I servizi telematici nel marketing dei beni di cosumo diretto
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA Facoltà di Scienze Economiche e Bancarie
Corso di laurea in Scienze Economiche e Bancarie
I servizi telematici nel marketing dei beni di consumo diretto
Relatore: Prof. Gastone CECCANTI Correlatore Prof. Fabio PAMMOLLI Tesi di Laurea di
Daniele D’ASARO
Anno accademico 1995-1996
INDICE
CAP I - UN QUADRO GENERALE SULLA DISTRIBUZIONE_________________________________________________13I.1 INTRODUZIONE ______________________________________ 13 I.2 LE FUNZIONI COMMERCIALI ____________________________ 14
Funzioni fisico-merceologiche ________________________________17 Funzioni commerciali _______________________________________19 Funzioni economico-finanziarie _______________________________21 Funzioni di comunicazione ___________________________________22 Funzioni psico-sociologiche __________________________________23
I.3 IL FUTURO DEL DETTAGLIO _____________________________ 29 CONCLUSIONI __________________________________________ 31
CAP II - LE ABITUDINI DI ACQUISTO E LE NUOVE OPPORTUNITÀ TELEMATICHE___________________32II.1 INTRODUZIONE _____________________________________ 32 II.2 L’INCREMENTO DELLA PRESSIONE CONCORRENZIALE ________ 32 II.3 L’EVOLUZIONE DELLA DOMANDA _______________________ 34 II.4 LA DIFFUSIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE41 II.5 LE NUOVE FORME DISTRIBUTIVE ________________________ 43 II.6 NUOVE STRATEGIE PER UN NUOVO CONSUMATORE _________ 46 II.7 L’INTERESSE DEL CONSUMATORE PER LE NUOVE TECNOLOGIE TELEMATICHE_____________________________________________________ 48
II.8 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: QUALCHE DATO 51 II.9 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: THE COMMERCENET/NIELSEN INTERNET DEMOGRAPHICS SURVEY ____ 53
II.9.1 Gli autori dell’indagine ________________________________54 II.9.2 Metodologia _________________________________________54 II.9.3 I risultati dell’indagine_________________________________55 II.9.4 Due metodologie a confronto ____________________________57 II.9.5 Conclusioni sul CommerceNet/Nielsen Internet Survey________57
II.10 LA TELEMATICA IN ITALIA____________________________ 58 CONCLUSIONI __________________________________________ 61
CAP III - I NUOVI RAPPORTI TRA INDUSTRIA E DISTRIBUZIONE ALLA LUCE DELLE TECNOLOGIE TELEMATICHE __________________________________66III.1 INTRODUZIONE_____________________________________ 66 III.2 IL PASSATO _______________________________________ 67
1. Piano logistico __________________________________________68 2. Piano informativo ________________________________________69
III.3 L’INFORMAZIONE COME PRODOTTO ACCESSORIO __________ 71 III.4 L’EVOLUZIONE DELLA DISTRIBUZIONE: DUE SCENARI DIVERSI75 III.5 IL DIVERSO RUOLO DELLE TECNOLOGIE E DELLA RISORSA INFORMAZIONE ALL’INTERNO DEL SETTORE COMMERCIALE ___________________ 79 III.6 IL NUOVO RUOLO DELLA DISTRIBUZIONE NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE ____________________________________ 81 CONCLUSIONI __________________________________________ 90
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CAP IV - L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA COME IMPULSO FINALE ALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE DELL’ERA TELEMATICA ___________________________________92IV.1 INTRODUZIONE_____________________________________ 92 IV.2 IL FALLIMENTO COMMERCIALE DEL VIDEOTEX ____________ 93 IV.3 I LIMITI DI ORDINE TECNOLOGICO DEL SISTEMA VIDEOTEX ___ 98 IV.4 INTERNET: IL “GIGANTE BUONO” DELLA TELEMATICA______ 102 IV.5 RIFLESSIONI E CONCLUSIONI _________________________ 107
CAP V - GLI STRUMENTI DEL MARKETING NELL’ERA DEL CONSUMATORE TELEMATICO__________________110V.1 INTRODUZIONE ____________________________________ 110 V.2 L’IMPATTO DEI CANALI TELEMATICI DI NUOVA GENERAZIONE SUGLI ELEMENTI CARATTERIZZANTI LA STRATEGIA DEL DETTAGLIO. ___ 111
V.2.1 Prodotto ____________________________________________111 V.2.2 Prezzo _____________________________________________119 V.2.3 Pubblicità e promozione _______________________________120 V.2.4 Distribuzione ________________________________________125
V.3 ESPERIENZE REALI NELL’USO DEL MARKETING TELEMATICO (IN ITALIA)____________________________________________________ 128
V.4 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I PRO ____ 129 V.4.1 Il target ____________________________________________129 V.4.2 I costi ______________________________________________130 V.4.3 Aggiornamento (catalogo e magazzino) ___________________130 V.4.4 L’abbattimento delle frontiere nazionali ___________________131
V.5 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I CONTRO132 V.5.1 Carenza di competenze manageriali ______________________133 V.5.2 Carenza di risorse finanziarie ___________________________133 V.5.3. Incapacità di soddisfare i bisogni dei consumatori __________134 V.5.4 Incapacità di offrire prezzi competitivi ____________________135 V.5.5 I problemi giuridici ___________________________________136 V.5.6 Il problema della privacy_______________________________137 V.5.7 Il problema dei pagamenti______________________________139
V.6 DATI EMPIRICI E PREVISIONI SULLO SVILUPPO DEL COMMERCIO ON-LINE____________________________________________________ 141
BIBLIOGRAFIA _________________________________151
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CAPITOLO I
UN QUADRO GENERALE SULLA DISTRIBUZIONE
I.1 INTRODUZIONE
Prima di analizzare le motivazioni del come e del perché i servizi
telematici stiano influenzando profondamente il panorama della
produzione e del commercio, si ritiene di cominciare con un breve quadro
sulla distribuzione in generale, in modo da avere un solido riferimento per
le argomentazioni successive.
La distribuzione commerciale concerne il trasferimento fisico ed
economico (cioè del titolo di proprietà) dei beni dalla produzione al
consumo (o utilizzo) finale o intermedio1.
Gli attori principali del processo distributivo sono le imprese
commerciali, “le quali offrono un insieme di servizi che le rendono
disponibili per il consumatore”. Il tipico processo dell'impresa
commerciale consiste nell'acquisto delle merci prodotte dall'azienda
industriale, nella loro composizione in un assortimento e nella vendita nei
luoghi e nei tempi desiderati dal consumatore2. Da ciò deriva che l'impresa
commerciale non si limita a vendere la merce, ma "trasforma" anche il
prodotto; il valore dello stesso è funzione, oltre che delle caratteristiche
intrinseche, anche dei tempi, luoghi e modi secondo cui il bene viene reso
disponibile al consumatore3. L’impresa commerciale, pertanto, non vende
semplicemente merce, ma i servizi che consentono alla domanda di
approvigionarsi. La merce è la materia prima del processo produttivo
commerciale, non il prodotto finito.
Accanto alle imprese commerciali in senso stretto (grossisti e
dettaglianti) operano tutta una serie di altri enti: da una parte quelle
1Giancarlo Ravazzi, "La distribuzione commerciale", Manuale di Marketing, ISEDI, Milano, 1972, p. 6-4. 2Luigi Guatri e Salvatore Vicari, Il Marketing, Giuffrè, Milano, 1986, p. 135. 3William .J. Stanton e Riccardo Varaldo, Marketing, Il Mulino, Bologna, 1986, p. 241.
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strutture che svolgono attività di pura intermediazione (cioè non
acquistano la proprietà dei beni), dall'altra le stesse imprese produttrici e i
consumatori. Nell’economia moderna il ruolo di queste due ultime
categorie, soprattutto quello del consumatore, col tempo è divenuto
sempre più importante, e questo è avvenuto anche grazie all’impatto
dirompente delle nuove tecnologie dell’informatica e delle
telecomunicazioni. La convergenza di tali settori ad alta componente
tecnologica hanno tracciato il sentiero per lo sviluppo di mezzi in grado di
concretizzare il bisogno di interattività che caratterizza sempre di più il
fenomeno del consumo, ponendo le basi per il superamento del paradigma
della produzione di massa.
I.2 LE FUNZIONI COMMERCIALI
Si è detto che il ruolo precipuo dell'impresa commerciale è quella
di rendere disponibili al consumatore i beni e i servizi prodotti negli altri
settori economici. Questa macro-funzione, coerentemente con la teoria, si
compone di una serie articolata di funzioni commerciali. L’evoluzione
degli ultimi anni del sistema economico hanno fatto sì che lo svolgimento
di tali funzioni divenisse compito sempre più esclusivo da parte degli
estremi della filiera distributiva, imprese produttrici e consumatori. Un
primo livello di analisi riguarderà appunto la determinazione di tali
funzioni. Il secondo livello riguarderà invece più precisamente le funzioni
della distribuzione al dettaglio.
Per comodità, si utilizzerà uno schema già sperimentato, pur se
ciascuno con le sue peculiarità, da diversi autori4.
1) Funzioni fisico-merceologiche:
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1.1 trasporto;
1.2 raggruppamento e/o frazionamento (di beni
omogenei);
1.3 assortimento e gamma o separazione (di beni
eterogenei);
1.4 condizionamento (dosaggio, confezionamento e
imballaggio);
1.5 deposito.
2) Funzioni commerciali (o di scambio):
2.1 collegamento e intermediazione commerciale;
2.2 acquisto;
2.3 vendita;
2.4 assistenza e consulenza;5
2.5 assunzione del rischio commerciale;
2.6 garanzia commerciale.
3) Funzioni economico-finanziarie:
3.1 determinazione del prezzo;
3.2 finanziamento.
4) Funzioni di comunicazione:
4.1 informazione;
4.2 promozione delle vendite.
5) Funzioni psico-sociologiche:
5.1 ambiente commerciale;
5.2 rapporti umani;
5.3 socializzazione.
4Vedi G. Ravazzi, "La distribuzione commerciale", Manuale di Marketing, ISEDI, op. cit., pp. 65 e ss., oppure nella riclassificazione di L. Guatri e S. Vicari, Il Marketing, op. cit. 5G. Ravazzi non annovera tale funzione tra quelle tipiche dell’impresa al dettaglio. In realtà tale funzione riveste oramai per il dettaglio un fattore fondamentale.
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Da questo schema si evince facilmente come le stesse imprese
produttrici e i consumatori finali entrino nel merito del processo
distributivo; si pensi, ad esempio, alla funzione di trasporto che realizza il
consumatore quando scarica il contenuto del carrello del supermercato
nella propria vettura o l'impresa che sempre più spesso realizza la
funzione di condizionamento (confezionamento) sollevando il grossista da
tale compito.
Si è detto che una tendenza storicamente accertata è il progressivo
trasferimento di alcune di queste funzioni verso le imprese produttrici da
una parte e verso il grande dettaglio o il dettaglio associato dall'altra.
Manifestazione tipica di tali tendenze è l'integrazione verticale
discendente, attraverso la quale l'azienda di produzione assorbe le
funzioni commerciali degli intermediari sottostanti (grossisti e
dettaglianti), fino a giungere a diretto contatto con il consumatore. Tale
fenomeno, piuttosto frequente per quanto riguarda i beni strumentali, per i
beni di consumo ha sempre rivestito il carattere dell’eccezionalità.
Tradizionalmente, nel comparto dei beni di consumo il processo di
integrazione verticale può portare a delle inefficienze, che in ultima
analisi derivano da un sostanziale problema di comunicazione tra i diversi
anelli della catena distributiva. La grossa novità è che le innovazioni
telematiche possono ridurre di molto tali inefficienze, consentendo, come
si vedrà, una progressiva disintermediazione a scapito delle aziende
commerciali. Il fenomeno può essere ridimensionato nel momento in cui il
settore del commercio non sappia riorganizzarsi disegnandosi un nuovo
ruolo, passando sostanzialmente dalla distribuzione di merci alla
distribuzione di informazione.
Ai fini di questo lavoro risulta utile ricordare la distinzione tra
grossisti e dettaglianti, interessando particolarmente la seconda categoria.
Per dettaglio s'intende “l'insieme delle attività che sono
direttamente connesse alla vendita di beni e servizi al consumatore finale,
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destinati al soddisfacimento di sue esigenze personali o familiari e non
allo svolgimento di un'attività economica di qualsiasi tipo”.6
Risulta ovvio che vi possono essere imprese che nel contempo
fungono sia da grossisti che da dettaglianti. Generalmente, si ritiene che
per dettagliante o negozio al dettaglio si debba intendere un'azienda che
vende prevalentemente (oltre il 50% del proprio volume d'affari)7 ai
consumatori finali.
Nello schema proposto, si è convenuto evidenziare in neretto le
funzioni svolte tipicamente dalle imprese al dettaglio. Riportare tale
classificazione può essere utile per focalizzare meglio la portata dei
cambiamenti che le innovazioni telematiche possono produrre nel settore
della distribuzione. Riconoscendo la limitatezza insita in ogni tipo di
classificazione, in special modo in questi anni di particolari mutamenti,
ecco una breve rassegna di tali funzioni:
Funzioni fisico-merceologiche
Frazionamento
E' la tipica e forse la più importante funzione svolta dalle imprese
al dettaglio. Attraverso il frazionamento il lotto economico proveniente
dall'impresa produttrice o dal grossista viene ripartito in lotti di
dimensione inferiore, più adatti a soddisfare le richieste della clientela.
Tale funzione, se svolta a livello dell'impresa produttrice oppure del
grossista, può essere causa di grandi inefficienze. Il livello di
frazionamento a cui si realizza la vendita al dettaglio risulterebbe essere,
infatti, troppo minuto per le strutture aziendali dei produttori e dei
grossisti. Da una parte, risulterebbero ingiustificati i costi del personale
per singola unità venduta, dall'altra si verificherebbero notevoli
diseconomie derivanti da un'eccessiva despecializzazione della gestione
aziendale. Questo perlomeno finché le aziende produttrici non abbiano la
6W.J. Stanton e R. Varaldo, Marketing, op. cit., p. 244. 7La definizione è ripresa da Stanton e Varaldo, op. cit., p. 245.
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possibilità, a costi irrisori, di effettuare vendita diretta in un bacino di
domanda sufficientemente ampio. Non è un problema di natura
strettamente logistica, legato cioè a problemi di disponibilità del bene
(consegna). Cosa distinguerebbe allora un’impresa commerciale da un
corriere espresso? E’ un problema soprattutto legato alla creazione e
gestione di una rete di vendita, dove l’elemento fondamentale è
l’informazione, cioè la conoscenza delle esigenze e dei mutamenti della
domanda.
Assortimento e gamma
Per assortimento si intende una combinazione di beni appartenenti
a categorie merceologiche differenti. A livello di produzione
l'assortimento tende a essere ovviamente limitato (presenza di impianti
specializzati); tuttavia, man mano che si scende lungo il canale di
distribuzione, le esigenze diversificate, dapprima dei dettaglianti e poi dei
consumatori, si manifestano con impatto sempre più rilevante.
Le stesse considerazioni valgono anche per la composizione di una
gamma, cioè la combinazione di differenti tipi di prodotti appartenenti ad
una stessa categoria merceologica (es. impianti hi-fi di differenti marche
e/o prestazioni).
L’impresa al dettaglio ha come scopo la valorizzazione dell’intera
gamma, non già del singolo prodotto. Ciò prefigura un terreno di scontro
col settore della produzione sulla base della profondità e dell’ampiezza
informativa da associare a ciascun elemento dell’assortimento e/o gamma.
In questa situazione conflittuale è il settore commerciale ad avere maggior
potere, perché il suo orizzonte informativo riguardo la domanda è
nettamente superiore. A meno che non sia la stessa domanda a specificare
le proprie esigenze in maniera puntuale, attraverso un feedback continuo,
saltando la “barriera” costituita dall’impresa al dettaglio.
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Deposito
E' una funzione molto importante, poiché evita al consumatore le
disutilità derivanti dal non trovare il prodotto nel punto vendita quando si
manifesta il bisogno.8 Il mancato espletamento di tale funzione provoca
problemi per il produttore, poiché non solo perde un'occasione di vendita
a favore del concorrente, ma soffre anche di un'inevitabile calo di
immagine indipendente dalle proprie strategie. Per il dettagliante la
perdita sull'acquisto è molteplice, in quanto il consumatore avrebbe potuto
acquistare altri prodotti insieme a quello mancante. Anche il dettagliante
patisce in questo caso la percezione da parte del consumatore di una
parvenza di inefficienza e di superficialità. E’ indubbio che tale funzione
ha grossa rilevanza nel comparto dei beni cosiddetti banali (con scarsa
componente informativa), ma perde significato sui prodotti
“problematici”. Per questi, più che la disponibilità immediata, è
fondamentale la rispondenza esatta con i requisiti richiesti dal cliente. Ciò
implica necessariamente un dialogo interattivo tra produzione e consumo
che avvenga il più velocemente possibile (tendere cioè ad una
comunicazione interattiva e in tempo reale).
Funzioni commerciali
Assistenza e consulenza
Pare oramai che la funzione di assistenza e di consulenza che
l’impresa commerciale svolge nei confronti della clientela e dei fornitori
sia diventata insostituibile. L’assistenza al cliente riguarda tanto la
conoscenza relativa all’aspetto tecnico-merceologico del prodotto, quanto
l’esposizione della merce, l’individuazione di efficaci azioni
promozionali, ecc. Risulta ovvio che questa funzione incorpora in sé una
grande quantità di informazioni da gestire, aggiornare e comunicare nel
8Si ricordi però che talvolta il comportamento dell’acquirente inizia senza una particolare esigenza relativa ad una merce, ad es. quando lo shopping viene inteso come attività di svago o come occasione per acquisire informazioni su di un prodotto. Cfr. Salvatore Vicari, “Acquirente e consumatore: due distinte realtà”, Sviluppo e organizzazione, Maggio-Giugno 1980.
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più breve tempo possibile. Specie per i prodotti a più alta componente
informativa, poi, questa funzione è fondamentale per mantenere il
rapporto con il cliente. Per l’impresa di produzione è molto difficile
portare avanti un rapporto del genere con la totalità dei clienti, almeno
finché non vi sia la possibilità per il consumo di accedere ed
eventualmente interagire con il patrimonio informativo aziendale in
maniera semplice e immediata.
Assunzione del rischio e garanzia commerciale
La funzione di assunzione del rischio commerciale svolta
dall'impresa al dettaglio (come del resto dal grossista) consente il
frazionamento del rischio tra la distribuzione e la produzione.9 Tale
importante funzione viene ovviamente a cadere in virtù dei processi di
integrazione verticale, esponendo l'impresa produttrice a rischi anche
elevati. L’aumento del rischio potrebbe essere compensato (fino a
scomparire) con l’adozione di un metodo di produzione just in time di tipo
perfetto, dove il bene viene prodotto su precisa richiesta e indicazione del
cliente. Evidentemente il tutto riduce la rilevanza delle economie di scala
sul costo di produzione. In tal caso, la permanenza nella regione di
sopravvivenza può essere assicurata soltanto a patto che si possa attivare
una circolazione interattiva di informazioni, che faccia percepire
all’acquirente il valore reale aggiunto al prodotto.
Nonostante la diffusione dei grandi centri di distribuzione, il
negozio specializzato, dove si acquista in virtù del rapporto di fiducia con
il venditore, trova ancora grandi consensi: qui l’elevato margine del
dettagliante viene compensato da grande professionalità e attenzione
verso il cliente. In un panorama caratterizzato dalla diffusione delle grandi
strutture distributive, la fiducia nel venditore e i gruppi di funzioni
specificati più avanti costituiscono la strategia vincente, specie per il
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piccolissimo dettaglio. Un servizio di questo tipo corre di pari passo con
l’offerta di una vera e propria garanzia commerciale sul prodotto, sulla
qualità e sulla rispondenza dei requisiti voluti dal consumatore.
Funzioni economico-finanziarie
Determinazione del prezzo
Nonostante che per la maggioranza dei prodotti la funzione di
determinazione del prezzo sia stata assorbita dall'impresa di produzione,
tale funzione per i dettaglianti è ancora piuttosto rilevante. E’ possibile
affermare che si è di fronte ad una diminuzione di importanza di tale
funzione nel senso speculativo del termine; la determinazione del prezzo
ha assunto sempre più, infatti, lo scopo di adeguare il flusso distributivo-
commerciale alle esigenze degli estremi del canale distributivo, produttore
e consumatore (si pensi, ad esempio, al fenomeno della stagionalità).
Restano comunque diversi motivi di scontro tra produttori e
distributori: le politiche di marketing dei primi tendono a proporre al
consumatore un prezzo e un posizionamento preciso di mercato, mentre i
secondi hanno l’esigenza di gestire i prezzi secondo proprie politiche,
nello svolgimento della funzione di assortimento di cui si è detto. Ove ci
sia un aumento reale e percepibile del valore d’uso del prodotto nel
passaggio tra produzione e distribuzione, la determinazione del prezzo
non diventa più motivo di scontro. In ogni caso, diversi elementi
avvalorano la tesi di una generalizzata tendenza al ribasso dei prodotti
commercializzati attraverso i mezzi telematici di massa, tra cui spiccano
l’accresciuta competitività tra le aziende e un accorciamento del canale
distributivo.
9Tra cui l’obsolescenza del prodotto, le rimanenze di prodotti di fine serie, ma soprattutto il comportamento imprevedibile della domanda.
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Funzioni di comunicazione
Assieme alle funzioni psico-sociologiche, di cui si tratterà tra
breve, le funzioni di comunicazione costituiscono sempre più le funzioni
tipicamente svolte dal commercio al dettaglio.
La funzione di comunicazione, tradizionalmente, può essere
analizzata secondo due ottiche diverse. Un primo tipo di comunicazione
ha lo scopo di rendere edotte le parti interessate ad uno scambio
dell'esistenza di determinate opportunità di mercato. Da questo punto di
vista parliamo di comunicazione come informazione, cioè come mezzo
volto alla riduzione dell'incertezza.
Naturalmente la funzione di informazione aumenta di importanza
all'aumentare della complessità e della vastità del mercato, dal momento
che i limiti delle conoscenze e dell'intuito individuali (imprenditoriali,
manageriali) si fanno più grandi, e per essere superati necessitano di un
flusso organizzato e sistematico di informazioni di mercato, di cui anche
le strutture commerciali sono tramite.10
Esiste poi un secondo tipo di comunicazione, che si concretizza in
un flusso esclusivo dall'alto verso il basso, volto ad orientare le scelte del
consumatore. In tale ambito, la funzione della comunicazione è
principalmente una funzione di condizionamento.11
E’ oramai evidente che la comunicazione nel senso informativo nel
termine sta diventando sempre più importante. In un contesto di tale
genere pare davvero che l'utilizzo dei mezzi telematici, in quanto
consentono la trasmissione di informazioni sul prodotto che la pubblicità
tradizionale (per tempi e costi) non riesce a dare, possa essere una risorsa
da non sottovalutare per l'impresa produttrice e per gli altri anelli della
catena distributiva. Ma rappresenta anche una sfida, perché la possibilità
10Giancarlo Ravazzi, "La distribuzione commerciale", op. cit., p. 6-14. 11Attenzione: scindere l’attività di comunicazione in una componente informativa e in una volta al condizionamento non equivale a sancire la neutralità della prima rispetto alla seconda. L’informazione, per quanto obiettiva, incide comunque sullo schema di preferenze del consumatore. Cfr. Stefano Podestà, Prodotto, consumatore e politica di mercato, ETAS Libri, Milano 1988 (1a ed. 1974), pp. 95 e ss.
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per l’acquirente di effettuare uno shopping comparato (anche tra aziende
molto al di fuori del contesto geografico di appartenenza) pone in essere
pressioni concorrenziali a dir poco impensabili agli albori dell’era
dell’informazione.
Funzioni psico-sociologiche
Tali funzioni si manifestano con un impatto crescente nel
marketing odierno, in un'economia come quella dei paesi occidentali dove
cresce il tenore di vita e quindi la parte di reddito discrezionale.12
Ambiente commerciale
E' un fattore molto importante, in grado di attrarre nuovi acquirenti
nel punto vendita e di svolgere un'azione di soddisfazione psicologica nei
confronti del cliente, facendo sì che torni. Per molti acquisti il
consumatore non solo ricerca il prodotto idoneo a soddisfare le proprie
esigenze, ma anche un modo adeguato di reperire il prodotto. Ciò implica
servizi, atmosfera, immagine che gli consentano di trovare soddisfazione
al momento dell’acquisto. I servizi telematici più sofisticati (tra cui spicca
Internet) consentono la valutazione del prodotto attraverso informazioni di
tipo multimediale (suoni, immagini, filmati), con un salto di qualità
tecnologico rispetto, ad esempio, al sistema videotex (che difatti fu
sostanzialmente un fallimento dal punto di vista commerciale). Non è
certamente il sostituto perfetto del contatto fisico con il prodotto, ma è
anche molto meglio di un catalogo per la vendita per corrispondenza.
L’ambiente commerciale, in questo caso, si crea proponendo servizi
aggiuntivi non immediatamente riconducibili al prodotto: bollettini di
informazione, musica, appagamento grafico e sensoriale. I mezzi
telematici di ultima generazione consentono tutto ciò a costi decisamente
appetibili.
12La parte di reddito discrezionale induce il consumatore anche ad un atteggiamento più aperto verso l’innovazione; di questo aspetto si tratterà nel prossimo capitolo.
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Rapporti umani
Questa funzione è stata ultimamente molto valorizzata in
contrapposizione alla crescente tendenza della spersonalizzazione nei
rapporti sociali e in quelli commerciali. Spesso è questa stessa funzione
che crea l'attività commerciale, e che costituisce uno dei punti di forza di
certe forme di dettaglio tradizionale per alcuni versi in fase di
emarginazione rispetto alle nuove esigenze tecnico-commerciali. E’
pacifico che in tale ambito un sistema di commercio basato sui mezzi
telematici di massa avrebbe poco successo. Ma ciò non dovrebbe
impedirne la grande diffusione per le restanti categorie di beni.
Socializzazione
Estendendo il concetto di cui sopra, si giunge a considerare
l'innegabile funzione di socializzazione che svolgono molte attività
commerciali, in particolare quelle di commercio al dettaglio raggruppate
in zone e centri commerciali. Qui l’attività commerciale si innesta in
maniera organica e funzionale con altre attività comunitarie come attività
culturali, sociali, politiche, sportive e di servizio. Certamente l'importanza
crescente di quest’ultima categoria di funzioni potrebbe essere di ostacolo
alla grande diffusione degli acquisti tramite l'utilizzo dei servizi
telematici. E’ anche vero che la decongestione del traffico e la riduzione
dell’inquinamento derivante dalla massiccia introduzione del telelavoro e
del commercio telematico per ampie categorie di beni può consentire una
fruizione migliore dei servizi di cui sopra, rendendo nuovamente i grandi
agglomerati urbani a “misura d’uomo”.
Si è visto quali siano le funzioni tipiche svolte dalle imprese al
dettaglio secondo la prospettiva “classica”. Si torni per un attimo a quanto
detto poco prima, e cioè all'affermazione di quanto il processo di
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integrazione verticale possa provocare degli svantaggi alle imprese
produttrici quando si tratta di beni di consumo.
L'azienda produttrice ha come obiettivo la soddisfazione del
consumatore, attraverso un prodotto qualitativamente valido.
L'interlocutore dell'impresa al dettaglio è invece l'acquirente del prodotto.
Mentre il consumatore è interessato alle caratteristiche intrinseche della
merce, l'acquirente è invece interessato soprattutto ai servizi collaterali
alla merce, alla vicinanza del punto vendita, all'ampiezza
dell'assortimento, alla presenza di un parcheggio.13
Ecco quindi manifestarsi il tipico trade-off di un sistema
distributivo “tradizionale”: per le imprese produttrici le forme
commerciali più efficienti sono quelle meno dotate di servizi e viceversa.
Paradossalmente, risulterebbe più efficiente eliminare le consegne
gratuite, le vendite a credito, i commessi, gli ampi assortimenti14. Ma ciò
significherebbe ovviamente una perdita di clientela. D’altro canto, per
molte categorie di beni, il servizio fondamentale è l’informazione sul
prodotto stesso e sui possibili modi di utilizzo. Attraverso i mezzi
telematici le imprese produttrici potrebbero autonomamente svolgere
l’attività di distribuzione di informazioni sui propri prodotti riducendo le
inefficienze di cui sopra e relegando in pratica il dettaglio tradizionale a
una mera funzione logistica.
Data la crescente importanza delle funzioni psico-sociologiche, e la
vasta possibilità di sviluppo di quelle funzioni, il fenomeno distributivo al
dettaglio ha sperimentato la maggiore varietà di forme commerciali, di
modi e tecniche di commercializzazione, di strumenti commerciali. Tutto
questo non è altro che il risultato della richiesta di servizi sempre più
diversificati da parte del consumatore: riconoscendo che ogni individuo
ha bisogni differenti rispetto agli altri, la standardizzazione della 13Molti stentano ancora a cogliere le implicazioni di questa affermazione. Ma basta pensare al cibo per cani o agli accessori per neonati per capirne la portata. Vedi L. Guatri e S. Vicari, Il Marketing, op. cit., p. 143 e ss. Cfr. inoltre Vicari, “Acquirente e consumatore: due distinte realtà”, op. cit.
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produzione, ove possibile, deve lasciare il passo ad una segmentazione
spinta a livelli estremi, fino ad arrivare al fenomeno della micronizzazione
o della segmentazione one-to-one.15 E proprio la possibilità di tarare per
ogni consumatore l'azione di marketing può essere l'arma vincente della
diffusione dei mezzi telematici applicati alla commercializzazione,
coerentemente con l’impostazione metodologica introdotta dal direct
marketing16 prima e dal telemarketing poi.17
Per finire questo quadro piuttosto generico sulla distribuzione, è
opportuno definire da quali variabili sia condizionata la distribuzione
commerciale. Nel prosieguo di questo studio si vedrà come le nuove
tecnologie, in particolare la telematica, condizionino o mutino il rapporto
dell'impresa con tali fattori.
L'impresa distributrice al dettaglio, nel suo prolungamento,
fronteggia una serie di variabili esogene, che vengono prese come date, ed
una di fattori endogeni, sui quali l'azienda può (e deve) intervenire,
giungendo alla composizione di un retailing mix coerente con gli obiettivi
di mercato da essa ricercati.
14 Per un ragionamento paradossale sul come rendere efficiente la distribuzione, vedi L. Guatri, S. Vicari, Il Marketing, op. cit., nota (9), p. 158. 15Vedi più diffusamente Salvatore Vicari, “Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche”, Finanza Marketing e Produzione n. 2 (1986). 16Il direct marketing presuppone un sistema interattivo che ricorra ad uno o più mezzi per ottenere una risposta misurabile e/o una transazione in qualsiasi luogo. Non sono forse queste le peculiarità dei canali telematici? 17Il telemarketing viene visto generalmente come un sistema di comunicazione di marketing dove specialisti addestrati utilizzano le telecomunicazioni e le tecnologie dell’informazione per fare marketing e condurre attività di vendita (nostra trad. da J.J. Marshall e H. Vredenburg, “Successfully Using Telemarketing in Industrial Sales”, Industrial Marketing Management, vol. 17, 1988, pp. 15-22.
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A. Fattori esogeni di mercato
Ambiente
L'ambiente nella quale l'impresa distributrice svolge la propria
attività non deve essere considerato soltanto nell'accezione geografica del
termine. La distribuzione commerciale, infatti, è altresì influenzata da
fattori sociali, economici, politici, amministrativi, ecc. Nell’era
dell’informazione l’ambiente visto come variabile “fisica” comincia a
perdere significato, come del resto cambiano profondamente le interazioni
tra i fattori appena elencati. Ciò implica maggiore turbolenza e maggiore
potere per la causalità naturale, ponendo l’impresa tecnologicamente
obsoleta ai margini della regione di sopravvivenza.
