Il Pesce 5-2012

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IL PESCE, 5/12 1 IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO N. 5/2012 PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – 6,70

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Si rivolge agli addetti dei settori pesca, acquacoltura e maricoltura. Sulle pagine della Rivista gli operatori possono confrontarsi con le principali tematiche di mercato, attingendo ad approfondimenti legislativi, commerciali, scientifici e tecnici.

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IL PESCE, 5/12 1

IL PESCEDALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

N. 5/2012

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALIED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATUREPER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,70

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Anno XXIXN. 5 • Ottobre 2012

IL PESCE

Direttore responsabile e editorialeElena Benedetti

RedazioneRossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Segreteria di redazioneGaia Borghi

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Collaboratori scientifi ci esteriProf. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)

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«Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarloe avrà il nutrimento per tutta la vita»

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8 IL PESCE, 5/12

tutti ci riconoscono la qualità dei nostri prodotti

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IL PESCEAnno XXIXN. 5 • Ottobre 2012

In questo numero:

Immagini 12

Il pesce in rete Il meglio del web e delle app Elena Benedetti 16

Aziende Macduff Shellfi sh, dalla Scozia i migliori crostacei Elena Benedetti 19 dei mari del Nord

Acquacoltura Un potenziale da sviluppare 25

Alghe: le nuove frontiere della cucina occidentale Sebastiano Corona 32

Fonda, la salute è questione di buon gusto Riccardo Lagorio 37

Pesca Stock condivisi, agire per mantenere la cooperazione 43

Pescare nel rispetto del mare Gianni de’ Silva 46

Tonno rosso: collaborare con i ricercatori scientifi ci 49

Consumi Il successo dei prodotti ittici surgelati Roberto Villa 52

Commercializzazione Novità in arrivo dalla sesta versione di BRC e IFS Sebastiano Corona 56

Etichettatura: sempre meglio informare i consumatori 58

Segnalazione della presenza del calamaro diamante D. Meloni, F. Piras, 62 (Thysanoteuthis rhombus) nella costa nord-occidentale S. Lamon, S.G. Consolati della Sardegna A. Mureddu, R. Mazzette

Pesci “extracomunitari” Agostino Carli 66 Lorenzo Martinello

Locali di gusto Anema & Cozze: Pizza & Sea by Costa Group 70

Tra una galleria d’arte e l’altra c’è la cornice giusta Fabio Butturi 74 pure per il pesce

Pesce d’acqua dolce La Trota: nuova dignità alla cucina “fl uviale” Riccardo Lagorio 79

Mercati Zuppa di pinne di squalo, l’interesse del mercato mondiale Aldo Schiavo 82

Schmidt Zeevis: a Rotterdam saggio di qualità del pesce olandese Massimilano Rella 89

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All articles are available in English in abstract format at our website www.ilpesce-online.com

In copertina: impianto di miticoltura della famiglia Fonda nel Golfo di Pirano.

Nutrizione Frutti di mare afrodisiaci, mito o realtà? Alfonso Piscopo 92

Il pesce in tavola Incuriosisce i bambini e ingolosisce gli adulti: la sogliola Giorgia Fieni 101

Curiosità Il mistero della conchiglia Josette Baverez Blanco 105

Convegni AQUA 2012, il futuro dell’acquacoltura 109

Rassegne Un altro brodetto è possibile Stefania Monaco 112

Fiere Partenza anticipata per Mondo Pesca 2012 116

RHEX Rimini Horeca Expo: un nuovo format unico 118 per la ristorazione e l’ospitalità

La pagina scientifi ca Haliotis tuberculata (Linnaeus, 1758): Sabrina Longo 121 aspetti biogeografi ci, patologici e igienico-sanitari Francesca Conte

Gestione della popolazione di persico reale Marco Saroglia 135 (Perca fl uviatilis) nel lago di Varese Pietro Ceccuzzi Micaela Antonini Genciana Terova

Libri Guarda che cosa mangi 146

Industria Alimentare in Europa 147

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Immagini

Lavaggio degli scampi presso la scozzese Macduff Shellfi sh, primo produttore di crostacei del Regno Unito. A pagina 19 un reportage sull’azienda, prima tappa di un viaggio esplorativo nell’industria ittica scozzese.

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RICONOSCERE IL PESCE FRESCO

Il pesce fresco ha l’odore del mare, la pelle brillante e gli occhi lucidi e rigonfi. Le branchie sono rosse o rosa, la coda è ancora rigida e le squame aderiscono perfettamente al corpo. Che siano filetti o tranci, al tatto la sua carne risulta compatta ed elastica. Se il pesce non è fresco lo si sente subito da uno spiacevole odore.

Senti il vento nei capelli, annusa il profumo del mare e prendi posto in coperta. Il rollio ti accompagnerà attraverso gli oceani, distese d’acqua senza fine.

Benvenuto nel paese degli uomini di mare: i pescatori olandesi, eroi forti e coraggiosi, per i quali non esiste mare troppo grande. Sanno bene cosa significa faticare. Affrontano tempeste e sfidano le onde. Catturano il pesce migliore, nella stagione migliore. Su di loro puoi sempre contare perché sono tutti uomini nati per navigare e pescare.

Gente di mare… pescatori, ma anche intermediari, venditori al dettaglio, si adoperano tutti per portare sulla tua tavola solo il pesce più prelibato e genuino, per farti gustare il sapore di un lavoro antico fatto di valori antichi, come l’onestà. Puoi stare infatti sicuro che tutto quello che ti offrono sia della massima qualità: si tratti di platessa, aringa oppure sgombro, mangi sempre il pesce migliore, il più sano. Perché questi uomini garantiscono per i loro prodotti, è la loro storia a dirlo.

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CONSIGLIO

UTILE

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Il shark fi nning o spinnamento si riferisce alla pesca dello squalo con immediata asportazione delle pinne e conse-guente scaricamento a mare dell’animale così orrendamente menomato. Una pratica moralmente intollerabile e assolutamente non necessaria. Ce ne parla Aldo Schiavo a pagina 82 (foto: Jeff Rotman; www.pewenvironment.org).

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Il meglio del web e delle appdi Elena Benedetti

www.distrettopesca.it

La fi liera ittica siciliana(anche) sul webwww.distrettopesca.it è il portale del Distretto siciliano della pesca di Mazara del Vallo. Costituito nel 2006, oggi il Distretto Produttivo della Pesca COSVAP conta 1.345 aziende, 2.200 occupati, 46 enti e un sito web che raccoglie e racconta lo sviluppo di questo comparto ittico. Gli obiettivi? Incrementare la competitività del sistema pesca puntando sulla qualità del prodotto e dei servizi e dotarsi delle necessarie infrastrutture. All’interno del portale segnaliamo la sezione “Specie ittiche”, raggiungi-bile al seguente link: www.distretto-pesca.it/Specieittiche.aspx. Qui sono riportate informazioni e immagini su pesci, crostacei e molluschi, con nome, nome scientifi co, descrizione e habitat naturale. [email protected]

ec.europa.eu/maritimeaffairs

L’Atlante europeo dei mari navigabile on-lineAll’interno del sito http://ec.europa.eu/maritimeaffairs, il portale della Commissione europea sugli Affari marittimi e la pesca, c’è una sezione navigabile on-line che prende il nome di “Atlante europeo dei mari”. Si rivol-ge a tutti coloro che sono interessati ad approfondire le conoscenze dei nostri mari e del patrimonio marittimo che condividiamo con gli altri cittadini europei. L’obiettivo dell’Atlante è “illustrare l’importante ruolo svolto dai mari e dagli oceani che bagnano l’Europa nel contesto della politica marittima integrata dell’UE”. L’at-lante offre una vasta gamma di infor-mazioni sui mari d’Europa, tra cui: la profondità dei mari e i rilevamenti sottomarini, l’oscillazione delle maree e l’erosione delle coste, le politiche e le iniziative in campo marittimo, i contingenti di pesca divisi per specie e per zona, la fl otta peschereccia euro-pea, le attività costiere, le statistiche sul trasporto marittimo e i porti, le regioni ultraperiferiche. L’Atlante è in versione inglese, francese e tedesca. Il link diretto è il seguente: http://ec.europa.eu/maritimeaffairs/atlas/maritime_atlas [email protected]

www.irepa.org

Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l’AcquacolturaFondato a Salerno trent’anni fa, l’I-stituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l’Acquacoltura (IREPA) promuove lo sviluppo della ricerca economica di settore e svolge attività di assistenza in favore degli enti pub-blici deputati alla gestione della pesca e dell’acquacoltura. Il sito web è un punto di riferimento per gli operatori del settore pesca e acquacoltura. Esso contiene analisi di settore, comunicati stampa, riferimenti a pubblicazioni, link al Sistema Sta-tistico Nazionale (SISTAN). Tra le tante attività dell’IREPA ricordiamo la produzione statistica, la ricerca in campo scientifi co, attività di report-ing, analisi di campo ambientale, qualità e tecnologia e information technology. Form on-line

Il pesce in rete

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La nuova App FNOVI per trovare le strutture veterinarie

www.struttureveterinarie.it è la prima e unica anagrafe uffi ciale georeferenziata delle strutture veterinarie, pubbliche e private, autorizzate in Italia. Si tratta di un servizio di utilità pubblica, ideato e gestito da FNOVI, la Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani, in collaborazione con ANMVI, Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani. L’applicativo consente di geo-localizzare studi, cliniche, ospedali e laboratori di analisi veterinari autorizzati ed è scaricabile gratuitamente su tutti gli smartphone IPhone e Android. Per accedere al servizio è necessario consentire all’applicazione di acquisire la posizione GPS del dispositivo. La nuova app permette poi di individuare strutture veterinarie in condizioni di “emergenza”. Si tratta di una ricerca per la quale viene unicamente richiesto all’utente di selezionare la specie animale. Il sistema in automatico provvede ad interrogare la banca delle strutture veterinarie aggiornata a quell’istante. Attraverso la modalità di ricerca libera l’utente può selezionare la struttura veterinaria in base ad ambiti territoriali oltre che attraverso i servizi offerti. Si può quindi selezionare provincia, comune, specie animale, servizi attesi, strutture con servizio di pronta disponibilità e di pronto soccorso. L’applicazione si può scaricare gratuitamente su Android Market e iTunes App Store.

Jamie Oliver in difesa delle cozze

Oggi c’è grande attenzione e impegno allo sviluppo di una pesca sostenibile. Da più parti si cerca di far passare il messaggio che i nostri mari vanno tutelati e protetti con azioni incisive. Altrettanto si fa presso il consumatore, informandolo sulle specie ittiche più a rischio. Di recente è sceso in campo anche Jamie Oliver (www.jamieoliver.it), chef stellato inglese, classe 1975, conduttore televisivo e autore di libri e riviste di cucina. Particolarmente sensibile ai temi di una cultura del cibo fondata sulla sostenibilità e la salubrità delle materia prime, all’insegna del mangiar sano e consapevole, Jamie ha elogiato i mitili come alimento sano e amico dell’ambiente. La notizia è stata ripresa dal portale SCOTTISH SHELLFISH MARKETING GROUP (www.scottishshellfi sh.co.uk), l’ente scozzese promotore dei molluschi e crostacei, primi fra tutti cozze e ostriche del Pacifi co. «Le cozze — ha dichiarato il giovane chef inglese sul canale televisivo Channel 4, nel corso di un suo programma — sono il nostro futuro. Sono buonissime, costano poco, sono facili e veloci da cucinare». Jamie ha poi ricordato che le cozze d’allevamento non hanno bisogno di essere nutrite e producono “emissioni” minime. Piuttosto che una causa di inquinamento la cozza allevata rappresenta un buon indicatore del livello di inquinamento presente nel luogo in cui vive.

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Freschezza da gustare

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Aziende

Sulla banchina del porto inizia la conquista dei mercati più lontani

Macduff Shellfi sh,dalla Scozia i migliori crostacei dei mari del Norddi Elena Benedetti

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20 IL PESCE, 5/12

Dici Scozia e subito pensi ad un ter-ritorio fatto di paesaggi mozzafi ato e natura incontaminata, aria fresca e tersa, prati verdissimi, coste e scogliere che ne profi lano i contorni su tre lati, limpide acque interne e mare puliti. Per la precisione le coste scozzesi sono lunghe 16.000 chilometri. Tale e tanta abbondanza di mare fa sì che l’industria ittica sia un business di tutto rispetto.

Insieme a un gruppo di buyer della Grande Distribuzione siamo volati in Scozia alla scoperta di alcune tra le più interessanti realtà di questo comparto, che oggi conta un totale di 2.100 imbarcazioni di pesca e raccoglie ogni anno 440.000 tonnellate di prodotto ittico, corri-

spondenti ad un fatturato di oltre 575 milioni di sterline. La regione è tra i primi produttori europei di pesce e il secondo produttore al mondo per il salmone. Numeri importanti che approfondiremo via via nei prossimi articoli. Iniziamo il viaggio dal Nord-Est della Scozia, in una piccola località non lontana dal porto di Fraserburgh, il primo in Europa per la pesca e il commercio dei crostacei.

L’azienda che ci accoglie è MACDUFF SHELLFISH, con sede a Mintlaw, nell’Aberdeenshire. Ci dà un caloroso benvenuto il direttore generale dello stabilimento ROY CUNNINGHAM, insieme a LORRAINE LAMBLE, responsabile commerciale per l’Italia, l’italiano perfetto, un sorriso che conquista e, scopriremo poi, una solida conoscenza del nostro mercato.

La proprietà dell’azienda è della famiglia BEATON, quarta generazione nella commercializzazione di prodot-ti ittici, oggi guidata dai tre fratelli EUAN, PAUL e FERGUS. La visita allo

stabilimento e l’incontro con il ma-nagement mettono subito in luce la fi losofi a dei Beaton: qui convivono perfettamente due modi opposti di intendere l’azienda. Da una parte c’è la scelta di mantenere viva l’arti-gianalità, che ritroviamo ad esempio nel personale intento all’apertura manuale delle capesante. Dall’altra è evidente l’automazione di molti passaggi nella lavorazione e pulitura dei crostacei, come nella gestione del freddo, quest’ultima strategica per garantire la qualità del prodotto.

Macduff nasce 125 anni fa con l’acquisto dei crostacei vivi dai pescatori della zona e l’esportazio-ne del prodotto in Francia. Dopo quasi tre decenni di attività oggi l’azienda commercializza scampi (interi, code con e senza guscio), granchi (interi, disponibili anche sottovuoto), capesante (mezzo gu-scio con e senza corallo) e buccini. Tutto sia fresco che congelato. La vicinanza con Fraserburgh è strategica: l’approvvigionamento costante di pescato è assicurato e

Confezionamento degli scampi.

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Dal mare alla tavola

Lo stabilimento Macduff Shellfi sh di Mintlaw gestisce al proprio interno tutte le fasi di lavorazione dei crostacei. Particolare attenzione è data al packaging e alla personalizzazione del prodotto. Qui riportiamo due esempi di confezionamento: 500 grammi di chele di granchio congelate e di capesante senza guscio, con corallo, in busta, destinate al mercato francese, con foto del prodotto e pochi e chiari elementi esplicativi per il consumatore.

Macduff Shellfi sh commercializza le capesante a mezzo guscio con e senza corallo.

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rafforzato anche da numerosi scambi con altri porti del Regno Unito che garantiscono la fornitura di pesce nei picchi di domanda. «Sandy, il nostro responsabile acquisti, non lo troverete seduto dietro a una scriva-nia in qualche uffi cio dell’azienda» ci racconta Mr. Cunningham.

«Lo si può incontrare solo al porto, giorno o notte che sia, ad at-tendere i pescherecci e a contrattare il pescato migliore. Sul molo inizia la fase di selezione che prosegue poi in stabilimento e lungo l’intero processo di lavorazione».

Se nel 1985 i dipendenti erano due, oggi si contano fi no a 250 perso-ne nei momenti di punta stagionale, con un processo focalizzato sulla cura e la personalizzazione del pro-dotto. «Lavoriamo molto sul product development» prosegue il direttore.

«La qualità del prodotto è un dato di fatto e non è in discussione. A ciò aggiungiamo l’attenzione al packa-ging, curiamo la personalizzazione nei minimi dettagli, per dare valore aggiunto al prodotto e un ulteriore servizio al cliente».

Con un fatturato annuo che si attesta intorno ai 38.000.000 di sterline e una capacità produttiva di oltre mille pallet di prodotto refrige-rato, Macduff Shellfi sh attualmente è il maggiore produttore del Regno Unito per le specie ittiche lavorate. Partner dinamico e affi dabile, è già presente in Europa ed ora è pronto a conquistare mercati lontani, primi fra tutti Cina e Stati Uniti.

E altrettanto pronti sono gli uomini come Sandy, che conosce per nome tutti i pescatori, o come le ragazze che sgusciano a mano,

una a una le capesante che saranno delizia di chef e fortunati clienti, oppure come gli addetti alla catena del freddo e alle spedizioni, che sotto le loro giacche a vento completano il ciclo produttivo.

La macchina è rodata, l’azienda è rispettosa del mare e delle sue acque che forniscono prodotti straordinari. La sostenibilità è un tema conosciuto e perseguito con dedizione. Non serve altro per conquistare il mondo.

Elena Benedetti

Macduff Shellfi sh LimitedStation RoadMintlaw, AberdeenshireAB42 4LU, ScoziaTelefono: +44 (0) 1771 624000Web: www.macduffshellfi sh.co.uk

NotaNella foto a pagina 19 due piccoli pescherecci lungo le coste scozzesi. Le esportazioni di prodotti ittici dalla Scozia nel 2010 sono cresciute del 12%, raggiungendo un valore di 620.000.000 di sterline (fonte Scot-tish Development International).

Nello stabilimento a Aberdeenshire il confezionamento delle vaschette di scampi, pronte da spedire ai mercati europei.

“Sandy, il nostro responsabile acquisti, non lo troverete

seduto dietro a una scrivania. Lo si può incontrare solo

al porto, giorno o notte che sia, ad attendere

i pescherecci e a contrattare il pescato migliore”

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Acquacoltura

Pesci, molluschi e crostacei occu-pano sempre più spazio nei nostri piatti. Questa domanda crescente offre prospettive interessanti per il futuro dell’acquacoltura. Secondo le ultime statistiche uffi ciali (2009), l’acquacoltura rappresenta circa un quarto della produzione dell’Unione Europea (UE) di pesci, molluschi e crostacei, mentre il resto proviene dall’attività di pesca. I principali produttori dell’UE sono, per il pesce, il Regno Unito (salmone) e la Grecia (orata e branzino) e, per i molluschi, la Spagna (cozze), la Francia (ostriche) e l’Italia (vongole veraci). Ai circa 23 kg di prodotti acquatici consumati annualmente

da ogni cittadino europeo (di cui un decimo proviene dall’acquacoltura UE), occorre aggiungere i prodotti dell’acquacoltura importati, prin-cipalmente il salmone (Norvegia), i gamberi tropicali (Tailandia, Ban-gladesh, India) e il pangasio (Viet-nam). A livello mondiale, la crescita è ancora più rilevante.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), sui 118 milioni di tonnellate di pesci, molluschi e cro-stacei consumati in tutto il mondo nel 2009, 55 milioni, ossia quasi la metà, provenivano dall’acquacoltura. Dal 2000 tale produzione è aumentata di circa il 35%.

L’acquacoltura europea non segue questa tendenza globale, trovandosi da alcuni anni in una situazione di stagnazione.

Uno degli obiettivi dell’attuale riforma della Politica Comune della Pesca è quello di rafforzare il potenziale del settore dell’acq-uacoltura dell’UE, migliorarne la competitività e la sostenibilità, pro-muovendo al contempo lo sviluppo di prodotti di qualità, nel rispetto dell’ambiente.

QualitàL’acquacoltura dell’UE è sostenibile e garantisce al consumatore europeo l’accesso a prodotti sani, sicuri e

Un potenziale da sviluppareDieci schede dedicate alle specie acquicole più prodotte

nell’Unione Europea. Storione e carpa le prime due

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di elevata qualità. Fornisce inoltre 80.000 posti di lavoro diretti nelle zone costiere e rurali.

Le specie prodotte in Europa variano ampiamente. Dai tempi della piscicoltura medievale, il modo di allevare gli animali acquatici si è evoluto in molte direzioni e presenta oggi una vasta gamma di tecniche, metodi, e anche di tradizioni.

L’evoluzione dei metodi di alleva-mento si basa su ricerche scientifi che molto avanzate, che costituiscono un know-how europeo molto effi cace. Ciò fa dell’acquacoltura uno spazio

Comprendere meglio l’acquacoltura: i diversi tipi di allevamento

Acquacoltura estensiva in acqua dolceGli stagni sono mantenuti in modo da favorire lo sviluppo della fauna acquatica con un rendimento superiore a quello dell’ecosistema naturale. La densità è bassa e l’alimentazione dei pesci è naturale. Alcuni produttori utilizzano complementi alimentari. Questi stagni svolgono un ruolo importante e positivo nel paesaggio, nella gestione delle acque e nella biodiversità. Esempi: carpa, in policoltura con altre specie (coregone, luccioperca, luccio, pesce gatto, ecc…).

Acquacoltura di specie marine in impianti sulla terrafermaL’allevamento di pesci marini (in particolare i pesci piatti) può essere realizzato anche in bacini artifi ciali a terra, ma alimentati con acqua di mare. Il ricircolo di acqua, che consente di offrire un ambiente chiuso e controllato, è necessario per una produzione ottimale negli incubatoi e nei vivai per le specie marine. Esempi: rombo, sogliola, sogliola del Senegal, branzino, orata.

Acquacoltura estensiva in acqua salmastraGli animali (spesso portati dalle correnti marine) sono tenuti in lagune progettate per questo scopo (esempi: vallicoltura italiana, estero spagnoli). L’introduzione di avannotti da vivaio e l’utilizzo di complementi alimentari rafforzano il carattere semi-estensivo di questo tipo di allevamento. Questa forma di acquacoltura svolge un ruolo importante nella conservazione del patrimonio naturale costiero. Esempi: branzino, anguilla, sogliola, sogliola del Senegal, orata, cefalo, storione, gamberi e molluschi.

Acquacoltura intensiva in acqua dolceNei sistemi intensivi, i pesci sono allevati in bacini fi no a raggiungere le dimensioni commerciabili. Esistono due tecniche: il fl usso continuo (i bacini sono alimentati dall’acqua del fi ume a monte e la restituiscono a valle) e il ricircolo (l’acqua rimane a circuito chiuso e viene riciclata al fi ne di farla “ricircolare” nei bacini). I sistemi di ricircolo sono più costosi (in termini di energia), ma consentono un migliore controllo delle condizioni di coltura (temperatura, ossigeno) e della qualità dell’acqua. Esempi: trota iridea, anguilla, pesce gatto, storione, tilapia, ecc…

Acquacoltura marina in gabbieI pesci sono tenuti in gabbie ancorate sul fondo e mantenute in superfi cie da un telaio galleggiante in plastica. Questa forma di allevamento è praticata soprattutto in zone riparate vicino alla costa, ma dovrebbe essere possibile allontanarsene utilizzando tecniche più sofi sticate (gabbie sommergibili, monitoraggio remoto, alimentazione automatica, ecc…). Esempi: salmone atlantico, branzino, orata, ombrine bocca d’oro, ecc…

La molluschicolturaLa molluschicoltura si basa sulla raccolta di novellame selvatico o da vivaio, che si nutre di sostanze nutritive naturali presenti nell’ambiente (animali fi ltratori). L’ostricoltura e la mitilicoltura rappresentano il 90% della produzione europea, con una grande varietà di tecniche: sul fondo, su tavole, su pali di legno, su corde, ecc… Esempi: ostriche (ostricoltura), cozze (mitilicoltura), vongole veraci, abaloni.

di sviluppo che occuperà in futuro un posto sempre più importante nell’Unione Europea.

10 specie, 10 schedeA partire da questo numero sarà pubblicata su IL PESCE una serie di 10 schede dedicate alle specie acquicole più prodotte nell’Unione Europea. Ogni scheda offre informazioni su vari aspetti: la biologia, le varie tec-niche di allevamento, la produzione e il commercio e il valore nutrizionale della specie. Le prime due schede riguardano lo storione e la carpa.

Le schede successive saranno dedicate al branzino e alla trota, al rombo e al salmone, all’orata e alla cozza e infi ne all’ostrica e alla vongola.

Fonte: PESCA E ACQUACOLTURA

IN EUROPA, n. 56/2012Direzione generale degli Affari

Marittimi e della PescaCommissione europea

NotaA pag. 25 impianto di acquacoltura marina (foto: http://exploringaqua-culture.posterous.com).

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Storione (Acipenser baerii)

BiologiaIn Europa vengono allevate svariate specie della famiglia Acipenseridae, fra cui lo storione siberiano, lo storione danubiano, lo storione sterleto, lo storione comune e lo storione adriatico. Molte delle specie di storione sono considerate a rischio o addirittura a grave rischio di estinzione. La costruzione di sbarramenti che ostacolano le rotte migratorie, l’eccesso di pesca e l’inquinamento hanno provocato un drastico declino della popolazione di storioni. L’allevamento di storioni è quindi importante non solo per la produzione di carne e caviale ma anche per il ripopolamento di queste specie, nella misura in cui ha effetti benefi ci sulla conservazione degli stock selvatici.Lo storione più comunemente allevato nell’UE è lo storione siberiano (Acipenser baerii). I sistemi di allevamento dello storione siberiano sono stati messi a punto nell’ex Unione Sovietica fi n dagli anni ‘70. Più o meno nello stesso periodo i primi esemplari sono stati introdotti in Francia nell’ambito di un programma di cooperazione scientifi ca.

AllevamentoLa riproduzione dello storione siberiano è complicata dal fatto che le femmine non ovulano ogni anno e non lo fanno in maniera sincrona. Tuttavia, grazie al controllo della temperatura dell’acqua, è possibile ottenere uova per un periodo relativamente lungo, compreso fra dicembre e maggio. Gli storioni siberiani possono essere allevati in vasche, stagni o gabbie. È una specie carnivora nutrita con granulati di farina di pesce e olio di pesce, nonché con estratti vegetali. La durata media dell’allevamento degli storioni da carne è di 14 mesi per ottenere un pesce destinato alla vendita di 700 g. Al momento della raccolta, gli storioni sono prelevati per mezzo di reti. L’allevamento di storioni per la produzione di caviale è oneroso, perché le femmine non possono riprodursi prima dei sette anni di età. Durante questo periodo sono allevate in vasche contenenti acqua dolce corrente. In passato le femmine venivano abbattute e svuotate delle uova. Tuttavia negli ultimi anni i piscicoltori hanno sviluppato tecniche che consentono di prelevare il caviale senza uccidere i pesci e allo stesso tempo di ridurre i costi di produzione e migliorare la redditività delle femmine.

Produzione e commercioA livello mondiale, a causa dell’esaurimento degli stock, la pesca dello storione è quasi scomparsa e l’esportazione di caviale prelevato da individui selvatici è vietata. La pesca ha ceduto il passo all’allevamento e l’acquacoltura cinese rappresenta attualmente l’85% della produzione mondiale (Grafi co 1). Dopo la Cina, i principali produttori

Storione, Acipenser baerii (www.biolib.cz, foto: Martin Chytrý).

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IL PESCE, 5/12 29

di storione sono la Russia e l’UE. Nell’Europa occidentale il più allevato è lo storione siberiano. Benché le statistiche di produzione non siano del tutto precise, pare che l’allevamento europeo di storione sia in gran parte destinato alla produzione di caviale (80% in valore), a tal punto che l’UE è oggi più esportatrice che importatrice di questo prodotto (in valore). I principali produttori di caviale nell’UE sono l’Italia e la Francia.

Presentazione sul mercatoIl termine “caviale” si riferi-sce prettamente alle uova di storione della famiglia Acipenseridae sottoposte a salatura, mentre le uova di altre specie di pesci possono essere chiamate solamente “surrogato di caviale”. La carne dello storione siberiano è priva di spine, una caratteristica particolarmente apprezzata. I consumatori europei non hanno tuttavia ancora familiarità con questo prodotto che può essere venduto in fi letti o affumicato.

Grafi co 1 – Produzione di storione da acquacoltura nell’UE (2009)

oltre 500 tonnellateda 200 a 500 tonnellateda 100 a 200 tonnellatemeno di 100 tonnellate

Il caviale si apprezza in purezza, dato il pregio, il costo e il fi ne aroma.

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Carpa (Cyprinus carpio)

BiologiaLa carpa comune (Cyprinus carpio) è originaria dell’Asia e dell’Europa orientale. Sebbene si abbia notizia del consumo e dell’allevamento di carpe fi n dall’epoca romana, fu solo nel Medioevo che la carpa cominciò ad essere allevata nelle acque di superfi cie in Europa. Le carpe erano spesso allevate nei monasteri, dove nei giorni di digiuno il pesce era preferito alla carne. La carpa è una specie domestica che si è adattata ai sistemi di allevamento e che ha la capacità di tollerare la qualità e la temperatura dell’acqua. Vive in tutti i tipi di acque ferme o a corso lento. La carpa è onnivora e si ciba principalmente di zooplancton e zoobenthos, detriti e parti di piante acquatiche. La forma originaria della carpa è denominata “a squame” ed è caratterizzata da squame grosse e uniformemente distanziate. Fra le specie domestiche si trova la carpa a specchio con poche squame distribuite in maniera irregolare.

AllevamentoLa carpa si riproduce solitamente in avannotterie. Quando le uova si schiudono, le larve sono trasferite in piccole vasche poco profonde o stagni alimentati con acqua ricca di plancton. All’inizio la produzione naturale dello stagno in termini di plancton, vegetazione e invertebrati bentonici è suffi ciente a nutrire le giovani carpe. In seguito, però, i pesci ricevono spesso un’alimentazione aggiuntiva, come farina di cereali o varie miscele di mangimi. In autunno lo stagno viene ripulito e le carpe sono trasferite in uno stagno più profondo per lo svernamento; in alternativa, vengono lasciate nello stagno iniziale fi no all’arrivo della primavera. Durante i mesi più freddi entrano in un periodo di attività ridotta durante il quale si nutrono poco o per niente. La primavera successiva le carpe vengono stabulate in vasche di estivazione adibite all’allevamento di pesci di due anni. Nella primavera del loro terzo anno le carpe passano in grandi stagni di ingrasso (a fi ni commerciali), in cui si nutrono in base all’ecosistema, anche se la loro alimentazione viene di solito integrata con cereali. In genere il prelievo dei pesci avviene in autunno (prima del congelamento dell’acqua); gli esemplari sono prelevati in base alla taglia e destinati alla riproduzione o commercializzati. Poiché la maggior parte delle carpe è venduta poco prima di Natale, normalmente vengono lasciate in acqua dolce pulita per alcune settimane per migliorarne il gusto prima della commercializzazione. Tuttavia sempre più carpe vengono catturate in altri periodi dell’anno per il consumo diretto o al fi ne di ripopolare le acque destinate all’esercizio della pesca sportiva. Una carpa può raggiungere un peso di 30 kg e una taglia pari o superiore a un metro. Per ottenere una taglia adeguata alla commercializzazione, che in genere va dai 30 ai 50 cm di lunghezza per un peso compreso

Carpa, Cyprinus carpio (foto: www.luontoportti.com).

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tra 1,5 e 3 kg (a seconda della regione), nelle condizioni meteorologiche europee sono necessari solitamente tre o quattro anni. Normalmente l’allevamento della carpa è semi-intensivo. La carpa può essere allevata in monocoltura, policoltura (insieme ad altre specie d’acqua dolce come il luccio, il pesce gatto o la carpa argentata) o in coltura integrata con altre attività agricole. Gli stagni da carpa svolgono spesso un ruolo importante ne l l ’ arr icch imento de l l a biodiversità, poiché trattengono l’acqua e contribuiscono alla protezione dell’ambiente e alla difesa dalle inondazioni.

Produzione e commercioLa produzione di carpe è legata soprattutto all’acquacoltura (Grafico 2). La produzione mondiale di carpe è dominata all’80% dalla Cina. Gli altri maggiori produttori, seppur con uno scarto notevole, sono Indonesia, Vietnam, Unione Europea, Russia, Bangladesh e Brasile. All’interno dell’UE la carpa è un alimento tradizionale dell’Europa Centrale. I due produttori principali sono la Polonia e la Repubblica Ceca, mentre le esportazioni di carpe verso i Paesi Terzi sono quasi nulle. Per quanto riguarda il commercio intracomunitario, si rilevano solo fl ussi limitati dalla Repubblica Ceca alla Germania. La specie rimane sconosciuta in vari Stati Membri.

Presentazione sul mercatoOggi la carpa viene allevata essenzialmente nei Paesi dell’Europa centrale, dove è acquistata viva e preparata per i

piatti tradizionali serviti durante le feste natalizie e, in misura minore, pasquali. Nella preparazione della carpa farcita (gefilte fish, una specialità ebraica), la carne di carpa viene sminuzzata assieme alla cipolla e il preparato è usato per farcire la pelle di pesce; le polpettine ottenute vengono quindi stufate. I produttori stanno cercando di diversifi care l’offerta dotandosi di piccole unità di trasformazione tese a proporre prodotti semi-preparati (bistecche, prodotti freschi o affumicati, in fi letti o tranci) o preparati secondo le ricette tradizionali. Una parte importante della produzione è destinata al ripopolamento degli stagni per la pesca sportiva.

Grafi co 2 – Produzione di carpe da acquacolturanell’UE (2009)

oltre 15.000 tonnellateda 5.000 a 10.000 tonnellateda 2.000 a 5.000 tonnellatemeno di 1.000 tonnellate

Allevamento di carpe nella Repubblica ceca.

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Ci faranno l’abitudine anche i più scettici. Questa è una certezza, perché seppur non facenti parte della nostra cultura alimentare, sono destinate ad entrare nel quo-tidiano degli Occidentali passando per la porta principale. Ne varrà però la pena perché, oltre ad essere tra le prime nella lista degli alimenti naturali e dietetici, le alghe vantano

Alghe: le nuove frontieredella cucina occidentale

Il commercio delle alghe in Italia e nei Paesi occidentali acquista ogni giornonuove fette di mercato. I vegetali di mare, introdotti inizialmente per le loro

qualità curative, sono oggi apprezzati anche in ambito alimentare. Per questol’alghicoltura appare un vero e proprio business destinato a raff orzarsi nel tempo

di Sebastiano Corona

anche proprietà curative rilevanti. Kombu, wakame, nori, hiziki, spi-rulina, sono solo alcune di quelle che si trovano oggi in commercio, ma ne esistono di tantissimi tipi, suddivisi in oltre 25.000 specie.

Anche l’aspetto può cambiare in maniera radicale da una tipologia all’altra. Ce ne sono di dimensioni microscopiche, ma anche intermedie

o giganti, con colori molto differenti tra loro.

Ad una tale varietà corrisponde una differenza anche in termini nutrizionali. In generale le alghe appaiono comunque più proteiche delle piante eduli che crescono a terra (dal 5,6% delle hiziki, al 35% delle spiruline). Hanno anche impor-tanti valori in termini di carboidrati

Oltre ad essere tra le prime nella lista degli alimenti naturali e dietetici, le alghe vantano anche proprietà curative rilevanti. In foto, un allevamento di alghe a Bali.

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IL PESCE, 5/12 33

(dal 29,8% delle hiziki, al 51,9% delle kombu) e, soprattutto, di sali minerali e di oligoelementi, per non parlare del ferro e del calcio, da 2 a 30 volte superiori agli ortaggi. Ma soprattutto le alghe contengono vitamina B1, B2 e C.

L’elevato contenuto di iodio — da 100 a 1000 volte maggiore rispetto ai comuni ortaggi — rende le alghe particolarmente preziose in caso di determinate patologie. Ma gli esperti le reputano utili anche contro l’acne giovanile, nelle terapie ipocolestero-lemizzanti e nei casi di uricemia ed azotemia. Dall’Harvard School of Public Health giunge lo studio che vuole che il regolare consumo di alghe sia la spiegazione alla bassa incidenza del tumore della mammella tra le donne giapponesi.

Le sorprendenti applicazioni terapeutiche descritte sono però solo una parte di quelle effettive. Nel complesso, pur con importanti differenze da specie a specie, le alghe avrebbero sostanze ipotensive, tra cui l’istamina. In certi casi avrebbero proprietà anti-ulcera, in grado di svolgere anche un’azione protetti-va nei confronti di agenti patogeni come Escherichia coli, salmonella e stafi lococco. E ancora: stimolano la tiroide, attivano il metabolismo, sono tonifi canti, rafforzano le difese immunitarie, combattono gli squi-libri costituzionali e i processi di

invecchiamento delle cellule, hanno un’azione depurativa, attivano la circolazione e molto altro ancora.

Saranno suffi cienti queste moti-vazioni per sfatare i pregiudizi di chi non intende nemmeno assaggiarle? Forse è necessario avviare delle cam-pagne di educazione al consumo, non solo per far capire quanto possano essere salutari, ma anche come vanno preparate perché si possano gustare e al meglio e perché se ne preservino le sostanze nutritive e terapeutiche.

Se è vero, così come sembra anche dall’andamento del mercato, che le verdure di mare entreranno a far parte a pieno titolo delle nostre abitudini alimentari, quello delle alghe diventerà un business da molti punti di vista.

