come que-ste, hanno pensato che valeva la pena mettere le mani anche qui. Santi? Importante esserlo; che poi altri lo riconoscano, è un’altra cosa.

“Notte della Fede” o semplicemente “demotivazione”?

Ho ormai raggiunto la mezza età. E con lei da alcuni anni, dopo una vita da credente e da persona coinvolta in al-cune attività parrocchiali, è arrivata una crisi di fede for-tissima. Mi sembra che nulla abbia un senso originale e fi-nale, mi chiedo perché siamo qui e come mai prima riuscissi a darmi risposte religiose che oggi mi sembrano ingenue. Ho letto più volte che esiste una notte della fede, se non ricordo male, anche Madre Te-resa la visse a lungo, nel silen-zio. Io, invece, non ce la faccio a stare zitto. Vorrei ritrovare la consolazione di Dio, su cui posso dire con onestà di aver costruito i miei progetti. Ai perché a cui non so risponde-re, sono costretto ad aggiun-gere anche questo: perché Dio mi guarda e sta zitto?

Anna Maria R. – Genova Nervi

Ecco qui un’altra amica che vor-rebbe “sentire” e, siccome “non sente”, ha l’impressione di aver perso la Fede... Ma, “quale” fede? Quella che, bene o male, si è ritrovata, che ha pochissimo approfondito dando tutto per scontato, come la quasi totalità dei cosiddetti “cristiani” nostra-ni, spesso anche “praticanti” e, di fatto, “non credenti”? Que-sto tipo di fede, dovrebbe an-che emozionare testa e cuore? Impossibile! Ringrazi piuttosto il cielo per l’insinuarsi di que-sta inquietudine, per il dono del dubbio che la obbliga finalmen-te a interrogarsi, perché la sua intelligenza e la sua sensibilità, che comunque ci sono, si rifiuta-no di credere e di emozionarsi per un generico “sentito dire”, mai approfondito seriamente come si conviene. E tuttavia – come diceva papa Francesco in que-sti giorni – Gesù non si incon-tra solo al “catechismo”? Forse Gesù ha fatto catechismo per tre anni a dodici “bambini”? Quan-do, in ogni comunità cristiana, ci accorgeremo del gravissimo vuoto in merito al cammino di Fede degli adulti? L’esperienza di Gesù è molto più articolata e più seria. I poveri, la comunità “nel suo nome”, la Parola tra-smessa dagli Apostoli di oggi, i Sacramenti, prima ben creduti e vissuti e poi ben celebrati, la pre-ghiera abituale... Chieda a un sacerdote amico e stimato che l’aiuti in questo itinerario in-tero, con pazienza, precisione e costanza e poi vedrà se “sente” o “non sente”. Cerchi, senza stan-carsi, la conoscenza di uomini e donne “santi” e... consumi l’u-scio di casa loro. Scommettiamo che fra non molto mi scriverà ben altre “sensazioni”?

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scrivere e rispondere

Tra mamme invadenti e

padri padroni... Possibile?Ci ha molto colpito l’osser-vazione del Tribunale Eccle-siastico di Genova di qualche settimana fa secondo cui, alla base di molti casi di nullità di matrimonio, c’è la dipenden-za del coniuge dal genitore, ciò che, semplificando, viene chiamato il “mammismo”. Una dipendenza che fa sì che il genitore sia il vero coniuge del coniuge, il quale si sposa senza capire bene il significato di quello che sta facendo. Le chiediamo: colpa dei genitori o colpa dei figli? Non avevamo mai sentito dire, questi sposi immaturi: l’uomo e la donna lasceranno padre e madre e i due saranno una carne sola?

Nicola e Mirella G. – Genova

Vi racconterò di due sposi, da me conosciuti anni fa nella mia parrocchia, che, dopo un giorno di viaggio di nozze, dovettero precipitosamente tornare a casa perché... la mammina di lui, senza il suo cocco, cadeva in depressione. Caso limite? Non si creda! Potrei documentarne a “decine” di casi di matrimoni ro-vinati dall’immaturità degli spo-sini e dall’invadenza di genitori e consuoceri. Alcuni sopportano sperando che “tempo e paglia” maturino le coppie di nespole ri-tenute solo un po’ acerbe. Altri la tirano, per virtù o per disperazio-ne, un po’ più in là, tra drammi, sopportazioni, infelicità recondi-te da parte del più virtuoso e ma-turo, ma poi... la coppia scoppia! Le cause? Mamma mia! Troppo

complessa una diagnosi corretta e poi il “caso per caso” ha pro-blematiche assai differenziate. Il problema più tragico è che, se la causa non è onestamente ricono-sciuta dagli interessati e curata adeguatamente, anche una rot-tura per “rifarsi una vita” non aprirà a future soluzioni più “for-tunate”. Siamo tutti un po’ ina-dempienti, soggetti (figli e geni-tori), educatori e spesso anche le comunità, civile e cristiana, che dovrebbero esprimere, educare, proteggere, orientare le nuove co-munità familiari. Da dove ripar-tire, per non incrociare le braccia e metterla sulla rassegnazione? Credo che tutti - la saccente e “scientifica” società civile e la spesso “moralistica” comunità cristiana - dovremmo ripartire da un onesto atto di umiltà. Come quello che mi fece una mamma in confessione qualche tempo fa: “Sono laureata in psicologia, insegno da anni pedagogia nelle superiori, ma con la mia unica figlia sono da sempre in conflitto e non so proprio che fare!” Se si comincia da qui, forse - tutti in-sieme - si potrà capire e ricostrui-re una Famiglia “come Dio” l’ha voluta.

Quando un uomo ti può portare

a Dio...

Volevo domandare perché, nella Vostra rivista La Guar-dia, si ricorda e si parla pro-prio poco o per nulla del grande uomo che è stato Don Gallo: anche non condividen-do il suo pensiero politico, non si può non condividere tutto il bene che LUI ha fatto

veramente agli ultimi. Io ho avuto la grande gioia di parla-re con LUI e vi assicuro che il solo stare vicino sentivo una forza e una pace inverosimile. Volevo precisare che io leggo la Vostra rivista perché arri-va a mia moglie, io sono una persona purtroppo senza fede, direi agnostica, con tanta spe-ranza che ci sia un proseguo oltre la morte terrena, ma an-che con certezza assoluta che le uniche volte che ho sentito pace, serenità e fede ero vici-no a lui. Forse se questo Papa è veramente come sembra es-sere, sicuramente lo avrebbe amato intensamente. Grazie Saluti Cari

Mauro - Genova

Carissimo Mauro, se dovessi-mo parlare, anche poche volte, di uomini come Don Gallo, do-vremmo fare una rivista solo per loro perché, grazie a Dio, uomini così ce ne sono stati e ce ne sono molti. Per te forse è “unico” e sono contento che tu possa aver-lo incontrato e apprezzato ma, credimi, uomini che hanno dato “tutto” a Dio e alla gente ce ne sono ancora. Posso farti un au-gurio? Che il tuo incontro con lui possa risultare passerella per l’in-contro con un Altro, il Gesù che lui diceva di amare e dal quale ha imparato a vivere per i pove-ri. Nella tua sensibilità, sento già che sei in cammino, anche se dici di essere agnostico. Non sa-resti così, se il Dio che tu dici di cercare non ti stesse già da tem-po cercando. Coraggio! Non fare di noi uomini un “mito”, ci fare-sti un cattivo servizio. Mettiti tu stesso sulla stessa strada. Quella di Gesù. Lui non ha mai deluso nessuno e, per noi – unico – ci ha lasciato la pelle. Ciao Mauro.

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gianfranco parodi

cristiana di rito romano. Una buona parte di cristiani non accettò questa imposizione e perciò decise di passare in massa al Patriarca-to di Antiochia, aderendo al rito ortodosso. Duecento anni dopo una parte di questi ulti-mi decise di tornare in seno alla Chiesa catto-lica, riconoscendo il primato del papa roma-no e ottenendo però di mantenere le proprie liturgie secondo il rito ortodosso: da questo atto ha avuto origine la comunità cristiana di rito Siro-Malankarese. Oggi così nello Stato del Kerala e in buona parte dell’India esistono ben tre riti cattolici: il Siro-Mala-bar (quello originario), il rito Romano (quello imposto dai portoghesi) e il Siro-Malankara che è quello di derivazione ortodossa.

Prima delle riforme portate dal Concilio Vati-cano II, che ha introdotto nelle varie liturgie l’uso delle lingue nazionali, la lingua ufficiale della liturgia Syro Malabarese del Kerala era l’Aramaico-Siriaco, proprio la lingua parlata da Gesù e dagli Apostoli! I cri-stiani non cattolici aderiscono al patriarca-to ortodosso di Antiochia, la cui fondazione trae origine dalla predicazione di San Pietro (prima di andare a Roma, l’apostolo sarebbe stato infatti vescovo di Antiochia). Secondo la tradizione in India arrivò anche l’Aposto-lo Bartolomeo. Egli però avrebbe svolto la sua predicazione nella Persia e di lì si sareb-be spinto anche verso l’India settentrionale. Purtroppo la sua predicazione non ebbe gli stessi risultati duraturi che ebbe quella di Tommaso.

