DIPARTIMENTO DI STORIA BENI CULTURALI E TERRITORIO...

36
Università di Cagliari DIPARTIMENTO DI STORIA, BENI CULTURALI E TERRITORIO modulo di Storia del cinema italiano (prof. D. Bruni) CdL magistrale in Storia e società - a.a. 2015-2016 11 maggio 2016 Storia linguistica del cinema italiano: dai primordi agli anni Sessanta Rita Fresu [email protected]

Transcript of DIPARTIMENTO DI STORIA BENI CULTURALI E TERRITORIO...

Università di Cagliari

DIPARTIMENTO DI STORIA, BENI CULTURALI E TERRITORIO

modulo di Storia del cinema italiano (prof. D. Bruni)

CdL magistrale in Storia e società - a.a. 2015-2016

11 maggio 2016

Storia linguistica del cinema italiano:

dai primordi agli anni Sessanta

Rita Fresu

[email protected]

S. RAFFAELLI (1978), Cinema film regia. Saggi per una storia linguistica del cinema italiano, Roma, Bulzoni.

S. RAFFAELLI (1992), La lingua filmata. Didascalie e dialoghi nel cinema italiano, Firenze, Le Lettere.

S. RAFFAELLI (1994), Il parlato cinematografico e televisivo, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni, P. Trifone, Torino, Einaudi, vol. II Scritto e parlato, pp. 271-290.

S. RAFFAELLI (2001), La parola e la lingua, in Storia del cinema mondiale, a cura di G. P. Brunetta, Torino, Einaudi, 5 voll., vol. V (Teorie, strumenti, memorie), pp. 855-907.

S. RAFFAELLI (2003a), L'italiano nel cinema muto, Firenze, Franco Cesati Editore.

S. RAFFAELLI (2003b), Lessico cinematografico, in Enciclopedia del cinema, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 7 voll., vol. 3°, pp. 523-526.

S. RAFFAELLI (20092), La lingua del cinema, in Lingua e identità. Una storia sociale dell'italiano, a cura di P. Trifone, Roma, Carocci, pp. 189-208.

S. RAFFAELLI (2015), Parole di film. Studi cinematografici 1961-2010, a cura di M. Fanfani, Firenze, Franco Cesati Editore.

F. ROSSI (1999), Le parole dello schermo. Analisi linguistica del parlato di sei film dal 1948 al 1957, Roma, Bulzoni.

F. ROSSI (2002a), Il dialogo nel parlato filmico, in Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, a cura di C. Bazzanella, Milano, Guerini, pp. 161-175.

F. ROSSI (2002b), Dialetto e cinema, in I dialetti italiani. Storia struttura uso, a cura di M. Cortelazzo et alii, Torino, Utet, pp. 1035-1047.

F. ROSSI (2006), Il linguaggio cinematografico, Roma, Aracne.

F. ROSSI (2007), Lingua italiana e cinema, Roma, Carocci.

F. ROSSI (2010), Cinema e lingua, in Enciclopedia dell’Italiano Treccani (EncIt): (http://www.treccani.it/enciclopedia/cinema-e-lingua_(Enciclopedia_dell'Italiano)/).

dal cinema alla lingua comune influenza che il cinema ha avuto sulla lingua comune con

numerosi prestiti (tecnicismi cinematografici, titoli e/o battute, termini entrati nella lingua comune, ecc.);

la lingua usata nel cinema

il cinema sempre dovuto confrontarsi con l’italiano (scritto e

parlato) per mettere a punto una forma di comunicazione funzionale ed efficace, nel contempo credibile e piacevole, realistica e comprensibile a un vasto pubblico culturalmente e linguisticamente eterogeneo. Obiettivo tutt’altro che facile, data la storia linguistica dell’italiano, caratterizzata dalla frammentazione dialettale e dal tardivo conseguimento di un parlato medio nazionale.

F. ROSSI (2010), Cinema e lingua, in Enciclopedia dell’Italiano Treccani (EncIt): (http://www.treccani.it/enciclopedia/cinema-e-lingua_(Enciclopedia_dell'Italiano)/).

titoli e battute di film famosi (rilanciati dai giornali e dalla tv)

alba tragica (Le jour se lève, 1939, di M. Carné); al di sopra di ogni sospetto (Indagine su un cittadino al di

sopra di ogni sospetto, 1970, di E. Petri); alien (1979, di R. Scott); anni di piombo (Die Bleierne Zeit, 1981, di

M. von Trotta); l’attimo fuggente (Dead poets society, 1989, di P. Weir); brutti, sporchi e cattivi (1976, di E.

Scola); bulli e pupe (Guys and dolls, 1955, di J. L. Mankiewicz); day after (1983, di N. Meyer); (non) essere

nata/o ieri (Born yesterday, 1950, di G. Cukor); gioventù bruciata (Rebel without a cause, 1955, di N.

