ESCURSIONE A CORTONA (Toscana) ESCURSIONE A … A CORTONA Toscana.pdf · 2014-02-06 · prime guide...

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CONSIGLI UTCONSIGLI UTCONSIGLI UTCONSIGLI UTILIILIILIILI

Questa escursione si estende per una parte in territorio Umbro, con prevalenza della parte in territorio Toscano. La zona è molto bella, specie per chi è amante delle passeggiate tra le colline coltivate a vigneto e uliveto. Questo percorso si presta particolarmente per il turismo enogastronomico e consigliamo le visite presso le cantine che propongono degustazioni di prodotti tipici e vini di rilevanza internazionale (Chianti, Brunello, Morellino e tanti altri). Per raggiungere la città di Cortona in Toscana, partendo da Assisi, bisogna imboccare la 4corsie a S. Maria degli Angeli direzione Perugia e poi proseguire direzione Firenze (A1). Dopo aver oltrepassato il lago Trasimeno e le sue località rivierasche, uscire direzione Cortona. L’escursione proposta si adatta molto bene ad un ampliamento di percorso, poiché le località turistiche toscane vicine sono innumerevoli e tutte fortemente meritevoli di una visita. A nord si può andare in Valdichiana ed ancora più su cisipuò spingere fino alla rinomata regione del Chianti e perché no, fino alla celeberrima Firenze. Bisogna essere preparati a star fuori l’intero giorno ed a percorrere molti km. AttrezzateVi di vestiti e scarpe comode, cappello, acqua e macchina Fotografica.

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CORTONA CORTONA CORTONA CORTONA

"Sopra di un alto colle di Toscana, cinquanta miglia da Fiorenza lontana, fra Arezzo e Perugia, sorge altiera la non meno antica che nobile città di Cortona. Ha davanti una bella e spaziosa pianura, dall'uno e dall'altro lato vaghe colline e valli, e per di dietro alti si ma fruttiferi monti. La sua figura ha del quadro, è più lunga assai che larga, volta verso il mezzogiorno. Il suo distretto è

fertile e molto abunda di tutto quello che al vitto umano è necessario. È Cortona sottoposta al segno Meridionale-Astrale-Antartico, femminino, mobile, acre, terreo, frigido e secco ed è signoreggiata da...". Così descrive Cortona una delle prime guide che si conoscano, quella composta da Giacomo Lauro e stampata a Roma nel 1639. La guida, per facilitare il turista di allora, è arricchita da una pianta della città vista a volo d'uccello delineata, come scritto in calce, da Piero Berrettini cortonese, il

famoso Pietro da Cortona, ed anche per questo la guida si presenta prestigiosa. Dopo quasi quattro secoli, quella descrizione è ancora valida, Cortona, poco mutata nel suo tessuto urbano, è sempre lì, in quel quadro figurativo all'interno di un triangolo che ha per vertici tre tra le città dell'Italia centrale più ricche di storia ed opere d'arte, Arezzo, Siena e Perugia. Dista circa ottanta chilometri da Firenze, nell'orbita della quale ha gravitato per quasi cinque secoli dal 1411, dopo la perdita della sua indipendenza di libero Comune, al 1860. Prima di accingersi a visitare la città (600 m l.m.), è opportuno che il turista conosca nelle sue linee essenziali la storia della medesima che ne caratterizza la sua cultura e l'arte di cui essa è ricca. DALLE ORIGINI DELLA CITTÀ ALLA CADUTA DELL'IMPERO R OMANO La fondazione della città si perde nella nebbia di numerose leggende delle quali si ha traccia già nell'età classica. Tali leggende furono rimanipolate acquistando consistenza soprattutto nel tardo periodo rinascimentale sotto la dominazione di Cosimo Primo (1537-1574). Esse infatti miravano tutte al raggiungimento dei due seguenti scopi, sia pure contrapposti: - per quanto riguarda la classe dirigente fiorentina: a valorizzare la vasta consistenza territoriale della Toscana, come antica Etruria, nonché l'antichità di tutte le sue più famose città sin dai primordi della civiltà subito dopo il Diluvio Universale, allo scopo di ottenere per quel territorio e per quelle città il riconoscimento di Granducato e del titolo di Granduca per Cosimo, cosa che fu concessa da Pio V nel 1570.

PAG. 4 - per quanto riguarda la classe dirigente cortonese: a valorizzare l'antichità della città presentandola come la più nobile ed antica fra le città della Toscana, il cui ordinamento autonomo, risalente alla lucumonia etrusca, si era successivamente plasmato nel libero comune medioevale. Nel contesto di

un confronto, in quel periodo assai aspro con i Signori di Firenze che avevano sottomessa Cortona, la rivalutazione dei miti leggendari e particolarmente di quello etrusco, permetteva alla classe dirigente cortonese di avere un alleato nelle rivendicazioni dell'autonomia cittadina. La guida seicentesca di Giacomo Lauro, rifacendosi a

scritti di Annio Viterbese (1432-1502), che attinge a molti scrittori dell'antichità, narra che centootto anni dopo il Diluvio Universale Noè, navigando dalla foce del Tevere, attraverso il Paglia entrò nella valle della Chiana e piacendogli questo luogo più di ogni altro d'Italia per essere molto fertile, vi si fermò ad abitare per trenta anni. La sua discendenza, fra cui un figlio di nome Crano giunto su di un colle e piacendogli assai l'altezza del luogo e l'amenità del paese e la tranquillità dell'aria l'anno duecentosettantatre dopo il "Diluvio Universale" vi edificò la città di Cortona la quale, come Stefano (prima metà del VI secolo d. C. 539-545) grandissimo historiografo greco afferma, fu la terza città d'Italia costruita dopo il diluvio, e metropoli degli antichissimi Turreni. Noè, visto che Crano aveva fatto bene lo nominò Corito, cioè Re e successore di Regno, infatti Curim da cui deriva Corito significa scettro che in lingua latina si dice Quirim, da cui l'appellativo Quirino dato a Romolo. Crano, una volta assunto il titolo di Re, sull'alto della collina si costruì una reggia a forma di torre i cui resti tutt'oggi permangono in località Torremozza. Il regno di Crano venne chiamato Turrenia perché le città che la discendenza di Noè costruì avevano alte torri. Questo fu il primo nome della Toscana e Turreni furono chiamati i suoi abitanti. Ma poiché discendevano da Noè che era stato salvato dalle acque "ab imbribus" alcuni furono chiamati anche Imbri e volgarmente Umbri. Dalla discendenza di Crano nacque Dardano che, a seguito di discordie interne, fuggito in Samotracia, poi in Frigia infine in Lidia, fondò qui la città di Troia. Da Troia alcuni discendenti di Dardano, ormai greci, tornarono ad abitare la Turrenia, cioè la Toscana e furono gli Etruschi. Fra questi greci che vennero in Turrenia ed a Cortona, ci furono anche Ulisse e Pitagora. Infatti tradizioni antiche, riportate dagli scrittori greci Aristotele (IV sec. a. C.) e dal contemporaneo Teopompo, fanno emigrare Ulisse, dopo il suo ritorno ad Itaca e la strage dei Proci, in Italia e più precisamente in Etruria, nella città che Teopompo chiama in greco Curtonaia, localizzando quivi, proprio a Cortona o nei suoi dintorni la sua sepoltura. In Etruria Ulisse, dove fu molto stimato, fu detto Nanos che significherebbe errabondo e la sua sepoltura fu identificata nel"monte Perge" vicino alla odierna località di Pergo. Pitagora dopo un soggiorno a Cortona dove vi morì, fu sepolto in una tomba nominata oggi "Grotta di Pitagora". Secondo Virgilio (Eneide III e VII) Enea della discendenza di Dardano, fuggiasco da Troia distrutta, approdò nel Lazio dove la sua discendenza fondò Roma. Pertanto Cortona avrebbe dato origine prima a Troia e quindi a Roma. Storia della Città A parte le leggende, le notizie storiche sull'origine della città sono numerose, ma imprecise ed a volte contraddittorie. Riportano tali notizie gli storici greci che hanno scritto prima di Cristo: Erodoto (Vsec.), Ellanico (V sec.), Polibio (II sec.), Dionigi di Alicarnasso (I sec.), e quelli che hanno scritto dopo Cristo: Tolomeo (II sec.), Stefano Bizantino (VI sec.), nei quali la città compare a volte con il nome di Croton altre di Creston, o di Curton, e gli scrittori latini del primo secolo avanti Cristo, Virgilio e Tito Livio, che rispettivamente chiamano la città Corito e Cortona. La storiografia moderna sembra oggi ammettere che Cortona sia stata in origine una città umbra, poi conquistata e ingrandita dagli etruschi, diventando una delle più potenti lucumonie fra le città etrusche confederate insieme a Perugia ed Arezzo. Testimoniano la sua potenza strategica il lungo

