Generale Mappe

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48 Capitolo IV Costruttivismo, mappe concettuali, mappe mentali di Umberto Santucci 30 1. Cenni di costruttivismo La realtà esiste al di fuori di noi? Se esiste, siamo in grado di vederla così com’è, al di là delle lenti deformanti della nostra percezione? La scienza può scoprirla nella sua oggettività? A queste domande, il costruttivismo risponde di no. Anche se la realtà esistesse, non potremmo conoscerla. Lo aveva detto Vico (“verum ipsum factum”, possiamo conoscere solo ciò che facciamo). Anche Kant aveva detto che noi conosciamo tutto attraverso le categorie di spazio e tempo, come fenomeno, e cioè rappresentazione, di un noumeno che non può essere conosciuto, perché oltre lo spazio e il tempo. Piaget dice che il bambino crescendo costruisce la sua realtà man mano che ne fa esperienza. Wiener e Von Foerster parlano di sistemi che si autoregolano cambiando la loro concezione di sé e dell’ambiente esterno. Maturana e Varela vedono gli esseri viventi come organismi autopoietici, che si producono da soli con la crescita e la riproduzione. Bateson propone i concetti di relazione simmetrica e complementare e di deuteroapprendimento. La simmetria si ha quando due soggetti reagiscono fra loro nello stesso modo, per esempio aggressivo/aggressivo. La complementarità si ha quando un soggetto reagisce all’altro in modo complementare, per esempio aggressivo/remissivo. Ambedue i modi si influenzano in modo ricorsivo: una risposta aggressiva provoca maggiore aggressività. Il deuteroapprendimento è un apprendimento di strutture, non di contenuti. In una prima fase si apprendono contenuti, in una seconda si elabora la struttura che connette i contenuti appresi. Anch’esso è un processo ricorsivo, perché il nuovo apprendimento è sempre influenzato dall’apprendimento precedente. Bateson si interessa molto di comunicazione e metacomunicazione, mettendo in luce i concetti di punteggiatura e di doppio legame, e vede la schizofrenia come un modo irrigidito di muoversi fra un livello logico e un altro. Watzlawick sviluppa gli studi di Bateson e parla di comunicazione sintattica, semantica e pragmatica (come è costruito il messaggio, che cosa significa per chi parla e per chi ascolta, quali effetti produce). Nella pragmatica distingue fra contenuto (ciò che dico) e relazione (come lo dico), e fra linguaggio digitale (emisfero sinistro del cervello) e analogico (emisfero destro). La comunicazione pragmatica dovrebbe servire a risolvere problemi, e quando non li risolve li crea, li mantiene, li aggrava. Il problema si risolve con un cambiamento. Watzlawick distingue fra cambiamento 1 e cambiamento 2. Il primo è un comportamento che lascia le cose come stanno. Il secondo è un cambiamento strutturale, che cambia veramente la situazione e risolve il problema. Tuttavia per operare questo cambiamento bisogna uscire dal sistema, come quando ci si sveglia da un sogno. Bandler e Grinder con la PNL (programmazione neuro-linguistica) sviluppano il concetto di mappa cognitiva, modello e metamodello ma, rifacendosi alla General Semantics di Korzybski, avvertono che “la mappa non è il territorio”, e che tutti i modelli vanno presi solo come strumenti di conoscenza, non come rappresentazioni della realtà. Le mappe cognitive sono l’insieme di conoscenze, esperienze e opinioni che ognuno di noi ha su un argomento, e sono alla base della comunicazione. Due persone con mappe cognitive completamente diverse non riescono a comprendersi. Per comunicare occorre che almeno una parte delle rispettive mappe 30 Ho cominciato ad usare mappe e diagrammi al liceo. Durante la preparazione dell’esame di licenza liceale avevo tappezzato tutta la casa di mappe e diagrammi con strutture gerarchiche, colori e immagini, per aiutarmi a ricordare l’enorme quantità di cose che bisognava sapere per superare l’esame. Naturalmente allora facevo tutto con carta, penna, matite colorate. Laureato da poco, ho lavorato in una casa editrice dove ero responsabile editoriale di un’enciclopedia di antiquariato e arredamento. Per tenere sotto controllo le scadenze assegnate ai numerosi collaboratori, ho disegnato e attaccato al muro un grande diagramma di GANTT (ma allora non sapevo che si chiamava così). Poi ho creato grandi multivisioni, proiezioni di grandi immagini e spettacolarizzazioni di eventi, feste di piazza, convention, e ho realizzato corsi multimediali interattivi su cd-rom e on line. Per tenere sotto controllo queste complesse produzioni ho usato outline testuali, diagrammi di flusso e gantt. I software come MS Project, Mindmanager, Visio, Excel, Word, hanno facilitato la produzione di documenti progettuali, organizzativi, di scrittura, creativi. Tutte queste esperienze sono confluite nel problem solving strategico, che parte dal costruttivismo e dalle ricerche di Bateson e Watzlawick per arrivare a “Change Strategies”, il gruppo di consulenti strategici formato da Giorgio Nardone nel 2005, con cui collaboro. Ho pubblicato “La comunicazione multimediale”, Il Sole 24 Ore Libri, 1991; “Multimedia e comunicazione d’impresa”, Sperling & Kupfer, 1996; www.problemsetting.com , un manuale ipertestuale on line, “Mappe mentali e scrittura”, un quaderno scaricabile da www.mestierediscrivere.com Collaboro con Apogeonline. Insegno all’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma, e all’Accademia dell’Immagine dell’Aquila.

