IL MIRIAM MAKEBA
-
Upload
angelo-orientale -
Category
Documents
-
view
240 -
download
1
description
Transcript of IL MIRIAM MAKEBA
IL M
IRIA
M M
AK
EB
A
SE
TT
EM
BR
E
20
12
CIRCOLO SEL
MIRIAM MAKEBA
SALERNO
Car* Compagn*, questo
mese di agosto è stato con-
trassegnato da un’aspra pole-mica da parte dei militanti e
simpatizzanti di SEL per
l’annuncio di un’intesa elet-torale tra Vendola e Bersani
che, ad elezioni concluse, si
sarebbe estesa anche all’UDC. Tra smentite e
mezze frasi, Nichi, all’ultima
assemblea nazionale, ha assunto una posizione di
definitiva chiusura verso il
partito di Casini, ma questo patto elettorale comunque
non convince una numerosa
parte degli iscritti che hanno, nella stessa occasione, pre-
sentato un documento che
riportiamo integralmente nel numero di questo mese;
l’obbiettivo che una parte di
compagni su tutto il territorio nazionale intende porsi è
quello di recuperare lo spirito
con cui questo partito è stato
fondato per costruire una
“coalizione di centrosinistra
innovativa, unitaria, aperta, capace di uscire dal recinto
dei partiti e valorizzare ciò
che si muove al di fuori di essa”. Per quanto concerne le
questioni locali, per fronteg-
giare il blocco del trasporto pubblico locale, anche in
vista dell’imminente apertura degli istituti scolastici, in una
conferenza stampa, il sindaco
De Luca e l’Assessore ai Trasporti, Luca Cascone,
hanno annunciato il piano
alternativo del Comune di Salerno; la soluzione propo-
sta come via d’uscita alla
crisi del CSTP è quella dell’affidamento diretto del
servizio con l’obbiettivo di
rendere autonoma la città di Salerno ma si torna a parlare
anche di metropolitana legge-
ra come trasporto alternativo a quello su gomma. Altra
questione che merita il pieno
sostegno di questo circolo è quella sollevata dagli studenti
salernitani, in particolare
quelli universitari che per il
prossimo anno accademico si sono
visti triplicare la tassa regionale per
il diritto allo studio, che in un’assemblea pubblica, la scorsa
domenica, hanno dato vita ad una
giornata di riflessione sul libero accesso ai saperi ed alla mobilità.
Nell’augurarvi una buona lettura,
concludo con un’amara constata-zione: “La politica è sporca!”, è
questa l’affermazione maggiormen-
te ricorrente nei discorsi degli italiani che rispetto a questa con-
vinzione decidono di assumere un
atteggiamento di indifferenza e di chiusura verso ciò che riguarda il
governo della cosa pubblica. Perso-
nalmente, il mio desiderio, è che questo clima generale di rabbia non
venga più espresso con un semplice
disinteresse ma che ci sia un ap-proccio diverso da parte di ognuno
di noi; lasciare campo libero a chi
intende curare esclusivamente i propri interessi non è la via d’uscita
per sollevarci dalla crisi, quindi
continuiamo ad organizzarci ed a
far sentire il nostro dissenso per
contribuire a costruire una classe
dirigente degna di rappresentarci.
Tiziana Aiello
VERSO UN AUTUNNO BOLLENTE ….
DI TIZIANA AIELLO PORTAVOCE DEL
CIRCOLO “MIRIAM MAKEBA”
Pensieri in libertà in una sera di fine estate…. Mam-
ma mia, che tristezza…
quest’anno niente feste political chic in Sardegna,
solo qualche piccolo rinfre-
sco; così tanto per rompere la monotonia, ha festeggiato
il compleanno la sorella di
Putin: una serata senza glamour, soltanto un po’ di
musica per allietare i convi-
tati, ha suonato Sting, ma senza impegno, una strim-
pellata… Stanco, affranto e
deluso ha lasciato l’isola anche Briatore, ormai non ci
si diverte più, tutti con ferra-
ri di terza mano, yacht che sembrano canotti, compagne
troppo vestite… per essere
credibili! Qua serve una svolta: basta tecnici, occorre
una nuova classe politica
che non ti tampini per lo scontrino del Cartier, che ti
annulli la multa se il Suv e’ immatricolato a S. Marino,
che ti conceda una scorta
per portare i soldi nel cave-au della banca svizzera.
