FXP Febbraio 2013 Numero 4

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Nel segno di Ippocrate Alla ricerca dello spirito autentico della medicina

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editoriale5 Pazienti modello

medicina7 Nel segno di Ippocrate

8 Il Giuramento di Ippocrate10 Una voce autorevole al Falcone

11 La medicina non può rinunciare alla sua componente umanistica14 MDB (metodo Di Bella)17 Il poeta della scienza

24 Sclerosi multipla26 Lo stato della ricerca

29 Vox populi, vox dei31 Fiori di Bach32 Carpe diem

36 Fitoterapia: perché tanto scetticismo40 Poche semplici informazioni salvavita

42 Scrubsil quadrato

44 Il futuro del pianeta dipende solo da noi46 L’amore per gli animali

fotonotizia48 Premio Nobel 2012 per la pace all’Unione europea

psicologia50 Che noiasocietà

54 Homo sapiens o homo stupidusletteratura

56 La morte di Ivan Ill’ic poesie

57 Eros e Thanatosmusica

58 Music Planetsport

60 Si corre per tanti motivi62 Tutti pazzi per Ilario

games64 Avvertenza: i video giochi fanno male

cinema66 Un nuovo anno tra film e speranze

svago68 Prof si nasce

70 I giochi di FXPl’oroscopo

72 Oroscopo Maya

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FALCONEXPRESS5

Cari studenti, cari lettori, ben ritrovati sulle pagine del no-

stro magazine.È trascorso molto tem-po dal mio ultimo edi-toriale e nel mezzo ab-biamo vissuto un altro incontro al Bookfeast: anche quest’anno è sta-ta un’esperienza molto arricchente, della quale torno a ringraziarvi. Sono stata molto colpita dal tema scelto per il no-stro numero monogra-fico e come sempre i re-dattori di Fxp lo hanno sviscerato e affrontato sotto molti aspetti.Leggendo le ultime sta-tistiche europee, emer-ge con chiarezza che l’aspettativa di vita di noi italiani è in costante au-mento negli ultimi die-ci anni, ma si è invece ri-dotta l’aspettativa di vita sana, soprattutto per le donne. Significa che vi-viamo di più, ma quegli anni che abbiamo “gua-dagnato” sono anni di malattia e di “cattiva vita”. È interessante osserva-re le statistiche sanita-rie sulla sezione Heidi del sito della Commissione europea (Heidi è l’acro-nimo che indica il servi-zio statistica dell’Unione europea). Dal confronto con gli altri Paesi (è pos-

pazienti modelloSi allunga l’aspettativa di vita, ma diminuisce l’aspettativa di vita sana

sibile mettere in relazione il dato italiano con quel-lo di ogni singolo Paese o con la media del continen-te in un’infinità di variabi-li che è molto interessante correlare) del continente emerge che noi italiani ab-biamo ridotto di molto la nostra qualità di vita. Me-glio di noi non solo le sve-desi, finlandesi, olande-si, come potrebbe essere

scontato, ma anche le polacche, le ucraine, le porto-ghesi. Cosa succede? Perché ci ammaliamo di più? Stile di vita errato? Abbiamo lasciato nel cassetto quelle re-gole di vita che i nostri nonni longevi e più sani ci avevano tramandato? Se mi guardo intorno sento di accogliere questa spiegazione. Senza ridurre il tutto (il discorso è ben più complesso) al trito e ritrito “logorio della vita mo-derna” sono convinta che è nel nostro modo di af-frontare la quotidianità che possiamo trovare una so-luzione.Proprio recentemente l’Aifa, l’agenzia italiana per il farmaco, ha fatto sapere che è aumentato esponen-zialmente l’acquisto di medicine di fascia C e di an-tidepressivi e psicofarmaci. Capite? Viviamo di più, assumiamo più medicine e però, giusto per fare un esempio, dal 2006 ad oggi le italiane hanno perso 10 anni di aspettativa di vita sana. Forse la ricetta, per ri-manere in tema, non è quella giusta.Facciamo un passo indietro, impariamo a prenderci cura di noi stessi, corpo e mente in un unicum inter-relato, facciamo in modo di non aver bisogno di me-dicine, non intossichiamo il nostro organismo con la chimica inutile, cerchiamo di essere sani, prima di di-ventare dei pazienti modello.Buona lettura!

Stefania DIVERTITO(Direttore responsabile)

([email protected])

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Ippocrate (460-370 a.C.) è considerato il fondatore della medicina occiden-tale. Il medico, emblema di un clima

culturale tipicamente ellenico, conferisce a questa antica pratica la dignità e lo sta-tuto epistemologico e metodologico di scienza.Per Ippocrate la medicina deve emanci-parsi dalla magia e dalla religione e fon-darsi sulla validità oggettiva del metodo empirico e razionale.Alcune delle intuizione che si trovano in quelle opere ippocratiche ritenute cer-tamente autentiche, sorprendono per la loro sconcertante modernità. Innanzitut-to il legame inscindibile tra la malattia, il carattere dell’uomo e l’ambiente in cui questi vive; un atteggiamento olistico che coglie l’uomo nel complesso in cui è inse-rito, che insegna ad individuare le corri-spondenze e il nesso tra causa ed effetto, nel solco di una concezione tipicamen-te razionale e filosofica; così il sintomo è l’espressione evidente di uno squilibrio più profondo che investe non solo il corpo ma anche lo spirito (in tale prospettiva, ad esempio, Ippocrate considera la situazio-ne politica come capace di favorire o dan-neggiare la salute dell’uomo).Un’altra concezione rilevante che pone il medico di Cos come fondamentale nella nascita della scienza medica è l’antidog-matismo, il rifiuto ad accettare acritica-mente visioni e conoscenze precostituite; l’insofferenza nei confronti di ogni auto-rità che non si fondi sulla dimostrazione razionale, sulla condivisione delle infor-mazioni, è tra gli aspetti del pensiero ip-pocratico che più di altri dovrebbe essere conservato e difeso oggigiorno.Ecco quindi che quelle pratiche di guari-gione, appannaggio esclusivo di caste sa-cerdotali, vengono liberate dai lacci della superstizione e del potere per diventare li-bera ricerca e prassi medico-scientifica.Crediamo, tuttavia, che la grandezza di

Ippocrate e di quel mondo che egli rap-presenta non consista solo e soprattutto nello statuto teoretico di scienza con cui viene fondata la medicina, quanto piut-tosto nella prescrizione morale che deve guidare ogni gesto del medico, nella sta-tura etica dello stesso, nella sua identità morale.È tale aspetto, profondamente umanisti-co, che deve essere rivalutato in un’epo-ca, come quella attuale, in cui spesso la scienza medica sembra dimenticare la sua nobile missione per diventare strumen-to nelle mani di interessi legati al profit-to, al prestigio personale e al potere, in cui il malato – l’uomo – non rappresenta più il fine dell’azione medica, ma un sempli-ce mezzo. Il malato, infatti, non è l’involu-cro di una malattia, ma una persona, con le sue paure, la sua storia, i suoi diritti e, in definitiva, la sua dignità. Troppo spes-so queste indiscutibili evidenze vengone ignorate in una lotta contro la patologia dove l’uomo rimane come sullo sfondo, si-mile ad uno spettatore ignaro ed impo-tente.Il fatto che il Giuramento di Ippocrate, fino a qualche tempo fa obbligatorio per ogni giovane medico, sia diventato ora facolta-tivo, la dice lunga su tale cambiamento di prospettiva. La medicina, per quanto evo-luta, rischia oggigiorno di perdere la pro-pria anima, la propria identità. Per questo, noi di FXP, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di dare un contributo ad una presa di coscienza ormai non rinviabi-le e abbiamo dedicato il numero che state leggendo al medico greco, simbolo dello spirito più autentico della medicina. Riportiamo di seguito il celebre Giuramen-to.Buona immersione…

Fabrizio COPERTINO(Vicedirettore)

nel segno di IPPOCRATE

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FALCONEXPRESS8febbraio 2013

Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adem-pirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scrit-to. Terrò chi mi ha insegnato quest’ arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contrat-to con Lui, e considerò i suoi figli come fra-telli, e insegnerò loro quest’arte se vorran-no apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun al-tro. Scegliero’ il regime per il bene dei ma-lati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministerò a nessuno, neppure se richie-sto, alcun farmaco mortale, e non prende-

rò mai un’ iniziativa del genere; e neppu-re fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto. Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppu-re chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni of-fesa e da ogni danno volontario, e soprat-tutto da atti sessuali sul corpo delle don-ne e degli uomini, sia liberi che schiavi. Tutto ciò ch’io vedrò e ascolterò nell’eser-cizio della mia professione, o anche al di fuori della della professione nei miei con-tatti con gli uomini, e che non dev’esse-re riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giu-ramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’ arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgre-dirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.

Consapevole dell’ importanza e della so-lennità dell’ atto che compio e dell’ impe-gno che assumo, giuro: di esercitare la me-dicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tute-la della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scienti-fico, culturale e sociale, ogni mio atto pro-fessionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, con-tro i quali, nel rispetto della vita e della per-sona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, peri-zia, e prudenza secondo scienza e coscien-za ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in con-trasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie

doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’ esercizio professionale, ogni atto e com-portamento che possano ledere il presti-gio e la dignità della professione. Di rispet-tare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendente-mente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di raz-za, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’ urgenza a qualsiasi infermo che ne abbi-sogni e di mettermi, in caso di pubblica ca-lamità a disposizione dell’Autorità compe-tente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osser-vare il segreto su tutto ciò che mi è confida-to, che vedo o che ho veduto, inteso o intu-ito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “ac-canimento” diagnostico e terapeutico.

il giuramento di ippocrateVersione classica

Versione moderna

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FALCONEXPRESS10febbraio 2013 FALCONEXPRESS11

Buongiorno Dot-tor Aitini, innan-zitutto la ringra-

zio per essere qui con me e potermi concede-re un’intervista. In secon-do luogo partirei subito con una domanda: come è ben noto, il suo lavoro è a stretto contatto con i sentimenti delle perso-ne e con uno degli eventi più brutti che una perso-na possa vivere sulla pro-pria pelle, la morte. Lei come affronta la sua pro-fessione, in maniera fred-da e distaccata, oppure si fa coinvolgere dai casi dei suoi pazienti?Io personalmente sono co-munque coinvolto, perché generalmente un pazien-te la cui malattia evolve in senso negativo, non è un paziente che si conosce un giorno e muore il giorno se-guente, con il quale quindi non hai il tempo di stabili-re un rapporto. In genere, il tumore è una malattia che evolve gradualmente nel tempo, grazie anche ai pro-gressi terapeutici al gior-no d’oggi che hanno con-sentito anche ai pazienti che non guariscono delle lunghe sopravvivenze. Du-rante questi lunghi lassi di tempo, succede che al di

là dell’aspetto puramente medico si mettono in gio-co anche dei valori umani e delle conoscenze dei propri modi di intendere la vita. Nasce quindi un rapporto che esula in qualche modo o che è in qualche maniera collaterale al legame me-dico-paziente, nel senso di persone che offrono un aiu-to e persone che hanno bi-sogno di un aiuto in termi-ni puramente scientifici. È chiaro che c’è sempre una sofferenza, non solo da parte del medico, ma an-che da parte dell’equipe, in quanto si instaurano del-le relazioni così forti che in-traprendono un percorso comune, perché alla fine di-venta un “camminare insie-me”, cercando di capire le difficoltà l’uno dell’altro.Capisco che il suo rap-porto medico-paziente è fondamentalmente basa-to sulla fiducia e sulla sin-cerità. Perciò immagino che quando ha dovuto comunicare al paziente e alla sua famiglia i verdet-ti finali di questo “cam-minare insieme” non ha mai preferito omettere la verità.Sì, ovviamente dire la veri-tà non significa consegna-re un foglio con scritto una

diagnosi o una progno-si. Perché ci sia un corret-to coinvolgimento del pa-ziente sulla verità, ci deve essere una comunicazio-ne (ricordando che la co-municazione, a differen-za dell’informazione che è monodirezionale, implica due soggetti che si scam-biano informazioni fra di loro, essendo bidireziona-le), altrimenti si distrug-gerebbe una persona. La comunicazione diventa quindi un processo fonda-mentale sulla gestione del-le verità diagnostiche, te-rapeutiche e prognostiche. L’ultima verità è sempre quella più imprecisa, su cui è difficile dare anche delle semplici informazioni cor-rette, in quanto ognuno di noi ha una propria storia e ognuno di noi reagisce alle terapie in modo differente. Sono quindi assolutamente contrario all’omissione del-la verità, salvo casi eccezio-nali, come ad esempio di persone molto anziane con una percentuale di soprav-vivenza bassissima, consa-pevoli di ciò a cui vanno in-contro, ovvero la morte. In casi come questi si può co-municare la situazione alla famiglia del paziente e de-cidere di ometterla al ma-

Il Tumore, è una massa di tessuto formato da cellule che non rispon-

dono più in modo normale al sistema di controllo del ciclo cellulare e si divido-no in modo eccessivo fino a formare masse cellulari anomale. Si è arrivati a ca-pire che la crescita tumora-le dipenda dall’angiogene-si, ovvero dalla formazione di nuovi vasi e quando il tumore li riceve ha un af-flusso di sangue maggio-re che lo fa crescere diven-tando più aggressivo. Inoltre l’ambiente influi-sce molto sul crearsi dei tu-mori e in una zona (come la pianura padana) dove il tasso d’inquinamento è molto elevato il rischio di insorgenza tumorale è maggiore.Passando dalle prime tap-pe dell’800 si è iniziato a conoscerlo in ambito di biologia molecolare, uno dei momenti più significa-tivi della ricerca fu il 2 di-cembre 1943, durante la seconda guerra mondiale, quando la forza aviatoria tedesca Luftwaffe sferrò un attacco nel porto di Bari, colarono a picco moltissi-me navi, tra cui il mercanti-le John Harvey. Questo tra-sportava cento tonnellate di prodotti chimici, mostar-de azotate, composti par-ticolari che erano stati rac-chiusi in fusti e autorizzati

per essere utilizzati come bombe chimiche. Mol-ti marinai morirono, quelli che si salvarono da li a po-chi giorni cominciarono a manifestare dei distur-bi particolari, degli effetti tossici sulla cute, ma mo-strarono soprattutto del-le febbri e delle emorragie inspiegabili. Questi ven-nero trasferiti nell’ospeda-le di New York e si capì che quelle sostanze avevano portato un danno al mi-dollo osseo, colpendo così progenitori delle cellule presenti nel sangue. Dall’incontro con il Dot-tor Aitini, ematologo della scuola di Bologna e medi-co con una specializzazio-ne oncologica nell’ospe-dale di Mantova, è emerso che “oggi come oggi non ci sono alternative alla che-mioterapia, purtroppo sia-mo tutti consapevoli dei

danni che provoca. Sono anche utilizzati farmaci per bocca che hanno un buon profilo tossicologico e tolle-rabilità. Un passaggio no-tevole rispetto alla chemio-terapia è stato quando, trovandosi davanti a tumori della prostata e della mam-mella, che sono spesso or-monosensibili, si fanno cure di tipo ormonale che van-

no a controllare gli ormoni, queste sono terapie molto selettive, non danno tossi-cità particolari e sono mol-to ben tollerate. Devo dire

che anche dalla parte delle aziende farmaceutiche si sta cercando di creare dei far-maci con i minori effetti col-laterali possibili.” Spesso ci si pone la do-manda se il tumore sia ere-ditario o no, e a questo proposito l’oncologo ri-sponde che attualmente c’è un rischio generico per le famiglie “le conoscen-ze attuali ci dicono che solo alcuni tipi di famiglie eredi-tano alcuni tipi di tumore, sono la minor parte”, i tipi tumorali trasmettibili sono il tumore della mammelle, dell’ovaio, e alcuni tumori del colon. Lo stato d’animo del pa-ziente oncologico inoltre, è molto importante, questi deve essere sostenuto dal-la famiglia e così affronte-rà con maggior coraggio le cure .

una voce autorevole al falconeIncontro con il professor Enrico AITINI

a cura di Arianna BUCELLA, Linda SALICI e Lucia TONELLI (IVAs)

il bellissimo libro scritto dal prof. AITINI insieme a Sandro BARNI

la medicina non può rinunciare alla sua componente umanistica

Intervista al professor Enrico AITINIa cura di Alice GHIROLDI (IIICri)

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FALCONEXPRESS12febbraio 2013 FALCONEXPRESS13

La prima cosa è scegliere un centro e dei medici com-petenti e preparati, perché è una delle principali varia-bile. Quindi non andare a casaccio e non ascoltare i consigli di tutti. Ovviamen-te poi dipende dal tipo di tumore che si contrae, per-ché ci sono tumori con al-tissime possibilità di gua-rire e altri in cui ce ne sono bassissime. Con un tumore a bassa possibilità di guari-gione bisogna fare un pro-gramma terapeutico che prendi in considerazione, in maniera abbastanza pre-coce, anche le cure palia-tive.L’approccio alla malattia tumorale deve essere multi-disciplinare, offrendo quin-di maggiori possibilità al paziente oncologico.Cosa pensa delle persone affette da tumore, consa-pevoli di avere una forma tumorale che con il tem-po può essere guarita, ma decidono di non co-minciare le cure chemio-terapeutiche?Rispetto la volontà delle persone, perché credo che ogni persona abbia il dirit-to di scegliere. Tanto è vero che nessuno di noi può at-tuare una cura se non c’è il consenso informato e l’au-torizzazione della persona stessa. Se mi si presenta un pa-ziente con una forma tu-morale, cerco sempre di informare la persona del fatto che può essere guari-to, con la cura giusta ovvia-

mente. Oltre ad essere un onco-logo, un docente univer-sitario, lei scrive. Come mai questo suo approc-cio alla letteratura?Secondo me la medicina è una materia, una professio-ne che deve coniugare gli

aspetti scientifici agli aspet-ti umanistici, quindi la let-teratura come la musica; io suono e sono appassio-nato di musica, così come sono appassionato di sto-ria. La medicina è una di-sciplina che non può fare a meno né della componen-te scientifica, ovviamente, ma nemmeno della com-ponente umanistica. E for-tunatamente ci sono molti medici convinti di ciò, infat-ti ci sono molti medici che scrivono. Inoltre ho scritto anche degli articoli in in-

glese sulla comunicazione delle cattive notizie.Che aspettative ha per il futuro? È fiducioso nei giovani che vogliono mettersi in gioco e lotta-re insieme ai pazienti?Sì, molto. Sono molto fidu-cioso, e vorrei che venga data una scossa a questa società stantia sotto tan-ti punti di vista. Vorrei fare anche una confidenza: la discesa in campo di Ren-zi è stata una cosa utilissi-ma, al di là che uno possa avere ideali politici diffe-renti, perché ha in qual-che modo smosso qual-cosa che era inamovibile, anche se purtroppo sem-bra ritornare così. C’è biso-gno che una componen-te giovanile entri in tutti i campi per portare la pro-pria intelligenza, la propria fantasia e le proprie idee. Perché i Beatles sono sta-ti così importanti? Han-no fatto delle canzoni stra-ordinarie? Guardate che i loro testi non sono poi così complicati, ma socialmen-te sono uno dei fenome-ni più importanti del seco-lo scorso, in quanto hanno rivoluzionato completa-mente i rapporti tra le ge-nerazioni passate e quelle future, perché il confronto, il parlare, il comprendersi o il non comprendersi ac-cettando le idee altrui è un dato assolutamente positi-vo. È questo su cui dobbia-mo batterci. Quindi ragazzi non abbat-tetevi e lottate, sempre!

lato.Il processo della comuni-cazione della verità non è uguale tutte le volte, c’è bi-sogno di una gradualità dell’informazione, in quan-to un paziente può non es-sere preparato a sapere ciò che può accadergli.Quando una persona guarisce, lei come si sen-te?Mi sento veramente mol-to bene. Si provi a pensa-re a comunicare una brutta notizia e comunicarne una bella; mentre comunicare una cattiva notizia risulta difficile e penoso, comuni-carne una positiva, ma-gari a una persona cara, è un’esperienza bellissima, ci si sente sollevati.Bisogna dire che il tempo dedicato a comunicare le cattive notizie è relativa-mente poco, in quanto ci sono persone sensibili che colgono il saper esporre una notizia, come ci sono persone che come si suol dire, non hanno “tatto” e sono incapaci di trasmette-re ciò che devono trasmet-tere. Ogni tanto mi vie-ne fatta questa domanda: “ma lei preferisce un medi-co che sa comunicare bene o che conosce bene la me-dicina?” e rispondo che le due cose non sono incon-ciliabili e quindi impegnia-moci su entrambi i fronti perché una buona relazio-ne medico-paziente fa par-te della cura.Un pensiero che spes-so sostengo, è che molte

persone intrapren-dono la carriera di medico solo per in-teresse e non per voca-zione. Lei cosa ne pensa?Io sono d’accordo. Come in tutte le professioni ci sono persone che intraprendo-no una carriera lavorativa solo per la remunerazione di essa, perché come si sa la professione di un medico è generalmente remunerati-va. Io infatti sono contrario ai numeri chiusi nelle facol-tà, perché se si vuole accet-tare la meritocrazia, a tutti bisogna lasciare un’oppor-tunità. Volevo toccare l’argo-mento delle cure palia-tive. Secondo lei, questo percorso che si intrapren-de per aiutare la persona a morire dignitosamen-te, è un’arrendersi ad un eventuale guarigione?Parto con il presupposto che ognuno di noi deve far-si un’idea di finitudine, in quanto la medicina non è una stregoneria, non è ne-anche la bacchetta magi-ca che risolve ogni proble-ma. La medicina ha i propri limiti. Dico anche che tut-

te le persone sono curabi-li, ma non tutte sono gua-ribili.Questo significa che biso-gna aiutare, accompagna-re le persone verso la morte e quindi secondo me le cure palliative sono veramente molto importanti, quando attuate in modo corretto. È un sostenere il paziente e tutto l’ambiente familiare in un momento dramma-tico della vita. Credo che queste cure siano molto importanti se integrate alle cure oncologiche, in quan-to non creano un senso di abbandono nel paziente. Perciò secondo me intra-prendere le cure palliative non è un’arrendersi ad un eventuale guarigione, sem-plicemente un accompa-gnare la persona fino alla conclusione dei suoi giorni in maniera distinta.Lei cosa consiglia ai gio-vani che contraggono queste malattie e cosa consiglia alle famiglie che assistono a questi eventi?