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Capitolo IV Costruttivismo, mappe concettuali, mappe mentali di Umberto Santucci30 1. Cenni di costruttivismo La realtà esiste al di fuori di noi? Se esiste, siamo in grado di vederla così com’è, al di là delle lenti deformanti della nostra percezione? La scienza può scoprirla nella sua oggettività? A queste domande, il costruttivismo risponde di no. Anche se la realtà esistesse, non potremmo conoscerla. Lo aveva detto Vico (“verum ipsum factum”, possiamo conoscere solo ciò che facciamo). Anche Kant aveva detto che noi conosciamo tutto attraverso le categorie di spazio e tempo, come fenomeno, e cioè rappresentazione, di un noumeno che non può essere conosciuto, perché oltre lo spazio e il tempo. Piaget dice che il bambino crescendo costruisce la sua realtà man mano che ne fa esperienza. Wiener e Von Foerster parlano di sistemi che si autoregolano cambiando la loro concezione di sé e dell’ambiente esterno. Maturana e Varela vedono gli esseri viventi come organismi autopoietici, che si producono da soli con la crescita e la riproduzione. Bateson propone i concetti di relazione simmetrica e complementare e di deuteroapprendimento. La simmetria si ha quando due soggetti reagiscono fra loro nello stesso modo, per esempio aggressivo/aggressivo. La complementarità si ha quando un soggetto reagisce all’altro in modo complementare, per esempio aggressivo/remissivo. Ambedue i modi si influenzano in modo ricorsivo: una risposta aggressiva provoca maggiore aggressività. Il deuteroapprendimento è un apprendimento di strutture, non di contenuti. In una prima fase si apprendono contenuti, in una seconda si elabora la struttura che connette i contenuti appresi. Anch’esso è un processo ricorsivo, perché il nuovo apprendimento è sempre influenzato dall’apprendimento precedente. Bateson si interessa molto di comunicazione e metacomunicazione, mettendo in luce i concetti di punteggiatura e di doppio legame, e vede la schizofrenia come un modo irrigidito di muoversi fra un livello logico e un altro. Watzlawick sviluppa gli studi di Bateson e parla di comunicazione sintattica, semantica e pragmatica (come è costruito il messaggio, che cosa significa per chi parla e per chi ascolta, quali effetti produce). Nella pragmatica distingue fra contenuto (ciò che dico) e relazione (come lo dico), e fra linguaggio digitale (emisfero sinistro del cervello) e analogico (emisfero destro). La comunicazione pragmatica dovrebbe servire a risolvere problemi, e quando non li risolve li crea, li mantiene, li aggrava. Il problema si risolve con un cambiamento. Watzlawick distingue fra cambiamento 1 e cambiamento 2. Il primo è un comportamento che lascia le cose come stanno. Il secondo è un cambiamento strutturale, che cambia veramente la situazione e risolve il problema. Tuttavia per operare questo cambiamento bisogna uscire dal sistema, come quando ci si sveglia da un sogno. Bandler e Grinder con la PNL (programmazione neuro-linguistica) sviluppano il concetto di mappa cognitiva, modello e metamodello ma, rifacendosi alla General Semantics di Korzybski, avvertono che “la mappa non è il territorio”, e che tutti i modelli vanno presi solo come strumenti di conoscenza, non come rappresentazioni della realtà. Le mappe cognitive sono l’insieme di conoscenze, esperienze e opinioni che ognuno di noi ha su un argomento, e sono alla base della comunicazione. Due persone con mappe cognitive completamente diverse non riescono a comprendersi. Per comunicare occorre che almeno una parte delle rispettive mappe

30 Ho cominciato ad usare mappe e diagrammi al liceo. Durante la preparazione dell’esame di licenza liceale avevo tappezzato tutta la casa di mappe e diagrammi con strutture gerarchiche, colori e immagini, per aiutarmi a ricordare l’enorme quantità di cose che bisognava sapere per superare l’esame. Naturalmente allora facevo tutto con carta, penna, matite colorate. Laureato da poco, ho lavorato in una casa editrice dove ero responsabile editoriale di un’enciclopedia di antiquariato e arredamento. Per tenere sotto controllo le scadenze assegnate ai numerosi collaboratori, ho disegnato e attaccato al muro un grande diagramma di GANTT (ma allora non sapevo che si chiamava così). Poi ho creato grandi multivisioni, proiezioni di grandi immagini e spettacolarizzazioni di eventi, feste di piazza, convention, e ho realizzato corsi multimediali interattivi su cd-rom e on line. Per tenere sotto controllo queste complesse produzioni ho usato outline testuali, diagrammi di flusso e gantt. I software come MS Project, Mindmanager, Visio, Excel, Word, hanno facilitato la produzione di documenti progettuali, organizzativi, di scrittura, creativi. Tutte queste esperienze sono confluite nel problem solving strategico, che parte dal costruttivismo e dalle ricerche di Bateson e Watzlawick per arrivare a “Change Strategies”, il gruppo di consulenti strategici formato da Giorgio Nardone nel 2005, con cui collaboro. Ho pubblicato “La comunicazione multimediale”, Il Sole 24 Ore Libri, 1991; “Multimedia e comunicazione d’impresa”, Sperling & Kupfer, 1996; www.problemsetting.com, un manuale ipertestuale on line, “Mappe mentali e scrittura”, un quaderno scaricabile da www.mestierediscrivere.com Collaboro con Apogeonline. Insegno all’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma, e all’Accademia dell’Immagine dell’Aquila.

