EDIZIONE STRAORDINARIA Tutto Piaget · bre del 2016, domenica di Nostro Signore Gesù Cristo, re...
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EDIZIONE STRAORDINARIA
Come annunciato il 13 marzo
2015, lo scorso 8 dicembre è stato
inaugurato a Roma il Giubileo,
cioè l’Anno Santo. Forse non
tutti sanno che esistono giubilei
ordinari, l’ultimo è stato nel
2000, il prossimo nel 2025, e
straordinari. Il Giubileo straordi-
nario di quest’anno è stato indet-
to da Papa Francesco nella ricor-
renza del Cinquantesimo dalla
fine del Concilio Vaticano II ed è
ded ica to a l t ema de l la
“Misericordia”. Queste sono le
parole con cui il pontefice stesso
ha presentato l’evento: «Cari
fratelli e sorelle, ho pensato spes-
MANAROLA, UN PRESEPE DA RECORD ALLE CINQUE TERRE
Nel cuore delle Cinque Terre,
dall’8 dicembre, e per tutto il
periodo delle festività, si ac-
cendono le oltre quindicimila
lampadine per le 256 figure
che compongono un presepe
da record, quello di Manaro-
la, costruito sulla Collina
delle Tre Croci. Nato da un’i-
dea e dall’opera instancabile
di Mario Andreoli, classe
1926, ex ferroviere in pensio-
ne che il presepe rappresenta
un simbolo importante di im-
pegno e creatività. I materiali
con cui è realizzato sono tutti
di riciclo, riadattati a nuove
forme e utilizzi grazie all’oc-
chio attento del suo “papà”.
Anche quest’anno a inaugura-
re l’accensione delle luci c’è
stata una festa con fuochi d’ar-
tificio che ha visto una grande
partecipazione di pubblico.
SSPG “J. Piaget” laboratorio di Giornalismo
GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA
Tutto Piaget
so a come la Chiesa possa rendere
più evidente la sua missione di esse-
re testimone della Misericordia. È
un cammino che inizia con una
conversione spirituale. Per questo
ho deciso di indire un Giubileo
straordinario che abbia al suo cen-
tro la misericordia di Dio. Questo
Anno Santo inizierà nella prossima
solennità dell'Immacolata Conce-
zione e si concluderà il 20 novem-
bre del 2016, domenica di Nostro
Signore Gesù Cristo, re dell'univer-
so e volto vivo della misericordia
del Padre. Affido l'organizzazione
di questo Giubileo al Pontificio
consiglio per la promozione della
nuova evangelizzazione, perché
possa animarlo come una nuova
tappa del cammino della Chiesa
nella sua missione di portare a ogni
persona il vangelo della Misericor-
dia.» Si tratterà dunque di un anno
dedicato alla “riconciliazione”,
secondo la tradizione della Chiesa,
ma è anche un’occasione riflettere
sulle parole del papa che ci ricorda
che la “giustizia di Dio è misericor-
dia”. Così in un tempo di guerre,
terrorismo e divisioni fermare la
violenza è possibile se si ha la spe-
ranza di opporsi con la forza dell’a-
scolto e del dialogo, in una parola
affermando il valore della pace.
Ana Maria Raducan, Francesco Berni, Jeffrey Villanueva, Federico Zecca
Ogni primo venerdì del mese la
“merenda” alla Piaget è
“amica”. Abbiamo incontrato
la prof.ssa Rolla che ci ha spie-
gato il perché di questa iniziati-
va. Semplicemente si organizza
una piccola raccolta fondi, e col
contributo di un euro ciascuno,
si ottengono due risultati. In-
nanzitutto si aiutano i bambini
ospiti della casa famiglia
“L’isola che non c’è” e poi,
facendo merenda insieme, ci
ricordiamo di sostenere il com-
mercio equo e solidale.
Cosa significa equo e solidale?
Cosa vuol dire “equo e solida-
le”?
