Il mondo al bivio · 2016. 2. 20. · Il cammino fatto è lungo. Nella Rerum novarum (1891) di...

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La pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco nel 2015 ha segnato un approfondimento nella riflessione sociale della Chiesa caolica. Il cammino fao è lungo. Nella Rerum novarum (1891) di Leone XIII la questione sociale era questione operaia, con la richiesta di giustizia sul lavoro, e riguardava esclusivamente l’Occidente industrializzato. Negli anni Sessanta, con l’enciclica Populorum progressio (1967) di Paolo VI, la questione sociale si è trasformata in critica a un modello di sviluppo che ha visto i rapporti tra Nord e Sud come occupazione e neocolonialismo. Oggi Laudato si’ allarga il conceo di responsabilità dell’uomo: saremo in grado di garantire un futuro al nostro pianeta? L’umanità avrà un domani? Come declinare la aternità universale se lo suamento delle risorse è solo a vantaggio di pochi? L’ecologia integrale è un invito a ripensare l’uomo tecnologico e suatore. A lasciarlo come triste memoria dei tempi passati. “Oggi, scrive papa Francesco, non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (LS 49). Questo dossier inserisce la riflessione di papa Francesco nel contesto auale, dopo la COP 21 di Parigi e l’indispensabile dialogo con le Chiese e le religioni sulla salvaguardia del mondo. È un ponte geato a “ogni persona che abita questo pianeta” (LS 3), casa comune da condividere. A CURA DI BRUNO BIGNAMI E MARINO RUZZENENTI Il mondo al bivio LaudatoSi’ D OSSIER

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La pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco nel 2015 ha segnato un approfondimentonella riflessione sociale della Chiesa cattolica. Il cammino fatto è lungo. Nella Rerum novarum (1891) diLeone XIII la questione sociale era questione operaia, con la richiesta di giustizia sul lavoro, e riguardavaesclusivamente l’Occidente industrializzato. Negli anni Sessanta, con l’enciclica Populorum progressio(1967) di Paolo VI, la questione sociale si è trasformata in critica a un modello di sviluppo che ha visto irapporti tra Nord e Sud come occupazione e neocolonialismo. Oggi Laudato si’ allarga il concetto diresponsabilità dell’uomo: saremo in grado di garantire un futuro al nostro pianeta? L’umanità avrà undomani? Come declinare la fraternità universale se lo sfruttamento delle risorse è solo a vantaggio dipochi? L’ecologia integrale è un invito a ripensare l’uomo tecnologico e sfruttatore. A lasciarlo cometriste memoria dei tempi passati. “Oggi, scrive papa Francesco, non possiamo fare a meno di riconoscereche un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizianelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (LS 49).Questo dossier inserisce la riflessione di papa Francesco nel contesto attuale, dopo la COP 21 di Parigi el’indispensabile dialogo con le Chiese e le religioni sulla salvaguardia del mondo. È un ponte gettato a“ogni persona che abita questo pianeta” (LS 3), casa comune da condividere.

A C U R A D I B R U N O B I G N A M I E M A R I N O R U Z Z E N E N T I

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sultato del comportamento presente della “spe-cie umana” nel contesto dell’evoluzione dellavita sul pianeta.

L’universo ha avuto un’origine di miliardi dianni antecedente alla comparsa della vita, ma labiosfera di cui l’essere umano si è reso padronee da cui ha potuto osservare e prendere coscien-za del mondo che lo ospita avrà una fine dipen-dente dalla velocità e dallo spreco con cui ver-ranno consumate e degradate “terra”, “energia”,“acqua”, “aria”. Questa volta la Chiesa precedeil pensiero laico, pur ricorrendo a miti e catego-rie della religione cristiana, ma ponendo la fedesu un piano di parità con il metodo scientifico ei suoi risultati e con l’assimilazione e l’armoniadella ragione coi meccanismi che presiedono almondo naturale e alla sopravvivenza di societàimperniate sulla giustizia.

L a Laudato si’ (2015) è l’enciclica più “seco-lare”, dopo la Rerum novarum (1891) di pa-

pa Leone XIII. Allora però, in piena società in-dustriale, nasceva con il cattolicesimo socialeuna demarcazione rispetto all’ideologia e all’or-ganizzazione socialista-marxista, origine fre-quente di conflitti e distinguo ancorati ad una vi-sione di un presente sulla terra e di un futuro nel-l’al di là. Un al di là valido per il credente e con-quistabile in libertà e responsabilità, in base alcomportamento del singolo, riscattabile in ognimomento sul piano del ravvedimento e del pen-timento “individuale”.

Oggi, nel mondo globalizzato e governatoalla velocità della luce, dentro una dissonanzadei tempi tra l’attività umana e i ritmi della bio-sfera, la salvezza della “casa comune” sfuoca iltema della salvezza personale, in quanto è il ri-

Mario Agostinelli,ricercatore

chimico-fisico per l’Enea

(Ente per le nuovetecnologie, l’energia el’ambiente), nel 1974

ha aderito al Pci,diventando

sindacalista a tempopieno. Nel 2009 ha

aderito a Sel (Sinistraecologia libertà).

Sul pianointernazionale opera

da anni nel ForumMondiale delle

Alternative e nel ForumSociale Mondiale.

È portavoce delContratto mondiale per

l’energia e il clima epresidente

dell’AssociazioneEnergiafelice.

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Velocità e tecnocrazia nemici

dell’ecologia

MARIO AGOSTINELLI

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GIUSTIZIA SOCIALE E GIUSTIZIA CLIMATICA

L’enciclica si propone come punto di conver-genza e unità teorico-pratica, ambendo a renderemaggioritario un approccio – definito di “ecolo-gia integrale” – rispetto a temi ancora sottovalu-tati e non imposti all’agenda politica, nonostanteappuntamenti decisivi come quelli della Cop 21di Parigi. È necessario un cambiamento di pro-spettiva e si deve agire sul “piano strutturale”(mutamento economico-sociale-ambientale). Ilproblema non è se occorre il cambiamento, mache non accorgersi “dell’urgenza” è peccato. C’èuna connessione uomo-natura in un sistema or-dinato, che ci consentirebbe di coltivare tre rela-zioni: una relazione intima tra “poveri” e “fragi-lità del pianeta”; una critica al paradigma dellacrescita, fondato sulla finanziarizzazione, e allafame di potere, che derivano dalla tecnocrazia;una sintonia essenziale per l’esistenza umana,con il prossimo, la terra, Dio. Sono ripresi i quat-tro “no” dell’esortazione apostolica Evangeliigaudium (2013): no a un’economia dell’esclu-sione, no alla nuova idolatria del denaro, no a undenaro che governa invece di servire, no all’ini-quità che genera violenza. Si delinea una trinceadi una battaglia di sopravvivenza della nostra ci-viltà, che coinvolge tutti, andando oltre la chiave

morale e religiosa e consentendo una lettura so-cio-economica, politica, laica.

IL CLIMA E LA FINE DELLA CASA COMUNE

“Il clima è un bene comune, appartenente atutti e pensato per tutti”. Sulla catastrofe non sipuò più irresponsabilmente ironizzare. La giu-stizia climatica è l’opzione per i poveri e la mis-sione principale per la Chiesa del XXI secolo.