Nei giorni scorsi un noto e pre-stigioso quotidiano nazionale ha evi-denziato il fatto che in un momento in cui il prezzo del cibo e la popolazione aumentano e l’ambiente è sempre più compromesso, si rende necessario

Coltivazione di alghe in Asia.

L’alga wakame nasce e cresce in acque agitate e turbolente e viene raccolta in primavera, quando i pescatori in barca, muniti di rastrello, staccano completamente la radice delle piante dalla sua roccia. Essa viene poi im-ballata dopo l’essiccazione. Si mangia soprattutto nelle insalate: la wakame saraada è uno degli antipasti più semplici e gustosi dei menu giapponesi.

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rivedere la qualità dei prodotti che normalmente fi niscono sulle nostre tavole e riconsiderare il cibo come un vero e proprio lusso. Sempre secondo questa tesi, sarà necessario ideare nuovi modi per riempire il vuoto alimentare con cibi che prima non venivano presi in considerazione, alghe in testa.

Nel caso specifi co, la produzione controllata avrebbe fi nalità diverse e nuove rispetto al mero consumo per l’alimentazione umana. Non dimen-tichiamo infatti che, oltre al valore nutritivo e al potere terapeutico, le alghe vengono normalmente impie-gate come mangime sia in acquacol-tura, sia per animali domestici. Non bastasse — e forse questo è l’aspetto di maggior interesse per il futuro del pianeta — le alghe sono anche un prezioso biocarburante, avendo un’importante capacità di assorbire CO2 o di essere impiegate nella produ-zione di pigmenti ad uso industriale, bio-plastica ed altri additivi.

Ci sono quindi tutti gli elementi per sostenere che le coltivazioni di vegetali di mare sono destinate ad essere l’affare del prossimo futuro.

Il paese che ne vanta la più ricca tradizione produttiva e alimentare

è il Giappone, dove esistono vere e proprie coltivazioni.

Ma anche in altri Paesi asiatici o negli Stati Uniti, le attività di alghicoltura iniziano a farsi strada e i risultati non si fanno attendere.

Sebbene la realizzazione di sistemi di colture algali sia molto complessa, soprattutto quando ha una fi nalità energetica, queste coltivazioni non competono con quelle agrarie classiche, poiché non richiedono pesticidi e si possono re-alizzare su acqua di mare o su acque refl ue. Inoltre, è dimostrato che le alghe consumano grandi quantità di CO2 (circa due chilogrammi per ogni chilo di biomassa algale prodotta) che all’occorrenza potrebbero prelevare dai fumi di combustione delle centrali termoelettriche.

Tale aspetto meriterebbe però un capitolo a parte poiché la messa a punto di processi a microalghe competitivi sul mercato dei bio-fuel mostra ancora ampi margini di miglioramento. Sebbene a questo proposito si stia lavorando molto, si necessita ancora di anni di speri-mentazione. Le opinioni in ogni caso sono ottimistiche al punto da lasciar intendere che la produzione di alghe

sia la soluzione per far fronte alla crisi climatica mondiale.

La loro coltivazione ad uso alimentare che esiste invece da de-cenni, presenta — rispetto ad altre colture — importanti vantaggi. È l’organismo vegetale con il ciclo di crescita più breve al mondo e, al contrario di quanto accade per la maggior parte degli altri vegetali, può essere coltivato tutto l’anno senza interruzioni. Non bastasse, le alghe non hanno bisogno di terreni agricoli o di acqua pulita. Pertanto non sottraggono risorse preziose già scarse. Si tratta inoltre di un processo piuttosto semplice poiché richiede solo nutrienti, acqua, luce solare e anidride carbonica.

L’habitat non deve necessaria-mente essere pulito. Grazie alla loro resistenza, le alghe infatti sono in grado di prosperare perfi no nelle ac-que refl ue e mostrano un’invidiabile produttività per ettaro.

Chi intende cimentarsi in questo campo non deve che approfondire la normativa di riferimento per l’acquacoltura e l’allevamento dei molluschi e dei crostacei. Le regole sono infatti le stesse.

Sebastiano Corona

Dobbiamo alla diffusione dei ristoranti giapponesi il merito di aver portato questi vegetali marini sulle nostre tavole.

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L’implosione della Jugoslavia nel 1992 lasciò senza guida numerose imprese che avevano sviluppato una discreta competitività internaziona-le. Anche in Slovenia ed in Istria, due aree tra le meno danneggiate dal confl itto, le conseguenze economiche e sociali furono, nel breve periodo, ingenti. L’ingresso nell’economia di mercato in particolare per la Slovenia è stato favorito dalla sua

vicinanza (anche culturale) all’Italia e all’Austria. Ma anche dalla pre-senza di imprenditori illuminati che hanno colto l’opportunità di presen-tarsi — per concentrarci sul settore agroalimentare — con prodotti di grande pregio e valore economico. È accaduto nel mondo vitivinicolo, ma anche nel settore ittico. Tra quegli imprenditori illuminati UGO FONDA, biologo marino, la cui passione per

il mare lo spinse ad acquistare un allevamento di branzini creato negli anni Settanta nel Golfo di Pirano.

Le approfondite conoscenze nell’ambito della biologia marina, trasfuse ai fi gli IRENA e LEAN, mossero ben presto i Fonda ad adottare un insieme di accorgimenti che hanno reso i loro branzini assai distinguibili nel panorama dei pesci d’allevamen-to, tanto che produrre il pesce nella

I branzini e i mitili del Golfo di Pirano

Fonda, la salute è questionedi buon gusto

di Riccardo Lagorio

Branzini Fonda. Il regolare ricambio di acqua marina, il continuo movimento, il clima e la bassa salinità dell’acqua infl uiscono positivamente sulla qualità e la compattezza della carne del pesce allevato nella zona del Golfo di Pirano.

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In alto: Irena Fonda. Biologa molecolare, oggi si occupa della gestione dell’azienda e, contemporaneamente, lavora a progetti di ricerca internazionali nel settore della biologia marina. In basso: Lean Fonda e il fi glio Enej. Sommozzatore professionista, Lean è anche presidente della Cooperativa dei Piscicoltori Marini di Sezza, Slovenia.

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maniera più naturale possibile è il cardine su cui poggia e per il quale si contraddistingue questa realtà.

Molto, va detto, lo elargisce la natura stessa, con un clima medi-terraneo mite ed un ecosistema irri-petibile particolarmente favorevole: la temperatura del mare subisce d’inverno una notevole diminuzione (raggiunge i 6 o gli 8°C). Così, per un paio di mesi, i pesci non mangiano e sono sottoposti ad una naturale purifi cazione.

La baia di Portorose si trova inoltre al riparo da bora e scirocco grazie alla presenza dei promontori di Pirano e Punta Salvore; ma è anche un braccio di mare dove sono presenti costantemente correnti (do-vute alla conformazione della costa: la Punta di Salvore è scoscesa, la parte italiana è pianeggiante) che assicurano un continuo ricambio dell’acqua.

Il fondale è profondo fi no a 15 metri e le reti si spingono a 11, con un diametro variabile tra gli 8 e i 12 metri. Nondimeno, le accortezze

adottate dai Fonda hanno miglio-rato le condizioni di allevamento. A partire dalle iniziali fasi di vita del pesce. Nelle gabbie destinate allo svezzamento trovano infatti posto circa 20.000 avannotti, cinque volte meno di quanto potrebbero contenere.

I mangimi sono elaborati con materie controllate e di prima scelta e la loro distribuzione avviene esclusi-vamente a mano. «Non cospargiamo le gabbie con antivegetativi, sostanze dannose defi nite antifouling, per impedire la crescita di animali ma-rini ed alghe. Così siamo costretti a cambiarle o a lavarle molto spesso, almeno quattro volte all’anno, con dispendio di manodopera ed energia» osserva Irena Fonda.

Il mangime, ricco di cereali, vie-ne dispensato con parsimonia per impedire che i branzini accumulino grasso. Ciò comporta che i pesci vengano allevati per quattro o cinque anni, raggiungendo il peso medio di 500 grammi, e fi no a 8 per le pezza-ture da 3 kg. Il risultato si traduce

in branzini dalla polpa tonica, mai grassa. Ma, soprattutto, sicuri.

In effetti, un dato sorprendente e di particolare interesse per i con-sumatori è che il contenuto di mer-curio nella polpa dei branzini Fonda risulta particolarmente basso, addi-rittura 13 volte inferiore rispetto a quello dei branzini selvatici. Aspetto positivo, che lo rende indicato alle gestanti ed alle lattanti, generato dalle caratteristiche del mangime, privo di mercurio.

Questo non è l’unico risvolto che riguarda la particolare cura riposta all’aspetto della sicurezza alimen-tare. Infatti l’allevamento viene sottoposto a due tipi di controllo veterinario: uno è il controllo dello stato di salute degli animali effet-tuato e documentato regolarmente da una veterinaria dipendente della Facoltà di Veterinaria dell’Univer-sità di Lubiana; l’altro è il controllo altrettanto regolare dell’Ispettora-to dei prodotti alimentari a cura dell’Amministrazione Veterinaria della Repubblica di Slovenia.

L’allevamento della famiglia Fonda si trova nel Golfo di Pirano, all’estremità meridionale del mare sloveno. Il Golfo si distingue per la purezza dell’acqua e per la forte corrente che scorre lungo la costa adriatica orientale verso nord.

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In alto: nuovi pesci vengono immessi nelle gabbie. In basso: Ugo Fonda. I pesci dell’allevamento vengono nutriti a mano con i migliori mangimi disponibili sul mercato, derivati esclusivamente da animali marini e vegetali terrestri.

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«Naturale, appetitoso e sano sono gli slogan che utilizziamo per defi nire il nostro pesce» aggiunge Irena.

Ma la parte innovativa e più ac-cattivante riguarda la vendita, anche diretta, via internet. Il consumatore può prenotare comodamente da casa. Il servizio funziona sul litorale sloveno, a Lubiana, in Carinzia e in provincia di Trieste. Le consegne avvengono il martedì, il venerdì ed il sabato ed il pesce viene recapitato in un imballaggio che preserva la merce dagli sbalzi termici e da qual-siasi contatto con l’esterno. Così il branzino Fonda diventa ancor più riconoscibile, forse l’unico branzino marchiato al mondo.

Un’attenta operazione di mar-keting che non si ferma qui: appro-fi ttando della contiguità dell’alleva-mento con le saline di Sicciole, Fonda marchia anche il sale ideale per cu-cinare il branzino. Solo la targhetta che viene apposta su ogni esemplare appena pescato conferisce la certezza assoluta che si tratti di un branzino di Pirano. «La salute è una questione di buon gusto: perché inseguire i pesci, quando sono i pesci a venire da voi?» conclude con ironia Irena.

Riccardo Lagorio

Fonda SrlStrada Liminjanska, 1176320 Portorož – Portorose (Slovenia)Telefono: 00386 51 605 605E-mail: [email protected]: www.fonda.si I branzini nelle gabbie dell’allevamento Fonda.

Il pesce e la nostra salute

Fin dai tempi antichi si sa che il pesce è un alimento sano, facilmente digeribile e gustoso. La carne del pesce contiene probabilmente più ingredienti sani di qualsiasi altro cibo. È ricco di proteine, di acidi grassi essenziali (Omega-3), di vitamine e minerali. I piatti a base di pesce agiscono positivamente, già in fase prenatale e durante la crescita, sul completo sviluppo dell’organismo dell’uomo, sull’aumento delle capacità psicofi siche degli individui adulti e sul rallentamento del processo d’invecchiamento. Le ricerche dimostrano che gran parte di questi benefi ci effetti va attribuita agli acidi grassi insaturi Omega-3, che si trovano soprattutto nel pesce. Visti i numerosi vantaggi, è consigliabile consumarlo almeno due volte alla settimana (in foto, branzino Fonda al sale).

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Pesca

Il 14 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento, COM(2011) 888, re-lativo a talune misure concernenti i Paesi che autorizzano una pesca non sostenibile ai fi ni della conservazione degli stock ittici. Scopo di tale propo-sta è consentire all’Unione Europea (UE) di chiudere le porte alle impor-tazioni di pesce proveniente da Paesi che rifi utano di assumersi la propria responsabilità nella gestione comune degli stock. La rifl essione che ha portato all’elaborazione di questo regolamento ha preso le mosse dal confl itto sullo sgombro. In sintesi, lo sfruttamento dello stock dello sgom-bro nell’Atlantico Nord-orientale è condiviso tra gli Stati rivieraschi della zona di cattura, vale a dire l’Unione europea, la Norvegia, le Isole Fær Øer e l’Islanda. Fino al 2009, le possibilità di pesca di questo stock erano determinate e ripartite nel quadro di una cooperazione tra

queste quattro parti. Nel 2010 le Isole Fær Øer e l’Islanda hanno fi ssato unilateralmente le proprie quote relative allo sgombro (aumentandole in modo sproporzionato) al di fuori degli accordi di cooperazione. E se le parti non si mettono più d’accordo sui limiti da fi ssare allo sfruttamento di questo stock, la sua sostenibilità ri-schia di essere fortemente ipotecata.

Già in passato sono sorti confl itti di questo tipo. Per diversi anni, ad esempio, non c’è più stata alcuna collaborazione per la gestione del melù nell’Atlantico Nord-orientale, una situazione che ha portato ad un depauperamento dello stock nel 2010 e che ha reso necessarie drastiche riduzioni delle quote.

Colmare un vuoto giuridicoAllo stato attuale delle cose, nulla impedisce a un peschereccio pelagico faroese di continuare a sbarcare il carico di sgombri nei porti scozzesi

per rifornire un’industria con-serviera locale. A condizione che ottemperi alla normativa vigente nel suo Paese, questo peschereccio opera in totale legalità e non può quindi essere sanzionato per pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (INN). Tuttavia, la sua attività si svolge in un contesto che pone un problema reale in relazione alla conservazione dello stock. Ed è illogico che l’UE, corresponsabile della corretta gestione di questo stock, favorisca questa attività, aprendole il proprio mercato.

Se uno Stato non si conforma alle decisioni adottate nel quadro della cooperazione, entra nell’illegalità e l’UE ha i mezzi giuridici per agire contro di esso, avvalendosi del regolamento INN. Ma se vi è una rottura della cooperazione, non esi-stono più decisioni regolamentari e, quindi, non sussiste illegalità stricto sensu. L’UE potrebbe intervenire nel

Stock condivisi,agire per mantenere

la cooperazioneAll’Unione Europea mancano

i mezzi per agire contro i rifi utio le rotture di cooperazione

nella gestione degli stock internazionali.La Commissione propone di colmare questa lacuna

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quadro normativo generale, con la procedura di codecisione, ma è un meccanismo troppo complicato e lento. È quindi necessario creare una normativa adattata a questo tipo di situazione. Era quindi importante dotare l’UE di mezzi effi caci per evitare che il suo mercato costitui-sca un incitamento a tali rotture di cooperazione e aiutarla in tal modo a promuovere una pesca sostenibile.

Lo scopo del nuovo regolamento proposto dalla Commissione è quindi quello di colmare un vuoto che non è preso in considerazione nell’ar-senale esistente di misure contro la pesca INN. Esso riguarda tutti i casi in cui la gestione di uno stock in parte sfruttato dall’UE deve essere effettuata in cooperazione con Paesi Terzi, nel quadro di cooperazioni bi-laterali o multilaterali o di un’ORGP. Si noti che la proposta non include gli stock che sono sotto l’esclusiva responsabilità di Paesi Terzi. Gli accordi di partenariato nel settore della pesca non rientrano pertanto nel suo campo di applicazione: la responsabilità della gestione delle risorse costiere spetta interamente allo Stato costiero con cui è stato siglato l’accordo.

Misure strettamente mirateLe misure che la Commissione propone di adottare spaziano dalla chiusura del mercato ai prodotti in questione a restrizioni in materia di accesso agli impianti e ai servizi portuali per le navi che partecipano a queste attività di pesca problema-tiche. Occorre ricordare un punto importante: l’Unione Europea inten-de rispettare le regole internazionali del commercio, in particolare quelle

defi nite dall’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, meglio conosciuto con il suo acroni-mo inglese GATT. Se, da un lato, in generale, il GATT vieta le barriere al commercio internazionale, dall’al-tro esso autorizza l’introduzione di misure restrittive, in particolare nei casi in cui la risorsa è messa in pericolo o l’ambiente è minacciato. Tuttavia, richiede che tali restrizioni siano mirate direttamente all’oggetto del confl itto. Così, se il Paese X vie-ne meno alla sua cooperazione con l’UE per la gestione di uno stock di merluzzo, ad esempio, l’UE potrebbe chiudere le frontiere al commercio del merluzzo pescato da quel Paese X (anche se lavorato e congelato nel Paese Y). L’UE potrebbe inoltre li-mitare le importazioni di specie che vengono catturate in concomitanza con la pesca del merluzzo.

È chiaro che un tale divieto potrebbe avere un impatto econo-

mico signifi cativo su alcune fi liere della pesca. Non dimentichiamo che l’UE dipende per il 60% dalle importazioni di pesce, e che alcune imprese di trasformazione lavorano principalmente con fornitori esterni. Il regolamento prevede quindi che le misure di mercato debbano es-sere adottate in modo consapevole, sulla base di uno studio d’impatto preliminare.

Non si intende pertanto mettere in pericolo le industrie europee, ma potrebbe essere necessario dare loro il tempo per rivolgersi ad altri forni-tori non problematici. Ci troviamo infatti nel quadro di una lotta con-tro lo sfruttamento eccessivo della risorsa. Le rotture di cooperazione e le azioni unilaterali comportano sempre la loro parte di danni, la pri-ma vittima dei quali è lo stock ittico.

Nella sua politica mirata al conse-guimento di una pesca sostenibile, la Commissione non aveva altra scelta che utilizzare il suo peso commerciale per incentivare gli Stati a mantene-re tutte le forme di cooperazione multilaterali e giungere ad accordi responsabili e sostenibili.

Fonte: PESCA E ACQUACOLTURA

IN EUROPA, n. 56/2012Direzione Generale degli Affari

Marittimi e della Pescadella Commissione europea

NotaA pag. 43 banco di pesci (foto: www.ambienteambienti.com).

Peschereccio in Norvegia (http://pescainnorvegia.blogspot.it).

Shared stocks, taking actionto maintain cooperation

With imports worth Euro 32 billion, the European Union ranks fi rst in the global fi sh trade. It is a major market that attracts exporters from every continent. This position gives it respon sibilities — which it assumes — in fi ghting illegal fi shing and more generally all forms of overexploitation of resources. Nonetheless, missing among the EU’s range of measures, are means to act against parties who refuse to cooperate or break off cooperation in managing international stocks. The European Commission proposes to remedy this shortcoming.

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Succede in PugliaL’estate del 2012 verrà ricordata non solo per la “canicola” del mese di agosto, ma soprattutto per le vicende (Ilva di Taranto) dell’inquinamento che da oltre un anno ha colpito gli allevatori di cozze che operano nel Tarantino. Centinaia di tonnellate di cozze allevate nel “primo seno del mar Piccolo” sono state distrutte perché inquinate oltre i limiti di legge da PCB e diossina. «E pensare — dicono gli allevatori — che, grazie all’acqua dolce che si mischia a quella salata, erano considerate le migliori

d’Italia». I consumatori sospettosi hanno rifi utato anche le cozze alleva-te in mare Grande, salubri secondo tutte le analisi effettuate dai servizi sanitari regionali e provinciali. È stato calcolato dagli esperti un danno per i miticoltori tarantini di oltre un milione e mezzo di euro. Chi li risarcirà ora?

La manta SamanthaUn segnale positivo giunge invece dal-la Liguria ed ha trovato ampio spazio sulla stampa e in televisione per la brillante operazione condotta dalla

biologa dell’Acquario di Genova, Laura Castellano, responsabile del settore Mediterraneo, che è riuscita a liberare dagli ami e dalle lenze una giovane manta che dal mese di giugno non ha mai abbandonato le coste della Liguria di Ponente fra Savona ed Albissola, dove è stata avvistata e soccorsa. Il suo nome esatto è “mo-dula” ma quella della Liguria è stata battezzata Samantha. La biologa ha potuto nuotare vicinissima all’ani-male e l’operazione di salvataggio è avvenuta in collaborazione con la Capitaneria di Porto di Savona

Allevatori di cozze del Tarantino (foto: http://salvatoreloleggio.blogspot.it).

Pescare nel rispetto del mareDall’inquinamento alle quote pesca, dai mancati risarcimenti del FEP

alla tracciabilità: uno sguardo ai nostri mari per capire le diffi coltà della pesca

di Gianni de’ Silva

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IL PESCE, 5/12 47E.D.E.MAR srl – Deposito e magazzino: Via G. Poli, 5 – Chioggia (VE)Tel. + 39 041 5510141 / Fax + 39 041 5507654 – E-mail: [email protected] / Web: www.edemar.it

E.D.E.MAR lavora e distribuisce prodotti freschi provenienti dalla otta di pescherecci di Chioggia, oltre a pescato nazionale, europeo (Croazia, Danimarca, Francia, Grecia, Inghilterra, Estonia, Malta, Norvegia, Olan-da, Portogallo, Scozia, Slovenia, Svezia, Spagna, Turchia) e di alcuni paesi del nord Africa (Guinea, Marocco, Senegal, Tunisia), che, grazie al trasporto aereo, arriva dalle diverse parti del mondo ancora vivo. In particolare siamo distributori del pregiato Salmone Scozzese fresco “Loch Duart”. L’af dabilità e la sicurezza del pesce scelto per i nostri clienti sono confortati da certi cati di sostenibilità e di rintracciabilità

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e di Genova. È bastato un semplice tronchese per tagliare i fi li che le impedivano di spiegare le ali in tutta la loro ampiezza per un’operazione che è durata circa mezz’ora. La manta è un esemplare giovane, con un’apertura alare di oltre 2 metri (quelle adulte superato i 4) ed è in-serita nelle specie a rischio, in modo da proteggere quelle che vivono nel Mediterraneo.

Il pesce nel MediterraneoUn altro problema è però affi orato nel corso dell’estate: secondo gli esperti il pesce italiano è diminuito nel Mediterraneo, facendo crescere i pericoli per i consumatori. «Se man-ca il nostro pescato, cosa arriverà sulle nostre tavole?», è la domanda che ci si pone oggi. Ci sono le fl otte straniere che assicurano i riforni-menti, ma purtroppo da noi il “fermo pesca” è durato un tempo record (43 giorni) e le marinerie slovene, croate e albanesi, che non sempre osservano i periodi di fermo biologico, hanno rifornito i nostri mercati.

Ora esiste l’obbligo dell’etichet-ta e sui banconi delle pescherie è possibile trovare le indicazioni obbligatorie sulla specie, le zone di cattura ed il prezzo di vendita, che nel cuore dell’estate è salito consi-derevolmente. Pescare nel rispetto del mare è un dovere di tutti e le tecniche hanno registrato progressi incredibili negli ultimi decenni: oc-corre però non “depredare” i mari italiani ed esteri.

Risarcimenti FEPNell’ultimo anno sono state man-date al macero 18.000 tonnellate di mitili, ma i risarcimenti FEP-Fondo Europeo per la Pesca non sono ancora arrivati (per la precisione i miticoltori dovrebbero ricevere 0,40 €/kg, ma fi nora nessun se-gnale è giunto dall’UE). In totale le cozze distrutte in due anni sono state 40.000 tonnellate ed alcuni pescatori sono emigrati all’estero (a Costanza, in Romania) ed hanno costituito una società di allevamento al 50% raggiungendo buoni risultati (200 tonnellate all’anno, ma entro il 2015 si dovrebbe arrivare a 1500).

La loro opinione è che il mercato internazionale sia ottimo, loro che per sopravvivere sono stati costretti ad “emigrare”.

Pesca sportiva in AdriaticoUltimo grido di allarme: in Adriatico, come in altre zone, vanno deserte le competizioni di pesca sportiva. I pesci tenuti all’ingrasso in gabbie in mare ostacolano le manifestazioni agonistiche: per lo sport non c’è più spazio. La Federazione Italiana per la Pesca Sportiva è stata avvisata ma non è facile trovare una soluzione. Urgono provvedimenti urgenti.

Gianni de’ Silva

La modula liberata in Liguria la scorsa estate. Con un’estensione alare di circa 2 metri, nuotava da tempo sotto costa tra Savona e Albisola tra bagnanti e pattini. Si tratta di un animale protetto ed è inserito nella red list della IUCN (foto di Laura Castellano, http://istitutotethys.blogspot.it).

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Dal 2009 l’ICCAT1 coordina un vasto programma di ricerca riguardante il tonno rosso dell’Atlantico. Noto ai ricercatori scientifi ci con la sigla “GBYP”, questo programma ha come scopo il conoscere meglio la specie in modo da poterla gestire in maniera più razionale e sostenibile. Infatti, il tonno rosso presenta anco-ra molte zone d’ombra, soprattutto in relazione alle rotte migratorie, al comportamento riproduttivo, ai vivai, alla realtà dell’esistenza di due stock atlantici (orientale e occiden-tale), ecc… Il principale sponsor del

Tonno rosso: collaborarecon i ricercatori scientifi ci

L’ICCAT lancia un appello ai pescatori, sia professionisti che sportivi,per realizzare un importante programma di ricerca. Obiettivo:

conoscere meglio una specie di punta, il tonno rosso dell’Atlantico

progetto GBYP è l’Unione Europea, ma esso riceve anche il sostegno fi nanziario di numerosi partner pri-vati (in particolare le industrie del tonno, le tonnare, ecc…) e pubblici (istituzioni scientifi che, gli Stati Uniti e altre parti contraenti dell’ICCAT). Il progetto comprende osservazioni aeree, il recupero e l’analisi di dati relativi alle catture, ricerche biologi-che e genetiche, lo sviluppo di nuovi metodi di valutazione e marcatura degli individui. È quest’ultimo punto del programma che qui ci interessa. Alla fi ne della stagione di pesca 2011,

il programma ha organizzato una prima serie di marcature convenzio-nali di tonni nel golfo di Biscaglia, nella zona dello stretto di Gibilterra e nel Mediterraneo. Sono stati così marcati circa 4.000 tonni.

Lo scopo di tale marcatura non è solo conoscere i movimenti degli esemplari marcati, ma anche defi nire taluni parametri come il tasso di mortalità naturale. Sono utilizzati diversi tipi di marcature: marcature convenzionali, fi ssate sul dorso del pesce, e marcature elettroniche. Esistono due tipi di marcature

La pesca di un tonno.

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elettroniche: quelle che si staccano automaticamente e trasmettono i dati via satellite e quelle inserite nella cavità gastrointestinale del pesce, che devono essere recuperate perché i dati sono memorizzati nella memoria interna.

Purtroppo questo recupero non è sempre facile. In linea di principio, quando il pesce viene catturato, le marcature devono essere restituite al promotore del programma di ricer-ca, in questo caso l’ICCAT, che ha sede a Madrid. Di solito, in questo tipo di ricerche, i pescatori sono collaborativi e disposti a rinviare le marcature che trovano. Tuttavia, non è sempre così per le ricerche riguardanti il tonno rosso.

Una campagnadi sensibilizzazione scientifi caPer il programma di ricerca attual-mente in corso, «la percentuale di restituzione è inferiore all’1% nel Mediterraneo e al 5% nella zona atlantica», spiega ANTONIO DI NATA-LE, coordinatore del programma in seno all’ICCAT. «I dati sono quindi di gran lunga insuffi cienti per trarre conclusioni scientifi che».

Una probabile spiegazione per tale percentuale di restituzione inferiore al normale, sia da parte dei pescatori professionisti che dei pescatori sportivi, è il contesto piuttosto teso e sorvegliato di tale settore di pesca.

L’ICCAT ha quindi deciso di adottare una serie di misure volte a migliorare tali percentuali di re-stituzione. In primo luogo, è stata lanciata una campagna di sensibi-lizzazione rivolta agli ambienti sia professionisti che ricreativi, per

incoraggiarli a cooperare. In secondo luogo, viene garantita la riservatez-za ai pescatori che restituiscono le marcature.

Infi ne, è stato aumentato l’im-porto del risarcimento che viene loro versato. Per le marcature con-venzionali, questo ammonta a 50 euro per ciascuna marcatura. Per le

marcature elettroniche, il premio è di 1.000 euro. Nella sua campagna, l’ICCAT invita quindi i pescatori a collaborare con i ricercatori scienti-fi ci. Lo scopo di questo programma è infatti quello di sfruttare al meglio questo stock di grande valore com-merciale e ambientale. In defi nitiva, dovrebbero benefi ciarne tutte le parti interessate in questo ambito della pesca (per informazioni: www.iccat.es/GBYP/en/index.htm).

Note1. La Commissione internazionale

per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT) è l’orga-nizzazione regionale di gestione della pesca che si occupa della pesca di tonni, pesci spada, agu-glie imperiali, squali e relative catture accessorie nell’Atlantico e nel Mediterraneo.

The International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas is an inter-governmental fi shery organization responsible for the conservation of tunas and tuna-like species in the Atlantic Ocean and its adjacent seas. ICCAT compiles fi shery statistics from its members and from all entities fi shing for these species in the Atlantic Ocean, coordinates research, including stock assessment, on behalf of its members, develops scientifi c-based management advice, provides a mechanism for Contracting Parties to agree on management measures, and produces relevant publications. Science underpins the management decisions made by ICCAT. Much of the information available on this site relates to scientifi c data, reports of scientifi c meetings and to scientifi c articles.

Per incoraggiare i pescatori a restituire le marcature rinvenute sui tonni rossi catturati, l’ICCAT ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in nove lingue, compresi l’arabo e il giapponese (foto: sportfi shingmag.com).

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Consumi

Nel 2011 il segmento dei prodotti ittici surgelati ha mostrato, nel canale delle vendite al dettaglio, andamenti differenti nei diversi comparti, fa cendo registrare, in ogni caso, ri sultati sostanzialmente positivi. La migliore prestazione è stata realizzata dal comparto del pesce intero naturale, cresciuto lo scorso anno del 5,9% rispetto al 2010; l’attuale contingenza di con-tenimento della spesa in generale, nonché di quella alimentare in par-ticolare, ha naturalmente favorito scelte in tal senso. La praticità del pesce sfi lettato e pronto all’uso, la percezione positiva di naturalità e la possibilità di personalizzazione in cucina sono indubbiamente i princi-pali vantaggi del pescato al naturale, che può godere anche del beneplacito dei nutrizionisti, i quali consigliano un consumo almeno bisettimanale di pesce e privilegiano ricette semplici con un ampio profi lo di genuinità e benessere.

Ma determinate categorie di con-sumatori (soprattutto quelli delle grandi aree metropolitane) conser-vano una tendenza ad esplorare con convinzione le aree dell’innovazione, in particolare per quanto riguarda panati e pastellati (cresciuti lo scorso anno dell’1,6% rispetto al 2010), che possono essere preparati sia fritti che in forno.

Questo progresso è da ricon-durre in particolare — a fronte delle attuali contingenze economi-che — alla necessità da parte dei consumatori di toccare con mano il valore del prodotto che acquistano ed apprezzarne contestualmente le caratteristiche di praticità (prodotti

pronti al consumo, senza necessità di operazioni preliminari quali l’e viscerazione, la spellatura, la spinatura, ecc…).

Inoltre, nell’ultimo periodo i principali produttori hanno lavo-rato molto sulla bontà e sugli aspetti nutrizionali sviluppando panature che garantiscono un’ottima croc-cantezza al forno senza aggiunta di oli da frittura.

A tal proposito sarà bene ricorda-re il risultato estremamente positivo fatto registrare dal segmento dei bastoncini propriamente detti, che sono diventati il primo segmento per numero di famiglie acquirenti.

I prodotti ricettati a base di pesce, da sempre una costante sulla tavola degli Italiani, hanno mostrato una certa sofferenza per gli stessi motivi

più sopra evidenziati: determinate referenze, proprio per le loro carat-teristiche di ricettazione, possono apparire lievemente sbilanciate nel rapporto quantità/prezzo; in un momento di notevole attenzione a ciò che si porta in tavola, anche dal punto di vista del volume del piatto, un certo rallentamento di richiesta su questo versante appare quasi fi siolo-gico. In ogni caso, sebbene il prezzo al consumo sia superiore a quello dei fi letti al naturale o dei tranci, i ricettati a base pesce rappresentano una valida soluzione soprattutto per i target crescenti dei single e delle famiglie giovani, entrambi con minor cultura alimentare e poco tempo da dedicare alla cucina.

Il 2011 si sarebbe potuto chiudere con risultati maggiormente positivi;

Buona crescita del mercato nazionale nel 2011

Il successo dei prodottiittici surgelati

di Roberto Villa

I consumi pro capite di surgelati in Italia si attestano intorno ai 15 kg, a fronte di un consumo medio europeo di circa 23 kg.

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tra i motivi che hanno rallentato la crescita del settore vi è, ad esempio, un fatto oggettivo e praticamente non modifi cabile: nei supermerca-ti, i banchi del pesce fresco e del decongelato sono ubicati all’inizio del percorso d’acquisto, mentre l’incontro con l’ittico surgelato av-viene solo alla fi ne: ciò è inevitabile. Oltre a ciò, va considerato il ridotto potere di acquisto del consumatore, che, unito alla necessità di portare il prodotto ittico in tavola, ha orientato le sue scelte sul fresco a basso costo e sul decongelato.

Per stimolare maggiormente l’acquirente al consumo dell’ittico surgelato, è necessario evidenziarne i parametri qualitativi: esso viene pescato lontano dalle coste, in mari profondi e puliti; subito dopo la pesca, il prodotto è sottoposto a un trattamento di freddo profondo, sin dalle prime fasi di lavorazione. In più vi sono la mancanza di scarti, la praticità di un alimento già pronto per essere cucinato e la confezione, che di per sé garantisce l’assenza di contaminazioni dall’esterno. Il rigoroso rispetto della catena del freddo fa il resto.

Infi ne la confezione che, oltre a riportare il marchio dell’azienda, co-munica le caratteristiche, le valenze nutrizionali del prodotto contenuto, eventuali modalità di preparazione e la data di scadenza.

Gli alimenti surgelatiagli occhi degli italianiI consumi pro capite di surgelati in Italia si attestano intorno ai 15 kg, a fronte di un consumo medio euro-peo di circa 23 kg: tale dato indica l’esistenza di un discreto potenziale di crescita per il settore in ambito nazionale. Nel 2011 il settore dei surgelati ha sostanzialmente man-tenuto le posizioni; questo impor-tante segmento dell’alimentare ha, infatti, archiviato l’anno con una sostanziale parità a volume a livello di vendita al dettaglio (+1,0% nel settore catering).

Gli alimenti sotto zero piacciono al 67% degli Italiani e spopolano addirittura tra i giovani, dove l’86% li consuma abitualmente, apprezzan-done praticità e varietà. Ma il frozen

food, che mostra le percentuali di gradimento più elevate al Nord (32% nel Nord-Ovest), piace molto anche ai single, che lo utilizzano in misura maggiore della media per entrambi i pasti principali (44%).

L’apprezzamento mostrato dai consumatori italiani esemplifica alcune tendenze ormai consolidate: su tutti l’assoluta conoscenza dei vantaggi qualitativi e di servizio che tendono ad associarsi ad un ottimo percepito in termini di rapporto qualità/prezzo.

Si tratta di tendenze strettamente correlate, che evidenziano il gradi-mento del consumatore per una serie di tecnologie sempre più d’avanguar-dia, in grado di preservare e rendere immediatamen te disponibili gusti, fragranze e proprietà nutrizionali prossimi al prodotto fresco.

I prodotti surgelati si ritagliano oggi uno spazio sempre più deciso sulle tavole dei nostri connazionali: i dati GFK-EURISKO certifi cano che nel 2011 ben 24 milioni di famiglie hanno acquistato almeno un prodotto al banco freezer.

L’evoluzione del comparto si ac-compagna alla volontà delle aziende più rappresentative di puntare sul miglioramento continuo della qualità delle materie prime e sulla presen-tazione di nuove offerte a più alto, o diverso, contenuto nutrizionale.

Una ricerca, commissionata dall’Istituto Italiano Alimenti Sur-gelati (IIAS) all’Istituto Astarea, ha mostrato che la presenza dei surgelati sulle nostre tavole appare pressoché totale (92%) e trasversale, con le dovute distinzioni in relazione alla composizione della famiglia e alle variabili anagrafi che e culturali. Nelle famiglie con fi gli piccoli è molto più alto il consumo di alimenti grati-fi canti come pizze e snack, paste se-milavorate, ma anche vegetali e carne bianca. Al contrario i meno giovani — per necessità o scelte salutistiche — fanno minor ricorso a patate frit-te, pizze e snack, hamburger, carne impanata e optano per pesce e ver-dure, mentre le donne risultano forti utilizzatrici di vegetali semplici.

L’incremento del consumo dei surgelati negli ultimi cinque anni riguarda soprattutto le categorie oggi più valorizzate dai nutrizionisti italiani e dai media per il loro aspetto salutistico come i vegetali e i prodotti ittici, con una forte propensione all’acquisto di referenze innovative oggi ancora non molto diffuse (pro-dotti pronti con ricette originali, solo da rinvenire nel forno a microonde), il che è indice della crescente fami-liarità verso la categoria e un forte interesse a sperimentare nuovi gusti.

