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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCAFacoltà di Sociologia
Corso di Laurea triennale in Servizio Sociale
I GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALI DALLA TEORIA ALLA PRATICA: UN ESEMPIO DI CONSUMO RESPONSABILE
Relatore: Gianmarco Navarini
Tesi di Laurea diElena Levati
Matr. 058527
Anno Accademico 2008/2009
INDICE
Introduzione…………………………………………………………………..p.3
Cap. 1 In cammino verso il cambiamento tra alternative responsabili e stili di vita…………………………………………………………………...p.8
1.1 Il consumo critico…………………………………………….p.91.2 La sobrietà……………………………………………………p.151.3 La decrescita…………………………………………………p.211.4 Il commercio equo e solidale……………………………….p.271.5 Una riflessione sul cambiamento: perché è difficile
cambiare?................................................................................p.30
Cap. 2 I GAS, gruppi di acquisto solidali: cosa sono e come funzionano…………………………………………………………………..p.33
2.1 Cos’è un GAS…………………………………………………......p.332.2 Come nasce un GAS: le motivazioni di fondo……..................p.372.3 La struttura organizzativa e il funzionamento………………….p.42 2.3.1 I GAS e la legge finanziaria del 2008…………………....p.472.4 Prodotti e produttori: i criteri di selezione………………………p.49 2.4.1 Quali prodotti? Aspetti attuali e prospettive future……...p.602.5 La rete dei Gas e il DES………………………………………….p.612.6 I GAS in cifre: l’attuale diffusione …………….……..................p.64
Cap. 3 Voci dai GAS: resoconto di un’intervista……………………..p.67
3.1 Visioni del GAS: significati e rappresentazioni………………...p.693.2 Oltre il consumo critico individuale: la scelta del gruppo……..p.713.3 Quando nasce e finisce un gruppo: il ruolo della leadership...p.773.4 La socialità all’interno del GAS………………………………….p.833.5 Essere genitori all’interno del GAS……………………………..p.843.6 Il futuro dei gruppi di acquisto solidali: ipotesi e riflessioni…...p.87
Conclusioni………………………………………………………………….p.911.Aperture sul futuro: valenze e potenzialità dei gruppi di acquisto solidali………………………………………………………….....…….p.912. Qualche esempio dei risultati ottenuti………………………..…..p.973.La specificità dei GAS.………………………………………….....p.1014.Perché questa tesi……………………………………………...….p.106
Riferimenti bibliografici………………………………………………….p.108
2
Introduzione
“Il nostro compito è guardare il mondo e vederlo intero. Occorre vivere più
semplicemente per permettere anche agli altri semplicemente di vivere.”1
E.F.Schumacher
Responsabilità. Questo il punto di partenza, questo il concetto che noi
tutti, in quanto uomini, dovremmo utilizzare come guida del nostro vivere
quotidiano.
Ormai da anni appare chiara la situazione di profonda crisi che sta
investendo il nostro pianeta, in primis dal punto di vista economico e
finanziario. Già i dati statistici del 1992 relativi al rapporto sullo sviluppo
umano, mostravano una sconcertante verità: il 20% della popolazione
mondiale consuma, da sola, l’80% delle ricchezze disponibili. Ad oggi la
situazione non sembra di molto mutata eccetto per il fatto che queste
ricchezze, anno dopo anno, si sono inesorabilmente e irrimediabilmente
ridotte.
Molti campanelli d’allarme stanno suonando oggi per indicarci che il
pianeta poco può ancora sopportare, che il nostro attuale modello di
sviluppo ha creato delle falle molto profonde, che le riserve si fanno
sempre più esigue e che, dunque, è necessario trovare un’alternativa. Se
è vero che esistono dei margini di recupero, allora noi tutti siamo caricati
di una forte responsabilità. E qui si rievoca il concetto iniziale.
Divenire responsabili significa, letteralmente, essere capaci di rispondere
in maniera abile, in maniera appropriata a qualsiasi evento; significa
essere in grado di agire efficientemente. Questo richiama innanzitutto alla
capacità di sapersi porre degli interrogativi, alla capacità di chiedersi che
cosa io per primo posso fare per rispondere abilmente alla situazione che
mi si prospetta. Per far questo è però necessario saper scegliere: i propri
pensieri e le proprie azioni. Responsabilità significa quindi, innanzitutto,
1 Ernst, Schumacher, Piccolo è bello, ed. A. Mondadori, 2006.
3
capacità di assumere coscienza riguardo ciò che si è e ciò che si fa,
coscienza che potrà essere veramente acquisita soltanto attraverso la
pratica di uno sguardo critico che sia in grado di dare consapevolezza e,
unitamente a questa, una guida all’azione.
Verso dove debba dirigersi questa azione è ciò che negli ultimi anni ha
imbastito e mantenuto vivi molti dibattiti e discussioni, tesi e controtesi. Ne
è emersa una possibile chiave di soluzione, un’alternativa al principio
capitalista che regge il nostro sistema economico e sociale, ovvero al
principio della crescita del Prodotto Interno Lordo come unità di misura
della ricchezza di un paese. Questa alternativa si chiama decrescita,
costruzione di un sistema economico basato su principi ecologici, si
chiama sobrietà e si chiama consumo critico.
Vivere sobriamente significa ridimensionare il ruolo che il denaro e la
ricchezza rivestono nella nostra vita, significa maturare una diversa
concezione del mercato e del lavoro, significa tornare a dare importanza
alla solidarietà e alla collettività, ma, prima di tutto, significa possedere
una spiccata sensibilità nei confronti della società e delle dinamiche che
investono la sfera Sud del mondo. In una parola: divenire responsabili e,
conseguentemente, agire per contrastare un modello di sviluppo che
diventa inaccettabile poiché basato sulla produzione, l’eliminazione e la
produzione all’infinito. La sobrietà costituisce dunque uno stile e una
filosofia di vita, ma non solo. Rappresenta anche un vero e proprio
progetto politico che si pone come alternativa praticabile al sistema
attuale.
Tuttavia non solo la sobrietà rappresenta il metro di misura di un’acquisita
responsabilità. Una seconda strada praticabile è rappresentata dal
consumo critico ovvero dall’attività di organizzazione e pianificazione
critica delle proprie abitudini di consumo e di acquisto. R.W. Emerson,
saggista e filosofo statunitense, ancora prima del XX secolo scrisse:
Io non sono una cosa e la mia spesa un’altra cosa.La mia spesa sono io.
4
Che la nostra spesa e il nostro carattere siano due, è il vizio delle società.2.
Questa emblematica citazione, ben si sposa con la filosofia di fondo che
anima il consumatore critico nel momento in cui si rende conto che il voto
non è solo quello che si pratica all’interno della cabina elettorale, bensì è
tutto ciò che noi acquistiamo e consumiamo, è ciò che appare nel nostro
carrello della spesa. Il consumatore critico ha consapevolezza del fatto
che un prodotto non vale l’altro, sa che la scelta tra un marchio e un altro
non è indifferente; egli sa di avere una propria volontà, più forte della
pubblicità, più forte dei condizionamenti mediatici; sa di avere un potere,
sa che ciò che appare è profondamente diverso da ciò che è e sa, quindi,
che tra impresa e consumatore chi è più forte è di gran lunga il secondo. Il
consumatore critico ha assunto coscienza del fatto che le possibilità di
profitto delle imprese possono essere fatte scendere o salire attraverso i
nostri acquisti e quindi valuta attentamente ciò che compra e consuma
accordando le proprie preferenze a prodotti che soddisfano requisiti che
vanno ben oltre il prezzo e la qualità, andando a toccare, tra le altre, le
modalità di produzione, l’eticità del trattamento dei lavoratori e il rispetto
per l’ambiente.
Criticità, sobrietà e responsabilità sono concetti che possono e,
ragionevolmente dovrebbero, guidare tutti i nostri comportamenti
quotidiani.
Ma quali sono effettivamente le possibilità che un cittadino ha di vivere
secondo questi principi? Sebbene non esaustive, oggi si prospettano
diverse possibilità, diversi ambiti di applicazione di un comportamento
responsabile: dalla sostenibilità ambientale, praticabile attraverso una
gestione più consapevole delle energie, delle risorse idriche e dei rifiuti,
alla mobilità sostenibile, dalla riqualificazione edilizia alla finanza etica, dal
turismo responsabile agli acquisti solidali, fino ad arrivare alla spesa
quotidiana.
2 R. Waldo, Emerson, Realizzare la vita. Saggi da Society and Solitude, ed. Il prato, 2007.
5
All’interno di tutte queste alternative praticabili, questo lavoro vuole essere
uno strumento di analisi di un’esperienza in particolare, un fenomeno che
negli ultimi anni ha visto una costante ed esponenziale crescita, un
esempio di vita che potrebbe presentare un buon punto di partenza per
coloro che volessero iniziare a muovere i primi passi sulla strada tracciata.
Si intende approfondire, così, il fenomeno dei GAS, gruppi di acquisto
solidali, quali esempi di attuazione di responsabilità individuale e collettiva
nei confronti dell’ambiente, della società e del mondo. Il principio della
solidarietà che anima tali gruppi tocca, infatti, trasversalmente queste
realtà. E’ proprio la “S” finale che compare nell’acronimo, che differenzia e
caratterizza questi gruppi rispetto agli altri gruppi di acquisto. I GAS non
sono solo un insieme di persone che decidono di acquistare e ridistribuire
tra loro prodotti alimentari e d’uso comune, rappresentano una collettività
organizzata che fa della solidarietà la propria guida, della criticità verso la
società attuale il proprio principio, della sobrietà la propria filosofia di vita e
della responsabilità individuale e collettiva il proprio cardine.
Il primo capitolo sarà dedicato all’analisi del quadro di riferimento teorico
all’interno del quale viene a strutturarsi l’esperienza dei gruppi di acquisto.
In questa prospettiva, si andrà ad approfondire il significato del consumo
critico, della sobrietà, della decrescita e, in ultimo, del commercio equo e
solidale.
Nel secondo capitolo si cercherà, poi, di rivestire di significato quella “S”
come la solidarietà, che dall’interno del gruppo, progressivamente si
estende ai produttori e al mondo circostante; si ripercorreranno le tappe
essenziali della nascita e dello sviluppo del fenomeno dei GAS fino a
delinearne l’aspetto e i caratteri attuali, mettendone in luce le modalità di
funzionamento e di strutturazione e i criteri e i principi che vi stanno alla
base.
Il terzo capitolo rappresenterà la parte più operativa di questo lavoro, in
cui si darà voce ai gruppi di acquisto, si farà parlare direttamente coloro
che li vivono e attivamente vi partecipano tentando, in tal modo, di fornire
una lettura dell’esperienza dall’interno, dal suo cuore pulsante.
6
Alla luce di quanto emerso, in conclusione, si tenterà di prospettare la
valenza, la portata e le potenzialità intrinseche dei GAS, concedendo,
infine, qualche riga a riflessioni personali sulla specificità del fenomeno.
7
CAP. 1
In cammino verso il cambiamento tra alternative responsabili e stili di vita
Quando un gruppo di persone decide di incontrarsi per riflettere sui propri consumi e per acquistare prodotti di uso comune, utilizzando come criterio guida il concetto di giustizia e solidarietà, dà vita ad un GAS.Finalità di un GAS è provvedere all’acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione più umana dell’economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell’uomo e dell’ambiente, formulando un’etica del consumatore in modo critico che unisce le persone invece che dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo di consumi.Essere un GAS perciò non vuol dire soltanto risparmiare acquistando in grandi quantitativi, ma soprattutto chiedersi che cosa c’è dietro a un determinato bene di consumo: se chi lo ha prodotto ha rispettato le risorse naturali e le persone che le hanno trasformate; quanto del costo finale serve a pagare il lavoro e quanto invece la pubblicità e la distribuzione; qual è l’impatto sull’ambiente in termini di inquinamento, imballaggio, trasporto fino a mettere in discussione il concetto stesso di consumo e il modello di sviluppo che lo sorregge.Per costruire un GAS o per entrare a farne parte non bisogna essere dei “duri e puri”, ma prendere coscienza della necessità di cambiare nel piccolo e voler riflettere sull’approccio da avere quando si fa la spesa. I GAS nascono dall’esigenza di cercare un’alternativa ad un modo di consumare poco attento; l’obiettivo che va ben oltre i GAS sarebbe in futuro poter fare a meno di questo strumento, quando vi saranno le condizioni per creare un mercato diverso. I GAS sono una possibile risposta alla situazione attuale in cui l’unico dovere è consumare per essere felici. 3
Partendo da questo estratto del Documento Base dei GAS, che mette in
luce alcuni degli elementi portanti di questa realtà che contribuiscono a
caratterizzarne la natura, per capire cosa effettivamente sia un gruppo di
acquisto solidale, come si struttura il suo funzionamento e di quali
specificità è portatore, risulta necessario prima di tutto definire il quadro
teorico cui si fa riferimento, cercando di costruire una cornice di senso
entro cui sia possibile andare ad inserire il nostro approfondimento.
3 Cfr. Documento Base dei GAS, 1999.
8
1.1Il consumo critico
Per chiarire cosa si intende per consumo critico, è forse necessario
definire primariamente cosa è il consumo.
Se ricercassimo il termine sul vocabolario della lingua italiana troveremmo
come definizione:
Atto del consumare, attraverso cui si adopera, si usa esaurendo in tutto o in parte un materiale, una sostanza, un bene, un oggetto. 4
Dal punto di vista economico, il consumo può essere inteso come:
Atto con cui i beni economici sono utilizzati per il soddisfacimento dei bisogni
ordinari della vita.5
E. A. Mance, in La rivoluzione delle reti, sostiene che il consumo è
un’esigenza per ogni essere vivente, che senza questo, la vita di qualsiasi
uomo lascerebbe spazio alla morte e che, tuttavia, nel caso della vita
umana:
il consumo non mira solo a soddisfare necessità naturali e biologiche, ma anche necessità culturali che ciascuna società produce a seconda del proprio modello di vita: consumiamo per soddisfare desideri, placare paure, attenuare ansie, sentirci speciali, ecc…6
Confrontandoci con queste definizioni si potrebbe essere ragionevolmente
spinti a considerare il consumo come atto privato, come un fatto che
riguarda la nostra individualità, i nostri gesti, i nostri personali gusti e
desideri. E’, infatti, la percezione di un determinato bisogno che fa sorgere
in noi il desiderio di poterlo soddisfare e, in relazione a questo,
individuiamo nella realtà un oggetto, un bene che sia in grado di darvi
compimento. Partendo da queste considerazioni è dunque plausibile
qualificare il consumo come atto individuale, proprio perché la prima sfera
che si viene a mettere in gioco è di natura privata e personale.
4 Nicola, Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, ed. Zanichelli.5 Ibidem.6 Mance, E.A, La rivoluzione delle reti, ed. Emi, 2003, 26.
9
Per potersi inserire nella dimensione del consumo critico è necessario,
prima di tutto, saper cambiare prospettiva: consumare criticamente
significa, infatti, all’origine, sapersi mettere nell’ottica di guardare al
consumo come atto che va al di là della sfera privata, come “gesto di
portata planetaria”7 che riguarda tutta l’umanità, proprio perché dietro
questa quotidianità si nascondono problemi di portata sovra individuale, di
natura ambientale, sociale e politica.
Innanzitutto è fondamentale saper considerare l’impatto che i nostri
consumi hanno sull’ambiente sia in termini di inquinamento prodotto dal
rifiuto finale, che inevitabilmente viene creato dall’utilizzo di un bene, sia in
riferimento al danno ambientale generato durante la fase produttiva (basti
pensare, a solo titolo esemplificativo, all’utilizzo in agricoltura di fertilizzanti
e pesticidi che deteriorano la purezza delle falde acquifere ulteriormente
avvelenate dall’indiscriminato utilizzo di detersivi e detergenti).8
Il dramma è che facciamo pagare il prezzo ambientale anche a quei popoli che non partecipano al nostro banchetto. Gli strani tumori alla pelle che stanno comparendo nel Cile meridionale potrebbero essere il risultato del buco nell’ozono che si è formato sopra l’Antartide. Ma i gas che sono responsabili del buco provengono dalla nostra parte di mondo.9
Se, dunque, un consumo inquinante è un consumo insostenibile, il
rimando va allora dalla considerazione degli aspetti ambientali a quelli
sociali e, in quest’ottica, prendere consapevolezza del fatto che il nostro
stile di vita è in concorrenza con quello dei popoli che abitano il Sud del
mondo che costantemente si trovano a vivere una profonda crisi
economica. Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro nuovo modello
di sviluppo, nel suo libro “Sobrietà: dallo spreco di pochi ai diritti per tutti”
sostiene che, spesso, si ignora o si preferisce non fare i conti con il fatto
che le ricchezze del nostro mondo sono riservate a pochi privilegiati ed
afferma:
Se il mondo fosse un palazzo di cinque piani, scopriremmo che gli inquilini dell’attico, da soli arraffano l’86% della ricchezza prodotta. Quelli del piano di
7 Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, ed. EMI, 2003, 11.8 Per approfondimenti www.legambiente.it. 9 Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 12.
10
sotto si appropriano del 9%, mentre quelli dei due successivi ricevono il 2% ciascuno. Infine, quelli dello scantinato devono accontentarsi di circa l’1% […] Dal punto di vista dei consumi, l’umanità può essere suddivisa in tre classi: i derelitti […] è la più numerosa e comprende tutte le persone che vivono con meno di 700 dollari all’anno, sparse nel Sud del mondo sono circa tre miliardi; i me la cavo, classe formata da persone che vivono con redditi compresi tra i 700 e i 7500 dollari l’anno sono circa due miliardi; gli opulenti, la classe più piccola con poco più di un miliardo e mezzo di persone che hanno redditi pro capite superiori ai 7500 dollari l’anno.10
Consumo inquinante e insostenibile, dunque, ma anche consumo
opprimente che richiama a problemi di natura politica. Il nostro consumo,
infatti, compromette le condizioni di vita delle popolazioni del Sud del
mondo, danneggiandole, non solo perché si comprimono i loro spazi di
sviluppo, ma anche perché si contribuisce al loro sfruttamento. Per citare
un solo esempio, nelle piantagioni di ananas della Del Monte in Kenya, nel
1999 un bracciante guadagnava solo 3.000 lire al giorno, denaro che
appena era sufficiente per comperare 3kg di farina di mais.11
Porsi nell’ottica del consumo critico significa, quindi, innanzitutto prendere
coscienza della portata che il gesto del consumo nasconde, del fatto che
solo apparentemente è un atto di scarso significato e che riguarda
unicamente noi e il nostro presente.
A fondamento del consumo critico sta dunque la capacità di considerare
questo comportamento come elemento che permette di fare i conti con il
proprio stile di vita e con quello degli altri, con il proprio presente ma
anche con il proprio futuro.
Una volta assunta consapevolezza in merito al risvolto ambientale, sociale
e politico del consumo, ci si trova di fronte ad una scelta:
Se vogliamo sostenere il pericolo di guerre, la distruzione del pianeta, lo sfruttamento, la corruzione, l’oppressione, allora continuiamo a consumare alla cieca come facciamo oggi. Ma se vogliamo salvare il pianeta, se vogliamo far crescere la giustizia, la partecipazione, la nonviolenza, allora dobbiamo consumare meno e prendere le distanze dalle imprese che si comportano in maniera iniqua. In altre parole dobbiamo imboccare la strada del consumo critico.12
10 Gesualdi, Francesco, Sobrietà: dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, ed. Feltrinelli, 2005, 13.11 Per approfondimenti www.nigrizia.it/print.12 Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 14.
11
Il consumo critico è la pratica attraverso cui si organizzano le proprie
abitudini di acquisto e di spesa sulla base di una formulazione di requisiti
del prodotto che sappiano andare al di là di quelli comunemente
riconosciuti dal consumatore medio, quali prezzo e qualità.13 Consumo
critico è un atteggiamento di scelta costante praticato e manifestato su
ogni bene che si compra e si consuma, la cui qualità verrà valutata in
riferimento a caratteristiche inerenti la sostenibilità del processo
produttivo, il trattamento etico dei lavoratori e le relazioni di lavoro, gli
eventuali legami con l’esercito e le banche armate, la trasparenza e, più in
generale, guardando alla storia dei prodotti, a ciò che sta dietro
l’apparenza, dietro il suo prezzo e la sua veste. Ciò su cui si esprime
criticità, inoltre, è il comportamento dell’impresa produttrice che ci offre un
determinato bene. I due pilastri su cui poggia il consumo critico sono
dunque, da un lato, l’esame del singolo prodotto, dall’altro, l’esame delle
imprese.14
Il pensiero del consumo critico è originato dall’idea che ogni volta che si va
a fare la spesa si esercita un potere, il cosiddetto “potere del
consumatore”, nei confronti del quale le imprese si trovano in una
posizione di profonda dipendenza.
Cerchiamo di chiarire maggiormente cosa sia il potere del consumatore
definendo, innanzitutto, cosa si intende per potere. Achille Orsenigo, in
“La progettazione sociale”, parla del potere come capacità di un individuo
di influenzare in modo determinante le idee e i comportamenti di altri
individui e/o gruppi. Ora, il consumatore è colui che utilizza i beni e i
servizi prodotti dalle imprese ed è quindi il suo comportamento che
smuove i meccanismi della domanda e dell’offerta su cui si fonda il
funzionamento del mercato. Il momento in cui egli può dunque esercitare il
suo potere, la sua influenza, è rappresentato dall’atto dell’acquisto.
Gesualdi sostiene che pochi si interrogano sulla natura del potere,
considerandolo come un dato avente una propria forza intrinseca che lo
mantiene in vita. In realtà, però, il potere è sostenuto dal basso: trovando
13 Cfr. www.sportelloecoequo.comune.firenze.it .14 Per approfondimenti cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, op.cit. 20.
12
la sua vera forza nel consenso e nell’obbedienza, non potrebbe esistere
senza di noi, che seguendolo lo legittimiamo e lo manteniamo in auge:
Il potere non può realizzare i suoi progetti da solo. Ha bisogno di noi. Ha
bisogno del nostro lavoro, del nostro consumo, del nostro risparmio, del
nostro voto.15
Dal momento che il nostro lavoro, il nostro consumo, il nostro voto e
quindi, in ultima analisi, il nostro comportamento è fondamentale per
garantire la sopravvivenza del sistema, diventa allora possibile utilizzarlo a
nostro vantaggio, per dirigerne l’azione ed obbligarlo ad un cambiamento.
La forza delle imprese produttrici che appare illimitata, ha dunque nella
realtà una debolezza intrinseca molto forte, costituita appunto dalla sua
dipendenza dal consumatore dal cui comportamento di acquisto deriva la
concreta possibilità di produrre profitto e allargare il business. Assumere
consapevolezza di questo potere, della valenza sociale, economica e
politica che può assumere il gesto del consumo e della spesa, equivale ad
affermare che ogni volta che si va a fare la spesa, accordando la
preferenza ad un prodotto piuttosto che ad un altro, si accorda anche un
voto all’azienda produttrice influenzandone l’andamento economico.
Assumersi questa responsabilità, permette di pensare ad una strategia di
condizionamento della politica di approvvigionamento, produzione e
distribuzione delle imprese.16
E’ come dire, quindi, che lo strumento del consenso se da un lato
rappresenta la forza del potere perché lo legittima, dall’altro ne costituisce
la debolezza, perché senza di esso non potrebbe svilupparsi. Non a caso
Padre Alex Zanotelli, lo ha paragonato alla statua del Nabucodonosor: una
statua talmente grande da incutere timore in coloro che la ammiravano,
ma che aveva un grande difetto alla base: aveva i piedi di argilla,
materiale che si scioglie a contatto con l’acqua e che si indurisce con il
calore. Con questo paragone Zanotelli ci vuole dire che i piedi del potere
15 Gesualdi, Francesco, op. cit. 133.16 Cfr. Documento Base dei GAS, 1999.
13
siamo noi e che è attraverso i nostri comportamenti di consumo che
decidiamo se mantenerlo o portarlo alla distruzione.
E’ quasi paradossale rendersi conto che, mentre il consumatore fatica a
prendere coscienza di del proprio potere e del peso che effettivamente
hanno le sue scelte di consumo e i suoi acquisti, le aziende sanno invece
vederlo in modo chiaro e nitido arrivando seriamente a temerlo. E’ ancora
una volta Gesualdi a far notare questa surreale situazione nel momento in
cui apre una riflessione affermando che, se davvero le imprese non
avessero compreso l’entità del potere del consumatore e non ne fossero
influenzate e spaventate, non arriverebbero a spendere ogni anno milioni
di euro in campagne pubblicitarie con l’intento di dirigere e dominare la
nostra volontà. In quest’ottica ciò che ci viene richiesto è di praticare uno
sforzo per riappropriarci della nostra volontà decisionale, rivalutando il
nostro potere:
Un potere che preso singolarmente è certamente piccolo, ma che,
moltiplicato per milioni di persone, può condizionare anche le più grosse
multinazionali e, al limite, l’intero sistema.17
Affinché il consumo critico sia effettivamente efficace è però importante
cercare di compiere un ulteriore sforzo: riuscire a viverlo non solo come
uno strumento di etica e coerenza personale che permette di non aderire
a pratiche ritenute inique, ma utilizzarlo come mezzo di condizionamento
delle imprese. In questo senso è di fondamentale importanza la
comunicazione con esse, l’esplicitazione delle motivazioni che stanno alla
base della decisione di comprare o non comperare i prodotti che offrono
perché è solo conoscendo le ragioni che animano i consumatori che si
andrà ad incidere sui loro comportamenti agendo, quindi, come serio
strumento di rinforzo o punizione.
17 Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 20.
14
1.2La sobrietà
In un’intervista rilasciata a L. Guadagnucci, F. Gesualdi, ripercorrendo il
percorso che ha portato il Centro nuovo modello di sviluppo a lanciare
l’idea del consumo critico, sottolinea come, se fino a dieci anni fa
l’attenzione era incentrata sulle imprese con l’intento di modificarne i
comportamenti in merito a temi allora urgenti quali squilibri Nord-Sud,
corse agli armamenti e diritti dei lavoratori, oggi la situazione si presenta
ancora più compromessa arrivando ad ampliare il ventaglio delle
emergenze a questioni di portata planetaria come la crisi delle risorse,
l’eccesso dei rifiuti e dell’inquinamento ambientale, ecc. 18
Partendo da queste considerazioni, essere consumatori critici non è più
sufficiente. Ciò che ci viene richiesto, in quanto consumatori e consum-
attori19 è di estendere la riflessione e l’atteggiamento critico al nostro intero
stile di vita, passando dal consumo critico al consumo responsabile, un
consumo che costantemente si confronta con il concetto di sobrietà,
sfondo di ogni scelta. Appare evidente, dunque, come i due concetti siano
profondamente collegati.
Cerchiamo di capire meglio cosa significa sobrietà.
Maurizio Pallante, padre del movimento della decrescita felice (che
avremo modo di approfondire in seguito), definisce la sobrietà come una
virtù e una manifestazione di intelligenza e di autonomia di pensiero,
rappresentando l’impegno a ridurre l’utilizzo di merci nella nostra vita. Alla
luce del fatto che per sostenere il nostro stile di vita attuale, il Nord del
pianeta, che rappresenta solo il 20% della popolazione mondiale, ha
bisogno di consumare l’80% delle risorse disponibili e che queste, che per
definizione sono limitate, stanno sempre più venendo meno, è evidente
che per poter guardare al domani e al prossimo futuro si impone la
necessità di praticare un consumo più sostenibile e uno stile di vita che
18 Per approfondimenti Gesualdi, Francesco, Dalla parte sbagliata del mondo, ed. terre di mezzo, 2008.19 Per approfondimenti www.consumattori.org.
15
sappia garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali con il
minor spreco possibile. 20
Quanto detto finora è legato, a mio parere, da un chiaro e diretto filo rosso
al nostro personale concetto di bisogno, di necessità e di benessere. Se,
infatti, la sobrietà è un comportamento che deve investire la nostra intera
vita, andando a toccare i nostri consumi, ma anche i nostri atteggiamenti
quotidiani, chiedendoci di ridurre lo spreco e di saperci liberare dai bisogni
e dai desideri che non sono fondamentali e rappresentano un sovrappiù,
si pone in noi un sicuro interrogativo: che cosa è necessario? Che cosa
può invece essere eliminato? Cosa, tra ciò che facciamo e possediamo,
rappresenta un di più? Come poter delineare i confini tra ciò che serve e
ciò che non serve? E, in definitiva, in che cosa consiste il benessere?
