GRS727 REYNOLD DE BURGH,IL CAVALIERE NERO

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D EBORAH S IMMONS Reynold de Burgh: il cavaliere nero

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Reynold de Burgh:il cavaliere nero

DEBORAH SIMMONS

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Reynold de Burgh: the Dark Knight

Harlequin Historical © 2009 Deborah Siegenthal

Traduzione di Laura Iervicella

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici aprile 2010

Questo volume è stato impresso nel marzo 2010

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 727 del 22/4/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dell' 1/2/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

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contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

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Inghilterra, XII secolo Dagli spalti merlati del castello Reynold de Burgh scrutò le terre di proprietà della sua famiglia men-tre la tenue luce dell'alba si levava all'orizzonte. Anche se aveva stabilito di andarsene da diverso tempo, lasciare Campion e la gente che vi abitava si stava rivelando più doloroso del previsto. Rimandare la partenza sarebbe stato inutile. A-mava e rispettava suo padre e aveva imparato ad apprezzare anche Joy, la nuova moglie. Tuttavia assistere ogni giorno alla loro felicità non faceva che acuire la sua tristezza. Negli ultimi anni, cinque dei suoi sei fratelli si erano sposati e presto tutti a Campion avrebbero iniziato a chiedersi chi tra lui e Nicholas, il più giovane dei de Burgh, sarebbe stato il prossimo ad arrendersi all'amore. Reynold, tuttavia, sebbe-ne non provasse gelosia o invidia nei confronti dei fratelli che si erano creati la loro famiglia, in-tuiva che la sorte non gli riservava lo stesso futu-ro. Così aveva deciso di andarsene per sfuggire

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alle domande e agli sguardi carichi di compassio-ne, oltre che per non essere costretto ad assistere alla dolorosa visione dell'altrui felicità. Il momen-to più difficile per lui sarebbe arrivato con la na-scita dei piccoli eredi dei de Burgh, perciò per quel tempo sarebbe dovuto essere ormai lontano. A quel pensiero si pentì di avere indugiato a sa-lutare la propria casa e si affrettò a raggiungere il destriero che lo aspettava vicino alle mura. Non aveva rivelato a nessuno le sue intenzioni, ma a-veva lasciato un messaggio al padre informandolo che stava partendo per un pellegrinaggio. In realtà non si era prefisso una meta precisa, però quella spiegazione sarebbe servita a impedi-re che qualcuno della famiglia decidesse di partire alla sua ricerca, soprattutto quando lui non desi-derava affatto essere trovato. Facendo ben attenzione a non farsi scorgere dai servitori e dagli abitanti del castello che erano già in piedi alle prime luci dell'alba per sbrigare le lo-ro mansioni, Reynold si accinse a montare in sella al suo destriero. In quel momento un tintinnio di campanelli, proveniente da un punto in prossimità delle porte del castello, lo indusse a voltarsi. Guardando meglio scorse una figura femminile che si stava dirigendo verso di lui a passi veloci. «Ah, eccovi!» esclamò la donna con voce can-tilenante agitando un braccio in segno di saluto. I campanellini che adornavano la manica del-l'abito tintinnarono di nuovo. Reynold represse a stento la propria contrarietà.

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Le zie di Bridgid l'Estrange, la moglie di suo fra-tello Stephen, venivano in visita a Campion di frequente, spesso senza bisogno di essere invitate. La loro presenza era molto gradita perché offri-vano a Lady Joy una piacevole quanto rara com-pagnia femminile. Tuttavia la loro comparsa a quell'ora insolita lo colse alquanto di sorpresa. Reynold socchiuse gli occhi. «Vi chiedo perdono, Cafell. Però non posso trattenermi con voi.» «Oh, sappiamo che state partendo» rispose la donna agitando in aria la mano. Nel frattempo Armes, la sorella, uscì dall'ombra e la raggiunse. Lui si augurò che non intendessero ricorrere a qualcuno dei loro stratagemmi per dissuaderlo dai suoi propositi. Non aveva previsto di incontrare qualcuno e non si era preparato nessun discorso di commiato. Perciò decise di non andare troppo per il sottile. «Non cercate di fermarmi.» «Non ci sogneremmo mai di farlo, mio caro» rispose Cafell dandogli un colpetto affettuoso sul braccio. «È vero. Voi dovete andare» concordò Armes. La più alta delle due sorelle sollevò il mento e lo fissò con un'espressione grave. «Portare a termine quest'impresa fa parte del vostro destino.» A Reynold quelle parole suonarono inaspettate quanto prive di senso. «Di che impresa parlate?»

