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I Piccoli Fratelli di Gesù Anno XIV N° 27 - I Semestre 2012

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I Piccoli Fratellidi Gesù

Anno XIV N° 27 - I Semestre 2012

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I PICCOLI FRATELLI DI GESÙ

BOLLETTINO SEMESTRALE

Tribunale Civile di RomaSezione per la Stampa el’Informazionen. 00280/95 - 31/05/1995

Direttore Responsabile: B. Porcu

Stampa: ColoreinStampa, Roma 2012

I Piccoli Fratelli di Gesùc/c 44603447Casella Postale 48410121 [email protected]

Libano: Roger, Lluis, Bertrand.

Non prevediamo unabbonamento per questa

piccola rivista, per nonlimitarne la diffusione.

Le spese di stampa e dispedizione, infatti, sono

contenute. Ognipartecipazione a

queste spese sarà,comunque, gradita.

Ai nostri nuovi lettori

Questo opuscolo ècomposto con brani di

lettere - in Fraternitàvengono chiamati “diari” -

che i Piccoli Fratelli si scrivonoliberamente per darsi notiziedelle loro vite nelle differenti

parti del mondo. Speriamo chequesta loro comunicazione vi

interessi e saremmo contenti dipoter leggere le vostre

impressioni.

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Nel 1967 mi hanno chiestodi venire in Libano. Vivevamodel lavoro delle nostre mani.Uno di noi era operaio agricoloe un altro imbianchino. Al mioarrivo mi sono messo a cercaredel lavoro soprattutto nelle fab-briche e nei cantieri. Era un pe-riodo difficile per l’instabilità,l’insicurezza. All’inizio ho lavo-rato due mesi in una fabbrica diconserve nella stagione dei po-modori, un altro mese comeaiutante manovale e due mesiin una cantina dell’Arak (..distil-lato locale!), altri due mesi araddrizzare i pali nelle vigne, ro-vinati per l’abbondante nevedell’inverno. Poi ho trovato unlavoro fisso a Zahle, in una fab-brica di tubi in cemento, doveho lavorato per 8 anni. Bisogna-

va preparare gli stampi, fare ipezzi, metterli in magazzino ecaricarli nei camion,…scaricaresacchi di cemento. Dieci ore di

Giubileo in Libanodi Roger: Nabaa (Libano)

I Fratelli del Libano hanno celebrato quest’anno il Giubileodi 60 anni della fraternità in Medio Oriente, dei quali 25 aBeirut nel quartiere di Naaba dove Roger vive attualmente.Si tratta di un quartiere popolare dove vivono insieme liba-nesi, cristiani e musulmani di tutte le confessioni, siriani,Kurdi, turchi, africani e asiatici… La precarietà e il caro vi-ta, l’incuria dello Stato, l’incertezza per l’avvenire del pae-se sono un peso gravoso sul quotidiano delle famiglie conle quali siamo in contatto tutti i giorni e dei quali ammiria-mo spesso il coraggio, l’abnegazione, l’amore alla vita e latenerezza.

Roger.

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lavoro sei giorni la settimana inestate, ma durante l’inverno equando pioveva… si restava acasa.

I padroni erano tre fratelli,cristiani caldei; i dipendenti e-rano siriani e palestinesi, tuttimusulmani, io ero il solo cri-stiano e straniero, tuttavia mihanno adottato e integrato su-bito come uno di loro. Ovvia-mente si trattava di lavoro sen-za assicurazione, poco remu-nerato, sovente molto duro, mac’era tra di noi un ambiente fa-miliare ed una reale solida-rietà, e, cosa strana, i padronilavoravano con noi e come noi.Questo periodo era dunquemarcato dal lavoro manuale.La vita era impegnata nelle re-

lazioni con il vicinato, i lavori incasa, i tempi di preghiera almattino presto e la sera dopo illavoro. La sera non era peròfacile tenersi svegli durante l’o-ra di adorazione. Mi resta unacerta nostalgia di quel periodoperché vivevamo veramentecome poveri e quindi alla paricoi nostri vicini, lavoratori co-me noi. E quando la nostracassa era vuota, alla fine delmese, trovavo umiliante anda-re a chiedere a un amico di im-prestarci i soldi per l’affitto.

Abbiamo però deciso abba-stanza in fretta di lasciare quelquartiere cristiano dove i fratel-li si erano stabiliti 10 anni pri-ma per andare nella parte altadel villaggio, un quartiere misto

4Roger (1° a destra) …alla fine degli anni ‘60.

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ma a maggioranza musulma-no-shiita.

I nostri amici e vicini cristianisi meravigliavano e ci interroga-vano: “Perché andate dai mu-sulmani?”. Cercavamo di spie-gare per quanto possibile, co-me, alla sequela di Charles deFoucauld ci sentivamo chiamatia vivere tra i non cristiani.Quando il parroco è venuto acelebrare la prima Messa nellanuova cappella della fraternità evi ha lasciato il SS. Sacramen-to, fu un momento di grandegioia e di riconoscenza: GesùEucarestia era d’ora in poi pre-sente nel cuore di questo quar-tiere, e questa presenza esige-va da noi una maggiore disponi-bilità alla preghiera e all’acco-glienza. Bisogna situare questotrasloco nel periodo immediata-mente prima della guerra quan-do le tensioni tra comunità era-no molto evidenti. Alcuni vicinicristiani si risentirono talmenteper la nostra partenza dal quar-tiere che ci considerarono deidisertori negandoci qualsiasi vi-sita in seguito. Per noi peròquel cambiamento fu come unachiamata a vivere più concreta-mente l’universalità dell’amorein un periodo in cui vedevamocrescere il pericolo di una guer-ra civile.

