Giuseppe Bailone - Plotino

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    editrice petite plaisance

    Giuseppe Bailone

    Plotino

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    editricepetite plaisance

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    Chi non spera quello

    che non sembra sperabile

    non potr scoprirne la realt,

    poich lo avr fatto diventare,

    con il suo non sperarlo,

    qualcosa che non pu essere trovato

    e a cui non porta nessuna strada.ERACLITO

    MARGHERITA GUIDACCI

    ... se unoha veramente a cuore la sapienza,

    non la ricerchi in vani giri,come di chi volesse raccogliere le foglie

    cadute da una pianta e gi disperse dal vento,sperando di rimetterle sul ramo.

    La sapienza una pianta che rinascesolo dalla radice, una e molteplice.

    Chi vuol vederla frondeggiare alla lucediscenda nel profondo, l dove opera il dio,

    segua il germoglio nel suo cammino verticale

    e avr del retto desiderio il rettoadempimento: dovunque egli sianon gli occorre altro viaggio.

    PLOTINO! Chi era costui?

    PLOTINO: perch sembrava vergognarsi di essere in un corpo?

    PLOTINO: la ricerca del semplice

    PLOTINO: lorma e linterpretazione

    PLOTINO: verso lUno

    PLOTINO e la scienza

    PLOTINO: lanima

    PLOTINO: il Nous

    PLOTINO: lUno

    PLOTINO: la materia e il malePLOTINO: il tempo

    Lestasi

    Il giudizio di B. Russell

    Antropomorfismo e teomorfismo

    Indice

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    Giuseppe Bailone

    PLOTINO

    PLOTINO! Chi era costui?

    Non so se Don Abbondio abbia mai avuto occasione di porsi questa domanda, in-

    contrando nelle sue brevi letture quotidiane il nome di questo filosofo. La notorietdi Plotino , infatti, di gran lunga inferiore al suo peso nel processo di formazionedella cultura europea. Don Abbondio, quindi, potrebbe non aver mai saputo di que-sta radice profonda ed importante della sua modesta cultura filosofica e teologica.

    Plotino nasce nel 204 d. C. a Licopoli (attuale Asyut), nel Medio Egitto.Ha ormai 28 anni, quando arriva ad Alessandria, il centro pi importante della

    civilt ellenistica e luogo dincontro di culture diverse.I primi incontri con la filosofia sono deludenti, ma, poi, affascinato da Ammonio

    Sacca, frequenta per undici anni la sua scuola.

    Di Ammonio Sacca, considerato il fondatore del Neoplatonismo, sappiamo moltopoco: educato, forse, al cristianesimo, torna alla religione classica; non scrive nulla eimpegna i suoi allievi al segreto della dottrina; avvia allo studio di Platone e di Ari-stotele nel tentativo di armonizzarli.

    Nel 243, Plotino, per entrare in contatto con sapienti di Persia e dIndia, parteci-pa alla spedizione dellimperatore Gordiano contro i Parti. Il fascino delle cultureorientali ben presente nel mondo ellenistico romano insieme al crescente interessereligioso e alla sempre pi diffusa tendenza a far discendere la filosofia greca dal-lOriente.

    La spedizione fallisce e Gordiano viene ucciso.

    Roma vive decenni di crisi gravissima che rischia di travolgerla: la citt cosesposta al rischio di cadere in mano ai barbari che nel 271 limperatore Aurelianoavvia la costruzione di una poderosa cinta muraria difensiva.

    Plotino ripara ad Antiochia e, poi, arriva a Roma, dove apre una scuola in cui leggee discute testi di Platone e di Aristotele e dei loro commentatori.

    Nella cerchia dei suoi allievi ed estimatori ci sono parecchi senatori, c anche lim-peratore Gallieno e sua moglie Salonina. Plotino, per, non diventa un filosofo dicorte.

    Progetta, senza successo, di realizzare, con laiuto imperiale, una citt di filosofiin Campania, Platonopoli. Non pensa affatto di applicare allimpero il modello plato-nico, con la forza dellappoggio imperiale. La sua vocazione politica si limita al pro-

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    getto di realizzare quel modello per chi voglia viverlo. In qualche modo prefigura ilplatonismo dei monasteri.

    In un mondo che frana, Plotino cerca la salvezza non nella rivoluzione politica, manella ricerca interiore e nel perfezionamento morale.

    Un suo uditore, il senatore Rogaziano, fa una scelta di vita ascetica: rinuncia ai

    suoi importanti incarichi, a tutti i suoi beni, anche ad avere una casa sua, e mangiasolo a giorni alterni. Riesce cos a guarire da una grave forma di gotta, a recuperareluso delle gambe e una straordinaria abilit manuale. Plotino scrive Porfirio loamava e lo lodava soprattutto additandolo come esempio ai filosofi.

    In verit, tra gli uditori c anche chi resta ben attaccato alle cose del mondo. Ag-giunge, infatti, Porfirio: Cera anche Serapione di Alessandria, retore dapprima epi tardi dedito agli studi filosofici; egli per non seppe mai staccarsi dagli affari didenaro e dallusura.1

    Linsegnamento di Plotino per un po di anni solo orale. Comincia a scrivere soloalla soglia dei cinquantanni. Scrive di sua mano, senza affidarsi ad un amanuense,

    comera duso. Scrive dopo lunga rielaborazione interiore, avendo ormai in testa tut-to quanto il testo.

    Egli componeva dentro di s il trattato dal principio alla fine, poi metteva periscritto ci che aveva pensato scrivendo ininterrottamente quelle cose che aveva ela-

    borato mentalmente come se le avesse ricopiate da un libro. Poteva discutere conqualcuno e sostenere una conversazione pur seguendo le sue riflessioni, e cos sod-disfaceva alle convenienze del conversare senza cessare di meditare sugli argomentiche si era proposto. Partito linterlocutore, senza nemmeno rivedere ci che aveva giscritto perch, come ho gi detto, la vista non gli serviva nel leggere, proseguiva conle frasi successive, come se, conversando, quellintervallo non lavesse interrotto.2

    Non pensa alla pubblicazione, ma tutti i suoi scritti sono arrivati fino a noi, gra-zie a Porfirio, suo biografo ed editore, che, giunto trentenne nella scuola nel 263, haraccolto i cinquantaquattro scritti del maestro in nove gruppi, dando ad essi ordinesistematico e il titolo Enneadi.

    Nelle sue lezioni egli era di parola facile, e molto abile nel trovare e pensare ciche doveva dire; ma qualche volta errava nella pronuncia () Quando parlava, lin-telligenza si vedeva brillare nel suo viso e illuminarlo della sua luce; sempre piace-vole nellaspetto, egli diventava allora ancor pi bello: un leggero sudore imperlavala sua fronte, la sua dolcezza si rivelava tutta e si mostrava benevolo con quelli che

    lo interrogavano e parlava con tono vigoroso. Per tre giorni io lo interrogai sul modoin cui lanima unita al corpo ed egli non si stanc di offrirmi il suo insegnamento,tanto che un certo Taumasio, essendo entrato (dove noi eravamo), disse che volevaascoltare da lui delle conferenze vere e proprie che si potessero scrivere e non deidialoghi in cui Porfirio interrogasse e lui rispondesse. Allora Plotino disse: Ma sePorfirio non mi interrogasse io non avrei da risolvere problemi e cos non avrei dadire nulla che potesse essere scritto.3

    Plotino non si presenta come filosofo autonomo ed originale, quale in realt , macome un platonico. Fa lezione e scrive affrontando questioni attraverso la lettura elinterpretazione di filosofi antichi, soprattutto Platone ed Aristotele, convinto che laverit sia gi stata raggiunta e sia custodita in testi da decifrare e commentare.

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    Le nostre teorie non sono nuove n di oggi, ma sono state pensate da molto tem-po anche se non in maniera esplicita, e i nostri ragionamenti sono linterpretazione diquegli antichi, la cui antichit ci testimoniata dagli scritti di Platone.4

    Lidealismo di Platone saccompagna in lui alla aristotelica attenzione alla realtconcreta. Come Platone tende a guardare molto in alto, come Aristotele lo fa con i

    piedi bene per terra. Si potrebbe dire che Plotino, ultimo grande filosofo greco, co-struisce la sua sintesi componendo in unit lalternativa Platone Aristotele che Raf-faello ha cos ben rappresentato nella sua Scuola di Atene.

    Quella di Plotino lultima grande sintesi del pensiero greco. In essa confluisconola filosofia di Platone, di Aristotele ma anche degli Stoici e non mancano elementi dicultura orientale. E una sintesi molto originale, che chiude il mondo classico grecoe romano e apre o, meglio, viene usata per fondare filosoficamente la cultura cristia-na.

    E la filosofia che Giuliano LApostata usa nel suo breve (361-63) e fallito tentati-vo di salvare la religione classica dal naufragio e che i Padri della Chiesa usano per

    strutturare filosoficamente la dottrina cristiana.

    PLOTINO: perch sembrava vergognarsi di essere in un corpo?

    Plotino, il filosofo della nostra epoca, sembrava vergognarsi di essere in un corpo.Con questo sentimento egli non volle mai raccontare nulla n della sua origine n deisuoi parenti n della sua patria. E neppure volle mai accanto a s pittore o scultore,sicch ad Amelio che gli chiedeva il permesso di fargli fare il ritratto disse: Non abbastanza portare questimmagine che la natura ci ha messo intorno, e bisogneranche permettere che di questa immagine rimanga unaltra immagine pi duratu-ra, come se essa fosse degna di uno sguardo? E cos rifiut e non volle posare. MaAmelio aveva un amico, Carterio, il migliore dei pittori di allora, e lo fece entrare eassistere alle lezioni, alle quali poteva assistere chi voleva. Fissandolo a lungo da vi-cino, Carterio si abitu a rappresentarselo con sempre maggiore chiarezza e, in segui-to dipinse il ritratto conforme allimmagine che conservava nella memoria, mentreAmelio correggeva via via lo schizzo per renderlo pi somigliante; e cosi il talento di

    Carterio ci diede un ritratto assai fedele, senza che Plotino lo sapesse.5Plotino non ha del corpo e della realt sensibile una concezione negativa, non di-

    sprezza il mondo naturale e non vede nella materia il male.Polemizza s contro ledonismo e il materialismo epicureo, ma altrettanto severo

    contro gli Gnostici, che vedono nel mondo fisico solo male ed imperfezione. Non sitrovano nei suoi scritti parole di disprezzo per il corpo, n risulta che vivesse con di-sagio il rapporto con il proprio corpo. Infatti, aveva labitudine di salutare tutti conun abbraccio, scrive Porfirio.

    Unabitudine che non abbandon neppure quando, ormai vicino al termine del-lesistenza (conclusasi nel 270), copertosi di piaghe alle mani e ai piedi, la pruden-za avrebbe consigliato un diverso rapporto del proprio corpo con quello degli altri.

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    Infatti, gli amici evitavano dincontrarlo ed egli abbandon la citt e se and a vive-re in Campania fissando la sua dimora nel podere di Zeto, suo vecchio amico.6

    Se Plotino pensa che il corpo non vada disprezzato, se non prova disagio per ilproprio corpo neppure quando le sue condizioni creano difficolt nel rapporto congli altri, perch sembrava vergognarsi di essere in un corpo?