Il professor AITINI in compagnia del nostro Dirigente scolastico

Gianna DI RE

Enrico Aitini è nato a Man-tova nel 1950. Medico chi-

rurgo specializzato in ema-tologia (Bologna 1975) e in

oncologia (Genova 1983), è direttore dal 2002 del-

la U.O. di Oncologia Medi-ca ed Ematologia dell’Ospe-dale di Mantova. Da alcuni

anni è professore a con-tratto presso la Scuola di

specializzazione in oncolo-gia dell’Università di Parma.

Membro dell’Associazione Medici Scrittori Italiani ha

pubblicato due romanzi e diversi racconti, alcuni dei

quali premiati in concorsi letterari.

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FALCONEXPRESS14febbraio 2013 FALCONEXPRESS15

mdb (metodo di bella)

a cura di Andrea MANISCALCO (VBs)L’alternativa dimenticata perché scomoda

Ecco il metodo, non accettato dalla medicina ufficiale, per la cura alternativa dei tumori. Esso, pare, consenta al paziente una guarigione totale dalla neoplasia, evi-tando ricadute e dannosi effetti collaterali provocati dalle terapie tradizionali, sfruttando l’azione sinergica di alcune sostanze naturali.

Una soluzione con-tro il cancro? Un’utopia, lo san-

no anche i muri, e forse il giorno che verrà sco-perta, il suo inventore verrà celebrato e lodato come un Dio. Rimanen-do con i piedi per terra però, dobbiamo esse-re coscienti che la real-tà è un’altra: il cancro c’è e ad oggi non è possibi-le prevenirlo totalmen-te, anche se la diagnosi precoce rimane sempre l’arma migliore. Tutta-via è possibile curarlo ed eventualmente debel-larlo definitivamente. Le modalità di cura di una neoplasia riconosciu-te dalla medicina uffi-ciale, attualmente, sono tre: la chirurgia in sede neoplastica, la radio-terapia e chemiotera-pia, usate singolarmen-te o sovente associate tra loro. La chirurgia in sede neoplastica è mira-ta all’asportazione chi-rurgica della massa tu-morale, la radioterapia è una tecnica che im-piega raggi X e gamma per bombardare la sede

del tumore e infine la chemioterapia è l’insie-me dei farmaci e dei me-todi di somministrazio-ne degli stessi con il fine di ridurre la massa can-cerosa e frenare la proli-ferazione citologica can-cerosa. Ecco questi sono i metodi più comuni, ap-provati dalla medicina ufficiale, anche se in re-altà ce ne sarebbero altri come la terapia ormona-le e l’ipertermia artificia-le, ma sono poco diffusi. Non si può negare che le metodologie ufficia-li sollevino seri dubbi ri-guardo la loro efficacia, ma a far preoccupare sono soprattutto gli ef-

fetti collaterali che que-ste pratiche producono. Per esempio nella che-mioterapia, lasciando da parte la “classica” caduta di capelli, tra gli altri ef-fetti collaterali possiamo annoverare: debilitazio-ne generale del paziente durante tutto il periodo di trattamento (fatigue), effetti sul SNC, effetti a livello gastrico e renale,

ridotta funzionalità del midollo osseo, sterilità, impoten-

za, diabete, e/o addirit-tura, l’insorgenza di un tumore secondario! Eb-bene sì, l’insorgenza di una nuova neoplasia, che per altro il pazien-te non affronta nel mi-gliore dei modi, per-ché reduce dalla fatigue del tumore precedente. Quindi paradossalmen-te si può affermare che i chemioterapici svolgo-no correttamente la loro funzione, ma talvolta, quando tutto sembra fi-nito, altre cellule impaz-zite proliferano inces-santi e incontrollate per dare vita a un nuovo tu-more. Quindi il pazien-

te fortemente debilitato dal tumore preceden-te ha ora una probabi-lità molto più bassa di sopravvivenza e mol-te volte viene accom-pagnato dal suo stesso tumore, a miglior vita. Certo, non è bello a dir-si, ma l’incidenza delle recidive soprattutto in alcune particolari neo-plasie, è molto alta. Ma allora che beneficio pos-siamo trarre da un trat-tamento farmacologico antitumorale se è que-sto a procurarci talvol-ta un altro tumore e se, in definitiva, le aspetta-tive di vita sono alquan-to ridotte? Possibile che nell’epoca moder-na e post-moderna non si sia riusciti ad ovvia-re al problema delle ri-cadute, o perlomeno ai dannosi effetti collatera-li che provoca una che-mio? Sono due doman-de “dal peso esistenziale” che sono state chiarite con metodi alternativi, dal tanto dibattuto Prof. Luigi Di Bella. Di Bella, medico di fama interna-zionale, professore uni-versitario italiano e men-te eccelsa dal sapere enciclopedico, è riusci-to, grazie ad un cocktail di sostanze naturali e vi-tamine, a curare i tumori di un numero ingente di persone senza che esse presentassero alcun ef-fetto collaterale e senza recidivare in altre neo-

plasie. Di Bella ritene-va che il problema delle tecniche farmacologiche o radioterapiche, fosse quello che esse mirava-no a distruggere sempli-cemente il tumore o al limite fermare la prolife-razione citologica dello stesso, miravano insom-ma all’effetto e non alla causa. Era necessario in-vece agire direttamen-te sulla causa del tumo-re. A questo proposito l’MDB propone una te-rapia causale appunto, volta a eliminare i fattori etiopatogenetici (causa-li) che portano all’insor-genza del tumore, mo-dificando quel terreno biologico il cui sovver-timento consente l’ in-sorgenza della patologia neoplastica. Nello speci-fico bisognava agire su tanti determinati fatto-ri fisiologici: inibendo l’ormone della cresci-ta che ha sede nell’ipofi-si con la somatostatina unita ai retinoidi, le vita-mine E e D e la melato-nina che “ridifferenzia” le cellule neoplastiche. I singoli componenti agi-scono sinergicamente potenziando il loro ef-fetto antitumorale e svi-luppando così un’azio-ne antiossidante, anti radicali liberi, poten-ziatrice dell’immunità, pro-apoptotica (mor-te programmata, simile al ricambio, della cellu-la tumorale), antiprolife-

rativa, pro-differenzian-te, antimetastatica, in assenza dei noti effet-ti tossici chemioterapici o radioterapici e soprat-tutto senza la preoccu-pazione fisica e psico-logica di una recidiva. Molti penseranno: un genio! Ma perché allo-ra non si applicano que-ste metodologie alla te-rapia del cancro? Perché la medicina ufficiale non è pronta ad approvarle, se è vero che esse fun-zionano? Perché non vengono fatte le dovute sperimentazioni da par-te del Ministero della Sa-lute, e quindi dallo stato oppure dalle case farma-ceutiche? La risposta è semplice quanto inquie-tante. Molto probabil-mente c’è un interresse lucrativo di fondo. Il ra-gionamento è semplice: se le case farmaceutiche guadagnano, perché la gente si ammalerà sem-pre, allora le stesse (at-tuando gravi pressioni e ingerenze sulle istitu-zioni sanitarie dello Sta-to) hanno tutto l’interes-se a vendere i prodotti chemioterapici e a non aprirsi verso nuovi pro-dotti alternativi che le farebbero guadagnare meno; lo Stato, invece, secondo la Costituzio-ne garante della salu-te dei cittadini, soffre di enormi conflitti di inte-resse che ne vanificano la missione il principio

Il prof. Luigi Di Bella

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costituzionale. Insom-ma Di Bella costituisce un danno per l’econo-mia di Big Pharma (l’in-sieme delle più poten-ti industrie del farmaco) proprio perché non si potrà più speculare sul cancro! E questo genio del XX, additato come un santone, un mago paragnosta che agiva contro la scienza, dove-va essere emarginato o perlomeno il suo me-todo doveva smettere di esistere, non a caso subì numerosi sabotag-gi e attentati probabil-mente architettati da chi ha tutto l’interes-se ad arrestare questa

nobile rivoluzione. Si crea così una fitta rete di polemiche, nell’Ita-lia degli anni 80 e 90, con persone comuni, malati di cancro e gior-nalisti che si facevano un’opinione ben preci-sa sulla questione. Mol-ti credevano che il me-todo non funzionasse e che Di Bella fosse l’en-nesimo santone cura tumori ed era pertan-to un pericolo affron-tare le sue terapie; altri invece che, come il sot-toscritto, si sono avval-si di uno studio accura-to delle informazioni e di quel minimo di buon senso e logica che do-

vrebbero guidare ogni giudizio, ritengono che il professor Di Bella sia stata una persona inte-gra e un medico degno di questo nome, un medico – forse l’ultimo – che davvero si è im-pegnato in pieno spiri-to ippocratico, metten-do cioè al centro della sua attività il paziente e facendone il fine, mai il mezzo, di tutta l’azione medica. Di questa one-stà e di questa umani-tà sono testimoni elo-quenti la sua biografia, i suoi rigorosi protocolli scientifici e, soprattut-to, le persone che ha curato e guarito.

Cari ragazzi Sono molto grato a Federica Scaglioni

e al Comitato di Redazio-ne per l’invito a pubblica-re sul Vostro giornale una nota, mi fa molto piacere che non vi siete fatti con-dizionare dalla censura e la disinformazione sul MDB. Ringrazio anche Andrea Maniscalco per aver intu-ito perfettamente il signi-ficato, il senso profondo, la razionalità e scientifici-tà del MDB, meglio di tanti “addetti ai lavori “ luminari e lampadari vari.Faccio una premessa, pri-ma di rispondere alle Vo-stre domande.Per oltre cinquant’anni ho seguito le ricerche di mio padre, il Prof. Luigi Di Bel-la, l’evoluzione del suo pensiero scientifico, la sua esperienza clinico-diagno-stica, gli effetti terapeuti-ci, le vessazioni, i contrasti, le umiliazioni che hanno contraddistinto la sua lun-ga attività di docente uni-versitario, di medico e di scienziato. La totale inca-pacità di ingraziarsi i po-tenti e procacciarsi protet-tori eccellenti, d’inserirsi nelle mafie di potere, la sua repulsione istintiva al servilismo, al compromes-so, all’adulazione, alla di-

sonestà, unitamente ad un carattere schivo e al vi-zio imperdonabile di usa-re la parola per esprimere il proprio pensiero e non per dissimularlo, hanno penalizzato la sua carriera. Così come le meschinità e le invidie per i risultati cli-nici e scientifici conseguiti. Come tanti tra quelli che lo conoscono e lo frequenta-no ho avuto sempre netta la percezione che la vasti-tà e la profondità delle sue conoscenze nelle scienze matematiche e nella chi-mica, farmacia, medicina, biologia, fisica, fossero to-talmente al di sopra del-le comuni capacità e inar-rivabili per chi non fosse dotato d’intelletto e vo-lontà superiori. Per questi motivi non ho partecipa-to direttamente alle sue ri-cerche ma le ho attenta-mente, entusiasticamente e costantemente seguite, cercando di fissare e ricor-dare ogni sua confidenza, ogni congresso, relazione, comunicazione o pubbli-cazione. Adesso sto pub-blicando su riviste inter-nazionali recensite nella massima banca dati medi-co scientifica, www.pub-med.gov i riscontri clinici del MDB in varie patologie neoplastiche, comunican-

do i dati a congressi na-zionali europei, e mondiali (Relazioni congressuali re-peribili sul sito www.me-tododibella.org. Ho cerca-to soprattutto di cogliere il senso autentico, il signifi-cato profondo, le possibi-lità insperate, aperte dalla continua evoluzione delle sue ricerche sperimenta-li, dell’esperienza terapeu-tica, dei criteri e strategie d’impiego, della sua men-talità medica, tesa a tra-sferire nella pratica clinica una mole unica di cono-scenze teoriche, sperimen-tali e di esperienze. Ho ap-preso come la diagnosi, punto d’arrivo, traguardo e compendio delle capaci-tà del medico, derivi da un raro equilibrio che è esat-ta valutazione d’ogni dato semiologico, e anamne-stico, clinico e strumenta-le, da un’intuizione affinata dall’esperienza, sostenu-ta dalle capacità, rafforzata dalle conoscenze, vivifica-ta dal buon senso. In que-sti cinquant’anni ho con-statato che puntualmente intuizioni che si potrebbe-ro definire storiche per il progresso scientifico e le scienze mediche, come le possibilità terapeutiche e il razionale impiego di Re-tinoidi, Melatonina, Soma-

il poeta della scienza

a cura di Federica SCAGLIONI (IIICri)

Intervista a Giuseppe Di Bella sulla vita e le metodologie terapeutiche messe a punto dal padre

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tostatina, sono state accolte con scettica indifferenza dal mondo scientifico e pun-tualmente confermate in media dopo 20 anni. La pro-fondità sconcertante e sem-pre attuale del pensiero di un grande filosofo tedesco, Schopenhauer, sembra pre-ludere alla vicenda del me-dico e scienziato Luigi Di Bella quando afferma che ogni grande verità (o sco-perta scientifica) attraversa tre fasi: prima viene ridico-lizzata, poi violentemente contrastata, infine accettata come ovvia. Il prof. Di Bella prima fu definito stregone, sciamano, poi contrastato con ogni mezzo, infine, han-no cercato di appropriarsi di quelle scoperte che aveva-no ridicolizzato e contrasta-to. Ho cercato di raccogliere e sintetizzare da conferen-ze, pubblicazioni, relazioni a congressi, lezioni magistra-li del Prof. Di Bella, quanto si riferisce alla prevenzione e terapia dei tumori e del-le malattie degenerative e di integrarlo e confermar-lo con la rassegna aggiorna-ta delle banche dati medico scientifiche mondiali. Non ho il benché minimo meri-to né parte nelle ricerche di mio padre, mia unica ambi-zione è diffondere e far co-noscere la sua opera e il suo pensiero scientifico.Egregio professore, ci dica innanzitutto due parole su suo padre. Perché lo ha de-finito il poeta della scien-za?Se tutti gli ammalati desse-ro ai farmaci risposte identi-

che e totalmente prevedibi-li, la medicina sarebbe solo una scienza, ma essendo la reattività individuale mol-to varia è un’arte. Richiede sensibilità, talento, intuito, spirito di osservazione, cul-tura, e la capacità di perce-pire gli aspetti profondi del-la natura e della vita .Nel medico questo va indissolu-bilmente congiunto ad un senso etico elevato, ad una specchiata onestà morale, all’amore per il prossimo, al concetto di sacralità della vita. Alla fine della sua esi-stenza il Prof Di Bella scrisse:”L’animo mi dice che non sono vissuto inutilmente perché ho fatto del bene e ho gioito per il bene fatto. (...) È il bisogno di offrire una base di conforto a chi si av-via disperato verso un’ine-luttabile fine; è la nostalgia di varcare le soglie dell’av-vilente impotenza profes-sionale malamente coperta da ambigue affermazio-ni e futuristiche, immagi-narie promesse intanto che l’Umanità soffre , piange e muore. (...) Quando par-lo con un ammalato, cerco di dare a lui un incoraggia-mento, provo un sentimen-to intimo di non vederlo sof-frire più. (...) Mi ripugna il denaro,non posso accettare di guadagnare attraverso la sofferenza e i bisogni dei malati che vengono a cu-rarsi da me.” Secondo lei, non è assur-da o, perlomeno, discu-tibile, l’idea di curare il cancro con farmaci alta-mente cancerogeni e im-

munodepressivi?La Vostra osservazione è esatta, ormai la letteratu-ra medico scientifica ha do-cumentato ampiamente ed esaurientemente le ragio-ni scientifiche e il riscontro clinico del sostanziale falli-mento di questa concezio-ne terapeutica. Tra le tan-te pubblicazioni recensite e reperibili nella massima banca dati ufficiale medi-co scientifica www.pub-med.gov basta leggere le seguenti: Nat.Med. 2012 Aug 5. doi: 10.1038/nm.2890. [Epub ahead of print]Treatment-induced damage to the tumor microenvironment promotes prostate cancer therapy resistance throu-gh WNT16B.Sun Y, Campisi J, Higano C.Nature Medicine è proba-bilmente la più prestigio-sa rivista scientifica, il dato sconcertante (il Prof Di Bel-la lo aveva anticipato ol-tre 40 anni fa) è stato ripre-so anche dalle agenzie di stampa, es l’Agenzia Gior-nalistica Italia (AGI)ha tito-lato :- Scoperta shock: la chemio-terapia promuove la cance-rogenesi.(AGI) - Parigi, 5 ago. - La chemioterapia usata da de-cenni per combattere il can-cro in realta’ puo’ stimolare, nelle cellule sane circostan-ti, la secrezione di una pro-teina che sostiene la cre-scita e rende ‘immune’ il tumore a ulteriori tratta-menti. La scoperta, “del tutto inat-

tesa”, e’ stata pubblicata sul-la rivista Nature ed è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata, tesa ad accerta-re come mai queste ultime siano cosi’ difficili da elimi-nare nel corpo umano men-tre sono estremamente faci-li da uccidere in laboratorio. Sono stati analizzati gli ef-fetti di un tipo di chemiote-rapia su tessuti raccolti da pazienti affetti da tumo-re alla prostata. Sono sta-ti scoperti “evidenti danni nel Dna” nelle cellule sane intorno all’area colpita dal cancro. Queste ultime pro-ducevano quantita’ mag-giori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvi-venza delle cellule tumorali. La scoperta che “l’aumento della WNT16B...interagisce con le vicine cellule tumo-rali facendole crescere, pro-pagare e, piu’ importante di tutto, resistere ai succes-sivi trattamenti anti-tumo-rali era del tutto inattesa”, ha spiegato il co-autore del-la ricerca Peter Nelson del Fred Hutchinson Cancer Re-search Center di Seattle nel-lo stato di Washington La novita’ conferma tra l’altro un elemento noto da tem-po tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricresce-re rapidamente e sviluppan-do una resistenza maggio-re ad ulteriori trattamenti chemioterapoci. Un dato di-mostrato dalla percentuale di riproduzione delle cellu-le tumorali tra i vari tratta-menti. “I nostri risultati indi-

Dott. Giuseppe Di Bella Specialista in ORL Specialista in Stomatolo-gia Formazione professionaleLaurea in medicina pres-so l’Università di Modena il 23.7.1965 con 110 e lode.Abilitazione presso la stes-sa università nel marzo 1966.Assistente volontario pres-so la clinica ORL dell’Uni-versità di Modena dal no-vembre 1965 al gennaio del 1970. Nel febbraio 1968 ti-tolare di borsa di studio di addestramento didattico e scientifico presso la stes-sa clinica.Diploma di specializzazio-ne in ORL nel luglio 1968 presso l’Università di Bolo-gna con 70/70.Dal marzo 1967 iscritto all’Albo dei Medici Chirur-ghi.Dal febbraio 1970 assisten-te incaricato presso la di-visione ORL dell’ospedale Maggiore di Bologna.Idoneità nazionale ad aiu-to ORL nel 1971.Nel dicembre 1972 diploma di specializzazione in sto-matologia presso l’Univer-sità di Modena.Idoneità nazionale in chi-rurgia maxillofacciale nel 1972.Nel 1975 assistente di ruo-lo preso la divisione ORL dell’ospedale Maggiore di Bologna.Primario di chirurgia ma-xillofaciale e Primario ORL

nel 1975.Dal 1975 al 1984 responsa-bile del servizio ORL pres-so l’ospedale di Budrio-Bo-logna.Dal 1984 attività libero pro-fessionale.Dal 1968 a oggi circa 15.000 interventi in anestesia ge-nerale nell’ambito della specialità ORL.Attività scientificaCorrelatore alla relazione ufficiale del 24º Congres-so Nazionale ORL nel 1970, al 10º Congresso Mondiale di ORL a Venezia, al 6º Con-gresso Internazionale di Radiologia in ORL e al 20º Conventus della Società Latina di ORL.Correlatore, col Professor Luigi Di Bella, della mono-grafia “Cancro, siamo sulla strada giusta?”.Trentadue relazioni a con-gressi nazionali e interna-zionali e pubblicazioni.Docente al corso interna-zionale di rinologia del 1978.Dal 1972 socio della Europe-an Rhynologic Society, del-la Società Medico Chirurgi-ca di Bologna.Dal 1980 socio ordinario della Società Italiana di ORL e Chirurgia Cervico-Facciale.

