Giornale Italiano di Tricologia numero 29°

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Giornale italiano di tricologia - anno 16- n° 29 - Novembre 2012 Dei capelli e della Calvizie - pag. 5 Il Telogen Effluvio (Marliani) - pag. 9 Il Telogen Effluvio (Rebora) - pag. 15 Alla ricerca di un uso corretto dei fattori di crescita piastrinici in tricologia e nella chirurgia della calvizie - pag. 23 Pro e contro delle giasessioni - pag. 25 Alopecie infiammatorie - anche incognite - possibile causa di fallimento degli autoinnesti follicolari - pag. 28 Somministrazione orale di Finasteride 1mg-die in uomini affetti da alopecia androgenetica: 10 anni di follow-up - pag. 32 Clonazione dei follicoli - pag. 34 Sodium lauryl sulfate (SLS) Sodium laureth sulfate (SLES) - pag. 36 Che cos’è la melatonina? - pag. 41 SOMMARIO EDIZIONI TricoItalia (Firenze) Direttore scientifico: Andrea Marliani Giornale Italiano di Tricologia anno 16 - n° 29 - Novembre 2012 Proprietà letteraria ed artistica riservata. ©

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Gli argomenti trattati sono: -Il Telogen Effluvio. -Alopecie infiammatorie. -Clonazione dei follicoli. -Che cos'è la melatonina?. ecc..

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Dei capelli e della Calvizie - pag. 5

Il Telogen Effluvio (Marliani) - pag. 9

Il Telogen Effluvio (Rebora) - pag. 15

Alla ricerca di un uso corretto deifattori di crescita piastrinici in tricologiae nella chirurgia della calvizie - pag. 23

Pro e contro delle giasessioni - pag. 25

Alopecie infiammatorie- anche incognite -possibile causa di fallimento

degli autoinnesti follicolari - pag. 28

Somministrazione orale di Finasteride1mg-die in uomini affettida alopecia androgenetica:10 anni di follow-up - pag. 32

Clonazione dei follicoli - pag. 34

Sodium lauryl sulfate (SLS)Sodium laureth sulfate (SLES) - pag. 36

Che cos’è la melatonina? - pag. 41

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze)Direttore scientifico: Andrea Marliani

Giornale Italiano di Tricologia

anno 16 - n° 29 - Novembre 2012

Proprietà letteraria ed artistica riservata.©

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EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

Giornale Italiano di Tricologiaanno 16 - n° 29 - Novembre 2012

Direttore Responsabile: Guido Vido TrotterDirettore Scientifico: Andrea Marliani

Tutti i diritti riservati©

Collaboratori:

Paolo GigliAlessia PiniTorello LottiFiorella BiniCarlo GrassiAldo MajaniAlfredo Rossi Fabio RinaldiPiero Tesauro

Alfredo ReboraMarino Salin †Daniele CampoAndrea CardiniFabrizio FantiniCaterina FabroniRoberto d’OvidioFranco ButtafarroVincenzo Gambino

Alessandro MinucciEkaterina Bilchugova

Gaetano Agostinacchio

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SOMMARIO:

Dei capelli e della Calvizie - pag. 5

Il Telogen Effluvio (Marliani) - pag. 9

Il Telogen Effluvio (Rebora) - pag. 15

Alla ricerca di un uso corretto deifattori di crescita piastrinici in tricologiae nella chirurgia della calvizie - pag. 23

Pro e contro delle giasessioni - pag. 25

Alopecie infiammatorie- anche incognite -possibile causa di fallimento

degli autoinnesti follicolari - pag. 28

Somministrazione orale di Finasteride1mg-die in uomini affettida alopecia androgenetica:10 anni di follow-up - pag. 32

Clonazione dei follicoli - pag. 34

Sodium lauryl sulfate (SLS)Sodium laureth sulfate (SLES) - pag. 36

Che cos’è la melatonina? - pag. 41

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Editoriale“Dei capelli e della Calvizie”

Daniele CampoRoma

Molti scienziati affermano che i capelli nonavrebbero alcuno scopo funzionale e che larazza potrebbe sopravvivere anche se tutti gliumani fossero calvi. Un argomento semplici-stico, che ignora gli enormisignificati psicologici e socialiattribuiti ai capelli. Unaparte significativa dellenostre abitudini quotidiane èdedicata alla cura dei capelli.Perché? La ragione determi-nante è il loro significatosociale e sessuale: una capi-gliatura diradata potrebbenuocere alla stima e sicurez-za di sé. Prendiamo in consi-derazione il caso di una gio-vane donna i cui capelli sisiano diradati all’età di 25anni. Può qualcuno dubitaredel fatto che ciò potrebberidurre seriamente le sue pos-sibilità di successo, in camposentimentale ed in campolavorativo, a causa della man-canza di fiducia in sé stessa?Si tratta di problemi pratici edolorosi che possono metterein discussione la qualità dellavita. Negli ultimi 10 anni isociologi, in oltre 500 giorna-li scientifici, hanno dimostra-to coerentemente l'importan-za incomparabile di essereattraenti. Il risvolto di ciò èche coloro che sono menobelli o persino non attraentisono potenzialmente svantag-

giati in tutte le interazioni umane. Presto il25% della popolazione avrà più di 65 anni dietà. La paura di diventare calvo sta crescendoin una cultura ossessionata dalla gioventù edalla bellezza. Nessuno dovrebbe essere sor-preso dal fatto che milioni di euro venganospesi ogni anno nella cura dei capelli, né chei tricologi improvvisati, venditori di “miraco-lose ricrescite di capelli”, come gli antichi

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Sant’Agnese protettrice della tricologia“Nudaque profusum crinem per membra dedisse”.

La tradizione romano-cat-tolica ha santificato ipatroni e i protettori didiversi aspetti della vitaumana che s’invocano perragioni particolari. Laragione per cuiSant’Agnese sembrerebbela santa protettrice idealesia per le donne che sof-frono di calvizie che per itricologi deriva dalla storia della passione della santa.Sant’Agnese nacque nel 291 e fu allevata da una famiglia direligione cristiana. Subì il martirio durante il regno dell’im-peratore Diocleziano, il 21 Gennaio 304. Rifiutatasi di spo-sare il figlio del prefetto Sempronio, fu condannata amorte. Poiché la legge romana non consentiva l’esecuzionedelle donne vergini, Sempronio costrinse Agnese a cammi-nare nuda per le strade, conducendola in un bordello:“mentre pregava, i suoi capelli crebbero, coprendo il suocorpo”. Non è tutto, nel 2009 sulla rivista scientifica“Dermatology”, Kunz et al. pubblicano uno studio condottopresso l’Ospedale Universitario di Zurigo su 823 donnesane che lamentano caduta di capelli e su cui è stato effet-tuato un tricogramma: esiste una periodicità regolare nellacrescita e nella caduta dei capelli con una percentuale mini-ma di telogen effluvium che coincide con il giorno consa-crato dalla Chiesa alla celebrazione di Sant’Agnese, il 21Gennaio (il giorno del martirio della santa).

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stregoni, siano moltissimi(vedi fig 1). I medici, inparticolare, dovrebberoprendere più sul serio lacalvizie.

Storia

In tutte le epoche, ad uncapo ornato da una chiomalussureggiante sono statiassegnati attributi positividi virilità e potere, mentrealla calvizie sono stati asso-ciati simbolismi negativi. Iromani tagliavano a zero i capelli dei prigio-nieri, delle adultere e dei traditori. Il cristia-nesimo antico sosteneva la pratica della chie-rica per rendere i monaci sessualmente nonattraenti, esprimendo in tal modo umiltà edobbedienza religiosa. I francesi rasavano icapelli delle donne che erano collaboratrici ecompagne degli occupanti tedeschi dopo chela Francia fu liberata nella Seconda GuerraMondiale. La scotennatura è stata a lungouna consuetudine della prodezza militare, laprova visibile del coraggio personale, il segnopalpabile della vendetta compiuta, l'onorevolevessillo in battaglia. Associata di solito agliindiani d'America, la scotennatura era prati-cata anche dagli Sciiti, dai Giudei (che com-battevano contro la Persia sotto GiudaMaccabeo) e dai Visigoti. Gli Egizi avevanouno strano rituale che riguardava il taglio deicapelli. Quelli tagliati dovevano essere seppel-liti durante speciali cerimonie per evitare chepersone malvage se ne impadronissero perfare del male, attraverso la magia, al possesso-re originario. Uno dei più antichi medici spe-cialisti, secondo Erodoto (484-425 a.C.), era il“medico della testa” egiziano, che curava lemalattie del cuoio capelluto. Anche i Greci e iRomani avevano innumerevoli cure e rimediper le malattie del cuoio capelluto, compresi

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La calvizie secondo Aristotele

Gli antichi ritenevano, seguendo Aristotele, che lacalvizie fosse provocata da un difetto di umiditàgrassa e calda. Vi sono piante, come l’ulivo e l’allo-ro, che non perdono mai le loro foglie, perché inesse è sempre presente tale tipo di umidità. Così seessa fosse presente permanentemente nell’uomo,anche questo non diverrebbe calvo. Poiché i libidi-nosi - eccezionalmente caldi di natura - consumanopiù rapidamente tale umidità, gli antichi avevanostabilito un rapporto tra calvizie e libidine.

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complicati intru-gli per contrastarela calvizie. Nelcorso della storiaè stata data mag-giore attenzionealla perdita dicapelli negliuomini che aquella nelledonne, non soloperché gli storicie le più potentifigure erano

uomini, ma anche perché la calviziecomincia prima negli uomini e portaspesso alla completa denudazione delcapo, mentre l’evoluzione della calvi-zie nelle donne è molto meno severa.Il ruolo determinante degli ormonimaschili nella calvizie androgeneticafu dedotto già da Ippocrate, oltreduemila anni fa, quando registrò chei bambini e gli eunuchi non diventa-vano mai calvi. Le speculazioni diAristotele sull'eziologia non sembra-no affatto più fantasiose della molti-tudine di miti che sono attualmentein circolazione. Calvo egli stesso, ipo-tizzò che il capello era nutrito da“una misteriosa secrezione che negliuomini libidinosi è dissipata troppo rapida-mente”. Si pensava, anche, che la calviziefosse il prezzo degli eccessi sessuali! Il papirodi Ebers, vecchio di 4.000 anni, sottolineal'importanza dei vasi sanguigni del cuoiocapelluto.

Il primo congresso di tricologia di tutti itempi, “Discorzo de capelli, e peli” (sic!), sisvolse a Siena, presso l’Accademia deiFisiocritici nel 1696, ed è probabile cheMarcello Malpighi traesse proprio da qui le

conoscenze per la prima descrizione correttadell’anatomia del cuoio capelluto.

Prima pagina e righe finali degli atti delprimo congresso di tricologia (Siena, 1696)

“discorzo de capelli, e peli”.

A.M.D.G.1 discorzo de capelli, e peli “Ridicolo fu il capriccio di quel Filosofo, che discorrendo dell’huomo lo disseuna pianta a rovescio, di cui fossero come rami le braccia, e le gambe, tronco

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Dalla magia alla medicina

L'enorme lista di trattamenti per la calvizie, modernie antichi, può essere divisa in due categorie principali:quelli incredibilmente esotici (raggiungibili solo dapersone ricche e potenti) e quelli ripugnanti e disgu-stosi. Quest'ultima comprende un'ampia lista disostanze bizzarre (così poco attraenti da dover “sicura-mente funzionare”) come olio di vermi, ragnatele eurina di cane. Gli archeologi hanno scoperto (papirodi Ebers) una cura per la calvizie egiziana che risale al4000 a.C.; gli egizi sfregavano vigorosamente la testacon un intruglio di datteri, zampe di cani e criniere diasino che erano state seppellite e cotte nell'olio.Un'altra prescrizione egizia raccomandava di miscela-re parti uguali di grasso di leone, ippopotamo, cocco-drillo, oca, serpente, ibis e di applicarle direttamentesulla testa calva. Una cura antica raccomandava dimacinare nell'olio il dente di un asino e di distribuirlosul cuoio capelluto. Il rimedio di Cleopatra (GiulioCesare era calvo) richiedeva topi domestici (non selva-tici!) bruciati, denti di cavallo, grasso d'orso e midollodi cervo. Formulazioni della fine del 1600 comprende-vano foglie di mirto, corteccia di pino, vino bianco,olio di semi di ravanello, bacche di ginepro, assenzio,radici di felce, olio di linosa, mandorle schiacciate,crusca di frumento e polvere di mastice. Una prescri-zione dai registri dell'esercito tedesco comprendecome ingrediente la saliva di cavallo!