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«Be', lo sappiamo tutti» rispose Cafell con un sorriso. «Dovete uccidere un drago, salvare una damigella in pericolo e restituirle l'eredità che qualcuno vuole sottrarle.» Reynold la guardò con occhi sbarrati, confuso. Poi manifestò la propria irritazione con un gesto insofferente. «Voi mi state confondendo con San Giorgio.» «Non credo proprio, cavaliere» ribatté Armes in tono altezzoso. «È vero, Lord Reynold» aggiunse Cafell. «De-vo ammettere che tutti voi de Burgh possedete molte pregevoli qualità, ma non siete certo dei santi.» Reynold scrollò il capo. Non aveva tempo da perdere con quelle donne e con i loro bizzarri va-neggiamenti, ai quali solo un folle avrebbe dato credito. Se fossero venuti a sapere di quella sto-ria, i suoi fratelli si sarebbero fatti beffe di lui. In effetti, quanto stava accadendo aveva tutta l'aria di essere uno scherzo architettato da uno di loro. Forse era stato Robin a organizzare tutto, con la complicità delle due stravaganti sorelle. Ma Robin viveva a Baddersly, dove ammini-strava la proprietà della moglie di Dunstan, il maggiore dei fratelli de Burgh. Quanto agli altri, nessuno di loro sapeva che lui stava partendo. Per evitare che venissero a saperlo aveva preparato il suo bagaglio quella mattina stessa. «Non facciamogli perdere tempo in chiacchiere futili, sorella» disse Armes. Poi tornò a rivolgere

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la propria attenzione a Reynold. «Dovete andare, ma non da solo.» Fece un cenno con la mano e subito un giovane si avvicinò conducendo per le briglie un cavallo sellato e carico di bagagli. «Questo è Peregrine. Lui sarà il vostro scudiero.» Alla vista del ragazzo lui si accigliò. Peregrine però non parve turbato da quella accoglienza po-co cordiale. Al contrario gli rivolse un ampio sor-riso, poi montò in sella con impazienza, come se aspettasse quel momento da sempre. Reynold scrollò il capo. Se avesse desiderato compagnia avrebbe scelto lo scudiero che negli ultimi due anni lo aveva servito dando prova di fedeltà e bravura. Tuttavia non avrebbe mai con-dotto Will lontano da casa, costringendolo a un viaggio lungo e pericoloso dal quale forse non a-vrebbe più fatto ritorno. E non aveva nemmeno intenzione di mettere a repentaglio la vita di quel giovane sconosciuto. «Faremmo meglio a sbrigarci, milord» affermò Peregrine con voce calma ma decisa. Reynold montò in sella al proprio destriero. Non era il mo-mento di discutere. Avrebbe lasciato che partisse con lui, poi più tardi gli avrebbe ordinato di tor-nare indietro. L'animale scalpitò, altrettanto im-paziente di mettersi in movimento, ma Cafell gli andò vicino. «Prendete anche questo, milord. Servirà a pro-teggervi» disse porgendogli un piccolo sacchetto. In un primo momento Reynold pensò di rifiuta-re quell'offerta. «Sto partendo per un pellegrinag-

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gio, non per una impresa eroica» rispose a denti stretti. Poi udì un rumore che proveniva da un punto imprecisato sui bastioni e si convinse a non indugiare oltre. Così afferrò il sacchetto e se lo assicurò alla cintura. Guardò le due eccentriche donne, le uniche persone della sua famiglia che erano lì a salutarlo, e all'improvviso sentì un nodo chiudergli la gola. Le osservò per un lungo istante pensando che forse aveva un'ultima opportunità di lasciare un messaggio per suo padre. Alla fine, però, si limitò a dare voce alla preoc-cupazione che in quel momento dominava tutti i suoi pensieri. «Fate in modo che nessuno mi segua.» Tirò le redini e si diresse verso le porte del ca-stello senza voltarsi indietro. «Reynold è partito?» Lady Joy de Burgh parlò senza la sua consueta compostezza. Era in piedi accanto alla tavola alta e aveva in mano la pergamena che suo marito le aveva teso senza dire una parola. Non riusciva a credere a quanto vi era scritto. Con un sospiro si lasciò cadere a sedere sulla seggiola finemente in-tarsiata. «È tutta colpa mia» sussurrò, temendo quasi di dare voce ai timori che l'affliggevano da quando aveva sposato il Conte di Campion. «È partito per causa mia» ripeté sollevando lo sguardo verso il marito, come a cercare nel suo viso la conferma alle proprie parole.