Tutto viene storicizzato. Ambiente e “benicomuni” non sono intesi come realtà statiche, on-tologicamente date, bensì come frutto di relazio-ni reticolari, come interdipendenze complesseche stanno prendendo, per effetto di assetti eco-nomici e sociali, direzioni non auspicabili per laspecie e predisponendo gabbie dalle quali è sem-pre più difficile uscire, se non pagando prezzi

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Alcune considerazionia) Le fortezze, le economie dell’esclusione sono destinate a de-clinare. Le risorse sono usate per escludere. Non c’è più solo l’esclu-sione dal consumo, ma dalla conoscenza, dalle tecnologie, dalla for-mazione, dalla cultura, che giocano un ruolo determinante. L’Italiaha caratteristiche da economiadell’esclusione. b) La classe dirigente serve il pen-siero unico della finanziarizza-zione, e affida la conduzione dellesocietà umane a poteri estranei elontani, favorendo la trasformazio-ne da un’economia inclusiva adun’economia esclusiva. c) Ci sono cose che non si possono enon si debbono né comprare névendere.d) Nell’organizzazione del lavo-ro, nell’impresa e nella società èavvenuta una grande trasformazio-ne della quale non abbiamo ancorapiena consapevolezza. La guida del-le imprese, soprattutto quelle gran-di, è impostata esclusivamente intermini contabili-finanziari. e) Il rapporto tra terra e specie uma-na richiede una riconversione ecologica dell’economia insieme al-la conversione nelle menti e nel comportamento delle persone.f) Il “paradigma tecnocratico” e il culto della crescita infinita, che han-no dato origine al consumismo galoppante e una “cultura dell’usae getta”, hanno comportato una “globalizzazione dell’indifferenza”per le sofferenze degli altri. (m.a.)

L’enciclica si propone come punto di convergenza e unità teorico-pratica

rispetto a temi ancora sottovalutati e non imposti all’agenda politica

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Dall’alto:Parigi, Cop 21 (2015);manifestazione“Giustizia climaticaadesso”.

A pag. 18, da sinistra:Wakuya (Giappone),dopo il terremoto del marzo 2011;Filippine, ambientalistifesteggiano l’enciclica“Laudato si’”.

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rire direttamente il quadro di rappresentazioneche Laudato si’ vuol dare del futuro possibile.Un impianto descrittivo e interpretativo, quelloprevisto dall’enciclica e sfuggito a molti com-menti, che si rivela apertissimo all’immaginescientifica più innovativa e recente del mondo,a partire dall’abbandono dell’antropocentrismoe nella piena coscienza che l’essere umano è untutt’uno con la materia costituente l’universo,che la realtà va descritta in uno spazio indistintodal tempo – lo spazio-tempo! (cfr. n. 138) –, chela condivisione dell’informazione genetica ren-de necessaria la biodiversità e che per vivere,mantenersi in vita e riprodursi si passa attraversoprocessi irreversibili, sottoposti alla legge del-l’entropia. Nel n. 117 si parla del “messaggioche la natura porta inscritto nelle sue stessestrutture” (sembrerebbe l’aspirazione di tutta lafisica e in particolare dello sforzo di unificazio-ne in atto dalla relatività alla quantistica).

CRITICA ALLA VELOCITÀ

In particolare, si guarda con documentatapreoccupazione alla velocità relativa tra i pro-cessi biologici e quelli artificiali dominati da unricorso non neutrale alla tecnologia (e perciò in-tesa come tecnocrazia). Ci si preoccupa che lanostra relazione con il tempo sia definita solodalle tecnologie di cui ci serviamo per misurarloe si è consapevoli che la digitalizzazione e la ve-locità della luce presentano sfide particolari concui ci confrontiamo per la prima volta. In conclu-sione, non decliniamo ancora un’ecologia inte-grale ed esprimiamo verità senz’ali perché usia-mo sempre vie di mezzo e consideriamo la naturadeterministicamente, intendendola come un siste-ma che si analizza, si comprende e si gestisce sen-za amore. Dobbiamo conoscere attraverso la sim-patia con la natura e non attraverso la sua tortura.Purtroppo osserviamo e... scartiamo!

Parafrasando papa Francesco, possiamo af-fermare che la creazione dei cieli e della terra èmolto più grande della creazione del genereumano, ma la maggior parte degli uomini e delledonne non lo sa. E aggiungere un versetto delCorano in totale sintonia con l’invito al supera-mento dell’antropocentrismo: “E non andare perla terra con arroganza. In effetti, non si può at-traversare la Terra e raggiungere l'altezza dellemontagne” (Surat al Isrâ’, 37).

MARIO AGOSTINELLI

enormi. Proprio la non prevedibilità di questiprocessi, o la legittima prevedibilità di un pro-cesso più distruttivo che costruttivo, consigliaoggi la precauzione e la “cura”, più ancora chela tutela, dell’ambiente eco-sociale. Fissare a 2°Cl’aumento della temperatura a metà del secolo èl’obiettivo colpevolmente ritardato dai governi edopo la Cop 21 occorre adottare strategie dall’al-to e dal basso per impedire l’irreversibilità deglisquilibri. L’urgenza della giustizia climatica devediventare il principio organizzatore della politicae della società. Questo significa non solo ridurre

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drasticamente le emissioni di gas serra a un ritmoe profondità ben oltre i limiti finora praticati, maattuare una totale de-carbonizzazione dell’eco-nomia mondiale, allineando le azioni locali, re-gionali, continentali, e la necessaria transizioneverso le energie rinnovabili con il contenimentodei consumi. Non solo è in gioco la giustizia peri poveri, ma “la giustizia tra le generazioni “

SCELTA DEL METODO SCIENTIFICO

Ci sono due orientamenti che vengono presiin considerazione: a) quello della scienza chestudia la storia della natura e l’evoluzione diquell’animale strano che è l’uomo, un animale,ma non solo (una singolarità che sempre più neitempi recenti, col progressivo abbandono del de-terminismo, trascende l’ambito fisico e biologi-co); b) quello della Chiesa, che da 500 anni è inpolemica con l’approccio scientifico (GalileoGalilei, Giordano Bruno, Baruch Spinoza, Char-les Darwin), ma tenta ora una riconciliazione innome di Frate Francesco. La base della rivolu-zione scientifica del XX secolo sembra sugge-

“Il clima è unbene comune,appartenentea tutti e pensato per tutti”.Sullacatastrofe non si può piùironizzare

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Disboscamento nellaforesta pluviale

indonesiana.

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Quando ha cominciato ad interessarsi ai rappor-

ti fra ecologia e cristianesimo?

Quando lessi il passo della Populorum progressio,l’enciclica di Paolo VI pubblicata nel 1967, in cui si af-fermava che “non basta accrescere la ricchezza comuneperché sia equamente ripartita, non basta promuoverela tecnica perché la terra diventi più umana da abitare.Economia e tecnica non hanno senso che in rapportoall’uomo che esse devono servire”. Mi sembrò si par-lasse di problemi che riguardavano i miei studi, il ruolodella tecnica nei confronti delle condizioni di vita sullaterra, come renderla aptior ad habitandum (più vivibi-le). Era anche evidente che la pace, di cui aveva parlatoGiovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris (1963),dopo la grande paura della crisi cubana dell’ottobre del-

l’anno prima, era altresì premessa indispensabile perevitare ulteriori danni all’ambiente, non solo per ledrammatiche conseguenze di un possibile scambio dibombe nucleari, sempre incombente, ma anche per leconseguenze devastanti dell’uso dei diserbanti e del na-palm come armi di guerra nel Vietnam.

In quegli anni Sessanta del secolo scorso c’era

anche una preoccupazione per l’effetto che l’au-

mento della popolazione mondiale avrebbe potuto

avere sulla disponibilità di risorse e sulla qualità

dell’ambiente...