Fornitori/Clienti
La forza contrattuale di entrambi, l'organizzazione, la loro apertura
all'innovazione, influenzano fortemente la politica distributiva.
Un’affermazione su grande scala dei mezzi telematici passa
necessariamente per un cambio di cultura che deve investire soprattutto
gli acquirenti/consumatori (senza riconoscere per questo l’esistenza di soli
fattori demand-pull);
Tecnologia (a livello di tecniche commerciali e industriali);
Regolamentazione pubblica delle attività commerciali (a livello anche
extranazionale);
Concorrenza
Analogamente alla tecnologia (cui è legata da una relazione causa-
effetto), è un fattore esogeno che varia con molta rapidità, cambiando
continuamente gli scenari fronteggiati dall’impresa. Il livello competitivo
28
globale è oramai esasperato dalla flessibilità produttiva e dalla
globalizzazione dei mercati.
Presi come dati gli elementi sopra elencati, l'impresa commerciale
aggredisce il mercato ed attua i suoi obiettivi attraverso la ricerca della
migliore combinazione dei seguenti
B. Fattori endogeni
Fattori relativi ai beni commercializzati
Beni acquistati e messi in vendita (tipo, qualità, marca, ecc.);
Assortimento;
Gamma;
Prezzo (e condizioni di vendita);
Servizi alla clientela (sempre più fondamentali).
Fattori relativi alla distribuzione commerciale
Localizzazione del punto vendita (fisica ma anche virtuale);
Organizzazione dello spazio del punto vendita (come sopra);
Organizzazione e tecniche di vendita;
Metodo di esposizione dei prodotti;
Distribuzione fisica;
Possibilità e facilità di parcheggio.
Fattori relativi alla comunicazione commerciale18
Pubblicità;
Promozione delle vendite;
Vendita personale;
Pubbliche relazioni.
18Fattori che danno origine al mix promozionale dell’impresa. Vedi Philip Kotler, Marketing management: analisi, pianificazione e controllo, ISEDI, Torino, 1986, p. 776 (ed. orig. Marketing management: analysis, planning and control, Englewood Cliffs, New Jersey, 1984).
29
E' appena il caso di dire che la combinazione che dà origine al
retailing mix risulta vincente quando:
a) Ogni fattore è indirizzato alla precisa finalità di raggiungere gli
obiettivi d'impresa;
b) Non vi è contrasto formale e sostanziale tra i diversi fattori;
c) La combinazione è coerente con i fattori esogeni e i vincoli aziendali.
d) Si realizza pienamente l'effetto sinergico tra i diversi fattori endogeni.
I.3 IL FUTURO DEL DETTAGLIO
Nell'evoluzione del sistema economico, la distribuzione al dettaglio
ha dovuto fronteggiare problemi sempre più rilevanti19.
1. Il costo del lavoro sempre crescente. Mentre nell'industria il problema
viene ovviato con un aumento di produttività per addetto grazie alle
innovazioni tecnologiche, di processo e di prodotto, nel settore
commerciale ciò è possibile in maniera meno rilevante.
2. La congestione urbana. Da una parte le difficoltà di parcheggio
tendono a deprimere il numero di visite giornaliere, specie per i piccoli
esercizi; dall'altra, il costo crescente degli affitti (e del lavoro di cui
sopra) riduce il margine per il dettagliante.
3. Il consumatore acquista per modeste quantità, distribuendo
irregolarmente i suoi acquisti nel tempo e, per di più, in maniera
imprevedibile. Il personale fronteggia periodi di ozio a periodi di iper-
attività (tipicamente nei fine settimana), specie dove i regolamenti sul
commercio impongono regole rigide agli orari di apertura.
19Per una trattazione più completa v. L. Guatri -S. Vicari, Il Marketing, op. cit., pp. 155-167.
30
Questo tipo di problematiche, in ultima analisi, sembrano essere
connaturate strettamente alla manifestazione fisica del processo
distributivo.
Come si è detto, l'innovazione tecnologica, finora, ha avuto
maggiore impatto nel settore produttivo in senso stretto più che in quello
commerciale. Ma pare che questo sia solo un momento di transizione. Si
prevedono infatti notevoli incrementi di produttività e di efficienza nella
distribuzione al dettaglio grazie all'introduzione delle nuove tecnologie, in
special modo la telematica. L'introduzione e il perfezionamento dei mezzi
di pagamento elettronici, la possibilità di selezionare e ordinare la merce a
domicilio (tramite sistemi avanzati di trasmissione delle informazioni),
può rappresentare senza esagerazione una vera e propria rivoluzione.
Profondi cambiamenti in quella direzione potrebbero eliminare le
inefficienze insite nel processo di integrazione verticale da parte di
grossisti e imprese. Mezzi avanzati di trasmissione delle informazioni
potrebbero rendere priva di utilità il monitoraggio delle realtà locali che i
dettaglianti effettuano per conto degli anelli a monte della catena
distributiva. Ma la grande rivoluzione si sostanzierà in un dialogo
finalmente interattivo tra produzione, distribuzione e consumo, dialogo
caratterizzato da rapporti paritari e collaborativi.
Nei capitoli successivi di questo studio verranno gettate le basi per
capire quanto questa rivoluzione sia alle porte.
31
CONCLUSIONI
L’analisi parte da una breve rassegna sulle funzioni tipiche del
commercio. Attraverso questa si può concludere che:
1) Diversi elementi hanno portato a una più o meno rilevante
redistribuzione delle funzioni della distribuzione verso produzione e
consumo;
2) Alcune importantissime funzioni del dettaglio potrebbero perdere
importanza se ci fosse la possibilità di realizzare un dialogo interattivo e
in tempo reale tra produzione e consumo;
3) Servizi sempre più diversificati richiesti dal consumatore hanno dato
origine a una notevole diversificazione commerciale, che oramai fatica a
tenere il passo della ricerca, da parte dei consumatori, di servizi sempre
più sofisticati;
4) Le variabili esogene che fronteggia l’impresa commerciale nella
composizione di un retailing mix sono caratterizzate da una crescente
turbolenza;
5) La distribuzione, altresì, deve fronteggiare problemi sempre più
rilevanti: crescita del costo del lavoro, congestione urbana, maggiore
imprevedibilità nel comportamento dell’acquirente;
Molte delle difficoltà del settore distributivo paiono, in ultima analisi,
derivare dalla componente fisica del processo di distribuzione (logistica).
La telematica può ridurre tali svantaggi ed anzi portare in primissimo
piano la funzione di intermediazione informativa del processo
distributivo.
32
CAPITOLO II
LE ABITUDINI DI ACQUISTO E LE NUOVE OPPORTUNITÀ TELEMATICHE
II.1 INTRODUZIONE
Un’analisi sul marketing telematico dei beni di consumo diretto
non può prescindere dall’analisi del comportamento di acquisto del
consumatore. Diversi segnali fanno pensare che si sia verificata
un’evoluzione delle abitudini di acquisto, evoluzione che attraverso i
canali telematici di massa può finalmente concretizzarsi nella sua
interezza. La questione, naturalmente, è altamente complessa. Ma volendo
semplificare, non ci si discosta molto dal vero considerando alla base del
fenomeno una compenetrazione e una reciproca influenza tra quattro
diverse tendenze, considerate in questo studio separatamente soltanto per
esigenze di classificazione:20
A) Incremento della pressione concorrenziale;
B) Evoluzione della domanda;
C) Diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione;
D) Sviluppo delle moderne forme distributive.
II.2 L’INCREMENTO DELLA PRESSIONE CONCORRENZIALE
L'incremento generalizzato della pressione concorrenziale si fonda
su una serie di fatti concomitanti che danno origine a un fenomeno di
elevata complessità.
Molti settori produttivi si stanno evolvendo verso lo stadio di
maturità del proprio ciclo di vita, con una domanda globale
20Coerentemente con l'impostazione di Bruno Busacca, L'Analisi del Consumatore. Sviluppi concettuali e implicazioni di marketing, EGEA, Milano, 1990, pp. 105 e ss.
33
sostanzialmente stabile e con un grado di fedeltà alla marca relativamente
basso.21
Nel contempo, si sta assistendo ad un allargamento dei confini
della concorrenza, causato dalla massiccia introduzione delle nuove
tecnologie. Tecnologie produttive sempre più moderne hanno elevato il
grado di flessibilità delle imprese, riducendo di fatto l'entità delle barriere
all'entrata dovute allo sfruttamento di economie di scala. L’ingresso in
nuovi mercati non è più vincolato dalla rigidità degli impianti, in grado di
produrre una varietà di beni impensabile fino a pochi anni fa. Settori fino
a poco tempo fa non in concorrenza diretta, vengono caratterizzati da aree
di rivalità crescenti; settori merceologicamente diversissimi si trovano in
stretta rivalità grazie alle innovazioni dei materiali.22 La tecnologia ha
drasticamente accorciato i tempi di vita del prodotto, che diviene
rapidamente obsoleto sotto il profilo tecnologico. Gli investimenti vanno
perciò recuperati in tempi più brevi. Sotto tali condizioni di elevatissima
turbolenza, le imprese non in grado di collocarsi sulle frontiere
tecnologiche sono destinate ad uscire dal mercato.
Ancora più massiccia è l'introduzione delle nuove tecnologie nel
campo della trasmissione delle informazioni, conducendo a una situazione
di costi decrescenti nel reperimento e nella distribuzione delle stesse. In
breve, l’evoluzione tecnologica moltiplica le possibilità di confronto (e di
scontro) tra imprese, modificando anche i tradizionali rapporti di forza
basati sulla dimensione aziendale.
Dal lato istituzionale, una legislazione sempre meno protezionista
(pensiamo al processo di integrazione europea) dà forte impulso allo
sviluppo internazionale delle imprese, tra l'altro forti di nuove formule
distributive, come ad esempio il franchising, che riducono fortemente i
costi legati alla creazione di una rete distributiva di tipo “rigido”.
21Il tutto ovviamente a parità di tecnologia. I dirompenti cambiamenti tecnologici dei nostri tempi in realtà rivoluzionano persino la distinzione tradizionale tra settori maturi e settori in via di sviluppo. Cfr. S. Vicari, “Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche”, op. cit. 22S. Vicari, “Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche”, op. cit.
34
Di fronte a tali pressioni, l'impresa moderna può acquistare
vantaggi competitivi soltanto affinando le proprie capacità di soddisfare le
esigenze specifiche dei consumatori, attraverso l'individuazione di gruppi
sempre più ristretti di bisogni omogenei e l'articolazione della produzione
in gamme altamente differenziate.23
Si deve pertanto riconoscere che la stessa offerta, autonomamente,
costituisce una delle spinte al cambiamento delle abitudini di consumo: in
un panorama caratterizzato da alta differenziazione, questi ha bisogno di
nuovi strumenti e competenze per riuscire a gestire una tale complessità.
II.3 L’EVOLUZIONE DELLA DOMANDA
Al progredire dello sviluppo economico e culturale si assiste ad una
crescente articolazione della società. Le esigenze del consumatore
divengono sempre più sofisticate, nascono bisogni specifici complessi e
differenziati. L’urbanizzazione, lo sviluppo delle comunicazioni, il ruolo
professionale della donna, l’aumento del tempo libero e del reddito
discrezionale hanno creato le opportunità per nuove esperienze di
consumo ed una cultura generalmente ricettiva nei confronti dei nuovi
prodotti e delle nuove modalità per il reperimento degli stessi, specie
quelli ad alto contenuto tecnologico; in ciò trova conferma la teoria
sociologica secondo cui più sono rapidi ed intensi i mutamenti socio-
professionali di una società, tanto più l’individuo palesa un’elevata
propensione all’accettazione delle novità.24
Allo stesso tempo, l’incremento della complessità ambientale tende
a ridurre il ruolo giocato da fattori sociologici di carattere generale nella
formazione delle preferenze individuali. Il consumatore è sempre meno
orientato a conformare le proprie scelte a quelle dei gruppi sociali di
23B. Busacca, L'Analisi del Consumatore. Sviluppi concettuali e implicazioni di marketing, op. cit., p. 108. 24S. Podestà, Prodotto consumatore e politica di mercato, op. cit., p. 118.
35
appartenenza e tende pertanto a connotare le proprie esigenze su un piano
strettamente individualistico.25 La crescente capacità dell'individuo di
autorappresentarsi, autodeterminarsi, autolegittimarsi, costituisce il frutto
di un'affermata sicurezza economica, di un'istruzione più elevata e di
un'informazione più ricca. Si è di fronte ad un nuovo fattore di evoluzione
dell'individuo e della società, dalla quale l'economia stessa finisce per
dipendere.26
Il quadro delineato si conforma perfettamente alla classificazione
gerarchica dei bisogni teorizzata da Maslow.27 Pare infatti che la gran
parte dei consumatori odierni abbiano oramai soddisfatto quelli che
Maslow chiama bisogni sociali, sentendo quindi più pressante l'esigenza
di soddisfare i bisogni di stima.
Il cambiamento delle abitudini del consumatore non trova
spiegazioni soltanto alla luce di elementi di ordine psicologico. Gli studi
di marketing, tradizionalmente, hanno sempre tenuto rigorosamente
distinto il processo d'acquisto dell'impresa industriale da quello del
consumatore finale. Come caratteri fortemente distintivi venivano
considerati i seguenti:
1. La complessità del processo d'acquisto, e quindi la maggiore
importanza che riveste la variabile informativa;
2. Una posizione nella contrattazione sostanzialmente paritaria tra
compratore e venditore.
Alla luce dei nuovi contributi degli studi di marketing, si può
senz'altro concludere che tali tratti distintivi vengono meno. Rivedendo
25B. Busacca, L'Analisi del Consumatore. Sviluppi concettuali e implicazioni di marketing, op. cit., p. 109. 26Gabriele Calvi, "Differenziazione e cambiamento del consumatore", L'impresa n. 2, 1987, p.27. 27Riportata per la prima volta in Maslow, H., "A Theory of Human Motivation", The Psycological Review, vol. 50, 1943 e ampiamente adottata dagli studiosi sul comportamento di acquisto.
36
ogni discriminante di natura “strutturale”, è possibile concludere che il
marketing industriale ha semplicemente manifestato in anticipo
l'evoluzione in senso interattivo delle relazioni di mercato, evoluzione che
ha poi interessato il marketing dei beni di consumo diretto.28
Riguardo il primo punto considerato, il processo di ricerca e di
gestione delle informazioni che precede e segue l'acquisto industriale
richiede, in media, un impiego di risorse significativamente superiore. Gli
elementi di giudizio non riguardano soltanto le caratteristiche intrinseche
dei beni da acquisire, ma anche la gamma, il livello e la qualità dei servizi
che ampliano il prodotto in senso stretto.
Anche per il consumatore finale, tuttavia, la fase di ricerca e di
valutazione delle informazioni sta divenendo sempre più importante,
persino per i convenience goods. Visto il costante aumento dei prodotti e
delle marche disponibili sul mercato, il rapporto tra informazioni
possedute dall'individuo e il totale delle informazioni disponibili non può
che decrescere. Il potenziale acquirente, di conseguenza, nella
maggioranza dei casi deve prendere le sue decisioni sulla base di
conoscenze necessariamente incomplete e limitate a causa del numero
relativamente basso di opzioni che egli è in grado di percepire.29 Inoltre, il
costo marginale dell'informazione è aumentato a causa dell'aumento del
costo del tempo personale (minore tempo libero a disposizione). Una
prima reazione a tale situazione è stato senza dubbio lo sviluppo delle
associazioni dei consumatori (consumerismo): laddove il costo di
percezione delle caratteristiche peculiari di un prodotto è particolarmente
elevato, diventa conveniente per l'individuo raggrupparsi con altri
consumatori per procedere a valutazioni approfondite che sarebbero
altrimenti irrealizzabili, al fine di ridurre il costo del reperimento di tali
informazioni.
28Roberto Grandinetti, Reti di Marketing, ETAS Libri, Milano, 1993, p. 57. 29Jean Jacques Lambin, Marketing, McGraw-Hill Libri Italia, Milano, 1991, p. 81 (opera originale: Le marketing strategique, 2a ed., McGraw-Hill, Parigi, 1989).
37
Per completare il quadro, le ricorrenti crisi economiche, soprattutto
dopo la crisi petrolifera, hanno indotto nei consumatori un cambiamento
nello stile di vita e delle attese, costringendoli ad una valutazione più
attenta dei propri bisogni e dei prodotti adatti alla loro
soddisfazione.30Anche se c’è un fattore molto interessante che non va
trascurato: la domanda di servizi viene scarsamente indebolita dalle
recessioni. In Italia, ad esempio, la dinamica della domanda di servizi e
della domanda di contenuto di servizio nei beni ha continuato a crescere
regolarmente attraversando la crisi di questi anni Novanta.31
Lo sviluppo di mezzi di comunicazione telematici a basso costo
(Videotex, Internet) provoca effetti di natura analoga a quello del
movimento consumerista, in quanto consente una riduzione del tempo
necessario per il reperimento delle informazioni (e quindi una riduzione
del costo associato) ed un aumento del rendimento marginale atteso
dell'informazione. Si tratta infatti di fonti di informazione neutre piuttosto
che di fonti dominate dai produttori e quindi più rivolte alla riduzione
dell'incertezza che non al condizionamento.32
In conclusione, i nuovi mezzi di comunicazione telematica sono in
grado di ampliare notevolmente l'orizzonte informativo del consumatore,
riducendo l'asimmetria tra l'insieme totale delle alternative possibili e
l'insieme evocato.33
Naturalmente la questione non investe soltanto le prime fasi del
processo di acquisto. Coerentemente con quanto già noto per il processo
di acquisto dell'acquirente industriale, anche per il consumatore
divengono sempre più importanti i servizi di assistenza post-vendita. La
30Cfr. con Salvatore Vicari, “Fedeltà alla marca: un concetto da rivedere?”, Sviluppo e Organizzazione n. 46, Marzo-Aprile 1978, p. 12. 31Tale affermazione, e un quadro sul consumo in Italia che dà forza alle tesi qui sostenute, è contenuta in Enrico Finzi (Presidente di Demoskopea), “Evoluzione recente dei comportamenti di consumo”, Notizie FAID (Federdistribuzione), n. 112, Febbraio 1996. 32Per una dimostrazione dell'effetto della proliferazione delle marche sull'orizzonte informativo del consumatore e su come i mezzi telematici possono risolvere il problema, si rimanda il lettore all'appendice di questo capitolo. 33Si definisce insieme evocato (evoked set) l'insieme delle possibilità che l'individuo riesce a prendere in esame al momento dell'atto d'acquisto (La definizione è di John A. Howard e Jagdish N. Steth, The Theory of Buyer Behavior, John Wiley and Sons, New York, 1969, p.26).
38
soluzione di problemi come, ad esempio, l'utilizzazione ottimale dei beni,
implica la ricerca e la gestione di informazioni che rientrano a pieno titolo
nella dimensione informativa del processo di acquisto, estendendone i
contenuti.
Quello su cui è importante soffermarsi è che questi sono soltanto i
primi passi: la grande rivoluzione nella comunicazione tra produzione e
consumo non sarà qualificante per i bassi costi d’accesso da parte
dell’acquirente, ma per il fatto di essere fortemente interattiva.
Per quanto riguarda il secondo punto, è innegabile il fatto che il
consumatore, nel tempo, sia diventato più potente, tanto da ridurre
notevolmente l'asimmetria che lo ha sempre contraddistinto nel rapporto
con l'impresa venditrice. La crescente facilità di accesso all'informazione
ha dato a chi compra più potere e ha messo chi vende in una posizione più
difficile. L'informazione ha oramai reso “professionale” anche l'acquirente
consumatore.
Il consumatore, tradizionalmente, più che soggetto di marketing
(nel senso di marketing degli acquisti), è stato oggetto di marketing (delle
vendite) sviluppato dai soggetti a monte della catena distributiva. Secondo
il parere di chi scrive questo è il risultato, oltre che dell’azione dei
responsabili commerciali delle aziende, del crescente potere della grande
distribuzione. Se l'anello finale della filiera distributiva rimane passivo,
entra nella sfera di controllo della distribuzione, che offre ai consumatori
mezzi di relazione con interfaccia schermata nei confronti dei produttori.34
In questo modo le grandi organizzazioni distributive vengono a disporre
di un potere contrattuale sufficiente nei confronti del settore produttivo.
Tuttavia, la situazione del consumo sta mutando, producendo notevoli
pressioni sul lato della distribuzione.
34Roberto Grandinetti, Reti di Marketing, op. cit., p. 102.
39
Nel campo dei beni problematici35 il consumatore è naturalmente
portato a confrontarsi con diversi elementi di complessità che
caratterizzano in misura crescente i prodotti:
1. La varietà dell'offerta presente nel mercato e l'accelerazione della sua
variabilità nel tempo;
2. La ridondanza di prestazioni potenziali offerte da alcuni prodotti;
3. La complessità d'uso, che ripropone il problema informativo oltre l'atto
d'acquisto;
4. Le opportunità di personalizzazione del prodotto rese possibili dalle
tecnologie di produzione flessibile, o anche solo attraverso gli
optionals, gli accessori e i servizi;
5. La natura "aperta" di alcuni beni, quando prevedono cioè successive
modifiche e integrazioni, in modo tale che sia il prodotto acquistato
che la dimensione informativa dell'acquisto si sviluppano nel tempo.
Questa crescente complessità induce nei consumatori un
comportamento più attivo: non solo si cerca di migliorare l'orizzonte
informativo sull'offerta, come si è già visto, ma si è indotti a svolgere
nuove attività, ricercando in sostanza una sorta di cooperazione con il
settore della produzione e ponendo in secondo piano il rapporto con il
settore commerciale. Tra le nuove attività possibili si citano:
• Selezione e progettazione di prodotti "personalizzati" richiesti ad un'offerta capace di flessibilità;
35Vengono considerati tali i beni di consumo durevole, ma che a volte rappresentano anche "mezzi di produzione" per il consumatore nella sua attività di lavoro.
40
• Integrazione del prodotto acquistato con software e servizi ad hoc; • Capacità tecnica e competenza linguistica per adottare prodotti che
ammettono molte varianti d'uso ed utilizzano relazioni comunicative.
La situazione peraltro non muta solo in funzione dei beni
problematici, il cui peso risulta comunque crescente negli acquisti
complessivi dei consumatori. Se infatti per questi beni è la loro stessa
complessità intrinseca ad impedire la posizione passiva del consumatore,
d'altra parte l'evoluzione qualitativa del consumatore è un processo che si
genera anche in modo autonomo (rispetto all'offerta) e per questo ha
portata generale. Il consumatore evoluto è più esigente e quindi più
propenso al cambiamento, cerca di migliorare la propria capacità di
valutare le differenze, assegna valore alle informazioni: tutte
caratteristiche che gli consentono di conquistare una posizione di relativa
autonomia nei confronti dell'offerta di beni e servizi, allontanandolo dalla
posizione di subordinazione cui è stato tradizionalmente relegato nel
passato.36
In definitiva il consumo, per spinte che provengono sia dall'offerta
che dal suo interno, è sempre meno raffigurabile come una "black box"
all'interno del canale distributivo. Il processo di acquisto ed utilizzo che si
svolge presso il consumatore finale ha natura analoga, anche se
ovviamente non identica, ai processi di progettazione, selezione e
trasformazione svolti dalle diverse fasi a monte della catena distributiva.37
Sotto tali condizioni, quello che mancava al consumo è
un’interfaccia semplice, rapida e poco costosa per attivare un dialogo in
tempo reale sia con il settore produttivo che con quello commerciale. Chi
scrive è convinto che i mezzi telematici di massa dell’ultima generazione
siano davvero in grado di risolvere il problema e di configurare un nuovo
36R. Grandinetti, Reti di Marketing, op. cit., p. 104. 37ibidem.
41
modo di stare sul mercato per tutti i soggetti appartenenti alla filiera
distributiva.
II.4 LA DIFFUSIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE
La questione sarà analizzata più avanti, anche attraverso qualche
breve cenno sullo stato dell’arte delle infrastrutture telematiche di massa.
Al momento interessa più l’effetto delle nuove tecnologie sul consumatore
che non sull’utilizzo che egli può farne.
Le trasformazioni sociali degli ultimi anni derivano da una
evoluzione coordinata di organismi umani, sistemi tecnologici e sistemi
socio-culturali; gli sviluppi della tecnologia finiscono quindi
inevitabilmente per influenzare le componenti sociali, culturali ed umane
dell'ambiente. E ancor più foriere di cambiamenti sono le tecnologie
avanzate nel campo della comunicazione, in quanto consentono
un’evoluzione di tipo orizzontale di tutti i settori dell’economia.
Non è ancora ben chiaro quale sarà il risultato finale sul
consumatore dell'impatto delle nuove tecnologie di comunicazione. Due
sono gli scenari teorizzati dagli studiosi, fortemente contrapposti: da una
parte abbiamo la crescente integrazione culturale tra paesi diversi,
l'omogeneizzazione degli stili di vita, che per alcuni potrebbe portare
all’omogeneizzazione dei bisogni e quindi dell’offerta. Secondo questa
linea interpretativa, tranne che per alcune tipologie di beni, la crescente
individualità del consumatore si ricomporrebbe a livello globale, e ciò
sarebbe sufficiente per arrestare il processo di flessibilizzazione del
sistema produttivo. Si arriva cioè alla famosa controversia se esiste o
meno un consumatore universale, inserito nel villaggio globale teorizzato
42
da molti studiosi dei media e del linguaggio come Marshall Mc Luhan38 o
Noam Chomsky.
L’altro scenario teorizza la crescente articolazione della domanda,
l'incremento della complessità ambientale, la sempre più marcata
fruizione individualistica dei bisogni, la maggiore indipendenza da gruppi
di riferimento di vario tipo.
Il parere di chi scrive è concorde con gli studiosi che affermano che
si tratta in realtà di un falso problema. La globalizzazione dei mercati,
l’esportazione di modelli di consumo propri di certe aree geografiche non
implica di per sé l’omogeneizzazione dei bisogni, tutt’altro. Il concetto di
omogeneizzazione dei bisogni non è altro che il retaggio dell’ormai
(quasi) superato paradigma della produzione di massa. La scelta di trattare
un mercato in modo omogeneo oppure differenziato dipende dall’intensità
della concorrenza: più questa risulta elevata, tanto più il vantaggio
competitivo deve fondarsi sulla migliore soddisfazione delle esigenze
multiformi della domanda, fino ad arrivare quasi al livello della singola
unità economica (si era già parlato di segmentazione one-to-one). Il
meccanismo concorrenziale rende poco influenti le barriere geografiche e
dunque globalizza i mercati, ma non i modi con cui si affrontano tali
mercati (offerte). Si può quindi operare in un mercato globale anche
offrendo un prodotto diverso in ogni paese: ciò dipende dall’intensità
della concorrenza a livello locale, non dall’esistenza di un bisogno
identico ovunque.39
38Il sociologo statunitense Marshall Mc Luhan (1911-1980) ha preconizzato con largo anticipo sui tempi lo sviluppo esplosivo dei sistemi telematici e ne ha esplorato le conseguenze sull’individuo e sulla società. Suo è appunto il termine “villaggio globale”. 39Ci si trova pertanto d’accordo con quanto detto da S. Vicari, Nuove tecnologie e concezioni strategiche, op. cit. Sullo stesso argomento cfr. Sergio Vaccà, Scienza e tecnologia nell’economia delle imprese, Franco Angeli, Milano 1989, pp. 164-174. La tesi del consumatore universale trova invece il suo più convinto sostenitore in Tony Levitt, ad es. in “The Globalization of Markets”, Harvard Business Review, n. 3, 1983.
43
II.5 LE NUOVE FORME DISTRIBUTIVE
Non va infine dimenticato, tra i fattori di carattere push, che le
imprese industriali si vedono costrette a competere sul terreno delle
preferenze della domanda anche con le moderne forme distributive.
Queste ultime, indipendentemente dalla commercializzazione di marche
proprie, sviluppano politiche di marketing in grado di incidere in modo
tutt'altro che trascurabile sul comportamento del consumatore, rendendo
talvolta la scelta della specifica marca secondaria rispetto alla scelta del
punto vendita.40 Il fenomeno, riconducibile in parte al tentativo delle
imprese commerciali di attenuare la tensione concorrenziale nel proprio
settore attraverso un'adeguata differenziazione dell'offerta ed in parte
dell'evoluzione della domanda, è ulteriormente accentuato dalla
progressiva banalizzazione41 di molti beni di largo consumo, che si
traduce nella tendenza a minimizzare gli sforzi di acquisto.
Combinando quanto detto finora, è possibile giungere a una prima
conclusione: il pieno sfruttamento della flessibilità produttiva consentita
dalle nuove tecnologie renderà possibile alta differenziazione e
personalizzazione anche in prodotti di prezzo medio-basso. Anche i
consumatori più “tradizionalisti”, loro malgrado, saranno comunque
costretti ad abbandonare il ruolo passivo cui la produzione industriale di
massa li aveva relegati. Tutto ciò, oltre a stravolgere le politiche di
marketing dell’impresa, comporterà necessariamente un bisogno crescente
di stabilire canali interattivi di comunicazione diretta con i potenziali
acquirenti dei propri prodotti. Per questa ragione, uno dei punti critici di
questa evoluzione potrà essere l’attuale struttura della distribuzione
commerciale ovvero il relativo ritardo o la scarsa efficacia della stessa
nell’assolvere un ruolo di trasmissione delle informazioni dal produttore
40Le grandi imprese commerciali tentano, cioè, di contrapporre alla fedeltà alla marca (brand loyalty) una fedeltà al punto vendita (store loyalty). 41La questione della banalizzazione è ampiamente affrontata da S. Podestà, Prodotto consumatore e politica di mercato, op. cit., p. 113 e ss.
44
al consumatore e viceversa.42Ma di questo si tratterà diffusamente nel
prossimo capitolo.
Tuttavia, dalle considerazioni fatte sulle tendenze di acquisto è già
possibile determinare una dualità nell'utilizzo delle nuove opportunità
telematiche, perlomeno nel futuro più prossimo:43 per i beni di largo
consumo, più precisamente per i beni a riacquisto invariato, la vendita
telematica può rappresentare un sicuro vantaggio competitivo. Perché
rinunciare a parte del tempo libero, subire gli effetti del congestionamento
del traffico e dell'inquinamento cittadino, rischiare l’indisponibilità del
bene per acquistare prodotti con modesto coinvolgimento psicologico (i
convenience goods), quando può essere sufficiente un'ordinazione tramite
il canale telematico e ricevere il tutto a domicilio?
Per i prodotti nuovi, o quelli a riacquisto modificato, il mezzo
telematico è invece un ottimo metodo per la comunicazione aziendale
nell'ambito della riduzione dell'incertezza del consumatore. Probabilmente
il consumatore, per l'acquisto di questi beni, ha ancora bisogno di "toccare
con mano" il prodotto. D'altra parte, per certe tipologie di beni lo
shopping può costituire ancora un'attività gratificante e socialmente
positiva. In ogni caso, almeno il servizio di post-vendita e di assistenza
all'uso può, anzi dovrà avvenire principalmente tramite i mezzi telematici,
perché l’attività di marketing in tempo reale diventa l'unica possibilità per
mantenere una forte immagine di marca da contrapporre alla store loyalty
delle grandi realtà distributive.
42S. Vaccà, Scienza e tecnologia nell’economia delle imprese, op. cit., p. 93. 43La questione è già stata esaminata nell’ambito degli studi sul videotex: ”I consumatori, nel breve termine, saranno portati ad affiancare alla valutazione dei costi considerazioni congiunte sulla comodità, comprensibilità e risparmio di tempo consentiti dal sistema. Nel lungo periodo la questione [...] si sposta invece sul piano della disponibilità culturale a superare modelli comportamentali oramai consolidati”. Marina Rosolin, “La tecnologia videotex”, in Pilotti, Rosolin, Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, CEDAM, Padova 1986, p. 159.