Intanto ricordiamo che
“commercio equo solidale o
commercio equo è un commer-
cio che offre al produttore e a
chi lo aiuta un prezzo adegua-
to, garantendo anche la tutela
del territorio”. In Europa la
prima Organizzazione del com-
mercio alternativo (ATO) è
nata nel 1965. I prodotti equo
solidali agricoli più comuni
sono: frutta secca, cacao, zuc-
chero, succhi di frutta, riso,
spezie e noci. Mentre nel 1969
il rapporto in valore delle vendi-
te fra oggetti di artigianato e
prodotti agricoli era dell'80%
contro il 20%, nel 2002 le ven-
dite di prodotti artigianali am-
montavano al 25% del totale
delle vendite del commercio
equo e solidale, l'analoga linea
di prodotti agricoli superava il
69%. È, dunque, “una forma
di commercio internaziona-
le nella quale si cerca di far
crescere aziende economica-
mente sane nei paesi più svi-
luppati e di garantire ai pro-
duttori ed ai lavoratori
dei paesi in via di sviluppo un
trattamento economico e so-
ciale equo e rispettoso.”
Che cos'è veramente la casa fami-
glia?
Attorno al termine Casa Fami-
glia c’è veramente una grossa
confusione: qualcuno utilizza
questo termine per strutture
gestite da suore, per comunità
educative… utilizzando anco-
ra il termine istituto, cosa che
in Italia non dovrebbe succe-
dere più. La casa famiglia è un
servizio residenziale di acco-
glienza per minori. Gli ultimi
dati del 2010 indicano 29.300
minori fuori famiglia, perciò
c'è sempre un bisogno di fa-
miglie che desiderino aprirsi
all'accoglienza. I bambini che
sono nelle strutture, sono
minori sotto tutela, ciò signi-
fica che sono in carico al
servizio sociale. La maggior
parte dei bambini ha vissuto
l'allontanamento dalla fami-
glia per motivi di maltratta-
mento, episodi di violenza, o
anche tossicodipendenza,
alcolismo da parte della fami-
glia d'origine.
Lo scopo della casa famiglia
vuole essere quello di acco-
“Casa” è il luogo dove vuoi tornare
perché è là che ritrovi le persone a
cui vuoi bene di più e che ti manca-
no. Festeggiare insieme ricorrenze
come il Natale, acquista allora un
valore speciale, perché impariamo
a condividere ciò che abbiamo e a
fare posto anche a chi una casa
non ce l’ha più o la sta cercando.
Così parlandone insieme al prof.
Montagnoli a cui abbiamo chiesto
in cosa consisterà la festa di fine
UN PENSIERO PER UN NATALE SPECIALE
Francesca Suarat,, Sofia Cantale, Biagio Vallefuoco,
Karla Fermin, Aurora Seghieri
TUTTO PIAGET
PIAGET SOLIDALE: QUANDO L’AMICIZIA SI FA MERENDA
PAGINA 2
gliere i bambini che ne
hanno bisogno, coccolarli,
accudirli e far assaporare
loro il clima familiare, in
modo da poter dare stru-
menti per poi essere pronti
per essere accompagnati
verso il loro progetto di
vita definitiva, come l'ado-
zione o il rientro a casa.
Spesso accompagniamo i
bambini verso un altro
progetto di affido famiglia-
re, uno degli obiettivi che
ci poniamo come casa
famiglia è quello di sensibi-
lizzare il territorio in cui
siamo presenti, cercando
di informare e di trovare
nuove famiglie che inten-
dano aprirsi all'affido fami-
liare.
anno, abbiamo riflettuto sul fatto che
mettere insieme le cose, donare qual-
cosa perché a sua volta diventi un
altro dono, organizzare una festa,
una lotteria, una mostra con tutti i
lavoretti da mostrare, stare insieme,
ridere e lavorare, diventa un modo
per dare un significato più grande alle
piccole cose, diventa un modo soprat-
tutto per vivere la scuola in modo
diverso, come un’occasione di incon-
tro per crescere insieme.