Gli alimenti surgelati guadagna-no un riconoscimento molto positi vo

Nelle famiglie con fi gli piccoli è molto più alto il consumo di alimenti gra-tifi canti come pizze e snack, paste semilavorate o prodotti ittici pastellati. Esemplare il caso dei famosi “bastoncini” di pesce.

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presso gli Italiani: il voto medio sui diversi elementi di valutazione è sen-sibilmente alto, sempre o quasi sopra il 3 di media (su scala massima 4). Ad essi si riconoscono un valore funzionale, la praticità, il servizio, e un valore più culturale, la sicurezza (intesa come igiene e controllo).

Se pure con un consenso meno esteso ma comunque rilevante, al surgelato viene riconosciuto un altro vantaggio tipico degli stili di vita contemporanei: la riduzione degli sprechi di prodotto. Seguono due componenti di carattere più ga-stronomico: la gustosità e la varietà. Al medesimo livello di consenso si riconosce la capacità informativa comunicata dalle confezioni.

La ricerca ha inoltre analiz-zato il rapporto tra gli Italiani e l’alimentazione in generale. Agli intervistati sono state sottoposte 15 specifi che domande attinenti alle tendenze alimentari, le quali hanno consentito di dividere la popolazione in quattro diversi segmenti, di cui sono state analizzate le risposte ri-guardo al consumo e le opinioni nei confronti degli alimenti surgelati; in tal modo sono state così evidenziate le attitudini rispetto agli alimenti surgelati, in relazione ai diversi stili alimentari.

I pragmatici risparmiosi (31,3% della popolazione) vivono l’alimen-tazione in chiave più nutrizionale che gastronomica. Persone di età media, risiedono in ampia misura nei capoluoghi e nei grandi centri urbani. Rappresentano la tipica fa-miglia italiana media. Molto orientati al risparmio negli acquisti, amano i prodotti pronti all’uso, non di-sde gnano la buona cucina e usano molto internet per le informazioni sull’alimentazione.

Dichiarano un’al tissi ma frequen-za di consumo dei surgelati, privi-legiando i vegetali, le patate fritte, gli hamburger; fanno registrare un tasso di incremento del consumo dei surgelati negli ultimi cinque anni particolarmente rilevante.

I frugalisti smart (24,5%), di gusti essenziali e qualifi cati, sono i veri militanti dell’alimentazione “sostenibile” e risultano poco inclini alle componenti ludiche della gastro-

diete e controllo nutrizionale. Leg-germente sotto media nel consumo dei surgelati, soprattutto del pesce e di prodotti da “cucina” come la pasta sfoglia, dimostrano anche un trend di consumo inferiore agli altri, così come una minore valorizzazione culturale dei surgelati.

I gourmand contemporanei (21,3%) amano molto la gastrono-mia, anche a dispetto delle istan-ze salutiste. Soprattutto giovani e adulti dai 25 ai 44 anni, adorano cucinare personalmente, sono aperti alla sperimentazione di nuovi pro-dotti e ricette, fortemente orientati alla ricercatezza e alla qualità dei prodotti. Quanto ai surgelati, evitano accuratamente i prodotti fast food tipo pizze e patate fritte, ma anche quelli preparati. Esprimono un tasso di incremento del consumo più basso degli altri ed anche un atteggiamento culturale un po’ meno favorevole alla categoria nel suo complesso, così come all’offerta dei surgelati nelle mense.

Roberto Villa

nomia. Maggiore la rappresentanza delle donne rispetto agli uomini, degli adulti rispetto ai più giovani, ma in pari misura sia laureati sia di scola-rizzazione medio-bassa. Esprimono una forte cultura ambientalista e del biologico, una predilezione per i negozi di quartiere, una forte valoriz-zazione delle marche “trasparenti” e un deciso orientamento verso le diete salutiste e vegetariane.

Anch’essi si rivelano buoni consumatori di prodotti surgelati, se pure con un atteggiamento più selettivo dei pragmatici risparmiosi: non amano patate fritte e hambur-ger, di conseguenza incrementano il consumo di vegetali surgelati.

I basici disimpegnati (22,9%), buone forchette senza troppe pre-tese, con gusti alimentari poco sofisticati, vengono guidati nelle scelte soprattutto da istanze di sem-plifi cazione. Più uomini che donne, più giovani che adulti, prediligono i piatti pronti e cercano di rispar-miare il più possibile, con un forte interesse al cibo anche a scapito di

Al prodotto surgelato viene riconosciuto un vantaggio tipico degli stili di vita contemporanei ovvero la riduzione degli sprechi di prodotto.

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56 IL PESCE, 5/12

Commercializzazione

Gli addetti ai lavori che hanno rap-porti commerciali con la Grande Distribuzione Organizzata conosco-no bene l’esigenza di quest’ultima di ottenere garanzie sui prodotti venduti a marchio. Le private label stanno infatti registrando continui incrementi in valore e in volumi e la stessa GDO si qualifi ca sempre di più come un’azienda di marca. I principali nomi della distribuzione alimentare si vedono quindi costretti a tutelarsi, poiché mettono nome e “faccia” su cibi realizzati da altri. Per questa ragione la GDO spinge i propri fornitori verso standard di si-curezza alimentare che garantiscano la rispondenza a requisiti specifi ci, oltre che alle norme cogenti.

Tra le certificazioni maggior-mente richieste dalla GDO, che si possono applicare a tutte le imprese che lavorano e trasformano prodotti alimentari, vi sono la British Retail Consortium (BRC) e l’International Food Standard (IFS). Quest’ultima, con prima edizione nel 2000, ha mostrato subito incrementi annuali a due cifre nel numero di concessio-ni e nel 2009 vantava quasi 15.000 siti certifi cati nel mondo, con una presenza in particolare in Gran Bretagna, Italia, Olanda, Stati Uni-ti, Spagna e Cina e in tutti i settori alimentari.

Alcuni retailer che oggi sup-portano BRC e IFS sono Auchan, Coop, Metro, Carrefour, Tesco,

di accedere a nuovi mercati. L’elenco dei vantaggi è lungo e comprende la diminuzione delle ispezioni da parte dei clienti, una più elevata sicurezza alimentare, una maggiore economicità dei tempi di lavoro e la riduzione dei costi di produzione con l’ottimizzazione dei processi.

Questi standard possono inoltre contribuire al miglioramento dei rapporti tra la direzione e lo staff, ma soprattutto potenziano l’immagine

Spar e Sainsbury’s, solo per fare alcuni nomi.

BRC e IFS sono diventate un requisito essenziale per la fornitura di alcuni nomi della DO e della GDO, in più garantiscono all’azienda un processo di miglioramento continuo nella propria gestione interna che le rende ancora più interessanti.

Oltre a questo, sono strumenti di trasparenza nei confronti dei clienti e offrono la possibilità reale

Banco del pesce da Sainsbury’s. BRC e IFS sono diventate un requisito essenzia-le per la fornitura di alcuni nomi della DO e della GDO. Questi standard, inol-tre, sono un ottimo biglietto da visita nei confronti del mercato internazionale.

Novità in arrivo dalla sestaversione di BRC e IFS

BRC e IFS sono tra le principali certifi cazioni richieste dalla GDO. Numerosiretailer le richiedono a garanzia del prodotto proposto in private label.Ma queste certifi cazioni, oltre ad essere una forma di tutela per la GDO,

rappresentano un vantaggio commerciale e gestionale per chi le ottiene

di Sebastiano Corona

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IL PESCE, 5/12

Novità BRC e IFS

Tra le maggiori novità introdotte dalla sesta versione dello standard BRC si rilevano:

• una maggiore enfasi sulle buone pratiche di fabbricazione, soprattutto in riferimento a igiene, pulizia e allergeni;

• l’introduzione di un nuovo schema di audit con la possibilità di dedicare molto più tempo all’ispezione delle operazioni di lavoro anche intervistando direttamente il personale;

• la regola secondo la quale i prodotti e i processi realizzati all’interno del sito ispezionato non possono più essere esclusi dalla certifi cazione;

• la revisione e la semplifi cazione di alcuni requisiti per migliorarne l’uniformità di valutazione e ottenere maggiore chiarezza dello standard;

• l’aggiunta di requisiti su nuovi argomenti come allergeni e corpi estranei; • la possibilità di audit non annunciato con conseguente livello di

certifi cazione più elevato.

Tra le maggiori novità della sesta versione dello standard IFS si ricordano, invece:

• un nuovo sistema di punteggio per identifi care le aziende che hanno raggiunto migliori risultati;

• regole più precise per determinare la durata di audit (impiego di uno strumento pragmatico di calcolo che fornirà la durata minima di audit degli enti di certifi cazione);

• l’approvazione degli auditor per prodotto e scopi tecnologici, al fi ne di migliorare le esperienze degli auditor soprattutto sui prodotti e sui processi;

• l’inclusione di maggiori requisiti di qualità (es. analisi nutrizionali, più requisiti sul controllo peso, più requisiti sulla qualità/quantità di informazioni ritrovabili sull’etichettatura, ecc…);

• lo sviluppo di linee guida esecutive basate sull’analisi dei rischio e tenendo conto della legislazione di ogni Paese di destinazione dell’alimento per ciò che concerne il food defence.

aziendale e sono un ottimo biglietto da visita nei confronti del mercato internazionale.

Sia la BRC sia la IFS sono state soggette negli anni a diverse revi-sioni. Si è giunti oggi alla sesta ver sione, sviluppata con pieno e attivo coinvolgimento degli enti di certifi cazione, dei distributori, delle industrie della trasformazione e dei fornitori di servizi alimentari di tutto il mondo e sono entrambe di recentissima applicazione, dal primo gennaio 2012 per la BRC e dal primo luglio per la IFS. Negli anni sono state eliminate ripetizioni di requisiti e allo

stesso tempo ne sono stati introdotti di nuovi e imprescindibili.

Si è dato un peso sempre mag-giore alle disposizioni in materia di allergeni, così come agli OGM, al packaging e alla gestione dei richiami del prodotto.

Oggi, anche a seguito dei cam-biamenti citati, i due standard si al-lineano tra di loro per innumerevoli aspetti e questo facilita la possibilità di audit congiunti e di acquisire così entrambe le certifi cazioni, abbat-tendo in maniera signifi cativa i costi delle consulenze.

Sebastiano Corona

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58 IL PESCE, 5/12

La legislazione in materia di infor-mazione dei consumatori è un ambito che subisce trasformazioni molto rapidamente, tenendo conto dei pro-gressi tecnologici e della scienza, ma anche in funzione delle aspettative o delle esigenze dei consumatori stessi. Per rispondervi e promuovere lo sviluppo dei migliori comportamenti possibili, le norme in questo campo

Etichettatura: sempre meglio informare i consumatori

Nel quadro della riforma della Politica Comune della Pescala Commissione ha proposto al Parlamento europeo e agli Stati Membri numerosi miglioramenti per rispondere alla duplice sfi da di soddisfare

sia le esigenze del consumatore che del produttore

si evolvono ad un ritmo costante. Nell’ottobre del 2011 è stato adottato nell’Unione Europea un nuovo Re-golamento relativo all’etichettatura degli alimenti1. Tale regolamento stabilisce le disposizioni riguardanti numerosi ambiti: le informazioni nutrizionali, gli allergeni, il forma-to delle informazioni, l’origine dei prodotti, quelli decongelati, quelli

venduti sfusi, ecc… Tuttavia, queste disposizioni generali non si adattano sempre nel modo più appropriato alle particolarità dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Non esiste, infatti, nessun altro settore di produzione alimentare che trae una parte così consistente delle sue risorse dall’ambiente naturale e in cui l’origine geografi ca dei prodotti si

Attualmente, gli obblighi di etichettatura di pesci, molluschi e crostacei riguardano solo i prodotti freschi e con-gelati. La volontà della Commissione è di istituire una base comune obbligatoria per tutti gli alimenti contenenti prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

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estende a una buona metà del globo terrestre. La Commissione europea ha quindi voluto approfi ttare della riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) per applicare queste particolarità a nuove norme di eti-chettatura.

Si è parlato molto della riforma, per i cambiamenti che porterà nella gestione delle attività di pesca. Ma occorre sapere che la Commissione ha anche proposto nuove dispo-sizioni relative all’organizzazione comune dei mercati (OCM).

È in questo contesto che sono state proposte nuove norme sull’informa-zione ai consumatori sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura, sia in termini di etichettatura obbligatoria sia di dichiarazioni volontarie.

L’etichettatura obbligatoria:più precisa e comprensibileAttualmente, gli obblighi di etichet-tatura di pesci, molluschi e crostacei riguardano solo i prodotti freschi e congelati e richiedono i seguenti elementi: nome commerciale, tipo di produzione (acquacoltura o pesca) e provenienza geografi ca. Tali obblighi sono mantenuti, ma dovrebbero riguardare in futuro tutti i prodotti della pesca e dell’-acquacoltura, a prescindere dalla loro presentazione, includendo

Impianto di maricoltura. Questa forma di allevamento è praticata so-prattutto in zone riparate vicino alla costa, ma dovrebbe essere possibile allontanarsene utilizzando tecniche più sofi sticate.

quindi anche i prodotti in scatola e trasformati. La volontà della Commissione è di istituire una base comune obbligatoria per tutti gli alimenti contenenti prodotti della pesca e dell’acquacoltura.

In termini di indicazioni geo-grafi che, la menzione obbligatoria resterebbe invariata rispetto alle norme vigenti: il Paese di produzione per i prodotti dell’acquacoltura e la zona FAO per i prodotti della pesca, ossia per questi ultimi grandi aree geografi che, per esempio, Atlantico Nord-orientale o Mediterraneo.

Tuttavia, se lo desiderano, gli operatori o i distributori possono essere più precisi circa l’origine dei loro prodotti, ma con la dovuta at-tenzione all’uso di indicazioni di pro-venienza con cui i consumatori sono generalmente familiari. Ciò potrebbe anche presentare benefici com-merciali associati alla prossimità.

Per evitare le derive di fantasia in materia, la Commissione propone che queste indicazioni geografi che più precise utilizzino la nomenclatu-ra defi nita dalla FAO, per esempio: Canale della Manica, Mare del Nord, Mar Baltico, Mediterraneo, Mare d’Irlanda, Golfo di Biscaglia.

Questa è la base comune. Altre disposizioni obbligatorie si appli-cheranno solo ai prodotti freschi o

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60 IL PESCE, 5/12

Sviluppi dell’etichettatura elettronica

L’etichettatura elettronica è una tendenza attualmente in pieno sviluppo, che può applicarsi in special modo ai prodotti della pesca in Europa in quanto recenti decisioni in materia di controllo impongono la tracciabilità dalla nave (o dall’azienda) al piatto. Questa tecnica di informazione volontaria al consumatore è inoltre strettamente collegata agli sviluppi delle tecnologie dell’informazione. Essa parte dall’idea che ogni pesce, mollusco o crostaceo ha una storia interessante da raccontare sulla sua origine, la sua biologia, la cattura, la conservazione, il percorso e così via, ma questa storia è troppo lunga per stare su un’etichetta. Per contro, può essere raccontata su Internet, senza limiti di spazio o di dettagli. Un produttore può invitare direttamente il consumatore che ha acquistato il suo pesce a inserire un codice o a eseguire la scansione del codice a barre con lo smartphone e scoprire dove è stato catturato, come, da chi, quando, in quali circostanze, ecc… L’etichettatura elettronica è un modo originale e interessante per mettere i dati di tracciabilità a disposizione del consumatore. Questa prassi di trasparenza si inserisce inoltre nelle nuove tendenze in materia di consumo, e non solo dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura: sapere che cosa si acquista e cosa è successo in tutte le fasi precedenti il consumo.

ai prodotti che sono stati, per esem-pio, congelati o affumicati. Per questi prodotti, la Commissione propone che l’etichetta indichi in più la data di cattura per le specie selvatiche o la data di raccolta per i prodotti dell’acquacoltura. Questo permet-terà di distinguere i prodotti molto freschi. Oggi un prodotto può essere venduto come fresco anche se è stato decongelato. La Commissione inten-de garantire che il consumatore ne sia pienamente informato, in modo che possa fare una scelta consapevole, of-frendogli la possibilità di privilegiare il pesce fresco di provenienza locale.

Dichiarazioni supplementari: facoltative, ma rigoroseIn termini di informazioni volonta-rie, la Commissione ricorda il princi-pio valido per l’etichettatura di tutti gli alimenti: qualsiasi informazione fornita al consumatore deve essere comprovata, verifi cabile e control-labile. Per i prodotti della pesca, queste dichiarazioni sono sempre più diffuse, soprattutto nell’ambito della certifi cazione “pesca sostenibile”, ma anche per quanto riguarda le tecniche, le pratiche o le condizioni sociali di produzione.

Riconoscendo la necessità di evi-tare una “sovra-regolamentazione”, ma desiderosa di poter adottare le

misure necessarie entro un termine ragionevole, la Commissione rac-comanda che le sia data facoltà, se del caso, di fi ssare criteri minimi da rispettare. Questo approccio mira a garantire che le indicazioni fornite siano accurate, trasparenti e non di-scriminatorie, e consentano ai consu-matori di fare scelte più consapevoli.

Ad esempio, per l’etichettatura di “pesca sostenibile”, l’Unione europea non creerebbe un sistema di etichettatura proprio, ma, se necessario, e sapendo che le linee guida della FAO sono il riferimento per il marchio di qualità ecologica, potrebbe fi ssare criteri al di sotto dei quali gli operatori non potreb-bero dichiarare che il pesce è stato pescato in modo sostenibile. Questo sistema avrà il pregio di garantire una maggiore certezza giuridica, ma anche di essere operativo.

L’obiettivo è quello di evitare le truffe sulla merce. Considerato che i prodotti certificati “pesca sostenibile” attirano le simpatie dei consumatori e si assicurano in tal modo il successo sul mercato, è tanto più necessario che questo successo sia meritato e verifi cabile.

Fonte: PESCA E ACQUACOLTURA

IN EUROPA, n. 56/2012Direzione Generale degli Affari

Marittimi e della Pescadella Commissione europea

Nota1. Regolamento (UE) n. 1169/2011

relativo alla fornitura di in-formazioni sugli alimenti ai consumatori.

Disposizioni obbligatorie si applicheranno solo ai prodotti freschi o ai prodotti che sono stati, per esempio, congelati o affumicati. Per questi prodotti, la Commissione propone che l’etichetta indichi la data di cattura per le specie selvatiche o la data di raccolta per i prodotti dell’acquacoltura. Questo permetterà di distinguere i prodotti molto freschi.

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62 IL PESCE, 5/12

IntroduzioneNegli ultimi anni si sono stabilite nel Mar Mediterraneo molte specie animali e vegetali di origine tropi-cale e atlantica. Questo fenomeno è riportato nell’articolo 8 della “Con-venzione Mondiale di Rio de Janeiro sull’Ambiente e la Biodiversità” e rientra a pieno titolo nelle forme di inquinamento biologico (CERRANO et al., 1999). L’insediamento e la riproduzione di queste specie alloc-tone sono anche una conseguenza dei fenomeni di riscaldamento del pianeta (global warming) e già da qualche tempo si parla di “tropica-lizzazione” o “me ridionalizzazione” del Mar Mediterraneo.

Sono oltre 300 le specie alloctone marine nel Mediterraneo: alcune provengono dall’area indo-pacifi ca e penetrano nelle acque mediterranee attraverso il Canale di Suez mentre altre, di origine atlantica, attraversa-no lo Stretto di Gibilterra (MANZONI e TEPEDINO, 2008). Le specie alloctone provenienti da aree tropicali o sub-tropicali, spes so dominanti e in grado di sop piantare le specie autoctone pre esistenti nell’area mediterranea, possono competere per la conquista del cibo e del territorio alterando gli equilibri naturali con una conse-

guente riduzione della biodiversità (CERRANO et al., 1999). Le specie alloctone provenienti dal Mar Rosso sono una cinquantina: di queste una quarantina è aumentata in termini di biomassa (quantità di pesci per ogni singola specie) e dieci sono diventate d’interesse commerciale. Dal Mar Rosso sono arrivate due nuove specie di triglia tropicale (Upeneus moluc-censis e Upeneus asymmetricus) che si sono stabilizzate nel Mar Libico, la cernia indo-pacifi ca (Epinephe-lus malabaricus) e il barracuda indopacifi co (Sphyraena obtusata e Sphyraena fl avicauda).

Inoltre, sempre negli ultimi anni, si è verifi cata attraverso lo stretto di Gibilterra anche una massiccia immigrazione nel Mediterraneo di specie tropicali (circa trenta) prove-nienti dalle coste africane dell’Oce-ano Atlantico (MANZONI e TEPEDINO, 2008). Sono frequenti le catture di pesci tropicali come il pesce istrice (Diodon hystrix), il pesce luna (Mola mola), il pesce palla (Sphoeroides cu-taneus), il capolepre (Lagocephalus lagocephalus), la ricciola fasciata (Seriola fasciata) e la ricciola limone (Seriola rivoliana).

Oltre all’immigrazione delle specie alloctone tropicali, stiamo

assistendo anche ad un vero e proprio fenomeno riguardante il cambiamen-to nella distribuzione della fauna ittica, riconducibile, probabilmente, alle mutazioni climatiche (CERRANO et al., 1999). È quello che va sotto il no me di meridionalizzazio ne dei ma ri settentrionali, e per questo nel Mar Mediterraneo si sta verifi cando una forte espansione delle specie ittiche tipiche del bacino meridionale (coste nordafricane) che stanno spo-stando verso nord il proprio areale distributivo. Il calamaro diamante (Thysanoteuthis rhombus, TRO-SCHEL, 1857), unica specie apparte-nente al genere Thysanoteuthis e alla famiglia Thysanoteuthidae (MANZO-NI, 2010), non è più considerata una specie alloctona del Mediterraneo: si tratta di un abitante epipelagico delle calde acque tropicali e subtropicali degli oceani del mondo, presente nel bacino orientale del Mar Mediter-raneo e nel Mar Adriatico, seppur molto raro (MANZONI, 2010).

La prima segnalazione della pre-senza di calamaro diamante nel Mar Mediterraneo è stata eseguita da TRO-SCHEL nel 1857 nello Stretto di Mes-sina. In seguito sono state segnalate altre catture di esemplari adulti nelle stesse acque (JEREB e RAGONESE, 1994;

Segnalazione della presenzadel calamaro diamante

(Thysanoteuthis rhombus)nella costa nord-occidentale

della SardegnaRilievi morfometrici e problematiche relative alla sua commercializzazione

di Domenico Meloni, Francesca Piras, Sonia Lamon,Simonetta Gianna Consolati, Anna Mureddu e Rina Mazzette

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IL PESCE, 5/12 63

GIORDANO et al., 1998). La presenza di esemplari adulti è stata segnalata sporadicamente nei pressi dell’isola di Minorca (MORALES, 1980), nel Mar Egeo (VARDALA-THEODOROU et al., 1991), al largo delle coste della Tunisia (EZZEDDINE-NAJAI, 1996) e, recentemente, nella parte orientale del nord Adriatico (MARČIĆ et al., 2008). La presenza di masse di uova planctoniche (GUERRA et al., 2002) ed esemplari giovani (ISSEL, 1920; BERDAR e CAVALLARO, 1975; SALMAN et al., 2003) è stata ripetutamente segnalata nel Mar Mediterraneo. Le popolazioni più abbondanti di cala-maro diamante sono state segnalate nelle acque del Giappone (NISHIMURA, 1966), dove si trovano le principali zone di pesca ed ha un notevole inte-resse economico (MANZONI): ogni anno ne vengono catturate in media circa 4.900 t (BOWER e MIYAHARA, 2005).

Nei mercati ittici europei questa specie è presente sporadicamente, commercializzata fresca o congelata (MANZONI, 2010). Attualmente il ca-lamaro diamante (Thysanoteuthis

rhombus) non è incluso nella lista uf-fi ciale delle specie ittiche di interesse commerciale elaborato dal Ministero italiano delle Politiche Agricole e Forestali (DM 31-01-2008 e s.m.i.) e questo aspetto pone alcune diffi coltà di interpretazione in relazione ad una sua eventuale commerciabilità nei mercati ittici del nostro paese.

In un precedente studio (MAGGIA-NI, 1995) è stata descritta la segnala-zione di due esemplari di calamaro diamante nella costa sud-orientale della Sardegna. La presente nota ri-porta la segnalazione di questa specie nel settore nord-occidentale del Mar Mediterraneo, nelle acque della Sar-degna, e intende fornire un contribu-to pratico alla conoscenza riguardo all’areale distributivo del calamaro diamante e al superamento delle diffi coltà interpretative legate ad una sua eventuale commerciabilità.

Materiali e metodiUn esemplare maschio adulto di calamaro diamante (Thysanoteuthis rhombus, TROSCHEL, 1857) è stato ri-

trovato sulla principale spiaggia della città di Bosa, costa nord-occidentale della Sardegna (40°18'N/8°30'E) nel giugno 2012. Il cefalopode è stato portato presso una locale rivendita di prodotti della pesca, dove è stato eseguito il riconoscimento e si sono registrate le caratteristiche morfo-metriche. La specie è stata identifi -cata mediante le chiavi di identifi ca-zione tassonomica della FAO relative ai cefalopodi (FAO, 1984) e secondo quanto descritto da MANZONI (2010).

RisultatiI caratteri distintivi dell’esemplare ritrovato sulla costa nord-occidenta-le della Sardegna erano rappresen-tati da un corpo spesso dalla forma marcatamente rastremata nella par-te posteriore, dal colore del mantello bruno-rossastro, dalla presenza di pinne laterali romboidali estese per tutta l’intera lunghezza del mantello e da braccia relativamente brevi con una membrana protettiva molto ben sviluppata. L’esemplare presentava una lunghezza totale di 1.240 mm,

L’esemplare di Thysanoteuthis rhombus in esposizione sul banco di una rivendita di prodotti della pesca: il cartello riporta correttamente che il prodotto non è in vendita.

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64 IL PESCE, 5/12

mentre il mantello presentava una lunghezza totale di 650 mm.

Il calamaro diamante può rag-giungere un peso di circa 20 kg (FAO, 1984): l’esemplare ritrovato sulla costa nord-occidentale della Sardegna presentava un peso di circa 15 kg. Il sesso dell’esemplare è stato determinato attraverso l’esame delle gonadi nella cavità del mantello. I testicoli presentavano una forma ovale allungata, suggerendo che con buona probabilità, l’esemplare si presentava sessualmente maturo.

DiscussioneQuesta è la prima segnalazione della presenza del calamaro diamante (Thysanoteuthis rhombus) nella costa nord-occidentale della Sar-degna. Recentemente MARČIĆ et al. (2008) hanno descritto la presenza di un singolo esemplare maschio di Thysanoteuthis rhombus nella parte orientale del nord Adriatico, a 15 metri al largo dell’isola di Otocic Dolfi n (44°41'N/14°41'E, Croazia), in un settore molto più a nord del Mar Mediterraneo. La presente nota conferma che questa specie sta ampliando verso nord-ovest il proprio areale distributivo, come peraltro evidenziato da altri autori in precedenti studi (MORALES, 1980). Nel corso degli ultimi dieci anni il numero di specie ittiche “termofi -le” catturate nei settori centrale e settentrionale del Mediterraneo è in costante aumento con la conseguenza che diverse specie, piuttosto rare o molto rare fi no ad ora, sono ora più abbondanti, mentre altre sono di nuova e più recente segnalazione.

La segnalazione della presenza del calamaro diamante nel settore nord-occidentale del Mar Medi-terraneo potrebbe essere messa in relazione con il fatto che Thysano-teuthis rhombus è un nuotatore re-lativamente lento (NISHIMURA, 1966) e il campione ritrovato sulle spiagge della città di Bosa (40°18'N/8°30'E, Sardegna nord occidentale, provin-cia di Oristano) potrebbe essere stato introdotto nel Mar Mediterraneo dalle correnti durante l’ingresso delle acque del Mar Rosso attraverso il canale di Suez. In considerazione del fatto che i riscontri della specie

nel Mar Mediterraneo sono sempre più frequenti, una sua eventuale presenza nei mercati ittici italiani, al pari di quanto accade, seppur sporadicamente, in altri paesi eu-ropei, non si può escludere a priori nel breve-medio periodo.

Sebbene il calamaro diamante (Thysanoteuthis rhombus) non sia incluso nella lista uffi ciale delle spe-cie ittiche d’interesse commerciale (DM 31-01-2008 e s.m.i.), le diffi coltà di interpretazione in relazione ad una sua eventuale commerciabilità potrebbero essere superate, come già avviene ad esempio nella regione Ve-neto: uno specifi co gruppo di lavoro coordinato dal Servizio Regionale di Sanità Animale e Igiene Alimentare redige, su base quadrimestrale, un elenco provvisorio dei nomi in italiano e latino di specie ittiche di interesse commerciale commercializ-zate a livello regionale e lo comunica al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali per essere successivamente accettato a livello nazionale (www.regione.veneto.it).

Domenico MeloniFrancesca Piras

Sonia LamonSimonetta Gianna Consolati

Anna MuredduRina Mazzette

Dip. di Medicina Veterinaria,Università degli Studi di Sassari

NotaGli autori desiderano ringraziare GIUSEPPE URGU per la collaborazione e per aver concesso la pubblicazione della fotografi a e il dott. PIERLUIGI PIRAS per il costante stimolo e il supporto allo studio della sistematica ittica e della biodiversità marina.

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IL PESCE, 5/12

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Negli ultimi anni si è assistito ad una crescita vertiginosa del numero di macellerie cosiddette “islamiche”. Molti di questi negozi, oltre a com-mercializzare normalmente carni e spezie, vendono anche prodotti ittici congelati/surgelati in confezioni originali, spesso in quantità assai rilevanti rispetto alle dimensioni dei punti vendita e a quanto ci si potreb-be aspettare. Scopo di questo lavoro è stato pertanto il rilevamento delle tipologie di prodotti ittici venduti, la verifi ca della conformità delle ri-spettive denominazioni commerciali, oltre che dell’origine e provenienza. A tale proposito sono stati ispezio-nati, nella città di Bolzano, com-plessivamente 7 esercizi di vendita controllando in totale 84 prodotti ittici. Sono state rilevate 54 diverse spe cie, il maggior numero delle quali d’acqua dolce (64%), sia pescate che

allevate. L’origine più frequente è risultato essere il Bangladesh (43%), paese di appartenenza comune a molti gestori dei negozi ispezionati, seguito dalla Cina, mentre la prove-nienza di regola è documentata da importatori con sede in Italia o in altri paesi europei.

La denominazione di specie (nomenclatura italiana e latina) è risultata corretta — ovvero corri-spondente a quella prescritta dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali — in 28 casi, mentre era assente o illeg-gibile (alternativamente la versione italiana o quella latina), in altri 10; nei rimanenti 46 prodotti ittici ispe-zionati, essa risultava incompleta o semplicemente imprecisa nella traduzione; in alcuni casi, infi ne, la denominazione in uso nella lingua del Paese d’origine compariva accanto

Pesce imperatore surgelato.

alle altre. I risultati sono riassunti nella Tabella 1 e nei Grafi ci 1 e 2.

Contrariamente alle carni vendu-te negli stessi esercizi, i prodotti ittici vengono acquistati quasi esclusiva-mente da clienti “extracomunitari”, sia a causa della tradizionale abitu-dine, da parte dei clienti italiani, di consumare prevalentemente pesci di mare possibilmente freschi, sia probabilmente per una scarsa visibilità — in questa tipologia di negozi — dei prodotti ittici venduti, essendo essi conservati in surgelatori a banco chiusi, situati spesso nel retrobottega, e quindi non “esposti” per la vendita.

Le condizioni igieniche di con-servazione dei prodotti esaminati sono risultate sempre rispettate per quanto riguarda le temperature, mentre sono risultate a volte carenti le modalità di confezionamento (sono

Pesci “extracomunitari”Un’indagine condotta in alcune macellerie cosiddette “islamiche”

evidenzia la necessità di maggiori controlli da parte degli organi competenti

di Agostino Carli e Lorenzo Martinello

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IL PESCE, 5/12 67

Tabella 1 – Elenco dei prodotti ittici

N. Denominazione latinain etichetta

Denominazione italianain etichetta

Origine dichiaratain etichetta

1 Glossogoius giuris Ghiozzo indopacifi co Bangladesh

2 Ababas testudineus Pesce rampicante Tailandia

3 Hilsa ilisha Alosa di fi ume indiana Myanmar (Birmania)

4 Mystus tengra Siluro asiatico Bangladesh

5 Eutropiichthus vacha Pesce gatto Bangladesh

6 Mugil parsia (Ham) Carpa Bangladesh

7 Macrobrachium rosenbergii Gamero blu Bangladesh

8 Clarias hatrachus Pesce gatto Bangladesh

9 Neotropius acutirostris Batasi Myanmar

10 Corica suborna Papalina asiatico Bangladesh

11 Heteropneustes fossilis Pesce gatto asiatico Bangladesh

12 Puntius titius Barbo Asiatico Minuto Bangladesh

13 G. fasciatus, G. giuris, P. ticto, ecc… Ghiojjo indopacifi co, Barbo asiatico minuto Bangladesh

14 Amblypharyngodon mola Carpa panpiuta Myanmar (Birmania)

15 Labeo rohita Labeo Myanmar (Birmania)

16 Pangasius sutchi Pangasio Thailand

17 Macrobrachium rosenbergii non riportato Thailand

18 Wallago attu Siluro asiatico Bangladesh

19 Pama Pama Pesce pama asiatico Bangladesh

20 Hisha Hisha Alosa di Fiume Myanmar (Birmania)

21 Wallago attu Pesce gatto asiatico Myanmar (Birmania)

22 Pangasius sutchi Pangasio Thailand

23 Harpadon nehereui Harpadon Nehereu Bangladesh

24 Macrobrachium styliferus Gamerettini Bangladesh

25 Corica soborna Papalina asiatico Bangladesh

26 Mastacembelus armatus Grongo asiatico Bangladesh

27 Harpadon Nehereui Harpadon Nehereu Bangladesh

28 Macrobrachium rosenbergii Gamero blu Thailandia

29 Macrobrachium rosenbergii non riportato Thailandia

30 Labeo rohita Labeo Myanmar

31 Clarias macrocephalus Pesce gatto asiatico Thailand

32 Metapeanos monoceros Gamberetti di acqua dolce Bangladesh

33 Oreochromis niloticus Tilapia/Tilapia Thailand

34 Hilsha ilisha Alosa indiana di fi ume Bangladesh

35 Dentex dentex Dentici FAO n. 34

36 Hilsha ilisha Alosa di Fiume Myanmar (Birmania)

37 Labeo rohita Labeo Myanmar (Birmania)

38 illegg. Pesce persico Bangladesh

39 Puntius sarana Piccolo carpa Bangladesh

40 illegg. Code di mazzancolle tropicale Ecuador

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68 IL PESCE, 5/12

41 Portunus pelagicus Granchio granchio non riportato

42 Scylla serrata Pezzi di granchio crudo indopacifi co Madagascar

43 Lepidopus caudatus Pesce sciabola India

44 Pseudoscianea polyactis Corvina secca salata Cina

45 Pseudoscianea polyactis Corvina di mare Cina

46 Harpadon nereus Pesce dragon Cina

47 Sardina pilchardus non riportato Cina

48 Sepia esculenta Seppie secche non riportato

49 Pseudoscianea polyactis Corvina congelata Cina

50 Metapeneus affi nis Gamberi indopacifi ci India

51 Coilia Nasus Lacepede Pesce topo pelagico India

52 Miichtys miiuy Corvina secca salata Cina

53 Coilia Nasus Lacepede Pesce topo pelagico Cina

54 Argyrosomus argentatus Tiraglino Cina

55 Litopenaeus vannamei Gamberetti di acqua dolce India

56 Sepia esculenta Seppia indopacifi ca non riportato

57 Lophius piscatorius Rana pescatrice orientale Cina

58 Thunnus obesus non riportato Ecuador

59 Scarus spp. non riportato Vietnam

60 Acetes Chinesis Hansen Gamberetti secchi Cina

61 Oncorhynchus keta non riportato USA

62 Penaeus monodon Gambero gigante indopacifi co Indonesia

63 Lepidopus caudatus Pesce sciabola India

64 Metapenaeus ensis Gamberi essiccati Thailand

65 Loligo spp Calamari secchi Thailand

66 illegg. Sgombro cotto a vapore congelato Thailand

67 Penaeus vannamei Mazzancolla tropicale Vietnam

68 Channa striatus Ghiozzone asiatico Bangladesh

69 Notopterus notopterus Pesce stella Bangladesh

70 Lates calcarifer Pesce barramudi Bangladesh

71 Pama Pama Pesce umbrina Bangladesh

72 Alia coila Siluro asiatico minuto Bangladesh

73 Neotropius acutirostris Batasi Myanmar (Birmania)

74 Oxygaster phulo Pesce alneon dello scure Bangladesh

75 Lates calcarifer Barramundi Bangladesh

76 Pomadasys hasta Pesce imperatore Myanmar (Birmania)

77 Channa striata Testa serpente striato Myanmar (Birmania)

78 Nandus nandus Nando asiatico provv. Parca asiatico Bangladesh

79 Amblypharyngodon mola Carpa panciuta Bangladesh

80 Heteropneustes fossilis Pesce gatto asiatico Bangladesh

81 Heteropneustes fossilis Pesce gatto asiatico Myanmar (Birmania)

82 Mystus aor Tipo pesce gatto Bangladesh

83 Sperata seenghata Pesce gatto di fi ume Bangladesh

84 Pampus argenteus Fleto argenteo Bangladesh

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IL PESCE, 5/12

state riscontrate alcune confezioni non perfettamente chiuse, apparen-temente già all’origine).