Basta con i comunistelli che
indossano il mocassino senza il calzino, basta con i
fascistoni che mettono il
tovagliolo al collo per man-giare l’aragosta, basta con
comunione, liberazione e
caffellatte a colazione…. Serve una classe politica
rinnovata, insomma il nuovo
che avanza e tac, l’idea
dell’estate 2012… Il duca
Amedeo d’Aosta ( del ramo
defraudato dei Savoia) si propone come papabile
uomo di un nuovo partito,
un partito democratico, vicino alle necessità degli
Italiani, proprio.. tutti, per-
ché i Savoia sono stati uo-mini di esperienza, uomini
del popolo per il popolo! Ma
da soli non si va da nessuna parte, quale potrebbe essere
l’alleato ideale??? Il duca
penserebbe ad un altro uo-mo della provvidenza, tal
Luca Cordero di Monteze-
molo, che con classe scende dal suo treno Italo… et voilà
e’ pronto per traghettare
l’Italia verso nuove stazio-
ni…
Peccato che… il suo treno viaggi su binari secondari e
spesso senza essere annun-
ciato… ma si sa, non ci sono più i nobili di una vol-
ta……….!
L’ERBA DI KATE L’ERBA DI KATE L’ERBA DI KATE
Rubrica della responsa-bile del giornalino
Caterina Bianco
Software libero 2
Non affoghiamo nella vecchia politica
3
Un concorso vecchio stampo 5
RAG DOLLS 6
Sommario
2
M IRI AM M A KE BA
In data 11 Luglio 2012 il Consiglio
della Regione Puglia ha approvato la
legge “Norme su software libero, ac-
cessibilità dei dati e documenti ed
hardware documentato”. Il testo in 21
articoli rappresenta il testo dall'impo-
stazione più avanzata, e radicale, fra
quelli approvati dalle regioni italiane in
questa materia, eppure, è stato licenzia-
to all'unanimità. Abituato a pensare che
ampie maggioranze significano conte-
nuti annacquati, o peggio frutto di vi-
sioni omologate, sarei stato tentato di
intitolare questo articolo “La grande
coalizione che mi piace”. Vediamo un
po' cosa significa questa legge e come
vi si è arrivati. La legge approvata san-
cisce la scelta del modello del software
libero per la Pubblica Amministrazio-
ne, per l’istruzione scolastica, e
l’incentivazione all’uso del software
libero per le imprese. Il modello del
Software Libero, ideato da Richard
Stallman fondatore della FSF (), è
quello che nel mondo del software ha
generato il sistema operativo GNU/
Linux, applicativi come LibreOffice,
GIMP, Firefox e Android. Nell'ambito
dell'editoria ha generato progetti come
Wikipedia e Appunti di informatica
libera. Nel mondo della narrativa, della
musica e delle arti è spesso associato
alle licenze Creative Common e a pro-
getti come il portale Jamendo. Per ca-
pire in cosa consiste il modello del
Software Libero dobbiamo pensare al
fatto che la maggior parte delle licenze
di programmi privativi, programmi
come per Microsoft Office (per inten-
derci), prescrivono che l'utente possa
utilizzare il software solo per particola-
ri scopi (licenze educational, business,
ecc), non possa sapere il software
com'è fatto (i codici sorgenti sono se-
greti), non possa dare delle copie del
software ad altri (la condivisione dei
programmi viene condannata e spesso
definita pirateria informatica), non
possa quindi apportare delle modifiche
né dare ad altri versioni modificate dei
software. Il software libero è software
distribuito con licenze che garantisco-
no all'utente finale questi diritti. Stal-
lman considera queste libertà degli
utenti essenziali ed ha scritto licenze
che vietano a chi distribuisce il softwa-
re di restringerle. Il modello del sof-
tware libero utilizza il diritto d'autore
come strumento per tutelare, e non
restringere, i diritti degli utenti. Venia-
mo a come si è arrivati a questa legge.
Durante la presentazione della legge
l’assessore Nicola Fratoianni ha ringra-
ziato la “comunità del Software Libe-
ro” per avervi contribuito. In effetti,
poco meno di due anni prima, l'orienta-
mento della regione Puglia sembrava
diametralmente opposto. Il 24 Novem-
bre 2010, la regione aveva firmato un
protocollo di intesa con Microsoft Ita-
lia per instaurare collaborazioni fra le
parti nei seguenti ambiti:
- sviluppo di soluzioni informatiche
all'interno della regione Cloud
computing;
- realizzazione di un centro di compe-
tenza per le PMI;
- istruzione.
In sostanza tutti e tre i punti sopracitati.