PAG. 5 perimetro delle sue mura, le tombe dei suoi Principes, tutti i reperti archeologici di questo periodo, che ci individuano una città ricca e fiorente di attività artistiche ed industriali, battente una moneta che, da quelle pervenuteci, deve essere considerata tra le più perfette dell'antichità etrusca. Intorno all'anno 310 avanti Cristo, quando la maggior parte delle lucumonie etrusche dell'Etruria meridionale furono conquistate da Roma, Cortona venne a patti con la potente città, ed entrata successivamente nella sua orbita dovette assistere, come ci narrano Polibio e Livio, ad una tra le più disastrose imboscate subite dall'esercito romano che fu preparata nell'ambito del suo territorio, sino a concludersi lungo le rive del Trasimeno. All'epoca della guerra sociale subì, probabilmente come Arezzo, la repressione di Silla che dette un ulteriore colpo alla perdita della sua importanza strategica ed economica. Le testimonianze dell'epoca ci dicono però che nel primo e secondo secolo dopo Cristo, Cortona, uno dei trentotto Municipi della VII regione italiana, l'Etruria Romana, secondo la riorganizzazione amministrativa dell'Impero operata da Augusto, aveva una fiorente vita politica ed amministrativa. Ne consegue che, quando nella seconda metà del terzo secolo dell'era cristiana, si cominciarono ad istituire in Toscana nelle sedi dei Municipi Romani le sedi delle Diocesi dei Vescovi della religione cristiana, probabilmente Cortona divenne sede vescovile. La mancanza quasi assoluta di documenti ci obbliga ad essere prudenti su tale asserzione, ma un documento della prima metà del quinto secolo ci dice che Cortona, sopra il sacello di una memoria martiriale celebrava a maggio l'anniversario del martirio del vescovo Vincenzo. Se Vincenzo era vescovo ed era sepolto a Cortona, si è autorizzati a ritenere Vincenzo vescovo di Cortona e pertanto Cortona sede vescovile. DALLA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO ALLA FORMAZIONE DEL LIBERO COMUNE Alla caduta dell'Impero Romano seguì l'occupazione dei Goti (476-553), cui i Bizantini posero termine con una guerra fra i generali dell'imperatore Giustiniano, Belisario e Narsete, ed i Re Goti

Teodato, Vitige, Totila e Treia. La guerra gotica (535-553) conseguì una notevole diminuzione della popolazione italica: Cortona si ridusse pertanto ad una landa deserta e scomparvero il Municipio e forse anche la Diocesi. Ulteriori devastazioni conseguirono per

l'occupazione longobarda, contrastata ancora dai Bizantini, specie lungo i confini del corridoio bizantino che da Ravenna portava a Roma. Cortona non era lontana dal confine di quel corridoio, e dovette subire le scorrerie, i soprusi e le devastazioni tanto degli ariani longobardi come degli ortodossi bizantini, per cui è facile immaginare in quale stato di miseria e desolazione dovette cadere la città. All'occupazione longobarda pose fine Carlo

PAG. 6 Magno nel 774. Nonostante queste tragiche vicende, un documento dell'anno 970 redatto da Sigberto, diarista tedesco che viaggiava in Italia, ci dice che nei pressi della città aveva visto costruita sopra la tomba del martire Vincenzo una basilica bella e bene ornata. Di questa basilica, i cui resti occupano un'area archeologica oggi di proprietà privata, ci restano alcuni reperti, conservati presso il museo dell'Accademia Etrusca, che confermano il diarista tedesco. Nel XIII secolo riappaiono i primi documenti, dopo i secoli bui. Da essi si evince che Cortona è un libero Comune così come tanti altri Comuni nelle città d'Italia e si trova nella sfera religiosa della Diocesi di Arezzo. Dipende pertanto, per le cose della religione, dal vescovo di Arezzo che eserciterà su Cortona anche una autorità politica, in quanto gli eventi porteranno il vescovo di Arezzo ad essere il massimo esponente politico di quella città. In quell'epoca Arezzo, sede vescovile, batteva una moneta in una faccia della quale figurava il suo primo vescovo, il martire Donato. Anche nella moneta di Perugia figurava il primo vescovo, il martire Ercolano. Cortona, che non era sede vescovile, batteva però una propria moneta, nel cui retto figura un vescovo con mitra e pastorale contornato dalla parola "Vincentius" e nel retro la croce decussata con la scritta "De Cortona". Cortona è governata da un Podestà, da un Capitano del Popolo, dai Consoli delle Società e dai Rettori delle Arti. DAL LIBERO COMUNE ALLA SIGNORIA DEI CASALI Il Podestà ed il Capitano del Popolo ebbero i loro palazzi tutt'oggi esistenti nonostante le successive trasformazioni. La vita religiosa, incanalata in ricche e potenti Confraternite laicali, si svolgeva nelle chiese di San Vincenzo, costruita sopra la tomba del vescovo martire ed oggi demolita (via Duomo Vecchio n. 3), nella Pieve di Santa Maria, sulle cui rovine sorge oggi la concattedrale di S. Maria Assunta, e nella vecchia chiesa di San Marco, oggi anch'essa demolita (via S. Marco n. 39). Le tre chiese dividevano la città in tre Terzieri: quello di San Vincenzo, di Santa Maria e di San Marco, divisione che si protrarrà sino in epoca moderna, quando con la prima disputa della gara dell' "Archidado" vengono aggiunti ai tre Rioni storici due nuovi Rioni: quello di Sant'Andrea e quello di Porta Peccioverardi. Agli inizi del secolo con la venuta di San Francesco nel 1211, la città è pervasa dal carisma francescano. Seguono il Santo, vestendo l'abito francescano nell'eremo delle Celle, nobili cittadini tra i quali si conoscono i nomi di Guido Vagnottelli, Vito dei Viti e, secondo quanto asserisce l'annalista francescano Luca Wadding (1588-1657), Frate Elia. Frate Elia sarà poi il successore di San Francesco come Ministro Generale dell'Ordine ed al termine del suo mandato (1239), quale amico di Federico Secondo, tenterà con iniziative del tutto personali di risolvere le diatribe tra il Papa e l'Imperatore, incorrendo nelle riprovazioni dei papi Gregorio IX e Innocenzo IV. Amareggiato si rifugia a Cortona dove su di un terreno, donatogli dal Comune, costruisce una chiesa ed un convento dedicati a San Francesco, come in precedenza aveva fatto ad Assisi. Nel 1240 anche l'imperatore Federico II si ferma a Cortona, dove nomina il Podestà. Il 22 aprile 1253 Frate Elia muore a Cortona santamente riconciliato con il Pontefice. I suoi confratelli lo seppelliscono sotto l'altare maggiore della chiesa da lui costruita, dove tutt'ora si trova in una

sepoltura la cui posizione era analoga a quella che Elia aveva scelto ad Assisi per la sepoltura dei resti del Santo. A contrasto con la predicazione della pace del carisma francescano, il secolo fu profondamente turbato dalle lotte interne tra partiti delle varie classi sociali e guerre con i vicini. Si ha notizia che scontri con Perugia durarono sino al 1198. Dopodiché ad una alleanza con Perugia si succedono scontri con Arezzo che, nel 1232 viene saccheggiata con l'aiuto dei fiorentini. Ma nella notte dall' 1 al 2 febbraio 1258 gli aretini con l'aiuto dei guelfi cortonesi occuparono e distrussero Cortona. Gli esuli chiesero asilo a Perugia e si stabilirono a Castiglione del Lago.

PAG. 7 Riorganizzati da Uguccio della nobile famiglia dei Casali, corsero in aiuto dei senesi alla battaglia di Monteaperti (4 settembre 1260) dove vennero sconfitti i guelfi fiorentini. In cambio ottennero aiuto per ritornare nella città distrutta dove rientrarono il 25 di aprile del 1262, festa di San Marco che elessero a loro patrono. Nello stemma del nuovamente libero Comune figurò il leone di San Marco in luogo della precedente effige dell'antico patrono San Michele. A seguito degli esuli entrò in Cortona anche una donna di venticinque anni, bellissima, Margherita nata a Laviano, in Umbria presso il lago di Montepulciano, reduce da una avventura terminata con l'uccisione del nobile e ricco uomo a cui si era unita. Margherita, affascinata adesso dal carisma francescano, si adoperò, unitamente al Casali alla restaurazione della città distrutta soccorrendo i più bisognosi all'interno di una Confraternita da lei fondata, quella di Santa Maria della Misericordia. Ma la restaurazione di Margherita fu, oltre che una restaurazione materiale, una restaurazione morale, religiosa e sociale plasmata dopo le lotte fratricide, dall'amore fraterno e per la pace diffuso dal carisma di Francesco. Non per nulla, quando morì (22 febbraio 1297) il popolo l'appellò subito santa. Intanto, con l'aiuto dei senesi, che lasceranno in questo, come nel secolo successivo l'impronta della loro arte, la città veniva ricostruita più bella e più ricca di prima. L'11 novembre 1289, in una furiosa battaglia fra i guelfi fiorentini ed i ghibellini, muore a Campaldino il vescovo Guglielmino degli Ubertini che insieme ad altri comandava l'esercito ghibellino, che si opponeva all'espansione territoriale fiorentina. Guglielmino era stato rimproverato da Margherita per il troppo occuparsi delle questioni terrene, più che della cura spirituale delle anime a lui affidate. Egli era stato, se non l'artefice, uno degli istigatori del sacco di Cortona del 1228. Con la sconfitta di Campaldino comincia a venir meno l'autonomia politica del libero Comune di Arezzo che entra nell'orbita della Repubblica di Firenze, le mire della quale sono ora rivolte alla conquista del meridione dell'Etruria dove si trovano Cortona e Siena. Cortona le resisterà ancora più di cento anni dopo Campaldino, Siena più a lungo; verrà conquistata nel 1559 sotto Cosimo I che, divenuto padrone della Toscana, sarà poi Granduca. Alle tre chiese madri titolari dei Terzieri, si aggiungono in questo XIII secolo le due chiese monumentali di San Francesco, nella prima metà del secolo opera di Frate Elia, costruita su di un terreno dove esisteva un manufatto romano ed ad Elia donato dal Comune e la nuova San Basilio costruita sulla cima della collina, alla fine del secolo, subito dopo la morte di Margherita, opera di Giovanni Pisano, dove più tardi, nel 1330, sarà composto il corpo della Santa. Quest'ultima chiesa fu costruita accanto alla chiesetta dei Monaci Camaldolesi, che Margherita aveva restaurato. La ricostruzione della città dette anche stabilità alle libere istituzioni che si confermarono sempre più partecipi all'idea imperiale sostenuta dalla parte ghibellina. Cortona, che aveva accolto infatti, nel 1240, prima del sacco aretino l'imperatore svevo Federico II, che vi istituì un giudice ordinario nella persona dello spoletino Filippo Iacobi, che compare nell'atto di donazione a Frate Elia, accoglie nel 1312, il lussemburghese Arrigo VII, giurando a lui fedeltà, riconoscendolo Signore diretto della città e del territorio e consegnandogli un tributo di mille fiorini. Il XIV secolo è caretterizzato da due fatti estremamente importanti per la vita della città. Il 19 giugno 1325 una Bolla da Avignone di papa Giovanni XXII restituisce o instaura la Diocesi a Cortona, nell'ambito dei confini del suo territorio comunale. La stessa Bolla nomina vescovo Ranieri Ubertini, fratello di Buoso, vescovo di Arezzo ed eleva, quasi a continuazione di una istituzione momentaneamente interrotta, quella della diocesi, al rango di cattedrale la chiesa costruita sopra la tomba del vescovo martire Vincenzo. Una riprova