I volumi di vendita stimati sulla base dei documenti di trasporto visionati, e secondo le stesse dichia-razioni degli esercenti, confermano le importanti dimensioni di questo commercio (oltre 5 quintali al mese in alcuni negozi) e assumono par-ticolare rilievo soprattutto se con-siderati sotto il profi lo della scarsa consapevolezza che si ha in generale

Grafi co 1 – Origine per zona di cattura

FAO 5712%

FAO 6115%

FAO 871%

FAO 341%

FAO 712%

FAO 515%

acqua dolce64%

Grafi co 2 – Origine per paese

Cina16,05%

Birmania14,81%

Vietnam2,47%Altri (Madagascar, Ecuador,

USA, Indonesia) 4,94%

Thailandia13,58%

India4,94%

Bangladesh43,21%

di questo fenomeno. Pur essendo stata sempre dimostrabile l’origine del prodotto da stabilimenti autoriz-zati, nondimeno si ritiene opportuna una maggiore sensibilizzazione degli organi di controllo rispetto a questa specifi ca realtà.

Dott. Agostino CarliMedico veterinario

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70 IL PESCE, 5/12

Locali di gusto

L’anima della cucina partenopea a Milano

Anema & Cozze:Pizza & Sea by Costa Group

Anema & Cozze è Napoli a Milano: l’anima della cucina partenopea da oggi in via Palermo. Un locale che fa parte del Gruppo Sebeto, così come

la catena di pizzerie Rossopomodoro, e che ricorda il mare, nell’uso di materiali semplici e naturali come il legno grezzo, la pietra ruvida, il

marmo e il metallo, e nei richiami costanti agli elementi marini che ca-ratterizzano tutto l’ambiente. Volte di mattoni rossi ad accogliere sirene

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IL PESCE, 5/12 71

Gli interni del locale Anema & Cozze a Milano. Arredamento e materiali, sapientemente abbinati, richiamano un’atmosfera marittima.

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72 IL PESCE, 5/12

L’antico e originale vascone di pietra grezza all’interno del locale con il pescato fresco di giornata.

dai corpi di rame, come polene sulla prua di una nave.

Dalle vetrate di via Palermo si accede alla zona del banco bar, con cantina climatizzata per i vini, a fare da apripista al resto dell’am-biente.

Colori chiari e qualche tocco di grigio, mattoni recuperati dall’archi-tettura originale dipinta di bianco, ad accogliere il logo di Anema & Cozze: il sole e il mare con i suoi pesci, all’insegna del motto anglo-napoletano“Sea & Pizza”.

Le luci soffuse si rifl ettono nelle scenografi che tubature di rame del riscaldamento che attraversano le volte del soffi tto, dando un tocco ancora più “navale” al tutto.

La pizzeria e il ristorante sono le due anime del locale. La pizza fa capolino dalla bocca del forno sovra-stato da un enorme e scenografi co polpo. Le cozze e i prodotti del mare escono invece dalla cucina a vista, che ripropone i piatti classici della tradizione partenopea.

Nel vascone di pietra grezza, antico e originale, vicino alla cucina, la storia del mare nostrum, con il pescato fresco di giornata che si può vedere e scegliere.

Si può decidere se mangiare sugli sgabelli del banco sul fronte alla vetrata cucina, oppure alle sedute del ristorante. Oppure ancora sulle panchine bianche, a ridosso delle vetrate esterne, immaginando di

essere sul ponte di una nave da cro-ciera. Il culto del mare sta anche sul legno sbiancato utilizzato per i piani dei tavoli, che ricordano il legname usato per i gozzi, su cui è impresso il logo di Anema & Cozze.

Scendendo le scale, una sala più intima, con vecchie foto in bianco e nero appese al muro e lampade con corde e conchiglie, per gli ultimi clienti che vogliono un po’ di inti-mità in più.

NotaA pagina 70 l’ingresso di Anema & Cozze su via Palermo a Milano. Studio, progettazione e realizzazio-ne arredi Costa Group, architetto Massimiliano Faggioni.

Anema & CozzeVia Palermo 1520121 MilanoTelefono e fax: 02 86461646Web: www.anemaecozze.com

Costa Group SrlVia Valgraveglia Zai19020 Riccò del Golfo (SP)Telefono: 0187 769309/08Web: www.costagroup.net

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IL PESCE, 5/12 73

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74 IL PESCE, 5/12

“Tra la Nona e la Decima strada”, basterebbe scrivere questo attacco per dire tutto. Perché quello che fu lo stabilimento degli Oreo, cavallo di battaglia della NABISCO (Na-tional Biscuit Company), si rivela ora una fi nestra sulla Manhattan più “bio” che c’è. Perché New York è anche questo, passeggiare per gallerie d’arte nel celeberrimo quartiere di Chelsea e imbattersi in un “casermone” dall’aspetto gentile e imponente, con porta automatica e il cartello in ferro battuto, Chelsea Market. Interamente sviluppato al piano terra, questo multi-emporio dell’alimentare conteggia 38 esercizi gastronomici e affi ni all’insegna della pienezza del gusto, del NO ad additivi chimici e farmacologici, del rispetto del ciclo biologico dell’animale al pascolo, della fi liera corta, insomma un megastore dello slow food.

E non poteva mancare il pesce, che occupa la generosa superfi cie che si sviluppa da un’ansa del corridoio con tanto di dehors e prende il nome di Lobster Place. Un nome che non suscita clamore, l’Oceano è laggiù, in fondo, e il Maine, il più nordorientale degli stati della confederazione, si trova lì su, poco più in alto.

Questa è una storia che comincia proprio dalle coste frastagliate del Maine, nel 1974, dall’intuizione di Rod e John MacGregor, che costruirono all’epoca un conteni-tore di compensato dove custodire

le aragoste per trasportarle nella Grande Mela. Ed è dalle incursioni col pickup a Portland, non quella più celebre dell’Oregon ma l’omo-nima del Maine, che ebbe inizio il Lobster Place, il cui insediamento originario si trovava nel Manhattan Upper West Side, e i fratelli di Rod gestivano invece un ristorante nella Columbus Avenue.

Trentacinque anni dopo il Lob-ster Place cambia marcia e si tra-sferisce nello scenario ben più à la page del Chelsea Market, dove

allarga lo spettro a qualsiasi pesce si muova nell’Oceano e diventa qualcosa di diverso da un semplice spaccio di aragoste e gamberoni, occupando circa 100 addetti tra il Bronx e Chelsea, con un braccio “all’ingrosso” che esegue 200 conse-gne giornaliere di sushi (non poteva essere altrimenti sul suolo america-no), zuppa di pesce e qualsiasi altra specie ittica commestibile reperibile sulle rive atlantiche.

Sushi a volontà: si sa che la comu-nità giapponese in California ha fatto

Lobster Place: non solo aragoste

Tra una galleria d’arte e l’altrac’è la cornice giusta pure per il pesceFondato nel 1974, ma da pochi anni nella nuova sede all’interno del Chelsea market, propone piatti da asporto o da consumare sugli sgabelli del locale. Assortita la sezione dedicata al sushi, immancabili le proposte di aragosta

di Fabio Butturi

L’ingresso del Lobster Place all’interno del Chelsea Market.

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IL PESCE, 5/12 75

proseliti e non solo (basti pensare al copy right del California roll). Gli States, insomma, hanno adottato il sushi nella routine alimentare.

Le porzioni sono, come prassi nella patria del gigantismo, over size, si ragiona dai 12 pezzi in su con prezzi che si aggirano generalmente nella forbice 8-10 dollari.

Nei frigoriferi furoreggia il sushi di tonno e avocado (delizioso, a giudizio del mio palato); tonno che imperversa in mille interpretazioni, come il Tekka don, sashimi servito con insalata di alghe, oltre alle com-binazioni di crostacei con avocado e cetriolo che spadroneggiano tra gli ingredienti principe, la solita pluri-ma declinazione dell’alga nori e le note piccanti tipo wasabi o, ancora, la tempura.

Sono tre le pagine riservate al sushi, suddiviso in appetizers, chef specials, sushi platters, inside-out rolls, seaweed-wrapped rolls, hand rolls, sashimi, nigiri e la concessione al vegetarian.

Eppure non manca il pesce fresco esibito sui banconi in varie pezzature e specie, come il salmone affumicato, oppure semplicemente sfi lettato e sponsorizzato per il contenuto di Omega-3, alla pari del merluzzo e, forse non ve lo aspettereste a queste latitudini, del pesce azzurro.

O ancora branzini, trote e pesce gatto, orate, e ancora l’halibut e l’esotico mahi-mahi, nome di origine hawaiana e conosciuto con un’in-fi nità di nickname, in Italia noto come lampuga o corifena cavallina (Coryphaena hippurus), un pesce pelagico che vive nelle acque del Pacifi co o dei Caraibi mediamente 4-5 anni, con un peso che oscilla dai 7 ai 13 kg. Dalle sembianze vagamente preistoriche, è abbastanza inusuale sulle nostre tavole.

Tornando alla East Coast, appog-giati ordinatamente nelle cassette, il dentice atlantico, la tilapia, dal basso contenuto di grassi, e l’immancabile, a qualsiasi latitudine, pesce spada. I gamberetti sono invece proposti in

una fascia di prezzo che oscilla tra gli 11 e i 24 dollari al chilo, a seconda si tratti di gamberetti freschi, bianchi o della cosiddetta variante Maya.

Capitolo a parte meritano i “to-ponimi”, quelle aragoste che danno appunto il nome al locale e vengono proposte smembrate e condite in in-salata, oppure armate delle semplici chele, in un brodetto comprensivo della coda, piuttosto che genuina-mente esposte nella bianca carne fragrante.

Restando sull’argomento chele, sono tre le declinazioni dei granchi: il granchio del Maine, simile al Dunge-ness del Pacifi co (il Cancer magister, una varietà dal carapace che può raggiungere i 25 cm di larghezza), il Jonah (Cancer borealis), dalla pol-pa candida e morbidissima, oppure la confezione di chele, da spolpare magari con l’apposita pinza. Una porzione da 8 sul web la si porta a casa con 18 dollari.

Non mancano certamente i molluschi, dalle cozze alle vongole,

Aragoste al Lobster Place.

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76 IL PESCE, 5/12

come le pregiate Prince Edwards, le capesante e le ostriche della costa oc-cidentale. Chiude il menu il capitolo riguardo agli affumicati.

A proposito di menu, quello che abbiamo trovato sui tavoli, dal momento che al Lobster Place si mangia anche sul posto, sugli sgabelli come sui pochi tavolini nel corridoio del Chelsea Market, non ha proprio nulla da invidiare a un ristorante.

A partire dai piatti caldi alle zup-pe, come la versione con le vongole del New England, a base di latte e panna, oltre a cipolle e pancetta, e quella dedicata a Manhattan, che sostituisce il pomodoro al latte, o quella cremosa con l’aragosta, o ancora la zuppa con i gamberi pic-canti e i fagioli neri, o le capesante col bacon.

L’elenco sarebbe enciclopedico, allora basti sapere che alla voce “coc-ktail” non bisogna attendersi Black russian o Cuba libre, ma piatti di sal-mone norvegese, gamberetti, granchi

o pesce fresco a scelta “mixato” con mostarde o salse fresche, mentre Shack in the back sandwiches dà sfogo alla creatività dei cuochi, con fantasie come la Smoked salmon baguette, protagonista il salmone affumicato alla vodka aromatizzata all’aneto, capperi, scalogno, crema di formaggio con patatine tagliate sul momento e cotte al forno, o il Car-ried tuna, con il tonno pinna gialla impreziosito da maionese, cipolle rosse, coriandolo e uvetta dorata, servito con erba medica e pomodoro su toast di segale.

Variante al sandwich sono le wraps, traducibili con sfogliatine (ma in realtà wrap è qualsiasi cosa si presenti in forma arrotolata), in sei declinazioni.

Le insalate vanno dalla econo-mica Garden salad, che ignora il pesce e a 6,5 dollari offre cetriolo, carote, avocado, cipolle rosse, olive Kalamata e semi di girasole tostati, a un ventaglio che nella forbice tra 7,95

e 10,50 dollari spazia dal salmone scozzese grigliato accompagnato al cuscus mediterraneo, all’insalata thai, all’omaggio alla cucina italia-na, con la Tuscan albacore salad, con tonno e aceto balsamico, tra gli altri.

Chiudono, e decisamente in bel-lezza, i vassoi che rimandano ai prez-zi di mercato, in base al contenuto di ostriche o aragoste, o richiedono un esborso da 75 o 125 dollari, per più porzioni, che contengono un as-sortimento di aragoste, gamberetti, salmone, granchi o wraps, condite in modo stravagante e proposte in numero variabile, fi no a ventiquat-tro pezzi.

Fabio Butturi

The Lobster PlaceChelsea Market75 Ninth AvenueNew York, NY 10011Telefono: 212 255 5672Web: www.lobsterplace.com

Da Lobster si può trovare un’ampia scelta di prodotti: sushi di tonno, pesce fresco esibito sui banconi in varie pezzature e specie, salmone affumicato o sfi lettato, merluzzo, pesce azzurro, pesce spada, crostacei e molluschi.

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IL PESCE, 5/12 77

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IL PESCE, 5/12 79

Pesce d’acqua dolce

Ci stai subito bene. Sandro e Mau-rizio Serva sono fratelli disponi-bili, trascinanti per disposizione, non comuni per simpatia. Hanno pensato (bene) di dare dignità alla cucina d’acqua dolce, anzi fl uviale, che in Italia è in pratica estinta. Scelta coraggiosa perché il pesce d’acqua dolce non è di moda. «Conti-nua a portarsi dentro l’idea di essere

un pesce che viene mangiato da chi non può permettersi quello di mare, come ne fosse parente povero; e poi lo si continua a ritenere un pesce grasso, associandolo all’anguilla e ai fondali limacciosi in cui solo ra-ramente si muove. Il pesce d’acqua dolce, invece, è magrissimo» asseri-sce dopo sagge deduzioni Maurizio Serva.

Solida creatura che assicura un ristoro appagante e confortante, la villetta fagocitata dalla quiete e dall’esuberante natura garantisce una soavità bucolica che si coniuga con una cucina di grande fi nezza e maestria, improntata ad un abile utilizzo delle materie prime disponi-bili e caratterizzata da un assennato impiego delle spezie.

La Trota: nuova dignitàalla cucina “fl uviale”

Una scelta coraggiosa quella di Sandro e Maurizio: nel loro localein provincia di Rieti i fratelli Serva preparano accurati piatti a base di pesce

d’acqua dolce, restituendo dignità ad una cucina in Italia ormai estinta

di Riccardo Lagorio

Zuppa di tinca con capelli d’angelo. Pesce e pasta verranno poi annegati in abbondate brodo versato da una brocca direttamente nel piatto.

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80 IL PESCE, 5/12

Lucioperca cotto sulla pelle e in pasta kataifi con gocce d’acciuga e olive nere.

La casa dà sulle sorgenti del rio dedicato a Santa Susanna e ciò la rende luogo ancor più unico. È qui che negli anni Sessanta i genitori di Sandro e Maurizio grigliavano i pesci e i crostacei del fi ume in un ambiente rustico e senza pretese, impreziosito dalla vergine bellezza del paesaggio. Poi il passaggio di consegne e nelle mani della nuova generazione la sem-plice trattoria diventa con il tempo un ristorante fi ne e raffi nato; le pietanze si ingentiliscono, le presentazioni si trasformano in garbate e signorili ma rimane intonso il rapporto ed il rispetto per le materie prime della propria infanzia.

La sala da pranzo assurge, ancor di più, a luogo familiare di sorrisi e attenzioni da parte di personale rodato e qualifi cato. Ne vengono esaltati i piatti già magici, sorretti da un’ampia e approfondita carta dei vini.

Dopo invitanti amuse-bouches, tra cui la trota marinata in zuc-chero e sale, i piatti, esaltanti tutti, che meritano citazione. La carpa in crosta di semi di papavero con maionese di rape rosse e insalatina di campo è cromaticamente elettriz-zante, espressionista, un perfetto continuo rimando di forme e colori che si plasmano e s’inseguono prima

che il gusto prenda il sopravvento: la complementarietà tra sapore lieve-mente acidulo della maionese di rape rosse e l’ingenua terrosità del fi letto di carpa sono eccellente prova di alta cucina, tenerezza e croccantezza di carpa e semi di papavero ne sono la riprova.

Monumentale è la zuppa di tinca con capelli d’angelo, quando scenografi camente il succulento bro-do versato da ricca brocca annega la pasta, come pure di alta scuola è il fi letto di trota su spremuta di erbe aromatiche all’aceto di Champagne.

Nessuno dei piatti si può inter-pretare come semplice cibo: ciascuna preparazione è una forma armonica dello spazio. Come la sagoma bianca e cilindrica del fi letto, che si erge sulla parte verde e la trascina in alto e allo stesso tempo tripartisce il piat-to, laddove l’aceto non è elemento decorativo come tristemente spesso accade, ma essenziale al piatto stesso. Insomma: ciò che per altri potrebbe essere insignifi cante e decorativo è nella cucina dei Serva necessario e imprescindibile per l’esistenza della cucina stessa.

Il loro lucioperca cotto sulla pelle e in pasta kataifi con gocce di acciuga e olive nere fa da migliore esempio. Necessarie per movimentare il piatto

al cospetto degli occhi, le puntinature color crema e marrone di acciuga e olive nere, ben lungi dall’essere meri decori, raccontano come il pesce può trovare completezza di sé e vigore nel delicato gusto che ciascun punto rilascia.

Il cromatismo è elemento ne-cessario per assaporare l’incante-vole pasta di gamberi di torrente, strigoli, gamberi, latte di cocco e liquirizia: un insieme di soavità che con garbo si intessono intorno ai crostacei.

Paradigmatica, infi ne, dell’arte di saper dosare colore e sapore, l’anguilla laccata al miele, terrina di fi nocchio e alga nori con pesto di basilico e pistacchi: i singoli fattori sono parte di un tutto che si esalta nell’unicità di toni e sapidità.

Maestoso il carrello dei formaggi. Memorabile la carta dei dessert. Ci stai davvero bene: una delle tappe obbligate per i gourmet in centro Italia.

Riccardo Lagorio

Ristorante La TrotaVia Santa Susanna 3302010 Rivodutri (RI)Telefono: 0746 685078E-mail: [email protected]: www.latrota.com

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82 IL PESCE, 5/12

Mercati

IntroduzioneIn tre precedenti Note riguardanti lo stesso argomento sono stati trattati i complessi problemi che interessano la sopravvivenza degli squali nelle varie aree continentali. Ciò in ragio-ne della loro cattura esasperata, che viene fatta allo scopo di utilizzarne soprattutto le pinne perché incom-parabilmente rendono, dal punto di vista economico, molto di più di tutto il resto della carcassa.

Sono stati pure esaminati gli aspetti legati all’utilizzazione delle pinne quale fondamentale ingredien-te per la preparazione della rinomata zuppa, nonché taluni rapporti tra gli aspetti della maturità sessuale e la presenza dei giovani pescecani nelle acque.

Sono state infine presentate, oltre alle modalità di prepara-zione della zuppa, le caratteri-stiche principali di determinate

specie di squali in rapporto sia al loro utilizzo più in generale, sia alla rispettiva pericolosità di attacchi all’uomo1, 2, 3.

Mercati asiatici e internazionali interessati alle pinneL’impiego delle pinne di squalo nella cucina cinese ha radici plurisecolari e rappresenta, ancora oggi, una specialità molto ricercata. Il fatto che al ristorante una porzione di

Zuppa di pinne di squalo,l’interesse del mercato mondiale

di Aldo Schiavo

NOTA QUARTA

Diverse specie di squali. L’impiego delle pinne di squalo nella cucina cinese ha radici plurisecolari e rappresenta, ancora oggi, una specialità molto ricercata (foto di Shawn Heinrichs; www.pewenvironment.org).

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IL PESCE, 5/12 83

zuppa in qualità possa costare ben oltre cento euro (e il suo equivalente ovunque) deriva in parte anche dalla diminuita disponibilità del prodotto di base.

Difficoltà derivano dai cre-scenti divieti messi in atto dalle autorità governative di diverse aree del pianeta — sia pure, a tutt’oggi, con insoddisfacenti risultati — che cercano di contrastare una vera e propria estinzione, soprattutto delle specie che forniscono pinne molto ricercate. È il caso del pesce sega, considerato in via di estinzio-ne proprio perché possiede pinne apprezzatissime, valutate tra le più pregiate in assoluto4.

Nonostante in molti Paesi siano dunque da tempo in vigore divieti di spinnamento o di importazione delle pinne, il commercio di questo prodotto continua a sussistere. Uno dei modi per aggirare la legislazione consiste, per esempio, nell’accettare prenotazioni in salottini riservati dei ristoranti o degli alberghi senza far fi gurare nei menu la costosa zuppa.

Altri sostengono che i procacciatori di pinne vengano favoriti da controlli insuffi cienti.

In ogni caso, ancora oggi il 90% circa delle pinne di squalo viene utilizzato dai Cinesi, ma il consumo è notevole anche in Taiwan, a Sin-gapore e in Giappone. Va aggiunto, infi ne, che la zuppa in oggetto viene servita nei ristoranti cinesi di tutto il mondo7, 8.

Altri prodotti di interesse commercialeDa sempre lo squalo fornisce all’uo-mo molti altri prodotti che, sia pure in modo diverso e in vari settori, si sono rivelati utili.

CarneIl prodotto alimentare più usato dall’uomo è senz’altro rappresentato dalla carne fresca — salata, conser-vata in salamoia o affumicata — e da quella refrigerata o congelata.

Per quanto riguarda i paesi europei, l’Italia è uno dei maggiori consumatori di carne sia fresca

che variamente lavorata. Nei no-stri mercati le specie di squali più presenti sono: palombo, smeriglio o vitello di mare, gattuccio e nocciolo. Fra quelli che nuotano nelle nostre acque vanno citati: il toro, il volpe, il bianco, il gattopardo, il galeo o canesca, il ramato, il pinnacorta, il grigio, l’orlato, il latteo, la verdesca, il martello comune, il notidano cine-reo, grigio e occhiogrosso e, infi ne, il ronco spinoso o echinorino. Nelle altre aree, comprese quelle esotiche, dove solitamente abbonda la pesca dello squalo, la carne viene oppor-tunamente lavorata per prevalenti fi ni di esportazione.

Per esempio, nelle Azzorre, arcipelago di origine vulcanica situato nel cuore dell’Oceano Atlan-tico, la carne di squalo viene utiliz-zata in luogo del classico merluzzo essiccato e conservato sotto sale per produrre il famoso bacalhau, il baccalà. Nel Regno Unito, da tempo viene prodotto e commercializzato tra i giovani il cosiddetto fi sh and chips, a base di carne di squalo

Ad oggi il 90% circa delle pinne di squalo viene utilizzato dai Cinesi, ma il consumo è notevole anche in Taiwan, a Singapore e in Giappone (foto: Shawn Heinrichs; www.pewenvironment.org).

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fritta e di patatine. Più in generale, c’è da osservare che, mentre molti attribuiscono alla carne di squalo un basso valore nutrizionale, altri la ritengono ricca di calcio e di fer-ro, con un contenuto in proteine di grande qualità9.

CuteLa cute dello squalo macellato può essere usata come “carta abrasiva”; in particolare, quella dello squalo smeriglio, grazie ai suoi dentelli, può essere usata in ebanisteria per levigare e rifi nire oggetti artigianali di legno.

In alternativa è possibile scioglie-re chimicamente i dentelli e trasfor-mare la pelle in un buon cuoio per produrre scarpe, borse, cinturini e tappetini.

FegatoDal fegato si ricava un ottimo olio ric-co di vitamina A, ma il procedimento è costoso e conviene di più ricorrere all’industria farmaceutica. Sembra che questo organo, opportunamente manipolato, abbia qualche rappor-to benefi co con la diminuzione del colesterolo.

Squame e suoi derivatiDa questi tessuti si possono ottenere prodotti farmaceutici e cosmetici per

rassodare o nutrire la pelle e per uso cicatrizzante.

SangueQuesto liquido organico viene molto utilizzato nel settore della patologia cardiovascolare per le sue proprietà anticoagulanti, quindi con effi cacia simil-eparina.

CorneeLe cornee degli occhi di questo ani-male non si gonfi ano di acqua e perciò resistono ad eventuali mutamenti osmotici, anche nel senso del precoce prosciugamento, se poste in varie soluzioni saline. In pratica vengono sperimentate in medicina oculistica, con buoni esiti, in luogo delle cornee ricavabili dall’uomo.

CarcasseLa carcassa, nel suo insieme, viene spesso utilizzata come concime dopo essiccamento e triturazione in farina.

CartilagineDa questi stessi tessuti si può ot-tenere un prodotto (la cosiddetta condroitina) che viene utilizzato favorevolmente sia sulle ferite da calore, bruciature, scottature o altre alterazioni della pelle, sia in qualità di integratore nell’uomo colpito da artrosi. Da qui probabilmente la

convinzione di ritenere benefi ca la zuppa di pinne anche per prevenire le sofferenze da malattie reumatiche.

DentiI denti dello squalo trovano impiego persino in gioielleria, oltre a essere ritenuti effi caci amuleti capaci di proteggere da vari pericoli o malan-ni, come il mal di denti o la paura in generale.

Consumo dei prodotti ricavatidallo squalo ed eventualiripercussioni sulla salutedel consumatore abitualeColoro che abitualmente consumano prodotti ricavati dallo squalo sono soggetti ai pericoli che derivano dall’accumulo di mercurio (Hg), contenuto in particolare nel fegato. Ma lo squalo non è il solo animale marino che può dare problemi di questo genere: infatti, il pericolo per la salute umana deriva anche dall’alimentazione protratta di qualsiasi pesce di specie bentonica, che vive a contatto con il fondo, sia esso fi sso o mobile.

Sta di fatto che lo squalo è un tipico predatore che può vivere, a seconda della specie, fi no a qua-rant’anni e oltre, quindi accumula certamente nelle proprie carni mer-curio nella sua forma metilata, e ciò per bioamplifi cazione (detta anche biomagnifi cazione).

Da questo punto di vista presen-tano analoghi inconvenienti — anche se ridotti — altri animali marini di grosse dimensioni quali, per esem-pio, il pesce spada e il tonno. Da alcuni decenni, infatti, ci sono segnali di pericolo anche nel Mediterraneo, ove il metilmercurio proviene sia dagli scarichi industriali sversati nei vari fi umi, sia, a seconda delle zone, dal metano dei giacimenti di gas naturale. Detto questo, il problema non va sicuramente sottovalutato nello squalo, ove vi è la certezza di ac cumulo di mercurio e di altre sostanze nocive per l’organismo umano, a livelli tossici più o meno elevati.

Recenti ricerche hanno confer-mato che l’accertato tasso di Hg contenuto nelle carni dello squalo10, e quindi anche negli stessi ingredienti

Lo spinnamento praticato anche a terra (foto: Shawn Heinrichs, www.pewenvironment.org).

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della zuppa realizzata con le sue pinne, può essere causa di sterilità nel consumatore abituale4.

Ricordiamo che il mercurio è fortemente tossico: già usato dai Greci e dai Romani come unguento e cosmetico, nell’antica Cina — se-condo immotivate credenze locali — venne subito elevato a “prolun-gatore” della vita, “curatore” delle fratture e custode della buona salute. Così il primo imperatore cinese sa-rebbe impazzito e poi morto proprio per abuso di mercurio, che invece avrebbe dovuto garantirgli la vita eterna.

Il nostro Paese, negli anni Cin-quanta, è stato tra i primi produttori di mercurio con le miniere del monte Amiata ed è giusto precisare che, se dal punto di vista della salute umana il suo assorbimento cutaneo è tra-scurabile, lo stesso non si può dire per i suoi sali, facilmente assorbibili attraverso la catena alimentare.

Tracce di mercurio sono state trovate nei fondali adiacenti ai grossi impianti petrolchimici. La contaminazione è dovuta alle acque di scarico derivanti dalle vecchie celle al mercurio del processo cloro-soda. Oltre agli effetti della manipo-lazione di antisettici, vernici, cere per pavimenti, lucidanti per mobili, ammorbidenti e dell’utilizzazione dei fi ltri per condizionatori d’aria11, la fonte principale di assunzione di que-sto elemento chimico è data dal cibo.

Il metilmercurio renderebbe l’organismo incapace di provvede-re alla disintossicazione di metalli pesanti che si accumulerebbero, così, nell’organismo, con effetto neuro tossico; inoltre, verrebbe compromessa, nei casi di abuso, anche l’attività di alcuni enzimi con origine — nei casi gravi — di scompensi metabolici, con atassia, insonnia, parestesie, restringimento del campo visivo, disartria e ipoacu-sia. Il mercurio si trova raramente come metallo nativo, più spesso nel cinabro (metallo di colore rosso appartenente al gruppo dei solfuri) e in altri minerali.

L’intensifi cazione della cacciaLe cartilagini che si estraggono dalle pinne di squalo sono state addi-

rittura prospettate come sostanza potenzialmente valida per la cura antitumorale4, 5.

Taluni studi avrebbero infatti attribuito allo squalo un apparato immunologico particolare che gli consentirebbe di contrarre tumori molto raramente7.

La pubblicazione, nel 1992, di un libro dal titolo signifi cativo, Sharks don’t get cancer, riattivò in un sol colpo la pesca mirata e la conseguente pratica dello spinnamento. Sembra che l’iniziativa fosse stata promos-sa, data la scarsa disponibilità sul mercato di pesci di grande interesse commerciale (fra cui tonni e pesci spada), con l’intenzione di attirare l’interesse verso gli squali fi no ad al-lora, in qualche modo, sottovalutati o trascurati dal commercio.

Nel 2004, però, furono pubbli-cati i risultati di uno studio sugli squali nel quale venivano descrit-te 24 forme tumorali, oltre alle 16 riscontrate nelle razze e alle 2 nelle chimere, per un totale di 42 forme, benigne e maligne, tra cui melanomi e fi bromi cutanei, tumori tiroidei, linfomi, adenocarcinomi, neuroblastomi, condromi o tumori della cartilagine e osteomi (questi ultimi sono tumori dei tessuti me-senchimatici che si originano dagli osteoblasti)12.

In conclusione, pur ammettendo che si tratta di osservazioni quanti-tativamente insuffi cienti perché sono rimaste fuori dallo studio veterinario diverse specie, non è giustifi cato sostenere posizioni pressoché asso-lutistiche.

D’altra parte lo squalo rimane normalmente esposto all’assor-bimento di eventuali sostanze cancerogene diluite nell’acqua. La stessa sorte tocca alle specie che più frequentemente prediligono le coste a ridosso delle quali si accumulano i cancerogeni insolubili che via via confl uiscono nei sedimenti sversati, eventualmente con dolo, nei fi umi o nel mare.

La ventilata capacità, maggiore o più effi ciente, di metabolizzare le sostanze cancerogene attraverso meccanismi del proprio DNA non può garantire che ciò si verifi chi automaticamente per una specie o

per altre, in dipendenza anche della possibile diversa distanza evolutiva fra esse.

Neppure è stato scientifi camente dimostrato alcun contrasto dell’an-giogenesi tumorale — a seguito di inoculazione di estratti di cartilagi-ne — salvo qualche caso comunque negativo in cui sarebbero subentrati effetti collaterali importanti quali, ad esempio, la riduzione dell’assun-zione di ossigeno, vitale invece per l’animale in esperimento12.

Aldo Schiavo

Bibliografi a1. SCHIAVO A., Zuppa di pinne di

squalo, l’interesse del mercato mondiale, Nota prima, IL PESCE 2/2012.

2. SCHIAVO A., Zuppa di pinne di squalo, l’interesse del mercato mondiale, Nota seconda, IL PESCE n. 3/2012.

3. SCHIAVO A., Zuppa di pinne di squalo, l’interesse del mercato mondiale, Nota terza, IL PESCE n. 4/2012.

4. BAUM J. et al., Carcharhinus lon gimanus, in IUCN, Red List of Threatened Species, versione 2010.

5. VANNUCCINI S. (1999), Shark uti-lization, marketing and trade, Fisheries Technical Paper, n. 389, Roma, FAO.

6. OTTONELLO L. (2002), Lo squalo, in INDIVIDUAZIONE, Trimestrale di psicologia analitica e fi losofi a sperimentale a cura dell’Associa-zione GEA, Genova.

7. KHAN S., Fins for sale, The In-dipendent, 25 giugno 2006.

8. MARQUES L., Decimating Shark Population for Some Soup, ABC News (abcnews.go.com), 30 otto-bre 2006.

9. ELLIS R. (1975), The book of sharks. Grosset and Dunlap, New York.

10. Watch out for shark fi n soup, China Daily, URL consultato il 21 maggio 2009.

11. BARBUCCI R., SABATINI A., DAP-PORTO P. (1998), Tavola periodica e proprietà degli elementi, Firen-ze, Edizioni V. Morelli.

12. GARY K. OSTANDER et al. (2004), Cancer research, 64, 8485-8491.

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Per i buongustai del pesce la città di Rotterdam, in Olanda, offre una ristorazione con tante proposte interessanti. Nei locali tradizionali, come nei più numerosi ristoranti di cucina internazionale, francese ma anche asiatica, araba, mediterranea, il pesce è spesso protagonista. La ma-teria prima non manca ed è garantita dal fi orente settore della pesca che rappresenta una delle voci principali della produzione e dell’economia nazionale. SCHMIDT (Schmidt Zeevis Rotterdam BV, telefono: 010 214 06 73, [email protected]; www.schmidtzeevis.nl), il più importante rivenditore e distributore di pesce a Rotterdam, fornisce i migliori ristoranti della città, come il Las

Palmas o il De Matroos en het Meisje, lavorando a pieno ritmo. L’attività a conduzione familiare, fondata nel 1908, oggi dà lavoro a 120 dipenden-ti. Schmidt infatti vende il pesce ad alberghi e ditte di catering, ma anche alle navi da trasporto e da crociera (Rotterdam è un porto immenso) e a pescherie in vari Paesi stranieri. L’azienda tratta il prodotto in modo da rispettare standard di qualità e le leggi in materia di tracciabilità e sicurezza alimentare.

Vicino al moderno ponte Eras-mus, costruito nel 1996 su progetto dell’architetto Ben van Berkel per collegare la parte nord e sud di Rotterdam, Schmidt offre un saggio della qualità della sua merce nel

negozio di pesce che ha aperto con un angolo friggitoria. Qui si man-giano sul posto aringhe, calamari fritti, piatti di salmone, merluzzo, gamberetti e altre specialità (conto medio € 12, 00). E si compra pure pesce locale e “straniero”, come merluzzi, sogliole, aringhe, halibut, razza, pesci del Mediterraneo, dei mari del Nord e di altri Paesi, anche già preparati in tante ricette e pronti da cuocere.

I banconi di Schmidt espongo-no un assortimento che non lascia indifferenti. L’insegna con il logo nazionale indica la presenza di aringhe di qualità, uno dei prodotti più rappresentativi dell’industria ittica olandese e tra i più diffusi

Schmidt Zeevis:a Rotterdamsaggio di qualitàdel pesce olandesedi Massimiliano Rella

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I banconi del pesce da Schmidt.

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nella gastronomia locale. Preparata in modi diversi, per esempio mari-nata, affumicata, e anche cruda, l’aringa è un cibo abituale sulle tavole olandesi.

A maggio l’inizio della pesca della Clupea harengus è festeggiato anche nelle strade con la vendita del pescato su tradizionali carretti, nei ristoranti e nelle case con piatti golosi a base del gustoso pesce.

Anche se già conosciute e consu-mate in grande quantità in Scandi-navia come nei Paesi che formano l’attuale Gran Bretagna fi n dai tempi più antichi, fu proprio in Olanda — dove il commercio delle aringhe incominciò nel XIV secolo — che un pescatore di nome Willem Bueckels-zoon inventò il processo di essicca-zione e affumicatura delle aringhe, che ne permette la conservazione per lunghi periodi. Ne derivò lo sviluppo di nuove industrie di preparazione e conservazione e dell’attività di commercializzazione.

Il principale centro di lavorazio-ne delle aringhe si trova a Vlaardin-gen, nel sud dell’Olanda, ma altri porti sono frequentati dalla fl otta peschereccia olandese come Scheve-ningen, Katwijk e IJmuiden.

La pesca e le attività di conser-vazione, trasformazione e vendita assicurano all’Olanda un posto di rilievo nel mercato internazionale. Secondo il Dutch Fish Product Board, organizzazione di riferimen-to per il comparto, l’Olanda esporta

più pesce di quanto ne importi. Però, per il consumo interno, un quarto del prodotto è fornito dalla propria fl otta, mentre i rimanenti tre quarti provengono dalle importazioni; circa il 70% del pescato viene venduto fuori dei Paesi Bassi. Centinaia di imbarcazioni, di varie dimensioni e caratteristiche, formano la fl otta per la pesca. Ci sono 427 cutter, per la maggior parte da traino, e navi specializzate nella pesca dei gamberi o dei mitili, dotate di attrezzature all’avanguardia. Il pesce viene lavorato e congelato a bordo per conservarne le qualità nutrizionali.