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«No» rispose lui sedendosi. «Ero certo che pri-ma o poi sarebbe accaduto.» Joy avrebbe voluto rivolgergli altre domande a tale riguardo. La loro conversazione però fu inter-rotta dall'arrivo di Nicholas, il quale aveva capito da solo che cosa era accaduto. «Reynold se n'è andato, non è così?» chiese. «Dove?» Il conte raccolse la pergamena che era caduta dalle dita della moglie e gliela porse. Nicholas la scorse rapidamente, poi guardò il padre con aria interrogativa. «Perché non me l'ha detto? Perché non mi ha portato con sé? Sa bene quanto sia impaziente di cimentarmi in qualche impresa avventurosa.» In effetti una sola occhiata bastava a intuire il temperamento impavido di quel giovane alto, dai capelli scuri e dal fisico possente, che stava diventando un uomo. «Non credo che ti piacerebbe andare in pelle-grinaggio» ribatté il conte in tono asciutto. «Ma perché è partito senza portare nessuno con sé?» Joy condivideva quella preoccupazione. Chiun-que viaggiasse senza scorta, perfino un cavaliere, era facile preda di ogni sorta di malfattori e assas-sini. I de Burgh erano uomini forti e capaci di di-fendersi da ogni pericolo. Però senza aiuto nem-meno uno di loro avrebbe potuto avere la meglio contro una banda di briganti. «Non è solo. Peregrine lo accompagna.» Joy sollevò lo sguardo sorpresa e vide Cafell

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l'Estrange in piedi davanti a loro. Poi guardò il marito. Peregrine? Doveva trattarsi del giovane che era arrivato a Campion con le due sorelle. Sembrava poco più che un ragazzo. «Dite davvero?» si informò il conte con un'e-spressione meditabonda. «Non vedo come un ragazzino possa essergli d'aiuto» obiettò Nicholas in tono di scherno. «Non si può mai dire» ribatté Cafell con uno dei suoi sorrisi indecifrabili. Sembrava che avesse altro da aggiungere, ma la sorella arrivò in tempo per fermarla. La prese per un braccio e la allonta-nò dalla tavola alta. Il tintinnio dei campanellini che adornavano le maniche dei loro abiti le ac-compagnò mentre attraversavano la sala. «Non conosciamo nemmeno questo Peregrine» osservò Nicholas. «Uno scudiero è comunque un compagno di viaggio» replicò il conte che, con tutta evidenza, non intendeva discutere le credenziali del giova-ne. Del resto, a che cosa sarebbe servito? Ormai Reynold e il ragazzo erano partiti e avrebbero do-vuto affrontare strade piene di insidie e pericoli. «Che meta avrà scelto per il suo pellegrinag-gio?» chiese Joy. Durham, Glastonbury e Canter-bury erano piuttosto lontani, Santiago de Compo-stela e Roma ancora di più. «Non avrà pensato di recarsi in Terra Santa?» La sola idea che Reynold potesse affrontare un viaggio tanto lungo e peri-coloso le tolse il respiro. Lei ricordava molto bene i racconti dei cavalie-

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ri che avevano combattuto in quelle lontane terre straniere contro gli infedeli, e ancora tremava al pensiero. Nella sala scese il silenzio e Campion scrollò il capo, incapace di trovare una risposta. Joy scrutò il marito, che non tradiva alcun se-gno di angoscia ma manteneva la sua abituale e-spressione pensosa. «Potreste mandare qualcuno a raggiungerlo» gli suggerì. «Andrò io» si offrì Nicholas entusiasta. Ma il padre fece cenno di no con il capo. «Reynold deve fare ciò che ritiene giusto per se stesso.» Joy gli prese la mano. Sapeva che suo marito non era infallibile, ma la sicurezza che ostentava la rasserenò. In passato aveva creduto che Reynold fosse burbero e ostile, ma con il tempo aveva compreso che era solo infelice. E questo era alquanto insoli-to in quella famiglia unita e piena d'amore. Forse Campion si auspicava che quel viaggio, per quan-to pericoloso, potesse regalare al figlio quello che fino ad allora la vita gli aveva negato. Nel suo intimo anche Joy lo sperava. Reynold scese lentamente da cavallo e rimase a osservare la diramazione della strada. Che direzione avrebbe preso? E qual era la me-ta del suo viaggio? «Dove stiamo andando?»