Parlando della nascita delle chiese lo-cali ai tempi degli Apostoli, vogliamo

ricordare una chiesa forse non troppo cono-sciuta dai nostri lettori, ma certamente mol-to antica: una delle prime di fondazio-ne apostolica. Parliamo della Chiesa del Kerala, stato della confederazione indiana (oggi purtroppo il nome di questo stato è legato alla vicenda dei due sottufficiali della Marina Italiana accusati di omicidio). Come mai in questo stato c’è una percentuale di cristiani vicina al 30%, mentre nel resto dell’India a malapena arriva al 2%? Tutto questo si capisce solo se si fa riferimento alla predicazione che in quelle terre avrebbe fat-to l’apostolo Tommaso (sì proprio quello rimasto famoso per la sua incredulità). Ebbe-ne San Tommaso, attraversando l’Arabia, si spinse via mare fino all’India sud occidentale e lì iniziò la sua predicazione, che deve esse-re stata efficace perché il seme da lui gettato, pur tra mille difficoltà, si è sviluppato e frut-tifica a tutt’oggi. Infatti la comunità cristiana del Kerala continuò a professare nei secoli la religione cristiana mantenendo sempre salda la fede dei loro padri e celebrando le liturgie secondo l’antico rito Siro-Malabarese.

Quando nel 1500 giunsero nel sud dell’In-dia i colonizzatori portoghesi, vedendo quei riti per loro incomprensibili, pensarono di trovarsi non di fronte a cattolici autentici ma a degli eretici nestoriani per cui cercaro-no di convertire la popolazione imponendo il rito “romano”. Nacque così la comunità

la Chiesa diffusa nel mondo

La sorprendente (e antichissima)

Chiesa del Kerala

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testo di enrico quaglia e foto di stefano perfumo

la Famiglia attraverso l’Arte

La famiglia cristiana trova il suo model-lo di riferimento in Maria, Giuseppe e

Gesù, proprio come è stata pensata dal Crea-tore: un uomo, una donna che diventa-no una carne sola nei figli. I capolavori artistici ci propongono questa verità che è immutabile e valida per gli uomini di tutti i tempi.

A sinistrA: Luca Cambiaso, Sacra Famiglia (Santuario S. Francesco da Paola, Genova).

Per gentile concessione dell’ Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Genova.

L’amore non è invidioso, né geloso: “Sia-te premurosi nello stimarvi gli uni gli al-tri”. (Rom 12,10).Da “IL DECALOGO PER LA COPPIA” della Guardia

(da 1 Cor 13,4-8)

La famiglia

Joos Van Cleve, Adorazione dei Magi(Chiesa di S. Donato, Genova).

Jan Van Scorel, Sacra Famiglia(Palazzo Bianco, Genova).

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marco granara

editoriale

Eppure, certe cose, ce le aveva predette e quasi

garantite il nostro Maestro... Chi sa come mai ogni volta ci meravigliano come se fos-sero stranezze? Ci aveva det-to, si o no, che “voi siete nel mondo, ma non siete del mon-do”? “Se voi foste del mondo il mondo amerebbe ciò che è suo, ma voi non siete del mondo”? Non ci ha detto che: “Han-no odiato me, odieranno anche voi”? Non ci aveva mandato con la sola consegna di una “bella notizia” da portare in tutta la sua forza, libera, propositiva e positiva sempre, sapendo che da alcu-ni sarebbe stata accolta e da altri no? Non ci aveva detto mille volte di “non avere pau-ra”? Di andare da tutti, “come agnelli in mezzo a lupi”, non solo alle “pecore della casa di Israele, alle novantanove dell’o-vile, ma anche e soprattutto a quelle perdute”? Non ci aveva detto di andare liberi da tutte le nostre sicurezze, furberie, tattiche, alleanze ambigue, dialettiche polemiche da spalle al muro contro sempre nuovi “avversari”...? In que-sti giorni Papa Francesco - possibilista ad oltranza, senza paura di niente e di nessuno, libero, sereno, non “furbo e birbante gesuita”, ma “pecca-tore da Dio guardato” come si è definito - è tornato su

Un “nemico” a tutti i costi o...?

questo tema: “... Come agnel-li, ma senza diventare lupi, nonostante la tentazione di di-ventarlo anche noi. [...] Agnel-lo, con l’astuzia cristiana, ma agnello sempre. Perché se tu sei agnello Lui ti difende. Ma se tu ti senti forte come il lupo, Lui non ti difende, ti lascia solo e i lupi ti mangeranno crudo”.

Perché abbiamo sempre bisogno di un “nemico”, di un “avversario” con-tro cui combattere?Perché dobbiamo sempre vi-vere col complesso di essere sempre “accerchiati e asser-ragliati” nella Chiesa come “fortino dei giusti”, prima che “sacramento di Cri-sto per la salvezza del mondo”? Si ha e si dà, così, l’impressione che il Cristo Crocifisso, liberamente e per amore, sia stato e sia tuttora ancora sconfitto dagli “uomi-ni cattivi”... vincitori. Non sembra, da certi nostri com-

portamenti, che traspaia la certezza che “quel” Crocifis-so sia “risorto e vincitore”. C’è stato un Concilio Vati-cano II che avrebbe voluto cambiare visione e prassi: non più “giocatori sempre in difesa e in attacco” di un “mondo nemico”, ma “in-carnati e solidali”, presen-ti ovunque e parte noi stessi di questo mondo di peccatori e di santi... È “entrato” tutto questo o è ancora sulle car-te di un libro di documenti? Gli schieramenti politici dei nostri sé dicenti cattolici, da cosa sono motivati: dife-sa? Paura? Preconcetto duro a morire? È proprio vero che certi “valori”, così come sono stati vissuti nel remoto e recente passato, siano così “cristiani”? Proprietà, eco-nomia, giustizia uguale per tutti, famiglia stessa, legalità, libertà effettiva per tutti... ci trovano convinti e liberi “te-stimoni coerenti” sulla linea di Gesù o “giudici inesorabi-li”, “intransigenti guerrieri”, su qualche linea emergente da questa o quella maggio-ranza... Alla fine... è anco-ra e sempre “questione di Fede”. Non di “una fede che mi sono ritrovato e mi son fatto” ma del confron-to, continuo e rigoroso, con “quella di Gesù”. Senza darla mai per scontata.

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alma severino

Servizio civile, una grande opportunità

Servizio a partire dagli ultimi, pace, promozione dell’Italia.

Si è tenuto a Genova il 12 Marzo il X Incon-

tro nazionale dei giovani in Servizio Civile Nazio-nale presso gli enti eccle-siali, che ha raccolto circa 300 ragazzi provenienti da tutta Italia. Una parte delle migliaia di giovani che pro-prio in queste settimane han-no cominciato questa espe-rienza che, malgrado fatiche e riduzioni di finanziamenti negli anni, mantiene intatta la sua vitalità e la sua impor-tanza per la vita dei giovani e per la società che li accoglie.

Il Servizio Civile Nazionale, che è stato istituito con la legge 6 marzo 2001 n° 64 e che dal 1° gennaio 2005 si svolge su base esclusivamente volontaria - è un modo non armato e non violento di difendere la Patria, il cui “dovere” è sancito dall’artico-lo 52 della Costituzione; una difesa che non deve essere ri-

ferita al territorio dello Stato e alla tutela dei suoi confini esterni, quanto alla condivi-sione di valori comuni e fondanti l’ordinamento democratico. I giovani dai 18 ai 28 anni possono così dedicare un anno della pro-pria vita a favore di un impe-gno solidaristico per il bene di tutti e di ciascuno e quindi per la coesione sociale. Il servi-zio civile volontario garantisce inoltre ai giovani una forte va-lenza educativa e forma-tiva, una importante e spes-so unica occasione di crescita personale, una opportunità di educazione alla cittadinanza attiva, contribuendo allo svi-luppo sociale, culturale ed eco-nomico del nostro Paese.

La difesa della Patria con mez-zi non armati e non violen-ti si concretizza in servizi di utilità sociale in campi quali l’assistenza, la protezione civile, l’ambiente, il patri-

Il simbolo

Il Simbolo compendia in una

innovativa sintesi grafica, la

stella della Repubblica, i colori

della bandiera italiana, il blu

dell’Europa, l’abbraccio della

solidarietà e dell’aiuto recipro-

co attraverso cui costruire una

società solidale e coesa nel ri-

spetto dei principi ispiratori

della norma istitutiva.

monio artistico e cultura-le, l’educazione e promo-zione culturale, il servizio civile all’estero. Servizi che tendono a mantenere coesa la società civile, allargano alle categorie più deboli e svan-taggiate la partecipazione alla vita sociale, promuovono a vantaggio di tutti il patrimo-nio culturale e ambientale del-le comunità, e concretizzano l’esercizio di una cittadinanza attiva delle persone alla vita della collettività e delle istitu-zioni a livello locale, naziona-le, europeo ed internazionale.

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Servizio civile, una grande opportunità

osservatorioGiovani e impegno

Gli enti di servizio civi-le, che si relazionano con l’apposito Ufficio per il Servizio Civile Naziona-le presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono le amministrazioni pubbli-che, le associazioni non go-vernative (ONG) e le associa-zioni no profit che operano negli ambiti specificati dalla legge. Per poter partecipa-re al Servizio Civile gli enti devono dimostrare di pos-sedere requisiti strutturali ed organizzativi, avere ade-guate competenze e risorse specificatamente destinate, sottoscrivere la carta di impegno etico che inten-de assicurare una comune visione delle finalità del Ser-vizio Civile e delle sue mo-dalità di svolgimento. Solo tali enti, iscritti in appositi albi - Albo nazionale e Albo regionale -, possono presen-tare progetti di Servizio Ci-vile Nazionale.