45
Il dialogo diventa la marca, affinché i clienti possano diventare dei
partners nello sviluppo del prodotto e si possa fornire loro un servizio di
tipo continuativo per mantenerli e capitalizzarli.44
44Questa è la condivisibile conclusione cui giunge Regis McKenna, "Real-Time Marketing", Harvard Business Review, Luglio-Agosto 1995, pp.87-95.
46
FIGURA 2.1 Diversità del processo di acquisto a seconda del coinvolgimento psicologico del consumatore. Aree di intervento delle innovazioni telematiche. ELEVATO COINVOLGIMENTO MODESTO COINVOLGIMENTO PSICOLOGICO PSICOLOGICO (Shopping and speciality goods) (Convenience goods)
Valutazione post-acquisto
Decisione di acquisto
Valutazione delle alternative
Ricerca di informazioni
Percezione del bisogno
Decisione di acquisto
Valutazione post-acquisto
Percezione del bisogno
II.6 NUOVE STRATEGIE PER UN NUOVO CONSUMATORE
Una volta stabilito che i soggetti più a monte della catena del
valore devono giocoforza abituarsi ad un nuovo approccio nei confronti
dell’acquirente/consumatore, la produzione e il marketing dell'offerta si
trovano ad affrontare tutta una serie di nuove situazioni, tra cui:
• I processi di apprendimento del consumatore, che non si basano
soltanto sulle informazioni reperite, ma anche sull'esperienza d'uso dei
prodotti. Si tratta di un'area per larga parte ancora inesplorata dal
marketing, che finora ha limitato l'attenzione sul processo di acquisto;
47
• L'opportunità di utilizzare i consumatori come fonte continua di
informazioni utili sul prodotto (giudizi, usi alternativi, suggerimenti di
modifiche, idee innovative), al pari degli utilizzatori dei beni
industriali;
• La possibilità di utilizzare la capacità interattiva del consumatore (che
si concretizzerebbe attraverso un canale telematico raggiungibile dai
diversi elementi della catena del valore) per spingere i processi di
segmentazione e differenziazione al livello di prodotti rivolti a gruppi
molto circoscritti di consumatori.45
Nel quadro sopra delineato, evidentemente, il rapporto
venditore/acquirente non si esaurisce all'atto della vendita, ma si riproduce
e si intensifica nel tempo, come nei tipici rapporti di marketing
industriale.46
E' chiaro che premesse di tale genere vengono a costituire un fertile
terreno per la ricerca di nuove opportunità di vantaggio competitivo. Tale
ricerca non interessa soltanto le imprese di produzione, ma anche e
soprattutto le imprese di distribuzione, che di fronte a un consumatore più
autonomo ed attivo vedono venire meno il loro potere (provvisorio)
derivante dalla possibilità di "schermare" il consumo rispetto all'offerta
collocata a monte.
Ecco quindi manifestarsi una situazione del tutto particolare: la
crescente varietà e variabilità nella sfera dei consumi esercita una
pressione autonoma sull'offerta, ma le risposte che questa può fornire
possono essere solo parziali senza la rimozione del vincolo tecnologico
della standardizzazione dei prodotti; d'altra parte, la flessibilità
conseguibile con le nuove tecnologie può essere valorizzata solo da una
domanda che esprime varietà e variabilità. E se questo già basta per
45Per il quale S. Vicari ha coniato il termine di micronizzazione ("Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche", op. cit., p. 16). 46R. Grandinetti, Reti di marketing, op. cit., p. 107.
48
ingigantire la turbolenza del mercato, la convergenza verso un sistema di
rapporti produzione/mercato altamente flessibile può essere rallentata in
modo rilevante non solo da vincoli di ordine tecnologico, che comunque
stanno venendo meno, quanto da un settore distributivo ancora legato alle
“vecchie” concezioni del marketing, asservite al paradigma della
produzione di massa.
II.7 L’INTERESSE DEL CONSUMATORE PER LE NUOVE TECNOLOGIE TELEMATICHE
Alla luce delle considerazioni fatte, è possibile concludere che le
nuove tecnologie, in special modo quelle in ambito telematico, offriranno
una più vasta scelta di informazioni al consumatore e gli consentiranno un
maggiore controllo sul "quando" e "dove" acquisirle. Non solo: la
caratteristica più importante delle nuove tecnologie è l'interazione tra il
consumatore e le banche dati sull'informazione commerciale, fino alla
possibilità di effettuare scelte e di richiedere servizi estremamente
personalizzati.
A questo punto però va esaminato il problema del gradimento da
parte del consumatore per queste nuove tecnologie.47 Tale problema può
essere analizzato alla luce di due diverse determinanti, una di natura
tecnologica ed una di natura psicologica. Il fatto è che vi può essere
l'eventualità, tutt'altro che remota, che il consumatore sostanzialmente
rifiuti la quantità di nuove informazioni che potrebbe ottenere con
l'utilizzo dei mezzi telematici.
E' stato osservato più volte come nuove fonti d'informazione, in un
primo momento apparentemente molto interessanti, siano state poi
praticamente ignorate dai consumatori. Vi sono infatti diversi indizi di
47Il problema viene ampiamente discusso da Michael L. Ray, "Un consumatore ancora più potente?" in Robert D. Buzzell (a cura di), Il Marketing dell'era elettronica, Edizioni del Sole 24 Ore, Milano, 1988, pp. 283-287 (opera originale: Marketing in an Electronic Age, Harvard Business School Press, Boston, 1985).
49
“fuga dalle informazioni”: un fenomeno per il quale i consumatori sembra
non vogliano riflettere sui prodotti e servizi che stanno acquistando, e
tanto meno raccogliere informazioni dettagliate su di questi. Da alcune
ricerche svolte risulta che i consumatori sviluppano una specie di sesto
senso mediante il quale evitano i messaggi. E quando poi in effetti
ricevono il messaggio pubblicitario, lo ricevono solamente fino a un certo
punto e tendono a evitare ulteriori informazioni.
Pare che quello che scoraggi maggiormente il consumatore sia la
gigantesca quantità di informazioni alle quali egli può accedere attraverso
i nuovi mezzi telematici. L’individuo, in genere, è portato a percepire
soltanto una frazione dell’enorme quantità di stimoli che giunge al proprio
apparato sensoriale (attenzione selettiva), ad assimilarne il contenuto in
modo filtrato dai propri valori (distorsione selettiva), e a ricordarne spesso
una parte, già di per sé ridondante (ricordo selettivo).48 D'altro canto, è
evidente, privando un individuo di stimoli e informazioni si produce uno
stato di bisogno molto simile alla fame, alla sete o al dolore. Non sembra
quindi un problema di quantità quanto di modalità di fruizione delle
informazioni. Diverse ricerche hanno dimostrato che la combinazione
giusta di informazioni necessarie, caratteristiche del segmento di mercato,
e di servizi informativi di carattere generale, riesce a indurre la gente a
utilizzare le nuove tecnologie con grande entusiasmo. Cioè, se esiste una
necessità reale di informazioni per il consumatore, come nel caso di un
acquisto impegnativo di un prodotto con molte caratteristiche diverse (il
bene di tipo problematico), e se il servizio è in grado di fornire
informazioni generali sulla categoria di prodotto e sui particolari delle
varie versioni disponibili (e non si limita semplicemente a consentire
l'acquisto), allora i consumatori sembrano più inclini ad utilizzare la
nuova tecnologia. 48S. Podestà, Prodotto consumatore e politica di mercato, op. cit. Cfr. anche John A. Howard, Marketing: executive and buyer behavior (2a ed.), Columbia University Press, New York, 1966. Secondo la teoria dell’informazione, per ridondanza si intende l’insieme degli elementi di un messaggio che non sono strettamente necessari per esprimerlo compiutamente. Vedi Claude E.
50
Il fatto che le informazioni trasmesse siano caratterizzate da una
bassa ridondanza non è sufficiente a garantirne la fruizione corretta.
L'impatto delle informazioni derivanti dalle nuove tecnologie dipende
molto dalla struttura cognitiva del soggetto, coerentemente con la teoria
sociopsicologica del consumatore. Quando un individuo riceve nuove
informazioni dal proprio ambiente, esse vengono mediate dalle sue
strutture cognitive esistenti, che gli fanno raggiungere una certa
conclusione sullo stato di alcune variabili del proprio ambiente.49
Pertanto, se esiste un segmento abbastanza grande di innovatori, di
pionieri, di persone alla ricerca di informazioni e di gente che ha utilizzato
metodi simili in passato (ad es. chi già è abituato a spendere una certa
cifra in acquisti a domicilio) la nuova tecnologia può essere senz'altro
redditizia. In ogni caso, al di là dell’acquisto, attraverso i mezzi telematici
è possibile attivare politiche promozionali e pubblicitarie dirette a ben
definiti segmenti di mercato.
Come si vedrà poco più in là, il pioniere tipico nell’utilizzo di un
canale telematico è un individuo giovane, prevalentemente maschio, di
alta scolarità. Oltre ad avere confidenza con le vendite non-store
(telefoniche, a domicilio, ecc.), non è spaventato dalla tecnologia ed
utilizza con frequenza il personal computer.
E se il servizio informativo è semplice da usare, ha effetti positivi
evidenti, è interattivo e fornisce un'informazione completa e non distorta
(e questo può essere un grosso problema), può essere un successo in
quanto adottabile da una massa critica accettabile.
E' fondamentale che l'utilizzo avvenga attraverso un'interfaccia
user-friendly, in modo da attrarre anche coloro che tradizionalmente sono
"conservatori", cioè restii all'utilizzo delle nuove tecnologie. Il mercato
del software ha decisamente imboccato questa strada, insidiando tra l'altro
le rendite di posizione degli "esperti". E del resto, l'incredibile diffusione
Shannon-Warren Weaver, La teoria matematica delle comunicazioni, Etas Kompass, Milano 1971. 49John A. Howard, Marketing: executive and buyer behavior, op. cit.
51
di Internet, divenuto oramai il canale telematico di tipo “diffuso” per
eccellenza, è dovuto, tra le altre cose, a un'interfaccia grafica
particolarmente gradevole (immagini, suoni, brevi filmati) che consente la
ricerca di informazioni semplicemente attraverso l'uso del mouse e
sollevando il consumatore dalla conoscenza di elementi quali il sistema
operativo del sistema e l’abilità nell’utilizzo della tastiera. Senza contare
che stanno già per essere commercializzati sistemi ad un costo molto
inferiore del personal computer per consentire l’accesso alla Rete in
maniera ancora più intuitiva. E in un prossimo futuro l’accesso alla Rete
globale, grazie alla convergenza tecnologica, potrà avvenire attraverso la
televisione.
Si potrebbe ancora argomentare, a confutazione di quanto detto
finora, che per la maggioranza dei consumatori la telematica sia vista
ancora come terra di pionieri, che i mezzi di comunicazione di massa
siano ancora bussole robuste per orientare il consumatore. Ma, secondo il
giudizio di chi scrive, questa non è altro che una fase di transizione. Nei
confronti dei media tradizionali, il consumatore post-industriale utilizza
comunque un approccio nuovo, sempre più indipendente e critico, più
attivo nella scelta dei programmi da seguire. E difatti si è mostrato molto
sensibile a nuove modalità di fruizione come la televisione satellitare, la
pay-Tv, la pay per view.50
II.8 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: QUALCHE DATO
Finora si sono esaminate quelle che sono le tendenze generali del
comportamento di consumo. Una tendenza irreversibile che comunque,
risulta ovvio, non ha investito il fenomeno del consumo nel suo
complesso. In realtà, sono ancora relativamente pochi, soprattutto in Italia,
i soggetti sufficientemente avvezzi alle tecnologie telematiche per
esprimere il loro bisogno potenziale di interattività con gli anelli più a
50Un’analisi molto istruttiva in tal senso (almeno per quanto riguarda la situazione italiana) è contenuta in Italia ‘96: nuovi paradigmi di produzione e di consumo, relazione Eurisko.
52
monte della catena distributiva. Ma i numeri sembrano sufficienti per il
raggiungimento di quella massa critica necessaria a innescare la
rivoluzione di cui si parlerà più diffusamente nel prossimo capitolo.
Per il momento, tuttavia, si può cominciare ad analizzare il mercato
potenziale che un’azienda può trovarsi di fronte volendo usufruire delle
possibilità offerte dai canali telematici.
Gli studi che seguono, riguardanti il fenomeno Internet all’estero,
sono tutti ripresi da fonte secondaria, con pochi particolari sulla
metodologia della ricerca.51
Si comincia da un’indagine condotta dal Georgia Institute of
Technology svolta tra Ottobre e Novembre del 1994 su un campione di
4.800 utenti Internet di ogni parte del mondo. L’età media dell’utente
“tipo” risulta di 29 anni, prevalentemente maschio (90%), di cui il 45%
sono professional e il 55% sono studenti o accademici.
Un’altra indagine, svolta dal Massachusetts Institute of
Technology, ha ottenuto 4.566 risposte ad un sondaggio condotto sulla
Rete stessa (il 62% delle risposte proviene da utenti statunitensi). I
risultati hanno evidenziato che l’86.5% degli utenti sono uomini, il 13,5%
sono donne e che l’età media è di poco più di 30 anni.
Uno studio condotto dalla Michigan Business School attribuisce
all’utente “tipo” un’età media di 31 anni, di cui il 53% single e il 20% ha
più di due figli; poco più del 20% sono professional o dirigenti.
Esistono poi dei monitoraggi più o meno periodici della dinamica
degli utenti Internet. Ad esempio, Il GVU americano, un dipartimento
dell’Università della Georgia, raccoglie periodicamente, attraverso la Rete
stessa, migliaia di questionari da utilizzatori di Internet52: 13.000 tra il 10
Aprile e il 10 Maggio 1995, 23.000 tra il 10 ottobre e il 10 novembre
1995. I risultanti evidenziano una “femminilizzazione” della presenza
sulla Rete. La presenza delle donne è attualmente al 30% contro il 15% 51Si tratta di fonti secondarie in quanto citate da Riccardo Zanchi, “Piazza Affari”, Internet News, n.3, maggio 1995, pp. 24-28.
53
dello aprile 1995 e il 10% alla fine del 1994. Ciò è avvenuto
particolarmente negli Stati Uniti, a causa dell’aumento della presenza di
studenti ed insegnanti di scuola media. Ma è anche il segnale della
tendenza del mondo telematico a rispecchiare la ripartizione demografica
“reale”.53 In Europa invece la presenza femminile è ancora limitata al
22%. Sempre secondo tale indagine l’utente Internet è di razza bianca in
circa 80 casi su 100, con un’età media di 32,7 anni (ma un terzo degli
utenti ha un’età compresa tra 21 e 30 anni), dotato di alti livelli di
scolarizzazione e con un reddito famigliare di oltre 94.000.000 di lire
annue. Gli utenti europei sembrano invece avere un reddito medio
inferiore, di circa 84.000.000 annui.
II.9 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: THE COMMERCENET/NIELSEN INTERNET DEMOGRAPHICS SURVEY
Uno studio molto più attendibile è quello di CommerceNet e
Nielsen Media Research, che hanno effettuato l’indagine sul mercato
Internet cercando di identificare i seguenti punti:
• Identificazione degli utenti di servizi interattivi (servizi in linea e
Internet) sotto il loro profilo demografico.
• Definizione dell’ uso di questi servizi , includendo il tempo, il luogo e
le modalità di collegamento ai servizi telematici.
• Esame dell’utilità effettiva dei servizi interattivi in linea.
Tale ricerca è una pietra miliare nella misurazione dell’uso di
Internet. Per la prima volta Internet e i servizi commerciali in linea sono 52Tale fonte viene citata da Patrizio Di Nicola, “Il popolo di Internet”, Net World, n.2, anno II, aprile-maggio 1996, pp. 24-26. 53Gli analisti del fenomeno hanno ravvisato attorno alla fine del 1995, dopo l’accettazione del mezzo telematico da parte di utenti “pionieri”, una seconda ondata “migratoria” nella Rete fatta di sempre più donne, meno ricchi ed istruiti.
54
stati studiati scientificamente sotto l’aspetto del loro uso, interesse,
attività.
Il risultato di questa ricerca è una “benchmark research” che
fornisce dati proiettati per l’intera popolazione statunitense e canadese.
Forse una ricerca geograficamente localizzata è in contrasto con il
significato stesso di rete globale rappresentato da Internet, ma aiuta
ugualmente ad apprezzare la portata del fenomeno.
II.9.1 Gli autori dell’indagine CommerceNet è un consorzio americano creato appositamente per
studiare le possibilità di commercio legate ad Internet. E’ una
organizzazione senza scopi di lucro appoggiata da 130 società nei campi
dell’informatica, elettronica di consumo, information service e servizi
finanziari. Lo scopo ultimo di questa istituzione è quello di accelerare e
favorire l’uso di Internet per applicazioni business.
La Nielsen Media Research è una società di ricerche e studi di
mercato che ha partecipato alla creazione di questa indagine.
II.9.2 Metodologia La mancanza di informazioni sugli utenti di Internet è il maggior
ostacolo che inibisce molte iniziative commerciali da parte di molte
aziende nel mondo. Questa indagine si discosta dalle precedenti ricerche
effettuate sia da università che da enti privati specializzati in quanto svolta
con metodi tradizionali di ricerca. La quasi totalità delle altre ricerche
sono state condotte interamente sulla rete, tramite la compilazione di
questionari on line ed hanno il principale limite di raccogliere il contributo
parziale di chi di sua volontà si collegava al sito indicato e compilava il
questionario. Questa indagine è stata invece condotta con il metodo
dell’intervista telefonica. L’intervista si fondava su di un questionario di
40 domande con risposta multipla. Approssimativamente sono state
eseguite 280.000 chiamate. La scelta del campione è stata fatta utilizzando
55
un generatore di numeri telefonici casuali presi dagli elenchi di utenti
statunitensi e canadesi, stratificati geograficamente per fornire una
distribuzione geografica proporzionale dei numeri telefonici, e con un
sistema di pesatura per evitare, ad esempio, che una casa con due numeri
di telefono avesse una probabilità maggiore di essere estratto.
Un’intervista di approfondimento è stata poi eseguita su di un
sottoinsieme di 4.200 utenti che hanno risposto completamente all’intero
questionario.
L’età minima degli utenti interrogati era di 16 anni. I dati sono stati
collezionati nel periodo compreso tra il 3 Agosto e il 3 Settembre 1995.54
La ricerca aveva come obiettivo di studiare tre tipologie di utente, e
richiedeva almeno 1.000 interviste per ciascuno dei tre gruppi:
• Tipo 1 - Persone che hanno accesso diretto ad Internet e che l’hanno
usato negli ultimi tre mesi. Possono avere o non avere accesso a servizi
telematici in linea (diversi da Internet);
• Tipo 2 - Persone che hanno accesso a servizi telematici in linea ma non
ad Internet;
• Tipo 3 - Persone che non hanno accesso a servizi in linea e non hanno
avuto accesso ad Internet negli ultimi 3 mesi.
II.9.3 I risultati dell’indagine
• Il 17% degli Statunitensi e Canadesi con più di 17 anni hanno accesso
ad Internet (per un totale di circa 37.000.000 di persone).
• L’11% hanno usato Internet negli ultimi tre mesi;
• L’8% ha visitato pagine informative di enti commerciali;
• L’uso totale di Internet in USA e Canada è equivalente al numero di
ore di videocassette affittate (5 ore e 28 minuti alla settimana);
• I maschi rappresentano il 66% degli utenti di Internet;
54Sembra banale, ma ai fini della bontà dell’indagine va detto che negli Stati Uniti non c’è come in Italia e buona parte dell’Europa il concetto di ferie di massa nel mese di agosto.
56
• Gli utenti del WWW occupano classi sociali elevate:
Il 25% supera gli $ 80.000 di reddito annuo (10% della popolazione
americana e canadese totale );
Il 50% sono liberi professionisti o Manager (rappresentano il
27% della popolazione totale);
Il 64% hanno almeno una laurea, quando la media statunitense
e canadese è del 29%;55
• Il 14% degli utilizzatori del WWW effettuano acquisti su Internet.
Lato utenti Uso di Internet Ricerca di informazioni su prodotti / servizi 55% Ricerca di informazioni su società e organizzazioni 60% Ricerca di altre informazioni 73% Acquisto di prodotti / servizi 14% Navigazione/esplorazione 90%
Uso di altri servizi on-line Ricerca di informazioni su prodotti / servizi 50% Ricerca di informazioni su società e organizzazioni 42% Ricerca di altre informazioni 61% Acquisto di prodotti / servizi 18% Navigazione/esplorazione 74%
Lato business Uso commerciale del WWW Collaborazione con altri 54% Pubblicazione di informazioni 33% Reperimento di informazioni 77% Ricerca di informazioni 46% Vendita di prodotti/servizi 13% Fornitura di supporto e servizio al cliente 23% Comunicazioni Interne 44% Fornitura di supporto e comunicazioni verso i venditori 50%
55Hanno cioè conseguito almeno il college degree.
57
II.9.4 Due metodologie a confronto Il risultato del confronto tra le interviste fatte al telefono e i
questionari compilati in linea su Internet conduce alle seguenti
conclusioni:
I questionari in linea tendono a
• sovrastimare i dati in generale;
• sovrastimare l'uso di Internet;
• sovrastimare le capacità d'uso degli strumenti da parte degli utenti;
• sottostimare la dimensione del mercato femminile su Internet.
Ciò non significa che le indagini di tipo online non abbiano valore,
ma è importante capire i limiti delle informazioni così ottenute.
II.9.5 Conclusioni sul CommerceNet/Nielsen Internet Survey La mancanza di informazioni sulla demografia degli utenti di
Internet è l'ostacolo che impedisce l'enorme potenziale sviluppo delle
applicazioni commerciali su Internet.
Questa indagine (secondo gli autori) è la migliore ricerca condotta
nella analisi del profilo dell'utente delle reti. La profonda convinzione
degli autori è che le applicazioni commerciali su Internet siano senza
limiti né confini. Per correttezza di informazione va sottolineato che
quanto viene qui presentato è la parte dell'indagine che le società
CommerceNet e Nielsen mettono a disposizione del pubblico, che si
ritiene sufficienti per un uso didattico. Un approfondito report di 150
pagine comprendente risultati molto più dettagliati è comunque
disponibile a pagamento presso le suddette società.
58
II.10 LA TELEMATICA IN ITALIA
Per quanto riguarda le tendenze all’alfabetizzazione telematica in
Italia, innanzitutto bisogna segnalare una sostanziale arretratezza rispetto
alla diffusione degli altri paesi industrializzati (U.S.A. e Canada in testa).
I problemi derivano principalmente dalla presenza di una scarsa cultura
informatica: secondo il rapporto ISTAT “Analisi sui consumi delle
famiglie” del 1995 soltanto il 10,6% delle famiglie italiane possiede un
personal computer, contro un 25% circa, ad esempio, delle famiglie
americane.56 Una grossa deprimente dello sviluppo telematico è costituita
poi dalla situazione di monopolio delle telecomunicazioni che implica
costi elevati sia per gli utenti privati che per chi fornisce il servizio di
connessione.
TABELLA II.1 Vendite di unità di personal computer 1989-1996 (migliaia) 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 Parco PC
installati Totale 670 705 815 1.694 940 1.010 1.250 1.500 8.584 Di cui
mercato home
nd 35,3 81,5 294 309,4 335,4 419,4 nd 1.475
Fonte: Sirmi e Osservatorio Smau
La comunità telematica virtuale italiana può essere suddivisa in due
grandi componenti: le reti amatoriali e no profit e i network fornitori di
servizi a pagamento. Esistono anche reti istituzionali e aziendali che
attualmente però non costituiscono un soggetto-utente inteso come parte
integrante di una comunità.
L’Eurispes e l’Italmedia, società di ricerche sulla comunicazione,
hanno stimato in 40.000 il numero dei componenti della comunità virtuale
amatoriale italiana.57 La quota comprende gli utenti della telematica
costituita dai sistemi BBS (Bulletin Board System, cioè banche dati e
sistemi comunicativi accessibili via cavo) non commerciali e dalle reti no
profit accessibili via modem (come Fidonet, la rete amatoriale più 56In Francia la stima è del 15%, in Gran Bretagna del 17%, in Finlandia del 20%, in Germania del 20.5%, ad Hong Kong del 22,5% (ns. elaborazione su dati da diverse fonti).
59
importante in Italia). Elementi comuni di questa rete telematica sono
l’accesso gratuito e la libertà di comunicazione. La comunicazione no
profit rappresenta pertanto lo “zoccolo duro” dei network telematici
italiani.
La stima non include però gli utenti che si collegano a pagamento,
compresa Internet; gli utenti delle reti istituzionali (come la rete Garr,
Gruppo per l’armonizzazione delle reti di ricerca, o i consorzi universitari
come quello di Bologna); gli utenti che si collegano a pagamento via
modem per avere alcuni servizi informativi da strutture come PGE
(Pagine Gialle Elettroniche) o il Cerved; gli abbonati ai BBS che
forniscono a pagamento servizi aggiuntivi (circa 10.000); gli utenti
Videotel (180.000).
Per quando riguarda la rete Internet, lo studio più attendibile
sembra essere quello effettuato da Demoskopea, che nel 1996 ha deciso di
allargare la tradizionale indagine sul mercato consumer dell’informatica
intraprendendo uno studio sulla popolazione Internet in Italia.58
La definizione adottata da Demoskopea di utente Internet è la
seguente: “chiunque acceda a Internet e quindi non solo chi utilizza il
nuovo medium regolarmente, ma anche chi ne fa un impiego saltuario o
occasionale” La rilevazione è avvenuta dunque sulla persona e non
sull’abbonamento stipulato (si pensi a quei soggetti che non pagano
un’abbonamento a un fornitore d’accesso ma si collegano attraverso la
propria università).
Dalla ricerca risulta che sono circa 580.000 gli utenti di Internet,
ovvero l’1,2% della popolazione adulta italiana.
Il profilo dell’utente Internet risulta ancora più maschile dell’utente
consumer, essendo gli uomini l’88% (contro il 76%), mentre l’età si
57I risultati sono contenuti nello studio Eurispes “Rapporto Italia 1995”. 58I risultati sono stati tratti da Carlo Erminero, “Il modello di acquisto del Consumatore”, in Il business consumer: istruzioni per l’uso, Numero speciale a cura di Comufficio, Ottobre 1996, pp. 27-29. Le rappresentazioni grafiche dei risultati di parte dello studio si trovano nell’appendice II di questo capitolo.
60
innalza leggermente: il 65% ha tra i 14 e i 34 anni (il 32% fino a 24 anni,
il 33% ha tra i 25 e i 34 anni).
L’utente Internet italiano è inoltre caratterizzato da un elevato
livello di istruzione: il 52% ha terminato l’Università o la sta
frequentando, il 40% ha un diploma di scuola media superiore; inoltre ha
una elevata capacità di spesa (il 41% dichiara un reddito famigliare
mensile superiore a 3 milioni).
Nonostante la penetrazione di Internet nella popolazione italiana
sia ancora limitata rispetto ad altri paesi (1,2% contro il 17% della
popolazione americana adulta, secondo lo studio
Nielsen/CommerceNET), si può affermare che, con una consistenza
vicina alle 600.000 unità, la popolazione degli utenti Internet italiani
cominci a rappresentare un target di grande interesse per azioni
promozionali da parte delle aziende fino a giungere al non-store retailing
elettronico. E difatti anche in Italia cominciano a nascere i primi mall
telematici, che possono vantare già un discreto successo. Le strategie
utilizzabili e gli esempi relativi verranno trattati più avanti.
61
CONCLUSIONI
1) Si assiste ad un mutamento nelle abitudini di acquisto. La causa è da
ricercare nell’interazione tra concorrenza industriale e commerciale,
evoluzione autonoma della domanda, tecnologia;
2) Il consumatore moderno mostra ormai caratteristiche simili
all’acquirente industriale: è più attento alla ricerca di informazioni;
necessita di beni che si adattino esattamente ai propri bisogni; è
caratterizzato da un potere di contrattazione crescente nei confronti del
produttore;
3) La tecnologia è oramai in grado di rendere altamente flessibile il
processo produttivo e di consentire un dialogo interattivo tra produzione e
consumo;
4) La combinazione tra flessibilità produttiva, maturità del consumo e
tecnologia consente di spingere i processi di segmentazione e
differenziazione dei prodotti fino a tendere al singolo consumatore;
5) Solo un’informazione corretta, non distorta e facile da reperire per i
consumatori funge da incentivo per l’adozione diffusa dei nuovi mezzi di
trasmissione delle informazioni;
6) Le ricerche sul campo evidenziano la telematica è accolta con sempre
maggiore favore, anche se l’utente tipo è ancora circoscritto a particolari
segmenti della popolazione totale. Questi rappresentano però i gruppi di
riferimento più appetibili per il business.
62
APPENDICE I: EFFETTI DEL PROGRESSO ECONOMICO E DEI MEZZI TELEMATICI SUL LIVELLO DI INFORMAZIONE DEL CONSUMATORE59
Si definisca con R il rendimento marginale atteso dell'acquisizione
di un'informazione supplementare. R è una funzione decrescente del
livello di informazione corretta. Più il livello di informazione corretta è
elevato, più basso sarà il costo nell'acquisire un'informazione non corretta.
Si definisca invece con C il costo marginale generato
dall'acquisizione di un'informazione supplementare. Tale costo,
considerato costante, coincide col tempo impiegato nella ricerca
dell'informazione.
Abbiamo quindi la seguente situazione:
Rendimento R
marginale
Costo C
I Livello di informazione
Il punto I identifica la ricerca ottimale di informazioni.
La crescita economica ha provocato tutta una serie di condizioni
particolari:
• Aumento del costo del tempo personale
59Il contenuto dell'appendice è ripreso da H. Lepage, Vive le Commerce, Parigi, Dunod, 1982 (citato da J.J. Lambin, op. cit., p. 85), ove si mostra graficamente l'utilità delle associazioni di consumatori. Come spiegato nel cap. II, e come si può verificare nelle righe che seguono, l’effetto delle nuove tecnologie telematiche sull’orizzonte informativo del consumatore è pressoché identico.
63
• Riduzione dell'osservabilità delle caratteristiche della gran parte dei
prodotti
• Proliferazione di prodotti debolmente differenziati
Si avranno quindi due effetti contemporanei: una lievitazione della
retta che rappresenta il costo dell'informazione (da C a C') e una
diminuzione del rendimento marginale atteso dell'informazione (da R a
R').
Rendimento R’ marginale C’ Costo C R I’ I Livello di informazione
Il risultato è che il consumatore si accontenta di un livello di
informazione meno elevato (I') ed inoltre a utilizzare in misura inferiore le
fonti di informazione gratuita messe a disposizione dai produttori.
L’individuo, attraverso il mezzo telematico può quindi, a costi
inferiori, riportarsi ad una situazione di alto livello di informazione.
64
APPENDICE II: DATI RIASSUNTIVI SULL’INDAGINE DEMOSKOPEA DEGLI UTENTI INTERNET
S E S S O
8 8 %
1 2 %
M F
E T A '
0 %
2 0 %
4 0 %
6 0 %
8 0 %
1 0 0 %
5 5 e p iù4 5 -5 43 5 -4 42 5 -3 41 4 -2 4
2 %
4 %
5 %
2 1 %
3 1 %
3 7 %
0 % 1 0 % 2 0 % 3 0 % 4 0 %
O p e ra io
C o m m e rc ./A rt ig .
N o n a tt ivo
Im p re n d ./L ib .P ro fe s s ./D ir ig .
S tu d e n te
Im p ie g ./In s e g n .