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Udendo che qualcuno dava voce alla propria silenziosa domanda, Reynold trasalì. Si voltò ver-so il giovane che le due sorelle l'Estrange aveva-no insistito che portasse con sé. Da quando erano partiti era rimasto in silenzio e lui, perso nei pro-pri pensieri, si era quasi dimenticato della sua presenza. Si chiamava Peregrine, se rammentava bene. Reynold studiò il ragazzo con espressione ac-cigliata. Indossava abiti semplici, ma puliti e or-dinati. Non capiva cosa avesse convinto le due l'Estrange che fosse adatto a fargli da scudiero, ma più di tutto lo infastidiva che la sua compa-gnia gli fosse stata in qualche modo imposta. Di solito era lui a scegliere da chi farsi accompagna-re in viaggio. Reynold riteneva che un bravo scudiero doves-se appartenere a una famiglia conosciuta e stima-ta, che fosse rispettoso e coraggioso. Doveva inoltre occuparsi dell'armatura del suo cavaliere, avere una buona conoscenza delle armi e delle regole dei tornei. Era importante, poi, che sapesse comportarsi in modo conveniente, cono-scesse la musica e sapesse danzare. Inoltre chiunque volesse diventare scudiero di uno dei de Burgh doveva sapere leggere ed essere desideroso di apprendere. Dubitava che Peregrine avesse ricevuto una si-mile istruzione nella casa delle sue eccentriche benefattrici. In ogni caso Reynold non aveva al-cun desiderio di trascinarlo in un'avventura dalla

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destinazione ignota, che poteva serbare mille in-sidie e pericoli. «La meta del mio viaggio non ti riguarda, dal momento che proseguirò da solo. Tu tornerai a Campion.» «Non posso farlo, milord.» Forse intendeva dire che non era capace di ri-trovare la strada, immaginò Reynold. «Basta che tu percorra a ritroso il sentiero che abbiamo seguito fin qui» gli spiegò. «Arriverai diritto a casa.» Il ragazzo scrollò il capo. «No, milord. Le mie buone benefattrici mi hanno ordinato di restare con voi e io non tradirei mai la loro fiducia.» Reynold espresse la propria contrarietà con un grugnito. Perché mai quelle due bizzarre donne erano convinte che il giovane Peregrine fosse in grado di proteggere un esperto cavaliere? Piutto-sto era vero il contrario e ben presto la presenza del ragazzo si sarebbe rivelata un intralcio per lui. «In questo caso ti esonero dal tuo compito.» Il giovane fece un altro cenno di diniego. Non mostrava né timore né risentimento, quanto piut-tosto una tranquilla fermezza. «Io ho ricevuto l'incarico dalle sorelle l'Estran-ge e devo rendere conto a loro delle mie azioni.» «Allora torna nella loro proprietà e svolgi là le tue mansioni» suggerì Reynold. Sebbene non l'a-vesse mai visitata, sapeva che la proprietà delle zie di Bridgid era situata ai confini delle terre del

