hike ILARIA

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La strada: «Non è giunto colui che cammina. Il pellegrino non è un saggio, non è un santo. È un amico della saggezza, un amante della santità. La verità che tu cerchi non sta al termine del cammino. Sta dappertutto. Sta in te. Te stesso cerchi, o pazzo. E vai a cercarti lontano! Infatti il mio corpo che si trascina nel mondo esterno ignora la verità che la mia intelligenza ha visto. Voglio metterei piedi nei passi del mio pensiero, voglio tastare con le mani ciò che sa il mio sapere, voglio pesare il mio peso sulla terra promessa delle certezze spirituali. Va, pazzo! Mettiti dunque in marcia con tutta la tua vita. E la strada faccia cantare il tuo corpo di canna secca e le tue gambe di vento. Insegna al tuo corpo a morire camminando. Insegnagli passo a passo la natura di ogni cosa che è di passare. Che ogni cosa desiderabile dica ai tuoi occhi: tua non sono. Mentre il paesaggio si dispiega, e i piedi e le ginocchia ti si agitano sotto, appunta la mente, appoggia la punta della mente in un punto. Giacché il corpo tuo non può seguirti nella stabilità, tienilo sempre in movimento per dar sfogo all’inquietudine sua. Tutto il giorno fallo camminare e lavorare. Fermalo solo per dormire. Se smetti un momento di occuparlo, quello occuperà te». Gege Ferrario Camminare è un atto di apertura al mondo Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi … La specie umana ha “inizio con i piedi” ricorda l’antropologo Leroi-Gouran … La marcia è una bella immagine dell’esistenza, qualcosa di incompiuto che sfida continuamente lo squilibrio. Per non cadere, chi cammina deve subito compensare un movimento con un altro che lo contraddice, mantenendo un ritmo regolare. Tra un passo e l’altro si sta sempre sul filo del rasoio, oltre il quale è inevitabile la caduta. In breve, l’atto del camminare riesce soltanto se si concatenano i passi l’uno all’altro, sapendo che ogni eccesso di precipitazione o lentezza indurrà la rottura. La marcia è un’apertura al mondo, che invita a essere umili e a cogliere avidamente il momento. La sua etica della curiosità ne fa uno strumento ideale per la formazione personale, una scuola di vita che si avvale del corpo e di tutti i sensi … Per chi cammina, la coscienza della propria vulnerabilità è un incentivo alla prudenza e alla disponibilità verso gli altri, invece che alla conquista e al disprezzo. Una cosa è certa: chi va a piedi raramente ha l’arroganza dell’automobilista o di chi usa il treno o l’aereo, perché sta sempre ad altezza d’uomo, e sente ad ogni passo la scabrosità del mondo e la necessità di rapportarsi amichevolmente alle persone che incontra sul cammino … Camminare è un atto che spoglia, che mette a nudo, e ricorda all’uomo l’umiltà e la bellezza della sua condizione … Non siamo noi che facciamo il viaggio, è il viaggio che ci fa e ci disfa e ci inventa. (David Le Breton, Il mondo a piedi. Elogio della marcia, Feltrinelli, Milano 2001)

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Camminare è un atto di apertura al mondo La strada: Gege Ferrario (David Le Breton, Il mondo a piedi. Elogio della marcia, Feltrinelli, Milano 2001)

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La strada:

«Non è giunto colui che cammina. Il pellegrino non è un saggio, non è un santo. È un amico della saggezza, un amante della santità. La verità che tu cerchi non sta al termine del cammino. Sta dappertutto. Sta in te. Te stesso cerchi, o pazzo. E vai a cercarti lontano! Infatti il mio corpo che si trascina nel mondo esterno ignora la verità che la mia intelligenza ha visto. Voglio metterei piedi nei passi del mio pensiero, voglio tastare con le mani ciò che sa il mio sapere, voglio pesare il mio peso sulla terra promessa

delle certezze spirituali. Va, pazzo! Mettiti dunque in marcia con tutta la tua vita. E la strada faccia cantare il tuo corpo di canna secca e le tue gambe di vento. Insegna al tuo corpo a morire camminando. Insegnagli passo a passo la natura di ogni cosa che è di passare. Che ogni cosa desiderabile dica ai tuoi occhi: tua non sono. Mentre il paesaggio si dispiega, e i piedi e le ginocchia ti si agitano sotto, appunta la mente, appoggia la punta della mente in un punto. Giacché il corpo tuo non può seguirti nella stabilità, tienilo sempre in movimento per dar sfogo all’inquietudine sua. Tutto il giorno fallo camminare e lavorare. Fermalo solo per dormire. Se smetti un momento di occuparlo, quello occuperà te».