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FALCONEXPRESS20febbraio 2013 FALCONEXPRESS21

cano che il danno nelle cellule benigne puo direttamente contribuire a rafforzare la cre-scita ‘cinetica’ del cancro”, si legge nello stu-dio che, hanno spiegato i ricercatori, ha tro-vato conferma anche nei tumori al seno e alle ovaie .Il dato è in pratica un denominatore comu-ne a tutti i tumori .Una inaccettabile per-centuale di mortalità dovuta alla chemio-terapia è denunciata da un’agenzia della Reuters Healt [Wesport,CT 2001-05-17]: “Unexspected high mortality rated associa-ted with chemoterapy regimen...” (“Non ci si aspettava un tasso di mortalità così eleva-to associato ai protocolli chemioterapici...”). Il dato è confermato dalla pubblicazione di Gerrard [Br.J. Cancer 1998 Jun 77(12) 281-5] con l’undici per cento di decessi, non cau-sati dal tumore ma unicamente da chemio-terapia. E da quella di Ghesquières H, Ferlay C, Sebban C, Perol D, pubblicata da Ann Oncol. 2010 Apr;21(4):842-50. Epub 2009 Nov 13.Long-term follow-up of an age-adapted C5R protocol followed by radio-therapy in 99 newly diagnosed primary CNS lymphomas: a prospective multicen-tric phase II study of the Groupe d’Etu-de des Lymphomes de l’Adulte (GELA).Lo studio documenta come 17 pazienti su 100 possono morire non per il tumore, ma per gli effetti tossici della chemioterapia. La so-pravvivenza dei malati di tumore, quella vera, delle verifiche scientifiche, non giorna-listico-televisive, è essenzialmente dovuta alla chirurgia, molto meno alla radiotera-pia, e si riduce ad un 29% di sopravvivenza a 5 anni. Del 29% solo il 2,5% era dovuto alla che-mio, come pubblicato da Morgan G. e AA “The contribution of cytotoxic chemothe-rapy to 5- year survival in adult malignan-cies”, sulla prestigiosa rivista oncologica Clin. Oncol [2004 Dec.16(8):549-60]. Que-sta fondamentale pubblicazione si basa su 14 anni di osservazione, 225.000 pazien-ti, 22 varietà tumorali, per accertare il reale contributo della chemio al raggiungimen-to dei 5 anni di sopravvivenza. L’avvilente risultato: su cento ammalati la chemiote-

rapia consente solo al 2,5% di raggiunge-re i 5 anni, dopo i quali, Lopez nello studio clinico “Long–term results…Experience at the 20 th…” GacMed Mex [1998 mar. Apr,134(2):145-5] ha accertato che metà dei pazienti sopravvissuti a cinque anni, nel lungo termine muore per tumore. Basta col-legarsi al portale del National Cancer Insti-tute, per comprendere quali gravi limiti ab-biano le attuali terapie oncologiche. Che ruolo giocano i media rispetto alla formazione di una coscienza davvero autentica sull’argomento? Determinante, si ha l’impressione motiva-ta e documentata che ci sia un’unica regia centralizzata di tutta la censura e disinfor-mazione mondiale.Ad esempio, è vera tutta la propagan-da sui continui successi terapeutici della medicina ufficiale, secondo cui il cancro è prossimo ad essere sconfitto? Da decenni lo vanno ripetendo, il dato è drammaticamente smentito dalla realtà I nostri docenti e genitori ci hanno rac-contato di quando, sulla scia del cla-more suscitato nell’opinione pubblica dai successi di suo padre, venne attua-ta la sperimentazione da parte del MdS che portò alla sconfessione del MDB; ci dice qualcosa a riguardo? La sperimen-tazione venne condotta secondo tutti i “crismi” scientifici? Soprattutto, come possiamo spiegare, giustificare il com-portamento del Ministero (a quell’epo-ca titolare del Dicastero, mi pare fosse Rosi Bindi)?Basta collegarsi col sito ufficiale www.me-tododibella.org e accedere in prima pagina alla sezione ”In evidenza” in cui sotto il tito-lo sperimentazione MDB I, II sono riporta-te in centinaia di pagine documenti ufficia-li, verbali ministeriali protocollati, rapporti dei NAS, relativi a tutte le numerose e gravi anomalie che hanno destituito di qualsia-si dignità e attendibilità scientifica la speri-mentazione. Il MDB è utilizzabile ed efficace per qua-lunque forma di neoplasia? I rischi che la malattia si ripresenti sono più alti o

più bassi rispetto al meto-do ufficiale?Oltre che la certificazio-ne scientifica antitumora-le di ogni singolo compo-nente del MDB ,sono già pubblicate e reperibili su www.pubmed.org statisti-che sull’efficacia del MDB nei linfomi, tumori polmo-nari, tumori della mam-melle, leucemie linfatiche e una quantità di “Case re-port”, cioè guarigioni stabi-li e complete di singoli casi di varie patologie tumora-li. Sul sito ufficiale www.metododibella.org è re-peribile la documentazio-ne scientifica. I casi trattati con MDB pubblicati su rivi-ste internazionali recensite da www.pubmed.org sono quasi ottocento. Prossima la pubblicazione di 55 casi di malattie linfoproliferati-ve trattate con esiti positi-vi con MDB e risultati am-piamente superiori a quelli ufficiali della letteratura in termini di sopravvivenza, risposta obiettiva e quali-tà di vita.Per ipotesi, una persona già in cura con le terapie ufficiali potrebbe passa-re al MDB? La sua guari-gione sarebbe compro-messa dalle precedenti cure chemioterapiche?In parte sì, per i motivi do-cumentati dalle riviste ci-tate, essenzialmente per-ché la chemio può ridurre, anche considerevolmente in una certa percentuale di casi (non in tutti) il volume tumorale ,ma questo ef-fetto è temporaneo e si ac-

compagna ad una desta-bilizzazione delle strutture biologiche portanti nello stesso momento in cui si provocano raffiche di mu-tazioni, ognuna delle qua-li seleziona cloni di cellule tumorali sempre più resi-stenti, tossiche, proliferati-ve, mobili.Cosa pensa dell’OMS? Sono reali gli enormi conflitti di interesse da più parti denunciati? Il fatto che la scienza uf-ficiale non riconosca il MDB, comporta limiti allo sviluppo della ricer-ca a riguardo?Le collusioni di cui parla-te sono ancora in grandis-sima percentuale nasco-ste e drammaticamente ignorate e/o sottovalutate da una pubblica opinione totalmente disinformata, ignara della gravità, pro-fondità e vastità dell’inqui-namento del profitto sulla ricerca e sulla pratica cli-nica.Abbiamo l’impressio-ne che, ultimamente, il MDB tenda ad essere ri-valutato anche negli am-bienti medico-scientifi-ci. Forse perché la verità, alla fine, si impone ne-cessariamente?La comunità scientifica, ha già recepito e pubblica-to i dati clinico-scientifici sul MDB, ma proporzional-mente all’incremento inar-restabile della conferma delle basi razionali, bio-chimiche, molecolari e cli-niche del MDB, sta mon-tando un’ostilità sorda e

minacciosa, una censura sempre più ferrea accom-pagnata ad una disinfor-mazione continua, diffusa e ossessiva. Basta digita-re “Di Bella” su Google per vedere comparire a lato un’ inserzione diffamatoria di Wikipedia, che ha can-cellato tutti i dati scienti-fici e le CENTINAIA di pub-blicazioni del Prof Di Bella e quelle numerose recenti sulla banca dati mondiale, (potete verificare, se inse-rite una delle pubblicazio-ni già recensite nella ban-ca dati ufficiale mondiale, es “The Di Bella Method” viene rapidamente cancel-lata da Wikipedia) per poi sostenere il falso: L’assenza di basi scientifiche e riscon-tri clinici sul MDB. I circoli di potere globali che gesti-scono la salute e il cancro sicuramente saranno co-stretti, loro malgrado, a prendere atto del MDB. Av-verrà in futuro, molto len-tamente, gli interessi sono troppo ampi, diffusi, pro-fondi e inconfessabili. La caduta di credibilità e pre-stigio di organizzazioni sa-nitarie italiane e mondia-li asservite al profitto sarà completa e verticale squa-lificando definitivamente istituzioni politiche, finan-ziarie, industriali e accade-miche internazionali inti-mamente collegate nello sfruttamento della salute e della più ricca delle malat-tie, il cancro.Grazie mille, dottore, per la disponibilitàGrazie a voi.

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FALCONEXPRESS22febbraio 2013

Cari lettori di FXP, io mi sono accostato al prof. Di Bella alcuni

anni fa per molteplici mo-tivi.Credo da sempre nella me-dicina alternativa, quella che non cura con i mega-pilloloni che vanno ad in-crementare le tasche delle case farmaceutiche. Dall’al-tra parte non rinnego total-mente la medicina ufficiale che in alcuni casi fa auten-tici miracoli. E tra un mo-mento te ne darò testimo-nianza. Ritengo che sia la nostra razionalità, la nostra voglia di conoscere, di re-agire positivamente, di so-pravvivere agli eventi ne-fasti come la malattia, che può fare la differenza in molti casi. Abbandonarsi alle ricette del medico e su-bire passivamente una ma-lattia non può che portare a risultati negativi. Il metodo di Bella parte dal presupposto di aiutare il nostro organismo in diffi-coltà con sostanze non tos-siche e non invalidanti. Of-fre una cura preventiva, e un vero metodo con tan-to di protocolli specifici per curare ogni tipo di tumore.Io mi sono affiancato alla cura Di Bella in quanto ho avuto bisnonno, non-no e padre morti di tumo-re allo stomaco. Essendoci una predisposizione eredi-taria ho creduto opportu-no rivolgermi al dr. Rossi di Reggiolo, facente parte dell’equipe. Più che la cura Di Bella che si fa una volta malati di cancro ho assunto il mix di retinoidi + vitami-

na C + Atiten + melatonina coniugata che i medici del-la sua equipe prescrivono per aumentare le difese im-munitarie e prevenire in un certo qual modo il cancro.L’ho fatta a cicli alterni di 6 mesi. La stessa cosa la pro-pone il metodo Pantellini che ti suggerisce di usare l’Ascorbato di Potassio per difenderti quotidianamen-te dal cancro. Oppure che ti propone Padre Zago che ti consiglia di disintossicar-ti e rinforzare le tue difese immunitarie usando l’Aloe Arborenscens. C’è chi da anni usa, infine, la Formula Caisse, un mix di erbe “mi-racolose” per curare e pre-venire il cancro.Leggendo questi nomi e documentandovi su inter-net scoprirete un mondo sommerso che vi stupirà.Io ho visto il padre di un mio amico di Casaloldo so-pravvivere per circa 2 anni ad un cancro in fase termi-nale al pancreas. Gli ave-vano dato 10 giorni di vita all’ospedale di Asola. Da moribondo dopo tre mesi era tornato a mangiare co-piosamente e a lavorare nell’orto seguendo scrupo-losamente la cura di Bella. Poi un crollo verticale e una morte rapidissima. Ma quei 18 mesi suo figlio mi ricor-da sempre che gli sono sta-ti regalati da una cura che, anche se per poco, ha fatto davvero un piccolo gran-de miracolo. Una cura non tossica, non invasiva, non traumatizzante.Con la chemioterapia uf-ficiale ho visto la maggior parte dei miei amici e delle mie amiche morire. Ma non ti posso negare che la mia

ex fidanzata è stata gua-rita da un linfoma di Hod-king con chemioterapia + radioterapia convenziona-le. Un’esperienza che ho vissuto da vicino. Anche Di Bella dice di curare questo tumore del sistema linfati-co ma non ho conoscenze personali in merito.Credo che nelle cure far-maceutiche ci siano molti interessi e, allo stesso tem-po, credo molto nella pre-venzione che si fa in modo corretto aiutando il proprio organismo con sostanze che lo disintossichino e lo preservino/aiutino da tutte le porcherie che respiriamo e ingurgitiamo anche con la semplice frutta e verdu-ra (le cose che tutti ci rac-comandano di mangiare ogni giorno) che sono ahi-mè impestate di sostanze tossiche (pesticidi, antifun-ginei, maturanti).Senza ricorrere a questi metodi anti-tumore c’è un medico, il dott. Mozzi, che propone la sua dieta dei cosiddetti gruppi sangui-gni. Sono teorie per nul-la infondate: niente diete a punti o a zona per calare il sedere, ma un modo cor-retto di alimentarsi, proprio di ogni gruppo sanguigno. Conosco gente che ha ot-tenuto risultati strabilianti senza prendere una pillola ma attenendosi scrupolo-samente alle sue indicazio-ni eliminando alimenti del tutto non raccomandabili. Una dieta non fatta per ca-lare ma per far star meglio il proprio organismo.

Marco MORELLIDirettore responsabile

della rivista Mantovachiamagarda

UNA TESTIMONIANZA

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FALCONEXPRESS24febbraio 2013 FALCONEXPRESS25

Si sta sempre più dif-fondendo negli ulti-mi anni una malattia

degenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale: la sclerosi multipla. Solo in italia essa colpisce più di 60mila persone. Questo disturbo può manifestar-si con una vastissima gam-ma di sintomi neurologici e spesso progredisce fino alla disabilità fisica e cogni-tiva. A oggi non esiste an-cora una cura certa, infat-ti, anche se il meccanismo con cui la malattia si ma-nifesta è stato ben com-preso, l’esatta eziologia è ancora sconosciuta. Per questo migliaia di scienzia-ti e studiosi in tutto il mon-do stanno tutt’ora facendo ricerche per cercare perlo-meno di migliorare la vita dei pazienti. Tra questi vi è il Professor Paolo Zam-boni, direttore del Centro Malattie Vascolari di Ferra-ra. Egli è conosciuto a livel-lo mondiale per aver, nel 2008, scoperto una “nuo-va” malattia dell’apparato circolatorio: la CCSVI (acro-nimo di Insufficienza Ve-nosa Cronica Cerebro-Spi-nale). Essa rappresenta, in parole povere, una mal-formazione genetica di al-cune vene (in particolare quelle giugulari) che tra-

sportano il sangue dal cuo-re al cervello, creando così delle “zone di chiusura”, le quali impediscono al san-gue stesso di poter circola-re, facendo sì che ristagni nel cervello. Naturalmente queste strettoie determi-nano un ritardo nella puli-zia del cervello dalla CO2 e dalle tossine, il che porta a determinare uno stimo-lo infiammatorio; la SM è una malattia infiammatoria degenerativa del sistema nervoso centrale e quindi soffre quando c’è l’associa-zione con questa condizio-ne. Lo studio coordinato dal Prof. Zamboni, riferisce una associazione, nel 75% dei casi (dato raccolto dal-la rivista BMC Medicine) tra queste due malattie, que-sto significa che alla mag-gior parte dei pazienti con

Sclerosi Multipla presi in esame è stata diagnostica-ta anche la CCSVI. Questa associazione è stata riscon-trata a livello ubiquitario (è stata trovata infatti in Eu-ropa, Medio Oriente, Sta-ti Uniti ecc.), tra persone con background genetici ed espozione a fattori am-bientali differenti; questo ci suggerisce che essa pro-babilmente si sviluppa in-dipendentemente da que-sti fattori.Il congresso scientifico in-ternazionale ECTRIMS (Eu-ropean Committee for Tre-atment And Research in Multiple Sclerosis) del 2010 è giunto però alla conclu-sione che, allo stato delle ricerche disponibili, la CC-SVI non sarebbe la causa, ma piuttosto una conse-guenza della SM. Altri stu-

di italiani, tra cui quello del dottor Pietro Maria Bave-ra, hanno invece confer-mato la validità dell’ipote-si formulata dal professor Zamboni. L’opinione de-gli studiosi di tutto il mon-do è divisa. Chi meglio dei pazienti operati col meto-do del professore italiano può darci allora un’idea de-gli straordinari benefici che possa portare un sempli-ce intervento di angiopla-stica dilatativa (ossia ven-gono aperte vene ostruite gonfiando un pallonci-no introdotto per mezzo di un catetere). Sul web si possono trovare facilmen-te decine di testimonian-ze. È l’esempio di Massimo,

un ragazzo affetto da SM, che presentava difficoltà pronunciata nella deam-bulazione e disturbi di ri-gidità e di equilibrio. Dopo aver sentito di questa nuo-va cura si è subito rivol-to ad un medico, e si è sot-toposto all’intervento nel settembre 2010. Da allora la sua vita è cambiata dra-sticamente, con progres-si significativi nel modo di camminare, ma non solo, anche miglioramenti nel sonno e nel controllo ve-scicale e, grazie a una ritro-vata capacità di concen-trazione, è anche riuscito a laurearsi in ingegneria. Fortunatamente nel lu-glio 2012 sono partiti stu-

di finanziati dalla regione Emilia-Romagna volti a di-mostrare l’efficacia e la si-curezza che l’intervento proposto da Zamboni ha sui pazienti affetti da SM. Perché però in tutti questi anni questa via innovativa è passata sotto traccia da parte di molti medici? Pro-babilmente a causa di in-confessabili interessi eco-nomici. Ora, non abbiamo certo le competenze per dire se questa cura possa funzionare o meno, ma se anche non fosse una strada risolutiva, ma comunque sia di sollievo per molti altri ammalati come Massimo, perché bocciarla, negarla oppure nasconderla?

sclerosi multiplaSi apre una nuova speranza,

grazie al coraggio e all’impegno di un professore italianoa cura di Andrea PIAZZA (IVAs)

il Professor Paolo Zamboni

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FALCONEXPRESS26febbraio 2013 FALCONEXPRESS27