Ray); giungla d’asfalto (The asphalt jungle, 1950, di J. Huston); incontri ravvicinati (Close encounters of the

third kind, 1977, di S. Spielberg); proposta indecente (Indecent proposal, 1993, di A. Lyne); quarto potere

(Quarto potere - Citizen Kane, 1941, di O. Welles); scene da un matrimonio (Scener ur ett äktenskap, 1973, di

I. Bergman); sedotta e abbandonata (1964, di P. Germi); via col vento, e la sua battuta conclusiva: «Domani è

un altro giorno» (Gone with the wind, 1939, di V. Fleming); viale del tramonto (Sunset boulevard, 1950, di B.

Wilder); ecc.

termini imposti grazie a film famosi

paisà 'compaesano' (dall’omonimo film di R. Rossellini, 1946); sciuscià 'lustrascarpe',

dall’ingl. shoeshine (dall’omonimo film di V. De Sica, 1946);

nomi di personaggi come antonomasie

Fantozzi; Fracchia; Rocky; Rambo; Conan; King Kong, ecc.;

termini entrati nella lingua comune

amarcord ‘rievocazione nostalgica del passato', dal romagnolo 'io mi ricordo' (dal film Amarcord, 1973, di F.

Fellini); bidone 'imbroglio, raggiro' (attestato fin dal 1942, ma propagato dall’omonimo film felliniano del

1955); dolcevita 'maglione a collo alto e aderente' (La dolce vita, 1960, di F. Fellini); paparazzo 'fotografo alla

continua ricerca di divi in situazioni compromettenti' (cognome di un fotografo nel medesimo

film), vitellone 'giovane ozioso e fatuo' (I vitelloni, 1953, di F. Fellini).

F. ROSSI (2010), Cinema e lingua, in Enciclopedia dell’Italiano Treccani (EncIt): (http://www.treccani.it/enciclopedia/cinema-e-lingua_(Enciclopedia_dell'Italiano)/).

caratteristiche principali della lingua trasmessa

mancata condivisione del contesto da parte di mittenti e riceventi;

unidirezionalità dell'atto comunicativo (assenza di feedback);

molteplicità dei mittenti (produzione collettiva del messaggio);

eterogeneità dei riceventi (destinazione di massa del messaggio);

distanza tra il momento di preparazione del testo, il momento della sua esecuzione e quello della sua ricezione;

"simulazione" del parlato spontaneo;

presenza di un apparato tecnico-economico per la preparazione e la trasmissione del messaggio.

F. ROSSI (2007), Lingua italiana e cinema, Roma, Carocci, p. 13.

Il parlato filmico, ovvero la componente orale di un testo cinematografico, rientra nella tipologia della lingua trasmessa, cioè veicolata da un sistema tecnico di riproduzione sonora e/o visiva (Sabatini 1997). Tra le caratteristiche principali del trasmesso, e soprattutto di quello filmico, si segnala la sua natura intermedia tra scritto e parlato e la tendenza alla semplificazione, all’attenuazione delle varietà e alla normalizzazione linguistica.

come un testo scritto

si caratterizza per l’assenza di feedback (o segnale di retroazione), ovvero per l’unidirezionalità dell’atto comunicativo, e quindi l’impossibilità da parte del parlante di ritornare sul proprio enunciato ed eventualmente autocorreggersi;

evidenzia un grado piuttosto alto di pianificazione testuale, coesione e coerenza;

è permanente, in quanto viene registrato sotto il profilo audio-visivo, e può quindi essere fruito più e più volte;

consente allo spettatore-destinatario di tornare più volte sul testo muovendosi avanti e indietro nelle scene;

è sottoposto a tempi liberi di fruizione;

presenta la mancata condivisione del contesto da parte di mittenti e riceventi;

si caratterizza generalmente per l’assenza di sovrapposizioni, sporcature o incidenti dialogici, ovvero tutti quegli elementi che rendono iperrealistica una conversazione (battute sovrapposte, parole interrotte, false partenze, suoni inarticolati ecc.);

prevede una mancata contemporaneità tra la fase della sua elaborazione e quelle di esecuzione e ricezione.