    Perch non vuole essere ritratto? Perch non vuole raccontare nulla n della pro-pria origine n dei propri parenti n della propria patria?Come dobbiamo intendere questo atteggiamento?Cominciamo la nostra visita a questo sorprendente filosofo con questa domanda e

    teniamola sempre bene presente. Ci aiuter a capirlo.

    PLOTINO: la ricerca del semplice

    Noi vediamo che le cose, che chiamiamo esseri, sono tutte composte e che nessu-na di esse semplice, sia quelle prodotte dalle singole arti, sia quelle che sussistonoper natura.7

    Il semplice non lo vediamo, ma lesperienza del complesso ci spinge a cercarlo.Infatti, il composto presuppone il semplice. Ma, come trovarlo?

    La divisione delle cose sembra la strada giusta. E, per, una strada che cresce cam-min facendo: ogni parte trovata, infatti, si rivela a sua volta composta di parti, ognidivisione ne apre altre. E, quando la divisione sembra aver esaurito le sue possibilit,linvenzione di mezzi pi raffinati la riapre.

    Il progresso tecnico fa di ogni punto darrivo una nuova partenza.Esiste ci che nessun progresso tecnico potr mai dividere?La divisibilit delle cose ha un limite oggettivo, nelle cose?Il mondo composto di parti semplici?Come si vede, sono domande che nascono dallesperienza della divisione, della

    manipolazione delle cose, ma che vanno ben al di l dellesperienza.Siamo qui di fronte ad una questione fondamentale di quella che Kant chiama

    cosmologia razionale, la riflessione metafisica sul mondo. Una questione che vede ifilosofi di tutti i tempi dividersi in battaglie senza fine.

    Zenone di Elea alla testa di quelli che rispondono di no. Ha alle spalle la crisi delpitagorismo provocata dalla scoperta dei numeri irrazionali8. Ha imparato dal suomaestro Parmenide che la realt, quella vera, non composta, non fatta di parti,che la divisione non reale. Per difendere il maestro dagli avversari che lo accusanodi sostenere cose assurde, perch vistosamente contraddette dallesperienza, elaboraargomentazioni razionali contro levidenza sensibile: dimostra che, se la divisionefosse reale e non solo apparenza, una volta avviata, non avrebbe limiti, con conse-guenze assurde.

    Democrito, profondamente interessato allo studio del mondo fisico, non pu ac-cettare che il mondo fisico sia solo apparenza e, in fondo, assurdo. La divisione dellecose non unillusione, reale. E vero che le parti, di cui sono fatte le cose composte,

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    sono anchesse fatte di parti; ma la divisione, proprio perch opera su cose reali, deveavere un limite, anche se non lo si vede. Non pu aver ragione Zenone: unoperazio-ne reale, come la divisione, su cose reali, non pu perdersi nellassurda sua prosecu-zione allinfinito. C, sicuramente, il semplice, ci ch solo parte di altre cose, senzaessere fatto di parti. C lelemento ultimo. E pieno, del tutto privo di vuoto, e non

    lascia alla divisione alcun varco, neppure teorico, per insinuarsi e operare.Perch sia chiaro ci che intende, Democrito lo chiama atomo, che in greco signifi-ca ci che non diviso, ma, anche, ci che non si pu dividere.

    La via di Democrito la via suggerita dallesperienza della manipolazione dellanatura. E la via di chi pensa che lazione della natura sia simile allazione che luomocompie sulle cose con le mani, pi o meno potenziate da mezzi tecnici.

    In et moderna, il successo crescente della scienza e della tecnica rende il modellodi Democrito sempre pi convincente e la ricerca del semplice per scomposizionedilaga anche al di fuori della fisica.

    Locke parla di idee semplici e di idee complesse. Gli empiristi cercano nella sensa-

    zione il semplice, ci che di elementare ci sarebbe nella conoscenza. Suscitano la rea-zione di chi pensa che le sensazioni elementari siano nel concreto molto complesse epresuppongano lesperienza da cui sono tratte.

    Il giovane Leibniz cerca il semplice dei concetti, gli elementi ultimi e primitivi delpensiero. E convinto di poter costruire con essi la macchina per pensare.

    Non riesce a trovarli e ripiega sul perfezionamento della macchina per calcolare,gi inventata da Pascal.

    Hobbes rivoluziona il pensiero politico, imponendo ad esso il rigore e la deter-minatezza del movimento meccanico: lo Stato va studiato e organizzato come unamacchina, come un orologio9.

    Il ragionamento di questo filosofo, che affascina molti pensatori, anche Bobbio, peril suo rigore scientifico, si regge su unidea di fondo che pu essere cos schema-tizzata: la realt politica molto complessa, ma costituita di atomi sociali, gli indi-vidui umani, mossi da impulsi elementari (il volere tutto per s e la paura di morireammazzati), trovati i quali si dispone della chiave per capire le dinamiche sociali eper strutturale con rigore. Acquisiti gli elementi primi, semplici, dellagire sociale,il ragionamento pu svilupparsi col rigore del calcolo matematico e della dimostra-zione geometrica. La costruzione dello Stato diventa unoperazione meccanica e lemillenarie battaglie sulla Giustizia, cause di disordini e guerre civili, hanno fine.

    Naturalmente le battaglie filosofiche sulla giustizia non hanno termine con Hobbes,ma trovano in lui solo un nuovo tipo di contendente. E sulla natura semplice deglielementi primi che egli mette a fondamento della sua costruzione meccanica non difficile avanzare obiezioni.

    Plotino, come Democrito, parte dallesperienza della divisibilit delle cose, nonvolta le spalle allevidenza empirica, dice che le cose, che chiamiamo esseri, sonotutte composte.

    Laccordo, per, finisce qui. E vero che tutte le cose di questo mondo sono fatte diparti, ma non esiste la particella semplice, latomo di Democrito. Ha ragione Zenone:la ragione impone di pensare la divisibilit senza limiti; seguire Democrito nella ri-cerca del semplice attraverso la divisione porta alla dispersione nel nulla, perch

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    quel che Democrito chiama atomo, in quanto materiale e quindi esteso, non indi-visibile.

    Contro Zenone ha ragione Democrito a guardare con attenzione ci che appare aisensi. Contro Democrito ha ragione Zenone ad avvertire che il ragionamento troppolegato a ci che appare finisce nellassurdo.

    Lesperienza non cinganna quando ci spinge alla ricerca del semplice, ma la stra-da che sembra suggerirci per trovarlo non quella giusta.Il semplice c, ma non latomo, la particella fisica di Democrito; non lo si trova

    attraverso la divisione del composto.Siamo in piena metafisica, nella Terra di Nessuno, dove nulla definitivo e chiun-

    que pu rimettere in discussione tutto, in ogni momento.Nel conflitto tra la tesi metafisica di Zenone e di Parmenide e quella di Democrito,

    altrettanto metafisica ma di segno opposto, Plotino trova il varco per una nuova, ori-ginale, posizione. Le battaglie metafisiche sono, infatti, non solo senza fine, ma ancheaperte a sempre nuove soluzioni.

    PLOTINO: lorma e linterpretazione

    Democrito, secondo Plotino, prende troppo alla lettera la testimonianza dei sensie si fa condurre in un percorso razionale che, invece di portare al semplice che cerca,porta allassurdo.

    La fedelt letterale ai sensi lerrore di tutti i materialisti.Ma, Plotino non propone, per evitarlo, di voltare le spalle ai sensi. Egli non con-

    danna i sensi, ma quello che Ugo Bonanate definisce un approccio di estremo lette-ralismo alla realt sensibile.10

    Non ci sono solo le strade di Zenone, contro i sensi, e di Democrito, troppo fedeleai sensi. Platone ed Aristotele, secondo Plotino, aprono una terza strada, quella dellafedelt non letterale ai sensi, quella che interpreta le immagini sensibili come ormedi ci che sensibile non .

    Non dobbiamo fermarci davanti al mondo fisico cos come si presenta, n tentaredi capirlo smontandolo come facciamo con i nostri prodotti. Dobbiamo interpretarloe andare oltre. Nella sua fisicit c lorma del mondo intelligibile superiore: ogni

    cosa naturale, anche la meno importante, ha qualcosa di sorprendente, il thauma11

    ,qualcosa che segnala il divino.

    Il thauma, lorma del divino, non il miracolo che interrompe la regolarit dellanatura, non il fine mirabile a cui la struttura delle cose sembra orientata, n lordinegeometrico del mondo.

    Plotino non solo respinge decisamente il meccanicismo di Democrito e di Epicuro,ma, interpreta Platone ed Aristotele con una certa forzatura, liberandoli da ogni ideadi progettualit e di finalit allorigine della natura.

    Il mondo non un prodotto meccanico, non la realizzazione di un progetto divi-no, neppure realizza la finalit oggettiva aristotelica. Il mondo deriva con necessitda Dio. Lo vedremo pi avanti.

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    Il thauma, lorma da prendere in considerazione, ci che di apparentemente con-traddittorio presenta lesperienza, lunit complessa delle cose. Essa non va smonta-ta, come fanno i meccanicisti, ma anche i finalisti, che riducono lunit delle cose ailoro elementi e al fine che li terrebbe insieme.

    Smontare lunit complessa delle cose significa prendere troppo alla lettera lappa-

    rire sensibile della complessit e non cogliere il carattere essenziale dellunit dellecose. E un errore che accomuna filosofie diverse, anche opposte. Gnostici ed epicu-rei, ad esempio, sono agli antipodi nella valutazione della realt materiale e nelleproposte morali, ma, gli uni e gli altri si fermano ai dati immediati del mondo fisicosenza accorgersi delle tracce, delle orme del divino presenti in esso.

    Ugo Bonanate spiega: Pur valutando il sensibile in maniera antitetica, gnosticied epicurei sono daccordo nellattribuirgli unevidenza innegabile () giungono adinterpretare la realt come talmente esplicita nel manifestare la sua natura da impe-dirsi di scoprire quelle ulteriori valenze che un diverso pi articolato e sfumato giudizio sul sensibile permette invece di individuare. La conoscenza della realt,

    immagine che anche orma, richiede, quale condizione preliminare, di accettare cheil suo carattere non sia esplicito e di ammettere che in essa si dispongono livelli so-vrapposti.12

    La natura va interpretata, non solo letta: essa rimanda ad altro, allo spirito, al mon-do intelligibile, al divino.

    La domanda che latteggiamento di Plotino nei confronti del proprio corpo suscitatrova qui i primi elementi di risposta: Plotino si vergogna di essere nel corpo, nonoffre i suoi dati sulla nascita e sul mondo in cui s formato, n vuole che un pitto-re lo ritragga, perch i suoi tratti del viso e i suoi dati biografici vanno interpretati,non riprodotti con fedelt letterale: rimandano alla sua realt vera, di cui sono solounimmagine orma.

    Davanti ad unorma non ci si ferma a copiarla, a fissare in memoria i suoi elementi,ma, si cerca ci a cui essa rimanda, si cerca altro.