Questo accordo è sembrato a noi attivi-
sti della comunità del software libero,
come un tradimento. Come prima cosa
abbiamo pensato di spiegare le nostre
ragioni sul blog di Sinistra e Libertà. Il
blog è stato quindi subito inondato di
proteste. Alle proteste è seguita la ri-
sposta di Nichi Vendola che sostanzial-
mente difendeva l'accordo sostenendo
che nel secolo che si apre con il could
computing, il nemico non deve essere
più Microsoft ma il Digital Divide. La
risposta del governatore sul blog non
ha soddisfatto le critiche di chi non
considera Microsoft un nemico, ma che
si sente conscio delle minaccie che il
cloud computing può rappresentare e
considera molto importante il come
superare il digital divide. Una società
interamente basata sul digitale (che ha
superato quindi superato il digital divi-
de) può essere infatti, sia una società
della libertà, che una società del mono-
polio o del controllo. La risposta di
Vendola ha però generato un fermento
fra gli attivisti italiani del software
libero, fermento che ha contagiato va-
rie mailing list (tra cui quella di Asso-
li). Gli attivisti pugliesi chiedevano
aiuto e, insieme, si discuteva di come
farsi capire. Infine abbiamo pensato di
chiamare in nostro soccorso Richard
Stallman. Stallman ha subito accettato
l'invito senza chiedere alcun compen-
so. È stato chiesto a Nichi Vendola se
era disponibile ad accettare un incon-
tro. Appena è arrivato l'ok di Vendola
gli attivisti pugliesi hanno organizzato
l'ospitalità. L'incontro è avvenuto il 20
Dicembre 2010 e vi hanno partecipato,
fra gli altri anche l'assessore Frattoian-
ni per il comune, per la comunità oltre
a Stallman vi erano anche Marco Ciur-
cina (storico legale di Assoli) e Juan
Carlos Gentile (per l'associazione Hi-
patia). L'incontro è avvenuto a porte
chiuse, al termine dell'incontro c'è stata
una conferenza stampa in cui Nichi
Vendola ha detto “mi è stato impartito
un corso accelerato di alfabetizzazione
non tecnologico ma politico al softwa-
re libero. Il tema del software è il tema
della libertà nel presente e nel futuro”.
Per spiegare il tema del Software Libe-
ro ha usato la metafora degli OGM
Free in agricoltura ed ha promesso che
la legge in discussione sarebbe stata
aperta alla “collaborazione della comu-
nità del Software Libero” che ha rico-
nosciuto “portatrice di una visione di
un futuro più dolce e democratico”. Ed
ecco oggi, finalmente la legge è stata
varata. Nichi Vendola ha dimostrato di
aver saputo mantenere la sua parola
portando ad approvazione quella che è
forse la migliore legge regionale in
Italia sul Software Libero e l'hardware
documentato. Le leggi sono sicuramen-
te utili, purtroppo però la libertà non si
acquisisce per decreto. È sempre ne-
cessaria una ferma determinazione
frutto della consapevolezza dei propri
diritti. Le leggi, come le navi, una volta
varate, possono condurre verso i lidi
desiderati di una società giusta e civile
oppure essere stravolte e, attraverso
una cattiva applicazione, possono esse-
re ritorte contro lo scopo originario.
Non è pertanto sufficiente il varo della
legge, è necessario che adesso ci sia
una capillare attenzione alla sua appli-
cazione e nella difesa vigile del suo
spirito.
riferimenti:
http://www.leggioggi.it/2012/07/11/
libero-software-e-open-data-la-regione
-puglia-ha-detto-si/
http://punto-informatico.it/3561243/PI/
News/puglia-software-libero-
legge.aspx
http://www.regione.puglia.it/?page=pre
ssregione&opz=display&id=13526
http://riunionidigitali.net/video.html
Articolo a cura di
HOP FROG : LIBERA ASSOCIA-
ZIONE
Pagina 2
"La regione Puglia ha scelto il modello del Software Libero.
Scelta politica radicale approvata all'unanimità"
3
M IRI AM M A KE BA
Care compagne e cari compagni,
ci rivolgiamo al Coordinamento Pro-
vinciale, lo spazio che ci siamo dati
per condividere la costruzione di SEL
a Roma;
ci rivolgiamo alla Presidenza Nazio-
nale, poiché crediamo che il gruppo
dirigente nazionale per troppo tempo
non abbia assunto la responsabilità
di costruire SEL come corpo vivo,
aperto, democratico e partecipato;
ci rivogliamo anche alle e agli iscritti
e i simpatizzanti di SEL, perché cre-
diamo che la responsabilità della
costruzione di questa esperienza sia
d i tutte/ i , senza esclusioni.
Lo scorso 26 giugno abbiamo parte-
cipato a un’assemblea di compagne
e compagni di SEL provenienti da
storie e percorsi molto diversi, ma
accomunati dall’affetto per la nostra
impresa comune e dalla preoccupa-
zione di fronte al rischio di vederla
rattrappirsi. L’incontro è nato da un
diffuso disagio cresciuto in questi
mesi. Senza la possibilità di un con-
fronto trasparente, di un ascolto ef-
fettivo e la possibilità di incidere,
questo disagio rischia di limitarsi alla
lamentazione, all’invettiva e di tra-
dursi in diffidenza o, peggio, in ab-
bandono.