Fin dall’inizio della guerra,nell’Aprile del 1975, emerse ra-pidamente il carattere confes-

sionale del conflitto, molto duro,ci sentivamo come smembratitra due appartenenze che vole-vamo vivere sia con i cristianiche con i musulmani. Tanta vio-lenza da tutte e due le parti; aTaalabaya erano i cristiani a pa-gare il prezzo più alto del con-flitto, con tante sofferenze e la-crime. Alla fine di quell’anno1975 ci furono degli avvenimen-ti drammatici nei quartieri cri-stiani; più di una dozzina dimorti, le case saccheggiate, in-cendiate e la popolazione in fu-ga. Alcuni amici cristiani insiste-vano perché anche noi partissi-mo con loro. Che fare? Siamosolidali con i cristiani che soffro-no, ma vogliamo testimoniareanche la nostra fedeltà ai vicinimusulmani che ci hanno accol-to e che si rendono garanti del-la nostra sicurezza.

Con un’altra famiglia cristia-na del quartiere, decidiamo direstare sotto la loro protezione.Ero intanto rimasto solo a Taal-baya, e quando ci bombardava-no da Zahle o quando la seracircolavano i miliziani, andavo adormire da una famiglia musul-mana vicina; stando insieme,l’angoscia diminuiva. Pian pia-no ritornò la calma, ma io nonavevo più un lavoro. Nell’estatedel 1976, ho chiuso la fraternitàper un anno, ho messo tutte lemie cose presso i gesuiti di Taa-

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nayel e sono partito per un an-no sabatico in Algeria.

L’anno successivo, 1977,sono rientrato a Taalabaya conBertrand e sono diventato dipunto in bianco un maestro. Deivicini infatti venivano a chieder-ci aiuto per i loro compiti di fran-cese, mi sono reso conto che illoro livello era bassissimo. Mi èvenuto in mente allora di anda-re alla scuola per chiedere seper caso avessero bisogno diun professore di francese. Con-tro ogni mia speranza, sonostato accettato immediatamen-te, tanto che ho cominciato lelezioni l’indomani stesso. E’ sta-ta un’esperienza forte, difficilesul piano dell’insegnamento,ma ricca per le relazioni con i

bambini e con le loro famiglie,gente semplicissima che affron-tava i problemi della vita ( …re-si più gravi per la paura e il pe-ricolo della guerra ) con grandecoraggio. Tutti mi conoscevanocome religioso ed ho semprepercepito un gran rispetto e tan-ta fiducia da parte loro.

Questo periodo è stato l’oc-casione per un orientamentonuovo sul lavoro. La questionedel lavoro è importante per noipoiché dobbiamo vivere delnostro lavoro salariato. Perso-nalmente ho vissuto i miei mi-gliori anni nella condivisionedella condizione sociale dei la-voratori; attualmente i fratelliprendono il lavoro che loro me-glio conviene. Tuttavia, qual-

6Uno dei bambini del vicinato...

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siasi genere di lavoro si faccia,manuale o di servizio, voglia-mo far parte della gente sem-plice nel modo di vivere e nel-l’alloggio.

Nel 1985 con Bertrand ab-biamo iniziato una nuova frater-nità a Beirut. Sentivamo il biso-gno di essere più vicini ad alcu-ni giovani in ricerca vocazionalee che ci interrogavano sul no-stro tipo di vita

Abbiamo così trovato un pic-colo appartamento a Naaba.Bertrand ha trovato subito lavo-ro come infermiere. Io sono sta-to sollecitato da un amico a la-vorare con lui alla fondazione di

un CAT(Centro di aiuto attraver-so il lavoro). In questa Associa-zione ho scoperto un mondoche mi era completamente sco-nosciuto, quello dei malati men-tali. Ho subito capito che avevosoprattutto di che ricevere daloro, dalla loro semplicità e dal-la loro capacità di amare e checiò richiedeva da me semplice-mente di essere me stesso e diamare. Accoglievamo molti gio-vani musulmani ed ho anchescoperto che, davanti ad unapersona portatrice di handicap,tutte le barriere confessionalicadano e come la debolezzageneri comunione.

Una strada di Nabaa…

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Nel 1988 abbiamo fondato,con qualche amico, una comu-nità “Foie et Lumière” (Fede eLuce,- movimento sulle ormedella Comunità dell’Arca diJean Vanier-) nella parrocchiadi Nabaa. Sono sempre pienodi ammirazione per la serietà el’impegno dei giovani che ac-compagnano i loro fratelli e so-relle portatori di handicap, e traloro parecchi si sono sposatinella comunità.

I due ultimi anni della guerra1989-1990 sono stati l’occasio-ne per vivere un’esperienzaparticolare di convivio con i no-stri vicini. Molta gente si rifugia-va nel sottosuolo durante i bom-bardamenti, ma il nostro era i-nondato. Con l’aiuto dei vicini,abbiamo allora riempito dei sac-chi di sabbia e abbiamo fattodel nostro appartamento, situa-to a piano terra, un rifugio dovetutti potevano trovare alloggio,sia di notte che di giorno. I bam-bini dormivano in cappella.

Abbiamo veramente speri-mentato una solidarietà straor-dinaria nella condivisione dellostesso tetto, dello stesso pane,e…con qualcuno, della stessa

preghiera. La presenza di Gesùnell’Eucaristia ci ha aiutato asuperare ogni paura e a tenerviva la speranza.