    Sulla scia di Plotino si muove, in tempi a noi vicini, Bergson.Bergson non respinge il fotografo, ma sulla natura si orienta come Plotino.Allinizio del secolo scorso Bergson, nelle sue riflessioni sullevoluzione e sulla

    vita si accorge di quanto la sua filosofia sia vicina a quella di Plotino, cos lontananel tempo, e di quanto profondamente Plotino lo abbia preceduto nella sua critica aquello che lui chiama scientismo. Inizia, allora, a tenere lezioni su Plotino al Collge

    de France.Per Bergson scientismo quel positivismo che, nella seconda met dellOttocen-

    to, enfatizza la scienza fino a non riconoscerne pi limiti di validit e di estensione.E latteggiamento di chi pensa che il metodo della scienza possa essere impegnatoin ogni tipo di conoscenza e che con esso sia possibile finalmente risolvere anche lemillenarie questioni metafisiche. Ad esso Bergson propone cautela e sobriet: Noiabbiamo soltanto domandato alla scienza di restare scientifica, di non avvolgersi inuna metafisica inconsapevole che si presenta allora agli ignoranti, o ai semidotti, sot-to la maschera della scienza.13

    In Plotino, come in Bergson, c una unit originaria che non nasce da una com-posizione o da una scomposizione, c una unit originaria che si manifesta a livello

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    sensibile in queste forme viventi, le quali sono unitarie alla loro origine, non pereffetto di una composizione, di un montaggio. Paragoniamo, ad esempio, lunit diun cavallo con quella di unautomobile. Lunit di unautomobile dovuta al fattoche il costruttore lha progettata in un certo modo e poi ha indicato certi materialida modellare e da mettere insieme, cosa che viene fatta alla catena di montaggio.

    Questo non avviene affatto per il cavallo. Esso ha ununit originaria che si esprime,si espande, poi si fissa in un organismo la cui unit originaria non dovuta ad unaazione artificiale di qualcuno che labbia costruito, ma dovuta al fatto che lespres-sione molteplice o articolata in tanti organi di una unit non composta. Questo con-cetto dellunit quello che unisce Bergson a Plotino e che d luogo ad una critica diquello che Bergson chiama il finalismo. Bergson, cio, non accetta lidea della naturameccanica della realt, ma non accetta neanche linterpretazione di questa realt na-turale come il prodotto di un finalismo, cio come prodotto di un progetto che abbiaanzitutto delineato il punto a cui si voleva arrivare e poi abbia messo insieme, abbiacomposto dei pezzi o degli elementi per dar luogo a questo risultato. Per Bergson il

    finalismo non altro che un meccanicismo a cui si premette lidea del tutto; la naturanon nasce cos, non nasce da un progetto, nasce da una espressione, da una estrinse-cazione, questo il punto di vista che lo avvicina a Plotino.14

    Gli odierni progressi delle biotecnologie offrono nuovi elementi a chi pensa chetutte le cose, anche quelle viventi, si possano conoscere smontandole e rimontandole,ma anche gli argomenti di Plotino vengono aggiornati nelleterno dibattito metafisi-co. Ecco ad esempio, che cosa scrive Vittorio Mathieu, autore del passo su Bergsonappena citato:

    Anche oggi, che si esegue la fecondazione in vitro e, cosa ben pi importante, sidecifra il linguaggio con cui i viventi si trasmettono informazioni, non siamo affattoin condizione di capire in che senso questo linguaggio informi in senso aristotelico.Analizziamo lo strumento con cui il vivente parla e possiamo, a volte, influire sul si-gnificato e quindi sui risultati del suo discorso; ma, per ora, non siamo affatto capacidi parlare a quel modo. Forse lo saremo un giorno. E allora le considerazioni chePlotino fa sulla vita (metafora che usa continuamente) andranno spostate pi in l.Per ora, per, la sua riserva rimane valida: non siamo padroni dellaphsis della vita,se non per un aspetto del tutto marginale. Il suo generarsi originario non avvienesecondo i modi in cui operiamo, e cio per uno spostamento di elementi: avviene inun altro modo, che non siamo in grado di progettare.15

    Plotino non sepolto nel passato remoto, il suo messaggio rivive nelle battaglie dioggi: non dobbiamo studiare la natura come se potessimo diventarne padroni, mainterpretando le sue orme che rinviano ad altro, al divino, ad Altro, allUno.

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    PLOTINO: verso lUno

    Le cose sono s composte, ma anche unite in modo cos stretto ed essenziale che,perdendo la loro unit, perdono il loro essere, anche se restano tutti gli elementi dicui erano composte. Lunit delle cose composte, infatti, non soltanto la somma dei

    loro elementi costitutivi e non si lascia scomporre senza pregiudicarne lessenza: hala natura del semplice!Che cosa sarebbero, infatti, gli enti se non fossero uno? Poich nessuno di essi,

    privato della sua unit, non pi quello. Per esempio: non c lesercito se non uno,n sono il coro o il gregge, se non sono uno; neppure sono la casa o la nave se nonhanno unit, poich la casa e la nave sono uno e, tolta lunit, la casa non sarebbe picasa, n la nave pi nave. Cos le grandezze continue non sarebbero se in esse nonfosse presente luno: infatti se vengono divise, in quanto perdono lunit, perdono illoro essere.

    Inoltre, anche i corpi delle piante e degli animali, essendo uno ciascuno, se sfug-

    gono allunit, si dividono in molte parti e perdono lessere che avevano; e se diven-tano qualcosa di diverso, anche il nuovo essere esiste in quanto uno. C la salutein quanto il corpo si accorda nellunit; c la bellezza quando la natura dellunoarmonizza le parti; c la virt dellanima quando le sue potenze si fondono in unite concordia.16

    Le cose, tutte le cose che lesperienza ci presenta, sono unit complesse, sono dellecose composte caratterizzate dallunit non scomponibile, quindi semplice,singolare,dei loro elementi.

    Questa idea di unit ricorda il concetto aristotelico di sostanza prima.Non ci sono, come nei numeri, le unit al plurale e poi lunit complessiva che le

    raggruppa: lunit dellessere un aspetto che non si aggiunge, ma si identifica conlessere stesso delle cose, spiega Vittorio Mathieu, un plotiniano di oggi.17

    La parola unit pu, infatti, significare la semplice somma degli elementi di cui fatta una cosa, ma, anche il carattere essenziale della cosa. Due significati moltodiversi.

    Anche la parola molti ha significati diversi: una cosa sono i molti che concorronoa fare luno come somma, una cosa ben diversa sono i molti come articolazione del-luno.

    Siamo davanti ad uno dei problemi centrali della filosofia.

    Che cos luno? Che cosa sono i molti? In che rapporto stanno?E pi importante luno o sono pi importanti i molti? E luno a fare i molti o sono

    i molti a fare luno?Ci si pu fermare al significato di unit come somma, ma la ricerca dei suoi ele-

    menti costitutivi porta allatomo di Democrito o ai paradossi di Zenone. Per Plotinobisogna guardare allunit nel senso pi forte, quella essenziale, e apprezzarla pro-prio per il suo aspetto sorprendente e quasi contraddittorio. Essa lindizio di ciche di non sensibile, dintelligibile, c nelle cose, lorma del semplice che invanoDemocrito cerca negli atomi.

    Se i manufatti sono costituiti di elementi che stanno insieme solo per accostamentoe incastro, gli esseri viventi hanno, invece, ununit pi stretta.

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    C una differenza profonda tra il prodotto tecnico e quello naturale.La natura non agisce come luomo con le mani, per composizione e scomposi-

    zione: una quercia non la composizione delle sue foglie e dei suoi molti elementi,ma lespressione dellunit che essa gi aveva quandera ancora seme. Lunit dellaquercia non il risultato, ma ci che viene prima, sia in senso temporale che per im-

    portanza.Dividere le cose naturali per cercarne gli elementi ultimi significa non trovare quelche si cerca e perdere la loro unit, lessenziale.

    Lunit delle cose, per Plotino, nel tutto e nelle sue parti.Socrate Socrate dalla testa ai piedi, nel suo insieme e in tutte le sue parti, e in tutti

    i momenti dei suoi settantanni di vita, durante i quali tutti i suoi tratti, fisici e psichi-ci, cambiano profondamente.

    La filosofia si spesso divisa tra chi assimila lazione naturale a quella meccanicadellartigiano e chi insiste sulla differenza.

    Se Democrito si colloca nella prima posizione, Plotino, in questo molto pi aristo-

    telico che platonico (il Demiurgo, il divino Artigiano del Timeo, agisce in modo pisimile a quello meccanico dellartigiano che progetta che al movimento aristotelicodella vita), sta nella seconda.

    Per Democrito ci sono infiniti mondi e luomo ha poteri molto limitati, ma il tipodi azione con cui le tutte cose si fanno e disfanno simile allazione meccanica di cuiluomo capace. La realt conoscibile con lanalisi e la sintesi, perch il risultatodellazione meccanica di composizione e scomposizione. La conoscenza possibileperch luomo pu riprodurre lazione che ha fatto le cose. Il mondo fatto comeanche luomo potrebbe farlo se potesse potenziare allinfinito i suoi mezzi tecnici. Ilmondo conoscibile perch pu, in linea di principio, essere rifatto dalluomo.

    Per Plotino, in linea di principio, il mondo non pu assolutamente essere rifattodalluomo: il mondo uno solo e non assolutamente fatto come luomo potrebbefarlo con le sue mani e con il sapere tecnico e scientifico; non lha fatto un dio inge-gnere dai poteri infiniti; non lesecuzione, per composizione e scomposizione, di unprogetto; meno ancora leffetto di unazione meccanica casuale.

    Invece di guardare ai prodotti naturali come se fossero prodotti artificiali, convieneguardare anche ai prodotti artificiali con lattenzione allunit acquisita nellosserva-

    zione delle cose naturali. Infatti, se gli esseri viventi hanno ununit che non si lasciascomporre, anche le cose scomponibili sono quel che sono per la loro unit.

    Lessenziale delle cose, di tutte le cose, naturali e artificiali, la loro unit.E lunit lorma che indica la strada verso il semplice, verso lUno.Tutti gli enti sono enti per lUno sia quelli che sono tali in primo grado, sia quelli che

    partecipano in qualche modo dellEssere.18

    Nel percorso dal molteplice allUno il grado di unit ad essere decisivo.C, infatti, per Plotino una gerarchia di unit che determina la gerarchia degli

    enti: pi una cosa intensamente unita e pi in alto nellordine del reale: gli esseriminori hanno in s meno di unit, gli esseri maggiori ne hanno di pi.19

    Il semplice si trova al vertice, in cima alla gerarchia degli enti, non al fondo.

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    Il punto di vista di Plotino diametralmente opposto a quello di Democrito, diEpicuro e di tutti quelli che si fermano ai dati del mondo fisico senza accorgersi delletracce, delle orme del divino presenti in esso.