65
S C O L A R I T A '
O b b l ig o8 %
U n iv .5 2 %
S u p e r io r i4 0 %
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66
CAPITOLO III
I NUOVI RAPPORTI TRA INDUSTRIA E DISTRIBUZIONE ALLA LUCE DELLE TECNOLOGIE
TELEMATICHE
III.1 INTRODUZIONE
Scopo di questo capitolo è illustrare brevemente gli straordinari
cambiamenti che le nuove tecnologie di trasmissione dell’informazione
hanno prodotto nel campo della produzione e della distribuzione. Finora
le innovazioni tecnologiche hanno prodotto più che altro una
razionalizzazione e una maggiore efficienza nei rapporti tra industria e
commercio. Innovazioni quali il POS-Scanner e l’EFT (Electronic Funds
Transfer) rappresentano infatti per l’impresa commerciale, perlomeno in
una fase iniziale, dei vantaggi riassumibili essenzialmente nel risparmio
dei costi di gestione, mentre i vantaggi per l’acquirente appaiono quasi un
fenomeno secondario, relegati al risparmio della risorsa tempo. Ma con lo
sviluppo definitivo delle reti telematiche a basso costo e a diffusione
planetaria, cui il videotex ha rappresentato il progenitore e cui Internet
sembra essere il degnissimo erede, si assisterà in un futuro abbastanza
prossimo ad una rivoluzione che investirà tanto il settore economico
quanto l’apparato sociale. Tutto ciò in virtù della possibilità di creare
finalmente un dialogo interattivo in tempo reale tra produzione e
consumo. Le innovazioni nel campo informatico degli ultimi anni, in
special modo quelle riguardanti la telematica, hanno infatti un valore
assolutamente strategico e condizionante, in quanto vengono a mutare la
qualità stessa delle relazioni tra produzione industriale e consumatore
finale e conseguentemente, la stessa funzione di intermediazione
commerciale.60 Le premesse sono tali da sconvolgere lo svolgimento
delle funzioni proprie del settore commerciale. In particolare, la funzione
principale dell’intermediario commerciale dovrà divenire quella di
67
distribuire la merce immateriale dell’informazione piuttosto che la mera
distribuzione fisica, in un contesto caratterizzato da una diversa divisione
del lavoro tra operatore industriale e commerciale.
III.2 IL PASSATO
La rivoluzione commerciale verso la quale ci si avvia (cui i mezzi
telematici di massa costuiscono il tramite) è il risultato di un lungo
processo che è cominciato con la crisi del paradigma della produzione di
massa.
Come è noto, le trasformazioni provocate dalla rivoluzione
industriale condussero ben presto alla creazione di grandi stabilimenti
industriali, fondati sulla divisione del lavoro e sulla produzione di grandi
quantità di prodotti altamente standardizzati. Prese così forma il
paradigma tecnologico della produzione di massa, che collega stabilmente
l’incremento (tecnologico) della produttività con l’espansione dei volumi
e con i processi di standardizzazione e di specializzazione delle
imprese.61
In questo contesto, l’impresa commerciale nasce e si sviluppa per
mitigare il progressivo allontanamento tra le esigenze del produttore e
quelle del consumatore, creatosi per due ordini di motivi:
I. L’elevata standardizzazione e lo sfruttamento delle economie di scala
hanno fatto sì che consumatore e produttore non appartenessero più
allo stesso contesto geografico. Tale logica ha imposto alle imprese di
espandere i loro mercati di riferimento al di là dell’orizzonte locale
fino ad adottare in misura crescente, come orizzonte tendenziale da 60L. Pilotti, M. Rosolin, E. Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit. p. XI. 61La definizione è ripresa da Enzo Rullani, “Il rapporto tra impresa industriale e mercato. Effetti delle nuove tecnologie dell’informazione”, in L. Pilotti, M. Rosolin, E. Rullani, La rivoluzione
68
raggiungere, quello dell’economia mondiale. Parallelamente i
consumatori, seguendo le convenienze economiche e le suggestioni
pubblicitarie e culturali della società di massa, hanno perduto il
contatto con l’industria locale e si sono rivolti sempre più a imprese
territorialmente distanti dalle loro residenze.
II. Alla ricerca di sempre più rilevanti economie di scala, l’impresa
industriale ha guidato la propria modernizzazione tecnologica
considerando come un dato l’uniformità nel comportamento di
acquisto del consumatore. Standardizzazione e specializzazione,
tuttavia, mal si accordano con il comportamento di un consumatore
sempre più maturo, caratterizzato da un’elevata varietà e variabilità
dei prodotti domandati. Le innovazioni di prodotto e di processo
hanno continuato a non curarsi della crescente individualità del
consumatore, scaricando semplicemente il problema sulla funzione
commerciale.
Sotto tali condizioni, il tradizionale cuscinetto tra i due soggetti
economici è stata dunque la rete distributiva, la cui funzione primaria è
stata quella di mediare le esigenze dei due operatori economici in modo
da farli incontrare sul mercato.
L’attività di intermediazione delle imprese commerciali, seppur
scindibile in maniera più articolata nell’insieme di funzioni esaminate nel
primo capitolo di questo studio, si estrinseca essenzialmente su due piani:
1. Piano logistico Riguarda l’assortimento della produzione industriale di diverse
imprese e di diversi luoghi per farla arrivare all’acquirente nella forma
merceologica e geografica a lui più conveniente, evidentemente evitando
all’acquirente il costo del trasporto. tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit., p.
69
2. Piano informativo È un aspetto che, come più volte è stato ribadito, è divenuto sempre
più rilevante. Esso si manifesta nella distribuzione di un flusso
informativo inerente i beni che sono offerti (o potenzialmente ottenibili)
dalle imprese industriali, con le specificazioni necessarie affinché
l’acquirente possa prendere una decisione di acquisto.
Tradizionalmente, l’impresa commerciale “classica” si è dovuta
curare soprattutto del primo aspetto, visto che la componente informativa
riguardante un prodotto standardizzato è tutto sommato trascurabile. Vi
era quindi un’estrema sintonia tra le linee guida delle strategie produttive
e distributive: un anello della catena che produce grandi quantità di
prodotti standardizzati per abbattere i costi fissi unitari, l’altro che
acquista e distribuisce grandi quantità di merce in maniera capillare per
spuntare prezzi di acquisto inferiori. In breve, le lotte ciclopiche tra
industria e commercio sul lato del potere contrattuale nascevano
dall’applicazione della stessa filosofia di marketing.
Ma per tutta una serie di motivi, col tempo le cose per le imprese
industriali sono decisamente cambiate. I primi segni di crisi della
produzione massificata si manifestarono con la crisi del petrolio negli anni
Settanta, impedendo la formazione di valide economie di scala a causa
della lievitazione dei costi diretti (energia e lavoro). Gli eccessi di offerta
che ne derivarono resero la grande impresa un colosso dai piedi d’argilla.
Nel contempo, la latente autonomia della domanda cominciava a trovare
mezzi per esprimersi compiutamente. “Mimando” un comportamento
tipico delle imprese industriali, anche i consumatori passarono da una
logica quantitativa a una qualitativa nelle scelte di consumo. Il livello
culturale medio cominciò ad aumentare, la contestazione e le associazioni
dei consumatori si scagliarono contro i modelli culturali massificati.
Ancora, cominciava ad affermarsi un mercato, che è poi quello dei paesi
1. Il corsivo è nel testo originale.
70
petroliferi, a volte molto diverso per gusti e abitudini dei tradizionali paesi
ad alto reddito, costringendo quindi le industrie a ripensare, almeno in
parte, sulle loro politiche di produzione.
Il primo passo per le aziende produttrici, dunque, è stato quello di
imboccare la strada della produzione di qualità, con un rilievo decisivo
della differenziazione del prodotto. Le imprese hanno cominciato, quindi,
ad utilizzare la tecnologia non più per espandere la produttività per unità
di capitale (e lavoro) ma per rendere più flessibili i processi produttivi e
più variegata l’offerta nei confronti dell’acquirente. In periodi di
stagnazione della domanda, la chiave vincente per prevalere sui
concorrenti è sicuramente la strada della differenziazione. Una strada che
è stata seguita con non poche difficoltà: grandi impianti possono produrre
linee diverse di prodotti entro certi limiti, perlomeno nel breve periodo. In
ogni caso, cominciò ad affermarsi il cammino verso una realtà
completamente diversa di stare sul mercato: la produzione di massa
rimane padrona in fabbrica, ma “scompare” non appena entra a far parte
dei rapporti sociali esterni, che sono comunque dominati dalla
differenziazione e dal frequente cambiamento dei prodotti.62 Tale
comportamento viene definito da molti come fordismo maturo. Le
produzioni di grandi scala mostrano tutti i loro limiti per cui sia le
dimensioni medie delle imprese che quelli dei lotti dei prodotti
diminuiscono; la durata dei cicli di vita dei prodotti si riduce in maniera
altrettanto veloce.
62Luciano Pilotti ed Enzo Rullani, “Forme di comunicazione e innovazione nei mercati complessi”, in AA.VV., Comunicazione e pubblicità: analisi economiche e dinamiche competitive, EGEA, Milano 1993.
71
III.3 L’INFORMAZIONE COME PRODOTTO ACCESSORIO
Una nuova merce comincia allora ad uscire dagli stabilimenti di
produzione: l’informazione. Quanto più i prodotti sono nuovi, complessi,
di costo unitario elevato, adatti ad élite particolarmente ristrette di
consumatori, maggiori sono le informazioni necessarie per determinare la
scelta d’acquisto e quindi la vendita del prodotto. L’acquirente moderno
difficilmente compra se non si trova in possesso di informazioni
sufficienti per compiere un calcolo di convenienza, ovviamente
soggettivo, tra i diversi prodotti alternativi per lo stesso uso, o più in
generale, tra diverse forme di spesa del proprio reddito.
È di tutta evidenza che l’impresa produttrice, dovendo gestire una
tale complessità ambientale, ha tutto l’interesse ad instaurare dei rapporti
il più possibile diretti con il consumatore finale. Anzi, in condizioni di
elevata flessibilità produttiva, soltanto livelli di comunicazione fortemente
interattivi sono in grado di assicurare la percezione da parte
dell’acquirente del reale valore del prodotto e quindi la permanenza
dell’impresa produttrice nella regione di sopravvivenza.
L’impressione è che l’acquirente/consumatore, per larga parte, sia
già in grado di sfruttare al meglio un rapporto del genere, non fosse altro
che per problemi di ordine tecnologico e di standardizzazione63 del
canale da utilizzare, sui quali si tornerà e sui quali comunque si sta
ponendo soluzione. Esiste invece un fattore di resistenza maggiore: la
difesa strenua delle rendite di posizione acquisite dalle imprese
commerciali (specie le più grandi), per nulla intenzionate a perdere potere
di contrattazione nei confronti della produzione. Come si è visto nel
capitolo I, uno degli scopi dell’impresa distributrice è quello di realizzare
un assortimento di prodotti gradito al cliente, costituito combinando
diversi prodotti da diverse linee di imprese differenti. Il distributore ha
63Sarebbe meglio parlare di compatibilità tra canali di comunicazione diversi, o ancora meglio di comunicazione personale universale, attivabile da qualunque luogo, attraverso una pletora di mezzi diversi e per trasmettere informazioni di molteplice natura.
72
quindi interesse a far percepire all’acquirente il valore dell’intero
assortimento, non del singolo articolo. Rimane perciò in secondo piano la
componente informativa riguardo un particolare ciclo produttivo o sul
complesso della singola impresa produttrice. Per questa ragione, è proprio
la contrapposizione di interessi tra industria e commercio che impedisce la
formazione di un valido flusso di informazioni in senso opposto, dal
consumatore finale al produttore. Sarebbe infatti molto importante per il
produttore conoscere le esigenze specifiche della clientela, esigenze che il
meccanismo di mercato lascia inespressi. La considerazione sistematica e
continua di tali esigenze potrebbero configurare un diverso modo di stare
sul mercato dell’impresa produttrice, attivando cioè fenomeni rilevanti di
disintermediazione. Ma questo richiederebbe una trasparenza di procedure
di vendita che indebolirebbe il potere contrattuale dell’operatore
commerciale rispetto ai propri fornitori.
A fronte di questo trade-off, le imprese produttrici, pur delegando
al commercio una funzione di intermediazione logistica e la vendita finale
dei prodotti, hanno col tempo affiancato/integrato tale funzione con
attività di contatto diretto con la clientela, seguendo essenzialmente due
direttrici:
a) Sviluppo in proprio di attività promozionali e di circuiti di assistenza
diretta “svincolati” dalla collocazione del punto vendita (Si pensi, ad
esempio, alla proliferazione dei famosi “numeri verdi” di supporto al
consumatore).
b) Effettuazione di studi e ricerche di mercato sui potenziali di vendita
non serviti dalla distribuzione e sui bisogni latenti che restano
insoddisfatti dall’offerta industriale e dai circuiti commerciali. È
evidente che il ricorso a tecniche di questo tipo riconosce di per sé
l’impossibilità di utilizzo di tecniche interattive di contatto con
l’universo dei clienti effettivi e potenziali, dovendosi quindi limitare
73
alla determinazione di campioni di varia natura. Il problema non è tanto
la precisione del singolo studio quanto l’impossibilità di saggiare con
sufficiente continuità e tempestività l’andamento dei gusti del
consumatore, caratterizzato in questi ultimi anni da una sempre
maggiore turbolenza e infedeltà.
Accanto a queste “violazioni” della classica divisione del lavoro tra
industria e distribuzione, una sorta di contatto diretto avviene, per certa
parte, attraverso un design ed un confezionamento studiato per trasmettere
il maggior numero di informazioni possibili sul prodotto. È evidente che
ciò non basta a soddisfare il bisogno di trasmissione di informazioni
specifiche, le quali peraltro richiederebbero canali di comunicazione
interattivi e non unilaterali. Le informazioni contenute nel packaging, tra
l’altro, sono valide fintantoché si standardizza e si semplifica al massimo
il messaggio da inviare al “consumatore medio”. Anche questo canale
risulta pertanto assolutamente inadeguato. È altamente rischioso per
l’impresa moderna investire risorse nella differenziazione se il
consumatore non è in grado di percepirne i caratteri. Solo l’informazione
effettivamente trasmessa e compresa consente la percezione del reale
valore d’uso del prodotto e quindi un maggior prezzo ottenibile dal
cliente. Senza l’informazione, il prodotto industriale tende inevitabilmente
verso la competizione sul prezzo e quindi verso l’appiattimento sullo
standard di massa a discapito della qualità e della differenziazione.
Circuiti di comunicazione interattiva che alimentano una domanda di
differenziazione o di adattamento frequente dei prodotti sarebbero infatti
disfunzionali e anzi pericolosi per la stabilità della produzione di massa.64
Riassumendo il tutto, a causa delle ragioni viste finora, l’impresa
industriale si è dovuta, infine, arrendere a un procedimento piuttosto
oneroso che però ha portato ad un incremento di flessibilità. Le imprese
64Enzo Rullani, “Il rapporto tra impresa industriale e mercato. Effetti delle nuove tecnologie dell’informazione”, op. cit., pp. 10-11.
74
distributrici, in special modo la grande distribuzione, sono rimaste alla
finestra, credendo che un’evoluzione in senso “spaziale” del servizio
(elevata capillarità della rete distributiva) fosse sufficiente per garantire
una posizione di forza nei confronti delle imprese industriali.
L’andamento del mercato, invece, dimostra chiaramente che non è più
sufficiente garantire una buona logistica distributiva nel senso più
strettamente fisico, se non nei casi in cui si ha a che fare con prodotti ben
noti (es. beni di uso ricorrente oramai maturi), di valore unitario ridotto e
dotati di un mercato abbastanza competitivo da non rendere convenienti
ricerche su prodotti o canali alternativi. In tutti gli altri casi, che sono poi
la maggioranza vista la proliferazione di prodotti nuovi e ad alto
contenuto tecnologico, è l’informazione l’input necessario per la decisione
di acquisto.
Nel panorama sopra delineato, nel marketing industriale la
funzione leader diventa la progettazione, che deve tenere conto sia del
valore d’uso del prodotto finito in rapporto a consumatori differenziati
(attuali o potenziali), sia dei margini di flessibilità di cui l’impresa dispone
sul piano delle risorse materiali ed organizzative in modo da poter
soddisfare la domanda di varietà e variabilità richiesta (o richiedibile) dal
mercato senza porsi ai limiti della regione di sopravvivenza. Tuttavia,
sotto tali condizioni, il livello di informazione che la progettazione deve
avere in merito al consumatore finale, così come in merito ai possibili
fornitori di tecnologie, componenti, materiali, macchine, ecc. diventa
notevolmente più grande di quello che le decisioni di marketing strategico
potevano richiedere in passato. Il modo più sensato di rispondere alle
nuove esigenze dovrebbe essere quello di fare della progettazione il nodo
centrale di una rete informativa capace di interagire (simulare possibili
soluzioni) direttamente con le soggettività esterne: clienti finali,
distributori, fornitori.65
65op. cit., pp. 23-24.
75
Quando i produttori non avevano margini di flessibilità nei loro
cicli, il rapporto diretto con il consumo poteva essere labile, poco
organico e soprattutto unilaterale (pubblicità dei mass-media). Una volta
raggiunta una condizione di elevata flessibilità produttiva, l’unica strada
per valorizzarla al massimo è l’attivazione di una comunicazione a due vie
con i consumatori finali, attuali e potenziali.
Infrastrutture di comunicazione di questo tipo sono molto costose
da realizzare, e in ogni caso non sarebbero abbastanza estese da
raggiungere non tanto i clienti acquisiti quanto quelli potenziali a costi
ragionevoli. Almeno finché non si è verificata la diffusione di reti
telematiche ad ampia diffusione e bassi costi di accesso quali, ad esempio,
Internet, nata in origine per esigenze strettamente militari, sviluppatasi
successivamente per applicazioni scientifiche, e che infine ha coinvolto
una grande quantità di soggetti di tipo industriale e commerciale.
Di fronte a tali pressioni di disintermediazione, è in grado la
distribuzione di rispondere a questa esigenza di intermediazione non più
merceologico-geografica, ma anche (e soprattutto) informativa?
Attualmente si ritiene che soltanto le piccole/medie realtà distributive si
stiano muovendo in tal senso, mentre la grande distribuzione sembra
ancora troppo vincolata al concetto fisico dello spazio di vendita.
Vediamo il perché.
III.4 L’EVOLUZIONE DELLA DISTRIBUZIONE: DUE SCENARI
DIVERSI
Analogamente a quanto avvenuto nel settore della produzione
industriale, l’evoluzione della distribuzione nei paesi maggiormente
industrializzati è stata caratterizzata da una crescente concentrazione. I
motivi principali di questo fenomeno vanno ricercati nel manifestarsi di
due tendenze:
76
• Progressiva crescita dell’entità dei costi diretti, primi fra tutti il lavoro e
l’energia, conseguentemente alle crisi degli anni Settanta e alla crescita
del potere sindacale;
• Diffusione capillare delle tecnologie informatiche e della automazione
nell’ambito “organizzativo” dell’impresa.
I vantaggi derivanti dalla concentrazione commerciale possono
essere riassunti nella ricerca di economie di costo, nella costituzione e
mantenimento di barriere all’entrata e soprattutto dall’aumento del potere
negoziale della distribuzione nei confronti della produzione industriale.
Ciò finisce per stimolare la concorrenza tra le imprese industriali e
conduce verso il basso il prezzo al consumo dei prodotti, redistribuendo in
sostanza i margini a favore del settore commerciale.
Il fenomeno della concentrazione ha ridotto fortemente
l’importanza di uno dei servizi fondamentali delle imprese commerciali,
quello di prossimità, comportando un accrescimento di costi per
l’acquirente. Si sono pertanto affermate, in linea con la maggiore
concentrazione, quelle innovazioni di prodotto e servizio capaci di
trasferire a monte (sul produttore) e a valle (sul consumatore) un maggior
numero di funzioni (quelle esaminate nel Capitolo I), così da compensare
l’accrescimento dei costi diretti e la più contenuta dinamica dei consumi.
Dal lato dell’acquirente, tutto ciò è stato reso possibile dall’accrescimento
del reddito e dalla conseguente diffusione dell’automobile, fattori che
hanno permesso di assorbire con mezzi propri parte della riduzione di
servizio operata dalla distribuzione maggiormente concentrata.66
Se quindi da un lato l’acquirente è disposto a cedere terreno
nell’ambito dei servizi “di base”, dall’altro egli sta comunque
modificando e differenziando la propria domanda di servizi “avanzati”, 66Luciano Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, in L. Pilotti, M. Rosolin, E.
77
ricercando, secondo un comportamento tipico dell’acquirente industriale,
di migliorare l’efficacia e l’efficienza delle proprie modalità di acquisto.
Pertanto, nel settore dei beni di largo consumo, il processo di acquisto è
stato caratterizzato dal fenomeno della banalizzazione, fattore che ha
facilitato il processo di concentrazione dell’offerta commerciale, mentre
nel settore dei beni problematici il consumatore sempre più “smaliziato”
ha condotto verso la specializzazione merceologica e alla
verticalizzazione, per quanto possibile, dei rapporti industria-
distribuzione.
Complice questa ambivalenza nel comportamento da parte
dell’acquirente, la diffusione delle nuove tecnologie informatiche ha
quindi seguito sentieri diversi a seconda del settore merceologico. Si è
così verificato quel fenomeno per cui nel settore dei beni banali la
tipologia principale di espansione ha riguardato una crescita dimensionale
orizzontale, con l’introduzione di innovazioni tecnologiche
prevalentemente di processo, mentre nel settore non-alimentare la crescita
sembra essere di tipo policentrico, caratterizzata da fenomeni di
collaborazione e affiliazione tra imprese diverse alla cui base sta la
costituzione di una rete informativa di tipo interattivo (non
necessariamente informatica). In tale ambito, l’innovazione tecnologica ha
lo scopo di aggiungere valore al prodotto piuttosto che il raggiungimento
di una situazione di leadership dei costi.
Risulta evidente la massiccia presenza di realtà ascrivibili al primo
tipo di crescita. Nell’economia di fine millennio, caratterizzata da una
sempre maggiore flessibilità produttiva, paradossalmente il commercio è
sempre più all’insegna della grande distribuzione. Prendendo come
riferimento la realtà commerciale nazionale, seppur tradizionalmente
meno concentrata rispetto agli altri paesi industrializzati, i dati sono molto
chiari: mentre ci si interroga su una presunta crisi dei consumi, si assiste
sempre più a uno spostamento di questi a favore di ipermercati e di Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit., pp. 42-43.
78
supermercati. Giusto per fare un esempio, secondo l’ISTAT, nel mese di
Maggio del 1996 il settore degli ipermercati e supermercati ha messo a
segno una crescita del 5,5% delle vendite rispetto allo stesso mese
dell’anno precedente, a fronte di un calo del 2,6% della media
distribuzione (meno di 20 addetti). Anche i dati aggregati, come possiamo
vedere nella figura in basso, confermano questa tendenza.
CLASSI DIMENSIONALI DELLE IMPRESE/TIPOLOGIA DI ESERCIZIO
• MEDIA DISTRIBUZIONE (10/19 addetti) + 0.4
• GRANDE DISTRIBUZIONE (più di 20 addetti) + 7.8
Grandi magazzini + 0.0 Ipermercati + 15.8 Supermercati + 9.9 Altri esercizi a vendita specializzata + 2.3
TOTALE + 6.8 gennaio-maggio 1996 su gennaio-maggio 1995. Fonte ISTAT
Come si concilia tutto questo con quanto asserito finora? La
convinzione di chi scrive è che, nonostante tutto, questa sia soltanto una
fase di transizione. Un po' come avviene per tutti i fenomeni ciclici, il
momento del massimo successo coincide, spesso, con quello da cui inizia
il declino.
Il settore industriale, pur passando tra ristrutturazioni non facili, si
è per larga parte adeguato a una politica produttiva basata sulla flessibilità
e sull’aumento del valore del prodotto mediante l’incorporazione di
informazioni. I consumatori, di certo più maturi, più avvezzi alla
tecnologia grazie a un livello culturale superiore e all’abbattimento dei
costi di acquisto e utilizzo di apparecchiature di tipo hi-tech, sono oramai
in grado di stabilire una comunicazione bidirezionale coi propri fornitori
di prodotti e servizi. Una politica commerciale ancora basata sul
paradigma della produzione di massa è destinata a fallire ove una rete
79
interattiva capillare e a basso costo d’utilizzo renda conveniente anche per
i beni banali l’interazione con la produzione e l’acquisto svincolato dai
tradizionali canali commerciali.
A questo punto è d’obbligo chiarificare un punto per evitare
possibili confusioni. La grande distribuzione non è arretrata dal punto di
vista tecnologico, anzi tutt’altro: l’impressionante crescita del settore degli
ultimi anni è dovuta in gran parte all’introduzione di sistemi POS-Scanner
ed E.F.T. (Electronic Funds Transfer), che hanno semplificato non poco la
gestione delle scorte e gli studi sulle preferenze dei consumatori. Ma
siamo ancora nel campo delle innovazioni di processo. Servizi telematici
flessibili e potenti, in grado di soddisfare il bisogno di interattività del
consumatore, sono in grado di disegnare un nuovo ruolo per le imprese
commerciali, sicuramente più redditizio, ma che deve essere compreso al
più presto, specie dalle aziende più grandi, pena la forte riduzione delle
quote di mercato o la relegazione nel settore della distribuzione puramente
fisica con margini sempre più risicati.
III.5 IL DIVERSO RUOLO DELLE TECNOLOGIE E DELLA RISORSA INFORMAZIONE ALL’INTERNO DEL SETTORE COMMERCIALE
Resta da chiedersi il perché di una tale diversità di sviluppo tra i
due grandi comparti del settore commerciale. Pare abbastanza chiaro che
il cammino della grande distribuzione lungo la propria traiettoria
tecnologica si sia arrestata. In periodi dove gli elevati costi di accesso alla
tecnologia agivano da barriera nei confronti delle piccole realtà
distributive, soltanto le grandi imprese sono state in grado di effettuare
investimenti in tal senso. Il primo effetto della tecnologia informatica è
stato senza dubbio l’accrescimento della produttività di capitale e lavoro,
che ha consentito uno spostamento delle risorse manageriali (più costose e
produttive) dalle operazioni ripetitive (fatturazione, controllo scorte, ecc.)
verso quelle non ripetitive. Il passo successivo è stato quello di utilizzare
80
la tecnologia per creare nuove opportunità di mercato, attraverso un
adattamento più efficace (a ritardo ridotto) alla variabilità quali-
quantitativa della domanda. Ad esempio, l’introduzione massiccia dei
sistemi POS-Scanner ha permesso di monitorare in tempo pressoché reale
le preferenze dei clienti.
Il terzo livello di influenza della tecnologia è il risultato della
combinazione dei primi due: si comincia a formare una situazione di
rendimenti di scala crescenti nella distribuzione, dando inizio al processo
di crescita del potere di condizionamento delle aziende commerciali nei
confronti delle imprese industriali. Nel contempo, anche l’informazione
commerciale acquista un valore d’uso crescente per il fornitore
industriale, informazione che però trapela con difficoltà in quanto il
settore commerciale funge da schermo tra offerta e domanda. L’azione
congiunta di tutti questi fattori ha portato all’apice il potere della grande
distribuzione.
Il processo innovativo dei grandi dealers, soddisfatti dell’enorme
potere contrattuale acquisito nei confronti della produzione, sembra però
essersi fermato a questo punto. Potere che li ha sì messi al riparo sul
terreno della competizione ma che nello stesso tempo ha funto da
elemento frenante nello sviluppo tecnologico. In una parola, processi
sempre più efficienti ma per vendere un prodotto sostanzialmente
“vecchio”.
Al contrario, la media e piccola distribuzione ha potuto (o dovuto)
sperimentare esperienze più innovative. Da una parte, i piccoli operatori,
sempre più minacciati dallo strapotere della grande impresa commerciale,
sono spinti all’utilizzo di canali alternativi nel tentativo di ritagliarsi una
nicchia di mercato poco elastica al fattore prezzo. Dall’altra, abbandonano
ogni proposito di crescita dimensionale orizzontale (per forza di cosa
limitata) per investire risorse nel coordinamento e nell’interrelazione con
attori del mercato diversificati, con particolare riguardo per coloro che
manifestano una domanda in forte evoluzione.
81
A questo punto si può introdurre la quarta fase dell’impatto
tecnologico, che è quella che si sta manifestando nell’economia di fine
secolo e che coinvolge principalmente, per i motivi appena visti, piccola e
media distribuzione, per larga parte nel settore non-grocery. La tecnologia
sta conducendo, in sostanza, verso nuove strutture della concorrenza e dei
rapporti tra fornitore ed impresa commerciale, attraverso l’alterazione
delle economie di scala e delle barriere competitive. Produzione e
consumo hanno ora consapevolezza e mezzi per accorciare la catena
distributiva ed innescare imponenti fenomeni di disintermediazione
commerciale. Il paradigma della produzione di massa sta per essere
completamente superato lasciando il passo al paradigma
dell’informazione, che diverrà l’elemento portante dell’economia.
L’elemento radicalmente innovativo che permetterà il
concretizzarsi di questa realtà è il fatto che le reti telematiche sono ora
sufficientemente rapide, estese e facilmente (e a costi irrisori) accessibili
da tutti gli anelli della catena distributiva; ciò consente la diffusione di
informazioni su scala planetaria, raggiungendo livelli di importanza
strategica sconosciuti nella fase fordista dello sviluppo dell’economia.
L’importanza dell’elemento informazione ha già determinato la nascita di
un’ampia gamma di prodotti a valore aggiunto, di servizi commerciali e di
consulenza specializzati, che ha già modificato peraltro l’intero sistema
finanziario mondiale. Tutto ciò in virtù delle particolari caratteristiche di
questo incredibile fattore produttivo.67
III.6 IL NUOVO RUOLO DELLA DISTRIBUZIONE NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE
Come si è visto precedentemente, nel settore produttivo le nuove
tecnologie hanno permesso la possibilità di sviluppare a costi contenuti
un’elevata differenziazione qualitativa dell’offerta in relazione alle
accresciute varietà e variabilità quali-quantitative della domanda. In altri
82
termini, il vantaggio competitivo fondamentale per l’impresa industriale
non è più rappresentato tanto dal costo di produzione di un prodotto
standard, quanto dalla capacità di accrescerne il valore d’uso,
differenziandolo per renderlo adatto agli specifici usi cui è destinato.
L’impresa industriale, tuttavia, non è direttamente a contatto con questa
molteplicità del consumatore: la comunicazione è pertanto garantita,
attualmente, dalla funzione di intermediazione propria del settore
commerciale, che per le considerazioni fatte finora sta per diventare
palesemente inadeguata. Il vero obiettivo che gli attuali canali
commerciali devono porsi è l’integrazione informativa tra progettazione
industriale e specificità degli usi, attraverso lo svolgimento di una
funzione di valorizzazione delle informazioni che circolano tra
produzione industriale e consumo.68 E questo implica la crescente
valorizzazione di una funzione-servizio centrata sull’informazione e non
più sulla componente logistica del fenomeno distributivo. Del resto, è
questo il fine cui tendono le applicazioni recenti della telematica nel non-
store retailing. Esse determinano infatti un insieme di canali di
comunicazione che possono divenire il fattore strategico di crescita
dell’impresa moderna, soprattutto nel settore non-alimentare e dei beni
cosiddetti problematici. Davanti ai nostri occhi si prospetta un mondo
dove la risorsa fondamentale dell’economia diventerà l’informazione
piuttosto che le qualità intrinseche del prodotto venduto. Ecco quindi
l’esaltazione di una funzione di intermediazione informativa che
sicuramente costituisce un nuovo business, terreno inesplorato per la
realizzazione di profitti mediamente superiori a quelli di un’economia
“tradizionale”.
Finora l’impatto delle tecnologie dell’informazione all’interno del
settore commerciale ha condotto a innovazioni prevalentemente di
processo, sostanziandosi in una riduzione dei costi senza cambiamento nel
67Tanto da avere meritato il nome di “capitale digitale”. 68Luciano Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., p. 77.