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cognitive si assomigli, o che gli interlocutori siano disposti a modificare almeno un po’ le loro mappe cognitive. Watzlawick pubblica nel 1981 “La realtà inventata”, un insieme di saggi di Von Glaserfeld, Von Foerster, Elster, Varela e altri, dove si dimostra che ciò che noi chiamiamo “realtà” non è altro che il nostro punto di vista su di essa, una costruzione della nostra mente in continua trasformazione (“ci sono tante realtà quante quelle che si possono inventare”). Nardone elabora il concetto di autoinganno, come evoluzione della profezia che si autoavvera di Watzlawick. Poiché ogni nostra conoscenza è un nostro punto di vista, non facciamo altro che autoingannarci, e comportarci in base a tali inganni. Allora tanto vale imparare ad autoingannarci in modo più funzionale per superare i nostri limiti e sviluppare meglio i nostri talenti. Perfino la matematica e la fisica, comunemente considerate indiscutibili e obiettive, sono giunte anch’esse ad un limite dove tutto si confonde, con l’indecidibilità di Gödel e l’indeterminazione di Heisenberg, per cui a certi livelli un teorema può essere vero e falso al tempo stesso, e nello studio delle particelle subatomiche le aspettative dell’osservatore mutano le proprietà del fenomeno osservato. A chi dice dunque che la matematica non è un’opinione, il costruttivista risponde che è un meraviglioso sistema di opinioni che si sorreggono l’una con l’altra, ma che non hanno riscontro con nulla di reale. A chi pensa che la fisica studia le leggi e le forze di natura, il costruttivista dice che studia solo le proprie ipotesi sulla natura. Tutta la nostra conoscenza è creazione di senso, e l’apprendimento è la costruzione continua dei sistemi di senso in cui viviamo. Non esiste una verità assoluta da scoprire, ma un senso sempre più articolato e complesso da costruire come individui, come gruppi, come tradizioni culturali. Ad ogni percezione reagiamo in modo tale da modificare la percezione successiva, in una spirale simile a quella del DNA. Per poter vivere circondati dall’ignoto, non ci serve tanto sapere se ciò che vediamo intorno a noi è vero, ci basta che abbia senso per noi. Von Glaserfeld dice che il capitano di una nave, per navigare con successo da un porto all’altro, non ha bisogno di conoscere tutti gli scogli, le insenature, i fari che ci sono in quel tragitto. Gli basta conoscere solo quegli elementi che lo condurranno nel porto giusto, che avranno senso per il suo viaggio: qualche scoglio da evitare, un’insenatura in cui ripararsi dal vento, il faro che indica l’entrata nel porto. E per poter trovare la rotta giusta gli basta una carta nautica, e cioè una mappa che rappresenti in modo semplificato ma significante un territorio (il mare) di per sé complesso e misterioso. La creazione continua dei propri significati ci rende duttili e pronti a cambiare i nostri punti di vista, perciò pronti ad imparare. Nel campo dell’apprendimento Papert parla di “costruzionismo” contrapposto a “istruzionismo”. Ausubel e Novak contrappongono l’apprendimento significativo a quello mnemonico. Popper dice che gran parte della scuola non fa altro che propinare soluzioni non richieste a problemi non posti. Ma è con le nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione, e con l’apprendimento a distanza, l’autoapprendimento e la formazione continua che il costruttivismo costituisce l’epistemologia di base, secondo cui non c’è conoscenza, non c’è cambiamento, non c’è apprendimento, se non è il discente a costruire man mano suoi sistemi significanti, dove il docente, il testo, lo strumento didattico, sono solo leve che mettono in moto un processo, ma è il discente che deve attivare il processo e portarlo avanti (Antonio Calvani e altri). Il costruttivismo fa largo uso di rappresentazioni visive di processi, come supporti alla costruzione delle conoscenze significative e come strumenti stessi di organizzazione cognitiva. Mappe, grafici, diagrammi, schemi, tabelle, comunicano sia con la parte sinistra del cervello (organizzazioni gerarchiche e strutture) sia con la parte destra (visioni sinottiche, immagini, rappresentazioni visive in genere). 2. Mappe concettuali I processi di pensiero, di interpretazione del mondo, di produzione di senso, avvengono in modo misterioso nella scatola nera della nostra mente, e si manifestano con la comunicazione, con le arti, con le scienze, con tutte le opere e i comportamenti umani. Ma è possibile rappresentare in qualche modo i processi stessi, invece dei loro risultati? La matematica propone la teoria dei grafi e delle reti, per cui quasi tutte le strutture si possono rappresentare con nodi e collegamenti fra un nodo e l’altro. Una tela di ragno, una rete stradale, i contenuti di un libro o di un sito web, sono rappresentabili con una struttura a rete. Un tipo particolare di reti, le reti semantiche, è il modello su cui sono state costruite le mappe concettuali e mentali31.

31 Cfr. primo volume di questa collana, Cap. VI.

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Fig. x - Struttura elementare di una rete e requisiti di una rete semantica