Come si è svolta la tua carriera univer-sitaria e come sei

approdato alla ricerca biomedica? Ho iniziato Biologia alla sta-tale di milano, ma non mi sono trovato bene, perchè c’era troppa gente, tanta te-oria e poca pratica e quin-di ho pensato di guardare alle alternative all’estero. Ho guardato allora alle univer-sità anglosassoni, inglesi e scozzesi, e mi sono sembrate piu’ interessanti soprattut-to per le lauree scientifiche perchè, nonostante il nume-ro di materie fosse inferio-re, c’erano molte piu’ ore di laboratorio. Dopo un anno alla statale e dopo aver la-vorato per un anno, mi sono quindi trasferito a Cambrid-ge. Ho studiato scienze na-turali, che è un corso molto vario e modulare che inclu-de tutte le scienze da fisi-ca, a biologia, a matemati-ca. Quello che mi è piaciuto del corso sono la profondi-tà nella trattazione degli ar-gomenti ed allo stesso tem-po le molte ore di pratica e laboratorio che vengono af-frontate come un vero e pro-prio avviamento alla ricer-ca. Alla fine del mio corso

mi sono specializzato in pa-tologia ed ho preparato la tesi con un gruppo di ricerca all’ospedale Addenbrooks, sempre a Cambridge, dove ancora oggi lavoro. Faccio parte del gruppo ACCI (Ad-denbrooke’s Centre for Cli-nical Investigation) che sta studiando l’influenza gene-tica sulle malattie cardio-vascolari, in quanto la pre-disposizione genetica è un fattore importante unito alla dieta o alla mancanza di esercizio fisico. Siamo fi-nanziati dalla British Heart Foundation, un ente benefi-co focalizzato sulle malattie cardiovascolari che rappre-sentano la prima causa di morte nel Regno Unito, pri-ma ancora dei tumori. In generale come avvie-ne il finanziamento della ricerca biomedica? Fino a qualche anno fa era piu’ semplice ottenere fi-nanziamenti in quanto ba-

stava che l’università ap-provasse un tuo progetto di ricerca. Oggi, invece, sono le pubblicazioni che conta-no, senza non si ottengo-no fondi. Ciò porta a pub-blicare lavori non precisi o a “ri pubblicare” conte-nuti pre-esistenti, magari con qualche ritocco ad hoc. Questo è un grosso proble-ma perchè mina alla base le prerogative e la bellezza della ricerca che stanno nel-la sua utilità, nel suo interes-se pubblico e nella passione del ricercatore. In secondo luogo si ricorre sempre piu’ spesso ad intese tra univer-sità e entità private, quali case farmaceutiche o azien-de di biotecnologia, quando queste vedono prospettive di guadagno in determina-ti campi, provocando lo sde-gno della “vecchia scuola” di accademici che non conce-piscono il binomio ricerca-profitto. In ogni caso ormai si tagliano fondi ovunque, a causa della crisi e di politi-che governative focalizzate sul profitto a breve termine, sebbene il Regno Unito sia sempre stato all’avanguar-dia sul finanziamento pub-blico della ricerca. In riferimento alla ricer-

ca finanziata da privati, ci sono preferenze in campi o malattie particolari? Il problema grave del fi-nanziamento da privati è che questi non finanzieran-no mai ricerche che vanno fatte, ma non sono reddi-tizie. Un caso su tanti sono le malattie genetiche rare, che colpendo pochi indivi-dui non possono certo por-tare a guadagni milionari. Non si tratta soltanto di una questione morale, di miglio-rare la vita di queste poche persone, ma anche di adot-tare una visione a lungo ter-mine. Infatti, la ricerca in se stessa può produrre altra ri-cerca e arrivare inaspetta-tamente a cure per malattie non inizialmente considera-te, per cui escludere deter-minati campi a priori può ledere gli interessi stessi di coloro che non vogliono fi-nanziarli. Anche il sistema europeo comincia, secondo me, ad avvicinarsi a quel-lo liberista e basato sul pro-fitto che si trova in America, venendo meno a quelle po-litiche sociali che da sem-pre caratterizzano il Vecchio continente. C’è poi il problema molto grave dei brevetti. Posso ca-pire che un inventore voglia proteggere la propria cre-atura, ma ciò che sta acca-dendo sempre più è che si brevettino scoperte piutto-sto che creazioni, e la diffe-renza è molto netta. Sup-poniamo di brevettare una sequenza di un organismo che poi si scopre essere uti-le alla ricerca su un determi-nato cancro. A questo punto

sfruttando il brevetto chie-diamo royalties (compensi per lo sfruttamento del bre-vetto, ndr) enormi a chiun-que voglia fare ricerca su quel cancro utilizzando la nostra sequenza. Viene da sè che i costi per quella ri-cerca si alzino notevolmen-te fino a diventare proibiti-vi e ciò su larga scala limita decisamente la libertà e va-rietà di altre ricerche. Non lo sappiamo, ma potremmo speculare che senza brevetti saremmo già potuti arrivare ad una cura per alcuni tipi di tumore. Quali libertà e limiti si pongono quindi al ricer-catore? Per quanto riguarda i bre-vetti spesso si ricorre ad una collaborazione con altre università o ditte proprieta-rie dei brevetti, o, in alter-nativa, si tentano approc-ci nuovi che pero’ rischiano di rallentare di molto il la-voro, pur potendo portare a nuove scoperte come si di-ceva. Le libertà sono sem-pre meno per noi, prenden-do di nuovo ad esempio le pubblicazioni è necessario pubblicare ciò che voglio-no i finanziatori a meno che questi non siano enti sen-za scopo di lucro. Io non ho mai voluto fare ricer-ca in una casa farmaceuti-ca perchè non mi piace ri-cercare per profitto e non per il “bene” della società, per usare dei paroloni. E poi le case farmaceutiche han-no notoriamente una sto-ria nera. Hai mai avuto esperienza diretta di questa “storia

nera”, o conosci persone che l’hanno avuta? Sì ne ho conosciute. In re-altà quello che mi sarebbe piaciuto fare è ricercare sul-la terapia genica. Nelle ma-lattie genetiche, un errore nella sequenza [genetica, ndr] provoca una sintesi in-corretta di determinate pro-teine. Per alcune malattie, come l’emofilia, le cure at-tuali consistono nell’utiliz-zo di proteine secche, distil-late da sangue particolare acquistato da case farma-ceutiche, che poi vengono diluite e messe in infusione per essere assunte, evitan-do complesse trasfusioni di sangue. Questi prodotti co-stano moltissimo, centinaia di euro per flaconcino che si traducono in grossi guada-gni per i venditori. Ciò che è successo negli anni ‘90 è stata una diffusione gene-ralizzata di epatite C, HIV, HCV dovuta alla sommini-strazione di emoderivati da sangue infetto [vedi Duilio Poggiolini, emoderivati in-fetti, ndr], per cui le case far-maceutiche hanno deciso di utilizzare proteine sintetiz-zate da biotecnologie, ma non prima di avere esau-rito le scorte contaminate, che sapevano essere tali già anni prima che gli scanda-li scoppiassero. Ora quindi ci si affida a questi prodotti da biotecnologie che però sono molto costosi. Con la tera-pia genica si potrebbe tra-mite un vettore (virus o al-tro) introdurre la sequenza corretta nelle cellule del ma-lato in modo da forzare la sintesi di proteine corrette,

lo stato della ricercaIntervista ad Horacio Tate, uno dei tanti cervelli in fuga

a cura di Joned SARWAR (ex-Studente)

Horacio Tate è argentino, ha cominciato la scuola in Argentina e si è poi trasfe-rito in Italia, grazie alla doppia cittadinanza data dai nonni italiani. Ha quindi fre-quentato il liceo scientifico e cominciato gli studi universitari alla Statale di Mila-no. Trasferitosi all’università di Cambridge ha conseguito una laurea in Patologia. Ora lavora come ricercatore all’ospedale universitario Addenbrooks di Cambridge.

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FALCONEXPRESS28febbraio 2013 FALCONEXPRESS29

il che condurrebbe, se non ad una guarigione comple-ta, ad una malattia “lieve” e trattabile e soprattutto all’indipendenza da costosi farmaci forniti da case far-maceutiche. Vedi ora per-chè la ricerca in questi cam-pi è portata avanti soltanto da enti pubblici e charities [enti non a scopo di lucro, ndr]. Per non parlare del cir-colo vizioso nel quale il si-stema sanitario nazionale cade nel tentativo di rispar-miare. Ad esempio, per de-terminati farmaci si tengo-no gare d’appalto in cui una sola azienda vince la mag-giorparte delle commissio-ni. Tuttavia, poichè le aste si tengono ogni due anni,

è possibile che ad un cer-to punto ad un paziente sia somministrato un farma-co leggermente diverso che però può portare alla pro-duzione di anticorpi contro lo stesso farmaco. E la solu-zione a questa situazione è un trattamento di shock che costa molto più del farma-co iniziale. In poche parole, lo Stato spende di più, il pa-ziente sta peggio e tutto per una strategia di mercato.. Allora vedi qualche luce all’orizzonte oltre alle nubi nere? Parlavo appunto dell’emo-filia perchè in Inghilterra un consorzio di universi-tà e ospedali ha recente-mente iniziato la fase clini-

ca di terapia genica per un particolare tipo di emofilia e pare stia andando mol-to bene. E ancora una vol-ta nessun privato ha inve-stito in questa ricerca. Un altro caso è quello della fi-brosi cistica, infatti, a Lon-dra hanno iniziato la fase clinica di uno spray che tra-smette il vettore e sta an-dando anche qui molto bene. In generale credo che la fine dei brevetti e l’espan-sione dei farmaci generi-ci, unita alla crisi econo-mica che colpisce anche le case farmaceutiche, possa portare grandi benefici alle persone, poichè il sistema attuale è a mio parere per-verso e amorale.

Il termine omeopatia (dal greco “homoios” che significa simile e

“pathos” che significa do-lore) fu coniato per la pri-ma volta dal medico tede-sco Samuel Hahnemann. Nato nel 1775 a Meissen, in Sassonia, tossicologo e farmacologo inizia a lavo-rare come medico all’età di 24 anni. Rimasto deluso dalla medicina tradizionale in generale, decide di non esercitarla più e si dedi-ca alla traduzione di varie opere tra le quali un trat-tato medico del dottore scozzese William Cullen. Hahnemann colpito dallo scritto intraprese una se-rie di esperimenti per veri-ficare quanto letto. Quello che il medico voleva dimo-strare era la pratica secon-do cui ogni sostanza far-macologica attiva capace di provocare, a dose pon-derale, nell’individuo sano determinati sintomi, può anche eliminare sintomi si-mili nell’individuo malato, somministrando un basso dosaggio. Sperimentando questo su se stesso e sui suoi familiari Hahnemann si accorse fin da subito di ottenere dei peggiora-menti spesso passeggeri all’inizio delle sue terapie. Decise quindi di diminui-

re la quantità di sostanza medicamentosa sommi-nistrata ai malati: è l’ori-gine delle diluizioni suc-cessive. Presto il medico tedesco si rese conto che queste diluizioni invece di diminuire l’efficacia tera-peutica, la rafforzavano, se la sostanza veniva agita-ta vigorosamente tra una e l’altra, una procedura da

lui battezzata “dinamizza-zione”. Questo processo di “diluizione” rappresen-ta allo stesso tempo il pun-to di forza ed il principale motivo per cui l’omeopa-tia viene continuamente attaccata. Il punto di for-za dell’omeopatia consiste nel fatto che grazie all’al-ta diluizione, non provo-ca alcun effetto collaterale sui pazienti ai quali viene somministrata. Ne deriva che i medicamenti omeo-patici sono assolutamen-

te innocui sia per bambi-ni molto piccoli che per le donne che ne fanno uso durante la gravidanza. L’ omeopatia quindi, si pone come una valida alternati-va alla medicina tradizio-nale, che invece ogni anno miete vittime per gli in-numerevoli e spesso de-vastanti effetti collaterali. Le statistiche conferma-no l’interesse crescente nei confronti della “medi-cina dolce”. Soltanto in Ita-lia, negli ultimi 15 anni , il numero dei pazienti che si affidano all’omeopatia è cresciuto del 65%, rappre-sentato soprattutto dalle donne e in particolare dal-

le mamme, che dopo esperienze negative con metodi tradizionali, si orientano verso pro-

dotti omeopatici che sono completamente atossici e non posseggono additi-vi. Naturalmente i conside-revoli interessi delle case farmaceutiche costituisco-no un altro palese motivo per cui la medicina alter-nativa viene continuamen-te sminuita e in alcuni casi addirittura demonizzata. L’attacco più forte all’ome-opatia è arrivato nel mag-gio del 2010 da parte dei medici inglesi riuniti intor-no alla British Medical As-

vox populi, vox deiNonostante l’OMS le equipari a niente più che un placebo,

sempre più persone si affidano alle cure omeopatichea cura di Francesca GROSSI (VAs)

Il medico tedesco Samuel Hahnemann

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FALCONEXPRESS30febbraio 2013 FALCONEXPRESS31

sociation. Durante la con-ferenza annuale, i giovani medici hanno bollato la medicina alternativa come “stregoneria” dal momen-to che non presenta basi scientifiche che possano confermare la validità dei suoi rimedi. Hanno inol-tre denunciato l’uso della medicina alternativa, spie-gando che il servizio sani-tario inglese non dovreb-be sperperare i soldi dei contribuenti, visto che tale pratica non avrebbe alcun merito terapeutico. L’ ac-cusa di stregoneria deriva dal fatto che la scientificità dell’omeopatia è stata già contraddetta dal nume-ro di Avogadro (quando si

supera una certa diluizio-ne all’interno del rimedio omeopatico non è più pre-sente nessuna molecola). Questo è testimoniato dal fatto che l’omeopatia vie-ne spesso utilizzata per cu-rare patologie lievi come raffreddori e tosse, che con il passare dei giorni guarirebbero anche spon-taneamente. L’assenza di principi attivi all’ inter-no dei farmaci omeopa-tici li rende simili ad “ac-qua fresca”, tanto che sostituendo per gioco le etichette dei vari flaco-ni omeopatici nessuno scienziato saprebbe ri-collocarle al loro posto, e questo perché non

sono più presenti mole-cole specifiche che ren-dano riconoscibile un prodotto rispetto a un altro. Per quanto riguar-da gli effetti collaterali dei farmaci tradizionali i medici rispondono che sono compensati dalla loro scientifica efficacia.Tuttavia, l’omeopatia continua a crescere e, nonostante i veti dei medici inglesi e dell’OMS (i cui conflitti d’interesse con l’indu-stria farmaceutica sono macroscopici), la sua efficacia risulta empirica dimostrata dal consen-so delle persone: vox populi, vox Dei.

Fiori di BachLa soluzione personalizzata per ciascuno di noi, semplice e gustosa.

Come molti di voi sa-pranno i Fiori di Bach sono uno dei

più personali rimedi rime-di ai nostri problemi! Scoperti nella prima metà del Novecento dal medi-co inglese Edward Bach, sono in totale 38, ciascu-no indicato per un par-ticolare carattere o stato d’animo, ai quali è stata aggiunta una combina-zione detta “Rescue” da utilizzare in caso di imme-diata necessità.Per scegliere il rimedio adatto alla nostra perso-na basta riflettere non sul sintomo, ma sugli stati emotivi che proviamo in quei momenti e sul tipo di persona che siamo. Essi infatti si prefiggono di cu-rare ogni tipo di ansia o di problema passeggero tramite l’assunzione di 2 gocce disciolte in un bic-

chiere d’acqua per un totale di 4 volte al giorno. Grazie al genuino tramandarsi dei rimedi floreali del natu-ropata e alla conduzio-ne dell’azienda a cui ora è a capo Judy Howard, la produzione può anco-ra garantire il totale uti-lizzo di prodotti naturali colti da quegli stessi giar-dini semiselvatici intorno

a Mount Vernon in cui il dottore risiedeva. Per quanto riguarda la produzione le infiore-scenze delle piante più delicate infatti vengono lasciate in una ciotola col-ma d’acqua per alcune ore; i fiori delle piante più legnose vengono invece

sottoposte a bol-litura. In entram-bi i casi vengono impiegati il bran-dy a 40° come conservante e la tintura madre.A partire dalla

diffusione delle succose gocce, il Bach Centre or-ganizza anche corsi a ca-rattere educativo con lo scopo di preservare que-gli ideali di semplicità e purezza che da sempre ne sono stati una caratte-ristica fondante.Lo stesso dottore soste-neva infatti che “Non oc-corre nessuna scienza né alcuna conoscenza ol-tre ai semplici metodi de-scritti qui; trarrà il mag-gior beneficio da questo dono di Dio chi lo conser-verà in tutta la sua purez-za, svincolato da scienza e da teorie, perché tutto in Natura è semplice”.

“Il nostro lavoro consiste nell’aderire esclusivamen-te alla semplicità e alla purezza di questo metodo di guarigione”

Dr. Edward Bach, 1936

a cura di Chiara PIVA (VAs)

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FALCONEXPRESS32febbraio 2013 FALCONEXPRESS33

Sono passati solo 3 mesi ed i ricor-di sono tutti molto

nitidi, come sicuramen-te lo saranno per il resto della mia vita.Era un caldo e spensie-rato pomeriggio di fine luglio, in piscina coi miei amici, quando ho inizia-to ad avvertire un dolore al fianco destro. Col pas-sare delle ore, il dolore è aumentato sempre più finché, la sera dopo, è di-ventato insopportabile, tanto da spingermi ad andare al Pronto Soccor-so. In seguito alla visita, il sospetto principale era

una “banale” appendici-te. Mi hanno fatto alcu-ne analisi del sangue ed un’ecografia, in seguito alle quali mi hanno det-to di tornare in ospeda-le la mattina seguente per una visita speciali-stica dall’urologo. Dopo una flebo di antidolori-fico, sono quindi torna-ta a casa.Il giorno dopo l’urologo mi ha visitata con prio-rità assoluta, facendo-mi passare davanti a tut-ti gli altri pazienti, il che già mi insospettiva. Non avendo però la più pal-lida idea di cosa fosse

emerso dall’ecografia, mi sentivo molto stra-niata. Nemmeno in se-guito a questa visita ho avuto modo di conosce-re qualche dettaglio in più, perciò non mi re-stava che fare la TAC ap-pena prescritta. Anche questa, ovviamente, con priorità assoluta. L’atte-sa della risposta, benché sia durata concretamen-te poche ore, è sembra-ta un’eternità. Solo dopo mezzogiorno i risulta-ti sono stati disponibi-li e l’urologo, avendoli in mano, mi ha chiama-ta fuori dall’ospedale, in-

carpe diemVivete appieno ogni istante irripetibile della vostra vita

a cura di Bianca CAZAMIR (VAitc)

sieme a mia madre, tra una sigaretta e l’altra, per comunicarci gli esi-ti. Quello che è emer-so dalla TAC non era si-curamente nelle nostre previsioni: una massa di 9cm sul rene destro, ben capsulata. “Ben capsu-lata”, sono queste le pa-role che successivamen-te hanno tenuto alta la speranza. Ma sul mo-mento, le uniche paro-le che risuonavano nel-la mia mente, quanto in quella di mia madre (al-meno credo), erano “tu-more”, “intervento” ed “asportazione del rene”. Per il resto, solo occhi sgranati di fronte ad una notizia simile, lacrime, incredulità mista a pani-co ed angoscia.Prima di effettuare ogni diagnosi, però, l’urolo-go ha preferito confron-tarsi con l’équipe del reparto di Urologia di Mantova. Così, il gior-no dopo mi sono reca-ta in città, dove altri me-dici hanno analizzato i referti, con la speranza di avere qualche rispo-sta in più. Anche in que-sto caso i dettagli han-no tardato ad arrivare e, una volta pronti, non erano né soddisfacenti, né tanto meno rassicu-ranti: la maggior parte dei medici concordava

infatti sul fatto che, vista l’insorgenza in giovane età, potesse trattarsi del Tumore di Wilms, una rara forma di tumore del rene che colpisce in età infantile. Ovviamente, per una diagnosi sicura, erano necessari altri accerta-menti. Essendo la biop-sia alquanto rischio-sa, hanno perciò optato per l’intervento diret-to. Quindi avrei dovu-to aspettare un altro mese per sapere di cosa si trattava con certezza. L’intervento è stato fissa-to per la fine di agosto. Ripensandoci, credo di aver vissuto quel mese, giorno per giorno, at-timo per attimo, come il più intenso della mia vita. Con quel pizzico di incoscienza necessario per alzarmi la mattina ed andare avanti. Così, in meno di un mese, ho detto e fatto tutto (o quasi) quello che desi-deravo dire e fare, col pensiero, sempre in ag-guato, della morte. Un pensiero che per molti potrebbe assumere una connotazione negativa. Non per me, non in quei giorni, vissuti come fos-sero gli ultimi. È triste pensare che per vive-re davvero ci sia voluta la presenza dell’elemen-

to “morte”. Voglio dire, è un po’ come pensare alla fine del mondo. Nes-suno ha la certezza di quando questa arrive-rà, ma considerate tutte le profezie (discutibili o meno) relative ad esse, sono molti (chiamate-li fanatici, se volete) co-loro che vivono questi mesi come i più intensi e vivi mesi della propria vita. Un po’ come loro, ho approfittato di ogni singolo attimo a mia di-sposizione, non sapen-do per quanto ancora ne avessi potuto gode-re. Posso quindi dire che da una forza così nega-tiva come la “morte”, è scaturita un’energia tal-mente potente come la “vita”. Penso di aver vis-suto spesso in “modalità stand-by”, almeno fino a quel giorno. Così, i giorni passavano e la data dell’interven-to si avvicinava sempre più. Così come l’energia accumulata iniziava a la-sciare spazio al terrore. Paradossalmente, non avendo mai subito un intervento, quello che più mi spaventava era proprio l’operazione in sé, l’anestesia, il non ri-svegliarmi più; non tan-to il motivo per cui mi avessero dovuta operare né tanto meno le conse-