83
servizio offerto. Innovazioni radicali di prodotto (nuovi servizi o nuove
modalità di offerta del servizio commerciale tradizionale) sono limitate a
segmenti specializzati e, nella generalità delle imprese, si diffondono
ancora con relativa lentezza. I rapporti tra il settore produttivo e quello
della distribuzione saranno modificati dal fatto che la funzione di
intermediazione del commercio, che ora si limita sostanzialmente a gestire
un flusso di merci dal produttore al consumatore, dovrà necessariamente
evolvere in quanto nel canale distributivo dovranno efficacemente
circolare flussi di informazione dal produttore al consumatore e viceversa:
un’informazione tanto più complessa e significativa in quanto destinata a
circolare nel canale distributivo in tempo pressochè reale.
La grande novità è che le nuove infrastrutture telematiche possono
rappresentare un punto d’incontro tra aziende commerciali, produttori e
consumatori, con una trasparenza e facilità di comunicazione mai viste
prima. Esse possono dare luogo ad innovazioni di processo radicali, che
comportano mutamenti significativi nella funzione commerciale e nella
forma organizzativa d’impresa, nei rapporti con i fornitori e, più in
generale, nelle interazioni con l’ambiente.
È già stato ricordato che il settore commerciale si è caratterizzato
per la presenza di due modelli di sviluppo antitetici: da un lato la tendenza
alla concentrazione dimensionale delle strutture distributive, dall’altro
l’affermarsi di una pluralità di assetti organizzativi all’interno dei quali il
concetto di crescita è svincolato dal concetto di dimensione. Ciò ha
consentito di evidenziare, da una parte, una modernizzazione tradizionale
intesa come sviluppo dell’impresa commerciale attraverso le grandi
superfici di vendita. Dall’altra abbiamo la modernizzazione innovativa,
che fa riferimento ad un’impresa commerciale che si organizza per
mettere in rete e usare in modo sinergico più centri decisionali collegati
84
dall’informazione. Unioni volontarie, le imprese a filiale e il franchising
sembrano i casi più emblematici.69
Da una parte, il settore commerciale sembra insomma proseguire su
sentieri di sviluppo già sperimentati dall’impresa industriale; dall’altra
mostra invece di anticipare alcuni approdi più recenti dello sviluppo più
articolato e flessibile di tale tipo di impresa.
A questo punto è d’obbligo tracciare lo scenario della “nuova
distribuzione” che si profila all’orizzonte, che vede il declino della grande
distribuzione come è conosciuta oggi a favore di una organizzazione
commerciale molto più flessibile e scarsamente legata all’ambito spaziale.
Riguardo ad una particolare struttura distributiva, è chiaro che un
sistema commerciale orientato all’informazione determina in un primo
momento un’influenza sulla componente endogena, che si manifesta
essenzialmente in un aumento delle economie di scala da integrazione. Ma
è solo una fase iniziale: l’estensione di reti telematiche anche ai canali
esterni (produttori e consumatori) crea le premesse per una futura
rimozione delle barriere spaziali-istituzionali all’ingresso di nuovi
concorrenti (fra i distributori e fra i produttori). La diffusione del non-
store retailing telematico è un esempio emblematico di questi fenomeni
potenziali di trasformazione. Parallelamente al depotenziamento del ruolo
svolto dalla struttura spaziale della distribuzione, diviene sempre più
determinante la ricerca di soluzioni organizzative e imprenditoriali in
grado di gestire e governare le risorse impiegate ai diversi livelli e nei
diversi ambiti funzionali. Già una decina di anni fa furono teorizzati gli
effetti di tali evoluzioni:
“La diffusione nel lungo periodo di reti esterne di tipo logistico ed informativo permetterà anche ai piccoli operatori di fruire dei vantaggi di scala derivanti dall’offerta di un servizio commerciale di
69Il concetto è stato già espresso a p. 84 di questo studio, mentre le definizioni di modernizzazione innovativa e tradizionale sono opera di Luciano Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., p. 49 e ss.
85
tipo eminentemente informativo. La costituzione di un sistema rete potrà determinare diffusi processi di specializzazione fra operatori commerciali tesi a fornire un servizio informativo e quindi orientati a progettare e implementare reti informative e a gestirne flussi di informazione - e operatori orientati a fornire un servizio di tipo essenzialmente logistico. [...] In definitiva, le nuove tecnologie dell’informazione comportano un ripensamento delle tradizionali modalità di divisione del lavoro all’interno del settore commerciale che indurrà rilevanti modificazioni, dapprima sulle strategie di sviluppo organizzativo delle imprese di maggiori dimensioni ma, in un secondo momento, coinvolgerà invece la totalità degli operatori
interessati alla produzione del servizio di distribuzione.”70
Dalle considerazioni fatte sembra abbastanza chiaro che il rapporto
tra distributori e produttori cambierà sostanzialmente natura. Le imprese
commerciali, essendo a contatto con una domanda sempre più
differenziata ed esigente, divengono la fonte primaria dell’input
informativo necessario alle imprese industriali per personalizzare i
prodotti in funzione della domanda esplicita o potenziale, per calibrare la
differenziazione dei prodotti-mercati in rapporto alla domanda. Allo
stesso tempo, il canale commerciale diventa il mezzo attraverso cui il
produttore può fare affluire al consumatore un volume e una qualità di
informazioni (modifiche ottenibili a richiesta, specifiche tecnologiche e
funzionali, costi per la personalizzazione, ecc.) decisamente superiore a
quello che era possibile con i sistemi tradizionali: informazione
incorporata nel prodotto, canali pubblicitari, comunicazione interna
(cataloghi, assistenza ai distributori, ecc.).71
In tale ambito, i potenziali clienti non sono più spazialmente
circoscritti in funzione del loro accesso fisico alle informazioni gestite
dall’impresa commerciale. Il livello di capacità informativa da gestire per
controllare e fare evolvere competitivamente il proprio bacino di domanda
70Luciano Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., p. 66. 71op. cit., pp. 75-76.
86
sarà, per l’impresa commerciale, notevolmente superiore all’attuale, in cui
la domanda si definisce semplicemente sulla base della diffusione
territoriale dei punti vendita.
Molti sono ancora scettici su questa fantomatica rivoluzione:
eppure è sotto gli occhi di tutti. Diverse realtà di questo tipo sono già
presenti su quello che attualmente si avvicina di più ad una rete telematica
di tipo universale, cioè Internet: grossi distributori che espandono il
mercato potenziale a livello planetario (seppur con un totale di ordinativi
ancora relativamente bassi), piccole imprese industriali che mettono in
atto fenomeni di disintermediazione ricercando attraverso la rete canali
diretti di promozione e vendita. Ed il sentiero sembra oramai tracciato.
Non bisogna infatti sottovalutare la risorsa informazione, la cui peculiarità
risiede nel fatto di essere una risorsa che lavora a rendimenti crescenti
mano a mano che l’area dell’organizzazione informatizzata si espande e si
generalizza. Finché l’innovazione organizzativa che incorpora una elevata
intensità di informazioni resta circoscritta ad una funzione o a una impresa
particolare, la maggior parte delle potenzialità d’uso (e quindi del valore
economico) dell’informazione che si acquisisce resta inutilizzata e si
disperde.72
Il fattore nuovo è che l’innovazione si diffonde sempre più in
maniera orizzontale, realizzando la convergenza tra apparati tecnologici
diversi. Reti di comunicazione a commutazione di pacchetto, prima il
videotex, Internet poi, hanno condotto all’integrazione tra computers e
linee telefoniche: con il cablaggio di cavi coassiali e in fibra ottica avremo
l’integrazione tra questi ultimi due, la televisione, il fax, la telefonia
cellulare. L’insieme di tutte le innovazioni tecnologiche emergeranno cioè
a un certo punto come sistema suscettibile di integrazione ed elevatissima
produttività. Non solo: come già si sperimenta attraverso Internet, si potrà
verificare un aumento delle potenzialità concorrenziali da parte dei piccoli
operatori, in quanto essi stessi potranno usufruire di un’efficiente mercato
87
dell’informazione, in grado di fornire loro quelle economie esterne di cui
oggi le grandi imprese dispongono sotto forma di economie interne
(attraverso reti informative proprietarie).73
I rapporti tra le imprese commerciali e le imprese industriali sono
destinati a subire in modo molto netto gli effetti dell’impatto della
telematica sul settore commerciale. In una fase iniziale una delle risorse
chiave, l’informazione necessaria per gestire in tempo reale il rapporto
domanda-offerta, si colloca nelle mani dell’intermediario commerciale, la
cui capacità di selezionare e far arrivare le informazioni al momento e al
punto giusto diventa un elemento di rilevanza strategica per l’impresa
industriale. Un tale potere di condizionamento potrà influire sui prezzi o
meglio sulla distribuzione dei margini tra produttori e distributori; nello
stesso tempo, però, pone in azione strategie di risposta industriale tendenti
ad evitare la subordinazione all’informazione commerciale, sfruttando le
stesse infrastrutture telematiche sia come veicolo di interazione con la
domanda che come canale alternativo per la vendita.74
Insomma, la lotta per il potere contrattuale viene riportato grazie ai
canali telematici ad una situazione di sostanziale parità. Infatti, quando un
particolare canale commerciale non si riorganizza efficacemente per far
affluire all’impresa industriale le informazioni complesse di cui ha
bisogno, si verificherà una pressione, dal lato dell’offerta industriale, per
attivare altri canali sostituivi agli attuali, rimasti inefficienti.75 Questo
fenomeno è acutizzato dal fatto che le imprese industriali sono di fatto più
orientate all’innovazione. In presenza di probabili inefficienze, le imprese
produttrici già informatizzate potrebbero con relativa facilità sviluppare
un proprio business commerciale, essendo meno rilevanti le barriere
inerenti al contatto informativo con la domanda. La crescita e sviluppo di
reti logistiche indipendenti dagli attuali canali commerciali (il tradizionale 72Luciano Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., pag. 79. 73op. cit., pag. 82. 74op. cit., pagg. 83-84.
88
intermediario postale, oppure il corriere espresso) costituisce senza dubbio
una spinta in tal senso.
Come si analizzerà più avanti parlando in maniera più puntuale del
commercio elettronico, nel settore sta maturando un processo di
cooperazione che coinvolge diversi soggetti. Gli intermediari
commerciali, in questo processo, hanno certamente diversi vantaggi.
L’operatore commerciale ha infatti maggiore esperienza nella mediazione
tra offerta e domanda e la possibilità di sviluppare una funzione
“specializzata” (indipendente sia dalla singola impresa che dal singolo
acquirente-consumatore) di offerta di servizi di intermediazione
informativa, costituendo così una nodo informativo che renda trasparente
il mercato complessivo, intendendo in questa accezione l’insieme dei
possibili offerenti e dei possibili acquirenti. Ma è importante che si sappia
adeguare con sufficiente velocità. Le possibilità dell’industria e del
consumatore finale di entrare direttamente in comunicazione tra loro, fino
ad arrivare alla conclusione di una transazione al di fuori della mediazione
commerciale, supera quel “monopolio” naturale che ha contraddistinto
finora il commercio dalla produzione e dal consumo. La funzione
commerciale, senza deperire necessariamente come tale, dovrà essere
competitiva con canali alternativi di collegamento tra industria e consumo
assai più efficaci di quelli che invece erano possibili in passato, dopo la
specializzazione-concentrazione della produzione di massa. Oggi le nuove
tecnologie dell’informazione vanno rimuovendo le barriere informative
che la specializzazione e la concentrazione industriale hanno creato tra i
produttori e i loro consumatori finali, e il commercio non è più l’unica
forma efficace di recuperare un collegamento tra i due poli.
I tradizionali vantaggi su cui ha potuto contare l’intermediario
commerciale rispetto alle altre soluzioni distributive avranno un rilievo
decrescente nel tempo. Il ruolo degli spazi di vendita, ad esempio, è
destinato a declinare man mano che la dematerializzazione
75ibidem.
89
dell’informazione e la diffusione capillare di strumenti di interazione
comunicativa (cui Internet rappresenta la più interessante manifestazione)
permetteranno di formulare una massa crescente di decisioni di acquisto a
prescindere dal contatto diretto con il prodotto: i canali telematici sono
infatti assai più ricchi di informazione del contatto diretto.76 Se il
processo di separazione dell’atto d’acquisto dalla distribuzione fisica si
affermerà su scala rilevante, esso creerà una domanda specializzata di
servizi logistici (trasporto, smistamento, consegna) che avrà carattere non
commerciale.
76Eccettuato, ovviamente, le informazioni di tipo tattile. Ma non passerà molto tempo che le innovazioni nel campo della virtual reality applicate alla telematica colmino, almeno parzialmente, quest’ultimo gap.
90
CONCLUSIONI
1) Nel paradigma della produzione di massa il settore commerciale
doveva mediare le esigenze di consumatori e produttori, in progressivo
allontanamento per motivi geografici e di gap tra il prodotto
indifferenziato e il reale bisogno del consumatore;
2) Dallo shock petrolifero in poi l’industria ha cominciato a rivedere,
seppure con relativa lentezza, la rigidità dei processi produttivi. Nel
frattempo servizi altamente flessibili e differenziati accompagnano il
prodotto per venire incontro alle diverse esigenze;
3) La produzione ha gestito con difficoltà il bisogno da parte
dell’acquirente di informazioni sul prodotto di tipo non standardizzato.
Packaging e comunicazione di massa rappresentano in questo contesto
strumenti poveri;
4) Col passare del tempo il potere del settore commerciale rispetto a
quello produttivo è diventato sempre più forte, vista la possibilità per la
distribuzione di “schermare” al settore industriale il gusto del
consumatore;
5) Alta flessibilità produttiva implica un canale veloce di interazione con
il consumatore, altrimenti rimane una strategia in grado di arrecare grossi
danni all’equilibrio dell’impresa;
6) Ma altrettanto dannosa è la mentalità “vecchia” della distribuzione se
non soddisfa il bisogno di interazione manifestato dai soggetto agli
estremi della filiera;
7) Se la distribuzione non è in grado di svolgere efficacemente la funzione
di intermediazione informativa prospettata dall’era dell’informazione,
91
possono mettersi in moto imponenti fenomeni di disintermediazione. In
tal caso all’impresa commerciale, in balìa della complessità ambientale,
non resta che limitarsi allo svolgimento di una mera funzione logistica,
caratterizzata da margini estremamente bassi.
92
CAPITOLO IV
L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA COME IMPULSO FINALE ALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE
DELL’ERA TELEMATICA
IV.1 INTRODUZIONE
Scopo del capitolo è di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche
tecniche e sulle potenzialità dei mezzi telematici di massa. Tale capitolo
riprende e approfondisce le brevi considerazioni fatte nel cap. II.
In questa sede, con l’accezione “mezzi telematici di massa” si
intendono quei canali di comunicazione fortemente interattivi la cui
caratteristica principale è quella di riunire tra gli utilizzatori soggetti
economici di diverso tipo: imprese, privati, fornitori di servizi, fornitori di
informazioni, operatori di sistema, distinguendosi quindi da reti
informatiche di tipo proprietario. Reti di comunicazione così estese hanno
dovuto, perlomeno finora, utilizzare infrastrutture di base già presenti,
tipicamente la rete telefonica. Per tale ragione, le politiche dei gestori
telefonici (e degli enti governativi laddove il settore delle
telecomunicazioni si è sviluppato in regime di monopolio) rappresentano,
almeno fino a questo momento, una delle determinanti principali per la
diffusione (in Italia, in negativo).
Può sembrare una grossa banalità, ma ciò non basta per avere una
rete telematica. La comune rete in fonia è già di per sé una rete che
permette lo scambio di informazioni (vocali) tra diversi soggetti
economici. L’etimologia della parola telematica deriva dall’unione delle
due parole “telecomunicazioni” e “informatica”.77 La comunicazione tra i
77Telematica: scienza e tecnica dell’integrazione tra sistemi di telecomunicazione e sistemi di elaborazione dati propri dell’informatica. Storicamente, queste due discipline si sono sviluppate in modo autonomo finché, a partire dagli anni ‘70, si è verificato un fenomeno di progressiva convergenza e integrazione. Elaborare e comunicare sono due facce complementari di uno stesso problema, ossia l’uso dell’informazione: occorre andarla a prelevare dove esiste,
93
diversi soggetti avviene infatti mediante l’utilizzo di apparecchi elettronici
(terminali o personal computers). Ciò implica la possibilità, attraverso il
canale, di trasmettere informazioni di molteplice natura (multimediali) in
tempo pressoché reale e in maniera bidirezionale. Per tali ragioni, gli altri
fattori cruciali per la diffusione capillare di reti telematiche diffuse sono
rappresentati dalla capacità trasmissiva del canale stesso, dalla velocità di
trasmissione e dalla facilità di accesso e d’uso delle nuove tecnologie (in
termini di costo ma anche di know-how di base).
IV.2 IL FALLIMENTO COMMERCIALE DEL VIDEOTEX
Il primo reale tentativo di realizzare una infrastruttura telematica
estesa è stato, a partire dall’inizio degli anni Ottanta, l’introduzione e la
diffusione presso il pubblico della tecnologia videotex.78 E, a onor del
vero, molte speranze furono riposte in questo tipo di tecnologia, da parte
di una società e di un’economia che sperimentava le prime difficoltà
derivanti dello shock petrolifero e della scarsa flessibilità produttiva:79
“Videotex is as critical to the development of the ‘third’ industrial revolution as were the steam engine to the first and the internal combustion engine to the second”80
Il videotex rappresentò la prima vera opportunità per la diffusione e
commercializzazione di servizi a valore aggiunto (ad alto contenuto
elaborarla e poi inviarla dove serve (dall’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1995). 78La prima dimostrazione di un sistema videotex si tenne al Centro di Ricerca della British Telecom di Martlesham nel 1973. Esperimenti dello stesso tipo avvenivano contemporaneamente in Canada. Per una trattazione più ampia vedi New Telecommunication services. Videotex development strategies, collana Information Computer Communication Policy 16, O.C.D.E., Parigi 1988, pp. 23 e ss. 79Se ne era accennato nei paragrafi II.3 e III.2 di questo stesso studio. 80Fedida Sam e Malik Rex, Viewdata Revolution, Associated Business Press, Londra 1979, citato da AA.VV., “The State and New Forms of Communications”, in Hilpert Ulrich (a cura di), State Policies and techno-industrial innovation, Routlege, London 1991, p. 161.
94
informativo). Fino a quel momento questo tipo di servizi era rimasto
confinato entro i ristretti limiti di una utenza d’affari costituita, in
prevalenza, da imprese network, istituti bancari e società finanziarie, le
cui appendici sul territorio erano collegate attraverso reti specializzate
(proprietarie).
Per le sue caratteristiche di semplicità d’uso (o presunta tale) e la
capacità di soddisfare esigenze informative generali, il videotex si
prestava a svolgere un ruolo centrale nella diffusione di massa delle
applicazioni telematiche.
Nella quasi totalità dei paesi industrializzati, nonostante le grandi
velleità, il videotex fu sostanzialmente un insuccesso. L’unico paese in
controtendenza rimase la Francia, dove lo sviluppo di una rete telematica
diffusa (nello specifico il sistema videotex denominato Teletel) fu il
preciso obiettivo di un programma governativo fin dal 1975. La Francia
resta infatti l’unica nazione ove l’utenza domestica, che è poi quella più
numerosa, abbia accolto davvero con favore questo tipo di tecnologia.81Se
però ragioniamo nell’ottica di un canale fortemente innovativo per la
promozione, il commercio e l’interazione produzione/consumo prospettata
nel cap. III, anche l’apparente fenomeno francese ne esce drasticamente
ridimensionato.
Resta da capire il perché del sostanziale fallimento della tecnologia
videotex nell’ambito del commercio e della distribuzione di nuovi servizi,
nonostante la già ribadita “maturità interattiva” degli estremi della filiera
distributiva. Banalmente, uno dei fattori può essere la scarsa presenza di
clienti potenziali, che non ha reso l’insieme degli utenti privati videotex
un mercato appetibile per le imprese commerciali.82 Ma ciò non spiega, in
81Si parla, alla fine del 1988, di oltre quattro milioni di terminali in uso, contro i 150.000 del Prestel (sistema videotex inglese), secondo per diffusione, e degli appena 27.000 terminali Videotel in Italia (saranno circa 120.000 solo nel 1990). 82Una prospettiva così semplicistica va subito scartata. In effetti, la diffusione dei canali telematici va inquadrata nell’ottica di un caso di gioco non cooperativo, dove la decisione di attesa e di entrata è influenzata dalle aspettative di ciascun utente relativamente al comportamento degli altri. Per una trattazione più completa, vedi Sergio Lodde, La diffusione del Videotel in Italia, collana Quaderni dell’Istituto di Scienze economiche e finanziarie dell’Università di Cagliari, Cagliari, Luglio 1990, p. 5.
95
presenza di un’utenza privata piuttosto vasta, lo scarso utilizzo del Teletel
come canale promozionale e di vendita da parte delle aziende francesi. E’
evidente che una politica statale di incentivi può aiutare la diffusione dei
mezzi telematici, ma ciò non basta per attivare quella rivoluzione
commerciale e dei costumi di cui abbiamo trattato diffusamente nel
capitolo III di questo studio.
Dal punto di vista dell’utenza privata, il problema principale
sembra risiedere nel fatto che il videotex non ha rappresentato per questo
segmento di domanda un prodotto sufficientemente differenziato rispetto
a strumenti di informazione alternativi con i quali entrava in competizione
(stampa, televisione, ecc.). Secondo la prospettiva economica, la domanda
espressa dall’utenza domestica era caratterizzata, in quel caso, da una
elasticità di sostituzione piuttosto elevata, quindi da un’elevata sensibilità
rispetto al prezzo, sia per i costi di accesso al servizio che per i costi
d’uso.83 Nel complesso, il videotex è stato utilizzato dall’utenza privata
principalmente come mezzo di intrattenimento, con grandissima parte
delle connessioni dedicate all’utilizzo delle messaggerie in diretta
(comunicazione in tempo reale con altri utenti), vale a dire l’unico
servizio che si possa considerare specifico del videotex in quanto non
ottenibile da altre fonti.84
L’utenza professionale, più capace nell’identificare le proprie
esigenze informative, ha saputo cogliere meglio le potenzialità del
sistema. Per questa categoria di utilizzatori, infatti, il videotex ha
rappresentato un media molto più vantaggioso della carta stampata per il
reperimento e l’aggiornamento in tempo reale di informazioni di tipo
generico (la Borsa, la meteorologia, ecc.), fino alla consultazione di
banche dati specializzate (servizi telematici application oriented).
Il risultato è che, nella generalità dei paesi europei, il videotex ha
incontrato una recettività maggiore presso l’utenza d’affari rispetto a
83Cfr. Sergio Lodde, La diffusione del Videotel in Italia, op. cit., p. 7. 84ibidem.
96
quella domestica.85 Ma per questa categoria l’utilizzo del videotex ha
inciso più che altro sulla componente organizzativa d’impresa, non sulla
componente squisitamente di marketing, come canale cioè per ricercare
un dialogo con il potenziale acquirente sulle caratteristiche del prodotto, o
per attivare politiche promozionali o di distribuzione.
In conclusione, né da una parte né dall’altra della catena
distributiva vi sono state spinte per uno sviluppo in senso commerciale del
sistema videotex, come sostituto, se non del negozio sotto casa,
perlomeno della vendita postale su catalogo.
Inquadrare in un modello teorico preciso tutte le cause sottostanti la
diffusione delle tecnologie dell’informazione e telematiche non è stato un
compito agevole per gli studiosi, e ha prodotto contrapposizioni anche
aspre. Tuttavia, si può affermare che, con l’evolvere della società e con il
progressivo incontro tra un’offerta ad elevata flessibilità e una domanda
sempre più capace di specificare le proprie esigenze specializzate, si è
manifestata una condizione storica che ha favorito il superamento teorico
della rigida contrapposizione tra fattori technology/supply-push e fattori
demand-pull. Tale contrapposizione aveva infatti caratterizzato il dibattito
economico fino alla metà degli anni Settanta.86
In questa sede non si ha certo l’ambizione di confutare
un’orientamento teorico oramai consolidato. Del resto, già nel secondo
capitolo di questo studio la discussione è avvenuta sulla base del
riconoscimento di una situazione altamente complessa e dalla
compenetrazione di diversi elementi sul mutamento del comportamento
del consumatore, che comunque condiziona e viene condizionato
(attraverso il classico feedback) sia dal settore produttivo che da quello
commerciale. Ricordiamo anche che nel capitolo III abbiamo indicato
nella sostanziale arretratezza del settore commerciale (arretratezza
85In Francia l’utenza domestica è numericamente superiore a quella d’affari eppure quest’ultima genera un volume di traffico maggiore. 86Salvatore Torrisi, “Innovazione e diffusione tecnologica in una prospettiva teorica evolutiva”, in Benassi M., Buratti Mosca N., Torrisi S., La diffusione dei servizi telematici, Franco Angeli, Milano 1989. p. 29 (Il corsivo è nel testo originale).
97
soprattutto “teorica”) l’elemento fortemente condizionante quella
rivoluzione commerciale che, secondo il nostro parere, sarebbe già
perfettamente gestibile sia dalla produzione che dal consumo. Tuttavia,
nel momento in cui un nuovo tramite (il canale telematico) aspira a
sostituire il vecchio (il tradizionale intermediario commerciale), secondo
il parere di chi scrive un’analisi corretta deve necessariamente fondarsi
sulle caratteristiche intrinseche del mezzo stesso, implicando perciò
considerazioni di natura squisitamente tecnologica. Avendo condotto la
discussione sul terreno della sostituibilità di un mezzo rispetto agli altri,
ecco allora balzare alla luce il grosso limite del videotex dal punto di vista
commerciale: come poteva un mezzo di tale genere competere con la
grafica pubblicitaria, con una vetrina o con un cortese e capace venditore?
Da quanto detto finora, sembra abbastanza chiaro che la quantità di
informazioni da trasmettere e gestire per condurre e portare a
perfezionamento una transazione commerciale era troppo elevata per la
tecnologia videotex. La natura del canale stesso, e quindi limitazioni di
ordine tecnologico, ha impedito una grande affermazione del sistema in
ambito commerciale, nonostante che gli attori del processo economico,
consumatori in testa, non avessero aspre pregiudiziali verso tale modo di
condurre transazioni.
Si può dare forza al ragionamento esaminando la cosa sotto un
altro punto di vista. Dalla teoria della comunicazione di Shannon87 si
desume che l’entropia di una sorgente non è altro che la quantità di
informazioni media trasmessa da quella sorgente. Sempre dalla teoria di
Shannon abbiamo la definizione di capacità di canale, definita
dall’espressione:88
87Claude Elwood Shannon, ingegnere della compagnia telefonica statunitense Bell, contribuì dalla fine degli anni Quaranta alla formalizzazione di concetti come informazione, struttura e comunicazione. Raramente una teoria scientifica deve tanto al suo fondatore. 88Il concetto di capacità di canale, oltre che nell’opera originale, (vedi ad esempio Claude E. Shannon e Warren Weaver, La teoria matematica delle comunicazioni, Etas Kompass, Milano 1971), è trattato più chiaramente da Gastone Ceccanti, Fondamenti di Tecnica Imprenditoriale, vol. III, Università degli studi di Siena, a.a. 1993-94, pp. 15-20.
98
con n(t) il numero di simboli diversi che il canale riceve e trasmette
nell’intervallo di durata (t). Ovviamente, la funzione n(t) risulta crescente
al crescere della durata t dei segnali medesimi. A parità di intervallo, il
n (t) C = lim -------- n +∞ t
canale sarà tanto più capace quanto più velocemente avverrà la
trasmissione di una determinata sequenza di segnali.
Queste brevi considerazioni illustrano come la capacità di canale
sia qualcosa di intrinseco alle proprietà informatiche del canale (sistema).
Sia la natura delle informazioni (molteplicità dei segnali trasmissibili) che
i tempi di trasmissione limitano fortemente la capacità di canale.89
IV.3 I LIMITI DI ORDINE TECNOLOGICO DEL SISTEMA VIDEOTEX Da quanto detto finora appare chiaro che le premesse per una
diffusione capillare dei canali telematici nel commercio dei beni di
consumo diretto ci sono tutte: tecnologia a basso costo (fruibile quindi
anche dalla singola unità di consumo), autonomia psicologica del
consumatore, graduale trasformazione delle politiche di marketing delle
imprese industriali e commerciali in un panorama caratterizzato da alta
interattività tra produzione e consumo.
Già dall’avvento del videotex (si parla della seconda metà degli
anni Settanta) la teoria si è lanciata nel prevedere possibili scenari di
89Attenzione: la teoria di Shannon mette in guardia dal considerare la componente qualitativa dell’informazione. Tuttavia, nei sistemi informatici la qualità dipende strettamente dai bit usati per l’informazione. Ad es. un’immagine digitale che utilizza un sistema di 8 bit per colore ha una risoluzione di 256 colori. La stessa immagine che utilizza un sistema di 16 bit per colore ha una risoluzione di 16.000.000 di colori ed ha quindi una qualità notevolmente superiore. La trasmissione di un’immagine del secondo tipo implica tempi notevolmente più lunghi se la capacità trasmissiva del mezzo è insufficiente.
99
consumo del futuro, dove la maggioranza delle transazioni avveniva
attraverso canali ad alta tecnologia e dove il dettagliante, specie il piccolo,
appariva quasi una specie in via di estinzione, minacciata da fenomeni
imponenti di disintermediazione.
A onor del vero, seppur chi scrive sia convinto di una grossa
affermazione nei prossimi anni del commercio elettronico (vedremo più
avanti delle cifre molto significative), permangono ancora diversi
problemi. Eppure pare che questi problemi siano largamente riconducibili
alla tecnologia e risolvibili in un periodo di tempo piuttosto breve. Solo
per l’Italia esistono ancora delle resistenze, dovute soprattutto alla
situazione di monopolio nel settore delle telecomunicazioni90 e alla scarsa
dimestichezza del consumatore con il personal computer da una parte e i
mezzi di pagamento “virtuali” (diversi cioè dal contante) dall’altra.91
Dubbi di questo tipo, per la verità, furono manifestati a suo tempo
da diversi studiosi dell’impatto commerciale dei sistemi videotex:
“Se la recente valanga di articoli sulle vendite elettroniche al dettaglio a domicilio indica l’importanza crescente di questo tipo di vendita, allora i venditori al dettaglio vanno considerati una specie in pericolo di estinzione. Ma la pubblicità della cosa e la sua realtà effettiva in questo caso sono del tutto incompatibili. Per il resto di questo decennio, il discorso sulle vendite al dettaglio a domicilio sarà più fumo che sostanza.”92
Per esaminare meglio i limiti tecnologici del sistema videotex è
necessario ricorrere a nozioni di tipo squisitamente tecnico. La tecnologia
videotex era basata sulla circolazione di informazioni attraverso la linea
telefonica. Il terminale sul quale agisce l’utente e il mainframe che
90Giova ricordare che dal 1998 comincerà (finalmente) anche nel nostro paese la liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione in fonia. Per la trasmissione dati la liberalizzazione vige dal 1996 anche se il gestore nazionale potrà godere per diverso tempo di ampie rendite di posizione. 91Dove si intende con questo termine anche la semplice carta di credito, ancora un oggetto quasi sconosciuto per il consumatore italiano. 92Salmon, Walter J., “Il futuro del dettaglio elettronico a domicilio”, in Buzzell D. Robert (a cura di), Il marketing dell’era elettronica, op. cit., p. 113.
100
gestisce e trasmette l’informazione comunicano attraverso una tecnologia
definita a commutazione di pacchetto (packet-switching), e lungo portanti
pubbliche, secondo lo standard X.25.
La velocità di connessione risulta molto bassa, nell’ordine dei 2400
baud (sostanzialmente 2400 bit al secondo),93 probabilmente anche un
vecchio retaggio delle vecchie centrali telefoniche di tipo meccanico.
Velocità di trasmissione così basse hanno limitato fortemente la qualità
delle informazioni trasmissibili. Con sufficiente velocità è possibile
visualizzare caratteri ed immagini molto rozze (a bassa risoluzione), ma
restano escluse dalla trasmissione immagini di alta qualità, suoni ed anche
filmati, fattori trainanti per lo sviluppo di servizi graditi al cliente e
soprattutto per la realizzazione di canali per la vendita diretta.