Ritengo che la possibilità di divenire consumatori e consum-attori
responsabili parta proprio da qui, dal porsi questi quesiti, perché è
andando a ricercare una risposta ad essi che si comincia, per lo meno, a
mettere in discussione ciò che fino a poco fa ci appariva certo e scontato.
E’ la capacità di andare oltre il non detto, il chiedersi il perché delle nostre
azioni, l’avere uno sguardo penetrante e profondo nei confronti della realtà
il primo passo per poter essere sobri: accettando la possibilità di
cambiare.
A tal proposito Gesualdi afferma che il sistema in cui viviamo è
fondamentalmente materialista e, in esso, il benessere viene presentato
come possesso di oggetti quindi, in definitiva, il ben-essere viene
rimandato esclusivamente al ben-avere:
Più oggetti abbiamo, più dovremmo considerarci benestanti. Ma noi non siamo dei bidoni aspiratutto. Siamo creature che, oltre alle esigenze del corpo, abbiamo bisogni affettivi, sociali, intellettuali, spirituali. Solo se tutte queste dimensioni sono soddisfatte in maniera armonica possiamo parlare di benessere.21
E così, una volta che si sarà presa coscienza del fatto che solo in parte il
benessere può essere raggiunto attraverso la disponibilità di beni, si
20 Cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 15.21 Gesualdi, Francesco, op.cit. 53.
16
porranno le basi per pensare ad un modello di vita che permetta di
soddisfare in maniera equilibrata le nostre esigenze.
Anche Mance è dello stesso avviso e, sebbene in modo forse più
complesso, richiama nel concetto di benessere quello di bem-vivir,
all’interno del quale attribuisce fondamentale importanza alla
considerazione dell’altro ai fini della sua completa realizzazione,
affermando:
Il bem-vivir è l’esercizio umano di disporre delle mediazioni materiali, politiche, educative ed informative non solo per soddisfare eticamente le necessità biologiche e culturali di ciascuno, ma per garantire, sempre eticamente, la realizzazione di tutto ciò che può essere concepito e desiderato per una libertà personale che non neghi quella collettiva. 22
E’ il bem-vivir solidale come vera base del benessere, che per essere
praticato implica il rispetto del desiderio personale e la sua realizzazione
nella stessa misura in cui si rispetta il desiderio collettivo e la promozione
della sua realizzazione.
Riprenderemo questi fondamentali interrogativi nel corso della trattazione
cercando di darvi una possibile risposta, per il momento, il problema che si
pone, giunti a questo punto del discorso, è capire se la sobrietà può
essere la strada giusta da percorrere verso un traguardo di questo tipo. A
tal fine, ritengo possa essere utile farsi guidare dall’analisi dei tre pilastri
che reggono la sobrietà, tre imperativi: ridurre, recuperare e rispettare.
La scelta della sobrietà richiede prima di tutto una riduzione dei consumi e
quindi, parallelamente, una nuova considerazione del concetto di bisogno.
Come afferma Gesualdi, per poter essere sobri, bisogna prima di tutto
essere critici e questa criticità va innanzitutto sperimentata nei confronti
dei propri bisogni e di ciò che ci rappresentiamo come necessario. E’
importante saper essere critici per rendersi conto del fatto che i nostri
bisogni, oggi come oggi, non sono spontanei e neutri, ma mediati e spinti
dalla società e dal bombardamento mediatico cui giornalmente siamo
sottoposti. Per essere sobri è necessario essere critici e quindi chiedersi,
ogni volta che desideriamo comperare qualche cosa, se con questo gesto
22 Mance, E.A., op. cit. 17.
17
stiamo cercando di soddisfare un bisogno reale o un bisogno indotto dalla
pubblicità o altrimenti condizionato.
La criticità va, però, operata non solo in merito ai prodotti inutili, ma anche
sui prodotti ritenuti utili. In questo caso ciò che si chiede di ridurre è la
quantità. Mangiamo troppo e buttiamo via troppo, accumuliamo troppi
vestiti e ne gettiamo altrettanti, usiamo l’auto anche quando potremmo
spostarci a piedi o in bicicletta. Gesualdi definisce questo atteggiamento
come un costante vivere nell’opulenza e nello spreco e sostiene che
questo “troppo”, questo “eccessivo” si vede. Per fare solo un esempio, non
sembra difficile potersi riferire al crescente livello di obesità che sta
gravemente minando le giovani generazioni del Nord e, allargando il
discorso per ricongiungerlo con le più ampie problematiche sociali,
riportiamo le parole dello stesso Gesualdi che continua la sua riflessione
dicendo:
Volendo usare una metafora potremmo dire che il mondo è come se fosse abitato da pochi grassi che convivono con un esercito di scheletrici. Gli scheletrici hanno bisogno di mangiare di più ma possono farlo solo se i grassi decidono di sottoporsi a cure dimagranti perché il cibo è contato e non si può produrne di più. La morale della favola è che non si può più parlare di giustizia senza tenere conto della sostenibilità e l’unico modo per coniugare equità e sostenibilità è che i ricchi si convertano alla sobrietà, ossia ad uno stile di vita personale e collettivo più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali.23
Ridurre è il primo imperativo che si pone all’interno di un ragionamento
orientato alla sobrietà e, dunque, se si desidera riportare i propri consumi
entro limiti ragionevoli e sostenibili, è importante riuscire a riconoscere i
propri reali bisogni così da recuperare un concetto chiave per la riduzione
che, a mio parere, consiste nella sufficienza. Saper capire di cosa
abbiamo bisogno, ci permette anche di riconoscere quando questo
bisogno è stato soddisfatto e dunque capire quando il nostro consumo è
stato sufficiente, e poterlo in questo modo mantenere entro tali limiti.
Si ritorna dunque agli interrogativi iniziali, a cosa è necessario e cosa è
invece superfluo. A tal proposito, è ancora una volta Gesualdi a fornirci
una possibile risposta risolutiva sostenendo che, dal momento che né la 23 Gesualdi, Francesco, op. cit. 48.
18
scienza né la filosofia riescono a fornirci delle definizioni universali, perché
la concezione di ciascuno varia in relazione alle risorse disponibili, alle
tecnologie e alla cultura di appartenenza, si potrebbe ricorrere a dei
metodi empirici. In questa prospettiva si può trovare la giusta misura dei
nostri consumi operando un continuo richiamo tra tre dimensioni guida: il
buonsenso, l’attenzione per l’ambiente e le dimensioni umane24. Ma, a mio
parere, per farci guidare nei nostri consumi da questi concetti è necessario
compiere, in origine, un ulteriore passo consistente nell’acquisire la
capacità di guardare ai nostri acquisti con occhi innocenti, con sguardo
neutro che non porti a caricarli e rivestirli di significati di cui essi,
intrinsecamente, mancano. Dovremmo, in altre parole, riuscire ad uscire
dalla dimensione dello status symbol, del significato simbolico che
attribuiamo agli oggetti, perché questo ci potrebbe portare a considerare
necessario ciò che invece non lo è, in nome del significato sociale che gli
abbiamo dato, dell’immagine che di noi viene trasmessa all’esterno
tramite il possesso di quel determinato bene e delle considerazioni che gli
altri maturano sulla nostra persona. In definitiva, per praticare la
prospettiva delineata da Gesualdi, dovremmo cambiare qualcosa dentro di
noi in modo da vedere gli oggetti per ciò che realmente sono e perciò degli
strumenti per soddisfare dei nostri bisogni.
Se lo scopo dei nostri acquisti fosse quello di nutrirci, di ripararci dal freddo, di passare bene delle ore, acquisteremmo il poco cibo che ci serve, i pochi abiti per essere sempre puliti, qualche libro, una radio. Invece abbiamo i frigoriferi stracolmi di cibo, gli armadi traboccanti di vestiti e di scarpe, stereo all’ultimo grido e una montagna di cd.25
E, aggiungo, forse neanche un libro.
Secondo l’autore, dunque, il nocciolo della questione consiste nel riuscire
a guardare all’avere con distacco perché solo così si potrà riuscire a
trovare la giusta misura tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo, ma
questo avverrà solo nel momento in cui “avremo riempito il nostro cuore e
la nostra mente con altri principi e altri valori di riferimento”.26
24 Gesualdi, Francesco, op. cit. 56.25 Ibidem.26 Ibidem.
19
Il secondo imperativo della sobrietà è il recuperare, dimensione da attuare
attraverso il riuso e il riciclo. Per camminare sulla strada della sobrietà
dobbiamo quindi imparare a conservare e riutilizzare gli oggetti fino a che
funzionano, andando oltre la moda e la rincorsa dell’avanguardia
tecnologica. E, dal momento che non possiamo essere consumatori sobri
se prima non siamo consumatori critici, la cultura del riutilizzo deve essere
fatta sentire anche alle imprese produttrici, privilegiando le merci con
confezionamenti leggeri, in materiale riciclato e sfuse. Recuperare vuol
dire anche riciclare, dare nuova forma ai rifiuti per renderli nuovamente
utilizzabili, cercando così di risolvere, almeno parzialmente, il problema
della scarsità delle risorse e dello smaltimento dei rifiuti.27 Infine,
recuperare significa anche riparare, significa tentare di prolungare la vita
di un oggetto.
Prima di analizzare l’ultimo imperativo, ritengo interessante sottolineare
come Gesualdi ricolleghi la dimensione del riutilizzo, del riciclaggio e della
riparazione degli oggetti al più ampio concetto di rispetto. Egli sostiene
che la sobrietà non è solo una scelta di libertà dai condizionamenti
mediatici sui nostri bisogni e le nostre necessità, ma anche una scelta di
rispetto dal momento che consumare con rispetto significa trattare con
riguardo gli oggetti così che possano durare il più a lungo possibile:
La società dei consumi ci ha abituati a buttare le cose quando sono ancora utilizzabili solo perché non sono più di moda, senza averne rispetto […] per percorrere la strada della sobrietà dobbiamo sottrarci a questi condizionamenti, imparando a conservare gli stessi oggetti finché sono ancora funzionanti e imparando a ricorrere di più allo scambio e la mercato dell’usato […] così facendo, inoltre, creeremo localmente occupazione che non potrà essere messa in pericolo dalle multinazionali. Del resto, se impariamo ad aggiustarci le cose da soli diventeremo più padroni della nostra vita.28
In ultimo, rispettare, ossia avere un profondo riguardo per il lavoro altrui,
lavoro che ha dato vita a ciò che acquistiamo e che andremmo a svilire
attraverso lo spreco e l’opulenza.
27 Cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 28 Gesualdi, Francesco, op. cit. 58.
20
Ritengo sia importante, a questo punto, riconsiderando quanto detto,
sottolineare che vivere sobriamente non significa ritornare al passato
senza tecnologie e comodità, non significa abolire e guardare
negativamente alle innovazioni o a tutto ciò che negli anni ha permesso di
rendere più piacevole le nostre vite. Sobrietà significa solo seguire uno
stile di vita che evita gli eccessi, le ridondanze, il superfluo che fa male, la
tecnologia inutile e la comodità “scomoda” che ci porta unicamente a
sederci e a rimanere fissi nel nostro modo di essere, senza slanci vitali.
Tuttavia, la sobrietà si teme, da un lato probabilmente perché si è troppo
abituati a vivere nell’abbondanza e la sola idea di fare a meno di qualche
cosa, anche la più piccola, non sembra praticabile, dall’altro perché
richiede un cambiamento che, per sua natura, non è mai semplice attuare.
Gesualdi, per altro, riflette sulla possibilità che questo timore nei confronti
della sobrietà e questa tendenza a guardarvi con diffidenza, sia generata
dai possibili risvolti sociali che questa può determinare:
In primo luogo siamo preoccupati per l’occupazione. Se consumiamo di meno, come creeremo posti di lavoro? Parallelamente siamo preoccupati per i servizi pubblici. Se produciamo di meno e con minor guadagni, chi fornirà allo stato i soldi per garantirci istruzione, sanità, viabilità e trasporti?
In definitiva la preoccupazione sembra possa essere riassunta in un’unica
domanda: si può vivere bene con meno? Secondo Gesualdi si:
Ma bisogna saper attuare quattro rivoluzioni: la rivoluzione degli stili di vita, la rivoluzione della produzione e della tecnologia, la rivoluzione del lavoro, la rivoluzione dell’economia pubblica. Queste sono le nostre sfide.29
1.3La decrescita
Un concetto strettamente legato al tema della sobrietà e che quindi
necessariamente dobbiamo richiamare nell’analisi del quadro teorico di
riferimento all’interno del quale prende vita l’esperienza dei gruppi di
acquisto solidali, è quello di decrescita. Termine coniato da N. Georgescu-
29 Per approfondimenti, Gesualdi, Francesco, op. cit.
21
Roegen, fondatore della bioeconomia30, la decrescita indica un percorso di
costruzione di un sistema economico antinomico rispetto a quello attuale
ritenuto ecologicamente e socialmente insostenibile, incompatibile con il
pianeta e chi lo abita. 31
Serge Latouche, professore di scienze economiche all’università di Parigi,
esponente del movimento altermondista32 e uno dei principali sostenitori
della decrescita, spiega questo concetto partendo dall’analisi dei principi
su cui si fonda la moderna società e l’odierno modello economico che
sembra rispondere ad un unico imperativo: la crescita economica, intesa
come crescita del prodotto interno lordo, è vista come la chiave di
soluzione del problema sociale, perché permette la creazione di nuovi
posti di lavoro e una più equa ripartizione dei redditi.33 Per come si
presenta attualmente, sostiene Latouche, la società è improntata sul
principio della crescita, dal quale rischia di lasciarsi assorbire, una crescita
fine a se stessa che diventa l’obiettivo primario della vita. Ma una società
di questo tipo, continua Latouche, non può essere sostenibile perché si
viene a scontrare con la limitatezza delle risorse disponibili sul pianeta.
Se si assume come indice dell’impatto ambientale del nostro stile di vista la nostra impronta ecologica, i risultati che ne emergono sono insostenibili sia dal punto di vista dell’equità dei diritti di prelievo sulla natura, sia da quello della capacità di rigenerazione della biosfera.34
Alla luce di questa situazione che, nonostante risulti migliorata in termini di
efficienza ecologica non ha permesso di fermare il degrado ambientale
globale, è allora necessario ridurre progressivamente l’impatto ecologico e
il prelievo delle risorse naturali così da raggiungere un livello compatibile
con le effettive possibilità del pianeta. In questo senso il richiamo alla
30 Teoria economica fondata sulla necessità di ripensare radicalmente la scienza economica in modo da coniugare biologia ed economia compatibilmente con le leggi della natura. Per approfondimenti Georgescu-Roegen, Nicholas, Bioeconomia: verso un’altra economia biologicamente e socialmente sostenibile, ed. Bollati Boringhieri, 2003. 31 Cfr. www.decrescita.it. 32 Altermondialismo è il progetto di costruire un altro mondo possibile opposto alla logica del profitto che porta alla progressiva distruzione delle basi naturali della riproduzione della vita sulla terra. Per approfondimenti www.monde-diplomatique.it. 33 Latouche, Serge, Per una società della decrescita. www.decrescita.it 34 Ibidem.
22
decrescita si presenta come una necessità che si traduce innanzitutto
nella capacità di abbandonare l’obiettivo della crescita fine a se stessa per
sposare un atteggiamento di maggiore attenzione e maggiore
responsabilità. Ivan Illich, uno dei primi esponenti del movimento che già a
partire dalla fine degli anni ’60 iniziò a mettere in discussione le basi della
società dei consumi, sottolinea, a tal proposito, come la rinuncia al nostro
tradizionale modello di vita non sia di per sé un atto sacrificale di ascesi
perché ciò che dovrebbe essere sacrificato non è di per sé buono:
E’ un po’ come quando ci si astiene da una pietanza squisita per evitare i rischi che potrebbe comportare. Di fatto quella pietanza è pessima di per sé e avremmo tutto da guadagnarci facendone a meno: vivere diversamente per vivere meglio.35
In questo senso, la società della crescita non è auspicabile perché da un
lato incrementa le disuguaglianze, dall’altro promuove un benessere
illusorio e, infine, non permette una vita conviviale neppure ai benestanti:
“E’ un’anti-società malata della propria ricchezza”. 36
Maurizio Pallante, padre del Movimento per la decrescita felice in Italia, 37
ritiene che per capire che cosa sia la decrescita è fondamentale capire, a
monte, che cosa sia la crescita economica. Generalmente, dice, si crede
che questa corrisponda alla crescita dei beni materiali e immateriali che
vengono messi a disposizione di una popolazione da parte del sistema
economico e produttivo e che sia il P.I.L. l’indicatore che ci permette di
misurarla. In realtà il prodotto interno lordo si limita a misurare il valore
monetario delle merci e quindi dei prodotti scambiati con denaro. Se,
dunque, generalmente ci si riferisce a beni, il P.I.L. si riferisce a merci e, in
questo, appare chiaro come i due concetti non siano equivalenti poiché ci
sono beni che non sono merci e merci che non sono beni. La decrescita si
presenta allora non come una riduzione di beni, ma come una diminuzione
della produzione di merci. Come perseguire questo obiettivo? Attraverso
due tipi di strumenti: da un lato praticando uno stile di vita improntato alla
35 Dupuy, Jean Pierre, Ivan Illich ou la bonne nouvelle, Le Monde, 27/12/2002.36 Latouche, Serge, op. cit. 37 Per approfondimenti www.decrescitafelice.it.
23
sobrietà che, come abbiamo precedentemente chiarito, consiste in una
riduzione dell’utilizzo di merci che comportano utilità decrescenti e inutilità
crescenti, che hanno un forte impatto ambientale e determinano ingiustizie
sociali, dall’altro sostituendo la maggior parte delle merci, con dei beni,
cioè dedicandosi all’autoproduzione. La rivalutazione dell’autoproduzione
consente non solo di ridurre il consumo di merci e quindi anche del P.I.L.,
ma anche di riscoprire tutta una serie di attività, di saperi e saper fare che
oggi si sono in gran parte dimenticati:
L’autoproduzione ha quindi una forte valenza culturale, che non si limita a questo recupero di conoscenza, ma libera dalla dipendenza assoluta dalle merci ed emancipa dalla subordinazione alle leggi del mercato. Aumenta il prezzo della frutta e della verdura? Pazienza, tanto io me la produco da me. Maggiore è la quantità di beni che si sanno autoprodurre, meno merci occorre comprare, meno denaro occorre per vivere.38
Per non essere utopici, però, è necessario mantenere un legame continuo
con il piano della realtà e non illudersi di poter auto produrre tutto ciò che
serve per vivere. E’ ancora una volta Pallante a tentare una soluzione, in
questa via, sostenendo che l’autoproduzione può essere potenziata
attraverso la pratica di scambi non mercantili che sappiano fondarsi sul
dono e la reciprocità, elementi che hanno sostanziato le economie delle
società pre-industriali fino agli anni ’50 del secolo scorso. Non ci si
riferisce qui “a regali acquistati e donati in un numero di circostanze fittizie
crescenti”, ma ad uno scambio gratuito di tempo, professionalità,
conoscenze e capacità non mediate dal denaro che hanno seguito come
canale di diffusione regole non scritte inerenti l’obbligo di donare, l’obbligo
di ricevere e l’obbligo di restituire più di quello che si è ricevuto e che
permettono di creare legami sociali che, invece, la logica di mercato porta
a distruggere:
Le famiglie sono state ridotte al nucleo ristretto di genitori e figli e anche nei legami tra questi, i servizi alla persona fondati sul dono e la reciprocità sono stati progressivamente sostituiti da prestazioni a pagamento soprattutto per la cura dei piccoli e degli anziani […] Rivalutare i legami comunitari nelle famiglie, rompere i limiti mononucleari in cui la famiglia è stata ristretta, riscoprire l’importanza dei rapporti di vicinato, costruire gruppi di acquisto
38 Pallante, Maurizio, La virtù della sobrietà, www.decrescitafelice.it.
24
solidali e banche del tempo, restituire ai nonni il loro ruolo educativo: tutto ciò comporta una decrescita del P.I.L. attraverso una riduzione della mercificazione nei rapporti interpersonali e, al contempo, forti miglioramenti della qualità della vita. 39
Tornado, quindi, alla distinzione tra beni e merci, distinzione che il
paradigma culturale della crescita tende ad annullare sulla base dal fatto
che, se i beni si identificano con le merci la crescita della produzione di
queste comporterà un aumento della disponibilità dei primi e
conseguentemente del benessere, la decrescita non si identifica con la
rinuncia, la riduzione del benessere e un ritorno al passato, ma con una
scelta di miglioramento della vita in prospettiva futura.
Se la riduzione degli effetti negativi della crescita è il primo passo da
compiere verso la costruzione di una società improntata alla decrescita,
l’attivazione di un circolo virtuoso ad essa legato, ne costituisce un
naturale prolungamento. E Latouche, nel suo programma delle “otto R”,40
mostra quali comportamenti ingenerano questa virtuosità: In primo luogo
Rivalutare, riconsiderare i valori su cui organizziamo la nostra vita
sostituendo l’egoismo con l’altruismo, la concorrenza con la cooperazione,
l’ossessione del lavoro con il piacere del tempo libero, il consumo illimitato
con la cura della vita sociale; in secondo luogo Ricontestualizzare e perciò
modificare il contesto concettuale di una situazione così da investirla di
nuovo significato, come ricchezza e povertà, scarsità e abbondanza;
Ristrutturare, adattando le strutture economiche, il modello di consumo e
gli stili di vita alla rivalutazione dei valori in funzione della decrescita;
Ridare slancio alle economie locali consumando prevalentemente prodotti
locali riducendo, inoltre, al minimo i movimenti di merci e capitali:
Rilocalizzare; Ridistribuire per garantire a tutti l’accesso alle risorse
naturali e ai beni comuni; Ridurre innanzitutto l’impatto sulla biosfera dei
nostri meccanismi di produzione e consumo e la nostra impronta
ecologica, ma anche l’orario di lavoro così da ridare centralità alle
relazioni; Riutilizzare tutto ciò che è possibile e, in ultimo, Riciclare in
modo da abbassare lo spreco di risorse. 39 Ibidem. 40 Latouche, Serge, Il programma delle 8R, www.decrescita.it.
25
Mi sembra significativo, a questo punto del discorso, riportare le parole
che lo stesso Pallante utilizza per descrivere il movimento della decrescita
perché in poche righe, in un modo delicato e allo stesso tempo pungente,
semplice ma profondo, piacevole e realista, riescono a racchiuderne tutta
l’essenza e il significato più profondo:
La decrescita è l’elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del
passato, consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione;
indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non
identificare il nuovo col meglio e il vecchio col sorpassato, il progresso con
una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non
chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il
consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e
non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva;
collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di
più con un fare finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità
di realizzare un nuovo rinascimento, che liberi gli uomini dal ruolo di
strumenti della crescita economica e ricollochi l’economia nel suo ruolo di
gestione della casa comune a tutte le specie viventi, in modo che tutti i suoi
inquilini possano viverci al meglio.41
Mi piacerebbe concludere questo paragrafo con uno stralcio del discorso
pronunciato da Robert Kennedy all’università del Kansas nel 1968, perché
allora qualcuno è stato in grado di comprendere ed ha avuto il coraggio di
esprimere il limite dell’economia tradizionale pagando, forse anche per
questo, un prezzo troppo alto:
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
41 Pallante, Maurizio, La decrescita Felice, ed. Editori Riuniti.
26
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
1.4 Il commercio equo e solidale
Nella Prefazione al testo di A. Reina Un mercato diverso: guida al
commercio equo e solidale, padre A. Zanotelli scrive:
E’ da sei anni che vivo nei sotterranei della vita e della storia, a Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi, la stupenda capitale del Kenya.[…] Come sostiene il teologo americano Pallmayer, dobbiamo smetterla di pensare che questi sono tempi normali, decine di milioni di persone nel mondo muoiono ogni anno di fame e povertà e questo non può essere ritenuto normale. Un’economia globale che adora l’idolo del libero mercato e lascia i poveri sempre più disperati è inaccettabile.[…] Ecco perché ritengo fondamentale un’alternativa. Ma il sistema non cambierà da solo. Tocca a noi cambiarlo, anche se ci appare come un enorme gigante, come la statua di Nabucodonosor; eppure questa statua ha i piedi di argilla e basta un sassolino, che si tacca dal monte per farla crollare.42
Uno di questi sassolini è proprio il commercio equo e solidale, perché solo
facendo attenzione a dove impieghiamo i soldi possiamo riuscire a
cambiare questo sistema.
Il commercio equo e solidale è una forma di attività commerciale che
promuove un approccio alternativo al commercio convenzionale. Se
questo è, infatti, rivolto alla massimizzazione del profitto, il Fair trade si
pone come obiettivo primario la lotta allo sfruttamento e alla povertà
sostenendo il miglioramento delle condizioni di vita dei produttori e dei
lavoratori del Sud del mondo, garantendo un trattamento economico equo
e rispettoso che si contrapponga alla speculazione applicata dalle aziende
multinazionali, avviando un percorso improntato alla giustizia sociale ed
42 Prefazione di A. Zanotelli a Reina, Andrea, Un mercato diverso: guida al commercio equo e solidale, ed. EMI, 1998, 6.
27
economica, allo sviluppo sostenibile e al rispetto per le persone e per
l’ambiente.43
Attraverso la creazione di canali commerciali alternativi a quelli dominanti,
il commercio equo e solidale (CES) si pone come fine l’aumento
dell’offerta di sbocchi sul mercato per i produttori del Sud del mondo e in
particolar modo per quelli svantaggiati, pagando un prezzo migliore per le
merci da importare e assicurando una continuità dei rapporti commerciali.
Favorendo la creazione di opportunità di lavoro, il CES, inoltre, sostiene e
promuove l’autosviluppo economico e sociale dei Paesi svantaggiati,
organizza i rapporti commerciali nel rispetto dei diritti e della dignità
umana e si adopera per la divulgazione di informazioni sui meccanismi
economici di sfruttamento, stimolando nei consumatori una
consapevolezza sugli effetti negativi del commercio internazionale sui
produttori che faccia loro assumere un atteggiamento critico ed alternativo
al modello dominante. A questo proposito ritengo che una parte di questa
consapevolezza viene ad essere sensibilizzata attraverso l’apposizione
sulle confezioni dei prodotti di un prezzo trasparente, un prezzo
scomposto nelle sue diverse componenti che, in tal modo, permette al
consumatore di conoscere quanto di ciò che egli sta pagando andrà al
produttore, quanto all’importatore, quanto è da imputarsi al trasporto e
quanto, infine, va al venditore al dettaglio.
Nato nei Paesi Bassi nel 1959, Il Fair trade è stato riconosciuto a livello
internazionale come forma di cooperazione da inserire in modo integrante
nella politica estera solo nel 1998, quando la risoluzione del Parlamento
Europeo del 2/7/1998, lo definisce come strumento per favorire uno
sviluppo dell’uomo e promuovere regole internazionali in materia
economica e commerciale ispirate a maggiore giustizia ed equità tra Nord
e Sud alla luce del fatto che
Il principale obiettivo del CES, a breve termine, è fornire maggiori opportunità ai piccoli produttori e ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo e, in tal modo, apportare un contributo alla promozione di uno sviluppo sociale ed economico durevole per le popolazioni; a più lungo termine il CES mira ad orientare il sistema commerciale internazionale in un senso più equo,
43 Cfr. Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale.
28
istituendo un esempio ed esercitando pressioni sui governi, organizzazioni internazionali e imprese affinché ne riconoscano e adottino le componenti principali.44
Il commercio equo e solidale diventa quindi il primo passo di un cammino
che si popone di applicare il principio di equità al commercio. Analizzando
nello specifico questa nuova forma di commercio, può essere utile
soffermarsi sui due termini che lo caratterizzano: equità e solidarietà.
Come evidenzia Reina, equo è quel commercio che permette di
riconoscere al produttore una giusta remunerazione per il proprio lavoro e
che gli consente di soddisfare le proprie necessità, passo effettuabile solo
attraverso una concezione paritaria della relazione fra i diversi soggetti
coinvolti nella catena di commercializzazione e perciò produttori,
lavoratori, importatori, soci delle Botteghe del mondo45 e consumatori. Tale
impostazione concettuale permette, infatti, un mutuo riconoscimento in cui
non c’è imposizione da parte dell’acquirente né del prezzo, né della
tipologia di prodotto, né dell’organizzazione della produzione.