Nella filiera sono importanti anche le aste per la vendita, che

si svolgono in appositi luoghi in regola con le norme dettate dall’U-nione Europea per la temperatura e l’igiene.

La lavorazione e la commercializ-zazione del pesce dà lavoro a più di 600 aziende nei Paesi Bassi, e circa il 15% del fatturato totale dell’indu-stria ittica è garantito dalle aringhe e altre specie di pesce pelagico, cioè pescato in alto mare.

Massimiliano Rella

NotaA pag. 89 il ponte Erasmus (architet-to Ben Van Berkel di UnStudio) visto dalla torre Euromast. Fotografi e di Massimiliano Rella.

L’insegna di Schmidt Zeevis con il logo nazionale indica la presenza di aringhe di qualità, uno dei prodotti più rappresentativi dell’industria ittica olandese.

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Nutrizione

Il termine “afrodisiaco” deriva dal mito di Afrodite, dea greca dell’a-more. Per afrodisiaco si intende una qualsiasi sostanza assunta allo scopo di esaltare la libido o migliorare le prestazioni sessuali. Tra mito e real-tà, è sicuramente vero che il cibo ha da sempre un legame intenso con la sensualità e la sfera sessuale. La qua-lità di un cibo, le sostanze proteiche, minerali e vitaminiche in esso con-tenute, apportano all’organismo un migliorato benessere generale, che si ripercuote necessariamente anche

Frutti di mare afrodisiaci,mito o realtà?

di Alfonso Piscopo

sulla sfera sessuale. Nell’antichità i Greci consideravano afrodisiaco il consumo di cipolle, miele, uova, tartufi , storione, pesci e crostacei (questi ultimi perché provenivano dal mare che aveva dato i natali pro-prio a Venere). Adoravano la rucola (“afrodisiaca erba d’eruca” come la defi nì OVIDIO nell’Ars amatoria) che cresceva spontaneamente intorno alle statue falliche del dio Priapo. I Romani preferivano cibarsi di testicoli di animali considerati par-ticolarmente prolifi ci: asino, lupo,

cervo e selvatici. Nel Medioevo si ricorreva al cervello di piccione, nel Rinascimento veniva indicato l’estratto di verga d’asino essiccata, mentre gli Orientali, ancora oggi, vanno in cerca del corno di rino-ceronte, delle pinne di squalo, dei testicoli di tigre (a scapito di animali che oggi rischiano l’estinzione).

Molte delle credenze popolari sopra citate sono state in qualche modo tramandate ai giorni nostri, per cui il fenomeno dei cibi afrodi-siaci è stato studiato anche dal punto

Considerata sin dal tempo dei Romani una prelibatezza, l’ostrica è probabilmente l’afrodisiaco più conosciuto (Giacomo Casanova ne mangiava cinquanta a colazione). Al di là delle credenze popolari, questo mollusco è la miglior fonte di zinco che esista. Ricordiamo, infatti, che lo zinco è un minerale che favorisce la funzionalità degli ormoni, in particolare il testosterone, ed è necessario per la produzione di sperma.

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di vista scientifi co. Sicuramente, per alcuni di essi, l’accostamento alla sessualità è più confacente alla sfera della suggestione che non all’azione propria dei cibi stessi. Tuttavia, vale la pena approfondire l’argomento.

Cibo e sessualità«I cibi freschi della cucina medi-terranea, favorendo il benessere generale, possono concorrere a una buona vita sessuale: le loro proprietà antiossidanti hanno effetti benefi ci sulla salute delle arterie e, di con-seguenza, sulle prestazioni sessuali: mangiare mediterraneo migliora la performance nel maschio e aiuta la donna a sentirsi meglio con la pro-pria sessualità». Lo ha sottolineato la professoressa KATHERINE ESPOSITO del Dipartimento di Geriatria e ma-lattie del metabolismo della Seconda Università di Napoli, intervenendo ad un recente convegno di Medici-na della riproduzione svoltosi ad Abano Terme. Sempre secondo la dottoressa Esposito, però, sarebbe la mente il primo vero afrodisiaco perché capace di armonizzare le sensazioni e consentire all’eros di emergere. «Indipendentemente dal singolo alimento o cibo, la sedu-zione a tavola utilizza ben più che un singolo senso» ha dichiarato al dottoressa. «In generale la combi-nazione di varie relazioni sensoriali, la soddisfazione visuale alla vista di cibi appetitosi, la stimolazione olfattiva dei loro piacevoli odori e la gratifi cazione tattile che viene offerta ai meccanismi orali da piatti ricchi e saporiti, tende a portare verso uno stato di euforia generale favorevole all’espressione sessuale». Insomma, è vero che alcuni cibi sono buoni alleati della sessualità per le loro caratteristiche vasodilatatorie o migliorative dell’umore, ma un con-creto effetto di attivazione sessuale fi siologica per molti di essi non è stato mai dimostrato. Le luci, i colori i suoni, la musica sono effi caci più di un medicamento perché, stimolando le endorfi ne ipotalamiche, agiscono sulla predisposizione a socializzare, stimolano la fantasia.

La preparazione dell’atmosfera e l’arte nel farlo è dunque il vero e proprio afrodisiaco.

La scienza ha comunque scoperto una certa attinenza di alcuni cibi con la sessualità e in particolare con la fertilità: ai primi posti si annoverano i frutti di mare, le ostriche, poi la carne e i prodotti di origine animale. L’eccezione pura tra gli alimenti è co-stituita dal cioccolato fondente, uni-co vero afrodisiaco ad avere un avallo completo dal punto di vista scientifi -co. «Recenti studi hanno dimostrato che il cioccolato nero, ricco di polife-noli, è capace di migliorare il fl usso sanguigno, che in teoria potrebbe contribuire a migliorare l’erezione» attesta l’endocrinologa Esposito.

Le ostricheL’ostrica è un mollusco che presenta la conchiglia esterna con due valve di forma variabile, tenute assieme da un sorta di cerniera. La conchiglia ha una forma circolare, rugosa, mentre l’interno delle valve è liscio, di colore bianco, formato da mate-riale madreperlaceo. All’esterno la conchiglia è grigia, macchiettata di bruno e viola. Il “frutto” interno ha forma tondeggiante, con i margini dei due lembi frangiati. La grandezza si aggira attorno ai 6-9 cm, ma può arrivare fi no ai 15-20 cm. I fondali costieri sono il suo habitat naturale. Può arrivare ad una profondità di 40 m; vive in branchi, di solito attaccata alle rocce o appoggiata sul fango. Le ostriche più conosciute sono:• Ostrea edulis (ostrica europea):

si trova nel Mediterraneo e in parte del Mare Adriatico, è un frutto di mare raffi nato, allevato come prelibatezza culinaria e per queste proprietà è l’ostrica più cercata e pregiata, dal gusto delicato e seducente;

• Crassostrea angulata (ostrica portoghese): conosciuta con il nome di ostrica concava, ha la conchiglia a forma ovale allun-gata con evidente concavità; è l’ostrica dal valore minore, le sue carni hanno un sapore forte, si trova con frequenza nei ristoranti italiani;

• Crassostrea gigas (ostrica giap-ponese): anch’essa conosciuta con il nome di ostrica concava, è il mollusco più allevato su scala globale (Cina in primis). Ha un

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Tabella 1 – Alimenti contenenti zinco (valori riferiti a 100 g)

Alimenti Zinco

Ostriche 39,30 mg

Fegato di vitello 12,02 mg

Grana 11,00 mg

Lievito di birra, fresco 9,97 mg

Cioccolato fondente amaro 9,63 mg

Cosciotto di agnello brasato 8,66 mg

Granchio in umido 7,62 mg

Cardamomo 7,47 mg

Aragosta in umido 7,27 mg

Semi di sedano 6,93 mg

Cacao amaro 6,81 mg

Spalla di vitello cotta 6,59 mg

Pinoli secchi 6,45 mg

Carne di manzo macinata magra cotta 6,20 mg

Fonte: www.valori-alimenti.com

Tabella 2 – Quantità di acido D-aspartico contenuta in alcuni alimenti (valori riferiti a 100 g)

Alimenti Acido D-aspartico

Proteine isolate della soia1 10,200 g

Polvere di albume 8,253 g

Merluzzo sotto sale 6,433 g

Alga spirulina, essiccata 5,793 g

Carne di coregone 5,670 g

Uovo in polvere 4,758 g

Farina di soia 4,342 g

Lievito di birra secco 4,150 g

Lupini 3,877 g

Storione affumicato 3,195 g

Seppia in umido 3,134 g

Tonno sottolio, sgocciolato 2.983 g

Alici o acciughe sottolio 2,958 g

Bistecca di manzo alla griglia 2,630 g

Bresaola 2,618 g

Filetto di maiale cotto 2,560 g

Grana 2,170 g

Prosciutto crudo magro 2,113 g

Fonte: www.valori-alimenti.com

sapore forte e si trova facilmente nei nostri ristoranti;

• Pinctada margaritifera (ostrica perlifera): si trova nell’Oceano Pacifi co, famosa per la produ-zione di perle.La fama dell’ostrica come afrodi-

siaco sembra essere dovuta più alla forma, che richiama gli organi genita-li, che ai suoi componenti. Tuttavia, questo mollusco è la miglior fonte di zinco che esista: una sola porzione (sei ostriche) fornisce più di 5 volte la quantità giornaliera consigliata.

Lo zinco è un minerale presente nei muscoli e nel fegato, è parte integrante delle ossa e dei denti; potenzia l’azione dell’enzima supe-rossido dismutasi che trasforma i radicali liberi in perossido di idro-geno, interviene nella formazione delle proteine, in alcune funzioni ormonali del sistema nervoso, nei processi di accrescimento e di ripa-razione dei danni tissutali e nella difesa immunitaria. La sua presenza è indispensabile per il metabolismo del fosforo, per la digestione dei carboidrati, per la sintesi dell’acido nucleico e per l’assorbimento delle vitamine. Lo zinzo poi agisce sulla funzione riproduttiva, come stabiliz-zatore del DNA dei gameti maschili e femminili (spermatozoi e ovociti). La sua presenza favorisce la funzio-nalità degli ormoni, in particolare il testosterone, ed è necessario per la produzione di sperma.

Scarse quantità di zinco possono arrecare disturbi alla crescita di tutti gli organi. Studi su soggetti di bassa statura (nani) a cui è stato somministrato zinco hanno dato ot-timi risultati, con aumento di altezza (8 cm in più dopo un anno e mezzo di terapia) e normalizzazione degli organi sessuali. Inoltre, è stato accer-tato che effettivamente la carenza di zinco provoca sterilità e impotenza.

Un lavoro scientifi co recente2 (fi ne 2011) ha dimostrato che le ostriche sono ricche di acido D-aspartico, un amminoacido coinvolto nella secrezione ormonale. L’acido D-aspartico, di norma, è presente nel liquido seminale (nei soggetti oligoastenospermici, l’amminoacido è in percentuale ridotta). L’acido D-aspartico favorisce l’ipotalamo e

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l’ipofi si a rilasciare gli ormoni (Gn-Rh e Lh) regolatori della produzione di testosterone da parte dei testicoli e di estrogeni e progesterone da parte delle ovaie. Lo studio in questione, svolto in collaborazione tra gli Stati Uniti e l’Italia, ha sorpreso gli stessi ricercatori della Barry University di Miami e quelli del Laboratorio di Neurobiologia-Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. I molluschi prelevati nei mercati di Napoli sono stati soggetti alla cromografi a liquida ad alta capacità, che ha rilevato la presenza di abbondanti tracce di amminoacidi rari come l’acido D-aspartico e l’N-metil D-aspartato. Il dott. Antimo D’Aniello ha inocu-lato questi amminoacidi nelle cavie stimolando la produzione di ormoni sessuali (testosterone nei maschi e progesterone nelle femmine). Alti livelli di questi ormoni nel sangue stimolano l’apparato sessuale.

In natura sia lo zinco che l’acido D-aspartico si trovano nei molluschi bivalvi (ostriche, vongole, capesante e mitili), nel pesce, nei latticini, nelle proteine della carne bovina e suina. La scelta di cibi che includono zinco e acido D-aspartico è ampia (Tabelle 1 e 2), basta variare e non mangiare sempre gli stessi cibi.

Effetti di un eccesso di zincoDi norma l’apporto di zinco con la dieta ne richiede una quanti-tà giornaliera di 10 mg nell’uomo e di 7 mg per la donna. Durante la gravidanza e nella fase di allat-tamento al seno si ha una notevole riduzione di zinco: ciò comporta conseguenze per la mamma e per il feto. Un apporto quantitativamente suffi ciente di zinco contribuirà alla crescita del neonato e la mamma equilibrerà quello perso con l’al-lattamento.

Come per tutti i minerali, un eccesso di zinco può indurre danni nell’organismo, che vanno dalla febbre alla nausea, al vomito, dis-senteria (malesseri spesso attribuiti dal medico a un semplice raffreddo-re); può comportare arteriosclerosi precoce, diffi coltà di coordinamento muscolare, alterazioni nell’assor-bimento di calcio-magnesio e nel metabolismo di ferro e rame. Se la quantità di zinco contenuta negli spermatozoi è in surplus, si possono verifi care aborti precoci e ripetuti.

L’American Association racco-manda invece alle donne incinte di ridurre il consumo di frutti di mare crudi poiché, oltre a contenere me-talli pesanti, sono potenti fi ltratori di sostanze spesso indesiderate e potrebbero indurre alcune malattie. L’apporto di zinco, in questo caso, deve essere ricercato da altre fonti alimentari.

Altri cibi ad effetto afrodisiacoAd altri cibi sono attribuite proprietà eccitanti:• caviale: essendo uova di pesce, si

riconduce all’idea di fecondità. Possiede notevoli quantità di zin-co che agiscono nella produzione di testosterone e progesterone e nella maturazione delle cellule ri-produttive (ovuli e spermatozoi);

• peperoncino: la sua azione vaso-dilatatrice favorisce l’affl usso di sangue ai tessuti;

• cioccolato: ha un’azione afrodi-siaca per il contenuto di teobro-mina e feniletilamina, due sostan-ze che agiscono nella produzione di serotonina (chiamato l’ormone dell’allegria e del buon umore);

• spezie: sono considerate afrodi-siaci lo zafferano, la paprika, il curry; la loro azione sembra che derivi più dalla suggestione dei diversi aromi emanati nei cibi che non da un’azione afrodisiaca vera e propria.A tavola ogni elemento partecipa

al piacere e sicuramente i cibi freschi, tipici della cucina mediterranea, favorendo il benessere generale, possono aiutare ad avere anche una buona vita sessuale. Via libera quindi a cibi ricchi di antiossidanti che hanno effetti benefi ci sulla salute

Merluzzo sotto sale, alimento ricco di acido D-aspartico.

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Parere EFSA sulle opzioni per il controllo del norovirus nelle ostriche

Le ostriche sono degli organismi fi ltratori e rappresentano un vero e proprio depuratore naturale; tutto quello che catturano dai fondali marini viene decantato, per cui, mangiate crude, trasferiscono tutte le sostanze incorporate nell’organismo umano, comprese quelle indesiderate. Il norovirus, denominato talvolta dai media anglosassoni “winter vomiting bug”, è una delle principali cause di gastroenterite acuta in Europa, spesso accompagnata da diarrea e vomito. Il virus si trasmette attraverso il consumo di alimenti o acqua inquinati da materiale fecale o, più spesso, da persona a persona mediante contatto diretto o per contatto con superfi ci infette. I molluschi bivalvi1 come le ostriche e le capesante costituiscono una fonte di infezione ben documentata, poiché possono accumulare e concentrare le particelle virali. Le ostriche contaminate dal norovirus rappresentano un particolare rischio per la salute umana, dato che vengono spesso consumate crude. Il gruppo di esperti scientifi ci BIOHAZ dell’EFSA è giunto alla conclusione, nella sua valutazione del rischio in proposito(17 gennaio 2012), che il norovirus è altamente infettivo e che la quantità di virus riscontrato in ostriche collegate a casi segnalati nell’uomo è estremamente variabile. Gli esperti scientifi ci sottolineano che in Europa il norovirus viene spesso rinvenuto in ostriche che pur soddisfano gli standard di controllo stabiliti nell’UE per i molluschi bivalvi.

L’EFSA ha valutato i metodi2 di rilevamento e le opzioni disponibili per il controllo della presenza del noro-virus nelle ostriche. La valutazione si è soffermata sull’uso di una tecnica (il cosiddetto metodo PCR3), peraltro già utilizzata con altri molluschi, per la ricerca e la quantifi cazione del norovirus nelle ostriche, sulla possibilità di defi nire un livello al di sotto del quale la presenza del virus nelle ostriche non comporterebbe un rischio per i consumatori e sulle possibili opzioni di controllo dopo la raccolta. Il gruppo di esperti scientifi ci ritiene che il metodo PCR sia adeguato per rilevare e quantifi care il norovirus nelle ostriche, purché vengano attuate opportune misure di controllo della qualità. Secondo gli esperti scientifi ci, i metodi attualmente usati per asportare il noro-virus dai molluschi necessitano di migliorie. Il gruppo scientifi co, in linea con la sua precedente raccomandazione generale formulata in riferimento ai virus di origine alimentare, raccomanda che le misure per ridurre il norovirus nelle ostriche si concentrino sulla prevenzione della contaminazione iniziale delle zone di produzione anziché sul tentativo di eliminare il virus dagli alimenti contaminati.

Il parere raccomanda ai gestori del rischio di prendere in esame l’eventualità di stabilire un limite ammissibile per la presenza di norovirus nelle ostriche destinate a essere raccolte e immesse sul mercato dell’UE. La defi ni-zione di criteri microbiologici generali favorisce la fi ssazione di limiti ammissibili e permette di determinare, tra le altre cose, i metodi analitici, i piani di campionamento e le azioni da intraprendere in caso di non conformità a tali criteri. Questi criteri possono essere utili per verifi care la conformità ai principi dell’analisi di rischio e dei punti critici di controllo (HACCP) e potrebbero essere impiegati come ulteriori strumenti di controllo nelle aree di produzione e nelle fasi di lavorazione e vendita al dettaglio.

Oltre a ciò gli scienziati raccomandano di condurre un’indagine di riferimento su tutto il territorio dell’UE in relazione alla contaminazione da norovirus delle ostriche, allo scopo di stimare l’esposizione generale dei con-sumatori. Un’indagine di questo genere fornirebbe tra l’altro informazioni che potrebbero essere utilizzate per valutare l’impatto sulla salute pubblica delle misure di controllo messe in atto nel tempo4.

Note1. I molluschi bivalvi sono molluschi marini o d’acqua dolce la cui conchiglia è formata da due parti unite da una

cerniera mobile. Il gruppo comprende, tra gli altri, vongole, ostriche, capesante e mitili. 2. Le misure di controllo e purifi cazione attualmente applicate consistono nel trattamento termico, nella depurazione

(immersione dei molluschi in serbatoi contenenti acqua marina pulita) e nel trasferimento dei molluschi da zone contaminate a zone pulite.

3. L’approccio attualmente utilizzato per la rilevazione della presenza del norovirus nei molluschi bivalvi si avvale del metodo della reazione a catena della polimerasi in tempo reale con transcrittasi inversa (rRT-PCR).

4. Nell’Unione Europea la protezione delle acque in cui vengono allevati i molluschi prevede attualmente la realizzazione di una serie di indagini ambientali sulla zona circostante i bacini di produzione e il monitoraggio della contaminazione delle acque da materiale fecale umano attraverso la ricerca nei molluschi bivalvi di livelli di E. coli superiori a un dato limite. Tuttavia, il norovirus è spesso rinvenuto in ostriche che, per il resto, soddisfano gli standard di controllo fi ssati per i molluschi bivalvi. Finora non è stato possibile stabilire criteri per la riapertura delle zone di produzione di molluschi chiuse in seguito alla segnalazione di casi di infezioni da norovirus, il che rende diffi cile l’adozione di decisioni in tal senso da parte delle autorità nazionali. A questo proposito, l’Autorità irlandese per la sicurezza alimentare ha chiesto all’EFSA di svolgere la suddetta valutazione del rischio per ottenere un parere sulla possibilità di defi nire un limite accettabile per la presenza di norovirus nelle ostriche che possa fornire una base scientifi ca per la riapertura delle zone di produzione.

(Fonte: EFSA)

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delle arterie e, di conseguenza, sulle prestazioni sessuali e riproduttive.

Dott. Alfonso PiscopoVeterinario del Servizio

sanitario nazionaleNote1. La fertilità maschile potrebbe

essere compromessa da una dieta a base di soia. Ricerche in tal senso sembrano dimostrare l’in-terferenza negativa della soia e dei suoi derivati sulla produzione di spermatozoi. All’incirca sono 41 milioni in meno di cellule sper-matiche per millilitro di liquido seminale. In condizioni normali la quantità oscilla tra 80 e 120 milioni per millilitro. In passato le ricerche sono state effettuate su animali in cui si era individuata una correlazione tra gli isofl avoni (estrogeni naturali presenti nella soia) e l’infertilità maschile. Nel periodo tra il 2000 e il 2006, 99 uomini sono stati monitorati per valutare la loro fertilità. Tra i cibi antiossidanti è stata inclusa la soia, con ben 15 prodotti a base

di soia sottoposti ad analisi. Ai soggetti, divisi in quattro gruppi in base alla presenza di soia nella die-ta, è stato chiesto di compilare un questionario, con domande relati-ve al consumo di soia. Dall’analisi dei dati è emerso che il consumo di soia e derivati, paragonato alla qualità del liquido seminale, dava un rapporto inversamente proporzionale tra il consumo del

legume e la diminuzione di numero degli spermatozoi. Studio elabo-rato presso la Harvard School of Public Health di Boston coordi-nato da Jorge Chavarro, 2008.

2. MIRZA R.A., POISSON J-J., FISHER G.H., D’ANIELLO A., SPINELLI P., FERRANDINO G. (2011), Do marine molluscs possess aphrodisiacal properties?, American Chemical Society, www.chemistry.org

Acido D-asparticoÈ presente nel sistema nervoso e nelle ghiandole esocrine e endocrine, dove svolge importanti attività fi siologiche. Si trova principalmente in alimenti di origine animale.

ZincoÈ presente nei muscoli e nel fegato, è parte integrante delle ossa e dei denti. Insieme al rame potenzia l’azione dell’enzima superossido dismutasi che trasforma i radicali liberi in perossido di idrogeno (acqua ossigenata), interviene nella formazione delle proteine, in alcune funzioni ormonali del sistema nervoso, nei processi di accrescimento e di riparazione dei danni ai tessuti e nella difesa immunitaria. La sua presenza è indispensabile per il metabolismo del fosforo, per la digestione dei carboidrati, per la sintesi dell’acido nucleico e per l’assorbimento delle vitamine.

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Il pesce in tavola

I bambini, si sa, non amano troppo il pesce: il gusto “di mare” deve quindi la maggior parte delle volte essere coperto con panature e fritture e sughi perché essi possano usufruire degli importantissimi Omega-3 e di tutte le altre proteine e vitamine che contiene. Oltre alle modalità di preparazione, però, occorre anche scegliere con attenzione il tipo di pesce da sottoporre al loro palato delicato: ecco perché si inizia in genere col merluzzo (lo vedono nella pubblicità presentato in maniera accattivante e perciò ne sono attratti) e il passo successivo è quello della sogliola. Perché le sue carni sono morbide e di qualità eccellente: i Romani la chiamavano Solea Jovis (sandalo di Giove), per indicarne la

bontà, e dall’Ottocento in poi (dopo un periodo in cui veniva considerata simile a tutte le altre specie) è stata recuperata dalla cucina francese, incoronata “regina dei pesci” e ne sono state create ricette specifi che arrivate fi no a noi (è anche stata servita al Quirinale, il 2 luglio 1871, quando Roma è diventata capitale del Regno d’Italia!).

Basta solo dare un’occhiata alla terminologia che la riguarda: à la meunière, ad esempio, in cui la sogliola è leggermente infarinata, rosolata nel burro e servita ricoperta col suo fondo (reso color nocciola) e prezzemolo tritato. Ma ad essa si adattano bene anche le metodolo-gie alla Walewska guarnita con fette di aragosta in salsa mornay (il nome

deriva probabilmente da Alexandre Colonna, conte di Walewska, mini-stro degli esteri di Napoleone III), à la dieppoise (rosolata al burro, scalogni tritati, champignons, bro-do di pesce e servita con un roux ai gamberetti e cozze) e alla Colbert (impanata, fritta e decorata con burro maître d’hôtel, ovvero al prezzemolo, succo di limone e senape di Digione).

La raffi natezza di queste pre-parazioni è l’ABC imparato da-gli chef, che poi fanno proprio o se ne discostano (a seconda della personalità del singolo) per cucina-re la sogliola in modalità a loro più congeniali.

GIANFRANCO VISSANI, per esempio, prepara un fi nger food nel bicchiere

Incuriosisce i bambinie ingolosisce gli adulti: la sogliola

di Giorgia Fieni

Sogliola à la meunière, stile Julia Child.

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da aperitivo con una base di riso soffi ato al cioccolato su cui deposita lamponi freschi, sogliola marinata nel framboise e spuma di pistacchi.

MAURO ULIASSI reinventa l’insala-ta di mare chiamandola “Omaggio a Martin Berasategui” (lo chef ba-sco), cucinando una base di gelatina all’acqua di pomodoro su cui serve astice, calamaro e sogliola cotti al vapore con frutta (lamponi, mirtilli, fragole) e verdure, salsa di lattuga e olive taggiasche.

GUALTIERO MARCHESI la usa per una versione ittica del suo raviolo aperto di sfoglia al prezzemolo, con l’aggiunta di capesante, vino bianco e zenzero. MARCO PIAZZA la fa dorare in padella e la arricchisce con ane-to, burro salato e mandorle tostate salate. ALAIN DUCASSE la cucina coi porcini. E ALESSANDRO BORGHESE ne tratta i fi letti con sale al sedano, li arrotola, li cuoce in vaporiera con acqua aromatizzata agli agrumi e li serve con agrumi freschi e salsa all’arancia e zenzero.

Già, i fi letti. Effettivamente una delle problematiche che si presen-tano nel cucinare la sogliola (e in-tendiamo la comune Solea vulgaris, anche se ne esistono pure le varietà lascaris, impar, kleini e senegalen-sis, diverse per lunghezza) sta nel prepararla. Essendo un pesce piatto (poggia sul fondale sul lato chiaro e ha entrambi gli occhi su quello scuro — colorazione che l’aiuta a mimetiz-zarsi con la sabbia circostante) ha le interiora subito sotto le branchie, per cui basta praticare un piccolo taglio per estrarle. Per spellarla, invece, bisogna partire dal punto di congiunzione della coda con il corpo usando un coltellino affi lato che la toglie iniziando da un lembo sul lato scuro e continuare tale operazione anche dal lato chiaro. Infi ne, dopo questo lavoretto che richiede un po’ di forza, si gira la sogliola tenendo verso di sé la coda e si inizia con la sfi lettatura, incidendola al centro dalla testa e seguendo la struttura ossea per separarne la carne. Ho letto che, se la sogliola è femmina, sotto il fi letto si può trovare una sacca arancione, le uova… e c’era pure scritto che sono ottime se servite fritte come aperitivo!

Ecco, se vogliamo che i bambini imparino ad apprezzare il gusto del-la sogliola, forse è meglio non farli assistere a questa parte della prepa-razione. Via libera invece al presen-targliela nel piatto nelle modalità più varie e fantasiose. Vediamone quindi alcune che possiamo realizzare nelle nostre cucine non professionali, con una sola avvertenza: sappiate che sono ricette molto golose anche per gli adulti!

Partiamo dall’antipasto: con vol-au-vent alla sogliola e indivia belga cotte in padella con olio, burro, sale e succo d’arancia. Oppure la serviamo a millefoglie con zucchine e speck croccante. O in quiche con gli asparagi.

Come primo piatto prepariamo le lasagne di pesce oppure aggiungiamo la sogliola (spezzettata e rosolata in olio, sale e vino bianco secco o ver-mouth) alle trenette al pesto.

Se preferiamo una minestra, basta cucinarla con aglio, olio, po-modorini, sale acqua e quadrucci all’uovo, servendola con prezzemolo e pane tostato. Ma possiamo anche prepararne un sugo al vino bianco e pomodoro e usarlo per condire ravioli ripieni di ricotta, uovo, burro, prezzemolo, sale, pepe, noce moscata.

Come secondo piatto cuciniamo i turbanti: involtini di pesce ripieni o di olive taggiasche, patate e prez-zemolo o di semplici spinaci saltati in aglio e olio, poi cotti in sugo di pomodoro. Oppure mariniamo per 6 ore la sogliola in yogurt e un com-posto frullato di cumino, curcuma, chiodi di garofano, cardamomo, chili in polvere, semi di senape gialla e spicchi d’aglio e poi la cuociamo 30 minuti a 180°C avvolta nella carta da forno: è l’indiana tandoori.

Se la preferiamo “alla russa”, la rosoliamo in anelli sottili di cipolle, fettine di mele acidule, limone e pepe. I fi letti alla fi orentina, infi ne, ne prevedono una prima cottura in forno con vino bianco e brodo di pesce ed una seconda, con grati-natura, se li disponiamo in pirofi la alternandoli con spinaci al burro, parmigiano grattugiato ed una salsa di besciamella, fondo di cottura del pesce, panna e groviera.

Nessuno, in nessun Paese al mondo, ha però pensato di creare un dessert a base di sogliola. I bambini d’altronde hanno sempre particolar-mente amato il sapore dolce… Chissà che questa idea non possa essere la lampadina giusta per accendere la fantasia ed iniziare a pensarci.

Giorgia Fieni

Turbante di sogliola con carciofi .

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Curiosità

Un anno fa, durante una camminata nei pressi di Carpi (MO), avvistai una gran quantità di grossi bivalvi nella melma di un canale di irrigazione. Cercai di raccoglierne qualcuno,

ma l’impresa non fu facile, essendo i bordi del canale ripidi e scivolosi. Finalmente, con vari attrezzi e tanta pazienza, riuscimmo a prenderne tre! La conchiglia, vuota, bruna-

stra e con strie concentriche all’e-sterno, nascondeva una magnifi ca madreperla all’interno. Di notevole dimensione (18 cm), sembrava più una conchiglia dei Paesi tropicali

Il mistero della conchigliadi Josette Baverez Blanco

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che di una canale di irrigazione della cosiddetta Bassa modenese.

Per un anno, a casa, il gioco fu di chiedere agli amici da dove provenis-se la conchiglia. Tutti a rispondere, sapendo che siamo amanti di viaggi e di mari, che l’avevamo presa, magari anche in modo illecito, in qualche isola tropicale o in Australia! Ogni volta la reazione era di stupore quando, dopo una risata, svelavo che l’avevo raccolta a pochi chilometri da Modena… Iniziavano allora a susseguirsi le più svariate ipotesi su come avesse fatto ad arrivare in zona un esemplare all’apparenza così esotico.

La conchiglia, messa bene in mo-stra su una credenza, non smetteva di sollecitare la mia personale curiosità e fi nalmente, un anno dopo, sono riuscita, per così dire, a darle un nome: Unio pictorum. Si tratta di un grande mollusco bivalve con guscio di forma quasi ovale, leggera, larga fi no a 20 cm e panciuta: secondo alcuni, acclimatatasi recentemente in Italia, proviene però dal Centro Europa; secondo altri, invece, questa cozza d’acqua dolce di notevoli proporzio-ni sarebbe presente nei nostri fi umi e canali da tempi remoti. Sulla facciata esterna, brunastra, si leggono i segni di accrescimento, mentre l’interno è di materiale madreperlaceo più o meno brillante. Lo spessore massimo viene raggiunto subito dopo l’umbo-ne. L’Unio pictorum, in passato usata

dai pittori per miscelare i colori, fa parte della famiglia degli Unionidae, ordine Unionoida, classe bivalvia paleoheterodonta, e fu descritta la prima volta da LINNAEUS nel 1758. La famiglia è stata defi nita nel 1820 da RAFINESQUE mentre il genere da PHILIPSSON nel 1788. Vari i sinonimi che si trovano nelle vecchie nomen-clature: cozza o mitilo d’acqua dolce, mitilo dei pittori, muscolo acqua-tico e anche anodonta, che è della stessa famiglia. In effetti, i bivalvi appartenenti ai generi Anodonta, Unio e Mycrocondylaea sono simili alle comuni “cozze di mare” ma si distinguono per le loro dimensioni che variano dai circa 20/25 cm per la specie Anodonta, ai circa 10/11 per la specie Unio, fi no ai 9 cm della specie Mycrocondylaea. Nel leggere questi dati, la mia conchiglia potrebbe assomigliare anche ad un’Anodonta Cygnea, simile all’Unio pictorum. Leggo poi che il bivalve di dimensioni maggiori delle acque dolci europee è il Margaritifera margaritifera, dalla robusta conchiglia madreperlacea lunga fi no a 15/20 cm, che si trova in acque povere di sali, sepolta nella sabbia o nella ghiaia dei grandi fi umi dall’intensa corrente. Già al tempo dei Romani, era conosciuta e apprez-zata per le sue perle, a causa delle quali è stata indiscriminatamente pescata fi no al secolo scorso.

Questi molluschi presentano la caratteristica comune di un alto

grado di adattabilità all’ambiente, potendo vivere, anzi sopravvivere, anche in ambienti fortemente inqui-nati, come per esempio corsi d’acqua che accolgono scarichi industriali. Solitamente si trovano in acque stagnanti o lentamente fl uenti con fondo melmoso, nel quale si infi ggono con parte della conchiglia. Non sono esattamente gasteropodi ma bivalvi, ottimi fi ltratori naturali e, proprio per questa caratteristica, vengono usati negli acquari per ararne il fon-do e ossigenare e purifi care l’acqua.

Filtrano fi no a 40 litri di acqua in un’ora da cui ricavano fi toplancton e zooplancton, oltre che sostanze organiche in sospensione di vario genere di cui si nutrono. Dal sedi-mento estrofl ettono i due sifoni che servono loro sia per respirare che per fi ltrare gli organismi in sospensione. Purtroppo rilasciano gran parte di ciò che hanno assorbito quando muoiono.

Per quanto concerne la prolife-razione, come per gli altri organismi sessili, rilasciano sperma e uova quando la temperatura è favore-vole per la loro riproduzione e ciò accade di solito attorno ad una temperatura del fondo di 12/14°C, in primavera. Ogni esemplare emette 25.000-30.000 uova fecondate che vengono mangiate perlopiù dalle specie ittiche. Dalla riproduzione nasce una larva che, se non mangiata, trascorrerà un ciclo di vita o sospesa nel plancton o attaccata con uno speciale uncino alle branchie interne dei pesci o alle pinne della coda, ove rimarrà per alcune settimane (fi no ad un anno) per poi lasciarsi cadere sul fondale e diventare un organismo adulto e autonomo.

Una curiosità legata ai molluschi del genere Unio sp. è quella di essere designati come nursery per la depo-sizione delle uova del Rodeo amaro (Rhodeus sericeus), un particolare pesce delle nostre acque. La femmina di questo ciprinide è dotata di un ovopositore lungo fi no a 5 cm che infi la nella cavità branchiale del bivalve. In acquario si può osservare bene quel che succede: il maschio del rodeo continua a picchiettare la con-chiglia fi no a che il mollusco arresta la chiusura delle sue valve. A questo

La conchiglia ritrovata.

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punto la femmina entra in azione deponendo le uova al suo interno ma vicino al bordo esterno, in modo che il maschio le possa fecondare.

Questi rimane nei pressi durante la deposizione e libera il suo liquido seminale che verrà ispirato dal sifone inalante del mollusco, andando così a fecondare le uova! In tal modo è certo che la prole sarà protetta fi no alla schiusa, aumentandone la pos-sibilità di sopravvivenza.

I bivalvi della famiglia Unioni-dae sono migliaia in particolare nel Nord Italia, a valle della diga sul Po, ma quando si chiudono le paratie e l’acqua cala improvvisamente rischiano di rimanere all’asciutto e morire. Molti erano presenti in passato nelle Lanche del Ticino; sono ancora tanti invece nella provincia di Alessandria.

In Toscana, vicino a Pisa, se ne è trovato uno di 26 cm dal peso di 1,8 kg in una cava in prossimità del mare, probabilmente portato dal Magra. Il fi ume Bisenzio, a Prato, il lago di Bolsena: sono numerose

le zone di ritrovamento di questo mollusco che continua a stupire chi ci si imbatte per caso! Una cosa è sicura però, data la loro azione depuratrice non sono assolutamente commestibili.

Josette Baverez Blanco

NotaA pagina 105 una tavola con disegni di conchiglie del biologo, zoologo e fi losofo tedesco ERNST HEINRICH HAECKEL (1834-1919). Insegnò a Jena e fu uno dei principali esponenti del darwinismo in Germania.

Il Rhodeus sericeus amarus.