E’ evidente che un sistema di questo tipo limita fortemente il tipo
di merce che può essere promossa ed eventualmente acquistata. Se la
presentazione di un articolo è importante per il consumatore, ma questi
non si ricorda poi la dimostrazione o delle caratteristiche funzionali della
merce, allora è preferibile usare cataloghi o vendite al dettaglio effettuate
presso i negozi per soddisfare le necessità di informazione del
consumatore stesso. Si torni per un attimo al concetto della sostituibilità di
un mezzo rispetto all’altro appena visto. Dato che il videotex non era in
grado di trasmettere informazioni (nello specifico, testo e immagini) di
una qualità almeno pari a quella di un catalogo per le vendite postali
dirette, lo shopping telematico risultava un canale di informazione
perdente per la vendita di gran parte degli articoli. Questa risulta una
limitazione di enorme rilievo, se pensiamo che, almeno nel prossimo
futuro, nessun canale telematico potrà competere con la vendita al
dettaglio presso il negozio (o anche con le vendite porta a porta) di quei
prodotti che richiedono una dimostrazione. 93Baud = unità di misura con la quale un modem converte i segnali di uscita da un computer in suoni che vengono inviata su una linea telefonica analogica. Non sempre 1 baud coincide con la velocità di 1 bit al secondo. Algoritmi di compressione permettono di inviare più di un bit di informazione per ciascun evento di modulazione. Un modem da 14.400 baud, attraverso il
101
A causa di tali limitazioni, il sistema fu pertanto utilizzato più che
altro per la trasmissione di informazioni di tipo testuale (l’orario dei treni,
la meteorologia, ecc.), dove il gestore dell’informazione veniva
remunerato con una quota della tariffa di collegamento. Tranne pochi
servizi, come la consultazione telematica delle Pagine Gialle Elettroniche
o degli elenchi SEAT che venivano forniti gratuitamente, gli altri erano a
pagamento.
Rimane un’ “isola felice” del marketing, nel sistema videotex e
sempre nell’ambito del Minitel francese, l’home banking, che non
necessita di particolari potenzialità grafiche del mezzo. Oltralpe ben
4.900.000 famiglie (nel 1994) hanno usufruito di questo servizio, per
consultare le giacenze del proprio conto corrente o per compiere piccole
transazioni finanziarie.
FIG. IV.1 Home Banking via Minitel (milioni di famiglie)
1 990 199 1 1992 1 993 19 94
1 ,31 ,7
2 ,3
4 ,8 4 ,9
00 ,5
11 ,5
22 ,5
33 ,5
44 ,5
5
1 990 199 1 1992 1 993 19 94
Fonte: Analisi McKinsey94
Il sistema videotex aveva inoltre un altro grosso limite come mezzo
telematico globale: le potenzialità di fruizione dei servizi rimanevano
circoscritte in ambito nazionale, a parte la presenza sparuta di gateways
verso altri paesi europei.95 Anche se apparentemente è una cosa di poco
conto va detto che una rete circoscritta geograficamente dà poche
protocollo di comunicazione V.42bis, può raggiungere la velocità di trasferimento di 57.600 bps. 94citata da Il Sole 24 Ore, 22/11/1996, p. 41. 95Si definisce gateway un dispositivo hardware per collegamenti in rete che gestisce le comunicazioni tra due reti di tipo diverso e permette limitati scambi di dati.
102
possibilità di realizzare un vero e proprio shopping comparato. Senza
contare che un sistema di tale genere poneva un grosso freno ai fenomeni
di disintermediazione da parte di aziende estere nei confronti dei
distributori nazionali e soprattutto all’imitazione nei confronti di paesi più
evoluti nell’uso di questa tecnologia.
IV.4 INTERNET: IL “GIGANTE BUONO” DELLA TELEMATICA
Il sistema videotex pare oramai sulla via del tramonto, almeno per
quei paesi dove lo sviluppo sia riuscito perlomeno a superare una fase di
start-up. Negli ultimi anni si è difatti concretizzata una strategia diversa
per lo sviluppo dei mezzi telematici di massa. Una crescita non più
guidata dall’alto (enti governativi e gestori nazionali delle
telecomunicazioni) ma una diffusione di tipo policentrico ed orizzontale,
ove i gestori telefonici si sono limitati a fornire connettività.
Questo nuovo paradigma di sviluppo della telematica ha dato
origine al fenomeno Internet. A differenza di altre reti, la principale
peculiarità di Internet è che non esistono computer centrali che governano
e controllano il flusso di dati. Il cuore e le risorse di Internet sono proprio
l’insieme delle migliaia di computer collegati tra di loro, ciascuno
indipendente da gerarchie e collegato agli altri.
Storicamente Internet affonda le proprie radici in ARPAnet, una
rete di computer per la ricerca e la difesa creata dal Dipartimento della
Difesa degli Stati Uniti d’America nei primi anni 70 per permettere agli
scienziati e ricercatori un migliore e veloce mezzo di comunicazione e
interscambio di dati. La National Science Foundation (NSF) espanse la
rete di ARPAnet fino al raggiungimento di una rete che collegava anche
molte università e centri di ricerca. Questa rete si espanse a velocità
incredibile, aggiungendo nuovi strumenti di comunicazione e trasmissione
dati (tra cui il World Wide Web, di cui tratterà più avanti), diventando
103
uno strumento altamente flessibile e accessibile facilmente anche dai non
addetti ai lavori. Proprio lo sviluppo del World Wide Web ha posto le basi
per uno sviluppo in senso commerciale dell’infrastruttura telematica.
FIG. IV.2 Numero di host96 Internet (dati in migliaia)
Gen94
Lug94
Gen95
Lug95
Gen96
Lug96
687
790 16
95
1106 22
06 3018
4862
6642
9472
2217 32
12
1288
1
Europa Resto del Mondo
Fonte: Internet Society
Va ricordato fin d’ora che Internet non rappresenta certamente il
canale telematico perfetto per gli scopi delineati in questo studio per
ciascun elemento della filiera distributiva. Ma non è esagerato affermare
che il sistema tenda a questa perfezione grazie alle risorse tecnologiche
riversate continuamente su di esso.
Tuttavia, esso presenta notevoli vantaggi rispetto al sistema
videotex, ed anzi si può affermare che proprio il 1996 è stato l’anno che
ha visto grandi risorse investite nel commercio elettronico su Internet. E
soltanto il massiccio sfruttamento di Internet come canale per il
commercio può generare risorse finanziarie per ulteriori miglioramenti.
Rispetto al videotex Internet ha elementi che la rendono davvero
interessante. Innanzitutto il protocollo di comunicazione: il protocollo
TCP/IP permette il dialogo tra piattaforme hardware e sistemi operativi
anche molto diversi tra loro, ponendo soluzione ai problemi di standard
che hanno sempre accusato le reti di calcolatori. 96Host = Computer (di solito un mainframe) della Rete che permette la comunicazione con altri computer e che ospita particolari risorse. Ogni host è raggiungibile dall’utente attraverso un particolare indirizzo.
104
La grande innovazione, coincisa con l’introduzione dell’interfaccia
WWW97, è stata la possibilità di accedere alle risorse della rete in maniera
ipertestuale, permettendo di passare da una risorsa all’altra in modo non
gerarchico (senza indirizzari o menu), ma attraverso link (legami). La
ricerca dei dati è piuttosto semplice, grazie alla presenza di particolari
servizi (motori di ricerca) che ricercano in tutti i server sparsi per il
mondo le pagine informative contenenti una chiave di ricerca definita
dall’utente. Inoltre, c’è la possibilità, a differenza del sistema videotex, di
esaminare risorse di tipo multimediale (immagini, suoni, filmati).
Internet sembra quindi essere diventato lo standard sul quale
innovazioni tecnologiche a cascata migliorano mese dopo mese le
modalità di collegamento. Accedendo a Internet attraverso la rete
telefonica classica (linea commutata) ci si può collegare attraverso il
modem98 a una velocità teorica fino a 33.600 bps (bit per secondo).99 I dati
trasmessi, con algoritmi di compressione, possono condurre a trasmettere
una quantità di informazione quattro volte superiore. Con una banda di
ricezione di questo tipo, se supportata da un personal computer di
sufficiente potenza, è possibile visionare con sufficiente velocità sia
immagini ad alta qualità grafica (16 milioni di colori), ascoltare suoni,
visionare filmati piuttosto brevi. Ma questo è solo l’inizio. Nel momento
in cui anche il collegamento mediante linea ISDN100 sarà sufficientemente
economico, da casa si potranno ricevere dati alla velocità di 64.000 bps.,
permettendo servizi ad alto valore aggiunto come ad es. la
videoconferenza.
97WWW (World Wide Web), ovvero ragnatela mondiale. Creato nel 1991 da Tim Berners-Lee come supporto ai fisici del CERN (Centro Europeo Ricerche Nucleari) in Svizzera. 98modem (MOdulator-DEModulator): dispositivo che trasforma in forma analogica i segnali digitali in uscita dalla porta seriale di un computer, in modo da poter essere trasmessi sulla linea telefonica commutata. In ricezione il modem esegue ovviamente il processo inverso, demodulando le onde che arrivano dalla linea telefonica e restituendo i bit trasmessi. 99dalla fine del 1996 sono stati commercializzati modem con una velocità di funzionamento da 57.000 bps (protocollo denominato V.34plus). 100ISDN: Integrated Services Digital Network. Rete digitale che integra voce e dati in un singolo cavo (sempre attraverso il doppino telefonico). Sulla stessa linea digitale vengono forniti due canali per dati a 64 Kbps ed un canale a 16 Kpbs di controllo. Permette la trasmissione contemporanea di dati e voce.
105
Ma le prospettive tecnologiche future sono a dir poco esaltanti:
dall’ulteriore sviluppo del protocollo ISDN in BISDN (Broad Band Isdn,
ISDN a banda larga), alla diffusione capillare nelle abitazioni dei cavi in
fibra ottica101 che consentiranno velocità di trasmissione nell’ordine dei
Mbps (Megabit per secondo), attuando finalmente la piena convergenza
tra TV “tradizionale” e via cavo, Fax, Modem, Telefono, Personal
Computer ed anche telefonia cellulare. Ci si trova a un passo dal traguardo
finale dello sviluppo delle telecomunicazioni (ed il sogno degli
ingegneri): il passaggio definitivo verso un tipo di comunicazione
personale e universale, cioè indipendente dalla posizione, dalla località di
trasmissione e dal tipo di informazione che si vuole trasmettere.
Dal lato della semplicità d’uso, il sistema già ora è sufficientemente
facile da usare a chi abbia un minimo di dimestichezza con un personal
computer ed un mouse. Del resto, il necessario know-how informatico di
base è quello che ha selezionato un particolare segmento di utilizzatori,
coerentemente con quanto visto nel capitolo II. Ma già dalla fine del 1996
sono stati commercializzati i prototipi di un dispositivo (definito da molti
network computer) di basso costo (per adesso si è nell’ordine di 500
dollari USA), senza software locale, a metà strada tra il computer e la
consolle per videogiochi, che consentirà l’accesso alle autostrade
dell’informazione in maniera ancora più semplice ed intuitiva.102
L’obiettivo del network computer non è tanto quello di sostituire i
Personal Computer che sono già in uso (quantomeno non inizialmente)
ma quello di creare un nuovo dispositivo per la connessione alle
autostrade dell’informazione che possa raggiungere nuove fasce di
mercato, tipicamente quelle più restie all’innovazione tecnologica. Per
quanto riguarda la sicurezza delle transazioni effettuate attraverso tali
dispositivi, un lettore incorporato di smart card (le carte a
microprocessore) garantirà l’identità dell’utente telematico. Attraverso 101Nel nostro paese si è ancora in una fase di sperimentazione in alcune città pilota con il progetto Socrate della Telecom Italia.
106
tale caratteristica l’utente potrà collegarsi da qualsiasi dispositivo (in
ufficio, all’aeroporto, in albergo) per accedere alla rete, alla propria
casella di posta elettronica e ai files personali, nonché effettuare acquisti e
portare a termine transazioni di qualunque tipo.103
In alternativa, una più profonda integrazione di Internet nell’ambito
domestico potrà avvenire attraverso la tecnologia Web TV. Da poco prima
di Natale Sony e Magnavox (Philips) hanno lanciato sul mercato U.S.A. i
primi decoder licenziatari di questo tipo di tecnologia, con un costo
attorno ai 300 dollari. Il funzionamento è semplicissimo: l’apparecchio si
collega al televisore e alla linea telefonica, e per accedere alla rete è
sufficiente premere un tasto sul telecomando in dotazione e utilizzare i
menu guidati che appaiono a video. E’ probabile che entro breve tempo il
tutto potrà essere integrato all’interno dell’apparecchio televisivo,
secondo la traiettoria tecnologica già seguita dagli apparecchi per la
ricezione del Teletext (In Italia Televideo Rai ed altri), oramai in
dotazione sotto forma di scheda integrata su tutti gli apparecchi.
Altro grande vantaggio di Internet è la sua globalità. Attraverso di
essa è possibile interagire con banche dati presenti praticamente ovunque
nel mondo, ed il costo della comunicazione è indipendente dal numero di
utenti raggiunti e dalla distanza.104 Internet è globale anche dal punto di
vista dei contenuti, perché non nasce come rete prettamente commerciale.
Su Internet è possibile infatti trovare virtualmente di tutto, dai negozi
elettronici alle chat in tempo reale (la peculiarità principale del sistema
videotex), dalle università alle aziende che mettono il linea i loro prodotti
o semplicemente promuovono la loro immagine. Il che significa una
comunità di utenti piuttosto eterogenea, non limitata da vincoli di tipo
geografico e in grado di formare una massa critica tale da costituire un
102Il progetto del network computer nasce dalla cooperazione di colossi quali Apple, Ibm, Netscape, Oracle e Sun. 103Per una trattazione sufficientemente divulgativa sul network computer, v. Marco Iannacone, “Web-PC: inizia una nuova era?”, Inter.net, n. 14, Giugno 1996, pp. 34-37. 104Ovunque si trovi nel mondo la banca dati che si desidera consultare, il costo della comunicazione è limitato al costo della telefonata tra l’utente e il fornitore d’accesso ad Internet (il provider).
107
mercato sufficientemente appetibile. La globalità della rete viene
completata da numerosi gateways che consentono l’interazione tra
Internet e altri tipi di servizi online quali Compuserve, America On Line,
Prodigy, BITNet, Fidonet (anche se per alcune di queste infrastrutture
l’interscambio di dati può avvenire soltanto attraverso il servizio di posta
elettronica).
FIG. IV.3 Ripartizione domini105 su Internet
E ntigovernativi
17%
Education7%
Enticom m erc ia li
65%
A ltro11%
Fonte: Internet Society
IV.5 RIFLESSIONI E CONCLUSIONI Dopo un panorama sulle possibilità tecnologiche che attendono al
varco l’umanità è necessario tornare con i piedi per terra.
Come si è detto prima, attualmente la Rete ha ancora dei problemi
che la distinguono dalla infrastruttura telematica perfetta per gli scopi
commerciali del futuro. Rispetto al sistema videotex, oramai un
“dinosauro” tecnologico, sono stati fatti progressi incredibili nell’ambito
della velocità di trasmissione. Ma attualmente non è ancora abbastanza,
perlomeno per quanto riguarda il costo di accessi alla rete con maggiore
ampiezza di banda.
L’espansione finale dell’infrastruttura, facilità di accesso a parte,
potrà avvenire solo con la possibilità di trasmettere senza ritardo
immagini video, che attirerà inevitabilmente un maggior numero di utenti 105Per dominio, semplificando il concetto, si intende un sottoinsieme di host aventi finalità e contenuti analoghi.
108
consumer, di imprese e soprattutto di investimenti. La strada peraltro
sembra già tracciata, perlomeno negli Stati Uniti. Ad esempio, colossi
della TV via cavo come Tele-Communications Inc., Comcast e Cox
Communications hanno investito in una nuova società, la At Home Corp.,
che da Settembre 1996 ha cominciato a offrire un nuovo servizio di
accesso illimitato a Internet.106
La Rete telematica per eccellenza si trova ancora in una fase
caotica, e ancora all’opera sono le forze che selezionano gli standard e gli
attori migliori del mercato. In breve, Internet è per la generalità degli
attori economici ancora una frontiera.
Numerosi analisti (ad esempio Gartner Group) prevedono che per
la fine del 1998 la Rete avrà concluso un primo ciclo di sviluppo
esplosivo, per poi entrare in una fase meno caotica, di ri-architettura, di
estensione di funzioni, di banda trasmissiva più abbondante e a buon
mercato.107
Da cosa dipende il ruolo che ciascuna nazione può avere nello
sviluppo della Rete a livello globale? Due sembrano i principali fattori
coinvolti: il tasso di propensione tecnologica media delle famiglie e il
livello, più o meno liberale, delle politiche statali in tema di autostrade
dell’informazione. Il che implica: concorrenza tra i gestori delle
telecomunicazioni, bassi costi di hardware e software di connessione,
bassi costi di accesso alle reti per imprese e famiglie, scarsi tentativi di
controllo centrale.
Sono inoltre necessarie politiche di diffusione sociale: nelle scuole,
nei servizi pubblici, nelle comunità. E una riduzione delle tariffe a partire
dalle linee dedicate, strumento chiave per le imprese su Internet dove
l’Italia resta il fanalino di coda.
106La notizia è ripresa da Stefano Carrer, “Internet più veloce con il cavo”, Il Sole 24 Ore, 20/11/1996, p. 42. La connessione avviene attraverso il cable modem, in grado di raggiungere velocità attorno ai 10 Mb./sec. 107L’affermazione è ripresa da G. Caravita, “Internet verso la maturità”, Il Sole 24 Ore, 22/11/1996, p. 42.
109
La legge del mercato telematico è impietosa: più monopolistico,
caro, legalmente restrittivo risulta un paese, più probabilmente resterà
indietro nella lista dei leader del commercio elettronico.
A fine 1998 Internet entrerà davvero nella sua fase commerciale e
coloro che hanno saputo investire in modo giusto raccoglieranno grandi
profitti. E l’Italia, purtroppo, per molti versi sembra tagliata fuori.
110
CAPITOLO V
GLI STRUMENTI DEL MARKETING NELL’ERA DEL CONSUMATORE TELEMATICO
V.1 INTRODUZIONE In questo capitolo si tenta di determinare come può venire
influenzato il retailing mix dall’avvento dirompente delle nuove
tecnologie telematiche. E’ appena il caso di ricordare che anche la stessa
azienda produttrice, mettendo in atto manovre di disintermediazione, può
trarre giovamento da tali manovre applicate al proprio marketing mix.
A onor del vero, seppure una schematizzazione di tale genere
risulta necessaria, chi scrive sperimenta un certo disagio nel trattare la
questione in maniera “classica”. Come hanno acutamente già
argomentato diversi studiosi, e come traspare da quanto detto nel capitolo
III, l’impatto della telematica non può realizzarsi semplicemente in un
semplice potenziamento del marketing:
“La flessibilità dell’offerta ottenibile con l’automazione, l’informatica e la telematica costituisce [...] un sostituto tecnologico del marketing, nella misura in cui riduce l’eccesso di complessità fino a far corrispondere la varietà e la variabilità della produzione alle esigenze dell’ambiente competitivo.”108
Nonostante che il vivere un’epoca di transizione possa condurre a
una mancanza di obiettività, l’impressione generale è che la telematica
condizionerà fortemente gli sviluppi della teoria stessa. Nel fordismo
maturo il ruolo del marketing era quello di mediare le esigenze della
produzione di massa da una parte e la varietà/variabilità del consumatore
dall’altra. Nell’era dell’informazione il ruolo è destinato ad essere un
altro:
108S. Vaccà, Scienza e tecnologia nell’economia delle imprese, op. cit., p. 160.
111
“Il marketing, nel pilotare la crescita della complessità dal lato dell’offerta e da quello della domanda, in modo che l’evoluzione congiunta dei due termini avvenga sinergicamente, si trova [...] ad assolvere ad un ruolo essenzialmente linguistico-comunicativo, [...] che produce e diffonde i linguaggi regolatori della varietà-variabilità lungo i canali commerciali (distributori, clienti, servizi di supporto, consumatori finali), ma anche nella rete di produzione a monte che deve essere messa in grado di interagire con il consumo”109
L’attuale tendenza generale nel marketing applicato ai mezzi
telematici si configura come un semplice aggiustamento delle strategie
esistenti. Ma come si vedrà, in diversi casi, la sperimentazione è già
andata oltre.
V.2 L’IMPATTO DEI CANALI TELEMATICI DI NUOVA GENERAZIONE SUGLI ELEMENTI CARATTERIZZANTI LA STRATEGIA DEL DETTAGLIO.
V.2.1 Prodotto110
E’ stato più volte ricordato che per il marketing convenzionale
l’acquirente compra in realtà i benefici che gli può apportare il prodotto,
non il prodotto in sé stesso. L’acquirente, cioè, compra la qualità che
percepisce, insieme alle caratteristiche intrinseche del prodotto e le
opzioni d’uso, perché ha uno stile particolare o ha una forte immagine di
marca, perché è particolarmente attratto dalla confezione. Può darsi che il
prodotto faccia parte di una linea che nella sua globalità risulti
particolarmente attraente. Ancora, il prodotto può offrire una garanzia che
renda più sopportabile il rischio d’acquisto percepito dall’acquirente.
Infine, una parte integrante del prodotto è rappresentata dai servizi ad esso
connesso. Se questi sono di buon livello sia prima che (e soprattutto) dopo
109op. cit., p. 163. 110Il paragrafo riprende e integra le considerazioni di Jill H. Ellsworth & Matthew V. Ellsworth, Marketing on the Internet, John Wiley & Sons, New York 1995.
112
la vendita, in special modo nel caso di beni problematici, allora
l’immagine di marca viene rinforzata e il vantaggio competitivo nei
confronti delle aziende concorrenti si fa pesante.
Gli attributi appena descritti, e le strategie ad essi correlate vanno
riviste alla luce del nuovo media rappresentato dai canali telematici di
massa. Nei paragrafi che seguono si proverà a focalizzare tali differenze,
determinando come si possano adattare i vari aspetti connessi ad un
particolare prodotto per incontrare i bisogni degli acquirenti telematici.
Qualità La qualità percepita dal cliente è una misura soggettiva del valore
del prodotto. La qualità non può essere o divenire solamente un plus per il
prodotto, ma anzi ne è la sua stessa essenza al punto che senza qualità
anche la stessa realtà di prodotto può essere messa in discussione.
La qualità può essere comunicata o attraverso una forte immagine
di marca, o dall’etichetta o dal confezionamento. Il consumatore post-
industriale valuta la qualità attraverso attributi sempre più oggettivi. Per
questa ragione, spesso la qualità viene comunicata attraverso una
certificazione “istituzionale” di qualità (si pensi ai certificati ISO 9000-
9002) o documentazioni di tipo interno che dimostrino la presenza di
procedure di controllo qualità.
Nel marketing convenzionale, la percezione della qualità da parte
dell’acquirente/consumatore è più strettamente legata ad attributi fisici,
anche se ciò può dipendere fortemente dalla natura del prodotto. Come
risolvere il problema nel caso di commercializzazione mediante canali
telematici? I canali di ultima generazione consentono una grossa
versatilità dal punto di vista grafico e sensoriale, alla quale si può
accompagnare l’elenco dettagliato delle specifiche del bene e le modalità
d’uso.
La qualità risiede nel prodotto realizzato all’interno dell’azienda,
ma anche in tutta quella serie di interventi di accompagnamento al suo
113
esterno. Banalmente, il prodotto conta sulla qualità totale quando è “ben
prodotto, ben confezionato, ben distribuito, ben venduto, ben comunicato,
ben promozionato”111, ecc.
In conclusione, un prodotto davvero di qualità presuppone un
controllo efficace su tutte le attività aziendali, e in questo i canali
telematici sono di grande aiuto; innanzitutto perché consentono di
accorciare il canale distributivo e aumentare quindi il controllo da parte
del produttore a costi limitati; in secondo luogo, perché consentono un
dialogo efficace con la domanda attraverso un feedback in tempo reale,
elevando al massimo l’attitudine del prodotto a soddisfare i bisogni del
cliente.
Caratteristiche ed opzioni Ogni prodotto dovrebbe incorporare certe caratteristiche ed opzioni
di utilizzo in grado di attrarre clienti a discapito dei prodotti dei
concorrenti.
Una delle peculiarità dei canali telematici è quella di consentire
uno shopping comparato ed è quindi importantissimo assicurare al
consumatore questa possibilità. In questo senso, le aziende distributrici di
nuova generazione hanno un grosso vantaggio nei confronti delle aziende
produttrici. Ad esempio, diverse società operano attualmente in Internet
fornendo un servizio come directory providers: riuniscono cioè in un
unico sito migliaia di pagine informative relative ad una particolare
branca del commercio. In questo modo realizzano appieno quella funzione
di intermediazione informativa prospettata nel capitolo III. I siti in
questione sono particolarmente “visibili”, grazie anche ad una campagna
promozionale attraverso i canali tradizionali. E diventano bussole
insostituibili nel mare di informazioni presenti sulla Rete per chi sia
interessato ad un particolare prodotto o servizio. Non necessariamente
111Antonio Foglio, Marketing strategico e competitivo, Franco Angeli, Milano, 1995, p. 53.
114
dev’essere concessa la possibilità di acquistare il bene: ad esempio, su
Internet la società Dealernet offre un archivio on-line relativo alle diverse
linee dei costruttori di auto, fornendo alle case automobilistiche un
servizio a pagamento.
Il tutto implica un occhio di riguardo verso il consumatore finale: il
servizio è gratuito e le informazioni veritiere, pena una perdita decisiva di
immagine da parte del produttore. E se l’operazione commerciale ha
grosso successo, il distributore si porta nuovamente in una posizione di
favore rispetto alla produzione. Perché se ciascun produttore può mettere
facilmente in linea il proprio servizio informativo, d’altra parte corre il
rischio di essere “snobbato” dagli utenti in relazione alla grande quantità
di informazioni comparabili fornite dal suo intermediario.
Stile Per i prodotti fisici lo stile è rappresentato dalle finiture, o da un
particolare design che rende il bene unico. Per i servizi, lo stile è
incorporato nel modo in cui il servizio è presentato, comunicato e reso. Lo
stile rappresenta un fortissimo mezzo per la differenziazione del prodotto
rispetto ai concorrenti. Nel marketing classico vi sono grossi problemi di
costo riguardo il re-styling del prodotto, e difficilmente esiste la
possibilità di ritocchi (anche piccoli) ravvicinati nel tempo, soprattutto per
il fatto di non poter monitorare rapidamente le preferenze altamente
dinamiche dell’acquirente. Al contrario, attraverso i canali telematici, le
opportunità di realizzare il re-styling on-line del prodotto sono molto
ampie e con costi trascurabili comparati al costo “convenzionale”. Il
grande vantaggio, in questo caso, è rappresentato dalla facilità di
sperimentazione per l’azienda. Nel caso di Internet, ad esempio, esiste la
possibilità di testare il gradimento del prodotto nei confronti del target
attraverso l’entità delle hit rates (numero di visitatori che accedono alla
pagina relativa al prodotto). Inutile dire che, con questo strumento, è
115
possibile determinare esattamente lo stile che si adatta meglio al target
audience, senza ritardi e senza costose ricerche di mercato.
Questo però è una modalità di utilizzo ancora “passiva”. Perché
non raccogliere la voce stessa dei clienti affezionati, o dei potenziali
acquirenti, lasciando a loro il compito di comunicare interattivamente lo
stile che preferiscono?
Marca Ogni prodotto e/o servizio ha il potenziale per la costituzione di
un’immagine di marca. Un marchio di prestigio aiuta a difendere la
propria quota di mercato dai concorrenti. Come si vedrà meglio più
avanti, la commercializzazione tramite canali telematici può innescare
fenomeni di riduzione dei prezzi e dei margini. Lo strapotere della
distribuzione e la maggiore razionalità dell’acquirente hanno ridotto
fortemente il fenomeno della fedeltà alla marca, sostituendola nella
migliore delle ipotesi con la store loyalty.
Nella prima fase molte aziende hanno pubblicato le loro pagine
informative su Internet soprattutto per una questione di immagine. La
presenza su una infrastruttura telematica tanto nuova, ricolma di pionieri e
di avventurieri romantici, è stato un veicolo di maggiore prestigio anche
per le aziende più in (come è avvenuto, ad esempio, per la marca
automobilistica Ferrari, ecc.). E per chi non aveva ancora un’immagine di
marca, uno dei maggiori benefici dell’essere tra i primi adottanti della rete
è stato quello di farsi trovare per primi, facendosi percepire come la
migliore azienda per un certo tipo di prodotto.
Tutto ciò non risulta però sufficiente per contrapporsi davvero allo
strapotere della store loyalty. Il problema va affrontato con un cambio
radicale di metodo e contenuto. La creazione e il mantenimento di una
marca non sono elementi destinati a scomparire. Semplicemente la marca,
nel paradigma dell’informazione, si deve fondare su elementi diversi:
116
“Information technology, which brought about much of the complexity in today’s marketplace, can also become a tool for rebuilding the power of brands. Using current and emerging technologies, [...] companies can start real-time dialogues with their customers and provide interactive services. Technology-facilitated conversation and service will allow companies to cut through the market chaos and estabilish binding relationships with their
customers.”112
Confezionamento Le promesse del prodotto e la percezione della qualità possono
essere rinforzate dal modo in cui il prodotto stesso è confezionato e
presentato. Il confezionamento è parte integrante del prodotto ed è il
primo punto di contatto con il cliente. Analogamente a quanto già detto
per lo stile, i canali telematici offrono un’ottima soluzione per testare
l’impatto di differenti versioni del packaging attraverso l’analisi delle hit
rates, anche se poi il prodotto viene avviato alla distribuzione
tradizionale. Anche in questo caso i vantaggi in termini di costo e rapidità
di feedback con il mercato attuale e/o potenziale sono facilmente intuibili.
Se il cliente, invece, concretizza tutto il processo d’acquisto
attraverso il canale telematico (quindi per portare a termine la transazione)
si pone la necessità di un’attenta pianificazione. Certamente, acquistare
libri oppure compact disc on-line, con spedizione al domicilio del cliente,
non comporta problemi di sorta. Ma va ricordato che i canali telematici
possono stravolgere i canoni tradizionali di reperimento del prodotto,
specie per certe categorie merceologiche. Ad esempio, con l’ausilio di
infrastrutture sempre più veloci, ci potrà essere la possibilità di
masterizzare il CD direttamente a casa propria.113 In quel caso il cliente
sarà privato del piacere di ricevere la scatola e la copertina (a meno che il
112R. McKenna, “Real-time Marketing”, Harvard Business Review, op. cit., p. 87. 113In gergo si parla di download (scaricamento) dal server della casa editrice o discografica al personal computer di casa propria.
117
costo di periferiche per la stampa domestica di altissima qualità non segua
la tendenza al ribasso delle unità centrali).114
Linea di prodotto Come è noto, l’estensione della linea di prodotto può essere una
strategia molto utile per attrarre maggiormente il consumatore e per
sbaragliare la concorrenza. Nel marketing convenzionale, il costo di
estendere il range dei prodotti coinvolge sia il re-branding che il re-
packaging e questo, come si è già visto, può essere molto costoso.
Attraverso i canali telematici, l’estensione della linea di prodotto può
essere valutata a priori, offrendo estensioni “virtuali” del prodotto che non
usciranno fisicamente dagli stabilimenti industriali finché i livelli degli
ordinativi non ne abbiano garantito la produzione. Questo, naturalmente,
diviene ancora più facile per le compagnie di servizi, che potranno offrire
una pletora di servizi, tutti derivativi del loro prodotto principale, che dia
varietà di scelta al consumatore senza i costi coinvolti nella produzione.