La calvizie secondo Aristotele

Gli antichi ritenevano, seguendo Aristotele, che lacalvizie fosse provocata da un difetto di umiditàgrassa e calda. Vi sono piante, come l’ulivo e l’allo-ro, che non perdono mai le loro foglie, perché inesse è sempre presente tale tipo di umidità. Così seessa fosse presente permanentemente nell’uomo,anche questo non diverrebbe calvo. Poiché i libidi-nosi - eccezionalmente caldi di natura - consumanopiù rapidamente tale umidità, gli antichi avevanostabilito un rapporto tra calvizie e libidine.

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il busto, e radici i capelli. Oppinione del tutto aerea come che ideandosi unachimerica combinazione di due oggetti differentissimi uomo, e pianta era poiobbligato a fondarla sull’aria. Ma pure chi il crederebbe o Sig.ri vengo oggicon le più rette specolationi della vera filosofia a farmi fede di questo per altrocreduto da noi poetica fantasia. Se fu sogno credere l’huomo una pianta, è peròverità il confessarlo quasi una feracissima selva vestita di tante picciole piantedi quanti sono i capelli, e gli altri peli, che nel di lui corpo piantò la natura.Né mi sarà di iscopo di ciò persuadervi con filosofiche sottigliezze dove puòessere adeguato giudice il senso. E ben vi suppongo convinti dall’esperienza, cheinsegnò al Brancardo come egli nel suo libro de glandulis chiaramente dimo-stra, a riconoscere come un perfetto vegetabile ogni più minuto et invisibil pelo

ingranditoli dal microscopio alla lunghezza di ben più di due dita il che credoscemerà in noi la meraviglia, quale tutta havreste impiegata al solo raccontodi un caso che mi viene comandato l’esporvi per poi al solito della nostraAccademia indagare di esso le naturali cagioni. Uditelo in buon grado oSig.ri, che di queste mie deboli specolationi e giudici vi desidero, e censori vi

venero. (...)”

Ad Maiorem Dei Gloriam.Laus Deo, Deiparoeque VirginiA di 13 Xbre 1696.

Fu recitata dal Sig.re Dottor Visconti in 3°: luogo A.

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Il Telogen Effluvio

Andrea MarlianiFirenze

Il termine di “effluvio” o “effluvium” indicauna situazione in cui la caduta di capelli ènumericamente molto elevata (anche moltecentinaia di capelli al giorno) e qualitativa-mente omogenea come fase del ciclo (tutti icapelli cadono in telogen maturo, in anagendistrofico, in catagen 1 ecc).

Con il termine “telogen effluvio” indichiamouna caduta di capelli in telogen abnormemen-te abbondante.II telogen effluvio, la causa più frequente divisita tricologica, è ancora spesso miscono-sciuto ma è così frequente che ognuno lo spe-rimenta su di sé più volte nel corso della vita.La caduta dei capelli interessa diffusamentetutta la testa, comprese le parti laterali eposteriori e quando l’effluvio è sufficiente-mente importante da provocare un dirada-

mento, l’alopecia che ne risulta è omogeneasu tutto il cuoio capelluto.

Distinguiamo un telogen effluvio acuto, sub-acuto e cronico.

Telogen effluvio acutoIl telogen effluvio acuto segue episodi fisica-mente o emotivamente importanti: febbre ele-vata, interventi chirurgici, incidenti stradali,emorragie, parto, avvelenamenti, sommini-strazione di eparina, di citostatici ecc.Il suo inquadramento clinico è relativamenterecente (Kligman nel 1961) ma il sintomo cheesso descrive, il rapido e diffuso diradamento,compariva già nella letteratura medica fin dal-

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l’inizio del secolo scorso. La caduta di capelliè improvvisa, violenta, quantitativamentemolto elevata, qualitativamente omogenea esostanzialmente diffusa su tutto il cuoiocapelluto.Nel telogen effluvio acuto, il paziente, di soli-to una donna, lamenta l’improvvisa caduta dicapelli a partire da un periodo, da una data oda un evento spesso ben ricordato ed indicatocon precisione. Il paziente è quasi sempre for-temente preoccupato della brutalità e dell’in-tensità con le quali la patologia ha esordito eviene dal medico a chiedere aiuto. Spessoarriva con una busta o un sacchetto contenen-te i capelli caduti. Un tricogramma eseguitoin questa fase mostrerà che fin’oltre l’85% deicapelli sono in fase telogen.La caduta dura due o tre mesi, quindi s’arre-sta spontaneamente e talvolta improvvisamen-te, come tutto era iniziato. Poi i follicoli ritor-neranno alla normalità. Seguirà la lenta ricre-scita, più o meno completa, dei capelli. Si èavuta cioè un “onda di muta”.L’evento causale del telogen effluvio durapochi giorni o addirittura poche ore. Il recu-pero e il ritorno alla densità normale è invecemolto lento e spesso può impiegare molti mesio anni.

Telogen effluvio subacuto e cronicoNel telogen effluvio cronico il paziente o piùspesso la paziente, lamenta da mesi (telogeneffluvio subacuto) o da anni (telogen effluviocronico) una anomala, abbondante caduta dicapelli senza variazioni stagionali, senza ten-denza alla remissione spontanea e, con iltempo, la comparsa di un assottigliamentodegli steli, una sorta di miniaturizzazione ediradamento diffuso di varia gravità.Dal punto di vista cosmetico la capigliatura ècome “spenta”, anelastica, non “tiene lapiega”, non “accetta” trattamenti estetici.L’evento causale il più delle volte non può

essere ricordato. La causa o le cause non sonointuitive e sono spesso sfumate: problemi psi-cologici persistenti, diete inadeguate, sommi-nistrazione di farmaci, malattie autoimmunicroniche quali il LES, la colite ulcerosa ecc.Fra le cause di telogen effluvio molto frequen-ti ed insidiose vi sono le anemie croniche diogni natura e le tiroiditi autoimmuni in ipoti-roidismo.Frequentemente la tricodinia accompagna iltelogen effluvio. Si tratta di una sensazionesoggettiva di dolenzia fastidiosa e continuariferita alla base dei capelli o al cuoio capellu-to. La tricodinia scompare quando l’effluviosi risolve o sta per risolversi. La sua causa èdiscussa ma ci pare troppo semplicistico attri-buirla solo alla emotività od alla labilità psi-chica del paziente.Il meccanismo con il quale si ha la caduta deicapelli nel telogen effluvio non è chiaro masembra probabile che si possa ricondurre adun problema nell’utilizzo della fonte prima dienergia cellulare, il glucosio, con danni allaformazione della guaina interna ed arrestodelle mitosi nella matrice pilare.

Approccio al telogen effluvioIn presenza di una caduta di capelli abbon-dante e diffusa il medico deve essere in gradodi eseguire una corretta diagnosi basata sul-l’indagine anamnestica, sull’esame clinico,sugli esami di laboratorio e su eventuali osser-vazioni microscopiche (se occorre anchemediante biopsia ed istologia).

L’approccio al paziente, come spesso avvienein dermatologia ed a differenza di quantosempre si fa in medicina generale, potràcominciare con l’esame obiettivo.Per prima cosa verificheremo se i capelli sononormali per quantità e qualità, anche in rela-zione ad età e sesso del soggetto che stiamoesaminando.

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Facilmente potremo verificare se si è in pre-senza di un diradamento diffuso o localizzato(ipotrichia) e se tale diradamento è stato omeno preceduto da assottigliamento deicapelli (miniaturizzazione).Dopo un parto, ad esempio, si verifica fre-quentemente un effluvio diffuso senza che icapelli si assottiglino (telogen effluvio acutopost parto). Durante una dieta dimagrantesquilibrata, con carenze proteiche, si può assi-stere invece ad un assottigliamento dei capelliseguito poi da caduta di capelli in telogen conbulbi che appaiono al microscopio spessostrozzati, come a clessidra (telogen effluviosubacuto o cronico carenziale).

Il test della carezza è un primo esame clinicoche consiste nel far scorrere la mano sopra ilcuoio capelluto come per accarezzare la testaed i capelli. Piccole alterazioni, di solito subi-to evidenti, ci daranno un primo immediatoorientamento.Facciamo alcune considerazioni solo a titolodi esempio.Potremo renderci conto “a vista” di quantisono i capelli corti e sottili, “miniaturizzati”,se i capelli sono particolarmente sottili, sesono sottili in toto o solo in zone particolari,se vi sono elementi fratturati ecc.- Si potrà subito, grossolanamente, determina-re il rapporto fra capelli miniaturizzati (cortie sottili) e capelli normali. Un eccesso dicapelli miniaturizzati indica una riduzionedel tempo di anagen ed un aumento delnumero dei telogen che, se accompagnato dairregolare distribuzione con prevalente rare-fazione del vertice e risparmio della nuca, cifarà, specie in un uomo, porre diagnosi didefluvio in telogen o ipotrichia o alopeciaandrogenetica.- Se la miniaturizzazione è regolare su tutto ilcuoio capelluto senza zone di particolare pre-valenza ci orienterà verso un telogen effluvio

cronico.- Una rarefazione dei capelli senza miniaturiz-zazione, omogenea sulla nuca, sulle tempie esul vertice orienterà verso un effluvio acuto osubacuto.- La rarefazione isolata della zona fronto-parietale, la così detta “stempiatura”, saràoltremodo orientativa per una alopecia fron-to-parietale maschile.- Una alopecia areata sarà, il più delle volte,subito evidente.- La presenza di capelli fratturati, simili abarba ispida, farà pensare a danni provocatida trattamenti cosmetici, a malformazioni delfusto, alla tricotillomania, alla tigna. Sarannocioè diagnostici di una pseudo alopecia.- Capelli assottigliati ma non da sempre gene-ticamente sottili, specie se con irregolariassottigliamenti fusiformi e strozzature lungoil fusto, potranno far pensare ad uno statocarenziale.

L’esperienza del medico sarà in tricologia,come in tutta la dermatologia (branca “visi-va” della medicina), spesso decisiva per unadiagnosi corretta e, di solito, immediata.

L’osservazione del cuoio capelluto potrà poievidenziare la presenza di comuni disturbidermatologici come la pitiriasi secca (forfora),la dermatite seborroica, la psoriasi ed anchecicatrici, atrofie, ustioni, infezioni, tumoriecc.

Il pull test verrà eseguito subito dopo.- Se, con il pull test, ci rimane fra le dita unnumero elevato di capelli con i loro bulbi intelogen questo è di per se già diagnostico perun telogen effluvio.

Se la caduta dei capelli costituisce per ilpaziente l’unico sintomo di calvizie incipien-te, paradossalmente, tanto più questa è visto-

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sa tanto meno, corrisponde, nella maggiorparte dei casi, ad un reale pericolo di calvizie.

L’effluvio come ormai ben sappiamo, èimpressionante e comunissimo ma la suabenignità rende ragione della apparente effi-cacia di tante “cure” irrazionali.Nell’effluvio in telogen acuto la caduta èabbondate, anche di centinaia e migliaia dicapelli in telogen, senza segni di involuzione.Nell’effluvio in telogen cronico la caduta èpiù modesta, sempre in telogen, sempreaccompagnata da diradamento più o menoobiettivo, talvolta anche spiccato, e da uncerto grado di miniaturizzazione.

AnamnesiL’anamnesi richiede un’attenta valutazionedella storia familiare, degli stati fisiologici e/oparafisiologici, delle abitudini alimentari,delle malattie passate o in corso, dell’uso difarmaci o cosmetici (tinture, colorazioni,lavaggi ecc.).