Parecchi giovani libanesi, i-rakeni, egiziani, sono venuti avivere con noi durante questi ul-timi 20 anni. Uno solo ha sceltola fraternità come progetto di vi-ta,…e noi siamo un gruppo cheinvecchia,…e siamo pochi! Nonci teniamo a parlare di noi, nonabbiamo delle istituzioni o delleattività che ci mettano in mostracome comunità religiosa. Espri-miamo la nostra vocazione mol-to più volentieri attraverso ilsimbolo del sale o del lievitoche per quello della luce sulcandelabro! Tuttavia siamo co-scienti che il messaggio diCharles de Foucauld non ci ap-partiene e che dunque dobbia-mo far conoscere e condividereil tesoro che abbiamo ricevutoda Gesù di Nazaret.

Pregate perché siamo fedelialla nostra vocazione di “fratel-li”, fratelli di Gesù e “piccoli” fra-telli di tutti, testimoni della tene-rezza e del perdono di Dio pertutti i suoi figli.

Roger

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Non posso resistere allatentazione di cominciare questodiario con una buona notizia:dopo quarant’anni di presenzain Paraguai (siamo arrivati nel1970), abbiamo ora il nostro pri-

mo candidato alla fraternità, ori-ginario del paese. Si tratta diCarlos, un agricoltore dell’inter-no del paese. È un uomo ditrent’anni e attualmente fa il no-viziato in Argentina assieme a

Raggrupparsi… e aiutarsi.di Xavier: fraternità - Assuncion (Paraguai)

Come ci dice Xavier, la Fraternità è in Paraguai dal1970, lui stesso vi abita fin dall’inizio. Il ravvicinamen-to con i “Fratelli di Maria” è la conseguenza del fattoche anche loro si ispirano a Charles de Foucauld eche la nostra vocazione é molto simile. Perché alloranon raggrupparsi, sostenersi e aiutarsi vicendevol-mente?

Xavier... il vecchio pescatore!

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Rodrigo, argentino e coetaneodi Carlos, e Carlo, un italianoanch’egli trentenne.

La nostra fraternità del Pa-raguai è assai originale per ilfatto che è composta da quattrofratelli che appartengono a duegruppi differenti della famigliaspirituale di Charles de Fou-cauld. Alexi e Gilberto, originaridella Costa Ricca, fanno partedi un movimento di laici che sichiama “Fratelli di Maria” chefesteggia la Visitazione comeFesta propria. Noi due, Juanci-to e il sottoscritto, siamo piccolifratelli di Gesù, ma che da seianni formiamo una fraternità piùampia assieme a loro.

Juancito ha vissuto per pa-recchi anni in Argentina.

Ad un certo momento hamanifestato espressamente ildesiderio di ritornare in Para-guai. È tornato nel 2005, pro-prio al momento in cui noi desi-deravamo ardentemente rinfor-zare i legami tra di noi, piccolifratelli di Gesù e fratelli di Ma-ria. A dire il vero avevamo giàcominciato un cammino ravvici-nato con Alexi e Gilberto da die-ci anni. Appena rientrato in Pa-raguai Juancito è stato subitofavorevole ad unirsi a questa e-sperienza fraterna.

Torniamo dunque alla no-stra fraternità “allargata”. Perrealizzare il nostro desiderio diravvicinamento, si cercava unposto che rispondesse alle at-tese di tutti. Abbiamo così tro-

10Juancito (a destra) a Puerto Viejo (Argentina).

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vato, fortunatamente, il “Foco-lare di S. Monica” , in zona ru-rale nei dintorni della capitaleAsunción. Il Focolare aveva an-che due ettari di terreno annes-so che nessuno coltivava; oc-casione stupenda per Alexi perritornare al lavoro dei campi.Gilberto usufruiva della vicinan-za dei mezzi pubblici di traspor-to che gli permettevano di spo-starsi facilmente, come lo ri-chiede il suo lavoro di idraulicoe di elettricista.

Juancito avrebbe avuto ab-bastanza di che occuparsi dellamanutenzione,… e io, con i miei80 anni,…a quel che Dio vorrà!

Il “Focolare” é un’istituzioneper l’accoglienza di ragazzemadri con il loro rispettivi bam-

bini. Normalmente erano circadieci nel “foyer” dai 12 ai 18 an-ni. I bambini avevano invece da1 a 6 anni. Si trattava di un am-biente molto speciale che giu-stificava la nostra presenza. LaFondatrice era stata moglie diun Generale ma anche lei era ,senza ombra di dubbio, dotatadi un autoritarismo indiscutibile.

Il “Focolare” non ha funzio-nato a lungo per diversi motivi.Ma è soprattutto a causa del-l’eccessivo imporsi della direttri-ce e per mancanza di pedago-gia e di personale qualificatoche ha dovuto chiudere batten-ti. Le giovani mamme non pote-rono sopportare più a lungo untale ambiente e hanno comin-ciato a lasciare, all’inizio una

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Un amico, Gilberto, Alexi e Xavier.

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dopo l’altra, poi a gruppetti,…esovente con i bambini. E così siarrivò al punto in cui il “Focola-re” ha dovuto chiudere perchénon c’era più nessuno.

Questa nuova situazionenon giustificava più la nostrapresenza, e inoltre non aveva-mo molte relazioni con i vicini.Abbiamo cercato per un certotempo di continuare, ma nonpotevamo far fronte alla situa-zione quale ora si presentava.E così Alexi ha deciso che la-scerà il lavoro dei campi alla fi-ne del raccolto di quest’anno.Chi, più di tutti ha sofferto perquesta situazione è stato certa-mente Juancito. Egli aveva in-vestito tantissimo sia per il man-tenimento della casa, del giardi-

no, del frutteto,… che per tuttociò che rendeva più gradevole eaccogliente il “Focolare”. Inoltredurante questi cinque anni incui ha funzionato il centro, è so-prattutto lui che ha stretto ami-cizia con parecchie ragazzemadri.