La storia del Servizio Civile Nazionale affonda le sue radici nella storia dell’obiezione di coscienza. Nel 1972 - sotto

la spinta delle azioni di protesta condotte dalle organizzazioni non violente, del crescente interesse dei cittadini nei confronti dell’obiezione di coscienza e del gran numero di giovani disposti ad affrontare il carcere pur di non prestare un servizio armato - il governo approva la legge 772 “Norme in materia di obiezione di coscienza”, che riconosce l’obiezione per motivi morali, religiosi e filosofici ed istituisce il servizio civile sostitutivo del servizio militare e, pertanto, obbligatorio. L’esperienza iniziale di poche decine di coraggiosi, diventa alla fine degli anni ‘80 l’esperienza di migliaia di giovani anche grazie alla sentenza della Corte Co-stituzionale (1989) che parifica la durata dei due servizi militare e civile: inizia l’esplosione numerica degli obiettori che raggiunge nel 1999 la cifra di 110.000 domande. Nello stesso tempo, in modo silenzioso ma sistematico, l’offerta di servizio civile passa da poche decine di associazioni dei primi anni ‘80, agli oltre 3.500 Comuni abilitati a impiegare obiettori, alle decine di Università, alle oltre 200 Unità Sanitarie Locali, alle 2.000 associazioni locali di Terzo Settore (fine degli anni ‘90). Il Servizio civile diviene una risorsa sociale per il Paese. L’8 luglio 1998, il Parlamento vara la legge 230 “Nuove norme in materia di obiezione di coscien-za”: l’obiezione di coscienza viene riconosciuta diritto del cittadi-no. Contestualmente l’amministrazione di questo servizio viene sottratta al Ministero della Difesa ed affidata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ove viene costituito un apposito Ufficio Nazionale per il Servizio Civile. A riconoscimento dell’importan-za di un coinvolgimento dei vari attori del Servizio civile viene creata la Consulta Nazionale per il Servizio Civile ove sie-dono i rappresentanti delle Amministrazioni Centrali dello Stato, i rappresentanti dei principali soggetti di Terzo settore, dei Co-muni Italiani e degli obiettori. La legge istituisce, inoltre, il Fon-do Nazionale per il Servizio Civile nel quale confluiscono i fondi prima gestiti dal Ministero della Difesa e nel quale possono essere versate donazioni pubbliche e private finalizzate alle atti-vità che si intendono sostenere. Il Parlamento il 14 novembre 2000 attraverso la legge 331 “Norma per la istituzione del servizio militare professionale” fissa al 1° gennaio 2007 la data di sospensione della leva obbligatoria che successivamente viene anticipata al 1° genna-io 2005 (legge 23 agosto 2004 n. 226).

C’erano una voltagli obiettori...

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mirco mazzoli

Ecco perchélo faccio

Le ragioni del servizio civile. E a Genova, la proposta del “Campobase”.

enti accreditati al Servizio Ci-vile sono molti – e spesso di natura ecclesiale – quelli che impegnano i ragazzi nei ser-vizi alle persone emarginate: poveri, stranieri, famiglie in difficoltà, anziani, malati… Quasi sempre si aprono mon-di solo immaginati fino a qualche giorno prima, un po’ inventati e magari “pregiudi-cati”; si schiudono situazioni talmente diverse dalla pro-pria esperienza quotidiana che, per un apparente para-dosso, finiscono per fare da specchio in cui guardare e capire meglio – e in modo sorprendente – se stessi.

La prima cosa che quei giova-ni scoprono è che i poveri ti aiutano. Sei andato lì per aiu-tare e capisci che è vero an-che il contrario. Perché non c’è bisogno solo del piatto di pasta, del vestito, del letto per dormire, del compito da far fare a quel bambino con una famiglia troppo dissestata

Chi me lo fa fare di de-dicare un anno della

mia gioventù agli altri, ai più poveri e alla pace, in un mondo attraversato dal culto di se stessi e della competi-zione? Che me ne viene? Il Servizio Civile offre tante ri-sposte positive a questa do-manda che sembrerebbe scontata, in tempi di passio-ni fredde e di valori caduti. Migliaia di giovani lo capi-scono e compiono ogni anno questa scelta, non solo per la speranza che diventi un’op-portunità di lavoro, ambizio-ne che può anche essere le-gittima per chi arriva da un corso di studi inerente e spe-rimenta il servizio civile come una tappa della sua for-mazione. In realtà il servizio civile fa appello alle risorse migliori: chi lo sceglie sa che sarà investito da relazioni nuove e talvolta complesse e non può permettersi il lusso di un secondo fine o di una motivazione generica. Tra gli

perché ci si occupi di lui, della medicina da far pren-dere a quella signora troppo anziana e troppo sola. C’è, prima di tutto, una relazio-ne da accogliere: la diversità dell’altro, soprattutto quan-do l’altro è ferito, è un dono per le tue ferite, per le tue fragilità, non così dissimili dalle sue. “Noi che sulla car-ta siamo ricchi – scrive Maria – in realtà siamo poveri… di carità, della capacità di anda-re oltre le nostre idee un po’ tanto legate alle possibilità materiali come unico criterio del benessere e quindi del-la felicità degli altri. Giorno dopo giorno, infatti, l’incon-tro coi volti della povertà mi apre gli occhi su un altro tipo di ricchezza, intesa in termi-ni di valori umani e di cultu-ra”. “Nonostante quest’espe-rienza non sia il mio primo contatto con la povertà – an-nota Marta – è senz’altro il più coinvolgente, anche dal punto di vista emotivo, per-

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osservatorioGiovani e impegno

ché mi chia-ma in prima persona e

in modo più diretto. Per questo, alla sera, a casa, mi ritrovo a raccontare incon-tri e aneddoti della giornata, rendendo partecipe chi mi sta vicino di una realtà che ora mi è più familiare e che, anche a fine servizio, porte-rò dentro di me, con l’impe-gno di continuare a servirla”. Sono pensieri annotati sul quaderno del “Campobase”, la struttura che la Caritas Diocesana di Genova dedica ai giovani e a chi si occupa di loro, con diverse proposte tra cui appunto il Servizio Civi-le. Il Campobase, che si trova in Via L. Stallo 10, è intitola-to a don Piero Tubino (1924-2012), storico direttore della Caritas che accolse e promos-se gli obiettori di coscienza ed il servizio civile.

Particolarità della proposta Caritas è la vita di comuni-tà, che permette ai giovani

in servi- zio civile – e non solo – di vivere insieme il loro anno di impegno con-dividendo uno stile di vita sobrio, solidale, responsabile e improntato alla risoluzio-ne non violenta dei conflitti. “Ho maturato la consape-volezza – scrive un ‘comu-nitario’ – di come le buone pratiche eque, sostenibili, ecologiche siano a volte an-che molto semplici da ap-plicare e di come un piccolo sforzo possa diventare pro-prio dell’agire quotidiano”. E ancora: “È un’esperienza estremamente bella. E all’in-terno di questa esperienza è possibile schierarsi in ma-niera profonda su determi-nati valori, su un’idea di so-cietà nonviolenta”. “C’è la voglia di mettersi totalmen-te in gioco nella relazione, perché ‘comunità’ vuol dire rivelarsi per ciò che si è, ac-cogliere la persona che s’in-contra nel proprio cammino anche se non l’hai scelta,

imparare a gestire i conflitti, quelli che inevitabilmente si incontrano in qualsiasi tipo di vita comune, interrogarsi sulle proprie scelte quotidia-ne e di vita. Vuol dire con-fronto, sostegno, amicizia, capacità di saper trovare il proprio spazio ma anche di donare il proprio tempo... e molto altro”. Valori alti, che non tolgono anzi rafforzano la strepitosa energia della gioventù, capace di grandi crescite e grandi cambia-menti: “La gioia di ridere con gli altri- commenta Ma-rina sul quaderno del Cam-pobase - di commuoversi con gli altri, di partecipare insieme a cose grandi, di ve-dere la bellezza dell’altro al di là di quanto possa essere simpatico… Chi vive questa esperienza ‘tendendo bene le orecchie’, cioè si confronta con gli altri ed è disposto a mettersi in discussione, non può non avere ‘rivelazioni’ sulla propria persona”.

Quante volte sentiamo dire o diciamo anche

noi “la politica è uno schifo, è proprio una cosa sporca”! Ma c’è stato un uomo che ha nobilitato la politica vi-vendola come una missione e rifiutava questo modo di considerarla: “Non si dica che è una cosa brutta. No. L’impegno politico diretto alla costruzione della so-cietà in tutti i suoi ordi-namenti è impegno di uma-nità e santità”. Così diceva Giorgio La Pira che fu un importante uomo politico nell’Italia del dopoguerra. Perseguitato al tempo del fascismo, partecipò poi alla stesura della nuova Costituzione dove diede un contributo decisivo specie nella redazione dei Principi fondamentali. Lo stato totalitario da cui l’Italia usciva aveva negato l’esistenza di di-ritti naturali ed originari dell’uomo propugnando la teoria che i diritti sono “concessi” dallo Stato (che quindi li può ritirare o mu-tare a piacimento). Contro questa concezione La Pira volle l’Art. 2 della Costi-tuzione dove sta scritto: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviola-bili dell’uomo”. Quando nel

anna gatti, nucci scipilliti

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1951 fu eletto sindaco di Firenze, nel discorso di insediamento indicò come obiettivi primari del suo programma politico i pove-ri, lo sviluppo e la pace. I tempi non erano facili: l’Italia era da poco uscita dalla guerra, c’era distru-zione, miseria e molto da ricostruire; il mondo era diviso in due blocchi e in Italia i due partiti mag-gioritari rispecchiavano il clima di guerra fredda imperante. Subito ci fu il problema di oltre duemila operai della fabbrica del Pignone che sarebbero ri-masti senza lavoro perché la proprietà voleva chiu-dere. Il sindaco non esitò a schierarsi a fianco dei lavoratori e del sindacato e riuscì ad evitarne la chiu-sura. Requisì case e ville vuote per dare un tetto a 2000 famiglie sfollate, in attesa che terminasse la costruzione dei nuovi

Testimoni di un mondo migliore

quartieri. “Il pane, e quindi il lavoro, è sacro; la casa è sacra, non si tocca impu-nemente né l’uno, né l’altra: questo non è marxismo, è Vangelo”, così scriveva contro chi lo riteneva un democristiano atipico e traditore o lo derideva de-finendolo “un pesce rosso nell’acquasantiera” (allora, infatti, la sfera sociale era appannaggio soprattutto della sinistra). Il clima politico di allora certo non l’aiutava: era guardato con sospetto sia da destra che da sinistra perché era un uomo libero da con-venzioni e schemi. Era la libertà che gli veniva dal cercare di fare ogni cosa secondo il Vangelo. Scriveva: “Io non ho la tessera di nessuno. L’unica tessera che ho è quella del battesimo”; e ad una nipote suora confidava: “Tutto ciò che ho operato l’ho attinto nella preghiera”.