L’aumento della popolazione mondiale, allora di 80milioni di persone all’anno, stava provocando un incre-mento della violenza contro l’ambiente, derivante dallemaggiori risorse sottratte alla natura e trasformate in

MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016 21

Giorgio Nebbia, chimico, professoreemerito di merceologia

dell’Università di Bari, uno dei padriillustri del pensiero ecologico in

Italia, è autore di innumerevoli saggie pubblicazioni scientifiche sui

diversi temi [email protected]

Intervista aGiorgio Nebbia

Quando il Vaticano

mi mandò alla prima conferenza sull’ambiente

A CURA DI MARINO RUZZENENTI

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prof. Valerio Giacomini, a discutere i problemiche sarebbero stati trattati nella Conferenza delleNazioni Unite sull’ambiente umano che si sa-rebbe tenuta a Stoccolma nel giugno 1972 e acui la Santa Sede avrebbe partecipato. Mentre cisi stava avviando verso tale conferenza, il 14maggio 1971 Paolo VI, in occasione dell’80° an-niversario dell’enciclica Rerum novarum, scris-se al card. Maurice Roy, presidente della Ponti-ficia Commissione Iustitia et Pax, una “lettera”in cui fra l’altro è scritto, proprio a propositodell’ambiente naturale: “Mentre l’orizzonte del-

beni di consumo destinati a diventare rifiuti in-quinanti. Un tema che toccava direttamente l’in-segnamento della Chiesa cattolica, la quale erainvitata, da parte anche di suoi fedeli, soprattuttoamericani, a prendere posizioni meno radicalisulla limitazione delle nascite.

Paolo VI nominò una commissione di studioche non fornì indicazioni unitarie e nel dicembre1968 pubblicò l’enciclica Humanae vitae, chefu letta in gran parte del mondo laico come unrifiuto dei metodi contraccettivi. In realtà l’en-ciclica chiarisce che “l’esercizio responsabile

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della paternità implica che i coniugi riconoscanoi propri doveri verso Dio, verso se stessi, versola famiglia e verso la società, in una giusta ge-rarchia dei valori”. Mi sembrava quindi che unacorretta lettura della “paternità responsabile”suggerisse che i doveri “verso la famiglia e lasocietà” comprendevano quello di evitare cheun aumento della popolazione comportasse unincremento della richiesta di prodotti agricoli,minerali, di prodotti industriali, la cui produzio-ne a sua volta comporta un crescente sfrutta-mento della natura e violenze ecologiche e po-litiche. In un paio di articoli pubblicati nel 1970scrissi qualcosa sulla responsabilità dei cristianinei confronti dell’ambiente.

La sua attenzione per i rapporti fra cristia-

nesimo ed ecologia ricevette qualche ascolto?

Nel 1971 fui invitato da padre BartolomeoSorge presso La Civiltà Cattolica, insieme al

l’uomo si modifica un’altra trasformazione siavverte, conseguenza tanto drammatica quantoinattesa dell’attività umana. L’uomo ne prendecoscienza bruscamente: attraverso uno sfrutta-mento sconsiderato della natura, egli rischia didistruggerla e di essere a sua volta vittima di sif-fatta degradazione. Non soltanto l’ambiente ma-teriale diventa una minaccia permanente: inqui-namenti e rifiuti, nuove malattie, potere distrut-tivo totale; ma è il contesto umano, che l’uomonon padroneggia più, creandosi così per il do-mani un ambiente che potrà essergli intollerabi-le”. Con mia sorpresa fui invitato a far parte, co-me membro laico (gli altri tre membri erano unaltro laico e due preti), della delegazione dellaSanta Sede alla Conferenza di Stoccolma. Nelledue settimane dei lavori, la delegazione dellaSanta Sede assunse posizioni anche differentida quella dei paesi occidentali, fra cui la stessaItalia, su alcuni punti critici come sulla condan-na delle esplosioni nucleari sperimentali, fontidi inquinamento radioattivo planetario.

Come è entrato nella Pontificia Commis-sione Iustitia et Pax?

Al ritorno dalla Conferenza di Stoccolma,nell’estate del 1972, mi fu comunicato che ero

Al ritorno dalla Conferenza di Stoccolma, nell’estate del 1972, mi fu comunicato

che ero stato nominato “consultore” della Pontificia Commissione Iustitia et Pax,

istituzione creata il 6 gennaio 1967 da Paolo VI

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Da sinistra:Stoccolma,

Conferenza ONUsull'ambiente umano

(1972);cardinale Maurice

Roy (a sinistra);papa Paolo VI con

mons. Albino Luciani,patriarca di Venezia(poi papa Giovanni

Paolo I).

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stato nominato “consultore” della PontificiaCommissione Iustitia et Pax, istituzione creatail 6 gennaio 1967 da Paolo VI con la missionedi essere come “il gallo sul tetto” che vede l’albae col suo canto sveglia gli abitanti della casa an-cora addormentati e li costringe ad aprire gli oc-chi sul nuovo giorno. Ho prestato servizio nellaCommissione dal 1972 al 1975 e credo di esserestato scelto perché pensavano che avrei potutocollaborare ai suoi fini, dal momento che la di-fesa dell’ambiente era ormai considerata uno de-gli strumenti con cui contribuire alla giustizia ealla pace. Ho poi seguito con interesse la cre-scente attenzione della Chiesa cattolica e delmagistero per i problemi ambientali.

Penso agli interventi dell’enciclica Sollicitu-do rei socialis del 1987 di Giovanni Paolo II, ilquale dedicò poi ai problemi ambientali tutto ildiscorso della Giornata mondiale della pace del1990; un invito a far “pace con tutto il creato”con l’accento sui rapporti fra ecologia e pace,sui rapporti diretti fra guerra e distruzione del-l’ambiente, sul carattere violento di molte cittàmoderne. Tutti temi ripresi nelle successive en-cicliche Centesimus annus” (1991) ed Evange-lium vitae (1995) e in molte altre occasioni.

Anche il successore, papa Benedetto XVI, haparlato della responsabilità dei cristiani, ma an-che di tutti gli uomini, verso l’ambiente nell’en-ciclica Caritas in veritate (2009) e nel messaggioper la Giornata mondiale della pace del 2010.

Infine l’attuale papa Francesco è stato instan-cabile nel richiamare la responsabilità verso lanatura, nel ricordare i rapporti fra ambiente, giu-stizia, diritti dei poveri, pace, a cominciare dallaudienza generale del 5 giugno 2013, poche set-timane dopo la sua elezione, in occasione dellaGiornata dell’ambiente. In moltissime occasioni

ha parlato della responsabilità umana nei con-fronti dei danni ambientali di cui riconosce lafonte nei modi di produzione e di consumo, unpensiero riassunto nell’enciclica Laudato si’ delgiugno 2015. Negli incontri con i “movimentipopolari”, nell’ottobre 2014 a Roma e nel luglio2015 a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, il pa-pa ha ricordato con affetto il simbolo di tali mo-vimenti, le tre “t”, “tierra, techo, trabajo” (terra,casa, lavoro). E sul problema della popolazioneha insistito sulla paternità responsabile: “Alcunicredono, scusatemi la parola, che per esserebuoni cattolici dobbiamo essere come i conigli.No. Paternità responsabile”.

