Giddens Parte 1

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CAPITOLO UNO Che cos'è la sociologia? L'uomo moderno vive immerso in una situazione di disagio interiore. Alla base di questa sensazione vi sono i mutamenti di struttura delle grandi società continentali. Non si può comprendere la vita dei singoli a priori di quelli della società, e viceversa. Gli ultimi due secoli di storia hanno visto il mondo modificarsi completamente, a causa di grandi cambiamenti ideologici, tecnologici, politici e istituzionali. Gli uomini avvertono che gli antichi valori e modi di pensare sono crollati, e che gli inizi nuovi hanno l'incertezza di una stasi morale. L'uomo ha bisogno di una qualità della mente che lo aiuti ad arrivare ad una lucida sintesi di quel che accade e può accadere nel mondo. Questa qualità è l'immaginazione sociologica . Tale abilità serve all'uomo per valutare il contesto dei fatto storici nei suoi riflessi sulla vita interiore e sul comportamento esteriore di tutta una serie di categorie umane; serve, insomma, per trovare le cause del disagio personale dei singoli nei turbamenti oggettivi della società, trasformando la pubblica indifferenza in interesse per i problemi pubblici. Questa facoltà ci permette di capire, in primo luogo, che l'individuo può essere compreso e valutato solamente all'interno dell'epoca storica in cui vive. E' la facoltà che tutti i sociologi classici possiedono. La distinzione principale su cui lavora l'immaginazione sociologica contrappone le difficoltà personali d'ambiente ai problemi pubblici di struttura sociale . Le difficoltà sono connesse con l'interiorità dell'individuo, e con quelle zone circoscritte di vita sociale delle quali è direttamente e consapevolmente conscio. Le difficoltà sono questioni personali, consistono nella sensazione di minaccia verso i propri valori che l'individuo prova. I problemi sono questioni pubbliche, e si riferiscono all'organizzazione dei diversi ambienti istituzionali all'interno di una società. Un problema implica spesso una crisi di istituzioni. Ad esempio, se in un paese, su mille abitanti, uno solo è disoccupato, questa disoccupazione si rivela essere una sua difficoltà personale. Ma se nello stesso paese, su mille abitanti cento sono disoccupati, allora è un problema. Quando i nostri valori non vengono minacciati, si ha una sensazione di benessere. Quando invece li si sente minacciati, si è in crisi. Se tutti i valori vengono minacciati, allora è lo sgomento totale, il panico. Quando tuttavia non si predilige alcun valore né si sente alcuna minaccia, si è nell'indifferenza, che diventa apatia quando coinvolge tutti i valori. Quando infine non si predilige alcun valore, ma si sente un forte senso di minaccia incombente, si prova disagio. I nostri sono tempi d'indifferenza e disagio. E il compito dei sociologi è ricercarne le cause e trovarne la soluzione. In ogni età vi è un modo di pensare che tende a divenire denominatore

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CAPITOLO UNOChe cos'è la sociologia?

L'uomo moderno vive immerso in una situazione di disagio interiore. Alla base di questa sensazione vi sono i mutamenti di struttura delle grandi società continentali. Non si può comprendere la vita dei singoli a priori di quelli della società, e viceversa.

Gli ultimi due secoli di storia hanno visto il mondo modificarsi completamente, a causa di grandi cambiamenti ideologici, tecnologici, politici e istituzionali. Gli uomini

avvertono che gli antichi valori e modi di pensare sono crollati, e che gli inizi nuovi hanno l'incertezza di una stasi morale. L'uomo ha bisogno di una qualità della mente che lo aiuti ad arrivare ad una lucida sintesi di quel che accade e può accadere nel mondo. Questa qualità è l'immaginazione sociologica. Tale abilità serve all'uomo

per valutare il contesto dei fatto storici nei suoi riflessi sulla vita interiore e sul comportamento esteriore di tutta una serie di categorie umane; serve, insomma, per

trovare le cause del disagio personale dei singoli nei turbamenti oggettivi della società, trasformando la pubblica indifferenza in interesse per i problemi pubblici.

Questa facoltà ci permette di capire, in primo luogo, che l'individuo può essere compreso e valutato solamente all'interno dell'epoca storica in cui vive. E' la facoltà

che tutti i sociologi classici possiedono.La distinzione principale su cui lavora l'immaginazione sociologica contrappone le

difficoltà personali d'ambiente ai problemi pubblici di struttura sociale.Le difficoltà sono connesse con l'interiorità dell'individuo, e con quelle zone circoscritte di vita sociale delle quali è direttamente e consapevolmente conscio. Le difficoltà sono questioni personali, consistono nella sensazione di minaccia verso i propri valori che

l'individuo prova.I problemi sono questioni pubbliche, e si riferiscono all'organizzazione dei diversi

ambienti istituzionali all'interno di una società. Un problema implica spesso una crisi di istituzioni.

Ad esempio, se in un paese, su mille abitanti, uno solo è disoccupato, questa disoccupazione si rivela essere una sua difficoltà personale. Ma se nello stesso paese,

su mille abitanti cento sono disoccupati, allora è un problema.

Quando i nostri valori non vengono minacciati, si ha una sensazione di benessere. Quando invece li si sente minacciati, si è in crisi. Se tutti i valori vengono minacciati, allora è lo sgomento totale, il panico. Quando tuttavia non si predilige alcun valore né si sente alcuna minaccia, si è nell'indifferenza, che diventa apatia quando coinvolge

tutti i valori. Quando infine non si predilige alcun valore, ma si sente un forte senso di minaccia incombente, si prova disagio.

I nostri sono tempi d'indifferenza e disagio. E il compito dei sociologi è ricercarne le cause e trovarne la soluzione.

In ogni età vi è un modo di pensare che tende a divenire denominatore comune della vita culturale. Al giorno d'oggi la scienza è un denominatore comune. Non è il solo,

ovviamente, perchè al suo fianco ne esistono tanti altri. Uno di questi è proprio l'immaginazione sociologica.

Per molto tempo l'uomo ha dato per scontato il rispetto per la scienza. Ma oggi genera spesso paura e incertezza. La sentita necessita di rivedere la scienza, o almeno i suoi

obiettivi, rispecchia la necessita di un nuovo denominatore comune. La scienza appare come un complesso di macchine azionate da tecnici e controllate da uomini

dell'economia e della guerra, che non la rappresentano più come etica e orientamento.

La sociologia tende a muoversi in almeno tre direzioni generali:– La prima tendenza è quella verso una teoria della storia . La sociologia appare come un tentativo enciclopedico, che abbraccia tutta la vita sociale dell'uomo. E' un

tentativo storico e stico-sistematico, perché tratta del passato e se ne serve, e perché tenta di schematizzarlo in fasi, evidenziando regolarità della vita sociale. I protagonisti

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sono Comte, Marx, Spencer, Weber.– La seconda tendenza è indirizzata ad una teoria sistematica della natura

dell'uomo e della società. Simmel e Weise, Parsons. Ha una visione piuttosto statica e astratta dei componenti della struttura sociale. Abbandona la storia.

– La terza tendenza è indirizzata verso gli studi empirici dei fatto e problemi sociali. Si articola in più campi di analisi.

La sociologia riguarda lo studio della vita associata e del nostro comportamento. Essendo questi i più vari, anche la disciplina evidenza una grande varietà di contenuti e complessità.La sociologia, come studio sistematico del comportamento umano e della società nacque alla fine del 1700. L'affermazione del metodo scientifico portò poi un radicale cambiamento a livello mentale e concettuale, soppiantando le spiegazioni tradizionali basate sul sapere comune e sulla religione a vantaggio della conoscenza critica e razionale.La sociologia nasce a cavallo di due grandi rivoluzioni, creatrici di grandi cambiamenti in diversi settori della vita sociale.La prima è la rivoluzione francese del 1789, che segnò la vittoria dei valori di libertà e eguaglianza.La seconda è la rivoluzione industriale inglese sul finire del diciottesimo secolo, che provocò grandi cambiamenti a livello socio-economico attraverso lo sviluppo dell'industria, responsabile della massiccia migrazione di contadini dalle campagne alle fabbriche, della successiva crescita urbana e, quindi, della creazione di nuovi tipi di relazioni sociali.Il mondo che fino ad allora era stato, il mondo tradizionale, cessò di essere, a vantaggio di grandi cambiamenti che stravolsero la quotidianità.