Il sindaco cristiano. Giorgio La Pira.

I

marco granara

Le statistiche delle famiglie “ferite” sono già impressionanti. Ma quando i nu-

meri statistici diventano volti e persone precise, soprattutto bambini e adole-scenti, impotenti e non responsabili, la cosa non può lasciare indifferente nessuno. Eppure, un qualche sentore di un “mal comune mez-zo gaudio” qua e là si intravvede. Purtroppo! E questo elemento invita più alla rassegnazio-ne, alla recriminazione sulle colpe che non alla speranza e alla nostalgia della possibilità di un Ideale duraturo nel tempo.Io sento l’urgenza – a questo punto – di so-spendere ogni giudizio, da parte di tutti (soprattutto da parte di quanti avessero ancora la presunzione di poter cantare vittoria per-ché, al momento, non ancora “toccati”). Sento l’urgenza di non fare d’ogni erba un fascio, ge-neralizzando e appiattendo ogni situazione di disagio per le ferite. Sento l’urgenza, da parte soprattutto di noi cristiani, di ripartire da un atto di umiltà/verità che ci mette in barca con tutti, senza prendere distanze e anzi con una sincera “com-passione” verso le “folle che erano stanche e sfinite, come pecore sen-za pastore” (Mc. 6,34). Ci ha detto recentemen-te Papa Francesco che la Chiesa, sul “campo di battaglia” della vita, deve solo operare per “guarire”, senza perdere tempo in altro, pure importante.

Moltissime famiglie arrivano alla Guar-dia con le loro fatiche pudicamente coperte. Lo dice anche il nostro canto tradizionale: “Noi ti portiam la triste anima affaticata, l’umanità malata si riconduce a te e lacrime non viste riversa qui ai tuoi pié... Madonna della Guardia”.“Sono laureata in Psicologia, insegno da anni Pe-dagogia... ma con la mia unica figlia non riesco ad

2014 - Anno della Famiglia

FAMIGLIE FERITESospendere ogni giudizio

avere un rapporto se non sempre e solo conflittuale. Non so più che fare ...”“Ho rotto con mia moglie perché non riuscivo più a far fronte col mio lavoro ai debiti da gioco di suo padre, mio suocero... Quando ho detto basta, è stato basta anche per il nostro rapporto... E cosa ha patito e continua ancora a patire il nostro ra-gazzino tredicenne...”“Ho sbagliato tanto, troppo, nella mia vita... Ora che ho capito però, è troppo tardi. Mia moglie non mi crede più... Forse mi vuole ancora bene, ma non si fida, mi rinfaccia i miei errori e me li fa pesare. Ha anche ragione, ma io temo di non farcela più... Ho pensato più volte a brutte cose. Ho tanta paura.”Dopo anni di separazione, drammatica, per una sbandata di mia moglie che amavo tanto – aiutati da un prete amico (Dio lo benedica!) – siamo riu-sciti a ricucire e a ripartire, mi pare proprio meglio di prima. Abbiamo dato un fratellino alla nostra bambina – ora una ragazzina in gamba – che ha sofferto molto. Per me, in questi anni di travaglio che mi sembravano senza sbocchi, la Madonna della Guardia e il suo Santuario sono stati la sal-vezza della nostra famiglia rinnovata.”

Potremmo continuare all’infinito. Ma tutte queste cose, i giornali dei gossip le met-tono in prima pagina per le magre consolazio-ni delle curiosità malate e per il “mal comune mezzo gaudio” dei senza Fede e senza Speran-za. Mentre in realtà sono tutte scritte nel “li-bro della Vita” che sta nel cuore di un Pa-dre che non si rassegna all’infelicità dei suoi figli. Lui che, dei suoi figli, non vuole perderne neppure uno.

II

Sul retro dell’altare

maggiore della Guar-

dia c’è il “Luogo delle Pe-

nitenzieria”. È il luogo più

sacro del Santuario. Il luo-

go delle “guarigioni”, del-

le diagnosi finalmente più

oneste, dell’individuazione

di nuove terapie più com-

plete e corrette, delle lacri-

me per la ripartenza che

sembrava impossibile.

Il Punto Famiglia e altro... alla GuardiaA lla Guardia, si è attivato da tempo un

“Punto Famiglia”, una porta aperta, uno spa-

zio riservato in cui trovare alcuni servizi di emergen-

za per le famiglie e individuare insieme qualche pista

di soluzione per problematiche che toccano la nostra

stessa famiglia o quella di parenti e di amici. È uno

strumento a disposizione di tutti per non rassegnarci,

per ricostruire insieme, su altre e più solide basi roc-

ciose, le case spesso costruite solo sulla sabbia.

Chi vuole, nella “Sala degli ex voto” in San-

tuario, in punta di piedi e con immenso rispetto,

può ripercorrere le tracce della storia di tante famiglie,

che hanno vissuto momenti difficili e sono ripartite.

Qui, ogni “pezzo” parla di pericoli superati, di dolori

e di speranze di guarigione di ogni tipo portate nel

cuore della Madonna. Modesti e preziosissimi fogliet-

ti con gli sfoghi della nostra gente. Struggenti! Una

mezz’oretta in silenzio in questa sala, l’accensione di

un cero simbolico di luce e calore e poi il passaggio in

chiesa, dalla Madre che capisce, è l’itinerario d’inizio

di “cieli nuovi e terre nuove” anche per le nostre Fa-

miglie più ferite.

III

La forza di una famiglia

Incontrare una famiglia per fare una intervista non è così semplice come può sembrare. Sì,

perché non basta fare domande e ricevere delle ri-sposte da trascrivere. Serve entrare nel cuore di questa famiglia, e questo non è facile. In una socie-tà che non riconosce più la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio incontrarne una come quella formata da Sabrina, Alfonso e Angelica rido-na speranza e gioia al cuore. Soprattutto ridona la certezza che sia realmente possibile fondare la pro-pria felicità sull’amore vicendevole per tutta la vita. Senza volerlo essere, questa famiglia si pone come prezioso esempio di vita cristiana impegnata per tanti giovani. Poniamo le nostre domande a Sa-brina Di Sepio (Giudice di Pace presso il Tribuna-le di Roma) e al marito Alfonso Licata (Avvocato e Magistrato Onorario presso il Tribunale di Roma):

Da quanti anni siete sposati? Nella scel-ta del matrimonio che ruolo ha avuto la fede?Io ed Alfonso stiamo per festeggiare venti anni di matrimonio e, nella nostra vita la fede, in parti-colare la preghiera, ha avuto un ruolo decisivo. Fin dalla più tenera età, a causa anche dei miei problemi di salute che non mi permettevano una esistenza spensierata, ho capito quanto fosse im-portante affidarsi a Maria come Madre amorevole e premurosa. In ogni necessità la invocavo, la te-nevo con me nella preghiera incessante e grazie alla forza che mi derivava da tale preghiera ho superato ostacoli e prove. Quando ci siamo in-contrati, io ed Alfonso, abbiamo fondato la nostra unione sulla fede e, fin da subito, ci siamo tro-vati in accordo su tale aspetto. Nella nostra vita quotidiana ci affidiamo alla Madonna e, questo atteggiamento ci permette di vivere sempre con positività le difficoltà familiari e di lavoro.

Oggi più che mai la famiglia cristiana vive e compie scelte controcorrente. Quali

sono le maggiori difficoltà e quali i punti di luce?Le difficoltà non mancano mai e sono quotidia-ne. Soprattutto è arduo compiere scelte cristiane nell’educazione dei figli perché significa spesso rimanere da soli. La scelta delle amicizie è fonda-mentale per la crescita dei figli e il nostro aiuto non può mancare. La scelta, anche, di “passare” ai figli l’amore per lo studio nonostante costi fa-tica in età in cui si preferirebbe uscire e divertirsi di più. Insomma, la preghiera e il rapporto quoti-diano con Gesù e Maria permeano tutta la nostra vita e questo stile ci dà gioia, ci unisce sempre di più nell’amore vicendevole. Ed è questo amore e questa unione concretamente sperimentati che ci permettono di affrontare con coraggio una vita controcorrente. La luce arriva proprio dall’essere sulla strada buona, dal circondarsi della compa-gnia e della conversazione di altre persone che si impegnano a vivere la fede giorno dopo giorno.”

Non è impossibile formare una famiglia cristia-na, Sabrina ed Alfonso ce lo hanno appena di-mostrato con le loro parole e lo dimostrano con la loro vita. Sono mete alte ma non irraggiungi-bili. Basta mettersi in cammino.

ilaria giusto

IV

Lacrime di dolore e di gioia.Famiglia oltre le difficoltà.