Per Gilberto non si è trattatodi un grande cambiamento inquanto sia il suo lavoro che isuoi impegni nel Movimento dei“Fratelli di Maria” sovente lo ob-bligavano a viaggiare all’internodel paese e dunque era abba-stanza distaccato dal “Focola-re”. Per quel che mi riguarda in-vece, io aveva già lasciato il“Focolare” da quattro anni perritornare dove abitavo prima –una vita semi-eremitica in un

12La casetta... delle mie delizie!

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posto abbandonato e che ap-partiene al Terz’Ordine france-scano - …dove vivo felice!!!

L’insuccesso del “Focolare”non ha minimamente intaccatoil nostro impegno di vita comu-nitaria. Al contrario, l’esperien-za ci è sembrata positiva e ci hapermesso di vivere una vera a-micizia fraterna. Ora non vivia-mo più insieme. Alexi e Gilbertovivono in una casetta nel quar-tiere di Thompson. Alexi per ilmomento lavora ancora il giar-dino del “Focolare” e quindipassa delle giornate intere conJuancito che continua ad abita-re là. Ogni giorno mangiano in-sieme a mezzogiorno. Io tentodi raggiungerli ogni due setti-mane per passare con loro unoo due giorni. Sentiamo di voler-ci bene e penso che ci soste-niamo vicendevolmente a varilivelli. Tra l’altro non aspettiamole occasioni importanti per co-municare tra di noi, …facciamoricorso facilmente ai nostri te-lefonini!

Ci sarebbe un piccolo sforzoda fare per pregare insieme piùsovente, …ma forse il nostrostile di vita assai “individualista”non ci aiuta in questo senso.Tuttavia siamo felici della nostravita fraterna e non siamo “gelo-si” del modo diverso con cuiciascuno vive la “fraternità”.

Per concludere, penso chela nostra vita fraterna sia auten-tica e che non sia necessarioper renderla tale, rinchiuderla in“cliché” ben definiti! In ogni vitafraterna e comunitaria bisognafare in modo che i primi benefi-ciari siano gli stessi fratelli. Sitratta di trovare il denominatorecomune che ci unisce; e nel no-stro caso, non c’è dubbio che sitratti della nostra vocazione diNazaret come l’ha concepitaCharles de Foucauld.

Noi cerchiamo dunque dicostruire la nostra fraternità apartire da questo mistero evan-gelico.

Xavier

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Sono molto contentodi potervi comunicarequalche cosa di ciò chevivo a Murugaragara. Almio arrivo, nell’Aprile2008, pensavo di dedi-carmi al lavoro dei campie specialmente al giardi-naggio. Innanzi tutto, Lo-renzo, che da più ditrent’anni vive “della zap-pa”, ha potuto continuaregrazie a parecchi fratellidi passaggio (…io stessoavevo vissuto tre mesicon lui nel 1993 come po-stulante). In secondo luo-go non avrei mai immagi-nato di trovare qui un la-voro nel settore dell’infor-Édouard.

Tra i poveri contadini della campagna tanzaniana.di Edoardo: Murugaragara (Tanzania)

La fraternità di Murugaragara si trova in una zona rura-le del Nord Ovest della Tanzania da quasi 40 anni, or-mai. Due fratelli in particolare vi hanno vissuto in formastabile: Marcel …che ha iniziato e ora è pensionato aVitrolles in Francia e Lorenzo che da 30 anni vive lavo-rando la terra. I fratelli hanno fatto un grande lavoro permigliorare la produzione, variare le culture, equilibrarel’alimentazione del villaggio e incentivare una certa pro-duttività… Edoardo aveva pensato di inserirsi in questoprogetto, ma gli eventi hanno preso per lui un altro cor-so…

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matica. Speravo di continuare illavoro con i cristiani del villag-gio, soprattutto un lavoro che a-vesse potuto apportarci un in-troito, organizzando attività d’in-sieme in piccoli gruppi di conta-dini. La comunità, inoltre, avevaricevuto una moto-pompa e al-cuni tubi per l’irrigazione, masfortunatamente i tubi non era-no sufficienti per cui abbiamodovuto organizzarci anche congli… innaffiatoi.

I primi mesi abbiamo potutopiantare le cipolle rosse; il rac-colto è stato abbastanza buono.Abbiamo infatti raccolto circa400 Kg per un gruppo di 16 per-sone. Dunque la mia prima im-pressione è stata positiva, aparte le assenze di qualcunosoprattutto per innaffiare. Ave-vamo però l’abi-tudine di segna-re le presenzeper facilitare poila distribuzionedel raccolto inmodo da evitareche alcuni profit-tassero del lavo-ro degli altri! Tut-tavia gli impegnierano di granlunga troppi perdue fratelli soli.Eravamo presimattina e seraperché avevamo

cominciato durante la stagionesecca per cui dovevamo innaf-fiare due volte al giorno! Tutta-via questa prima attività a Muru-garagara è stata di grande aiu-to per familiarizzarmi con lagente che conoscevo appena.Ho un grande rispetto per i con-tadini che lottano ogni giornoper procurarsi da mangiare tratante difficoltà soprattutto nelsettore del giardinaggio, senza imezzi adeguati. Il mio obiettivoera, dunque, di lavorare con Lo-renzo per migliorare ciò che a-veva cominciato come “proget-to comunitario” (Kigango) deicristiani del villaggio.