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Conte di Campion, perciò il viaggio sarebbe stato breve e privo di pericoli. «Non posso. Me lo impedisce il giuramento che ho fatto, milord.» Quel rifiuto suscitò la sua irritazione, ma non poté fare a meno di ammirare tanta lealtà da parte di un ragazzo così giovane e di umili origini. A-vrebbe potuto insistere, ma sospettava che Pere-grine lo avrebbe seguito di nascosto finendo per cacciarsi in qualche guaio. Cercò di consolarsi pensando che almeno era silenzioso e che non lo avrebbe infastidito con un incessante chiacchie-rio. Subito dopo però si rese conto di non avere ancora una risposta alla domanda che gli era stata rivolta. Dove erano diretti? Per quanto non desiderasse ammetterlo con il ragazzo, Reynold proprio non ne aveva idea. Quando aveva deciso di lasciare Campion, per un istante aveva pensato di unirsi all'esercito del re che stava combattendo in Galles. Poi però aveva rinunciato a quel proposito, per rispetto della mo-glie di suo fratello che aveva ereditato una pro-prietà proprio in quella regione. Inoltre Bridgid, come tutte le donne della sua famiglia, possedeva dei poteri particolari e a Reynold non sarebbe pia-ciuto se avesse deciso di usarli contro di lui. Quel pensiero gli riportò alla mente le sorelle l'Estran-ge e, riflettendo sul loro comportamento, si fece scuro in volto. «Come hanno fatto le tue padrone a venire a

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sapere che stavo partendo?» domandò a quel pun-to Peregrine. «Non lo so, milord. Tuttavia si mormora che conoscano i segreti della divinazione, perciò è possibile che abbiano visto il vostro futuro. Mi hanno detto che stavate per intraprendere un'im-portante missione e che sarei dovuto partire con voi.» Reynold fece un gesto spazientito. Erano tutte sciocchezze. «Non ho nessuna missione da compiere.» Lan-ciò un'occhiata fugace al ragazzo. «Questa non è una di quelle imprese eroiche di cui narrano le an-tiche leggende. Viaggiare senza scorta è pericolo-so, anche per i pellegrini. Non voglio che mi ac-compagni e che corra dei rischi, non importa qua-le promessa tu abbia fatto.» Peregrine non sembrò intimidito dalle sue paro-le. Al contrario gli rivolse un sorriso entusiasta. «Chiunque partirebbe in cerca di avventure, se ne avesse l'opportunità» affermò con aria risoluta. Reynold accennò un sorriso ripensando a tutte le volte in cui lui e i suoi fratelli avevano pronun-ciato le stesse parole. E per la prima volta quel giorno si sentì il cuore più leggero. Si era sempre considerato un viaggiatore solitario, ma forse a-vrebbe apprezzato la compagnia di quel giovane scudiero. «Allora proseguiamo.» Spronò Sirius a ripartire e svoltò verso destra, in direzione opposta al per-corso che conduceva alla dimora di suo fratello

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Dunstan. Si stavano dirigendo verso l'ignoto, commentò allegro Peregrine. Reynold, al contra-rio, sperava di non incorrere in spiacevoli impre-visti. E soprattutto non voleva incontrare altri viaggiatori. Invece, non avevano fatto molta strada quando si sentirono chiamare a gran voce. Scrutando in lontananza, Reynold scorse un uomo in sella a un robusto cavallo. Non appena giunse più vicino si rese conto che con lui c'era anche un ragazzo. En-trambi indossavano abiti di discreta qualità e non sembravano armati. Al loro bagaglio era appeso solo un bastone di legno. «Vi porgo i miei ossequi» lo salutò il viaggia-tore con un inchino. «Dove siete diretti?» «Siamo pellegrini» rispose Peregrine. Reynold si disse che avrebbe dovuto scambiare qualche parola con il ragazzo per rammentargli il valore della discrezione. «Anche noi!» esclamò l'uomo, con un sorriso compiaciuto. «Qual è la vostra meta?» Non sapendo cosa rispondere lo scudiero guar-dò Reynold, ma lui restò in silenzio. «Vedo che non volete rivelarlo. Il vostro riser-bo è comprensibile. Ma ci permettete di prosegui-re con voi? La sorte protegge quelli che viaggiano insieme.» «Non credo che il vostro cavallo sia in grado di sostenere l'andatura dei nostri» obiettò Reynold, non desiderando altra compagnia. «Sono sicuro che non avete fretta» ribatté l'uo-