Scrivo da Lourdes: sta piovendo, penso alla pioggia battente come alle lacrime

della Madonna di fronte alle famiglie feri-te, sfilacciate, stanche, demotivate, alle non famiglie. Rifletto su quanto la Chiesa sia im-pegnata a difesa, protezione, sostegno della fa-miglia, di tutte le famiglie; medito su quanti tipi di ferite oggi la famiglia sopporti, da quelle interiori alle violenze fisiche, dalla povertà alla guerra. Nel nostro quotidiano, tuttavia, non è necessario che scorra il sangue per avere una ferita: esistono ferite virtuali fatte di trascu-ratezze, indelicatezze, sguardi rubati, desideri impronunciabili, tradimenti per frantumare famiglie, magari apparentemente serene, ben assortite, ben inserite nel contesto in cui vivo-no. Basta il lampo di uno sguardo poco mo-desto, di una parola poco opportuna, di una confidenza un poco sopra le righe (ricordo che mia nonna mi diceva sempre che “la troppa confidenza fa perdere la riverenza”, il rispetto di sé e dell’altro, traduco io per questa occasione) perché il sereno tran tran della vita quotidia-na si tramuti in uno tzunami di sregolatezza, di dissoluzione.

Che cosa fare allora? Se vogliamo lottare aper-tamente rischiamo di fare la fine di Don Chi-sciotte, secondo la vulgata “predica Bertu che ti predichi au desertu” (diceva sempre mia nonna e lei sì che la sapeva lunga da non addottorata, ma dotta qual era) ed allora senza parlare, senza fare confusione, con la sola for-za dell’impegno personale e della testi-monianza determiniamoci non a portare il Paradiso in terra (troppo bello sarebbe, ma l’Eden non è per questo mondo e poi se pen-siamo di cambiare tutto rischiamo gattoparde-scamente di non cambiare nulla), ma a fare il

nostro dovere, a fare al meglio quello che siamo chiamati a fare. Qui, dove viviamo la vita di ogni giorno, vale la pena di impegnarci con discrezione, non per lasciare il segno del nostro passaggio, ma il segno della fedeltà al Signore, con la certezza che la Nostra Ma-donna ci metterà “in guardia” dai pericoli e noi, in risposta a quel soprannaturale aiuto, continueremo a sentire il bisogno ed il gratifi-cante esito delle Sue materne attenzioni. E poi impegnamoci ad avere cura delle fami-glie ferite: quando Papa Francesco parla di accoglienza delle pecore smarrite e tra queste anche delle famiglie ferite, ci indica che, pur essendo la dottrina dell’etica familiare quella di sempre, abbiamo l’obbligo di porgere aiuto, attraverso un atteggiamento caritatevo-le accogliente e discreto, a quelle famiglie affinché, ritrovando la propria salute fisica e spirituale, possano godere della fiducia, della comprensione, della vicinanza della comunità cristiana di riferimento.

Ancora pioggia a Lourdes. Quante sconosciute storie di vita familiare ferita, ma anche quante storie di vita di persone che ringraziano, con-templano, chiedono aiuto, magari con un urlo silenzioso. Maria, che tutto sa, aiuterà, lenirà, sorriderà ed allora questa pioggia non è più la-crime di dolore, ma lacrime di commozio-ne e di gioia.

giovanni ricci

Pregare con i Salmi, pregare con la vita

FINO A QUANDO, SIGNORE CONTINUERAI A DIMENTICARMI?FINO A QUANDO MI NASCONDERAI IL TUO VOLTO?NELLA TUA MISERICORDIA HO CONFIDATO.GIOISCA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZAE CANTI AL SIGNORE CHE MI HA BENEFICATO.

(Salmo 13, 2-6)

A volte sembra che Dio si disinteressi di noi, che se ne stia lassùoltre le nuvole. Il dubbio, è l’altra faccia della fede, perché ci mette

alla prova, ma alla fine Dio, Padre buono, ci dà la sua salvezza.

a cura di Enrico Quaglia

19

succede in Chiesa

• La Conferenza Episcopale Italiana ha lanciato l’applicazione gratuita “Bibbia Cei” per tablet con sistemi operativi iOS e Android: si tratta della prima applicazione che mette a disposizione il testo biblico nella traduzione ufficiale 2008 della stessa Cei, com-pleto di apparato critico. L’app prevede varie funzioni di lettura, navigazione, ricerca e condi-visione e permette di inserire segnalibri e annotazioni personali per archiviare singoli passaggi testuali.

• Si è svolto il 21 e 22 febbraio scorso il concistoro dei Cardinali sulla famiglia, un’“incoraggiante introduzione al cammino del sinodo”, come l’ha definito il portavoce vaticano P. Federico Lom-bardi, riferendosi al sinodo straordinario sulla famiglia che si terrà nell’ottobre 2014 e a quello ordinario sulla Pastorale familiare previsto per il 2015. Si tratta dunque dell’inzio di un percorso che condurrà la Chiesa Cattolica a comprendere come, di fronte alle sfide e alle problematiche della famiglia di oggi, essa possa “coniugare nel modo migliore il tema della fedeltà al mandato di Cristo” e quello “della misericordia” e della “attenzione pastorale alle persone e alle diverse situazioni”. Al centro dell’attenzione, tra le altre questioni, la situazione dei divorziati risposati. Il confronto in Vaticano, cui hanno partecipato 150 cardinali, è stato aperto dalla relazione del Card. Walter Kasper che ha ricevuto da Papa Francesco l’incarico di aprire i lavori seguendo il metodo di suscitare domande più che fornire risposte.

• Proseguono i preparativi della Diocesi di Genova in vista della Convocazione Diocesana della Famiglia, fissata al 4 maggio prossimo. Tra marzo e aprile si tengono tre incontri preparatori aperti a tutti, in collaborazione con le scuole cattoliche. Il lavoro della Commissione preparato-ria intanto sta volgendo al termine, dopo mesi di impegno e confronti e in queste settimane si stanno apportando le integrazioni e i miglioramenti emersi dalle presentazioni svolte in diverse occasioni a laici e sacerdoti. Il Card. Bagnasco, presenziando ai lavori, ha sottolineato più volte come difendere la famiglia non sia una questione “cattolica” perché riguarda la famiglia come fondamento naturale, ancor prima che come espressione tradizionale nell’ambito della fede cristiana. In questo senso, come ha sottolineato il Vicario Generale della Diocesi, Mons. Marco Doldi, la Convocazione di Maggio vorrà essere una preziosa testimonianza per tutta la Città.

mirco mazzoli

Semi nel mondo.I laici e il futuro della Chiesa.

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Ilaici sono chiamati a sempre maggiore maturità. Sono pronti?

Il laicato nella Chiesa è in un momento di po-

tenziale trasformazione, non solo a causa di sollecitazioni esterne, come i cambiamenti e le sfide che la società civi-le pone ai cristiani. Anche all’interno della vita ecclesia-le qualcosa sta cambiando.In queste settimane il Card. Maradiaga, coordinatore de-gli otto Cardinali chiamati ad aiutare Papa Francesco nel rinnovamento della Chiesa, ha anticipato che si sta pen-sando ad una Congregazione dei Laici, anche se già esiste un Pontificio Consiglio per i laici, che tuttavia, ha di-chiarato il porporato, “resta attualmente limitato, per-ché non dispone di potere legale”. Sarebbe un segno in continuità con quella idea di Chiesa che il pontefice por-ta avanti fin dai primi gior-ni della sua elezione: una

Chiesa che vive della testi-monianza e della comunio-ne di tutti i battezzati, laici e consacrati, pronta a scendere nelle strade, missionaria per-ché sa rendere ragione della sua gioia, della sua buona notizia in tutti gli ambienti di vita. “Sicuramente Papa Francesco sta incoraggiando i laici in modo vivo ed entu-siasmante – commenta Fran-cesco Benvenuto, segretario della Consulta dei laici della Diocesi di Genova – , indi-cando come spetti anche e so-prattutto ai laici far vivere la Chiesa all’interno della socie-tà civile. Con Papa Francesco giunge a maggiore maturazio-ne quel percorso che in questi anni ha portato il laicato ad essere considerato non più solo come braccio operativo del clero ma come Chiesa in-carnata, che vive la società e le sue articolazioni, la scuola,

il lavoro, le relazioni, e cerca di fermentare in essa”.

Lievito nella pastaIn questi ambienti i laici, in comunione con il clero e in modo capillare, posso-no effettivamente diven-tare lievito. Gesù stesso ha indicato come il Regno di Dio sia lievito nella pasta. Non la pasta, ma il lievito. Non il tutto, ma una parte. Il lievito non diverrà mai pasta, ma senza lievito la pasta non cresce. Solo insie-me, diverranno pane. “Nel-la nostra società è quanto mai chiaro, più che in altre epoche, che come cristiani siamo minoranza – fa nota-re Benvenuto – . E proprio per questo all’interno della società civile diventa fonda-mentale la testimonianza”. La presa di coscienza di es-sere ‘minori’ è insieme un

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Semi nel mondo.I laici e il futuro della Chiesa.

le ragioni del credereLaicato

cambiamento di percezione di forte impatto ed una sor-ta di conversione, di ritorno all’origine evangelica. Nella società di alcuni decenni fa, il laicato aggregato, cioè riu-nito in aggregazioni ampie e ramificate, poteva ancora pensare di poter imprimere una forza di cambiamento nella società: oggi, di fron-te ad una società plurale e spesso portatrice di istanze differenti, critiche rispetto al pensiero della Chiesa quan-do non opposte, la perce-zione è che la possibilità di incidere nell’immediato sia fortemente ridotta.