fatta eccezione per il cinema muto e per le didascalie presenti in alcune pellicole (che esplicitano ellissi temporali nella narrazione, sottotitolano battute in altre lingue ecc.), utilizza il canale fonico-uditivo ai fini della trasmissione del messaggio;

ricorre ampiamente ad elementi paralinguistici (pause, intonazioni) ed extralinguistici (timbro e volume della voce, gesti, mimica facciale);

risponde a un intento di “simulazione” del parlato spontaneo, poiché anche quando si allontana dal livello colloquiale è sempre comunque più vicino al parlato-parlato di quanto non possa mai esserlo un testo scritto.

come un testo orale

F. ROSSI (2007), Lingua italiana e cinema, Roma, Carocci, p. 14.

testo d'équipe, con conseguente attenuazione del concetto di “paternità”. Autori del film sono almeno: sceneggiatori, regista, fotografo, montatore, attori, dialoghista, direttore di doppiaggio, doppiatori, produttore, ecc.;

testo aperto e complesso: è scritto per essere recitato (Nencioni 1983 [1976]) e sincronizzato con immagini, scritte, suoni, rumori, musiche;

il dialogo cinematografico è un testo «scritto per essere detto come se non fosse scritto» (Lavinio 1986, p. 19) che mima l’oralità spontanea ma che inevitabilmente, per motivi sia interni (le peculiarità del mezzo) sia esterni (l’eterogeneità del pubblico), è meno mobile e screziato di quella; nel contempo è più duttile e fruibile dello scritto;

manca un unico testo scritto di riferimento del film (a differenza del parlato teatrale e, spesso, anche di quello radiofonico e televisivo), in virtù delle varie trasposizioni testuali dal soggetto, al copione, alla lista dialoghi, ecc.

subisce il doppio paradosso di ogni parlato: se ne coglie la specificità rispetto allo scritto soltanto quando viene trascritto, ma non è interamente trascrivibile.

F. ROSSI (2007), Lingua italiana e cinema, Roma, Carocci, p. 16 (con adattamenti).

pregiudizio teorico che (almeno fino agli anni Sessanta) ha considerato la componente verbale dei film, sia scritta che parlata, come spuria e poco rilevante;

perdita di pellicole e di parte della documentazione, specialmente dei primordi;

mancanza della trascrizione di alcune sceneggiature, soprattutto in riferimento a determinati periodi cinematografici;

problemi di natura “filologica”: su quale testo (scritto o trascritto) condurre l’analisi linguistica?

A. ROSSI (2003), La lingua del cinema, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi et alii, Roma, Carocci, pp. 93-126, a pp. 93-94. (con adattamenti).

soggetto > scaletta > trattamento > sceneggiatura > copione (livello scritto)

parlato filmico in presa diretta (livello orale)

lista dialoghi o découpage o continuity script (livello [tra]scritto)

[postsincronizzazione dei film italiani] (livello orale)

traduzione > adattamento (livello scritto)

doppiaggio > missaggio > testo filmico definitivo (livello orale)

sceneggiatura desunta o découpage o trascrizione del film (livello [tra]scritto)

F. ROSSI (2007), Lingua italiana e cinema, Roma, Carocci, p. 10.

muto fase “orale” (letto, commentato, recitato; tentativi di sincronizzazione parole/immagini)

fase “scritta” (dal 1905/1911: didascalie)

sonoro

1930-1945

1. anni della Cines (193o-1934): lievi coloriture locali nei film sonori dei primordi

2. anni di Freddi (1934-1939): rigorosa dialettofobia

3. anni di guerra (1939-1945): apertura ai dialetti (dal macchiettismo al realismo)

1945- anni Ottanta

1. dialettalità imitativa (1945-1952) (dei film neorealistici veri e propri, caratterizzati da un mimetismo che tuttavia non è mai integrale)

2. dialettalità stereotipata (1952-1962) (del neorealismo rosa e della commedia all'italiana, inclini più all'ibridismo che al mimetismo)

3. dialettalità espressiva (espressionistica) e riflessa (1962-1983) (con un uso più compiaciuto della riproduzione delle varietà del repertorio e dei dialetti più criptici e meno rappresentati)

anni Ottanta-oggi: impiego di tutte le risorse linguistiche a disposizione del sistema

S. RAFFAELLI (1992), La lingua filmata. Didascalie e dialoghi nel cinema italiano, Firenze, Le Lettere, pp. 80-142.

Assunta Spina (1915, G. Serena)

GUARDIA: Se il vostro amico resta a Napoli, lo potrete vedere almeno due volte al mese...