AUGUSTE COMTE (1798-1857)La formazione di una nuova disciplina non è mai opera di un singolo individuo, tuttavia fra i suoi creatori Auguste Comte occupa un posto d'onore, non fosse altro perché fu lui a coniare il termine sociologia. Inizialmente, a dire il vero, per identificare il suo campo si studi usò il termine fisica sociale, che però era utilizzato anche da alcuni suoi antagonisti intellettuali, motivo per cui poi cambiò il nome in sociologia.Comte ambiva a creare una scienza della società che spiegasse il mondo sociale così come la scienza della natura spiega quello fisico. Secondo lui infatti la società obbedisce a leggi invariabili proprio come il mondo fisico. Ecco perché vedeva la sociologia come una scienza positiva. Il positivismo è una corrente di pensiero che sostiene che la scienza si applica solo a fenomeni osservabili, direttamente attingibili attraverso l'esperienza. Attraverso accurate osservazioni posso essere dedotte quelle relazioni causali tra eventi che consentono di prevederne la ripetizione futura. Lui era convinto dunque di poter conoscere la società partendo dall'evidenza empirica ricavata dall'osservazione, dal confronto e dalla sperimentazione.

La legge dei tre stadi di Comte afferma che gli sforzi umani per comprendere il mondo sono passati attraverso tre stadi:• teologico: il pensiero viene guidato dalle idee religiose, e dalal visione della società come espressione del volere di Dio,• metafisico: inizia grossomodo col Rinascimento, la società viene spiegata attraverso il ricorso a principi astratti;• positivo: annunciato dalle scoperte di Copernico, Galileo e Newton, è caratterizzato dall'applicazione del metodo scientifico al mondo sociale.Comte considerava dunque la sociologia come l'ultima scienza nata, l'ultimo stadio dello sviluppo scientifico, eppure il più importante.Ben consapevole del delle condizioni sociali in cui viveva, nonché delle gravi diseguaglianze sociali che l'industrializzazione stava iniziando a creare e della minaccia che rappresentavano per la coesione sociale, era sicuro che l'unico metodo per salvaguardare l'unità sociale fosse un forte

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consenso morale.Egli contribuì in modo decisivo alla sistematizzazione e all'unificazione della sociologia.

EMILE DURKHEIM (1858-1917)Sebbene si riallacciasse spesso ad alcuni aspetti dell'opera comtiana, Durkheim criticò il suo predecessore, ritenendo alcune sue idee troppo speculative e vaghe, e quindi trovando che avesse fallito nel suo intento di fondare la sociologia su basi scientifiche.Anche D. riteneva che si dovesse studiare la vita sociale come uno scienziato studia la natura. Il suo celebre primo principio, infatti, recita: “studia i fatti sociali come cose”.Per D. il principale oggetto intellettuale della sociologia è lo studio dei fatti sociali, elementi della vita sociale che determinano le azioni individuali. Secondo D. i fatti sociali sono esterni agli individui e hanno una vita autonoma a prescindere dalle percezioni individuali, ma esercitano su di loro un potere di coercizione senza che tuttavia essi ne siano consapevoli. A parere di D., la facoltà di scelta dunque è spesso una mera illusione, perché gli individui si conformano ai modelli vigenti per la società in cui vivono senza rendersene conto.I fatti sociali sono difficili da studiare, ma possono essere individuati indirettamente attraverso i loro effetti o esaminando gli strumenti usati per dare loro espressione, come leggi, testi religiosi, regole di condotta scritte, scevri ovviamente di pregiudizi e ideologie.Anche Durkheim era preoccupato dei cambiamenti che stavano trasformando la sua società. Uno dei suoi interessi primari era la solidarietà sociale e morale, l'elemento che, a suo parere, manteneva in piedi la società impedendole di perdersi nella confusione. Essa è tanto più forte quanto gli individui sono integrati in gruppi sociali e ne seguono valori e costumi.Nel libro “La divisione del lavoro sociali” del 1893, D. elabora un'analisi del mutamento sociale in cui con l'avvento dell'era industriale si afferma anche un nuovo tipo di solidarietà.Secondo lui, le società tradizionali, con una scarsa divisione del lavoro, sono caratterizzate da solidarietà meccanica; sono legati gli uni agli altri esperienze comuni e credenze condivise, fatte valere attraverso sanzioni repressive che garantiscono la coesione sociale.Con l'avvento dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione tuttavia la divisione del lavoro aumentò, e nacque così la solidarietà organica; i membri di questa nuova società sono legati dall'interdipendenza reciproca, come le componenti di uno stesso organismo. I rapporti di interdipendenza reciproca sono fatti valere attraverso sanzioni restitutive, cioè miranti a ristabilire l'equilibrio danneggiato dalla violazione, che garantiscono la coesione sociale.Ma nel mondo moderno i cambiamenti sono così rapidi e intensi da creare comunque problemi a livello sociale, potendo essere pericolosi per morale, religione, stili di vita tradizionali e modelli di comportamento quotidiani; possono stravolgere la vita sociale senza tuttavia darle un'alternativa, senza fornire altri punti di riferimento a cui aggrapparsi.Questa condizione di disagio sociale può portare all'anomia, la carenza di valori e norme.Nel 1897 Durkheim effettuò uno dei suoi studi più celebri, quello sul suicidio. Esso non è visto da D. come un atto puramente soggettivo, ma come un fatto sociale che può essere spiegato solo da altri fatti sociali. Esaminando le statistiche ufficiali sui suicidi in Francia, lo studioso arrivò alla conclusione che certe categorie di individui erano più propense al suicidio di altre, e che i tassi di suicidio tendevano ad abbassarsi in tempo di guerra e accrescersi in tempo di pace. Questi riscontri o portarono ad affermare l'esistenza di due forze sociali, esterne all'individuo, che influenzano i tassi di suicidio: l'integrazione sociale e la regolazione sociale. Queste due forze determinano, per carenza o eccesso, quattro tipi di suicidio:– il suicidio egoistico è determinato dalla carenza di integrazione sociale (protestanti);– il suicidio anomico è determinato da una carenza di regolazione sociale (distruzione dell'equilibrio fra condizione dell'individuo e sue aspirazioni, come nel caso del divorzio);– il suicidio altruistico è determinato da un eccesso di integrazione sociale (kamikaze);– il suicidio fatalistico è determinato da un eccesso di regolazione sociale (oppressione che causa senso di impotenza individuale e spinge all'auto-soppressione).

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Per Durkheim la società è un fatto morale, cioè un insieme di credenze condivise che costituiscono la coscienza collettiva, su cui, a sua volta, si basa la solidarietà sociale, la coesione sociale. La società è quindi una realtà ideale, nel senso che è costituita da cose immateriali, spirituali, cioè prodotte dallo spirito umano.La società è un insieme di fatti sociali. Un fatto sociale è un prodotto dell'uomo, che tuttavia ci appare come qualcosa di esterno. La società è fatta dagli uomini, ma poi diventa indipendente dai suoi artefici. Un fatto sociale è, dunque, ogni modo di fare, più o meno fissato, capace di esercitare sull'individuo una costrizione esterna.

Durkheim introduce allora la teoria dell'uomo duplex. L'uomo ha due componenti: una individuale, l'altra sociale. I due aspetti sono particolarmente uniti, tant'è che Durkheim distingue anche tra rappresentazione individuale e rappresentazione collettiva. La società esiste in quanto io posso separare queste due dimensione e mettere in luce la forza coercitiva che la seconda esercita sulla prima. Poiché la vita sociale è interamente costituita da rappresentazioni, abbiamo qui l'oggetto dello studio della sociologia, e deve studiarli scientificamente.