La possibilità di realizzare un commercio equo si basa sull’avvicinamento del consumatore al produttore, alle sue esigenze, al suo lavoro, alla sua cultura. Commercio equo vuol dire incentivo allo sviluppo economico libero, verso forme nuove e originali[…] Il commercio equo permette ai produttori di svincolarsi dal controllo delle imprese straniere e di organizzare, secondo forme per lo più collettive, la produzione.46
Attraverso la pratica del commercio equo è poi possibile esprimere in
modo diretto e continuativo una scelta di solidarietà, chiedendo ad ognuno
di mutare il proprio stile di vita personale, rinunciando al consumismo
irresponsabile, divenendo consapevoli e attenti a chi abita, insieme a noi,
questo Paese, essendo sobri, critici nei nostri consumi e dando quel
famoso voto47 al CES. In questo modo conoscendo e agendo, come
consumatori, possiamo positivamente e direttamente opporci a pratiche
inique e assumere un comportamento solidale a favore di persone,
44 Cfr. Risoluzione del Parlamento Europeo 0198/98 del 02/07/1998.45 www.assobdm.it.46 Reina, Andrea, op. cit. 37.47 Cfr. pag. 12 del presente testo.
29
sicuramente lontane e senza un volto, ma quanto mai vicine perché
presenti nei nostri acquisti quotidiani.
Secondo Reina, però, la solidarietà non è solo questo, perché permette
anche e soprattutto di capire
che la salvaguardia dei modelli culturali non produttivistici di cui sono depositarie le comunità del Sud del mondo rappresenta il primo inderogabile passo verso la prefigurazione di un modello di sviluppo alternativo.48
Ritengo che, per concludere, potremmo quindi, in definitiva, riassumere il
concetto di Fair trade in una collaborazione, una partnership economica
tra i consumatori del Nord e i produttori del Sud del mondo, un’alleanza
basata sul dialogo, il rispetto, la reciprocità e la trasparenza in prospettiva
di una sempre maggiore equità nel commercio internazionale.
1.5 Una riflessione sul cambiamento: perché è difficile cambiare?
Alla luce di quanto detto, è ormai chiaro che se un cambiamento di
direzione non avviene in maniera spontanea dall’alto, dai vertici del
potere, è allora dal basso che deve essere attivato; si è presa coscienza
del fatto che se non autonomo, il cambiamento deve essere stimolato
dalla popolazione. E’ altrettanto chiaro che, per raggiungere questo
obiettivo, è necessario che ognuno, a partire dalla propria quotidianità,
cominci ad assumere un punto di vista differente sulla realtà, che ognuno
si attivi per prendere coscienza di ciò che si cela dietro l’apparenza e, una
volta compiuto questo passo, cominci a pensare e agire
responsabilmente. Tutto ciò richiede di saper modificare delle proprie
abitudini, richiede di saper mettere in discussione il modo in cui si è vissuti
fino a quel momento, richiede un cambiamento.
Un cambiamento per un cambiamento dunque. Ma perché questo non
avviene in maniera generalizzata? Perché, una volta acquisita la giusta
48 Reina, Andrea, op. cit 44.
30
conoscenza e la sufficiente informazione, non tutti ugualmente si prestano
a questo passaggio?
Per loro natura, i cambiamenti sono difficili da praticare: è complicato per
un verso trovare il modo più adatto per proporli, per l’altro attuarli. Quando
pensiamo ad un cambiamento, soprattutto se ci viene proposto
dall’esterno, sulla scorta di esperienze già avviate, si attuano in noi due
diverse tensioni: da un lato, istintivamente, potremmo immaginare un
processo lineare che da una situazione determinata A ci conduce verso
una situazione determinata B, un processo in cui, inserendo una varabile
secondo ben definite sequenze, da una certa causa si determina un certo
effetto, secondo un percorso già tracciato che deve solamente essere
seguito49. Dall’altro lato, però, avere a che fare con il cambiamento
richiama ad una condizione in cui è necessario fare i conti con se stessi e
con la propria capacità di cambiare, ovvero di lasciare una situazione
conosciuta per dirigersi verso una sconosciuta. Il cambiamento,
soprattutto in una situazione come quella presentata, non sempre appare
in termini lineari, non necessariamente la strada è già stata tracciata da
altri, proprio perché ogni persona è caratterizzata da alcune peculiarità
che rendono il suo percorso di vita differente rispetto a quello di un altro
soggetto. Ci si trova a confrontarsi con l’incertezza, con l’instabilità, con
quella parte di noi che ci fa vedere con timore una situazione nuova
poiché, dal momento che non si conosce, è potenzialmente pericolosa.
Ognuno di noi è infatti portatore di una propria storia, si è formato
all’interno di un certo ambiente sociale, ha ricevuto una certa educazione,
ha interiorizzato determinati pensieri su cui ha sviluppato una personalità,
ha dei propri modi di interpretare il mondo, ha delle abitudini e un proprio
stile di vita. Modificare un’abitudine, uno stile di pensiero ormai radicato è
quanto di più difficile si possa immaginare.
Attuare un cambiamento è proprio questo, ed è quindi di per sé difficile
perché la stabilità dà sicurezza e la sicurezza dà stabilità. Il risultato è che
si viene a creare un circolo vizioso in cui, anche se non si è
49 Orsenigo, Achille, La progettazione sociale, ed. EGA, 2000.
31
completamente soddisfatti della situazione attuale, si preferisce non
alterarla per non perdere un terreno su cui comunque si può camminare e,
di fatto, si è camminato. Saper cambiare richiede fatica, richiede coraggio,
richiede la capacità di mettersi in gioco, di porsi degli interrogativi, di
disfare per poi ricostruire su nuove basi, di mettere in discussione il
domani senza timore di ciò che potrebbe accadere. Se davvero un
cambiamento vuole essere tentato, se davvero si vuole camminare verso
una direzione senza che necessariamente la strada sia già stata battuta,
dobbiamo essere in grado di disegnarla da noi, rendendoci conto che ciò
che non si conosce, se da un lato può provocare la destabilizzazione di un
equilibrio, dall’altro costituisce un’apertura sul mondo, una possibilità che
ci è dato di seguire, una risorsa che dobbiamo saper usare. Per cambiare
dobbiamo superare un confine in noi tra ciò che siamo e ciò che
potremmo essere, tra ciò che vediamo e ciò che invece solo intravediamo
e ci appare offuscato, tra ciò che sappiamo con certezza e ciò che non
conosciamo, tra un terreno in discesa ed uno in salita, ma se riteniamo ne
valga la pena dobbiamo avere il coraggio di fare questo passo perché ciò
che ci è ignoto sicuramente servirà ad aprire in noi degli orizzonti fino ad
allora mai immaginati, ad allargare la nostra mente e sarà quindi fonte di
insegnamento.
Come tutte le partenze, anche quella verso il cambiamento richiede una
previsione e una pianificazione seppur parziale, e allora diventa
importante sapersi equipaggiare, partire con uno zaino in spalla carico di
interrogativi aperti e di curiosità, perché è da qui che si sviluppa la
conoscenza, ma anche di responsabilità e coscienza.
Perché non è detto che se di un argomento non se ne è ancora scritto un
libro, questo di per sé non sia interessante. E’ forse solo il caso di
chiedersi se già qualcun altro aveva guardato all’orizzonte come ci si sta
guardando al momento attuale, sebbene senza una sicura risposta alla
mano.
32
CAP. 2
I GAS, Gruppi di Acquisto Solidali:cosa sono e come funzionano
2.1 Cos’è un GAS
Cerchiamo ora di delineare come i concetti presentati nel capitolo
precedente si vengono a declinare nella realtà specifica dei gruppi di
acquisto solidale, iniziando a definirne la natura e il funzionamento.
I Gruppi di acquisto solidali sono formati da un insieme di persone e di
famiglie che, condividendo una profonda critica e un sostanziale rifiuto nei
confronti del modello di consumo e di economia tradizionalmente proposto
dalla nostra società, ricercano un’alternativa praticabile nel quotidiano, a
cominciare dalla spesa. I gasisti, come loro stessi si definiscono, sono
persone che si incontrano per acquistare collettivamente generi alimentari
e beni di uso comune all’ingrosso, direttamente dal produttore per
ridistribuirli poi all’interno del gruppo stesso.50
Dalla lettura del Documento Base dei GAS, una sorta di statuto steso tra
l’autunno del 1998 e la primavera del 1999 in collaborazione tra i membri
dei vari gruppi, si evince che il meccanismo di base utilizzato dai GAS è
quello tipico dei gruppi di acquisto, organizzazioni di consumatori che, alla
luce della situazione di disparità esistente nel mercato tra il singolo
consumatore e le imprese produttrici di beni e servizi, si pongono come
finalità quella di fornire ai partecipanti un vantaggio, innanzitutto
economico, nel momento in cui acquistano un particolare bene. Tanto i
gruppi di acquisto quanto i GAS si rappresentano come “una delle realtà in
cui si cerca di dare realizzazione concreta ad una concezione alternativa
dell’economia”51,una realtà in cui insieme si tenta di porre rimedio a questo
sbilanciamento. Rispetto ai gruppi di acquisto tout court, però, i GAS
50 Cfr. Documento Base dei GAS, 1999.51 Ibidem.
33
presentano una specificità: se, infatti, i gruppi di acquisto possono sorgere
unicamente per ragioni di tipo economico, presentandosi come strumento
di risparmio, sono invece motivazioni di carattere etico che distinguono i
GAS. E’ proprio quella “S” finale contenuta nel loro acronimo che denota
la connotazione etica e solidale del gruppo e designa il ruolo dato alla
solidarietà come guida e criterio che sostanzia le quotidiane scelte di
consumo. Un gruppo diviene solidale nel momento in cui fa della
solidarietà il riferimento primario del proprio approccio alla realtà, una
solidarietà ampia che, come avremo modo di vedere, a partire dai membri
del gruppo, si estende ai produttori, all’ambiente circostante e ai popoli del
Sud del mondo che per primi subiscono le conseguenze dell’odierno
modello di sviluppo basato sullo spreco e sull’ingiusta ripartizione delle
risorse e delle ricchezze. Appare chiaro come, manifestandosi in ambiti
diversi, il concetto stesso di solidarietà venga di volta in volta ad assumere
un significato differente. In relazione ai membri del gruppo, che si vedono
legati da rapporti di affinità ideologica o da comuni interessi, la solidarietà
può essere intesa come la capacità degli stessi di prestarsi reciproca
assistenza e sostegno.52 Essere solidali nei confronti dei produttori
significa invece farsi guidare nella scelta e nella selezione da principi etici
che portano a privilegiare coloro che sono impegnati in azioni di solidarietà
sociale, sostegno e promozione dello sviluppo delle categorie più deboli.
Solidarietà nei confronti dell’ambiente significa, invece, averne rispetto
cercando di ridurre al minimo i rifiuti e l’impatto ambientale delle proprie
scelte di consumo. In ultimo, come detto, la solidarietà viene espressa nei
confronti dei popoli del Sud del mondo e di coloro che sono danneggiati
dal modello di sviluppo promosso dalla società dei consumi e, in
quest’accezione, per solidarietà si deve intendere quell’azione sociale che
viene compiuta a favore o in aiuto di altri, quella partecipazione umana e
morale e quell’impegno diretto offerto a chi si trova in una situazione
critica. In tutti e quattro i casi, il comportamento solidale coinvolge norme,
principi e scelte di natura etica.53
52 Cfr. dizionario della lingua italiana de Mauro Paravia53 Per approfondimenti www.geocities.com/canossa-vsm/900/311-psol.htm
34
Dall’analisi del Documento Base, si deriva anche che l’elemento che funge
da minimo comune denominatore dei gruppi di acquisto solidali è
rappresentato dal potere del consumatore, dalla capacità che questi ha di
indirizzare, attraverso i suoi acquisti, il comportamento del mercato e dei
suoi attori, prime fra tutte le multinazionali produttrici dei beni. Partendo
dalla considerazione che, per come è strutturata la nostra società, non è
possibile non consumare, i gasisti si propongono di farlo in modo
consapevole e responsabile, agendo un senso di criticità verso i propri
acquisti, accordando la propria preferenza a quei produttori che
dimostrano di rispettare i diritti umani dei lavoratori, che hanno riguardo
per l’ambiente e per i cicli naturali dell’agricoltura, che producono
biologico, ecc. Fare parte di un GAS significa quindi, in prima analisi,
diventare protagonisti della propria spesa, evitando almeno in parte le
deleghe e ponendo la solidarietà come regola di appartenenza al gruppo e
come criterio nella scelta dei prodotti. Fare parte di un GAS significa
anche percepirsi come uno strumento di contrasto alle logiche del
consumismo e come una forma di espressione che:
[…] consente al consumatore critico di esercitare il suo potere in modo positivo, acquistando prodotti che hanno uno spessore e una storia, realizzati dalle mani di chi si conosce. I GAS sono una pratica di riappropriazione e utilizzo del proprio potere da parte del consumatore.54
E attraverso i GAS questo potere può essere esercitato da tutti, anche da
chi ha poche risorse finanziarie. Se oggi, infatti, il biologico certificato può
essere trovato a prezzi competitivi all’interno dei supermercati, continuano
a rimanere cari i prodotti su cui vige una garanzia solidale55 in quanto
reperibili solo nella piccola distribuzione. In questo senso l’esperienza del
GAS sembra riesca a realizzare una rete di solidarietà estesa al mondo
circostante permettendo al consumo critico di fuoriuscire dalle piccole
elite, consentendo un risparmio notevole dovuto, da un lato all’acquisto
54 Saroldi, Andrea, Gruppi di acquisto solidali, ed. EMI, 2001,15. 55 Nel commercio equo e solidale la certificazione della solidarietà, eticità ed equità dei prodotti è affidata ad organismi nazionali riconnessi internazionalmente alla FLO, Fairtrade Labelling Organization, e ad IMO, Institute for Marketecology, che dal 2006 ha introdotto il marchio Fair for Life.
35
unitario di ingenti quantità di prodotto, dall’altro all’assenza degli
intermediari classici del mercato, dalla possibilità di eludere tutta la filiera
della distribuzione acquistando direttamente dal produttore.
Fare parte di un GAS significa, infine, esprimere la volontà di ridare
slancio e vigore alle relazioni sociali, significa sentire un forte richiamo ad
una vita in cui la condivisione e le relazioni umane tornino ad avere
un’importanza primaria. Alla luce di una società che vede e anima una
parcellizzazione del tessuto sociale, l’esperienza del gruppo di acquisto
afferma un bisogno di relazionalità e di scambio, di rapporti diretti e non
mediati che permettano di creare e dare nuovo impulso a reti a
responsabilità diffusa. Un punto cruciale nei GAS è, infatti, la fiducia, sia
come presupposto che come prodotto del gruppo stesso e la costruzione
o il ritrovamento di conoscenze personali e legami sociali. Non a caso la
maggior parte dei GAS nasce tra conoscenti, tra amici, colleghi, vicini di
casa che sentono la necessità di agire insieme contro il senso di
impotenza e solitudine che il consumatore avverte nei confronti del potere
dilagante delle multinazionali. L’unione fa la forza56 dunque, da due punti
di vista: dal lato personale e da quello sociale; per un verso in riferimento
a sé e al proprio bisogno di socialità, di condivisione e riconoscimento, per
l’altro in riferimento al diverso impatto che evidentemente a livello sociale
può esercitare un gruppo rispetto ad un singolo (si pensi, a titolo
esemplificativo, alle campagne di pressione o alle azioni di boicottaggio).
Dimensioni che nella pratica si stimolano e si accrescono a vicenda, con
un continuo rimando dell’una nei confronti dell’altra. Il gruppo diviene così
un luogo di crescita, di scambio, di socializzazione; un luogo in cui
nascono amicizie, in cui ci si sostiene l’un l’altro, in cui si condividono
esperienze e stili di vita:
I Gas non sono solo attenti a quello che consumano. Tramite gli acquisti di gruppo, sviluppano la socialità, vivono relazioni, scambiano idee e contribuiscono così a creare una mentalità critica che favorisce lo sviluppo di un consumo più consapevole.57
56 Cfr. Documento base dei GAS.57 Saroldi, Andrea, op. cit. 15.
36
E ancora:
La presenza del gruppo inoltre facilita lo scambio di esperienze tra i partecipanti, fornisce un supporto psicologico e aiuta a sviluppare una mentalità di consumo critico. Il gruppo arriva così ad innescare dinamiche positive di fiducia tra i produttori e i consumatori e ad attivare circuiti di economia locale. 58
Fare parte di un GAS significa quindi, in definitiva, essere membri attivi di
una realtà che fornisce una possibilità di impegno concreto per tutti coloro
che desiderino mettersi in gioco iniziando ad operare nella vita quotidiana
per la costruzione, dal basso, di un nuovo modello di sviluppo.59
2.2 Come nasce un GAS: le motivazioni di fondo
Fornire un’analisi organica delle motivazioni che determinano la nascita di
un gruppo di acquisto è impresa più che mai ardua, in quanto le ragioni
che animano i gasisti possono presentare delle profonde differenze a
seconda del gruppo considerato. Ogni GAS nasce, infatti, sulla base di
stimoli e storie proprie che possono risultare anche molto diverse rispetto
a quelle vissute da un altro gruppo. L’apertura di una bottega del mondo
nel proprio quartiere, l’appartenenza ad un’associazione impegnata
nell’ambito del consumo critico, l’incontro con la realtà degli stili di vita
sostenibili e della sobrietà, la sensibilità per le condizioni di vita e di lavoro
delle popolazioni del Sud del mondo, la conoscenza di chi vive in prima
persona l’esperienza di un gruppo di acquisto solidale, la nascita di un
sentimento di intolleranza nei confronti della spersonalizzazione imperante
all’interno dei supermercati o anche semplicemente la voglia di scoprire i
gusti autentici dei prodotti naturali e di ritornare a vivere in una realtà in cui
è possibile mangiare una mela con la buccia senza il timore di introdurre
nel nostro organismo delle sostanze nocive, posso essere tutte delle
valide motivazioni per dare vita ad un GAS. 60
58 Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, ed. EMI, 2003, 36.59 Cfr. Documento Base dei GAS.60 Cfr. Valera, Lorenzo, Gas, Gruppi di acquisto solidali, ed. Terre di mezzo, 2005.
37
Al di là delle specificità però, spesso alla base di questa esperienza si
trova una critica nei confronti del modello di economia e di consumo
globale, il richiamo ad uno stile di vita sobrio che non si nutra degli
eccessi, il rispetto per le persone e per l’ambiente e la ricerca di
un’alternativa praticabile da subito:
L’idea del GAS è quella di fare un percorso comune che parte dalla spesa collettiva per esprimere una concezione del mondo.[…]E’ il risultato del chiedersi che cosa si può fare, anche in piccolo, nella vita di tutti i giorni, per provare a cambiare la situazione. Noi pensiamo che il consumo sia un gesto politico, attraverso il quale esprimere idee e attuare cambiamenti. 61
Un GAS, quindi, nasce quando un insieme di persone che condividono
comuni esigenze, si rendono conto che un’alternativa esiste, che una
possibilità di cambiamento è data e decidono di unirsi per realizzarla. Un
gruppo di acquisto solidale prende allora vita da un gruppo di amici, dagli
abitanti di un condominio, da colleghi di lavoro, da militanti politici, da
membri di un’associazione, da volontari, ma anche da persone che non si
conoscono62 e questo dato testimonia il crescente interesse e la sempre
maggiore eterogeneità che negli ultimi anni ha caratterizzato il fenomeno
dei GAS. Se, infatti, come testimonia Valera, ai suoi albori, nella prima
metà degli anni ’90, l’esistenza di un rapporto di amicizia o comunque di
un legame precedente tra i membri costituiva un presupposto
fondamentale per la nascita di un gruppo di acquisto, oggi, sebbene un
rapporto antecedente risulti essere un elemento facilitatore, la realtà
appare mutata. La grande diffusione del fenomeno dovuta anche
all’interesse crescente che i media hanno dimostrato avere nei riguardi
degli stili di vista sostenibili, nonostante le semplificazioni63, hanno
61 Tratto da un’intervista di A. Saroldi a R.Besana e J. Parolini, fondatori del GAS di Bevera.62 Per approfondimenti riferirsi al paragrafo inerente le modalità di creazione di un gruppo di acquisto solidale, pag. 41 del presente testo.63 La presentazione del fenomeno operata dai mass media risulta essere profondamente criticata da parte dei membri dei gruppi di acquisto solidali. Le maggiori perplessità nascono in riferimento al fatto che in molti casi ciò che viene sottolineato quale esclusivo elemento fondante la strutturazione di un Gas è l’aspetto del risparmio derivante dal vantaggio di effettuare gli acquisti in gruppo potendo trattare il prezzo della merce con il produttore. Tutto ciò che è relativo alla necessità di una pratica di consumo sobrio e sostenibile, alla luce dell’impoverimento del nostro pianeta e del rischio del collasso mondiale, alla critica profonda ad un modello di economia centrato sul consumo e sullo
38
permesso a un numero maggiore di persone di acquistare familiarità con
la realtà dei gruppi di acquisto che ha ormai superato i confini della stretta
militanza del consumo critico. Oggi, l’unico denominatore necessario per
formare un gruppo è la condivisione di alcuni presupposti fissati nel
Documento Base dei GAS, carta nata con la finalità di raccogliere alcuni
elementi comuni alle diverse realtà in un unico documento, in modo tale
da rendere possibile e agevole l’identificazione dei GAS rispetto ad altre
iniziative.
Dalla lettura del Documento Base si evincono cinque principi fondanti
l’esperienza del GAS: in primo luogo lo sviluppo e la pratica del consumo
critico, inteso come l’atteggiamento critico di colui che valuta e sceglie ciò
che acquista in base a criteri autodeterminati e non imposti dal mercato e
dalle logiche pubblicitarie; la pratica della solidarietà viene posta come
regola di appartenenza al gruppo e come modalità di relazione con i
produttori, con le popolazioni del Sud del mondo e con tutti coloro su cui si
riversano le iniquità del sistema capitalista; in terzo luogo attenzione viene
data allo sviluppo e alla creazione di consapevolezza riguardo il mondo
circostante e le sue contraddizioni, derivata da una continua attività di
informazione e formazione sulle problematiche ambientali, sul suo
sfruttamento e sulle condizioni di lavoro; il desiderio di socializzazione e
di condivisione all’interno del gruppo di idee, posizioni, decisioni,
esperienze e stili di vita basati sulla ricerca dell’essenzialità e della
sobrietà. Socializzazione che si estende all’esterno nella creazione di un
contatto diretto tra produttore e consumatore, con la conseguente
costruzione di un rapporto fiduciario che permette di ottenere evidenti
vantaggi dal punto di vista della trasparenza della produzione,
trasformazione e vendita del prodotto; in ultima battuta il riferimento è alla
forza derivante dall’unione degli individui nella dimensione gruppale come
elemento che permette di acquistare da piccoli produttori, di preferenza
spreco, al sentimento di intollerabilità sentito nei confronti dello sfruttamento del lavoro delle popolazioni del Sud del mondo, così come tutti gli altri aspetti che caratterizzano la solidarietà del gruppo di acquisto, tendono ad essere sminuiti se non addirittura tralasciati.(Cfr. Valera, Lorenzo, op. cit. 94.)
39
locali, evitando l’intermediazione delle multinazionali e la filiera della
grande distribuzione, che consente sia al produttore che al consumatore di
realizzare un vantaggio economico ed equo e si prospetta come
trampolino di lancio per le piccole aziende e cooperative di lavoro attente
alle tematiche sociali che rimangono escluse dal circuito classico di
mercato. Il gruppo consente poi di ridurre il prezzo di acquisto dei prodotti
equo solidali e biologici aumentandone gli sbocchi sul mercato ed
evitando, di conseguenza, il consumo di nicchia, incentiva il recupero delle
colture e culture della tradizione proteggendone la biodiversità ed infine
permette di ridurre notevolmente i tempi necessari a fare la spesa potendo
usufruire dei vantaggi organizzativi.
E’ dunque possibile affermare che, se fino a qualche tempo fa il GAS
costituiva essenzialmente il modo in cui si poteva mettere in pratica la
consapevolezza acquisita all’interno di un percorso di crescita nell’ambito
del consumo critico, oggi, alla luce del radicamento dell’esperienza e della
perdita dell’assioma tale per cui per fondare un gruppo di acquisto era
necessario essere amici, conoscenti e condividere un precedente
percorso di militanza politica e sociale legata ai temi della solidarietà
dell’eticità e della sostenibilità ambientale, si è assistito ad un
cambiamento dei presupposti e il GAS può essere quindi la prima
modalità di approccio e confronto con il mondo del consumo consapevole.
Da un punto di vista pratico, il Documento ci illustra come la creazione di
un gruppo di acquisto solidale possa avvenire in diversi modi: un gruppo di
persone, una volta valutata e verificata l’esistenza di una matrice di
pensiero comune e la condivisione di alcuni principi di base che fanno
ritenere non più praticabile il consumo individualizzato così come proposto
dalla nostra società, può decidere di organizzarsi in modo informale per
procedere all’effettuazione di una spesa collettiva di generi alimentari e
beni di uso comune. E’ così che si può dar vita ex novo ad un gruppo di
acquisto solidale. Si stabiliscono le modalità di funzionamento e di
organizzazione del gruppo: si decidono quali merci comperare e su quali
criteri basare la selezione, si definiscono le modalità di raccolta ed invio
40
degli ordini e le regole relative al ritiro e alla redistribuzione delle merci, si
determina il grado di responsabilità e di coinvolgimento personale di
ciascun partecipante all’interno dell’attività del gruppo, si ricercano i
produttori e si prendono i contatti, ecc.
Per facilitare e stimolare la formazione di nuovi gruppi, alcuni GAS già
operanti da diversi anni sul territorio offrono la possibilità di usufruire di un
periodo di tutoraggio e di accompagnamento. Il tentativo è quello di
riuscire a trasmettere come funziona nella pratica un gruppo di acquisto,
quali sono i criteri utilizzati, quali gli strumenti di verifica e di informazione
a disposizione, ecc. in modo tale da rendere progressivamente il nuovo
gruppo in grado di operare autonomamente. Diverse sono le forme in cui
avviene in tutoraggio: si possono invitare alcuni dei membri del nuovo
GAS a partecipare alle riunioni del gruppo più anziano, organizzare degli
incontri di formazione collettivi, oppure ancora decidere di distaccare
temporaneamente alcuni membri con maggiore esperienza dal GAS di
appartenenza per andare ad inserirsi come guida nel nuovo GAS.
Un gruppo di acquisto solidale può anche nascere per scissione o
filiazione, ovvero per gemmazione di gruppi già esistenti ed operanti. Le
motivazioni posso essere di diversa natura: in primo luogo vi è
tendenzialmente l’esigenza di costituire e mantenere dei gruppi di
dimensioni abbastanza ridotte. In questo modo l’organizzazione interna
risulta più agevole, gli acquisti più snelli ed agili, le riunioni realmente
partecipate, la condivisione dei valori e dei criteri di fondo effettivamente
viva e attuale. Nel momento in cui un gruppo di acquisto cresce troppo è
allora possibile che questo si divida in sottogruppi autonomi. Il fenomeno
della gemmazione per scissione ha posto una questione ed una domanda
ai GAS: quanto è possibile crescere? O meglio, si può determinare un
numero soglia al di sopra del quale un gruppo di acquisto fatica a
funzionare e rischia di subire un’implosione? In realtà non è possibile dare
una risposta a questo interrogativo che sia valida in assoluto, molto
dipende dal tipo di organizzazione che un GAS ha deciso di darsi e anche
dal livello di partecipazione che viene richiesto ai membri. In linea
41
generale però, l’esperienza mostra che gruppi piccoli risultano essere
maggiormente funzionali, il coordinamento appare più semplice,
l’organizzazione delle riunioni, la raccolta degli ordini e lo smistamento dei
prodotti meno laborioso.