Durante questa prima espe-rienza avevamo anche integra-to un gruppo di Pentecostali(…si sono ritirati in seguito…

…il primo raccolto.

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dopo il primo raccolto…). Comeculture abbiamo incentivato i le-gumi, fagioli, mais, patate …eanche la nuova cultura di Ja-tropha. Inoltre in fraternità c’erasempre da curare il bananeto,piantare soia, fagioli e legumivari come cavoli, melanzane,pomodori e carote, non solo permangiare ma anche per vende-re al mercato.

Sfortunatamente (…o fortu-natamente!) ecco che un gior-no, verso la fine di Novembre,un amico di Lorenzo, il Segre-tario della Caritas diocesana diRulenge è venuto a visitarci eabbiamo fatto insieme un gironei campi di pomodori che era-no stupendi;…mi poneva tantequestioni sul lavoro, se sapevofare solo il…contadino, e se a-

vevo un mestiere! Gli ho parla-to della mia modesta formazio-ne in informatica. Allora mi dis-se che, se avessi avuto qual-che momento libero, potevopassare agli uffici della Caritas,magari per dargli una manod’aiuto. Da quel momento hocominciato a lavorare in frater-nità fino alle 9.00 e poi mi reca-vo agli uffici della Caritas perdare una mano a fare dei reso-conti o per preparare dei de-pliant… Ho lavorato come vo-lontario dal Novembre 2008 fi-no a Luglio 2009. Pensavoperò di smettere col volontaria-to, perché non avevo più il tem-po di seguire i lavori con i con-tadini. Ma la nuova Direttrice miha chiamato per propormi seaccettavo un lavoro come se-

gretario della Caritas atempo pieno.

D’accordo con Loren-zo ho accettato anche seil salario era molto bas-so. Era la fine di Ottobre2008, e così, il 1° No-vembre cominciai il mionuovo lavoro come se-gretario della Caritas.C’è molto lavoro. Non sitratta solo di scrivere re-soconti o rispondere aibenefattori, bisogna an-che mettere in ordine ivari “dossier” e conosce-re gli innumerevoli pro-Jatropha: dalla semente... all’olio!

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getti dei diversid i p a r t i m e n t idella Caritasper scrivere irapporti concognizione dicausa. Lamaggioranzadegli aiuti sonoin favore deicontadini. Intutto seguiamo14 gruppi dipersone, ognigruppo è com-posto da 40 fa-miglie. Il pro-getto che li ri-guarda si chia-ma: “Gender and DevelopmentProgram” (GDP-Programma disviluppo integrale) i cui obiettivitoccano l’alimentazione, le cul-ture appropriate, la salute e l’i-giene familiare con accenti an-che sulla complementarietà trauomo e donna nel progetto ge-nerale di sviluppo.

C’è anche un progetto per iportatori di handicap, e…nellanostra diocesi ce ne sono pa-recchi: ne abbiamo recensitocirca 700 e in più altri 300 circache soffrono di epilessia. Biso-gna incontrare questi sfortunatio nel centro o a domicilio (quel-li che non abitano vicino a Ru-lenge) per dare loro le medicineappropriate. Ma…spesso non

hanno neppure di che sfamarsi!Dico questo perché ho accom-pagnato varie volte il coordina-tore nei villaggi; ho visto dun-que di persona!

Il terzo programma è quellodi “Relief and Emergency”(Soc-corso di emergenza). Si tratta diun servizio di emergenza im-portante ed abbiamo tantissimesollecitazioni, come per esem-pio se una casa brucia con tut-to il “patrimonio…”(abiti o vive-ri…); tuttavia i fondi non sonosufficienti per tutte le richieste.Pare che tale servizio funzio-nasse bene all’epoca dei rifu-giati nella regione dal 1993 al2000.

Queste sono le categorie di17

Édouard s’incammina verso Rulenge.

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persone che abbiamo sotto inostri occhi tutti i giorni, e checerchiamo di aiutare a sopravvi-vere con i nostri piccoli servizi.Ora comincio a familiarizzarmicon il lavoro anche se è effetti-vamente enorme. Lascio la fra-ternità alle 7 del mattino perrientrare alle 18.00 della sera.In più ho cominciato un serviziodi “segretariato pubblico”: quan-do non ci sono troppi resocontida preparare, posso fare servizidi rilegatura, plastificazione, fo-tocopie,…dare una mano ai la-voratori o agli studenti per…do-cumenti vari, ecc.; e questo dàuna piccola entrata all’Ufficiodiocesano. E pensare che pri-

ma si doveva andare fino a N-gara (40.km) per questi picco-lissimi servizi! Infine, su richie-sta della Direttrice, ho comin-ciato dei semplici corsi di forma-zione per il personale, in modoche l’uno o l’altra possano al-meno scrivere ed elaborare untesto nel PC.

Mi hanno dato una biciclet-ta per potermi recare in ufficiopiù agevolmente (6 km). Eroinfatti stanco di pagarmi unmoto-taxi o di andare a piedi;…cosa che ho fatto per più diun anno!

Loranzo, però, si ritrova dinuovo solo come quando l’hoincontrato nel 2008. Nel frat-tempo le attività si sono moltipli-

18Rulenge, centro città!