Eco-Piaget è un progetto che si occupa
di riqualificare lo spazio verde intorno
alla scuola. L’attenzione all’ecologia è
stata da sempre centrale alla Piaget,
ma dal 2013 è diventata sistematica-
mente operativa grazie ad un laborato-
rio che sta riorganizzando i giardini e
ripristinando le aiuole, insegnando
come aver cura di ciò che è di tutti
non è semplicemente un’ideale, ma
può essere un progetto educativo con-
creto. Fioriscono così rose e tulipani,
piante officinali, erbe aromatiche e si
raccolgono olive, frutta e verdura rigo-
rosamente “bio”. Il progetto Eco-
Piaget si organizza in due appunta-
menti pomeridiani al mercoledì e al
giovedì. Da un’idea del prof. Bartolet-
ti, grazie alla collaborazione attiva
non solo dei professori Biondi
attraverso le crociate, si
diffonde infatti in Nor-
mandia, Britannia., Aqui-
tania, è presente alla corte
di Carlo Magno a quella di
Enrico II, fino a diventare
simbolo della Casa dei
Lancaster.
GALLICA VERSCICO-
LOR / ROSA MUNDI:
molto antica, si ritrova nei
cespugli con fiori doppi
dal colore rosso carminio.
La sua leggenda è legata a
molte ballate, novelle,
poemi e opere medievali in
cui si narra del re d’Inghil-
terra Enrico, la regina
Eleonora, la sua amante
Rosamund.
La regina gelosa decise di
intrappolare l’amante pri-
ma della visita del re, la
corrompendo un servo.
Rosamund si accorge
dell’inganno e scappa nel
All’inizio dell’anno scola-
stico, i ragazzi di Eco-
Piaget hanno piantato nel
giardino della scuola tre
specie di rose molto anti-
che. Per vederle fiorire
dovremo aspettare Mag-
gio, ma ecco intanto alcu-
ne curiosità di cui ci ha
parlato la prof.ssa Berton:
LA ROSA GALLICA
OFFICINALIS: dai petali
molto odorosi che riescono
a trattenere il profumo
anche essiccati, e dalle
capacità curative, da cui il
nome “The Apothecary’s
Rose” o “Red Rose ol
Lancaster”. Cresciuta in
natura in Asia, coltivata
anche dai Persiani e dagli
Egiziani e in fine adottata
dai Greci e dai Romani,
può essere considerata
l’antenata di tutte le rose
europee. Arriva in Europa
giardino-labirinto. Fuggen-
do si accorge che un pezzo
di stoffa del ricamo che
stava cucendo era ancora
attaccato al gomitolo, così
viene raggiunta dalla Regi-
na che la obbliga a scegliere
tra la coppa di veleno e un
coltello.
Il re scoprì il corpo morto
dell’amante inconsolabile,
ordinò che fosse sepolta in
un convento, ricoperta da
un’aiuola con le sue rose
preferite.
ROSA CHARLES DE
MILLS: I fiori cremisi con
sfumature porpora, sono
molto profumati, illumina-
ti da un occhio centrale e
formano un cespuglio con
ricca e lunga fioritura.
Charles fu il direttore della
British East India Company
1785.
IL GIARDINO DELLE ROSE
Ana Maria Raducan, Aurioa Seghieri, Micol Dattoli
PAGINA 3 EDIZIONE STRAORDINARIA
ECOPIAGET : PER UNA SCUOLA IMMERSA NEL VERDE
(scienze), Berton e Tommasi
(lettere), ma anche di alunni e fami-
glie, sono nati il “giardino preistori-
co” con le colture di cereali, farro e
frumento, e ancora il “giardino dei
semplici” con le piante che già nel
Medioevo servivano per aromatizza-
re gustosi piatti o curare proprio
come medicine, ed ancora il giardi-
no con le piante arrivate dalla sco-
perta dell’America. Melissa, cedrina,
timo, lavanda, ruta, serpillo, prezze-
molo e ancora, patate, pomodori,
piante di cotone, e fiori e tante altre
piante sono tutte segnalate dai carti-
gli realizzati in materiali diversi tra
cui spiccano quelli su terracotta con-
fezionati dai ragazzi del laboratorio
di ceramica. Storia, scienze, ecolo-
gia e cittadinanza si intrecciano così
strettamente e ciò che si studia sui
libri diventa esperienza concreta di
condivisione per crescere insieme. Si
impara così che le idee più belle sono
quelle che si traducono in azioni che
danno buoni frutti: il profumo di una
rosa, la bellezza dei colori di un tuli-
pano, la sofficità del cotone, la fra-
granza delle olive, il gusto dei sapori
semplici.