- Se, con l’esame obiettivo, abbiamo posto dia-gnosi di effluvio in telogen (caduta di capelliabbondante ed omogenea) l’anamnesi facil-mente ci farà distinguere un effluvio in telo-gen acuto da un effluvio in telogen cronico(durata temporale dell’effluvio).L’evento causale dell’effluvio acuto spessoviene riferito dal paziente stesso. Se invece l’a-namnesi non è già di per sé dirimente chiede-remo al nostro paziente una serie di esami,nel tentativo di trovare la causa dell’effluvio.Fra le cause di telogen effluvio cronico dob-biamo sempre sospettare una anemia, un dis-tiroidismo, una carenza alimentare o vitami-nica ma anche la lue, una epatite, una leuce-mia, una collagenopatia sistemica con anda-mento clinicamente iposintomatico ecc.Dobbiamo cioè ricordare anche le cause piùtemibili, di difficile diagnosi e spesso, almeno

inizialmente, misconosciute.

La diagnosi di telogen effluvio acuto e/o cro-nico impone quindi una serie minima diesami che permettano di escludere od indivi-duarne le origini più gravi.

- Esami clinici minimi di base in caso di telo-gen effluvio:emocromo, sideremia, ferritina, zinchemia,protidogramma, glicemia, fT4, TSH, acidofolico, vitamina B12, VES.

- Esami di secondo livello:Ra Test, proteina C, VDRL, HAV, HBsAg,HCV, dye test, mono test, HIV, esame dellefeci, calcemia, magnesiemia, transferrina,anticorpi antigliadina, test delle resistenzeglobulari, fetoemoglobina, glucosio-6-fosfatodeidrogenasi, ricerca di autoanticorpi antinu-cleari.

TerapiaNel telogen effluvio acuto la terapia è inutile.É essenziale rassicurare il paziente. Farmaci arischio devono essere sospesi, a meno che nonsiano indispensabili.

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Il telogen effluvio è un sintomo, non unamalattia; l’unico trattamento razionale èovviamente quello di allontanare la causa chel’ha provocato ma spesso si renderà necessariofornire al paziente terrorizzato una terapia disupporto (anche solo un placebo) che glidimostri l’interessamento del medico al suocaso e farà trascorrere il tempo necessario ache l’effluvio si risolva spontaneamente.

É interessante notare come dopo un gravetelogen effluvio superato vi sia sempre unperiodo più o meno lungo, talvolta anche dianni, in cui, con grande soddisfazione delpaziente “guarito”, cadono pochissimi capelliperché tutti gli elementi in telogen e/o che siavviavano al telogen sono caduti. Il normaleciclo annuale è alterato, il numero di anagenal tricogramma può superare il 95% .

Nel telogen effluvio cronico, invece, è sempreopportuna una terapia. Di solito questipazienti hanno già affrontato una quantità ditrattamenti locali e generali e ne sono statidelusi. Non è sufficiente, quindi, rassicurarli.La prima cosa sarà sempre la ricerca dellacausa (o delle cause) che ha provocato l’efflu-vio per poterla risolvere quando possibile.

La terapia sintomatica del telogen effluvio, daeffettuare nella impossibilità o in attesa diuna terapia causale, è fondata sull’uso dei cor-tisonici topici (in lozione) o/e per via genera-le. Spesso anche una sola fiala intramuscolaredi metilprednisolone da 40 mg dà risultatisorprendentemente buoni. Inizialmentedovrebbe essere tentata l’applicazione localedi un cortisonico a bassa/media potenza epossibilmente non fluorurato. La terapia pervia generale seguirà in caso di fallimento. Ildosaggio non dovrebbe comunque superare0,25 mg/kg/die di prednisone. Anche l’ACTHa dosi basse (0,5 ml ogni 5 giorni) può rivelar-

si utile. Ovviamente quando fosse in giocouna malattia sistemica quale il lupus eritema-toso sistemico il dosaggio dovrà essere adegua-to alla gravità. Nei casi nei quali un Raynaud,una leucopenia o una fotosensibilità faccianosospettare una condizione di pre-lupus, si puòtentare un ciclo di clorochina, 500 mg/die,diminuendo il dosaggio appena possibile.

Nelle giovani donne è bene far attenzione alladieta. Ci può essere una anoressia nervosa oun quadro similare o una dieta intrapresa perdimagrire. Nel primo caso, difficilissimo dagestire, è opportuno richiedere il parere diuno psichiatra.

Fra le cause più frequenti di telogen effluviovi sono le anemie, anche sfumate. Occorrefare molta attenzione alla emoglobina, all’e-matocrito, alla ferritina, alla vit B12, all’acidofolico. Chi si occupa di tricologia deve cono-scere le forme principali di anemia.Altra causa frequente e spesso misconosciutaè l’ipotiroidismo che dobbiamo saper ricono-scere e trattare. Il telogen efluvio è spesso ilsintomo d’esordio delle tiroiditi autoimmunie che compare ancora prima che l’ipotirodi-smo sia manifesto, in fase sub-clinica dellamalattia. Di fronte ad un effluvio dobbiamosempre chiedere, anche più volte, un dosaggiodel TSH e degli anticorpi antitiroidei(TPOAb, TGAb).

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Riferimenti

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Il Telogen Effluvio

Alfredo ReboraGenova

Sebbene sia una delle più comuni evenienzenella tricologia pratica, il telogen effluvio(TE) è un’affezione dalla definizione impreci-sa. Secondo la sua originale definizione del1961, il TE è una sindrome clinica la cuicaratteristica è la “increased shedding, notmanifest alopecia”. In realtà, il diradamento èpresente, soprattutto nelle donne che soffro-no di TE da anni. Un’altra definizione è statadata nel 1993 da Headington che considera ilTE come “the result of a perturbation of thehair cycle that is manifest by increased loss ofnormal club hairs”. Anche più generica è ladefinizione di Whiting (1996) che considera ilTE come “a form of diffuse hair loss affectingthe entire scalp for which no obvious causecan be found. It usually affects women of 30to 60 years of age who generally have a fullhead of hair prior to the onset of shedding”.Tutte queste definizioni sottolineano la carat-teristica clinica del TE, vale a dire l’aumentodella caduta di peli in telogen, senza definireche cosa questo aumento in realtà significhi ese il TE sia accompagnato o no da qualcheforma di rarefazione del capillizio.L’incertezza della definizione è peggioratadall’ambiguità dei termini che vengono usatinella letteratura anglosassone, quali “hairloss” o “alopecia”, che sono usati indifferen-temente senza indicare se si riferiscono allacaduta dei capelli o alla rarefazione del capil-lizio, due concetti che sono diversi e nonnecessariamente in relazione causale tra loro.Sin dalla sua prima descrizione, inoltre, il TEvenne indicato come un’entità eziologicamen-te eterogenea. Kligman suggerì molte possibi-li e diversissime cause, quali lo stress emozio-nale e le gravi anemie. Headington poi distin-se 5 diversi tipi di TE, anche se non ne indicò

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chiaramente le corrispondenze cliniche. Difatto però, in letteratura, il TE è trattato comese fosse un’entità omogenea quando inveceabbraccia entità molto diverse come patoge-nesi e decorso clinico. Nelle pagine che seguono proverò ad indicarele maggiori componenti del TE: la primatappa di questa descrizione è l’identificazionedei principali meccanismi che possono indur-re la caduta in telogen. Essi sono la teloptosiprematura, la teloptosi collettiva e l’entrataprematura in telogen.

- la teloptosi prematura

La teloptosi è, come è noto, il momento in cuiil pelo in telogen si separa dal suo follicolo ecade. Il meccanismo col quale questo si verifi-ca non è chiaro, ma è stato dimostrato che ledesmogleine, in particolare Dsg3, tengonoancorata la “clava” al follicolo, e che la lorolisi provoca il distacco del pelo in telogen.Questa lisi può essere prematura ed ogni fat-tore, esogeno od endogeno, che disintegriDsg3 può accelerare la teloptosi inducendoun TE. Cause esogene possono essere sostanzechimiche, quali quelle contenute in shampooo in lozioni contenenti minoxidil, acido all-trans retinoico o acido salicilico. Cause fisichesono i raggi UV che possono lisare le caderinee forse sono responsabili delle cadute autun-nali (nel nostro emisfero). Cause endogenepossono essere rappresentate da citochinerilasciate da processi infiammatori, quali adesempio la dermatite seborroica così comune-mente accusata dai pazienti.

- la teloptosi collettiva

Il fenomeno della muta è ben noto negli ani-mali. Fisiologicamente si verifica nell’uomosolo alla nascita, ma occasionalmente anchein tutte quelle condizioni che tendono a sin-cronizzare i cicli pilari. Quando un grannumero di peli raggiungono insieme la telop-

tosi, il distacco collettivo può suggerire unevento patologico quale il TE, che, anche sespaventa il paziente, rimane pur sempre unfenomeno fisiologico.

1. l’alopecia neonataleNel neonato il pelo che è apparso alla 18-20°settimana di gestazione, si avvia al telogen inun’ondata fronto-occipitale intorno al 5°mese e cade a mo’ di muta al 7°-8° mese divita intrauterina. I capelli della zona occipita-le non entrano in telogen che verso l’epocadel parto e cadono 8-12 settimane più tardicausando la cosiddetta alopecia neonataletransitoria, generalmente riferita alla frizionesul cuscino che invece non è che una concau-sa.

2. l’alopecia post-partumDurante la 2°-3° settimana di gravidanzamolti capelli sono in anagen ed entrano per-ciò in telogen simultaneamente dopo il parto,causando una caduta a mo’ di muta.Estrogeni e prolattina sono probabilmente incausa, anche se il loro meccanismo d’azione èpoco chiaro, in quanto in coltura entrambi sirivelano degli inibitori del pelo. Di fatto, lacaduta post-partum richiede la sincronizza-zione dei cicli ma non è, come dirò più tardi,un fenomeno fisiologico.

3. l’alopecia da farmaciQuesto evento non è da confondersi con altrecadute di capelli causate da farmaci dotati dicapacità antimitotica, di cui discuterò piùavanti. Sia i contraccettivi orali che gli ormo-ni di sostituzione contengono estrogeni cheprolungano la fase di anagen e tendono quin-di a sincronizzare i cicli. L’interruzione di unlungo trattamento con questi farmaci puòcausare una caduta collettiva mo’ di muta,identica a quella post-partum. Anche l’inter-ruzione di minoxidil o di finasteride causa

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una caduta che somiglia a un TE acuto e checomincia 3-4 mesi dopo l’interruzione stessa.

- l’entrata prematura in telogen

In questo tipo di TE il follicolo accelera il suoiter verso il catagen e raggiunge il telogen pre-maturamente. Il pelo si distacca quindi nor-malmente dopo essere rimasto in telogen tremesi, il tempo cioè necessario affinché l’ana-gen che lo rimpiazzerà termini il suo svilup-po. L’interruzione intempestiva dell’anagenrichiede necessariamente l’interruzione dellemitosi nella matrice del pelo. Bisogna qui sot-tolineare che, a causa della sua dinamicità, ilcheratinocita del pelo non è per nulla similea quello di superficie o a quello dell’unghia, eche, quindi, la sua risposta all’insulto antimi-totico non è affatto uniforme. Essa dipendeda almeno 4 condizioni nonché dalle lorointerazioni: l’intensità dell’insulto (per esem-pio la dose del farmaco), la sua durata, la fasedel ciclo in cui l’insulto coglie il follicolo e la“normalità” del cuoio capelluto bersaglio o,al contrario, la presenza di altre patologie(soprattutto l’alopecia androgenetica) chesiano in grado di modificare la durata dellefasi o sottofasi. È molto difficile distinguere lecomplesse interazioni di queste condizioni,ma è chiaro che se l’insulto è molto forte,indipendentemente dalle altre condizioni, ipeli in anagen saranno distrutti e ne consegui-rà una caduta acuta che conterrà peli in telo-gen ma soprattutto anagen distrofici. I follico-li in telogen, invece, che sono privi di mitosi,saranno insensibili all’insulto e cadranno tremesi dopo come ogni telogen. Se l’insulto èmoderato, invece, come per esempio nel casodegli eparinoidi, solo una parte degli anagenandranno incontro alla distrofia, in particola-re quelli nelle prime sottofasi dell’anagen (ela caduta passerà inosservata perché il lorofusto non è ancora emerso). Quelli nelle fasipiù avanzate dell’anagen, invece, eviteranno

la distrofia semplicemente accelerando il loronormale iter verso il telogen e cadranno tremesi più tardi in questa fase. Questa situazio-ne è chiaramente dipendente dalla durata del-l’anagen rispetto a quella del telogen. Neiroditori, per esempio, il rapporto durata ana-gen/ durata telogen è circa 2/1, molto diversoda quello umano che è invece circa 24/1.Nella cavia, infatti, un’irradiazione X (1200 r)causa un’iniziale caduta in telogen che dura13 giorni e, più tardi, una caduta in telogenmolto più duratura. Di fatto, la maggioranzadei capillizi sono nella condizione della caviaper la prevalenza dell’alopecia androgenetica,nella quale l’accelerazione del ciclo pilaremodifica il rapporto durata anagen/duratatelogen facendolo assomigliare a quello deiroditori. In altre parole, nell’uomo lo stessoinsulto antimitotico che in teoria dovrebbeportare alla distrofia induce invece un TE.Questo comportamento è chiaro nella cadutadi capelli dovuta a farmaci antimitotici ma èsolo presuntivo in altre circostanze.