La nostra mente funziona con processi induttivi/deduttivi e associativi. I primi si muovono dalla causa agli effetti, dall’effetto alle cause, dal generale al particolare, dal concreto all’astratto. I secondi agiscono per somiglianze e differenze, e saltano da un’associazione all’altra. In una mappa i primi sono rappresentati da strutture ad albero, i secondi da biforcazioni dei rami. Ad essi vanno aggiunti processi ricorsivi, dove un’idea, una volta formulata, influisce su ciò che ha contribuito a formularla, in un circolo che si autoalimenta e che porta allo sviluppo della conoscenza, ma anche al rafforzarsi di opinioni che nel peggiore dei casi portano ai pregiudizi e all’ideologia intransigente e intollerante. L’apprendimento, in una visione costruttivista, non è più una materia versata da un insegnante nella mente di un allievo, ma piuttosto è un problema che l’insegnante pone agli allievi aiutandoli a risolverlo. Per poterlo fare, come dice Ausubel, gli allievi partono da ciò che già sanno, e lo integrano con ciò che trovano nella loro ricerca, costruendo una propria visione arricchita dell’argomento. L’apprendimento da mnemonico diventa significativo: non immagazzina nozioni scoordinate, ma elabora significati correlati fra loro in una mappa cognitiva via via più ricca. Joseph Novak ha rappresentato i processi di apprendimento significativo con mappe concettuali, ovvero con reti semantiche i cui nodi sono i concetti, i collegamenti sono le relazioni fra i concetti. Le mappe concettuali dunque distinguono fra concetti e relazioni fra essi, hanno una struttura reticolare, sono più o meno semplici o complesse, si possono usare da sole o in combinazione con il diagramma a V, uno strumento di ricerca che punta su un argomento specifico e contribuisce ad arricchire la mappa cognitiva relativa a quell’argomento. Infatti la funzione principale delle mappe concettuali è la rappresentazione - più o meno fedele o semplificata - di mappe cognitive, e cioè di tutto ciò che sappiamo su un argomento, e che riusciamo a strutturare in modo significativo. Il modo con cui una mappa concettuale si arricchisce, si struttura e si trasforma, dovrebbe visualizzare di pari passo l’arricchirsi e lo strutturarsi della relativa mappa cognitiva, e quindi di quello che Novak chiama “apprendimento significativo”, l’opposto dell’apprendimento mnemonico dove si imparano cose da ripetere nell’interrogazione e da dimenticare subito dopo. In tal senso la mappa concettuale è uno strumento di costruzione, ma anche di verifica, del portfolio, che Novak raccomanda come metodo preferibile di valutazione dell’apprendimento. In un buon portfolio, oltre ai diversi elaborati che testimoniano dello sviluppo dell’allievo, dovrebbero comparire anche le mappe concettuali che mostrano quanto le relative mappe cognitive si siano andate via via arricchendo e modificando.

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Fig. x - Mappa concettuale realizzata con Cmaps, il software sviluppato dagli allievi di Novak alla Cornell University. Questa mappa sintetizza la teoria dell’apprendimento significativo, contrapposto all’apprendimento mnemonico.

Fig. x - Il diagramma a V della conoscenza. Struttura di un diagramma a V, elaborato da Gowin negli anni ’70 e presentato da Novak in “Imparando a imparare”. Il diagramma a V focalizza su una ricerca specifica, e si integra con le mappe concettuali. A sinistra compaiono mappe su teorie, costrutti e concetti (ciò che si sa già), a destra mappe su ciò che si osserva (ciò che si sta imparando).

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3. Mappe mentali Tony Buzan ha semplificato le mappe concettuali di Novak, partendo dal principio che il pensiero funziona in modo radiante, da un tema centrale ad una irradiazione di derivazioni, come un fiore che si apre tutto intorno. Le sue mappe mentali hanno perciò struttura radiale, e dal tema posto al centro sviluppano rami principali che si biforcano in rami secondari. Buzan dà molta importanza al linguaggio analogico, quindi raccomanda di arricchire la mappa con colori e immagini per facilitare l’apprendimento e la memorizzazione. Buzan realizza le sue mappe con carta e pennarelli, in modo molto fantasioso. Scrive concetti e relazioni senza distinguerli visivamente, lungo i rami stessi della mappa. Ogni mappa, secondo le raccomandazioni di Buzan, dev’essere una piccola opera d’arte, perché proprio l’approccio artistico attiva al massimo l’emisfero destro e il pensiero laterale, e facilita sia lo sviluppo del radiant thinking sia il ricordo attivo. Le mappe di Buzan puntano sulla rappresentazione delle strutture gerarchiche e associative del pensiero, e sulla combinazione di linguaggio analogico e digitale.

Fig- x - Mappa mentale fatta da Paola Landi (Amicucci Formazione) come sintesi di una mia lezione, con l’applicazione ortodossa dei criteri di Tony Buzan (pennarelli, colori, immagini, scritte sui rami, fantasia) Con la diffusione dei personal computer sono stati sviluppati programmi per fare mappe, un po’ meno fantasiose di quelle di Buzan, ma molto più pratiche, in quanto si possono modificare, condividere, allegare ad una email, trasformare in testi, in presentazioni, in pagine web. Le singole voci inoltre possono essere collegate con altri documenti come testi, immagini, video, suoni, e con pagine web. Le mappe servono a strutturare gerarchicamente un insieme di contenuti e a visualizzarli in modo sinottico, con un solo colpo d’occhio. Per essere utili non devono essere troppo complicate. Se l’argomento è voluminoso e complesso si raccomanda di fare un insieme di mappe, dal generale al particolare, dove i rami di una mappa generale siano collegati con le relative mappe secondarie o di approfondimento. In una mappa si può scrivere quello che si vuole, anche periodi lunghi e discorsivi. Tuttavia, per favorire la visualizzazione sinottica, raccomando di usare parole chiave e un concetto per ogni ramo. Se in una frase c’è più di un concetto, conviene farne più rami.