ASSUNTA: E quanto ci vuole? Quanto devo darvi?

GUARDIA: Ah, niente... Grazie tante…

Rapsodia satanica (1917, N. Oxilia)

Mentre Tristano si dilegua, Alba sente il veleno d'amore insinuarsi in lei;

Alba languiva nell'autunno sconsolato del cuore;

Alba sentì confusamente che tutto l'universo è amore;

Si velò sacerdotessa dell'amore e della morte;

Il desiderio batteva alle porte del cuore.

Maciste Alpino (1916, L. Maggi e R. L. Borgnetto)

Il tricolore che le mie mani hanno cucito, ti sia scudo nella perigliosa impresa.

Oh basta! Adesso son mica la balia, eh!;

Tira neñ bôrich! At girlo la bôcia?

I sôn Maciste!

Cabiria (1914, G. Pastrone) È il vespero. Già si schiude la tenzone dei caprai, che la Musa dorica ispira su i flauti dispari "a cui la cera diede l'odor del miele"; Sofonisba, la figlia d'Asdrubale, l'ardente "fiore del melograno". SOFONISBA: Di' com'è egli? ANCELLA: Come il vento di primavera, che valica il deserto con piedi di nembo recando l'odor dei leoni e il massaggio d'Astarte.

È piccerella (1922, E. Notari)

GIUSEPPONE: Chi siete?

MARIA: Sono la madre di Tore Spina e se posso avere l’onore vi chieggo la mano di Nanninella per mio figlio.

GIUSEPPONE: Avite fatto buono a venì… dicitancelle ò figlio vuosto c’avutasse via… ’e miseria ne tengo na panza: pe’ figliema nce vonno sorde… sorde.

MARIA: [a Nanninella] A mio figlio dimenticatelo; con tale padre, per Tore non veggo che la galera o la morte.

NANNINELLA: Padre, perché mi vuoi uccidere il cuore, Tore è la mia vita.

La canzone dell'amore (1930, G. Righelli)

ENRICO: Dunque... È avvenuto qualcosa di nuovo nella tua esistenza!... Un altro... amore?

LUCIA: Sì!

ENRICO: È vero? Un altro amore!

LUCIA: Un altro amore che occupa tutta la mia vita. Tu non puoi comprendere. E questo amore sarebbe stato un grande ostacolo tra noi. Tu sei un artista...

ENRICO: Parole! Parole! Tu non hai nemmeno il coraggio di spiegarti. Tu mi hai sempre mentito, ecco la verità. Io ho creduto in te e tu hai distrutto tutto quello che di meglio vi era nel mio cuore: la fede, l'entusiasmo...

LUCIA: Enrico!

ENRICO: Vattene! Vattene! Gli uomini, che mascalzoni… (1932, M. Camerini)

MARIUCCIA: Ma perché ha fatto così?

BRUNO: Ma mi lasci stare!

MARIUCCIA: Ma è stato uno scherzo!

BRUNO: Sì! Bello scherzo!

MARIUCCIA: Ma che cosa pensa lei adesso di me?

BRUNO: Io? Io non penso niente.

MARIUCCIA: Non sapevo che lei... che lei era impiegato.

BRUNO: Beh, e adesso che lo sa? Mi lasci stare.

MARIUCCIA: Perché?

BRUNO: Perché... Perché per lei ci vogliono i signori.

Nerone (1930, A. Blasetti)

romano (Ettore Petrolini)

Terra madre (1931, A. Blasetti)

varietà mediana (laziale)

Palio (1932, A. Blasetti)

toscano (artefatto e fiorentinizzato)

Tavola dei poveri

(1932, A. Blasetti)

napoletano italianizzato (Raffaele Viviani)

Signo', vi so' caduti dui soldi.

1860 (1934, A. Blasetti)

siciliano: Garibaldi ha dittu ch'amu fattu l'Italia; Ora tu te ne vai in paise co' patre Costanzo a pigghiari istruzioni precisi; Site picciotti, tempo n'avete; Va' a pigghiarmi 'u cavallu; Figghiu meu!

toscano: Anche te tu vieni a Genova?; Oh, intendiamoci, come uomo io gli fo tanto di cappello; Io 'un so come la la pensa lei;

piemontese: canzone La bela Gigogin; forme come 'nduma 'andiamo'; suta 'sotto';

veneto: che belo che te xe; no sta a pianser, mama.