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FALCONEXPRESS34febbraio 2013

guenze.Così, tornata dalle va-canze il giorno pri-ma, l’ultimo di agosto sono entrata in ospe-dale per il ricovero. Var-cata la soglia della sala operatoria, all’apparen-za tranquilla, anzi, for-te e combattiva (tutto ciò mi sembrava il mini-mo dovuto a chi mi sta-va accanto), dentro mi sentivo morire. Il terro-re di aver visto e saluta-to le persone a cui tene-vo per l’ultima volta si era assediato dentro di me, almeno fino al mo-mento in cui è stato as-sorbito dal lungo sonno dell’anestesia. Mi sono risvegliata 9 ore più tar-di, 3 di intervento e 6 di terapia intensiva, con flebo, drenaggi e tubi ovunque. Tutto somma-to ero ancora viva, ma il dolore, attenuato solo in minima parte dai conti-nui antidolorifici, oscu-rava ogni pensiero. Comunicatomi gli esi-ti dell’esame istologi-co compiuto in segui-to all’operazione, non mi sono sentita gelare il sangue nel leggere “Car-cinoma cromofobo” sul-la lettera di dimissione; ero preparata al peggio. Ciò significava che l’ipo-tesi del Tumore di Wilms era errata, ma ben poco

cambiava; sempre di un tumore maligno si trat-tava. Dopo una setti-mana di ospedale, dal punto di vista fisico la più dolorosa della mia vita, sono quindi tornata casa. Ci sono volute altre 2 o 3 settimane per alle-viare il dolore e ripren-dere a camminare de-centemente, ma ce l’ho fatta. Il tutto attenuato dal sapere che i tumori al rene, una volta rimos-si, raramente causano ulteriori problemi. Ov-viamente la possibilità di una recidiva, seppur remota, è sempre possi-bile. Sarò quindi seguita e monitorata dal centro Oncologico di Mantova così come da quello ge-netico, vista l’insolita in-sorgenza in giovane età di questa neoplasia.In conclusione, tengo a dire che è proprio vero che è in momenti simi-li che si capisce qua-li siano le vere persone che si hanno accanto. Non è una frase fatta, “i veri amici si vedono nel momento del bisogno”. E devo dire, con enor-me tristezza, che mol-ti di loro si sono rivelati solo ora, dopo anni, per quello che sono in real-tà. Un accenno dovuto va anche e soprattutto ai miei genitori che nel

giro di poco si sono tro-vati ad affrontare i mesi più angoscianti del-la propria vita. Ho visto i segni della sofferen-za sul volto di mia ma-dre giorno per giorno aumentare, facendola invecchiare in un mese quanto solitamente si invecchia in 10 anni. Un dolore così intenso che solo dei genitori lo pos-sono provare, un dolo-re che non vorrei mai vi-vere in vita mia; da qui la decisione, forse non definitiva, affrettata ed immatura, di non ave-re figli. Non per questo però vi-vrò la mia vita nella co-stante angoscia. In fin dei conti mi reputo mol-to fortunata; se quel do-lore non si fosse presen-tato così intensamente, probabilmente avrem-mo scoperto il tutto troppo tardi, quando or-mai ben poco sarebbe rimasto da fare. In conclusione, vi invito quindi tutti a vivere ap-pieno ogni istante del-la vostra vita! Non deve essere un evento simi-le a darvi la carica per-ché ciò avvenga. Insom-ma, “Carpe diem”! Forse ogni tanto dovrei ricor-darmelo anche io, sto già iniziando a dimenti-carlo…

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FALCONEXPRESS36febbraio 2013 FALCONEXPRESS37

re, inventarsela di sana pianta- spiega Gian-franco Domenighet-ti (docente di Comuni-cazione ed economia sanitaria presso l’Uni-versità della Svizzera ita-liana) in un’intervista ri-lasciata ad Emergency -le malattie restano più o meno le stesse e solo il 2,4% dei farmaci im-messi sul mercato dal 1981 al 2008 rappresen-ta un vero importante progresso terapeutico, mentre le altre sono co-pie dell’esistente, a ecce-zione del prezzo, che è triplicato” continua l’eco-

nomista. Non è un caso che le campagne di pre-venzione siano sem-pre più frequenti e che i valori-soglia conside-rati un tempo normali per glicemia o colestero-lo siano stati progressi-vamente abbassati: per ognuno di questi aggiu-stamenti, il numero di persone cui prescrivere medicinali aumenta ra-pidamente. Sarà dunque l’influenza della BigPhar-ma ad alimentare l’in-fondato scetticismo che affligge la fitoterapia?In Italia esiste la Socie-tà Italiana di Fitoterapia

(SiFit) che raccoglie in-torno a sé molti tra gli studiosi italiani di piante medicinali. Dal 1992 la SiFit opera affinché l’uso delle sostanze vegetali sia riconosciuto per l’uti-lità che è in grado di so-stenere nella medicina moderna e promuove la ricerca scientifica sul-le piante medicinali. Ma come si può operare per il bene della gente fin-ché chi governa rimane legato ai “profitti facili” ? Come si può dimenti-care che la Natura offre tutto ciò di cui l’uomo ha necessità?

Come non tutti san-no, la fitoterapia è una medicina al-

ternativa che utilizza so-stanze completamente naturali contenute nel-le piante come rimedi di cura. È una delle più antiche pratiche usa-te dall’uomo per cura-re i propri disturbi: difat-ti già civiltà antichissime come quella degli egi-zi, dei greci e dei romani utilizzavano piante me-dicinali. Con l’avvento della chimica, la fitotera-pia è stata accantonata, per poi essere riscoperta negli ultimi tempi.Molti farmaci comuni sono versioni sintetiche degli estratti vegeta-li che spesso, però, pro-vocano un serie di effetti collaterali che rischiano di portare l’uomo verso una spirale senza fine: i danni procurati dai me-dicinali sintetici devono essere sanati da altri me-dicinali che, a loro volta, rischiano di fare danni e così via. Inoltre, il farma-co di sintesi spesso si li-mita a curare i sintomi senza agire sulle cause; la medicina fitoterapica

e la medicina alternati-va in genere, si pongo-no invece l’obiettivo di alleviare la causa che sta alla base del disturbo. Nonostante i medicina-li fitoterapici nella mag-gior parte dei casi non provochino effetti colla-terali, prima di utilizzar-li è bene rivolgersi a fi-gure competenti. Figure che, purtroppo, esistono da pochi anni e limitata-mente alla Gran Breta-gna, la quale riconosce la categoria professio-nale di fitoterapeuti, con percorso formati-vo universitario e prote-zione legale del nome. Negli altri stati membri dell’Unione Europea, in-fatti, il termine fitotera-peuta non ha valore le-gale e la fitoterapia non

è un ramo riconosciuto della biomedicina, che spesso guarda ai metodi alternativi con scettici-smo. Perché tutto que-sto?La risposta è da cerca-re nei rapporti, spes-so illeciti, tra gli Stati e la BigPharma (il grande potere dell’industria far-maceutica). Quest’ulti-ma infatti, ha dimostra-to in più di un’occasione di avere più interessi nel loro profitto che nel-la salute delle persone. Come dimostra un’in-chiesta svolta dall’am-ministrazione degli Stati Uniti, le industrie farma-ceutiche distribuivano (e probabilmente distribu-iscono) “mazzette” a po-litici, funzionari e medi-ci di tutto il mondo per vedersi autorizzare i far-maci.Ma le pratiche della ma-lasanità non finiscono qui: infatti una delle ul-time strategie azien-dali della BigPharma punta ai sani, non ai “so-liti malati”. Come? Sem-plice, basta “gonfia-re l’importanza di una malattia o, se occor-

fitoterapia: perchè tanto scetticismo?La natura offre tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno

a cura di Francesca TEBALDINI (VAitc)

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FALCONEXPRESS40febbraio 2013 FALCONEXPRESS41

canza di polso. In queste circostanze la prontezza del soccorritore e il simul-taneo inizio delle mano-vre di rianimazione (CPR) è determinante per la so-pravvivenza del sogget-to colpito da AC in quan-to, se non viene garantito un minimo di circolazione per tenere in vita le cel-lule nervose del cervello, molto sensibili alla man-canza di O2 , dopo alcu-ni minuti di anossia esse morirebbero senza spe-ranza di ripresa. Altro punto fondamen-tale per il soccorso di un paziente vittima di AC è la defibrillazione preco-ce (terzo anello della ca-tena). Ogni soggetto col-pito, nei primi minuti presenta un ritmo cardia-co di tachicardia ventrico-lare (TV) o di fibrillazione ventricolare (FV), questi ritmi portano all’asisto-lia (cuore fermo) se non si interviene con la defibril-

lazione automatica ester-na per mezzo del defibril-latore (AED). La scarica elettrica che esso genera va ad azzerare gli impul-

si disordinati che cau-sano la TV o FV dando la possibilità al musco-lo cardiaco di riparti-

re grazie ad un impulso elettrico regolare. L’AED è uno strumento mol-to semplice che preve-de però un breve corso per l’idoneità all’utilizzo. In tutti gli ambienti qua-li campi sportivi, palestre, scuole, piscine e quant’al-tro, dove è praticato sport o semplicemente si trova un punto di aggregazio-ne, dovrebbe essere in-dispensabile la presenza di un defibrillatore auto-matico esterno. È auspi-cabile che questo acca-da il prima possibile per scongiurare altre vittime che, il più delle volte, po-trebbero essere salvate per mezzo del CPR e del-la defibrillazione tramite

AED. Tutti noi dovremmo sentirci in dovere di co-noscere le pratiche per il soccorso di una vittima di AC, questo perchè molte morti, spesso di persone giovani, potrebbero es-sere evitate (ultimo caso del calciatore del Livorno Piermario Morosini, mor-to per mancanza di soc-corso adeguato).

Posizionare il palmo della mano al centro del torace della vitti-

ma; sovrapporre l’altra mano intrecciando le

dita; mantenere le brac-cia tese e perpendico-

lari al torace scarican-do la pressione e il peso

sul paziente; comprime-re il torace ritmicamente

ad una frequenza di 100 al minuto, ad ogni com-pressione il torace deve

abbassarsi di 4-5 cm; dopo ogni compressio-

ne sollevarsi in modo da permettere al torace di

rilasciarsi completamen-te senza perdere contat-to tra le nostre mani e la

vittima.

AED - defibrillatore

Visto i recenti casi accaduti, e che sono stati eviden-

ziati dai mass media, di atleti famosi rimasti vit-time di arresto cardia-co improvviso, mi sem-bra opportuno affrontare l’argomento. L’arresto cardiaco improvviso è un evento drammatico che nella maggior parte dei casi provoca la mor-te. Negli Stati Uniti circa 330.000 persone muoio-no ogni anno per malat-tia coronarica, e di queste 250.000 muoiono prima di raggiungere l’ospeda-le. L’incidenza dell’arre-sto cardiaco improvviso è di circa 0.55 per 1000 abitanti per anno. Molti di questi soggetti tutta-via sopravvivono grazie a soccorso e cure appro-priate; in tali casi la pron-tezza con la quale essi ri-cevono interventi atti a ripristinare le funzio-ni vitali compromesse è determinante. Per ogni minuto trascorso senza ri-cevere compressioni tora-ciche efficaci, un pazien-te in arresto cardiaco (AC)

perde il 7% di possibili-tà di essere salvato. Per tali evidenze, la comuni-tà scientifica è da tem-po concorde sul fatto che i concetti del Basic Life Support (BLS) e le cono-scenze e capacità ad esso correlate debbano non solo essere patrimonio di tutti i sanitari, ma vadano estese a tutti i laici (non professionisti). L’algo-ritmo BLS, recentemen-te revisionato dall’Ameri-can Heart Association ed esemplificato nell’incisiva immagine dei 5 anelli del-la “Catena della sopravvi-venza”, sono i seguenti: - riconoscimento dell’AC e attivazione delle risor-se professionali (contatta-re il numero di primo soc-corso 118)- Avvio precoce della ria-nimazione cardiopolmo-

nare (CPR) da parte dei primi soccorritori, ovvero il massaggio cardiacodefibrillazione rapida: CPR più defibrillazione iniziati non oltre 3-5 mi-nuti dal collasso posso-no produrre la sopravvi-venza del soggetto in una percentuale di casi che va dal 49% al 75%- supporto vitale avanza-to da parte di personale medico qualificato- cure post arresto cardia-co nei reparti di terapia intensivaDa quanto detto si evi-denzia l’importanza dell’intervento immedia-to di un soccorritore lai-co e il fondamentale ri-conoscimento dei “segni” di un possibile AC, quali paziente incosciente che non risponde a stimoli verbali o dolorosi e man-

poche semplici informazioni salvavitaÉ doveroso per tutti noi conoscere le pratiche di primo soccorso

a cura di Vera GERVASIO (IIICri)

Ci siamo chiesti quanto sia importante la conoscenza delle pratiche di primo soccor-so e la presenza di un defibrillatore nei luoghi di aggregazione, come la scuola. La me-dicina non è solo scienza e teoria ma anche prassi emergenziale. Per rispondere a que-sti dubbi ci siamo rivolti ad un professionista impegnato ogni giorno in prima linea: Imberti Pierluigi infermiere di Pronto Soccorso Spedali Civili di Brescia. Ecco cosa ci ha detto.

I 5 anelli della catena della sopravvivenza

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FALCONEXPRESS42febbraio 2013

Quante serie TV-drammi sulla me-dicina subiamo

ogni giorno? Partendo dal classico E.R. ai più recen-ti Dr.House e Grey’s ana-tomy dove possiamo nota-re dottori/fotomodelli (che sfidiamo chiunque a tro-vare in un comune ospe-dale!) che tra scuotimenti di capelli sempre perfet-ti, sensuali battiti di ciglia e passionali ‘tramini’, rigo-rosamente tra colleghi, ri-scontrano e, grazie a un’il-luminazione divina, curano malattie che solo loro co-noscono e che noi uma-ni non possiamo nemme-no immaginare. Tra questa moltitudine di supereroi in camice bianco spiccano gli imbranati e diverten-ti medici del Sacro Cuore, ospedale che fa da sfon-do alla sitcom statuniten-se Scrubs, che differisco-no sia per aspetto fisico sia comportamentale dagli in-credibili dottori che siamo soliti trovare in televisione. Scrubs è una serie tv idea-ta da Bill Lawrence, dove troviamo come protagoni-sta John Michael Dorian, per gli amici J.D, un medi-co imbranato che in ogni puntata, seppur trovandosi in situazioni relativamente normali, dove ovviamente i nostri mitici ‘super dotto-ri‘ non farebbero una pie-ga e, tanto meno, spreche-rebbero un episodio, riesce

a far-ci ride-re ren-dendoci

partecipi di assurde fac-cende causate per lo più dall’inserviente, il perso-naggio più enigmatico e, in un certo senso, anche più “fuori di testa” della se-rie, e dal dottor Cox, medi-co molto duro e sarcastico ma che in fondo è sempre pronto ad aiutare J.D e gli altri specializzandi.Troviamo poi il migliore amico di J.D ovvero Turk, un chirurgo molto com-petitivo che appare sva-riate volte negli episodi, sposato con Carla Espino-sa, infermiera molto ami-ca del nostro protagonista e che prende le sue dife-se ogni volta che questo viene attaccato da Dr. Cox; non possiamo inoltre di-menticarci del primario dell’ospedale, il dottor Bob Kelso, il vero antagonista della serie, odiato pratica-mente da tutti a causa del suo cinismo, nonostan-te mostri in alcuni episo-di qualche tratto di uma-

nità. Ultima ma non ultima Elliot (il cui nome è dovu-to al fatto che i suoi geni-tori volessero un maschio) collega, futura fidanzata, e successivamente moglie di J.D; dottoressa insicura, ti-mida, molto competitiva e per certi versi comica. Ma visto che FXP è un gior-nalino serio e ogni artico-lo che contiene invita alla riflessione non vogliamo di certo essere da meno; non penserete mica che Scrubs sia solo baggiana-te tra corridoi ospedalieri e battute insensate, vero?! Beh, probabilmente è così.. ma, volendo, si può trovare un significato più “profon-do” o, almeno, noi ci abbia-mo provato: la medicina va presa sul serio, per carità, ma in fondo bisogna anche saper trovare il lato comi-co della vita e perché non farlo a casa propria, sul di-vano, dopo una faticosissi-ma giornata sui banchi di scuola o dietro la cattedra (per i nostri amici profes-sori ), di fronte al simpati-co faccione di J.D? Insom-ma, ci sono i momenti in cui è richiesta una certa se-rietà ma anche quelli in cui ci si può concedere una ri-sata! Che a noi Scrubs piac-cia riteniamo si sia capito, ora non resta che a voi sin-tonizzarvi su MTV il giorno che preferite, esclusi saba-to e domenica, alle 14.20 e farvi la vostra opinione!

scrubsIl lato comico della medicina

a cura di Marika BARESI e Diana TRATTA (IVCs)

“Quest’uomo ha una lampadina su per lo sfintere oppure il suo colon ha avuto un’idea geniale”

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FALCONEXPRESS44febbraio 2013 FALCONEXPRESS45