Gege Ferrario Camminare è un atto di apertura al mondo Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi … La specie umana ha “inizio con i piedi” ricorda l’antropologo Leroi-Gouran … La marcia è una bella immagine dell’esistenza, qualcosa di incompiuto che sfida continuamente lo squilibrio. Per non cadere, chi cammina deve subito compensare un movimento con un altro che lo contraddice, mantenendo un ritmo regolare. Tra un passo e l’altro si sta sempre sul filo del rasoio, oltre il quale è inevitabile la caduta. In breve, l’atto del camminare riesce soltanto se si concatenano i passi l’uno all’altro, sapendo che ogni eccesso di precipitazione o lentezza indurrà la rottura. La marcia è un’apertura al mondo, che invita a essere umili e a cogliere avidamente il momento. La sua etica della curiosità ne fa uno strumento ideale per la formazione personale, una scuola di vita che si avvale del corpo e di tutti i sensi … Per chi cammina, la coscienza della propria vulnerabilità è un incentivo alla prudenza e alla disponibilità verso gli altri, invece che alla conquista e al disprezzo. Una cosa è certa: chi va a piedi raramente ha l’arroganza dell’automobilista o di chi usa il treno o l’aereo, perché sta sempre ad altezza d’uomo, e sente ad ogni passo la scabrosità del mondo e la necessità di rapportarsi amichevolmente alle persone che incontra sul cammino … Camminare è un atto che spoglia, che mette a nudo, e ricorda all’uomo l’umiltà e la bellezza della sua condizione … Non siamo noi che facciamo il viaggio, è il viaggio che ci fa e ci disfa e ci inventa.

(David Le Breton, Il mondo a piedi. Elogio della marcia, Feltrinelli, Milano 2001)

SE Se tu puoi mantenere la tua calma Quando tutti attorno a te la stan perdendo E a te attribuiscono la colpa; Se tu puoi fidarti di te stesso, Quando tutti dubitano di te Ed essere indulgente verso chi dubita; Se tu puoi aspettare e non stancartene, E mantenerti retto se la falsità ti circonda, E non odiare se sei odiato; Se tu puoi sognare e non abbandonarti ai sogni; Se tu puoi pensare e non perderti nei pensieri; Se tu puoi affrontare il trionfo e il disastro e trattare egualmente questi due impostori;

Se tu puoi sentire la verità che hai detto trasformata dai cattivi per trarre in inganno gli ingenui, o vedere infranti gli ideali cui dedicasti la vita, e resistere e ricostruire con strumenti logori; Se tu puoi costringere cuore, nervi e muscoli e resistere anche quando sono esausti, e così continuare finché non vi sia altro in te che la volontà che dice ad essi: resistete; Se né amici né nemici possono ferirti; Se ti curi di tutti ma di nessuno troppo; Se tu puoi colmare l'inesorabile minuto con sessanta secondi di opera compiuta: Tuo è il mondo e tutto ciò che è in esso E, ciò che più conta, tu sei un uomo figlio mio!