KARL MARX (1818-1883)Le sue idee contrastano in modo quasi radicale con quelle dei due precedenti autori, sebbene anche lui intendesse spiegare il cambiamento sociale alla luce della rivoluzione industriale.Marx si concentrò soprattutto sui cambiamenti dell'età moderna, legati, a suo giudizio, allo sviluppo del capitalismo, modo di produzione radicalmente differente dai suoi precedenti storici di cui individuò due elementi costitutivi:– il capitale, ovvero i mezzi di produzione (denaro, macchine, fabbriche) usati per produrre merci;– il lavoro salariato, ossia l'insieme dei lavoratori che, non avendo mezzi di produzione, devono vendere la loro manodopera in cambio di un salario a coloro che li possiedono.Marx riteneva che la società capitalista fosse caratterizzata dalla presenza di due classi sociali:– la borghesia, ovvero i capitalisti proprietari dei mezzi di produzione;– il proletariato, ovvero la classe operaia industriale urbana, accresciuta dal numero di contadini che lasciavano le campagne per andare a vivere in città e lavorare nelle fabbriche.Da un punto di vista sociale, il capitalismo è un sistema classista, perché per quanto l'interdipendenza fra le classi sia ovvia, tuttavia la dipendenza è sbilanciata, ed è basata sullo sfruttamento delle classi operaie per ottenere profitti maggiori attraverso il plusvalore eccedente il salario operaio. La borghesia è la classe dominante, il proletariato quella subordinata. Marx era convinto che questo conflitto di classe fosse destinato ad inasprirsi col tempo, fino a provocare una rivoluzione che avrebbe invertito le posizioni di dominio sociale.

Marx fu il fautore della concezione materialistica della storia: secondo questa teoria, nel corso dei secoli i mutamenti sociali sono stati causati da fattori economici. Per Marx all'origine del mutamento sociale sta l'economia . I conflitti fra le classi, fondati appunto su fattori economici, sono la forza motrice dello sviluppo storico.Marx analizzò anche lo sviluppo delle società nel corso della storia; secondo lui le società cambiano a causa delle contraddizioni insite nei rispettivi metodi di produzione. Nella progressione di fasi storiche, si parte con le società comuniste primitive di cacciatori e raccoglitori; vengon poi le società schiavistiche antiche e i sistemi feudali basati sulla divisione tra proprietari terrieri e servi

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della gleba. Comparvero poi artigiani e mercanti, destinati, insieme agli imprenditori industriali, ad essere i fautori del capitalismo. Anche quest'ordine sarebbe stato soppiantato da uno nuovo, come esso stesso aveva fatto in precedenza. Sarebbe nata una società senza classi, non priva di diseguaglianze, ma tuttavia esente dalla interdipendenza sbilanciata che colpiva il capitalismo; si sarebbe arrivati ad un modo di produzione organizzato intorno alla proprietà di tipo comunitario, fondamento di una società più egualitaria.

MAX WEBER (1864-1920)Buona parte della sua opera si occupa dello sviluppo del capitalismo e dei modi in cui la società moderna si differenzia dalle precedenti forme di organizzazione sociale. Weber individuò alcune caratteristiche fondamentali delle società industriali, identificando alcune problematiche ancora centrali nel dibattito sociologico di oggigiorno.Anche lui cercò di comprendere natura e causa del mutamento sociale, e benché influenzato da Marx, ne rifiutò la concezione materialistica della storia, attribuendo anche meno importanza al conflitto di classe. Secondo Weber, infatti, l'influenza di idee e valori sul mutamento sociale è pari a quella delle condizioni economiche. Era convinto inoltre, a dispetto dei suoi predecessori, che la sociologia dovesse concentrarsi non sulle strutture sociali, ma sull'azione sociale. Gli individui sono liberi di agire e di plasmare il loro futuro, all'interno di una società le cui strutture non sono esterne agli attori umani, ma sono formate da un complesso gioco di azioni, di cui la sociologia ha il compito di comprenderne il significato. Ecco perché la sociologia di Weber è detta sociologia comprendente, perché è volta a comprendere.Studiò anche le religioni e culture orientali, e paragonandole alle nostre arrivò alla conclusione che l'etica protestante - inducendo l'individuo a impegnarsi per il successo, specie all'interno delle proprie azioni economiche, visto come segno di predestinazione divina – aveva contribuito in maniera decisiva alla creazione dello spirito del capitalismo, che sta all'origine della società occidentale moderna. (L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904-1905).

I tipi ideali sono modelli concettuali utili a comprendere il mondo. Non esistono nella realtà, ma un fenomeno può essere meglio compreso confrontandolo con un tipo ideale. L'aggettivo ideale designa la forma pura di un fenomeno.

Weber era convinto che la società moderna si stesse affrancando dalle credenze radicate nella superstizione, nella religione, nelle usanze e nelle abitudini tradizionali, venendo soppiantate dal calcolo strumentale razionale, tendente al raggiungimento dell'efficienza sulla base delle conseguenze prevedibili. Questo processo fu descritto da Weber col termine razionalizzazione, di cui la rivoluzione industriale e l'avvento del capitalismo erano le manifestazioni lampanti. Egli impiegò il termine disincanto per identificare il modo in cui il pensiero razionale moderno ha spazzato via le credenze a carattere magico, ovvero non scientifico.Weber tuttavia non era ottimista riguardo agli esiti della razionalizzazione. Egli paventava una società moderna che, mirando alla completa regolamentazione della vita sociale, si trasformasse in una gabbia d'acciaio capace di soffocare lo spirito umano.

Qual'è il ruolo dell'Occidente all'interno della storia mondiale? E perché la cultura occidentale assume una portata universale? Perchè la società moderna occidentale è una società razionalizzata.Rifuggendo il positivismo, Weber si rifugiò nello storicismo. Ecco perchè la sua è una sociologia comprendente. Perchè, a differenza delle scienze naturali, le scienze storiche devono comprendere l'azione storica nella sua particolarità, a partire dal senso che essa ha per l'autore che l'ha compiuta.Weber definisce l'oggetto della sociologia l'azione sociale. La sociologia studia

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quindi l'azione degli uomini, e la storia è l'insieme delle azioni umane. I tipi ideali sono i ferri del mestiere. L'intento è quello di capire la storia, e prevedere il futuro. Ciò che uno scienziato sociale non deve fare è esprimere il proprio giudizio di valore su quanto analizzato.

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CAPITOLO DUECultura e Società

In sociologia il termine Cultura si riferisce ai modi di vita dei membri di una società, o di gruppi all'interno di una società, e include l'abbigliamento, le consuetudini matrimoniali, la vita familiare, le forme di produzione, le convinzioni religiose, l'uso del tempo libero.Un Società è un sistema di relazioni tra individui, i cui membri sono legati da relazioni strutturate sulla base di una cultura comune.I due concetti sono dunque distinti, ma strettamente legati fra loro.

Quando si parla di cultura in sociologia, si fa riferimento a caratteri appresi e non ereditati, caratteri che stanno alla base della cooperazione e della comunicazione, e costituiscono il contesto comune in cui gli individui vivono la propria vita. Si parla di cultura materiale per indicare gli artefatti prodotti da una società; ma non tutti i prodotti di un gruppo sociale sono materiali, piuttosto immateriali.

Importantissimi all'interno di una cultura sono i valori, le idee che stabiliscono ciò che è importante e ciò che non lo è. I valori guidano gli uomini nelle loro interazioni sociali.Le norme sono regole di comportamento che riflettono o incarnano i valori di una cultura. Valori e norme, insieme, servono a determinare il modo di comportarsi all'interno di una data cultura; per questo variano da una cultura all'altra, modificandosi spesso nel tempo. Di solito ci vogliono molti anni perché si realizzino dei processi di cambiamento, ma spesso questi vengono indotti per modificare deliberatamente una prassi tradizionale, andando incontro ad alcune resistenze. (Il sorriso per gli Inuit).

Oltre ai valori e alle norme, anche comportamenti e pratiche variano notevolmente da una cultura a un'altra.Le piccole società, come quelle primitive, tendono ad essere culturalmente omogenee o società monoculturali.La maggior parte delle società industrializzate attraversa invece un processo di diversificazione culturale che le rende società multiculturali. Le società culturalmente composite sono costituite da gruppi di diverse origini culturali. Nelle metropoli moderne ci sono numerose subculture, che vivono nel contesto di una cultura prevalente. Per subculture non s'intende solo gruppi etnici o linguistici, ma qualsiasi segmento di popolazione appartenente ad una società più ampia e distinguibili sulla base di parametri culturali. Si parla quindi di hippy, hacker, reggae e hip hop, tifosi di calcio o di nuoto, etc.Come le subculture, anche le controculture – gruppi che respingono quasi in toto i valori e le norme di una data società - possono elaborare e diffondere valori alternativi a quelli della cultura dominante.

• L'etnocentrismo. Ogni cultura possiede specifici modelli di comportamento, che risultano estranei agli individui provenienti da altre culture. Si può assistere anche ad uno shock culturale, quando ci si immerge in culture nuove e particolarmente diverse da quella di origine, poiché si rimane spaesati dal cambiamento del cotidie, dalla perdita dei punti di riferimento che ci consentivano di capire il mondo circostante. Almeno fino a quando non si apprendono quelli della nuova cultura.