A Riccò del Golfo vicino agli anni
'60 - '70 i bambini e le bambine gio-
cavano senza apparecchi tecnologici
(ipad, computer ecc...). Le mamme
preparavano ai figli buone merende
a base di burro e zucchero dentro un
panino e delle torte che erano le
merende principali prima della nu-
tella. Di solito i ragazzi andavano
alle cinque terre in una spiaggia lun-
ga 2 km . Per arrivare a una cascata
a picco sul mare bisognava scendere
da una scaletta e superare un villag-
gio turistico con i camper.
Intanto nelle 5 terre passava un vec-
chio treno, e c’era una spiaggia
scomparsa da qualche anno...
Spesso tendiamo a pensare che
i posti che ci circondano siano
sempre stati così, che non
siano mai cambiati. Però non è
sempre vero. I territori cambia-
no spesso, sia per cause natura-
li, sia per motivi urbani. Abbia-
mo incontrato le bidelle della
nostra scuola: Antonella e Ro-
berta e abbiamo chiesto di rac-
contarci cosa e com'è cambiato
della nostra città: La Spezia.
Lo abbiamo fatto perché erava-
mo molto curiosi di scoprire
com’era il mondo intorno a
noi, di vedere la città da un
altro punto di vista e non ne
siamo rimasti delusi.
Antonella ci ha raccontato
come si viveva negli anni '60
quando si facevano spesso gite
in bicicletta o a piedi e molti
giochi all’aperto, non solo d'e-
state, ma anche d’inverno:
pallavolo, calcio … ecc perché
Federico Zecca, Francesco Berni,
Jeffrey Villanueva
TUTTO PIAGET
COME ERAVAMO
PAGINA 4
non esisteva il computer. I
compiti si facevano insieme e
le mamme o le nonne prepara-
vano le merende, spesso si
mangiava pane con burro e
zucchero o le frittelle. Per
andare alle Cinque Terre pren-
devi il treno e la spiaggia piú
gettonata era quella di Bonas-
sola, dove rimanevi tutto il
giorno.
A Corniglia c’erano due chilo-
metri di spiaggia che ora non
c’è piú.
Perché?
I territori cambiano spesso e
non solo a causa dell’azione
dell’uomo, infatti la Spiaggia
di Corniglia è scomparsa a
causa del fenomeno dell' ero-
sione, che è un fatto naturale.
EROSIONE
Sgretolamento della superficie
terrestre dovuta ad agenti fisici.
Il 33% della costa ligure è sog-
getta a erosione e la spiaggia,
come dicono i tecnici della
Regione Liguria: “è un sistema
che costituisce l’elemento più
sensibile del nostro territorio “.
E’ una risorsa per il turismo ma
anche per l’ambiente nel senso
della difesa della costa perché
la spiaggia serve a lasciar sfoga-
re l’energia dell’onda che dun-
que quando arriva a terra ha
meno forza.
[La Liguria, è in allarme per
l'erosione delle coste "Abbiamo
perso un terzo delle spiagge" La
Repubblica, Genova 2013.]
CORNIGLIA:
LA SPIAGGIA CHE NON
C’È PIÙ
Il paesino di Corniglia, tra Ma-
narola e Vernazza, è forse il più
tipico e caratteristico delle Cin-
que Terre. Si erge su un piccolo
promontorio a strapiombo sul
mare con una vista che spazia
su tutta la costa fino a Monte-
rosso e punta Mesco. Corniglia
si raggiunge agevolmente col
treno e con i pulmini del parco o
con la propria auto. Per chi ama
il trekking, una rete di meravi-
gliosi sentieri la collega agli altri
borghi delle Cinque Terre.
Beatrice Di Benedetto
A scuola, studiando le pagine di geo-
grafia, abbiamo parlato dei problemi
che riguardano l’ambiente, la tutela
del territorio e l’ecologia. Insieme ci
siamo chiesti se è possibile trovare
d e l l e s o l uz i o n i c h e s i a no
“sostenibili” cioè capaci di unire il
bisogno di essere economicamente
produttivi alla necessità di difendere
la natura. La sfida non è di poco
conto. Spesso e specialmente in pas-
sato i due termini venivano intesi in
contraddizione fra loro e a tutt’oggi
le difficoltà nel conciliarli non sono
poche. Tuttavia difendere il territorio
e mantenere un’economia eco-
compatibile, contenendo i costi di
gestione e ottimizzando la produzio-
ne, è possibile o per lo meno è un
obiettivo concretamente perseguibile.