Crediamo ci possa essere un modo
per affrontare le dinamiche che ren-
dono spesso asfittica la vita della
nostra esperienza politica, le sue
evidenti degenerazioni, il sequestro
di ogni spazio di confronto, conflitto
ed elaborazione condivisa, senza
cadere in letture liquidatorie, sempli-
cistiche o riducibili a logiche di schie-
ramento interno. Riteniamo necessa-
rio ascoltare e dare spazio alle criti-
che emerse, per trasformarle in poli-
tica, perché la capacità di iniziativa
politica di SEL, la sua spinta innovati-
va e credibilità dipendono dalla
qualità del nostro modo di stare e
d i d e c i d e r e a s s i e m e .
È stato un segno di maturità e re-
sponsabilità evitare, nei mesi scor-
si, che il legittimo confronto su mo-
di diversi di intendere SEL portasse
alla paralisi e a un dibattito tutto
rinchiuso all’interno. Ma affrontare
in modo trasparente i nostri limiti
non rappresenta un indebolimento.
Anzi, pensiamo sia urgente la ne-
cessità di aprire una discussione tra
noi su come far corrispondere il
nostro modo di vivere quotidiana-
mente questa esperienza politica
alla ragione di nascita di SEL, la sua
ispirazione, la sua scommessa.
La nostra impresa comune segna
un’impasse e intorno a noi cresco-
no i segni di insoddisfazione e a-
vanzano nuove risposte. Lo riscon-
triamo nelle reazioni dei cittadini e
delle cittadine che incontriamo, lo
vediamo in chi si impegna nei comi-
tati, nei movimenti e in quelle e-
sperienze innovative di lotta e di
discussione che animano le nostre
città. Anche la crescita di iniziative
(locali e nazionali) a sinistra, alcune
promosse da esperienze sindacali
avanzate, altre espressamente mi-
rate a promuovere nuovi soggetti
politici, così come l’avanzamento
elettorale di liste caratterizzate dal
rifiuto spesso liquidatorio e dema-
gogico dei partiti, ci suggeriscono
che esiste una domanda, un desi-
derio e un bisogno al quale non
siamo riusciti a parlare a sufficienza
e che, di tutta risposta, ci ha perce-
piti come omologati alla politica di
p a l a z z o e a i s u o i v i z i .
Il Movimento 5 stelle, ALBA,
l’iniziativa della FIOM, le liste civi-
che locali e la loro proposta a livello
nazionale (ma anche la crescita
dell’astensionismo) sono alcuni ele-
menti di uno scenario confuso e in
evoluzione segnato da una crisi
delle forme politiche esistenti. Una
forza come SEL, nata per mettere
al centro il tema della trasformazio-
ne della politica, della riapertura di
canali di comunicazione tra pratiche
sociali, culture politiche innovative
e forme organizzate, deve porsi
una domanda rispetto al proliferare
di iniziative che traggono ragion
d’essere da questo vuoto e
dall’assenza di una proposta credi-
bile che (anche) SEL avrebbe dovu-
to costruire.
Non vogliamo rinunciare a quella
scelta fondativa che ha fatto di SEL
una speranza per uscire dalla cieca
e disperata rassegnazione delle due
sinistre.
Crediamo ancora oggi nella neces-
sità di costruire una coalizione di
centrosinistra innovativa, unitaria,
aperta, capace di uscire dal recinto
dei partiti e valorizzare ciò che si
muove al di fuori di essa.
Questo oggi si traduce nella neces-
sità di incalzare e sfidare il PD sul
terreno di una proposta credibile e
innovativa di governo. Il nodo di
un’alleanza larga, plurale e rinnova-
ta e dunque di un rapporto con il
PD e il suo insediamento sociale
resta un dato qualificante della no-
stra proposta. Per questo è neces-
sario leggere con attenzione il con-
flitto apertosi in quel partito e nel
suo corpo sociale di riferimento ,
misurarsi con il passaggio stretto (Continua a pagina 4)
Pagina 3
Documento “Non affoghiamo nella vecchia politica la speranza rappresentata da SEL. “
4
che il PD ha affrontato nella transizione
del dopo Berlusconi, subendo il ricatto
europeo e contrastare la spinte suicide
che portano dirigenti di quel partito a
interpretare l’appoggio al governo Mon-
ti come premessa a una collocazione di
lungo periodo del PD in un quadro mo-
derato.
La proposta di una sinistra che si ci-
menta col governo senza rinunciare ai
propri contenuti incontra dunque oggi
una oggettiva difficoltà ma è possibile
solo se riusciamo a mettere in atto una
forte autonomia politica e culturale. Lo
sforzo di tenere aperto un difficile dia-
logo tra il centro sinistra, il partito de-
mocratico, i movimenti, le realtà asso-
ciative e i comitati è possibile solo se
abbiamo l’autorevolezza di farlo perché
forti di un progetto innovativo e non
per inerzia o opportunismo.