Inoltre è necessario ricordare che i GAS sono delle realtà di gruppo e
come tali per funzionare richiedono l’accordo e la condivisione
costantemente rinnovata da parte dei membri. Ciò che sembra essere
fondamentale è quindi la capacità del gruppo di saper fare i conti con se
stesso, di sapersi rendere conto dell’eventuale raggiungimento di un
“limite massimo” oltre il quale sarebbe rischioso protrarsi. E’ necessario
quindi sapersi mettere in discussione ed eventualmente decidere per una
riorganizzazione, per una ristrutturazione e un rinnovamento. I nuovi GAS
che nascono in questo modo, rielaborando l’esperienza precedente e
cercando delle soluzioni sempre nuove, costituiscono una risorsa
fondamentale per l’evoluzione del movimento.64
Ma non solo alla necessità di mantenere una ridotta numerosità risponde
la decisione di scindere un gruppo: a questa situazione si può, infatti,
giungere a seguito dell’emergere di divergenze e contrasti tra i
partecipanti in merito ai criteri fissati o alle modalità di gestione stabilite,
oppure ancora la filiazione è il risultato della volontà di costituire un nuovo
GAS più vicino a casa.
2.3 La struttura organizzativa e il funzionamento
Da quanto detto finora risulta chiaro che un gruppo di acquisto, avendo
come obiettivo la creazione di una piccola rete distributiva, per poter
funzionare ed essere efficacemente gestito necessita di una struttura
organizzativa. Si pone allora il problema della scelta del tipo di
organizzazione che, come gruppo, ci si vuole dare; bisogna chiedersi, a tal
proposito, se si preferisce rimanere ad un livello informale o se invece ci si
64 Cfr. Valera, Lorenzo, op. cit. 42.
42
vuole formalizzare riconoscendosi come associazione. Generalmente un
GAS nasce come gruppo informale ed eventualmente, una volta raggiunta
una certa consistenza numerica, valuta la possibilità di darsi una forma più
strutturata. Oltre che dall’aumento numerico, questa decisione può anche
essere frutto della volontà del GAS di rappresentarsi come un soggetto
che sia riconoscibile anche all’esterno, da parte della società, aumentando
così le possibilità di accesso alle strutture presenti sul territorio. Fermo
restando che ogni GAS sceglie la forma organizzativa che meglio può
rispondere alle sue esigenze specifiche, la formalizzazione se da un lato
può essere un elemento di maggiore efficienza, dall’altro può essere visto
come fonte di rigidità che, soprattutto nell’esperienza dei gruppi più piccoli,
risulta superflua e inopportuna, soprattutto perché mancare di una forma
giuridicamente riconosciuta non equivale a non avere regole: se le
associazioni hanno uno statuto, i gruppi informali spesso si dotano di un
regolamento non meno dettagliato.65
A. Saroldi, nel suo testo Gruppi di acquisto solidali, sostiene che la forma
associativa ad oggi predominate nel panorama dei GAS è costituita dai
Gruppi informali, gruppi cioè privi di una struttura organizzativa che sia
formalmente riconosciuta. Tali realtà nascono dalla spontanea ed ufficiosa
aggregazione dei membri o dall’inserimento degli acquisti collettivi
all’interno dell’attività di un gruppo già esistente senza che sia sentita la
necessità di fornirsi di una particolare struttura. Come detto, dopo un
periodo di rodaggio, alcuni gruppi decidono di dotarsi di una strutturazione
formale più idonea allo svolgimento degli impieghi, altri scelgono
volutamente di mantenere la forma del piccolo gruppo informale, non
volendo richiamarsi a ufficialità preferendo invece muoversi “in una logica
di buon vicinato, spesso a livello condominiale o rionale”.66
Il funzionamento di base di un gruppo informale è piuttosto semplice:
definiti i criteri su cui fondare la selezione dei prodotti e dei produttori, si
procede alla stesura della lista dei beni da acquistare collettivamente.
Sulla base di questa lista i partecipanti compilano periodicamente i propri
65 Ibidem.66 Saroldi, Andrea, op. cit. 42.
43
ordini che, una volta raccolti e sommati, definiscono il più consistente
ordine di gruppo inviato al produttore. Quando arrivano, i prodotti vengono
distribuiti alle famiglie ed ognuna paga la propria parte. La maggioranza
dei GAS, al fine di rendere più funzionale ed organico il proprio
andamento, decide di eleggere un responsabile che si occupi dell’invio
degli ordini e del mantenimento dei contatti con i fornitori. In alcuni casi si
preferisce nominare un garante per ogni specifica area di acquisto (frutta e
verdura, carne, formaggi, pasta e riso, ecc.) e, per non appesantire
eccessivamente un singolo soggetto, nell’ottica di favorire ed incentivare
la partecipazione e la responsabilizzazione di tutti gli aderenti al GAS,
spesso si opta per la nomina a rotazione.
Risponde anche alla necessità di mantenere vivo e attivo l’aspetto della
condivisione e del consenso all’interno del gruppo, l’organizzazione di
periodici incontri e riunioni. Obiettivo è il confronto, lo scambio di idee e di
esperienze, l’aggiornamento in merito ai produttori e alla lista dei prodotti
che è possibile far rientrare negli acquisti collettivi, la formazione relativa
all’autoproduzione di alcuni beni, il continuo approfondimento tematico
riguardo la pratica del consumo critico, della solidarietà e della
sostenibilità ambientale. Le riunioni, stimolando la discussione e la messa
in gioco di ognuno, diventano un momento di conferma e di
riconoscimento per il gruppo, che ha così l’opportunità di ragionare su se
stesso e sul proprio processo di crescita divenendo quindi maggiormente
cosciente e responsabile. La frequenza degli incontri, tuttavia, varia di
gruppo in gruppo: si va da una cadenza settimanale, ad una mensile e
talvolta trimestrale. Tali differenze possono trovare causa, ad esempio,
nelle dimensioni di un GAS che, tanto più numeroso si presenta, tanto
meno è semplice da organizzare: si pensi alle difficoltà che possono
insorgere solamente nel tentativo di fissare un giorno per la riunione che
raccolga le disponibilità di tutti i partecipanti. Anche il tipo di strutturazione
di un gruppo o l’esistenza di attività collaterali all’organizzazione degli
acquisti possono incidere sulla frequenza degli incontri, tuttavia l’aspetto
relazionale e conviviale è generalmente molto sentito.
44
Raggiunto un notevole ampliamento, un gruppo di acquisto può decidere
di costituirsi in Associazione formalmente riconosciuta. I vantaggi a livello
organizzativo e funzionale sono evidenti, soprattutto in considerazione del
fatto che l’associazione da un lato consente di coinvolgere un numero
cospicuo di persone e dall’altro permette di svolgere attività di promozione
e sensibilizzazione.
Per dar vita ad un’associazione è necessario stilare uno Statuto
accompagnato da un Atto Costitutivo pubblico o privato autenticato,
depositati presso l’Ufficio delle Entrate competente per il proprio territorio.
Per poter acquistare dai produttori ricevendo fatture intestate al gruppo,
occorre richiedere agli uffici finanziari il Codice Fiscale ed eventualmente
procedere all’apertura di un Conto Corrente Postale intestato
all’associazione. Per acquistare da distributori è invece necessario
possedere la Partita IVA. Ogni associazione si occupa poi di conservare le
ricevute e tutto ciò che concerne la contabilità, in un apposito registro che
deve permanere nella sede legale che ci si è dati, così che sia reso
disponibile nell’ipotesi in cui sia richiesto un controllo esterno. A tal fine è
anche possibile procedere alla stesura dei verbali delle riunioni
dell’assemblea e del consiglio direttivo in modo da dimostrare, in ogni
occasione, il rispetto del fine sociale pattuito. Allo scopo di consentire la
copertura dei piccoli costi di gestione, è richiesto agli associati il
versamento di una quota di iscrizione una tantum oppure si può decidere
di operare un lieve ricarico sui prezzi delle merci così come presentate da
listino67. Anche in questo tipo di forma organizzativa è fortemente richiesta
la partecipazione e la collaborazione attiva dei soci in solidarietà, che si
sostanzia, ad esempio, nella nomina dei responsabili, dei referenti o dei
capigruppo che permette di organizzare più efficacemente gli ordini, lo
stoccaggio e la consegna delle merci acquistate.
Un gruppo di acquisto, pur rimanendo autonomo, decide di appoggiarsi ad
un’organizzazione già esistente: è questo il caso delle Organizzazioni di
supporto. Si può trattare di un’associazione, di una cooperativa sociale, di
67 Cfr. Documento base dei GAS.
45
una Bottega del Mondo o ancora di un negozio del biologico che, tra le
proprie finalità comprende l’effettuazione degli acquisti collettivi
(nell’ipotesi in cui manchi tale finalità, si rende necessaria la modificazione
dello Statuto in tal senso). Per poter usufruire di questa forma
organizzativa è necessario che i partecipanti siano soci della struttura di
appoggio che, nella pratica, mette a disposizione i propri spazi e le proprie
strutture per lo svolgimento dell’attività del GAS. In cambio questo
provvederà al rimborso delle spese organizzative di gestione ( telefono,
fax, spedizioni ecc.) attraverso un ricarico del 15- 20 % sui prezzi dei
prodotti. La scelta di appoggiarsi ad un’organizzazione già esistente può
essere preferita rispetto all’autonoma costituzione di un’associazione, nel
momento in cui la prima abbia già una propria struttura che riesce a farsi
carico di alcuni aspetti logistici e che determina quindi una semplificazione
dei compiti per i componenti del GAS. E’ utile ricordare infine che, in alcuni
casi, l’organizzazione può essere utilizzata anche da parte più gruppi
contemporaneamente.
Qualunque sia la strutturazione che un GAS decide di darsi, ai fini della
sua gestione si rende necessario un buon livello di coordinamento e di
organizzazione tra i membri che permetta loro di far circolare le
informazioni in modo semplice, immediato e diretto. Ricordiamo che è
proprio l’aspetto comunicativo ciò che maggiormente caratterizza un
gruppo di acquisto, anche in termini di sviluppo e diffusione del fenomeno.
In questo contesto assume un ruolo centrale la comunicazione telematica
e, in essa, soprattutto Internet. Avvalersi della posta elettronica permette
un consistente snellimento delle incombenze organizzative ed uno
scambio in tempo reale degli ordini e della lista dei prodotti soggetti
all’acquisto collettivo, ma anche di informazioni, idee, conoscenze, spunti
e suggerimenti. Non è inoltre da sottovalutare il fatto che l’avvento della
posta elettronica, oltre ad aver velocizzato il mondo della comunicazione,
permette anche un ingente risparmio di carta stampata e i GAS, attenti e
sensibili all’equilibrio ambientale e all’impatto che il comportamento umano
ha sulla natura, non possono che guardare con favore a tale strumento.
46
Ciò detto, questo ovviamente non significa che coloro che non possiedono
un computer o non facciano uso della posta elettronica siano esclusi dal
mondo GAS; i primi gruppi sono infatti sorti nella prima metà degli anni
’90, in un periodo in cui l’utilizzo del computer e soprattutto di Internet era
appannaggio di pochi: guardando al panorama attuale non sembra si
possa dire che ne abbiano risentito.
2.3.1 I GAS e la legge finanziaria del 2008
In sede di Commissione di Bilancio del Senato, nel Novembre 2007, è
stato approvato un emendamento all’art. 1 della Legge Finanziaria per il
200868 che ha introdotto alcune disposizioni a favore dei Gruppi di
acquisto solidali dandone, in primo luogo, una definizione giuridica e
chiarendone, poi, il regime fiscale.
Nella borsa della spesa possono trovare lo spazio che meritano l’attenzione all’ambiente e alla solidarietà sociale. Mi sembra questa la prima positiva conclusione che si può trarre dall’approvazione delle’emendamento alla Finanziaria. […] Grazie alla costante e preziosa collaborazione degli amici della rete e alla luce delle conclusioni del’ultimo incontro nazionale, abbiamo proposto un testo che indica sinteticamente le caratteristiche dell’esperienza dei gruppi di acquisto solidali e consente ad eventuali altri referenti istituzionali, che intendano approvare progetti di sostegno in questo campo, di disporre di un riferimento giuridico certo.69
Così dichiara la senatrice dei Verdi De Petris, prima firmataria
dell’emendamento.
Il comma 266 stabilisce cosa debba intendersi per gruppi di acquisto
solidale definendoli, dal punto di vista giuridico, come soggetti associativi
senza fini di lucro che hanno come finalità l’acquisto e la redistribuzione
dei beni senza ricarichi sui membri e nel rispetto di principi di solidarietà,
eticità e sostenibilità ambientale.
68 L. 244/07.69 Tratto dalla dichiarazione di Loredana De Petris in merito all’approvazione della legge finanziaria 2008. Cfr. www.equologia.it.
47
Il comma 267 si occupa, poi, di estendere a tali gruppi i benefici fiscali e le
agevolazioni di cui godono gli enti associativi in termini di esenzione
dall’IVA e dall’IRES.
L’emendamento stabilisce, infatti, che le attività poste in essere dai GAS
nei confronti dei propri aderenti non si devono considerare commerciali né
ai fini dell’imposta sul valor aggiunto, né ai fini dell’imposta sui redditi,
ferma restando l’applicazione delle disposizioni sancite dall’art. 4 comma 7
del D.P.R. 633/72 richiamate anche all’art 148 comma 3 del Tuir (testo
unico delle imposte sui redditi) che prevedono il divieto di redistribuzione
degli utili, dei fondi o degli avanzi di gestione; l’obbligo di devoluzione del
patrimonio, in caso di scioglimento, ad un’altra associazione che persegua
fini di pubblica utilità; l’obbligo di rendicontazione economica e finanziaria
attraverso la redazione e l’approvazione del bilancio; la libera eleggibilità
degli organi associativi e la disciplina uniforme del rapporto associativo;
l’intrasmissibilità della quota o del contributo associativo.
Il comma 268, infine, stabilisce che l’onere a carico dello Stato
dall’attuazione di queste disposizioni è pari a 200.000 euro annui.
Da quanto detto si comprende che, nel corso degli anni, si è ravvisata la
necessità di fornire ai GAS non solo una maggiore formalizzazione, ma
anche un riconoscimento e una definizione legale, alla luce della sempre
crescente diffusione capillare di questa esperienza sul territorio nazionale
e della crescita numerica degli associati. Inoltre, l’esenzione dal regime
IVA e IRES per le attività di acquisto collettivo e ridistribuzione rivolte ai
membri del gruppo, permette di superare ogni eventuale interpretazione
penalizzante per i GAS da parte degli uffici tributari locali ed è proprio in
questo senso che si ritenuto opportuno confermarne la de-
commercializzazione.
La legge finanziaria, infatti, ha tentato di risolvere il problema relativo alle
iniziative di commercio equo e solidale che si occupano di promuovere il
consumo dei beni prodotti nei paesi in via di sviluppo o di quei beni che
ingenerano comportamenti virtuosi, quali ad esempio beni ecocompatibili,
48
attraverso il loro acquisto e successiva distribuzione.70 Iniziative in cui
devono necessariamente essere ricompresi anche i gruppi di acquisto
solidali che, a partire dal 1994, anno della nascita del primo GAS, hanno
cercato di sviluppare un modello nuovo di economia fondato su criteri di
sostenibilità ambientale e solidarietà sociale, animato da una nuova etica
del consumatore responsabile e consapevole.
E commentando l’emendamento, la senatrice De Petris conclude:
Mi sembra un passo in avanti importante sulla strada del consolidamento e della diffusione sul territorio dell’esperienza dei GAS, nella prospettiva di una economia solidale che prefigura un rapporto profondamente diverso fra produttori e consumatori.
2.4 Prodotti e produttori: i criteri di selezione
All’interno del Documento Base dei GAS vengono delineati i criteri
generali cui far riferimento per orientare la scelta dei prodotti e dei
produttori. Come sottolinea Lorenzo Valera, giornalista di Radio Popolare,
70 Il problema cui ci si riferisce è inerente al fatto che tali iniziative svolgono un’attività interpretata dalla normativa fiscale come tipicamente commerciale e che, pertanto, non permetteva di godere delle esclusioni fiscali previste dalla normativa Onlus (l.460/97).
49
Comma 266: Sono definiti “gruppi di acquisto solidali” i soggetti associativi senza
scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e
distribuzione dei medesimi, senza applicazione di ricarico alcuno, esclusivamente agli
aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in
diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di
somministrazione e di vendita.
Comma 267: Le attività svolte dai soggetti di cui al comma 266, limitatamente a
quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell’applicazione
del regime di imposta di cui al decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n° 633, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4, settimo comma, del
medesimo decreto, e ai fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al decreto
del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n° 917. L. 24 dicembre 2007 n°244
gasista e autore del libro Gas, gruppi di acquisto solidali, in un’intervista
condotta da Dino Taddei, è però importante ricordare che il Documento
Base non costituisce un regolamento da applicare meccanicamente alla
lettera. Come, infatti, è emerso da un’indagine da lui condotta su un
campione di 70 gruppi di acquisto italiani, la traduzione pratica di quanto
espresso nel documento presenta talvolta delle importanti differenze. Per
riportare qualche esempio, è possibile riferirsi all’esperienza del GAS
Venegono di Varese, i cui membri ammettono di aver deciso sin dall’inizio
del loro percorso di mantenere una certa elasticità nella scelta del prodotto
in modo tale da poter accettare “il meglio in mancanza dell’ottimo”:
Abbiamo provato ad acquistare le “palle magiche” per la lavatrice da un’azienda che le importa dagli Stati Uniti: in questo caso si è deciso di sperimentare un prodotto perché ritenuto altamente ecologico.71
Il responsabile del gruppo GAABE di Roma invece afferma:
Diciamo che la gerarchia si forma a seconda del prodotto. Ad esempio il concetto di “locale” per acquistare gli agrumi è diverso dal concetto di “locale” per acquistare i prodotti orticoli; oppure un prodotto bio e vicino può comunque essere ritenuto meno equo per altri fattori. 72
Se, dunque, appare evidente che spesso un singolo produttore non riesce
a soddisfare in modo esaustivo tutti i criteri definiti, spetterà ad ogni
singolo gruppo di acquisto stabilire una priorità ed un gerarchia tra i
requisiti elencati costruendo una propria scala di valori, una scala che lo
stesso Valera definisce “mobile”, poiché dovrà essere di volta in volta
valutata a seconda della specificità del prodotto e della concreta
situazione:
[…] E’ ovvio che nella stesura di un documento non si possa tenere conto di tutte le possibili variabili (e sono tante) che si possono incontrare nella ricerca dei produttori. Una realtà come quella dei GAS, che si esprime in primo luogo attraverso l’azione concreta, definisce per forza di cose le proprie modalità d’azione nel confronto con l’esperienza diretta. E’ quindi nella pratica quotidiana che si affermano le priorità tra i criteri che, pur senza discostarsi significativamente da una scala di valori comuni, assumono differenti sfumature tra gruppo e gruppo.73
71 Valera, Lorenzo, op. cit. 80.72 Ibidem.73 Ibidem.
50
Il Documento Base deve pertanto essere inteso come una generale linea
di principio che poi, nella realtà concreta, a seconda delle diverse
specificità, ogni singolo gruppo deciderà come adottare. Valera ritiene
questo elemento fonte di stimoli e continui spunti creativi e afferma: “Da
questo punto di vista i GAS possono essere considerati come dei cantieri
perennemente aperti, in continuo movimento”.74
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che ci troviamo all’interno del più ampio
ambito del consumo critico che, per definizione, implica l’esercizio di un
ragionamento costantemente in divenire, sempre interrogativo. E’ questo
un momento particolarmente delicato ed importante che definisce a chiare
lettere la necessità della partecipazione e della condivisione da parte dei
membri dei medesimi principi e delle motivazioni profonde, che vanno a
determinare quella che può essere qualificata come “coscienza del
gruppo”.
Il principio che sta alla base della definizione di tali parametri è lo stesso
che viene utilizzato da parte del singolo consumatore che si reca al
supermercato per fare la spesa. Ognuno di noi, infatti, fonda le proprie
scelte su talune considerazioni quali la convenienza, la qualità e il gusto
del prodotto. Nel caso dei GAS, si tratta dunque di richiamare la propria
attenzione su alcuni specifici temi, di approfondire le nostre motivazioni
utilizzando il canale dell’eticità, della sobrietà, della sostenibilità e dunque
del consumo critico e consapevole. L’obiettivo è promuovere la
formazione di soggetti attivi, non condizionati e non condizionabili da parte
della pubblicità e del “bombardamento mediatico”, attori consapevoli,
protagonisti delle proprie scelte e, quindi, anche della propria spesa.
Analizziamo ora più da vicino i singoli criteri secondo quanto espresso nel
Documento Base. Il primo elemento da considerare per orientarsi nella
scelta del prodotto è costituito dal costo del prodotto, inteso nella sua più
completa accezione. Ci si riferisce qui non solo ai costi diretti dei prodotti,
a quelli cioè che vediamo esposti come da listino, ma anche e soprattutto
ai costi indiretti, costi che non sono direttamente imputabili ai prodotti
74 “A” Rivista anarchica 01/07/2005.
51
perché inerenti spese generali riguardanti l’azienda nel suo complesso,
come spese amministrative o costi per oneri tributari. E’ inoltre necessario
avere riguardo per i costi individuali e sociali, dunque per le conseguenze
che l’acquisto di un determinato bene può determinare sia sul singolo che
sulla società, costi che non necessariamente sono immediati e
prontamente intuibili, ma che possono assumere rilevanza a distanza di
tempo. Un chiaro esempio viene dato dal Documento Base: nel momento
in cui si acquistano dei generi alimentari trattati e prodotti in luoghi distanti
dalla compra-vendita, si paga oltre ad un costo individuale di salute,
dovuto ad un massiccio utilizzo di pesticidi e conservanti, probabilmente
dilazionato nel tempo, anche un costo sociale ed ambientale dovendo
considerare l’incidenza che il trasporto della merce ha sull’inquinamento
atmosferico.
In secondo luogo bisogna valutare la disponibilità dei prodotti: ragionando
in termini di spesa individuale, è probabile che la riflessione sulla
disponibilità istituisca un rimando diretto alla grande distribuzione, dove
tutto sembra accessibile, a portata di mano, disponibile appunto. Il
supermercato è però anche un luogo fuorviante e dispersivo per l’inerme
consumatore. Ragionare in termini di spesa collettiva, significa invece
poter creare un accordo diretto con il produttore e il distributore così da
poter ottenere delle effettive garanzie sulla disponibilità dei prodotti. Avere
un rapporto di questo tipo con il fornitore, significa anche poter costruire
attorno al momento del consumo una cornice di fiducia e di lealtà
reciproca tale per cui, se un prodotto garantito non dovesse essere
disponibile o dovesse presentarsi con delle caratteristiche differenti
rispetto a quanto prospettato e concordato, si ha la possibilità di ottenere
una spiegazione e di poter così comprendere ciò che sta dietro un
determinato bene, conoscerne la storia.
Comodità di acquisto: per come sono costruiti, i centri commerciali e gli
ipermercati danno al consumatore la sensazione di potervi trovare
comodamente ciò di cui necessitano, in qualunque occasione, soprattutto
nelle emergenze. Forse uno degli aspetti che più spaventano coloro che
52
per la prima volta si avvicinano ai gruppi di acquisto, è proprio la paura di
non riuscire a definire oggi ciò di cui si avrà bisogno domani. Certamente
questo è il risultato del nostro moderno modo di pensare non solo gli
acquisti, ma la vita in generale; è probabilmente un discorso che ha a che
fare con il più generale senso di incertezza e di precarietà del futuro, ma
forse, a partire dal nostro piccolo, non è impossibile riuscire a maturare
un’impostazione di pensiero differente. Acquistare collettivamente
attraverso un GAS richiede, infatti, la capacità di organizzare e
programmare i propri acquisti, in tempo utile, così da evitare le situazioni
di necessità dell’ultimo minuto. In questo modo si dà senso a ciò che si
compra, e si consuma, si diventa maggiormente responsabili, si è capaci
di utilizzare ciò che compare nel frigorifero evitando, come accade invece
troppo spesso, di gettare prodotti ormai scaduti perché dimenticati. A poco
a poco si prende familiarità con se stessi e con le proprie necessità, ci si
rende conto di che cosa effettivamente abbiamo bisogno e di cosa invece
costituisce un di più, un superfluo, potendolo così evitare.
Il quarto criterio guida è l’accessibilità: la questione si pone, qui, in
riferimento alla necessità di consumare una merce che richieda
necessariamente di essere trasportata e, conseguentemente, alle
modalità con cui questo trasporto viene effettuato. La domanda che ci si
pone è relativa al significato in termini di costi individuali, sociali e
ambientali, del privilegiare il mercato locale dei piccoli produttori rispetto a
quello che si nutre dello spostamento dei prodotti da un paese all’altro. In
quest’ultimo caso aumenta, infatti, non solo l’impatto ambientale con tutte
le relative conseguenze, ma si causa anche il deterioramento dei beni che
rischiano di perdere in qualità. Tra i criteri stabiliti dai GAS per la scelta del
prodotto è dunque ricompreso anche il luogo di produzione e le modalità
di trasporto, preferendo accordare la propria scelta di consumo ai prodotti
a KM 0.
Altro principio cardine è costituito dal tipo di imballaggio delle merci.
Contrariamente a quanto solitamente accade, i gasisti sono molto attenti
al tipo di imballaggio di un prodotto: si guarda alla possibilità di riciclo delle
53
confezioni, alla presenza di materiale già riciclato, all’esistenza o meno di
vuoti a perdere, al confezionamento singolo o unificato ecc. Spesso il
consumatore tende a sottovalutare questioni di questo genere, da un lato
perché la nostra attenzione è catalizzata dai quei prodotti che si
presentano nella veste più accattivante, con colori sgargianti e design
moderno, dall’altro un ragionamento in termini di impatto ambientale degli
imballaggi non è forse immediato e richiede pertanto la pratica di uno
sforzo da parte del soggetto, sforzo che troppe volte non viene compiuto
perché, ancora una volta, ci si ritrova carenti a livello di impostazione di
pensiero e incatenati alle suggestioni pubblicitarie. Interrogarsi su questi
aspetti è invece molto importante perché tutti, consumatori responsabili e
non, ora come in futuro, paghiamo e pagheremo il prezzo
dell’inquinamento ambientale. Criterio riconnesso in modo circolare ai
precedenti, è l’utilità e la necessità di un prodotto che richiama
evidentemente ad una riconsiderazione dei propri bisogni e delle proprie
esigenze reali, non indotte dai media e dalla società. Anche questa non è
questione di semplice attuazione, il mettersi in discussione non lo è mai,
da un lato, e dall’altro siamo talmente inseriti e permeati del modello di
consumo proposto dai classici canali di informazione, che, a lungo andare
pensiamo di compiere scelte realmente dettate dal nostro volere e dal
nostro bisogno. Talvolta è persino più semplice adottare uno stile di
pensiero arrendevole piuttosto che fare i conti con la propria personalità e
con quelle che sono ormai diventate le nostre abitudini. Ragionare in
termini di utilità e di necessità non significa necessariamente rinunciare a
ciò che solitamente consumiamo, significa invece acquistare
consapevolezza, saper riconoscere le proprie esigenze e partire da queste
per richiedere prodotti che ci arricchiscano.
Abituati a trovare nei banchi del fresco dei supermercati ogni tipo di frutta
e verdura in qualsiasi periodo dell’anno, difficilmente siamo in grado di
distinguere i prodotti di stagione da quelli che non lo sono. Sia in termini di
genuinità di ciò che mangiamo che di costi di produzione e distribuzione
degli alimenti prodotti fuori stagione, è invece necessario saper recuperare
54
questa capacità. In termini qualitativi, l’apporto nutritivo e il gusto di frutta e
verdura non di stagione, è indubbiamente minore, mentre ragionando in
termini di costi sociali, questi risultano evidentemente accresciuti sia in
riferimento alla produzione che al trasporto.