La ricostruzione di mezzo secolo di mes-

saggi “ecologici” del magistero induce a smi-

nuire la novità dell’enciclica Laudato si’?Niente affatto, anzi. L’importanza dell’enci-

clica sta, in primo luogo, nel linguaggio, chiaro,e direi in un certo senso, brutale, come quello usa-to nei discorsi ai movimenti popolari, prima ricor-dati, insistendo che la violenza contro la naturaderiva dalla violenza dei consumi, di molti modidi produzione, delle armi, dell’inuguaglianza.

Non a caso questo è il concetto che papaFrancesco denuncia anche come una delle causedella violenza contro l’ambiente, che è poi vio-lenza, o, se si vuole, “peccato”, contro “il pros-simo”: contro il “prossimo vicino”, l’inquina-mento di oggi che colpisce maggiormente leclassi e i popoli poveri; contro il “prossimo lon-tano nello spazio”, dal momento che molti no-stri inquinamenti si diffondono in tutto il pianetae i nostri consumi impoveriscono e danneggianola natura e gli abitanti di paesi lontani, per lo piùancora dei paesi poveri, da cui vengono tratte abasso prezzo, rubate, come dice il papa, le ma-terie che assicurano tali consumi; contro il“prossimo del futuro”, coloro che dovranno farei conti con rifiuti a lunga vita, come la plasticae le sostanze tossiche, e con modificazioni cli-matiche irreversibili a causa dei gas che oggiimmettiamo nell’aria, o dei prodotti radioattivi,figli delle attività nucleari commerciali edella continua corsa agli armamenti nu-cleari (queste merci oscene), scorieche gli lasciamo come eredità ve-lenosa per secoli e millenni. Laviolenza ambientale contro ilprossimo dovrebbe scandalizzaretutti, ma i cristiani in particolare.

A CURA DI MARINO RUZZENENTI

PapaFrancesco è statoinstancabilenel ricordare i rapporti fraambiente,giustizia, diritti dei poveri,pace, a cominciaredall’udienzagenerale del 5 giugno2013, pochesettimanedopo la suaelezione, inoccasione dellaGiornatadell’ambiente

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Papa Benedetto XVI ha parlato dellaresponsabilità dei cristiani,ma anche di tutti gli uomini,verso l’ambiente nell’enciclicaCaritas in veritate (2009) e nel messaggio per laGiornata mondiale della pace del 2010

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niera parziale. Quando ci interroghiamo cir-ca il mondo che vogliamo lasciare ci riferia-mo soprattutto al suo orientamento genera-le, al suo senso, ai suoi valori. Se non pulsain esse questa domanda di fondo, non credoche le nostre preoccupazioni ecologiche pos-sano ottenere effetti importanti. Ma se que-sta domanda viene posta con coraggio, ciconduce inesorabilmente ad altri interroga-tivi molto diretti: a che scopo passiamo daquesto mondo? Per quale fine siamo venutiin questa vita? Per che scopo lavoriamo elottiamo? Perché questa terra ha bisogno dinoi? Pertanto, non basta più dire che dobbia-mo preoccuparci per le future generazioni.Occorre rendersi conto che quello che c’è ingioco è la dignità di noi stessi. Siamo noi iprimi interessati a trasmettere un pianetaabitabile per l’umanità che verrà dopo dinoi. È un dramma per noi stessi, perché ciòchiama in causa il significato del nostro pas-saggio su questa terra” (LS 160)

AMORE CIVILE E POLITICO. “La cura per lanatura è parte di uno stile di vita che impli-ca capacità di vivere insieme e di comunio-ne. Gesù ci ha ricordato che abbiamo Dio co-me nostro Padre comune e che questo ci ren-de fratelli. L’amore fraterno può solo esseregratuito, non può mai essere un compensoper ciò che un altro realizza, né un anticipoper quanto speriamo che faccia. Per questoè possibile amare i nemici. Questa stessagratuità ci porta ad amare e accettare il ven-to, il sole o le nubi, benché non si sottomet-tano al nostro controllo. Per questo possiamoparlare di una fraternità universale” (LS228). “Occorre sentire nuovamente che ab-biamo bisogno gli uni degli altri, che abbia-mo una responsabilità verso gli altri e versoil mondo, che vale la pena di essere buoni eonesti. Già troppo a lungo siamo stati nel de-grado morale, prendendoci gioco dell’etica,della bontà, della fede, dell’onestà, ed è arri-vato il momento di riconoscere che questaallegra superficialità ci è servita a poco. Taledistruzione di ogni fondamento della vitasociale finisce col metterci l’uno contro l’al-tro per difendere i propri interessi, provocail sorgere di nuove forme di violenza e cru-deltà e impedisce lo sviluppo di una vera cul-tura della cura dell’ambiente” (LS 229).

tono a partire dalla comodità di uno svilup-po e di una qualità di vita che non sono allaportata della maggior parte della popolazio-ne mondiale. Questa mancanza di contattofisico e di incontro, a volte favorita dallaframmentazione delle nostre città, aiuta acauterizzare la coscienza e a ignorare partedella realtà in analisi parziali. Ciò a volteconvive con un discorso ‘verde’. Ma oggi nonpossiamo fare a meno di riconoscere che unvero approccio ecologico diventa sempreun approccio sociale, che deve integrare lagiustizia nelle discussioni sull’ambiente, perascoltare tanto il grido della terra quantoil grido dei poveri” (LS 49).

LA GIUSTIZIA TRA LE GENERAZIONI. “Chetipo di mondo desideriamo trasmettere a co-loro che verranno dopo di noi, ai bambiniche stanno crescendo? Questa domanda nonriguarda solo l’ambiente in modo isolato,perché non si può porre la questione in ma-

PAPA FRANCESCO

INEQUITÀ PLANETARIA. “Vorrei osservareche spesso non si ha chiara consapevolezzadei problemi che colpiscono particolarmentegli esclusi. Essi sono la maggior parte delpianeta, miliardi di persone. Oggi sono men-zionati nei dibattiti politici ed economici in-ternazionali, ma per lo più sembra che i loroproblemi si pongano come un’appendice, co-me una questione che si aggiunga quasi perobbligo o in maniera periferica, se non li siconsidera un mero danno collaterale. Di fat-to, al momento dell’attuazione concreta, ri-mangono frequentemente all’ultimo posto.Questo si deve in parte al fatto che tanti pro-fessionisti, opinionisti, mezzi di comunica-zione e centri di potere sono ubicati lontanida loro, in aree urbane isolate, senza contat-to diretto con i loro problemi. Vivono e riflet-

24 MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016

Laudato Si’

CHE TIPO DI MONDO DESIDERIAMOTRASMETTERE A COLORO CHE VERRANNODOPO DI NOI, AI BAMBINI CHE STANNO

CRESCENDO? QUESTA DOMANDA NONRIGUARDA SOLO L’AMBIENTE IN MODO

ISOLATO, PERCHÉ NON SI PUÒ PORRE LAQUESTIONE IN MANIERA PARZIALE.

QUANDO CI INTERROGHIAMO CIRCA ILMONDO CHE VOGLIAMO LASCIARE CI

RIFERIAMO SOPRATTUTTO AL SUOORIENTAMENTO GENERALE, AL SUO

SENSO, AI SUOI VALORI

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C’ERA BISOGNO DI UN’ENCICLICA SULL’AM-

BIENTE? PER RISPONDERE A QUESTO INTERRO-

GATIVO E COMPRENDERE APPIENO LA PORTATA

DI QUESTA SORPRENDENTE INIZIATIVA DI PAPA

FRANCESCO, È FORSE UTILE RIPERCORRERE

L’EVOLVERSI DI QUELLA CHE POTREMMO DENO-

MINARE “CRISI ECOLOGICA”.