Non si tratta di inseguire un’alleanza
per rispondere al riflesso condizionato
di autoconservazione di un ceto politico
intermedio ma di tenere aperta una
prospettiva di trasformazione e scon-
giurare l’involuzione moderata del prin-
cipale soggetto politico di centro sini-
stra, del suo elettorato e delle organiz-
zazioni di massa di riferimento.
Oggi il credito di SEL rischia di esaurirsi
perché non abbiamo creduto fino in
fondo nelle nostre idee e perché non
abbiamo fatto tutti gli sforzi per essere
corpo vivo, plurale e capace di produrre
pratiche politiche innovative ed elabo-
razione condivisa.
Non abbiamo alcuna nostalgia della
burocraz ia, de l la gerarch ia e
dell’autoconservazione dei vecchi parti-
ti. Ma proprio perché cerchiamo
un’altra politica, non crediamo che
l’alternativa sia trasformarli in comitati
elettorali, organismi di semplice perpe-
tuazione del ceto politico. Alla logica
della fedeltà allo schieramento, al prin-
cipio della delega, alla gestione proprie-
taria dei partiti, preferiamo il confronto,
l’ascolto della critica e la valorizzazione
dell’autonomia e della ricerca libera:
per questo riteniamo urgente una ri-
flessione tra noi.
È una riflessione che va ben oltre SEL e
che deve produrre un’alternativa al
confronto disperante e disperato tra
p o l i t i c i s m o e a n t i p o l i t i c a .
È necessario produrre una critica alla
radice lo statuto della politica stessa - il
suo fondarsi sulla separatezza tra pub-
blico e privato, sulla gestione del con-
flitto in base alla logica amico-nemico,
su modelli di appartenenza basati su
gerarchia, delega, rimozione delle diffe-
renze, su un’idea separata e sacrificale
della militanza, su un’idea del potere
maschile che ormai non corrisponde più
nemmeno alla vita degli uomini e al
loro desiderio di libertà. Non si tratta di
generiche petizioni di principio ma di
questioni che tornano oggi prepotente-
mente in superficie, mostrando la crisi
e i limiti di un’ idea della politica che si
ammanta di nuovo ma resta vecchissi-
ma.
All’interno di SEL ci sono intelligenze,
esperienze e risorse culturali e politiche
che dobbiamo valorizzare e che non
corrispondono alla mediocrità di quanto
s p e s s o a b b i a m o p r o d o t t o .
Riapriamo il confronto, la ricerca, la
sperimentazione - a partire da noi - e
riapriamo canali di interrogazione reci-
proca con le soggettività “esterne”:
sono questi due compiti ineludibili per
far sì che quelle su cui siamo nati non
r i m a n g a n o b e l l e s p e r a n z e .
Le compagne e i compagni dell'assem-
blea romana del 26 giugno.
(Continua da pagina 3)
DOMENICA 30 SETTEM-
BRE ore 11, assemblea nazionale, a Roma, a
partire da questo docu-mento che sta riscuoten-
do molto interesse. Siete tutt* invitat* a partecipa-
re all'iniziativa e alla sua organizzazione (faremo
una mail list apposita, chiedeteci di essere inse-
rit*). Per le adesioni al docu-
mento e per l'iniziativa scrivete a nonaffoghia-
5
Un concorso vecchio stampo
Era nell’aria da tempo, ma questa volta il Ministro sembra fare sul serio. Trascorsi 13 anni dall’ultimo concor-sone, al ministero dell’Istruzione le stime ufficiose parlano di almeno 500 mila aspiranti prof che avrebbero i requisiti per il concorso per sole 11892 nuove cattedre a tempo inde-terminato. A poter partecipare però, saranno coloro che già sono abilitati e grazie alle norme della fase transi-toria i diplomati alle magistrali entro il 2001, i laureati entro il 2003 e i diplo-mati per gli insegnamenti tecinico- pratici. Tutto ciò contraddice i vari slogan che caratterizzano le dichiarazioni di Profumo, perché il Concorso seppure prevede una preselezione su quiz generalistici, manterrebbe il vecchio regolamento a causa dei tempi ri-stretti di fine legislatura. Qui emerge già una prima contraddizione, in quanto a potervi partecipare potranno essere solo gli over 30 anni e il mini-stro più volte ha fatto intendere che fosse necessario svecchiare il corpo docente. Come se gli attuali docenti precari fossero ultrasettantenni, o incompetenti o da rottamare per altri motivi. La nostra Costituzione sanci-sce, all’art 97, che il criterio per entra-re nella pubblica amministrazione è il concorso pubblico, ma, per quanto riguarda la scuola, sfortunatamente la situazione è molto, ma molto, più complessa e, vista la confusione e le mistificazioni diffuse sull’argomento, è forse il caso di chiarire la questio-ne. Oggi, in Italia, i docenti sono re-clutati da due graduatorie, una scatu-rita dai concorsi pubblici (l’ultimo ban-dito nel 1999, tredici anni fa), di con-suetudine definita “Graduatoria di Merito”, l’altra, detta “Graduatoria ad Esaurimento”, formata da docenti abilitati attraverso procedure pubbli-che e notevolmente selettive come le SSIS, che hanno caratterizzato il re-clutamento nell’ultimo decennio. E’ proprio da quest’ultima graduatoria che si attingono, oltre che i docenti di ruolo, anche i numerosissimi sup-plenti che ogni anno fanno funzionare il sistema scolastico italiano, copren-do anche quei posti vuoti che la politi-ca di tagli alla scuola non vuole desti-nare al ruolo. Non si capisce quale