Uno degli elementi di maggiore importanza all’interno della tematica del
consumo critico e consapevole è sicuramente rappresentato dalla ricerca
di prodotti biologici. Il richiamo alla biologicità, infatti, implica un minore
inquinamento ambientale, una maggiore garanzia della qualità dei
prodotti, nonché una vita più sana sia dal punto di vista del produttore che
del consumatore. E’ pur vero che ormai i prodotti biologici sono facilmente
reperibili all’interno di un qualunque superstore, ma è altrettanto vero che
questo tipo di etichetta rischia di essere inflazionata. Molti produttori storici
del biologico, che sono rimasti esclusi dal mondo della grande
distribuzione, infatti, guardano con sospetto alle diverse certificazioni che,
sostengono, oggi come oggi sono rilasciate con fin troppa facilità. La
sensazione che si avverte è che il biologico oggi costituisca forse più una
moda che una reale necessità e che quindi, come tale, rischia di essere
mercificato. E’ dunque solamente attraverso l’instaurazione di un legame
diretto con il produttore che si può ottenere la garanzia di acquistare e
consumare prodotti provenienti da un’agricoltura biologica; è il principio
del verificare con mano che sorregge tale rapporto ed effettivamente
l’esperienza mostra che conviene in primo luogo al produttore essere
leale, perché i GAS possono rappresentare un canale molto forte di
sostentamento e di rilancio soprattutto per le piccole economie. Alcuni
produttori molto piccoli, infatti, pur praticando i metodi dell’agricoltura
biologica, trovano la certificazione troppo onerosa finendo, quindi, per non
richiederla. In questa situazione di evidente svantaggio, il contatto con un
gruppo di acquisto può essere, per il produttore, il canale attraverso cui
rilanciare la propria attività. I GAS, tendenzialmente, cercano di favorire le
piccole realtà, soprattutto se locali, avendo la possibilità di conoscerle
direttamente, verificando di persona se ciò che dichiarano biologico lo è. A
questo proposito, un’attività praticata dai gruppi di acquisto è la gita
55
domenicale presso il produttore: in questa occasione, che non fatica a
divenire conviviale permettendo l’instaurazione di un clima caldo e di
accoglienza, si ha l’opportunità di osservare da vicino come avviene la
lavorazione dei prodotti, di fare domande, di discutere metodi e criteri e,
anche, di assaggiare quello che si comprerà. Un secondo ordine di
problemi, inoltre, può essere superato grazie alla spesa collettiva: se,
infatti, i prodotti biologici sono disponibili sul mercato, non
necessariamente sono accessibili da parte di tutti. Nonostante i
miglioramenti intervenuti nel corso degli ultimi anni, i prezzi continuano a
rimanere elevati e la concorrenza con molti altri equivalenti a costi
nettamente inferiori, incide sul loro consumo. Acquistare attraverso un
GAS permette invece di abbattere questi costi in ragione sia dei grandi
quantitativi comprati collettivamente dal gruppo, che della possibilità di
trattare il prezzo della merce direttamente con il produttore che, in questo
circolo, può venderla senza passare attraverso gli intermediari classici del
mercato. Si crea, così, una filiera corta che, come si può notare, comporta
vantaggi non indifferenti.
Per rispondere, dunque, a quella che forse è la domanda che più spesso
viene posta ai gasisti, relativamente alla reale possibilità di risparmiare sui
propri acquisti, un risparmio si ha a parità di qualità. Evidentemente non è
possibile instaurare un confronto tra un prodotto biologico ed uno
proveniente da agricoltura tradizionale, perché sempre, nel secondo caso,
i prezzi saranno inferiori. A parità di prodotto, però, a parità di qualità, è
molto probabile che attraverso il GAS si ottengano dei prezzi più
contenuti.
56
75.
Tirando le somme di quanto detto, è allora possibile affermare che
l’agricoltura biologica crea intorno a sé un processo di crescita e di
sviluppo virtuoso poiché significa innanzitutto utilizzare tecniche agricole
che non prevedono l’uso di sostanze chimiche e di sintesi, la promozione
di un’agricoltura che tutela l’ambiente contribuendo alla riduzione del
rilascio di residui nel terreno e nelle acque, la salvaguardia della
complessità dell’ecosistema e della sua biodiversità, la riduzione di
75 Crf. www.icea.it e Fà la cosa giusta, ed. Terre di mezzo, 2006, 14.
Agricoltura biologica
L’agricoltura convenzionale, di tipo intensivo e monoculturale, sia in fase di produzione che di
conservazione dei prodotti, si basa sull’utilizzo di sostanze chimiche quali diserbanti, concimi e
antiparassitari che costituiscono una delle cause principali dell’inquinamento terrestre e delle
falde acquifere.
A seguito degli importanti studi effettuati dall’istituto di ricerca Wuppertal in merito allo sviluppo
di un’economia sostenibile sul piano climatico, ambientale ed energetico, anche l’Unione
Europea ha compreso la reale portata del problema dell’inquinamento dei suoli e, per questo, ha
deciso di favorire una graduale riconversione delle terre in modo da sviluppare forme di
agricoltura a basso impatto ambientale.
Alla luce di queste constatazioni, uno dei modi per raggiungere tale obiettivo è riconosciuto nello
sviluppo dell’agricoltura biologica. La normativa di riferimento è il Regolamento CEE n° 2092/91.
Il rispetto delle regole qui enunciate è condizione necessaria per poter ricevere il marchio
certificativi del biologico che assicura l’applicazione dei metodi previsti di coltivazione dei
prodotti agricoli. Secondo quanto disciplinato, l’operatore biologico deve coltivare senza l’utilizzo
di prodotti chimici di sintesi e di Ogm, sostituendoli con i metodi di lotta biologica integrata
(Regolamento CEE 2078), usare la rotazione delle colture ai fini della prevenzione delle piante
dai parassiti e dalle malattie, fertilizzare il terreno unicamente con materie organiche e minerali
naturali e, infine, lavorare il terreno secondo tecniche non distruttive.
I produttori che intendono utilizzare la certificazione, devono farne richiesta alle regioni che
disporranno una serie di verifiche ispettive di conformità al Regolamento. Se le condizioni di
idoneità e rispondenza alla 2092/91 sono mantenute per un periodo non inferiore ai due anni,
definito “periodo di conversione all’agricoltura biologica”, gli organismi certificativi rilasciano il
marchio”prodotto da agricoltura biologica”. Attualmente gli organismi di certificazione sono:
Suolo e Salute, ICEA, IMC, Bioagricert, CCPB, CODEX, Ecocert Italia, Q.C. & I. international
services, BIOS, Eco sistem international certificazioni, BIOZOO, ICS, ABC fratelli Bartolomeo.
57
consumo energetico e la superiorità della qualità dei cibi rispetto a quelli
industriali.
Un altro importante criterio cui i GAS si riferiscono nel momento
dell’acquisto è caratterizzato dalla controllabilità e qualità riconosciuta del
prodotto. Avendo la possibilità di acquistare direttamente dai produttori e
amministrando in prima persona i rapporti con i distributori, è plausibile da
un lato richiedere delle garanzie e dall’altro stabilire le caratteristiche dei
beni che si intende comprare, mettendo in circolo le conoscenze e le
esperienze di ciascuno. Sono dunque i membri del GAS a verificare in
prima persona la qualità di ciò che acquistano, senza intermediari, senza
nascondimenti. E’ evidente che una tale opportunità non può essere data
all’interno del circuito della grande distribuzione dove non sono i
consumatori, bensì altri, i soggetti appositamente preposti alla gestione
del sistema di controllo.
E’ altresì fondamentale l’affidabilità: la costruzione di un ambito di fiducia
reciproca e di lealtà, di schiettezza e sincerità permette sia al consumatore
che al produttore di creare dei legami interpersonali significativi che, nel
caso specifico, abbiamo visto essere di fondamentale importanza. La sfida
è quindi quella di dare nuova vita ad un mercato degli uomini, come era un
tempo, che vada a sostituirsi all’odierno mercato delle merci. Tutti ne
avvertiremmo i vantaggi.
In ultimo funzionalità, manutenzione e assistenza sono fattori da non
sottovalutare nella guida all’acquisto di prodotti di lunga durata, come
elettrodomestici, macchinari, telefoni cellulari, ecc. Alla luce del grande ed
inarrestabile sviluppo tecnologico, accade sempre più spesso di
comperare degli oggetti che sono strutturati per sostituire e evidentemente
facilitare lo svolgimento di un lavoro che, un tempo, veniva svolto
manualmente. La prima domanda che il gasista, consumatore critico, si
pone è inerente la reale funzionalità di ciò che si intende acquistare,
ponderando dunque cautamente le proprie scelte evitando quello che
viene definito “incauto acquisto”. In secondo luogo, affinché un oggetto
possa durare nel tempo è necessario praticare la dovuta manutenzione
58
che però, oggi, troppo spesso risulta difficilmente praticabile per due ordini
di motivi: da un lato sarebbero necessarie delle conoscenze e delle
strumentazioni tecniche, dall’altro sembra che questo genere di prodotti
sia stato creato appositamente per avere una durata limitata nel tempo, in
modo anche che risultino troppo dispendiosi da riparare in caso di usura.
Ed ecco che si viene così indotti a comperarne uno nuovo. Le
considerazioni che sorgono in un ambiente di consapevolezza e di
sostenibilità sono legate all’ingente quantità di rifiuti non facilmente
smaltibili che questo tipo di circolo vizioso ingenera. I dubbi sono ancora
molti a riguardo e la problematica è aperta e in piena discussione; certo è,
però, che all’interno dei GAS quello che si può fin da ora fare, in attesa di
una risposta più compiuta, è cercare di allungare la vita degli oggetti
avendone cura e riguardo e provando a sostituire solo quelle parti che
effettivamente non sono più utilizzabili, riducendo in tal modo i rifiuti.76
Tutti questi criteri vengono poi, nella pratica, riconsiderati alla luce dei
principi fondanti il gruppo di acquisto solidale e, quindi, in prima analisi si
verificherà l’aspetto etico, solidale e sostenibile della produzione
selezionata accertando il rispetto dell’uomo e dell’ambiente e cercando,
dove possibile, di accordare la propria preferenza a quei produttori che
promuovono la dignità e l’autonomia di persone svantaggiate per motivi
fisici, psicologici o sociali.
Per quanto riguarda le modalità attraverso cui avviene il contatto tra
produttori e GAS, il canale più utilizzato è ancora il passaparola, anche se,
sicuramente, grande rilievo ha assunto l’utilizzo della posta elettronica e di
Internet: in questo modo, una volta scoperto ed approvato un certo
fornitore, la notizia viene diffusa non solo tra conoscenti e vicini, ma anche
attraverso i più generali canali del consumo responsabile, potendo
giungere a diversi km di distanza. Tra i canali di diffusione, inoltre, non
può essere dimenticato il fondamentale ruolo giocato dalle fiere dei
prodotti tipici, dai mercatini e dalle sagre organizzate dai rappresentanti
del commercio equo e solidale. Anche i grandi raduni e i grandi
76 Cfr. Documento Base dei GAS.
59
appuntamenti, come ad esempio “Fa la cosa giusta” che si tiene ogni anno
a Milano e Torino, sono un’occasione molto importante di conoscenza e di
scambio reciproco, di contatto e di incontro. E’ inoltre da sottolineare che,
essendo fiere molto conosciute e pubblicizzate, rappresentano anche uno
dei mezzi strategici più importanti da utilizzare ai fini della promozione e
della sensibilizzazione su larga scala, di coloro che non fanno parte dei
gruppi di acquisto o che non conoscono il consumo responsabile.
2.4.1 Quali prodotti? Aspetti attuali e prospettive future
Ma quali sono i prodotti acquistabili attraverso i GAS? Potenzialmente,
tutto ciò che si acquista nella grande distribuzione può essere acquistato
per mezzo del gruppo, non si può negare tuttavia che per alcuni prodotti la
gestione degli ordini collettivi sia più difficilmente operabile. Se problemi
particolari non si pongono per i generi alimentari, per i prodotti per l’igiene
personale e della casa, per i cosmetici, per i prodotti erboristici, alcune
difficoltà potrebbero sorgere relativamente all’acquisto di quei beni che
devono necessariamente essere provati. Il riferimento è qui, ad esempio,
al tessile e alle calzature. Non risulta semplice poter effettuare un ordine
collettivo di vestiti o di scarpe senza averli provati, senza averne verificato
la vestibilità o la comodità. Non bisogna rischiare di commettere l’errore di
dimenticarsi che ciò che si acquista deve soddisfarci, deve piacerci. Non
sarebbe giusto e nemmeno funzionale agli intenti che si vogliono
perseguire, sacrificare il proprio gusto, sebbene in nome dell’alto valore
dell’eticità, alla lunga verrebbe avvertito come un peso e andrebbe forse a
vanificare e a far perdere la motivazione profonda di appartenenza ad un
GAS. Evidentemente, non è possibile acquistare un capo di abbigliamento
unicamente sulla base di un catalogo ed inoltre, se da un lato fare degli
ordini collettivi non è semplice, dall’altro non è neppure facile reperire dei
produttori di abbigliamento etico che operino sulla piccola distribuzione. In
altre parole, la scelta a disposizione non è molta, lo stile è pressoché
60
unico e non è semplice che riesca a raccogliere le esigenze e i gusti di
ognuno. Alcuni gruppi, tuttavia, stanno cercando di promuovere e
sviluppare anche l’acquisto di questo genere di prodotti, pur consapevoli
delle difficoltà intrinseche e delle reali problematiche. Per ovviare
all’inconveniente della valutazione del prodotto unicamente tramite
catalogo, hanno pensato, in alcuni casi, di organizzare delle sfilate di “altra
moda”, in altri, di invitare i produttori di abbigliamento equo e solidale ai
propri incontri, così che ognuno potesse vedere e provare ciò che veniva
proposto e decidere di acquistarlo sempre attraverso la compilazione
dell’ordine. Per cercare di ridurre i costi, che, non essendoci ordini molto
consistenti, rischiano di rimanere elevati, si è inoltre pensato di effettuare
questo genere di acquisti in modalità intergas, cioè facendo un ordine
unico valido per più gas della stessa zona. La sfida è quindi aperta e la
sperimentazione in atto. Questo dimostra che i GAS sono sempre alla
ricerca di nuovi canali di espressione, che sono ambiti di forte vitalità e
creatività e che, in prospettiva, vogliono cercare di soddisfare tutte le loro
esigenze in modalità di acquisto collettivo, ottenendo tutti i prodotti e i
servizi da filiere corte, direttamente conosciute, rispettose dell’uomo e
dell’ambiente. Molte sono, infatti, le questioni ancora accese e in fase di
discussione: si stanno ad esempio cercando delle soluzioni relativamente
al campo della telefonia e delle assicurazioni e, se è pur vero che qualche
esperienza è stata avviata, non si può ancora dire di aver trovato la
risposta definitiva77. Questa è quindi la partita che i GAS stanno
attualmente giocando ed è qui che si vedranno le potenzialità e le
prospettive di sviluppo.
2.5 La rete dei GAS e il DES
Decine di migliaia di comunità fortemente radicate sul territorio, legate al loro
interno da relazioni sociali integrate e connesse le une alle altre da una
comune percezione dell’importanza di tutelare la diversità culturale,
77 Per approfondimenti www.livecom.coop.
61
rappresentano una potente forza sociale, oltre che un antidoto contro la
politica delle reti economiche globali.
Con queste parole l’economista J. Rifkin, ben sintetizza il significato della
costruzione di una rete di economia locale. E’ nel 1997 che, da esigenze
concrete di valorizzazione e scambio di esperienze, nasce la rete dei
GAS. L’idea di fondo è che lavorando congiuntamente, scambiandosi
informazioni, conoscenze e sperimentazioni, ci si può aiutare l’un l’altro
nella ricerca di un produttore, nella definizione dei criteri e delle modalità
operative e di gestione. Oltre che rappresentare uno strumento di aiuto
reciproco, la rete permette anche di promuovere e facilitare l’attivazione di
nuovi gruppi e comunità locali semplicemente diffondendone la
conoscenza. Attraverso l’interscambio delle esperienze è infatti possibile
raccogliere e diffondere le informazioni utili, da un lato a chi già appartiene
ad un GAS per ripensare alla propria strutturazione e per avere dei nuovi
stimoli su cui lavorare, dall’altro aiuta a costruire ed organizzare nuovi
gruppi di acquisto. Per quanto riguarda il livello organizzativo, la rete è
strutturata per essere aperta e flessibile, così da poter evolvere ed
adattarsi ad una situazione che, per sua natura, è in continuo movimento.
Fermo restando che ogni nodo della rete rimane dotato di una sua
autonomia, di una sua storia che lo differenzia dagli altri, tutti i nodi,
insieme, si riconoscono in un’esperienza comune che oltretutto
contribuisce a creare senso di appartenenza. Strutturata in questo modo,
la rete diventa uno strumento attraverso cui si può dare valore alla
diversità, che diviene fonte di confronto e crescita sia individuale che di
gruppo.
Sinteticamente, le finalità perseguite dalla rete dei GAS possono essere
così riassunte:
• Favorire lo scambio e la circolazione di esperienze e informazioni
pratiche sia sulle modalità organizzative che sui prodotti e i rispettivi
produttori;
• Favorire l’elaborazione di criteri di selezione sempre migliori;
62
• Promuovere la diffusione dell’esperienza dei gruppi di acquisto
solidali;
• Sensibilizzare alla pratica del consumo critico.
Tra gli strumenti utilizzati dalla rete per permettere la circolazione delle
informazioni troviamo il Bollettino Bogar, foglio informativo contenente
esperienze, notizie da e sui GAS, idee, novità, segnalazioni, ecc. Il
bollettino è stato pubblicato trimestralmente fino al 2001, ora sono invece
maggiormente utilizzati il sito internet www.retegas.org molto utile per chi
ha intenzione di cominciare l’esperienza e la mailing list che invece è
funzionale alla discussione. Non è da sottovalutare, infine, il ruolo giocato
dai convegni nazionali indetti dalla rete gas con cadenza annuale che
rappresentano un importante momento di incontro e di scambio a livello
superlocale.
La costituzione della rete tra i gruppi di acquisto, ha inoltre stimolato il
contatto e la collaborazione con molte altre realtà che tentano di
distanziarsi dal sistema economico tradizionale. I GAS rappresentano
dunque un’esperienza che si va ad affiancare alle botteghe del commercio
equo e solidale, alla campagna dei Bilanci di giustizia, alla realtà del
turismo responsabile, della finanza etica, delle cooperative sociali, ecc.
Seppur differenti, tutti questi soggetti si riconoscono in una comune critica
al modello economico che insegue il “ben-avere” mentre invece si
dovrebbe andare alla ricerca del “ben-essere”. E’ a partire da questa
considerazione che, nel 2002, ha potuto prendere avvio la costruzione di
un percorso comune che permetta di agire localmente, mettendo in rete le
diverse esperienze di economia solidale esistenti, così da poterle
sviluppare e rafforzare e promuovendo la creazione di distretti locali che, a
livello globale, possano ricomporre un sistema economico solidale. Il
primo passo per costruire un distretto di economia solidale (DES) è la
ricerca di tutte le realtà locali che possano e siano interessate ad essere
coinvolte nel progetto; in secondo luogo si procede ad una mappatura
63
delle realtà di economia solidali presenti sul territorio; resta da chiedersi,
infine, come poter agire nella realtà concreta.78
Come per i GAS, anche la partecipazione al DES richiede ai membri
l’adesione a dei principi generali che costituiranno elementi di guida
nell’azione concreta: promozione, diffusione e pratica di un’economia
equa e socialmente sostenibile, sviluppo di azioni di sostenibilità
ecologica, valorizzazione della dimensione locale e delle relazioni
personali e dirette, partecipazione democratica ed attiva alla definizione
della gestione dei processi economici e delle relazioni con gli altri soggetti
della rete.
E’ così, dunque, che dall’avvio di queste esperienze è diventato possibile
intrecciare reti con reti, azioni piccole con azioni grandi, andando a
costruire una struttura a più livelli in cui anche il singolo individuo o il
singolo gruppo ricopre un ruolo significativo e di ampia portata.
2.6 I GAS in cifre: l’attuale diffusione
Nel corso degli ultimi anni i GAS hanno visto aumentare notevolmente il
loro numero. Dal primo GAS, sorto a Fidenza nel 1994, i gruppi di acquisto
sono raddoppiati ogni due anni. Ad oggi, i gruppi che hanno segnalato la
loro formazione alla rete nazionale, sono poco più di 400, ma, in realtà, il
loro numero è molto più elevato se si tiene conto di tutti quei gruppi,
soprattutto di quelli molto piccoli, che non essendosi registrati sul sito
Internet, non sono stati censiti.79 Le stime riguardo il prossimo futuro
sviluppo, sono molto positive: alla luce delle esperienze passate e del
sempre più consistente interesse mostrato da parte della popolazione e
dell’opinione pubblica per le tematiche del consumo critico e della
responsabilità sociale, si crede che il numero dei GAS continuerà a
crescere in modo esponenziale. Le ragioni di questo successo sono da
ricercarsi, da un lato nella possibilità che il gruppo di acquisto dà di
78 Per approfondimenti www.des.varese.it. 79 Cfr. www.retegas.org.
64
rispondere a delle esigenze concrete ed attuali come l’acquisto di cibi sani
e genuini, il bisogno di intessere relazioni sociali sincere, la
consapevolezza rispetto a ciò che si consuma, la volontà di ridurre lo
sfruttamento dei lavoratori e della natura e la necessità di vivere oggi e di
lasciare alle generazioni future un mondo più pulito e meno inquinato. Per
altro verso, è la stessa modalità di strutturazione e funzionamento dei
gruppi a raccogliere interesse attorno a sé: la grande flessibilità ed
apertura, la mancanza di barriere rigide e strutturate e di un potere
imposto dall’alto, l’aspetto della condivisione e della convivialità,
l’importanza attribuita alla partecipazione, la possibilità di espressione e di
crescita sono tutti elementi che fanno sentire la realtà del gruppo di
acquisto come vivibile, praticabile e accogliente.
Credo che oggi, in una società che ha visto sviluppare tanti individui soli,
la possibilità di essere gruppo, di avere un luogo in cui confrontarsi e
sostenersi, in cui le differenze non rappresentano materia di conflitto, ma
di possibile crescita reciproca, il GAS costituisce un esempio molto
importante che, a poco a poco, ha fatto sentire la propria presenza, senza
imporsi, ma entrando a piccoli passi nelle realtà locali, silenziosamente.
Credo sia questo il reale punto di forza dei gruppi di acquisto solidali e
credo anche che, negli ultimi anni, se ne siano accorti alcuni enti locali nel
momento in cui hanno sostenuto e promosso nel loro territorio la
formazione di nuovi GAS, ravvisandovi uno strumento potenzialmente in
grado di rafforzare il tessuto sociale e favorire la produzione locale.
Credo che quindi il contributo che i GAS hanno portato e stanno
attualmente portando, sia riassumibile nell’attenzione crescente che
hanno catalizzato attorno all’importanza della capacità di intessere
relazioni interpersonali fondate sulla fiducia e sulla lealtà, sul valore della
promozione dell’economia locale, riportando alla luce la bellezza delle
realtà più piccole e meno conosciute, il valore della genuinità dei cibi, la
diffusione della cultura della convivialità come canale di accesso ad
un’economia sostenibile.
65
In una situazione in cui i cicli di produzione e di consumo sono organizzati
in modo disfunzionale per il pianeta, in cui sempre più si stanno incrinando
le possibilità di un futuro che ancora possa fare affidamento sulla natura,
in cui il potere di acquisto tende a diminuire drasticamente, l’esperienza
del gruppo solidale può essere di fondamentale importanza. La filiera
corta riporta l’economia globale al livello delle relazioni ed è qui che si
possono sviluppare alleanze e collaborazioni tra produttori e consumatori
in nome della fiducia. E’ in quest’ottica che vanno intese le potenzialità dei
GAS e la loro capacità di dare sostegno a chi è stato espulso dalla grande
distribuzione perché non in grado di giocare le regole della concorrenza.
La creazione di legami permette di sottrarre sempre più ampi spazi
all’economia globale, spazi che vengono riempiti di senso attraverso forme
di economia di relazione.
“Alla fine, sarà una rete di relazioni l’unica in grado di imbrigliare ed
addomesticare la globalizzazione”.80
80 Saroldi, Andrea, op. cit. 61.
66
CAP. 3
Voci dai GAS: resoconto di un’intervista
I capitoli precedenti sono stati dedicati alla definizione di che cosa è e di
come funziona un gruppo di acquisto solidale: riferendoci principalmente
al Documento Base, ne abbiamo indicato le caratteristiche e le
determinanti, le modalità di strutturazione e di organizzazione, i criteri che
stanno alla base della scelta dei prodotti e dei produttori, ecc. Da un punto
di vista prevalentemente teorico, abbiamo inoltre approfondito alcune delle
tematiche che fanno da sfondo a tale esperienza, cercando di fornire al
lettore un’immagine ed un profilo maggiormente completo di questa realtà.
Cercheremo ora, in quest’ultimo capitolo, di avvicinarci ulteriormente al
mondo dei GAS: guidati da alcuni interrogativi strutturati in una piccola
intervista, entreremo nella quotidianità di tali gruppi, dando voce a chi in
prima persona li vive e li anima, passando attraverso vissuti ed esperienze
personali, aneddoti e riflessioni.
Il campione cui è stata sottoposta l’intervista è costituito da alcuni membri
del gruppo di acquisto solidale di Legnano selezionati in relazione al ruolo
rivestito, alla posizione occupata o al diverso livello di attivismo,
partecipazione e coinvolgimento nelle attività e nella vita del gruppo.
G.A.S.A.BI.LE. nasce nel 2001 quale frutto di un progetto sviluppato da
alcune famiglie del territorio che già si vedevano riunite nell’esperienza dei
Bilanci di giustizia. L’acronimo del gruppo significa infatti Gruppo di
Acquisto Solidale Aperto Dai/dei Bilancisti di Legnano. Sono così
denominati coloro che hanno raccolto la sfida lanciata da padre A.
Zanotelli nel 1993 all’interno del movimento “Beati i costruttori di pace”.
L’intento della campagna era di aiutare le famiglie, qui intese come dei
soggetti micro economici, a dirigere verso valori di giustizia ed eticità i
propri consumi e i propri risparmi. Le famiglie del legnanese che aderirono
alla campagna pensarono così di costituire un piccola rete di acquisto con
l’obiettivo di amministrare, concretamente ed effettivamente secondo i
67
principi sopraddetti, il bilancio familiare in ambito alimentare. In questo
passaggio furono in particolar modo trainanti e decisive le figure di Paolo e
Barbara, da un lato, oggi ancora referenti di G.A.S.A.BI.LE. e Gianni e
Annapaola dall’altro. Nata come piccola realtà circoscritta, negli anni
l’esperienza si è ampliata e consolidata vedendo una sempre più cospicua
adesione ed un continuo sostegno da parte delle famiglie che nel tempo vi
hanno preso parte, costituendo un vero e proprio gruppo di acquisto
solidale che, ad oggi, conta più di un centinaio di nuclei.
In perfetta linea con i principi sanciti nel Documento Base dei GAS,
G.A.S.A.BI.LE. ha come obiettivo lo sviluppo di stili di vita sostenibili, sobri
e solidali, lo sviluppo e il consolidamento di un modello di criticità nel
consumo, nonché la riattivazione dei legami sociali dentro e fuori il gruppo.
Non essendoci un modello organizzativo predefinito cui ogni gruppo deve
conformarsi, G.A.S.A.BI.LE. ha compiuto la scelta della non strutturazione
e non formalizzazione in associazione con la conseguente mancanza di
ruoli, posizioni predefinite e gerarchie. La gran parte del funzionamento
del gruppo è quindi lasciato alla libertà e alla volontà di chi vi appartiene.
Libera e volontaria è anche la partecipazione alle attività indette dai
referenti, l’assunzione di compiti e responsabilità, così come la proposta di
nuovi prodotti e produttori, iniziative e incontri formativi di rilievo per le
tematiche che fanno da sfondo ad un’esperienza di tal sorta e anche la
fissazione dell’ordine del giorno delle riunioni che di norma si tengono ogni
quattro mesi. La decisione di non formalizzarsi in associazione, porta
G.A.S.A.BI.LE. ad essere aperto nei confronti di coloro che vogliano
entrarvi, ponendo come unico limite all’accoglienza la profonda
condivisione della filosofia e degli obiettivi espressi dal gruppo, non
volendo essere considerato una più comoda alternativa al supermercato.81
81 Per approfondimenti Cfr. carta dei principi di G.a.s.a.bi.le. disponibile su www.des.varese.it/gas/gas_legnano.htm
68
3.1 Visioni del GAS: significati e rappresentazioni
Che cos’è il GAS per chi ne è membro? Che significato ha appartenervi?