Scipione l’Africano (1937, C. Gallone) SCIPIONE: Certo avrei preferito averti al mio fianco. Come

hai potuto all'amicizia di Roma, alla sicurezza del tuo regno, alla certezza della vittoria anteporre le lusinghe di una donna?

SIFACE: Vuoi pretendere da un pazzo la ragione della sua pazzia! Da quando Sofonisba è entrata nella mia casa, la saggezza è uscita. L'unico mio conforto è di sapere che il maggiore nemico, il fiero Massinissa, è caduto nella stessa rete.

Campo de’ Fiori (1943, M. Bonnard)

PESCIVENDOLO [Fabrizi]: Dico, a scapijona, 'n potéssivo penzà ai broccoletti vostri?

FRUTTIVENDOLA [Magnani]: E annate, che me fate seccà 'a frutta, co' 'sta puzza!

Avanti, c'è posto... (1942, M. Bonnard)

L'ultima carrozzella (1943, M. Mattoli)

Il più semplice, il più documentario, il più legato all'esistenza spicciola e quotidiana. Qualunque altro linguaggio più sostenuto, più letterario o (come si suol dire) aulico, rischierebbe d'assumere un valore artistico proprio, a tutto scapito della visione filmica, in ibrido e sterile connubio [...]. Ora, sarebbe tempo che anche il dialoghista cinematografico si associasse con lena e buon diritto a un'opera che si prosegue da più di un secolo, alla quale hanno contribuito e Manzoni e Verga e Pirandello, e a cui lavorano più o meno inconsapevolmente giornalisti e padri di famiglia e uomini della strada: la creazione di una lingua italiana di tutti i giorni. A che punto sta quest'opera collettiva? Un pezzo avanti, mi sembra. Intanto, i rapporti sempre più fitti fra regione e regione hanno creato una specie di fondo linguistico comune, a mezza strada fra lingua e dialetto. [...] Perché questo è il problema del linguaggio cinematografico: il personaggio dello schermo deve parlare come quello che lo spettatore incontra ogni giorno a un angolo di strada, al caffè, in ufficio, in un salotto. Propongo una multa per il primo sceneggiatore che ancora una volta metterà in bocca a un personaggio di film una frase come «Ho detto loro...». Vergogna! Sullo schermo si dice, anche al plurale e in barba alla Crusca, «gli ho detto», e si resta in ottima compagnia, visto che Manzoni l'ha scritto tante volte. E propongo un diploma di benemerenza per quel doppiatore della Columbia che, a riscontro di non so quale vocabolo di slang americano, ha creato la parola "picchiatello". E in genere questi traduttori di dialogo, benché abbiano letteralmente le sillabe contate e debbano stendere ogni frase su un letto di Procuste, azzeccano qualche volta un italiano molto più spregiudicato e fantasioso di quello di certi burocratici dialoghisti di film nostrani.

P. MILANO (1938), L'italiano del cinema, in «Cinema», III, pp. 10-11.

Catene (1949, R. Matarazzo) EMILIO: Ragiona con calma, cara. T'ho ritrovata e non voglio

più perderti. In questi giorni sono stato sempre ad aspettarti, per rivederti, per parlarti, ma tu non sei uscita più. Per questo m'è venuta l'idea. Ho saputo che tuo marito aveva quel progetto. E allora mi sono interessato veramente. Ma credi che non sia capace anche'io, di diventare un galantuomo? È perché voglio esserti vicino. Ho bisogno di esserti vicino. Te l'ho detto, sono innamorato. Come prima. Più di prima! Non aver paura. Non ti chiederò niente. Aspetterò.

ROSA: Ma che cosa?! Che cosa?! EMILIO: Che tu ritorni come allora. Quando m'aspettavi,

venivi a cercarmi, scordavi tutto per stare con me. Ti ricordi quella volta che volevi scappare di casa per venire da me che stavo a Salerno a fare il soldato? E quando m'accompagnasti al piroscafo e non volevi che partissi? T'attaccavi a me, eri disperata. Piangevi. Uno straccio. E me ne sono andato [...].

ROSA: Emilio, quello che è stato è stato. Ora ho la mia casa, la mia famiglia, i miei figli. E sono felice.