Scoraggiarsi? Non si scoraggia un seme nella terraResta intatta però la fecondi-tà della testimonianza coe-rente, offerta come stimolo per interrogare le coscienze. Si semina. Si attende. Gesù lo ha detto chiaramente: il Regno di Dio è come un seme che cresce; come, neppure il seminatore lo sa. Non c’è da scoraggiarsi se il seme dorme sotto terra. Sì… ma come te-stimoniare? “Qui entriamo nel campo delle caratteristi-che personali – riflette Fran-

cesco Benvenuto – . Ci siamo confrontati spesso su questo argomento all’interno della Consulta. Alcuni prediligo-no l’annuncio diretto e prio-ritario. A me, soprattutto in ambiente lavorativo, viene naturale un approccio pro-gressivo: senza nascondere il mio impegno di cristiano, cerco tuttavia di esprimerlo, prima che attraverso i con-cetti, con il mio modo di essere, cercando di far giun-gere agli altri l’amore che io ho ricevuto dal Signore. Pur con i miei limiti, il tentati-vo è di andare d’accordo con tutti, di stare in ascolto e in dialogo, di avere rispetto della persona, considerarla al centro, di perdonare se mi considero offeso… Sembra-no cose banali ma eviden-temente non lo sono perché capita spesso che ti vengano a chiedere perché fai così. E allora puoi dare la tua rispo-sta di fede e avere il coraggio dell’annuncio. Alcuni poi magari ti canzonano, ma la testimonianza resta”.

Insieme, al nocciolo del VangeloCerto, la coerenza non pog-gia solo su se stessa. Ha biso-

gno di preghiera. E di con-fronto con gli altri credenti, di formazione, talvolta an-che di appuntamenti colletti-vi che diano a tutta la società la percezione di una presen-za. “La Consulta diocesana raccoglie 82 realtà – spiega il segretario – tra associazio-ni e movimenti. Sono realtà diverse per anno di fondazio-ne e temperamento, ognuno porta il proprio contributo e gli uni possono essere di sti-molo agli altri nel confronto delle diversità. A Genova sia-mo in una fase di riscoperta del nostro ruolo, che deve un po’ liberarsi da un antico adagio cittadino ed ecclesia-le: “Abbiamo sempre fatto così”. Invece appare sempre più chiaro che occorre cerca-re strade nuove non aggiun-gendo ma tornando all’essen-ziale, come singoli credenti e come aggregazioni laicali, e magari rinunciare ad iniziati-ve che non funzionano più o che sono più rappresentative che sostanziali”.

C’è un grande bisogno di es-senzialità, di far risaltare il centro del messaggio di Dio in Gesù. Il Vangelo, al noc-ciolo.

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gianfranco parodi

Storia (sommaria) dei laici

Quale ruolo devono avere i lai-ci nella Chiesa? Se lo chiediamo

all’uomo della strada forse ci risponderebbe che i laici aiutano i preti perché da soli non ce la possono fare, specialmente al giorno d’oggi in cui sono sempre meno e sempre più anziani. I laici quindi sono visti come colla-boratori ed esecutori di cose pratiche: è un concetto che nella storia della Chiesa ha prevalso a lungo per tante ragioni che sareb-be troppo lungo elencare. Il Concilio Vati-cano II ha innovato in molte cose e anche nella concezione del laicato riconoscendo che i laici, in virtù del loro battesimo, sono anch’essi responsabili della missione che la Chiesa ha nel mondo e cioè portare a tutti l’annuncio del Vangelo. C’è un solo popolo di Dio formato da pastori e fedeli che nella diversità stessa di funzioni danno però testimonianza di unità nel corpo di Cristo. D’altronde nella Chiesa primitiva il dualismo clero-laici non si poneva. C’erano gli apo-stoli o i loro successori e poi una comunità di credenti. Anzi l’espressione “sacerdote”, in quanto particolarmente legata al mondo ebraico, ai suoi riti, ai suoi sacrifici, non ve-niva usata. Dagli “Atti” si evince la presen-za di “anziani” che coordinavano le singo-le comunità ed erano attenti ai bisogni dei fedeli. Solo dopo, quando ormai la Chiesa

aveva raggiunto certe dimensioni e anche alcuni spazi di potere, si sentì l’esigenza di formalizzare una gerarchia, costituita da Ve-scovi, Presbiteri e Diaconi, che inizialmente era vista come servizio al popolo di Dio, ma poi col tempo diventò sempre più “autorefe-rente”. Le celebrazioni liturgiche si modifi-carono anche esteriormente e nelle chiese si andò affermando la costruzione di una vera e propria barriera (in oriente sarà chiamata ico-nostasi, in occidente pontile o anche jubè): da una parte stavano i presbiteri, dall’altra i laici che potevano assistere, attraverso una finestra alla elevazione dell’ostia consacrata: il resto della celebrazione liturgica era nasco-sto ai loro occhi. Un residuo di ciò resta nelle balaustre delle nostre chiese.

Ma i laici, anche se per diversi secoli furono tenuti a margine delle liturgie, non si rasse-gnarono e a partire dal XII secolo iniziarono a riunirsi in confraternite per pregare as-sieme, per educarsi spiritualmente, ma an-che per assistere in vario modo le persone in difficoltà. Una vera e propria esplosione del fenomeno delle confraternite laiche si ebbe sulla fine del 1300 quando pellegrini francesi aderenti a confraternite e diretti a Roma, pas-sando per la via Romea, contagiarono con le loro pratiche religiose e di pietà coloro che abitavano lungo la via. Assistenza ai malati,

Tutti i battezzati sono responsabili della missione della Chiesa.

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le ragioni del credereLaicato

Storia (sommaria) dei laici

ai carcerati, seppellimento dei defunti, soste-gno alle vedove e agli orfani, queste le opere di carità maggiormente scelte. Le confrater-nite sono arrivate fino ai giorni nostri spesso in situazioni di collaborazione col clero, ma qualche volta anche di contrasto.

Nell’800, poi con l’avanzare dell’industrializ-zazione selvaggia, nacquero le Società Ope-raie Cattoliche. Lo “stato sociale” e i con-seguenti istituti previdenziali e assistenziali erano di là da venire, e allora le S.O.C. adot-tando un sistema mutualistico, assistevano i soci operai e le loro famiglie, quando que-sti fossero morti prematuramente. Sempre nell’800 dobbiamo registrare la nascita delle Conferenze di San Vincenzo, cioè gruppi di laici che, accanto alla elevazione spirituale dei soci, si ponevano l’obiettivo di esercitare direttamente la carità con visite e sostegni di vario tipo alle persone in stato di necessità. Nel secolo passato è stata poi la volta di as-sociazioni come l’Azione cattolica, l’Opus Dei, i Focolarini, la Comunità di Sant’E-gidio, Comunione e Liberazione (per

non citare che le più importanti). Molte di esse sono state fondate da laici e da laici sono costituite e guidate.

Dovendo fare una estrema sintesi, potremmo dire che queste associazioni laicali si sono co-stituite e hanno operato su un binario paral-lelo rispetto alla Chiesa gerarchica, che via via le riconobbe ufficialmente. Dopo il Concilio (che ha previsto la costituzione di apposite commissioni consultive di laici a vari livelli) e specialmente oggi, con le esortazioni quo-tidiane di Papa Francesco a riscoprire la responsabilità dei battezzati, sembra che il clima stia mutando: ai laici viene data la possibilità di intervenire anche direttamente in scelte che normalmente erano appannag-gio esclusivo del clero e si accetta l’idea che anche ai laici possano essere affidati compiti di responsabilità nella struttura ecclesiastica. Parrebbe addirittura che Papa Francesco ab-bia intenzione di trasformare l’attuale Pon-tificio Consiglio per i Laici in una vera e propria Congregazione la cui responsabilità potrebbe essere affidata ad una donna.

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IL DONO RIFIUTATO

nucci scipilliti, laura siccardi

2 minuti per pensare

Un grande e valoroso samurai, ormai anziano, per la sua esperienza di vita e la sua saggezza era diventato un esempio e un punto di riferimento per molti giovani. Un pomeriggio,

un guerriero noto per la sua mancanza di scrupoli, arrivò da lui. Era giovane e non aveva mai perso un combattimento. Era venuto a conoscenza della reputazione del samurai circa il suo antico valore, la sua forza e il suo coraggio, virtù che non l’avevano mai fatto indietreggiare di fronte ad alcun avversario e avevano fatto sì che non conoscesse la sconfitta. Il guerriero si era quindi messo in viaggio per sfidarlo e poter così accrescere la sua fama. Nonostante il parere contrario dei suoi allievi, il vecchio accettò la sfida. Si riunirono tutti nella piazza del paese e il giovane affrontò l’anziano maestro cominciando ad offenderlo pesantemente. Addirittura lan-ciò alcune pietre contro di lui, gli sputò in faccia, gli urlò tutti i peggiori insulti che conosceva, se la prese perfino con i suoi antenati. Insomma per ore fece di tutto per provocarlo, ma il saggio samurai rimaneva impassibile. Alla fine del pomeriggio, sentendosi ormai esausto ed umiliato, l’impetuoso guerriero se ne andò. Delusi dal fatto che il loro maestro avesse subìto senza reagire così tanti insulti e provocazio-ni, i ragazzi gli chiese-ro: “Come hai potuto sopportare una tale infamia? Perché non hai usato la spada, anche prevedendo che avresti potuto perdere il combatti-mento, perché non hai difeso l’onorabi-lità del tuo nome e il ricordo della tua audacia, invece di mo-strare a tutti noi la tua codar-dia?” La risposta arrivò con le parole pacate e serene a cui aveva abituato i suoi ragazzi. “Se qual-cuno viene da voi con un dono e voi non lo accet-tate, a chi appartiene il dono?” – chiese il vec-chio samurai. “A quel-lo che intendeva con-segnarlo” – rispose uno degli allievi. “La stessa cosa capita con l’invidia, la rabbia e gli insulti.” – dis-se il maestro. “Quando non sono accettati, continuano ad appartenere a colui che li ha portati.”