E ssa si è manifestata in maniera dirompente apartire dalla seconda metà del Novecento e

fu l’effetto indesiderato della straordinaria sco-perta, databile un paio di secoli fa, dei combu-stibili fossili. Da lì ha avuto origine l’attuale ci-

viltà termoindustriale, ovvero quella civiltà (equell’economia, quell’antropologia, quell’ordi-ne sociale) basata su un’industria che si sviluppaa livelli e con trend esponenziali, grazie al fattodi poter disporre di risorse energetiche concen-trate nei luoghi dove queste servono, ovvero icombustibili fossili, dal carbone a tutti gli altriidrocarburi.

Ciò ha avuto per noi umani effetti indubbia-mente positivi. Ha prodotto la creazione di unatecnosfera artificiale, sovrapposta alla biosfera,che ha permesso di vivere in condizioni moltopiù agevoli a un gran numero di persone. Questaciviltà appare però sempre più appoggiata supiedi di argilla, priva di un futuro durevole, poi-ché il sistema su cui si fonda ha spezzato i ciclichiusi della biosfera.

Marino Ruzzenenti di Medole (Mn), vive a Brescia, dove si occupa di storiacontemporanea conparticolare attenzione,negli ultimi tempi, aiproblemi ambientali. Fa parte del grupporedazionale di MissioneOggi. Ultimapubblicazione: Rifiuti. Il business dei rifiuti aBrescia (Liberedizioni,Brescia 2015).

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Laudato Si’ e movimento

ambientalista

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delle leggi della natura. A clamorosa confermadi questi allarmi profetici, nel 1973 arrivò pun-tuale l’Oil Shock della prima grande crisi ener-getica, che rendeva evidente la precarietà di unsistema basato su risorse limitate e non rinnova-bili. E poco dopo, il 10 luglio 1976, il gravissimoincidente dell’Icmesa di Seveso, con l’uscita dialcuni chilogrammi di diossina da un reattore inavaria, segnò una svolta nella percezione dellachimica da parte dell’opinione pubblica: si com-prese con drammatica evidenza l’altra criticitàdel sistema termoindustriale, ovvero la disper-sione in ambiente di sostanze altamente tossicheper la biosfera e per la salute umana.

IL MOVIMENTO ECOLOGISTA

In quegli anni nasce in Italia e nell’Occidentesviluppato il movimento ambientalista, con l’am-bizione di diventare un nuovo soggetto sociale e

IL RAPPORTO DEL CLUB DI ROMA

L’anno dopo il Club di Roma, animato da Au-relio Peccei, pubblicava I limiti dello sviluppo,un rapporto dei ricercatori del Massachusetts In-stitute of Technology, che per la prima volta, inmaniera chiara e documentata, poneva il proble-ma dei limiti della crescita esponenziale del-l’economia mondiale, sia sul versante del consu-mo delle risorse naturali non rinnovabili, sia suquello dell’inquinamento indotto nell’ambiente.L’umanità veniva richiamata con forza alla realtàdi un “mondo finito” con cui doveva prima o poifare i conti, cercando di ricostruire uno “stato diequilibrio globale” con il pianeta che l’ospitava.In quello stesso anno, 1972, si realizzava il 6giugno a Stoccolma la I Conferenza delle Nazio-ni Unite sull’ambiente, in cui i governi di tutti ipaesi furono invitati a cercare una nuova politicacapace di soddisfare i bisogni umani nel rispetto

26 MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016

Tecnosfera e cicli biologiciL’umanità si è così separata dal virtuoso funzionamento dei cicli biologici: da un latoquesti non producono rifiuti e dall’altro utilizzano energia che si rinnova continua-mente, in un certo senso “eterna”, almeno in relazione ai tempi biologici della specieumana. Questo ciclo virtuoso nel sistema termoindustriale si è rotto, sia a monte, perchéè basato su combustibili fossili non rinnovabili, destinati a esaurirsi nell’arco di pochilustri, sia a valle, perché produce e disperde una gran quantità di scarti, rifiuti, scorie,emissioni, che la biosfera non riesce più a “digerire” e si accumulano nell’ambienterendendolo sempre più inospitale per la specie umana. Dunque l’attuale sistema è in-sostenibile, non ha futuro: è quindi urgente fuoriuscire dalla trappola della civiltà ter-moindustriale per approdare alla civiltà solare, riconciliata con i cicli virtuosi dellabiosfera. L’urgenza è dettata dal fatto che gli sconvolgimenti indotti dalla tecnosferaantropica sulla biosfera, in parte, potrebbero essere già irreversibili, come nel caso delcambiamento climatico. Inoltre, da almeno mezzo secolo, alcune menti pensose e illu-minate vanno lanciando allarmi, troppo a lungo inascoltati.Risale al 1962, con la pubblicazione negli Stati Uniti di Primavera silenziosa, di RachelCarson, la prima accorata messa in guardia sugli effetti tossici per il vivente, e quindianche per l’uomo, degli insetticidi sintetici, in particolare del Ddt, che avevano elimi-nato non solo gli insetti “dannosi”, ma anche il canto degli uccelli a loro volta intossi-cati dal cibo avvelenato. Il decennio successivo segna ufficialmente il manifestarsi delpensiero ecologico, di settori della popolazione che percepiscono come un problema ildegrado della natura e di movimenti che si occupano della tutela ambientale. Le tappedi questo processo sono segnate da alcuni eventi che nell’insieme determinarono unasvolta periodizzante della crisi ecologica. Nel 1971 il biologo americano Barry Commo-ner, nel suo Il Cerchio da chiudere, metteva in rilievo come le scelte produttive e di con-sumo della minoranza che abitava i paesi industrializzati spezzassero i cicli chiusi inequilibrio della natura, sia sottraendo quantità eccessive di risorse che essa non era ingrado di ricostituire, sia turbando quegli equilibri attraverso l’immissione in ambientedi inquinanti che la natura stessa non riusciva a degradare. (m.r.)

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A pag. 27:Enrico Berlinguer.

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In verità, in Italia, spesso non capito neppuredal suo popolo, il leader comunista Enrico Ber-linguer aveva tentato di conciliare le ragioni deilimiti naturali dello sviluppo con la giustizia,avanzando la proposta dell’austerità “giusta”,aggiungeremmo oggi, per distinguerla da quella“iniqua” che viene imposta attualmente ai popo-li per favorire il libero mercato e la grande fi-nanza. Concludendo il convegno degli intellet-tuali all’Eliseo a Roma, il 15 gennaio 1977, Ber-linguer proponeva una politica che per la primavolta cercava di farsi carico esplicitamente deilimiti dello sviluppo: “Per noi l’austerità è ilmezzo per contrastare alle radici e porre le basidel superamento di un sistema che è entrato inuna crisi strutturale e di fondo, non congiuntu-rale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sonolo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di partico-larismi e dell’individualismo più sfrenati, delconsumismo più dissennato”. E offriva ancheuna lezione di lungimiranza laddove fondavasulla necessità di superare l’iniquo rapportoNord-Sud la portata di lungo periodo di questastrategia. Un discorso, allora, del tutto inascol-tato, in certi casi deriso. Purtroppo.