1. TE da farmaciUn grande numero di farmaci sono stati accu-sati di produrre una caduta di capelli.Un’impressionante lista può essere trovata ineHealthme.com. Tuttavia, ricordando che percausare una caduta di capelli un farmacodeve essere accreditato di un qualche effettotossico sulla matrice pilare, si deve riconosce-re che un buon numero di loro non può averetale effetto. Questo è specialmente vero per ifarmaci psicotropi. I pazienti a cui vengonosomministrati sono proprio quelli più facil-mente vittime di stress emozionali e, di fatto,la maggior parte dei “reports” nella letteratu-ra risultano, ad un’attenta lettura, inaffidabilidescrizioni di “hair loss” che difficilmentepossono riconoscere i criteri diagnostici delTE. Un’eccezione può essere rappresentatadal litio i cui effetti alopecizzanti sono stati

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studiati correttamente senza trovare anagendistrofici, ma solo un’aumentata caduta intelogen. La possibilità di un TE è quindi vero-simile, ma la perdita dei peli è stata trovata sututto l’ambito corporeo, a cominciare da unmese fino a 14 anni dall’inizio del trattamen-to. Una completa restitutio ad integrum èstata riportata già 6 settimane dopo l’interru-zione del trattamento. È probabile quindi checi sia qualche confusione in questi “reports”che nella maggior parte dei casi sono statipubblicati da non-dermatologi. L’acido val-proico è stato anch’esso messo in relazionecon la perdita di capelli in meno del 12% deipazienti in una maniera dosedipendente. Laperdita di capelli, tuttavia, è probabilmentecausata da una deficienza di biotina perchél’introduzione di quest’ultima ha portatobeneficio. La carbamazepina, che è probabil-mente provvista di una qualche attività anti-mitotica almeno sui leucociti, provocherebbealopecia in meno del 6% dei casi. La caduta dicapelli da chemioterapia è invece comune e lasua patogenesi ben conosciuta. Almeno 90chemioterapici sono correntemente in uso ela loro grande maggioranza causa perdita dicapelli. Se quest’ultima si presenti come cadu-ta distrofica o telogenica o come una mesco-lanza delle due modalità non è sempre noto,ma è probabilmente correlato ai 4 summen-zionati fattori piuttosto che alla qualità delfarmaco. Naturalmente la durata della cadutae il suo risultato finale, che sia il completodenudamento del cuoio capelluto o soltantouna rarefazione dei capelli, varia secondo lediverse modalità di caduta. Quella con distro-fia acuta porta di solito all’alopecia totalementre un lungo TE può indurre una rarefa-zione meno catastrofica. Di regola si tratta diuna caduta mista e la valutazione del rappor-to durata anagen/durata telogen potrebbeessere un interessante strumento prognostico.Vi sono farmaci, tuttavia, oltre ai classici che-

mioterapici antitumorali, che producono alo-pecia o caduta di capelli con meccanismo ana-logo. Gli eparinoidi per esempio, ed anche icumarinici, sono dotati di una qualche attivi-tà antimitotica e producono caduta a tipo TEin almeno il 50% dei casi, I retinoidi, invece,causano una caduta di capelli (l’acitretina nel75% dei casi) che si verifica dopo 3-8 settima-ne dalla loro introduzione, ma il coinvolgi-mento dei peli corporei, l’arricciamento deicapelli e la loro variazione di colore, nonchéil danno al meccanismo di ancoraggio, sugge-riscono che il meccanismo sia molto più com-plesso. Alcuni degli inibitori delle proteasi inuso nelle gravi infezioni virali inducono un’a-lopecia diffusa soprattutto nei primi 6 mesi diterapia. Se questa sia un TE o preveda la dis-trofia non è noto, ma la sua identità con glieffetti tossici da retinoidi è stata segnalata.

2. TE da inadeguatezza dieteticaLa cattiva nutrizione interessa la crescita pila-re in maniera analoga agli effetti degli antimi-totici, dipendendo anche in questo caso dallagravità della carenza e dalla sua durata, dallafase nella quale il pelo è colto dalla carenzastessa nonché dalla coesistenza o meno dell’a-lopecia androgenetica. Le gravi carenze ali-mentari, quali quelle che si osservano neiPaesi in via di sviluppo, producono effetti pro-fondi sulla struttura e sul il colore dei capelli.I follicoli sono distrofici e il ritmo di crescitaè ridotto. Nei Paesi sviluppati, tuttavia, questecarenze sono di rara osservazione interessan-do gruppi di pazienti particolari quali i neo-nati prematuri, i pazienti sotto alimentazioneparenterale, con la malattia di Crohn, con lafibrosi cistica o che sono stati sottoposti a by-pass intestinali, gli alcolisti cronici e quellicon anoressia nervosa. Sebbene “hair efflu-vium” sia stato riportato nel 50% delle donnecon anoressia nervosa, i capelli sono statidescritti come sparsi, secchi, fragili suggeren-

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do che il TE non sia la modalità causativa deldiradamento. Di fatto, già nel 1967, Bradfieldet al dimostrarono che dopo 15 giorni di dietaaproteica le radici pilari mostravano segnichiari di distrofia. Il TE, invece, è probabileche si sviluppi quando la deficienza è modera-ta o interessa persone con alopecia androge-netica. In quest’ultimo caso, come in quellodegli antimitotici, la quota parte di follicoli infasi vicine al catagen aumenta e la maggiorparte dei peli sono spinti verso il telogen piut-tosto che andare incontro a distrofia.

a. deficienza di ferro e/o ferritinaIl problema se la carenza di ferro sia piùcomune nei soggetti (soprattutto donne) cheperdono i capelli è stato dibattuto a lungo el’idea che la deficienza di ferritina sia impor-tante è largamente accettata nei chats e blogsdel Web. In realtà, la deficienza di ferro èstata trovata in malattie così diverse come l’a-lopecia areata, l’alopecia androgenetica 829),la female pattern hair loss, la diffuse alopeciain women (qualunque cosa voglia dire questotermine) e il TE suggerendo che sia piuttostouna coincidenza che un fattore causale.Inoltre, la definizione di deficienza marzialevaria nei diversi lavori e gli ultimi studi hannomostrato l’assenza di ogni significativa asso-ciazione. Recentemente, Olsen et al hannotrovato la deficienza marziale comune nelledonne, ma non più comune in quelle con lafemale pattern hair loss o TE cronico rispettoai controlli. Infine, gli studi di somministra-zione di ferro (di fatto scarsamente controllatie condotti su pochi pazienti) hanno dato risul-tati controversi.

b. deficienza di zincoLa deficienza di zinco può essere osservatanei bambini con acrodermatite enteropaticain cui si nota una diffusa rarefazione delcapillizio. Altre possibili cause sono le malat-

tie renali, i tumori maligni e i disturbi dell’as-sorbimento come la malattia celiaca, la malat-tia infiammatoria dell’intestino e la sindromeda intestino corto. Su 44 donne con perdita dicapelli, la zinchemia era diminuita in 23 eattribuita all’alto contenuto nella dieta difibre e di fitati che diminuiscono l’assorbi-mento di zinco dai cibi. Sono descritti peli fra-gili con aree alopeciche, normal or diffuselyreduced hair density e l’apporto di zinco hafatto cessare la caduta in 3 settimane. Gli arti-coli tuttavia non si diffondono sulle modalitàdi sviluppo dell’alopecia, il TE non è neppuremenzionato e il pull test negativo lascia moltidubbi che di TE in effetti si sia trattato.

c. deficienza di selenioIl selenio può causare caduta di capelli. Neglianni 60 era stata descritta l’alopecia da inge-stione della noce coco de mono (Lecythis olla-ria) più tardi attribuita all’alto contenuto diselenio della noce stessa. Nondimeno, la defi-cienza di selenio è reputata causa di caduta dicapelli. In nessun caso, tuttavia, è menzionatoil TE, i capelli sono “sparse and light colou-red” o con alopecia e l’apporto orale di sele-nio non ha migliorato il quadro. Comunque,il selenio è ancora raccomandato come inte-gratore alimentare, anche se una grave “epi-demia” di caduta di capelli è stata recente-mente descritta come dovuta ad un avvelena-mento acuto da integratori contenenti sele-nio.

d. deficienza di biotina e biotinidasiQuesta deficienza dipende dall’insufficienteapporto alimentare, da interazioni con vita-mine o farmaci (per esempio l’acido valproi-co), da aumentato catabolismo nelle donneche fumano e dalla gravidanza (una buonapercentuale di gravide sono marginalmentedeficienti in biotina). I sintomi della deficien-za acuta sono l’hair loss, descritto come

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acuto, grave e accompagnato dal passaggio adun colore rameico, e coinvolgente tutti i pelidel corpo. Il TE non è menzionato e difficil-mente sembra esserne la modalità di sviluppo.Tra l’altro, in gravidanza, che è riportata esse-re causa di deficit di biotina, i capelli sonocomunemente descritti come fiorenti. La defi-cienza quindi dovrebbe essere molto graveper produrre un significativo danno del pelo.

3. Il TE infiammatorioÈ il tipo di TE più comune. Le ragioni per lequali ho scelto di chiamarlo “infiammatorio”sono la tricodinia, sintomo di accompagna-mento che è stato descritto nel 50% dei casi,la presenza di anticorpi anti-tireoperossidasiin circa il 30 % dei casi e la conseguente asso-ciazione con la tiroidite di Hashimoto (2 casisu 5 nella piccola serie di TE cronico cheSinclair ha seguito per 7 anni). Possono essereosservate altre malattie autoimmuni come lamalattia infiammatoria intestinale, la gastriteatrofica autoimmune e, più di rado, il lupuseritematoso sistemico. La presenza di un infil-trato linfocitario peribulbare è controversa.Molto comune nell’alopecia areata incognita,un’entità che ha la stessa presentazione clini-ca del grave TE, è poco chiaro quanto fre-quentemente sia osservato nel TE cronico,specialmente perché Whiting, che ha condot-to uno studio in questo senso, non ha conside-rato la possibile associazione del TE cronicocon l’alopecia androgenetica e non riportadati sul TE acuto. Va tenuto presente infattiche l’infiltrazione peribulbare può caratteriz-zare gli stadi iniziali del TE (ed essere causadi tricodinia) e scomparire in seguito. La tri-codinia è stata messa in relazione con la pre-senza di sostanza P nei vasi sanguigni e condisturbi depressivi e dissociativi, ma è invecepiù facile associarla all’infiltrato peribulbarepoichè è anche presente nell’alopecia areata.Incidentalmente, anche gli anticorpi anti-

tireoperossidasi e la tiroidite di Hashimotosono presenti nell’alopecia areata. Le analo-gie con l’alopecia areata continuano con l’as-sociazione con altre malattie autoimmuni cel-lulo-mediate e il ruolo cruciale dello stressemozionale che precede di tre mesi l’esordiodel TE e molto più immediatamente quellodell’alopecia areata. L’eziopatogenesi è scono-sciuta. Kligman suggeriva l’importanza dellostress. Di fatto, nella maggioranza dei pazienticon TE acuto un evento emozionale impor-tante può facilmente essere evocato all’anam-nesi. Più difficile è comprendere che cosa sisia verificato anni prima dell’esordio di unTE cronico; tuttavia, storie di drammi familia-ri (divorzio, droga ecc) o lavorativi non sonorari. L’importanza dello stress è stata recente-mente sottolineata dalla scoperta che gli anta-gonisti del recettore del corticotropin-relea-sing-factor (CRF) sono in grado di far ricresce-re i peli nei topi che sovra-esprimono il CRF eche sviluppano sintomi dello stress cronicocompresa l’alopecia areata. Il meccanismoattraverso il quale il follicolo entra in telogenprematuramente nel TE infiammatorio è sol-tanto speculativo, ma può essere lo stesso cita-to dianzi per gli antimitotici. L’alopecia area-ta incognita, una forma grave di TE per laquale l’individuazione di occasionali anagendistrofici, yellow dots alla dermoscopia e tipicireperti istopatologici sono criteri diagnostici,suggerisce la possibilità che il TE infiammato-rio sia una sorta di malattia autoimmune cel-lulo-mediata, simile all’alopecia areata. Talepossibilità è appoggiata anche dall’importan-za dello stress (comune tra tutte le malattieautoimmuni in generale) e dalla citata asso-ciazione del TE con altre malattie autoimmu-ni.