L’incontro del 19 Novembre con il dottor Luca Mer-

calli ha trattato uno degli argomenti più “caldi” e at-tuali degli ultimi anni. No-nostante si parli da molto di problemi ambientali, ora la situazione sembra es-sersi fatta più seria, com-plice sicuramente la cri-si economica sempre più pressante. In un clima che sembra debba diventare di recessione Mercalli propo-ne soluzioni per convive-re meglio tra di noi e con il nostro ambiente, soluzioni che all’apparenza possono anche sembrare sacrifici, ma che in realtà potrebbe-ro essere l’unica soluzione per rendere quantomeno abitabile il nostro pianeta anche in un prossimo fu-turo.Il dottor Mercalli ha inizia-to la conferenza indicando i piccoli gesti che possia-mo compiere ogni giorno per ridurre l’inquinamen-to ambientale, gesti che hanno un impatto in real-tà davvero forte, in quan-to è in base alle nostre esi-genze e le nostre richieste che le industrie e le società producono. Ha poi lasciato spazio alle domande pre-parate da alcuni studenti, che hanno subito solleva-to alcuni dei punti salien-ti riguardanti l’argomento

della conferenza. In primo luogo si è parla-to dello smaltimento dei rifiuti. Si tratta di un 30% di organico (150 kg ca-dauno), il cui smaltimen-to, almeno a livello teorico, dovrebbe risultare relativa-mente semplice in paesi di campagna (come appun-to Asola), poiché sareb-be facilmente utilizzabile per concimare. In questo modo si eliminerebbero, oltre ai costi, anche i dan-ni termodinamici e bioge-ochimici dei camion che passano per la raccolta dell’umido. Il dottor Mer-calli ha precisato che co-munque un procedimento del genere è ovviamen-te irrealizzabile in città.Uno dei materiali più com-plessi da riciclare ci è stato spiegato essere la plastica. Prendendo come esempio una semplice bottigliet-ta, analizzandola pezzo per pezzo ci si rende alla fine conto che essa è forma-ta da ben 5 prodotti diver-si, alcuni dei quali non rici-clabili; conseguentemente lo smaltimento di un nu-

mero ingente di bottigliet-te di plastica comporta costi enormi, ed una del-le “soluzioni” a cui si ricor-re maggiormente è insab-biare il problema gettando

i rifiuti nel mare, i qua-li poi diventano cibo per vari animali i quali per la

maggior parte muoiono ingerendo le sostanze con-tenute in questi prodotti di scarto (ad es. gli ftalati, che in un organismo vivente possono provocare anche l’ermafroditismo).Un’altra delle domande poste al dottor Mercalli ri-guardava la concezione di progresso rispetto ai pro-blemi riscontrati fin ora. L’esperto ha subito precisa-to che esistono diversi tipi di progresso, e che inoltre questo viene spesso confu-so con lo sviluppo e la cre-scita, quasi fossero sinoni-mi. In realtà, come è stato spiegato, la cosa di basila-re importanza è assicura-re i bisogni fondamentali, che sono finiti, al contrario dei desideri, infiniti. In que-sto modo si assicurerebbe un tenore di vita dignitoso a tutti e lo spreco sarebbe ridotto al minimo (in que-sto senso dovrebbe essere inteso il progresso); cosa di fondamentale importanza al giorno d’oggi, conside-rando anche che compa-rando la terra ad una mela,

le terre emerse utilizzabi-li sono solo la buccia di un terzo di essa, e tutti noi ora come ora ne stiamo oltre-modo abusando.40 anni fa (1972) Aurelio Peccei incaricò dei ricerca-tori del Massachusset’s In-stitute Of Technology di svolgere uno studio sui li-miti dello sviluppo (anche se il titolo originale era, letteralmente, “i limiti del-la crescita”), che venne poi ripubblicato più volte. Il-lustrava come le risorse naturali dall’inizio del No-vecento fossero calate in modo inversamente pro-porzionale a: produzione industriale, cibo e inqui-namento. I grafici dell’au-mento del consumo delle risorse sono, come mostra-to dal dottor Mercalli, del-le funzioni esponenziali, tendenti quindi all’infini-to, ma avendo la terra ri-sorse finite, andando avan-ti in questo modo si rischia il collasso del pianeta in un futuro non troppo remo-to. L’idea dovrebbe quin-di essere quella di un mo-dello di progresso che non comporti la distruzione della terra, che poi in real-tà non verrebbe nemmeno distrutta, in quanto è so-pravvissuta a catastrofi na-turali e decimazioni di po-polazione ben più gravi. Il punto fondamentale è che senza un ambiente quan-tomeno vivibile, l’uomo non può esistere, poiché è la biosfera a sostenerci. In questo momento, e ci sono articoli pubblicati su diver-se riviste accreditate che lo confermano, stiamo viven-

do al di sopra delle nostre possibilità; la terra però ha un sistema resiliente (ela-stico, come una rete) che le permette per un certo pe-riodo di attutire i danni, su-perato quel lasso di tempo tuttavia, non è più possibi-le. Stiamo vivendo come se avessimo una terra e mez-za, e proseguendo su que-sta strada, nel 2040 ne ser-viranno due. Riguardo la temperatura terrestre, è subito da notare l’aumen-to spropositato di CO² a causa dei gas effetto serra, che sono tra l’altro la causa principale del riscaldamen-to globale (il dottor Mer-calli ci ha inoltre mostrato le foto di alcuni ghiacciai che si sono sciolti comple-tamente o quasi in lassi di tempo davvero brevi). Un calcolatore di dati per il fu-turo ha evidenziato che, in-tervenendo, alla fine del secolo potrebbero esser-ci solo 3 gradi (invece di 6); attivandoci abbiamo quin-di la possibilità di limitare consistevolmente i danni (ha inoltre fatto notare che si rischierebbe di arrivare al punto in cui la pianura padana diveneterebbe una specie di deserto)Vi è quindi la necessità di progettare società a ener-gie rinnovabili, le qua-li offrono indubbiamente una minore efficienza (nel 2100, utilizzandole al 100% si arriverebbe comunque solo alla metà dell’efficien-za energetica attuale), ma che sono anche l’unico modo per “salvare” il nostro pianeta, e prima ancora le nostre vite. Prendendo

ora in esame isolatamen-te l’Italia, e parlando del suo deficit ecologico, stia-mo in questo momento vivendo con il quadruplo delle risorse disponibili. Il primo passo dovrebbe in-dubbiamente essere quel-lo di far scendere l’utilizzo delle risorse a un po’ meno del triplo, almeno per ora, garantendo il necessa-rio e tagliando il superfluo (come detto all’inizio).Installando inoltre i pan-nelli solari, viene ricono-sciuto un prezzo di favore del kilowatt/ora prodotto (poiché si risparmiano cir-ca 200 kg di petrolio ogni kilowatt/ora), così che in 10 anni ci si ripaga della spesa dei pannelli. Le auto elettriche sono un’altra grande soluzio-ne. Come verificato dallo stesso dottor Mercalli, ogni auto elettrica ha un’auto-nomia di circa 150 km gior-nalieri. A Milano questi sono all’incirca i kilometri percorsi in un giorno da un taxi. Quindi, se tutti i taxi di Milano venissero sostituiti con auto elettriche si risol-verebbe il problema del-lo smog della zona C (que-sto solo se la ricarica della macchine viene effettuata utilizzando i pannelli, per-ché contrariamente utiliz-zando il carbone si risolve ben poco).I modi per “salvare” la no-stra terra sono davvero tanti, ma prima di tutto è importante che ognuno di noi apra gli occhi e si renda conto che realmen-te parte tutto dai nostri gesti quotidiani.

il futuro del pianeta dipende solo da noi

Incontro con il dottor Luca MERCALLI in occasione del Book Feasta cura di Chiara ZANONI (IVCs)

Il dottor Luca MERCALLI

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FALCONEXPRESS46febbraio 2013 FALCONEXPRESS47

Ciao ragazzi, è tornato in questo pri-mo numero dell’anno scolastico 2012/2013 il concorso di fotogra-

fia. Vi mostriamo le foto che si sono classi-ficate ai primi tre posti sul tema “L’amore per gli animali”. Abbiamo fatto il possibi-le per far partecipare al voto tutte le classi, ma abbiamo ricevuto scarsa partecipazio-ne e disinteresse, quindi nel prossimo nu-mero faremo votare solo le classi davve-ro interessate, in caso di incomprensioni o problemi ci scusiamo, cercheremo di mi-gliorare nel prossimo numero. Per il pros-simo giro di foto abbiamo scelto il tema ”I nuovi mostri” sperando in un maggio-re coinvolgimento. Per attivare il concor-

so il numero minimo di fotografie da vo-tare deve essere almeno di cinque, in caso contrario saremo costrette, nostro malgra-do e con grande dispiacere, a concludere quest’esperienza. Vi ricordiamo che le foto vanno inviate a [email protected] entro e non oltre il 28 febbra-io 2013 e devono contenere le seguen-ti informazioni allegate: nome dell’autore della foto e della classe che frequenta, data dello scatto e soprattutto il titolo. Vi auguriamo buon divertimento nella ricer-ca della foto perfetta ricordandovi che la foto deve essere ESCLUSIVA, ovvero su in-ternet non deve trovarsi una foto simile a quella inviata, pena il rifiuto della stessa.

l’amore per gli animaliEcco i vincitori dell’ultimo concorso fotografico promosso da FXP

a cura di Linda SALICI e Lucia TONELLI (IVAs)

nome: DANILA GEROLA

Classe: INSEGNANTE

Data: 14-05-2012

Luogo dello scatto: CASA MIA

Titolo: - DOLCEZZA

nome: CHIARA MICHELOTTI

Classe: V A SCIENTIFICO

Data: 03-04-2012

Luogo dello scatto: DALLAS ACQUARIUM

Titolo: - SLOTH-MOTION

nome: CHIARA MARCHETTI

Classe: III C SCIENZE APPLICATE

Data: 17-12-2011

Luogo dello scatto: ACQUAFREDDA (BS)

Titolo: - I HATE/LOVE YOU

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FALCONEXPRESS50febbraio 2013 FALCONEXPRESS51

Per Oscar Wilde è l’unico peccato per cui non c’è perdo-

no. Petrarca la definisce nobile sentimento e Kant addirittura un pungolo che ci spinge ad agire!!Stiamo parlando della noia, un sentimento che ha un ruolo da protagoni-sta nella nostra cultura.La noia è da sempre con-siderata responsabile di ogni genere di mali, dai comportamenti peccami-nosi o immorali allo stress, fino al suicidio. Non solo, in tempi recenti è diventa-ta un fenomeno di massa. Tutti sappiamo che signifi-ca annoiarsi, ma darne una definizione non è facile. Al-cuni studi collegano la pro-pensione alla noia con una ridotta attività del sistema limbico della ricompensa, o addirittura con un’altera-zione nella secrezione di endogeni, che rendereb-be lo stato di noia simile a una lieve sindrome di asti-nenza. Il pensiero psicoa-nalitico collega la noia alla soppressione del limite, all’incapacità di rinunciare ad un sogno di onnipoten-za. In termini etimologi-ci, la parola noia, deriva dal latino in odio habere, ossia avere in odio, detestare.Per Kant il concetto di noia è legato al tempo, cui si ri-ferisce a due livelli diver-si. Quello organico/mecca-nico, in cui il tempo è una

quantità calcolabile, e la dimensione spirituale che nasce dal nostro interes-se, dalla volontà di riem-pire ogni attimo con una precisa finalità. Il presente, insomma, dovrebbe pre-parare il futuro, ed è quan-do questa attesa si spe-gne che subentra la noia. Lo stesso concetto è sta-to espresso in passato con termini diversi. Basti pen-sare al concetto di taedium vitae espresso da Seneca nelle Lettere a Lucilio “una noia che nasce dalla perce-zione del dolore del mon-do …”Quando la noia è conta-giosa: io sbadiglio. Perché gli sbadigli, respiri profon-di accompagnati da con-trazioni muscolari, atte a essere sintomo di noia, sono estremamente con-tagiosi? Uno studio recen-te, pubblicato sulla rivista “… One”, dimostra che lo sbadiglio si trasmette per lo più tra persone che si vogliono bene, come ami-ci, parenti stretti, coppie. Sembra infatti, come ha

spiegato lo psicologo An-drew Gallap sulla rivista “Evolutionary Neuroscien-ze”, che gli sbadigli diven-tino molto più contagio-si d’estate e comunque quando fa molto caldo, per aumentare l’ossigenazio-ne dell’organismo, oppure secondo teorie più recenti, per raffreddare il cervello, un po’ come avviene con la ventilazione di un com-puter. Tra i pensatori che hanno dedicato parte del-la loro attenzione al tema della noia vi è prima di tut-ti, Leopardi, che vedeva la noia come il “desiderio di felicità lasciato allo stato puro” (o meglio non finaliz-zato ad un progetto); se-gue Schopenhauer, per il quale la vita oscilla tra do-lore e noia, dimostrazione dell’inutilità dell’esistenza umana. Per Kienk il discor-so è un po’ diverso, tale pensatore afferma infatti: se la nostra vita avesse un senso positivo basterebbe a soddisfarci e la noia ces-serebbe di esistere.È però Heidegger, più di tutti, il filosofo che si è de-dicato maggiormente al problema della noia, in particolare la noia che si presenta all’uomo di fron-te alla “perdita di senso dell’esistenza”.Il tema affrontato già da pensatori precedenti per-mane quindi ancora oggi nella vita di tutti gli uomi-

ni; in una qualsiasi rela-zione la noia è infatti sim-bolo di crisi, di mancanza di passione, intesa come benessere, voglia di vive-re, equilibrio tra la propria vita e le proprie emozioni. Contrariamente a chi vede la noia in senso negativo, c’è poi il pensiero buddi-sta, per il quale essa è un momento propedeutico dell’autocoscienza e so-prattutto, a nostro riguar-do, dell’iniziativa:Cristoforo Colombo avreb-be mai scoperto l’America

se non si fosse annoiato?Quante volte nelle noti-zie di cronaca nera si sen-tono episodi di violenza o aggressione verso esseri umani o animali, giustifica-ti con la frase “…l’ho fatto perché mi annoiavo ..” ep-pure la noia non è mai sta-ta considerata una vera pa-tologia.Studi rivelano invece che la componente del tem-po, per citare un esempio, risulta una delle principali dimostrazioni di tale disa-gio: una persona sogget-

ta a noia mostrerebbe una elevata difficoltà a percepi-re il tempo e a fare una sti-ma più o meno precisa del suo trascorrere.Viene qui riportato, un elenco di 27 domande, elaborato dall’Università dell’Oregon con il nome di Boredom Proneness Sca-le, al quale il lettore può sottoporsi per “misurare la propria noia” potendo così scegliere di cambiare il proprio modo di percepire e vivere il mondo, o rima-nere un “eterno annoiato”.

Test: Misura la tua noiaEcco la ‘Boredom Proneness Scale’, il testo elaborato per misurare la propensione ad annoiarsi. Basta rispondere alle domande con un voto su una scala da 1 (molto in di-saccordo) a 7 (molto d’accordo). Sapendo che 2 persone su 3 ottengono un punteggio compreso tra 81 e 117, mentre il 2,3% ha un punteggio a 63 o superiore a 135, valutate il vostro livello di noia!

CHE NOIA!Il malessere della società moderna

a cura di Francesca GUINDANI e Silvia PIAZZA (VAs)

1) Mi risulta facile concen-trarmi su quello che faccio2) Quando lavoro mi trovo spesso a pensare ad altri problemi3) Mi sembra che il tempo passi troppo lentamente4) Spesso mi sento smarri-to, senza sapere cosa fare5) Spesso sono intrappola-to in situazioni in cui devo fare cose senza senso6) Guardare dispositivi o filmini a casa di amici è una noia mortale7) Non sono mai a corto di progetti, di cose da fare8) Non ho problemi a di-vertirmi da solo9) Molte delle cose che devo fare sono ripetitive o monotone10) Rispetto alla maggior parte della gente ho biso-gno di più stimoli per “fun-zionare” adeguatamente11) Trovo eccitante la mag-

gior parte delle cose che faccio12) Il mio lavoro è rara-mente fonte di entusiasmo13) In qualunque situazio-ne riesco a trovare qualco-sa di interessante da fare o da vedere14) Mi capita spesso di sta-re seduto a far niente15) Sono capace di aspet-tare pazientemente16) Mi trovo spesso con tempo a disposizione e niente da fare17) Divento impaziente quando sono costretto ad aspettare, per esempio in coda18) Mi capita spesso di svegliarmi con una nuova idea in testa19) Sarebbe molto difficile per me trovare un lavoro sufficientemente entusia-smante20) Nella mia vita mi pia-

cerebbe affrontare un maggior numero di sfide21) Per la maggior parte del tempo ho la sensazio-ne di lavorare al di sotto delle mie capacità22) Molte persone mi de-finirebbero un creativo o una persona dotata di im-maginazione23) Ho tanti interessi e non ho tempo di seguir-li tutti24)Tra i miei amici, sono il più costante nelle proprie attività25) Se non sono impegna-to in attività eccitanti o pericolose mi sembra di morire di noia26) Novità e cambiamen-ti sono indispensabili per rendermi davvero felice27) Mi sembra che alla te-levisione o al cinema si vedano sempre le stesse cose, roba vecchia

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homo sapiens o homo stupidus?Animali estinti, un monito per l’umanità

a cura di Stefano SOLAZZI (IVAs)

Il fascino del pianeta Ter-ra sta nella sua varie-tà di paesaggi, si passa dal freddo dei poli al cal-do equatoriale delle fo-reste pluviali, dal clima temperato delle nostre zone a quello caratteriz-zato da fortissime escur-sioni termiche come nei deserti. Ogni luogo pre-senta caratteristiche di-verse, dissimile scenario, differenti popolazio-ni, diversa flora e diver-sa fauna. Siamo tutti d’accordo nell’afferma-re che gli animali han-no un ruolo fondamen-tale all’interno di una certa zona? Si potreb-be immaginare un’Afri-ca senza i propri animali caratteristici?Attraverso il corso di Madre Natura miriadi di specie animali sono evo-lute in nuove o si sono estinte completamen-te, questo è un dato di fatto, per estinzione si intende la cessazione dell’esistenza di una cer-ta specie.Ma nell’epoca moderna, al di fuori del corso or-dinario, la caccia sfrena-ta e la distruzione degli habitat naturali hanno portato svariate specie

animali alla completa cancellazione o alla de-cimazione; alcuni esse-ri riescono o sono riusci-ti ad adattarsi al nuovo ambiente, altri, dopo la modificazione del pro-prio habitat, si sono gra-dualmente estinti.A oggi le specie animali sono classificate secon-do lo “Stato di conser-vazione” comprenden-te le seguenti categorie: LC(Rischio minino), NT(Prossimo alla minac-cia), VU(Vulnerabile), EN(In pericolo), CR(Critico), EW(Estinto in natura, cioè specie che sopravvivono solo in cattività), EX(Estinto).Poiché lo stato di con-servazione di un ani-

male non è facile da appurare, le estinzio-ni vengono solitamente confermate molto tem-po dopo l’evento effet-tivo; per questo motivo esistono le sottocatego-rie: PEW(Probabilmente estinto in natura), PE(Probabilmente estin-to), DD(Dati insufficien-ti), NE(Non valutato).Con ogni specie scom-parsa se ne va una pagi-na della storia del nostro pianeta, per questo è sempre gradita una pre-sa di coscienza ii que-sto senso; infatti, le azio-ni degli uomini di oggi portano alla distruzione di molti habitat natura-li, primo tra tutti lo scio-glimento dei ghiacci del Polo Nord che ha por-tato l’Orso Bianco(Ursus maritimus) a entrare nel-la categoria VU. Secondo le previsioni di Simon Stuart dello Iucn, l’Unio-ne mondiale per la con-servazione della natura e le ricerche del Berke-ley Earth Project, l’Orso Bianco sarà EX entro 10 anni, se lo scioglimen-to dei ghiacci non si fer-merà (sfatando il luogo comune che esso è cau-sato solo dal riscalda-

mento globale, del resto si stanno creando i pre-supposti per la creazio-ni di impianti per l’estra-zione di petrolio e gas naturale in quelle zone che stanno diventando più accessibili, proprio a causa dello scoglimen-to (“Polo Nord, il nuo-vo Eldorado del petrolio”, Chiara Caprio, Corriere della Sera). Parlare solo di quest’ani-male è riduttivo, infat-ti esistono numerose specie animali in quella zona del nostro pianeta che vedendosi distrug-gere progressivamen-te il loro ecosistema non sapranno come soprav-vivere. Tra le specie anima-li europee estinte tro-viamo l’alce del Cauca-so (estinta nel 1810), l’uro(un tipo di bovino, 1627), la tigre del caspio (1960), l’alca impenne (1852), il pfarrig (un pe-sce, 1900); in America la ritina di Steller (la “Vacca di mare”, 1767, scoper-ta nel 1741, sterminata in pochi anni), il coguaro orientale (sottospecie di puma dichiarato estinto il 2 Marzo 2011), il pic-cione migratore (1766). In Asia il lupo di Hok-kairdo (1889), il cervo di Schomburgk (1938), la tigre di Bali (1937), le tigri di Giava e del Ca-spio (1980), l’orso gi-

gante della Kamchatka (1920). In Africa il quag-ga (una sottospecie di zebra, 1883), antilope azzurra (1799), il faco-cero del capo (1900), il dodo (un uccello ende-mico dell’isola Mauritius, 1651).Le specie a rischio sono innumerevoli, oltre il già citato Orso Pola-re troviano il Panda gi-gante, la foca monaca, la Tigre, la balenotte-ra, lo scimpanzè, il pic-chio imperiale e molti ancora.Ormai l’estinzione di queste specie è irrecu-perabile, si stanno por-tando avanti ricerche mirate alla clonazio-ne del DNA di alcune di queste, ma i risultati non sono ancora visibili.Per non creare situazio-ni analoghe si può solo proteggere le specie animali a rischio e il loro habitat, reprimendo du-ramente la caccia e sal-vaguardarle dall’azione distruttiva dell’uomo.Esiste, in Giappone, un cimitero dove sono

conservate le lapidi del-le specie animali che non sono più presenti sulla terra. Esso è parte di una presa di coscien-za che si sta affermando in questo tempo, alcuni uomini, forse più umani di altri, capiscono l’im-portanza di difendere il pianeta insieme ai suoi essere viventi, compre-se le piante.Madre Natura continue-rà a essere sottomes-sa all’uomo o, prima o poi, ci estinguerà a sua volta? Si può speculare sul-la superiorità dell’uo-mo, ma alcuni fatti re-centi evidenziano la sua debolezza nei confron-ti del proprio pianeta. Siamo certo “Homo Sa-piens”, il maggior esem-pio di vita intelligente sul nostro pianeta, ma in quanto tali dovrem-mo tenere conto delle nostre azioni rispettan-do la Terra.Dovremmo deciderci a valorizzare la vita, recu-perare alcuni valori che abbiamo perso sotto-stando ai poteri falsi e illusori (politica, televi-sione, internet) e creare tutti insieme un mon-do nuovo: dove saremo ospiti del nostro Piane-ta (e con nuove scoper-te, dell’Universo), uniti per la Vita e per la feli-cità di tutti.