R. Kipling La comunità Non si sa nulla se non lo si impara Tutto quello che rientra nell’ordine della conoscenza, della cultura, della maturazione della persona noi dobbiamo acquisirlo. Ne entriamo in possesso in modo personale, ma alla base ci deve essere una preparazione di fondo. Tutti i grandi valori che offrono all’uomo la felicità e la possibilità di realizzarsi devono essere appresi. Non sono innati: che si tratti della verità, della liberà, della giustizia, della pace o dell’amore. Inoltre non si può mai pensare di esserne entrati in possesso una volta per tutte. Di certo della verità non possiamo disporre automaticamente, essa si acquisisce con un lavoro faticoso, instancabile; non si ha mai finito di scoprire tutte le dimensioni della realtà, delle persone…La libertà richiede un apprendistato, bisogna scioglierla dalle sue ambiguità, che continuano a ripresentarsi. Gli uomini liberi sono persone che fanno un incessante lavoro di liberazione per di venire se stessi, persone per le quali la libertà costituisce una spinta a scegliere il meglio. Anche la giustizia e la pace sono realtà “a venire”, sono una vittoria incessante nella lotta contro l’egoismo o la paura dell’altro. Allo stesso modo, sappiamo forse mai cosa sia l’amore, fin dove ci porterà, fino a qual punto ci farà uscire da noi stessi, quale “eccedenza” ci richiederà? Come canta un poeta: “ C’è forse un solo amore che non abbia bisogno d’amore?” Si confonde facilmente l’amore con l’emozione dell’amore, o con quella vertigine che si impossessa di noi quando ci sentiamo riconosciuti da un’altra persona, indispensabili ai suoi occhi. […] Quelli che si amano veramente conoscono questo mal d’amore, perché effettivamente è vero che la felicità può essere così intensa da far male. Tuttavia il momento in cui si nasce all’amore non è che l’inizio; lo si ricorderà sempre con emozione, ma bisogna spingersi più avanti. Niente sarebbe rischioso come voler prolungare indebitamente questo periodo felice ma transitorio. Sì, bisogna imparare ad amare, perché l’amor è una realtà viva e la vita si trasforma in continuazione. Come una pianta o un albero esso cresce con lentezza e non raggiunge la pienezza da un momento all’altro. Non siamo su un binario, bisogna reinventare costantemente il nostro amore.

La fede Fa’ silenzio per ascoltare “Su, scolte, alle torri... attente, in silenzio vigilate!” canta l’antico Inno comunale d’Assisi, composto nel sec. XIV, che le scolte dell’AGI fecero proprio negli anni ‘50. Col sottofondo dello scalpiccio dei tuoi scarponi, fa’ silenzio intorno a te, se vuoi udir cantare l’anima tua. La vita intera, oggi, è malata. Se fossi medico e uno mi domandasse un consiglio, gli risponderei: - Crea il silenzio! Così soltanto si può udire la parola di Dio. È pericoloso vivere in un mondo in cui “non puoi sentirti pensare”. Il silenzio: ecco uno dei doni inestimabili che l’hikr ti offre! Lungo il sentiero che ti porta verso la tua mèta, ogni tanto fermati e porgi tutta la tua attenzione al silenzio che ti circonda. T’accorgerai allora che quel silenzio ha la Sua voce: - sarà la ninna nanna che ti canta il torrente, che scende verso la valle, - sarà la musica delle cascate che ti portano la voce delle nevi che si sciolgono al sole (tutti gli accordi sono nelle cascate!), - sarà il canto degli uccelli nelle infinite tonalità, - sarà la voce del vento che s’infrange contro le rocce o che ti suona un dolcissimo adagio fra gli abeti... La voce del vento che Gesù, parlando con Nicodemo, ha paragonato allo Spirito: “Non ti meravigliare se ti ho detto: Dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3, 7-8). Lungo il sentiero ascolta la voce del silenzio; non sciuparla con inutili conversazioni, essa è troppo preziosa per perderla, troppo necessaria in questa nostra epoca bruciata dal rumore! Questa dolcissima melodia del silenzio ti risanerà il corpo e lo spirito. Vibrante all’unisono, s’unirà ad essa il canto della tua anima, e dall’alto sentirai scendere su di te, misteriosa ed onnipotente, la voce di Dio. Questa proposta, negli anni ’30, veniva già da Guy de Larigaudie:

“Durante un’uscita, il Capo si domanda con ansietà come farà a riempire certi momenti della giornata: discussioni, studio di problemi, capitolo: va bene. Ma perché non – semplicemente – niente? Facendo in modo che ciascuno per proprio conto, nella campagna, nella foresta, possa ritrovare la solitudine e il silenzio. Molti di noi non sono più capaci di sopportare né l’una, né l’altra; mentre la voce di Dio è così sottile che non si può udirla se non nel silenzio. Esclusivamente. Bisogna imparare di nuovo l’arte di saper indugiare. Non certo l’indugio in cui si porta a spasso un cuore vuoto e un’anima senza pensieri. Ma quell’indugio fecondo, che è come un ritiro in sé stesso. Durante le uscite, durante l’hike si scoprono più tesori di quanti non ne contengano le più riposte lagune delle isole di corallo. È così proficuo camminare senza meta, solo, nella campagna, in quel silenzio che uno ascolta stupefatto quando scende dal treno o smonta di macchina, venendo da Parigi. Il calpestio degli zoccoli sulle pietre, il cigolio di un aratro o di un giogo, un uccello che canta, un ruscello che mormora, un branco di oche spaventate dal passaggio del fattore, tutti questi rumori non rompono affatto la calma, ma riempiono e animano il silenzio. Lo strepitio meccanico e il sordo frastuono della grande città non giungono qua. Si solamente queste risonanze del vento, dell’acqua, delle piante, delle bestie e degli uomini, che sono come il respiro del mondo. È bello divertirsi a prestare orecchio a questa lunga canzone della terra, propizia ai ricordi, ai sogni dell’avvenire, alla conversazione familiare con Dio; e anche feconda, poiché è più facile forgiarsi una vita più bella, quando si può sognarla così, prima ancora di viverla. Bisogna abituarsi a questo cuore a cuore con Dio, nella solitudine e nel silenzio del creato”

Il servizio Un amico passeggiava su una spiaggia deserta al tramonto. Camminando vide in lontananza un uomo. Avvicinandosi, noto che l’uomo continuava a chinarsi, a raccogliere qualcosa da terra e a gettarlo in acqua . Di tanto in tanto ripeteva l’operazione di gettare delle cose in mare. Avvicinandosi ulteriormente, il nostro amico noto che l’uomo raccoglieva stelle marine, che erano state depositate dal mare sulla spiaggia e, una alla volta, le rigettava in acqua. Il nostro amico era perplesso. Si avvicino all’uomo e disse:

<<Buona sera, amico. Mi chiedevo cosa stessi facendo>>. <<Ributto in mare queste stelle marine. Vedi, adesso c’e la bassa marea e tutte queste stelle marine sono state depositate sulla riva. Se non le ributto in acqua muoiono qui per mancanza di ossigeno>>. <<Capisco>>, rispose il nostro amic o,<< ma devono esserci migliaia di stelle marine su questa spiaggia. Non puoi sicuramente trovarle tutte. Semplicemente sono troppe. E non capisci

che questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa? Non vedi che non puoi cambiare le cose per tutte loro?>>. L’uomo sorrise, si chino a raccogliere un’altra stella marina e, gettandola in acqua, rispose:<<Ho cambiato le cose per questa qui!>>. J. Canfield - Uno alla volta CREDO Credo nella vita che Dio mi ha dato, Credo che questa mia vita meriti di essere vissuta, per i momenti di gioia e di entusiasmo che essa mi offre, e anche per le difficoltà e le sofferenze che essa incontra. Credo che vada vissuta per gli altri, Credo che sia da costruire insieme a colui che me l’ha donata. Credo nell’uomo. Credo che ognuno è stato creato da Dio e che perciò ha gli stessi miei diritti e doveri. Credo nella bontà di tutti gli uomini, nell’uguaglianza e nella fraternità di tutti i popoli, senza distinzioni. Credo ogni uomo capace di impegnarsi per la pace e la giustizia affinché possiamo trovarci in viaggio tutti assieme trovando sempre la strada giusta, anche nelle difficoltà. Credo nella chiesa Credo che in essa ci sia un posto anche per me, che mi impegno a scoprire e occupare con responsabilità e serietà. Questo sono sicuro/a, mi aiuterà nel mio futuro, nelle strade che imboccherò. Credo in te, Signore con il tuo aiuto, affronterò nuovi problemi con serenità donerò la mi amicizia e la mia voglia di vivere ad altre persone. Fa in modo che il viaggio ci trovi sempre uniti e compatti e aiutami a seguire la strada che tu hai pensato per me. Se il percorso sarà impervio aiutami a non scoraggiarmi; recuperami se mi perdo, curami se resterò ferito/a, rendimi umile e disponibile davanti ai consigli e agli aiuti degli altri. Signore,tu mi conosci e sai quanto valgo. Fa in modo che anch’io, al termine del mio cammino, possa conoscere Te, e quanto vali.

“Le scelte che facciamo tracciano il percorso della nostra vita. Non seguire il sentiero gia segnato; va’, invece, dove non vi e’ alcun sentiero, e lascia una traccia.”