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mo, per nulla scoraggiato. «Fa parte del piacere del viaggio godersi le bellezze del paesaggio e la buona compagnia.» Reynold non nascose la propria contrarietà. Ma l'altro insistette. «Permetteteci di unirci a voi, vi prego. L'unio-ne fa la forza e insieme saremo più al sicuro. Non lo chiedo per me stesso, ma per il ragazzo che è con me. Intende recarsi alla fonte miracolosa di Brentwyn perché dicono che chi vi si immerge ottiene la guarigione. Lui è zoppo, vedete.» A quell'affermazione Reynold si irrigidì. Il suo primo pensiero fu che il viandante si stesse pren-dendo gioco di lui. Anche quell'incontro gli sem-brava parte di una macchinazione ordita da uno dei suoi fratelli con l'intento di trasformare la sua partenza in una burla. Poi però allontanò l'idea giudicandola priva di senso. Avrebbe preferito non esaudire la richiesta del-l'uomo, ma i suoi voti cavallereschi gli impone-vano di aiutare chiunque fosse debole e bisognoso di aiuto. «Va bene» acconsentì in modo sbrigativo. Dopo mille ringraziamenti, l'uomo affermò di chiamarsi Thebald. Subito dopo presentò il ragaz-zo come Rowland e quest'ultimo annuì con e-spressione seria. «Io sono Reynold e lui è Peregrine» rispose lui sperando che il giovane scudiero seguisse il suo esempio e si mostrasse più discreto. Il nome dei de Burgh era molto conosciuto e lui

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intendeva usare le dovute cautele per evitare spia-cevoli conseguenze. In effetti, conversando con i due nuovi compa-gni di viaggio Peregrine si mostrò più circospetto, anche se sembrava contento di avere qualcuno a cui raccontare storie di santi e reliquie. Reynold ascoltò i loro discorsi per qualche tempo, poi tor-nò a farsi assorbire dai propri pensieri e si ritrovò a chiedersi come mai quello che doveva essere un viaggio solitario si era trasformato in un pellegri-naggio in comitiva. Reynold si svegliò di soprassalto. Suo fratello Dunstan quando viaggiava dormiva con la schie-na appoggiata a un albero per non farsi cogliere di sorpresa. Lui non arrivava a tanto, però come tutti i de Burgh faceva attenzione al minimo rumore e agiva sempre con estrema prudenza. Così tenne gli occhi chiusi e rimase in ascolto. Udì un fruscio, come se qualcuno stesse rovi-stando nella sua sacca. Restò immobile e socchiu-se le palpebre quel tanto che bastava per intrave-dere qualcosa. Avevano deciso di accamparsi tra le rovine di un vecchio edificio e il fuoco che a-vevano acceso per preparare la cena si era ormai estinto. O forse qualcuno lo aveva spento. A un tratto il chiarore argenteo della luna illu-minò un pesante bastone, sul punto di abbattersi sopra la sua testa. Thebald era pronto a colpire, mentre il ragazzo, che durante il viaggio aveva u-tilizzato il bastone per camminare, ora era in piedi

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senza bisogno di alcun sostegno e stava rovistan-do nella sacca di Peregrine. Ma dov'era lo scudie-ro? Forse lo avevano già tramortito. Temendo per la sua sorte Reynold balzò in pie-di gridando. Per quanto forte e tenace, Thebald non poteva avere la meglio contro un esperto e valente cavaliere. Si lasciò strappare il bastone di mano senza opporre resistenza mentre chiamava a gran voce Rowland perché corresse in suo soc-corso. Il ragazzo, che con tutta evidenza non era uno storpio, estrasse un pugnale e lo scagliò con grande abilità e precisione, mirando diritto al pet-to di Reynold. Peregrine, svegliato dal trambusto, lanciò un grido di allarme. Reynold vide che il giovane malfattore, che combatteva con il furore di un demone, si scagliava su di lui impedendogli di al-zarsi. I due rotolarono sull'erba arrivando perico-losamente vicini ai tizzoni del fuoco. Il cavaliere afferrò il pugnale che si era fermato contro il suo petto protetto dall'armatura e lo por-tò alla gola di Thebald. «Richiamate il vostro segugio, se avete cara la vita.» L'uomo aveva gli occhi fuori dalle orbite e re-spirava a fatica. «Fermati, Rowland. Fermati...» gridò con voce roca. Visto che il ragazzo non dava segno di aver u-dito, Reynold colpì Thebald con il bastone in mo-do da metterlo fuori gioco. Poi si precipitò verso i due giovani che si stavano azzuffando vicino ai