PAG. 8 di quanto a quell'epoca fosse radicata nei cortonesi la venerazione di tale Santo. Nello stesso anno Ranieri Casali diventa Signore di Cortona. I suoi discendenti, Bartolomeo, Francesco Nicolò, Giovanni, Uguccio, Francesco Senese, Aloigi, saranno anch'essi Signori di Cortona sino al 1409. La Signoria dei Casali fu caratterizzata dalla abilità politica di questi Signori, specie di Ranieri (1325-1351) e Francesco Nicolò (1363-1375), abilità che permise di conservare per più di un secolo dalla sconfitta ghibellina di Campaldino l'indipendenza di Cortona con una accorta politica di equilibrio fra Firenze e Siena. I Casali costruirono il loro palazzo nel centro della città, là dove era il Foro della città romana all'incrocio tra il cardo ed il decumano, sulle rovine di vecchi edifici romani. Di esso restano oggi solo le poderose mura dopo la ristrutturazione seicentesca di Filippo Berrettini. Nel contado, lungo la strada per Perugia, consolidarono la poderosa Rocca di Pierle. La loro politica di amicizia con Siena portò a Cortona molti artisti senesi che contribuirono ad arricchire con le loro opere il patrimonio artistico cortonese ed a stimolare gli artisti locali. Le atroci lotte familiari, in particolare la ferocia dell'ultimo Casali, Aloigi (1384-1409) che uccise lo zio Francesco, saggio e benvoluto dal popolo, per impadronirsi della Signoria, determinarono nei cortonesi uno spirito di ribellione. L'occasione per sbarazzarsi dei Casali venne a determinarsi quando nel 1409 il Re di Napoli Ladislao della dinastia degli Angioini-Durazzo, nel corso dello scisma d'Occidente, per aiutare il pontefice legittimo Gregorio XII, mosse contro l'antipapa Giovanni XXIII, che viveva sotto la protezione della Repubblica di Firenze, conquistando parte della Toscana e, più che consenzienti i cortonesi, conquistò Cortona e pose fine alla Signoria dei Casali. DAL DOMINIO FIORENTINO AL REGNO D' ITALIA Più tardi nel 1411, Ladislao di Durazzo pose in vendita la città, quale sua preda di guerra. Cortona fu finalmente acquistata, il 14 gennaio, dai fiorentini per sessantamila fiorini d'oro e diventò territorio di confine della Repubblica di Firenze. La Repubblica intanto passava con Cosimo il Vecchio sotto il controllo della famiglia Medici (1430). A Cosimo il Vecchio, morto nel 1464 successero i figli Lorenzo e Giuliano, quest'ultimo ucciso nel corso degli eventi della congiura dei Pazzi. Lorenzo rimase il solo Signore di Firenze, la sua Signoria (1469-1492) fu magnifica. Gli avvenimenti fiorentini non scuoterono i cortonesi, oppressi dai pesanti balzelli dei nuovi padroni, che dovevano rifarsi dei 60.000 fiorini pagati a Ladislao. Non si ebbero tentativi di rivolta ma l'esame dello svolgimento degli eventi ci mette in luce l'ostilità di gran parte della popolazione contro il governo fiorentino. Si sa che i Signori di Firenze Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico si fecero vivi a Cortona, ma non sappiamo come vi furono accolti. L'espressione i Signori di Firenze veniva usata in tono dispregiativo. A Firenze, dopo la morte di Lorenzo, si instaurò di nuovo la Repubblica (1494), gonfaloniere della quale fu nominato Pier Soderini, fratello del vescovo di Cortona cardinale Francesco. Ma quando i Medici tornarono di nuovo Signori con Giovanni, figlio di Lorenzo il Magnifico, cardinale di Santa Romana Chiesa e succesivamente (1513) con Lorenzo II, il Pensieroso, un fatto del tutto fortuito portò Cortona nella sfera di simpatia dei Medici. Il cardinale Giovanni, divenne, e se ne ignorano le cause, intimo amico di Silvio Passerini di famiglia Cortonese nobile, ma senza ricchezze, che aveva come stemma un bue ritto su tre monti. I Passerini, secondo Annibale Laparelli ("Memorie Cortonesi") si estinsero circa il 1650 con Luisia di Antonio.

Quando Giovanni fu nominato Papa (1513) con il nome di Leone X, Silvio Passerini fu fatto Datario. Successivamente il 1º luglio 1517 fu fatto cardinale e assunse come stemma cardinalizio un bue giacente sotto lo stemma dei Medici. Quando Leone X con bolla del 26 marzo 1519 lo nominò conte di Petrignano insieme ai di lui fratelli, i discendenti di questi ultimi conservarono lo stemma del cardinale. Nel 1521, fra le altre cariche, fu insignito di quella di vescovo di Cortona.

Le fortune di Silvio al servizio dei Medici, prima con Leone X, che lo nominò governatore della

PAG. 9 Tuscia e dell'Umbria, successivamente con Clemente VII, che lo nominò governatore di Firenze, si riversarono anche sulla città. Leone X si fermò a Cortona, ospite del Passerini, nei giorni 15-16 e 17 novembre del 1515: la città conobbe allora giorni di gloria. Due Bolle del Pontefice, una relativa alla beatificazione di Margherita, l'altra relativa alle indulgenze connesse al culto della Croce Santa di Frate Elia emanate in quella occasione furono a dimostrazione della sollecitudine pontificia verso la città. Un manoscritto dell'epoca, ritrovato nell'Archivio Storico e contenente prezioso materiale relativo alla visita a Cortona di Leone X, è stato recentemente dato alle stampe con il titolo Leone X a Cortona, per iniziativa dell'Accademia Etrusca. La munificenza del ricco e potente cardinale Passerini si manifestò ancora con il rifacimento artistico del Palazzo del Popolo, divenuto sua proprietà a seguito di donazione al medesimo da parte della città, con la costruzione della imponente residenza del Palazzone, ricca di opere d'arte e con la donazione al Capitolo della Cattedrale di un artistico e ricco parato da cerimonia oggi esposto al Museo Diocesano. Della atmosfera rinascimentale, inaugurata da Lorenzo il Magnifico e terminata con Leone X, Cortona conserva importanti opere d'arte sopra le quali rifulgono le pitture del cortonese Luca Signorelli (1445/50-1523), noto in Italia negli ultimi anni del quattrocento, ed attivo nella sua bottega a Cortona nei primi anni del cinquecento. Egli tra Perugino e Raffaello inserisce la personalità della sua arte con le pitture di Loreto, Roma, Monteoliveto Maggiore e soprattutto di Orvieto, dove nella composizione del "Giudizio Universale" anticipa ed ispira Michelangelo. Agli inizi del secolo, nel 1509, una Bolla di Giulio II, trasferisce la Cattedrale dalla chiesa madre del Terziere di San Vincenzo alla chiesa madre del Terziere di Santa Maria. Inizia la decadenza materiale dell'antica chiesa di S. Vincenzo, cui fa seguito purtroppo il venir meno del culto e della venerazione del martire Vincenzo. L'antica pieve di S. Maria viene completamente rinnovata con il suo rifacimento in forme rinascimentali. Nell'anno della calata in Italia delle truppe dell'Imperatore Carlo V (1529) e del successivo Sacco di Roma, Cortona per evitare il saccheggio ed aver salva la città, dovette pagare al comandante imperiale principe Filiberto d'Orange una enorme somma che impegnò tutte le risorse cittadine, sia quelle civili che quelle religiose. Nel secolo successivo, nel corso della "Guerra per il Ducato di Castro" (1641-1649), vengono rafforzate le difese murarie come attesta l'epigrafe posta a memoria di ciò fra gli archi della "Porta Bifora". Nel medesimo secolo sono attivi gli artisti cortonesi della famiglia Berrettini, in particolare Piero (1597-1669) che in arte è chiamato "Pietro da Cortona". Nel '700 si rendono famosi nel campo delle lettere e dell'archeologia i tre fratelli Venuti, Marcello (1701-1755), Ridolfino (1703-1763) e Filippo (1706-1768), ai quali si deve la fondazione (1727) dell' "Accademia Etrusca". In questo medesimo secolo, dopo le illuminate riforme del granduca Leopoldo, Cortona si difende, nel 1799, dagli attacchi delle truppe napoleoniche, soprattutto polacche, e rivendica con la forza la sua indipendenza nell'ambito della insurrezione della Valdichiana, nota con il nome di "Viva Maria". Nel settembre del 1803 visitò Cortona Maria Luisa infante di Spagna vedova di Lodovico di Borbone e Regina del Regno Napoleonico dell'Etruria (1801-1807). Essa fu ospite del Vescovo, il fiorentino Filippo Ganucci (1802-1806), ed alloggiò nel palazzo Mancini di via Nazionale.