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cate nella fraternità e a livellocomunitario nel villaggio;… edio praticamente l’ho lasciato so-lo. Non ci si vede che la sera. A-vevamo piantato molta Ja-tropha (una pianta da cui si ri-cava dell’olio e si spera anchedel…combustibile!), 500 bananicome progetto comunitario perun introito del “Kigango”(Comu-nità di base). Si sono potuti giàvendere i primi caschi di bana-na;…c’è da accudire a due vac-che ed il mulino per il granotur-co necessita continui controlli

per…funzionare a dovere!Huhuru (che si occupa del muli-no!) da solo non ce la fa…

Capisco che non è facilecontrollare tutta questa situa-zione e che, quindi, ci sia unacerta esitazione ad impegnarsida parte delle autorità locali. A-vremmo desiderato che ciascunprogetto fosse seguito da un re-sponsabile locale della comu-nità; ma quando uno accetta difarlo, il giorno dopo, lo cerchi enon lo ritrovi più! Il risultato èche tutto ricade su Lorenzo…

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È quasi un anno che la «Pri-mavera siriana» è cominciata, esembra voglia protrarsi in eter-no. Diversamente dalle altre“Primavere” arabe, questa duratroppo tempo e sprofonda nellaviolenza. Se, fin dall’inizio, ilcentro della Capitale dove noiabitiamo è risparmiato (ma noni sobborghi!), focolai di violenza

invadono ormai il paese daNord a Sud: città grandi e pic-cole(Homs, Hama, Deir Ez-Zor,Idleb, ecc) ma anche villaggi ezone rurali. I luoghi della conte-stazione sono molto circoscrittie isolati dal resto del paese. Perquesto si potrebbe percorreretutta la Siria passando accantoai focolai della tensione e delle

manifestazioni,senza vederen i e n t e , … m amolto di meno alpresente.

Un diverbiotra commercian-ti e i servizi di si-curezza, unamanifestazionedi qualche deci-na di persone,alcuni graffiti suimuri sono statele prime espres-sioni di rivendi-cazione del po-polo siriano chereclamava la li-Roger e Jacques...

“Primavera siriana”…un anno dopo!di Jacques, Pierre-Yves e Yves (Damasco)

NB. Il testo é stato scritto nel Febbraio 2012; da allora,come ben sapete, la situazione resta molto instabilecon numerosi morti ogni giorno!

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bertà, la dignità e la giustizia, difronte a chi ha confiscato il po-tere da molti decenni a questaparte.

All’inizio le manifestazioni e-rano pacifiche, ma represse inmodo assai violento, allora sisono organizzate per difender-si, malgrado gli appelli del Con-siglio rivoluzionario a mantener-si nella nonviolenza.

Il Regime ha voluto giustifi-care la repressione con l’accu-sa ai paesi arabi e occidentali di“montare” un complotto controdi lui, negando così il desideriolegittimo della gente: si tratte-rebbe, secondo il Consiglio, diterroristi venuti dall’esterno percombattere e distruggere la Si-ria ed il suo Governo… Il Regi-me inoltre sbandiera la minac-cia dell’Islam, dei Fratelli Musul-mani e delle loro falangi armate,i “terroristi-islamo-salafiti”, Al-Qa’eda, che vogliono terroriz-zare le minoranze cristiane, glialauiti, i drusi…ecc. Questa ver-sione dei fatti sfortunatamenteha convinto molti in favore delpotere attuale, tra i quali unbuon numero di cristiani. Ma larivoluzione in corso in Siria nonha niente di religioso, e nessu-no dall’inizio della rivolta, ha re-clamato uno “Stato islamico”per la Siria.

Da un anno si sussegue in

Siria la cerchia di violenza,“contestazione-repressione”.Col passare dei mesi tale con-trasto si è amplificato ed è di-ventato più complesso per cui ilnumero dei morti e dei feriti nonha cessato di aumentare. Alcu-ni gruppi poco raccomandabili eche non hanno niente a che fa-re con la rivolta, hanno approfit-tato dell’insicurezza e si sonodati al saccheggio ad uccideree a seminare il panico. Perquanto riguarda la rivolta c’èstata un’organizzazione dei mo-vimenti locali e sono in seguitoapparse truppe armate sirianelibere (ASL) di cui non si cono-sce molto sulla loro efficacia,coesione o limiti… Tale armata,composta da dissidenti dell’ar-mata regolare ma anche di gio-vani che si sono uniti a loro, be-neficia di una fitta rete di soste-gno da parte della popolazioneper procurarsi viveri, denari,medicine: quanto alle armi (so-lamente quelle leggere) la cosaè più misteriosa: sembra chearrivino da tutte le parti, com-preso dall’armata regolare chele rivende, vista la corruzioneche regna nel paese.

Curiosamente si vede l’ar-mata libera circolare in alcunicentri, ad Homs addirittura si èinstallata sulla terrazza di unascuola proprio di fronte all’ar-mata regolare. …Si è ovvia-

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mente sorpresi della lentezzadella repressione per riconqui-stare i quartieri o per assediarele piccole città controllate dal-l’ASL. L’armata regolare fa unarepressione feroce contro lepiccole città “ribelli”, poi si riti-ra,…riprende la contestazio-ne,…e di nuovo la repressioneancora più violenta, schiaccian-do gli abitanti nelle loro stessecase. Il susseguirsi della “con-testazione-repressione” è unaspecie di “messa in scena” che,da un anno ormai, terrorizza lapopolazione.

Non si saprà mai quantimorti ci sono stati, seppelliti allabella meglio in fosse comuni otra le macerie delle case, quan-ti feriti che non sono potuti an-

dare negli ospedali governativiper paura di essere stermina-ti… Un autista dell’Ambulanza,nostro amico, è in prigione dapiù di sei mesi per aver tentatodi curare un ferito, parecchi me-dici sono anch’essi imprigionatio sono stati uccisi per la stessaragione. Molti prigionieri, certa-mente nell’ordine di migliaia,…sono torturati… Non si può an-dare alla ricerca di uno scom-parso senza rischiare di essereallo stesso modo oggetto di re-pressione?...