4. Alopecia post-partumL’alopecia post-partum si verifica tra i 2 e i 4mesi dal parto con la tipica presentazione cli-

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nica del TE, dura circa 2 mesi (raramente dipiù, eccezionalmente diventa cronica) ed ècomunemente seguita dalla restitutio ad inte-grum. È certamente correlata con la sincro-nizzazione dei cicli durante la gravidanza acausa dell’aumento fisiologico degli estrogeni,ma non può essere considerata come un even-to fisiologico per almeno due ragioni: non siverifica in tutte le gravide e neppure nellevarie gravidanze della stessa donna, essendocomune nella prima, ma rara nelle successive.È probabile che l’evento scatenante sia lostress del parto, specialmente appunto ilprimo. Non è mai stata studiata da questopunto di vista, ma può essere assimilata al TEinfiammatorio. La possibile associazione (maistudiata anch’essa) con la tiroidite post-par-tum, che si sviluppa in circa il 5% delle primi-pare è molto suggestiva. Di fatto, l’ipotiroidi-smo è stato molto spesso associato con l’hairloss. Va ricordato tuttavia che l’hair loss dell’i-potiroidismo è un’alopecia diffusa ad esordiomolto graduale con capelli opachi e secchi ecoinvolge anche le sopracciglia. Non sembraquindi assimilabile al TE, anche se è statodimostrato che in questi casi la fase di telogenè prolungata. In realtà, la frequente associa-zione del TE con la tiroidite di Hashimoto e/ocon la presenza di anticorpi anti-tireoperossi-dasi suggerisce che l’ipotiroidismo è spesso laconseguenza di un attacco autoimmune cheaccompagna il TE infiammatorio e non la suacausa.

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Alla ricerca di un uso correttodei fattori di crescita piastrinici in tricologia

e nella chirurgia della calvizie

Ugo Majani, Aldo Majani, Alessio StivalaCatania

In occasione del corso di formazione sul tra-pianto dei capelli tenutosi presso l’Istituto diAnatomia dell’Università di Nizza abbiamoavuto la fortuna di assistere e partecipare auna lunga e animata discussione col prof.Ceccarelli, dell’Università di Barcellona, unodei massimi esperti a livello mondiale perquel che concerne i Fattori di CrescitaPiastrinici.Pur non interessandosi specificatamente ditricologia, il prof. Ceccarelli ha fornito alcunispunti veramente interessanti su comepotremmo avvalerci in maniera scientifica(non in modo empirico come si fa, purtroppo,troppo spesso) dei Fattori di CrescitaPiastrinici. Riferiamo brevemente quantoappreso in quell’occasione e i giovamenti chene abbiamo tratto nella nostra attività quoti-diana.

I fattori di crescita sono piccole proteineappartenenti al gruppo delle citochine. Silegano ai recettori delle proteinchinasi la cuiattivazione determina l’idrolisi dei polifosfoi-nositoli presenti nella parete cellulare, conliberazione di un frammento, l’1-3 difosfoino-sitolo che, spostandosi all’interno del citopla-sma cellulare, raggiunge il reticolo endopla-smatico liscio dove ha sede un recettore speci-fico; il legame con questo recettore determi-na l’afflusso di ioni calcio e la conseguenteattivazione delle proteinchinasi; avrà quindiluogo l’induzione dei geni JUN e FOS adinduzione precoce che determinano l’attiva-zione metabolica a livello cellulare.I fattori di crescita piastrinici (PDGF) sonocontenuti a livello degli alfa granuli delle pia-

strine. Ovviamente, per permettere la libera-zione di questi fattori di crescita è necessariala degranulazione cioè l’apertura di questigranuli verso l’esterno. In fisiologia ciò succe-de quando, in seguito a una lesione del vaso,le piastrine fuoriescono dal torrente circolato-rio e si compattano nel connettivo extravasale;ciò ne determina l’adesione e quindi l’aggre-gazione. A conclusione di questo processo cheha portato alla formazione del cosiddettotrombo bianco si ha la marginalizzazione deigranuli alfa con l’apertura di questi e la con-seguente liberazione dei fattori di crescita. Inparticolare, una volta avvenuta la lesione, lepiastrine non sono più a contatto con l’endo-telio, ma con il connettivo perivasale; qui ilcollagene si lega a specifici recettori delle pia-strine determinandone l’adesione iniziale el’aggregazione. Solo dopo si ha la liberazionedi ioni calcio si ha la fuoriuscita dei fattori dicrescita.Perché riteniamo essere molto importante intricologia avvalersi di queste basi teoriche?

Prima considerazione

Il tempo di azione dei fattori di crescita pia-strinici è di soli due minuti. Cosa vuol diretutto ciò? Significa che nello stesso istante incui il plasma arricchito di piastrine viene acontatto col tessuto connettivo dei bulbi sidetermina un’immediata degranulazione conliberazione dei fattori di crescita. Il che vuoldire che, con ogni probabilità, immergere ibulbi da trapiantare in un plasma ricco di pia-strine potrebbe avere una qualche utilità soloper quei bulbi trapiantati entro due minutidall’immersione: poche unità nel migliore deicasi, poi i nostri preziosi fattori di crescitasarebbero del tutto inattivati.Piuttosto bisognerebbe bagnare con una goc-cia di plasma arricchito di piastrine solo quelgruppetto di bulbi che siamo in grado diimpiantare in 120 secondi. Sarebbe sufficien-

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te un contenitore sterile munito di contagoc-ce col quale noi stessi o un nostro assistentebagneremmo di volta in volta il dito guantatodove sono adagiati i bulbi sul punto di esseretrapiantati.

Seconda considerazione

Studi recenti di Garcia e Gonzales hanno evi-denziato che dopo l’introduzione per viamesoterapia di fattori di crescita piastrinici, sidetermina un’importante stimolazione del-l’angiogenesi con neoformazione di microva-si. La neoformazione di capillari è massimadopo 7-10 giorni dall’infiltrazione dei fattoridi crescita. Dal momento che questo fenome-no dovrebbe migliorare l’attecchimento deibulbi, si potrebbe infiltrare la zona riceventeuna settimana prima del trapianto. Si potreb-be obiettare, come in effetti è stato fatto, cheun’aumentata vascolarizzazione potrebbedeterminare un aumento del sanguinamentonel momento di praticare le incisioni e nellafase successiva di trapianto. Un po’ quel chesuccede per i pazienti che non sospendonol’uso del minoxidil nei giorni immediatamen-te precedenti l’intervento: ma occorre ricor-dare che il minoxidil, pur avendo la capacitàdi determinare una modesta neoangiogenesi,è soprattutto un vasodilatatore mentre i fatto-ri di crescita piastrinici non hanno alcuneffetto vasodilatatorio. Un incremento dell’an-giogenesi che non produce vasodilatazionenon dovrebbe di per se stesso determinare unaumento del sanguinamento.

Terza considerazione

Dopo 30 giorni dall’infiltrazione di fattori dicrescita piastrinici si raggiunge la massimaconcentrazione di fibroblasti attivati e quindipronti a determinare un’ottimale rigenerazio-ne.A questo punto il protocollo ideato dal prof.Ceccarelli in collaborazione col dott. Garcia

prevede per il suo “Medical Face Lifting” unabiostimolazione con aminoacidi e tamponebicarbonato. Gli aminoacidi forniscono alfibroblasto al massimo della sua attività biolo-gica i precursori necessari per la costruzionedei componenti della matrice: acido glicuroni-co e glucosamina per formare acido ialuroni-co; prolina e idrossiprolina per formare colla-gene; lisina per formare la desmosina che è lacerniera elastica dell’elastina. Questo ovvia-mente per quel che concerne il ringiovani-mento del viso. Potremmo tuttavia sfruttaretali principi in tricologia iniettando nellazona trapiantata l’adenosina che ha un’azio-ne specifica a livello della papilla dermica.

Conclusioni

Nel nostro Ambulatorio di Chirurgia EsteticaMinimamente Invasiva da molti anni ormai ciavvaliamo dell’uso dei Fattori di CrescitaPiastrinica specialmente in associazione allipofilling per l’aumento dei volumi dei tessu-ti molli e per il ringiovanimento del volto. Èovviamente possibile estendere tale uso allachirurgia della calvizie.Il nostro protocollo non prevede l’utilizzazio-ne di kit costosi e molto spesso inutili ma sem-plici provette di ficoll e soprattutto la messa inpratica di quelle conoscenze di biochimica edi fisiologia senza le quali non potremmo maisfruttare al meglio le potenzialità di questeinteressanti particelle biologiche.

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Pro e contro delle giasessioni

Tendenze, PGI e buonsensoPiero Tesauro

Milano

Da alcuni anni seguendo un trend che apparesempre più consolidato e “vincente”, hoaumentato, con progressione ragionata, ladimensione delle sessioni di autotrapiantoche eseguo di routine e la media di UF dellesessioni eseguite è ora superiore a 3000 UF(con Record 4860).

Per molto tempo ogni mio sforzo è stato rivol-to alla risoluzione di problematiche tecnichelegate al coordinamento di uno staff tantoresponsabile quanto numeroso. Ciò significaimparare a gestire con attenzione ogni mini-mo aspetto dell’intervento che, aumentandodi durata, doveva risultare ben condotto econfortevole al pari di quelli di minor durata.

Ogni strada impone una sosta ed una rifles-sione e, pur senza disconoscere i successi otte-nuti con questa metodica, merita una rifles-sione il concetto di PGI (Personal GrowthIndex – Indice Personale di Ricrescita) intro-dotto quest’anno dal Dr. Marcello Pitchon.

Marcello Pitchon, Presidente della SocietàBrasiliana di Chirurgia della Calvizie, è il pro-motore della tecnica di trapianto con capellilunghi, (Preview Long Hair Tecnique). Questatecnica prevede che le unità follicolari sianoimpiantate lasciando i capelli lunghi. Questicapelli cadranno ugualmente dopo circa unmese, come nella tecnica tradizionale, per poiricrescere gradualmente dal terzo mese inpoi, ma al paziente è così offerta la possibilitàdi giudicare il risultato ottenuto al terminedel trapianto e di confrontarlo con quellodefinitivo a distanza di 12 mesi.

Questa tecnica che per le maggiori difficoltàpermette il trasferimento di un minor nume-ro di UF (1200-1800) rispetto ad altre meto-diche, ha trovato poca fortuna in altri paesiper l’essere in controtendenza rispetto al desi-derio dei pazienti di raggiungere il migliorrisultato nel minor tempo possibile.