Piacevolmente accolti dagli intervistati, questi interrogativi hanno
rappresentato il punto di partenza per raccontare la propria personale
esperienza e il modo in cui questa è stata vissuta. Unanimi e concordi
nelle risposte fornite, per i gasisti il gruppo di acquisto solidale è
rappresentazione di diverse dimensioni: è anzitutto un luogo in cui
condividere idee e comportamenti con persone che si sentono vicine, uno
spazio di incontro e riflessione comune su tematiche di fondo quali
decrescita, consumo critico e sobrietà che generalmente non trovano
terreno fertile all’interno degli ambienti frequentati quotidianamente, primo
fra tutti quello lavorativo.
Il GAS è poi vissuto come strumento che rende possibile la
concretizzazione di uno stile di pensiero facendone uno stile di vita. In
questa accezione diviene un mezzo per poter essere più coerenti con se
stessi, con le proprie credenze e, conseguentemente, più sostenibili; un
modo attraverso cui riuscire ad esprimere un’idea di fondo molto forte
sulla vita, un dissenso a livello di consumi nei confronti della società e dei
principi su cui questa si regge. Organizzarsi al fine di utilizzare
congiuntamente il proprio potere di acquisto è infatti considerata una
decisione che naturalmente scaturisce come conseguenza del disaccordo
che si nutre nei confronti dei valori su cui si fonda il modello economico
tradizionale e dei danni collaterali che esso comporta. Ed è in questo
senso che il GAS è considerato propriamente un gesto politico e dunque
un mezzo per provocare cambiamenti. Spinto dalla necessità da me
manifestata di una maggiore chiarezza, Alessandro spiega che, come
consumatore, accordare la propria preferenza ad aziende che lavorano
secondo determinati criteri, significa per lui contribuire concretamente a
limitare lo sfruttamento umano e naturale e di conseguenza i danni
ambientali. Prendere questa decisione vuol dire fare politica perché si è in
grado di provocare dei cambianti. Naturalmente, nel caso specifico, non si
69
tratta di una politica partitica, ma queste modificazioni, sebbene siano
forse minime e ristrette, sono reali e, in quanto tali, meritano una giusta
considerazione dovendo essere evidenziati quali modi che la società civile
utilizza per affrontare e tentare di risolvere, o quantomeno limitare, i
sopraddetti problemi:
Eduardo Galeano, in un libro intitolato “Le vene aperte dell’America latina” diceva che il sottosviluppo non è una fase dello sviluppo, ma la sua conseguenza. Io credo che questo sia quello che il GAS cerca di risolvere, cioè non far pesare su altre persone o sulla natura le esigenze che hanno le persone che vivono in occidente. Alessandro, 25 anni, studente
Il GAS è quindi anche un movimento politico, perché attraverso la sua
azione cerca di spostare l’economia e la vita reale delle persone verso un
destino e un futuro diverso rispetto a quello cui porta il circuito
tradizionale.
Concorde con questa visione, Barbara sostiene che sia proprio l’idea di
non voler rinunciare a fare qualche cosa in cui si crede, che rende il GAS
uno strumento per praticare un gesto politico importante. Tuttavia, è
essenziale rimanere sul piano della realtà, ed è a questo proposito che si
sviluppa nel corso dell’intervista, una riflessione ulteriore:
Mio padre diceva sempre che dopo essere stati incendiari si diventa pompieri. Io non credo che questo gesto sia incisivo in sé […] Con questo non intendo dire che sono disillusa, ma che pur non credendo di riuscire a cambiare il mondo, ci credo molto simbolicamente, perché i gesti politici non necessariamente devono arrivare ad un risultato. Sono gesti e perciò quello che è importante è tu con essi contribuisci a creare una cultura e delle idee che poi evolvono storicamente, si acquisiscono e crescono da una generazione all’altra. Io credo molto nel GAS come mezzo per seminare un modo di pensare.
E ciò che questa azione politica innanzitutto semina è l’idea di voler
essere liberi rispetto a poteri forti e, nella dimensione del gruppo, se si
decide di contrastare una grossa multinazionale, si è in grado di trovare
delle alternative:
70
Magari non riusciremo a cambiare il mondo, ma il GAS rende possibile per me l’essere libera da una multinazionale, se non compro i suoi prodotti. Quindi, parlando di cambiamenti, innanzitutto se ne crea uno nella mia vita.Inoltre, credo moltissimo nell’insegnamento che questo modo di vivere dà ai miei figli. Barbara, 42 anni, educatrice
Il gruppo di acquisto solidale è infine descritto come una cosa bella in sé,
perché permette di creare socialità e relazioni umane profonde
caratterizzate da lealtà, sincerità e correttezza, costituendo anche un
importante insegnamento dal punto di vista educativo.
Dall’analisi delle risposte date a questo primo interrogativo, è emerso con
chiarezza che la dimensione del gruppo è percepita da chi lo vive come
fondamentale. Se, infatti, il GAS è uno strumento che permette di vivere
concretamente il principio della responsabilità, un mezzo attraverso cui
agire nella quotidianità un comportamento improntato alla sostenibilità e
alla sobrietà, è però imprescindibile, a tal fine, la dimensione del gruppo.
Cerchiamo di capirne la ragione.
3.2 Oltre il consumo critico individuale: la scelta del gruppo
Concordemente, gli intervistati ritengono che il gruppo abbia e dia un
valore aggiunto alle azioni intraprese.
La dimensione comunitaria, infatti, se da un lato permette alle singole
persone di sentirsi più forti, dall’altro consente di rinforzare anche i risultati
che questa attività si propone di ottenere, come ad esempio lo spostare
qualche percentuale di mercato:
Piccole azioni messe insieme spostano piccole percentuali di mercato e, se teniamo presente che le multinazionali e le grandi aziende sarebbero disposte a fare qualunque cosa per rubarsi un 1% di mercato, farebbero a cazzotti per avere quelle piccole percentuali spostate dalla propria parte. E allora, forse, anche le aziende, l’economia e le multinazionali iniziano ad accorgersi che è conveniente non solo quello che porta un immediato profitto, ma anche quello che lo può portare in un futuro. Alessandro, 25 anni, studente
71
Come sostiene Cristina, il gruppo forma una massa critica che permette
alle azioni compiute di avere un impatto e una visibilità superiore rispetto a
quella che potrebbe guadagnare un unico individuo, riuscendo a far
sentire la propria voce, diviene veicolo privilegiato di un messaggio che ha
maggiori possibilità di essere ascoltato.
Se il fine ultimo del GAS è la sensibilizzazione e la volontà di mostrare
come un altro modo di vivere sia possibile, è evidente che tante voci unite
avranno forza maggiore rispetto a molte voci individuali che, con fatica,
riuscirebbero a giungere all’orecchio delle persone:
Penso che sia come per la bandiera della pace: io l’ho esposta sul balcone come tanti altri, del resto, hanno fatto. Ma se si fa una marcia per la pace l’impatto che si ha è sicuramente diverso. Credo che per il GAS valga lo stesso discorso. Cristina, 46 anni, impiegata
Il gruppo, dunque, non può e non deve essere pensato come la semplice
somma dei singoli, piuttosto come una loro moltiplicazione.
Credo sia proprio in questa accezione che, sopra ogni cosa, si riesce a
cogliere il significato di quel valore aggiunto prioritariamente definito dai
gasisti in relazione al proprio gruppo, perché è nello stare insieme e
nell’agire verso uno stesso obiettivo che, incrementando visibilità e potere,
si ridefinisce il ruolo del singolo.
Riassume efficacemente i concetti trattati, a mio avviso, il pensiero
espresso da Alessandro che ritengo significativo riportare per intero:
C’è un proverbio che mi piace molto secondo cui un uomo solo che guarda un muro è un uomo da solo che guarda un muro, ma due uomini che guardano un muro è già un principio di evasione. Questo per me è verissimo e può sintetizzare quello che il gruppo è in grado di dare al singolo che, invece di sentirsi spaesato, può essere più motivato e concreto nelle cose che fa. Le esperienze, inoltre, si vanno ad accumulare e quindi si crea un bagaglio di errori già commessi, di conoscenze già apprese e di pratiche già testate che servono a tutti. Bisogna essere dei nani sulle spalle dei giganti e questa dimensione aiuta il singolo a salire su queste spalle, a raggiungere un altro livello.
Il gruppo quindi aiuta il singolo ad acquisire una forza che altrimenti non
avrebbe, portandolo, come dice Barbara, ad essere libero dai poteri forti.
72
Quest’ultima e Riccardo convengono con questa visione ritenendo che,
alla luce delle esperienze vissute, i cambiamenti, se vogliono essere reali,
devono essere pensati nella logica del “far massa” in quanto, se promossi
individualmente, presentano un elevato rischio di autoreferenzialità.
Il gruppo diviene fondamentale per contrastare questa minaccia perché dà
garanzia di confronto. Essendo un luogo in cui circolano idee diverse,
diviene occasione di riflessione su tematiche comuni, offre l’opportunità di
unire ed utilizzare efficacemente il bagaglio esperienziale di tutti i suoi
membri riuscendo, da un lato, a limitare gli errori che potrebbero essere
compiuti in ragione dell’inesperienza e, dall’altro, ad indirizzare
correttamente le motivazioni a sostegno dell’azione.
In una seconda sfaccettatura, la dimensione gruppale è fondamentale sia
per poter praticare certi tipi di acquisti sia, successivamente, per usufruire
delle consegne a domicilio. Non per ragioni di comodità, questo tipo di
consegne è scelto come strumento per limitare il proprio impatto
ambientale. In gruppo, infatti, si effettuano degli ordini molto consistenti
che consentono di richiedere al produttore una sola, unitaria consegna
della merce. Rispetto al ritiro individuale, che per altro sarebbe troppo
oneroso, si limita dunque l’utilizzo dei mezzi di trasporto, si ottimizza il
viaggio perché i camion partono pieni, si riduce il consumo di carburante e
quindi, contestualmente, l’inquinamento ambientale.
Come sottolineano Gianni e Annapaola, non bisogna dimenticare che
l’acquisto di gruppo risponde anche ad un’altra motivazione: andando ad
incidere sull’economia stessa del meccanismo di produzione e
distribuzione, si diviene veicolo di solidarietà nei confronti dei produttori.
Come singolo, infatti, se si facesse la scelta di non acquistare i prodotti al
supermercato, ma direttamente dal produttore, non si riuscirebbe ad
incidere significativamente sulla sua economia, perché il potere di
acquisto avrebbe una dimensione infinitesimale. Se, invece, si costituisce
un gruppo disposto ad acquistare direttamente dal produttore un
quantitativo consistente di beni solo se questi rispondono a ben
determinati criteri, il produttore sarà altrettanto disposto ad adeguare i
73
propri metodi produttivi alle richieste avanzate, perché la sua economia
ottiene una garanzia ed egli avrà la certezza di uno sbocco sul mercato
che gli consente di sopravvivere.
È stata questa sensibilità e questa attenzione nei confronti dei produttori
che ha permesso al GAS di essere dipinto propriamente come uno
strumento di rialzo per le piccole economie locali in difficoltà, mostrando
ed esprimendo attivamente il proprio ruolo solidale:
Come gruppo si ha un peso diverso e si possono davvero salvare certe economie in crisi. Così è stato ad esempio con il produttore di formaggi da cui acquistiamo. Producendo biologico non aveva molto mercato e stava pensando di chiudere l’attività; riforniva delle piccole botteghe, ma aveva bisogno della certezza di un certo numero di clienti per andare avanti. Noi come gruppo possiamo garantire un tot di ordini all’anno e in questo modo gli abbiamo permesso di sopravvivere potendo rimanere coerenti con il metodo biologico. Gianni, 45 anni, fisioterapista
Non bisognerebbe allora sorprendersi nello scoprire l’esistenza di un
rapporto diretto tra chi compra e chi produce, un rapporto umano, basato
sulla fiducia, il rispetto, la lealtà, la schiettezza e la solidarietà.
Dunque, cercando di tirare le fila di quanto detto, sicuramente si può
essere consumatori critici acquistando i prodotti nella grande distribuzione,
ma all’interno di quel contesto non è possibile vivere in modo così
concreto l’aspetto della solidarietà.
Come sottolinea Diego, inoltre, il limite del consumo critico consiste nella
mancanza di un contatto diretto con il produttore: nonostante si acquisti
una maggiore consapevolezza su ciò che si compra, nonostante ci sia una
maggiore trasparenza, non si ha quel rapporto che invece il gruppo
permette di coltivare.
Tuttavia non bisogna correre il rischio di considerare il consumo critico e il
GAS come delle alternative: devono essere invece visti come due
elementi che si integrano e si arricchiscono vicendevolmente.
Evidentemente, non tutti coloro che appartengono al GAS riescono ad
effettuare tutti gli acquisti di cui necessitano attraverso il gruppo
74
trovandosi, quindi, ad essere dei consumatori critici “classici” al
supermercato, ma il ruolo e il valore del gruppo rimane indiscusso:
La dimensione del gruppo è vitale per fare questo tipo di acquisti. E’ ovvio che poi per i prodotti che devo comperare al supermercato pratico delle scelte critiche, ma non mi basterebbe il consumo critico in sé, perché non andare al supermercato ha per noi un senso ben preciso all’interno del discorso di cambiamento e di contrasto ai poteri delle multinazionali. Sono quindi a mio avviso livelli diversi. Barbara, 42 anni, educatrice
La dimensione del gruppo è inoltre considerata un luogo privilegiato
perché, come ricorda Diego, permette di acquisire informazioni e
conoscenza che altrimenti non si riuscirebbe ad ottenere, costituisce un
aggancio, contribuisce alla formazione di un pensiero critico ed agisce
come facilitatore nel contatto con la realtà della sobrietà, della decrescita e
del consumo critico e responsabile, fornisce infine spunti di riflessione che
permettono una crescita sia individuale che gruppale. Sostenuto in questo
pensiero anche da Gianni e Annapaola, essi ritengono, infatti, che il
gruppo consente di approfondire certe tematiche, di sviluppare indagini sui
prodotti ei i produttori, di costruire laboratori di autoproduzione, ecc.
In ultimo, l’aspetto forse più semplice e naturale del gruppo: lo stare
insieme in un clima di fiducia, aiuto, reciprocità e collaborazione. Il GAS è
anzitutto un luogo di relazione e di socialità, che si desidera
continuamente mantenere attiva attraverso l’organizzazione di incontri,
laboratori, gite sociali domenicali dai produttori, momenti di scambio e di
convivialità.
E’ stata premura di tutti gli intervistati sfatare il pensiero che oggi sembra
si stia diffondendo in relazione ai gruppi di acquisto solidali i quali, troppo
spesso, soprattutto a livello mediatico, vengono rappresentati come
mezzo a disposizione del consumatore per poter risparmiare sulla spesa.
Sebbene, come tutti riconoscono, la possibilità di fare degli acquisti molto
consistenti da un solo produttore dia effettivamente un lieve vantaggio
economico, in quanto questi è più propenso a concedere un prezzo
scontato rispetto a quello riportato sul listino, non è certo il risparmio la
molla che fa attivare un GAS.
75
A questo proposito, Cristina ritiene che oggi imperi un’errata percezione
del GAS, che lo porta ad essere conformato ai più generici gruppi di
acquisto. Se questi ultimi, sottolinea, sono gruppi che si attivano con
l’obiettivo di aggregare il maggior numero possibile di persone per poter
così comprare grosse quantità di prodotti e avere la forza necessaria per
richiedere uno sconto al produttore, le finalità perseguite dal GAS sono
invece differenti. Il gruppo di acquisto solidale, infatti, è contraddistinto
soprattutto dalla S finale, che ne fa elemento fondato e caratterizzato dalla
solidarietà che, come si è visto, viene praticata non solo all’interno del
gruppo attraverso l’aiuto reciproco che i membri si danno vicendevolmente
sostenendosi nelle difficoltà che emergono ogni giorno dentro e fuori dal
gruppo, ma anche nei confronti dei produttori applicandosi per aiutare le
piccole economie locali.
Oltretutto, fanno notare i gasisti, i prodotti che vengono acquistati,
rispondendo a certi criteri, hanno un livello qualitativo molto alto il cui
prezzo non potrebbe reggere il confronto con quello praticato dai discount
e da qualsiasi supermercato su prodotti di livello inferiore. Certo a parità di
qualità, c’è un vantaggio, ma è così ridotto da non poter essere ragione
sufficiente per entrare nel gruppo cui invece si giunge con una
motivazione che va al di là del risparmio economico.
Obiettivo ultimo dei GAS è quindi, come dice Cristina, la sensibilizzazione
non il reclutamento. Ed è proprio in questo differente approccio al mondo
circostante che si stanzia la maggiore differenza tra un gruppo di acquisto
solidale e un gruppo di acquisto tout court. Inoltre, se i GAS fossero
interessati come questi ultimi, ad aumentare esponenzialmente il numero
dei propri partecipanti, non ne otterrebbero, in realtà, un vantaggio. A
livello organizzativo è infatti controproducente una elevata consistenza
numerica, perché si complicherebbero i meccanismi di smistamento delle
merci, si aumenterebbe la possibilità di conflitto inter gruppo, e ci sarebbe
un carico di lavoro eccessivo per il nucleo di leadership.
Mi piacerebbe, dunque, a seguito dei ragionamenti fatti, concludere
questo paragrafo riportando la definizione che Gianni dà del GAS come:
76
un piccolo sistema capillare che funziona agendo sul livello politico ed economico. Attraverso il GAS si compie una micro azione politica che vuole cambiare qualche cosa, incidendo sui meccanismi di fondo della nostra società. E il gruppo di acquisto questo obiettivo non ce l’ha.
3.3 Quando nasce e finisce un gruppo: il ruolo della leadership
Un gruppo nasce laddove esiste un nucleo di persone motivate. E’
interessante notare come tutti gli intervistati siano unanimi su questo
pensiero: per dar vita ad un gruppo è necessaria una leadership che,
come sostiene Barbara, è fondamentale tanto nella fase iniziale quanto
nel mezzo dell’esperienza. Il ruolo di leadership deve infatti essere
mantenuto costantemente all’interno del gruppo perché, se nella fase di
avvio è essenziale per la definizione degli aspetti organizzativi, in seguito,
quando è già avviato, quando si distribuiscono i compiti e le responsabilità
ed è quindi in grado di sopravvivere con una leadership meno forte,
questa è cruciale per mantenere vive le motivazioni. Rinfrescare le idee e
le motivazioni che hanno portato alla costituzione del GAS, ricordare agli
aderenti che il fare la spesa insieme non è solo un modo per non andare
al supermercato, ma che l’aspetto comunitario, come abbiamo visto, ha un
valore aggiunto, è determinante per non sciogliersi, disperdersi e
demotivarsi. Costruire e fare parte di un gruppo è, infatti, sicuramente una
gioia, ma anche una fatica, richiede uno sforzo e un continuo rimando al
piano della realtà. Se è importante non perdere l’idea su cui si è fondato e
si è sviluppato un gruppo, è però vero che questa può modificarsi e
cambiare forma con il passare del tempo. E’ essenziale, tuttavia, che sia
sempre presente, sebbene con diverse sfaccettature e caratteristiche,
perché fonte di unità e sostegno.
Io e Paolo, all’inizio, eravamo delle colonne portanti per il GAS di Legnano, organizzavamo gli incontri e tenevamo le riunioni. Ora ci siamo un po’ più messi da parte, abbiamo avuto il quarto figlio e io ho ripreso l’università. Noi siamo davvero grati a chi ci ha un po’ sostituiti in questo ruolo, prendendo le redini del gruppo.Tra l’altro, noi come GAS, ci incontriamo solo due o tre volte all’anno, ma soprattutto ultimamente, mi sono resa conto dell’importanza di quei
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momenti. Incontrarsi con chi ha con te delle affinità, condividere con altri cose che ti appassionano, permette di mantenere vive le motivazioni, rinfranca e rinfresca le ragioni iniziali e fa si che si possa andare avanti ad agire secondo certe scelte. Barbara, 42 anni educatrice
E’ dunque anche in questo senso che il gruppo rinforza il singolo, andando
ad incidere sulle sue motivazioni in modo che non si logorino, non
decadano e non si colorino di una sfumatura sbagliata. Le scelte che si
fanno, infatti, non sono sempre semplici e facilmente sostenibili
determinando, sul lungo periodo, il rischio di rifiuto. A tal proposito Cristina
esemplifica questo elemento sostenendo che uno degli aspetti che
caratterizza chi vive un gruppo di acquisto solidale sia la capacità di
adattamento e la voglia di mettersi continuamente in gioco sapendo
cambiare le proprie abitudini. Fare la spesa con il GAS, significa perdere
la possibilità, che dà invece il supermercato, di scegliere personalmente
un prodotto fra tutti quelli esposti. Da questo punto di vista gli acquisti
avvengono al buio ed è quindi possibile che talvolta non si sia
completamente soddisfatti.
Ci è capitato, ad esempio, che un formaggio arrivasse amaro o che all’interno di una cassetta di arance ce ne fosse qualcuna toccata e qualche altra marcia, ma se credi in quello che stai facendo e ti ricordi perché lo fai, sei disposto a mediare. Poi il rapporto che abbiamo coi produttori ci permette di lamentarci se qualche cosa non funziona come dovrebbe e, fino ad ora, ha dato buoni risultati. Inoltre come gruppo cerchiamo di non penalizzare nessuno e quindi in questi casi dividiamo la merce sana con chi ha avuto dei problemi. Gianni, 45 anni, fisioterapista
È attraverso queste parole che possiamo comprendere l’importanza della
motivazione, proprio in ragione del significato di cui viene caricato il gesto
dell’acquisto.
In ultima analisi, quindi, è possibile sostenere che se la motivazione
personale fa sì che un individuo arrivi al gruppo, perché poi sopravviva è
necessario un nucleo di leadership che sappia mantenerla, dedicando
tempo e fatica alla dimensione comunitaria. E come sostiene Barbara, se
si crede davvero in qualcosa che è possibile condividere con altre
persone, in un momento di sconforto è possibile appoggiarsi l’uno
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sull’altro, riuscendo insieme a ritrovare un filo conduttore che sembrava
essersi smarrito. Rimanendo nel livello individuale, invece, gli ideali
corrono il rischio di divenire dei desideri irrealizzati.
Facciamo ora un passo ulteriore: se un gruppo nasce nel momento in cui
si struttura al suo interno un ruolo di leadership, viene anche meno e si
scioglie se questa manca.
Come sostiene Gianni, è infatti importante saper essere attivi nel gruppo
essendo disposti a sostituire coloro che lo hanno fondato nel momento in
cui manifestano difficoltà nel mantenere il proprio ruolo di responsabilità,
non riuscendo più ad essere trainanti e di stimolo per gli altri membri.
Annapaola arricchisce questo pensiero ponendo una riflessione circa il
rischio di chiusura corso da quei GAS che trovano come traino non un
nucleo, per quanto piccolo possa essere, bensì un solo soggetto. In una
situazione di questo genere, se tutta la responsabilità è poggiata sulle
spalle di un singolo individuo, è più semplice che questa perda la
motivazione e la gioia di stare nel gruppo, perché ogni questione pesa
direttamente ed unicamente sulla sua persona.
Affrontando questo discorso con Riccardo, è però emerso che, in realtà,
dalla sua esperienza questo “ricambio” non sembra porre particolari
difficoltà. All’interno di G.A.S.A.BI.LE., per esempio che, come abbiamo
detto, ha volutamente una struttura non formalizzata, la libertà lasciata ai
membri sia in termini di acquisto che di partecipazione, non si è rivelata
come limitativa, essendoci forse in questo modo, paradossalmente, un
maggior numero di persone motivate disposte a sostenere il nucleo
centrale di leadership nel momento del bisogno. Essere solidali, dopotutto,
significa proprio sapersi aiutare, saper capire quando e perché nascono le
difficoltà e attivarsi per risolverle.
Essere gruppo significa essere solidali anche tra di noi. Ognuno porta le sue competenze e le sue abilità e le mette a disposizione degli altri. Alcuni hanno delle possibilità che altri non hanno sia in termini di tempo che di predisposizione caratteriale. E quindi c’è sempre qualcuno che lavora anche per gli altri, qualcuno che catalizza […] ma io vedo che ad ogni riunione c’è sempre qualcuno che si propone per sostenerlo e aiutarlo. Riccardo, 47 anni, artigiano
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Non è però solo la mancanza di un traino, la ragione che determina la
chiusura di un gruppo. Analizzando, infatti, insieme agli intervistati, quelli
che secondo la loro esperienza possono essere individuati come i “contro”
di un gruppo, è emerso che la diversità di chi vi appartiene, se da un lato
rappresenta un forte stimolo al confronto e dunque un possibile fattore di
crescita individuale e collettiva, dall’altro determina l’esistenza di posizioni
e idee differenti.
Il contro sta nel dover condividere anche la diversità, dice Barbara, che
continua sostenendo che questa, a volte, può essere difficile da gestire
anzitutto a livello comunicativo:
C’è da discutere, ci sono diverse teste in gioco che bisogna saper mettere insieme e far dialogare. Il gruppo dà sicuramente tanto, ma richiede anche tanta energia [...] Saper stare in gruppo significa portare avanti le proprie ragioni essendo anche disposti ad accettare quelle degli altri, saper arretrare e mollare la presa per evitare il conflitto.
Dunque, può essere causa di fallimento la mancanza della capacità di
mediazione che viene a determinare un eccesso di conflittualità. Evitare lo
scontro è quindi possibile solo se si è in grado di riconoscere il momento
in cui è necessario andare oltre la propria posizione, accettare la
mediazione sapendo essere malleabili e aperti. Solo così sarà possibile
stare insieme efficacemente e serenamente.
Dunque come si prendono le decisioni?
All’interno di un gruppo le scelte si prendono discutendo e confrontandosi.
Barbara dice che, fino ad oggi, non si è mai arrivati ad una decisione sulla
base di una votazione a maggioranza perché si è sempre riusciti a
giungere ad un accordo comune praticando un metodo razionale e scelte
pragmatiche. In questo senso, se non c’è unanime consenso su un
determinato produttore, per esempio, nulla vieta che se ne possano
mantenere due differenti. Ciò che sembra fondamentale per far funzionare
un gruppo è quindi, in ultima analisi, la capacità e l’intelligenza che
permette di non rendere una questione un conflitto lacerante.
Trattando la tematica del fallimento di un gruppo di acquisto, ritengo
interessante dedicare un piccolo spazio di approfondimento alle riflessioni
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sviluppate da due degli intervistati, membri di un GAS che tanto
celermente hanno visto nascere quanto svanire.
Alessandro e Diego hanno fatto parte per circa un anno di un sottogruppo
del GAS di Legnano. Da sempre frequentatori di ambienti legati al
consumo critico e agli stili di vita sostenibili, sono venuti a conoscenza di
G.A.S.A.BI.LE. per mezzo di un’amica che, una volta contattati i
responsabili, ha dato vita ad una piccola costola che, a poco a poco, ha
cercato di inserirsi nel panorama dei GAS. Tuttavia, questa non è riuscita
ad avere lunga vita. Chiedendo le ragioni che hanno portato alla fine di
questa esperienza, vengo corretta da Alessandro secondo cui il gruppo in
realtà non è finito, bensì “evaporato”. Concorde con Diego, egli mi spiega
che la ragione di questo fallimento è ricollegabile a diversi fattori: in primo
luogo i membri erano tutti molto giovani:
Avevamo 20, 22 anni e vivevamo ancora tutti in casa con i nostri genitori. Mi sono trovato io, come figlio, ad aver proposto l’esperienza del GAS, ma la spesa la faceva comunque mia mamma e magari io facevo un certo acquisto col gruppo e lei comprava la stessa cosa al supermercato perché non aveva capito che l’avrei presa io o non era sicura su quando sarebbe arrivata. Vedevo che in famiglia ero io a sentire fino in fondo questa esigenza e che i miei, pur essendo d’accordo sui principi, probabilmente non erano tanto convinti da essere disposti a cambiare le loro abitudini. Si creavano problemi a livello organizzativo, malcontenti, insoddisfazioni, sorgevano disagi legati alla mancanza di spazio e alla fine qualche cosa veniva anche buttata e a me non stava bene.
In secondo luogo è stato determinante per la chiusura del gruppo il venire
meno di due figure centrali e trainanti: Elena prima e Diego poi che per
ragioni di studio hanno dovuto trasferirsi. Ed ecco che è venuto a mancare
una leadership. Diego pensa che se avesse gestito il gruppo Alessandro,
probabilmente sarebbe andato avanti ancora per qualche tempo, ma
come abbiamo detto, forse il terreno non era abbastanza fertile.