Ne abbiamo parlato con L. Natale,
responsabile della Comunicazione
presso il Parco delle Cinque Terre.
Chiamato così per i cinque borghi,
Riomaggiore, Manarola, Corniglia,
Vernazza, Monterosso al mare, il
territorio è Patrimonio Mondiale
dell’Umanità Unesco dal 1997, Area
Mariana Protetta dal 12 dicembre
1997, Parco Nazionale dal 6 ottobre
1999, nonché parte del Santuario dei
Cetacei. Bisogna però ricordare, co-
me suggerito dal confronto col geolo-
go C. Malgarotto, che questo territo-
rio è estremamente fragile e va salva-
guardato, per questo motivo esiste un
Centro Studi Rischi Geologici. Il
Parco, infatti, non solo è il più picco-
lo d’Italia con i suoi 3.868 ettari, ma è
anche il più densamente popolato con
i suoi 4.000 abitanti a cui vanno ag-
giunti i numerosissimi turisti che
letteralmente la invadono stagional-
mente creando così l’esigenza di or-
ganizzare e gestire un tale flusso per
limitare i rischi derivati da un simile
impatto ambientale. Per questo, nel
rigoroso rispetto dei criteri indicati-
La storia delle Cinque Terre è
segnata da sempre dal profondo
legame tra uomo e territorio che
ha il suo simbolo nei muretti a
secco. Costruiti con sole pietre di
arenaria e terriccio, fin dall’anno
Mille, sono alla base del sistema di
terrazzamenti che viene usato per
livellare il suolo. Si ottengono così
le caratteristiche strisce di terra da
coltivare che in dialetto vengono
chiamate ciàn. La funzione di
questi muretti è duplice perché
servono sia per conquistare nuovi
spazi all’agricoltura che per la
regolazione dei flussi idrogeologi-
ci, drenando cioè l’acqua di scolo e
UN MURETTO STORICO
tempo che va dalle 5 alle 10 ore a
seconda delle condizioni fisiche e
meteo, è permanente. A contornare
la maratona che si terrà giorno 20
marzo con partenza da Monterosso
alle 6,30, ci saranno dal pomeriggio
di venerdì 18 tutta una serie di even-
ti che vanno da conferenze a mostre
-mercato dedicate al tema della viti-
coltura, passando per la degustazio-
ne di vini e prodotti tipici locali. Il
nome dell’iniziativa infatti deriva
anche dallo Sciacchetrà, il vino pas-
sito prodotto con le uve provenienti
dai terrazzamenti delle Cinque Terre
(bosco, albarola e vermentino), dal
colore giallo dorato, dal profumo di
miele, dal sapore intenso che va da
dolce ad amaro e con retrogusto man-
dorlato; ma ricordiamo le Cinque
Terre sono anche sinonimo di Vino
Cinque Terre DOC, miele, olio extra-
vergine d’oliva, acciughe salate di
Monterosso, limoni, basilico e molto
altro. Sport ed eno-gastronomia con-
corrono così a promuovere un turismo
eco-sostenibile.
SCIACCHETRAIL: QUANDO IL TURISMO È SLOW
In uno spazio ristretto come quello
delle Cinque Terre, sensibilizzare
su tematiche di salvaguardia e
tutela ambientale è l’unica ricetta
“slow” contro un turismo “mordi e
fuggi” ad alto impatto ambientale.
L’Ultra Trail attraverserà infatti
sentieri secolari che si aprono su
paesaggi mozzafiato il cui denomi-
natore comune sono i terrazza-
menti con i vigneti sul mare. Gra-
zie alla cartellonistica segnaletica il
percorso, che si può coprire in un
PAGINA 5 EDIZIONE STRAORDINARIA
PARCO DELLE CINQUE TERRE,
UN MARCHIO DI QUALITÀ ECO-SOSTENIBILE
dall’Unesco e sottoponendosi regolar-
mente al riscontro dei controlli di
Certificazione ISO, numerose sono le
attività e i progetti curati dal Parco.