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Ha offerto però la possibilità di uno studiosulla reale ricrescita dei capelli trapiantati a12 mesi che molti sostengono essere compresatra l’85 ed il 92%. Il Dr. Pitchon ritiene checiascun paziente abbia un PGI che è unicoper ciascun individuo e non può essere iden-tificato preoperatoriamente. La sua asserzio-ne trae origine dal fatto che tutti i chirurghihanno avuto nella loro pratica alcuni casi dicattiva ricrescita che si sono mantenuti talianche in una seconda sessione pur aumentan-do l’attenzione a qualsivoglia dettaglio. Nelsuo studio una percentuale di pazienti com-presa tra il 10 ed il 20% ha un PGI compresotra il 30 ed il 70% ( ciò significa 30-70% inmeno della ricrescita attesa), e ciò rappresen-ta un ragionevole motivo per evitare le mega-sessioni, almeno nel primo autotrapianto. Sevogliamo tradurre in termini più poveri il PGIreintroduce quel semplice concetto di pru-denza che usualmente racchiudiamo nellafrase “vediamo prima se funziona”. Un tra-pianto al termine del quale si riscontra unPGI basso dovrebbe spingere il paziente a sce-gliere con cura piani di intervento futuri cheincludano esclusivamente le aree strategichein cui si desidera ottenere una copertura.Viceversa tutti i pazienti con un PGI compre-so tra il 70 ed il 100% sono degli ottimi candi-dati per le megasessioni. Questo nuovo con-cetto, che mette in discussione alcune dellepiù diffuse tendenze in atto, merita comun-que che siano fatte alcune considerazioni cri-tiche.• Un intervento ben progettato può custodireanche in una sessione grande quelle regole diprudenza che sono sottese da un rischio diPGI basso.

• Piccole sessioni espongono il paziente adun secondo intervento che rappresentacomunque un piccolo incremento del rischiodi complicanze ed anche questo ha un suo

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peso nel conto della percentuale di rischio.

• Poiché la percentuale di pazienti con PGInella norma è superiore al 70%, questo signi-fica che il 70% dei pazienti si sottoporebbe adun secondo intervento che con una megases-sione non sarebbe stato necessario.

• Per quanto non esistano test per identifica-re il PGI è fuori dubbio che una adeguata pre-parazione terapeutica all’intervento permettedi ottenere migliori risultati modificando ilPGI.

• Alcune cattive ricrescite non hanno nientea che vedere con un PGI basso ma sono talvol-ta frutto dell’inesperienza. Il primo consiglioche viene sempre dato ai chirurghi princi-pianti è quello di iniziare con piccole sessioni.

• Infine alcune cattive ricrescite non hanno ache vedere con l’inesperienza dello staff macon la scarsa compliance del paziente nell’at-tenersi alle poche regole post operatorie.

Da quanto scritto una conclusione nascespontanea: Il PGI è un modo elegante e certa-mente chiaro per sottolineare che gli errorispesso sono insiti nelle esasperazioni e nelcaso specifico in quegli interventi che consu-mano una percentuale troppo alta dell’areadonatrice. Non tanto la megasession in sé èdunque un rischio ma lo è la mancanza diuna via d’uscita. Il numero di UF in assolutonon esprime la percentuale area donatriceutilizzata e se 4000 UF per un Norwood 6 puòrappresentare oltre il 60% del proprio patri-monio, per un Norwood 3 folto può rappre-sentarne meno del 30%. In conclusione penso che tutto ciò che è ingrado di ricondurre pazienti e chirurghi apensare che la medicina non è una scienzaesatta oggi è certamente benvenuto.

Meditiamo quindi, sulla medaglia e sul suorovescio.

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Alopecie infiammatorie- anche incognite -

possibile causa di fallimentodegli autoinnesti follicolari

L’importanza del fenomeno di Koebnerin tricologia

Roberto d’OvidioBari

Il trapianto di capelli è ormai una prassi con-solidata per il trattamento dei soggetti affettida Alopecia Androgenetica maschile e femmi-nile con una inadeguata risposta alle terapiemediche o non desiderosi di praticarle.La presente è una breve review tesa a stimola-re l’attenzione degli specialisti che nel corsodella loro attività avranno sicuramente notatol’evenienza di pazienti con risultati esteticiscarsi o addirittura peggiorativi dopo unintervento chirurgico di autrapianto.Secondo una rapida inchiesta che abbiamofatto tra i colleghi esperti nel trapianto dicapelli ciò avverrebbe in percentuali variabili,troppo estensivamente, dal 5% al 60% dei casiseguiti con adeguato follow-up. Questi datiandrebbero indubitabilmente meglio appro-fonditi. Un altro importante campo d’applica-zione della chirurgia tricologica è rappresen-tato dalle forme di Alopecie cicatriziali post-traumatiche o post-infiammatorie, in cui peròla patologia di base si sia risolta da almeno unpaio d’anni.Nonostante queste precauzioni l’osservazionein alcuni casi di una riattivazione della pato-logia di base dopo autoinnesti o escissioni chi-rurgiche ci consiglia di essere estremamentecauti nel trattamento dei pazienti affetti daesiti cicatriziali di Lupus EritematosoDiscoide, Lichen Plano Pilare (LPP) ePseudoarea di Brocq. Recentemente abbiamosuggerito che tali riaccensioni patologichepossano essere attribuite ad un reale fenome-no di Koebner, nel quale la “koebnerizzazio-

ne” è indistinguibile dalla patologia originalesia nella patogenesi che nella prognosi e neltrattamento.

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Nel 1872 Heinrich Koebner descrisse il feno-meno che porta il suo nome osservando unpaziente psoriasico che presentava  una chiaz-za di psoriasi in una sede cutanea sottopostadi recente ad un trauma fisico (un morso dicavallo). Da allora la definizione di “fenome-no di Koebner” o “Isomorfismo Reattivo” èstata utilizzare per spiegare l’insorgenza dopotraumi o microtraumi fisici di lesioni isomor-fe in pazienti affetti anche da altre dermatosi.Nella nostra esperienza abbiamo osservato ilfenomeno anche in campo tricologico: classi-camente nel Lupus Ertematoso Discoide, maanche nel Lichen Planus Pilaris enell’Alopecia Areata. Si è vista la tipica riaccensione del LED dopo

tentativi di escissione chirurgica dell’areainteressata, ma anche 3 settimane dopo unasingola sessione di crioterapia. Lo stesso si èverificato  4 settimane dopo una sessione diautoinnesti di unità follicolari, sia nella zonainnestata che nell’area di prelievo dei grafts.Nell’Alopecia Areata nuove chiazze possonocomparire dopo traumi evidenti, anamnesti-camente riscontrabili, come urti, ustioni, con-gelamenti, interventi chirurgici, ma possonoessere scatenate da microtraumi ripetuti,come la frizione da indumenti, cappelli, par-rucche, fermagli e stanghette degli occhiali.

Com’è risaputo il classico Lichen RuberPlanus è raramente osservabile sul cuoiocapelluto, ma tipicamente è soggetto al feno-meno di Koebner. Il Lichen Planus Pilarissembra quindi condividere questa possibilità.Toruniowa e Jablonska ritenevano il mastoci-ta l’elemento fondamentale nello scatenamen-to del fenomeno di Koebner nella Psoriasi.Noi abbiamo suggerito l’importanza di questa

cellula anche per i nostri casi tricologici, inquanto nelle fasi iniziali dell’Alopecia Areatae nel Lichen sono presenti mastociti attivati,anche in assenza di un evidente infiltrato lin-fomonocitario. Questa cellula può scatenarele lesioni attraverso la sua alta sensibilità acambi di temperatura, concentrazione di elet-troliti, variazioni di pressione, ionizzazione,oltre alla ben conosciuta attivazione immuno-logica da IgE, immunocomplessi, citochine  eneuro mediatori come la Sostanza P ed ilCRH. L’identificazione di questo fenomenopuò quindi spiegare il perché alcuni tratta-menti chirurgici possano essere inefficaci oanche dannosi se utilizzati nelle fasi attivedelle dermatosi.Un problema però forse più frequente è rap-presentato dal mancato riconoscimentoanche da parte degli specialisti di alcuneforme di Alopecie infiammatoria comel’Alopecia Fibrosante Frontale (FFA) o la

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Fibrosing Alopecia in a Pattern Distribution(FAPD) (varianti cliniche meno flogistiche delLPP), confondibili con una classica AlopeciaAndrogenetica e quindi ulteriormente aggra-vabili da un trattamento chirurgico.Un’altra possibilità è il mancato riconosci-

mento di particolari aspetti clinici dell’

Alopecia Areata: la forma androgenetica-like,l’incognita, e alcune presentazioni dell’Ofiasi,che a volte sfuggono alla diagnosi clinicaanche dello specialista dermatologo, che spes-so deve ricorrere all’ausilio di supporti dia-gnostici come la dermoscopia e l’istopatolo-gia.Ma la stessa ed apparentemente classica alope-

cia androgenetica può presentare dopo il trat-tamento chirurgico alcuni risultati deludenti.Tali riscontri possono essere spiegabili sullabase della presenza nella metà circa di questisoggetti, maschi e femmine, di una microflo-gosi perifollicolare, costituita da un infiltratolinfomononucleare, localizzato prevalente-mente nella zona istmica del follicolo pilifero,con incremento numerico e segni di attivazio-ne dei mastociti. Questa microflogosi follico-lare assumerebbe un significato prognosticopoiché, ad esempio, è stata verificata unaminore risposta terapeutica al minoxidil neisoggetti in cui era presente. Senza ricorrerealla biopsia, il riscontro di segni (depressioni)peripilari attraverso una normale dermosco-pia potrebbe essere sufficiente ad identificarequesti casi.   In alcuni pazienti l’infiltratoinfiammatorio presenta un aspetto franca-mente lichenoide e si associa alla fibrotizza-zione ed all’atrofia delle strutture follicolari,potendosi così ipotizzare un continuum tra

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tra forme androgenetiche ed alcune formelichenoidi, in cui potrebbero comunque gio-care un ruolo gli ormoni androgeni, data larelativa efficacia (almeno nel senso della sta-bilizzazione) degli inibitori della 5alfa-redut-tasi.

In un lavoro di qualche anno fa è stato osser-vato che il trapianto di follicoli vello prove-nienti da AGA maschili e femminili su topinudi (immunologicamente incompetenti) haavuto come risultato un recupero della capa-cità di crescita uguale o anche superiore aquella dei capelli terminali; una possibilespiegazione di questo fenomeno potrebbeessere in effetti la risoluzione della microflo-gosi perifollicolare e ci suggerisce quindi diguardare con maggiore attenzione ai fattoriinfiammatori nello scatenamento e manteni-mento dell’Alopecia Androgenetica. In parti-colare un ruolo importante potrebbe esseregiocato dalla citochina TGFbeta, dimostratasiin grado, sotto stimolo androgenico, di indur-re il Catagen nei follicoli suscettibili e notoria-mente fattore fondamentale nei processi dicicatrizzazione fisiologica e patologica.Inoltre è capitato di osservare il miglioramen-to dell’Alopecia Androgenetica dopo chemio-terapia antitumorale, forse spiegabile proprioattraverso le proprietà antinfiammatorie dialcuni antiblastici. Possiamo quindi in con-

clusione sottolineare  che un’ attenta valuta-zione dermatologica dei pazienti da sottopor-re a trattamenti di chirurgia tricologica delcuoio capelluto, con l’ausilio di valutazionistrumentali ed eventualmente di concomitan-ti trattamenti medici, può essere d’aiuto perridurre i rischi di fallimento o di scarsi bene-fici estetici dei trattamenti chirurgici dellealopecie, evitando i possibili fenomeni dikoebnerizzazione.

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Somministrazione orale di Finasteride1mg-die in uomini affetti da

alopecia androgenetica:10 anni di follow-up

A. Rossi, C. Cantisani, M. Scarnò,A. Trucchia, M.C. Fortuna, S. Calvieri

Roma

L’Alopecia Androgenetica è una condizionegeneticamente determinata nella cui patoge-nesi assume un ruolo importante la trasfor-mazione del testosterone in diidrotestosterone(DHT) ad opera dell’enzima 5alfa-reduttasi ditipo II. L’attività di tale enzima, nei soggettipredisposti, determina una miniaturizzazionedel follicolo che si traduce in una progressivatrasformazione del pelo terminale in pelointermedio e, successivamente, in vello (piùcorto, di calibro ridotto e depigmentato),apprezzabile soprattutto nelle regioni andro-geno-dipendenti.La terapia di questa condizione si può avvale-re degli inibitori dell’enzima 5alfa-reduttasidi tipo II.La somministrazione di Finasteride, un inibi-tore specifico dell’enzima 5alfa-reduttasi ditipo II, alla dose di 1 mg/die è indicata per iltrattamento degli uomini affetti da alopeciaandrogenetica (AGA). Studi precedenti atti a valutare l'efficacia e lasicurezza di questo farmaco non avevano maiconsiderato un follow-up della durata maggio-re di 5 anni. Nel nostro studio abbiamo valu-tato l’efficacia e gli effetti collaterali in ungruppo di 118 pazienti con AGA di età com-presa tra i 20 ed i 61 anni, suddivisi per fascedi età e per gravità della patologia, in terapiacon finasteride (1 mg / die).L’efficacia è stata valutata attraverso  fotogra-fie globali standardizzate a T0, T1, T2, T5,T10. L'analisi statistica è stata effettuata uti-lizzando tabelle di frequenza e di valutazionedell’indice chi-quadro con il suo p-value.