    Per Plotino, anche gli gnostici, che col loro pessimismo radicale sembrano loppo-sto simmetrico delledonismo epicureo, sono letteralisti direbbe Bonanate come

    gli epicurei e devono il loro pessimismo proprio a questa impostazione di fondo.Non ci si pu fermare davanti al mondo fisico cos come esso si presenta. La naturava interpretata, non solo letta: non ci si pu fermare alla lettera, ai suoi dati immedia-ti, bisogna capire che essa rimanda ad altro, allo spirito.

    Lerrore del materialismo , per Plotino, quello di prendere alla lettera le sensazio-ni, di ragionarci sopra e di non sospettare che esse siano orme di altro, di un mondosuperiore e pi reale.

    In verit Democrito non si ferma alla lettera: latomo non lettera, non un datosensibile, unipotesi razionale, un postulato. Anche Democrito va oltre la lettera deidati della sensazione.

    Lo scontro tra Plotino e Democrito, allora, non da intendersi come scontro tra chisi ferma alla lettera e chi va oltre interpretandola, ma tra chi va oltre in senso e chi vaoltre in senso opposto.

    Lo scontro tra interpretazioni metafisiche del mondo fisico.Per Democrito le cose composte nascono e muoiono, hanno realt temporanea,

    rimandano ad altro, agli atomi che le costituiscono. Pienamente reali, eterni, senzatempo, sono gli atomi, la profonda e vera realt.

    Per Plotino gli atomi non esistono e le cose sono tanto pi reali quanto pi sonounite e, quindi, vicine allUno, da cui tutte derivano.

    Democrito e Plotino hanno in comune la tesi fondamentale di Parmenide: ci che veramente uno, indivisibile. Tesi che nel modo immediato in cui Parmenide lapone sembra incomprensibile, ma che, alla luce del contrasto tra Democrito e Plotinodiventa pi chiara.

    Democrito accoglie la tesi di Parmenide nella sua prospettiva materialistica e plu-ralista: ci che uno in senso rigoroso, indivisibile, latomo; ma materiale e dinumero infinito.

    Plotino respinge il materialismo (la materia pura non reale) e il pluralismo: ciche uno e unico. Di Parmenide accetta anche il monismo.

    Per Democrito latomo veramente e pienamente reale perch non composto. Per

    Plotino le cose sono reali in rapporto allintensit dellunit della loro composizione.Quando lintensit diventa massima, la complessit cede alla semplicit pura, a cuinon lesperienza ma solo la ragione pu avvicinarsi.

    Democrito e Plotino hanno ancora in comune lidea che ci che veramente e pie-namente non oggetto di esperienza quotidiana, ma solo di riflessione razionale.Sono entrambi razionalisti e metafisici.

    N latomo di Democrito n lUno di Plotino sono oggetto desperienza.Ma, latomo di Democrito il perno di un pensiero che legittima metafisicamente

    lattivit scientifica, mentre lUno di Plotino il perno di un pensiero che segnalametafisicamente i limiti della conoscenza scientifica e dellagire umano.

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    Due metafisiche diverse, che spesso vengono forzate dai loro sostenitori epigoniad agire in senso opposto sulla scienza: spingendola a farsi metafisica scientista ocomprimendola in limiti pregiudiziali.

    PLOTINO e la scienza

    Plotino incontra la filosofia e imposta la sua concezione della realt ad Alessan-dria, il centro pi importante della scienza antica. Ci avviene, per, in una fase diforte declino della razionalit scientifica.

    Nel 1996 Lucio Russo ha pubblicato i risultati dei suoi studi sui rapporti tra ilpensiero scientifico greco e la scienza moderna: La scienza moderna non nasce conGalileo e Newton. Le sue origini vanno retrodatate di almeno duemila anni, alla finedel IV secolo a. C. La Rivoluzione scientifica del XVII secolo riscopre la rivoluzioneellenistica di figure come Euclide, Archimede, Eratostene, Aristarco di Samo e di tan-

    ti altri raffinati scienziati.20Let ellenistica non sarebbe un lungo periodo di decadenza, come si soliti pen-

    sare, ma avrebbe prodotto, prima della conquista romana, una profonda rivoluzioneculturale, la madre di quel pensiero scientifico che, a partire dallet moderna, si sa-rebbe poi affermato anche nella nostra cultura.

    La rivoluzione scientifica di cui parla Lucio Russo, nata dallincontro della razio-nalit greca con le culture orientali, sarebbe durata poco: a partire dalla conquista diSiracusa e dalluccisione di Archimede, nel 212 a. C., fino alla distruzione di Corintonel 146 a. C., la conquista romana distrugge tutti i principali centri di quella culturae avvia a secoli di oscurantismo.

    La filosofia greca, in seguito alla conquista macedone del mondo orientale, entrain contatto con una straordinaria quantit di dati empirici e con raffinate competen-ze tecnologiche e produce la prima rivoluzione scientifica della storia. Lespansioneromana travolge quella conquista e riporta la cultura, anche quella filosofica, a li-velli prescientifici. Solo tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo c una parzialeripresa della ricerca scientifica, che ha in Alessandria il suo centro pi importantee tramonta nel quinto secolo. Il 415 d. C., lanno in cui la matematica Ipazia muorelinciata e fatta a pezzi da fanatici cristiani, pu essere considerato la data di mortedella scienza alessandrina.

    La barbarie macedone apre alla rivoluzione scientifica, quella romana la compro-mette gravemente, quella cristiana la liquida definitivamente.

    Certo, i barbari romani che conquistano e distruggono il mondo ellenistico ven-gono poi educati dai greci deportati come schiavi e dalle opere darte depredate eriescono ad esprimere i raffinati intellettuali dellet di Virgilio e di Orazio. Ma lacultura romana, anche se nei suoi momenti pi alti riesce ad esprimere senso artisticoe razionalit filosofica, non riesce a far sua la razionalit scientifica che ha distrutto.

    Anche quando, con linnalzamento del livello culturale del fero vincitore, gliscrittori romani di epoca imperiale come Plinio e Seneca arrivano a interessarsi allalettura delle opere scientifiche ellenistiche, non riescono pi a seguire la logica delleargomentazioni e si limitano a suscitare la meraviglia del lettore per le loro conclu-

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    sioni inaspettate eliminando i nessi logici e sostituendoli con connessioni assoluta-mente arbitrarie.21

    Delle opere scientifiche del terzo secolo avanti Cristo ci rimasto quasi nulla. Laselezione operata dal tempo ha privilegiato le compilazioni o comunque le operescritte in un linguaggio ancora comprensibile nella tarda antichit e nel medio evo,

    quando la civilt era regredita a livello prescientifico: abbiamo lopera di Varronesullagricoltura e quella di Vitruvio sullarchitettura, ma non le loro fonti ellenistiche;abbiamo lo splendido poema di Lucrezio sulla natura, ma non le opere di Stratonedi Lampsaco, che secondo alcuni indizi potrebbe aver costituito linizio della verascienza della natura. Anche tra le vere opere scientifiche due sembrano i criteri discelta seguiti dai Bizantini e dagli Arabi che ce ne hanno conservate alcune. Innan-zitutto quello di privilegiare gli autori di et imperiale, le cui opere sono metodolo-gicamente inferiori ma pi facilmente utilizzabili: ci rimasta ad esempio lopera diErone sugli specchi, ma non il trattato che, secondo alcune testimonianze, era statoscritto da Archimede sullo stesso argomento. Tra le opere dei singoli autori si sono

    preferite poi in genere quelle pi accessibili e spesso solo le parti iniziali.22Quando Plotino arriva ad Alessandria, lo spirito scientifico stato da tempo com-

    promesso ed egli, molto attento al mondo naturale e della vita, guarda ad esso congli occhi di Aristotele e con razionalit metafisica e prescientifica. In un mondo in cuiprevalgono ormai le tendenze irrazionalistiche, egli elabora una concezione rigoro-samente razionale della realt, ma di una razionalit diversa da quella della rivolu-zione scientifica avvenuta dopo la morte di Aristotele.

    Alla razionalit di Plotino faranno ricorso, pi o meno consapevolmente, sia colo-ro che, come Bergson, capaci di competenza scientifica, vogliono una scienza che nondebordi in metafisica scientista, sia coloro che, con poca educazione allo spirito dellascienza, cedono alla tendenza decadente che travolge il rigore scientifico in nome diun sapere pi alto, ma irrazionale.

    Per completare il quadro, non va, infine, dimenticato che la scienza moderna nata in un clima prevalentemente neoplatonico. Infatti, la grande rinascita che ilNeoplatonismo ha avuto nellet umanistico rinascimentale ha contribuito alla dis-soluzione di concezioni aristoteliche che facevano da supporto al paradigma tole-maico, spianando cos la via alla diffusione di quello eliocentrico alternativo.23

    PLOTINO: lanima

    Le montagne impongono con forza la loro esistenza: sono grandi, immobili e pe-santi. Sono vistose ma poco reali. Pi i corpi sono divisibili, pesanti e privi di movi-mento, come le montagne, e meno sono reali.

    C meno essere nella terra che immobile, che non in un corpo pi mobile e menopesante () Pi i corpi bastano a se stessi e meno essi molestano e si oppongono aglialtri; i corpi pi pesanti e pi terrestri che vengono meno e cadono incapaci di risol-levarsi, cadono per la loro debilit e cadendo colpiscono (gli altri) a causa della loroinerzia. Poich sono i corpi senza vita che si urtano pi spiacevolmente e colpisconoviolentemente e danneggiano; i corpi animati, invece, che partecipano dellessere,

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    quanto pi ne partecipano, tanto pi sono miti coi loro vicini. Il movimento, che come la vita dei corpi ed immagine di essa, si trova specialmente in quelli che hannomeno corporeit; come se un corpo, abbandonato dallessere, diventasse maggior-mente corpo () Un corpo tanto pi corpo quanto pi passivo: cos la terra picorporea delle altre cose () Gli altri corpi, quando sono divisi, riuniscono di nuo-

    vo le loro parti, se nulla vi si oppone; ma se si divide in due una cosa fatta di terra,ciascuna delle due parti rimane separata. E come gli esseri invecchiati per effetto dinatura sono tali che, per il pi piccolo urto, ne rimangono colpiti e danneggiati, cosci che corpo per eccellenza in quanto si avvicina di pi al non essere, impotentea ricomporsi in unit. La caduta causa di urti pesanti e violenti, cio di azioni di uncorpo sopra un altro: un essere debole cadendo su un essere debole forte rispetto aquesto, un non essere contro un non essere.24

    Le cose sono nella misura in cui bastano a se stesse.Meno bastano a se stesse e pi sono ingombranti, immobili, divisibili, pesanti e

    anche violente.

    Lanima non pesa, non ingombra, ma pi reale dei corpi. Per arrivare ad essabisogna osservare lunit, il movimento e la vita dei corpi.

    Il peso, lingombro e la violenza delle cose sono inversamente proporzionali allarealt delle cose, mentre la leggerezza e la grazia sono segno di consistenza reale e dipresenza in esse dellintelligibile, dellanima.

    Lanima svolge diverse funzioni, da quelle del movimento e della vita fino a quellapi alta della contemplazione.