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Fig. x - Mappa mentale di questo capitolo, realizzata con MindManager Pro. Permette di visualizzare in un colpo d’occhio tutto il capitolo. Rispetto alle mappe di Buzan è più asciutta e razionale, ma si presta meglio alla condivisione in rete e alla trasformazione in outline. 4. Altri sistemi di visualizzazione E’ possibile visualizzare in vari modi gerarchie, processi, concetti, dati quantitativi, relazioni. L’outline è la scaletta strutturata di un testo, con gli argomenti ordinati in modo gerarchico. Si può fare a mano o con un outliner, uno strumento contenuto nei migliori word processor come Word o l’editor di testi di Open Office. E’ utile per strutturare qualsiasi tipo di testo, prezioso per gestire rapidamente testi voluminosi, indispensabile per organizzare strutture ipertestuali. Si usa una visualizzazione diversa dalla normale, e si organizza il testo in modo gerarchico, dal generale al particolare, per livelli logici, come nello schema che segue:

Il diagramma di flusso visualizza un processo dall’inizio alla fine, o un algoritmo. Ha una simbologia particolare per i nodi e gli archi che li collegano, come nell’esempio che segue. I connettori sono a freccia per far capire la direzione del flusso. Lo schema mostra i simboli più usati.

1. primo livello a. secondo livello

i. terzo livello ii. terzo livello

b. secondo livello i. terzo livello

c. secondo livello i. terzo livello ii. terzo livello

2. primo livello a. secondo livello

i. terzo livello ii. terzo livello

b. secondo livello i. terzo livello

c. secondo livello i. terzo livello

3. primo livello a. secondo livello

i. terzo livello ii. terzo livello

b. secondo livello

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L’organigramma rappresenta una struttura organizzativa o gerarchica. Differisce dal flow chart, perché rappresenta una situazione statica, non un flusso dinamico.

Il diagramma causa/effetto visualizza l’insieme delle cause che hanno prodotto un effetto, un evento critico. E’ detto anche diagramma di Ishikawa dal suo creatore, o diagramma a spina di pesce (fishbone diagram) dalla sua forma caratteristica. Si fa mettendo nella testa del pesce la criticità o il problema da risolvere, e nelle spine le cause primarie e le cause delle cause.

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La matrice swot aiuta a considerare un fenomeno da quattro punti di vista diversi: strenght (punti di forza), weaknesses (punti deboli), opportunities (opportunità), threats (minacce). I primi due quadranti riguardano ciò su cui possiamo intervenire, che accade all’interno della nostra organizzazione, la situazione attuale. I secondi due riguardano ciò su cui non possiamo intervenire, quello che fanno i concorrenti, i clienti, nuove leggi, nuove tecnologie, tendenze e scenari futuri. Lo schema che segue è una guida all’analisi SWOT. Le domande sono puramente indicative. L’analisi può essere fatta su un prodotto o un servizio, sul proprio ufficio o la propria organizzazione, su se stessi, per valutare le proprie capacità e competenze. E’ sempre importante confrontarsi con qualcuno o qualcosa, perché si è forti o deboli non in senso assoluto, ma in funzione di un obiettivo e a confronto con chi vuole raggiungere lo stesso obiettivo.

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Il diagramma di Pareto visualizza il principio 80/20, per cui in un sistema il 20% degli elementi produce l’80% dei risultati, e viceversa, e serve ad individuare quel 20% che produce le curve o le barre più alte sul diagramma. Si usa quando si vogliono individuare priorità o cose rilevanti in un gruppo più o meno numeroso di elementi.

Il diagramma di GANTT e la pianificazione per stadi servono a pianificare nel tempo un progetto, un evento, un processo, in modo da tenerne sotto controllo l’avanzamento.

Modelli sistemici e ricorsivi visualizzano gli elementi che si influenzano l’un l’altro nella dinamica dei sistemi, e generano strutture complesse come i frattali. Vensim PLE è un programma gratuito basato sulle teorie di Jay Forrester del MIT, e serve a creare modelli di simulazione di dinamica dei sistemi. L’immagine mostra l’interfaccia del programma, con la costruzione del modello. Applicando la funzione run (l’omino che corre), il programma mostra alcuni slider con cui si possono apportare modifiche delle condizioni e vedere in tempo reale come si sviluppa il modello nel tempo. Per esempio, se aumento il prezzo di un prodotto, posso vedere subito l’andamento delle vendite e dei profitti a tre o sei mesi. I segni + e – sono gli effetti valanga e bilancia della dinamica dei sistemi.

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I modelli di catastrofi rappresentano i tipi di discontinuità studiati dalla teoria delle catastrofi di René Thom. Ci sono vari modelli. Quello a cuspide, rappresentato qui, è il più semplice, e visualizza andamenti regolari che improvvisamente cadono nel livello inferiore o saltano in quello superiore. E’ il caso di un cane che improvvisamente attacca o scappa, o di un anoressico/bulimico che salta dal digiuno all’abbuffata.

Concludo questa breve rassegna con una mappa dei software con cui si possono fare le mappe e gli altri strumenti di visualizzazione e organizzazione delle conoscenze.

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Fig. x - Mappa dei software con cui si organizzano e si rappresentano processi cognitivi, informativi, di comunicazione. Questa mappa è stata fatta con Excel in modalità grafica, usando le forme e i connettori per diagrammi di flusso. Poiché non conosco un software che visualizzi i modelli di catastrofi, la mappa è aperta ad ulteriori contributi, e in tal modo diventa uno strumento di cooperazione. 5. Le nuove tecnologie Tutte le visualizzazioni proposte si possono fare con carta e matita, ma il computer permette di farle in modo più rapido, più pulito e più preciso. Il computer ci fa lavorare in modo molto più flessibile, sia con i testi, sia con mappe ed altri sistemi di visualizzazione. Con gli appositi software possiamo aggiungere o togliere rami alle mappe, spostarli, aggiungere o cambiare colori, modificare caratteri, allegare altri documenti. Spesso il computer calcola le funzioni e le rappresenta automaticamente in forma grafica, con software applicativi anche di uso comune, come il pacchetto MS Office (o Open Office, per chi preferisce i software liberi).