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residui del fuoco. Era chiaro che Rowland stava cercando di far finire Peregrine sopra le braci che avevano ripreso vigore grazie agli spostamenti d'aria provocati dalla lotta. Reynold afferrò il giovane malfattore per il col-lo e lo gettò a terra. Poi, prima che lui potesse al-zarsi, gli puntò la lama alla gola. «Se tieni alla vita ascolta con attenzione ciò che sto per dirti. Io non ho un'andatura spedita e la mia non è una simulazione, come invece è stata la tua. Ma questo non mi impedirebbe di infilzarti con la mia spada.» Il giovane però non sembrava affatto intenzio-nato ad arrendersi e continuò a lottare con vee-menza, tanto che Reynold fu costretto a legarlo con una corda tirata fuori dalla sua sacca. Poi lui e Peregrine recuperarono i bagagli e montarono in sella. Quando vide che portavano via anche i loro cavalli, Rowland cominciò a inveire nell'oscurità lanciando imprecazioni che li seguirono per un lungo tratto. «Non riesco a crederci...» sussurrò Peregrine, profondamente scosso per l'accaduto. «Sembrava così gentile e simpatico.» «Che ti serva di lezione, ragazzo. Le apparenze possono ingannare.» «Avrebbero potuto ucciderci nel sonno!» «Forse tu, io no di certo.» Poi, notando che Pe-regrine aveva chinato il capo al colmo dell'imba-razzo, Reynold addolcì il tono. «Credo che quei furfanti si procurino da vivere aggredendo i pel-

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legrini, ma che uccidano le loro vittime solo se costretti. Altrimenti ci avrebbero tolto di mezzo prima di tentare di derubarci.» Lo scudiero non sembrò rassicurato da quelle parole. «E cosa dite del pugnale? Ho visto che vi ha colpito al petto! Non siete ferito, milord?» Reynold scrollò il capo. «Non mi sarei mai messo in viaggio senza la cotta di maglia. Ho deciso di indossarla sotto la tunica per non attirare l'attenzione.» «Ma voi non passereste mai inosservato!» Si stava riferendo alla sua andatura lievemente claudicante? Reynold gli lanciò un'occhiata cupa e Peregrine arrossì. «Io non intendevo...» Si interruppe a quel pun-to, incerto. «Mi riferivo alla vostra spada, così lu-cente e affilata. E poi siete un de Burgh. Chi non vi riconoscerebbe?» Reynold fece un gesto impaziente. «Thebald e Rowland, sempre che quelli fossero i loro veri nomi, non conoscevano di certo la mia identità, altrimenti non avrebbero tentato di rapi-narci...» borbottò. «Dicevate sul serio a proposito della vostra an-datura?» Scorgendo la sua espressione accigliata il ragazzo cominciò a balbettare. «Io... io ve lo chiedo solo perché a vedervi non si direbbe.» «È vero. La mia gamba non mi permette un passo molto spedito.» «Siete stato ferito in battaglia?»

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Reynold fece un cenno di diniego. «È così da quando sono nato» rispose ostentan-do un'indifferenza che non provava. Tuttavia non gli fu difficile mentire, dal momento che era abi-tuato a dissimulare le proprie emozioni. Aveva imparato a farlo per nascondere il risen-timento nei confronti dei fratelli che lo prendeva-no bonariamente in giro riguardo al suo difetto fisico, o per mascherare l'invidia ogni volta che non era in grado di fare tutto quello che a loro riusciva facile. Fin da bambino si era sempre sen-tito la pecora nera della famiglia. «È stata colpa della levatrice?» Era talmente assorto nei suoi pensieri che quel-la domanda lo colse del tutto impreparato. Non amava parlare di quell'argomento, ma non si sentì di rimproverare il ragazzo per la sua ingenua cu-riosità. Però non avrebbe saputo cosa rispondere, perciò si limitò a scrollare le spalle. «Io l'ho chiesto solo perché mia sorella qualche volta ha aiutato l'ostetrica e mi ha raccontato che quando il bambino non è nella posizione giusta è necessario fargli fare dei movimenti che possono provocare danni anche gravi. È questo che è ac-caduto a voi?» Reynold fece spallucce. Riteneva del tutto inu-tile perdersi in futili congetture, dal momento che sua madre era morta e nessuno ormai avrebbe po-tuto dare una risposta a quelle domande. «O magari è accaduto quando vi hanno fascia-to» continuò Peregrine dando voce ai propri pen-

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sieri. «Forse non hanno fatto abbastanza attenzio-ne. Mia sorella dice che se non si sistemano le gambe in modo corretto il bambino può diventare uno...» Subito dopo si interruppe bruscamente. Reynold però intuì cosa stava per dire e avvertì una fitta di dolore. Fece un profondo respiro nel tentativo di calmarsi e decise che era arrivato il momento di mettere fine a quella imbarazzante conversazione. «Io non sono affatto uno storpio.»