    Nelluomo lanima arriva a riflettere e progettare, a porsi dei fini e a cercare i mez-zi per raggiungerli. E unattivit di cui luomo va fiero, ma non lattivit pi altache lanima pu realizzare: segnala i limiti in cui lanima si trova in questo mondofisico.

    Ha luogo la riflessione soltanto quaggi, quando lanima nellincertezza e pienadi ansie e in condizioni di maggior debolezza: aver bisogno della riflessione perlintelligenza una diminuzione delle propria autosufficienza. Cos anche nelle arti:la riflessione soccorre gli artisti quando sono incerti, ma quando non c alcun osta-colo larte domina e crea.25

    La distinzione tra arti utili e arti belle ci porta nella stessa direzione in cui ci spin-ge la distinzione tra artificio e vita: segnala linsufficienza che caratterizza il mondosensibile, un mondo che non ha nella sua natura sensibile la propria ragion des-

    sere, un mondo che rimanda ad un altro, il mondo intelligibile, per essere capito.Linsufficienza del mondo sensibile spinge lanima incarnata alla ricerca di mezzi perrispondere ai bisogni prodotti dallinsufficienza, ad operare tecnicamente, prospet-tando fini da raggiungere con mezzi adeguati da trovare con la riflessione.

    La tecnica nasce dai limiti che lanima incontra quando nel corpo, ma, quandolanima ci ha fatto, non ha agito tecnicamente, non ha eseguito un progetto pensatoprima, non ha agito per riflessione. Noi possiamo capire questa attivit non proget-tuale dellanima, perch anche noi abbiamo momenti di attivit artistica libera, crea-tiva, non riflessiva, e di attivit contemplativa. Anche quando presente nel nostrocorpo lanima ha momenti in cui la sua autosufficienza piena e diventiamo capaci

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    di attivit libere creative, non legate al bisogno, e produciamo cose belle o ci fermia-mo in contemplazione.

    La natura riflessiva, strumentale, utile, della tecnica segnala la sua condizione diattivit spirituale di grado inferiore, quando lanima nellincertezza e piena di an-sie e in condizioni di maggior debolezza. Non dobbiamo, quindi, pensare il mondo

    naturale come un prodotto tecnico.Il mondo non stato fatto come avremmo potuto farlo noi, riflettendo e progettan-do, o come potremmo rifarlo se i nostri mezzi tecnici fossero potenziati allinfinito.Il mondo non opera di un onnipotente ingegnere divino. Dobbiamo guardare alleattivit superiori dellanima, non a quelle inferiori, quandessa in difficolt, perspiegare il mondo naturale.

    Plotino fissa un limite metafisico decisivo per la tecno scienza.Democrito porta fuori strada: si fa guidare dalle difficolt e dalle debolezze del-

    lanima invece che dalle sue virt pi alte.Plotino dedica allanima molte pagine. In particolare ne parla nei nove trattati che

    Porfirio ha raccolto nelle quarta enneade.I corpi sono costituiti di parti e sono divisibili, ma, lanima indivisibile e divisi-

    bile, una e molteplice. In quanto essere intelligibile lanima indivisa, ma, in quantopresente nel mondo sensibile, partecipa della divisibilit propria dei corpi.

    Lanima lass indivisa; ma appartiene alla sua natura di essere divisa. La suadivisione consiste nellallontanarsi di lass e nel venire in un corpo.26

    Per adeguarsi e agire come corpo, lanima si articola nelle parti del corpo, ma nellasua essenza resta indivisa: essa presente tutta intera e unita in ogni parte del corpo;si diffonde in tutte le parti del corpo e si specializza nelle diverse funzioni vegetative,sensitive e di pensiero ma resta una.

    Lanima consiste di unessenza che resta in alto e di una che viene quaggi e chedipende da quella e che procede sin qui come un raggio dal centro. Discesa quaggi,essa contempla con quella stessa parte con la quale conserva la sua essenza totale.Poich anche quaggi essa non soltanto divisa, ma anche indivisibile: ci che diessa si divide, si divide infatti senza dividersi in parti. Essa si d infatti a tutto ilcorpo: in quanto si d tutta a tutto il corpo indivisa; ma poich in ogni parte delcorpo divisa.27

    La presenza dellanima segnalata dalla vita delle diverse parti del corpo.Lanima sincarna in un corpo non infilandosi in una materia preesistente e ani-

    mandola, mettendosi alla guida di corpo come fa il nocchiero su una nave, ma facen-dosi corpo. Proprio con riferimento alla metafora del nocchiero, Plotino la rovescia,cos come rovescia quella della luce nellaria: non lanima ad essere dentro il corpoma il corpo ad essere dentro allanima.

    Diremo dunque che lanima presente nel corpo come la luce presente nel-laria? Certamente, anche la luce, pur essendo presente, non vi presente: penetrada per tutto ma non si mescola con nessuna cosa e, mentre laria se va, essa rimane;e quando laria esce dal campo luminoso, scorre via senza conservar nulla, ma finch sotto i suoi raggi, ne illuminata. Perci sarebbe pi giusto dire che laria nellaluce, piuttosto che la luce nellaria. Anche Platone28 ha dunque ragione quando nonpone lAnima delluniverso nel corpo, ma il corpo nellanima: egli dice che v una

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    certa parte dellanima in cui c il corpo, ma che ce n unaltra in cui non c affattocorpo, cio le potenze dellanima di cui il corpo non ha bisogno. Si deve dire lo stessoanche delle altre anime.29

    La vita nella materia rimanda allanima, lattivit dellanima nei corpi rimanda almondo intelligibile cui lanima appartiene. Le diverse anime rimandano allAnima

    del mondo, di cui esse sono articolazioni, sorelle, dice Plotino.Sorelle e figlie del Nous.Il rinvio al Nous, padre comune, spiega perch le anime siano sorelle e non figlie

    dellAnima del mondo e perch ciascuna resta unit e, nello stesso tempo, sono tutteunit.30

    Le anime derivano da una sola e queste molte anime, derivate da una sola, comeil Nous, sono divise e indivise; lanima che sussiste lunica parola del Nous e da essaderivano parole particolari e immateriali, come lass.31

    PLOTINO: il Nous

    La ricerca dellunit semplice, giunta allAnima del mondo, deve fare un ulteriorepasso e giungere al Nous.

    Di Nous aveva parlato per primo nella filosofia greca Anassagora, attribuendoglilorganizzazione dei semi. Socrate, Platone e Aristotele lo avevano apprezzato peraver individuato un principio intelligente dellordine del mondo, ma anche criticatoper non aver attribuito al Nous attivit progettuale e teleologica32.

    Plotino, che vede nellattivit progettuale e finalizzata i limiti dellanima in diffi-colt, il segnale della mancata autosufficienza, non condivide la delusione dei suoimaestri e le critiche che muove ad Anassagora sono altre.

    Anassagora in quanto considera come materia il miscuglio (primordiale) e diceche esso non adatto a diventare ogni cosa, ma che gi contiene tutto in atto di-strugge il Nous che egli introduce, poich non questo che d forma ed essenza, n prima della materia, ma simultaneo. Impossibile questa simultaneit: perch, se ilmiscuglio partecipa dellessere, questo anteriore; ma se il miscuglio fosse un essereanchesso, bisognerebbe porre un terzo (essere) al di sopra dei due. E se necessaria-mente il demiurgo anteriore, bisogna forse che le forme esistessero in particelle

    nella materia in modo che il Nous dovesse, inutilmente, separarle, mentre esso puintrodurre in una materia inqualificata qualsiasi qualit e forma? E poi, come pos-sibile che tutto sia in tutto?33

    Trattando dellUno, Plotino riconosce in Anassagora un predecessore e scrive:Anassagora poi, parlando di un Nous puro e non mescolato, ammette anche luilUno come primo e separato, ma, a causa della sua antichit non stato abbastanzapreciso.34

    Il Nous di Plotino non progetta, non si pone dei fini, non riflette con pensiero di-scorsivo, al di sopra dei limiti del pensiero umano e anche dellAnima del mondo,contempla. Nel mondo intelligibile, il Nous si colloca tra lAnima e lUno, realizzalunit pi stretta, ma la sua ancora unit dei molti.

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    I molti sono le Idee, che, per, non sono prodotti del pensiero del Nous, n semplicioggetti del suo pensiero, ma ciascuna il Nous tutto intero.

    Noi siamo abituati, guardando alle cose di quaggi, a separare il pensante dalpensato35, ma questa separazione non c nel Nous che realizza lunit pi intensa,immediatamente prima di quella assoluta dellUno.

    Lanima genera la natura perch guarda verso labisso, ossia verso la dispersio-ne. Ma ci che si genera non sarebbe un vivente se lanima non restasse agganciataallunit e non la trasponesse nel corpo. () Lattenzione dellanima al particolarela trascina verso la dispersione, senza per staccarla da quel mondo intelligibile incui lunit non soffre dispersione di sorta. Il modo di agire dellanima nella naturaresterebbe dunque incomprensibile se non si tenesse conto del modo dessere da cuiha origine. Questo modo dessere non sensibile, e quindi non disperso, per Plotinolessere come tale, lessere per eccellenza: quello che, per pensarsi, non ha bisogno dimescolarsi con il non essere.36 Per avvicinarci al pensiero del Nous, dobbiamo pro-vare a liberare la nostra esperienza di pensiero dai limiti che caratterizzano il mondo

    sensibile: il non essere e lalterit.

    PLOTINO: lUno

    Il Nous ancora unit di molti, anche se i molti sussistono come un unico essere. Ilrigore razionale, che ha guidato la ricerca del semplice a partire dalle cose complessema unitarie offerte dallesperienza, impone un ultimo passo verso lunit assoluta,libera anche dal tipo di molteplicit ancora presente nel Nous. Un passo al di l anchedel pensiero, anche del pensiero di s (quello dellatto puro di Aristotele). Anche ilpensiero di pensiero , infatti, riflessivit e, quindi, raddoppio in soggetto e oggettodel pensiero.

    Colui che , semplicissimo, al di sopra di tutto, non pu avere il pensiero di se,perch, se lavesse, sarebbe una molteplicit. Perci egli n pensa se stesso, n pos-sibile pensarlo.

    Ma perch allora parliamo di lui? Veramente, noi diciamo solo qualche cosa di lui,ma non affermiamo nulla di lui e non abbiamo di lui n conoscenza n pensiero.

    E come dunque possiamo parlare di lui se non lo possediamo? E vero, non lo pos-sediamo con la conoscenza, n lo possediamo pienamente: lo possediamo per in tal

    modo da poter parlare di lui senza per dirlo veramente. Noi diciamo infatti quelloche egli non , ma non diciamo quello che .