Il paese è paralizzato; dovela rivoluzione è in atto, tutto èbloccato: commercio, scuole, u-niversità e la gente ha paura diuscire di casa. L’impressione èsempre più quella di un paese

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Il risveglio di Damasco.

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nel quale la vita si è fermata an-che se nella capitale sembra cisia la normalità, ma la diminu-zione della circolazione é…si-gnificativa!

I commercianti, grandi o pic-coli, sono tutti unanimi nel direche l’attività economica è dimi-nuita considerevolmente; lo te-stimonia la livra siriana, passa-ta in 9 mesi da 65 a 94 livre per1 euro. Molti amici non hannopiù lavoro, per altri il salario èdiminuito, altri amici di Homs odella periferia di Damasco han-no dovuto lasciare il loro appar-tamento troppo esposto per an-dare in affitto in un quartiere piùsicuro…

Un altro amico ancora nonpuò raggiungere la sua azienda

agricola perché occupata daimilitari, per cui ha dovuto sman-tellare l’allevamento dei polliche gli dava da viveva. A Homsun nostro amico non riesce apassare gli esami che… co-stantemente… cambiano. I no-stri vicini, originari di Rastan,piccola cittadina colpita partico-larmente dalla repressione, cidanno spesso delle notizie sullasituazione, in particolare parla-no dei cecchini fedeli al Regimeche sparano dai tetti.

Questi giorni diverse fami-glie (…anche i nostri vicini con5 bambini) sono dovute scap-pare in piena notte con i soli ve-stiti addosso per venire ad oc-cupare appartamenti liberi nelnostro quartiere. Si potrebbe

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Jacques, Pierre-Yves e Yves.

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continuare con la lista dellesventure che ogni giorno si ab-battono sulla popolazione! Ma èsoprattutto la paura che oppri-me gli animi. Di fatto, non si ve-de una via d’uscita al conflitto.Sembra che il Regime goda an-cora di un buon supporto so-prattutto da parte dell’esercitoregolare e delle sue milizie fa-natiche, e non sembra voler ar-rendersi di fronte alla rivolta.D’altra parte, sembra difficileche possa giungere ad annien-tare i movimenti rivoluzionariche sono radicati nel territorio, i-

noltre troppo sangue è già statosparso perché si possa sperarein un dialogo. Certo non si puòpiù tornare indietro. Dunque sicontinuerà senza vedere unavia d’uscita da questo incubo.Che futuro si può sperare quan-do si pensa ai rancori e all’odioche si sono accumulati tra levarie comunità? Il senso dellacomunità è inasprito specie trale comunità alauite (al potere) esunnite(…primi istigatori dellarivoluzione). Il Regime di Ba-char può ancora sperare di ri-stabilire l’ordine con la forza?

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Moschea degli Omeyyadi - Damasco.

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Non ci può essere un avvenireormai se non a costo di un grannumero di morti e di feriti,…écome prolungare l’agonia,ma…per quanto tempo? Alcuniimmaginano una ripartizionedel paese in zone confessiona-li; altri, più ottimisti, sperano chepossa avvenire una transizio-ne,…o che un colpo di Statometta la parola fine a questodramma!

I cristiani hanno molta paurae comprendiamo i loro senti-menti. Per lungo tempo sotto-messi, come tutto i popolo siria-no, ad un Regime autoritarioche non ha mai esitato a repri-mere ogni tendenza estremistadell’Islam, essi si sentono “pro-

tetti” e persino beneficiari di al-cuni privilegi. Oggi essi hannopaura di subire la stessa sortedei cristiani dell’Iraq dopo la ca-duta di Saddam Hussein (il nu-mero dei cristiani in Iraq è dimi-nuito di 3/4; molti di loro sono ri-fugiati proprio in Siria). Il soste-gno dei paesi occidentali all’op-posizione fa crescere in loro lapaura di un ritorno dell’estremi-smo musulmano che si rivolte-rebbe contro di loro.

Tuttavia i cristiani nella sto-ria sono riusciti a vivere e amantenere la loro presenza findall’origine del cristianesimo,camminando vicino all’Islam emantenendo delle relazioni dibuon vicinato con i musulmani.

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Cristiani in preghiera a Maaloula.

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In certi periodi sono stati persi-no dei precursori e degli opera-tori di civilizzazione nel mondomusulmano come al tempo del-la “rinascita araba” del XIX se-colo. Specialmente in Siria, i cri-stiani e i musulmani sono riusci-ti a mantenere un equilibrio edun’armonia tra le rispettive co-munità; soprattutto negli anni50 essi hanno giocato un ruolomolto importante per il paese.

È difficile valutare le conse-guenze dello “Tsunami” checolpisce il nostro mondo araboin questo momento. Certamen-te la democrazia stile-occiden-tale non è cosa di domani, tut-tavia questa rivoluzione marcauna rottura col passato, oraniente sarà più come prima. Siapre un mondo nuovo e non sipuò immaginare un ritorno alpassato. Di fronte a chi osa op-porsi oggi al potere, i dirigentidel futuro non potranno per-mettersi di agire di nuovo comei potenti di ieri. È caduto il mu-ro della paura, come nell’89 ilmuro di Berlino.