Inspiration e Cmap (gratuito) sono programmi informatici per fare mappe concettuali. MindManager e Free Mind (gratuito) servono a fare mappe mentali. Mindmanager può esportare le mappe come outliner Word. Ambedue esportano le mappe in formato html, in modo che possano esser lette da un qualsiasi browser (navigatore di pagine web). MS Word ha un buon outliner con cui fare scalette strutturate di un testo. MS Excel ha una funzione grafica con cui si possono fare manualmente organigrammi e diagrammi di flusso, e visualizza in modo automatico diagrammi a barre, a torta, a curve, a punti, partendo da dati numerici. MS Visio e Dia (gratuito) servono per fare qualsiasi tipo di grafico, da un istogramma a una piantina, da una swot ad un organigramma.

Ecco i vantaggi che si possono avere nell’utilizzo di questi software: Condivisione e cooperazione in rete. Un file elettronico prodotto da questi programmi può essere inviato in email o con software di messaggeria istantanea. Mappe e grafici possono essere corretti, sviluppati e costruiti da gruppi virtuali che lavorano a distanza, favorendo la condivisione e la cooperazione in rete. Condividere materiale informativo significa metterlo a disposizione di tutti, o di gruppi autorizzati, per essere consultato o utilizzato in forma integrale o parziale.

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Il materiale da condividere (testi, mappe, organigrammi, diagrammi vari) può essere inviato come allegato email, o depositato in un archivio da cui possa essere consultato. Quando si condivide del materiale, bisogna chiedersi se può essere modificato o no, se e come può essere riutilizzato, se deve essere letto, ed eventualmente modificato, con qualsiasi sistema operativo e qualsiasi software di lettura, o no. Per esempio, alcuni documenti che si riferiscono a strutture istituzionali, leggi e regolamenti, procedure e prescrizioni, possono essere consultati ma non modificati. Altri documenti possono essere consultati ma non modificati da tutti, e modificati solo da alcune persone autorizzate, come è il caso dei contenuti di un corso e-learning, che possono essere modificati dagli autori del corso, non dagli utenti. I materiali per esercitazioni invece devono essere modificati dagli utenti. Materiali modulari come i learning objects, proprio per la loro filosofia, devono essere riutilizzati e riaggregati in varie combinazioni, quindi vanno corredati di opportuni metadati, anch’essi condivisi, che ne permettano l’archiviazione e il recupero nel modo più agevole. Cooperare in rete significa svolgere un compito, sviluppare un progetto, produrre un documento, insieme con altre persone che non si trovano nello stesso luogo, e che possono interagire in modo sincrono o differito. Per lavorare a distanza occorre una buona disciplina, per tener conto delle modifiche in modo ordinato, rispettando le idee dei singoli ma mirando al risultato comune. Facciamo il caso di lavorare con un gruppo di cinque persone: Umberto, Anna, Mario, Carlo e Luisa. Umberto e Mario sono nello stesso ufficio, ma in locali diversi. Anna, Carlo e Luisa sono in città diverse. Per comunicare in sincrono usano Skype in chat o in voce. Con una chat collettiva decidono l’argomento, le scadenze, le caratteristiche del progetto. Stabiliscono che Umberto preparerà la prima mappa. Umberto fa una prima mappa generica e la manda in allegato ai quattro colleghi. Possono decidere di modificarla e svilupparla tutti insieme in chat. Ognuno fa le sue osservazioni, e Umberto modifica la mappa al momento e la mostra a tutto il gruppo. Oppure possono decidere che Anna sia la prima a sviluppare la mappa di Umberto. Anna fa le sue modifiche e manda la mappa modificata ai quattro. Successivamente Mario apporta le sue modifiche alla mappa ricevuta, e la manda ai quattro. In tal modo la mappa si costruisce man mano con il contributo di tutti, ma non c’è il rischio che qualche correzione vada perduta. Inoltre si lavora sempre sull’ultimo aggiornamento. Se qualcuno vuole fare una modifica, ma non è il suo turno, fa la modifica off line sulla sua versione, e la applicherà alla versione più recente quando sarà il suo turno, oppure chiederà di poter applicare la modifica sull’ultima versione, o la comunicherà a chi in quel momento è autorizzato a fare le modifiche. In tal caso la sua versione modificata diventerà l’ultima versione valida. In altre parole, la cooperazione deve essere alternata, un po’ come quando si parla con il walkie talkie, invece che con il telefono, altrimenti non si capisce più qual è il documento attendibile. Questo è essenziale specialmente quando il documento prodotto deve servire a produrre altri documenti. Per esempio se il gruppo elabora la mappa di un video, di un libro, di un evento, la mappa definitiva deve essere una sola, verificata e approvata da tutto il gruppo, o dal suo responsabile, altrimenti mappe diverse potrebbero dar luogo a sviluppi diversi del progetto, con confusioni che si amplificano a cascata. Ovviamente tutte le versioni precedenti devono essere salvate con nomi che facciano capire bene di che versione si tratta, per ovviare a correzioni ritenute non valide dal gruppo di lavoro. Mappe e grafici possono essere linkati con qualsiasi altro oggetto (testi, immagini, animazioni, pagine web). Possono quindi diventare pannelli di accesso ad informazioni vicine o remote di qualsiasi complessità. Per esempio, se io faccio una ricerca web e seleziono un certo numero di link, invece di comunicarli al mio gruppo di lavoro in forma di elenco testuale, posso strutturarli in forma di mappa, per far vedere subito ai miei collaboratori quali sono gli argomenti più importanti, i rami principali e secondari, le associazioni, le relazioni. La mia mappa diventa così un pannello informativo con cui io e i miei collaboratori possiamo accedere alle informazioni che ci servono, già selezionate e strutturate da me. Mindmanager e altri software possono esportare la mappa in formato html, e quindi renderla leggibile e navigabile per mezzo di un browser come Internet Explorer o Firefox. 6. Come fare una mappa Una mappa concettuale o mentale è un costrutto del pensiero. Come tale può essere fatto con la sola immaginazione, o a mano con carta e matita o pennarelli, o con il computer, usando appositi software. Immaginare una mappa con la sola fantasia serve a poco, giacché la mappa ha la funzione di visualizzare processi di pensiero. Quindi partiremo da mappe fatte a mano. Con matita o penna? La penna è rigida e non si può cancellare. La matita è più flessibile, perché permette di cancellare e di riscrivere. Anche Bateson raccomandava la matita per scrivere in modo “costruttivo”.