Pensiamo ad esempio alle Cinque
Terre Card o al Marchio di qualità
ambientale che servono per conciliare
tutela ambientale ed economia, pro-
movendo piuttosto un turismo consa-
pevole che porti alla scoperta di per-
corsi sia naturalistici, che eno-
gastronomici, con la degustazione dei
prodotti tipici locali più noti, uno per
tutti, il passito Schiacchetrà. Ecco
nascere così esperienze come Sciac-
cheTrail. Iniziativa inaugurata l’anno
scorso, si rinnoverà quest’anno dal 18
al 20 Marzo, impegnando 250 runner
in una maratona di montagna “con
vista mare” che si snoderà tra sentieri
e “creuze” per un percorso di 47 km e
su un dislivello positivo di 2600 m.. Il
tutto per promuovere sport, agonismo
e salute in scenari incantevoli.
permettendo al terreno di mantener-
si più asciutto e compatto. Da que-
sto stesso legame millenario tra la-
voro dell’uomo e ambiente sono
nate le Cinque Terre, in particolare
Manarola che è tutta costruita sui
terrazzamenti. Tuttavia questo par-
ticolare equilibrio è stato messo in
crisi tra gli anni ’70 e ’80 perché a
causa del progressivo abbandono
dei campi molti muretti si sono rovi-
nati. Da allora molte iniziative sono
state messe in atto per ripristinarli e
mantenerli in buono stato, pensia-
mo alla nascita della Cooperativa
Agricoltura Cinque Terre o alla
“Fondazione Manarola Muretti a
secco” o ancora a tutti i progetti di
monitoraggio ambientale e di inter-
venti come contribuiti alla crescita o
al miglioramento delle tecniche di
manutenzione e produzione messi in
atto anche dall’Ente Parco. Il deno-
minatore comune di tutte queste
iniziative oggi è sempre lo stesso
ovvero, come ci ricorda la prof.ssa
C. O’Neill, la co-
mune consapevo-
lezza che l’agricol-
tura va sostenuta
non solo come atti-
vità economica, ma
soprattutto come
presidio permanen-
Francesca Carofiglio, Letizia Terdossi,
Martina Bernardini, Ana Maria Raducan,
Biagio Vallefuoco, I C e I B
PAGINA 6 EDIZIONE STRAORDINARIA
Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Frequenta scuole tecniche, iscritto nel 1915, si diplomerà in ra-
gioneria all'istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele". Coltiva interessi letterari, studia musica e can-
to attraverso un percorso libero da condizionamenti. Le lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime
radici della sua formazione e alimenta il suo immaginario, arricchendolo delle suggestioni che gli derivano dal
panorama, ancora intatto, della Riviera ligure di Levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la fa-
miglia trascorre le vacanze. Tornato a Genova dopo la guerra, durante la quale è stato ufficiale al fronte, fre-
quenta gli ambienti letterari, e presto si dedica completamente alla poesia e alla letteratura. Nel 1925 Euge-
nio Montale pubblica il suo primo libro di versi, "Ossi di seppia". Nel 1927 si trasferisce a Firenze, dove col-
labora a importanti riviste letterarie, diventando redattore presso l'editore Bemporad. In questo contesto pro-
va anche l'arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano maestro dei colori e l'uso dei pennelli. Dopo la
guerra Montale si iscrive al Partito, ma la sua esperienza politica è breve. Montale trascorre l'ultima parte
della sua vita (dal 1948 alla morte) a Milano. Diventa redattore del Corriere della Sera e critico musicale per il
"Corriere d'informazione". Nel 1967 viene nominato, per i suoi meriti letterari, senatore a vita. Nel 1975 rice-
ve il premio Nobel per la letteratura. Eugenio Montale muore a Milano nel 1981.
In occasione del quarantesi-
mo del Premio Nobel per la
Letteratura a Eugenio Mon-
tale, il Parco Nazionale delle
Cinque Terre e la Società
Dante Alighieri hanno inau-
gurato a Dicembre, a Mon-
terosso, il Parco Letterario
Eugenio Montale. Il nuovo
parco letterario è stato uffi-
cialmente presentato a Ro-
A MONTEROSSO UN NUOVO PARCO LETTERARIO DEDICATO A EUGENIO MONTALE
ma Giovedì 10 marzo 2016
alle ore 17.45 presso la Gal-
leria del Primaticcio, Palaz-
zo Firenze – Piazza Firenze,
27. Come ha dichiarato il
Presidente del Parco Nazio-
nale, Vittorio Alessandro
“Quello delle Cinque Terre è
anche paesaggio culturale.”