Nello studio di culture diverse è importante il concetto di relativismo culturale, presupposto sociologico secondo cui una cultura deve essere studiata sulla base dei significati e dei valori che le sono propri. Al suo opposto sta l'etnocentrismo, che consiste nel giudicare le altre culture confrontandole con al propria, generalmente ritenuta superiore.L'applicazione del relativismo culturale non è tuttavia così semplice. Non solo può essere difficile

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vedere le cose da un punto di vista completamente diverso, ma talvolta sorgono anche altri tipi di interrogativi, più inquietanti. Relativismo culturale significa che tutti i costumi e comportamenti sono ugualmente legittimi? O esistono degli standard universali a cui tutti gli esseri umani dovrebbero conformarsi?

• La socializzazione. Come già detto in precedenza, la cultura riguarda aspetti sociali che vengono appresi, non ereditati. Il processo attraverso cui un individuo apprende valori, norme e stili di vita della società di cui entra a fare parte è detto socializzazione.La socializzazione non è tuttavia una programmazione culturale, un assorbimento passivo delle influenze con cui un individuo viene in contatto. L'individuo è sempre un soggetto attivo, che manifesta bisogni e richieste che condizionano il comportamento di chi gli sta intorno.

La socializzazione collega le diverse generazioni tra loro. E' un processo lungo una vita intera, durante la quale il comportamento umano è continuamente modificato dalle interazioni sociali.

I sociologi sono soliti dividere la socializzazione in due ampie fasi, a seconda degli agenti della socializzazione coinvolti, ossia dei gruppi o contesti sociali in cui si verificano processi significativi di socializzazione.1. La socializzazione primaria avviene durante l'infanzia, ed è il periodo più intenso di apprendimento culturale. L'agente è la famiglia; si tratta della fase in cui il bambino apprende il linguaggio e i modelli fondamentali di comportamento.2. La socializzazione secondaria comincia dopo l'infanzia, per continuare fino alla maturità ed oltre. Qui gli agenti sono i più svariati: la scuola, il gruppo di pari, le organizzazioni, i media, il lavoro.

• Status e ruoli sociali Con il processo di socializzazione gli individui imparano i ruoli sociali.Un ruolo sociale è l'insieme dei comportamenti socialmente definiti che ci aspettiamo da chi ricopre un determinato status o posizione sociale. Si può parlare anche di comportamenti di ruolo, prescindendo dalle persone specifiche (il ruolo del medico ci lascia supporre da lui determinati comportamenti).

1. Status ascritto: è assegnato sulla base di fattori biologici (razza, sesso, età);2. status acquisito: è ottenuto attraverso una prestazione (laureto, atleta, madre).I master status sono quegli status sociali che hanno una priorità sugli altri e determinano la posizione sociale complessiva di una persona (genere, razza sono le prime due caratteristiche che saltano all'occhio).

I sociologi funzionalisti ritengono che i ruoli sociali siano componenti fisse e relativamente immutabili. Gli individui imparano a conoscere le aspettative di ruolo connesse ai diversi ruoli sociali nella particolare cultura a cui appartengono, quindi svolgono ciascun ruolo secondo le aspettative. In questa prospettiva i ruoli sociali sono prescrittivi, non richiedono negoziazione o creatività, ma vengono interiorizzati con la socializzazione.Questa interpretazione è sbagliata, perché considera gli individui come attori passivi durante la socializzazione.Il contesto culturale in cui gli individui nascono e raggiungono la maturità influenza il loro comportamento, ma ciò non significa che essi siano spogliati dell'individualità e del libero arbitrio.Nel processo di socializzazione ciascuno di noi sviluppa un'individualità e una capacità di pensare e agire in maniera autonoma.In senso lato, l'identità consiste nella nozione che le persone hanno di se stesse e di ciò che per loro

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è significativo. In sociologia si parla di identità sociale e identità individuale, analiticamente distinte ma strettamente correlate tra loro.• L'identità sociale si riferisce alle caratteristiche attribuite ad un individuo dagli altri. Queste caratteristiche possono essere concepite come marcatori che indicano chi è quella persona mettendola in relazione con altre che possiedono gli stessi attributi. L'identità sociale è plurima e cumulativa, ha una valenza collettiva condivisa da svariati individui. Le identità condivise sono spesso fautrici di movimenti sociali, come le femministe.• L'identità individuale distingue l'individuo dagli altri (mentre quella sociale lo identifica come simile ad altri). Fa riferimento al processo di sviluppo personale attraverso il quale elaboriamo il senso della nostra unicità. L'evoluzione di questo tipo di identità dal passato ad oggi evidenzia un'emancipazione dai fattori fissi ed ereditari; ossia, se in passato una persona veniva identificata in base all'appartenenza alla sua classe sociale o nazione, oggi non è più così. Gli individui sono divenuti più mobili non solo geograficamente, ma anche socialmente. Oggi abbiamo possibilità senza precedenti di creare la nostra identità.

1. Le società premoderne • Le società di cacciatori - raccoglitori esistevano 50.000 anni fa; si procuravano il sostentamento con la caccia, la pesca e la raccolta di piante commestibili spontanee. Nei gruppi c'era un basso grado di diseguaglianza, avevano uno scarso interesse per la ricchezza materiale e privilegiavano i valori religiosi e le attività rituali. Le differenze di rango erano limitate all'età e al sesso: i maschi sono cacciatori, le donne raccoglitrici. Gli uomini tendono a dominare nelle occasioni pubbliche e nelle cerimonie.• Le società pastorali e agricole nacquero circa 20.000 anni fa dall'evolversi delle precedenti, che iniziarono ad allevare animali domestici e a coltivare appezzamenti fissi di terreno. Molte società hanno poi combinato i due tipi di economia, pastorale e agricola. Le comunità pastorali sono nomadi, migrano da una zona all'altra seguendo le stagioni. Praticano un modesto accumulo di proprietà materiali, ma hanno una maggiore complessità delle società di cacciatori-raccoglitrici. Le società agricole, o meglio orticole, erano sedentarie, e di solito numericamente più grandi, in quanto l'agricoltura poteva provvedere al fabbisogno di un gruppo più ampio. Per questo motivo accumulavano maggiori proprietà materiali.• Nel 6000 a.C. Sorgono società che presentano sviluppo urbano, diseguaglianze di ricchezza e potere elevate, governate da re o imperatori. Furono accompagnate dall'uso della scrittura, dal fiorire delle scienze e delle arti, e fu dato loro il nome di civiltà. Maya, Aztechi e Incas. Dal punto di vista politico erano imperi, che accrebbero i loro territori con guerre di conquista, come fecero Roma e Cina.• Due secoli fa iniziò l'industrializzazione, l'avvento della produzione meccanizzata alimentata da risorse energetiche inanimate, come vapore e elettricità. Un primo aspetto distintivo delle società industrializzate consiste nel fatto che la maggior parte della popolazione attiva svolge un lavoro extra-agricolo, e vive in città grandi e piccole per seguire l'offerta di lavoro. La dimensione dei centri urbani è di gran lunga superiore a quella delle città del passato; qui la vita sociale diventa più impersonale e anonima. Il sistema politico è molto complesso. Le società industrializzate sono state i primi stati nazionali della storia, comunità politiche separate da confini chiaramente definiti, piuttosto che da confuse linee di frontiera come in passato. La tecnologia industriale è stata applicata non solo allo sviluppo economico, ma anche a quello bellico. Lo sviluppo economico si coniuga con la coesione politica e la potenza militare.• A partire dal diciassettesimo al ventesimo secolo le società industrializzate occidentali diedero vita al fenomeno del colonialismo, la creazione di colonie in molte delle aree occupate da società tradizionali, spesso con l'aiuto della loro superpotenza militare. Sebbene ora questi territori siano indipendenti, tale fenomeno ne rimodellò la mappa sociale e culturale.• Tre tipi di società fondati nel diciannovesimo secolo. Il primo mondo rappresentava le società dell'Europa, del Nord America, Australia, Nuova Zelanda e Giappone. Le società del primo mondo hanno economie di mercato e sistemi politici multipartitici. Le società del Secondo Mondo