    Diciamo di lui partendo dalle cose che sono dopo di lui; ma nulla ci impedisce dipossederlo, anche se non ne parliamo. Come quelli che, invasati e ispirati arrivano atal punto da sentire nel loro intimo qualcosa di pi grande di loro, pur non sapendoche cosa sia, e da quelle commozioni da cui sono agitati e di cui parlano, traggonouna certa conoscenza di colui che li pervade, pur essendo esse ben diverse da coluiche li agita, cos anche noi veniamo a trovarci pressappoco con lui, allorch la nostraintelligenza pura e abbiamo il presentimento che egli sia lintima intelligenza, coluiche dona lessere e tutte le altre cose dello stesso valore; ma egli non tale da identi-ficarsi con queste cose, ma superiore a ci che chiamiamo essere, anzi ancora di

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    pi e al di sopra di ogni nostro discorso, perch egli al di l della parola, dellintelli-genza e della sensibilit: egli causa di tutte queste cose, ma non alcuna di esse.37

    Il punto darrivo di un pensiero rigorosamente razionale alla ricerca del semplice un passo al di l del pensiero stesso, verso lassoluta semplicit, impensabile proprioper la sua semplicit. Il lungo e razionale discorso sullessere si conclude nel silenzio

    mistico, approda a ci che non pu essere pensato n detto. La lunga catena dei per-ch arriva al mistero assoluto.E come se la ragione, nellesercizio sempre pi rigoroso della propria funzione,

    arrivasse ad annullarsi. Si pu parlare di approdo irrazionalistico?Ecco come Mathieu, un plotiniano di oggi, difende Plotino dalle accuse di mistici-

    smo: Senza dubbio il principio assolutamente primo si sottrae a qualsiasi pensieroe, a maggior ragione, a qualsiasi discorso. Ma, come si sar notato, ilprocedimento perarrivare al di l del pensiero tuttaltro che mistico: unargomentazione perfetta-mente razionale, fondata sullassioma che il molteplice presuppone lUno, non comecomponente, bens come condizione superiore. Dato che, fin quando non si sia arri-

    vati allUno assoluto, ci sar sempre una certa molteplicit, impossibile pensare senzaammettere un Uno al di l del pensiero.38

    Un democriteo potrebbe dire dellUno di Plotino quel che Plotino ha detto del-latomo di Democrito, cio che non esiste. In effetti dellUno non si pu dire, n pen-sare che esista o che non esista, essendo presupposto non come essere ma come lasua condizione.

    Latomo di Democrito si presta, per, ad essere pensato e descritto con rigore ra-zionale e le sue propriet sono i fondamenti di una cosmologia razionale. La stessacosa non si pu dire dellUno di Plotino.

    Arrivati allUno, non si trova il principio di un rigoroso discorso razionale chespieghi il processo di derivazione da esso di tutte le cose, perch, come riconosceMathieu, qui la bella necessit razionale che ci ha spinti allins, quando dallUno sicerchi di discendere, viene meno.39

    La razionalit allins promuove lestasi, ma dallestasi non pu avviarsi la razio-nalit a discendere.

    Lestasi si raggiunge quando, con la riflessione, la contemplazione e loperaremorale, si esce dalla propria particolarit, dallesilio di questo mondo, ristabilendouna unit non del tutto perduta (ch sarebbe impossibile risalire), ma decaduta. Conlestasi quasi ci si identifica con il principio di tutto, si arriva allassolutamente sem-

    plice, ma, per cos dire, ci si perde in esso.Lautosufficienza del mondo intelligibile che diventa assoluta nellUno elimina

    ogni ragione, ogni motivo, che spieghi lorigine dei molti dallUno.Mentre ci che vive nel mondo sensibile spiega Mathieu ha sempre bisogno

    daltro, deriva da altro, si nutre di altro in tutti i sensi e finisce in altro, non cos sicomporta ci che vive nel mondo intelligibile. Questo non ha bisogno di nulla. Nonha bisogno, quindi, che al di sotto si formi altro. Nessuna necessit logica ci co-stringe a pensarlo, mentre ci costringeva a risalire allins. () Il discorso sulla disce-sa non altrettanto convincente quanto quello della risalita, perch ci che in bassoha bisogno di ci che in alto, ma non viceversa.40

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    Per Mathieu non strano che noi non riusciamo ad assegnare a questa discesauna ragione soddisfacente: il concetto di ragione (logos) prende ad agire solo da uncerto punto della discesa in poi: precisamente nella fase in cui le determinazioni intel-ligibili, in cui si specifica infinitamente lIntelligenza [il Nous], divengono, attraversolanima, la ragione del presentarsi cos e cos delle cose. Al di sopra di questo livel-

    lo la ragione etimologicamente connessa con il discorso, ossia con un movimentoche passa da una cosa allaltra, legandole e raccogliendole in unit ( leghein, comelegere = raccogliere) presente solo in forma eminente, cio nella sua radice intui-tiva unitaria, ma non sviluppa ancora unattivit discorsiva e, quindi, giustificatrice.Le infinite prospettive in cui lIntelligenza si specifica sono dette logoi in vista dellaloro efficacia nellunificare (e, quindi, far essere) lesperienza, ma nellIntelligenza ins non sono unificate a loro volta da una ragione, perch sono identiche ciascuna contutta lIntelligenza. Ci spiega certe scelte terminologiche di Plotino. Sebbene eglitragga molto dalle filosofie del Logos (da Eraclito a Filone ebreo), l dove altri avrebbedetto Logos lui parla, al contrario, di Nous.41

    Se Logos inadeguato a indicare quel che Plotino chiama Nous, a maggior ragio-ne inadeguato a indicare quel che chiama Uno, consapevole che anche la parolaUno inappropriata.

    Il principio dellessere al di l dellessere, del pensiero e di ogni possibile discor-so. Plotino inaugura in filosofia la teologia negativa, quella che si limita a dire quelche non si pu dire di Dio.

    Anche il termine Dio improprio cos come Uno: entrambi vanno quindi usati perla loro capacit di rinviare a ci che assolutamente al di sopra del mondo in cui sia-mo immersi. Uno significa che quel principio trascendente assolutamente semplice,privo di molteplicit, mentre Dio significa che esso merita di essere onorato nel gradomassimo.

    PLOTINO: la materia e il male

    Limpostazione rigorosamente monistica rende la metafisica di Plotino profonda-mente ottimistica: il principio della realt uno solo ed bene, tutto ci che da essoderiva bene, anche se attenuandosi come essere si attenua anche come bene. Ciche a prima vista appare male , in realt, solo il venir meno dellessere bene.

    Lidentit di essere e bene, di origine platonica, comporta lidentit opposta dimale e non essere.

    Nel mondo intelligibile, primo il Bene, poi viene il Nous e infine lAnima. Tutto perfetto in quel mondo, sia pure con gradi diversi di unit e di bene. Ogni esserecomunica qualcosa di s agli esseri inferiori. LAnima genera, per sua natura, luni-verso che conserva, perci, limmagine del mondo intelligibile. I corpi sensibili chederivano da questa generazione sono composti di forma e materia. La materia senzaforma come loscurit rispetto alla luce: imperfezione e deficienza massima, manon unipostasi. Solo lUno, il Nous e lAnima sono ipostasi (= ci che sta sotto, chefa da fondamento).

    Che cos, dunque, il male?

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    Si pu giungere a unidea del male (concependolo) come la mancanza di misurarispetto alla misura, come lillimitato rispetto al limite, come linforme rispetto allacausa formale, come lessere sempre deficiente rispetto allessere che basta a se stes-so, come sempre indeterminato, per nulla stabile, completamente passivo, insaziabi-le, povert assoluta.42

    Le definizioni del male sono tutte in negativo. Il male il venir meno di tutti i ca-ratteri dellessere: misura, limite, forma, autosufficienza, determinazione, stabilit,attivit, abbondanza.

    Mancando di realt, il male non il principio opposto al bene e in conflitto con esso.Il mondo sensibile non il campo di battaglia tra lAnima e la Materia, tra il bene e ilmale, non il prodotto di una caduta o di una degenerazione. Solo il bene reale, ilmale il suo venir meno nel processo di derivazione delle cose dallUno. Il problemaper luomo non quello di combattere il male metafisico, che non c, ma quello dicercare il bene, in un processo di perfezionamento che lo avvicini al divino.

    Il mondo sensibile non va, quindi, disprezzato, ma apprezzato per quel che di

    bene esprime.Chi biasima la natura del mondo non sa ci che fa, n sin dove arriva la sua auda-

    cia. Questo avviene perch essi ignorano lordine regolare delle cose, dalle prime alleseconde alle terze e cos via sino alle ultime, e non sanno che non bisogna biasimaredegli esseri perch sono inferiori ai primi, ma accettare benevolmente la natura ditutti gli esseri risalendo ai primi e lasciando da parte la tragedia degli eventi terribiliche secondo la loro opinione avvengono nelle sfere del mondo.43

    Plotino polemizza con gli Gnostici, che accusa di aver alterato gravemente linse-gnamento di Platone: essi partono s da Platone, dicendo che le cose terrestri sonoimmagine di quelle superiori, ma trasformano limmagine in illusione e male, nonriconoscendo nellimmagine lorma del divino.

    Non dobbiamo odiare il mondo sensibile, sostiene Plotino, dobbiamo riconoscer-ne la bellezza sensibile, riflesso del mondo intelligibile, e accettare di vivere in essocome una necessit temporanea.

    E come se due uomini abitassero la stessa bella casa: luno critica la costruzionee il costruttore e non di meno ci rimane; laltro invece non critica, ma dice che larchi-tetto lha costruita con molta arte e attende il tempo in cui se ne andr, non avendopi bisogno di casa. Il primo pensa di essere il pi saggio e il meglio preparato a par-tire perch sa dirci che i muri sono fatti di pietre e di legno senza vita e che (la casa)

    molto inferiore alla casa vera, ignorando di distinguersi (dal secondo) in quantonon sopporta le cose necessarie; a meno che non abbandoni ogni sdegno amando conanimo sereno la bellezza delle pietre. E necessario per noi, finch abbiamo un corpo,abitare in case costruite da unAnima buona e sorella (della nostra) che ha il poteredi creare senza fatica.44

    La trattazione del male svolta nellultima parte della prima Enneade, si chiude, nona caso, con la questione del suicidio, accettabile come necessit solo nel caso che ci sirenda conto di stare per piombare nella follia. Fin che si pu progredire moralmentenon si deve far uscire lanima dal corpo, perch quale ciascuno di noi nelluscire(dal corpo), tale il posto che occuper col45, in cielo, la nostra vera patria.

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    Questo mondo va riconosciuto nella sua bont, sia perch la palestra del nostroperfezionamento morale, sia perch immagine attenuata del mondo intelligibile.Due ragioni che si sostengono reciprocamente e che esaltano la bont del mondosensibile.

    Per riconoscere la bellezza di questo mondo fisico bisogna, per, guardarlo nella

    sua totalit e non fissarsi su singoli aspetti.Nessuno pu, se non a torto, disprezzare questo mondo, quasi non fosse bello e ilmigliore degli esseri corporei, ed accusare chi causa della sua esistenza. Anzitutto,esso esiste necessariamente e non deriva da un atto di riflessione, ma da un esseresuperiore che genera per natura un essere simile a se stesso; e se anche fosse statoprodotto per un atto di riflessione, chi lha prodotto non avrebbe da vergognarsene:poich il tutto che egli ha prodotto bello e sufficiente a se stesso, unito a s e a tuttele sue parti, grandi e piccole, in modo egualmente conveniente. Perci chi accusa iltutto guardando alle parti fa unaccusa assurda, poich bisogna esaminare le parti inrelazione al tutto, (per vedere) se convengono ed armonizzano con esso, ed esamina-

    re il tutto senza fermarsi ai piccoli dettagli.46Sul male morale, quello prodotto dal cattivo uso della libert umana, va fatto un

    discorso a parte.Ci stupiamo che negli uomini ci sia lingiustizia poich giudichiamo che luomo

    sia la cosa pi preziosa delluniverso e lessere pi saggio di tutti. Invece egli sta inmezzo tra gli dei e le bestie e inclina verso gli uni e verso le altre: alcuni assomiglianoagli dei, altri alle bestie, la maggioranza sta nel mezzo.