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Piccole storie per grandi cuoriLa bellezza di Lizzie

C’è un video su Youtube che merita di essere visto: è la testimonianza di Lizzie Vela-squez, una giovane donna nata con una rara malformazione genetica che impedisce

al suo corpo di immagazzinare grasso: non ha mai superato i 28 Kg pur dovendo mangiare ogni quarto d’ora. Per il suo aspetto tutt’altro che bello ha sofferto molto: il primo giorno di scuola i bambini la guardavano come fosse un mostro, a 16 anni su Youtube scoprì un video dove la definivano: “La donna più brutta del mondo” con commenti crudeli che le fecero pensare al suicidio. Oggi Lizzie, a 24 anni, è una ragazza forte e ironica, ha scritto li-bri, partecipa a trasmissioni radio e TV, tiene conferenze come “motivational speaker” per aiutare le persone ad accettarsi e ad apprezzarsi. Alla fine del video non sembra più come all’inizio, si ammira soltanto il suo coraggio.

marcello monticone

sottolineando “la Gioia del Vangelo”

“Andate dunque e fate di-scepoli tutti i popoli,

battezzandoli nel nome del Pa-dre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osser-vare tutto ciò che vi ho coman-dato” (Mt 28, 19-20). Gesù manda i suoi discepoli a pre-dicare il Vangelo: comincia così la diffusione della parola di Dio in tutta la terra. Credo che neanche i discepoli avrebbero mai potuto pensare fin dove la parola sarebbe arri-vata. Papa Francesco, nel primo capitolo dell’esortazio-ne, parla della Chiesa in “uscita”, una Chiesa che ha in sé la “dinamica dell’eso-do e del dono” e traccia un identikit preciso, semplice nella forma e tosto nella so-stanza: una Chiesa che, dopo aver sperimentato che il Si-gnore prende l’iniziativa, a sua volta si mette in moto, sa “coinvolgersi”, “accorcia le

Una Chiesa in uscita: la trasformazione missionaria

distanze”, “accompagna l’u-manità” e “usa molta pazien-za”. Il pontefice esorta tutti, a partire da se stesso fino ai Ve-scovi ai presbiteri ed ai laici riuniti nelle Parrocchie o nel-le associazioni, a non limi-tarsi alla “semplice am-ministrazione”, a passare dal “si è sempre fatto così” al costruire uno “stato perma-nente di missione”.

Ma come? “Usci-re verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire cor-rere verso il mon-do senza una direzione e senza senso” ma vuol dire come pri-ma cosa “avere chiese con le porte aperte” (ah, quale tasto

dolente viene toccato! Gra-zie Francesco che ci sproni a tenere aperte le case di Gesù ndr), una Chiesa “accidenta-ta, ferita e sporca per essere uscita per le strade” che deve avere l’obiettivo di spronare tutti, ma proprio tutti, a “par-tecipare in qualche modo alla vita ecclesiale” perché “tutti possono far parte della comu-nità”. Tutti, a partire da “i poveri e gli infermi, colo-ro che spesso sono disprezzati e dimenticati”. Una Chiesa sporca, rivolta agli ultimi,

aperta e sempre rinnova-ta. Credo che mi scuserete, amici lettori che seguite questa rubrica, se interrompo così bruscamente que-sto riassunto per andarmi a rileggere qualche riga di una ispiratrice preghie-ra di Madre Teresa: “Oh Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace...”.

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momenti di vita

Mezzi Renato e Cambiaso Nicolina(Genova-Pontedecimo)nel 60° Anniversariodel loro matrimonio,3 agosto 2013,al Santuario della Madonna della Guardiaper la S. Messa celebrata da Mons. Granara.

“Ce l’hai combinata grossa, amico Piero. Da poco, il tuo entusiasmo aveva rimesso insieme il gruppo dei “Cavalie-ri della Madonna” e poi... te ne vai così, su due piedi, senza dir nulla? Il vuoto è grande, nella tua famiglia, fra i tuoi amici di Campomorone e anche al San-tuario. A tutti hai lasciato mol-to: la tua fede, il tuo entusiasmo, la tua disponibilità al bene. Ho capito, la Madonna della Guar-dia ti aspettava lassù. Non sul Figogna, alla Cappella dell’Appa-rizione, ma più in alto. Ora però, d’accordo con Lei, sceglietevi un continuatore di quanto facevi e... prega per noi.”Pietro Giovatto

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cronaca

Spesso sono parenti venuti da lontano, amici da altre città o anche dall’estero.

Per il buon genovese è in genere un piace-re e un dovere “portarli al Santuario del cuore” – si dice proprio così, “portarli”, con una espressione impropria ma significativa. E questi non sono mai delusi, anzi... Stupore per la bellezza, sentimento profondo di pace, voglia di tornare per tutti. Di questi giorni, a 25 km. dal Santuario, incontria-mo una signora milanese che ci chiede ulteriori informazioni sulla possibilità di permanenza al Santuario anche per più giorni. Alla nostra risposta affermati-va, si illumina nel volto e passa subito la voce al marito e altri presenti... “Io ci sono stata per caso una volta – dice convinta – e ho trovato una pace... Un qualcosa che mi ha toccato den-tro e che mi ha messo la voglia di tornare e di rimanere qualche giorno!” Sì, è un “passaparola” spontaneo che da oltre cinque-cento anni ha fatto la fortuna del Santuario delle Guardia... Chi viene, possibilmente non da frettoloso tu-rista, che deve anda-re a vedere/consu-mare cose belle in giro per il mondo senza gustare nulla, ma da “pellegri-no”, che sa cosa si può e si deve cercare in posti come questo, non è mai stato de-luso dalla Guardia. Un luogo umile e bellissimo, da mozzafiato, scelto, costruito da Maria per i suoi fi-

Ho “portato” i miei amici alla Guardia...gli. Anche alla signora milanese abbiamo osato dire, sorridendo, che la Guardia non è solo per i genovesi, è la... “casa al mare” che la “Maduninna de Milàn” si è fatta in riviera per i suoi figli. Chi ci legge, forse sorriderà a questo punto e dirà che il cronista si è messo a fare l’animatore del turismo religioso. No, il cronista registra dei fatti. E che il grande af-flusso alla Guardia sia prevalentemente meri-to del convincente passaparola dei suoi devoti è un bel “fatto” da registrare e che tutti possono prendere a modello. Anche tu

che leggi. Quanti amici por-terai prossimamente alla

Guardia?

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cronaca

Don Aldo, amico orionino della Guardia – 91 anni portati meravigliosa-

mente bene –, è tornato da pochi mesi dalla Costa d’Avorio, dov’è fondatore e rettore del bellissimo Santuario della Madon-na della Guardia. Rimpatrio abbastanza forzato, voluto dai suoi superiori perché il “ragazzo” sul campo non si risparmia e la preziosità del soggetto esige invece qualche riguardo in più per la salute. Bravi i suoi supe-riori che lo obbligano ad una pausa in Italia. Qui a Genova è stato Superiore Pro-vinciale della “Provincia San Bene-detto”, poi, alla fine del suo secondo mandato – giovanissimo ultraot-tantenne – è stato mandato in Africa a fare il Maestro dei No-vizi. È lì – in Costa d’Avorio, a Bonoua – che si è beccato più volte la malaria (ma cos’è sta robetta per una roccia simile?) e soprattutto il “mal d’Africa”, un morbo che non perdona e che quando ce l’hai te lo tieni e te lo porti fino alla fine. L’amore

Don Aldo Viti non perde tempo...per quella gente, soprattutto per i più ingua-iati nel fisico e nello spirito, come ha voluto per sempre il suo Fondatore San Luigi Orione, lo ha inserito in un enorme lavoro in mezzo ai poveri che gli orionini portano avanti da decenni. Inserito come un giova-ne, con una grinta incredibile. Ma an-che con la voglia di completare quel meravi-glioso lavoro mettendo al centro del tutto la “Santa Madonna della Guar-dia”, come la chiamava il suo grande Fon-datore. I nostri lettori ricorderanno le noti-zie a suo tempo riportate anche da queste pagine sull’ideazione, i primi passi della co-struzione, l’inaugurazione del grande San-tuario “Notre Dame de la Garde” di Bo-noua. E ora Don Aldo Viti – che neppure a

Genova sta mai fermo, figuriamoci! - sta scrivendo la storia “umile e sacra”

della costruzione di quel San-tuario. Lui ha la penna facile, è

vero, ma anche questo è un modo di “costruire ben

altro”. Allora, Don Aldo, a quando il li-bro? Lui ci ha ri-sposto: “A pre-sto, prima del mio ritorno... a casa”! In Africa, ovviamente!