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erano quelle comuniste dell'Unione Sovietica e dell'Europa Orientale, con economie centralmente pianificate, ruolo subordinato della proprietà privata e dell'impresa competitiva. Erano inoltre sistemi politici a partito unico. I paesi in via di sviluppo erano invece denominati Terzo Mondo. Con la fine della Guerra Fredda e la disintegrazione dell'URSS il secondo mondo è tuttavia scomparso, assimilandosi sempre più al sistema sociale del primo mondo.• La maggior parte dei paesi in via di sviluppo si trovano in regioni che hanno subito il dominio coloniale: Asia, Africa e Sud America. I paesi in via di sviluppo sono diversi dalle società tradizionali. Sono stati nazionali, sperimentano un rapido processo di urbanizzazione (sebbene la maggior parte della popolazione viva ancora in zone rurali), e benché l'agricoltura rimanga la principale attività economica, i prodotti agricoli sono spesso destinati ai mercati mondiali più che al consumo locale. Negli ultimi anni le condizioni di queste società sono peggiorate, a causa della povertà; questa situazione si è verificata prevalentemente in Africa, mentre in Asia le società hanno manifestato un certo miglioramento. Molti dei paesi più poveri soffrono di una pesante crisi debitoria.• Come già detto, i paesi del Terzo Mondo non sono tutti uguali. Alcuni infatti presentano un processo di industrializzazione che ha portato ad una sensazionale crescita economica negli ultimi trent'anni. Questi paesi vengono definiti paesi di nuova industrializzazione, e tra essi troviamo Hong Kong, Corea del Sud, Singapore e Taiwan in Asia orientale. I loro livelli di crescita economica sono stati così elevati da valer loro la nomea di tigri asiatiche. Nonostante la crisi del 1997/1998, i paesi asiatici di nuova industrializzazione hanno potuto godere di un miglioramento sostanziale delle condizioni di vita, con tassi di mortalità infantile ridotti e speranza di vita cresciuta. I processi di globalizzazione stanno producendo una redistribuzione enormemente complessa delle ricchezze, del potere e della conoscenza, tanto che ormai viene difficile parlare di Terzo Mondo riferendosi a questi posti.

1. Il mutamento sociale Il mutamento sociale è un concetto difficilmente definibile, perché l'identificazione di un cambiamento significativo impone di accertare fino a che punto si è modificata la struttura fondamentale di un oggetto o di una situazione in un dato periodo. Nel caso delle società umane bisogna verificare quanto e come sono cambiate le istituzioni sociali fondamentali. Bisogna identificare inoltre ciò che è rimasto stabile, e costituisce un punto di riferimento per il riscontro delle trasformazioni.

I tre principali fattori che hanno costantemente influenzato, nel corso della storia, il mutamento sociale, sono: i fattori ambientali, politici e culturali.

• Fattori ambientali. L'influenza dell'ambiente fisico sullo sviluppo sociale è particolarmente evidente in situazioni estreme, quando la popolazione deve organizzare la propria esistenza in funzione delle condizioni climatiche (abitanti delle zone polari). Le prime civiltà del mondo sono nate quasi tute in territori di grande fertilità, dove i trasporti via acqua o via terra erano facili. Le società isolate sono rimaste immutate per gran parte del tempo. Ciò detto, l'influenza diretta dell'ambiente sul mutamento sociale non è particolarmente rilevante, perché i popoli sono spesso in grado di sviluppare considerevoli capacità produttive anche in aree inospitali.• Fattori politici. Nelle società di cacciatori-raccoglitrici l'influenza è minima, perché non esistevano autorità politiche in grado di mobilitare la comunità. In tutte le altre società invece l'esistenza di istituzioni politiche autonome ha un grande impatto sul percorso di sviluppo sociale. La potenza militare ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione di gran parte degli stati tradizionali, ed è stata ugualmente importante per la loro sopravvivenza e espansione. Essa dipende certamente dall'economia, ma è il potere politico a reggere le redini del comando. E' quest'ultimo che decide di incanalare le risorse economiche nello sviluppo militare.• Fattori culturali. I fattori culturali a cui si fa riferimento sono la religione, i sistemi

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culturali, la leadership. Molto importante è la natura dei sistemi di comunicazione. Ad esempio, con l'invenzione della scrittura si poterono tenere dei registri che consentirono un più stretto controllo delle risorse materiali; essa ha anche modificato il rapporto col passato, presente e futuro, grazie ad annali che raccolgono i ricordi, che tengono conto di ciò che è stato. Comprendere la storia consente di capire i movimenti complessivi di una società, e i suoi membri si possono così adoperare per accelerarlo. Tra i fattori culturali va messa anche la leadership, perché i leader hanno avuto sempre un ruolo di grande importanza nella storia mondiale. Ma un individuo può divenire tale solo se esistono le condizioni sociali favorevoli.

Negli ultimi due secoli, il periodo della modernità, si è avuta una straordinaria accelerazione del mutamento sociale. I fattori implicati sono economici, politici e culturali.

• Fattori economici. L'industria moderna prevede una costante espansione della produzione e una progressiva accumulazione della ricchezza. Il capitalismo promuove la continua evoluzione delle tecnologie produttive, un processo nel quale è coinvolta la scienza. Il ritmo delle innovazioni tecnologiche di oggi è il più elevato di ogni epoca storica. (In passato i livelli di produzione erano quasi statici perché commisurati a esigenze consuetudinarie)• Fattori politici. Mentre nelle società tradizionali il cambiamento politico era riservato alle élite, visto che il potere erano ereditario, oggi invece le scelte della classe politica hanno conseguenze sull'intera nazione. La competizione tra nazioni è stata tra le principali cause di cambiamento degli ultimi due secoli. I governi svolgono oggi un ruolo primario nello stimolare la crescita produttiva, e il ruolo economico dello stato è assai rilevante. Enorme importanza ha avuto anche la guerra moderna. Le devastazioni delle due guerre mondiali hanno innescato programmi di ricostruzione che hanno portato a grandi cambiamenti istituzionali, non solo tra i paesi vinti ma anche fra quelli vincitori. Con l'influenza dei vincitori si è diffuso anche lo stile di vita occidentale a livello mondiale.• Fattori culturali. Sviluppo scientifico e secolarizzazione hanno contribuito in modo decisivo al carattere critico e innovativo della mentalità moderna. E' cambiato non solo il nostro modo di pensare, ma anche il contenuto delle nostre idee. Gli ideali moderni sono quelli di autorealizzazione, libertà, uguaglianza e partecipazione democratica, che hanno avuto ruoli importanti nei processi di mutamento sociale e politico, rivoluzioni comprese. Anche se sviluppati in occidente, oggigiorno sono ideali estesi all'intero globo, favorendone il cambiamento ai più ampi livelli.

Parlando del cambiamento di valori che contraddistingue la maggioranza dei paesi occidentali, si è sottolineata la crescente individualizzazione della società, ossia l'importanza maggiore attribuita all'individuo, alla sua autonomia, dignità e responsabilità morale. Una delle sue conseguenze, oltre che una maggior tolleranza verso tutte le differenze ascritte, è la relatività morale.

La morale civica è l'insieme di valori e giudizi su obbligazioni e diritti che afferiscono all'ambito della cittadinanza. Essa è importante per capire sia la possibilità delle attuali democrazie di trovare una legittimazione morale al sistema politico democratico, sia la reale capacità della società civile di promuovere un consenso morale su regole e principi civili.Essa ha due dimensioni: civismo e libertarismo. Il civismo è tipico di coloro che pospongono il proprio interesse a quello collettivo. E' una virtù moderata, affine alla tolleranza e al rispetto della legalità. Il libertarismo è una dimensione di difesa dei diritti della persona e della sua libertà di scelta.L'Italia ha gradi elevati di civismo e più bassi di libertarismo, collocandosi molto

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vicino agli USA.Queste due caratteristiche non sono distribuite in maniera eguale nella società, ma presentano una variazione sistematica secondo le stratificazioni sociali di età e istruzione.Il civismo cresce con l'età.Incrociando questi due valori otteniamo quattro tipi morali distinti secondo il grado di civismo e libertarismo.Integristi civici: Usa e Italia. Alti livelli di civismo.Libertario individualista: Francia. Alti livelli di libertarismo.Libertario civico: Spagna. Entrambi livelli alti.Integrista individualista: si trova poco in tutti i paesi. Entrambi i livelli bassi.

Si può abbinare questi risultati con la presenza della laicità nei diversi paesi.