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Tony Buzan consiglia di usare i pennarelli, e di disegnare immagini, scritte e rami colorati, per fare appello il più possibile al linguaggio analogico e alla parte destra del cervello. Tuttavia oggi è preferibile usare i software predisposti, come Mindmanager, che è stato sviluppato proprio sulle teorie di Buzan, e che permette di costruire mappe con colori, caratteri diversi, immagini. L’elettronica consente ancora di assegnare link dinamici ad un singolo elemento della mappa, da cui si può accedere ad altri documenti o a pagine web. Quindi direi che se non si ha a disposizione un computer, le mappe si possono tranquillamente fare a mano, altrimenti è di gran lunga preferibile farle con il computer. Tuttavia anche se si lavora con il computer puiò essere utile schizzare la mappa a matita su un foglio di carta, e usarla come schema di partenza per fare la mappa elettronica. Un caso particolare è la costruzione di una mappa con un gruppo di lavoro e col metodo del brainstorming. Il conduttore del brainstorming può costruire la mappa sulla lavagna, man mano che il gruppo tira fuori le sue idee. Più che produrre idee, il suo ruolo sarà quello di stimolare le idee dei partecipanti, specialmente di quelli più timidi, e di organizzare in forma di mappa le idee prodotte, con le ramificazioni gerarchiche e associative. Una prima distinzione, quando ci mettiamo a fare una mappa, è la nostra preferenza fra una struttura reticolare e una radiale. Nel primo caso costruiremo una mappa concettuale, nel secondo una mappa mentale. La mappa concettuale privilegia la struttura di rete e le relazioni, che descrive una per una. E’ più precisa ma anche più complessa da fare e da leggere. La mappa mentale parte da un centro focale da cui deriva rami gerarchici che si biforcano in associazioni o distinzioni. Dà per scontato che le relazioni siano solo di due tipi: genitore/figlio (parent/child) e fratello (sibling). Se partiamo dal concetto focale di “cane” (il centro della mappa), “cani da caccia” sarà genitore di “bracco”, che sarà fratello di “segugio”. Si concentra sui nodi, più che sulle relazioni. Si presenta sempre con una struttura radiale, che secondo Buzan rappresenta meglio il funzionamento “radiante” del nostro cervello. L’altra cosa fondamentale, quando si fa una mappa, è tener presente che essa è uno schema semplificante, non è un testo. Quindi si deve pensare per parole chiave, non per frasi discorsive, e cercare di mettere un solo concetto per ogni ramo. Ogni volta in cui ci troviamo a scrivere più di un concetto in un ramo, ricordiamoci di spezzarlo in due o più sottorami. In una mappa non serve scrivere una frase del genere: “i cani da caccia comprendono bracchi, segugi, setter, pointer”. Sarà più utile strutturare così:

Una distinzione importante, quando facciamo una mappa, è se stiamo facendo una mappa di rilievo o di progetto. Il rilievo è il percorso opposto a quello del progetto. Nel progetto si parte da un disegno per arrivare alla costruzione di un oggetto concreto, nel rilievo si parte dall’oggetto concreto per ricavarne uno schema strutturale astratto. La mappa di rilievo parte da una situazione reale (in ambito costruttivista diremo che si parte da qualcosa che sta lì, di fronte a noi) e ne visualizza la struttura cognitiva. Se osserviamo l’appartamento in cui viviamo, possiamo ricostruirne una mappa, come quella che si vede qui. La mappa di progetto invece riguarda qualcosa che io voglio fare, e che non esiste ancora. Può essere la mappa di un racconto, di un film, di qualcosa che voglio fare nel prossimo futuro. Ecco la mappa di progetto che uso per valutare i pro e i contro di vari tipi di vacanza che vorrei fare. Le mappe mentali sono focalizzate su un argomento centrale, da cui si sviluppano rami gerarchici e associazioni. E’ importante decidere qual è il focus centrale. Da lì si parte con tutte le idee che vengono in mente. La grande utilità della mappa è poter buttare giù le idee come vengono in mente, in qualunque punto della mappa. Quando cominciamo a vedercela davanti possiamo sempre spostare i rami, raggrupparli, dividerli, far diventare secondario un ramo principale, creare un contenitore come ramo principale per sottorami.

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La mappa della mia casa, in una prima stesura, potrebbe presentarsi così:

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Come si vede, gli elementi sono tutti disordinati, perché sono stati messi come venivano in mente. Alcuni sono già strutturati, anche se in forma provvisoria. In qualunque momento un ramo si sposta andando con il puntatore sul nodo rappresentato dal cerchietto all’inizio del ramo, come si vede nell’illustrazione, e trascinando il ramo dove si vuole con il drag & drop del mouse.