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FALCONEXPRESS56febbraio 2013 FALCONEXPRESS57

“La morte di Ivan Il’ic” è un ro-manzo di uno

spessore e di una pro-fondità struggente, è la storia della metamor-fosi di una coscienza, dell’epilogo di una non-vita. Tolstoj, con il suo sti-le misurato, racconta di un uomo che cade ine-sorabilmente nella con-venzionalità delle scelte e illustra l’ipocrisia che caratterizza una società chiusa nel suo meschino decoro borghese. L’au-

tore descrive accurata-mente il percorso intra-

preso da Ivan Il’ic, dai sinto-mi della ma-lattia alla sua inesorabi-le fine. La di-sperazione in cui piom-ba è tangibi-le ma negli ultimi gior-ni di sofferen-za il protago-nista rompe l’inganno in cui aveva vis-suto una vita intera e si ri-trova final-mente uomo,

anche a costo di ammet-tere che tutte le appa-renze sono state enormi sbagli. Questo condu-ce il lettore a rispecchia-re su di sè l’analisi in-trospettiva dello stesso protagonista, consape-vole che la feroce men-zogna che la vita rappre-senta si sarebbe sciolta nell’istante in cui la spe-ranza di vivere l’avreb-be lasciato. La fragilità di Ivan Il’ic racchiude, infat-ti, l’umanità intera. Uma-nità che si lascia coglie-re impreparata perchè non ha ancora imparato a rimediare ai propri er-rori e, di conseguenza, a cambiare la propria sto-ria. Il romanzo è di una chiarezza terribile, è una vicenda normalissima narrata in maniera uni-ca. Ma quanti sono gli uomini ridotti a brandel-li, svuotati dentro e fuo-ri e resi fantasmi di loro stessi dalla morte? E tut-to questo solo per l’inca-pacità di concepirla, di accettarla come rinasci-ta dell’anima. “La morte di Ivan Il’ic” non è, quindi, un roman-zo negativo, ma un inno alla vita da non perdere.

la morte di ivan ill’icLa storia della metamorfosi di una coscienza

a cura di Andrea BERGAMASCHI (IICri)

Lev TOLSTOI - 1828/1910

Dentro MeUn sentimento giocondo

Ribolle in me,è l’amore profondo

che provo per te.Ma purtroppo ad un altro

Il tuo core hai donato,e si strugge in un antro

il mio ego adirato,ogni volta che lo vedo

mi si stringe il cuorecome se cercasse

di trattenervi l’amore.Per me però proviun sol sentimento

ed è l’amicizia,l’eterno tormento.

Un dì capiraio almeno speriamo

che non so più che fareper dirti che t’amo.

Paolo BOTTURI (IVAs)

La MorteLa morte è come una vecchia amicasempre presenteche ci aspetta oltre il valicodella pazzia della mentecome se in tutta la vita,come una guida ci avesse seguitoe ci avesse consigliatodi fare scelte a volte sbagliatetalvolta, fortunatamente, non ascoltate.Ed è allora che essa adiratacerca forsennatadi farci lo sgambettoper impedirci di percorreredella vita il sentiero retto.Ma è proprio così che va la vita,arriva come una fresca brezzain un caldo giorno d’estate,lasciando tutti piacevolmente sorpresi,e con la stessa rapiditàessa se ne và, senza preavviso,lasciandoci qui a disperarciper quanto più caro avevamo,che è andato perduto.

Paolo BOTTURI (IVAs)

eros e thanatos

Gustav KlimtVita e morte

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FALCONEXPRESS58febbraio 2013 FALCONEXPRESS59

limiti, in particolare du-rante i live, prendiamo queste influenze musicali e ne ricaviamo qualcosa.Pro e Contro dell’auto-produzione (un limite o un opportunità?)Davide: la due! Sicura-mente una grande op-portunità da sfruttare che ti permette di sviluppare un’identità artistica perso-nale e ti offre la possibili-tà di “giocare” con effetti e suoni particolari che van-no a strutturare la perso-nalità della combriccola

Le influenze?Davide: ce n’è una per ogni canzone! L’influenza principale arriva dai led zeppelin, gruppo preferito di sempre, per la varietà di colori delle loro canzoni e la capacità, tralascian-do l’abilità tecnica, di spo-starsi da pezzi rock al pop e non solo all’interno di un stesso album. [E dopo un rapido ascolto di noi intervistatori possiamo dire che questa è una ca-ratteristica che si ritrova esattamente nell’album

e nel modo di suona-re degl’Alley]; come Ta-les From The Pizzeria che mantiene un unico filone di logica ma vuole ogni canzone a se stante.Altre ispirazioni: i Roxy Music e, suggerito da Fe-derico, Ben Hansen.Due parole per definire l’album.Davide: per forza due?! Io pensavo ad una: CUPI-DIGIA (pronunciata con ambigua gestualità)Federico: è qui tutta la te-atralità di quest’uomo.

Invitiamo quindi i lettori del falcone express ad ascoltare e comprare l’album, attraverso le coordinate presenti sulla pagina facebook di Alley e ringraziamo la combriccola per la di-sponibilità e per la simpatia con cui si presentano. Ricordiamo inoltre che il video comple-to dell’intervista sarà disponibile sulla medesima pagina fb .

Un haug a tutti

Quando e come na-scete?Davide: Il proget-

to di Alley nasce precisa-mente il 14 novembre 2011. Un sabato sera mi è capi-tato, come può capitare, di non uscire e di voler fare qualcosa di diverso, come quando uno non ha lo sbatti di voler andare fuo-ri. Così in una notte è nato il primo progetto di Alley per una necessità di sfogo, qualcosa che era necessa-rio immortalare in qualche modo. È successo in una notte, in cui ho fatto le inci-sioni; il giorno dopo ho fat-to il mixaggio, il mastering

e tutto ciò che serviva. Infatti Alley non sono io e non sono loro, ma è piut-tosto un’entità a se stante siccome, per l’appunto, Al-ley è il vicolino. Poi, sicco-me il progetto non poteva rimanere solo sull’album, mi sono trovato con “que-sti amiconi” per ripropor-re questi pezzi. La presen-tazione del primo album è avvenuta al Piper di caste-lnuovo il 3 giugno 2012, in cui abbiamo deciso di stra-volgere i brani secondo i gusti personali di ognuno.Come si pone la vostra musica nei confronti dei gusti commerciali dei

giovani d’oggi?Giacomo: Secondo me ognuno è libero di ascolta-re ciò che gli pare e piace, a patto che ci sia il rispetto

per artisti che han-no innovato o lan-ciato dei generi di qualunque tipo. Purtroppo non sia-mo in un Paese molto acculturato musicalmente, non è solo colpa della gente ma anche di quanto viene pro-

posto dai mass media.Davide: Più che altro consi-derano una fatica sceglie-re cosa ascoltare. Uno che scarica canzoni in blocco, magari non ha la voglia di approfondire e andarsi a sentire anche il resto delle canzoni dell’album.Samuele: Dal mio punto di vista non vogliamo porci come qualcosa di alterna-tivo, infatti alcune canzo-ni possono essere benissi-mo pop.Davide: Viene preso il gu-sto collettivo, siccome co-nosciamo i nostri gusti e

Salve a tutti cari lettori del Falconexpress, per l’edizione di quest’anno abbiamo pensato di riproporre il progetto del Music Planet, nato lo scorso anno scolastico.In questo numero abbiamo voluto esplorare il panorama musicale indipendente dell’in-tera provincia, in particolare ci siamo soffermati sul recente progetto di una band che ha già percorso le fatiche di un album autoprodotto e con l’ultimo disco si è dimostrata capa-ce di rielaborare con suoni moderni il rock degli anni ‘70: gli Alley.Il gruppo: Davide Chiari (voce, chitarra, tastiere), Damiano Negrisoli (voce e chitarra so-lista), Giacomo Parisio (basso e voce), Samuele Pedrazzani (chitarra, voce, sassofono e tastiere), Moreno Barbieri (batteria).

music planetIntervista agli Alley, interesse band emergente del territorio

a cura di Niccolò DONINELLI (VAs) e Ludovico RUGGENENTI (IVCs)

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FALCONEXPRESS60febbraio 2013 FALCONEXPRESS61

Si corre per tanti mo-tivi: per lavoro, per hobby, per il solo pia-

cere di correre, per il fisico, per far battere il cuore; si corre con tanti motivi: con i propri amici, con tanti sconosciuti, con la propria squadra, con i propri pen-sieri; si corre per un kilo-metro, si corre per sempre; si corre con qualsiasi con-dizione meteo; si corre per uno scopo; si corre per un sogno; si corre per la vita; si corre per quelli che non possono; si corre…perché è fantastico correre.Ho iniziato a correre circa due anni fa, in un noiosissi-mo pomeriggio di agosto. Scarpe da ginnastica (non da corsa), maglietta e pan-taloncini. E via. Mezz’ora di corsa, ma ogni cinque minuti ero costretto a fer-marmi.Col tempo, con la costanza, con la pazienza, e soprat-tutto con la volontà, sono arrivato ad aumentare la mia resistenza sempre di più. Fino alla meta che tut-ti i runner sognano. Termi-nare una maratona.L’opportunità l’ho avuto il 25 novembre 2012, alla XXIX Firenze Marathon. Nella città che ha dato i na-tali al Sommo Poeta, si po-teva notare già il percorso che sarebbe stato seguito da quasi diecimila podisti:

un sottile segno verde che si snodava tra le vie, che si avvicinava ai monumen-ti, che portava al bellissi-mo Parco Cascine, ai palaz-zi storici e passava alcuni ponti, tra cui il suggestivo Ponte Vecchio.Vi riporto la mia esperien-za.La sveglia è abbastanza presto: sono le 5 e 20, è do-menica mattina, il 25 no-vembre 2012 e fra poche ore parte la XXIX marato-na di Firenze. La mia prima maratona.Colazione quasi leggera, poi risveglio muscolare; mi vesto (maglia lunga, il cie-lo è coperto), cerco di cari-carmi. La motivazione è al-tissima, dal punto di vista fisico e mentale sto benis-simo. Non resta che partire.Alle 8 sono già in zona par-tenza; deposito la borsa e sono praticamente pronto. Numero 9726.La partenza è alle 9 e 20; l’attesa è lunga. Fatto un

briciolo di allenamento, cerco la concentrazione psicologica adeguata. Con-trollo il tempo, che passa molto lentamente. Cerco di concentrarmi.È il momento: puntualissi-mo arriva il “via!”; per l’ef-fetto imbuto passo dalla partenza dopo quattro mi-nuti e facendo due calcoli i primi hanno già fatto più di un kilometro.La partenza è lenta, in fon-do siamo quasi in diecimi-la; vedo Dj Linus, ma non lo disturbo. Non potrei mai disturbare il mio Mito.Dopo tre kilometri sono già in mezze maniche. Al sesto kilometro vedo i pri-mi atleti, tutti del Kenya, che sono nell’altra corsia e già al tredicesimo.Passano i secondi e i metri e mi avvicino ad un primo traguardo. La mezza mara-tona. Arrivo al diciannove-simo km e vedo il pettorale numero 70. È Matteo Ren-zi, mi avvicino e gli dico due parole di incoraggia-mento per la corsa e per le primarie, poi proseguo per la mia strada.Dopo 1h 53’ 29’’ finisco la mezza maratona: 21,097 km. Prendo il secondo gel e mi si profila un’idea, quella di finire la maratona in meno di quattro ore. In fondo, sto bene sia fisica-mente sia psicologicamen-

te. Poi il pubblico presente incoraggia tantissimo. Sedici minuti dopo arri-va la notizia che un kenio-ta ha tagliato il traguardo e ha finito la maratona in due ore, nove minuti e cin-quantanove secondi. Un mostro!Ma il maligno è sempre in agguato! Arriva il pro-blema con la C maiuscola: crampi. Crampi poco dopo il ventitreesimo km. Allora penso che devo ritirarmi. Mica posso fare quasi venti kilometri camminando!!!In questo momento, penso a frasi che mi possono dare ancora carica. Il traguar-do è lontano, ma la mia vo-lontà è più forte; devo ti-rare fuori la tigre che c’è in me; devo dare il meglio di me stesso e superare il mio limite; e così via. Ma è un vero e proprio calvario fino al trentesimo km: ci arrivo correndo lentissimamen-te e camminando, cammi-nando e correndo lentissi-mamente. Sono passate 2h 51’ 53’’ e il cielo lascia le nu-vole e si tinge di azzurro. Il sole è alto e picchia e non bacia né belli né brutti, ma bacia noi maratoneti che amiamo un po’ di fatica.Così arrivo al punto ristoro, e qui mando giù limone e sali minerali a più non pos-so, mi bagno le gambe con la speranza di raffreddarle e riprendo a correre come all’inizio, senza problemi. Sembro rinato, sembra che io non abbia corso i trenta km precedenti.La linea verde continua tra

i punti più belli di Firen-ze: vedo lo stadio, le vie del centro, ripenso a Palazzo Pitti. Penso che tra pochi metri passerò sotto il Duo-mo, dove vedrò la cupola del Brunelleschi. E così av-viene.Al trentacinquesimo km, eccolo lì. Come un guar-diano, il Duomo si mette in mostra per noi runner, per darci ancora forza, per dir-ci che mancano circa set-te km e il traguardo è alla nostra portata. Mi fermo ancora al ristoro e al pun-to spugnaggio e faccio lo stesso rituale fatto in pre-cedenza. Kilometri trentasei, tren-tasette, trentotto. Supe-rato quest’ultimo, ritor-nano i crampi (maledetti) e non mi perdo d’animo. Sono quasi arrivato e vedo il quarantesimo kilometro, superato dopo 4h 00’ 03’’. Media perfetta di dieci ki-lometri all’ora, media per-fetta di sei minuti al kilo-metro. Come un orologio svizzero.Mancano solo 2195 me-tri e questi sembrano in-terminabili. Li faccio con la Cristina (categoria MF 40) e con il Gigi, un over ses-santenne e con oltre tren-ta maratone all’attivo. Altro mostro!Prima del cartello del kilo-

metro 41, si vede il cartel-lo del venticinquesimo mi-glio. Mancano solo 1609 cazzutissimi metri. Me li godo tutti perché sono gli ultimi metri della mia pri-ma maratona. Nel frattem-po, penso.Penso ad alcuni messaggi di incoraggiamento mol-to belli che mi sono arriva-ti per sms o via Fb; penso che a casa e a Castelnuovo c’è il tifo per me; sono con-tento perché ho visto Ren-zi e Dj Linus; penso al cieco che correva in compagnia della sua guida (i suoi oc-chi) e al prete che ha corso anch’egli la maratona.Intanto vado avanti e vedo il cartello con il numero 42.Io, la Cristina e il Gigi ci te-niamo per mano. Manca-no 195 metri. Si intrave-de Santa Croce, tutta nella sua maestà, che ci acco-glie. Penso alla prossima maratona che voglio asso-lutamente fare perché, an-che se la fatica e il dolore ci sono stati, non sono stati così tanto amati.Pochi metri e con le mani in alto supero il traguardo, in compagnia di tanti altri.Ho fatto 26,2 miglia (o 42,195 km). Il sogno del maratoneta si è avverato.Guardo il mio cronometro perché da quello ufficia-le bisogna togliere l’effetto imbuto.4h 13’ 48’’. Segno di croce, occhi al cielo. Mi metto-no la medaglia al collo, che bacio subito.A stento trattengo le la-crime.

Si corre per tanti motiviSegui il segno, corri il sogno: la mia prima maratona.

a cura di Angelo BADINELLI (ex studente)

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FALCONEXPRESS62febbraio 2013

È stata una bellissi-ma festa di comple-anno quella che ha

visto protagonista la so-cietà pallavolistica Mura Asola: i 40 anni della socie-tà sono passati di fronte a più di duecento tra gioca-tori, ex giocatori, sportivi e amici grazie alle immagini proiettate e all’emozionan-te racconto fatto da quello che rappresenta la sintesi di questa società, l’allena-tore Ilario Bonandi. È stato lui a fare gli onori di casa, passando in rassegna tut-ti i momenti emozionanti di questi anni, dalla fonda-zione del 1972, ai proble-mi dei primi anni Ottanta e ai grandi successi giovani-li di fine anni Ottanta. Ne-gli anni Novanta poi anco-ra successi con la squadra maggiore che ha raggiun-to la B2 nazionale, mante-nuta per ben 10 anni con la sola forza dei giocatori

reclutati dalle scuole loca-li, un successo che i molti ospiti non hanno manca-to di rimarcare. Tra questi giova ricordare la presenza dei nazionali Andrea Ana-stasi (ora ct della Polonia) e Simone Giazzoli, ex gio-catore della Pallavolo Mura Asola, oltre al presidente provinciale Ernesto Torre, lo sponsor storico Miche-le Mura, altro ex giocatore, e il presidente attuale Mat-teo Rivera. Presenti an-che l’assessore provinciale Zaltieri e il vicesindaco di Asola Carminati. Tra i mo-menti di maggior emozio-ne quelli in cui si è raccon-tata la partenza di questa società, col gruppo di ra-gazzi che hanno formato la squadra (Bonandi, Mura, Grazioli, Bergamini), gra-zie anche al supporto del

primo presidente Luigi Mura. A margine i ringra-ziamenti anche per il cen-tro sportivo di Asola, per il Comune e per le scuole che hanno sempre soste-nuto la società che ancora oggi è in grado di affron-tare un campionato di Se-rie C e 5 campionati giova-nili. Un commosso ricordo è andato infine allo storico autista della società Dani-lo Furlotti deceduto pochi anni fa. Al termine dei rin-graziamenti tutti i parteci-panti alla festa sono stati invitati ad un rinfresco con Bonandi che leggeva una e-mail del tecnico nazio-nale Julio Velasco che, per motivi familiari, non ha po-tuto partecipare, ma che ha voluto comunque rin-graziare la società asolana per il suo lavoro.

tutti pazzi per ilarioLa Società pallavolistica MURA di Asola festeggia i suoi primi quarant’anni

a cura della RedazioneSiamo davvero orgogliosi di poter annoverare nel nostro corpo docenti il prof. Ilario BO-NANDI, un educatore ed un atleta che ha saputo trasmettere nel corso della sua lunga e gloriosa attività quei valori dello sport (lealtà, solidarietà, passione, coraggio ecc.) che, og-gigiorno, vengono spesso ignorati in nome di logiche legate al mercato e allo spettacolo. Riportiamo di seguito il bell’articolo scritto da Fiorenzo ZANELLA e pubblicato sulla Gaz-zetta di Mantova.