Non a caso. “Gente vino e
rocce delle Cinque Terre” fu
il primo articolo a firma di
Montale uscito il 27 ottobre
1946 sul Nuovo Corriere della
Sera. Un titolo al quale ci si è
voluti ispirare per sottolineare
l'attualità del poeta proprio
nelle Cinque Terre, in partico-
lare a Monterosso, e il suo
legame – oltre che con questa
terra e i suoi frutti – anche con
la gente che l'abitava”.
TUTTO PAGINA 7
Ascoltami, i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall'azzurro: più chiaro si ascolta il sussurro dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, e i sensi di quest'odore che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l'odore dei limoni. Vedi, in questi silenzi in cui le cose s'abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità. Lo sguardo fruga d'intorno, la mente indaga accorda disunisce nel profumo che dilaga quando il giorno più languisce. Sono i silenzi in cui si vede in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità. Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta il tedio dell'inverno sulle case, la luce si fa avara - amara l'anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo dei cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d'oro della solarità.
Eugenio Montale Da “Ossi di seppia”
I LIMONI
TUTTO PIAGET PAGINA 8
La cucina ligure è ricca di
piatti che vengono dalla
tradizione culinaria con
tecniche. preparazioni e
ingredienti legati sia alla
produzione locale (come il
preboggion, miscuglio di
erbe selvatiche), che pro-
venienti da zone con cui
nei secoli i liguri hanno
avuto frequenti contatti
(come il pecorino sardo,
uno degli ingredienti del
pesto).
Per storia, radici ed ele-
menti che la compongono
si può dire che quella ligure
sia la vera cucina mediterra-
nea.
Una cucina povera, propria
delle genti di campagna, dei
montanari e dei naviganti,
fatta di alimenti semplici, co-
muni ed economici, che è tut-
tavia diventata costosa, ricer-
cata e piena dei fasti antichi.
Volendo riassumere, si può
affermare che la gastronomia
della Liguria si contraddistin-
gua per sei grandi elementi:
le erbe selvatiche spontanee
(maggiorana, salvia, rosmari-
no, alloro, timo, ecc.); le primi-
zie dell'orto di casa e del bosco
(basilico di Prà, pomodori
"cuore di bue", zucchine trom-
bette, cipolle, patate quaranti-
ne genovesi, melanzane, aspa-
ragi e carciofi, funghi, tartufi
della Val Bormida, ecc.); l'olio
di oliva della Riviera Ligure; i
prodotti farinacei e da forno
quali focacce, farinate, torte
salate; la vasta gamma di pa-
ste secche e fresche il pescato
del mar Ligure; la selvaggina
dell'Appennino.
LA CUCINA LIGURE
Nelle Cinque Terre, a Mon-
terosso, si pratica la pesca
dell'acciuga, ovvero il “pan
do mâ”, “pane del mare”. Di
acciughe infatti ce ne sono
davvero in abbondanza, per
questo motivo sono diventa-
te non solo uno dei prodotti
più pescati del nostro mare,
ma anche uno dei più consu-
mati ed esportati. Hanno un
gusto molto delicato, per
questo piacciono molto ai
liguri e non solo. Il tipo che
vive nei nostri mari depone
le uova precocemente, misu-
ra 3-4cm di lunghezza a par-
tire da Giugno e raggiunge
i 7-8 cm in Settembre. Ven-
gono pescate con il metodo
t r a d i z i o n a l e d e l l a
“LAMPARA” o con la rete
a circuizione, il “ciànciolo”.
Forse non tutti sanno che la
lampara è una lampada mol-
to grossa e potente che vie-
ne montata sui pescherecci.