Avevo capito che se avessi preso io le redini del gruppo, avrebbe potuto andare avanti. Per un periodo ci ho provato, ma non avevo a disposizione la macchina, per esempio, e quindi non riuscivo a consegnare tutti i prodotti a chi li aveva ordinati per tempo. Così si sono creati delle situazioni spiacevoli in cui qualcuno si lamentava perché la carne non era fresca, ecc. E ho dovuto lasciar perdere. E’ così che si è dissolto.
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Riflettendo sulla propria esperienza, entrambi pensano che probabilmente
questa sia nata troppo velocemente e sull’onda di un entusiasmo giovanile
che forse non ha permesso loro di avere un confronto realistico con le
concrete possibilità possedute. Alla luce degli errori commessi si è invece
capito che è necessario tanto entusiasmo quanto realismo se davvero si
vogliono ottenere certi effetti e, soprattutto, che non è importante cercare
di coinvolgere quanta più gente si conosca, quanto piuttosto che chi vi
partecipa lo faccia attivamente e con una motivazione profonda che
sappia andare al di là del semplice non andare al supermercato.
E’ un’esperienza che per diversi motivi non ha funzionato[…]ma non voglio colpevolizzare nessuno. Penso che la motivazione serva per darti la spinta per metterti in gioco, per essere attivo. Mentre noi siamo stati un po’ passivi […] Il GAS è bello se si sa accogliere la differenza come un’opportunità. Alessandro, 25 anni, studente
E’ stato però molto bello rendersi conto di come questo fallimento non
abbia abbattuto gli animi di questi due ex-gasisti. E, in effetti, la
percezione che ne ho avuto è che non si sentano tali. Entrambi hanno
ricevuto degli insegnamenti da questa esperienza, entrambi sentono che
molto del discorso di fondo dei GAS è rimasto loro ed entrambi hanno
intenzione di rientrare nel gruppo nel momento in cui avranno
un’occasione e una possibilità più favorevole della precedente:
Quello del GAS è un discorso che sento profondamente mio e che ho cullato in questi anni per poi riprenderlo nel momento in cui avrò una famiglia tutta mia e potrò essere davvero attivo, potrò mettermi in gioco e capire a che cosa serve davvero un frigorifero e un freezer, diventando protagonista dellamia alimentazione e partecipando in prima persona alle scelte che faremo. Alessandro, 25 anni, studente
Mi ha lasciato tanto questa esperienza e, infatti, è una questione che sento ancora aperta. Mi ha lasciato l’idea di fondo, il fatto di comprare prodotti di stagione, che vengono da vicino, possibilmente biologici, che hanno il minor impatto ambientale possibile, Il conoscere un po’ cosa sta dietro un prodotto, la sua storia.Questo mi ha lasciato il GAS e questo cerco di fare anche adesso nei miei acquisti quotidiani anche se non con il gruppo[…] E’ stato un grande insegnamento. Diego, 25 anni, studente
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3.4 La socialità all’interno del GAS
Mi rendo conto che ogni tanto ho proprio bisogno di persone che sento vicine dal punto di vista dei valori e delle idee che ho su ciò che ci circonda. Però non addito chi la pensa in modo diverso da me con cui per altro passo molte ore al giorno, non mi sento superiore. Certo ho le mie idee e non subisco quelle degli altri, ma neppure impongo le mie. Perciò il desiderio di un gruppo che magari può anche essere un po’ chiuso, se così si vuol dire, mi fa piacere.
Così Barbara, ma nella stessa linea di pensiero si inseriscono anche gli
altri gasisti da me intervistati. Dalle risposte fornite emerge con chiarezza
come le relazioni che si sviluppano all’interno del gruppo siano
espressione del desiderio di un luogo di condivisione, di uno spazio in cui
ritrovare valori, pensieri ed idee che animano e sostanziano la propria vita.
Sentendosi nella vita di tutti i giorni delle “mosche bianche”, come dice
Cristina, poter trovare una dimensione che accoglie invece di allontanare,
che sostiene invece di deprimere, vede come naturale conseguenza la
creazione di rapporti sociali profondi, sinceri e particolarmente sentiti.
Anche in questa accezione, dunque, è possibile definire il gruppo come
elemento di rinforzo per il singolo, proprio perché trascorrere del tempo
con persone che condividono uno stesso stile di vita, che comprendono e
sostengono vicendevolmente le proprie idee, contribuisce a rinfrancare
queste stesse, da un lato e, dall’altro, permette di non sentirsi minacciati
nella propria personalità nel momento in cui ci si confronta o ci si scontra
con chi ha un pensiero diverso. Nell’incontro–scontro con le altre persone,
sostiene Barbara, le relazioni che si sono sviluppate all’interno del gruppo
e il ruolo di pilastro da questo giocato, permettono di vivere serenamente
la propria diversità, perché si hanno dei luoghi in cui rinforzare e
rinfrancare gli animi, in cui coltivare e far crescere le proprie idee e le
proprie credenze, senza la possibilità di essere minate dagli attacchi
esterni.
Per quanto riguarda il rischio di chiusura, sia Cristina che Gianni e
Annapaola lo considerano minimale in quanto è la stessa modalità di
strutturazione del GAS a renderlo strumento di sviluppo e promozione di
socialità anche nei confronti dell’esterno e di tutti coloro che non vi
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appartengono. Incontri di formazione, laboratori artistici e di
autoproduzione, giornate di riflessione, iniziative legate ai temi del
consumo critico, della decrescita e della sobrietà, sono infatti aperti a
quanti desiderino prendervi parte. In questo, dunque, il gruppo è sinonimo
di apertura e di incontro, di accoglienza e accompagnamento; è guida e
sostegno e, allo stesso tempo, ascoltatore e oratore.
4.5 Essere genitori all’interno del GAS
Differentemente dai precedenti, questo argomento ha diviso gli intervistati
su due diverse posizioni.
Da un lato Cristina ritiene di avere fatto e di fare tutt’ora, come genitore,
una fatica ed uno sforzo maggiore rispetto a quanti non appartengono ad
un gruppo di acquisto solidale per il tipo di impostazione di pensiero che vi
sta alla base. Cristina ha due figli, di 8 e 13 anni ed ammette che non
sempre è facile trasmettere loro l’idea della decrescita, l’importanza del
prodotto biologico e, soprattutto, il messaggio della sobrietà che nel loro
caso si traduce nella mancanza di vestiti firmati, di giochi all’avanguardia,
di prodotti pubblicizzati e fortemente inflazionati, ecc. Soprattutto con il
figlio maggiore, ha vissuto e vive momenti di scontro e discussione e le
richieste, evidentemente provenienti dal costante confronto con compagni
e amici che hanno uno stile ed una impostazione di vita radicalmente
differente, sono a volte insistenti. Come madre, Cristina dice di aver
dovuto mediare molto spesso con le esigenze manifestate dai propri figli,
scoprendosi perdente in un difficile tiro alla fune tra le sue idee e i suoi
valori, da un lato e il desiderio e il bisogno di conformazione dei figli,
dall’altro. Dall’esperienza vissuta e dal confronto con altri genitori del GAS,
ritiene che sia molto più semplice riuscire a calmierare i conflitti,
bloccandoli sul nascere, quanto più i figli sono piccoli. Nonostante si cerchi
di seminare un determinato stile di pensiero, mano a mano che i figli
crescono, infatti, i momenti e le occasioni di confronto con i coetanei
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estranei al GAS aumentano esponenzialmente determinando maggiori
possibilità di sviluppare un senso di distanza e di differenza nei confronti
della massa, che spesso non riesce ad essere vissuto serenamente
soprattutto da parte di un adolescente in fase di ribellione. Cristina crede,
inoltre, che i figli piccoli siano anche più facilmente coinvolgibili nei
momenti di incontro e di socialità proposti dai gruppi, mentre invece i più
grandi faticano ad accogliere con entusiasmo un laboratorio manuale
piuttosto che una gita sociale dal produttore.
Più un figlio è grande più aumentano le pressioni da parete dei coetanei e il desiderio di conformarsi. Il problema è che si ha a che fare con un mondo retto da valori deprimenti e profondamente diversi rispetto a quelli che noi cerchiamo di passare loro […] Non ho mai avuto un ripensamento sull’appartenenza al GAS, però certo io credo di aver avuto più difficoltà a livello educativo rispetto ad un genitore che concede tutto senza porsi degli interrogativi.
Non sembra concorde con questa visione in primo luogo Barbara, madre
di quattro figli, secondo la quale l’appartenenza al gruppo di acquisto e la
condivisione di uno stile di vita sobrio e sostenibile, non fa del ruolo
genitoriale un compito più duro. Certamente, spiega, appartenere al GAS
influisce sul modello educativo che viene proposto ai propri figli: attraverso
questa esperienza, infatti, hanno la possibilità di apprendere uno stile di
socializzazione e di vita più corretto e maggiormente improntato all’eticità
rispetto a quello con cui si confrontano quotidianamente e con cui
plausibilmente si scontreranno. Tuttavia non per queste ragioni si
determinano più scontri o conflitti, perché:
Io credo che come è possibile che in mia figlia nasca un interrogativo in relazione ai vestiti firmati o alle merendine che mangiano gli altri bambini, così è possibile che anche negli altri bambini possono nascere degli interrogativi sugli abiti non firmati e sulle merendine biologiche di mia figlia […] Credo che tutti i genitori debbano fare delle scelte e, se da un alto, è sicuramente vero che non tutti sono portati a motivarle come noi perché siamo una minoranza, dall’altro se i nostri figli ci chiedono una spiegazione, noi gliela diamo senza particolari problemi perché ci crediamo fino in fondo ed è così naturale per noi che non è difficile. Se non facessi queste scelte, in fondo, dovrei farne delle altre e motivarne delle altre.
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L’unico rischio ravvisato da Barbara consiste piuttosto nella possibilità che
i propri figli sviluppino un’eccessiva rigidità e criticità nei confronti di chi
agisce secondo valori e criteri diversi da quelli da loro appresi. Spiegando
a dei bambini concetti molto complessi come quelli che fanno da sfondo
alle scelte di vita di un consumatore critico e responsabile, è onnipresente
il rischio di praticare un’ipersemplificazione della realtà che può
determinarne una troppo ristretta visione bipolare di essa:
Il rischio è che si semplifichi troppo tagliando dei passaggi importanti che potrebbero portarli ad avere idee radicali nei confronti di chi non vive come loro. Se, ad esempio, spieghiamo ai nostri figli che non compriamo quel tal marchio perché l’azienda che lo produce fa lavorare i bambini, loro automaticamente potrebbero pensare che chi invece lo compra è cattivo. E’ importante spiegare che non è un passaggio automatico e che il gesto di non comprare un certo prodotto è un gesto simbolico e che, quindi, comprarlo non significa determinare direttamente e automaticamente l’effetto negativo. Ovviamente non possono capire tutta la complessità delle questioni che fanno da sfondo al nostro comportamento, ma credo che basti placarli e spiegare loro con tranquillità e schiettezza tutte le cose come stanno.
Concordi con questa visione sono anche Gianni e Annapaola. Genitori di
due figli in età adolescenziale, pensano che per limitare gli scontri sia
necessario essere chiari e sinceri sin dall’inizio, sin da quando i bambini
sono piccoli e iniziano a porgere i primi interrogativi sul loro stile di vita
peculiare e differente rispetto a quello della massa:
Noi non abbiamo avuto problemi particolari, perché i nostri figli hanno respirato quest’aria sin da piccoli, sono cresciuti in questo ambiente e fino ad ora ne hanno condiviso i principi, ma proprio perché ne abbiamo discusso insieme e insieme abbiamo riflettuto su certi acquisti, certi consumi, certi comportamenti, ecc. e loro hanno anche sviluppato un certo orgoglio nell’essere diversi e se vengono presi in giro perché mangiano la barretta equo come merenda, sanno essere ironici.
Come genitori però, sia Barbara e Paolo che Gianni e Annapaola,
ritengono importante non imporre con eccessiva categoricità e
intransigenza le proprie scelte di vita ai loro figli. Sebbene si cerchi di
seminare un’idea e un valore, è giusto saper ascoltare le loro esigenze e
saper accogliere dei desideri che talvolta possono non collimare con i
principi in cui credono.
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Ci siamo accorti che Anna aveva paura a chiedere qualcosa che voleva. E questo è molto grave. E’ giusto che loro abbiano dei desideri e anche che siano diversi dai nostri; è giusto che sappiano chiedere e da parte nostra è anche giusto che qualcosa sia concesso. Certo in relazione ad un discorso di realtà e di possibilità […] Quindi non è più solo -questo sì e questo no, ma anche in relazione all’età diventa -per noi questo no e quest’altro sì. Perché per te si? Barbara, 42 anni, educatrice
Noi non siamo oltranzisti. Quella volta che andiamo in pizzeria, se la vogliono, possiamo prendere la coca cola, ma poi certo a casa non abbiamo bibite. Quello che è importante è che i nostri figli abbiano appreso certi principi in cui crediamo e quello che sta sotto un nostro no. Annapaola, 44 anni educatrice
Ma, come evidenziano Riccardo e la moglie Luciana, talvolta i frutti del
proprio lavoro non tardano a rendersi visibili, essendo gli stessi figli a loro
volta portatori del messaggio della sobrietà, magari rivisitato ed adattato
alla propria età, ma che dimostra come essi abbiano appreso e condiviso
lo stile di vita e di pensiero che fa da sfondo all’esperienza del GAS.
Una volta Stefano è andato a comperare un paio di scarpe con la nonna e quando al proprietaria del negozio gliene ha mostrato un paio della Nike, lui ha detto che non le voleva! Questo per noi è stato molto significativo, soprattutto se si tiene presente che cosa significa per un ragazzo avere le scarpe come quelle degli amici. Luciana, 42 anni, maestra
3.6 Il futuro dei gruppi di acquisto solidali: ipotesi e riflessioni
Alessandro vede il futuro dei gruppi di acquisto strettamente legato al
futuro della società civile che, gradualmente, sta prendendo coscienza
dell’importanza di temi come la sobrietà e la decrescita, che sta divenendo
sensibile ad uno stile di vita più sostenibile in conseguenza all’aumento
delle problematiche evidenziate soprattutto a livello ambientale ed
energetico. Egli ritiene che il fatto che le persone, oggi, siano mediamente
più istruite ed informate sia positivamente correlato ad una maggiore
attenzione nei confronti di stili di consumo più consapevoli e responsabili.
Questa consapevolezza porterà parallelamente gli uomini a ricercare delle
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modalità di vita più compatibili con le esigenze manifestate dal nostro
pianeta e, tra di esse, un’alternativa è sicuramente costituita dai GAS.
Secondo Riccardo costituisce testimonianza di quanto detto i successi
avuti da alcune iniziative promozionali di uno stile di vita e di consumo più
consapevole e responsabile come ad esempio “Fa la cosa giusta”.
Dello stesso avviso è anche Gianni il quale, infatti, ritiene che non può
essere considerato casuale il fatto che oggi stiano prendendo piede ed
attecchendo i discorsi legati al localismo o che la produzione biologica in
agricoltura abbia avuto un incremento sostanziale nel corso dell’ultimo
decennio.
Alessandro, a questo proposito, sviluppa una riflessione in merito alla
spinta che, paradossalmente, la ricerca della globalizzazione ha dato alla
dimensione locale:
Secondo me la società, grazie alla globalizzazione, sente l’esigenza di conservare la propria identità, piuttosto che di perderla. Si diffonde una mentalità del localismo, che non vuol dire escludere gli altri, ma tifare per ciò che ti sta vicino perché ti dà identità e, paradossalmente, è proprio la globalizzazione a sottolinearlo[…]La globalizzazione farà sentire l’esigenza alle persone comuni di agire attivamente proprio per le conseguenze che essa stessa crea. Dato che chi oggi sta bene, sta sempre meglio su questo pianeta e che quindi avrà bisogno di mangiare, certo per il suo sostentamento, ma non perché è in una condizione di vita o di morte, potrà perdere e prendere tempo da dedicare all’attenzione alla qualità dei prodotti che mangia.I GAS, quindi, per me, innanzitutto hanno un futuro e poi avranno sempre più importanza perché la gente comincerà ad organizzarsi.
E in questo sviluppo, egli ritiene che un ruolo fondamentale sia stato
svolto anche dalla tecnologia. Internet, infatti, ha permesso e permette di
conoscere meglio non solo ciò che sta lontano, ma anche ciò che ci è
vicino, a volte talmente vicino da non essere neppure visto.
Più pessimista sul futuro dei GAS è invece Diego, che però affronta la
questione da una prospettiva differente ritenendo difficoltoso uno sviluppo
sostanziale dei gruppi di acquisto all’interno della società civile, perché
questi mancano di un canale di trasmissione e di promozione vero e
proprio che sia in grado di garantirne una diffusione capillare anche
all’infuori di ambienti già “orientati” come, ad esempio, quelli del consumo
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critico. Diego parte dal presupposto che obiettivo dei gruppi è la
sensibilizzazione delle persone sui temi che fanno da sfondo a questa
esperienza, volendo mostrare come sia concretamente possibile condurre
una vita felice e serena in modo responsabile. L’interrogativo sorge in
relazione ai modi che vengono utilizzati per acquistare una cospicua
visibilità.
Come diceva Alessandro e come sosteneva anche Cristina, il gruppo non
fa evangelizzazione e quindi non utilizza canali di diffusione rispondenti a
meccanismi pubblicitari, quanto più, invece, è attraverso il passaparola
che viene portata e diffusa conoscenza ed esperienza. A questo
proposito, il dubbio che personalmente mi sono sentita di condividere con
Diego è relativo al rischio di rimanere circoscritti all’interno di una cerchia
ristretta di individui che condividono certi valori o si mostrano più sensibili
verso certe tematiche. Essendo il singolo soggetto a passare parola, egli
pratica, in questo momento di decisione rispetto a chi informare, una
scrematura guidata dall’idea che si ha rispetto all’ascoltatore:
forse il rischio è che la gente che aderirà al GAS sia sempre la stessa: gente già impegnata socialmente, che risponde ad un certo orientamento politico, che è già inserita nel circuito del commercio equo, ecc. Diego, 25 anni, studente
Egli si chiede allora come poter uscire da questo circuito, come scampare
questo pericolo, anche se, tuttavia, si rischierebbe di incrementare tutta
un'altra serie di problematiche relative all’adesione al gruppo di persone
che non sono effettivamente motivate.
Personalmente ho ritenuto di aiuto nella ricerca di una chiarificazione e di
una via d’uscita da questo interrogativo, la riflessione posta da Riccardo:
egli ritiene che, in realtà, la sensibilizzazione non passa attraverso il
passaparola, ma attraverso il portare la propria esperienza a chi ci
circonda senza avere il desiderio e l’obiettivo di convincere le persone a
vivere secondo gli stessi principi e ad entrare in un gruppo di acquisto
solidale. Esattamente come nel rapporto con i propri figli, il fine è
seminare, non convincerli a partecipare al GAS, perché questo passo, in
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ultimo, si trova solo alla fine di un percorso che comincia molto prima a
livello individuale e personale, una strada che si inizia a tracciare in sé
stessi attraverso profonde riflessioni:
Io non dico alla gente di entrare nel GAS. Io porto la mia testimonianza dicendo che noi in famiglia compriamo certe cose e non altre, che facciamo certe scelte, ecc. Il mio obiettivo è di stimolare la gente a pensare a quello che fa, a riflettere sui problemi che ci circondano. Ma non agisco come un venditore: non voglio vendere il GAS, perché entrarci vuol dire avere già fatto un percorso e volerlo condividere con altri.
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Conclusioni
1. Aperture sul futuro: valenze e potenzialità dei gruppi di acquisto solidali.
Abbiamo cercato in questo lavoro di avvicinarci alla realtà dei gruppi di
acquisto solidali dapprima, nei capitoli iniziali, da un punto di vista
meramente teorico e, successivamente, da una prospettiva più pratica, più
vicina ai suoi stessi componenti. Alla luce di quanto appreso, mi
piacerebbe, come conclusione di questo elaborato sviluppare alcune
riflessioni personali, provare a tradurre in parole un pensiero che è sorto in
me all’inizio della mia ricerca e che ora, immagino possa essere delineato
con maggior chiarezza.
Mi sono più volte chiesta che cosa significa, a conti fatti, appartenere ad
un gruppo connotato dalle particolari caratteristiche che abbiamo descritto.
In altri termini l’interrogativo cui ora vorrei dare risposta è inerente alla
effettiva portata di un GAS, al ruolo da esso giocato all’interno della
società, agli obiettivi che si prefigge di ottenere e ai risultati che è in grado
di produrre.
Abbiamo detto che, sebbene le ragioni che spingono una persona o una
famiglia a prendere parte ad un’esperienza di tal sorta possano essere
anche molto diverse, alla base si ritrova sempre una critica profonda nei
confronti del modello economico imperante nella nostra società. E’ allora il
caso di domandarsi che cosa si vuole ottenere. Non vi è ombra di dubbio
che ciò verso cui ci si dirige è un cambiamento, ma che genere di
cambiamento? E in che termini?
Appartenere ad un GAS significa mettersi nella prospettiva di agire,
significa dare senso e valore ai gesti quotidiani, a ciò che spesso viene ad
essere considerato meccanico e privo di un risvolto significativo.
Appartenere ad un GAS significa partire dal proprio piccolo per cercare di
ottenere una modificazione strutturale della società, significa agire per
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raggiungere un obiettivo che altro non è se non, come diceva Barbara, la
volontà di acquisire libertà dai poteri forti facendo la spesa all’infuori del
circuito e del controllo delle multinazionali. Presentato in questi termini, il
fine che ci si pone può sembrare utopistico ed in realtà questa è forse la
perplessità maggiore che si percepisce e si avverte nei riguardi delle
iniziative di consumo critico. Pensare di poter agire ed ottenere un
cambiamento, infatti, appare oggi un obiettivo troppo grande soprattutto se
ci si confronta con le imprese produttrici che sembra abbiano il coltello
dalla parte del manico. Di fronte a tanta grandezza ed imponenza, ci si
sente troppo piccoli, soli e impotenti e questo viene assunto come
elemento giustificatore della passività e dell’inattività. Ma la situazione di
stallo che si viene così a determinare, sebbene comprensibile, non è di
per sé giustificabile perché, in realtà, si tratta di cambiare prospettiva e
saper modificare il proprio punto di vista. Se, da un lato, il prendere
coscienza del potere del consumatore è il punto di partenza per ragionare
in termini critici e responsabili, dall’altro, costituisce anche il punto di arrivo
di un cammino non certo lineare. Incominciare a rendersi conto del fatto
che la nostra società è strutturata in modo tale da poter guidare i nostri
comportamenti pur dandoci la percezione di essere autonomi è, infatti, un
passo molto importante, ma anche di non semplice attuazione; è un atto
che si è in grado di compiere solo nel momento in cui si ha,
parallelamente, la capacità di mettersi in discussione, di porsi degli
interrogativi, di ricercare delle informazioni più vere, più sincere e non
filtrate. D’altra parte, però, questo richiede uno sforzo, una fatica che si
concretizza nella disponibilità ad attivarsi, a porsi in prima linea. La
questione centrale, a mio avviso, risiede proprio nel fatto che spesso si
preferisce non farsi domande, perché in tal caso non bisogna neppure
cercare delle risposte che certo non vengono da sé, ma necessitano di
essere trovate e scovate. Detto altrimenti, non richiede impegno. Ritengo
che noi, figli di questa società, frequentemente siamo troppi pigri per
compiere degli sforzi, siamo troppo abituati a vivere in un mondo in cui
tutto è dato, in cui basta chiedere affinché ci sia concesso, in cui tutto ciò
92
di cui potremmo avere bisogno si presenta ordinatamente disposto sul
bancone di un qualsiasi supermercato, al punto che l’unica domanda che
ci potremmo porre sarebbe: perché dover rinunciare a tutto questo?
Conviene faticare per dirigersi verso sentieri sconosciuti? Per cercare di
aprire delle porte ben chiuse? E allora, se tutto viene rimandato alla
convenienza, alla ricerca della scelta più economica, proprio come al
supermercato, basta fare un semplice calcolo per decidere che è meglio
rimanere assopiti nella tranquillità conosciuta e ampiamente testata che
porta a non porsi domande, non ricercare risposte, non compiere fatica,
non crearsi ulteriori problemi e, dunque, conseguentemente, avere
maggiori comodità. Ed è così che la soluzione sembra servita su un piatto
d’argento. Sarebbe interessante chiedersi chi ce la serve.
Chi questa fase di apparente comodità ha deciso di superarla, chi questi
interrogativi ha deciso di porseli, sta davvero cercando di cambiare le
regole su cui si gioca il nostro vivere quotidiano a partire dalla
riappropriazione della propria personalità e, in questi termini, l’obiettivo
non sembra più così lontano ed utopistico, ma tanto reale quanto i risultati
che si riescono ad ottenere. Sicuramente bisognerà faticare e non si
riceveranno ringraziamenti da parte dei vertici con cui, invece,
plausibilmente, ci si scontrerà, ma se così è significa, in ultima analisi, che
qualcosa comincia a muoversi, che qualcosa vacilla, che anche il Golia
imperiale82 inizia ad avvertire timore. Sembra strano pensare al mercato in
questi termini, ma ritengo che il punto nodale della questione sia che, se ci
si vede e ci si sente troppo piccoli di fronte ad esso e si pensa che il
coltello dalla parte del manico sia tenuto da altri diversi da noi,
probabilmente la ragione risiede nel fatto che siamo stati noi stessi a
porgerglielo. Si tratta allora, ancora una volta, di prenderne coscienza e
cercare di riconquistare le posizioni perdute.
A livello pratico, una possibilità consiste nell’entrare a far parte di un
gruppo di acquisto solidale potendo in tal modo ottenere un impatto
82 Secondo una definizione del mercato data da padre Zanotelli nella lettera di presentazione del testo “Lettera ad un consumatore del Nord” redatta nel 1996 dal Centro Nuovo modello di sviluppo.
93
rilevante sul corso economico e politico del sistema. Decidere di
comperare un certo tipo di prodotto piuttosto che un altro, infatti, significa
far perdere sul mercato dei punti percentuali ad un’azienda detentrice di
un certo marchio. Può forse sembrare irrilevante ai nostri occhi, ma, come
ricordava Alessandro, anche determinare una perdita del 2% sul fatturato,
significa mettere in crisi l’economia e il ciclo produttivo di un’azienda che
sarà costretta a porsi degli interrogativi. Ed è a questo punto che i
consumatori saranno in grado di rispondervi e di spiegare il motivo delle
scelte fatte: se l’azienda in questione vorrà recuperare quanto perso,
dovrà scendere a patti col consumatore. Le leggi su cui si basa la nostra
economia, infatti, ci dicono che il funzionamento del mercato si fonda sul
meccanismo della domanda e dell’offerta e, dal momento che un’azienda
produce ciò che il consumatore richiede, se questi necessita di prodotti
biologici, non contaminati da pesticidi, nella cui catena produttiva non sia
avvenuto sfruttamento dei lavoratori, essa dovrà essere in grado di
rispondere adeguatamente a tali esigenze per poter rimanere in vetta alle
classifiche economiche e battere la concorrenza. E in realtà,
confrontandoci coi dati dell’esperienza, ci viene mostrato che il
boicottaggio di certi prodotti e marchi è riuscito a produrre dei buoni
risultati dimostrando così il suo potenziale, obbligando certe multinazionali
ad adeguare i propri standard produttivi alle domande del pubblico di
acquisto.83 Se si vuole combattere la logica del mercato, dunque, bisogna
saper usare intelligentemente le sue stesse armi.
Nello specifico dei gruppi di acquisto solidali, questi hanno la volontà di
prediligere i piccoli produttori locali e, in tal senso, hanno rivestito e
rivestono tutt’ora un importante ruolo sull’andamento economico e sulla
sopravvivenza di alcune piccole aziende che, non riuscendo a competere
con le richieste del mercato globalizzato, ne sono state escluse pur 83 Si veda, a solo titolo esemplificativo, i risultati ottenuti dalla campagna intrapresa dal Centro nuovo modello di sviluppo, Coop Italia e Alex Zanotelli, nel 1999, contro la multinazionale Del Monte al fine di rivendicare il miglioramento delle condizioni cui erano sottoposti i lavoratori delle piantagioni di ananas di Thika, in Kenya, il riconoscimento e il rispetto dei loro diritti umani e la cessazione dell’utilizzo di pesticidi pericolosi per gli stessi. Per approfondimenti Gesualdi F., Mutunga W., Ouma S., Consumatori del Nord lavoratori del Sud: il successo di una campagna della società civile contro la Del Monte in Kenya, ed. EMI.