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È stato un successo in termini di presenze e contenuti l’edizione 2012 di AQUA, l’evento congressuale e fi eristico organizzato ogni 6 anni da European Aquaculture Society (EAS) e World Aquaculture Society (WAS), svoltosi a Praga dall’1 al 5 settembre scorsi e presieduto da MI-CHAEL NEW, OBE. Il tema riassuntivo dei 440 poster scientifi ci presentati era “Securing our Future”, che tra-dotto in italiano esprime una volontà concreta di lavorare per garantire a tutti noi e a chi verrà un futuro diverso, sicuramente migliore. Il focus è quindi stato sulle implicazioni della ricerca scientifi ca in materia di sicurezza alimentare a livello globale e regionale, oltre che sul commercio di prodotti ittici d’allevamento e sullo sviluppo dei prodotti d’acquac-oltura nei mercati ittici. Si è anche discusso di sostenibilità, ambienta-le ed economica, e dell’immagine dell’acquacoltura. «Il futuro è ciò che facciamo oggi — dichiarano i rappresentanti di European Aqua-culture Society — sia per alleviare la povertà, sia per organizzare le risorse dei prossimi decenni in modo responsabile e per educare, formare e gestire le conoscenze delle prossime generazioni di ricercatori in materia di acquacoltura, di produttori ittici e operatori del settore».

I tre presidenti del comitato scientifico di AQUA 2012, MARCO SAROGLIA, José Polanco e Zdenek Adamek, hanno messo insieme oltre 50 sessioni tecniche con tematiche

AQUA 2012, il futurodell’acquacoltura

Convegni

che includevano l’ambiente, la bio-diversità e i cambiamenti climatici, la certifi cazione nell’acquacoltura, l’acquacoltura e la salute umana, i si-stemi produttivi, mangimi e additivi, benessere animale, salute e malattie dei pesci, allevamento e genetica e molti altri ancora.

AQUA 2012 è stato organizzato con la partnership dell’Università della Boemia meridionale, punto di riferimento per la pesca e l’acqua-

coltura ceca. Signifi cativi i numeri della manifestazione:• oltre 440 poster scientifi ci;• più di 600 presentazioni;• 100 gli espositori di attrezzature

e servizi;• 2.000 partecipanti;• 76 i Paesi presenti.

• Per info:www.was.orgwww.easonline.org

Una veduta degli spazi espositivi e dei poster scientifi ci all’interno del Centro Congressi di Praga.

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I ragazzi sono il nostro futuro e qui a Marinandoci insegnano a rispettare ed amare il mare

«La XXVII edizione di Marinando è per noi un momento molto importante perché avvicina gli studenti alla realtà del mare. È nostro compito insegnare ai giovani a comprendere meglio tutto quello che signifi ca come risorsa e tutto quello che bisogna fare per rispettarla: il mare presenta molte problematiche ma anche potenzialità. Le criticità principali che abbiamo davanti sono la diminuzione della risorsa marina, c’è, infatti, sempre meno pesce in mare, e tutte quelle situazioni di inquinamento presenti in alcune zone. Bisogna lavorare su questi due fronti. È indispensabile pescare meno e soprattutto pescare meglio. È nostro compito salvaguardare i redditi dei pescatori e su questo aspetto stiamo lavorando a Bruxelles per avere le giuste soluzioni». Così il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Mario Catania, ha commentato da Ostuni la cerimonia conclusiva della XXVII edizione del Festival Marinando, la campagna promossa dal 1995 dal dicastero per sensibilizzare i giovani sull’importanza del mare e delle sue risorse, che ha visto nella fase fi nale in piazza oltre 400 ragazzi tra gli 11 e i 18 anni provenienti dalle scuole di primo e secondo grado italiane e del bacino del mediterraneo. Tre dei primi spettacoli classifi cati torneranno sulle scene anche a Marinando Teatro Roma Fest, in una serata speciale lunedì 12 novembre al Teatro Parioli di Roma, che rappresenterà un ulteriore ed effi cace momento di comunicazione dei valori della campagna.

>> Link: www.marinando.info

Nella riunione tenutasi lo scorso 30 agosto presso ASTRO-Associazione Troticoltori Trentini, presenti i responsabili delle aziende produttrici di uova, sono stati stabiliti i prezzi relativi all’annata 2012/2013 riportati in Tabella. (Fonte: ASTRO-Associazione Troticoltori Trentini)

Prezzi €/1.000 uova 2012/2013Uova Iridea Settembre-Novembre € 12.00

Dicembre-Marzo € 11.50

Aprile-Giugno € 12.00Uova Fario € 9.50Uova Salmerino alpino € 21.00

A Limone sul Garda, la pesca racchiusa in un museo

Reti di ogni tipo, barche, immagini fotografi che, reperti storici, tutto rigorosamente repertato e didascalizzato in tre lingue. Limone sul Garda ha un museo dedicato al mestiere del pescatore, alle sue fatiche, alle vicende umane che hanno caratterizzato decenni di vita del centro, ora completamente turistico, sulla riva occidentale del Benaco (a fi anco, una parte del Museo dei Pescatori appena inaugurato). Frutto del minuzioso e certosino lavoro del gruppo pescatori locale, guidato da Bernardo Tosi, con la collaborazione di Antonio Martinelli, presidente della biblioteca locale, il museo è stato lo scorso settembre. «C’è tutto il valore della conservazione delle tradizioni in questo progetto — ha detto l’assessore regionale De Capitani durante l’inaugurazione — che oggi diventa anche occasione di turismo e cultura. La pesca d’acqua dolce fi no a un secolo fa era una attività economica che sosteneva l’intera comunità di Limone». Poi è cambiato tutto, «ma questo non signifi ca che non debba essere tutelata, come attività dilettantesca e professionistica». «Questo museo è un segno tangibile del nostro passato — ha detto il sindaco Risatti — una comunità senza memoria è una società senza valori. Con il museo vogliamo ringraziare chi ha gettato le basi del nostro benessere. Noi veniamo da lì, cento anni dopo, e non possiamo dimenticare quella che per i Limonesi è stata la madre di tutte le attività economiche, anche se oggi il lago non vive più di pesca». (Notiziario AIOL)

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IL PESCE, 5/12 111 Via Scafatella C.da S. Maria La Nova (NA)

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112 IL PESCE, 5/12

Rassegne

Un altro brodetto è possibile! Basta con i pesci immersi nel pomodoro e stracotti dove non si riconosce più l’uno dall’altro. La CONFESERCENTI di Fano lavora già da 10 anni per la riqualifi cazione di questo piatto, affi dandosi sia alla creatività di chef che ad una giuria tecnica capeggiata dall’infaticabile Enzo Vizzari, di-rettore delle Guide de L’ESPRESSO. Per la decima edizione il festival ha proposto uno show cooking al posto della gara. Grandi chef, vincitori delle precedenti edizioni, hanno riproposto i brodetti in abbinamento con vini marchigiani e internazionali. Il sommelier Otello Renzi e l’eno-logo Alberto Mazzoni dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini hanno condotto le degustazioni sia dei vini del territorio che dei vincitori della Selezione internazionale vini da pesce.

La rivincita del brodetto dunque parte da Fano. Dieci anni di manife-stazione, dedicata a questa pietanza antica di recupero, è riuscita a dare un nuovo volto e, soprattutto, un futuro a questo piatto che stava quasi scomparendo. Nato sulle barche che navigavano per alcune settimane alla ricerca del pesce, tutto quello che rimaneva impigliato nelle reti si immergeva in un bel concentrato di pomodoro e aceto. Insieme al brodetto in barca esisteva un’altra alleata, la Moretta, bevanda calda e ristoratrice, fatta di caffè, limone e alcool. Il punch dell’Adriatico per intenderci.

Ma torniamo all’odierno bro-detto. «Lo chef — dice MAURO

Un altro brodetto è possibileAl Festival Internazionale del Brodetto e delle Zuppe di Pesce 2012,che si è svolto al Lido di Fano da venerdì 7 a domenica 9 settembre,

un grande show cooking ha permesso di assaggiare insoliti brodettiinsieme a vini marchigiani e internazionali

di Stefania Monaco

ULIASSI — è un direttore d’orche-stra, tutti i pesci rappresentano gli strumenti; se il brodetto è fatto a regola d’arte allora sì che verrà fuori l’armonia nel piatto». Le due versioni presenti all’edizione 2012 superano l’armonia per raggiun-gere note armoniche subliminali. Il mare in una bottiglia anzi in un vaso ermetico, da portare con sé.

Uliassi, dinamico, porta occhiali

da sole scuri, «fa fi go e non impegna» dice, e parte in quarta alla prepara-zione dei due brodetti insieme a MAU-RO PAOLINI, sous chef, da vent’anni con lui. «Non può più esistere un brodetto dove si pianta tutto in un padella sul fuoco con pomodoro e si mischiano tutti i sapori» sottolinea. Abbassa le temperature di cottura, mettendo il tutto nel vaso di vetro con un sugo ottenuto da scampi e acqua

Uliassi ha proposto ai suoi “afi cionados” un brodetto racchiuso in un ba-rattolo di vetro (ricetta che lo portò alla vittoria del Festival nel 2008) e una zuppa con fondo di nero di seppia con sentori di salsedine che i presenti hanno giudicato come uno dei migliori piatti assaggiati durante la kermesse.

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Wiki Brodetto

Il brodetto di pesce (u’ bredette in termolese, broeto in Lingua veneta, el brudèt in fanese, lu vredòtte nel dialetto di Giulianova, lu vrudàtte in dialetto vastese, lu vrudètte in sambenedettese, Brudèt ad pès in romagnolo) è il piatto simbolo della cucina marinara dell’Adriatico, in particolare veneta, termolese (ricetta uffi ciale sottoscritta da un notaio e registrata come “Brodetto di Tornola” su iniziativa dell’Accademia Italiana della Cucina sezione di Termoli), marchigiana ed abruzzese. Nelle regioni tirreniche è d’uso la zuppa di pesce. Il brodetto è nato come piatto povero dei pescatori dell’Adriatico che utilizzavano quel pescato che era diffi cile da vendere a causa della sua bassa qualità o delle dimensioni dei pesci, troppo piccoli, i quali addirittura, quando il pesce era troppo poco, utilizzavano dei pezzi di scoglio con attaccate alghe e molluschi. Due regioni si contendono la paternità della ricetta: Romagna e Marche. Da questo derivano due scuole di pensiero vere e proprie: in Romagna non è brodetto senza la gallinella che nelle Marche è sostituita con il San Pietro. E come sempre ogni paese dell’Adriatico ha la sua piccola variante che non altera nella sostanza la ricetta base. Ha come caratteristica l’utilizzo di molte qualità di pesce, almeno nove/dieci: seppie, triglie, sogliole, palombo, rospo, pannocchie (in romagnolo “canocchie”), scorfano, merluzzo, frutti di mare, calamari, razze, gallinelle, San Pietro, vongole, granchi, cozze e tracine. Queste specie di pesce inoltre variano a seconda della stagione in cui si assapora il brodetto. (Fonte: Wikipedia)

di vongole, a cui si aggiungono erbe aromatiche, pomodoro, aglio, lemon grass, basilico, scampetto, cozza, canocchia, vongole. Posto a freddo nella padella a fuoco basso, con cottura (dalla bollitura) di 8 minuti, ecco una piacevole zuppa in vetro di piccantezza gradevole, cottura ineccepibile, fondo di brodo grasso e confortevole e un fi nale freschissimo. Divertente da proporre al volo.

Uliassi-Ulisse conduce la naviga-zione con un altro brodetto: scuro dal

andata e ritorno grazie al lemon grass alleato sicuro in termini di freschezza e di pulizia. Al palato

fondo di coccio, rimanda alla pesca notturna, alla chiazza di petrolio in mare e nasconde un viaggio asiatico

Mauro Uliassi dell’omonimo risto-rante di Senigallia (AN).

A sinistra: zuppetta chiara di pesce al profumo di lentischio e limone, burgul di cuscus in crosta di pane carasau preparata da Luigi Pomata dell’omonimo ristorante di Cagliari. A destra: lo chef Pomata.

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Il Festival Internazionale del Brodetto e delle Zuppe di Pesce continua a rinnovarsi e a crescere in termini di numeri e di qualità:• oltre 100.000 le presenze — soprattutto dal Nord Italia ma anche dal Centro

e dal Sud — durante le 4 giornate del Festival, giunto alla sua decima edizione;• 35 eventi proposti dal programma, 12 dei quali degustazioni di piatti di pesce;• 13 dirette di Decanter di Radio 2 seguitissime dal pubblico del Festival;• ben 30.000 porzioni di pesce vendute dai 6 ristoranti della “Spiaggia del Gusto”;• 6 cooking show;• oltre 60 gli espositori coinvolti con stand e prodotti tipici;• oltre 300 le persone impegnate nell’organizzazione.

>> Link: www.festivalbrodetto.it

ha una consistenza come un brodo di carne, caramellato, si sente il ca-lamaro alla griglia, e tutti brodetti che Uliassi prepara a parte, per poi unire in un armonia sabbiosa che si sposa con il candore del pesce, sapore scandito pezzo per pezzo adagiato su questo mare.

Altro chef del brodetto delle meraviglie è ALBERTO FACCANI (37 anni, bolognese) del Magnolia di Ce-senatico che tiene a precisare che la sua è una cucina giovane. Introduce con un ironico Spaghetto allo scoglio cotto e messo in fi la, nel senso un fi lo dopo l’altro e sottovuoto. Un ottimo antipasto. Pesci integri all’interno con una buona esposizione senso-riale. Decisamente un perfetto ben-venuto, piatto fresco, dolce preludio ad una buona tavola. Il Brodetto di Alberto (vincitore dell’edizione 2009)

è un raviolo! Triglie, code di rospo, mazzancolle passati a ragù, tutti i rimasugli fanno un fumetto; il bro-detto è composto da un concentrato di pomodoro e brodo di estrazione di cozze, fi ltrato e lasciato lì per tre ore. Nasce così una sorta di ridu-zione di brodetto. Lo chef prepara un raviolone di pasta gialla elastica a base di tuorlo, siamo in Romagna! Adagia dentro dei pesci crudi battuti e conditi con sale, pepe e olio. Su tutto crostoni di pane a briciole.

Al cibo da strada ci pensa LUIGI POMATA dell’omonimo ristorante di Cagliari (vincitore dell’edizione 2011) con un cannolo di pane cara-sau insieme a tartare di zuppa di pesce. Elegante e pratico da proporre anche come aperitivo. Incisiva la sua zuppetta chiara di pesce al profu-mo di lentischio, limone, bulgur di

cuscus in crosta di pane carasau. La zuppetta di pesce povero con tracina, gallinella, spigola e scorfano naturalmente squamato, eviscerato e deliscato. Con le spine prepara un brodetto con ghiaccio, schiumato.

Aggiunge una nota mediterranea, l’incredibile olio di lentischio che viene venduto a 100 euro al litro, ricavato da una bacca, un tempo sostituto per i poveri dell’olio di oli-va. Un piatto divertente e fragrante coperto dal carasau che custodisce all’interno del piatto tutti i profumi del brodetto.

Tra gli chef locali FEDERICO DEL MONTE del ristorante Vicolo del Cu-rato di Fano, allievo tra gli altri di Anthony Genovese del Pagliaccio, ha proposto uno dei brodetti più interessanti, il brodetto in baccalà.

Stefania Monaco

A sinistra: lo spaghetto di Albero Faccani, Ristorante Magnolia di Cesenatico (FC). A destra: lo chef Faccani.

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Lo “Stone Crab Eating Contest” a Marathon, Florida Keys

La tradizione della pesca al granchio e la gioia di mettersi alla prova nel gustare a sazietà questo prelibato crostaceo si uniranno a Marathon, nel cuore delle Florida Keys, il prossimo 20 ottobre, quando andrà in scena il secondo “Stone Crab Eating Contest”. Come ogni anno, il 15 ottobre si aprirà la stagione della pesca al granchio, che tradizionalmente si protrarrà fi no al 15 di maggio 2013: alle Florida Keys, uno dei maggiori bacini di pesca per questa particolare specie di granchio, sono in vigore norme e regolamentazioni atte a salvaguardare la sopravvivenza della specie. Come afferma la Florida Fish and Wildlife Commission, il granchio, la cui carne è una delle pietanze più succulente della Florida, è una fonte di cibo rinnovabile: le chele, infatti, sono in grado di rigenerarsi una volta staccate dal corpo. Per questo alle Florida Keys i granchi pescati vengono privati di una sola chela e poi nuovamente liberati in mare: così facendo non viene intaccata la loro possibilità di nuotare e di procurarsi il cibo. Sono inoltre in vigore norme severe che limitano la quantità di granchi da pescare e che indicano le dimensioni minime delle chele, in modo da preservare gli esemplari più giovani.• Per maggiori informazioni su questo particolare contest

visitare l’indirizzo www.keysfi sheries.com/events• Per ulteriori informazioni sulle Florida Keys visitare il sito:

www.fl a-keys.co.uk• Pagina Facebook italiana uffi ciale: http://www.facebook.

com/fl orida.keys.key.west

Il granchio, la cui carne è una delle pietanze più succulente della Florida, è una fonte di cibo rinnovabile: le chele, infatti, sono in grado di rigenerarsi una volta staccate dal corpo.

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Fiere

Mondo Pesca, Salone delle attrezza-ture ed equipaggiamenti per la pesca professionale, sportiva, amatoriale e delle produzioni ittiche nazionali, giunto alla sua terza edizione, si svolgerà presso il moderno Quartiere Fieristico di Marina di Carrara dal 23 al 25 novembre prossimi. La lo-cation è ideale: posta al confi ne tra due regioni con un’alta densità di pescatori, Toscana e Liguria, è situa-ta a soli 200 metri dal mare in modo da poter creare delle interessanti sinergie con il territorio circostan-te. Quest’anno la manifestazione si svolgerà un po’ in anticipo per via della concomitanza con le elezioni nazionali per il rinnovo delle cariche del quadriennio olimpico del CONI (indette per l’1 e il 2 dicembre) in cui sarà coinvolta anche la FIP-SAS, partner nell’organizzazione degli eventi di Mondo Pesca. Dopo i positivi risultati dell’edizione 2011, che ha fatto registrare ben 13.165 visitatori, la terza edizione del salone dedicato esclusivamente alla pesca amatoriale e professionale, che ha ottenuto l’appoggio delle più signi-fi cative associazioni di categoria, si prospetta come un appuntamento unico nel suo genere.

Tra gli espositori in fi era segna-liamo cantieri nautici e concessionari che presenteranno le loro imbar-cazioni da lavoro e per il diporto, produttori e rivenditori di motori marini, reti, cordami, abbigliamento tecnico, apparecchiature elettroni-che, negozi di pesca con accessori e attrezzature per ogni tecnica di

pesca, editoria specializzata, asso-ciazioni, club, aziende del turismo alieutico. La sezione gastronomica permetterà di riscoprire antiche ricette, imparare a pulire il pesce e degustare piatti preparati con pesci poveri, ma non per questo meno buo-ni, in modo da orientare il pubblico ad un consumo ittico consapevole.

Durante le tre giornate di Mondo Pesca non mancheranno convegni ed incontri per approfondire tematiche ed argomenti di estrema importanza per il settore sfruttando il Salone come momento di rifl essione, ma anche di confronto con le Istituzioni sulle esigenze di carattere normativo, tecnico o commerciale.

Partenza anticipataper Mondo Pesca 2012

Per il terzo anno si svolgerà a CarraraFiere la rassegna dedicataad un mercato nazionale che vuole avvicinare sempre più i produttoriai professionisti del mare e ha come obiettivo quello di far incontraregli operatori della pesca sportiva con quelli della pesca professionale

Infi ne, nelle vicinanze del com-plesso fi eristico saranno allestiti campi di gara, tanto in riva al mare quanto al lago, mentre in fi era sarà possibile provare i simulatori di pe-sca, le canne nella vasca per le prove di lancio e assistere ad interessanti fi lmati e incontri con gli esperti di pesca.

Mondo Pesca è organizzata da CarraraFiere con la collaborazione delle principali associazioni di cate-goria FEDERCOOPESCA, FEDERPESCA, Lega Pesca, AGCI Agrital, API, FIP-SAS, con il patrocinio di Provincia di Massa Carrara, Comuni di Carrara e Massa, ARCI PESCA FISA e Cassa di Risparmio di Carrara.

A Mondo Pesca i pescatori protagonisti della tavola, in un’area dedicata alle degustazioni (foto: Mondo Pesca edizione 2011, www.mondopescaexpo.it).

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Mondo Pesca è anche…

• …Imparare giocando: una serie di attività didattiche rivolte ai più piccoli, per iniziare insieme un cammino nel rispetto del mare, fi umi, laghi e torrenti e dei loro abitanti.

• …Mangiare gustando: gastronomia e ristorazione, con i pescatori protagonisti. Sapori e gusti salmastri in un reparto dedicato alle degustazioni dei piatti tipici di tutte le marinerie.

• …Divertimento e passione: Mondo Pesca non è solo pesca professionale, ma anche una fi nestra affacciata sulla pesca sportiva, un hobby che coinvolge oltre un milione e mezzo di appassionati. A Mondo Pesca troverete i migliori esperti che illustreranno tutte le tecniche di pesca e negozi che presenteranno i loro articoli per tutti i tipi di pesca, sia in mare che in acqua dolce. Un appuntamento da non perdere, anche perché, a Mondo Pesca, sarà possibile fare acquisti ed usufruire di interessanti sconti ed offerte che i negozi offriranno agli appassionati. E poi ancora gare organizzate nel territorio circostante al complesso fi eristico, convegni, didattica, scuole di

pesca, incontri ed ovviamente prodotti e tante novità. Presso lo stand della FIPSAS, la Federazione dei Pescatori, sarà possibile giocare ed allenarsi con i simulatori di pesca, davvero divertentissimi.

InformazioniMondo PescaSalone aperto al pubblicoe agli operatori del settoreOrario: 10-19Ingresso: Via Maestri del Marmo, 5Segreteria organizzativa: 0585 787963E-mail: [email protected]: www.mondopescaexpo.it www.carrarafi ere.com

3° Salone delle attrezzature ed equipaggiamenti per la pesca professionale, sportiva e amatoriale e delle produzioni ittiche nazionali

CARRARAQUARTIERE FIERISTICO

Orario:

Ingresso:

Venerdì, Sabato e Domenica ore 10 -19 N° 5 Via Maestri del Marmo

Info: www.mondopescaexpo.itTel. +39 0585 787963

CarraraFiere Srl - Viale G. Galilei, 133 - 54033 Marina di Carrara (MS) Italy - Tel. +39 0585 787963 Fax +39 0585 787602 e-mail: [email protected]

Business on the Move

In collaborazione e con il patrocinio di:

Ce.S. . .I T

Con il patrocinio di: Sponsor unico bancario:

di Carrara S.p.A.

Cassadi Risparmio

GRUPPO BANCA CARIGE

COMUNE DI CARRARA

COMUNE DI MASSA

PROVINCIA DI MASSA CARRARA

Organizzata da:

REGIONE

TOSCANA

23/25 Novembre 2012

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RHEX salpa al serviziodel mondo HorecaDall’esperienza di SIA Guest e Sapore nasce a Rimini Fiera un nuovo progetto: sui tratta di RHEX Rimini Horeca Expo, che dal 23 al 26 febbraio 2013 presenterà inno-vazioni, soluzioni e tendenze per tutto il mondo della ristorazione e dell’ospitalità. Non la sommatoria di due manifestazioni, ma un progetto fi eristico innovativo, una precisa risposta all’evoluzione internazio-nale dei mercati di riferimento che richiedono maggior concentrazione e appuntamenti aggreganti.

L’innovazione non sarà conte-nuta solo nei prodotti presentati in anteprima dalle aziende, ma anche e soprattutto dal superamento della vetrina commerciale, con la costru-zione di molteplici format dove con-tenitore, contenuto e innovazione di servizio sono letti nella loro valenza di soluzioni globali.

L’evento sarà quindi un’occa-sione per presentare agli operatori nuovi modelli di business, format di locali facilmente replicabili, corsi di gestione manageriale per affrontare le sfi de del mercato e dare risposta alle esigenze di consumo dell’imme-diato futuro.

L’ittico in vetrina a MSEIn questo contesto troverà spazio MSE, l’unica sezione espositiva ita-liana di business per il settore ittico. In vetrina tutto il prodotto nelle diverse presentazioni, dal fresco al surgelato, dai piatti pronti alle con-serve, e inoltre tecnologie per la tra-sformazione, commercializzazione e

Dal 23 al 26 febbraio 2013 a Rimini Fiera

RHEX Rimini Horeca Expo:un nuovo format unico perla ristorazione e l’ospitalità

trasporto del prodotto, associazioni di categoria e istituzioni, con ampio spazio per l’approfondimento di tematiche di natura istituzionale e scientifi ca.

A Rimini le imprese avranno una più completa e numerosa platea di operatori: dal mondo dell’ospitali-tà a quello della ristorazione, dal mondo dei locali d’intrattenimento alla ristorazione collettiva, dai pro-gettisti dell’ospitalità e dei luoghi di consumo fuori casa ai distributori, con iniziative e proposte mirate per ogni target.

Il progetto è pensato in un ambito d’intervento geografico interna-zionale: 500 buyers esteri incontre-ranno le aziende secondo un’agenda concordata prima dell’inizio della fi era. A rendere d’appeal il progetto anche il territorio riminese, in fi era e nel fuori salone, primo distretto nazionale dell’offerta e della doman-da turistica, che da anni si distingue per essere concretamente innovativo e particolarmente dinamico in tutti i comparti dell’ospitalità e del leisure.

>> Link: www.rhex.it

Dal 23 al 26 febbraio 2013, nel quartiere fi eristico riminese, RHEX, acronimo di Rimini Horeca Expo, varerà un format unico sulle tendenze e i consumi del tempo “fuori casa”. Il nome del salone rimanda al leggendario passaggio del transatlantico immortalato da Federico Fellini nel fi lm “Amarcord”.

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La pagina scientifi ca

Aspetti anatomici di Haliotis spp.I gasteropodi marini rappresentano circa il 2% dei molluschi pescati in tutto il mondo1. Diverse specie posseggono un elevato valore com-merciale internazionale, svolgendo anche importanti ruoli sociali nella piccola pesca, in particolare Haliotis spp. (USA, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda). I gasteropodi mari-ni sono prevalentemente bentonici e possono riscontrarsi in tutti i fondali, dalla fascia semi-sommersa alle mag-giori profondità marine. Possono vivere a lungo; alcune specie anche dieci anni; solo i Nudibranchi (gaste-ropodi con branchie poste nella parte posteriore del corpo e una conchiglia molto ridotta o assente) e poche altre specie sembra non sopravvivano per più di un anno. Sono univalvi con conchiglia spiraliforme, patellifor-me o ridotta (forme “nude”); sono provvisti di una cavità profonda sul lato destro o sulla parte anteriore del mantello; hanno una testa ben defi nita, piccola e appiattita, situata anteriormente al piede e dotata di due paia di tentacoli, uno anteriore e uno posteriore; in quest’ultimo caso, all’estremità sono presenti due occhi di colore blu, che sono sprovvisti di cornea e sono posti all’estremità di peduncoli ottici vicino ai tentacoli cefalici2 (Figura 2). Si muovono strisciando mediante un piede ben sviluppato e sono usualmente prov-visti di radula (struttura retrattile utilizzata per la rimozione del cibo dal fondale); essa è presente nei ga-steropodi marini, in quelli d’acqua dolce e terrestri. Il corpo è molle e produce muco; quest’ultimo è secreto dalla ghiandola ipobranchiale (o

ghiandola del muco), che costituisce una regione specifi ca del mantello, posta attorno alle branchie, partico-larmente sviluppata a sinistra della cavità palleale (Figura 4). Il muco ha la funzione di proteggere le branchie (o ctenidi) e di circondare il parti-colato rilasciato dall’ano e dai reni

nella cavità palleale. La sua quantità, prodotta nella camera branchiale, aumenta rapidamente in caso di stimoli irritativi esercitati contro il mollusco. Molte specie posseggono un opercolo ventrale con il quale chiudono la fessura della conchiglia.

La specie più diffusa e conosciuta

Haliotis tuberculata (Linnaeus, 1758): aspetti biogeografi ci, patologici e igienico-sanitari

di Sabrina Longo e Francesca Conte

Preparazione gastronomica con abalone.

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Figura 1 – H. tuberculata in vista ventrale (da TRAVERS, 2008).

Piede

Bocca

nel mondo è l’abalone rosso o califor-niano, Haliotis rufescens (SWAINSON, 1822), allevato in diversi paesi. La specie Haliotis discus hannai (INO, 1953) è molto pregiata sotto il profi lo commerciale, probabilmente per la forte richiesta da parte dei paesi dell’Estremo Oriente.

Haliotis spp. (LINNAEUS, 1758)è l’unico genere formalmente rico-nosciuto come appartenente alla famiglia Haliotidae3, 4. Haliotis tuberculata lamellosa (Ht), comu-nemente noto come “orec chio di S. Pietro” o “orecchio di mare”, mollusco gasteropode monovalve, presenta una conchiglia ovale, molto simile a un padiglione auricolare, piuttosto robusta, ampia e depressa, che ricopre l’intero corpo.

La conchiglia rappresenta la peculiarità della specie; la tipica scultura è costituita principalmente da una serie di cordoni paralleli al labbro interno e da strie di accre-scimento, più o meno irregolari, che percorrono la superfi cie della conchiglia. Le strie, talvolta, pos-sono trasformarsi in pieghe o creste trasversali, ondulate e lamellari.

Nella parte posteriore, la super-fi cie della conchiglia è spiraliforme e si presenta più stretta e rialzata; la tipica forma è dovuta alla particolare conformazione, nella parte anterio-re, dell’ultimo giro della conchiglia, molto ampio e depresso. Ponendo il gasteropode su una superfi cie

piana, il lato più alto della conchi-glia presenta alcuni fori, disposti in serie, che vengono utilizzati sia per le funzioni respiratorie che per quelle riproduttive ed escretorie; essi non costituiscono un carattere tassonomico (Figura 3). In genere, circa 7 o 8 fori sono aperti; durante la crescita del mollusco, nel senso della lunghezza, compaiono, nella parte anteriore del guscio, nuovi fori, mentre quelli della parte posteriore, progressivamente, sono chiusi da deposizioni marginali di sostanze calcaree. La superfi cie esterna si presenta più o meno rugosa, in base alla diversità della specie; la scultura può essere anche del tutto assente. La larghezza della conchiglia costituisce solo un quinto della lunghezza del mollusco e la sua estensione consente di coprire e proteggere il piede, an-che quando esso è completamente disteso5, 6. L’opercolo, presente nello stadio larvale, manca nell’adulto.

Il colore della superfi cie esterna della conchiglia può essere rossiccio, brunastro o verdastro, uniforman-dosi al colore delle alghe che vivono sulle rocce alle quali il mollusco aderisce tenacemente. La conchiglia è formata da quattro strati calcareo-proteici sovrapposti. Quello esterno, o periostraco, è composto da mate-riale proteico corneo detto conchio-lina. Gli strati interni sono costituiti da CaCO3; il primo strato calcareo è prismatico; il minerale è depositato

in cristalli verticali, ciascuno avvolto da un’esile matrice proteica7, 8.

I restanti strati calcarei interni sono deposti in lamine su di una sottile matrice organica. Le lamelle dello strato più interno sono parallele alla superfi cie esterna; tale disposi-zione è detta nacrea, che rende la superfi cie interna liscia e molto iri-descente (madreperlacea)9. Il colore della conchiglia è determinato dai pigmenti presenti nel periostraco o negli strati calcarei. Essa si accresce per aggregazione di carbonato di calcio (CaCO3), a partire dal margine esterno del mantello verso quello interno. La costante differenza nel tasso di deposizione minerale, tra i margini interno ed esterno, è responsabile della caratteristica forma a spirale della conchiglia. Solitamente la crescita di questa non è costante in ambiente naturale; durante la vita del mollusco si assiste alla formazione di irregolarità nella scultura superfi ciale, dovute alle fasi di pausa nel ciclo di crescita10. Infatti, durante l’inverno, si osservano ral-lentamenti della crescita, connessi a una riduzione quantitativa di alghe nell’habitat del mollusco nonché al loro contenuto energetico. La fase di riproduzione, quando l’energia disponibile è utilizzata per la ma-turazione dei gameti più che per la crescita somatica, infl uisce sulla strutturazione esterna della conchi-glia, sulla quale si formano gli anelli che permettono di risalire all’età dell’animale. Anche la densità e la temperatura dell’acqua in cui il mol-lusco vive eserciterebbero un effetto negativo sulla crescita11, 12. Il livello di crescita della conchiglia declina con l’avanzare dell’età che giunge a una lunghezza generalmente variabile fra i 30 e i 60 mm; solo eccezionalmente essa aumenta fi no a 70-80 mm.

Se un qualsiasi corpo estraneo, presente nell’ambiente acquatico, penetra nella cavità branchio-pal-leale, esso si dispone tra lo strato madreperlaceo e il bordo del man-tello; intorno ad esso il mantello tende a depositare la madreperla (o ipostraco) per isolarlo dai restanti tessuti vitali. In tal modo, il corpo estraneo costituisce il punto di origi-ne per la produzione di una perla che

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rappresenta una sorta di escrescenza o rigonfi amento dell’ipostraco.

Il mollusco ha caratteri anato-mici primitivi: due branchie, due atri cardiaci, due organi escretori, gli occhi a calice e il piede, grosso e muscoloso, quasi sempre nascosto, po sto nella parte ventrale del gastero-pode e fi ssato alla conchiglia tramite una colonna muscolare; esso non possiede cervello, né midollo spinale, e il sistema nervoso è limitato a pochi, grossi neuroni13 (Figura 4).

Haliotis (H.) tuberculata ha un corpo di colore marrone o verdastro, con macchie più scure o più chiare, verdi o bianche. È provvisto di un paio di tentacoli laterali (visibili soltanto quando il gasteropode è in movimento) che formano una plica laterale, detta epipodio, ricca di papille, con funzione sensoriale; i tentacoli sono usualmente di colore verde13, 14, 2 (Figura 2).

Il colore più scuro si concentra, usualmente, in aree situate tra le papille del piede, l’epipodio, e le labbra, fi no alla bocca, nonché alle estremità del corpo (Figura 1). Le bande scure e chiare spesso si al-ternano sull’epipodio, conferendo a quest’ultimo un aspetto striato. La parte ventrale del piede (suola) si presenta di colore bianco giallastro o talvolta rosato. Il gasteropode è dotato di due muscoli retrattori che consentono ad esso di aderire al sub-strato su cui si adagia. Tali muscoli sono posti a ridosso della superfi cie interna della conchiglia e sono in-seriti lateralmente sul piede (Figu-ra 1). Il movimento dei gasteropodi avviene per la contrazione alternata dei muscoli del piede; la ghiandola

podalica (anteriore e posteriore) produce il muco che consente alla suola di scivolare lungo le superfi ci sulle quali si spostano.

Posteriormente al capo, tra il piede e la conchiglia, è situata la porzione viscerale, contenente la maggior parte degli organi interni. Il celoma è rappresentato dalla cavità pericardica, gonadiale e renale. Il pericardio può essere osservato immediatamente dopo l’ablazione della conchiglia e i battiti del cuore si individuano facilmente attraverso la cavità trasparente del celoma (da 27 a 36 battiti al minuto). La portata del fl usso sanguigno è regolata dal pericardio ed è stata stimata intorno a 100-150 ml/kg/min in H. crachero-dii (grazie all’utilizzo di microsfere radioattive), valore molto elevato rispetto ai mammiferi15 (Figura 4).

In caso di pericolo, questo mol-lusco può celarsi in anfratti rocciosi, ma spesso fa affi damento sulla sua immobilità e sul suo mimetismo, do-vuto alla presenza di alghe o spugne che spesso ricoprono la conchiglia; inoltre esso compie movimenti esclu-sivamente durante le ore notturne.

FilogenesiLa tassonomia della famiglia Halio-tidae non è stata ancora chiarita in modo defi nitivo. Vi appartengono molluschi primitivi i cui sistemi e apparati risultano estremamente semplifi cati, tanto da essere ritenuti

un modello per lo studio dei vertebra-ti superiori. Per decenni è prevalsa l’ipotesi che i membri della famiglia Haliotidae possedessero un’evolu-zione monofi letica, ossia discendente da un antenato comune. A tutt’oggi, oltre il testo di PILSBRY (1980), non si dispone di un trattato aggiornato sulle interrelazioni sistematiche del genere Haliotis16. Le prime pubblica-zioni sulla tassonomia della famiglia Haliotidae risalgono a LINNEO (1758) e, grazie ai contributi di GEIGER (2000), è stato defi nito un elenco di 56 specie di abaloni che si basa su alcuni aspetti morfologici (forma e colore della conchiglia, presenza o assenza di una cicatrice muscolare, forma dei pori respiratori, tipo di radula, ecc…) e su indagini genetiche sperimentali17, 18.

La quantità e il tipo di organismi epibionti che ornano la conchiglia sono molto variabili; nel passato ciò ha contribuito a un certo disorienta-mento che ha indotto a distinguere le specie in H. tuberculata e H. lamel-losa; queste sono state ricondotte, successivamente, a due sottospecie di H. tuberculata; tale distinzione non è più valida17, 8.

Di recente, a seguito dei contribu-ti di PONDER e LINDBERG e di BOUCHET e ROCROI, la classifi cazione dei gastero-podi è stata revisionata; attualmente, gli Aliotidi appartengono alla sotto-classe Prosobranchia e all’ordine Vetigastropoda19, 20. Alla luce dei

Tentacolocefalico

Conchiglia

Epipodio

Figura 2 – H. tuberculata in vista dorsale (da TRAVERS, 2008).