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I miglioramenti più significativi sono statiosservati nei pazienti di età superiore ai 30anni (42,8% di età compresa tra i 20 e i 30anni non sono migliorati anche dopo 10 annidi terapia) o con i gradi maggiori di AGA(58,9% per l'AGA di grado IV e 45,4% perl'AGA di grado V fece il primo miglioramentosubito dopo 1 anno). Nel 21% dei casi, il pro-seguimento del trattamento oltre i 5 annimostra risultati ancora più soddisfacenti.Effetti collaterali sono stati riscontrati nel 6%dei pazienti, tuttavia, alcuni di essi hannocontinuato il trattamento per i buoni risultatiottenuti.Da questo studio è emerso un dato molto inte-ressante riguardo la modalità di somministra-zione a lungo termine della terapia, infatti, ipazienti che sono comunque andati in pro-gressione androgenetica durante il primoanno di terapia hanno continuato a peggiora-re negli anni successivi e devono essere consi-derati pazienti “non respondes”, per taliragioni questo dato deve essere consideratocome predittivo per la prosecuzione dellaterapia oltre l’anno.Per i pazienti che sono rimasti stabili o sonomigliorati nel primo anno di terapia, la fina-steride ha dimostrato di essere efficace anchenel lungo periodo di tempo esaminato, dimo-strando inoltre che una gran parte dei sogget-ti invariati dopo 1 anno, migliorano in seguitomantenendo poi un trend positivo.

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Clonazione dei follicoli

(una speranza per domani)Bessam FarjoManchester

La tecnica di coltivazione delle papille dermi-che per ottenere nuovi capelli è una metodicaassolutamente innovativa che potrebbe pren-dere il posto delle attuali tecniche di rinfolti-mento chirurgico: è infatti molto meno invasi-va e soprattutto ripetibile dal momento cheattinge ad un serbatoio potenzialmente illimi-tato di follicoli. Sarà infatti possibile prelevareun lembo cutaneo di piccole dimensioni dalcuoio capelluto, selezionare i follicoli piliferie separare da questi le cellule della papilladermica (cioè la porzione cutanea profondaalla base del follicolo) capaci di indurre la for-mazione di nuovi follicoli. Queste cellule ven-gono coltivate ed espanse in appositi terreni equindi inserite con microiniezioni nel dermadella zona da trattare, con uno specifico siste-ma di rilascio che consente l’iniezione di unaltissimo numero di cellule e quindi, a distan-za più o meno di tre mesi, la ricrescita dinuovi capelli. La particolarità della tecnica ènella capacità di “processare” e moltiplicarecontemporaneamente molte cellule. Nel set-tembre 2006 è iniziata la fase due di valuta-zione clinica di efficacia dopo la conclusione,con successo, della fase uno che ha dimostra-

to come la tecnica sia sicura e priva di effetticollaterali. In quella occasione era stata dimo-strata l’efficacia della metodica, che però erastata condotta su un ridotto numero dipazienti e su aree limitate del cuoio capelluto.Lo scopo della fase due in atto è estendere l’a-rea trattata, valutando anche in modo signifi-cativo la qualità dei nuovi capelli e quindi ilrisultato estetico finale.

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Sodium lauryl sulfate (SLS)Sodium laureth sulfate (SLES)

Alessandro MinucciFirenze

Su questi due tensioattivi si è scatenata unaguerra da quando nel 1998 ha iniziato a cir-colare su Internet una serie di e.mail nellequali si affermava che questi due prodotti pos-sono essere cancerogeni. Per quel che riguarda la presunta canceroge-nicità della molecola occorre fare una precisa-zione: le informazioni sono circolate inInternet a causa di una azienda americanache produceva detergenti e surfattanti privi diquesta molecola e quindi cercava di fare con-correnza sleale diffondendo informazioni ten-denziose, dando origine alla cosiddetta “bufa-la del lauril solfato” sparsa in internet inbuona fede da utenti ignari di fare il gioco diuna spregiudicata ditta commerciale (vedi illink http://digilander.iol.it/mamoFAQ/hoax-sodium_r.txt). Le critiche non si sono fatte comunque atten-dere, evidenziando come gli enti chiamati incausa (si veda più avanti) non ne sapevanoniente o addirittura non esistevano. Quindidopo un po’ il caso sembrava sgonfiarsi appa-rendo sempre più come una bufala mediatica.Ma anche se l’e.mail può apparire una bufala,scavando sotto la cenere emerge che il SLS eil SLES non siano dei santarellini. Vediamo lesmentite delle associazioni industriali cheproducono/commercializzano prodotti conte-nenti il SLS o il SLES.

Di seguito sono riportate diverse dichiarazio-ni da parte di: Unipro (Unione nazionale industrie di profu-meria, cosmesi, saponi da toeletta e affini) eColipra (Associazione europea delle industriecosmetiche) che affermano che le notizie sulSLS e SLES sono prive di ogni fondamento e

prova scientifica e ricordano che in Italia laLegge 713/86 autorizza l’uso di tali sostanze,considerandole sicure per la salute umananelle attuali applicazioni cosmetiche.- Unipro ricorda che sul SLS e sul SLES sierano espressi a suo tempo autorevoli membridella Commissione Consultiva TossicologicaNazionale nonché dei Comitati Scientifici diTossicologia della Commissione Europea cheavevano dichiarato: “la presenza di simili noti-zie su siti Internet è un chiaro esempio diinformazione strumentale e infondata, poichénon esiste alcuna evidenza che comprovi deirischi di cancerogenesi nell’uomo relativa-mente all’utilizzo in prodotti cosmetici dellemenzionate sostanze”- Unipro, lettera del direttore generale: miriferisco a quanto già precedentemente comu-nicato e relativo alle informazioni circolantisu Internet su SLS e SLES per informare chel’argomento è stato trattato nella trasmissione‘Report’ su RAITRE Domenica 8/10/2000[...] è stato intervistato il Prof. Cesare Maltoni,oncologo, sulla presunta cancerosità del SLS:“Dopo 35/40 anni in cui mi occupo costante-mente di agenti cancerogeni industriali ocommerciali, questa notizia non era mai arri-vata alla mia attenzione. Però dopo che questalettera ha cominciato a circolare, ho fatto unapprofondimento d’indagine ma non sonoriuscito a trovare un singolo resoconto, unasingola ricerca pubblicata su questo argomen-to [...]”

Ora approfondiremo meglio la conoscenza diquesti due prodotti sentendo voci indipenden-ti (almeno dall’aspetto “interesse economi-co”) che spero riescano a chiarirci chi sono ecosa sono il SLS e il SLES.

Comunque partiamo con un’intervista alprof. Gianni Proserpio, incaricato di Chimicadei prodotti cosmetici presso la Facoltà di

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Farmacia dell’Università di Torino, che sotto-lineava gli aspetti negativi dei tensioattivi noticome “alchilsolfati” del tipo appunto SLS eSLES: “La rivoluzione nel campo degli sham-poo si è verificata all’apparire dei detergenticon radicale solfonico e solfato ...… Solo di recente le ricerche farmacotossico-logiche ed i controlli dermatologici hannoavviato un riesame critico sul loro prolungatouso cutaneo, mettendone in evidenza i limitifisiologici.… Anche il parallelo studio della biodegrada-bilità e dei danni causati in campo ecologicodall’eccessivo consumo (in campo industriale,domestico e cosmetico) ... ha ridimensionatogli entusiasmi iniziali. Sembrava agli inizi diaver trovato il detergente ideale: tanta schiu-ma, nessun problema con acque dure o dimare, pulizia rapida e totale. Ma ecco appari-re gli aspetti negativi ... Limitandoci al soloproblema cutaneo e capillare, possiamo direche l’uso continuato di questi tensioattivi haprovocato altri problemi, forse più gravi diquelli causati dai saponi … Essi, usati in dosieccessive rispetto alla loro forza lavante (che èalmeno quadrupla rispetto ai saponi), sgrassa-no troppo la pelle ed i capelli, asportandotutte le difese naturali ... Sebo, sudore, fattoreidratante così eliminati non sono più in gradodi proteggere l’epidermide che diviene piùpermeabile ai corpi estranei, a partire dallostesso tensioattivo che penetrando nella cuteprovoca ulteriori danni.Uno degli aspetti più deleteri scoperti recente-mente di questi tensioattivi solfati o solfonatiè la loro enzimotossicità. Sulla pelle si svolgono infatti numerose attivi-tà enzimatiche utili alla vita ed ai processifisiologici cutanei. L’azione dei detergenti di sintesi le blocca eprovoca, a lungo andare, alterazioni profon-de. Il primo e più evidente effetto è lo stato dieccessiva secchezza della pelle o l’aspetto devi-

talizzato dei capelli. I dermofisiologi stanno già da qualche temposostenendo che è ora di smetterla con glishampoo troppo schiumogeni, troppo concen-trati e basati sugli alchilsolfati (cioè SLS eSLES ).Purtroppo è profondamente radicata nel pub-blico la convinzione che più un prodotto faschiuma più deterge e più è efficace.Occorreranno molti anni per far comprende-re che una sostanza tensioattiva troppo deter-gente è più deleteria che utile ...” (Lavarsi - imoderni concetti dell’igiene personale - prof.Proserpio - Studio Edizioni sas - Milano).

Sicuramente ci sono voluti molti anni (forsetroppi) e molti studi tossicologici e allergologi-ci prima che si cominciasse a capire la realepericolosità di queste sostanze. Il SodiumLauryl Sulfate (a tutt’oggi molto usato perfinonei dentifrici) è ormai diventato uno standarddi riferimento per il suo elevato potere irrita-tivo sulla pelle e in generale sull’organismoumano.In una scala del potere di irritazione da 0 a10, dove all’acqua normale è assegnato il valo-re 0, il SLS raggiunge il valore 10.Un recente studio condotto all’University ofGeorgia Medical College ha dimostrato che ilSLS è in grado di penetrare molto facilmenteattraverso la pelle e la membrana oculare,soprattutto nei bambini, causando il possibileinsorgere della cataratta nella fase adulta; sideposita per lungo tempo nei tessuti cutanei eraggiunge lentamente il cervello, il cuore, ilfegato ecc. È stato accertato che il SLS provo-ca sensibilizzazione polmonare che generadisfunzioni iperattive delle vie respiratorie eallergia polmonare accompagnate da spossa-tezza, malessere e dolori. I principali sintomidi esposizione possono perdurare per oltredue anni e comparire sotto l’effetto di nume-rosi stimoli ambientali non specifici, quali gas

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di scarico degli autoveicoli, profumi e fumopassivo. Si è ormai ampiamente riscontrato che il SLSdenatura le proteine, causando danni allapelle e agli occhi. Può reagire anche conmolecole azotate dando luogo alla formazionedi nitrosamine, composti questi ultimi dicomprovata attività cancerogena.