EMILIO: Veramente? ROSA: Sì, lo sono. E voglio esserlo. EMILIO: Non è vero. Appena t'ho rivisto ho sentito che sei

ancora innamorata di me. E che quest'amore non riuscirai a strappartelo dal cuore. È così? Di' la verità, è così?

ROSA: Hm! Dio solo sa quanto pregai per guarire di quel male! E ci sono riuscita. Per questo ti dico di avere pietà di me. Te lo chiedo come una grazia. Lasciami! Sono una povera donna! Abbi pietà di me! Lasciami in pace!

la messa di beneficenza

UOMO 1: Ma insomma, si può sapere che cosa volete?

ANTONIO: Voglio uscì!

UOMO 1: È chiuso! Di lì non si passa! La chiave ce l'ha l'avvocato. E poi, fatemi il piacere di non fare baccano! Perché qui siamo in chiesa [...]

UOMO 1: Ehi! Volete andar via?! Non è questo il contegno da tenersi in chiesa! Venite via, venite via! Fermatevi!

ANTONIO: L'ho da trovà! È qui. L'ho da trovà. L'ho da trovà.

UOMO 2: Siete venuti per la messa o per fare chiasso?! Ma cosa volete, insomma?!

ANTONIO: Io sto cercando un vecchio c'era qui. Je l'ho detto!

UOMO 1: Dopo!

ANTONIO: L'ho da trovà, io!

UOMO 2: Ma dove andate?! Dove andate?!

ANTONIO: Lo vedi se c'era?!

UOMO 1: No, no!

al mercato

VENDITORE 1: Ma me fai lavorà! Ma me fai lavorà!

VENDITORE 2: Mo te lo do 'n faccia, st'affare!

VENDITORE 1: Ma che da' 'n faccia! Ma che ha' da da' 'n faccia!

VENDITORE 2: Ma che ce se' venuto callo callo pe 'n famme lavorà?

VENDITORE 1: Sì! Callo callo proprio!

VENDITORE 2: Ma che 'r post'è tuo?

VENDITORE 1: Ma lasceme fa', che so' avvelenato, stammatina, sa'! Lasceme lavorà, vedi d'annattene e lasseme perde!

VENDITORE 2: Ma si ce stavo prima de te! Ma che vai cercanno?!

VENDITORE 1: Ma de che! Ma 'n ved'a nessuno, sa', io!

VENDITORE 2: Ma allora voi litigà!

Ladri di biciclette (1948, V. De Sica)

INCONGRUENZE LINGUISTICHE

dittongo (anziché monottongo) e laterale palatale

(anziché semiconsonante): Buongiorno. L'avete svegliato?

chiusura della e protonica in i: se mi danno il turno di

giorno, voi perdete l'inquilino. O ti dovessi credere che io la notte vengo a dormire abbracciato con te?!; Mo ti fai 'sta mesata di sonno! Ti saluto; Ahó, se ti ricapita nel letto, non gli far male, al grillo. Che quello è il grillo di Iolanda.

laterale palatale (anziché semiconsonante) e

apocope vocalica in luogo di quella sillabica: Lo vogliamo far dormire; me lo deve lasciar libero;

le in luogo di je e convivenza di forme verbali piene

e forme apocopate: Non le bastavo io, a mamma, che le volevo tanto bene?

Dagli a fa’ figli. Guarda che disgraziati, che sono venuti fuori!

sintassi e pronuncia innaturalmente ricercate (per

il contesto, la fraseologia e lo status dei personaggi), con incastonate alcune forme-bandiera del romanesco: Ah! È il grillo de Iolanda. Poverello! Credevo che se ne fosse andato. Vieni qua, bello.

Poveri ma belli (1957, D. Risi) ROMOLO: Giura SALVATORE: Ma che vòi? ROMOLO: Giura che l’hai baciata e che non ti sei inventato tutto. SALVATORE: E va bene. Giuro. ROMOLO: Di’ un po’, ma come l’hai baciata? Perché ci sono tanti modi

di baciare una ragazza. Ci sono pure i baci senza importanza. SALVATORE: Beh, ci siamo baciati in un modo piuttosto importante. ROMOLO: E lei, te li ha ricambiati? SALVATORE: Ti dirò. Ho paura che se la sia presa proprio forte. Me mette

quasi paura. Sai perché? Ma mi stai a sentire? ROMOLO: Di’, di’. Sèguita. SALVATORE: Perché quella è una ragazza che, se mi gira, sono capace

pure di sposarla. ROMOLO: Ah! Mi fa piacere. Allora, quella cosa che ti volevo dire, non te

la dico più. SALVATORE: Quale cosa? ROMOLO: Riguardo alla tua futura sposa. SALVATORE: Cioè? ROMOLO: Che l’ho baciata pure io. E non c’è bisogno che me metti ’ste

manacce addosso.