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CAPITOLO 3

• La Comunicazione non verbale L'interazione quotidiana è creata dal rapporto tra quello che diciamo con le parole e quello che esprimiamo attraverso forme di comunicazione non verbale, vale a dire espressioni facciali, gesti, posture e movimenti del corpo. La comunicazione non verbale viene a volte definita come linguaggio del corpo.

Un importante aspetto della comunicazione non verbale è proprio l'espressione facciale delle emozioni. Ekman e colleghi hanno sviluppato il “sistema di codificazione dell'attività facciali” per cercare di introdurre con maggiore precisione un'area di studi sulla materia. Charles Darwin sosteneva che le modalità fondamentali di espressione delle emozioni sono le stesse per tutti gli esseri umani, e le ricerche svolte da Ekman sembrano confermarlo, quasi che essi siano fenomeni innati. Fattori culturali e individuali influenzano tuttalpiù l'esatta forma finale del movimento muscolare e il contesto in cui esso è ritenuto appropriato. Non è stata invece dimostrata l'esistenza di gesti e posture del corpo comuni a tutte le culture.Alcuni individui sono specialisti nel controllo della comunicazione non verbale e nell'accorta gestione dell'interazione con gli altri. Questa è un'abilità propria dei diplomatici, ad esempio.Pare che vi sia anche una dimensione della comunicazione non verbale legata al genere, dovuta per lo più a fattori culturali: ad esempio, in società in cui sono gli uomini a dominare, essi si possono sentire più liberi delle donne, sia nel pubblico che in privato, di entrare in contatto visivo con estranei. Se presi singolarmente, comportamenti del genere possono apparire irrilevanti, nel loro insieme contribuiscono a rafforzare i modelli del dominio di genere.

• Norme sociali e scambio verbale Gran parte delle nostre interazioni ha luogo attraverso lo scambio verbale occasionale nel corso di conversazioni informali. Lo studio della conversazione è stato fortemente influenzato dal lavoro di Goffman, ma l'autore più importante in materia è Garfinkel, fondatore dell'etnometodologia.L'etnometodologia è lo studio degli etnometodi, ossia le pratiche di uso comune, radicate culturalmente, di cui ci serviamo per dare senso a ciò che gli altri fanno e dicono.Per comprendere una conversazione spesso è indispensabile sapere in che contesto sociale essa viene portata avanti, perché se non si conosce quello è impossibile capire il senso dei discorsi.Le forme più insignificanti di conversazione quotidiana presumono invece una comprensione condivisa fra coloro che vi partecipano. Spesso capiamo ciò che ci viene detto grazie alle supposizioni tacite che sorreggono lo scambio verbale. Queste sono state messe in luce da alcuni esperimenti di Garfinkel.Spesso nello scambio verbale vengono usate affermazioni basate sul senso comune. Si tratta di convenzioni culturali inespresse il cui rispetto è indispensabile per la comunicazione quotidiana.Se vengono ignorate queste convenzioni, o se non ci si adegua agli indizi trasmessi dall'interlocutore – cambiamenti nell'intonazione, brevi pause, gesti -, se, cioè, i partecipanti non cooperano alla conversazione si possono creare tensioni.

Duneier e Molotch hanno messo in atto una tecnica chiamata analisi della conversazione, tecnica che esamina il significato di ogni elemento di una conversazione, dal più piccolo mugolio, riempitivo, all'esatta tempistica degli scambi (comprese pause, interruzioni e sovrapposizioni). In una conversazione la scelta dei tempi è fondamentale, un ritardo nella risposta può bastare a segnalare, ad esempio, il desiderio di cambiare argomento. I due studiosi usano la locuzione vandalismo internazionale per definire la produzione di disagio e incertezza attraverso scambi verbali tecnicamente incivili.

Gridi di reazione: per Goffman, esclamazioni inarticolate, non risposte involontarie ma rivolte ad altre persone presenti, che segnala dunque una capacità di controllo sui dettagli della vita sociale.

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Diamo per scontato, secondo lo studioso, un controllo continuo e complesso sull'aspetto esteriore di ciascuna delle azioni che compiamo. Ci si attende una prontezza controllata, da noi e dagli altri, cioè una dimostrazione di competenza nella routine quotidiana.

Lapsus Linguae: errori di linguaggio nell'ambito della conversazione. Secondo Freud nessun errore commesso nel parlare è in realtà accidentale. I lapsus verbali rivelano per un breve attimo cose che desideriamo tenere nascoste, consapevolmente o meno, mettendo momentaneamente a nudo i nostri autentici sentimenti.

• L'interazione nel tempo e nello spazio Tutte le interazioni sono situate, avvengono cioè in un particolare luogo e hanno un particolare durata.Lo spostamento nello spazio è spesso associato a quello nel tempo: per recarmi in un determinato posto copro una certa distanza in un certo intervallo temporale. Quando si analizzano le interazioni sociali è utile tenere conto di questa convergenza spazio-temporale.

Regionalizzazione: per comprendere come le attività sociali sono organizzate nello spazio/tempo ci si riferisce a questo concetto, che fa riferimento al modo in cui la vita sociale si colloca nello spazio-tempo.

Nella società moderna è il tempo cronometrico a delimitare fortemente le nostre attività. E' l'orologio a fare da padrone, il cui sistema di riferimento temporale fu introdotto con una conferenza alla fine del 1800, durante la quale fu anche suddiviso il globo in ventiquattro meridiani correlati al meridiano zero, quello di Greenwich. Il GMT è rimasto operativo per un intero secolo, fino a quando non è stato soppiantato dal Tu, tempo universale.

Istituzioni: Stato, amministrazione pubblica, diritto, leggi, costituzione, famiglia, chiesa, scuola, ospedale, tribunale, carcere, teorie scientifiche, linguaggio, mercato, etc.

Il concetto di istituzione è il risultato di un processo di elaborazione e astrazione concettuale, ed è come tale un concetto scientifico, non una nozione di senso comune. Lo studio delle istituzione è lo studio della dimensione istituzionale della vita sociale. Le istituzioni sono corpi intermedi tra i singoli individui e la società, che comprendono al loro interno quindi sia motivi soggettivi che meccanismi oggettivi. Sono aggregati che conducono un'esistenza anche sovraindividuale, tanto stabili da essere quasi inerti, strutturano e canalizzano l'agire individuale fornendogli sia vincoli che risorse, sprigionano forza normativa e tra le loro braccia si addensa un qualche tipo di potere.Le istituzioni conferiscono stabilità e prevedibilità alla vita sociale, ma diventano spesso inerti e quindi difficili da cambiare. Tracciando confini, esse creano un noi, costituiscono un'appartenenza, da cui tuttavia spesso è difficile uscire.Il tema delle istituzioni è altamente complesso e difficile da definire.

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CAPITOLO QUATTROGenere e Sessualità

Anche la questione della maschilità e femminilità non è facilmente classificabile, da un punto di vista sociologico.Il genere non è soltanto qualcosa di biologico, qualcosa che esiste: tutti noi, secondo alcuni sociologi, costruiamo il genere nelle interazioni sociali con gli altri.Non c'è accordo fra gli studiosi sul grado in cui le caratteristiche biologiche innate hanno un effetto sull'identità di genere e sulle attività sessuali. Tuttavia, le differenze di genere sono di grande interesse, in quanto sono strettamente legate a diseguaglianze e potere.

Innanzitutto bisogna fare una differenza fra sesso e genere.Sesso: indica le differenze anatomiche e fisiologiche dei corpi maschili e femminili.Genere: concerne le differenze psicologiche, culturali e sociali tra maschi e femmine. E' collegato alle nozioni socialmente costruite di maschilità e femminilità, quindi non è necessariamente un prodotto diretto del sesso biologico.

Ci sono poi tre filoni interpretativi:– le teorie che supportano l'idea di una differenza naturale fra uomini e donne (quindi, maschi e femmine sono differenziati biologicamente);– teorie che pongono al centro dell'attenzione la socializzazione di genere (la differenza non sta nella biologia ma nella socializzazione);– teorie secondo cui genere e sesso sono entrambi privi di una base biologica, e sono il risultato della costruzione sociale.