Garanzie I clienti possono essere indotti ad acquistare una particolare marca
in virtù di garanzie che lo rendano tranquillo. La garanzia costituisce un
elemento molto importante in quanto consente all’acquirente di
minimizzare il rischio connesso all’acquisto.
I canali telematici, sul lato delle garanzie, non rappresentano una
modalità ottimale per il commercio. Innanzitutto, il fatto di pervenire alle
informazioni aziendali attraverso un mezzo che coinvolge design creativo,
114Non sono ipotesi da fantascienza. Nel 1993 Ibm e Blockbuster Video hanno annunciato la costituzione di una joint-venture per fornire nei punti vendita (per adesso soltanto “fisici”) compact disc audio, videogiochi e videocassette realizzate istantaneamente secondo le richieste del cliente. I clienti, toccando lo schermo di un PC, invieranno un ordine direttamente al server centrale che realizzerà una copia elettronica del prodotto richiesto sul supporto desiderato, mentre una stampante laser preparerà etichetta e copertina. La migrazione del sistema in ambito telematico non sembra particolarmente irta di difficoltà.
118
può essere molto difficile per il cliente finale discriminare tra
organizzazioni stabili e “pirati”. Specie se lo sprovveduto cliente non si
assicura dell’identità legale dell’azienda.
Altri problemi sono di ordine legale. Nella generalità dei paesi le
garanzie pubblicate on-line sono legalmente impugnabili e questo depone
sicuramente a favore dell’acquirente. I problemi nascono dal fatto che i
costi associati per citare in giudizio una compagnia esterna al proprio
dominio legale sono piuttosto alti. E spesso le compagnie offrono
garanzie soltanto ai clienti del proprio paese.
In realtà i problemi giuridici connessi al commercio elettronico
sono rilevanti, basti pensare alla validità della “firma” elettronica alla
stipula del contratto. Anche se per gli utenti del Nord America sembrano
non esserci problemi. Ma di questo si parlerà diffusamente più avanti.
Livello di servizio Il servizio al cliente sia prima, che durante, che dopo l’acquisto di
un prodotto è un fattore importantissimo per rendere completo il prodotto
e fidelizzare il cliente. Attraverso i canali telematici può essere assicurato
un elevatissimo livello di servizio, in special modo per le merci
immateriali. Basti pensare, nel caso del software, alla teleassistenza. Il
tecnico dell’azienda accede in modalità remota al computer del cliente e
agisce per risolvere (per quanto possibile) malfunzionamenti o modificare
le impostazioni del lavoro. Questo significa un tempo minore per la
risoluzione dei problemi (l’assistenza telefonica, risolutiva o meno, tiene
impegnato tecnico e cliente per lungo tempo) e consente un intervento
ottimale e ad altissimo valore aggiunto.
Teleassistenza a parte, per gli altri prodotti il servizio si può
manifestare attraverso il dialogo mediante posta elettronica. Sotto tale
punto di vista il fattore di successo diventa la tempestività (e la
professionalità) con la quale gli addetti alle pubbliche relazioni
rispondono ai quesiti o dubbi del cliente. In caso contrario, la possibilità
119
di interazione con il cliente diventa un boomerang per l’immagine
dell’azienda.
Si potrebbe obiettare che rispondere a centinaia di e-mail
risulterebbe un lavoro monumentale per qualunque addetto alle pubbliche
relazioni. Ma è sufficiente approntare una pagina informativa contenente i
problemi e le domande più ricorrenti di clienti effettivi e potenziali per
dare un ottimo servizio, lasciando il resto al lavoro umano.
Altre modalità di dialogo, a prima vista fantascientifiche, sono state
già realizzate: Dell Computer (settore informatica) è in grado di fornire su
Internet un’interfaccia parlante sul proprio sito dedicato all’assistenza
tecnica.
V.2.2 Prezzo
L’effetto dirompente del commercio attraverso i canali telematici
può alterare notevolmente i processi che conducono alla determinazione
del prezzo di un prodotto/servizio. Le forze coinvolte nel fenomeno
sembrano essere di molteplice natura.
In primo luogo, coerentemente con quanto detto nel capitolo III, i
canali telematici possono innescare spinte all’accorciamento del canale
distributivo. Ciò potrebbe causare una redistribuzione dei margini a favore
dell’anello finale della catena del valore, anche se ciò sarà legato all’entità
dei costi per l’utilizzo di canali alternativi di vendita da parte del settore
produttivo. In tal senso, molto dipenderà dalle economie di scala
raggiungibili dal servizio postale e/o dai corrieri espressi, nonché da
elementi di ordine fiscale (ad es., i differenziali tra le imposte sul valore
aggiunto nei diversi paesi). Il processo sembra favorire più le aziende
produttrici che non il dettaglio, in quanto, almeno nel breve periodo,
quest’ultimo dovrà comunque tenere in piedi l’organizzazione in-store.
D’altro canto, non si teorizza certo una scomparsa dei canali distributivi
tradizionali. Per il momento quindi, i canali telematici saranno
120
semplicemente un mezzo (con costi molto bassi) per allargare la propria
area di affari senza dovere per questo smantellare la propria struttura.
In secondo luogo, più volte è stato ribadito che una delle peculiarità
dei canali telematici è quella di consentire all’utente di effettuare uno
shopping comparato, anche tra aziende geograficamente molto distanti.
L’approssimarsi del potenziale acquirente ad una situazione di conoscenza
perfetta condurrà ad una forte competizione sul prezzo, in special modo
per quei prodotti più facilmente confrontabili (tipicamente beni non
problematici).115
In terzo luogo, la diffusione di mezzi telematici per il commercio
acuirà notevolmente le pressioni concorrenziali esistenti. I costi di accesso
“virtuale” al mercato sono molto bassi, e sono in grado di annullare
barriere all’entrata e rendite monopolistiche di qualunque tipo. Piccole
aziende fortemente technology-intensive possono competere a costi
inferiori con le aziende più grandi e prestigiose.
In ogni caso, la competizione globale di cui sopra porterà ad una
selezione delle imprese caratterizzate da maggiore produttività e
professionalità. Se questo non dovesse tradursi in grosse variazioni di
prezzo verso il basso, condurrà sicuramente ad un aumento del livello
globale della qualità, caratteristica maggiormente rilevante per quanto
riguarda i beni problematici.
V.2.3 Pubblicità e promozione
Dopo le considerazioni fatte nei capitoli II e III, risulta assai
plausibile ritenere che l’utente di una infrastruttura telematica di massa
non è più interessato alla classica comunicazione persuasiva, tipica del
paradigma della produzione di massa (anche nelle comunicazioni).
Piuttosto, egli è alla ricerca di un sistema informativo il più possibile
obiettivo, che lo renda edotto sui reali vantaggi e sulle effettive qualità di
un determinato prodotto. Pertanto, dettaglianti e produttori non potranno
121
più fare affidamento, per la promozione delle proprie linee di prodotti, su
attributi intangibili, ma solo su ben definite caratteristiche di qualità.116
Da questa breve premessa è evidente che, coerentemente con
quanto affermato nel capitolo II, viene completamente rovesciato il
rapporto promozione/consumer. La connessione telematica non è sempre
attiva come, ad esempio, la televisione e la radio che sono in grado di
attrarre il consumatore anche se sta facendo altre cose. Il canale telematico
esclude a priori una fruizione passiva del messaggio.117 Ci si collega
appositamente per ricercare informazioni o per scoprire l’ubicazione di
nuove risorse. Non è quindi il messaggio che entra in casa oppure in
ufficio ma esattamente il contrario. E’ l’utente che sceglie autonomamente
di visitare o di soffermarsi su una particolare risorsa (nel gergo Internet si
parla di sito).118
Parlando più specificatamente di Internet, facendo un paragone
banale con il più classico dei media pubblicitari, i 30 secondi di uno spot
televisivo durante la fascia meridiana non corrispondono al tempo di
osservazione-esposizione di una pagina di informazioni telematiche, sia
perché attualmente si viaggia in modo molto veloce, anche per diminuire i
costi di collegamento119, sia perché quando il contenuto di una pagina di
informazione è piuttosto interessante si usa trasferirlo sulla memoria di
massa (hard-disk) del proprio personal computer in formato di solo testo
(escludendo cioè la componente visiva del messaggio).
Inoltre, l’utente ha la tendenza a visualizzare le informazioni
contenute nella pagina, disinserendo i comandi che mostrano le immagini
(le più “pesanti” in termini di tempi di caricamento), caricandole
115Cfr. M. Rosolin, “La tecnologia videotex”, op. cit., pp. 167-168. 116Marina Rosolin, “La tecnologia videotex”, op. cit., p. 171. 117Per la pubblicità attraverso canali telematici è stato addirittura coniato il termine intertising. 118Marta Mandò, “Pubblicità on line: vademecum per Internet”, Media 2000, n. 134, Dicembre 1995. 119Ricordiamo che attualmente i costi di collegamento si compongono di una quota fissa (l’abbonamento da versare al fornitore d’accesso per poter usufruire di una “porta” telematica) e della quota variabile rappresentata dal costo degli scatti telefonici sul tempo di collegamento tra il fornitore d’accesso e l’utente.
122
solamente in un secondo tempo quando il sito prescelto risulta davvero
interessante.
Una volta stabilite le modalità di fruizione da parte dell’utente,
quale diventa la strategia di successo per la pubblicità on-line?
Certamente riempire le caselle di posta elettronica di “volantini”
virtuali è una strada poco praticabile. In primo luogo perché viene
considerata una manovra estremamente annoying (eticamente scorretta);
in secondo l’utente stesso (o il fornitore d’accesso cui si collega) si può
difendere attraverso particolari filtri.120 In terzo luogo, è una strategia di
tipo totalmente indifferenziato e poco valida nel senso informativo del
termine.
Sembra una banalità, ma visualizzare informazioni tramite pagine
ad alto impatto grafico, di tipo multimediale (le famose pagine WWW su
Internet) sono già di per sé una forma di pubblicità.
In realtà, la questione è fondamentale perché se mettersi in rete è
automaticamente una forma di pubblicità e promozione della propria
azienda e dei propri prodotti, allora chi sarà in grado di “pubblicare” le
pagine migliori sui siti migliori sarà più visibile. E questa non è
un’opzione preclusa alle piccole aziende. Infatti, è possibile affermare che
i risultati della comunicazione d’impresa, attraverso i canali telematici,
sono meno legati proporzionalmente al budget disponibile dell’azienda.
Riprendendo l’esempio di Internet, l’azienda si trova dinanzi a un
potenziale enorme di utenti, senza barriere e con la capacità di
penetrazione dei mercati lontani o verticali a un costo molto contenuto,
irrisorio se paragonato ai normali costi per la comunicazione
diffusa.121Se si considerano, ad esempio, gli oneri di stampa e
120Una casella di posta elettronica consente la giacenza di un numero finito di messaggi. Se si eccede tale capacità il fornitore d’accesso solitamente o cancella i messaggi in eccesso oppure tariffa l’eccesso di spazio utilizzato sul server. Ecco quindi l’accettazione volontaria a livello internazionale di una sorta di legge non scritta (Netiquette, o Galateo della Rete): migliaia di imprese che inviano ciascuna migliaia di volantini elettronici costituirebbero una situazione insostenibile. 121Andrea e Giulio Castiglioni, Internet for Business n. 1, inserto del Sole 24 ore del 18/10/1996, p. 8.
123
spedizione, i costi per promuovere un’attività commerciale tramite i mezzi
di comunicazione tradizionali, come campagne pubblicitarie, spedizioni
via posta e cataloghi, sono molto alti. Un sito WEB ben fatto, invece,
costituito anche da centinaia di pagine, costa in Italia, al massimo, una
trentina di milioni, hardware e linea dedicata compresa. E il nostro Paese
presenta in assoluto le tariffe più elevate.
Altra caratteristica importante è che la pagina di informazione
telematica non è selettiva perché, almeno sulla carta, non si riferisce a un
target di utenza determinato ma agli utenti eterogenei sparsi per il mondo.
Attirare l’attenzione con un messaggio seduttivo e una bella immagine
anche multimediale non paga se poi non è associata a trasparenza e qualità
dei contenuti pubblicitari.
In ambito telematico, il layout (che distingue un marchio) non
passa per chi strilla di più (per chi ha maggiori capacità di investimento)
ma per chi offre il meglio nel modo più chiaro possibile. Ed il meglio
sulla rete significa che più si fa interessante una raccolta di risorse, più
verrà visitata. E interessante significa altamente leggibile, ricca di
informazioni, di servizi, di facile fruizione e che rispetta le esigenze di
rapidità di caricamento (sufficiente velocità e potenza della macchina
raggiunta anche in caso di simultanee richieste), di facile consultazione e
informalità dell’utente telematico medio.122
In breve, è il connubio pubblicità-servizi informativi (anche di
natura generale e non necessariamente legati in maniera intima alla
mission aziendale) che calamita l’attenzione del consumer telematico. Si
parla di un utente esigente, meno sollecitabile dalla persuasione occulta e
che grazie al media fortemente interattivo ha la possibilità di verificare da
solo e in modo più diretto il rapporto verità-prestazioni annunciate
dall’azione comunicativa aziendale. Per fare un esempio, il potenziale 122Quanto detto è coerente con la formula di Schramm (ripresa da P. Kotler, Marketing Management, op. cit., p.779) per misurare la probabilità di ottenere l’attenzione da parte del ricevente un messaggio pubblicitario: P = (Er-Ep)/ S, con Er entità della ricompensa attesa, Ep entità della punizione attesa, S = Sforzo previsto. Nonostante l’interattività della comunicazione
124
acquirente può accedere on-line alle risorse informative della società che
vende quel determinato prodotto, prendere contatti diretti con persone che
lo hanno già acquistato, può semplicemente inviare un messaggio di posta
elettronica per chiedere maggiori informazioni e inviare osservazioni e
può con altrettanta facilità mandare messaggi in rete, per dire il suo
giudizio su quel prodotto. Da questo punto di vista, un fattore di successo,
come si è già detto, è la rapidità (e capacità) di risposta con la quale
l’azienda entra in contatto con il potenziale cliente.
Data la facilità da parte di ogni utente telematico di trasmettere e
ricevere informazioni, in ultima analisi sono gli utenti i veri promotori
(attraverso il classico meccanismo del word of mouth), almeno per molti
prodotti. Volendo fare un esempio, si pensi al software. Almeno per ora la
maggioranza degli utenti telematici sono appassionati di computer e, a
differenza delle utenze professionali, sono molto rapidi nell’installare i
nuovi software che migliorano le prestazioni delle loro macchine. Spesso
questi software vengono promossi dagli utenti stessi che si passano
informazioni attraverso il tam-tam delle aree di discussione
(newsgroups)123 e delle mailing-list124, promuovendo una rapida
diffusione del prodotto.
Per amor di discussione si riportano alcune opinioni riguardo
l’inefficacia della promozione attraverso i canali telematici.
Alcuni argomentano che il costo per migliaio (di persone
raggiunte) per la pubblicità su di un canale telematico è notevolmente
superiore rispetto ai canali tradizionali. Ma questo, secondo il parere di
chi scrive, è un modo di ragionare legato ancora al “vecchio” concetto di
promozione. La pubblicità tradizionale, seppur studiata per target
telematica implichi uno sforzo maggiore, l’effetto globale sull’attenzione viene ben compensato dal primo termine del numeratore. 123Nelle reti telematiche diffuse il termine indica una conferenza, una sorta di bacheca elettronica dedicata alla discussione di un argomento specifico dove gli utenti spediscono e ricevono messaggi visibili da tutti i partecipanti. 124Gruppo di discussione organizzato per mezzo della posta elettronica. Mentre al newsgroup si accede attraverso la connessione a un particolare server, ogni contributo dei partecipanti viene inviati via posta elettronica al gestore dell’elenco, che inoltra i messaggi nelle caselle postali di ciascun partecipante.
125
particolari, si rivolge ad un pubblico che non ha immediato interesse per
un prodotto, mentre nel caso della promozione elettronica accade
esattamente il contrario. Il problema è che, almeno in questo momento,
non bisogna vedere i due tipi di promozione come antitetici. Per far
conoscere un nuovo prodotto, probabilmente, i tradizionali media sono
ancora fondamentali. Ma la vera efficacia dell’azione promozionale, cioè
la capacità di fidelizzare il potenziale acquirente, se non al prodotto
almeno all’immagine dell’azienda, rimane un compito più adatto per un
mezzo interattivo di comunicazione aziendale. Il mix tra politiche
promozionali diverse rimane una strategia vincente: basti vedere, ad
esempio, gli spot televisivi di aziende come Fiat, o in settore
completamente diverso, Mentadent, che indicano nell’ultima inquadratura
del filmato televisivo l’indirizzo del proprio sito Internet.
E in ogni caso, al di là di tutte le critiche possibili, il numero degli
utenti telematici è destinato a crescere, e di pari passo crescono gli
investimenti pubblicitari telematici. Segno che gli esperti aziendali di
marketing pensano di averne un vantaggio, se non in termini di risultati
immediati, in know-how da mettere a frutto nel momento giusto.
V.2.4 Distribuzione
Nel capitolo III abbiamo prospettato una vera e propria rivoluzione
del sistema distributivo, caratterizzato da fenomeni di crescente
disintermediazione e dalla perdita di potere della grande distribuzione a
favore del settore produttivo.
Il vantaggio principale dell’azienda di produzione nell’utilizzo dei
canali telematici per la commercializzazione dei propri prodotti è
l’accorciamento del canale distributivo e il conseguente maggiore
controllo sulle proprie strategie di posizionamento e di lancio di nuovi
prodotti. Un altro vantaggio potrebbe essere il minor prezzo cui poter
vendere il prodotto, oppure, a parità di prezzo, l’aumento dei margini.
D’altro canto, come si è visto, i canali telematici offrono nel contempo
126
alle imprese commerciali l’opportunità di frapporsi nuovamente tra
produzione e distribuzione attraverso una funzione di intermediazione
eminentemente informativa. E questa nuova lotta per il potere dipenderà
da chi saprà adeguarsi meglio alla nuova realtà.
I nuovi equilibri che si stanno delineando stanno conducendo al
graduale superamento del concetto tradizionale di dettaglio, che sta
migrando verso quello che è stato denominato offering system125,
caratterizzato dalle seguenti peculiarità:
a) i soggetti coinvolti nel sistema interagiscono in maniera orizzontale
piuttosto che verticalmente. Il sistema integra cioè in maniera
simultanea le funzioni di produttori, dettaglianti, istituzioni finanziarie,
ecc. ;
b) la rivalità competitiva risulta più accentuata, non solo dall’invasione di
produzione e distribuzione ciascuno nel campo di attività dell’altro, ma
anche dall’ingresso di nuovi soggetti come i media tradizionali, i
produttori di hardware e di software ;
c) maggiore coinvolgimento nel sistema distributivo informativo delle
istituzioni creditizie e finanziarie a causa della crescente integrazione
tra sistemi di pagamento e transazioni ;
d) maggiore coinvolgimento, è stato ribadito per tutto lo studio, dei
consumatori, che sono fruitori e al tempo stesso progettisti sia del bene
che del modo di reperirlo ;
e) come conseguenza dei punti esaminati un aumento della cooperazione
tra soggetti diversi, con realizzazione di joint ventures fino alla nascita 125La teoria dell’evoluzione del dettaglio dal conventional retailing al vertical marketing system fino all’offering system è dovuta al lavoro di L.J. Rosenberg e E.C. Hirschmann, "Retailing
127
di poli informativi globali (accordi con istituzioni creditizie, aziende di
grande distribuzione, produttori di elaboratori, aziende di networking,
software houses, fornitori di connettività, produttori di smart card).
Tale situazione modificherà profondamente l’attuale
configurazione funzionale dell’azienda commerciale e sottolineerà, nel
contempo, l’importanza di avere a disposizione reti di produzione
altamente flessibili.126
Se per l’impresa produttrice, grazie ai canali telematici, la funzione
di distribuzione di informazioni riguardo i propri prodotti può essere
svolta efficacemente, resta da esaminare il fenomeno prettamente logistico
della distribuzione. Per quanto riguarda la consegna del bene, le
alternative più plausibili alla distribuzione classica sono il servizio postale
(o di altri servizi di consegna a domicilio) o la costituzione di centri
specializzati nella funzione logistica, che emergerebbero come nuovi
attori del processo economico.
La decisione in merito alle modalità di consegna non potrà essere
presa al di fuori di una valutazione accurata dei costi implicati dalle
diverse alternative individuate, nonché delle eventuali considerazioni dei
consumatori sul tempo e sulla comodità. Ma il commercio elettronico sarà
lo specifico oggetto dei prossimo paragrafi.
without stores", Harvard Business Review, Luglio-Agosto 1980, citato da M. Rosolin “La tecnica di vendita in-home”, op. cit., pp. 194-203. 126M. Rosolin, “La tecnica di vendita in-home”, op. cit., p. 204.
128
V.3 ESPERIENZE REALI NELL’USO DEL MARKETING TELEMATICO (IN ITALIA)
Per finire, si può dare qualche dato sul gradimento dei mezzi
telematici da parte delle aziende italiane.
Nel 1996 Ac Nielsen ha attivato in Italia un osservatorio trimestrale
dei siti WWW in Italia per tipologia funzionale e per settore
merceologico.127 Obiettivo della società è di fornire alle aziende italiane
tutte le informazioni essenziali su come i concorrenti e i propri partner
utilizzano le possibilità offerte da Internet.
La prima rilevazione è stata fatta alla metà di giugno del 1996. Da
quel momento i dati raccolti verranno rivisti e aggiornati quattro volte
l’anno e i risultati pubblicati in rapporti trimestrali.
Sono stati censiti 2.885 siti di cui il 64% a carattere commerciale, e
dai quali sono stati esclusi i siti dei fornitori di accesso (providers).
I settori economici che mostrano maggiore interesse nei confronti
di Internet, oltre alle ovvie presenze di informatica e telecomunicazioni,
sono quelli dell’industria, del finanziario-assicurativo, dell’editoria, dei
servizi. Minore interesse si rileva tra le aziende produttrici di beni di largo
consumo.
Il nuovo mezzo, coerentemente con gli orientamenti teorici visti,
viene utilizzato solo marginalmente per attività pubblicitarie “classiche”.
Infatti il 47% dei siti assolve a una funzione di supporto alle vendite con
informazioni sui prodotti e sui servizi; l’11% (ben 317) viene utilizzato
per il cosiddetto commercio elettronico, seppur in condizioni di sicurezza
non ancora ottimali.
A parere dei ricercatori le aziende italiane sono ancora lontane da
un uso dei siti commerciali come vero e proprio strumento di marketing,
cioè inserito all’interno di una precisa strategia. Considerazione persino
ovvia se si pensa che la maggior parte della azienda delega la gestione del
127La fonte dell’informazione è Pino Fondati, “Osservatorio della Nielsen sulle aziende italiane online”, il Sole 24 Ore, 25/10/1996, p. 42.
129
sito Internet al responsabile EDP piuttosto che alla direzione marketing, a
conferma di una scarsa dimestichezza con i nuovi strumenti offerti dalla
tecnologia.
V.4 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I PRO
Oggi le tecnologie informatiche e telematiche aprono nuove
prospettive e rendono più complesso e diversificato il concetto di non-
store retailing, in quanto offrono la possibilità di realizzare il processo di
acquisto attraverso un collegamento interattivo tra utente e organizzazione
di vendita.128
I canali telematici offrono senza dubbio tutta una serie di vantaggi
per chi voglia commercializzare i propri prodotti al di là dei canali
tradizionali:
V.4.1 Il target L’utente medio di un canale telematico, anche alla luce di quanto
visto nel Capitolo II, presenta caratteristiche che ne fanno un cliente molto
appetibile. E’ infatti caratterizzato da elevate possibilità economiche e da
una particolare “vocazione al consumo”. E’ più avvezzo del cliente
“reale” all’utilizzo di mezzi di pagamento elettronici ed è più rivolto
all’acquisto di articoli ad elevato margine per il dettagliante. E’ molto
probabile che anche con il crescere del numero di utenti queste
caratteristiche verranno conservate nella sostanza.
128M. Rosolin, “La tecnica di vendita in-home”, in L. Pilotti, M. Rosolin, E. Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit., p. 174.
130
V.4.2 I costi A parità di potere di penetrazione nel mercato e di efficacia di
comunicazione, l’utilizzo di un canale telematico ad ampia diffusione
presenta costi notevolmente più bassi. Grazie alla tecnologia, l’utente
telematico ha attualmente la possibilità di fruire di una grafica
accattivante, di ascoltare suoni e visionare brevi filmati. Le pagine di
informazione telematica possono incuriosire molto di più il potenziale
acquirente del classico catalogo per la vendita postale. E in ogni caso, la
qualità generale della comunicazione telematica può soltanto aumentare
con l’impressionante avanzare delle tecnologie che consentiranno
ampiezze di banda elevate anche per l’utente privato.
Inoltre, un negozio on-line non ha bisogno di commessi e funziona
24 ore al giorno, riducendo notevolmente per l’azienda il costo di
commercializzazione unitario.
V.4.3 Aggiornamento (catalogo e magazzino) L’aggiornamento di un catalogo on-line avviene in maniera
semplice ma soprattutto immediata, e consente l’abbattimento dei relativi
costi di distribuzione. Aggiornando un catalogo on-line si rendono
immediatamente disponibili a tutti gli eventuali acquirenti le variazioni
subentrate nei prezzi o nel parco dei prodotti disponibili, con una
percezione di efficienza elevatissima da parte dell’acquirente.
Nel non-store retailing classico, la vendita postale per intenderci,
un costo rilevante è rappresentato dalle spese di distribuzione dei
cataloghi e dall’invio di listini integrativi. Non vi sono costi particolari
neanche dal passaggio da una modalità di vendita all’altra, nel senso che
adattare un catalogo cartaceo alla pubblicazione telematica è
relativamente semplice.
Inoltre, la vendita per corrispondenza condotta in maniera
convenzionale richiede di poter disporre di fondi consistenti, anche per la
necessità di gestire il magazzino in maniera particolare (e molto più
131
onerosa, in termini sia monetari che di organizzazione). Vendere
attraverso un canale telematico significa invece poter gestire con la
massima flessibilità gli stock effettivamente disponibili, magari attraverso
un collegamento in tempo reale con i propri grossisti. Si pensi ad un
prodotto richiesto al dettagliante dai clienti in maniera assolutamente non
prevista. Il distributore si collega al server del proprio fornitore e prenota
quanti più articoli possibile direttamente sul magazzino del partner.
V.4.4 L’abbattimento delle frontiere nazionali Essere presenti (e altamente visibili) su un canale telematico di
massa significa per una ditta poter ricevere ordini potenzialmente da ogni
parte del globo. L’automatica visibilità su un mercato che non sia solo
quello nazionale apre possibilità finora impensabili e consente di
penetrare commercialmente mercati difficilmente raggiungibili con altri
mezzi. La possibilità di esportare all’estero i propri prodotti non sarà più
appannaggio di pochi, e soprattutto anche le piccole aziende produttrici di
merci di qualità elevata potranno avvantaggiarsene senza dover disporre
di un’organizzazione commerciale specializzata.129 Ovviamente vi sono
tutta una serie di problemi di ordine giuridico e valutario sui quali però ci
si soffermerà brevemente più avanti. Nella generalità dei casi, comunque,
si sta assistendo anche a una “convergenza” giuridica, innescata dai
fenomeni di integrazione internazionale ed europea.
Lasciando per un attimo l’ottica del marketing, i canali telematici
offrono poi, rispetto alla vendita postale “tradizionale”, tutta una serie di
vantaggi legati alla componente organizzativa d’impresa:
a) razionalizzazioni nella elaborazione dei dati e nella evasione degli ordini;
129Roberto Rota, “Acquisti virtuali: perchè scegliere la rete”, Networking Italia, n. 9, Settembre 1996.
132
b) maggiore livello di servizio ai consumatori attraverso avvisi di indisponibilità della merce ed offerte alternative;
c) minori possibilità di consegne sbagliate per errori nella trasmissione degli ordini;
d) massima possibilità di dialogare con la clientela. Dal punto di vista dell’utente, i vantaggi legati alla vendita
telematica sono invece i seguenti:
a) Possibilità di ordinare comodamente e a prezzi favorevoli;
b) annullamento di errori attraverso controlli rigorosi;
c) immediata conoscenza della disponibilità della merce con contestuale
prenotazione della stessa;
d) immediata proposta di prodotti sostitutivi nel caso di indisponibilità
della merce;
e) possibilità di dialogo oltre l’orario di ufficio;
Tutto ciò, evidentemente, permette la costruzione di una forte
immagine di marca attraverso la rapida ed efficiente soddisfazione delle
esigenze della clientela.
V.5 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I CONTRO
Se la teoria attribuisce alla vendita telematica indubbi vantaggi, una
corretta analisi del fenomeno non può non prescindere dai problemi che
caratterizzano il non-store retailing telematico. Alcuni di tali problemi
sembrano pian piano in via di soluzione, altri richiedono la valutazione
della telematica da parte delle autorità pubbliche come settore strategico
dell’economia. Il quadro comprende:130
130La lista proposta è tratta da M. Rosolin, “La tecnica di vendita in-home”, op. cit., pp. 175-176.
133
V.5.1 Carenza di competenze manageriali Non è un problema di poco conto, in quanto il successo delle
iniziative commerciali telematiche dipende molto anche dal tipo di
strategie perseguite, che assieme a tecnologia e costi di connessione
rappresentano i fattori push di successo. Il management, nonostante i
contributi preziosi della teoria, pare non riesca ancora a superare il
vecchio paradigma della produzione di massa per il paradigma
dell’informazione. Molti hanno considerato la diffusione dei canali
telematici, Internet in testa, come una moda passeggera. altri come il vaso
di Pandora in versione tecnologica (la telematica come paradiso di
hackers, pedofili, ecc.). In realtà, dopo tanto parlare a sproposito, il
marketing telematico sta diventando una cosa seria anche in Italia. Tanto
seria che anche l’Università Bocconi vi dedica da qualche tempo
un’attenzione sempre maggiore e ha creato, all’interno dell’Osservatorio
Marketing della Facoltà, un’unità di studio proprio sui new media e
sull’utilizzo che le aziende potranno fare dei nuovi ambienti che le
tecnologie digitali mettono a disposizione.131
V.5.2 Carenza di risorse finanziarie Fin dai tempi del videotex i costi materiali ed immateriali per la
messa a punto di un sistema di distribuzione computerizzato erano
decisamente al di sopra delle possibilità finanziarie della gran parte delle
aziende, eccetto le più grandi.
Tale problema sta lentamente perdendo rilevanza. I costi
dell’hardware sono divenuti, a parità di potenza di calcolo, praticamente
irrisori persino rispetto a cinque anni fa. Anche affittare dal gestore
telefonico una linea dati affinché il proprio sistema computerizzato sia
visibile 24 ore al giorno sulla dorsale telematica sta diminuendo
131Sotto l’egida della prof.ssa Andreina Mandelli. Vedi Riccardo Staglianò, Comunicazione interattiva, Castelvecchi, Roma, Novembre 1996, pp. 95-96.
134
notevolmente grazie alle politiche di deregulation che faticosamente
cominciano ad affermarsi persino nel nostro Paese.
FIG. V.1 Il costo mensile delle linee dedicate (64 Kb/sec. x 100 Km.)
Dol
lari
USA
0500
100015002000250030003500400045005000
B F D I N L E C H G B
1991 1995
Fonte: Gartner Group132 V.5.3. Incapacità di soddisfare i bisogni dei consumatori Nelle vecchie esperienze di non-store retailing elettronico si
considerava come punto di forza il risparmio di tempo. Viceversa, in
quelle prime applicazioni, il cliente si trovava a dover perdere tempo sia
nella fase di scelta della merce come in quella di ordinazione e consegna
della stessa.