EGEMONIA DEL ROMANESCO FILMICO

rilevanza e continuazione del neorealismo

impiego sempre più frequente di attori romani

prestigio di Roma come capitale (anche del cinema)

[ai dialoghi stereotipati] almeno due pregi possono essere riconosciuti: innanzitutto quello di puntare a risolvere il problema della lingua per via autonoma (come già il neorealismo), adottando un seducente impasto pseudo-dialettale, forse debitore anche di coeve esperienze dell'intrattenimento radiofonico "leggero" (ad esempio le trasmissioni per i militari); inoltre, il merito di attenuare negli italiani, e in particolare negli inurbati "senza lingua", il timore di "parlare male", e di incoraggiarli quindi a esprimersi comunque, anche in difformità della norma.

S. RAFFAELLI (2001), La parola e la lingua, in Storia del cinema mondiale, a cura di G. P. Brunetta, Torino, Einaudi, 5 voll., vol. V. Teorie, strumenti, memorie, pp. 855-907, a p. 884.

Il sorpasso (1962, D. Risi) BRUNO [Gassman]: E nonno, non è voluto venì? L'avete lasciato a casa? Le belle famiglie

italiane. Buon viaggio! "E io me la portai al fiume credendo che fosse ragazza e invece aveva marito". Eh, la so a memoria. Ho messo il disco di Foà da Terracina a Roma. E... come si chiama... la... La sposa infedele, di, di coso, quello spagnolo, quello un po'...

ROBERTO [Trintignant]: Garcia Lorca. BRUNO: Ah, ce l'hai pure tu il disco. Tiè, metti questo. È Modugno. Perché a me la poesia mica

me convince tanto. Me piace la musica a me. Questa per esempio, questa è forte. È mistica, 'na cosa che te fa pensà, la musica. A me Modugno mi piace sempre. Quest'Uomo in frac mi fa impazzì. Perché... pare 'na cosa da niente, invece, ahó, c'è tutto: la solitudine, l'incomunicabilità, poi quell'altra cosa, quella che va de moda oggi, la... l'alienazione, come nei film d'Antonioni, no? L'hai visto L'eclisse?

ROBERTO: Sì. È un film... BRUNO: Io c'ho dormito: 'na bella pennichella. Bel regista, Antonioni.

[il cinema è una] modalità espressiva [… che] ha rappresentato, negli ultimi venti o venticinque anni, un paese in movimento verso un traguardo di unificazione linguistica, ma anche impegnato in un difficile guado tra dialetto e lingua. […] Il cinema italiano di oggi veicola sempre di più una lingua che possiamo definire ‘parlata’.

R. SIMONE (1987), Specchio delle mie lingue, in «Italiano & Oltre», II/2 (marzo-aprile), pp. 53-59, a p. 58.

[s]arebbe riduttivo […] pensare che il cinema si sia limitato a rispecchiare e diffondere la realtà linguistica esistente nel Paese. Il cinema ha avuto in realtà una importante funzione di vaglio rispetto alle forme espressive già vive e circolanti accettando e rifiutando, conferendo la ‘cittadinanza’ ad alcune forme, legate alle varietà regionali, di cui non avevano coscienza né i parlanti, che le usavano ma le consideravano erronee, né tanto meno i linguisti.

E. CRESTI (1987), L’italiano in prima visione, «Italiano & Oltre», II/2 (marzo-aprile), pp. 60-65, a p. 60.

l’operazione di realismo linguistico è consistita […] nello sfuggire da un lato alla lingua ufficiale e teatrale, che grosso modo era stato il mezzo espressivo precedente, ma dall’escludere anche il dialetto, per interessarsi a quella forma comunicativa che gli italiani già usavano, che era largamente diffusa e funzionante, ma della quale mancavano riconoscimenti e rappresentazioni. […] tale forma è oggi chiaramente identificabile come varietà regionale.