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I diamanti di Welbourne ManorI diamanti di Welbourne ManorI diamanti di Welbourne ManorI diamanti di Welbourne Manor D. GASTON - D. MARLOWE - A. MCCABE

Inghilterra, 1818 - 1820 - Justine, Annalise e Charlotte sono tresorelle bellissime e chiacchierate. Solo grazie a tre uomini specialiconquisteranno la felicità che sembrava loro negata.

I sogni di una debuttanteI sogni di una debuttanteI sogni di una debuttanteI sogni di una debuttante ANNE HERRIES

Inghilterra, 1816 - Il sogno di Susannah è sempre stato una sta-gione a Londra e Lord Pendleton incarna il suo ideale di principeazzurro. Il loro incontro sarà davvero una favola?

La sposa La sposa La sposa La sposa ingleseingleseingleseinglese LYNSAY SANDS

Scozia, Medioevo - Costretta a sposare Galen con l'inganno,Kyla si finge pazza per non consumare le nozze. Lui, perduta-mente innamorato, riesce a conquistarla, ma poi...

Reynold de Burgh: il cavaliere nReynold de Burgh: il cavaliere nReynold de Burgh: il cavaliere nReynold de Burgh: il cavaliere neeeerorororo DEBORAH SIMMONS

Inghilterra, XII secolo - Reynold de Burgh parte alla venturasenza una meta. Non sa che sulla sua strada ci sono un drago dasconfiggere, una damigella da salvare, e un grande amore.

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I doveri di un cavaliereI doveri di un cavaliereI doveri di un cavaliereI doveri di un cavaliere LYNSAY SANDS

Il sogno di Lady Emma è quello di avere un figlio.Re Riccardo II le impone un nuovo marito, Amaury de Aneford.

Al valoroso guerriero tocca un compito assai gratificante...

Segreti a LondraSegreti a LondraSegreti a LondraSegreti a Londra MARGARET MOORE

Sir Douglas Drury è un noto avvocato inglese.Juliette Bergerine è una semplice sartina francese.

I loro destini si riuniscono inaspettatamente a Londra.

Ombre dal passatoOmbre dal passatoOmbre dal passatoOmbre dal passato ANNE HERRIES

Helene non è la solita debuttante frivola e superficiale.Max Coleridge è vittima di strani attentati.

Chi trama nell'ombra e sembra volerli dividere?

La sposa del guerrieroLa sposa del guerrieroLa sposa del guerrieroLa sposa del guerriero DENISE LYNN

Lady Sarah viene costretta suo malgrado a sposarsi.William è l'ex schiavo guerriero che diventa suo marito. Quando Sarah viene rapita, potrà contare solo su di lui.

Inghilterra, 1395

Londra, 1819

Londra, 1817

Inghilterra, 1168

Dall'1 maggio

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Dal 25 marzo

Una passione senza tempo, un amore

in grado di superare le barriere dell’eternità,

una vendetta da compiere. E una creatura della notte

dal fascino oscuro, e irresistibile.

UN NUOVO BESTSELLER FIRMATO HEATHER GRAHAM

Affascinanti guerrieri delle Highlands,hanno giurato di lottare per sempre controla progenie del Signore delle Tenebre. Brenda Joyce torna con un nuovo romanzo della saga MASTERS OF TIME.

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Tre coppie, legate da un incantesimo celtico che sopravvive nei secoli, travolte dalla magia di una passione oltre i confini del tempo. Un’antologia raffinata e sensuale, firmata da 3 autrici amatissime dal pubblico italiano.

“Quel biglietto non era per me. Ma non ho potuto

fare a meno di leggerlo… ed eseguire ciò che mi ordinava.

Da allora, non sono più stata la stessa.” Un romanzo

dove fantasie, desideri e provocazioni si intrecciano

in un gioco molto, molto sexy.

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