A ILARIOPer l’impegno e la passione, per i valori profon-di che ha saputo trasmettere. Da tutti i giovani che con lui e grazie a lui, nello sport hanno trovato la convinzione che solo la volontà, la costanza e il ri-spetto per gli altri conducono al vero successo. Asola, 25 settembre 2012

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FALCONEXPRESS64febbraio 2013 FALCONEXPRESS65

I videogiochi, diffu-si su larga scala dagli anni ‘70, sono ormai

diventati un fenomeno culturale di massa, dispo-nibili e conosciuti prati-camente dovunque, fru-iti da un’utenza sempre maggiore, costituita prin-cipalmente da giovani di

età compresa fra i 16 e i 28 anni. I videogiochi devono questo incredibile suc-cesso ai loro pregi, come il permettere di evadere un po’ dalla realtà per en-trare in una fantasia dove siamo noi gli eroi prota-gonisti, dove possiamo

fare quello che voglia-mo, dove possiamo cre-arci una nostra persona-lissima seconda vita, una vita virtuale. I videogio-chi, purtroppo però, sono tutt’altro che salutari. Certo, possono stimola-re alcune zone del cervel-lo e portare determinati benefici, ma i rischi che si corrono giocandoci sono molti e molto alti. Sono tanti i genitori che pensano di tenere al sicu-ro i propri figli lasciandoli a casa a giocare ai video-games, in modo che eviti-no i pericoli della vita rea-le, ma questo è sbagliato per un paio di motivi. In-nanzitutto, alcuni peri-coli della vita reale offro-no ai ragazzi occasioni di crescita, esperienze che è bene per loro vivere. In secondo luogo, questi ra-gazzi eviteranno di sicuro i pericoli reali, ma incap-peranno in quelli “virtua-li”. Giocare troppo ai vi-deogiochi, infatti, porta a danni sia fisici sia men-tali. Fisici perché i video-giocatori tendono a non fare molto movimento e

avvertenza: i videogiochi fanno male

La mia personale esperienza per mettervi in guardia dai rischi dei videogiochi

a cura di Kevin BRUNELLI (IVAs)

quindi spesso ingrassa-no e risentono anche di malformazioni alla spina dorsale, dovute alle rigi-de posture assunte men-tre giocano. Ci sono poi i danni neurologici, come le convulsioni, che però si riscontrano particolar-mente in soggetti affet-ti da epilessia fotosensi-tiva o da disturbi simili, che rendono il cervello intollerante a forti sbal-zi di luminosità, proprio come quelli dei videogio-chi. Molti videogames, in particolare quelli vio-lenti come gli sparatutto, aumentano l’aggressivi-tà dei giocatori. Costoro, inoltre, mostrano di fre-quente problemi a comu-nicare e, specialmente, a socializzare con gli altri, non avendo vissuto ab-bastanza esperienze nella vita reale. Molti pensano che per ovviare a tutti questi pro-blemi basti giocare di meno, organizzando me-glio le ore di gioco. Que-sto è vero, ma non è facil-mente attuabile. Infatti, i videogiochi portano con sé una vera e pro-pria dipendenza, come una droga, che invoglia il giocatore a continuare e a continuare a giocare, sempre di più. Lo sosten-gono pure lo psicologo Douglas Gentile e il tera-pista Steve Pope, il quale ha affermato al Lancashi-

re Evening Post, un gior-nale inglese, che “passa-re due ore ai videogiochi equivale ad assumere una striscia di cocaina”. Comunque stiano vera-mente le cose, i video-giochi sono un fenome-no relativamente recente, quindi non si sa ancora con certezza cosa succe-derà da grandi ai bambi-ni videogiocatori. Tra l’al-tro, è il videogioco che crea bambini problema-tici, o sono i bambini con delle difficoltà di cresci-ta che sono più sogget-ti a lasciarsi attrarre dai vi-deogiochi? O entrambe le caratteristiche sono de-terminate da qualche al-tra variabile a monte?Io non posso darvi delle risposte certe, ma posso offrirvi la mia esperienza personale come video-giocatore. Gioco ai vide-ogiochi da quando avevo sei anni e, dunque, pos-so affermare di aver spre-cato praticamente più di dieci anni della mia vita, dieci anni importanti tra l’altro. Ma mi sono reso conto di questo trop-po tardi, quando ormai soffrivo già di alcuni dei problemi elencati sopra. Fra questi, quello con cui devo fare i conti tutti i giorni è l’asocialità. Gio-cando ai videogames per così tanti anni ho perso tantissime occasioni per conoscere persone nuo-

ve, per farmi nuovi ami-ci, insomma per socia-lizzare. Fino a non molto tempo fa ero molto più chiuso e riservato e usci-vo pochissimo. Poi, mi sono finalmente deciso ad aprirmi di più agli al-tri, a fare nuove amicizie, ad uscire di più, ma la si-tuazione è solo, parados-salmente, peggiorata. I videogiochi mi hanno privato di tante, trop-pe esperienze di forma-zione, così non riuscivo ad interagire e a comu-nicare bene con gli altri. Ho solamente sofferto di tutto questo, sono sta-to deriso e preso in giro, ho perso anche quei po-chi amici che avevo. Non mi sono comunque arre-so e sto tuttora cercan-do di cambiare me stes-so e la mia vita. Sto pure provando ad eliminare i videogiochi, o almeno a giocarci molto meno. Il problema è che è qua-si impossibile smettere di giocarci, perché, seb-bene tu sappia e ti renda conto che fanno male, ne senti sempre il biso-gno, esattamente come una droga. I videogames possono ri-sultare davvero danno-si per noi e per la nostra vita. Tuttavia, io non vi dico di non giocarci, anzi giocateci pure se volete, ma siate consapevoli dei rischi che correte.

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FALCONEXPRESS66febbraio 2013 FALCONEXPRESS67

Il 2013 sarà un anno di speranze e atte-se e come sempre il

mondo del cinema non lascia deluse le aspetta-tive dei tanti fans che il prossimo 24 febbraio se-guiranno la serata più stellata dell’anno, esal-tando o criticando i vin-citori degli Academy Awards 2013.Già le candidature usci-te lo scorso 10 Gennaio hanno lasciato sorpresi i più attenti appassionati (chi piacevolmente e chi non). Sono giunte infat-ti molte critiche per le as-senze alle candidature di Ben Affleck come miglior regista, già dato infatti come possibile vincitore, e del nostro italiano Giu-seppe Tornatore per il miglior film straniero.Tra i più quotati come possibili vincitori ci sono i film di Robert Zeme-ckis, Quentin Tarantino, Tom Hooper e Steven Spielberg ma anche un inaspettato Ang Lee ed uno speranzoso Ben Af-fleck. Questi sono infat-ti alcuni dei film segna-lati per le candidature di maggior rilievo.Ma la maggior attesa quest’anno non riguar-

da i soliti protagonisti, eleganti ed emoziona-ti come ogni anno per-ché per l’85° edizione de-gli Oscar il presentatore ha già fatto parlare di sé, e non poco: parliamo del comico Seth MacFarlane famoso per aver creato cartoni animati come “I Griffin “, “American Dad!” e il film “Ted”.In moltissimi già imma-ginano come si potrebbe trasformare la serata più seguita del mondo del ci-nema mentre a portare avanti tutto c’è colui che dà la voce al piccolo e sa-dico Stewie Griffin; anche se lo stesso Seth ha pro-messo di “fare il bravo al-meno per una sera”.Lincoln, Django Unchai-

ned, Les Misérables, La Vita di Pi, Argo, Amour, Flight… Non sono quin-di semplicemente i film più nominati per que-sti Academy Awards ma anche i più attesi per un anno all’insegna di gran-di novità.Impossibile citare tutti i nomi di chi renderà que-sto 2013 un anno spet-tacolare ma sicuramen-te gli appassionati non si annoieranno davanti ad una solita commedia, quando nelle sale cine-matografiche di tutto il mondo arriveranno i tan-to attesi capolavori del nuovo anno. Il ritorno di Quentin Tarantino con un western da far girare la testa, uno spettacola-re Daniel Day-Lewis nei panni del 16° presidente degli stati uniti d’America ed un altrettanto sensa-zionale Denzel Washing-ton nel premiatissimo Flight, ma molto atteso c’è anche il drammatico musical Les Misérables dal cast stellare che ha già fatto scalpore in tutta l’America, il thriller Argo che racconta le dramma-tiche vicende avvenu-te durante la rivoluzione iraniana e il nuovo suc-

cesso del taiwanese Ang Lee con la sua versione dell’odissea in Vita di Pi.Gli Accdemy Awards an-che quest’anno faran-no gioire ed emozionare i vincitori, faranno delu-dere i perdenti e come sempre: faranno parlare i critici. Io attendo gli Oscar 2013 per il tributo a James

Bond in occasione del 50° anniversario e per vedere Jean Dujardin che consegna l’oscar for-se alla più giovane (Qu-venzhané Wallis) o alla più anziana (Emmanuel-le Riva) donna ad aver ri-cevuto una candidatu-ra, ma non aspetto che sia una giuria a giudica-re il miglior film dell’an-

no, per ognuno di noi, appassionati e non il film più bello sarà quello che guarderanno con più passione e che farà emo-zionare di più, il film che per 365 giorni porterete nel cuore e che vi farà vi-vere questo nuovo anno con gioia, insomma che vi renderà questo 2013 un bellissimo film.

un nuovo anno tra film e speranzeQual è il film del 2013 che porterete per sempre nel cuore?

a cura di Giulia TONINELLI (IIAs)

“Q uello che so sull’amo-re”. Il nuovo film del

nostro italiano Ga-briele Muccino che dopo il

successo americano di “la ri-cerca della felicità” con Will

Smith torna in America per gi-rare una commedia romanti-

ca dal cast Hollywoodiano. La storia racconta le avventure

di George Dreyer che dopoa-ver abbandonato la professio-

ne di calciatore a causa di un brutto incidente e aver divor-

ziato dalla moglie, si ritrova nuovamente vicino alla sua famiglia quando diventa al-

lenatore della squadra di cal-cio in cui gioca suo figlio. Fra

una partita e l’altra e i cor-teggiamenti di mamme sole e seducenti, l’uomo tenterà

di riconquistare i suoi cari, e l’unica donna che abbia ve-

ramente amato, ora stan-ca di aspettare il marito tra

bugie e tradimenti.

Adesso al cinema

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FALCONEXPRESS68febbraio 2013 FALCONEXPRESS69

profsinasceprof.ssa Marisa PAGANINIMatematica e Fisica

prof.ssa RIZZARDELLIMatematica e Fisica

prof. Fabrizio COPERTINOFilosofia e Storia

prof si nasceIndividua il tuo insegnante tra questi innocenti pargoli

a cura di Cristina AGAZZI (Matematica e Fisica)

Eccoci giunti alla terza edizione di questa simpatica rubrica. Allora come è an-data? Avete individuato i vostri insegnanti? Se avete ancora qualche dubbio nessuna paura, nella pagina affianco le soluzioni.

Provate ora, facendo affidamento a tutto il vostro spirito di osservazione e alla vostra capacità di intuizione, ad indovinare anche questa nuova serie di insegnanti. Buon divertimento!

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Le soluzioni dello scorso numero

prof.ssa Danila GEROLA

Scienze

prof.ssa Saba MAINARDI

Matematica e Fisica

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i giochi di fxpPer un momento di relax tra una verifica e un’interrogazione

a cura di Giulia BELLINI e Giuditta LANZI (IVAs)

Risolvi questo indovinello senza leggerlo due volte:

Tu sei l’autista di un au-tobus che vuole sempre avere la situazione sotto controllo e ad ogni ferma-ta controlla chi sale e chi scende.Questo autobus compie un tragitto prestabilito di 5 fermate.La prima e l’ultima sono i capolinea.Inizia la sua corsa alle 8 del mattino, dura 1 ora e ter-mina il servizio alle 20.La capienza massima dell’autobus è di 20 per-sone.

Alla prima fermata:- sale un anziano di 79 anni con la sciarpa e il cappotto- sale un ragazzo con lo skateboard(Per un totale di 2 persone) Alla seconda fermata:- salgono 10 scolari- sale una signora anziana- salgono 3 uomini in di-visa(Per un totale di 16 perso-ne)Alla terza fermata:- scende la signora anziana- salgono 2 scolari- sale un ragazzo con i ca-pelli biondi- salgono due bambine con la palla

Alla quarta fermata:- scendono 8 scolari- sale una giovane coppia con la valigia- sale una insegnante di danza- scende un uomo in divisaAlla quinta fermata:- scendono tutti gli scolari- sale un amico dell’autista- scende un uomo in divisa- salgono 5 giocatori di ba-sket.

Quanti anni ha l’autista dell’autobus?

L’indovinello dell’autobus

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Riuscirai a trovare l’uscita del labirinto?Sudoku

Chiara MICHELOTTI (VAs)CHIAROSCURO

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FALCONE: Dall’8 febbraio all’8 marzoQuesto è l’animale sacro della civiltà dei Maya.

Il carattere delle persone nate sotto que-sto segno è molto forte e con grande am-bizione infatti possono ritenersi fortunati perché godranno di una sorte eccezionale per tutta la vita. Il loro senso di responsa-bilità e di dovere è un po’ messo in discus-sione, prima di preoccuparsi di se stessi si preoccupano degli altri. Odiano ricevere ordini e sono nati per comandare.

GIAGUARO: Dal 9 marzo al 5 aprileSanno dalla nascita ciò che vo-gliono e come ottenerlo. La

loro voglia di libertà e il senso di aiutare il più debole li portano spesso ad avere pro-blemi, anche se il loro senso di giustizia sarà sempre più forte. Hanno idee chiare e la passione in ciò che fanno è la loro carat-teristica più forte, anche se la pignoleria a volte può far perdere allettanti occasioni.

CANE: Dal 6 aprile al 3 maggioI nati sotto questo segno sono caratterizzati principalmente da altruismo e bontà d’animo.

Dotati di una grande intelligenza sono sempre pronti ad affrontare e superare ogni difficoltà, attendendo eventualmen-

te il momento più opportuno per agire. Il loro ambiente ideale è in mezzo alla natu-ra, lontano dal caos e lo smog delle città.

SERPENTE: Dal 4 maggio al 31 maggioA differenza di noi occidenta-li che vediamo negativamen-

te questo animale, i Maya lo identificano come lo spirito salvatore che illumina le menti.Sono molto raffinati e cortesi anche se, prima di concedere il loro amore si assicu-rano che non vado ad uno qualsiasi. Molto intelligenti, amano vivere bene, ma con ciò la loro etica esemplare è sempre in primo piano.

LEPRE: Dal 1 giugno al 28 giu-gnoLa caratteristica migliore delle Lepri sta nell’arte oratoria e co-

municativa. Amano avere un’intensa vita sociale, all’insegna di feste e uscite con amici; odiano la solitudine. Un’altra loro caratteristica è la tendenza a fantastica-re e a sognare a occhi aperti. Spesso però i loro sogni si trasformano in realtà!

TARTARUGA: Dal 29 giugno al 26 luglioLa pazienza è la virtù di questo segni, infatti sono i saggi per

eccellenza. Occorre impegnarsi per far ar-

rabbiare qualche Tartaruga, ma se ci si do-vesse riuscire, serve temere il peggio. La loro ira è terribile! Il tempo è il loro miglio-re alleato e avendo coscienza di questo, sanno che possono ottenere tutto ciò che vogliono anche senza correre.

PIPISTRELLO: Dal 27 luglio al 23 agostoQuesto è il segno degli eroi o

degli incoscienti: sono persone anima-te da senso di giustizia, amano comanda-re e riescono a farsi rispettare in ogni cir-costanza. Riescono sempre ad essere al centro dell’attenzione, indipendentemen-te da ciò che fanno o cercano di evitare. Grande pure il loro senso negli affari.

SCORPIONE: Dal 24 agosto al 20 settembreL’intelligenza è la loro caratteri-stica più grande. Sono dotati di

una memoria eccellente e questo li porta a non dimenticare mai nessuna offesa, an-che se generalmente non sono vendica-tivi. Sono persone molto timide ed è per questo che le loro qualità migliori rischia-no di passare inosservate. Pieni di buoni sentimenti e amano aiutare il prossimo.

CERVO: Dal 21 settembre al 18 ottobreIl segno della bellezza, i Cer-vi sono i grandi seduttori an-

che se devono ammettere di essere un po’ presuntuosi. Punti forti sono la creatività, una grande immaginazione e la dialettica, dominano come nessun altro l’altro l’ar-te del conversare. Odiano le discussioni e hanno un grande bisogno di essere tratta-ti con molto affetto.

CIVETTA: Dal 19 ottobre al 15 novembreE’ il segno più magico e pro-fondo. Non a caso è l’anima-

le più notturno e misterioso dell’Oro-scopo Maya. Hanno una capacità speciale nel far affrontare il subco-sciente altrui; infatti riescono ad esse-re molto d’aiuto per far trovare cose, idee o persone perdute o dimenticate. La virtù principale è l’intuizione.inizial-mente possono sembrare timidi, ma non lo sono.

PAVONE: Dal 16 novembre al 13 dicembreÈ un segno che ama metter-si in vista, vista la bellezza che

porta in sè questo animale. Amano pri-meggiare, competitivi sul lavoro e si sen-tono i migliori in tutto. Originali e creativi amano brillare di luce propria. Sarà anche per questo, ma i nati sotto questo segno non passano inosservati.

LUCERTOLA: Dal 14 dicembre al 10 gennaioCome le lucertole i nati di que-

sto periodo cambiano pelle nella vita. Sono persone che si sanno adattare ad ogni ambiente senza avere secondi fini, ma semplicemente Perché essendo mol-to generose hanno un cuore d’oro. A vol-te sono ritenute ingenue. Spicca la loro personalità, la più difficile da descrivere. Ogni persona di questo segno infatti ha la propria ed è impossibile classificarle in un unico gruppo.

SCIMMIA: Dall’11 gennaio al 7 febbraioChe siano persone aperte una volta conosciute, nessu-

no potrà metterlo in dubbio. La loro for-za e resistenza fisica sono una sicurez-za, così come una certezza è il loro senso dell’umorismo e una predisposizione al positivo. Devono sentirsi liberi sempre, so-prattutto nel lavoro. La fantasia deve es-sere il traino delle loro molte qualità, an-che se deve frenare il nervosismo anche rischierebbe di offuscarle.

Nonostante il fallimento della previsione circa la fine del mondo (dovuto in realtà ad un’er-rata e interessata interpretazione del loro calendario) noi vogliamo comunque rendere omaggio a questa grande civiltà scomparsa.La civiltà dei Maya, come è noto, si è sviluppata intorno al 2000 a.C. nell’America centra-le in una fascia territoriale che comprende parte del Messico, del Belize, del Guatemala e dell’Honduras. Intorno al 300 a.C. i Maya avevano già elaborato un sistema di scrittura e di calcolo e avevano principalmente due calendari: uno di tipo civile “Haab” e uno di tipo ri-tuale “Tzolkin”. Di fatto, questa popolazione, utilizzava questi calendari congiuntamente, come se fosse uno solo. Era formato da 260 giorni, ha più di duemila anni ed è un sistema diverso da tutti gli altri; malgrado questo, è l’esempio di un calendario perfetto.Accanto a questo, esisteva anche l’anno lunare, costituito da 13 mesi di 28 giorni ciascuno. Questo calendario lunare, suddiviso in 13 parti o mesi corrispondenti ad altrettanto ani-mali, costituisce la base del sistema astrologico della civiltà Maya.

oroscopo mayaAl di là dei catastrofismi

a cura di Elisa MILANI e Paola VOLPI (IVAs)

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Lucia TONELLIGiulia TONINELLIDiana TRATTANoemi VOLPIChiara ZANONI

Collaboratori esterniPaola ANTICOMichelle GALLIMichele ROMANIJoned SARWARBenedetta TURCATO

Hanno contribuito alla realizzazione e alla pro-mozione di FXPDirigenzaSegreteriaPersonale ATAProvincia di MantovaAssociazione ALBOSCUOLE

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FXP - Falcone expressanno V - numero 4 - febbraio 2013

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via Saccole Pignole, 3 - 46041 Asola (Mn)tel. 0376.710423 - 710318 / fax 0376.710425e-mail: [email protected]

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