Figura 3 – H. tuberculata in vista laterale (da TRAVERS, 2008).

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124 IL PESCE, 5/12

nuovi studi, la revisione tassonomica del genere tiene in considerazione, oltre che dei tradizionali caratteri morfologici, di elementi più detta-gliati, quali la struttura della radula, dell’epipodio e la modalità con la quale l’informazione genetica viene trasmessa tra le varie specie19, 21, 22. Sulla base della classifi cazione sot-toposta a revisione, la tassonomia di Haliotis spp. è la seguente: – phylum Mollusca (LINNAEUS,

1758) (PONDER W.E. e LINDBERG D.R., 1996)19;

– classe Gastropoda (CUVIER, 1797);

– subclasse Prosobranchia (MINLE EDWARDS, 1848);

– superordine Archaeogastropoda (THIELE, 1925);

– ordine Vetigastropoda (SALVINI, PLAWEN, HASZPRUNAR, 1980);

– superfamiglia Pleurotomariacea (SWAINSON, 1840);

– famiglia Haliotidae (RAFINESQUE, 1815);

– genere Haliotis (LINNAEUS, 1758).Attualmente le specie di Alio-

tidi più comuni nel Mediterraneo sono: – Haliotis mykonosensis: ha come

habitat il Mar Egeo (Corfù) con conchiglia per lo più simile a quella di H. tuberculata, con lunghezza di 25-40 mm; vive a circa 2-8 m di profondità23;

– Haliotis pustulata cruenta: il

suo habitat è il Mediterraneo sud-orientale (Israele); ha con-chiglia di forma allungata, molto appiattita, lunga circa 30 mm24;

– Haliotis stomatiaeformis (REEVE, 1846): con habitat rappresentato dal Mediterraneo centrale (Cata-nia); lunghezza 25.9 mm18;

– Haliotis coccinea: ha come ha-bi tat il Mediterraneo sud-oc-ci dentale; lunghezza massima 80 mm25;

– Haliotis rufescens: è considerata la specie più diffusa e conosciuta nel mondo. È molto pregiata sotto il profi lo merceologico per le di-mensioni e per il colore del corpo, di aspetto brillante; la lunghezza massima che può raggiungere è 28 cm; si distribuisce batimetri-camente dalla zona intertidale bassa ad oltre 180 m, con una massima densità da 8 a 25 m e un range termico tra 7 e 16°C. È soggetta ad allevamento in aree che si estendono dall’Estremo Oriente alla California e dal Sud Africa all’Islanda26;

– Haliotis tuberculata (LINNAEUS, 1758): specie atlanto-mediter-ranea. Nel Mediterraneo è pre-sente la specie H. lamellosa (LA-MARCK, 1822); è molto apprezza ta come prodotto di nicchia ed è quasi irreperibile sul mercato per la forte pressione di pesca cui soggiace. L’elevato valore

mer ceologico, unitamente alle qualità organolettiche e nutri-zionali e l’assenza di impianti di acquacoltura ne giustifi cano lo studio fi nalizzato alla produzione di soggetti allevati in ambiente marino27. In alcune località della Sicilia viene denominata “patella reale”; nella zona catanese è nota con il singolare nome di “occhio di bue”. Questa specie presenta dimensioni più ridotte rispetto a quelle delle altre specie fi nora menzionate, ma è ugualmente molto apprezzata e richiesta. L’elevata richiesta di mercato di H. tuberculata lamellosa e la mancanza di impianti produttivi ha determinato un overfi shing degli aliotidi, con un loro forte de-pauperamento, soprattutto lungo il litorale acese (da Capo Mulini a Pozzillo, attraversando Santa Maria la Scala e Santa Tecla, a 4 km da Catania) e catanese, i cui fondali duri ne costituiscono l’habitat ideale27.

Distribuzione geografi cae habitatL’abalone vive generalmente fi no a 15 metri di profondità in “qualsiasi anfrattuosità situata a bassa pro-fondità e dotata di pareti costituite di materiale duro” (ndr, rocce)28. In funzione della taglia del mollusco, si può osservare una stratifi cazione batimetrica; gli esemplari di minori dimensioni si dispongono preferen-zialmente a basse profondità29, 30. È stata evidenziata una selettività dell’habitat, in relazione a rugosità e forma della roccia, all’esposizione a onde e correnti e alla competizione spaziale con altri erbivori. Ciò di-mostra un’utilizzazione non casuale della risorsa spaziale; peraltro tale habitat fornisce un rifugio stabile e sicuro contro predatori e correnti marine30. Haliotis spp., organismo bentonico, aderendo alle rocce, predilige le coste esposte alle onde, nelle quali le macroalghe di cui si nutre formano comunità con crescita rigogliosa. La natura fi sica del fondo marino nel quale vivono gli abaloni ha un importante ruolo per la so-pravvivenza; ma la loro peculiarità, quali organismi sciafi li, è quella di

Figura 4 – Vista dorsale di una femmina (da TRAVERS, 2008).

Apice

Pororespiratorio

Branchiadestra

Mantello

Gonade Pericardio/cuore

Colonnamuscolare

Ghiandolaipobranchiale

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I principali predatori naturali di Haliotis tuberculata sono echino-dermi, come Asterias rubens (stella marina) e Marthasteria glacialis (stella marina spinosa); crostacei, come Portunus puber (granchio) e Cancer pagurus (granciporro); cefalopodi, come Octopus vulgaris (polpo); alcuni pesci, quali pesci bavosa (genere Blennius), branzini (Dicentrarchus labrax), gronghi (Conger conger) o razze (genere Raja), ma anche uccelli marini, come gabbiani e soprattutto ostrichieri (Haematopus ostralegus).

Gli individui più giovani di Haliotis spp. sono più vulnerabi-li ai predatori, in particolare se ricoperti da massive quantità di policheti e spugne perforanti, in quanto la resistenza della conchiglia è compromessa. La tolleranza alla temperatura dell’acqua varia da un minimo di circa 8°-9°C (Isole della Manica) a un massimo di 25°-28°C (stagione estiva nel Mediterraneo); l’optimum si aggira intorno ai 18°C26. La salinità delle acque in cui vive l’abalone mediterraneo si mantiene entro il 35-39‰, ma si è notato che esso vive anche a valori inferiori, con pH dell’ambiente marino tra 7,5 e 8,5. Le postlarve e gli stadi

giovanili sono organismi bentonici (meno di 5 mm di lunghezza), che vivono generalmente tra le alghe incrostanti, in quanto queste costi-tuiscono una fonte di alimento e un rifugio contro i predatori; difatti tali alghe sono dotate di concavità nelle quali i “piccoli abaloni” vi si mimetizzano31. Al contrario, gli abaloni adulti (lunghezza 150-200 mm) richiedono superfi ci per lo più regolari e pianeggianti.

La specie europea, Haliotis tuberculata, è presente in tutto il Mediterraneo: nelle coste di Egitto, Israele, Libano, Siria, Cipro e Mar Egeo nel bacino del Mediterraneo occidentale (aree settentrionali e centrali), si trova in Nord Africa e nel Mare di Alboran32, 33. Il range geografi co comprende anche le Isole ad ovest del Canale della Manica, nella parte più settentrionale delle coste della Francia, fi no alle Isole Canarie, alle Isole di Capo Verde, alle Azzorre e alle coste dell’Africa occidentale (Mauritania e Senegal)34. In Italia è presente solo nella costa orientale della Sicilia, dove viene pescata in tarda primavera e in esta-te30 (Figura 5). Nel Mediterraneo, oltre a H. tu berculata tuberculata e al tipo geografi co H. tuberculata lamellosa, esistono segnalazioni dubbie di H. tuberculata coccinea

(REEVE, 1846), tipica dell’Atlantico tropicale; mentre sembra accertata la presenza di H. tuberculata mar-morata (LINNAEUS, 1758), tipico della fauna senegalese, simpatrica con H. tuberculata, presente nelle acque meridionali e coste ioniche della Si-cilia36, 12. H. stomatiaeformis (REEVE, 1846) è ritenuta endemica in Sicilia; per due specie indo-pacifi che, H. asi-nina (LINNAEUS, 1758) e H. pustulata (REEVE, 1846) non è certa l’effettiva acclimatazione nel Mediterraneo.

RiproduzioneHaliotis ha sessi separati (dioici), ad eccezione dei casi isolati di er-mafroditismo, documentati per H. gigantea, H. tuberculata e H. ful-gens37, 38, 39, 40. In natura la sex ratio corrisponde a circa 1:141. Il colore delle gonadi immature è grigiastro, simile al colore della ghiandola dige-stiva. In organismi sessualmente ma-turi, il sesso è determinato in base al colore della gonade: nei maschi essa è bianca tendente al giallo e nelle fem-mine è verde oliva42, 43 (Figura 4). La stagione riproduttiva varia da specie a specie; generalmente essa fa il suo esordio a inizio autunno e termina alla fi ne della stagione invernale. Gli organismi sessualmente maturi depongono le uova una volta l’anno, sebbene possano verifi carsi anche due periodi di deposizione; talora, alcune specie possono deporre le uova durante tutto l’anno, come nel caso di Haliotis rufescens38. Secondo quanto riportato da BELHSEN (2000), il ciclo riproduttivo dell’abalone è infl uenzato da quattro fattori:1) fotoperiodo, che agisce sull’avvio

della gametogenesi;2) temperatura dell’acqua, che de-

termina la velocità di sviluppo delle gonadi;

3) disponibilità di alimento, fonte di energia per il mollusco;

4) fattori ormonali, che consentono la sincronizzazione della deposi-zione44.Affi nché si realizzi la feconda-

zione è necessaria una certa den-sità di molluschi che assicuri una con centrazione minima di gameti nel l’acqua. La deposizione delle uo va avviene in maniera sincrona, a completa maturità sessuale, ed è in-

Figura 5 – Distribuzione geografi ca delle diverse specie di Haliotis (H. tubercu-lata tuberculata, H. tuberculata coccidea, H. stomatiaeformis, H. pustulata) lungo le coste europee e nordafricane (da HUCHETTE S. e CLAVIER J., 2004).

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128 IL PESCE, 5/12

dotta da una modifi cazione della tem-peratura dell’acqua, comunemente dovuta alla mancanza del termoclino (intervallo di profondità nel quale la temperatura subisce un rapido cambiamento, ovvero presenta una variazione del “gradiente”); usual-mente la deposizione avviene all’alba o al tramonto; essa è completa dopo 2-4 ore, mentre l’eiaculazione può durare fi no a 2 giorni.

Rilasciati in acqua, gli sper-matozoi diventano mobili per un periodo dipendente dalla tempe-ratura dell’acqua. I gameti maturi raggiungono la cavità palleale e sono immessi nell’ambiente attraverso i pori della conchiglia. La feconda-zione avviene nell’ambiente naturale (fecondazione esterna). Raggiunto il diametro di 0,2 mm, le uova feconda-te si schiudono e, dopo circa 20 ore, si ha fuoriuscita di una larva, detta trocofora, che ha vita planctonica; essa, attratta dalla luce, nuota in prossimità della superfi cie acquea45.

Dopo il primo anno di vita, si trasforma, in un giorno, in una larva

veliger che completa il suo sviluppo in 4-15 giorni. Ha così inizio un periodo di esplorazione del fondo marino per l’individuazione del substrato più adeguato alla fi ssazione della larva e, in seguito, per la sua metamorfosi, quando diviene postlarva.

A distanza di 40-60 giorni dalla metamorfosi inizia lo stadio giova-nile. La prima conchiglia, o proto-conchiglia, si forma durante la fase planctonica e la struttura minerale è diversa da quella della conchiglia46. La metamorfosi sembra essere condizionata da sostanze chimiche, quale il GABA (acido gamma-amino-butirrico) prodotto dalle alghe rosse e presente anche nelle tracce mucose rilasciate da altri abaloni in fase di movimento47. Durante i primi mesi l’organismo aumenta il livello di cre-scita, acquisisce abitudini notturne e migliora la capacità di spostamento. Aumenta rapidamente il consumo di cibo e, gradualmente, il tipo di dieta, prima costituita da microal-ghe, sarà composta da macroalghe. La fase giovanile termina quando il

mollusco inizia a maturare sessual-mente, ossia a 2 anni di età (4-6 cm di lunghezza), come un pre-adulto; questo è considerato adulto da 3 a 4 anni (lunghezza 8-10 cm).

AlimentazioneGli abaloni sono organismi appa-rentemente inattivi durante le ore di luce, quando rimangono celati nel loro habitat. Come in parte già accennato, quando l’ambiente si oscura, gli aliotidi fuoriescono dagli anfratti fi no all’alba, per la ricerca di cibo. I movimenti notturni sono consentiti da cellule chemio recettrici poste sui tentacoli cefalici, grazie alle quali tali organismi si orientano ed esplorano l’ambiente circostante (Figura 2). Haliotis tuberculata (Ht) è una specie erbivora macrofaga; l’alimentazione si modifi ca durante le varie fasi del ciclo vitale e, in re-lazione a ciò, il tipo di ambiente in cui vive varierà necessariamente. Le larve trocofora e veliger sono planctoniche; le riserve vitelline sono suffi cienti per coprire i fabbisogni

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IL PESCE, 5/12 129

energetici48. La specie è strettamente infralitorale, probabilmente in rap-porto all’alimentazione litofaga, e il suo range batimetrico ottimale varia intorno a 5-10 m, sebbene si possa ritrovare già alla profondità di 0,5 m e fi no a 40 m circa. I giovani esemplari hanno una radula meno specializzata e non possiedono una fl ora batterica intestinale che permetta la digestione di alcuni alimenti, in particolare alginati, laminarine, agar, carrage-nani e cellulosa48, 36. In quest’ambito gioca un ruolo importante Vibrio halioticoli che costituisce il 45-60% della fl ora intestinale trasformando gli alginati in acido acetico49, 50. La fase postlarvale o spat coincide con l’inizio della fase bentonica, di adesione al substrato duro, e con il cambiamento del tipo di alimentazio-ne. Le postlarve e i soggetti allo stadio giovanile, di lunghezza inferiore a 5 mm, si alimentano di macroalghe, diatomee e materiale organico51. L’alimentazione è costituita da alghe rosse, quali Palmaria palmata, Griffi thsia spp. e Cystoseira spp., e alghe verdi comuni, quali Ulva lactuca, Enteromorpha intestinalis e Laminaria spp.52

Quando gli abaloni raggiungo-no la lunghezza di circa 10 mm si nutrono esclusivamente di macro-alghe42. Secondo alcuni autori, tali molluschi presentano il fenomeno dell’homing, ossia necessitano di oc-cupare ripetutamente lo stesso luogo, permanendovi anche per molte ore, visto che si spostano in ambiente buio53, 38. Il movimento dell’acqua rappresenta, apparentemente, un fattore molto importante che infl ui-sce sulla quantità di alimento che un abalone ha la capacità di ingerire54. Tali gasteropodi, pertanto, sono caratterizzati da due tipi di com-portamenti alimentari: assumendo una posizione “passiva”, sollevano la par te anteriore della conchiglia e del piede, estendono i tentacoli e captano le alghe; le macroalghe, quindi, sono spostate verso il basso mediante il piede e sono ingerite rapidamente; in alternativa, gli abaloni possono spo-starsi alla ricerca dell’alimento, nutrendosi con modalità “attiva”.

Talvolta si alimentano sul fondo roccioso nel quale dimorano, inge-

rendo piccoli animali, quali idrozoi, copepodi, foraminiferi e briozoi. Possono, però, incamerare anche frammenti di conchiglie, spicole di spugne e sabbia38. La qualità e la quantità di alimento disponibile, la stagionalità, la zona e l’età sono in relazione con l’entità della crescita di Haliotis spp.55

Allevamento e commercializzazioneNel mercato mondiale, la domanda di abaloni deriva prevalentemente dal settore alimentare, sebbene anche l’utilizzazione della madreperla della conchiglia abbia un ampio spazio in ambito commerciale. Tale domanda viene sostenuta dai numerosi impian-ti di molluschicoltura realizzati in varie parti del mondo. Solo alcune specie di abaloni si sono ambienta-te negli impianti di acquacoltura, grazie a specifi che caratteristiche di adattabilità, alla taglia apprezzabi-le; inoltre, l’incremento ponderale relativamente rapido, permette di raggiungere la taglia commerciale in minor tempo rispetto alle specie più piccole56. Attualmente la produzione mondiale di abaloni ammonta a circa 40.000 tonnellate e la Cina ne è il principale produttore in allevamenti di tipo intensivo, sebbene il Giappone sia considerato il pioniere dell’al-levamento del gasteropode. Dopo aver utilizzato quasi totalmente gli stock naturali, la Cina ha avviato un programma di ripopolamento e produce, in nursery governative, soggetti giovanili che vengono ceduti a cooperative di pescatori; anche per tale ragione la concorrenza della Cina nella produzione dell’abalone è diffi cilmente fronteggiabile da parte degli altri paesi.

Oggi vengono allevate 15 diverse specie di abaloni per il consumo umano; Haliotis discus hannai e Haliotis rubra costituiscono oggetto di allevamento in ambito mondiale.

Haliotis tuberculata rappresenta una risorsa del mare, naturale e vivente, pertanto rinnovabile, ma al contempo, se non correttamen-te gestita, esauribile. L’Islanda è l’unico paese dal quale è concessa l’importazione dell’abalone allevato, previa autorizzazione del Ministero

della Salute, per scopi di ricerca scientifi ca. Alla fi ne degli anni No-vanta tale paese ha realizzato un allevamento pilota sperimentale di abalone; oggi esso possiede due allevamenti produttivi già affermati sul mercato internazionale.

Gli abaloni allevati vengono venduti vivi, sono spediti verso i paesi esteri per via aerea, in sacchi contenenti ossigeno, privi di acqua, a loro volta posti in contenitori monouso di polistirene espanso. Possono anche essere surgelati o congelati vivi, con o senza conchi-glia; in alternativa possono essere inscatolati in contenitori metallici, unitamente a un liquido di governo, e commercializzati come tali.

L’abalone con guscio (fresco o congelato) può essere posto in sac-chetti di plastica sottovuoto, con o senza gel a base di alginato quale conservante. L’imballaggio è costi-tuito da un contenitore di polistirene con tasche di ghiaccio sintetico per garantirne il mantenimento.

L’acquacoltura permette di rifornire il mercato di esemplari di minori dimensioni, quindi più facilmente utilizzabili. Tra questi, si annoverano le due diverse specie presenti nel Mediterraneo H. tuber-culata e H. lamellosa, usualmente pescate durante i mesi estivi, che vengono considerate un alimento raffi natissimo.

Il mercato mondiale, concentrato in Estremo Oriente, invece, fornisce soggetti con guscio di taglia compresa fra 5 e 10 cm. Sono commercializzati tre calibri: cocktail (15 g), medi (25 g), grossi (40-50 g). In Cina, la madreperla della conchiglia è uti-lizzata per l’intarsio di mobili e per la produzione di gioielli e bottoni. Il piede dei gasteropodi ha ottime caratteristiche organolettiche e rag-giunge notevoli dimensioni. Questa porzione rappresenta approssima-tivamente un terzo del peso totale del gasteropode; la restante parte è rappresentata da visceri, fl uidi corporei e conchiglia. Il prodotto cinese è venduto surgelato o in con-serva e mal si adegua alle richieste del mercato europeo e giapponese.

In Italia e in altri paesi europei, in genere, si possono reperire sur-

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130 IL PESCE, 5/12

gelati, oppure inscatolati e destinati a ristoranti e spacci di vendita che trattano specialità orientali.

Per l’abalone rosso (Haliotis rufescens), quale specie alloctona, attualmente non è consentita l’intro-duzione di animali vivi nel territorio italiano e ne è vietata anche la com-mercializzazione, come prodotto fre-sco, per il consumo umano. Di fatto, viene considerato alla stessa stregua dei molluschi eduli fi ltratori, sebbene non lo sia, e le limitazioni sono dovu-te sia all’immissione di altre specie alloctone che all’eventualità che essi costituiscano un potenziale veicolo di patogeni. La somministrazione di alimento artifi ciale e le tecniche di allevamento a terra sembrano, infatti, infl uenzare negativamente le proprietà organolettiche dell’a-balone, anche se permettono di aumentarne la produzione28.

PatologieA livello mondiale sono note più di 200 patologie che rivestono impor-tanza sanitaria per gli impianti di acquacoltura. Gli abaloni possono essere colpiti da patogeni di varia natura: agenti metazoi, protozoi, batteri e virus. La maggior parte degli agenti eziologici è presente in determinate aree e colpisce in pre-valenza le specie più sensibili. Tut-tavia, anche in presenza dell’agente eziologico e dell’ospite recettivo, la malattia sembra svilupparsi solo in condizioni ambientali che ne favori-scono l’insorgenza. L’Offi ce Interna-tional des Épizooties (OIE) o World Organization for Animal Health ha formulato una lista delle principali patologie ittiche di particolare im-portanza in ambito internazionale. Vi sono state incluse alcune malattie degli aliotidi, quali le infezioni da Perkinsus olseni, da Xenohaliotis californiensis e da Herpes virus. Le malattie degli organismi acquatici sono comprese nell’elenco della Li-sta B dell’OIE, che include le malattie trasmissibili considerate importanti sotto il profi lo socio-economico, per la salute pubblica e/o per gli scambi commerciali internazionali.

La notifi ca delle patologie della Lista B da parte dei paesi aderen-ti all’OIE è annuale, ma gli Stati

Membri sono invitati ugualmente a dare comunicazione qualora siano in corso focolai epidemici dannosi per altre aree o specie indenni57.

Agenti virali e battericiTra gli agenti virali, l’Herpes virus è causa di mortalità rapide e importan-ti in H. diversicolor, H. laevigata, H. rubra e i loro ibridi; è inserito nella lista OIE58. Il virus colpisce il sistema nervoso e le branchie; gli esemplari giovani sono più sensibili ad esso. Macroscopicamente si osserva pro-trusione della radula, dilatazione della zona buccale e perdita di tono muscolare. La mortalità dei soggetti può raggiungere il 70-80%; Haliotis tuberculata si dimostrerebbe refrat-tario al virus59. Tra le patologie più frequenti in tali organismi possono essere annoverate anche infestioni da sabellidi policheti della con-chiglia, infestioni da ciliati in vari tratti del tubo digerente, rickettsiosi intestinale, necrosi batterica del mantello, trematodosi del piede. Alcuni protozoi ciliati colpiscono vari tratti dell’apparato digerente, in particolare esofago e intestino. I ciliati inducono modica atrofi a della mucosa, sebbene possano provocare effetti a lungo termine, come la sin-drome da malassorbimento.

Tra patologie più comuni di tali gasteropodi si cita la sindrome da disseccamento degli abaloni (Wither-ing syndrome of abalone o Abalone rickettsiosis). Anch’essa è inserita nella lista dell’OIE; dagli anni ‘80, essa è stata la causa di gravi episodi di mortalità in ambiente naturale e in allevamento60. La malattia è sta-ta segnalata per la prima volta nel 1986 nelle Channel Islands o Santa Barbara Islands (USA). È causata da Candidatus xenohaliotis cali-forniensis, microrganismo apparte-nente alla famiglia Rickettsiaceae. Colpisce tutte le specie di Haliotis sia di allevamento che selvatiche. L’a-balone nero (Haliotis cracherodii) risulta essere la specie più sensibile, con picchi di mortalità fi no al 99%, tanto da essere in via di estinzione. Nell’abalone rosso (Haliotis rufe-scens) la mortalità è solo del 30% dei soggetti colpiti. Sono state osservate infezioni anche in H. corrugata, H.

rufescens, H. fulgens, H. sorenseni e H. tuberculata, correlate ad aumenti della temperatura dell’acqua61.

L’incidenza è molto elevata, ma lo stato di malattia si manifesta solo quando la temperatura dell’acqua più elevata si associa ad altri fattori ambientali predisponenti. Candi-datus xenohaliotis californiensis colpisce le cellule dell’epitelio gastro-intestinale dell’ospite e la ghiandola digestiva, ostacolando la produzione di enzimi digestivi. Il mollusco non si alimenta, esaurisce le proprie riserve di glicogeno e utilizza il muscolo del piede come fonte di energia che si atrofi zza; ciò riduce la capacità del gasteropode di aderire alle rocce e si rende vulnerabile all’attacco dei predatori62. Tra gli agenti batterici si annovera Vibrio spp. È presente nei sedimenti marini e colonizza ogni tipo di substrato; ha una distribu-zione geografi ca globale, dalle zone tropicali a quelle temperate. Vibrio (V) alginolyticus è stato isolato da larve veliger e da postlarve di H. rufescens in Messico63. Dopo l’infe-zione, le larve divengono immobili, sedimentano e la mortalità raggiunge il 95% in 48 ore. Il patogeno è stato segnalato in Cina anche in esemplari di 10-14 giorni di età64. Le vibriosi si manifestano principalmente con la presenza di macchie chiare a livello degli organi e da una mortalità che raggiunge il 60%59. Le lesioni causate da V. alginolyticus, quali ascessi, ulcere del mantello e perdita impor-tante di peso, sono state riprodotte sperimentalmente dopo inoculazione dei batteri in Haliotis. La patologia si aggrava con l’incremento della temperatura: a 18°C in due giorni la DL50 è di 1,5x106 UFC/g, mentre a 30°C è di 6,2x10 UFC/g. Infatti è stato dimostrato che la patologia da Vibrio si manifesta solo a tempera-ture dell’acqua superiori a 18°C65.

Altre specie di vibrioni sono state isolate da abaloni moribondi: V. pa-rahaemolyticus in H. diversicolor, V. fl uvialis in H. discus hannai, V. tubiashii, V. anguillarum e V. splendidus in H. rubra66, 67, 68. In H. tuberculata gli episodi di mortalità sono stati attribuiti, per lo più, a V. harveyi (sinonimo di V. carchariae), isolato in Giappone, Taiwan, Cina e

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IL PESCE, 5/12 131

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132 IL PESCE, 5/12

Francia, e considerato come agente causale di mortalità di massa69. V. harveyi rappresenta il patogeno più temibile per H. tuberculata.

Più di recente, Shewanella alga e Klebsiella oxytoca sono state de-scritte in Cina come agenti causali di mortalità di massa in postlarve; la patogenicità di tali specie batteriche è stata confermata in corso di infezioni sperimentali70.

Anellidi polichetiNegli ultimi anni, parallelamente al crescente sviluppo delle attività produttive di Haliotis spp., sono state invece condotte numerose ricerche specifiche sugli anellidi policheti che ledono la conchiglia degli abaloni; tali studi hanno confer-mato la gravità dei problemi causati da questi invertebrati. I policheti sono virtualmente presenti in tutti gli habitat marini, inclusi i sistemi costieri estuarini e rocciosi, le aree costiere continentali, le comunità bentoniche di profondità e, in taluni casi, anche alcune varietà pelagiche. Si riscontrano soprattutto nelle zone estuarine e intertidali, la cui variabi-lità ambientale ne ha promosso una rapida speciazione con adattamenti ecologici59. Sebbene fi n dagli anni ‘70 BLAKE e EVANS (1972) abbiano evidenziato come alcuni policheti spionidi fossero in grado di scavare tragitti nella conchiglia dell’abalone allevato e, successivamente, alcune segnalazioni abbiano riguardato abaloni selvatici, solo nella seconda metà degli anni ‘90 sono state de-scritte anche infestazioni sostenute da policheti sabellidi71, 72, 73.

Le infestazioni causate da tali organismi perforanti, malgrado non siano causa di una mortalità diretta, rappresentano uno dei principali problemi per l’allevamento e la commercializzazione degli abaloni. L’invasione da parte di sabellidi policheti, appartenenti alla specie Tetrasabella heterouncinata, sa-rebbe limitata alla conchiglia. In tal caso, nelle porzioni laterali della sua superfi cie interna si riscontrano tragitti, solitamente ad andamento parallelo, rivolti verso l’esterno.

Il danno riferibile a questi paras-siti è rappresentato da fessurazioni

della conchiglia che, talora, appare anche deforme. LLEONART et al. (2003) hanno descritto nel dettaglio alcune infestazioni da policheti spionidi, riferibili a Boccardia knoxi e Polydora hoplura, in abaloni alle-vati in impianti a terra in Tasmania.

In tal caso la conchiglia può essere colpita dalle lesioni fi no al 30% della sua estensione, con una mortalità cumulativa del 50% dei soggetti. Infatti, i policheti sono visibili attraverso la madreperla; le cavità da essi causate sono riparate dagli abaloni con un sottile strato di conchiglia, con formazione dei cosid-detti blister. I policheti sviluppano un odore nauseabondo, rendendo invendibile il prodotto74.

Alcune specie del genere Polydo-ra e Boccardia sono anche in grado di scavare tragitti; il mollusco reagisce con formazione di bolle ripiene di materiale sabbioso, o mud blisters; queste ultime possono formarsi anche nella conchiglia di ostriche, mitili e capesante. A seguito dell’in-festazione, soprattutto in presenza di lesioni estese, la conchiglia può su-bire la perdita di parti della stessa59. Anche gli esemplari di grandi dimen-sioni, colpiti da poriferi perforanti o ricoperti da cirripedi (crostacei marini entomostraci), presentano un’infestazione da policheti che ha minore gravità. Ciò potrebbe essere la conseguenza della competizione tra i policheti e i cirripedi, atta a guadagnare spazio sulla superfi cie della conchiglia. I poriferi causano lesioni della conchiglia poco visibili dall’esterno (piccolissimi fori sulla parte dorsale), ma il porifero si svi-luppa nello spessore della conchiglia, rendendola porosa e fragile.

Come per i policheti, la zona prin-cipalmente colpita è prossima all’api-ce, dove la quantità di carbonato di calcio è maggiore e la conchiglia è più spessa; gli esemplari più giovani non risultano essere infestati (Figura 3).

Da un punto di vista sanitario questa problematica è da tenere in debita considerazione in quanto la presenza di un singolo porifero provoca lesioni molto più ampie rispetto a quelle causate da policheti e i parassiti possono raggiungere dimensioni ragguardevoli (> 4 cm).

Infi ne, negli abaloni allevati si ritrovano spesso i predatori naturali che frantumano la conchiglia di un individuo a seguito di un’infestione massiva. In maricoltura l’incidenza delle infestioni da parassiti è più ac-centuata rispetto a quanto segnalato per l’allevamento a terra, sebbene nella policoltura si evidenzino per-centuali d’infestazione maggiori. In questa situazione anche la crescita degli abaloni può essere compro-messa59.

Cenni sui criteridi freschezza e vitalitàL’esame dei gasteropodi vivi fa emer-gere un odore di salso e la conchiglia risulta integra e priva di sudiciume. La vitalità si verifi ca attraverso la reazione agli stimoli: se toccato, il corpo si ritrae all’interno della conchiglia ed è fortemente adeso ad essa. All’aspersione con sale grosso, gli individui vivi reagiscono con movimenti apprezzabili. Nei mol-luschi non vitali il corpo si distacca facilmente dalla conchiglia e le carni risultano asciutte e opache; possono essere presenti odori sgradevoli (ammoniacali, solforosi)75.

Aspetti normativiLe disposizioni legislative su tali gasteropodi marini riguardano, per lo più, gli aspetti igienico-sanitari. Il Regolamento (CE) 853/2004, tra le defi nizioni di “prodotti d’origine animale”, cita i “gasteropodi marini vivi destinati al consumo umano”. La norma assimila gli abaloni ai bivalvi, ad eccezione per l’obbligo di depura-zione, trattamento considerato solo per i molluschi fi ltratori. Inoltre, la sezione dei molluschi bivalvi vivi si applica anche ai gasteropodi marini vivi, agli echinodermi e ai tunicati. Il Reg. (CE) 854/2004, all’articolo 6, indica che gli Stati Membri assi-curano che la produzione e la com-mercializzazione di molluschi bivalvi vivi, echinodermi vivi, tunicati vivi e gasteropodi marini vivi siano soggetti a controlli uffi ciali. Tale norma si applica ai molluschi bivalvi vivi e, per analogia, ai gasteropodi marini vivi, agli echinodermi vivi e ai tuni-cati vivi. Di fatto, le disposizioni si applicano al controllo dei molluschi

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IL PESCE, 5/12

bivalvi vivi. Ciò, tacitamente, con-ferirebbe all’autorità competente una certa discrezionalità riguardo i controlli uffi ciali, riferibili a tali gasteropodi. Il Reg. (CE) 2073/2005 defi nisce i criteri microbiologici ai fi ni del controllo igienico-sanitario anche dei gasteropodi vivi. Per i “molluschi bivalvi vivi ed echinoder-mi, tunicati e gasteropodi vivi”, tra i “criteri di sicurezza alimentare”, tale Regolamento inserisce Salmonella. Il piano di campionamento indica che il campione sia costituito da 5 unità; ne stabilisce l’assenza in 25 g di prodotto, per i “prodotti immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità”. Il risultato è soddisfacente in assenza del batterio; è insoddisfacente, se si rileva la pre-senza del batterio in una delle unità campionarie. Per ciò che concerne E. coli, utilizzato come indicatore di contaminazione fecale, esso non deve superare il limite di 230 MPN/100 g di carne e liquido intravalvare; il piano di campionamento prevede un solo campione aggregato, costituito da almeno 10 esemplari e i limiti si riferi-scono a tale campione. Anche per tale criterio è prevista l’applicazione ai “prodotti immessi sul mercato duran-te il loro periodo di conservabilità”.

ConclusioniA conclusione di questa breve rasse-gna, emerge una considerazione: Ha-liotis tubercolata è considerata una specie “innovativa”, per la quale è ancora necessario un potenziamento degli studi e delle ricerche sperimen-tali. Gli approfondimenti scientifi ci potranno rappresentare gli elementi chiave per la tutela della biodiversità per specie che sono esposte a un forte calo delle loro comunità o che rischia-no di estinguersi. La priorità per la tutela di tali risorse marine è rap-presentata, altresì, da effi caci stra-tegie per mitigare questi fenomeni.

Sabrina LongoFrancesca Conte

Facoltà di MedicinaVeterinaria, Messina

Corresponding author:E-mail: [email protected]

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IL PESCE, 5/12 135

4. ALLEVAMENTO DEL PERSICO

Data la necessità di intervenire con semine di persico autoctone nel lago di Varese, al fi ne di ricostituire lo stock di persico reale e di consentire un proseguimento con successo delle attività di pesca, verranno di seguito esaminate possibili tecniche e pro-tocolli adottabili al fi ne di produrre materiale adatto al reclutamento.

4.1 Riproduzione controllatae schiusa delle larveGià precedentemente all’avvio del progetto PERLAVAR, era stato costi-tuito un primo stock di riproduttori con 87 femmine e 66 maschi, mante-nuto in cattività. I riproduttori sono stati stabulati in una vasca da 3 m3 presso l’incubatoio dell’APD Tinella di Groppello di Gavirate (Varese), in modo da poter ottenere nastri ovarici fecondati nelle stagioni successive. A partire dal 2007, nel corso della stagione riproduttiva, sono state posizionate sul fondo della vasca alcune fascine di legna, in modo tale da poter ricreare le condizioni ideali per la deposizione delle uova (Figu-ra 1). Nel complesso, in 4 stagioni riproduttive successive, sono stati deposti e prelevati dalla vasca 322 nastri ovarici, equivalenti a circa 3.800.000 uova.

La percentuale di feconda zio ne osservata è stata compresa tra il 50 e il 70%, inferiore rispetto a quella ottenuta in ambiente naturale (80-90%). Ciò potrebbe essere dovuto a

due principali fattori: carenze nutri-zionali nella dieta dei riproduttori, non disponendo an co ra di mangimi speciali per il persico, o errori di manipolazione e stress provocati sui riproduttori stessi.

La maggior parte dei nastri sono stati mantenuti in impianto fi no all’ottenimento della schiusa delle larve. Solo nel 2010, a causa della grande produzione ottenuta, per i limitati spazi a disposizione, parte dei nastri è stata immessa diretta-mente in lago. Come mostrato in Fi-gura 4.2, i nastri, una volta deposti, sono stati posizionati all’interno di truogoli oppure in vasi Zug per le fasi di embrionatura e di schiusa. La temperatura dell’acqua è stata misurata ogni 2 giorni e il tempo di

incubazione delle uova è stato ripor-tato in gradi giorno (GG):

GG = tempo di incubazione (gg) .. temperatura (°C)

In media le uova di persico schiudono in 90-110 GG, ad una temperatura di 11°C; con l’aumento della temperatura (> 14°C), il tempo di schiusa si riduce a 70-80 GG. Come si può osservare dalla Tabella 4.1, il numero di persici prodotti dal 2007 al 2010 è all’incirca quintuplicato. Oltre a ciò, grazie al consolidamento dei protocolli operativi relativi alle fasi di svezzamento e di allevamento della specie, è aumentato anche il numero di post-larve e giovanili pro-dotti e immessi nel lago. Si è, infatti,

Gestione della popolazionedi persico reale (Perca fl uviatilis)

nel lago di Varesedi Marco Saroglia, Pietro Ceccuzzi, Micaela Antonini e Genciana Terova

Parte V

Figura 1 – Nastro ovarico deposto in vasca su substrato riproduttivo co-stituito da rami sommersi.