Il SLES (Sodium Laureth Sulfate o SodiumLauryl Ether Sulfate) è un derivato della com-binazione del SLS con l’ Ossido di Etilene, èmeno penetrante, ha un maggior potereschiumogeno, ma anch’esso può reagire convari ingredienti formando sia nitrosaminecancerogene che l’ancor più pericolosa diossi-na.Recenti esperimenti in Germania hannodimostrato che sia il SLS che il SLES, aggre-dendo i follicoli piliferi, possono causare lacaduta precoce dei capelli. Paradossalmente litroviamo persino in shampoo cosiddetti “anti-caduta”. L’effetto irritante di questi tensioattivi sem-bra crescere in modo proporzionale alla loroconcentrazione nei prodotti finiti.Una Commissione del Cosmetic IngredientReview negli Stati Uniti ha recentemente sta-bilito che questi ingredienti non sono di persé cancerogeni, ma già ad una concentrazionedel 2%, essi possono causare alcune forme diirritazione cutanea e, più tempo rimangono acontatto con la cute, maggiore è l’intensità ditale irritazione.Purtroppo quello che gli studiosi omettono didire è che, nei comuni shampoo economiciche si trovano in commercio, la concentrazio-ne arriva nella stragrande maggioranza deicasi al 10%. Gli shampoo con alchilsolfatidovrebbero essere usati con molta attenzioneintorno agli occhi in caso di presenza di lesio-ni corneali.Essendo ingredienti assai poco costosi (tanta

schiuma a basso costo), vengono utilizzati inalcuni shampoo economici a concentrazionianche del 30%. Cosa questa che comunque ilconsumatore medio non è in grado di saperea priori, perché i produttori non hanno l’ob-bligo di evidenziare in etichetta le percentualiquantitative degli ingredienti presenti in unprodotto cosmetico.

Dopo questa lunga premessa facciamo un pòdi chimica...

- Sodium Laureth Sulphate, che ha come sino-nimo SLES, la cui traduzione italiana è sodiolauriletere solfato.- Sodium Lauryl Sulphate, che ha come sino-nimo SLS, la cui traduzione italiana è sodiolaurilsolfato.

Il Sodium Lauryl Sulphate, o Laurilsolfato disodio, è un composto chimico che presenta lastruttura di sale di sodio del monoestere del-l'acido solforico con l'alcol laurilico. Si ottieneper esterificazione (reazione chimica che tra-sforma un alcol o un acido nel corrispondenteestere) dell'alcol laurilico con l’acido solforicoe successiva neutralizzazione con idrossido disodio. SLS è stato uno dei primi detersivi sin-tetici prodotti su larga scala, indicazioneimportante sulla sua facilità di reperibilità ecostruzione.Il prodotto finale è un solido bianco (polvereo scaglie) con un lieve odore ed un sapore leg-germente amarognoli. Il prodotto quandoviene commercializzato deve riportare sulla

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confezione la Croce di S. Andrea nera su sfon-do arancione con l'indicazione IRRITANTE. Inoltre deve riportare le seguenti indicazioni:"Irritante per le vie respiratorie e la pelle.Rischio di gravi lesioni oculari. Evitare il con-tatto con gli occhi e con la pelle. In caso dicontatto con gli occhi lavare immediatamentee abbondantemente con acqua e consultareun medico. Proteggersi gli occhi e la faccia.Questo materiale e il suo contenitore devonoessere smaltiti come prodotti pericolosi."Il tenore dell'etichetta non deve però portarea considerazioni affrettate e a valutazionieccessivamente preoccupanti in quanto lenorme d'uso sono riferite al prodotto puro.

Nei formulati in commercio la percentuale diSLES raramente supera il 20% ed è anchevero che il prodotto viene risciacquato conacqua molto velocemente. Inoltre questi pro-dotti sono in commercio da più di trent'annie non si è mai avuto sentore di una loro ecces-siva pericolosità.Il SLS è in assoluto il più usato al mondo perla cosmesi, mentre il SLES ha ora soprattuttoin Europa maggior impiego in prodotti deter-genti di uso industriale e domestico.SLS è un tensioattivo anionico, vale a dire èun composto costituito da molecole aventidue gruppi funzionali caratteristici, uno idro-filo e uno idrofobo, capace dunque di ridurrenettamente la tensione superficiale all'inter-faccia tra acqua e gas, liquidi immiscibili conl'acqua o solidi. Si ionizza liberando il sodio,

sotto forma di catione Na+, e il rimanentedella molecola, che esplica l'azione detergen-te, sotto forma di anione. SLS è usato in alcu-ni prodotti come eccipiente, cioè come unasostanza inerte addizionata al prodotto soloper renderlo meglio accetto all'utente o perfavorirne la preparazione.Il sito InterNet GalenoSistemi ci fornisce unascheda dettagliata sulla composizione delsodium lauryl sulfate, di cui riportiamo qui lesezioni principali e più comprensibili:

Formula

C12H25NaO4SDenominazione

sale sodico del monododecilestere dell'acidosolforicoCaratteristiche organolettiche

polvere o cristalli bianchi o bianco-crema,odore caratteristicoCaratteristiche e utilizzo dei composti

All'interno della stessa scheda troviamo anchealtre informazioni molto utili alla classifica-zione e all'utilizzo del composto, che riportia-mo:Categoria d'usodetergente, emulsionante O/A, disperdente,schiumogeno NOCIVO, evitare il contatto congli occhiTossicitàDL50 nel ratto 1288mg/kg per os

Vediamo in dettaglio ciascuna delle voci ripor-tate:Un detergente è una sostanza in grado diasportare impurità o secrezioni da un tessuto,metallo o altro; è dunque un prodotto capacedi provocare il distacco delle particelle di gras-so o sporco dalla superficie degli oggetti e didisperderle in acqua sotto forma di emulsioni. Un emulsionante è una sostanza capace difavorire la formazione di emulsioni dimi-nuendo la tensione superficiale tra due liqui-

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di immiscibili. SLS è un emulsionante O/A,cioè favorisce la formazione di emulsioni dis-perdendo una piccola quantità di olio nell'ac-qua.Un disperdente è un aggettivo relativo ad uncomposto chimico additivato a una fase liqui-da per mantenere in sospensione le particellesolide, ad impedire quindi un loro riaggregar-si sulla sostanza dalla quale sono stati allonta-nati.Uno schiumogeno è una sostanza tensioattivache, aggiunta a un liquido, facilita la forma-zione di schiuma. SLS è uno schiumogenonocivo, a causa della sua composizione, ed èdunque da evitarsi il contatto con gli occhi.

La misura della tossicità riportata nella tabel-la precedente merita un discorso approfondi-to. I test per misurare la tossicità all'uomo diun prodotto possono essere molteplici; unodei più diffusi in laboratorio è il test DL 50,un test a nostro parere assolutamente ineffi-cace, non solo per il mezzo utilizzato, cherasenta la barbarie, quanto per la conseguen-te veridicità della misura estrapolata.Il test DL 50 è un test di tossicità di unasostanza chimica consistente nel somministra-re tale sostanza in quantità crescenti a gruppidi animali fino a stabilire la quantità suffi-ciente per uccidere la metà degli animali cuiè stata somministrata; è un test utilizzato inlaboratorio per valutare tossicità acute e cro-niche. La sigla DL, che a volte potete trovarenell'equivalente anglosassone LD, non signifi-ca altro che dose letale. Prescindendo dallaesecuzione di un test del genere, che è ogget-tivamente una esecuzione di massa di esseriviventi qualunque sia il significato che voiattribuiate al concetto di essere vivente, quel-lo che più colpisce è l'associazione consequen-ziale fra la morte del 50% di un gruppo di ani-mali a seguito della interazione con unasostanza chimica esterna e l'effetto che la stes-

sa ha sull'uomo, cioè un essere vivente "diffe-rente". Cioè, chi può ragionevolmente sostene-re che una sostanza è più tossica di un'altraall'uomo solamente perché la quantità neces-saria ad uccidere il 50% di un gruppo di altrianimali è minore?Di fatto, per tornare al nostro SLS, sembre-rebbe che eseguendo il test DL 50, esso ucci-da il 50% dei ratti cui è stato somministratonella misura di 1288 mg/kg. Cosa possa volerdire questa misura, lo lascio alle vostre consi-derazioni.

Riferimenti

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Che cos’è la melatonina?

Andrea MarlianiFirenze

La melatonina è un indolo con effetti diversie complessi su molte cellule, tessuti e organi-smi. La sua struttura chimica altamente lipo-fila le permette di penetrare facilmente all’in-terno delle cellule dove svolge un importanteruolo nel proteggere i componenti intra edextracellulari dai danni ossidativi. Nei mam-miferi la melatonina regola numerosi proces-si, in particolare il ritmo biologico stagionale,il ciclo sonno/veglia e le reazioni immunolo-giche.

La melatonina è prodotta non solo dall’ipofisima anche da moltissimi tessuti periferici fra iquali la cute, il follicolo pilifero, il midolloosseo, il fegato e l’apparato gastrointestinale.Molti studi recenti mettono in luce la produ-zione extraipofisaria di melatonina anche sele sue funzioni a livello dei tessuti che la pro-ducono sono ancora sconosciute. La secrezio-ne ipofisaria di melatonina è influenzatadalla luce. La melatonina è sintetizzata esecreta di notte e le sue massime concentra-zioni ematiche sono evidenziate tra le 2 e le 4di notte con successiva riduzione gradualeall’approssimarsi del mattino.La melatonina agisce sulle cellule sia attraver-so effetti diretti sia attraverso effetti mediatidal suo legame ai recettori cellulari. Sonooggi conosciuti diversi tipi di recettori cellula-ri per la melatonina:- recettori di membrana (MT1, MT2),- recettori citosolici (NQO2),- recettori nucleari retinoid-related orphan

receptor alfa (ROR alfa).Il follicolo pilifero sintetizza attivamentemelatonina e le cellule del follicolo hanno irecettori per la melatonina, questo è indiceche la melatonina ha certamente un ruolonella regolazione del ciclo. Infatti l’espressio-ne dei recettori varia durante il ciclo follicola-re.A livello del follicolo la melatonina esercitaprobabilmente sia effetti diretti, con attivitàantiossidante e protettiva sulle cellule metabo-licamente attive del follicolo in anagen doveagisce come spazzino di radicali liberi e indu-cendo DNA repair, sia effetti mediati dal suolegame ai recettori cellulari dove può agireinibendo l’entrata in riposo, cioè in fase telo-gen del follicolo.Un altro aspetto interessante per le possibiliapplicazioni della melatonina in campo trico-logico è la sua attività antiandrogena. Lamelatonina infatti agisce sui recettori per gliandrogeni e per gli estrogeni. In particolareha un effetto inibitore sull’espressione delER-alfa e per questo può ridurre la sensibilitàdel follicolo alla stimolazione estrogenica. Hainoltre attività antiandrogena sulle celluleprostatiche di roditori e inibisce l’attivitàdell’aromatasi.Nei mammiferi è noto da molti anni che lamelatonina ha un ruolo chiave nel modificarela qualità e il colore del pelo in base alle esi-genze ambientali e riproduttive: quando leore di luce aumentano la secrezione ipofisariadi melatonina si riduce con conseguente svi-luppo del mantello estivo; al contrario ininverno la secrezione aumenta con produzio-ne del mantello invernale più lungo e folto.La melatonina agisce influenzando la secre-zione ipofisaria di prolattina. Quando le oredi luce aumentano, i livelli circolanti di pro-lattina aumentano e la crescita del pelo siriduce; al contrario nei giorni invernali i livel-li circolanti di prolattina si riducono con

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aumentata crescita del pelo. Anche nell’uomola produzione ipofisaria di melatonina e pro-lattina sono influenzate dalle ore di luce, main ambiente urbano la risposta è alteratadall’illuminazione artificiale. Gli abitantidell’Artico ed i soggetti con depressione sta-gionale sembrano mantenere i ritmi biologiciestate/inverno di secrezione di melatonina.La produzione follicolare di melatonina èaumentata dalle catecolamine. La melatoninapuò proteggere il follicolo dagli “stressors”sistemici associati ad alti livelli di noradrena-lina ed è stato ipotizzato che la caduta deicapelli indotta dallo stress potrebbe dipendereda uno sbilancio fra gli aumentati livelli siste-mici di noradrenalina e l’incapacità del folli-colo a produrre una quantità di melatoninasufficiente a proteggerlo. La melatonina per-tanto rappresenta una molecola di grandeinteresse in campo tricologico e probabilmen-te nel prossimo futuro si caratterizzerannomeglio le proprietà e le possibilità di impiegoclinico di questa sostanza nelle patologie deicapelli.

Riferimenti

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