Anche se i partiti islamici,per lungo tempo esclusi dallascena politica e, senza dubbioquelli organizzati meglio, ne ap-profittano per manifestare la lo-ro presenza, sono però vittimeanch’essi di dissensi interni edovranno affrontare la nuovarealtà in modo prammatico. Da-

vanti a loro c’è un senso nuovodi cittadinanza e la ricerca diuna società civile, cominciatada uomini e donne che nonsopportano più e non voglionosopportare il modo con cui sonostati trattati fino ad ora. È il mo-vimento dei giovani che rigettale vecchie generazioni, gli idolidel passato, i generali di untempo…

Come scrive P. Victor s.j. :“Oggi, mentre aumenta dapper-tutto nel mondo arabo il sensodi “cittadinanza”, i cristiani sonoinvitati a partecipare attivamen-te all’erezione di una reale “so-cietà civile” nel mondo arabo…;è quindi molto importante chenon si dissocino dalla maggio-ranza dei loro “con-cittadini”, al-trimenti si rinchiuderebbero in“Ghetti” e sarebbero continua-mente obbligati a vivere sulladifensiva e potrebbero svilup-pare atteggiamenti aggressivibasati sul rifiuto e rigetto dell’al-tro… I cristiani d’Oriente, dun-que, non rischiano forse di rin-negare i loro valori e le loro tra-dizioni se scelgono la difesa diun “campo” contro un altro, ma-gari alleandosi al Regime in au-ge o ad altre minoranze controla maggioranza, o ancora u-nendosi a dei regimi stranieri?Entrerebbero così in un giocodi potere e di forza che, moltoprobabilmente, si ritorcerebbe

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a loro sfavore!” (V. Assouad s.j.“Cristiani d’Oriente nella Prima-vera araba” Choisir, GinevraGennaio 2012).

Può essere difficile per i cri-stiani uscire dal “sistema” rassi-curante di cui beneficiano damolto tempo per aprirsi ad unanuova ricerca sulla base della li-bertà e della dignità. L’esododel popolo ebraico che rinunciaalle sue cipolle d’Egitto per ten-tare l’avventura altamente peri-colosa di attraversare il desertoci invita, comunque, a fare ilpasso: è, d’altronde, il rischio

che il Figlio di Dio, ha volutocorrere, venendo a condividerela nostra umanità.

La nostra presenza in Siria,la nostra vicinanza alla gente diqualsiasi “campo”, ci rende piùsensibili alle loro aspirazioni eper questo anche noi siamostraziati dalla repressione chesi abbatte su di loro da quasi unanno. Ci siamo sentiti partico-larmente implicati al momentodell’arresto della nostra amicaRafah, psicanalista siriana, cheabbiamo seguito giorno dopogiorno nella sua detenzione.

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Il quartiere visto dalla fraternità.

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Cerchiamo anche di restare incontatto con i nostri amici diHoms. Partecipiamo così aquesta angoscia che colpiscetutti i siriani, viviamo la nostraimpotenza di fronte al rullo com-pressore della repressione, da-vanti alla quale le gerarchie re-ligiose sono rimaste silenziose!Stranieri per il paese, noi sof-friamo a causa delle bugie persviare il popolo e dell’incom-prensione di molti di fronte al-l’ampiezza del dramma che vi-viamo e alle conseguenze perl’avvenire.

Voler restare solidali conquesto popolo, mentre la mag-gioranza degli stranieri sonopartiti, è un segno di fedeltà alpaese e ai nostri amici , ci è ca-ro quindi condividere questoquotidiano della gente, la loroangoscia, e…evidentemente ilpericolo che ci accomuna… Cisembra importante manifestarequesta fedeltà in questo mo-mento così difficile… I nostri a-mici sono molto differenti perappartenenza e convinzioni ecerchiamo di comprendere cia-scuno, anche se a volte è diffici-le ascoltare senza poter direniente neanche a chi approva larepressione in nome della pro-tezione dei cristiani, del perico-lo dei mussulmani e di un com-plotto dall’esterno…

Quanto ai nostri impegni,

Pierre Yves continua a lavorareper migliorare le cure medicheinfermieristiche,

Yves è in attesa di un lavoro

nei campi dei rifugiati irakeni eJacques continua alla comunitàdell’Arca dove lavora da moltotempo. Nell’incapacità di trova-

Pierre Yves.

Yves.

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re delle soluzioni ai problemi inatto, non ci resta che viverequesto tempo di “compassione”come ne parlava René V., tem-po nel quale la preghiera di in-tercessione prende un sensoparticolare specie chiedendo alCristo crocifisso: “…perché tan-ta sofferenza, tante bugie, tantoorrore?”.

Il suo sacrificio continua nelsacrificio di questo popolo….

Jacques, Pierre-Yves, Yves

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Jacques.

“La primavera araba che si radica nella volontà della gente perliberarsi da una tutela troppo pesante, dal despotismo di secoliper prendere in man il proprio destino, rivendicando la libertà, la giustizia, la dignità, si trova oggi perturbata da lotte religiose

e confessionali tradizionali, da antagonismi inconciliabili, ereditatidalla storia, da rivalità di egemonia tra le grandi potenze…

Tale è, sfortunatamente, la storia delle… civilizzazioni. E’ penoso dirlo, ma la primavera araba, finora,

non ha portato da nessuna parte…!”

(…i fratelli di Damasco)

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INDICE

Giubileo in Libanodi Roger: Nabaa (Libano) pag. 3

Raggrupparsi… e aiutarsi.di Xavier: fraternità - Assuncion(Paraguai) pag. 9

Tra i poveri contadini della campagnatanzaniana.di Edoardo: Murugaragara (Tanzania) pag. 14

“Primavera siriana”…un anno dopo!di Jacques, Pierre-Yves e Yves (Damasco) pag. 20

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