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136 IL PESCE, 5/12

passati da 145.000 pezzi prodotti nel 2007 ad una produzione di 618.000 pezzi nel 2010, di cui 60.000 avan-notti (1,2 g) e 8.000 giovanili (2-4 g) (Tabella 4.1).

4.1.1 Primo svezzamentoe gestione dello stockDopo il riassorbimento del sacco vitellino (70 GG a 16°C, 3-4 giorni), per i primi 25 giorni le larve sono state alimentate ad libitum con zoo-plancton pescato in lago (Figura 4.3) e Artemia salina schiusa presso l’impianto. Una volta catturato, lo zooplancton, veniva passato su fi ltri successivi di rete, con misure della maglia comprese tra 140 e 500 µm, di modo tale da dividerlo per taglie. In questo modo alle larve veniva for-nito zooplancton di taglia adeguata alle loro dimensioni (Figura 2). Lo zooplancton di maggiori dimensioni veniva posto in sacchetti di plastica (circa 450 g cad.) e surgelato a –20°C per usi successivi. Dal 25º al 50º giorno, la dieta è stata integrata con dosi crescenti di mangime estruso e disidratato del tipo “Perla larva 6.0” (Skretting®, 62% proteine, 11% lipi-di) distribuendolo automaticamente con un distributore a molla 12 h.

A due mesi dalla schiusa (fi ne di giugno), con l’aumentare delle di-mensioni degli avannotti, si è passati a un mangime estruso con diametro del pellet compreso tra 600 e 1.000

µm, “Nutra HP 0,75” (Skretting®, 55% proteine, 18% lipidi), con razione giornaliera pari al 3% del peso dello stock, in accordo con MÉLARD et al. (1995a e 1995b). Oltre al mangime, a partire da giugno e fi no a ottobre, la dieta degli avannotti è stata integrata con Chironomidi surgelati (Chironomus sp.).

Dalla fi ne del secondo mese di allevamento, quindi con scadenza mensile, gli avannotti sono stati selezionati in base alla taglia. Come mostrato in Figura 3, la selezione del-le taglie è stata eseguita con l’ausilio di selezionatori manuali, partendo da una misura minima del lume delle griglie di 2,5 mm fi no a un massimo di 8 mm. La selezione è necessaria durante le fasi di allevamento del persico a causa dell’ampia etero-geneità di taglie che caratterizza la specie. Il coeffi ciente di variazione di peso (CV = DVS/media) di larve di persico alla schiusa è normalmente compreso tra il 15% e il 18% (KESTE-MONT et al., 1996). Nel nostro caso è stato osservato un CV medio, per le quattro annate, pari al 18,6%.

La selezione delle taglie permette di eliminare problemi di stress che rappresentano cause di inibizione della crescita, con comportamenti territoriali e isolamento degli in-dividui di taglia minore. Una fre-quente rimozione degli individui di taglia maggiore, anche se consente

Tabella 4.1 – Quantità di larve, post-larve, avannotti e giovanili di persico prodotti e seminati nel lago di Varese durante lo svolgimento del progetto

Stadio vitale Larva Post-larva Avannotto Giovanile Totale immesso

Taglia (cm) 0,6 1,5 2,5 > 5-8 —

2007Giovanili 0+ corrispondenti

120.000396

25.000413

——

——

145.000809 (*)

2008Giovanili 0+ corrispondenti

250.000825

55.000908

13.5001.485

——

318.5003.218 (*)

2009Giovanili 0+ corrispondenti

450.0001.485

90.0001.485

65.0007.150

3.5003.500

608.50013.620 (*)

2010Giovanili 0+ corrispondenti

230.000759

320.0005.280

60.0006.600

8.0008.000

618.00020.639 (*)

% sopravvivenza 0,33 1,65 11,00 — —(*) È riportata la sommatoria equivalente al numero di giovanili 0+ corrispondenti e le relative percentuali di sopravvivenza attese per ogni stadio vitale fi no alla taglia giovanile, dopo immissione in lago.

comunque l’instaurarsi di nuove gerarchie nelle popolazioni selezio-nate, permette di ridurre l’incidenza del cannibalismo (MÉLARD et al., 1995a). Le conseguenze di queste differenze di taglia risultano molto evidenti soprattutto durante lo stadio di post-larva. Le post-larve di per-sico, infatti, hanno una bocca larga in relazione alla loro taglia iniziale, quindi sono in grado di aggredire o cannibalizzare individui più piccoli.

Vista la limitata dimensione della faringe e la fragilità delle larve, spes-so l’effetto di tali aggressioni è letale sia per la preda sia per il predatore, che rimane strozzato. Inoltre l’etero-geneità di taglia comporta l’instau-rarsi di fenomeni di territorialità e di competizione intraspecifi ca per l’accesso all’alimento.

4.1.2 Accrescimento avannotti2007-2010Confrontando il peso degli avannotti allevati durante i quattro anni dello studio (Figura 4.6), si possono os-servare differenze statisticamente signifi cative (p < 0,05) tra i mesi di luglio, agosto e settembre del 2008, rispetto alle altre annate. Questa netta differenza di accrescimen-to dipende principalmente dalle più basse temperature dell’acqua registrate nel 2008. Come si può osservare in Tabella 4.2, nel 2008 la temperatura media dell’acqua delle

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vasche di allevamento è risultata si-gnifi cativamente inferiore (p < 0,01) rispetto a quella osservata nelle altre annate. Ciò ha comportato una forte riduzione del tasso metabolico dello stock allevato e un conseguente ral-lentamento della crescita.

Dati di letteratura riportano che la temperatura ottimale per l’alleva-mento del persico, alla quale si osser-vano il maggiore consumo di cibo e il maggiore tasso metabolico è di 23°C (MÉLARD et al., 1996). Quindi più ci si avvicina a questa temperatura, migliori saranno le performance di accrescimento dello stock allevato. Per quanto riguarda il 2010, anche se la prova non sarà conclusa pri-ma della stampa, riportiamo i dati relativi ai mesi di maggio, giugno e luglio. Le performance di accresci-mento degli avannotti nel 2010 sono risultate migliori rispetto a quelle osservate nelle annate precedenti, con differenze signifi cative per il mese di luglio (p < 0,05). Dato che nel 2010 non si sono osservate dif-ferenze signifi cative di temperatura rispetto al 2007 e al 2009 (Tabella 4.2), il maggiore accrescimento, è da ricercarsi nelle migliorie apportate al protocollo gestionale.

Pur essendo disponibili mangimi commerciali di alta qualità per le larve (< 200 µm), il persico fatica ad accettarli nel corso del primo appa-stamento, preferendo prede vive.

Molti studi di laboratorio indica-no l’offerta di Rotiferi quale migliore soluzione per il primo svezzamento, anche se buone percentuali di so-pravvivenza sono state osservate utilizzando nauplii di Artemia salina (FIOGBÉ et al., 1995).

Molti zooplanctonti, come i nauplii di Copepodi o piccoli Clado-ceri, possono essere utilizzati come starter durante lo svezzamento. Ma no a mano che si accrescono, le post-larve tendono a cibarsi di Cladoceri e Copepodi di più grandi dimensioni (CRAIG, 2001). Nel no-stro caso, utilizzando zoo plancton pescato direttamente in ambiente naturale, suddiviso per taglia me-diante fi ltrazione, la percentuale di sopravvivenza durante il primo svezzamento si è mantenuta elevata (50-70%) in accordo con MÉLARD et al. (1995b).

Durante il graduale passaggio alla dieta con mangime, il tasso di mortalità dello stock ha subito però un forte incremento, tuttavia con successivi studi e miglioramenti nella presentazione della dieta, il risultato potrà essere migliorato.

Il successo della transizione da cibo vivo a dieta secca è solitamente dipendente dalla taglia: pesci di mag-giori dimensioni avranno maggiori possibilità di accesso all’alimento. In alcune specie allevate, la maggiore ta-glia di alcuni soggetti può comportare

un’intensifi cazione di interazioni agonistiche all’interno dello stock allevato che spesso possono sfociare in fenomeni di cannibalismo (KESTE-MONT et al., 2003).

4.1.3 Mortalità delle larveIn tutte le annate, il tasso di morta-lità delle larve durante il riassorbi-mento del sacco vitellino è risultato abbastanza contenuto, restando di poco al di sopra della mortalità fi siologica (15%). Il pesce persico però è una specie che risulta molto sensibile agli stress ambientali o da maneggiamento, soprattutto se lo stock allevato deriva da riproduttori selvatici e quindi non addomesticati. Nel nostro caso, sia nel 2007 che nel 2008, il tasso di mortalità di larve e post-larve dopo il primo mese di vita ha subito un forte aumento e in alcune delle vasche ha raggiunto il 90%. Viceversa, nel 2009 e nel 2010, il tasso di mortalità si è mantenuto costante fi no allo stadio giovanile, ri-ducendosi drasticamente nel tempo.

Sono molti i fattori che concor-rono ad aumentare il tasso di mor-talità del persico in allevamento, ma tra questi gli sbalzi di temperatura sono sicuramente i più importanti (MÈLARD et al., 1995a). In tutte le annate, la temperatura dell’acqua delle vasche di svezzamento, poste all’aperto e alimentate con acqua superfi ciale pescata dal lago, ha

Figura 2 – Cattura e selezione dello zooplancton usato per il primo svezzamento delle larve di persico.

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138 IL PESCE, 5/12

subito alcune rapide fl uttuazioni. Nel 2007 e nel 2008 si sono regi-strati continui e repentini cambi delle condizioni metereologiche, con variazioni termiche dell’acqua comprese tra 2 e 6°C da un giorno all’altro. Tutto ciò ha indubbiamente contribuito ad aumentare lo stress delle larve allevate e ha giocato un ruolo importante nell’innalzamento del tasso di mortalità registrato. Lo stress dovuto sia alla temperatura che alla presenza degli operatori ha contribuito fortemente alla debili-tazione delle post-larve, che in poco tempo hanno smesso di alimentarsi assumendo comportamenti apatici e una pigmentazione scura. Attraverso un’analisi al microscopio binoculare, si è potuto osservare anche la pre-senza di esoftalmo bilaterale. Visto l’elevato tasso di mortalità e i sintomi riscontrati, il 9 maggio 2007 alcuni campioni di post-larva (n = 30) sono stati spediti alla Sezione Diagnosti-ca dell’Istituto Zooprofi lattico di Brescia per un’analisi anatomopa-tologica, batteriologica, virologica e parassitologica. Le analisi effettuate hanno confermato la presenza di

esoftalmo bilaterale su tutti i campio-ni osservati e la presenza dell’agente eziologico Aeromonas sobria (Figura 4.7). Le infezioni causate da batteri Aeromonas spp. sono probabilmente le più comuni che si possono riscon-trare in pesci allevati con tecnica sia intensiva che estensiva.

Aeromonas sobria produce una ampia gamma di tossine, quali emo-lisine extracellulari, citotossine e proteasi. Le infezioni da Aeromonas spp. sono più comuni quando il pesce è sottoposto a uno stress che lo rende suscettibile all’attacco dei batteri opportunisti. Le fonti più comuni di stress per il pesce in acquacoltura sono la scadente qualità delle acque, gli sbalzi termici, il maneggiamento da parte degli operatori, fenomeni di dominanza e cannibalismo e la densità. Secondo dati di letteratura, il persico risulta molto suscettibile all’aggressione da Aeromonas, so-prattutto durante il cambio di sta-gione tra inverno e primavera, anche in ambiente naturale, e il tasso di mortalità negli stock allevati, a causa di questa infezione, può essere dell’1-2% al giorno (WAHLI et al., 2005).

Con l’allevamento a ricircolo, mantenendo la temperatura dell’im-pianto costante, l’incidenza della malattia viene molto ridotta e in alcuni casi il tasso di mortalità scende anche al di sotto dello 0,5%.

Per quanto riguarda il 2008, la forte mortalità è stata causata dall’ingresso in impianto del paras-sita Ichthyophthirius multifi lis, si presume a causa di un errore da parte del personale addetto. Il parassita tende a infestare soggetti indeboliti o con malformazioni corporee quali scoliosi o lordosi che implicano dif-fi coltà nel nuoto e apatia, rendendo più facile l’attacco da parte del parassita. Quando il parassita è inci-stato risulta diffi cile eliminarlo e può causare lesioni cutanee o branchiali, facilmente colonizzabili da batteri e miceti. A causa di questa parassitosi e successive batteriosi, sostenute da germi opportunisti, entro la metà del mese di giugno 2008 erano già state perse circa 80.000 larve. Con l’appli-cazione di un protocollo di profi lassi e disinfezione (sale marino + clora-mina T) sullo stock rimasto e sulle nuove larve nate, la mortalità in poco

Tabella 4.2 – Temperature medie registrate nelle vasche di allevamento tra il 2007 e il 2009

Anno Temperaturamedia vasche (°C) DVS Min Max P

2007 19,3 3,5 14,1 26,1 —

2008 18,3 2,8 11,9 23,7 0,003

2009 19,0 4,6 9,8 24,6 —

2010 19,4 3,2 10,1 27,4 —

Figura 3 – Operazioni di selezione delle taglie.

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140 IL PESCE, 5/12

Tabella 4.3 – Razioni di zooplancton in %, mg e numero di zooplanctonti, somministrate nel primo esperimento

Razione%

Razione in peso secco(mg)

Razione(n. di zooplanctonti)

2,5 23,25 1.300

5,0 46,50 2.600

10,0 93,00 5.200

20,0 186,00 10.400

Tabella 4.4 – Crescita standard giornaliera (SGR%) ed effi cienza di conversione (FCR) nel primo esperimento

Razionegiornaliera

(%)

Razioneper post-larva

(g)

Pesoiniziale

(g)

Pesofi nale

(g)

Incrementodi peso

(g)SGR% FCR

2,5 0,004 0,155 0,198 0,043 6,065 0,364

5,0 0,008 0,155 0,229 0,074 9,777 0,419

10,0 0,016 0,155 0,242 0,087 11,172 0,710

20,0 0,031 0,155 0,269 0,114 13,769 1,089

tempo si è arrestata. È stato fatto il confronto tra il tasso di mortalità di post-larve di persico nate il 12 aprile 2008, allevate senza l’applicazione del protocollo di profi lassi e il tasso di mortalità di larve nate il 22 mag-gio 2008 mantenute isolate dal resto dell’allevamento, alle quali è stato applicato il protocollo di profi lassi. Nel secondo caso si osserva che la mortalità, dopo un primo periodo in cui resta comunque elevata, ten-de a diminuire progressivamente. L’elevata mortalità a pochi giorni dalla nascita può essere ascritta alle normali perdite fi siologiche che affl iggono le larve durante i primi stadi vitali. Nella vasca in cui il pro-tocollo di profi lassi è stato applicato precocemente, nessuna delle larve trovate morte ha mostrato segni della parassitosi.

4.1.4 Qualità delle larveAlcuni autori, KESTEMONT et al. (2003), hanno osservato che sia la percentuale di sopravvivenza che le performance di accrescimento sono maggiori in larve nate alla prima schiusa rispetto a quelle con schiusa più tardiva. Partendo da tale presup-posto, è stata eseguita una prova di qualità delle larve su alcuni nastri deposti nel 2008. Nel mese di aprile sono stati prelevati, dalla vasca dei riproduttori, tre nastri ovarici con lunghezza compresa tra 30 e 40 cm. I tre nastri sono stati posizionati per la schiusa in tre diversi trogoli, in modo da non consentire il rimescolamento delle larve nate. Per ogni nastro ovarico sono state poi preparate, all’interno di uno schiuditoio di tipo californiano, una serie di nursery da acquario con maglia da 250 µm e

volume di circa 4 litri. Solitamente, in un nastro con lunghezza pari a 40 cm, a una temperatura di 15°C, la schiusa di tutte le larve avviene in 3 giorni. Quindi abbiamo defi nito i tempi di schiusa come:• T1 = inizio della schiusa;• T2 = 24 h dall’inizio della schiusa;• T3 = 48 h ultime larve in schiusa.

Per ognuno dei tre nastri sono state quindi preparate 12 nursery (Figura 4.10), 3 per ogni tempo di schiusa, numerate progressivamente (per es. T1A, T1B, T1C, T2A, T2B, T2C, ecc…). In ogni nursery sono state immesse 200 larve appartenenti ai tre tempi di schiusa (600 larve per ogni intervallo).

Per evitare di mescolare larve nate durante le ore notturne, ogni mattina alle ore 8:00 le larve presen-ti, originate dalla schiusa notturna, venivano spostate in una vasca ester-na; in questo modo ci si assicurava il prelievo di larve nate dopo l’interval-lo di tempo desiderato, ossia 24 h dal prelievo precedente. Confrontando l’andamento della lunghezza di larve nate a tempi diversi, durante i primi 5 giorni dopo la schiusa, si può os-servare per tutti e tre i nastri usati per la prova, larve nate al tempo T0

(inizio della schiusa) hanno mostrato una lunghezza signifi cativamente inferiore (p < 0,05) rispetto a quelle nate a tempi successivi T1 e T2. Già dal secondo giorno, però, si può osservare che la lunghezza delle larve nate al tempo T0 aumenta fi no a raggiungere, e poi superare al quinto giorno, quella di larve nate in tempi successivi. Per tutti i nastri, al quinto giorno di prova, le larve T0 hanno mostrato lunghezze signifi ca-tivamente maggiori, rispetto a larve T1 e T2 (p < 0,05).

Dopo il quinto giorno, le larve rimaste nelle nursery (n = 150) sono state alimentate per 15 giorni, al fi ne di determinare differenze di sopravvivenza in relazione al tempo di schiusa. La Figura 4.12 mostra la sopravvivenza delle larve, alla fi ne dell’osservazione, per ogni gruppo di schiusa. Nonostante le percentuali di sopravvivenza siano state molto basse, probabilmente a causa dello spazio limitato delle nursery, tra i tre gruppi sono state osservate dif-ferenze signifi cative (p < 0,05) nella percentuale di sopravvivenza. Le larve del gruppo T0 hanno mostrato la maggiore percentuale di soprav-vivenza (in media 12,5%) per tutti e

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142 IL PESCE, 5/12

Tabella 4.5 – Razioni di zooplancton in %, mg e numero di zooplanctonti, somministrate nel secondo esperimento

Razione%

Razione in peso secco(mg)

Razione(n. di zooplanctonti)

50 642,5 35.600

100 1.285,0 71.200

150 1.927,5 106.800

200 2.570,0 142.400

tre i nastri, mentre i gruppi T1 e T2 hanno mostrato sopravvivenze più basse, rispettivamente 3% e 1,15%.

KESTEMONT et al. (2003) hanno osservato che larve di persico e di spigola (Dicentrarchus labrax) schiuse tardivamente risultano meno competitive di quelle schiuse precocemente. La stessa osserva-zione proviene dalle esperienze di avannotterie commerciali di spigola (Saroglia, dati non pubblicati).

Lo stesso risultato è inoltre stato ottenuto da Buriez (2007) in uno studio effettuato su larve di luccio (Esox lucius). Come nel nostro caso, l’autore ha osservato che il tempo di schiusa infl uenza la taglia iniziale delle larve: le larve precoci hanno una lunghezza alla schiusa inferiore a quelle tardive. Secondo KESTEMONT et al. (2003), larve nate durante le prime fasi della schiusa risultano avvantaggiate rispetto a quelle nate successivamente, in quanto possono accedere prima alla dieta esogena, crescendo più velocemente, e poten-zialmente cannibalizzare gli indivi-dui nati più tardivamente. In base a queste considerazioni, potrebbe essere suggerita una selezione delle larve direttamente alla nascita, e ciò dovrebbe permettere una riduzione dell’eterogeneità di taglia iniziale oltre a un miglioramento del tasso di sopravvivenza dello stock allevato.

4.1.5 Effi cienza di predazioneDurante il mese di giugno 2007 è stata effettuata una prova di effi -cienza di predazione su post-larve di pesce persico, allo scopo di defi nire la razione giornaliera ottimale di zooplancton da fornire durante le prime fasi di allevamento. Per l’e-sperimento sono stati utilizzati due

gruppi di post-larve pre-svezzate presso l’incubatoio dell’APD Tinella di Groppello (Varese). Le post-larve del primo gruppo avevano un peso medio di 0,155 g (± 0,052) mentre quelle del secondo gruppo pesavano 0,257 g (± 0,083). Durante le pro-ve, le post-larve, divise in quattro gruppi, sono state mantenute in vaschette di plexiglas (Figura 4.13) e alimentate con quattro differenti razioni giornaliere di zooplancton: primo gruppo 2,5%, 5%, 10% e 20% del peso corporeo medio, se-condo gruppo 50%, 100%, 150% e 200%. Per ogni razione giornaliera sono state effettuate tre repliche al giorno (V1,V2,V3) per 4 giorni. Lo zooplancton usato per alimentare le post-larve veniva pescato gior-nalmente nel lago di Varese tramite un retino da plancton con mesh da 80 µm e successivamente fi ltrato su un setaccio con mesh da 450 µm, per eliminare zooplanctonti di ta-glia troppo piccola. La sospensione così ottenuta, detta “sospensione madre”, veniva trasportata presso i laboratori in una tanica da 30 litri. Dalla sospensione madre, opportu-namente omogeneizzata, venivano prelevati 5 campioni da 150 ml per quantifi care la concentrazione di zooplanctonti.

Nota la concentrazione della so spensione madre, si procedeva all’alimentazione delle post-larve somministrando ad ognuna delle vaschette il volume di sospensione necessario. Al fi ne di conteggiare gli zooplanctonti consumati, giornal-mente, dopo aver rimosso le post-larve, lo zooplancton morto veniva lasciato sedimentare sul fondo delle vaschette sperimentali. Alla fi ne di ogni giornata di sperimentazione,

feci e zooplancton morto venivano asportati dal fondo e conservati in bottiglie da 1 litro. Da ogni vaschetta venivano poi prelevati 3 campioni d’acqua in provette da 50 ml, in mo-do tale da poter valutare la quantità di zooplancton ancora presente in sospensione e quindi non consumato dalle post-larve. Il numero medio di zooplanctonti presenti nei tre campio ni veniva poi rapportato al volume totale di acqua presente nelle vaschette (7 l), in modo da poter cal-colare il numero degli zooplanctonti rimasti vivi. Le feci e gli organismi morti venivano lasciati sedimentare in coni Imhoff da 1 litro di capacità, in modo tale che le feci, più pesanti, sedimentassero per prime sul fondo del cono. In questo modo è stato pos-sibile separare le feci dallo zooplanc-ton morto che veniva recuperato e conteggiato. Alla fi ne di ogni ciclo di 24 ore, l’acqua delle vaschette veniva sostituita per eliminare eventuali residui delle razioni precedenti, le quali avrebbero potuto interferire con il calcolo della quantità di prede consumate.

Al termine di entrambe le prove è stata calcolata la quantità di zoo-planctonti predati nel tempo di 60" dalle post-larve alimentate con le razioni massime dei due esperimenti (20%-200%), così da verifi care che i dati sul consumo di zooplancton fossero attendibili. Sono inoltre stati calcolati i valori di FCR (Feed Con-version Ratio) e di SGR% (Specifi c Growth Rate) per le post-larve di entrambe le prove:

TFSFCR = —————— FBW – FBI

Ln(FBW) – Ln(FBI)SGR = ————————— t2 – t1

dove:TFS = grammi di zooplancton

in peso secco fornitiFBW = peso fi nale medio delle

post-larveFBI = peso iniziale medio delle

post-larvet2 – t1 = durata dell’esperimento

in giorni

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IL PESCE, 5/12 143

Primo gruppoLe razioni giornaliere di zooplancton somministrate al primo gruppo di post-larve erano pari al 2,5%, 5%, 10% e 20% del peso corporeo me-dio (0,155 ± 0,052 g) (Tabella 4.3). Per la prova sono state allestite 12 vaschette contenenti ognuna 6 post-larve di persico. Come mostrato in Figura 4.14, la relazione osservata tra la razione giornaliera sommini-strata e la quantità di zooplancton consumato dalle post-larve è di tipo lineare (R2 = 0,99). Inoltre il numero di zooplanctonti consumati è risul-tato statisticamente differente tra le diverse razioni utilizzate (p < 0,05).

Rispetto a un peso iniziale di 0,155 ± 0,052 g, al termine del primo esperimento, le post-larve presentavano un peso medio pari a 0,235 ± 0,063 g, con un incremento di peso variabile tra 0,04 g (razione 2,5%) e 0,11 g (razione 20%) (Ta-bella 4.4). Il peso fi nale medio di post-larve alimentate con razioni più elevate di zooplancton è risultato tendenzialmente maggiore sebbene l’analisi statistica non abbia eviden-ziato nessuna differenza signifi cativa (p > 0,05) (Figura 4.15).

Come mostrato in Tabella 4.4, i valori di SGR calcolati per le post-

larve sono cresciuti con l’aumentare della razione somministrata, per valori compresi tra 6,1% (razione 2,5%) e 13,8% (razione 20%). La FCR è risultata compresa tra 0,36 (razione 2,5%) e 1,09 (razione 20%). Il numero di zooplanctonti consumati, nel corso delle 14 ore di luce, dalle post-larve alimentate con la razione massima dell’esperimento (20%) è stata pari a 2,3 zooplanctonti al minuto.

Secondo gruppoNel secondo esperimento sono state utilizzate post-larve con un peso medio (0,257 ± 0,083 g) quasi doppio rispetto al primo gruppo. La meto-dica della prova è stata identica alla precedente, con la differenza che le razioni giornaliere erano più elevate e per ogni vaschetta erano presenti solo 5 post-larve. Le razioni fornite sono state signifi cativamente più alte, in quanto si voleva verifi care quale fosse la quantità massima di zoo-plancton che le post-larve possono consumare (Tabella 4.5).

La relazione tra razione giorna-liera somministrata e zooplanctonti consumati dalle post-larve è risul-tata essere di tipo logaritmico e la quantità di prede consumate tende

a un plateau con l’aumentare della razione giornaliera. Al contrario, la quantità di razione giornaliera che le post-larve hanno consumato si riduce con l’aumento della razio-ne giornaliera stessa. In entrambi i casi la differenza nella quantità di zooplanctonti consumati dalle post-larve in funzione della razione somministrata è risultata statisti-camente signifi cativa (p < 0,05). In questo caso l’incremento medio del peso delle post-larve è variato tra 0,07 g per la razione più bassa (50%) e 0,17 g per la razione giornaliera massima (200%). Anche nel secondo esperimento la variazione del peso corporeo delle post-larve registrata al termine della prova non è risul-tata statisticamente signifi cativa (p > 0,05).

Nel secondo esperimento i valori di SGR calcolati sono stati compresi tra 6,3% (razione 50%) e 12,8% (razione 200%). Similmente, alla prima prova è stato osservato un aumento della velocità di crescita delle post-larve alimentate con razio-ni giornaliere più elevate. La FCR è risultata, invece, compresa tra 7,01 e 12 rispettivamente per le razioni pari al 50% e 200% del peso corpo-reo delle post-larve (Tabella 4.6). Il

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144 IL PESCE, 5/12

numero di zooplanctonti consumati dalle post-larve alimentate con la razione massima dell’esperimento (200%) nelle 14 ore di luce è stata pari a 20,3 zooplanctonti al minuto.

Considerazioni sulla provaDurante il primo esperimento, alle post-larve sono state fornite razioni di cibo pari al 2,5%, 5%, 10% e 20% del loro peso corporeo medio (0,155 ± 0,052 g). La quantità di zooplancton consumata è risultata compresa tra il 96,8% del totale for-nito (1.258 ± 54 zooplanctonti predati su 1.300) per la razione pari al 2,5% del peso corporeo delle post-larve e il 96,2% per la razione pari al 20% (9.908 ± 320 zooplanctonti predati su 10.400). La relazione tra zooplan-cton somministrato e consumato è risultata quindi di tipo lineare (R2 = 0,99) in quanto le razioni venivano quasi completamente consumate nel corso delle 14 ore di luce.

Nella seconda prova sono state applicate razioni di cibo più elevate rispetto alla prima: 50%, 100%,

150% e 200% del peso corporeo medio delle post-larve. In questo caso la percentuale di zooplancton predato, rispetto al totale fornito, è diminuita con relazione esponenziale inversa all’aumentare della razione giornaliera. Le post-larve alle quali è stata somministrata una razione giornaliera pari al 50% del proprio peso corporeo hanno consumato me-diamente il 74,7% dello zooplancton fornito (26.603 ± 2.594 zooplanctonti predati su 36.600), mentre quelle che hanno avuto a disposizione la razione massima, pari al 200% del proprio peso corporeo, hanno con-sumato in media solo il 51,2% dello zooplancton fornito giornalmente (72.943 ± 3.677 zooplanctonti pre da-ti su 142.400). La relazione tra ra-zione somministrata e zooplanctonti consumati è di tipo logaritmico e tende a un plateau, indicando che la razione di zooplanc ton pari al 200% del peso delle post-larve è vicina alla quantità massima di cibo che le post-larve di persico possono consumare giornalmente.

Calcolando il numero di zoo-planc tonti che le post-larve hanno predato mediamente in un minuto, alle razioni più elevate è stato os-servato che per la razione pari al 20% il consumo è stato in media di 2,3 zooplanctonti al minuto du-rante le ore di luce, mentre per la razione pari al 200% le post-larve hanno consumato in media 20,3 zooplanctonti al minuto. PETERKA e MATENA (2002), effettuando uno studio di effi cienza di predazione in persici di lunghezza pari a 30-50 mm, hanno misurato la quantità di zooplanctonti consumata dopo 5, 10 e 20 minuti dall’alimentazione, osservando che a concentrazioni pari a 150 zooplanctonti per litro, gli avannotti possono consumare fi no a 6-7 prede al minuto. Il confronto di questo risultato con quelli riscontrati nel nostro studio deve tenere conto del fatto che nel nostro esperimento lo zooplancton nelle vaschette spe-rimentali era molto più concentrato (circa 20.000 zooplanctonti per litro, per la razione pari al 200 %) e i tempi

Esemplare di Perca fl uviatilis.

Tabella 4.6 – Crescita standard giornaliera (SGR%) ed effi cienza di conversione (FCR) nel secondo esperimento

Razionegiornaliera

(%)

Razioneper post-larva

(g)

Pesoiniziale

(g)

Pesofi nale

(g)

Incrementodi peso

(g)SGR% FCR

50 0,129 0,257 0,330 0,073 6,274 7,005

100 0,257 0,257 0,381 0,124 9,863 8,265

150 0,386 0,257 0,412 0,155 11,818 9,923

200 0,514 0,257 0,428 0,171 12,765 12,001

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di alimentazione delle post-larve erano molto più lunghi.

In entrambe le prove, l’incremen-to di peso delle post-larve alimentate con diverse razioni giornaliere non è risultato statisticamente signifi cativo (p > 0,05). Questo risultato potrebbe essere dovuto alla forte eterogeneità della taglia delle post-larve utilizzate durante l’esperimento. Infatti il coeffi ciente di variazione (CV), pur essendo in accordo con valori ripor-tati in letteratura (35,3%-38,1%) (KESTEMONT et al., 2003), è risultato piuttosto elevato (34%-32%). Valori elevati di eterogeneità tra post-larve non sono dovuti esclusivamente a fattori genetici, ma a questo riguardo svolgono un ruolo molto importante sia la quantità a disposizione, sia il metodo utilizzato per la somministra-zione del cibo in cattività (FONTAINE et al.,1997). Garantendo il giusto approvvigionamento alla fonte ali-mentare a tutti gli esemplari, possono infatti essere ridotti i fenomeni di competizione intraspecifi ca. Anche il cannibalismo risulta essere un

fattore in grado di infl uenzare la dif-ferenza tra le taglie delle post-larve in uno stock (BARAS et al., 2003).

I valori di FCR e SGR ottenuti hanno permesso di identifi care qua-le, tra le razioni fornite, potrebbe essere quella da considerarsi ottimale per le post-larve di persico. Il valore più alto di SGR è stato osservato nelle post-larve alle quali è stata fornita una quantità di zooplancton pari, in peso secco, al 20% del loro peso corporeo. Con tale razione è stata osservata una FCR di 1,09, che, essendo prossima a 1, rappre-senta un rapporto di conversione dell’alimento da considerarsi molto buono. Nelle razioni giornaliere inferiori (2,5%, 5% e 10%), la FCR è ancora più bassa, ma la crescita delle post-larve è stata piuttosto contenuta. Nelle razioni fornite nel secondo studio (50%, 100%, 150% e 200%), sia la SGR che la FCR hanno assunto valori più distanti da quelli ottimali rispetto alla razione 20%. Dai risultati ottenuti nel nostro studio, la razione di zooplancton in

peso secco da considerarsi ottimale per le post-larve, al fi ne di ottenere le migliori performance di accresci-mento, deve essere pari al 20% del peso corporeo. Questo risultato è in accordo con FIOGBÉ et al. (2003), in cui si osserva che nel persico, come in tutti i pesci, la razione ottimale è solitamente inferiore alla razione massima.

Marco SarogliaPietro Ceccuzzi

Micaela AntoniniGenciana Terova

NotaHanno collaborato anche Fabio Brambilla, Samuela Corà, Simona Rimoldi, Mattia della Torre, Ales-sandro Bardelli, Daniele Tamburini, Sebastian Prati.

Corresponding author:Prof. Marco SarogliaDipartimento di Biotecnologiee Scienze della Vita (DBSV)Università dell’Insubria, [email protected]

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146 IL PESCE, 5/12

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Milano e il Diabetes Research Insti-tute di Miami, diretto dal Professor Camillo Ricordi. Hanno inoltre contribuito l’Associazione Insieme per il Diabete di Palermo e l’Associa-zione dei diabetici della Provincia di Milano. La raccolta dei dati relativi ai singoli prodotti è stata possibile grazie all’impegno della COOP e dell’Istituto Nazionale per la Ri-cerca sugli Alimenti e la Nutrizione (INRAN).

«Un ruolo fondamentale è quello svolto dalla ricerca scientifi ca, che mira sostanzialmente ad una cura definitiva, e dall’alimentazione» ha dichiarato il professor Camil-lo Ricordi. «Alimentazione che deve essere sana come in qualsiasi soggetto non affetto da diabete, con piena conoscenza dell’apporto di grassi e carboidrati per permettere la prevenzione di oscillazioni nei livelli di glicemia che possono con-tribuire allo sviluppo di complicanze croniche».

Organizzato in tabelle colorate e facili da leggere, il manuale è diviso in 9 settori: bevande, carni, cereali e derivati, latte e derivati, frutta e verdura, oli e condimenti, pro-dotti della pesca, surgelati e anche prodotti per l’infanzia. All’interno

di ogni categoria, oltre ai dati di carattere generale relativi a ciascun alimento, sono riportate le informa-zioni sui singoli prodotti commerciali in ordine alfabetico e per marca.

Un questionario on-line per fare la nuova PAC

La riforma della Politica agricola comune per il prossimo settennio è in corso e il Parlamento europeo, con lungo processo democratico, sta preparando la propria risposta defi nitiva. Allo scopo la vicepresidente del Parlamento europeo, Isabelle Durant, sta sostenendo il sondaggio di Agorà, la Conferenza dei cittadini, sulla PAC. Indirizzata a tutti gli europei, anche non operatori del settore agricolo, l'iniziativa di democrazia partecipata intende raccogliere le opinioni nel modo più ampio possibile su temi come il destino delle zone rurali o la relazione tra agricoltori e consumatori.

Il questionario è accessibile al link: www.food4.eu/it/have_your_say/quest.html

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Industria Alimentare in EuropaLa prima edizione dell’Annuario Industria Alimentare in Europa con-tiene un repertorio di circa 10.000 industrie alimentari dei 17 Paesi dell’Europa occidentale ripartite in 16 comparti produttivi. Per ogni azienda sono disponibili, oltre ai dati anagrafi ci (ragione sociale, indirizzo, telefono, fax, sito internet, e-mail), informazioni su prodotti, fatturato, management. L’Annuario contiene anche il rapporto “Situazione, punti di forza e criticità dell’industria ali-mentare in Europa”, che illustra la realtà del settore con analisi, tabelle e grafi ci. Come tutti gli Annuari Agra, Industria Alimentare in Europa 2012 è disponibile anche in versione cd-rom (€ 302,50 IVA inclusa). Il software è particolarmente utile, non solo per una veloce ricerca e selezio-ne delle informazioni riguardanti il settore agroalimentare, ma anche per utilizzarle per scopi commerciali.

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Infatti, le possibilità offerte per ge-stire e stampare circolari, oltre che per stampare indirizzi su etichette, rappresentano un buon investimento e un grande potenziale di sviluppo commerciale attraverso operazioni di mailing mirato. Con questo stru-mento è possibile ottenere tutti i dati presenti sull’Annuario effettuando ricerche semplici (per comparto alimentare, per categoria merceo-logica, per Paese) oppure ricerche complesse attraverso più chiavi di ricerca selezionabili direttamente dall’utilizzatore. Nelle nuove edizio-ni in cd-rom degli Annuari è riportato l’indirizzo internet delle aziende: direttamente dal programma è stato creato un link che automaticamente avvia la connessione e apre tramite il browser la pagina web dell’azienda selezionata. Il catalogo completo degli Annuari è disponibile andando sul sito www.agraeditrice.com

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