PAG. 10 Ricordano l'evento due lapidi poste a lato del portone della Curia Vescovile, ed una lapide nel cortile di palazzo Mancini, oggi Ferretti. Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, granduchessa di Toscana dal 1808 al 1814, nel settembre del 1809, in visita a Cortona, si soffermò a lungo all'Accademia Etrusca visitando il Museo e la Biblioteca. dopo la caduta dell'ultimo granduca Leopoldo II (1826-1859), a seguito di plebiscito cittadino, del quale resta memoria in una epigrafe in marmo posta all'esterno del Palazzo Comunale, la città viene annessa al "Regno d'Italia" il 12 marzo 1860. DAL REGNO D'ITALIA AD OGGI Nella seconda metà del secolo, a soddisfacimento di un pubblico voto rivolto dal popolo a S. Margherita, si pose mano ad un ampliamento della vecchia chiesa del Pisano, che nella prima metà del XVIII sec. aveva già subito notevoli trasformazioni. Quest'ultimo ampliamento cancellò le restanti tracce architettoniche della vecchia chiesa romanica e demolì la chiesetta di S. Basilio a fianco della quale morì e dove ebbe la prima sepoltura S. Margherita. La nuova chiesa sorse da progetti elaborati e rielaborati dagli architetti Presenti, Falcini e Castellucci e presenta nel suo contesto uno stile non soddisfacentemente unitario. Diressero i lavori gli architetti Paolo Mirri e Domenico Mirri, quest'ultimo lasciò scritta una interessante Cronaca dei Lavori, recentemente ristampata. Nel corso del primo conflitto mondiale 600 cortonesi morirono nei campi di battaglia. A ricordo fu eretta nella chiesa di S. Margherita un'artistica Cappella Votiva

dove figura un grande affresco murale (1924) di Osvaldo Bignami. Nei giardini pubblici ricorda quei caduti un monumento in bronzo, opera dello scultore cortonese Delfo Paoletti (1895-1975). Dopo la seconda guerra mondiale, nell'agosto del 1944, per iniziativa del Vescovo Giuseppe Franciolini (1932-1989), la città in ringraziamento di essere stata salvata dalle distruzioni della guerra, sciogliendo un voto in proposito espresso, dette incarico all'artista cortonese Gino Severini, che si trovava allora a Cortona, di dipingere le 14 stazioni della Via Crucis, che furono poi realizzate in mosaico dal mosaicista Romualdo Mattia in apposite edicole lungo la via che da porta Berarda sale al Santuario di S. Margherita. Gino Severini, riallacciandosi alla sua produzione cubofuturista, esprime nel contesto di questa opera artistica i risultati del suo precedente ventennio di decorazione murale. L'opera è l'espressione in questo secolo

della continuità artistica della città. Altro evento importante per la storia della città si verifica in data 30 settembre 1986 quando la "Congregazione dei Vescovi" decreta l'unione delle diocesi di Cortona e di Sansepolcro a quella di Arezzo. Viene pertanto di nuovo a scomparire la diocesi restituita od instaurata il 19 giugno 1325 e fra le cause è forse lo stesso "segno dei tempi" che ne determinò la soppressione in epoca paleocristiana: il calo della popolazione e la mancanza di sacerdoti. Di quello che fu, se ci fu, il primo periodo storico della diocesi fra il IV ed il VI secolo, abbiamo visto che non ci restano tracce essendo andata distrutta la tomba, la chiesa, ma, quello che è più grave, la memoria storica, l'identità personale e la venerazione di quello che dovette essere il primo vescovo-martire Vincenzo; identità, memoria storica e venerazione che sarebbe doveroso per i cortonesi ricostituire. Per quanto riguarda la storia della diocesi dal 1325 ai nostri giorni, essa è magistralmente trattata dal canonico Giuseppe Mirri (1854-1911) ne I Vescovi di Cortona, Calosci 1972, che rimarrà

PAG. 11 fondamentale per ogni ulteriore approfondimento sulle vicende della Comunità Diocesana di Cortona. Ora che dal 1986 i segni dei tempi hanno accomunato Arezzo, Cortona e Sansepolcro sotto una unica Cattedra è doveroso che le memorie storiche della ex diocesi non vadano perdute, salvaguardando tutto quello che di esse rimane, nelle chiese, nei conventi, ma soprattutto negli archivi. Grande testimonianza di ciò che è stato sin qui esposto è resa dalle costruzioni in pietra arenaria locale lasciateci dagli uomini succedutisi nei vari secoli: le mura e le porte, le case, i palazzi, le chiese e molte fra le opere d'arte che le stesse contenevano e contengono, molte delle quali raccolte in due prestigiosi Musei: quello dell'Accademia Etrusca e quello Diocesano del Capitolo della Cattedrale. Infine anche dalle tombe si deducono tracce storiche di quegli uomini, la cui memoria resta viva in ogni angolo di questa città attraverso le testimonianze indelebili delle loro prestigiose opere. Mura, Porte e Fortezza LE MURA La cinta muraria, oggi della lunghezza di poco inferiore ai tre chilometri, fu costruita dagli Etruschi verso la fine del V secolo avanti Cristo e resta evidente alla base delle mura attuali. Essa ha forma rettangolare con i due lati maggiori rivolti a nord ed a sud, ed i minori ad est ed ad ovest. Sono molto ben conservati il lato corto ovest, dove è stata di recente riaperta e restaurata l'unica Porta etrusca a due fornici, rimasta nel contesto della perimetrazione etrusca, ed il primo tratto del lato maggiore nord, da Porta Santa Maria sino al di sopra di Porta Colonia, dove, nelle vicinanze della stessa appare lo sbocco di una cloaca dello stesso periodo di costruzione delle mura. Il successivo tratto del lato maggiore nord aveva un andamento spostato rispetto all'attuale ed includeva un territorio superiore, così pure il lato minore est era ulteriormente spostato in questa direzione dove in località Torre Mozza sono evidenti consistenti tracce di questo vecchio perimetro, peraltro ancora da scoprire là dove probabilmente esisteva un tempio od una fortificazione ed una porta di accesso alla città (porta di Montagna o Augurata?). Così pure sono ancora da identificare il numero e la posizione delle porte etrusche.

LE PORTE Nel III secolo, dopo la conquista romana, le mura furono rifatte nelle parti danneggiate e rialzate nelle altre ed in esse furono localizzate quattro porte sugli sbocchi, all'esterno della città romana, del decumano massimo, Porta Santa Maria e Porta San Domenico (detta anche Peccioverardi) e del cardo, Porta Sant'Agostino e Porta Colonia. Nel medioevo le mura notevolmente danneggiate dal Sacco del 1258, furono ricostruite e ripristinate con l'aiuto dei perugini e soprattutto dei senesi. Fu chiusa la porta bifora etrusca (porta Bacarelli) ed aperte altre porte, Porta Montanina (già chiamata di S. Cristoforo), Porta Berarda e Porta San Giorgio, queste due ultime richiuse probabilmente agli inizi del XVII secolo. Nel 1642, periodo della guerra per il ducato di Castro, le mura subirono un ulteriore rafforzamento, a cura del governo granducale, nella parte ovest, come sappiamo da un'iscrizione in marmo posta sopra gli archi della Porta Bifora. Verso la fine del XIX secolo sulle attuali mura venne infine aperta la Porta Santa Margherita per dare accesso al limitrofo Santuario