    Con la maggioranza che sta nel mezzo e non reagisce Plotino duro.Coloro che per la loro corruzione sono vicini agli animali senza ragione e alle

    fiere, trascinano e maltrattano gli uomini che sono nel mezzo: e questi, che pur sonosuperiori a coloro che li maltrattano, si lasciano dominare dagli inferiori poich sonoin certo modo inferiori ad essi, perch non sono ancora virtuosi e non sono preparatia non soffrire () Sono stati loro insegnati degli esercizi, ma essi per la loro ignaviae per la loro vita molle ed incurante sono rimasti l inattivi, diventando cos agnelligrassi preda dei lupi.

    Socratico il giudizio sui malvagi: castigo del male il male stesso.

    Scrive: Per quelli poi che fanno il male, il primo castigo consiste nellessere lupi euomini malvagi.

    Subito dopo, per, Plotino apre una prospettiva di giustizia superiore e finale:Esistono inoltre per loro delle pene convenienti che essi devono subire, poich percoloro che sono stati cattivi quaggi tutto non finisce, ma alle loro azioni antecedentiseguono sempre le conseguenze secondo ragione e natura, il male per quelle cattive,il bene per quelle buone. C infatti una giustizia che si realizza nel corso di succes-sive esistenze: chi stato un cattivo padrone diventer schiavo nella vita successiva;chi ha usato male delle ricchezze diventer povero; chi ha ucciso ingiustamente verrucciso ingiustamente; chi ha ucciso la propria madre rinascer donna per essere uc-cisa dal figlio, chi ha violentato una donna rinascer donna per essere violentata.47

    Lanima deve conoscere profondamente il male che ha fatto, subendolo a sua voltae mettendosi cos in condizione di liberarsene. Per imparare a non fare agli altri quel

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    che non si vuole subire bisogna entrare totalmente nei panni degli altri, incarnarsinella condizione che essi hanno subito per colpa nostra.

    Ma, per Plotino i conti della giustizia tornano in qualche modo gi in questo mon-do: Non tocca a Dio combattere per quelli che non combattono: la legge vuole chealla guerra si salvi colui che valoroso, non colui che prega, perch raccolgono frut-

    ti non coloro che pregano ma quelli che coltivano la terra, n sono sani coloro chenon si prendono cura della loro salute; e non bisogna brontolare se i cattivi hannoun raccolto pi abbondante, o se a loro riesca meglio la coltivazione. E poi sarebberidicolo compiere a proprio capriccio tutto ci che riguarda la vita e, bench questeazioni non siano come piace agli dei, esigere la salvezza propria dagli dei senza farequanto gli dei comandano per la nostra salvezza. La morte migliore della vita percoloro che vivono contro il volere delle leggi delluniverso; sicch quando i nemicisopravvengono, se la pace fosse loro conservata malgrado le loro follie e i loro vizi,la provvidenza sarebbe troppo negligente a lasciar dominare i pi deboli. I cattivicomandano per la vilt dei loro sudditi: ed giusto cos, non il contrario.48

    Subire lingiustizia colpa che si paga con lingiustizia stessa. La libert umanacomporta la responsabilit anche delle vittime: non ci si pu rivolgere agli dei come

    bambini irresponsabili perch essi pongano rimedio allignavia e allimprevidenza.Il male morale un problema solo umano, gli dei non centrano: una posizione quasiincomprensibile per una cultura come quella cristiana, incardinata sulla provvidenzadivina e sullimmagine del buon pastore.

    PLOTINO: il tempo

    La natura del tempo sembra a portata di mano: l per l crediamo di conoscere iltempo e leternit, ma, quando tentiamo di procedere ad un loro esame e di avvici-narci di pi ad essi, siamo imbarazzati dalle nostre opinioni.49

    Le pagine che Plotino dedica al tempo esercitano una profonda influenza suAgostino e sui filosofi che si sono fermati sul tempo, fino a Bergson. Esse si reggonosulla tesi fondamentale della metafisica plotiniana: lunit semplice non si trova altermine della divisione di ci che si presenta complesso, ma in fondo nella direzioneopposta.

    La natura del tempo non la si capisce costruendo orologi sempre pi precisi nella

    divisione del tempo, per misurarlo sempre pi minutamente: con i cronometri ci siincammina in una strada che porta allinfinita divisione del tempo, ci si disperde nelmolteplice e ci si allontana sempre di pi dalla natura del tempo, dalla sua unit.

    Come lunit delle cose complesse non la si capisce cercandone gli atomi, ma risa-lendo allUno, cos, per capire il tempo non si devono cercare gli istanti che lo costi-tuirebbero, ma guardare alleternit.

    Per arrivare alla comprensione del tempo, Plotino parte, come per altre questioni,dallesame delle tesi dei filosofi antichi.

    Bisogna credere certamente che alcuni antichi e fortunati filosofi abbiano scoper-to la verit. Giova per esaminare chi mai labbia veramente raggiunta e in che modoanche noi possiamo conoscerla. Anzitutto bisogna esaminare che cosa sia leternit

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    e che cosa pensino coloro che laffermano diversa dal tempo: infatti, una volta cono-sciuta (leternit) immobile del modello, forse diventer pi chiara anche lidea dellasua immagine, che si dice essere il tempo. Ma, anche se si immagina ci che il tempo prima ancora di avere contemplato leternit, risalendo mediante la reminiscenzadal sensibile allintelligibile si potrebbe rappresentare lessere al quale il tempo asso-

    miglia, ammesso che questo abbia una rassomiglianza con leternit.

    50

    O si parte dalleternit o si risale, attraverso la reminiscenza, ad essa, ma, in ognicaso, si procede in direzione inversa a quella suggerita dallatomismo.

    Plotino respinge la tesi aristotelica del tempo come numero del movimento se-condo il prima e il dopo, e fa sua la tesi platonica del tempo come immagine mo-

    bile delleternit.Il tempo non una successione di istanti e la sua unit non la somma dei suoi

    momenti. Certo, il tempo si articola in passato, presente e futuro, ma solo la loro uni-t li costituisce come momenti del tempo: prenderli nella loro separazione significaperdere lessere del tempo.

    Se alle cose generate si togliesse il futuro, esse cadrebbero immediatamente nelnon essere, perch cos acquisterebbero ad ogni istante qualcosa di nuovo; se allecose non generate si aggiungesse il futuro, accadrebbe loro di decadere dalla dignitdi esseri veri.51

    Il futuro, in ci che temporale, non fuori del presente, non puro non essereancora, ma il presente di quel che non ancora. Analogo il discorso sul passato,altrimenti lo si riduce a ci che non pi, mentre permane come presente di ci chenon pi.

    Nel mondo intelligibile, invece, tutto presente. Lautosufficienza degli enti diquel mondo non compatibile con il futuro e col passato, con larticolazione del tem-po. La loro vita piena, intera e indivisibile.

    Noi, esseri sensibili, non siamo eterni, siamo nel tempo, ma, anche noi partecipia-mo delleternit,52 altrimenti non potremmo nemmeno intenderla n parlarne.

    Ma come possiamo parteciparne, se siamo nel tempo? Per lanima.Cera infatti nellAnima una potenza inquieta che voleva sempre far passare in

    altro ci che aveva contemplato nel mondo intelligibile, e non sopportava che les-sere intelligibile le fosse presente tutto insieme. E come da un germe immobile escela ragione (spermatica) sviluppandosi a poco a poco, come si pensa, verso il molte-plice, manifestando nella divisione la sua molteplicit e invece di conservare in s

    la sua unit la diffonde allesterno e diventa, procedendo sempre pi debole; coslAnima produce il mondo sensibile ad immagine di quello intelligibile e (lo fa) mo-

    bile non del movimento intelligibile, ma di uno che simile a quello e che aspira adesserne immagine, e temporalizza anzitutto se stessa producendo il tempo in luogodelleternit; poi pone il mondo da lei generato alle dipendenze del tempo e lo ponetuttintero nel tempo racchiudendo in esso tutti i suoi movimenti. Infatti (il mondo)muovendosi nellAnima e il luogo delluniverso non che lAnima si muove an-che nel tempo che allAnima appartiene.53

    Il tempo la vita dellAnima: in quanto rivolta verso labisso, lAnima apre, svi-luppa, articola la semplicit dellUno, ma, in quanto legata allUno, promuove il ri-torno allUno.

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    Non dobbiamo prendere il tempo al di fuori dellAnima, come non (si deve pren-dere) leternit al fuori dellessere; esso non accompagna (lAnima) n le posteriore,come non tale leternit rispetto allessere; ma si manifesta in essa, come leternitnellessere intelligibile.

    Bisogna perci concepire la natura (del tempo) come una distensione della vita (del-

    lAnima) che si svolge in mutamenti uniformi, simili (tra loro) e procedenti in silen-zio, e che possiede un atto continuo.54

    Il tempo non in alternativa n in opposizione alleternit, non reale di per s main quanto radicato, fondato nelleternit. E il distendersi dellanima nel molteplice,nel mondo, nelle cose e la tensione del ritorno allUno.

    Il tempo di Plotino non ha avuto inizio, come, invece, ha avuto il tempo diAgostino, che inizia con la creazione divina. Non c creazione in Plotino, come nonc in Aristotele. Il mondo deriva dallUno, ma non ha avuto inizio.

    Lestasi

    La parola, in greco, indica il trovarsi fuori di s, luscire da s.E il punto darrivo eccezionale e momentaneo dellavventura filosofica. E lincon-

    tro con lUno. Nellestasi lanima esce fuori da s e sidentifica con loggetto della suavisione e del suo desiderio. E un evento molto raro e breve durante la vita dellanimanel corpo (Plotino lavrebbe raggiunto quattro volte soltanto)55 ed anticipa, per cosdire, la realizzazione piena, possibile solo dopo aver abbandonato il corpo, della vo-cazione dellanima: il ritorno alla sua sorgente.

    Il ritorno dellanima alla sua sorgente possibile, perch, per quanto in basso siascesa nel processo di emanazione, essa conserva sempre un legame con lorigine. Lametafisica di Plotino stabilisce una continuit ontologica tra lUno e le cose che nederivano per emanazione. Essendo il mondo generato, non creato dal nulla, conservain s qualcosa di divino anche se via via degradante. Luomo, pertanto, pu sempreinvertire la direzione della sua attenzione e puntarla verso lalto, verso ci che su-periore, affinando la riflessione e, poi, realizzando la contemplazione delle Idee e delNous.