sia il motivo per imporre a chi è già in una graduatoria destinata alle assun-zioni di dover sostenere un altro con-corso per aspirare agli stessi posti ai quali può già accedere. Se il problema è che in qualche pro-vincia mancano aspiranti, si accolga proposta della FLC CGIL e si affian-chi alle graduatorie provinciali una graduatoria nazionale dalla quale attingere qualora nella singola provin-cia non vi siano più aspiranti: in que-sto modo si renderebbe anche più veloce lo svuotamento delle gradua-torie e meno avventuroso il cambio di provincia. Ma ci sono anche tanti altri motivi che rendono velleitaria l’ipotesi a breve di concorsi ordinari. Tra quelli più rilevanti, ma ce sono anche tanti altri più specifici, è necessario sottolineare che si proce-derebbe senza alcuna certez-za sulle reali consistenze degli organici, che potrebbero subire significative modifiche a seguito dell’adozione del regolamento delle classi di concorso e della piena adozione dei nuovi re-golamenti della scuola secondaria superiore. Si attenda di avere un quadro certo e una situazione delle graduatorie più chiara dopo aver ef-fettuato le assunzioni previste dal piano triennale e poi si bandiscano i concorsi con numeri attendibili. Vi è inoltre il problema dei costi. Infat-ti, in una situazione di ristrettezze e di tagli, che senso avrebbe mettere in piedi una procedura così onerosa per selezionare nuovamente gli stessi aspiranti già selezionati a suo tempo ed attualmente in attesa di assunzio-ne a tempo indeterminato? Ai docenti già abilitati si aggiungeran-no, inoltre i partecipanti ai TFA, i nuo-vi corsi organizzati dalle università per conseguire l’abilitazione, voluti da Gelmini, che stanno partendo in qua-si tutte le regioni. Appare quindi una beffa che, a fronte di un esubero di abilitati rispetto a posti che si con-
traggono di anno in anno, il ministro Profumo annunci l’indizione di un concorso! Gli abilitati chiedono al ministro e alle forze politiche che sostengono il go-verno, così come alle forze di opposi-zione che non si bandisca un nuovo concorso, prima che sia stata pro-grammata una soluzione per i docenti inseriti nelle graduatorie “ad esauri-mento”, che hanno già superato pro-ve concorsuali o selezione attraverso percorsi di abilitazione a numero chiuso. Rompere la spirale dei tagli sarebbe, forse, la prima vera riforma della scuola necessaria nel nostro Paese. Stupisce tutta questa opera-zione e soprattutto il continuo accani-mento nei confronti della scuola an-che da parte dei tecnici. La scuola della Repubblica (come Istituzione culturale e sociale) deve contribuire a rimuovere gli ostacoli di ordine eco-nomico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cit-tadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva par-tecipazione. Formare mentalità criti-che, capaci di risolvere problemi, abi-tuare al dubbio, all’imprevisto, alla curiosità e, contemporaneamente, sviluppare un pensiero razionale e scientifico, capace di confrontarsi con la dimensione storica e con ogni a-spetto dell’espressività umana, è compito fondamentale della scuola, tenuta a far acquisire quei saperi co-siddetti di cittadinanza indispensabili oggi per vivere, lavorare, continuare a studiare. Senza risorse poco potrà essere fatto. Per SEL più che un con-corso vecchio stampo, serve un pia-no di stabilizzazione pluriennale che, oltre all’assunzione dei docenti pre-senti nelle Graduatorie ad Esauri-mento, restituisca risorse per allarga-re il tempo pieno, abbassare il nume-ro degli alunni per classe, costruire nuovi edifici scolastici e rendere sicu-ri quelli esistenti, istituire l’organico funzionale, potenziare l’offerta forma-tiva nel sud e ripristinare tutte le inno-vazioni pedagogiche e didattiche fati-cosamente conquistate negli ultimi decenni.
Giorgio Crescenza Simonetta Salacone
“Stupisce tutta
questa operazione
e soprattutto il
continuo
accanimento nei
confronti della
scuola anche da
parte dei tecnici.”