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PPPPPPPPPP LA FORTEZZA Nella seconda metà del cinquecento, nel 1556, nell'angolo nord-est del quadrilatero della cinta muraria, nel punto più alto della città, il primo granduca di Toscana, Cosimo I, fece costruire la fortezza; sorse su quelle che erano le vecchie strutture di una medesima fortificazione in epoca etrusca, romana e medioevale quest'ultima distrutta dal "sacco" del 1258. La fortezza fu opera di Gabrio Serbelloni, nipote del papa Pio IV e del cortonese Francesco Laparelli. La costruzione è a forma trapezoidale con quattro grandi bastioni e resta un bell'esempio di architettura militare del cinquecento. Dopo la sua ricostruzione in epoca moderna non si hanno notizie di battaglie svoltesi intorno ad essa. Restaurata di recente è ora sede di mostre e del "Centro Studi e Documentazioni sulla Civiltà Contadina della Valdichiana e del Trasimeno". LE CASE DELLA COMUNITA' FUORI DALLE MURA DELLA CITTA' Fuori delle mura nei dintorni della città sono ricche di interesse storico ed artistico le seguenti: (XIII secolo) EREMO FRANCESCANO DELLE CELLE Nel corso della sua peregrinazione evangelica, Francesco d'Assisi venne a Cortona nel 1211. La sua predicazione carismatica attrasse una piccola Comunità di cui facevano parte Guido da Porta Colonia, Vito, e, secondo il Wadding, annalista francescano del '700, Frate Elia ed altri. La Comunità si stabilì in questa località chiamata sin da allora con il toponimo "Celle", dove nella insenatura della montagna esistevano delle piccole abitazioni di eremiti o di contadini e dove c'era una chiesetta retaggio dell'invasione longobarda dedicata all'Arcangelo San Michele. La Comunità delle "Celle" fu visitata diverse volte da San Francesco nel corso della sua vita e delle sue peregrinazioni e l'ultima volta vi soggiornò nell'estate del 1226, pochi giorni prima della sua morte. Allora era in compagnia di Frate Elia che lo aveva fatto curare a Siena e lo assisteva adesso in questo luogo di pace e di riposo. Elia, dopo la morte di Francesco, avvenuta ad Assisi il 4 ottobre 1226, si ritirò a Cortona nel 1239 e, terminata la chiesa di San Francesco, di cui fu l'ideatore ed il costruttore, radunò la Comunità francescana nel convento costruito accanto alla chiesa, ma non dimenticò le "Celle" dove Francesco aveva radunato i primi

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Pag. 13 frati, dove avevano vissuto e pregato Guido e Vito, dove secondo la tradizione era passato Antonio da Padova. Elia infatti apportò a quest'eremo di pace notevoli restauri e ne assicurò la proprietà alla stessa comunità francescana. Dopo la morte a Cortona di Frate Elia nel 1253 e le complesse vicende dell'Ordine Francescano, nell'eremo si instaurò una comunità di "Spirituali" o "Fraticelli" che furono cacciati nel 1363 dopo la scomunica rivolta a loro dal papa Giovanni XXII. Le "Celle" iniziarono un periodo di abbandono e di rovina che ebbe termine nel 1537 quando il vescovo Bonafede concesse la proprietà alla comunità dei Cappuccini, uno dei tre rami in cui si erano divisi i "Francescani" la cui regola era stata approvata nel 1528. I Cappuccini, nel rispetto costante di fedeltà all'ambiente, ampliarono notevolmente il convento e nel 1634 costruirono una nuova chiesa in sostituzione della diruta chiesetta di San Michele Arcangelo. La chiesa fu dedicata a Sant'Antonio da Padova ed è nello stile umile e semplice delle chiese cappuccine, con gli altari di legno senza preziose opere d'arte. Il "Fosso dei Cappuccini" antistante il convento è attraversato da tre ponticelli di cui il più antico, quello di mezzo, è detto il ponte "Barberini" perché fatto costruire tra il 1594 ed il 1596 dal novizio cappuccino Antonio Barberini. Interessante è la figura di questo frate cappuccino, studente alle "Celle" e fratello del papa Urbano VIII da lui poi fatto cardinale nel 1624. Nel contesto dell'amore sviscerato per il potere, le ricchezze e gli onori che costituì la caratteristica principale in quel secolo di quasi tutti i membri della famiglia Barberini, in particolare del nipote Antonio junior anche lui cardinale, che commissionò a Pietro da Cortona le pitture del palazzo in via Quattro Fontane a Roma, il temperamento di questi fu invece tanto ascetico da voler essere sepolto a Roma nella chiesa dei cappuccini dove lo ricorda una sola scritta anonima che dice "Hic iacet pulvis cinis et nihil" (Qui dentro non c'è altro che polvere e cenere). L'ultimo ponte a valle è detto del "Granduca" perché fatto costruire dal granduca Giangastone Medici nel 1728. Palazzi e Ville Nell'XI secolo il "palazzo" costituisce la manifestazione dell'insediamento dell'aristocrazia rurale altomedioevale, dei Castelli, entro la cerchia urbana del libero Comune. Esso è la dimora esclusiva della famiglia facoltosa, in contrapposizione alla "casa", dimora del popolano ed alla "chiesa" che, essendo la casa di Dio, è la casa di tutti. La famiglia aristocratica, divenuta in seguito solida anche nelle cariche pubbliche, manifesta dal cinquecento sino a tutto il settecento la sua ricchezza e potenza, edificando palazzi dalla ristrutturazione delle vecchie case o creandoli dal nuovo. Questi palazzi, dall'architettura rinascimentale o barocca, sui quali troneggia lo stemma di famiglia, un tempo ricchi all'interno di preziose opere d'arte, pitture, sculture, mobili, biblioteche, archivi, sono oggi per la maggior parte spogli e disadorni e le loro ricchezze in gran parte disperse; al contrario di quanto è avvenuto per le chiese, che contengono ancora buona parte delle loro antiche prestigiose opere. La maggior parte dei palazzi, se non adibita a pubblici uffici, è stata trasformata in freddi condomini. Tra i molti, tutti interessanti dal punto di vista storico ed architettonico, si segnalano: (XIII secolo) PALAZZO QUINTANI Ubicato al n_ 26 di via Roma è un tipico esempio di casa della fine del duecento rimasta integra nella sua struttura con grandi pareti liscie in pietra e finestre ad arco di estrema semplicità.

PAG. 14 (XIII secolo) PALAZZO ALFIERI-ALTICOZZI La famiglia Alfieri su probabili preesistenti costruzioni romane all'odierno n_ 6 di via Nazionale elevò nel XIII secolo il suo Palazzo che nel quattrocento, passato in proprietà degli Alticozzi, venne ristrutturato ed ancora ampliato nel corso del XVI secolo quando fu provveduto a dotarlo di nuova facciata. Questa si presenta sobria, slanciata ed armoniosa. Sopra il piano terreno si elevano due piani nobili con finestre incorniciate in pietra ed architrave. L'ultimo piano, il piano dei servizi, ha finestre quadrate più piccole. Nei fregi è riportato lo stemma degli Alticozzi. (XIII secolo) PALAZZO PONTELLI-MANCINI E' ubicato al n_ 15 di via Dardano. La parte inferiore, ove si nota con molta evidenza la trecentesca cosiddetta "porta del morto", mostra l'impianto medioevale del Palazzo il cui sviluppo in altezza è cinquecentesco. La facciata consta di piano terreno e due piani superiori, divisi da evidenti cornici marcapiano; su ognuno dei due piani si aprono cinque finestre. Sopra il portone c'è lo stemma dei Pontelli.

(XV secolo) PALAZZO TOMMASI-FIERLI Uno dei più grandi e maestosi di Cortona si trova al n_ 25 di via Benedetti. Il piano inferiore è costituito da una lunga serie di arcate in bugnato, oggi chiuse. Due lunghi ordini di finestre ad arco sono ubicati nei piani superiori divisi da un cornicione lineare. La facciata risulta imponente. Nella lunetta della porta di ingresso si ammira una stupenda griglia in ferro battuto con lo stemma dei Tommasi . (XVI secolo) PALAZZO BALDELLI Al n. 15 di via Guelfa è adesso sede dell'Albergo S. Michele. Ritenuto un "condensato di storia cortonese" perché vi si trovavano fin dal XI sec. delle fortificazioni; nel XII sec. fu residenza cittadina dei Marchesi del Monte S. Maria e nel 1200, destinato a palazzo pubblico della "Ragione", il podestà vi amministrava la giustizia. Passò nel sec. XV alla famiglia Baldelli e fu da questa ristrutturato allora una prima volta e poi una seconda volta nel sec. XVI. Altri notevoli lavori furono eseguiti nel secolo successivo., il palazzo però conserva ancora essenzialmente l'aspetto cinquecentesco. (XVI secolo) PALAZZO CRISTOFANELLO-LAPARELLI Come indica l'iscrizione latina sul grande fregio, Benedetto Laparelli, protonotaro apostolico al tempo di Paolo III Farnese, fece costruire nel 1533 su vecchie costruzioni di proprietà della famiglia questo magnifico Palazzo al n_ 4 di via Guelfa. Ne fu architetto il cortonese Giovanbattista Infregliati detto il

Cristofanello (morto ad Umbertide nel 1554). La facciata in pietra lavorata è divisa in tre ordini di cui l'inferiore ad ampie arcate in bugnato, la mediana con grandi finestre ad arco divise da lesene, e la superiore costituita da un'ampia loggia con dieci colonne e sei pilastri. Degno di nota è il portastendardi in ferro battuto a sinistra della porta di ingresso. E' oggi proprietà della Banca Popolare di Cortona che ha stabilito qui la propria sede, provvedendo a numerosi restauri. (XVI secolo) PALAZZO SERNINI-CUCCIATTI Di questo Palazzo, posto al n_ 3 di Piazzetta Alfieri, è da ammirare l'elegante portale rinascimentale, opera del cortonese Cristofanello (XVI secolo) PALAZZO VENUTI _ ai n_ 70 e 72 di via Nazionale. Il primo Ridolfino Venuti morto nel 1602 e sepolto anch'egli, come il secondo, in cattedrale, rilasciò nel 1592 quietanza a saldo all'architetto cortonese Francesco Berrettini (morto nel 1608) zio di Pietro da Cortona, per i lavori fatti nella casa nuova in ruga piana. Il Palazzo sorse sopra l'avita casa dei Venuti, e la facciata, sulla quale figura lo stemma dei Venuti, ha uno sviluppo orizzontale lungo la via Nazionale. Il nome Ridolfino è scolpito sullo stipite di tre porte al primo piano. L'ampio camino e la porta d'ingresso hanno motti greci e latini. Le porte sono ornate di pitture a guazzo rappresentanti allegorie di gusto seicentista. A piano terra vi sono due portoni bugnati. Al piano nobile si aprono sei grandi finestre anch'esse bugnate.