I pescatori la usano di notte
per puntarla in mare, illu-
minare la superfice dell' ac-
qua e attirare i pesci in su-
perficie per poi intrappolarli
nella rete. A partire dal VII
secolo si perfeziona la tecni-
LE ACCIUGHE DI MONTEROSSO
ca della conservazione del
pesce affumicato, sott'olio e
salatura. Quest'ultima è pra-
ticata tutt'ora ed è molto dif-
fusa. Si tratta di scegliere,
pulire e salare il pesce, al fine
di poterlo conservare a tem-
peratura ambiente, in vasi di
vetro di opportuna forma e
dimensione, fino a due o tre
anni. Grazie alla morfologia
e posizione geografica
(temperatura media annua,
tasso di umidità nell’aria, e
salinità del mare) si ottiene
un livello di salatura ottima-
le e caratteristica.
Barabesi Ginevra
Bianchedi Sara
Dessì Giulio
Di Fraio Samuele
Fazio Elena
Gallo Andrea
Malgarotto Laura
Marfella Marco
Martinetti Letizia
Natale Manuel
Perndrecaj Mikela
Pireddu Damiano
Raducan Ana Maria
Raggi Laura
Sassarini Michele
Tartarini Sara
Vangi Francesco
Battista Samuele
Stefanelli Gregorio
La Porta Giuseppe
Antei Diego
TUTTO PIAGET PAGINA 9
Battolla Mattia
Benedetti Alessio
Berni Filippo
Bertagnini Luca
Chersulich Vasco
Citro Alessandro
Corradi Gianmarco
Curetti Alice
Dalcielo Ginevra
De Leon Tineo Jean Carlos
D'Imporzano Pietro
Galli Niccolò
Giovanazzi Francesca Maria Cassandra
Invidia Daniele
Moracchioli Alex
Negri Sara Zoe
Patriarchi Eleonora
Quartini Nicolò
Raggi Gaia
Ramirez Heras Jesus Enriquez
Ramos Cruz Solanyi Valentina
Scaramella Arianna
Scaramella Diego
Scaramuccia Dalila
PRODOTTI E RICETTE
TIPICHE
LA MESCÌUA DI LA SPEZIA
La mesciua è un piatto ti-
pico della cucina spezzina.
È un piatto tipico della
cosiddetta cucina povera.
Consiste in pratica di una
mescolanza di legumi e
cereali, preventivamente
lasciati macerare in acqua
per almeno 24 ore e suc-
cessivamente fatti bollire
con tempi differenti di
cottura. I vari ingredienti
vengono poi uniti in
un'unica pietanza condita
poi con olio di oliva e pe-
pe. Il nome “mesciua” de-
riva appunto dalla parola
mescolanza, cioè mesco-
lanza di ingredienti spes-
so scelti a caso in base a
quelli disponibili, tipici
della zona del porto.
Altre fonti infatti ricolle-
gano la ricetta a quando,
gli scaricatori venivano
remunerati a fine giorna-
ta con quello che avanza-
va dalle operazioni di
sbarco delle navi mercan-
tili che portavano cereali
e legumi.
Tutto quello che appunto
veniva poi portato a casa
serviva poi a creare la
MESCIUA.
Docente tutor:
Prof.ssa Loredana Maria
Pirotti
In redazione:
Cantale Sofia
Di Benedetto Beatrice
Suarat Francesca
Fermin Karla
Dattoli Nicol
Villanueva Jeffrey
Berni Francesco
Seghieri Aurora
Fabio Manuela
Bertuzzi Desirèe
Zecca Federico
Bernardini Martina
Raducan Ana Maria
Vallefuoco Biagio
Villa Filippo
Stefanelli Gregorio
Battista Samuele
La Porta Giuseppe
Antei Diego
Carofiglio Francesca
Terdossi Letizia
Barabesi Ginevra
Bianchedi Sara
Dessì Giulio
Di Fraio Samuele
Fazio Elena
Gallo Andrea
Malgarotto Laura
Marfella Marco
Martinetti Letizia
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Pireddu Damiano
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Raggi Laura
Sassarini Michele
Tartarini Sara
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Bertagnini Luca
Chersulich Vasco
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Dalcielo Ginevra
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D'Imporzano Pietro
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Maria Cassandra Invidia Daniele
Moracchioli Alex
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Gli articoli sono visibili all’indirizzo: http://lanazione.campionatodigiornalismo.it/2016/03/11/economia-ecologica/?wt_mc=fbuser
Il pdf della pagina edita su La Nazione dell’11 marzo è disponibile all’indirizzo:
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