6
RAG DOLLS : IL ROCK SALERNITANO AL FEMMINILE
Signori, si parte. Con questo numero si dà l’avvio al viaggio nel mondo della musica
salernitana; un viaggio che definirei semiserio (Berchet non si offenda, l’attributo non è
qui utilizzato nel senso della sua Lettera) perché, pur non avendo alcuna pretesa di si-
stematizzazione scientifica dell’argomento, è tuttavia affrontato con quella appassionata
volontà che deriva dalla consapevolezza di ritornare con la memoria a momenti bellissi-
mi, esaltanti quasi e di rincontrare persone alle quali ancora ti lega un affetto del tutto
particolare.
E quale migliore inizio per un foglio di Sinistra Ecologia e Libertà: una band tutta
al femminile, le Rag Dolls che, a mia memoria, rappresentano l’unico esempio salerni-
tano di amazzoni del rock.
Anima indiscussa della formazione è la batterista e cantante Stefania Siani, che ini-
zia la sua avventura musicale a quindici anni frequentando una delle scuole di musica
più prestigiose di Salerno: la Polymusic. E’ proprio qui che mette in piedi la sua prima
band, gli Holes in the Wall, sintonizzata in particolar modo sul rock anni Ottanta dei
Bon Jovi e degli Europe. La band si scioglie nel 1989 e Stefania, con la bassista Anto-
nietta Tano, forma i Kaddish con Michele Garruti alle tastiere e Francesco Vicinanza
alla chitarra.
Vi anticipo che di Francesco Vicinanza, impenitente fanatico dei Pink Floyd, si
parlerà ancora, avendo militato in diverse formazioni rock salernitane che ne hanno
sempre apprezzato la cura nella elaborazione dei suoni e la perizia nell’uso degli effetti.
I Kaddish riscuotono un discreto successo proponendo cover di alcuni dei gruppi
più importanti del momento come i Metallica, i Guns’n’Roses, i Dokken e gli Scor-
pions. La formazione, tuttavia, ha vita breve e, dopo aver partecipato a diverse serate
promozionali per gruppi emergenti, si scoglie nel 1990. Tale epilogo scaturisce dalla de-
cisione di Stefania e Antonietta di mettersi alla prova e di imboccare, almeno per un
po’, la strada del professionismo, al fine di maturare quanta più esperienza possibile
dalla frequentazione di musicisti di levatura nazionale. Dal 1990 al 1993, dunque, le du-
e amiche girano l’Italia lavorando come turniste in diverse band pop italiane.
Considerata terminata l’esperienza, Stefania, nel 1993, dà vita alle Rag Dolls con
Arianna Capozzolo (tastiere e voce), Annarita Catone (sassofono), Alice D’Agostino
(chitarra) e Daniela De Martino (basso). La nuova formazione deriva il nome
dall’omonimo brano degli Aerosmith e propone un repertorio davvero interessante, co-
stituito dai brani più significativi delle migliori band hard rock della scena internaziona-
le.
Nel 2006 si struttura la line up attuale della formazione: Annarita, Daniela e Alice
decidono di lasciare e vengono sostituite da Francesca Sarnicola (basso) e Serena Tra-
panese (chitarra).
Dopo vent’anni dalla nascita, le Rag Dolls continuano a proporre uno straordinario
repertorio hard rock nei pub della Campania e delle regini limitrofe.
7
Leggendo la vostra
biografia, salta subito agli
occhi la scelta precoce della
musica rock: possiamo dire
un amore a prima vista?
Sì, senza ombra di dub-
bio. Tutte noi siamo state
sempre innamorate del rock;
anche se proveniamo da e-
sperienze diverse e apparte-
niamo a generazioni differen-
ti, il rock è l’anello magico
che ci unisce.
Pensate che questo a-
more durerà ancora per
molto?
Finché ci regalerà, come
fino ad ora, emozioni fortissi-
me ed infinita energia positi-
va, durerà per sempre.
In un’intervista avete
spiegato che il nome della
vostra band deriva dal tito-
lo di un famosissimo brano
degli Aerosmith; perché,
tra i tanti successi di questa
leggendaria formazione, a-
vete scelto proprio Rag
Dolls.
E’ proprio così: quando
si trattò di scegliere il nome
prendemmo ispirazione dalla
band che, a quel tempo, ama-
vamo di più. Perché proprio
questo brano? Per la ragione
che “Bambole di pezza” ci
rappresentava e ci rappresen-
ta in pieno. Non dimentichia-
mo che siamo tutte donne: a
buon intenditore, poche paro-
le.
Gruppo al femminile
per necessità o per scelta?
Assolutamente per scel-
ta. Non per disprezzare i col-
leghi maschietti, ma è natura-
le che tra donne si venga a
creare un’alchimia difficile,
se non addirittura impossibi-
le, da raggiungere in una
band mista.
Per Salerno sicura-
mente un unicum. In quan-
to musiciste, avete mai do-
vuto scontrarvi con pregiu-
dizi sessisti?