- Differenza Naturale. In che misura dunque le differenze tra uomini e donne sono dovute al sesso piuttosto che al genere? Alcuni autori ritengono che determinati aspetti della biologia umana, come cromosomi, ormoni, dimensioni del cervello, comportino differenze innate di comportamento tra uomini e donne, evidenziate poi in maniera particolare dalle diverse culture. Ad esempio, poiché nella maggior parte delle culture gli uomini sono dediti alla caccia, questo dimostrerebbe il possesso di tendenze aggressive biologicamente fondate, di cui le donne sono prive.Altri sono in disaccordo con questa teoria: a loro parere, le teorie della differenza naturale si basano sul comportamento animale, senza tenere conto delle evidenze antropologiche e storiche concernenti il comportamento umano; poi, il fatto che certe caratteristiche siano universali non vuol dire che debbano essere di origine biologica. Le teorie che sostengono una predisposizione innata trascurano il ruolo decisivo dell'interazione sociale nella definizione del comportamento umano.

- Socializzazione di genere. E' un'altra via per comprendere le differenze tra uomini e donne. Essa pone l'accento sulla socializzazione di genere, ovvero sull'apprendimento dei ruoli di genere attraverso gli agenti sociali, come famiglia, scuola, etc. Questo approccio distingue tra sesso biologico e genere sociale: un bambino nasce col primo e sviluppa il secondo. Le differenze di genere dunque non sono determinate dalla biologia, ma sono un prodotto culturale. Uomini e donne vengono socializzati a ruoli differenti.Bambini e bambine apprendono i ruoli sessuali e le identità di genere guidati da sanzioni positive e negative. Se un individuo sviluppa comportamenti di genere che non corrispondono al suo sesso biologico, ossia sviluppa comportamenti devianti, se ne cerca la spiegazione in una socializzazione inadeguata o anomala.Molte sono state le critiche rivolte alla teoria della socializzazione di genere. Molti autori sostengono che essa non sia un processo intrinsecamente armonioso, in quanto gli agenti coinvolti – scuola, famiglia, amici – possono essere in contrasto fra di loro. Inoltre, questa teoria ignora la capacità degli individui di respingere o modificare le aspettative sociali connesse ai ruoli sessuali. Dimenticano, insomma, che durante la socializzazione l'individuo è un ricettore attivo.

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Tuttavia, queste teorie non devono essere rifiutate in toto, perché molte teorie hanno dimostrato che, in qualche misura, le differenze di genere sono il prodotto di influenze sociali.

- Costruzione sociale del genere e del sesso. Un numero crescenti di studiosi ha criticato, negli ultimi anni, le teorie della socializzazione di genere, sostenendo che sia il sesso sia il genere siano da considerare come dei costrutti sociali. Non solo il genere, ma il corpo umano stesso è soggetto a forze sociali che lo plasmano e lo modificano in vari modi. Gli individui possono scegliere di modificare il loro corpo come vogliono (piercing, diete, palestra, chirurgia, cambio di sesso). Mentre i teorici che si concentrano sui ruoli sessuali e sull'apprendimento di genere accettano la presenza di una differenza biologica fondante; mentre per i teorici della socializzazione di genere la distinzione biologica viene elaborata a livello culturale, invece quanti teorizzano la costruzione sociale del genere e del sesso respingono l'idea di un qualsiasi fondamento biologico delle identità di genere. Identità di genere e differenze sessuali si influenzano vicendevolmente.

• L'identità di genere: due teorieSecondo queste due teorie le differenze di genere si formano “inconsciamente” durante i primi anni di vita, anziché essere i risultati di una predisposizione biologica.

SIGMUND FREUD. Secondo la sua teoria, l'apprendimento delle differenze di genere da parte dei bambini è incentrato sulla presenza o l'assenza del pene, vista non solo come differenza anatomica ma come simbolica espressione di maschilità e femminilità.La formazione delle identità di genere ha iniziato con la fase edipica, attorno ai quattro o cinque anni. Qui per i bambini è fondamentale il rapporto coi genitori. Il bambino vede, più o meno inconsciamente, il padre come rivale nella lotta per l'attenzione materna, fino a sviluppare la paura della castrazione da parte sua. Ciò induce il bambino ad accettare la sua superiorità, reprimendo l'infantile attrazione erotica per la madre; quando il bambino giungerà ad identificarsi col padre, assumerà gli atteggiamenti aggressivi tipici dell'identità maschile. Le bambine invece svilupperebbero l'invidia del pene; ciò le induce a svalutare la madre, anche lei priva. Quando giungerà ad identificarsi con lei assumerà gli atteggiamenti remissivi tipici dell'identità femminile.Col finire della fase edipica, il bambino ha imparato a reprimere le proprie pulsioni erotiche. Entra così, fino alla pubertà, nel periodo di latenza, dove le pulsioni sessuali continuano a venire represse fino a quando, con lo sviluppo biologico, non si riattiveranno autonomamente. Qui importante è il rapporto col gruppo di pari dello stesso sesso.Molte sono state le obiezioni alle teorie freudiane, molte delle quali fatte da studiose femministe.In primo luogo, identifica troppo strettamente l'identità di genere col problema dei genitali;In secondo luogo, sembra dipendere dall'idea che il pene sia naturalmente superiore alla vagina, pensata addirittura come semplice assenza dell'organo maschile.In terzo luogo, il padre è posto come unica fonte di autorità, mentre in alcune culture è la madre a coprire tale ruolo.In ultima analisi, Freud concentra l'apprendimento delle identità di genere nel periodo fra i quattro e cinque anni, mentre molti autori hanno sottolineato l'importanza del periodo precedente, la primissima infanzia.

Nancy Chodorow. Smentendo Freud, Nancy afferma che la formazione dell'identità di genere è un'esperienza molto precoce; e, ancora, a differenza di Freud attribuisce più importanza alla madre che al padre.Addirittura, per lei la percezione di essere maschio o femmina deriva dall'attaccamento del bambino alla madre. Per poter acquisire un senso di sé separato, alla fine questo attaccamento deve essere spezzato: questa rottura avviene in maniera differente per bambini e bambine.Non essendoci una separazione netta dalla madre, la bambina, e poi la donna adulta, ha un senso di sé meno separato dagli altri. La sua identità è spesso dipendente da quella di qualcun altro: prima la

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madre, poi il suo uomo. Ciò tende a produrre nella donna sensibilità e partecipazione emotiva.I maschietti invece acquistano il senso di sé in seguito ad un distaccamento più forte dalla mamma, ricavando la propria comprensione della maschilità da ciò che non è femminile. Sviluppano così una visione più analitica del mondo, e sono meno capaci delle femmine di intrattenere rapporti di intimità.La Chodorow inverte, in una certa misura, l'impostazione freudiana, considerando la maschilità una perdita, invece che la femminilità.Molte sono state le critiche alle sue teoria, ma il suo rimane comunque un contributo importante. Ha, ad esempio, aiutato a capire le origini di quella che gli psicologi chiamano inespressività maschile, ossia l'incapacità degli uomini a manifestare i propri sentimenti.

• Interpretazioni della diseguaglianza di genereIn quasi tutte le società differenze di genere portano diseguaglianza sociale. I ruoli maschili sono, in generale, più reputati e premiati di quelli femminili. In quasi tutte le culture alle donne sono affidati i lavori domestici e la cura dei figli, mentre gli uomini hanno la responsabilità di mantenere la famiglia. Questa divisione del lavoro ha fatto si che uomini e donne raggiungessero posizioni ineguali in termini di potere, prestigio e ricchezza.Gli autori che appartengono al pensiero della “differenza naturale” affermano che la divisione sessuale del lavoro è basata su fattori biologici. Oggi queste posizioni hanno perso molto credito, anche se le diseguaglianze sociali dovute alle differenze di genere sono ancora ben visibili nella società.

– L'approccio funzionalista considera la società un sistema di parti reciprocamente collegate che, in condizioni di equilibrio, cooperano armoniosamente per produrre coesione sociale. Applicando questa visione allo studio del genere si arriva al tentativo di dimostrare che le differenze di genere contribuiscono alla stabilità e coesione sociale.

– Talcott Parsons. Si è occupato del ruolo della famiglia nelle società industriali. A suo avviso, il successo della socializzazione dei bambini dipendeva dal supporto di una famiglia stabile; una famiglia è tale se vi è presente la divisione dei ruoli lavorativi fra uomo e donna, per cui la donna svolge ruoli espressivi, garantendo sicurezza ai figli e fornendo loro sostegno emotivo, mentre l'uomo svolge i ruoli strumentali, cioè provvede al sostentamento familiare.