    In questo processo di perfezionamento, lamore e larte sono, come insegnavaPlatone, di valido aiuto.

    Arrivata, per, al Nous, lanima deve fare un passo ulteriore e definitivo verso lasua identificazione con lUno. Ma, come lUno propriamente impensabile e ineffa-

    bile, cos anche questo passo ultimo dellanima: se ne pu parlare solo per allusionimetaforiche e descrivere solo per via negativa.

    Ecco perch la visione difficile ad esprimersi. Infatti, in che modo si potrebbedar notizia di Lui come di un diverso, quando chi lo vide non lo vide diverso durantela contemplazione, ma lo vide una cosa sola con se stesso?56

    Questo non pi una visione, ma un modo diverso di vedere: estasi e semplifica-zione e dedizione di se stesso e desiderio di contatto e quiete e comprensione di con-giunzione () Tutto ci soltanto unimmagine, un modo allusivo, di cui si servonoi profeti sapienti per indicare come il Dio supremo va contemplato.57

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    Siamo allabolizione completa dellalterit tra colui che vede e loggetto della vi-sione, alla totale ed estatica identificazione dellanima con Dio.

    Partita alla ricerca della verit, lanima si perde in essa e trova pace in questo suoannullamento.

    Questo approdo mistico e solitario risponde a bisogni religiosi molto diffusi nel

    mondo di Plotino, ma la filosofia di Plotino si presenta anche come alternativa al-lindirizzo materialistico di Democrito, indicato come incapace di andare a fondonella conoscenza delle cose. Arrivati allUno e allestasi, impensabili e ineffabili, seil bisogno religioso pu dirsi in pace, non altrettanto pu dirsi del bisogno di cono-scenza.

    Il principio di ogni cosa sfugge non solo allosservazione empirica, alla riflessionerazionale, ma, anche alla contemplazione intellettuale.

    Un democriteo potrebbe dire di esso che con laria di spiegare tutto, non spieganulla; ed un asilo dellignoranza o della ragion pigra.58

    Resta, per, da sottolineare che questo approdo mistico non avviene per fede, n

    per pratiche magiche o per conoscenze esoteriche.Non avviene neppure per grazia divina, per dono di Dio. Le idee di grazia e di

    dono sono incompatibili con la concezione delle divinit di Plotino. Anche lidea diredenzione, centrale nel cristianesimo, estranea a Plotino.

    Luomo pu con le sue forze, per il legame che lanima mantiene con lUno, con-vertirsi, voltarsi per il ritorno e realizzarlo con la ragione. Luomo di Plotino non siabbandona alliniziativa divina, ma pu, con le sue forze, con ci che di divino c inlui, avvicinarsi alla divinit.

    Lestasi il frutto umano della ragione che consuma tutte le sue possibilit e supe-ra se stessa.

    Lumanesimo di Plotino non affida la realizzazione delluomo alliniziativa divinache integri le sue insufficienti forze: luomo pu e deve avvicinarsi agli dei, imitarli,perch ne ha i mezzi.

    Lautonomia umana, anche nella teoria dellestasi, ci che distanzia profonda-mente la filosofia di Plotino, erede del pensiero greco, dal messaggio cristiano.

    La teoria dellestasi completa la risposta alla domanda con la quale abbiamo in-cominciato la visita a questo filosofo: se la nascita e il corpo sono il nostro punto pi

    basso nel processo di derivazione dallUno, se la nostra vera patria, la nostra Itaca, lass, al di sopra delle condizioni spazio-temporali, non c motivo di essere orgo-

    gliosi di essere in un corpo, n ragioni per far durare nel tempo la sua immagineattraverso il ritratto di un abile pittore, n vale la pena di fissare in biografie i dati suiluoghi e sulle condizioni della nascita.

    Siamo allestremo opposto del Cristianesimo che ha nel Natale la festa pi impor-tante e la resurrezione dei corpi tra i suoi articoli di fede fondamentali.

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    Il giudizio di B. Russell

    Nel III secolo, e nei secoli successivi alle invasioni barbariche, la civilt occiden-tale fu prossima alla totale distruzione. Fu una fortuna che, mentre la teologia eraquasi lunica attivit mentale sopravissuta, il sistema accettato non fosse puramente

    superstizioso, ma conservasse, per quanto a volte fortemente svirilizzate, dottrineche contenevano molto del lavoro dellintelletto greco e molta della devozione che comune agli stoici e ai neoplatonici. Ci rese possibile la nascita della filosofia sco-lastica; poi, con il Rinascimento, lo stimolo deriv dal rinnovato studio di Platone edegli altri antichi.

    Daltra parte, la filosofia di Plotino ha il difetto di incoraggiare gli uomini a guar-dare in se stessi anzich a guardar fuori; quando guardiamo dentro vediamo il Nousche divino, mentre quando guardiamo fuori vediamo le imperfezioni del mondosensibile. Questo tipo di soggettivismo and gradatamente crescendo; lo si pu tro-vare nelle dottrine di Protagora, Socrate e Platone, come negli stoici e negli epicurei.

    Ma al principio era solo dottrinale e non sentimentale; per lungo tempo non riuscad uccidere la curiosit scientifica () Gradatamente, per il soggettivismo invase ilsentimento degli uomini non meno delle loro dottrine. La scienza non venne pi col-tivata e fu stimata importante solo la virt. La virt, come era concepita da Platone,implicava tutto ci che era allora possibile sulla via delle conquiste del pensiero; manei secoli successivi la si pens sempre pi limitata alla sola volont virtuosa e nonla si immagin come un desiderio di capire il mondo fisico o di migliorare il mondodelle istituzioni umane. Il Cristianesimo, nelle sue dottrine etiche, non era esente daquesto difetto, per quanto, in pratica, la convinzione dellimportanza di espandere ilcredo cristiano dette un oggetto concreto allattivit morale, che non rimase cos pilimitata al perfezionamento di se stessi.

    Plotino contemporaneamente una fine e un principio, una fine per quel che ri-guarda i Greci, ed un principio per quel che riguarda il Cristianesimo. Per il mondoantico, stanco per secoli di disillusioni, esausto dalla disperazione, la sua dottrinapoteva essere accettabile, ma non era certo stimolante. Per il rude mondo barbarico,in cui lenergia sovrabbondante aveva bisogno dessere arginata e regolata, piuttostoche stimolata, ci che del suo insegnamento riusc a penetrare ebbe un effetto benefi-co, dato che il male da combattere non era la rilassatezza ma la brutalit. Il compitodi trasmettere ci che poteva sopravvivere della sua filosofia fu assolto dai filosofi

    cristiani dellultimo periodo di Roma.

    Bertrand Russell, Storia della Filosofia Occidentale, vol. II, Da Aristotele a S. Tommaso,Milano Longanesi 1966, pagg.407-8.

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    Antropomorfismo e teomorfismo

    Vittorio Mathieu vede in Plotino il filosofo che combatte lantropomorfismo diDemocrito e propone una concezione teomorfa della natura.

    Quello di Democrito non , secondo Mathieu, un antropomorfismo dellessere,quale era, ad esempio lantropomorfismo religioso gi criticato da Senofane, ma unantropomorfismo dellattivit, delloperare.

    Il primo antropomorfismo consiste nel concepire la natura o il divino al modo incui siamo fatti noi uomini, mentre il secondo consiste nel pensare loperare naturaleo divino al modo in cui operiamo noi uomini.

    Mathieu, un plotiniano del nostro tempo, chiama materialismo questo antropo-morfismo delloperare e vede in Plotino il critico pi radicale di esso.

    La concezione plotiniana della natura antiantropomorfica. Se tutto il divenire di-pendesse dal muoversi degli atomi nel gran vuoto, come voleva Democrito, tutto

    sarebbe in linea di principio in podest delluomo. Potrebbe darsi, ovviamente, che acerti risultati luomo non riesca a giungere perch gli mancano, o le forze, o strumentiabbastanza minuti, e tempo e pazienza sufficiente per produrre tutti gli spostamentidi atomi necessari. Ma non si tratter di unimpossibilit di principio. Se si imma-gina un demiurgo cos potente e preciso da afferrare con pinze minutissime, o altrostrumento adatto, qualsiasi atomo, e accostarlo e scostarlo nel modo debito rispetto aqualsiasi altro, chiaro che ogni trasformazione pensabile potrebbe essere progettataed eseguita da un demiurgo siffatto, secondo lo stesso procedimento con cui operaluomo. Luomo perci non sarebbe altro che una figura molto ridotta di questo de-miurgo: inferiore ad esso, non per il modo di operare, ma solo perch incapace dimettere mano sui costituenti ultimi della realt. () La fortuna dellatomismo hauna ragion dessere ben precisa: esso interpreta lintero divenire cosmico come sefosse tale che in linea di principio, potremmo produrlo noi. E poich noi conosciamoe spieghiamo scientificamente un fenomeno quando sappiamo come eventualmen-te potremmo produrlo, chiaro che latomismo linterpretazione della realt cherisponde allideale della scienza (due millenni prima che la scienza moderna si for-masse).59

    Plotino contesta nel modo pi radicale che la natura operi come operiamo noi,presupponendo elementi dati e progettandone la ricombinazione. E, quel che pi,

    nega che operiamo solo cos anche noi. La sua teoria dellazione come contempla-zione, riferita insieme a noi e alla natura, questa negazione. () La natura perPlotino teomorfa (se per Dio sintende lIntelligenza), non antropomorfa, e les-senziale delluomo la sua capacit di operare al modo in cui operano i logoi dellanatura, non di intendere quelli al modo in cui opera la nostra ragione, discorsiva estrumentale.60

    Ma, se lessenziale delluomo la sua capacit di operare al modo in cui operano ilogoi della natura e se questo operare teomorfo, in questione non lantropomorfi-smo delloperare, bens il tipo di operare che lantropomorfismo prospetta. Se luomo capace di attivit diverse, alla prima distinzione proposta da Mathieu, quella fraantropomorfismo dellessere e antropomorfismo delloperare, conviene aggiungere

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    una seconda distinzione, basata sulla differenza tra lazione umana tecnica e quella,altrettanto umana, artistica e contemplativa.

    Se si scrive che luomo per la sua essenza capace di azione teomorfa, si deve poiammettere che lazione della natura e di Dio risultano antropomorfe, simili allatti-vit umana. Certo, non simili allattivit materialistica della ragione discorsiva e

    strumentale, che promuove lantropomorfismo criticato, ma simili allattivit con-templativa.Se luomo assomiglia a Dio, infatti, Dio assomiglia alluomo.Il rapporto tra luomo plotiniano e lIntelligenza divina analogo a quello tra luo-

    mo democriteo e il superdemiurgo di cui sopra. In entrambi i casi lattivit simile,la differenza di potere.

    Lantropomorfismo un limite che illusorio voler superare, se non si vuole ri-nunciare ad una spiegazione razionale della realt.

    Del resto, Plotino non esita a offrire del mondo intelligibile immagini tratte dalmondo umano, come, ad esempio, nel passo che segue.

    LUno troneggia e siede al di sopra del Nous come sopra un bel piedestallo chea Lui s