Qualche anno fa – forse qualcuno ricorda – il Santuario aveva lanciato l’idea del

“Mercatino del cuore”. Era una possibilità, aperta a chi ama il Santuario, di poterlo aiuta-re offrendo oggetti artigianali di presti-gio fatti con le sue stesse mani o “pezzi di un certo valore” antico (anche per questo “pezzi di cuore”) da mettere a disposi-zione in offerta a sostegno delle inizia-tive di bene del Santuario stesso. Venne-ro fuori così - e vengono ancora fuori - cose molto preziose dalle mani e dal cuore di don-ne (uncinetti, ricami, dipinti, stupende con-fezioni) e di uomini, veri artisti artigiani del legno, del ferro e di ogni materiale che può esprimere il bello. Questa opportunità c’è ancora, occasione di coinvolgimento e di espressione per la solidarietà. In seguito però l’iniziativa si è arricchita e si è allargata all’e-sposizione e vendita dei prodotti provenienti da altre fonti: i lavori artigianali per l’auto-sostentamento dei monasteri di clausura, dei frati e dei monaci di diversi ordini, i pro-dotti del commercio equo e solidale, pro-venienti dai popoli in via di sviluppo o più poveri, validissimi produttori sottopa-gati nel loro paese e strozzati dalle leggi del mercato ordinario. Prodotti che presto si sono rivelati interessantissimi anche sotto il profilo della qualità. Così tanta gente, pelle-grina al Santuario della Guardia, ha da tempo la possibilità di acquistare, oltre ai preziosi e indispensabili “Ricordi” per familiari e amici, anche le proposte più diverse dei “Mercatini della Solidarietà”. Si trovano qui articoli di consumo e di regalo di ogni genere: alimen-tari (biscotti, caramelle, cioccolata, pasta,

I “Mercatini della Guardia”... una novità in crescita

bevande speciali...), artigianali e dell’e-quo e solidale (attrezzi per la casa, per l’ar-redo, per vestire), prodotti per la cura del corpo (unguenti curativi, creme, prodotti di erboristeria). Il cronista, incompetente, non sa tuttavia segnalare certe particolarità succo-se che solo una visita di persona e un collo-quio con gli operatori potrebbero far scopri-re. Ci vien detto che alcuni clienti ritornano alla Guardia e fanno tappa fissa perché ai “Mercatini della Solidarietà” avrebbero sco-perto cose utili e buone che non trova-no altrove. Qualità e solidarietà. Due... piccioni con una sola visita alla Guardia. Tut-to, sul piazzale lato ovest del Santuario.

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Pietro Giovatto 79 anniCampomorone (GE)

Ido Riva 92 anniGenova-Teglia

il ricordo e la preghiera

Lina Canepa in Riva 84 anniGenova-Teglia

Maria Risso v. Masnata 91 anniGenova-Fegino

Calogero Angelo Di Gangi 68 anniGenova-Cremeno

Siro Parodi 101 anniGenova-S. Biagio

Cesare Giovanni Gianfelice 92 anniDeiva Marina (SP)

Carlo Ragni 94 anniPodigliano-S. Agata Fossili (AL)

Chinuccia Ragni 64 anniPodigliano-S. Agata Fossili (AL)

Caterina Bignone v. Parodi 86 anniGenova-Prà

■ Sabato 18 gennaio - 50° di Matrimo-nio di Romeo e Franca■ Sabato 1 febbraio - Gli Scout del GE 60 di Pontedecimo al Santuario per il bivacco■ Sabato 8 febbraio - Pellegrinaggio diocesano mensile presieduto dal Card. Arcivescovo.

Notizie in

poche righe

■ Domenica 9 febbraio - 50° di Matri-monio di Del Vigo Nilo e Ilva Piera■ Sabato 15 febbraio - Gli Scout della Parrocchia S. Croce al CIGE di Geno-va per il bivacco; Pellegrinaggio a piedi dei Volontari del Dormitorio S. Bernardo con S. Messa in Cappella invernale alle ore 22.30.

I dati personali di ogni singolo abbonato vengono usati esclusivamente per la gestione degli abbonamenti in conformità alla vigente legge sulla privacy (n. 675 del 31-12-96)La testata “La Madonna della Guardia” fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.

AmministrazioneVia Serra, 6 A - 16122 GenovaTel. 010 561033 - Fax 010 2924108e-mail: [email protected] approvazione ecclesiastica

Direttore ResponsabileFernando Primerano

Responsabile di redazioneMirco Mazzoli

Fotografiearchivio fotografico

RedazioneVia Serra, 6 A - 16122 GenovaAnna Gatti, Ilaria Giusto, Renata Montaldo, Marcello Monticone, Gianfranco Parodi, Enrico Quaglia, Nucci Scipilliti, Alma Severino, Laura Siccardi, Ivana Zanobelli.

OrariIl Santuario è aperto tutti i giorni dalle ore 7,30 alle 12 e dalle 14 alle 19,00. Nei giorni festivi dalle ore 7 alle 19,00 ininterrottamente (nell’ora solare la chiusura è alle 18,30).

Sante MesseOra Solare festivi: ore 8 - 10 - 11 - 12 - 16. feriali: ore 10 - 16. sabato: ore 10 - 11 - 16. vigilia dei festivi: ore 16.

Ora Legale festivi: ore 8 - 10 - 11 - 12 - 17. feriali: ore 10 - 17. sabato: ore 10 - 11 - 17. vigilia dei festivi: ore 17.

Rosariodomenica e festivi ore 10 e ore 16 alla Cappella dell’Ap-parizione. Tutti i giorni feriali in Basilica ore 15,30 (ora solare), ore 16,30 (ora legale).

Indirizzo Santuario N.S. della Guardiapiazza Santuario, 4 - 16014 Ceranesi (GE)

Per arrivare al Santuario con il servizio A.T.P.

informazioni utiliAbbonamenti a “laGuardia” 2014

Conto Corrente Postale n. 387167IBAN: IT30 I 07601 01400 000000387167 intestato a: Santuario di N.S. della Guardia via Serra, 6 A - 16122 Genova

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... e c’era la Madre di GesùGv. 2,1

osservatorio - memoria - comunicazione - proposta

Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova

Ecumenismo.Abbracciarsi in nome di Cristo.

1/gennaio 2014

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Telefoni Prefisso da tutta Italia Genova compresa: 010; prefisso internazionale dall’estero: +39 010.

Centralino 010 72351 - 331 1919304 Segreteria 010 7235810/813 (dalle ore 9 alle 12 e dalle ore 14 alle 18)

Fax segr. 010 7235805 Suore 010 7235833 (abitazione) Rettore 010 7235811 (solo ore pasti)Vice Rettore 010 7235809E-mail Santuario: [email protected] Rettore: [email protected] internet: www.santuarioguardia.it

Per soggiornare al Santuario• Il Santuario è attrezzato per accogliere persone

singole, famiglie e gruppi anche numerosi. La ge-stione dell’accoglienza è affidata a Cooperative di servizi: informazioni e prenotazioni si possono avere presso la segreteria del Santuario.

BOLZANETO FF.SS. - SANTUARIO (dal 16 settembre 2013 a giugno 2014)

FESTIVI da Bolzaneto: 08.30 - 10.40 - 13.35 - 16.20 dal Santuario: 09.50 - 12.10 - 14.25 - 17.45FERIALI da Bolzaneto: 08.30 - 15.15 dal Santuario: 11.15 - 17.00

Per informazioni: Tel. 010 7177210 oppure www.atp-spa.it

laGuardia16122 GENOVA - ANNO 119 - N. 03 MARZO 2014PERIODICO ROC - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1 - MP/GENOVA NO/51/2011 POSTE ITALIANE S.P.A. TAXE PERÇUE - TASSA RISCOSSA - CMP GE AEROPORTO

Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova

Guardia, Santuario dove le famiglie sono protagoniste...

Dopo i Pareto (iniziatori indiscus-si) e i Ghersi, costruttori con loro

del primo Santuario sulla vetta, vo-gliamo parlare di altre famiglie molto significative per la nostra Storia spi-rituale: in questo mese, parliamo di una... “strana coppia”: Gian Battista Frassinello e Benedetta Cambiag-gio. “Strana coppia” non perché non fosse stata una vera coppia o una vera famiglia, ma perché il Signore ebbe per loro e con loro disegni origina-lissimi. Benedetta Cambiaggio (oggi sarebbe Cambiaso) era una cara ragaz-za di Langasco, un dolce e bel paese di Polcevera, dirimpettaio al Santua-rio della Guardia. Cresce con la Ma-donna davanti agli occhi e nel cuore, ogni giorno di infanzia e giovinezza. La penuria del tempo (le truppe napo-leoniche avevano impoverito fino alla miseria le già magre campagne liguri del tempo) obbligò la famiglia a trova-re lavoro e migliore fortuna in Val Pa-dana. Trasferimento nelle campagne pavesi in Lombardia. Umili lavoratori degli orti e venditori di ortaggi. Benedetta sposa un bravo giovane di Ronco Scrivia, G.B. Frassinello. Cari, buoni, generosi, dediti al lavoro e a opere di bene. Non arrivano figli. Crescono così insieme, aperti a ogni “vocazione” di Dio... Non entrano in “crisi di coppia”, come si dice oggi, ma in “crisi di senso” della loro vita. Si chiedono tanti “perché” e “cosa potrà volere il Signore da noi”? Venditori di bietole e pomo-dori o...? Intraprendono un pellegrinaggio da Pavia alla Guardia e scelgono così di “chiedere alla Madonna della Guardia” e di decidere con Lei il loro futuro... Una sofferta, ge-nerosa, originale decisione: ci dedicheremo a una paternità e maternità più ampia verso i molti poveri che Dio ci mette davanti, rinunciando alla nostra stessa vita di coppia. Così le due strade fisicamente si dividono, ma rimane una profondissima sintonia spirituale che durerà tutta la vita. Anche quando Benedetta, generata una nuova “famiglia di religiose” consacrate alla carità, si troverà lo sposo/fratello accanto come custode e tuttofare della sua nuova Opera. Una “Famiglia allargata” nata così – a quei tempi – al Santuario della Guardia. Oggi, Benedet-ta è stata proclamata “Santa” e Gian Battista è su quella strada pure lui. Una Famiglia “della Guardia”...

Genova Aeroporto

Benedetta Madre dei poveri nell’ultima fase della sua vita. Sullo sfondo Giambattista il marito/custode del suo perscorso di santità.