PAG15 Palazzi e Ville (XVI secolo) PALAZZO ZEFFERINI Fu costruito agli inizi del seicento su di un'area dove sorgevano antiche dimore degli Zefferini fra via del Gesù e via Zefferini, su disegno di Filippo Berrettini (1585-1644) cugino di Pietro da Cortona. Di struttura compatta si sviluppa su tre piani. Sotto le finestre del piano terreno sono scolpiti su pietra mascheroni e fregi vari con il giglio fiorentino. (XVII secolo) PALAZZO UCCELLI Si trova al n_ 28 di via Roma e deriva, come si evidenzia dalla pianta seicentesca del Berrettini, dalla fusione fatta probabilmente alla fine del seicento di due case torri esistenti ai n_ 34/36 e 42/44 mediante un corpo centrale contenente una scala con volte e scalini in pietra serena. L'opera fu fatta fare dagli Uccelli il nome di due dei quali, Domenico e Antonio, ed una data, 1752, sono riportati in un cartiglio in marmo al di sopra della porta di accesso ad una cappella al n_ 1 del retrostante vicolo Uccelli. (XVIII secolo) PALAZZO TOMMASI Si trova al n_ 1 di via Dardano. Il Palazzo si deve ricordare perché buona parte delle opere d'arte e degli arredi che possedeva al suo interno, quadri, mobili, ceramiche ecc., di proprietà di Girolamo Tommasi, ultimo discendente della prestigiosa famiglia, è oggi esposta nel "Museo dell'Accademia Etrusca" quale donazione eseguita dalla vedova Giulia Baldelli-Boni nei primi anni del presente secolo (1932). Il Palazzo è oggi proprietà della Curia Vescovile. (XVIII secolo) PALAZZO PETRELLA Il Palazzo si trova al n_ 15 di via Guelfa e, contrariamente agli altri è l'unico che a tutt'oggi sia dimora degli eredi della antica famiglia che ebbe a costruirlo. Conserva pertanto al suo interno notevoli oggetti prestigiosi tra cui una biblioteca con numerosi codici membranacei e cartacei del XV secolo. Vi sono inoltre tre volumi manoscritti contenenti gli statuti di Cortona. (XVIII secolo) PALAZZO MANCINI - FERRETTI Progettato nel 1735 dall'architetto Marco Tuscher su commissione della famiglia Mancini, risulta per disegno, mole e imponenza un'ottima realizzazione dello stile barocco. Nel 1803 ospitò la regina dell'Etruria Maria Luisa infante di Spagna. Di pianta quadrangolare si trova al n. 45 di via Nazionale, dove oggi hanno sede la Pretura ed alcuni uffici comunali. Fuori delle mura nei dintorni della città sono ricchi di rilevante interesse storico ed artistico i seguenti: (XIII secolo) LA ROCCA DI PIERLE Si trova sulla strada che porta ad Umbertide in Umbria a circa 16 Km da Cortona. Fu costruito dai Casali verso la fine del XIII secolo. Conquistato da Ladislao re di Napoli fu dal medesimo nel 1411 venduto alla Repubblica Fiorentina insieme alla città di Cortona. Ha una gigantesca pianta rettangolare sopra la quale si elevavano quattro torri delle quali ne restano due. (XVI secolo) IL PALAZZO PASSERINI A FONTECUMOLA (chiamato "Il Palazzone") Fu costruito nel 1521 dall'architetto G. Battista Caporali su ordinazione del cardinale Silvio Passerini, il cui stemma troneggia sulla chiave dell'arco del portale d'ingresso. Vi si ammirano pitture di Luca Signorelli nella cappella gentilizia e di F. Bernabei, detto il Papacello e ritenuto uno dei suoi più prestigiosi scolari, che ha affrescato il salone d'onore con scene della storia romana tra le quali sono da notarsi: la battaglia del Trasimeno, la morte di Marco Curzio, la testa di Asdrubale gettata nel campo di Annibale ed altre. Il Palazzo è oggi di proprietà della Scuola Normale di Pisa che vi organizza importanti Convegni di Studio diretti da prestigiosi studiosi. (XVIII secolo) VILLA

PAG. 16 VENUTI A CATROSSE Costruita tra il 1725 ed il 1730 dall'architetto Alessandro Galilei su ordine di Domenico Girolamo Venuti. Nel 1740 Marcello Venuti dette incarico all'architetto Marcus Tuscher di progettare un ampliamento del complesso. L'ampliamento non fu eseguito si conserva però il magnifico progetto. (XVIII secolo) VILLA TOMMASI A METELLIANO Costruita nel 1777 dal canonico Niccolò Tommasi fu ampliata ed ingrandita tra il 1833 ed il 1870. Di splendide forme settecentesche ha una cappella dedicata a San Giovanni Evangelista. Nel parco un ammirevole giardino all'italiana. Il Palazzo della Comunità

Furono costruiti ad iniziativa e spese della comunità civile o religiosa per il disbrigo, al loro interno, delle faccende politiche, culturali o religiose della suddetta comunità. I più antichi e famosi sorgono sulle rovine della vecchia città etrusca e romana ed hanno subito nei secoli notevoli ristrutturazioni. Fra questi si evidenziano: (XII secolo) PALAZZO DEL CONSIGLIO COMUNALE Sorse contemporaneamente al sorgere della autonomia comunale nel dodicesimo secolo sulle rovine del Foro della città romana, all'incrocio tra il Cardo ed il Decumano. In origine era costituito da un unico grande salone posto all'altezza del termine della odierna scalinata e destinato alle riunioni consiliari. Tracce evidenti di questa antica costruzione si possono notare sul lato destro che si affaccia su piazza Signorelli. Nel cinquecento fu ingrandito sul lato sinistro al di là dell'odierna via Roma ed al di sopra dell'arco che sovrasta detta via, unendo i due edifici, fu innalzata la torre campanaria. Venne inoltre costruita la grande scala di accesso. Nelle epoche successive l'edificio subì notevoli rimaneggiamenti e nel 1896 venne restaurato in modo del

tutto arbitrario dall'architetto Castellucci, il medesimo cui Cortona deve l'attuale facciata della chiesa di Santa Margherita. Sul lato che dà sulla piazza Signorelli vi è una colonna innalzata nel 1508 portante il leone fiorentino detto il Marzocco, oggi quasi illeggibile per il degrado della pietra serena. Nella Sala del Consiglio, alla quale si accede dalla scala presso la suddetta colonna, si trova un camino, già nel palazzo Sernini in piazza Alfieri, scolpito in pietra, opera di G. B. Infregliati detto il Cristofanello (secolo XVI) Le Chiese Al culto della religione pagana che si manifestava all'interno dei templi originariamente etruschi, ai quali la conquista romana dovette imporre notevoli trasformazioni, successe nel terzo secolo, dopo la pace costantiniana, il culto della religione cristiana che probabilmente in un primo momento utilizzò i medesimi templi. Successivamente è quasi certo che i due primi edifici del culto cristiano all'interno delle mura urbane, dei quali conosciamo l'esistenza ed oggi scomparsi, la Pieve urbana di Santa Maria e la chiesa di Sant'Andrea, sorgessero entrambi sulle rovine di un tempio pagano. La chiesa di Sant'Andrea demolita nel diciottesimo secolo sorgeva nell'area oggi occupata dal Teatro Signorelli. Dopo le vicissitudini dell'alto medioevo, occupazione gotica, bizantina e longobarda, con l'organizzarsi in libero comune la città fu divisa in Terzieri, ognuno dei quali aveva una chiesa madre. Delle tre chiese madri dei relativi Terzieri restano oggi sparute tracce