Interfacce comunicative di sempre più facile utilizzo hanno risolto
non poco il problema. Anche se per una diffusione su grande scala ci
vorrà una maggiore alfabetizzazione telematica dei consumatori. Sebbene
si parli spesso di “commodizzazione” del Personal Computer, occorre
sottolineare che tale prodotto pone dei forti limiti a questo processo. Un
televisore, ad esempio, è per sua natura un prodotto “plug and play”: si
acquista, si porta a casa, si accende e dopo una breve programmazione è
utilizzabile al pieno delle potenzialità. Il PC no. Esso richiede una
dimestichezza e un background tecnico che, nonostante le applicazioni
sempre più facili da utilizzare, può dare origine a qualche problema. E’ la
natura del bene ad essere molto particolare: l’utente del televisore è
tendenzialmente passivo, quello del PC (magari collegato ad una rete
132Ripresa dal Sole 24 Ore del 15/11/1996, p. 41.
135
telematica attraverso il modem) gioca un ruolo sicuramente diverso. Si è
già parlato della scarsa diffusione del PC presso le famiglie italiane; certo
in USA una famiglia su quattro possiede un PC, ma è ancora troppo poco
per una nazione dove il 98% ha il televisore e il 96% il telefono. Lo
sviluppo dei sistemi di riconoscimento vocale (nei PC) del network
computer (che carica il software necessario direttamente dalla Rete per gli
scopi che si desiderano raggiungere) e della tecnologia Web TV dovrebbe
però allontanare le ultime resistenze.
Un problema di rilevanza inferiore è poi quello della lingua, per chi
non abbia previsto una versione multilinguale delle pagine informative.
Rimane infine una sorta di “pressione” dovuta al costo della
telefonata, che talvolta non permette una scelta del prodotto in tutta
tranquillità, (specie in Italia).133 Ma, analogamente al trend sui costi delle
leased-line, fa ben sperare la tendenza generalizzata della deregulation nel
campo dei servizi di telecomunicazione dati e fonia.
V.5.4 Incapacità di offrire prezzi competitivi Anche se l’obiettivo delle aziende è quello di scaricare parte del
margine risparmiato nella distribuzione tradizionale ai consumatori, i
prezzi possono risultare non particolarmente convenienti. Questo potrebbe
scoraggiare il consumatore telematico “medio”, anche perché per il
consumatore sussistono comunque dei costi da sopportare per dotarsi di
un sistema telematico efficiente e accedere alla Rete.
Certamente il costo di spedizione a domicilio incide in modo
tutt’altro che trascurabile sul prezzo finale del prodotto. E, specie in
Italia, un costo aggiuntivo è dato dall’onere (a carico del cliente) di
concludere la transazione attraverso carte di pagamento.134 Ma la nuova
politica di marketing degli istituti bancari sembra finalmente andare nel
senso opposto, facendo ricadere l’onere sulla catena distributiva.
133In Italia, se ci si collega a Internet attraverso un fornitore d’accesso del proprio distretto telefonico, il costo orario Telecom va dalle 3.300 alle 1500 lire. 134E difatti soltanto 6 transazioni su 100, in Italia, vengono concluse attraverso carte di credito.
136
V.5.5 I problemi giuridici Indubbiamente tra diritto e telematica non ci può essere un buon
rapporto: mentre la tecnologia procede a velocità elevatissime, aprendo
problematiche sempre nuove, il diritto procede con prudenza e non riesce
a disciplinare con tempestività i nuovi scenari. Vi sono numerose
occasioni di conflitto tra le due discipline, tra cui il rapporto tra fornitore
di accesso e utente o la tutela della riservatezza (di cui però si comincia ad
avere una disciplina organica a livello extraterritoriale dopo la Direttiva
95/46/CE del 24 ottobre 1995). Tuttavia, per gli scopi che interessano in
questa sede, ci si limiterà a qualche considerazione sulla disciplina delle
compravendite e dei contratti.
Secondo l’ordinamento giuridico ogni manifestazione di volontà
può avvenire in forma sia orale che scritta. A seconda della forma,
deriveranno diverse conseguenze sulla validità del contratto, sul luogo e
sul tempo nel quale esso dovrà essere ritenuto concluso, ecc.
I problemi nascono dal fatto che un contratto telematico non può
essere facilmente ricondotto né alla forma scritta né a quella orale senza
forzature. In pratica, se un utente telematico italiano conclude un contratto
di acquisto con una società americana ma attraverso le pagine informative
pubblicate su un server francese, qual’è il luogo di conclusione del
contratto? E ancora: come è possibile accertare con esattezza quali siano
le parti che hanno concluso il contratto?
La materia è talmente nuova che non esiste in pratica una
giurisprudenza di riferimento, e in ogni caso dovrebbe essere oggetto di
una specifica ricerca.
Non si conosce esattamente come viene risolto il problema in altri
paesi. In Italia un disegno di legge tenta di disciplinare la questione. Ad
esempio, nel caso venga espressa una volontà contrattuale tramite
elaboratore, laddove non sia prevista o non sia tecnicamente possibile la
137
“firma elettronica”, la volontà stessa sarà giuridicamente imputabile al
responsabile del sistema.135
In conclusione, attualmente, soltanto pochissimi tra gli utenti
telematici si rendono conto dei problemi cui potrebbero incappare
nell’acquisto di beni, e una ondata diffusa di “cause telematiche”
potrebbero scoraggiare fortemente il non-store retailing elettronico.
Fenomeni quali Internet necessitano di strumenti legislativi
extraterritoriali. E comunque l’intera materia andrà rivista alla luce della
diffusione dei network computer di cui si è trattato nel capitolo
precedente, che potrebbero svincolare in maniera rilevante il soggetto
proprietario dell’interfaccia di comunicazione dal soggetto che conclude
la transazione.
V.5.6 Il problema della privacy Gli studiosi di marketing sembrano avere tralasciato la questione,
eppure la tutela della privacy (quella degli acquisti) è un grosso problema
che potrebbe far snobbare il commercio elettronico da molti utenti.136 E’
un problema che ancora non si è manifestato con gravità e che comunque
viene tenuto sotto controllo più da un comportamento deontologico da
parte delle aziende che non da strutture super partes.
Si riporta, per fare qualche riflessione, una manifestazione del
problema relativo alla rete Internet. Per accedere a Internet, oltre
l’hardware necessario, è necessario utilizzare un particolare software, il
browser, che consente appunto di sfogliare le varie pagine informative
passando con facilità da un fornitore di informazioni all’altro.
Può accadere, durante la “navigazione” (passaggio da un sito
all’altro) che un particolare sito richieda al browser un cookie
(letteralmente “biscottino”). Cos’è il cookie? E’ un file contenente
informazioni che alcuni server raccolgono sul conto dell’utente 135Con tale termine si indica colui che risponde del sistema informativo stesso, pubblico o privato che sia, o di un settore dello stesso; ovvero il privato che sia proprietario di un sistema per le proprie esigenze personali o professionali.
138
(prelevandole dal browser) la prima volta che vengono visitati. Al ritorno
dell’utente sulla pagina che ha depositato il cookie, il server remoto andrà
a leggere le informazioni ivi contenute e tratterà l’utente in base alle
preferenze associate alla visita di una particolare risorsa.
Dal punto di vista del marketing questo è eccezionale: una volta
ricollegati a un supermarket virtuale, il sito stesso può accogliere un
utente “affezionato” magari mostrando le offerte speciali che riguardano i
prodotti acquistati l’ultima volta.
Ma sono informazioni preziosissime che possono catalogare ogni
utente attraverso le sue preferenze, magari quelle sessuali o politiche a
seconda dei siti visitati (basti pensare alle riviste).
Il problema non riguarda tanto la singola azienda. Solo chi ha
messo il cookie lo potrà riprendere e avere accesso alle informazioni
personali che esso contiene. Ma esiste il grosso rischio che possa nascere
un mercato dei cookie, mediante il quale informazioni che riguardano un
utente possono passare da azienda ad azienda.
I rischi attuali sono limitati, se non quello di trovare la casella di
posta elettronica ricolma di volantini elettronici su prodotti che
probabilmente l’utente gradisce. Ma le implicazioni sono così forti che
potrebbero tenere alla larga i consumatori. Anche se bastano poche
contromisure efficaci per evitare l’invio indesiderato di informazioni sul
nostro conto. Ma solo i browser di ultima generazione permettono di
compiere questa operazione senza l’ausilio di conoscenze tecniche
sconosciute ai più.
D’altro canto, potenziali lesioni dalla privacy possono derivare
dallo stesso processo di acquisto. Lo sviluppo di servizi telematici
commerciali è infatti un’ottima opportunità per le aziende di costituire
enormi database relativi ai consumatori, identificati dal loro numero di
carta di credito. Le abitudini d’acquisto così rilevate vengono poi
utilizzate per proporre ai consumatori proposte commerciali
136La questione è ripresa da R. Staglianò, “Comunicazione interattiva”, op. cit., pp. 66-69.
139
personalizzate. Una forma di pagamento ideale, tra le altre caratteristiche,
dovrebbe garantire l’anonimato di chi acquista, esattamente come il
denaro contante. Anche se il problema è stato focalizzato da tempo e
sembra largamente superato dagli standard di pagamento elettronico
realizzati.
V.5.7 Il problema dei pagamenti Nella generalità dei casi gli acquirenti/consumatori sono molto
riluttanti a trasmettere via cavo il numero della propria carta di credito. Si
potrebbe obiettare che gli stessi consumatori non si preoccupano
minimamente di consegnare la carta al cameriere di un ristorante o a
comunicarne il numero via telefono a un perfetto sconosciuto quando
prenotano un auto a noleggio oppure una stanza d’albergo. D’altro canto,
alla fine del 1995 fu arrestato un hacker che “lavorava” su Internet per
aver trafugato ben 20.000 numeri di carta di credito.
Tuttavia, il problema dei pagamenti attraverso un sistema
telematico non può essere trascurato. Certo, si potrebbe risolvere il
problema mantenendo on-line soltanto la “vetrina” del negozio virtuale e
affidando al tradizionale e sicuro (cosa abbastanza opinabile) fax la
gestione dei pagamenti. Ma a parte gli inconvenienti dovuti alla distanza
(le chiamate al di fuori del proprio distretto telefonico) c’è
un’inconveniente ancora peggiore: dividere temporalmente il momento
della scelta di un prodotto da quello dell’acquisto si traduce molto spesso
in vendite mancate.
Il problema della sicurezza è soltanto una delle cause che inibisce il
commercio elettronico. Vi è infatti, al di là di questo, un problema di
definizione degli standard. Molte aziende hanno tentato di sviluppare un
loro sistema per effettuare transazioni telematiche sicure. Ma così
facendo, l’attività finanziaria si è complicata notevolmente a causa del
numero di mediatori. Questo ha tenuto inevitabilmente alto il costo delle
transazioni.
140
L’opportunità di creare uno standard per i pagamenti elettronici
attraverso un canale telematico ha attirato molti dei tradizionali colossi
della moneta fiduciaria. Nonostante le tensioni competitive, la questione si
è finalmente concretizzata con il lavoro congiunto di MasterCard e Visa,
la cui collaborazione ha dato origine, nel febbraio 1996, allo standard SET
(Secure Electronic Transactions).137A tali specifiche ha aderito un paio di
mesi dopo anche la prestigiosa American Express.
MasterCard e Visa servono complessivamente circa 700 milioni di
clienti in tutto il mondo. Grazie alla loro dimensione e alla capacità di
coinvolgere le banche più importanti nell’operazione, molti ritengono che
il SET consentirà finalmente al commercio elettronico di decollare.
La collaborazione citata è il classico esempio di cooperazione tra
diversi soggetti secondo la teoria dell’offering system. L’accordo riunisce
infatti anche colossi provenienti da altri settori dell’economia quali IBM e
Microsoft, e coinvolgerà necessariamente produttori di hardware e di carte
intelligenti a microprocessore.
Senza entrare nel merito del sistema, il SET, grazie al sostegno
delle tre maggiori compagnie di carte di credito, ha forti possibilità di
emergere come il sistema di pagamenti telematico per eccellenza. E’ un
sistema molto sicuro (i codici di cifratura sono analoghi a quelli usati dai
militari per i codici di lancio nucleari), ma ancora qualche difetto in
termini di flessibilità. Problematiche quali carte intelligenti (smart card)
che riportino il saldo e la questione dei micropagamenti non sono state
ancora affrontate, ma tali questioni potrebbero essere affrontate nella
prossima revisione del protocollo prevista entro un anno.
Tra i sistemi alternativi al SET (ce ne sono diversi), un sistema
radicalmente diverso è di Europay International:138 l’idea è quella di
evitare di far viaggiare in rete il numero di carta di credito, “trasmettendo”
137Per una trattazione completa sul sistema SET v. Larry Loeb, “Il SET è pronto”, Internet News, Anno II, n. 10, Novembre 1996, pp. 63-68 e sulla stessa pubblicazione, Andrew Kantor, “Fare shopping con SET”, pp. 68-69. 138La trattazione è ripresa da E. e C. Della Costa, “Borsellino elettronico”, Inter.net, n. 12, 10 Aprile 1996, p. 88.
141
direttamente il denaro. Ciò avviene attraverso l’utilizzo delle smart card,
le carte intelligenti, le tessere che immagazzinano l’informazione su chip
anziché su banda magnetica. Parallelamente, si dovrebbe sviluppare un
mercato di lettori di smart card a basso costo da collegare al proprio PC.
La carta diventa una sorta di borsellino elettronico dalla quale verrà
sottratta la somma necessaria, che viene accreditata subito alla
controparte. Esaurita la disponibilità, si torna in banca per far “ricaricare”
la carta attingendo dal conto. Il sistema risulta ottimo per i
micropagamenti (non più di 25 ECU) e presenta rischi molto contenuti, e
sembra anche essere il sistema migliore per la diffusione dei network
computer di cui si è parlato poc’anzi.
Per concludere, nonostante il commercio elettronico presenti
ancora qualche svantaggio, pare che la maggior parte dei problemi sarà
portata a soluzione in tempi sufficientemente brevi. Nel frattempo, il
commercio telematico rappresenta ormai una realtà. Ma con quali cifre?
V.6 DATI EMPIRICI E PREVISIONI SULLO SVILUPPO DEL COMMERCIO ON-LINE
Nonostante arrivino da più parti dubbi sull’effettivo decollo,
sembra davvero che il commercio elettronico sia divenuto un fatto con le
sue prime e sostanziose conferme. Le cifre che si analizzeranno sono tutte
relative a iniziative commerciali nate su Internet.
Le esperienze più interessanti giungono, come al solito, da
Oltreoceano. Il consumatore del continente americano è tradizionalmente
più avvezzo al non-store retailing, tipicamente le vendite per
corrispondenza, probabilmente per le grandi distanze che caratterizzano
l’area. Coerentemente, anche il commercio elettronico si è sviluppato con
maggiore rilevanza, trainato anche dal maggiore favore verso mezzi di
pagamento diversi dal contante.
142
Numerosi sono gli esempi. Da circa un paio d’anni opera l’Internet
Shopping Network, sul quale oltre 600 aziende del settore informatico
espongono merci (L’ISN fa parte del Home Shopping Network, uno tra i
maggiori network di venditori su TV via cavo).139 Per collegarsi con ISN è
necessario un preventivo tesseramento, a costo zero e senza nessun
obbligo d’acquisto. Una volta divenuti membri, ci si connette in rete e,
utilizzando il proprio codice d’accesso, si può ordinare la merce scelta dai
cataloghi. Il pagamento avviene tramite carta di credito. La consegna, se
l’ordine è partito entro le ore 14.00 (ora americana) avverrà entro il giorno
seguente (sempre che si tratti di giorno lavorativo). I prodotti acquistati
sono in garanzia e, per la generalità dei prodotti, possono essere sostituiti
entro 90 giorni dall’acquisto. Il dato iniziale, a Maggio 1995, attribuiva a
ISN un controvalore degli acquisti pari a circa 7.000 dollari al giorno.
Purtroppo non si ha la disponibilità di dati più recenti.
Nell’estate del 1996 la Dell Computers140 ha aperto il suo sito WEB
con la possibilità di acquistare in linea i propri prodotti. Risultato: nove
milioni di dollari di vendite in soli 30 giorni.141
Il miglior esempio di non-store retailing telematico per beni di
largo consumo rimane Cdnow, un’organizzazione USA presente su
Internet con un catalogo pressochè sterminato di pubblicazioni musicali,
comprese videocassette VHS, edizioni su vinile per collezionisti,
merchandise vario (T-Shirts, ecc.).
CDNow commercializza i propri prodotti a prezzi decisamente
concorrenziali. Ovviamente al netto dei costi di spedizione e delle
eventuali perdite sul cambio per acquisti fatti dall’estero.
139Le informazioni che seguono sono riprese da Giovanna de Giglio, “Shopping nel cyberspazio”, Internet News, anno I, n.2, Aprile 1995. 140Fondata 14 anni fa nel Texas, la Dell è stata la prima società del settore personal computers a vendere tramite catalogo con la tecnica del direct marketing, eliminando completamente catena di distribuzione e magazzini. Dal 1995 al 1996, in coincidenza con l’adozione di strategie coinvolgenti canali telematici, il fatturato è creciuto del 51%. 141Giuseppe Caravita, “Decolla il business online”, Il Sole 24 Ore, 16/10/1996, p. 41.
143
La consegna avviene tra i 3 e i 6 giorni lavorativi (circa due
settimane per ordini eseguiti dall’estero). Il pagamento avviene tramite
carta di credito, assegni (solo USA e Canada) e bonifici in dollari USA.
Le spese di spedizione dipendono ovviamente dalla destinazione. Il
costo di una spedizione negli USA va da un minimo di 2.49 $ ad un
massimo di 4.94$, qualunque sia il numero di articoli ordinati. Un costo
leggermente superiore è previsto per gli ordini ricevuti dal Canada. Per
questi due paesi l’acquisto dei prodotti è decisamente conveniente, se
paragonato, ad esempio, al costo in Italia di un CD audio o di una
musicassetta.
Per gli altri paesi, invece, il costo di spedizione è decisamente
superiore, per alcuni anche troppo rispetto ai canali di vendita tradizionali.
Le fasce di costo sono cinque, a seconda della destinazione dell’ordine.
Fascia Es. paesi Primi 3 artt. 3 artt. succ. ogni art. in più
A Ant. Olandesi, Bermuda 9.89 $ 1.29 $ 0.80 $ B Germania, Svizzera 11.89 $ 1.69 $ 1.20 $ C Italia, Spagna 13.49 $ 1.99 $ 1.50 $ D Sud Africa, Australia 15.09 $ 2.29 $ 1.80 $ E Russia, Giappone 16.49 $ 2.69 $ 2.20 $
La spedizione in USA avviene tramite posta tradizionale oppure
corriere espresso per gli ordini più “sostanziosi”. Per le spedizioni in altri
paesi, il mezzo è la posta aerea, e questo giustifica i costi più elevati.
CDnow garantisce la soddisfazione del cliente. Ogni articolo può
essere restituito e rimborsato (al netto delle spese di spedizione) entro 30
o 14 giorni a seconda del tipo di articoli ordinati.
Ogni titolo è accompagnato da una valutazione critica e in alcuni
casi si può anche ascoltare qualche secondo della registrazione scelta. Il
catalogo elettronico è completato dalle biografie di tutti gli artisti in
catalogo, da immagini e da una vasta letteratura. Un ottimo esempio di
servizio commerciale che guida il cliente nelle scelte ma anche una
miniera di informazioni per chi si limiti a curiosare.
144
Queste ed altre realtà cominciano a costituire ormai un vero e
proprio mercato. Secondo uno studio della società di ricerca ricerca
ActiveMedia142, nel 1995 il volume d’affari del mercato elettronico su
Internet è stato di 436 milioni di dollari, e che più del 50% è andato al 2%
dei venditori presenti sulla rete. Secondo un’altra fonte, META Group, le
transazioni commerciali su Internet si aggirano invece attorno ai 250
milioni di dollari l’anno.
In Europa, e ancor di più in Italia, le cose stanno in maniera ancora
piuttosto diversa. In Francia un certo numero di aziende di vendita per
corrispondenza preferiscono espandere le proprie attività attraverso il
sistema videotex (nel caso specifico il Minitel) piuttosto che attraverso
Internet, nonostante la minore qualità del servizio. Analogamente sta
succedendo in Germania col servizio Datex-J, gestito da Deutsche
Telecom, ed anche in Svizzera accade una cosa simile. Il motivo è che il
sistema videotex viene considerato più sicuro (si tratta di un sistema
centralizzato e con punti di riferimento precisi, dato che raramente il
traffico esce dai confini nazionali).
Tuttavia, anche in Europa e nel nostro Paese sembra verificarsi un
cambio di mentalità. Per quanto riguarda l’Italia, su Internet è presente dal
Febbraio del 1996 l’organizzazione Cybermercato, una società di Olivetti
Telemedia, che ha aperto il primo centro commerciale virtuale italiano,
l’esempio nazionale più eclatante di servizio di shopping da casa. A
differenza di altre realtà analoghe sorte per lo più in America o Gran
Bretagna, Cybermercato è un vero e proprio servizio commerciale più che
un servizio telematico. Infatti la società compra i prodotti che vende dai
diversi fornitori e poi li rivende gestendo in proprio il magazzino, le
spedizioni e tutto quanto serve a concludere il ciclo di vendita e
approvvigionamento.
142Citato dal prof. di Economia presso l’Università Cattolica di Piacenza Domenico Ferrari, “Internet e le imprese: una sintesi”, in AA.VV., “Internet e le imprese”, Atti del Covegno SMAU, Fiera di Milano, 19/10/1996.
145
In più, “affitta” i propri spazi virtuali di vendita a terzi, partner
(tutti di gran marchio tra cui la Rinascente, McGraw-Hill, Apple, Olivetti)
che supporta occupandosi della progettazione, della logistica, del
marketing, degli incassi.
Il sistema è progettato come un vero e proprio “mall” su cui si affacciano
quattro aree: La Galleria (idee regalo), il Multimedia World (oltre 250
prodotti hardware e software), lo Spazio Giovani (uno spazio
entertainment a cura dell’emittente Radio D.J.) e il Business to Business,
spazio dedicato agli acquisti delle aziende.
Attraverso le pagine informative l’utente può vedere i prodotti,
sceglierli e, se vuole, comperarli. I prodotti acquistati verranno consegnati
direttamente a casa entro pochi giorni da un corriere privato.
Cybermercato consente di scegliere la modalità di pagamento preferita: se
infatti la certa di credito non offre sufficienti garanzie di sicurezza, il
cliente potrà decidere di pagare in contanti o con un assegno al momento
della consegna.
Come in un supermercato tradizionale, sfogliando le varie pagine
c’è la possibilità di mettere i prodotti desiderati nel "carrello". E come al
supermercato può decidere in ogni momento di togliere un prodotto dal
carrello. Il tutto senza obbligo d’acquisto. Soltanto alla fine si potrà
comperare con un unico ordine tutti i prodotti contenuti nel carrello.
L’impegno ad acquistare i prodotti viene preso solo dal momento in cui ha
inviato l'ordine. Cybermercato emette lo scontrino e tutela il cliente con le
regole della televendita, recessione dopo 7 giorni inclusa.
Nell’ottica di un quadro di sinergie tra media tradizionali e
innovativi, la struttura è ora accessibile, oltre che su Internet, anche
attraverso il sistema teletext dell’emittente televisiva Telemontecarlo.
Non ci sono statistiche precise sul giro di affari di questa
organizzazione telematica. Tuttavia, Cybermercato ha aperto nell’estate
del 1996 sulla Rete Civica Milanese (una comunità virtuale piuttosto
evoluta, 4.200 utenti) un’area per la vendita, a prezzi molto favorevoli, di
146
modem della Vobis (catena informatica nazionale). Risultato: uno o due
articoli venduti al giorno, senza ordini fasulli e dieci volte al di sopra delle
medie Internet italiane. Segno che anche in Italia il commercio elettronico
può funzionare.
Per quanto riguarda la tipologia dei clienti, la Nielsen ha analizzato
un campione costituito da 500 clienti di Cybermercato: il 94% dei clienti è
di sesso maschile. L'età media è 35 anni. Il 41% è laureato il 53%
diplomato. Il 40% di quelli che comprano in rete lo fanno collegandosi da
casa.
Un’esperienza italiana ancora più recente nel campo del
commercio elettronico è quella di Finest Quality Deal, un'alleanza tra
PMI italiane (settore gastronomia) per vendere il meglio del Made in Italy
direttamente al consumatore, attraverso Internet, in Italia, Unione Europea
e nei paesi dove, gradatamente, estenderà i propri servizi. E' una società
costituita da Soci Professionisti (il Management) e da Aziende Produttrici
Socie che hanno, ciascuna, l'esclusiva di presenza nel Catalogo FQD per
la propria tipologia di prodotti. FQD gestisce direttamente gli ordini, la
Banca CARIPLO (Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde) gestisce
la riscossione degli importi dalle carte di credito. Società specializzate nel
trasporto di prodotti alimentari gestiscono la consegna dalla piattaforma
logistica di Milano direttamente al domicilio dell'acquirente, in Italia o
all'estero.
Per quanto riguarda il sistema di pagamento, vi sono numerose
opzioni: bonifico bancario presso CARIPLO, assegno Circolare o
Bancario Non Trasferibile intestato e spedito a Finest Quality Deal Srl,
vaglia telegrafico postale, carta di credito (Moneta, Visa, MasterCard,
CartaSi), versamento presso agenzia Western Union Money Transfer.
La spedizione dei prodotti ordinati al proprio domicilio avviene
solo dopo l'effettivo incasso del valore da pagare, da parte di FQD.
L'Acquirente riceve la comunicazione di conferma via posta elettronica.
147
Questo il presente in Italia e nel mondo. Per il futuro gli analisti
prevedono trend di crescita a dir poco impressionanti.
Sulla base di uno studio approfondito sugli utenti americani ed
europei, Idc ha elaborato un modello previsivo del commercio elettronico
su Internet. Secondo questo studio143, dai 16 milioni di utenti del 1995 ai
163 milioni del 2000 la quota dei “compratori abituali” salirà dal 24% di
oggi al 28% (vedi fig. V.2). Ma il grosso della crescita, secondo Idc, sarà
nell’intensità di acquisti. La stima di oggi è di una spesa annua sulla rete
di circa 300 dollari pro-capite, che dovrebbe invece innalzarsi a 2.500
entro i prossimi quattro anni.
0 20 40 60 80 100 120 140 160 180
1995
2000
Milioni
Utenti WEB Acquirenti
FIG. V.2 Sviluppo commercio elettronico (fonte Idc)
Mentre oggi soltanto il 30% degli acquisti viene completato
interamente sul canale telematico, nel 2000 questa quota dovrebbe salire
ad oltre il 70%, per un totale di 78 miliardi di dollari. Di qui la previsione
secondo cui un sito Internet commerciale (soprattutto negli USA, dove si
concentrerà la gran parte degli acquisti telematici) passerà da un fatturato
annuo di 610.000 dollari a 51 milioni di dollari nel 2000. Secondo Idc
queste cifre sono calcolate al ribasso, escludendo le attività di
compravendita finanziaria (azioni e titoli) e trascurando la crescita, forse
più promettente, dei fatturati dei siti commerciali dedicati alla
distribuzione di beni e servizi per le imprese.
143Citato da Giuseppe Caravita, “Decolla il business online”, op. cit., p.41
148
1995 2000
SPESA ANNUA ACQUISTI PRO-CAPITE 285 $ 2.565 $
SPESA SUL WEB 330 milioni $ 78 miliardi $
FATTUR. ANNUO DI UN SITO COMMERCIALE 610.000 $ 51.000.000 $
Tabella - Sintesi del rapporto Idc
Molto più cauti gli analisti della Forrester Research, che hanno
stimato il volume d’affari su Internet nel 1996 in 700 milioni di dollari,
per passare a 2,3 miliardi nel 1998 e 6,9 miliardi nel 1999. Valutazioni
ottimistiche a parte, nessuna impresa può prendere sotto gamba tali cifre.
Il commercio elettronico sta per diffondersi in maniera esplosiva, e questa
è la sfida che attende teorici e tecnici del marketing del XXI secolo.
149
Conclusioni finali
Dopo un quadro generale sulla distribuzione e un’ampia
discussione sui cambiamenti nelle abitudini di acquisto del consumatore,
questo studio ha evidenziato l’evoluzione nel tempo di scopi e
metodologie da parte di produzione e distribuzione. Al termine di questa
prima parte, è stato sottolineato l’affermarsi di uno scenario dove
produzione, commercio e consumo, tutte con pari dignità, realizzano,
grazie alle peculiarità dei canali telematici diffusi, un sistema interattivo
di relazioni che pone le basi per il superamento del paradigma della
produzione di massa.
La seconda parte ha tracciato un parallelo tra due sistemi telematici
diffusi molto diversi, videotex e Internet, esaminando la questione dal
punto di vista strettamente tecnologico. La conclusione è che il secondo
ha tutte le carte in regola per sperimentare un forte sviluppo in ambito
commerciale. Ha quindi tutte le caratteristiche, esso o ciò che verrà in
seguito, per diventare l’elemento acceleratore della rivoluzione economica
che vede il superamento del paradigma di massa per quello
dell’informazione.
Infine, il presente lavoro ha tracciato un quadro su come
produzione e distribuzione possono trarre vantaggi dal marketing
telematico, con un occhio di riguardo verso il commercio elettronico
esaminandone i pro e i contro.
Seppure paesi come gli Stati Uniti sembrino “maneggiare” le nuove
tecnologie telematiche con sufficiente dimestichezza, per la maggioranza
degli altri paesi industrializzati (Italia in testa) il panorama, seppure
pervaso da iniziative molto interessanti, è ancora parecchio confuso.
L’orientamento generale da parte delle imprese è ancora quello di
utilizzare i canali telematici coinvolgendo soprattutto la componente
organizzativa e non quella di relazioni con il mercato. Ma ciò equivale a
sottostimare e a trascurare le grosse potenzialità offerte dalla telematica.
La flessibilità del canale telematico, il suo effetto sinergico con la
150
flessibilità e maturità del consumatore, diventa una nuova sfida alla
creatività d’impresa, espandendo all’infinito i rami dell’albero decisionale
di fronte all’azienda. Questa non è un’opzione del futuro: già oggi, a parte
qualche problema di facile soluzione, il marketing telematico finalizzato
alla distribuzione può costituire un fattore di successo per l’impresa. E più
si va avanti, più l’adozione di un sistema interattivo globale di relazioni
con l’acquirente/consumatore diventa un iter obbligato per gestire la
complessità dei mercati.
Pertanto, la stessa sopravvivenza futura dell’impresa è legata ad un
cambio deciso di mentalità. Del resto, al di là della telematica, l’impresa
stessa, da reale, si sta comunque evolvendo verso azienda virtuale,
trasferendo al proprio esterno moltissimi investimenti.
In questo senso, diventa fondamentale l’apporto della teoria. Il
superamento del paradigma della produzione di massa implica un
ripensamento nelle componenti teoriche della materia, cosa che peraltro
gli studiosi stanno portando avanti da diverso tempo.
Il marketing “tradizionale”, quello tipico del fordismo maturo per
intenderci, non è divenuto improvvisamente un oggetto da museo.
Tuttavia, bisogna riconoscere che nessuno può oramai sottovalutare le
condizioni che possono portare al suo superamento. E’ piuttosto
destabilizzante pensare al settore commerciale come svincolato dalla
componente logistica, o alla commistione (l’affermazione è volutamente
forzata) che sempre più caratterizza marketing operativo e strategico. La
telematica riduce sempre di più il divario tra pensiero e azione, tra breve e
lungo periodo. E questo può spaventare molto.
Una volta di più, quindi, si ravvisa l’esigenza di grande
cooperazione tra ricercatori ed operatori di mercato, con un rilievo critico
nei confronti di questi ultimi. Non è pensabile per il management
affrontare l’estrema turbolenza cui si sperimentano, va ricordato, soltanto
i primi effetti, senza un riferimento preciso alla teoria e alla ricerca.
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