LA LEZIONE DELLA LAUDATO SI’

Ebbene, in questo contesto va collocata la le-zione della Laudato si’ di papa Francesco e unodei suoi messaggi più innovativi, rispetto allastoria della crisi ecologica e del movimento am-bientalista che abbiamo succintamente ricostrui-to. Il filo conduttore ricorrente e insistente è pro-prio questo: “Oggi non possiamo fare a meno diriconoscere che un vero approccio ecologico di-venta sempre un approccio sociale, che deve in-tegrare la giustizia nelle discussioni sull’am-biente, per ascoltare tanto il grido della terraquanto il grido dei poveri”.

Un messaggio fecondo per una possibile ri-presa di quel che resta del movimento operaio no-vecentesco e per un’auspicabile crescita del mo-vimento ambientalista: la loro maturità di frontealle grandi sfide dell’attuale crisi richiede una re-ciproca disponibilità al confronto e la costruzione,finalmente, di una virtuosa alleanza. Una maturitàche, in dimensione planetaria, deve farsi caricoanche delle domande di giustizia ambientale e so-ciale espresse dai popoli ancora condannati allafame e privati dei diritti fondamentali.

MARINO RUZZENENTI

MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016 27

politico, protagonista di primo piano, nell’ultimoquarto del Novecento e ancor più nel Terzo Mil-lennio. Tuttavia, senza sottovalutare l’importan-za di alcune battaglie, come quella contro il nu-cleare, l’ambientalismo non è mai riuscito ad af-fermarsi come un movimento di massa, con unradicamento popolare diffuso. È rimasto in granparte all’interno di una cerchia elitaria che si con-nota prevalentemente come urbana, borghese,colta. Per tante ragioni che qui non possiamo ap-profondire, di fatto non si realizzò l’incontro conil grande soggetto sociale del Novecento, il mo-vimento operaio, né con le sue articolazioni sin-dacali né con le sue espressioni politiche. Que-

In Italia, spesso non capitoneppure dal suo popolo, il

leader comunista EnricoBerlinguer aveva tentato di

conciliare le ragioni dei limitinaturali dello sviluppo con la

giustizia, avanzando laproposta dell’austerità

stione sociale e questione ambientale cammina-rono rigorosamente separate, con un danno reci-proco: il movimento operaio si sarebbe trovatoimpreparato di fronte al venir meno delle condi-zioni di sviluppo e di crescita del vecchio sistematermoindustriale, scivolando verso un declino dacui stenta ancor oggi a tirarsi fuori; il movimentoambientalista avrebbe sofferto nella realizzazio-ne dei propri obiettivi per la mancanza di quel-l’indispensabile forza d’urto rappresentata da unvasto consenso popolare.

PER APPROFONDIRE

MARINO RUZZENENTI

RIFIUTIIL BUSINESS DEI RIFIUTIA BRESCIACollana “BS64”

Liberedizioni, Brescia 2015, pp. 64; € 8,55

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A CURA DI MAURO CASTAGNARO

“I l ritmo del cambiamentoclimatico globale è oggi

di un diverso ordine di grandez-za rispetto ai graduali muta-menti verificatisi durante l’erapiù recente, il Cenozoico. Inoltre,è indotto dall’uomo: siamo di-ventati una forza dominantedella natura. L’epoca in cui vi-viamo è sempre più descritta intermini geologici come Antropo-

cene, o ‘Era degli umani’. La no-stra specie, anche se selezionataper essere un custode o ammini-stratore (khalifah) sulla terra, èstata la causa di tale corruzionee devastazione, tanto che ri-schiamo di mettere fine alla vitasul pianeta come la conosciamo.L’attuale tasso di cambiamentoclimatico non è sostenibile e losplendido equilibrio della terra(mzn) potrebbe presto andareperso. Siccome noi umani sianointrecciati nel tessuto del mondonaturale, possiamo assaporarne

i doni. Ma gli stessi combustibilifossili che ci hanno aiutato araggiungere gran parte del-l’odierna prosperità sono la cau-sa principale del cambiamentoclimatico. L’eccessivo inquina-mento da combustibili fossiliminaccia di distruggere i donielargitici da Dio, che noi cono-sciamo come Allah-regali, comeun clima funzionante, aria salu-bre da respirare, stagioni regola-ri e oceani viventi. Ma il nostroatteggiamento verso questi doniè stato miope e ne abbiamo abu-sato. Che diranno le generazionifuture di noi, che lasciamo loroin eredità un pianeta degrada-to? Come potremo affrontare ilnostro Signore e Creatore?”.

* * *“Noi affermiamo che Dio hacreato la terra in perfetto equili-brio (mzn); nella sua immensamisericordia ci ha dato terrenifertili, aria fresca, acqua pulitae tutte le buone cose sulla terrache rendono la nostra vita quipossibile e piacevole; le funzionidella terra nei suoi ritmi e ciclistagionali e naturali: un climain cui gli esseri viventi – com-preso l’uomo – possono prospe-

rare. L’attuale catastrofe delcambiamento climatico è il ri-sultato della perturbazioneumana di questo equilibrio”.

* * *“Facciamo appello alle nazionibenestanti e agli Stati produttoridi petrolio affinché inizino il piùpresto possibile, e comunquenon oltre la metà del secolo, aeliminare gradualmente le loroemissioni di gas serra; fornisca-no quanto prima un generososostegno finanziario e tecnico aimeno abbienti per ottenere unagraduale eliminazione dei gasserra; riconoscano l’obbligo mo-rale di ridurre i consumi in mo-do che i poveri possano benefi-ciare di ciò che resta delle risorsenon rinnovabili del pianeta; ri-mangano entro il limite di 2 gra-di, o, preferibilmente, 1,5, tenen-do presente che i due terzi delleriserve accertate di combustibilifossili della terra restano nel ter-reno; spostino il centro delle loropreoccupazioni dal trarre dal-l’ambiente un profitto immoraleal salvaguardarlo ed elevare lacondizione dei poveri del mondo;investano nella creazione diun’economia verde”.

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IL 17 E 18 AGOSTO 2015 SI È TENUTO AISTANBUL IL SIMPOSIO ISLAMICOINTERNAZIONALE SUL CAMBIAMENTOCLIMATICO, AL TERMINE DEL QUALE GLI OLTRE60 STUDIOSI, LEADER POLITICI E RELIGIOSIMUSULMANI PRESENTI, PROVENIENTI DA 20PAESI, HANNO LANCIATO UNA“DICHIARAZIONE ISLAMICA SULCAMBIAMENTO CLIMATICO GLOBALE”(HTTP://ISLAMICCLIMATEDECLARATION.ORG/ISLAMIC-DECLARATION-ON-GLOBAL-CLIMATE-CHANGE/). TRA I FIRMATARI SPICCANO IGRANDI MUFTÌ DEL LIBANO E DELL’UGANDA,ABDUL-LATIF DERIAN E SHABAN RAMADHANMUBAJJE, NONCHÉ IL PRESIDENTE DELCONSIGLIO INDONESIANO DEGLI ULEMA(GIURISTI), DIN SYAMSUDDIN. ECCONEALCUNI PASSAGGI SIGNIFICATIVI.

Dichiarazioneislamica sul cambiamentoclimatico

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Per capire la profonda riflessione propostadall’enciclica bisogna abbandonare la pro-

spettiva dell’“usa e getta” per imparare la bel-lezza della gratuità. Il vero miracolo della crea-zione, infatti, non sta in primo luogo nel fattoche Dio è all’origine di tutto come Creatore. Ilmiracolo consiste nel fatto che Dio ha creatoqualcuno capace di esclamare “che bello!”: l’uo-mo. Capace di riconoscere la bellezza. Capacedi manualità per costruirla, di progettualità persognarla. Capace di fraternità, che a ben guar-dare, è già esperienza condivisa di bellezza.