PAG. 17 - La Pieve di Santa Maria, infatti, chiesa madre del Terziere di Santa Maria, fu quasi completamente demolita nel quindicesimo secolo per costruire al suo posto il "Duomo" odierno. Della medesima restano evidenti alcuni resti nella odierna facciata. - La Cattedrale di San Vincenzo, chiesa madre del Terziere di San Vincenzo, fuori della porta Sant'Agostino, in via del Duomo Vecchio al n. 3 venne completamente abbattuta nel XVIII secolo. Sull'area archeologica sorgono oggi edifici privati, mentre sparuti resti della medesima possono essere ammirati nel Museo dell'Accademia Etrusca. - La chiesa di San Marco, chiesa madre del Terziere di San Marco, venne abbattuta anch'essa nel XVIII secolo ed il suo titolo trasferito nella sottostante seicentesca chiesa della Compagnia della Santissima Trinità che si chiamò da allora chiesa di San Marco. Alcuni resti dei muraglioni perimetrali e di facciata, peraltro difficilmente leggibili, possono essere visti in fondo a via San Marco entro l'area archeologica verde, anche questa di proprietà privata, a cui si accede dal n_ 39. Nel secolo XIII, alle tre chiese madri si aggiungono due edifici sacri di rilevante importanza, la chiesa di San Francesco nel 1240 destinata a custodire il corpo del suo costruttore Frate Elia, uno dei pilastri della storiografia francescana e nel 1297 la nuova chiesa di San Basilio su disegno del Pisano destinata a custodire dal 1330 il corpo di Santa Margherita. Nei secoli successivi altri importanti edifici di culto, sempre più belli e più ricchi di opere d'arte, molte delle quali sono

tutt'oggi conservate nel loro interno, si aggiungono alle due chiese sopra mensionate. (XIII secolo) CHIESA DI SAN FRANCESCO Come la basilica di San Francesco ad Assisi, anche questa chiesa fu costruita da Frate Elia nel 1247 su terreno denominato Bagno della Regina a lui donato dal Comune e sul quale esistevano notevoli resti di costruzioni romane, probabilmente delle Terme. _ in stile gotico ma rimaneggiata notevolmente all'interno soprattutto nel XVII secolo. Conserva però tuttora intatta l'imponenza della mole e lo slancio delle sue linee originarie. Da ammirare il portale ed i finestroni del fianco sinistro recentemente ripristinati. Le manomissioni apportate riguardano oltre l'imbiancatura delle pareti sulle quali esistevano affreschi famosi e la sovrapposizione nelle medesime di altari barocchi, la chiusura dei finestroni gotici nonché la sostituzione dell'altare maggiore di pietra con un monumentale altare barocco di marmo, opera di Bernardino Radi (secolo XVII) all'interno del quale è custodita la reliquia della Santa Croce. Oltre alla Croce Santa, portata da frate Elia da Constantinopoli, in questa chiesa sono custodite: la tonaca, l'Evangelario manoscritto e il

cuscino, tutte reliquie appartenute a S. Francesco e tutte lasciateci da frate Elia, per il quale il Serafico nutriva particolare affetto e stima, tanto da chiamarlo "mia mamma", come ci dice il Celano nella sua prima biografia di S. Francesco. Nella parete destra presso l'ingresso vi sono resti di affresco attribuiti a Buffalmacco (secolo XIV). Nel terzo altare L'Immacolata Concezione del Commodi (1609). Nel quarto il Miracolo della mula del Cigoli (1597). Nella cappella destra dell'abside si trova il Monumento funebre del primo vescovo della diocesi di Cortona Ranieri Ubertini, morto nel 1348 (vedi testo a pag. 93). Nel coro la tomba di Frate Elia, successore di San Francesco alla guida dell'Ordine (vedi testo a pag. 90). Nel terzo altare della parete sinistra un capolavoro di Pietro da Cortona (1597-1669): L'Annunciazione, una fra le più belle pitture del XVII secolo. Nella cripta sottostante, oggi non più agibile perché interrata nel XVII, venne sepolto nel 1523 Luca Signorelli (vedi testo a pag. 93). La chiesa ed il convento sono interessati da importanti lavori di restauro ancora in corso. Fra Domenico Basili, attuale responsabile di tutto il complesso, ha curato varie pubblicazioni, relative alla storia della chiesa, alla vita di S. Francesco e del suo compagno Elia, disponibili presso questa stessa chiesa.

PAG. 18 CHIESA DI SANTA MARGHERITA La chiesa sorge nella parte alta della collina in una incantevole posizione. Sul luogo della chiesa attuale esisteva una chiesetta costruita dai monaci camaldolesi nel XI secolo e dedicata a San Basilio. La chiesetta venne danneggiata nel corso del Sacco di Cortona del 1258 e ricostruita nel 1288 da Santa Margherita fu dedicata oltre che a San Basilio, a Sant'Egidio monaco ed a Santa Caterina d'Alessandria. Santa Margherita, in una stanza a retro di tale chiesetta visse gli ultimi anni della sua vita e vi morì nel 1297. Fu sepolta nella chiesetta di San Basilio. Subito dopo la morte di Margherita i cortonesi, a fianco della chiesetta, costruirono una chiesa più grande su disegno di Giovanni Pisano e nel 1330 vi traslarono il corpo della Santa. Da allora la chiesa venne chiamata più semplicemente di Santa Margherita. Questa venne arricchita da pitture e sculture soprattutto di scuola senese, delle quali oggi restano miseri resti, quali il Cenotafio della Santa ed il rosone incastonato nella moderna facciata. Due Madonne scolpite in marmo e resti di affresco attributi al Lorenzetti sono conservati al Museo Diocesano. La chiesa subì una notevole trasformazione barocca nel 1738 ed in epoca moderna, nella seconda metà del XIX secolo, tanto la chiesetta come la chiesa più grande del Pisano vennero quasi completamenta demolite per cui oggi non risultano più leggibili. Delle costruzioni antiche restano, infatti, soltanto il coro e due volte a crociera, la seconda e la terza della navata centrale. Così come si presenta la chiesa è opera degli architetti Falcini, che modificò un progetto del Presenti, per quanto riguarda l'interno, e Castellucci, per la facciata. L'architetto cortonese Domenico Mirri (1856-1939), che successe al padre Paolo (1803-1878) nella direzione di questi ultimi lavori, ci ha lasciato una Cronaca dei lavori edilizi della nuova chiesa di Santa Margherita recentemente ristampata a cura dell' Accademia Etrusca da Calosci editore, 1989. Sono da ammirare il ricco mausoleo di marmo di Scuola Senese nella parete sinistra del transetto e l'urna della Santa, opera di Pietro da Cortona (vedi testo a pag. 93). Nell'altare di fondo della navata destra si trova un prezioso Crocefisso in legno, già nella chiesa di San Francesco, opera di un artista ignoto dei primi anni del 1200 davanti al quale Margherita pregava e dal quale

riceveva conforto ed ispirazione alla sua condotta. Nella parete destra cimeli donati in devozione dai Cavalieri di Malta cortonesi. Sulla navata sinistra una grande cappella ricorda i caduti in guerra cortonesi. Attiguo alla chiesa il Campanile (1650) e l'antico convento francescano circondato da un grande parco. Le Chiese (XIII secolo) CHIESA DI SAN CRISTOFORO Consacrata nel 1192 subì in epoche diverse sino al 1700 varie trasformazioni. Nella parete sinistra conserva un grande affresco rappresentante la Crocefissione, l' Annunciazione, e l' Ascensione di Scuola Umbra del XIII secolo. L'esterno, in una posizione incantevole, è caratterizzato da una costruzione rustica con un campanilino a vela in stile romanico (XIII secolo) CHIESA DI SANT'AGOSTINO Costruita in stile gotico dai monaci Agostiniani vi venne sepolto e successivamente conservato in un sarcofago barocco il corpo del monaco agostiniano Beato

Ugolino Zefferini cortonese (1320-1370). Venne rifatta ed ampliata nel 1600 e sono visibili in facciata la parte originaria e gli ampliamenti successivi Dell'antico convento è visibile il chiostro con le lunette dipinte nel 1669 da Giuseppe Guasparini della Fratta di Perugia e raffiguranti le storie di Sant'Agostino. Nel terzo altare della parete sinistra era custodita una tela opera giovanile di

PAG. 19 Pietro da Cortona, oggi al Museo dell'Accademia e raffigurante la Madonna e Santi. Notevole l'elegante ciborio rinascimentale in pietra attribuito al cortonese Ciuccio di Nuccio (secolo XV) nell'abside sinistra. La chiesa ed il convento sono oggetto di importanti lavori di restauro. (XIV secolo) CHIESA DI SANT'ANTONIO ABATE La chiesa sorge nei pressi del così detto Bagno di Bacco, serbatoio di acqua di epoca romana, di forma rettangolare e della capacità di circa mc 900, di cui ancora si possono vedere i resti nella via di S. Antonio. La facciata è a bozze di pietra serena rifatta posteriormente nella parte centrale. La pianta dell'antica chiesa era a navata unica. Tra il '500 e il '600 furono aggiunte due strette navate laterali, che corrispondono all'attuale oratorio e al sottostante campanile, che anticamente era a torre, ma nella prima metà del '600 fu sostituito con l'attuale a vela. Da qualche tempo è stata sconsacrata. secolo) CHIESA DI SAN DOMENICO Costruita in stile gotico all'inizio del XV secolo subito fuori le mura nei pressi dell'antica porta Peccioverardi, oggi demolita. Era inserita nel contesto del convento dei domenicani ora in gran parte distrutto. Nel convento soggiornarono Sant'Antonino vescovo di Firenze ed il Beato Angelico. La facciata è semplice ed armoniosa; nella lunetta del portale, un affresco

(XV secolo) CHIESA DI SAN NICOLO' Costruita agli inizi dell' XV secolo con elegante portico in facciata e sul fianco sinistro. Nel 1440 San Bernardino da Siena vi fondò la "compagnia di sSan Nicolò". Nell' altare maggiore è conservato lo stendardo della compagnia dipinto sulle due facce da Luca Signorelli. Nella parte anteriore è rappresentata la deposizione del Cristo contornata da angeli e santi. Nella parte posteriore la madonna col bambino in trono tra i santi Pietro e Paolo. Nella parte sinistra un affresco alquanto deteriorato di Luca