Purtroppo sì; anche se,
per fortuna, si è trattato di
casi isolati a cui non abbiamo
mai dato troppo peso. Intan-
to, è duro a morire il pregiu-
dizio secondo cui alle donne
è negata la possibilità di e-
sprimersi mediante determi-
nate forme d’arte o di generi
particolari, come l’hard rock,
appunto.
E ora dite la verità:
qualche vantaggio?
Mah! Saremmo disone-
ste a dire che qualche vantag-
gio non ci sia, ma si limita
alla curiosità che desta una
rock band al femminile; ciò
ha potuto comportare, ma so-
lo in qualche rarissimo caso,
la possibilità di avere una se-
rata proprio per questo moti-
vo. Rimane il fatto, però, che
devi sempre dimostrare on
stage quanto vali: la curiosità
passa mentre le Rag Dolls
resistono da vent’anni: que-
sto vorrà pur significare qual-
cosa!
Già, da vent’anni. Re-
gistrate dei cambiamenti
nell’ambiente musicale sa-
lernitano dai vostri esordi
ad oggi?
Eccome, se ce ne sono,
nel bene e nel male. Iniziamo
da un cambiamento in negati-
vo: le maggiori possibilità
per esibirsi vengono offerte
ancora dai pub; tuttavia, sono
cambiate le “regole del gio-
co”: con sempre maggior fre-
quenza i gestori dei pub di-
menticano che il tuo lavoro è
quello del musicista, mentre
loro vorrebbero che tu fossi
più un PR capace di riempire
il locale. Negli anni scorsi,
invece, si creava una sinergia
tra gruppi e locali: il successo
di una serata era il risultato
del prestigio sia del pub che
della band che si esibiva; per
questo vi era una maggiore
selezione dei gruppi musicali
basata sulla loro professiona-
lità complessiva, valutata non
soltanto tenendo conto della
tecnica esecutiva in sé, ma
sulla capacità di “tenere alta
la serata”, il che significa
molte cose: scelta del reper-
torio, capacità di entusiasma-
re il pubblico, non annoiarlo
con gratuite esibizioni di
“bravura”, accuratezza nella
regolazione dei suoni, capa-
cità di interpretare con serietà
il genere di musica proposto
e così via. Tutto questo com-
portava, come si è detto pri-
ma, anche un enorme vantag-
gio di reputazione per quei
locali che operavano una so-
luzione siffatta: nell’opinione
di tutti erano questi i locali
8
dove andare per ascoltare
buona musica. Oggi c’è gran-
de confusione. Molti gestori,
pur non volendo rinunciare
alla musica nei loro locali,
tentano di pagare il meno
possibile. Addirittura ce ne
sono di quelli che, con la scu-
sa di dare spazio ai giovani,
ne approfittano, ricompen-
sandoli semplicemente con la
consumazione (pizza o pani-
no e birra, tanto per intender-
ci). Veniamo agli aspetti po-
sitivi. Oggi ci sono molti più
musicisti e tra questi molte
più donne. In più, le band so-
no più variegate nel genere e
nello stile e hanno meno ini-
bizioni a proporre brani ori-
ginali.
Stefania, che bilancio
hai tratto dalla tua espe-
rienza come turnista?
Un bilancio del tutto po-
sitivo. Ho avuto la possibilità
di conoscere tanti grandissi-
mi musicisti, di cui mi ha
sempre sorpreso l’umiltà, so-
prattutto paragonandola alla
boria di tante “mezze calzet-
te” che pure ho avuto la
sventura di incontrare. A con-
tatto di questi grandi la mia
passione e la volontà di anda-
re avanti sono cresciute a tal
punto che, nonostante le dif-
ficoltà quotidiane, la musica
è e resterà un punto fermo
della mia vita.
Hai mai “tradito” le
Rag Dolls?
Tradimento è una parola
grossa. No, non credo di aver
mai tradito le Rag Dolls, an-
che se ho fatto qualche espe-
rienza parallela. Proprio
quando stavano per nascere
le Dolls ho fatto parte, come
cantante, dei Wry Omen, una
rock band salernitana, con
Nello De Luca (chitarra), En-
nio Parisi (basso) e Silvio Zi-
to (batteria). Ho sempre desi-
derato essere una cantante
solista e, di recente, questo
sogno si sta realizzando in
una rock blues band, i Soun-
dbridge, con Daniele Taglia-
ferro alla chitarra, Enzo Fer-
rara al basso e Domenico
Mostacciuolo alla batteria.
Progetti?
Le Rag Dolls sono in
continua evoluzione, sempre
alla ricerca di nuove idee e di
nuovi stimoli rimanendo, pe-
rò, fedeli all’hard rock degli
anni Settanta e Ottanta.
Intervista e articolo a cura di
NELLO DE LUCA