Il suo punto di vista è stato criticato da femministe e sociologi, poiché sembra giustificare la subordinazione femminile nella famiglia.

– John Bowlby. Per lui la madre svolge un ruolo cruciale nella socializzazione primaria dei figli. Se la madre è assente o se il bambino viene separato precocemente dalla madre, si crea una situazione di privazione materna per cui la socializzazione del bambino rischia di divenire inadeguata, conducendolo a gravi difficoltà sociali e psicologiche. La madre deve essere sempre presente, dunque. E se questa viene a mancare, il sostituto deve essere comunque una donna.Alcuni studi però sembrano andare contro la tesi della privazione materna, perché risulta che lo sviluppo personale dei bambini sia migliore quando entrambi i genitori svolgono occupazioni che li portano a stare per qualche ora fuori di casa.

– Approcci femministi Il movimento femminista ha prodotto numerosi contributi teorici che tentano di spiegare le diseguaglianze di genere e di formulare programmi per il loro superamento. Qui di seguito sono riportati i tre principali filoni del pensiero femminista: il femminismo liberale, quello radicale e il femminismo nero.

• Femminismo liberale. Esse attiravano l'attenzione sui fattori che contribuiscono alle diseguaglianze di genere, come il sessismo o la discriminazione delle donne nel lavoro, nella scuola e nei mezzi di comunicazione. Questo approccio si concentra sulla difesa e sulla promozione delle

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apri opportunità per le donne attraverso strumenti legislativi, come la parità salariale e le norme anti-discriminazione. Concentrandosi sulle singole questioni, le femministe liberali presentano solo un quadro parziale della diseguaglianza di genere, mostrandosi incapaci di capirne le cause di fondo e di riconoscere la natura sistemica dell'oppressione femminile nella società.• Femminismo radicale. Queste femministe ritengono gli uomini responsabili dello sfruttamento femminile. L'analisi del potere patriarcale – la dominazione sistematica delle donne da parte degli uomini – è centrale. Esso è considerato un fenomeno universale. Considerano la famiglia come fonte principale di oppressione delle donne nella società, sostenendo che gli uomini sfruttano le donne approfittando del loro lavoro domestico gratuito.

Ci fu chi parlò di classe sociale per descrivere la posizione sociale delle donne, riferendosi al fatto che gli uomini esercitano un controllo sul ruolo della donna nella riproduzione e educazione dei figli. Poiché la donna, per biologia, è impegnata primariamente nella procreazione, diventa materialmente dipendente dagli uomini per protezione e sostentamento. Di conseguenza, l'emancipazione può passare solo attraverso l'abolizione della famiglia.Altre femministe radicali vedono nella violenza maschile sulle donne l'elemento fondante della superiorità maschile. Perfino i comuni concetti di bellezza e sessualità riducono le donne a meri oggetti sessuali il cui ruolo primario è intrattenere e compiacere gli uomini.Per loro, non ci sono norme che possano modificare l'attuale assetto sociale. Poiché il patriarcato è un fenomeno sistemico, l'uguaglianza di genere può essere ottenuta solo rovesciando tale ordine.

• Femminismo nero. Secondo questo punto di vista è illegittimo ricavare teorie generali sulla subordinazione femminile dall'esperienza di un solo gruppo di donne. Ma è anche sbagliata l'idea stessa di una forma unica di oppressione di genere vissuta in maniera uguale da tutte le donne. Il femminismo nero si occupa in particolare dei problemi delle donne di colore. Le donne nere, già vittime del razzismo, subiscono anche più fortemente l'oppressione della dimensione di classe .

FEMMINILITA', MASCHILITA' E RELAIZONI DI GENEREMentre la ricerca si concentrò in un primo periodo soprattutto sulla femminilità, anche grazie all'apporto del pensiero femminista, i sociologi tentano oggi di comprendere come si costruisce l'identità maschile e quale impatto hanno sul comportamento maschile i ruoli socialmente prescritti..

Connell In Gender and Power e in Masculinities integra i concetti di patriarcato e maschilità in una teoria complessiva delle relazioni di genere. Secondo lui, l'ordine di genere (ossia l'ambito organizzato di pratiche umane e relazioni sociali) definisce le forme della maschilità e femminilità, che risultano incomprensibili al di fuori dell'ordine stesso o prese individualmente. Individua tre dimensioni che costituiscono l'ordine di genere:– il lavoro (divisione sessuale delle attività sia in ambito familiare che professionale);– il potere, che concerne le relazioni basate sull'autorità, sulla violenza o sull'ideologia sia nelle istituzioni sociali che nella vita domestica;– la catessi, che riguarda la dinamica dei rapporti intimi, emozionali e affettivi.Nelle società industriali moderne l'ordine di genere è ancora patriarcale, che concerne il dominio degli uomini sulle donne.

Esistono, a suo parere, molte espressioni diverse della maschilità e della femminilità, che a livello sociale sono ordinate seguendo una gerarchia basata su tipi ideali. Alla sommità c'è la maschilità egemone, che domina su tutte le altre forme di maschilità e femminilità. La maschilità egemone è associata in primo luogo a eterosessualità e matrimonio, all'autorità, al lavoro retribuito e alla forza fisica.Molti uomini traggono vantaggio dalla posizione dominante della maschilità egemone nella gerarchia di genere: questi incarnano la maschilità complice.

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La maschilità omosessuale, opposta a quella egemone, si trova nel posto più bassod ella gerarchia.Le diverse forme di femminilità sono tutte subordinate alla maschilità egemone. La femminilità enfatizzata è il complemento della maschilità egemone, rappresentante una donna orientata al soddisfacimento degli interessi e dei desideri maschili, caratterizzata da condiscendenza, amorevolezza e empatia.Esistono infine forme di femminilità resistenti, che rifiutano il modello prevalente, e per questo si trovano ai gradini più bassi della gerarchia.

Connell respinge l'idea che le relazioni di genere siano statiche. Nella convinzione che sesso e genere siano costrutti sociali, Connell ritiene che gli individui possano modificare il loro orientamento di genere. Ciò non porta per forza ad un passaggio dall'omosessualità all'eterosessualità o viceversa, ma piuttosto un processo di continuo aggiustamento delle identità e degli atteggiamenti di genere.A suo parere ci troviamo davanti a prorompenti tendenze di crisi dell'ordine di genere sotto diversi aspetti:– crisi dell'istituzionalizzazione , per cui le istituzioni tradizionalmente sostenitrici del potere maschile (stato e famiglia) stanno declinando;– crisi della sessualità , con una prevalenza meno netta della maschilità egemone, messa alle corde dalla crescente sessualità femminile e omosessuale;– crisi della formazione di interessi , per cui gli interessi sociali iniziano a fondarsi su nuove basi che contraddicono l'ordine di genere esistente.

Molti studiosi pensano che sia in corso una crisi della maschilità. E', in particolare, il concetto di male breadwinner ad entrare in crisi. Non solo perché, in caso di povertà, è difficile mantenere tale ruolo, ma anche perché le donne stanno diventando sempre più indipendenti.

• LA SESSUALITÀ UMANA La nostra epoca ha spezzato il legame tra sessualità e riproduzione tipico delle società tradizionali. Mentre un tempo la sessualità era definita in termini di eterosessualità e monogamia coniugale, oggi si presentano forme diverse di comportamenti e orientamenti sessuali.La maggior parte degli individui in ogni società è eterosessuale; l'eterosessualità sta alla base del matrimonio e della famiglia.Tuttavia esistono forme diverse di sessualità.• Eterosessualità maschile e femminile• bisessualità maschile e femminile• omosessualità maschile e femminile• transessualità maschile e femminileLe pratiche sessuali sono ancora più differenziate. Perfino i canoni di attrattiva sessuale, per lo più fisici, differiscono di cultura in cultura.

La sessualità nella cultura occidentale è il prodotto di quasi duemila anni di influenza del cristianesimo. La sessualità è sempre stata vista ai fini della procreazione, e ogni altro tipo di pratica viene malvista. Spesso regnava una buona dose di ipocrisia sessuale, che voleva che le donne virtuose fossero indifferenti alla sessualità e accettassero le attenzioni del marito solo per dovere, mentre in giro per la città regnava la prostituzione. Il diverso atteggiamento nei confronti delle attività sessuali maschili e femminili ha costituito per lungo tempo una doppia morale sessuale, la cui influenza si fa ancora sentire.