Signorelli raffigurante la Vergine con Bambino circondata dai Vari Santi. (XV secolo) CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA - DUOMO La chiesa sorge sulle rovine, viisibil in facciata dell' antica Piev, una fra le chiese più antiche se non la più antica della città, costruita aglia albori dell' era cristiana forse nel secolo IV sulle fondamenta di un tempio pagan. Nella sua forma attuale fu costruita verso la metà del XIV secolo su un disegno attribuito a Giuliano da Sangallo e subito dopo la sua costruzione fu dichiarata cattedrale diocesana traslando l titolo dalla cattedrale di San vincenzofuori le mura. Il portale centrale e quello laterale sono ritenuti entrambi opera di Cristofanello (XVI secolo). L'altare maggiore è opera pregievole(1664) del cortonese Francesco MazzuoliIl campanile del 1566 è opera dell' architett cortonese Francesco Laparelli, costruttore della città di La Valletta nell' isola di Malta e delle fortificazioni alle mura di castel Sant' Angelo a Roma. l' interno della chiesa nel XVIIsecolo subì numerosi rimaneggiamenti.Neglia ltari e nel coro si conservano varie tele fra le quali una natività di Pietro da Cortona, la Morte di S. Giuseppe di lorenzo Berrettini, una Crocifissione e L'invìcredulità di San Tommaso di scuola signorelliana, La comunione della Madonna di Sante Castellucci e due madonne con Santi, una del Cigoli e una di Alessandro Allori. il ciborio in Marmo nella parete sinistra del presbiterio è attribuito a Ciuccio di Nuccio. Nella cappella Venuti, a destra dell' abside, e tombe dei fratelli Marcello, Ridolfino e Filippo, fondatori dell' Accademia Etrusca.

PAG. 20 (XVI secolo) CHIESA DI SAN MARCO Sono due chiese sovrapposte costruite dalla Compagnia della Santissima Trinità dei Laici nel 1580 e dedicate alla SS. Trinità. Con la distruzione nel XVIII secolo della più vecchia chiesa di San Marco, da questa poco discosta, venne ad assumere il titolo corrispondente e si chiamò di San Marco. _ la chiesa del patrono della città. Ad una sola navata ha un altare barocco del Sellari. La tela dell'altare laterale destro è attribuita al Commodi e raffigura S. Carlo Borromeo. La chiesa conteneva il Crocifisso del Lorenzetti, oggi al Museo Diocesano. Molto bella la chiesa inferiore con una volta affrescata e tele dipinte con episodi di storia sacra. Nella facciata che guarda la valle un grande mosaico rappresenta San Marco,opera di Gino Severini (1883-1966). (XVII secolo)CHIESA DELLO SPIRITO SANTO Anche questa chiesa, come quella di San Domenico, sorge fuori delle mura nei pressi di porta Sant'Agostino ed è dedicata anche alla Visitazione di Maria Santissima. Fu edificata tra il 1637 ed il 1669 su disegno iniziale di Filippo Berrettini. La cupola e la facciata furono terminate nel 1751. La pianta è a croce latina poco accentuata. La facciata, armoniosa ed elegante è costruita a bozze squadrate di pietra serena ed è suddivisa in due tronchi da una cornice che l'attraversa orizzontalmente. Il tronco superiore, sormontato da un timpano con un piccolo occhio, ha una finestra centrale squadrata. Dal timpano si dipartono due lesene angolari che terminano in fondo con un basamento. Altre due lesene, dipartendosi dalla cornice, percorrono il tronco inferiore. Gradevole è l'effetto di slancio e di grazia neoclassica. Nell'interno, il contrasto degli intonaci bianchi con il grigio delle pietre conferisce alle linee architettoniche un aspetto rinascimentale. L'altare maggiore è opera del Fabbrucci (1687-1767), dello stesso sono il decoro e le statue lignee della Fede e della Carità. Su quest'altare c'è l'immagine della Vergine, mentre nell'altare di sinistra una tela con Madonna, anime del purgatorio e S. Margherita di ignoto, sotto l'altare statua lignea del Fabbrucci. Nell'altare di destra Madonna con il Bambino, Santa Margherita e San Felice di Giuseppe Angeli allievo del Piazzetta.

(XVIII secolo) CHIESA DI SAN BENEDETTO Fu costruita in forma ovale barocca dai Padri Scolopi nel 1722. Nella volta affrescata dal fiorentino Taddeo Mazzi (secolo XVII) è rappresentato San Giuseppe Calasanzio. Sull'altare domina una statua lignea di Cristo legato alla colonna, espressiva opera del XVII secolo. (XVIII secolo) CHIESA DI SANT'ANDREA IN SAN FILIPPO _ una costruzione barocca del 1720, costruita dall'architetto cortonese Iannelli. Per volere dei padri filippini, che ne furono i custodi, l'edificio prende il titolo della vecchia chiesa di Sant'Andrea, che

PAG. 21 si trovava in Piazza Signorelli e che venne demolita in questo stesso secolo, con l'aggiunta di quello di San Filippo. Nell'altare laterale sinistro una tela del Piazzetta (1745) rappresenta la Madonna, nell'altare a destra la tela del cortonese Domenico Venuti rappresenta San Filippo Neri e la Madonna. L'altare maggiore è opera del cortonese Francesco Fabbrucci. Fuori delle mura nelle immediate vicinanze della città sono da segnalare per il loro richiamo storico ed artistico le seguenti:

(VII Secolo) CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO A METELLIANO Si trova all'imbocco della valle dell'Esse a 5 km da Cortona. Costruita intorno all'VII secolo dai longobardi dopo la loro conquista, fu dedicata a San Michele Arcangelo. _ nota infatti la venerazione che il popolo dei longobardi aveva per l'arcangelo Michele. Intorno all'anno mille venne rifatta in stile preromanico-bizantino dall'architetto aretino Maginardo che lasciò intatte le due bellissime absidi laterali del VII sec. L'alternarsi nella pilastratura che divide le tre navate di grandi

pilastri e di esili colonnette bizantine rende ariosa la costruzione e sembra anticipare il gotico. Le tre absidi sono decorate all'esterno con archetti ciechi. La facciata in stile prettamente bizantino è austera nella sua semplicità. Questa chiesa, con la sua architettura armoniosa nell'insieme e con il grande misticismo che si respira, è tra le più belle delle vallate aretine. Fu proclamata monumento nazionale nel 1907. (VIII secolo) CHIESA DELL'ABBAZIA DI FARNETA Si trova in Valdichiana lungo la provinciale Cortona-Foiano ad una decina di chilometri da Cortona. L'abbazia dei Monaci Benedettini sorse intorno all'VIII-IX secolo per munificenza dei Conti di Ronzano. Raggiunse il suo massimo splendore tra il IX e XIV secolo. I monaci la tennero sino al 1780 quando con le soppressioni del granduca Leopoldo, passò al clero secolare ed i beni della medesima al Capitolo della Cattedrale di Cortona. Di notevole interesse la struttura absidale e la Cripta, di recente ritrovata e restaurata. La Cripta è sostenuta da colonne e capitelli di epoca romana variamente scolpite e decorate. Una tra esse è di granito rosso proveniente dall'Egitto. _ annesso un piccolo Museo con reperti fossili ed archeologici curato dall'Abate Don Sante Felici parroco e custode della chiesa ed autore di una importante Guida storico artistica della medesima.

(XV secolo) CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE AL CALCINAIO La sua costruzione risale agli anni tra il 1485 ed il 1513. E' opera dell'architetto Francesco di Giorgio Martini che la progettò su interessamento dell'amico Luca Signorelli, in stile rinascimentale a croce latina con una elegantissima cupola che slancia verticalmente la costruzione al di sopra degli olivi circostanti. Era la chiesa della corporazione dei calzolari che avevano in quel luogo le loro vasche di

calce per la concia delle pelli, protette dall'immagine di una Madonna che si trova adesso nell'altare maggiore, opera di Bernardino Covatti. Sull'altare di destra della crociera, che proviene come l'altro di sinistra dalla antica chiesa di San Vincenzo e qui collocati nel 1788, una Madonna e Santi del Bronzino (1535-1607). Sul rosone centrale in facciata un vetro istoriato del Marcillat (1470-1529)

PAG. 22 raffigurante la Madonna con ai piedi il papa Leone X, l'imperatore Massimiliano I ed il vescovo di Cortona cardinale Francesco Soderini. (XVI secolo) CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA Verso la fine del 1500, su disegno del Cristofanello modificato, secondo alcuni, dal Vasari sorse questa bellissima chiesa a croce greca con tre facciate uguali. La cupola che risente dello stile barocco è stata realizzata posteriormente nel 1600. All'interno quattro pilastri sorreggono la mole della costruzione dando alla stessa un forte slancio verticale. L'altare maggiore è del cortonese B. Radi. Nell'altare a destra dell'entrata una tela di Alessandro Allori rappresenta la nascita della Vergine (XVI secolo). La vetrata del rosone della facciata è di Urbano Urbani (XVI secolo), rappresenta l'adorazione dei Magi. Nel coro eleganti stalli cinquecenteschi.