Bisogna tener conto però che anche gli esperti hanno cominciato a parlarne, a coniarne il nome, e hanno cercato di definirla soltanto agli inizi degli anni Sessanta (Pellegrini, De Mauro), quando il cinema se ne serviva già da almeno un decennio. Così la gran parte di questa produzione è stata considerata cinema in dialetto, anche se non lo era. [Il colore locale che viene etichettato dai linguisti come ‘dialettale’ è in realtà] una patina che si limita alle caratteristiche più note e stereotipate di pronuncia dialettale.

E. CRESTI (1987), L’italiano in prima visione, «Italiano & Oltre», II/2 (marzo-aprile), pp. 60-65, a p. 62.

soldati e donne: varietà regionali

onomastica: Busacca; Jacovacci; Giacomazzi; Rosario Nicotra; ecc;

notazioni metalinguistiche, tese a suggerire nel trattamento quello che nel film sarà l’ “accento”;

marche fonomorfologiche ben riconoscibili: lombardo: te ‘tu’; ciapa ‘prendi’; mica; romano: boni;

me pare (de, te, ecc.); er; ’sto; stamo; se sta a magnà; gajardo; l’anima de li mortacci tua; a

cornuti; siciliano: che femmena meravigghiosa; napoletano: all’anema de chi t’è muorto; ecc.

elementi lessicali e idiomatici opachi per il grande pubblico ma comprensibili dal contesto:

lombardo: fanegotto ‘fannullone’; faccia di tolla ‘faccia di bronzo’; ecc.

ufficiali e sottoufficiali: registri diafasici dell’italiano

varietà e registri trattamento sceneggiatura e film

italiano aulico letterario tenente Gallina [maestra emiliana]

italiano epico-retorico maggiore Arnoldo Ferri maggiore Arnoldo Ferri

italiano militaresco aspirante Loquenzi sottotenente Loquenzi

italiano burocratico cap. Castelnuovo Bollotondo cap. Castelli Bollotondo

italiano medio generale, tenente Gallina generale, tenente Gallina

italiano medio-basso tenente Gallina generale, tenente Gallina

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, pp. 81-99

noi siamo regioni, non una nazione. Nei nostri film un personaggio poteva essere “settentrionale”, un altro romano e uno napoletano. In ogni caso gli attori parlavano con una costruzione dialettale, non proprio in dialetto, che sarebbe stato incomprensibile (Age).

P. PINTUS (a cura di) (1985), Commedia all’italiana. Parlano i protagonisti, Roma, Gangemi, pp. 22-23.

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, p. 102.

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, p. 104.

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, p. 105.

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, p. 109.

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, p. 113.

F. FRANCESCHINI (2014), Monicelli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica, Pisa, Felici, p. 114.

FUNZIONI

di contorno (macchia di colore, spesso ludica): telefoni bianchi; certo neorealismo; neorealismo rosa;

realistico-documentaristica: 1860 (1934); La terra trema (1948); Maria Zef (1981);

lirico-nostalgica: Olmi; certo Fellini; certo Pasolini;

simbolica (per esprimere un disagio o un tipo sociale e umano): certo Sordi; certo Fellini; certo Pasolini; Petri; i film di mafia italiani e stranieri;

espressionistico-teatrale (corrispondenza maschera-dialetto, sulla scorta della Commedia dell’Arte e dell'avanspettacolo): Totò, certa commedia all'italiana;

espressionistica (usi espressivi e riflessi): Monicelli (Brancaleone 1966; 1970); Wertmüller;

caricaturale-macchiettistica: le farse, da Franco e Ciccio ai Vanzina;

giovanile-neogergale: Nanni Moretti; Amore tossico (1983); Marco Risi; Ricky Tognazzi; Massimo Troisi;

GRADO DI RIPRODUZIONE

riproduzione estrema: La terra trema (1948); L'albero degli zoccoli (1978); Maria Zef (1981); L'amore molesto (1995); LaCapaGira (1999); Certi bambini (2004); Nuovomondo (2006);

riproduzione attenuata: Due soldi di speranza (1952); Pane, amore e fantasia (1953);

riproduzione ibridata: Poveri ma belli (1957);

azzeramento del dialetto atteso: dal mélo a certo film d'impegno: Catene (1949); Fame chimica (2003); Il seme della discordia (2008).

F. ROSSI (2002), Dialetto e cinema, in I dialetti italiani. Storia struttura uso, a cura di M. Cortelazzo et alii, Torino, Utet, pp. 1035-1047.

Prima si scrive una storia.

Il film viene dopo.

Scarpelli

Age e Scarpelli in commedia,

a cura di C. Trionfera, Roma, Di Giacomo, 1990, p. 44.