La capacità di pensare in modo vago, impreciso, ma con successivi aggiustamenti che portano velocemente ad un risultato soddisfacente, è tipica delle persone creative e flessibili, che imboccano subito una via per non restare fermi, ma sono pronti a cambiare se c’è una via migliore. E’ una risorsa mentale cruciale per la gestione della complessità. A tal proposito ricordiamo sempre che la mappa deve essere un riduttore di complessità, e perciò dev’essere molto più semplice del territorio che rappresenta, altrimenti non serve. Se la mappa che stiamo facendo cresce troppo e diventa un baobab con un inestricabile intrico di rami, è meglio limitarla ai rami essenziali, creando mappe successive gerarchicamente subordinate alla mappa generale. Per giudicare se una mappa è ben fatta, la regola è semplice. Se la mappa ci è utile a vedere con un colpo d’occhio la situazione in tutta la sua complessità, va bene, altrimenti non serve. Ma torniamo alle nostre mappe. Buzan raccomanda di arricchire la mappa mentale con colori, immagini, icone, segni grafici vari. Quindi noi faremo altrettanto, per esempio con la mappa delle vacanze. Ecco una possibile soluzione:

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Come organizzazione delle informazioni non è cambiato nulla. Come impatto comunicativo invece l’effetto è diverso, perché fa appello non solo al lato sinistro del cervello, ma anche a quello destro, e quindi al linguaggio analogico, che ci tocca più nel profondo. Anche per chi fa la mappa, lo sforzo di cercare le immagini adatte, i colori, la disposizione migliore, aiuta a comprendere e a memorizzare meglio gli argomenti mappati. Buzan raccomanda di essere sempre un po’ artisti quando si fanno le mappe, proprio per impegnare tutta l’energia radiante del proprio cervello. E’ vero, ci vuole un po’ di tempo. Ma una mappa ben fatta fa risparmiare tanto altro tempo a se stessi e agli altri. Come per ogni arte, il fare mappe migliora con la pratica. Più se ne fanno, meglio è, fino a quando si arriva a ragionare per mappe. Si può cominciare con qualcosa di semplice, vicino e familiare (la pizza napoletana, il giardino, l’appartamento, il proprio ufficio), fino ad arrivare ad argomenti molto vasti e complessi (foresta amazzonica, il cervello umano). Si mette la pizza al centro della mappa, e si tracciano i rami con tutto quello che viene in mente, gli ingredienti, i vari tipi di pizze, la storia, la diffusione nel mondo, via via fino al progetto di Oldenburg di un ristorante monumentale navigante per Manhattan, a forma di pizza. E’ più facile e istruttivo cominciare con mappe di rilievo (una poesia, una canzone, un film, un romanzo), e solo poi passare a mappe di progetto (un articolo, una conferenza, una presentazione, una relazione). Buone mappe! Per concludere, ho trovato nell’annuncio pubblicitario di un libro polemico sul best seller di Don Brown questo slogan: “Le verità della Chiesa contro le menzogne del Codice da Vinci”. Da buon costruttivista lo riscriverei così: “Il punto di vista della Chiesa Cattolica a confronto con il punto di vista di Dan Brown”. E’ un piccolo esercizio sul quotidiano, per abituarsi a considerare le verità in cui crediamo, anche le più “sacre”, solo come nostri punti di vista attuali, costruzioni a cui siamo arrivati ora, non come verità oggettive e immutabili al di fuori di noi. Un altro buon esercizio potrebbe essere questo: facciamo una mappa su un argomento qualsiasi. Conserviamola. Facciamo la stessa mappa dopo un anno (o dopo qualche giorno) e confrontiamola con la precedente. Sono uguali? Sono diverse? Come è cambiato il nostro punto di vista dopo un anno? La mappa è diventata più semplice o più complessa? Più povera o più essenziale? Ancora un esercizio da fare con altre persone, in presenza o a distanza. Scegliamo un argomento qualsiasi e ognuno ne faccia una mappa. Confrontiamo le mappe e nei punti in cui sono diverse discutiamo insieme i rispettivi punti di vista.

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Webgrafia e Bibliografia Costruttivismo http://www.farnt.unito.it/tutorb/Sintesi/costruttivismo.pdf Una buona sintesi, mirata sull’e-learning, con bibliografia. Due sole belle letture: Heinz von Foerster, Sistemi che osservano, Astrolabio, 1987 Paul Watzlawick, La realtà inventata, Feltrinelli, 2006 Visualizzazione e organizzazione delle idee http://www.letteratour.it/lingua/B01visual01.htm Un mio articolo su visualizzazione e verbalizzazione http://www.apogeonline.com/webzine/2006/05/04/23/2006050423322 Un mio articolo su outliner e mappe per organizzare le idee Mappe concettuali J.D. Novak e D.B. Gowin, Imparando a imparare, 1989. http://www.pavonerisorse.to.it/cacrt/mappe/bibliomap.htm bibliositografia molto ampia su mappe concettuali e mentali, a cura di Marco Guastavigna. Mappe mentali Tony Buzan, Usiamo la testa, Frassinelli, 1982. Tony e Barry Buzan, Mappe Mentali, NLP Italy, 2003. http://www.umbertosantucci.it/pagine/mappe.htm Da questa pagina del mio sito si accede ad altre letture. Invece di una normale bibliografia, mi sono limitato a questo outline, per presentare anche questa forma di visualizzazione sintetica di informazioni strutturate, e perché con il crescente sovraccarico di informazioni oggi la sintesi mi sembra più utile della completezza.