94
avendo prodotti di qualità. E’ in questo genere di azioni che si dimostra la
solidarietà caratteristica dei GAS e la loro capacità di produrre
cambiamenti.
Col passare degli anni, con il radicamento dell’esperienza, il potenziale e
le prospettive cui possono aprire i gruppi di acquisto solidali si sono fatte
sempre più sentire ed ora sono loro stessi ad essere contattati da parte
dei produttori perché questi hanno capito che cosa significa essere inseriti
nel circuito dei GAS: hanno capito che la sincerità, la trasparenza e la
schiettezza pagano, che è attraverso la creazione di rapporti fondati sulla
fiducia che si ha la possibilità di rimanere a galla in una situazione di
mercato instabile e che produrre biologico e di qualità conviene ad
entrambi perché dalla soddisfazione dell’uno, deriva la sopravvivenza
dell’altro; hanno capito, in ultima analisi, che le loro sorti sono
interconnesse e che è lavorando sul rapporto diretto e non mediato che è
possibile creare un mercato diverso, più giusto ed efficiente perché
attraverso il contatto si possono dare e ricevere tutte le informazioni e le
garanzie inerenti il processo produttivo. Il GAS, dunque, è una forma di
consumo consapevole che intende superare la mentalità del consumismo
attraverso l’applicazione di principi solidali in campo economico,
riportando il mercato ad un rapporto diretto tra produttori e consumatori,
creando circuiti che possono dare rifugio e nuove possibilità di sbocco a
chi si trova espulso dalle regole della concorrenza in un sistema
economico totalmente anonimo. L’obiettivo ultimo è quindi forgiare un
consumatore critico, refrattario alle pubblicità e alle pressioni mediatiche e
che, attraverso canali non convenzionali, acquista prodotti etici altrimenti
emarginati.
Non bisogna inoltre dimenticare che l’accesso ad un GAS determina un
ulteriore risvolto pratico non indifferente: permettendo un acquisto
collettivo e consistente delle merci ed evitando l’intermediazione della
catena di distribuzione, si concede un vantaggio economico sia al
produttore che al consumatore potendo rendere accessibili prodotti
95
biologici, tradizionalmente riservati ad una ristretta nicchia di privilegiati,
anche alle famiglie a basso reddito.
Possiamo a questo punto capire come il ruolo giocato dai gruppi di
acquisto all’interno della nostra società abbia una duplice valenza:
economica e politica. Da un lato, infatti, si va ad incidere sul corso
economico delle multinazionali prediligendo i piccoli produttori locali, si
riapre il circuito di aziende in crisi, si dà accesso paritario e pieno ai
prodotti biologici e di qualità indipendentemente dal reddito. Dall’altro lato
questi comportamenti sono tutti espressione di una filosofia di fondo e di
un pensiero politico che vede la solidarietà come cardine e riferimento
primario e che necessariamente costringe i vertici ad un ripensamento o,
per lo meno, ad una mediazione che in origine non era immaginabile.
In un periodo di profonda crisi economica per la nostra società, la
proposta di consumo alternativo portata dai GAS ha contribuito, per un
verso, a riaccendere la discussione sui fallimenti di un certo modello
capitalista che vede il mercato come il solo strumento in grado di garantire
benessere e sviluppo, per l’altro, a far luce sui diversi tentativi praticati
dalla società civile di trovare delle strade alternative alla logica del profitto
che, in realtà, ha reso possibile la distribuzione iniqua delle risorse,
l’aumento della povertà e dell’esclusione dai diritti fondamentali di intere
popolazioni, il deterioramento dello stato sociale e della protezione del
lavoro, l’instabilità dell’equilibrio ambientale, ecc.
All’interno della galassia dell’economia solidale, i GAS si propongono
quindi come soggetti che intendono sottrarre degli spazi al mercato
tradizionale per riconvertirli in luoghi di produzione alternativa. Se, tuttavia,
alla luce del livello di diffusione ed evoluzione del mercato fondato sul
modello capitalista, non è facile e forse neppure verosimile pensare ad
una diffusione generalizzata di questa iniziativa in modo che sia in grado
di soppiantare il modello vigente, rimane indiscutibile la sua espansione e
la sua forte valenza simbolica ed educativa verso la costruzione di una
società fondata sui rapporti umani, sull’incontro, la convivialità, l’etica, la
96
solidarietà, la cooperazione e la condivisione al posto della concorrenza e
dell’accumulo, al fine di garantire una più alta qualità della vita.
2. Qualche esempio dei risultati ottenuti
Lo scorso aprile, il programma televisivo Report84, nella rubrica dedicata
alle buone notizie, ha descritto il mondo dei gruppi di acquisto solidali
sottolineandone il ruolo e la valenza come concrete possibilità di recupero
e valorizzazione delle piccole economie locali. Gli autori hanno portato
due esempi concreti in cui i GAS hanno permesso il rialzo in termini
economici di aziende sull’orlo del fallimento perché non in grado di
competere sul mercato globale con le leggi della concorrenza.
Il caseificio fratelli Tomasoni del bregamasco, uno dei più piccoli
appartenenti al Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano, è
un’azienda a conduzione familiare che dal 1815 produce grana, ricotta e
robiola. I Tomasoni producono i propri formaggi, certificati da ICEA85,
trasformando esclusivamente latte da agricoltura biologica proveniente da
stalle della pianura lombarda. Il responsabile del caseificio ammette che il
passaggio dal convenzionale al biologico non è stato semplice ma che,
nonostante un’iniziale riserva, motivata dal timore che poche persone
fossero interessate all’acquisto di tali prodotti, ora è pienamente
soddisfatto della scelta compiuta e con gratitudine guarda a coloro che si
sono adoperati affinché si trovasse il coraggio di prendere parte a questa
scommessa, vista come un passo naturale e doveroso per un’azienda di
tal sorta ed afferma:
E quando viene qui la gente e ti dice “Ho mangiato la tua robiola, mi sembrava di tornare a cinquant’anni fa quando c’era tuo papà che faceva la robiola” è una soddisfazione!
A tal proposito, sul sito internet del caseificio si legge:
84 www.report.rai.it. 85 Istituto per la certificazione etica e ambientale www.icea.info.
97
Quella che sembrava una scommessa fin troppo azzardata, specialmente per un prodotto già affermato come il grana padano, ci ha invece portato a convertirci totalmente al biologico e a promuoverne i principi che abbracciano tutto il benessere del’uomo e dell’ambiente che lo circonda. Non si tratta, infatti, solo di prodotti agro alimentari o di mero interesse commerciale, con il biologico si evidenzia un’attitudine a comprendere nuovi settori ed attività economiche, dimostrando concretamente la possibilità di uno sviluppo eco- sostenibile, attento alla conservazione delle risorse. Un progetto che da colturale diventa culturale, fino a dimostrare che un nuovo stile di vita è possibile. Uno stile rispettoso dell’ambiente, della conservazione delle biodiversità locali, delle risorse naturali, oltre che interessato alla qualità della vista. Il biologico risponde positivamente alla domanda dei consumatori di disporre di alimenti e prodotti sicuri, rispettosi della salute dell’ambiente dell’uomo, favorendo la ricostruzione di una relazione diretta fra chi consuma e chi produce. 86
Prima di conoscere i GAS il caseificio vendeva il proprio formaggio ad un
commerciante della zona: “Poi l’anno scorso, di punto in bianco, ci ha
detto che era pieno di formaggio e che non avrebbe più comprato da noi”.
E’ stato grazie al contatto con i gruppi di acquisto solidali e al passaparola
come strumento di diffusione, che la piccola impresa ha potuto continuare
la propria attività trovando numerosi acquirenti che tutt’ora se ne servono.
Possiamo dire che oggi i GAS sono tra i nostri principali acquirenti, con loro abbiamo instaurato un rapporto basato sulla condivisione dell’idea che il filo diretto tra chi produce e chi consuma sia vantaggioso e stimolante.87
Un rapporto che secondo i fratelli Tomasoni necessita di essere
recuperato e valorizzato in un’epoca in cui sempre più spesso ci si vede
obbligati ad acquisti frettolosi e scarsamente ponderati in riferimento a
provenienza e trattamenti praticati sui prodotti che frequentemente
mancano di una reale qualità.
Ecco quindi che rinnoviamo da sempre l’invito di venirci a trovare per visitare il caseificio e la produzione con la piacevole opportunità di poter assaggiare i nostri prodotti senza impegno alcuno. Sarà anche l’occasione per conoscerci, scambiarci idee e eventualmente accordarci sulle modalità dei vostri acquisti comuni. 88
86 Cfr. www.caseificiotomasoni.it.87 Ibidem.88 Ibidem.
98
Il secondo esempio riguarda IrisBio, una cooperativa agricola nata a
Corteregona di Calvatone in provincia di Cremona nel 1978 quando un
piccolo gruppo di ragazzi e ragazze di diversa formazione professionale
decisero di fondare un’esperienza lavorativa cooperativa in agricoltura
senza l’utilizzo di diserbanti, concimi chimici e pesticidi. Traendo
ispirazione da Ivo Totti, precursore e pioniere dell’agricoltura biologica in
Italia, IrisBio si occupa di coltivazioni orticole e cerealicole con l’intento di
promuovere e diffondere le metodologie e le tecniche del biologico e, da
sempre, si è indirizzata verso la vendita diretta dei propri prodotti e
trasformati al consumatore.
Nel maggio del 2005, la cooperativa ha acquisito il Pastifico Nosari con
sede a Piadena, con cui collaborava da diversi anni, in procinto del
fallimento con l’obiettivo di renderla, nel corso di tre anni, la prima fabbrica
europea totalmente biologica potendo così garantire al consumatore il
controllo diretto dell’intera filiera produttiva della pasta biologica di qualità
accertata dalla semina al momento della vendita. Anche in questo caso è
stato il contatto con i GAS, interessati ad acquistare pasta e riso biologici,
a salvare l’azienda dal tracollo. Maurizio Gritta, presidente di IrisBio
conferma, infatti, che i gruppi di acquisto hanno contribuito a non far
chiudere il pastificio e a mantenere attivi almeno 30 posti di lavoro.
“Adesso abbiamo un futuro. Prima potevamo scordarci di arrivare a Natale
e prendere il panettone” dice il responsabile di produzione del pastificio e
un operaio lo supporta affermando: “Ci hanno dato la possibilità di
guardare avanti insomma. E non è certo cosa da poco”. E’ inoltre lo stesso
Gritta a sostenere che i GAS siano un punto di forza molto importante dal
punto di vista economico e culturale per lo sviluppo del progetto della
cooperativa agricola e il suo riferimento per il mercato italiano. Tale
rilevanza è testimoniata dalla presenza di una pagina dedicata ai gruppi di
acquisto solidali sul sito internet di IrisBio in cui si legge:
La cooperativa agricola è aperta alle visite dei consumatori soprattutto nell’azienda agricola, dove si può vedere l’operato e le tecniche di coltivazione biologica sviluppati in tanti anni e come il reddito prodotto anche nel rapporto con i GAS venga investito per migliorare le condizioni di lavoro,
99
l’ambiente e la qualità dei terreni coltivati. In una visita, un consumatore del GAS ha avuto modo di dire: “ Queste siepi mi sento di averle piantate un po’ anch’io”. Pensiamo anche noi che sia proprio così, perché quando ognuno di noi decide di acquistare un prodotto decide anche che sviluppo dare a quel territorio. L’importante è che il consumatore possa sempre verificare e vedere attraverso le visite dirette se questo avviene veramente. 89
Un ulteriore esempio della potenzialità dei GAS, mi è derivato dalla
partecipazione al quinto forum dei gruppi di acquisto solidali della
provincia di Varese, una giornata di promozione del consumo consapevole
e sostenibile. Scopo di “Buono & Giusto” era, da un lato, presentare e
diffondere la realtà dei gruppi di acquisto solidali tra coloro che fossero
interessati a parteciparvi o tra chi ancora non li conoscesse, dall’altro, per i
veterani, creare un momento di riflessione e di discussione comune sulla
possibilità di estendere l’ambito degli acquisti InterGas al tessile e alla
libera informazione. La giornata prevedeva anche l’incontro con produttori
biologici e solidali della Sicilia.
Roberto Li Calzi è un produttore di arance biologiche, è stato segnalato da
parte di alcuni GAS siculi che se ne servono e ha avuto modo di illustrare
come la sua possibilità di rimanere sul mercato sia stata determinata
dall’incontro con i gruppi di acquisto. Il signor Li Calzi ha spiegato,
innanzitutto, che il biologico non ha molto mercato in Sicilia:
Sono stato molte notti in piedi per portare i prodotti al mercato e là mi dicevano: “Sono biologiche? Vabbè, niente ci fa!”, biologico era quasi una mala parola.
Roberto è stato uno dei primi agricoltori del sud Italia ad ottenere la
certificazione e forse anche uno dei primi che dopo breve l’ha rifiutata:
Troppi imbrogli, troppe aziende che ieri tiravano fuori TIR di ortaggi chimici e il giorno dopo sono certificate, troppe carte, troppa burocrazia buona per le grandi aziende ma strangolante per le piccole.
Per anni il principale fornitore di ortaggi freschi dei pochi negozi di
biologico nella Sicilia orientale, è stato espulso da un mercato che, a sua
detta, non fa altro che svilire e penalizzare i produttori e da commercianti e
89 Cfr. www.irisbio.com.
100
cooperative “Che per mala fede, ingordigia o inefficienza, hanno finito per
affossarci”.
E’ proprio dall’incontro con i GAS che Roberto ha potuto continuare a
produrre biologico e a vendere le proprie arance ad un prezzo
conveniente per entrambe le parti definendosi letteralmente:
economicamente e moralmente risorto grazie ai gruppi di acquisto solidali che non smetterò mai di ringraziare perché attraverso loro ho trovato nuovi stimoli ed entusiasmo per fare, progettare, costruire anche un futuro migliore per la Sicilia. Sono orgoglioso che la mia iniziativa abbia costituito e stia costituendo una possibilità concreta per un pò di amici di restare dignitosamente a fare gli agricoltori e, nello stesso tempo, a diventare ambasciatori della bellezza, ricchezza e varietà della nostra terra. Sono fiducioso che questa strada porti lontano e sono pronto a battermi perché questa attuale avventura non scada.
3. La specificità del GAS
Come già abbiamo accennato nel terzo capitolo, la pratica del consumo
critico attraverso il gruppo di acquisto solidale presenta delle
caratteristiche e delle specificità proprie che la rendono differente dal
consumo critico “classico” inteso come iniziativa svolta a livello individuale.
Ritengo importante completare questa riflessione delineando con
maggiore chiarezza quali sono le ragioni che rendono il GAS, all’interno di
questo panorama, unico nel suo genere.
Innanzitutto credo che, se da un lato il consumo critico costituisce il
serbatoio all’interno del quale è contenuta ed è potuta maturare l’azione
promossa dai gruppi di acquisto solidali, che ne costituisce dunque
un’estensione ed una modalità di attuazione, dall’altro le due pratiche, pur
riferendosi allo stesso quadro concettuale ed essendo espressione della
stessa criticità nei confronti del modello economico tradizionale, si trovano
ad operare su due piani differenti.
Il punto di partenza è pressoché lo stesso: in entrambi i casi si ha la
consapevolezza delle minacce cui è sottoposto il nostro pianeta, si
conoscono i rischi concreti che derivano direttamente dal modello di
consumo promosso dalla nostra società, si è consci del massiccio impatto
101
ambientale e della pesantezza dell’impronta lasciata dagli spostamenti
delle merci da un paese all’altro, dei danni provocati dai rifiuti
quotidianamente prodotti dall’industria nell’imballaggio delle merci ai fini di
rendere la confezione più accattivante agli occhi del consumatore in modo
da conquistare posizioni di primato nel mercato, si possiedono
informazioni riguardo lo sfruttamento cui sono sottoposti i lavoratori di
alcune aziende che, per ottenere un vantaggio economico, hanno
trasferito la produzione nei paesi del Sud del mondo. Ancora, si
conoscono gli sperperi e le ingiustizie su cui è fondato questo sistema
economico e, parallelamente, si è consapevoli del potere di cui ogni
persona è portatrice per il solo fatto di compiere quotidianamente degli
acquisti e dunque della responsabilità che ricade su tutti noi.
Tuttavia, al di là di questi elementi di affinità, il modo di agire e operare in
concreto nella realtà di tutti i giorni presenta delle differenze, perché ciò
che si vuole ottenere è di per sé differente o meglio, prospetta delle
diverse sfaccettature. Il consumatore critico da un lato e il gasista
dall’altro, vogliono entrambi ottenere un cambiamento ed una
modificazione della logica di mercato e del modello di consumo che è
sviluppato nella nostra società; entrambi si rendono conto che, non
potendo attendere un intervento dall’alto, è necessario muoversi dal basso
e, a partire da questa consapevolezza, propongono delle azioni più o
meno radicali dirette al raggiungimento dell’obiettivo ultimo. E’ proprio in
riferimento alle attività che possiamo sviluppare una riflessione in merito
alle differenze emergenti tra il consumatore critico e il consumatore critico
inserito in un GAS che, all’interno del vasto ambito delle alternative
praticabili al consumo tradizionale, si presenta come iniziativa ed
esperienza del tutto caratteristica.
Il consumo critico rende edotto il soggetto della logica che sostiene e
sospinge il mercato globale e chiede agli acquirenti di diventare attori della
propria spesa e delle proprie scelte, chiede alle persone di uscire dagli
schemi tradizionali, di assumere coscienza e informazione riguardo il
mercato, di capire che c’è una costruzione molto più grande con cui fare i
102
conti. Il consumo critico chiede di responsabilizzarsi per non essere
globalizzati come il mondo in cui viviamo invece ci vorrebbe, perché se
siamo tutti uguali siamo anche più facili da gestire, se siamo una massa
compatta, uniforme, con le stesse attitudini e le stesse caratteristiche,
siamo anche più dominabili e domabili, i nostri desideri e i nostri stessi
impulsi divengono più controllabili, nulla sfugge, tutto è ordinato e la
macchina mondiale continua a funzionare senza sosta e, a guardarsi
attentamente, ci scopriremmo ingranaggi di un meccanismo di cui non
riusciamo neppure a vedere i confini. Il consumatore critico decide di
diventare consapevole e responsabile, di prendere atto del potere di cui è
dotato e di utilizzarlo, decide di non voler essere eteroguidato, di volersi
gestirsi da sé, di voler sentire le proprie scelte come effettivamente
personali, di voler prendere delle decisioni e non solo delle pseudo
decisioni. Il consumatore critico classico, è però definito nella sua
individualità, agisce da solo pur riconoscendosi in un progetto più ampio in
cui altre persone si attivano con la medesima coscienza e la stessa
cognizione.
Il consumatore critico appartenente ad un gruppo di acquisto solidale,
invece, agisce in gruppo, fa parte da principio di una catena fatta di
persone che si conoscono, si pone e si vede come elemento di un tutto, di
un insieme. Essere gruppo, come abbiamo visto, ha molte valenze e
significati, ma prima di tutto vuol dire mettersi insieme, vuol dire
avvicinarsi, disporsi l’uno accanto all’altro, fianco a fianco e insieme
decidere quale direzione prendere. Il gruppo di acquisto è poi una realtà
alla pari, in cui nessuno prevale, in cui non ci sono né vertici né dirigenti,
in cui ognuno ha libertà di parola e di azione, in cui tutte le proposte
vengono accolte e valutate in comune, in cui ogni membro ha una propria
individualità che viene messa in circolo quale fonte di mutuo
arricchimento, in cui lo stare insieme è di per sé formativo e creativo. Il
gruppo di acquisto è poi solidale, perché fa leva sull’importanza e sulla
centralità dei rapporti umani, dell’aiuto reciproco e spontaneo, della
convivialità; fa leva sul senso e sul significato del sapersi supportare e
103
sostenere vicendevolmente, riuscendo a vedere l’altro non come un
nemico e un rivale, come spesso oggi tendiamo a considerarlo costruendo
preventivamente una barriera autodifensiva, ma come una personalità da
cui trarre numerosi spunti e insegnamenti in un’ottica in cui le differenze
che, soprattutto se il gruppo è grande, possono essere molte, diventano
elemento di confronto e di crescita.
Una seconda peculiarità che caratterizza il gasista rispetto al consumatore
critico è ravvisabile nel fatto che, nel momento in cui si decide di
accordare la propria preferenza a certi prodotti piuttosto che ad altri per
quella che è la storia che si nasconde dietro un marchio di fabbrica, questi
non lo fa all’interno di un supermercato, acquistando merci che sono state
comunque prodotte da multinazionali e grandi industrie sebbene non
armate e rispettose del lavoro. Il GAS agisce diversamente, si rivolge al
piccolo produttore, esce dalla dimensione del “super” per entrare in quella
del “micro”. La filiera che crea e promuove è corta e spesso cortissima,
una filiera in cui si possono avere degli scambi diretti con il produttore e si
può intessere con questo un rapporto umano, basato sulla fiducia e sulla
lealtà reciproca. Il consumo e l’acquisto in un gruppo di acquisto solidale
risulta quindi più personale, con un volto ed un nome, quello critico
individuale, invece, è più anonimo e spersonalizzato proprio perché
mancante di questo contatto.
Nel circuito dei GAS i rapporti che si vengono a creare, permettono una
conoscenza all’origine di ciò che si compra e la fiducia e la collaborazione
tra le parti comincia proprio da qui perché l’elemento della personalità
comporta che ognuno metta in gioco la propria faccia e il proprio nome:
uscendo dall’anonimato del supermercato l’agricoltore, il formaggiaio, il
vendemmiatore diventano persone reali con una fisionomia reale, un
nome e un cognome. Ed è in questo senso che la correttezza paga e
quindi, così come un produttore onesto ne avrà un sicuro beneficio e il suo
nome sarà trasmesso e consigliato da un gruppo di acquisto all’altro,
anche per il produttore disonesto si utilizzano le medesime reti di
diffusione con le relative conseguenze.
104
Poter godere del privilegio di effettuare gli acquisti direttamente dal
produttore permette anche un ulteriore vantaggio: elimina lo spreco delle
merci. All’interno del supermercato, infatti, ogni giorno i prodotti che
troviamo esposti sugli scaffali vengono rinnovati andando a sostituire la
merce in scadenza con quella fresca di giornata. In questo modo molti cibi
ancora potenzialmente consumabili diventano rifiuti. L’acquisto attraverso
il GAS permette di ovviare a questo problema perché insieme, produttori e
consumatori, valutano di quali e quanti prodotti avrà bisogno il gruppo in
modo che l’agricoltore possa adeguare la semina delle proprie colture al
prospetto degli ordini. La merce verrà così completamente ridistribuita e
non si creeranno né scarti né sprechi ottenendo, inoltre, un vantaggio in
termini ambientali dal momento che non si rischia di produrre ulteriore
inquinamento attraverso il trasporto di prodotti che verranno gettati.
Quando arriviamo nel periodi di gennaio dobbiamo programmare che cosa mettere in campo, quindi programmare le semine[…]Facciamo un programma, lo mettiamo sul sito Internet dove abbiamo un Forum, il gruppo guarda il programma aziendale per il 2008 e dice cosa ne pensa. Rispondono sul Forum dicono quello che vogliono compare e che vogliono consigliare[…]Sprechi di prodotto? No, perché tutto viene ridistribuito.90
Come abbiamo più volte sottolineato, inoltre, uno dei principi su cui si
fonda il consumo critico consiste nel prediligere, a parità di prodotto,
quello proveniente da un mercato equo e solidale. Sia il consumatore
critico che l’appartenente ad un GAS hanno fatto proprio questo principio,
ma nello spirito che anima il gruppo di acquisto solidale si ravvisa una
maggiore sensibilità per i cosiddetti acquisti a Km 0. Nel concreto, questo
significa privilegiare i prodotti locali che non necessitano grandi
spostamenti. Se, dunque, per esempio, il consumatore critico chiede di
acquistare un ananas equo-solidale, il gasista chiede invece di ridurne il
consumo all’origine poiché, attento ai problemi causati dal trasporto delle
merci, si rende conto che in questi casi è inevitabile che avvenga sulle
lunghe distanze. Ritengo sia utile sottolineare, infine, che il riferimento al
90 Tratto da un’intervista condotta da Piero Riccardi ad Alessandro Colombini dell’azienda biologica Colombini, Pisa. www.repor.rai.it.
105
Km 0 deve anche essere inteso come elemento che permette la
promozione e la tutela delle culture e delle colture locali contro quelle
globali, nella logica della valorizzazione e dello sviluppo delle potenzialità
di ogni territorio e della riappropriazione dei sapori tradizionali.
4. Perché questa tesi
La ragione che sostanzia la scelta di dedicare il mio elaborato finale ai
gruppi di acquisto solidali, credo possa essere efficacemente riassunta
nella profonda fiducia che nutro per il nucleo familiare.
Il percorso di studi effettuato, avendomi permesso di accostarmi con veste
professionale alla tematica familiare e di approfondirne alcuni aspetti
prima teoricamente e poi, attraverso il tirocinio, anche praticamente, mi ha
fatto capire che quando la famiglia è un luogo sano, diviene un elemento
di cruciale importanza nella definizione delle basi su cui costruire una
società sempre migliore. Da che è nata, la nostra repubblica si è detta
fondata sulla famiglia, sulla promozione e il sostegno di questa realtà
come ambito di apprendimento, socializzazione primaria, educazione e
formazione. Si potrebbe dire, in altri termini, che è nella famiglia che si
crea la stessa società che su questa si basa.
Ma nel corso degli anni sembra che qualche cosa sia cambiato e oggi ci si
ritrova in un’epoca in cui pare che la famiglia abbia perso di solidità, in cui
i rapporti che legano familiari ed affini appaiono sempre più deboli, in cui
la costituzione di un nucleo familiare sembra più una sfida che un fatto
naturale. E’ in questa situazione che a mio parere il gruppo di acquisto
solidale può essere una buona alternativa allo smarrimento e
all’individualismo costituendo il punto di partenza verso la costruzione di
una società ancora fondata sui rapporti umani.
Il GAS è formato prevalentemente da famiglie, divenendo occasione di
incontro e di sviluppo e costruzione di rapporti sociali caratterizzati da
profondità, fiducia rispetto e reciprocità; è ambito di crescita individuale, di
106
coppia e familiare essendo luogo di concretizzazione di valori ed ideali di
giustizia e solidarietà e di trasmissione di tutto questo ai propri figli: porsi
degli interrogativi pratici su aspetti così importanti della quotidianità, che
tuttavia spesso sembra vengano dimenticati, aiuta le persone a conoscere
meglio non solo il mondo circostante nei confronti del quale si acquisisce
consapevolezza, ma anche se stessi e chi ci circonda, andando incontro,
da un lato, ai propri limiti e alle proprie difficoltà, dall’altro, scoprendo
capacità ed abilità forse dimenticate o forse solamente non ancora
ravvisate. Vivere un GAS significa sviluppare criticità, sensibilità e senso
di responsabilità, significa sapersi mettere in gioco, entrare in scena in
prima persona, avere dei valori forti di riferimento che guidano il proprio
agire.
E significa, in ultimo, farlo insieme.
In un’epoca storica basata sull’immediatezza, la superficialità, l’usa e getta
e l’individualismo, fare parte di un gruppo di acquisto solidale permette a
nuclei familiari diversi di entrare in comunicazione potendo formare dei
legami più solidi ed una rete di aiuto informale di fondamentale importanza
per la società stessa. Questa, infatti, se le famiglie comunicassero
maggiormente al loro interno e verso l’esterno, ne trarrebbe a mio avviso
un sicuro beneficio, in quanto sono proprio queste reti sociali di aiuto
reciproco che, funzionando autonomamente e in modo più immediato,
potrebbero essere un buon appoggio per la risoluzione di problemi sociali
quali solitudine e abbandono.
E’ dunque per questo che ritengo il GAS una pietra miliare nello sviluppo
di una società sana e solidale e, in quanto tale, un’esperienza che deve
necessariamente trovare un canale di diffusione sempre più allargato.
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