NÉ ANTROPOCENTRISMO NÉ NATURALISMO

Il prendersi cura della creazione è allora larisposta gioiosa a questo mistero di bellezza incui siamo inseriti. Quale cura, però, corrispondeal progetto di Dio? Né l’antropocentrismo di-

spotico, né il naturalismo fine a se stesso. Il pri-mo promuove un’umanità mediocre, capace so-lo di accaparrare, sfruttare e calpestare. Il secon-do si illude che basti lasciare andare le cose peril loro verso perché tutto funzioni al meglio. Inrealtà, solo il lavoro umano diventa decisivo perpromuovere il progetto di Dio e per servire lavita come si deve.

La cura è insieme accoglienza dei delicatiequilibri naturali e intervento per evitare cheprevalga la distruzione. Ogni volta la coscienzaumana deve discernere. Per dirla con papa Fran-cesco, siamo “chiamati a diventare gli strumentidi Dio Padre perché il nostro pianeta sia quelloche Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suoprogetto di pace, bellezza e pienezza” (LS 53).Al contrario, vi è una “spensierata irresponsabi-lità” (LS 59) in una certa ecologia superficiale,che si accontenta di aggiungere qualche prefisso

Bruno Bignami,presbitero della Chiesadi Cremona, è docentedi Teologia morale a Crema, Cremona, Lodie Mantova. Presidentedella Fondazione “Don Primo Mazzolari”di Bozzolo, fa parte del gruppo redazionaledi Missione Oggi. Ultima pubblicazione: La Chiesa in trincea. I preti nella grande guerra (Salerno, Roma 2014).

MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016 29

BRUNO BIGNAMI

L’enciclica Laudato Si’ va letta inforcando gli occhialidella contemplazione. Come è possibile infattirendersi conto che “tutto è carezza di Dio” (LS 84)o che gli esseri viventi “con la loro sempliceesistenza” (LS 69) benedicono e rendono gloria a

Dio, se non con uno sguardo chericonosce il valore di ogni cosa in

quanto dono? Ciò contesta lacultura consumistica, che riducetutto a oggetto, uomo compreso.

La bellezza educa

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Ecologia integralePapa Francesco dedica ampio risalto nell’enciclica al concet-to di “ecologia integrale” (LS 137-162). La sfida lanciata èquella di affrontare i problemi ambientali nella loro inter-connessione. Non si può limitare l’attenzione a una questio-ne isolandola dalle altre. La scomparsa delle culture indigeneè il segnale di uno stile egemonico che pretende arbitraria-mente di affermare chi merita la sopravvivenza e chi no. L’ecologia integrale comprende le dimensioni umane e so-ciali, si allarga al campo dell’economia e della politica pergiungere a declinare le implicazioni ambientali delle scelteumane. Tutto è connesso. Le specie viventi formano una re-te a tal punto che l’estinzione di una ha conseguenze sulfuturo delle altre. L’interdipendenza è la cifra interpretativadelle questioni sociali del nostro tempo. La pagina che rac-conta la bontà di ogni realtà creata rimanda a quella chemostra la complessità di un ecosistema (LS 141). Le paroleche descrivono la bellezza dell’ambiente aiutano a com-prendere la grandezza dell’uomo, tanto che “un vero ap-proccio ecologico diventa sempre un approccio sociale” (LS49). La cura per gli animali non può portare a trascurare ilpovero o il migrante e la biodiversità rappresenta una ric-chezza proprio per la sua capacità di salvaguardare il mol-teplice. La Laudato si’ sostiene che la questione ambientale

“eco-” o “bio-” pur di non mettere in discussio-ne lo stile di vita dell’uomo postmoderno. La cu-ra parte dal discernimento condiviso. La situa-zione attuale richiede decisioni coraggiose, bendistanti dal comportamento evasivo di chi cercadi mantenere le cose come stanno, finendo peralimentare i vizi autodistruttivi che hanno con-dotto alla crisi ecologica.

In realtà, “non ci sarà una nuova relazionecon la natura senza un essere umano nuovo. Nonc’è ecologia senza un’adeguata antropologia”(LS 118). L’uomo è capace di poesia, contem-

La situazione attuale richiede decisionicoraggiose, ben distanti dal comportamento

evasivo di chi cerca di mantenere le cose comestanno, finendo per alimentare

i vizi autodistruttivi che hanno condotto alla crisi ecologica

30 MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016

plazione, amicizia, melodia, arte, lavoro. Pur-troppo il sogno prometeico di dominio sul mon-do ha diffuso l’idea che la cura “sia cosa da de-boli” (LS 116). Niente di più falso: la signoriaautentica è servizio alla vita. Esige di pensarsiamministratori e non padroni. L’esemplificazio-ne di una nuova responsabilità sociale si verificanel campo dei consumi. Se acquistare è sempreatto morale ed economico, il carrello della spesaè il luogo che mostra il livello di socialità e curaambientale di cui siamo capaci. I gesti quotidia-ni rivelano la decisione morale di prendersi cura:dal modo con cui si produce o si commerciaall’accoglienza dei migranti, da come e quantocuciniamo agli sprechi di acqua o di energia.

“C’È SEMPRE UNA VIA DI USCITA”

Se tutto è collegato, la sfida oggi è abitare lacomplessità. Le semplificazioni, assai di modain questo tempo, non aiutano: estremizzano untema a scapito del rapporto con l’insieme. Perquesto la proposta di Laudato si’ è alta. Siamocreati per la comunione, non per vivere in soli-tudine. Ne scaturisce l’importanza di formarecoscienze responsabili. Se “ogni creatura portacon sé una struttura propriamente trinitaria” (sanBonaventura), ogni persona si santifica e maturaquando sa pensarsi in relazione. La negazionedella relazione con l’altro, con Dio e con l’am-biente crea le condizioni per la crisi ecologicabasata su disuguaglianza, distruzione, disoccu-pazione ed esclusione.

Papa Francesco, pur consapevole di viverein un tempo in cui l’egoismo di pochi produceeffetti devastanti sulla società, non si lascia an-dare a toni pessimistici. “È sempre possibile svi-luppare una nuova capacità di uscire da sé stessiverso l’altro” (LS 208). L’uomo è capace di au-

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riguarda tutti e tocca tutti: tutte le creature sono interconnesse e “tutti noi esseri creatiabbiamo bisogno gli uni degli altri” (LS 42). La relazione tra la natura e la società che la abita è molto stretta. Siamo inclusi e com-penetrati dall’ambiente che ci circonda. Perciò possiamo parlare di “una sola e complessacrisi socio-ambientale” (LS 139). I drammi delle periferie delle città riguardano anche chivive nel centro. I profughi e gli spostamenti migratori non sono solo questioni di confiniterritoriali, ma di rapporti tra popoli e di modelli di sviluppo. L’abbandono delle zone ru-rali e la crisi dell’agricoltura familiare riguarda non solo il Sud del pianeta, ma anche lenostre tavole e la produzione del cibo. L’inquinamento attuale ha a che fare con il rapportoche costruiamo nei confronti delle future generazioni. Il criterio dell’ecologia integrale obbliga ad abitare la complessità del nostro tempo. Unprogresso puramente economico o uno sviluppo solo tecnologico potranno essere risolutivi?Se non si ha l’obiettivo di lasciare “un mondo migliore e una qualità di vita integralmentesuperiore, non può considerarsi progresso” (LS 194). L’enciclica non si nasconde dietro ildito: fa riferimento alle evidenze scientifiche oggi disponibili per analizzare lo stato di sa-lute del pianeta e per prospettare soluzioni. La Chiesa non demonizza la tecnica né pretendedi avere l’ultima parola sulle questioni scientifiche: preferisce invitare “ad un dibattitoonesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene co-mune” (LS 188). I progressi della tecnologia, frutto dell’applicazione delle ricerche scienti-fiche sono un “prodotto meraviglioso della creatività umana” (LS 102), ma non sono l’unicaparola sulla realtà. Anzi, la tentazione dell’autoreferenzialità può essere dietro l’angolo.In verità “il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell’umanitàe della storia” (LS 133) perché si tratta di “vedere il mistero delle molteplici relazioni cheesistono tra le cose” (LS 21). La voce dell’etica non è meno importante delle risposte tecno-logiche che l’uomo mette in campo per risolvere i problemi ambientali. (b.b.)

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to-trascendersi. Non è creato per chiudersi in sestesso: ogni volta che supera l’individualismoproduce uno stile di vita alternativo e rende pos-sibile la trasformazione della società. Il consu-mismo, del resto, è figlio di una crisi relazionaleprofonda, che ha condotto a un dannoso isola-mento (LS 47).

“La speranza ci invita a riconoscere che c’èsempre una via di uscita, che possiamo semprecambiare rotta, che possiamo sempre fare qual-cosa per risolvere i problemi” (n. 61). La rispo-sta alla crisi ecologica non può essere l’impo-tenza di chi si lamenta senza cambiare il propriostile di vita. La rassegnazione spegne interior-mente. “Non tutto è perduto, perché gli esseriumani, capaci di degradarsi fino all’estremo,possono anche superarsi, ritornare a scegliere ilbene e rigenerarsi” (n. 205). Se si considera chenei dibattiti ecologici ci si muove spesso tra con-flitti, si comprende il saggio equilibrio proposi-tivo di papa Francesco. È il tempo della respon-sabilità: le scelte quotidiane ecologiche sono se-me gettato nel pianeta Terra delle future gene-

razioni. Proprio la crisi ambientale può portarcial progetto di Dio sugli uomini. Così scrive Emi-ly Dickinson nella poesia Silenzi.

L’ACQUA, LA INSEGNA LA SETE.LA TERRA - GLI OCEANI TRASCORSI.LO SLANCIO - L’ANGOSCIA -LA PACE - LA RACCONTANO LE BATTAGLIE -L’AMORE, I TUMULI DELLA MEMORIA -GLI UCCELLI, LA NEVE.

L’ecologia, paradossalmente, la insegnano icambiamenti climatici. Purché non ci si dilunghiin inutili discussioni mentre il Titanic sta per af-fondare. La natura lancia segnali: interpretarli èprendersi cura della bellezza. Questo è il tempodelle scelte coraggiose. L’uomo non è creato perdegradare, distruggere, inquinare, calpestare, ab-bruttire. Così rovina se stesso, prima ancora cheil mondo. Siamo capaci di bellezza, che è insie-me fraternità e condivisione. Per questo, e nonper altro, siamo al mondo.

BRUNO BIGNAMI

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Dall’alto:Grecia, immigratisiriani sull'isola di Kos (agosto 2015);Lampedusa, barconecon immigrati (2011);migranti alla stazionedi Gevgelija, al confinetra Macedonia eGrecia.

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so di meraviglia, essere riempiti da un sensodi bontà, vedendo tutte le cose in Dio e Dioin tutte le cose”.

* * *“La povertà non è causata dalla mancanzadi risorse materiali. È il risultato immediatodel nostro sfruttamento e del nostro spreco.Esiste uno stretto legame tra l’economia deipoveri e il riscaldamento del nostro pianeta.Conservazione e compassione sono intima-mente connesse. La trama della vita è un do-no sacro di Dio – preziosissima quanto deli-catissima. Ognuno di noi abita entro il piùampio ecosistema. Dobbiamo servire il no-stro prossimo e preservare il nostro mondocon umiltà e generosità, in una prospettivadi frugalità e di solidarietà”.

* * *“Il cambiamento climatico è molto più diuna questione di tutela dell’ambiente. Nellamisura in cui è indotto dall’uomo, è un pro-blema profondamente morale e spirituale.Persistere nel nostro attuale cammino di di-struzione ecologica non è solo folle. È suicidaperché mette in pericolo la diversità del no-stro pianeta. Inoltre il cambiamento climati-co è una questione di giustizia sociale ed eco-nomica. Infatti, a essere più direttamente egravemente colpite dai cambiamenti clima-tici saranno le nazioni più povere e più vul-nerabili (cui le Scritture cristiane si riferisco-no come al nostro ‘prossimo’) nonché e gene-razioni più giovani e quelle future (il mondodei nostri figli e dei figli dei nostri figli)”.

* * *“Come cristiani ortodossi, usiamo la parolagreca kairos per descrivere un momento neltempo, spesso un breve momento nel tempo,che ha un significato eterno. Per il genereumano nel suo complesso, vi è ora un kai-ros, un momento decisivo per il nostro rap-porto con la creazione di Dio. O agiremo intempo per proteggere la vita sulla terra dallepeggiori conseguenze della follia umana onon agiremo. Che Dio ci conceda la saggezzadi agire in tempo. Amen”.

Fonte: John Chryssavgis (a cura di), Cosmic Grace Humble Pra-yer. The ecological vision of the Green Patriarch Bartholomew,Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI, 2009 (revisededition).

* * *“Questo sacrificio per amore della condivi-sione significa imparare a dare, e non sem-plicemente di rinunciare. Si tratta di impa-rare a condividere e connettersi con gli altrie col mondo naturale. È un modo di amare,di passare gradualmente da quello che io vo-glio a ciò di cui il mondo di Dio ha bisogno.È liberazione dalla paura, dall’avidità e dallacompulsività. Si tratta di recuperare un sen-

A CURA DI MAURO CASTAGNARO

“A bbiamo tradizionalmente conside-rato il peccato solo come qualcosa

che una persona fa ad altre persone. Eppuresono peccati per gli esseri umani distruggerela diversità biologica nella creazione di Dio,degradare l’integrità della terra, contribuen-do al cambiamento climatico, spogliandoladelle sue foreste naturali o distruggendo lesue zone umide, contaminare le acque, laterra e l’aria”.

* * *“Il criterio fondamentale per un’etica ecolo-gica non è individualista o commerciale. Èprofondamente spirituale. Perché la radicedella crisi ambientale sta nell’avidità uma-na e nell’egoismo. A noi viene chiesto nonmaggiore abilità tecnologica, ma più profon-do pentimento per il nostro stile di vita ini-quo e sprecone, è senso di sacrificio, che haun costo, ma porta anche realizzazione. Soloattraverso tale abnegazione, attraverso lanostra volontà a volte di rinunciare e dire‘no’ o ‘basta’ potremo riscoprire il nostro ve-ro posto dell’uomo nell’universo”.

32 MISSIONE OGGI | GENNAIO 2016

IN QUESTI ANNI BARTOLOMEO I, ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI EPATRIARCA ECUMENICO DELLA CHIESA ORTODOSSA, È STATO TRA I LEADER CRISTIANI UN PIONIERE NELL’IMPEGNO SUI TEMIAMBIENTALI, SALDANDO IN PARTICOLARE L`ECOLOGIA CON LA TRADIZIONEE LA SPIRITUALITÀ ORIENTALI.

Le parole di Bartolomeo Ipatriarca “verde”

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