DIBATTITO PUBBLICO SUL TESTAMENTO BIOLOGICO · Maurizio Calipari, prof. Francesco Paolo Casavola,...

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DIBATTITO PUBBLICO SUL TESTAMENTO BIOLOGICO RAPPORTO DEFINITIVO a cura di BIENNALE DEMOCRAZIA

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DIBATTITO PUBBLICO SUL TESTAMENTO BIOLOGICO

RAPPORTO DEFINITIVO

a cura di

BIENNALE

DEMOCRAZIA

D I B A T T I T O P U B B L I C O S U L T E S T A M E N T O B I O L O G I C O

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DIBATTITO PUBBLICOSUL TESTAMENTO BIOLOGICO

a cura di

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RAPPORTO DEFINITIVO

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Come si è svolto il dibattito pubblico 5

Il Comitato dei garanti 5I documenti informativi 5Gli incontri di discussione sul territorio 6L’evento del 25 aprile 7

Un’analisi qualitativa dei risultati del processo 13

Premessa: un confronto tra etiche differenti 14Gli incontri sul territorio 15

L’evento conclusivo 19

Conclusioni 25

Il metodo del dibattito pubblico 25Chi non ha partecipato 27L’evento del 25 aprile 28Altre osservazioni critiche 29I risultati 30Interviste svolte 31

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Il dibattito pubblico sul testamento biolo-gico, iniziato nel marzo 2008 e concluso il 25 aprile 2009, si è svolto attraversan-do quattro tappe fondamentali:

la costituzione di un Comitato dei Garanti in grado di garantire al pro-cesso accuratezza, competenza e in-clusività dei principali punti di vista;la realizzazione di due documen-ti di tipo informativo per struttura-re l’agenda della discussione: il Do-cumento informativo sul testamento biologico, e la Guida alla discussione per l’evento conclusivo;lo svolgimento di una fase di discus-sione per piccoli gruppi decentrati sul territorio di Torino e Firenze;un evento deliberativo finale, in si-multanea a Torino e Firenze.

Il Comitato dei garanti

Il Comitato dei garanti è stato composto da autorevoli esperti con competenze di-verse - giuristi, medici, filosofi, teologi - e posizioni divergenti sui nodi controversi del dibattito1. Grazie ad un assiduo lavo-ro di revisione e correzione dei docu-

menti informativi, il ruolo dei garanti è stato fondamentale nel fornire una fase informativa equilibrata e nel legittimare il processo fin dall’inizio.

I documenti informativi

Il Documento informativo sul testamen-to biologico e la Guida alla discussione per l’evento finale sono stati redatti con l’obiettivo di creare un lessico comune

Come si è svolto il dibattito pubblico

1 Il Comitato dei garanti era composto da mons. Maurizio Calipari, prof. Francesco Paolo Casavola, prof. Francesco D’Agostino, prof.ssa Gilda Ferrando, sen. Ignazio Marino, prof. Maurizio Mori, prof. Giorgio Palestro, prof. Sergio Rostagno, dott. Rav Alberto Moshe Somekh, sig. Hagg Umar, prof. Carlo Augu-sto Viano.

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scientificamente fondato ma accessi-

bile a tutti sulle questioni legate al tema (il consenso informato, i protocolli medici per lo stato di necessità, le cure palliati-ve, l’accanimento terapeutico, l’eutanasia e il suicidio assistito, la morte cerebrale, gli stati di incoscienza, i trattamenti di so-stegno vitale) e di fornire un quadro del-le diverse opinioni e argomentazioni sui nodi fondamentali del dibattito nazionale, espressi sotto forma di quesito:

le volontà espresse dal paziente nel testamento biologico devono preva-lere sulle scelte del medico?si può permettere l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale come respirazione, nutrizione o idratazione artificiali?è davvero utile una legge sul testa-mento biologico?

La Guida alla discussione per l’evento fi-nale (distribuita a tutti i partecipanti una settimana prima dell’evento) è stata co-struita a partire dalle osservazioni, dai dubbi e dalle richieste emerse durante la fase di discussione precedente e ha vi-sto una parziale ridefinizione dei termini

del dibattito, espressi sotto forma dei se-guenti quesiti:

di fronte al testamento biologico del paziente, come dovrebbero compor-tarsi i medici?quali limiti occorrerebbe definire per il testamento biologico?tema da definirsi durante la giorna-ta in relazione alle richieste dei par-tecipanti.

Gli incontri di discussione sul territorio

Per lanciare i dibattiti sul territorio si è de-ciso di passare attraverso il tessuto as-sociativo locale, coinvolgendo circa 450 associazioni presenti nell’area torinese e fiorentina (identificate attraverso una mappatura per ambiti di azione), i cui membri si sono mobilitati per reclutare partecipanti, riuscendo a coinvolgere an-che cittadini “comuni”.Sono stati organizzati 46 incontri pres-so le sedi delle associazioni ed istituzioni, coinvolgendo complessivamente 650 cit-

Immagine di uno dei Focus Group svolti a Torino e a Firenze

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Come si è svolto il dibattito pubblico

tadini. Gli incontri cominciavano con una breve sintesi del Documento informativo sul testamento biologico e un riepilogo delle questioni più controverse, seguita da domande e richieste di chiarimento, e proseguivano poi con una discussione regolata da un facilitatore della durata di circa un’ora.Lo scopo degli incontri era duplice: da un lato, estrapolare gli argomenti principali usati dai partecipanti e la presenza di nuo-vi temi; dall’altro, identificare l’emergere di eventuali spazi di confronto costruttivo, anche in vista della costruzione dell’agen-da dell’evento conclusivo.

L’evento del 25 aprile

L’evento deliberativo conclusivo si è svol-to sabato 25 aprile dalle 9.00 alle 17.00 simultaneamente nelle sedi di Torino (presso il Sermig) e Firenze (sala Pega-so della Regione Toscana), con un totale di 378 partecipanti (rispettivamente 278 e 100), selezionati anche grazie al passa-parola delle associazioni impegnate sul tema del testamento biologico con diver-so orientamento, che erano state coinvol-te nel processo. Per garantire la presen-za di una pluralità di punti di vista, a tutti coloro che si iscrivevano all’evento veni-

Grafico 1: Le caratteristiche dei partecipanti - Genere*

*totale votanti: 322

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Grafico 3: Le caratteristiche dei partecipanti - Occupazione*

Grafico 2: Le caratteristiche dei partecipanti - Età*

* I presenti dati, scaturiti dall’indagine telefonica condotta nei giorni precedenti l’evento, si riferiscono al 54% dei partecipanti. Il restante 46% non è stato intervistato o non ha voluto fornire tali informazioni.

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va somministrato un breve questionario per via telefonica con due domande:

di fronte a una divergenza fra dichia-razioni anticipate del paziente e de-cisione del medico, deve prevalere sempre la volontà del paziente?di fronte ai casi di incoscienza, si possono interrompere idratazione e alimentazione artificiali?

Le risposte date dagli iscritti all’evento hanno evidenziato un numero nettamen-te inferiore di risposte negative o incer-te (12% a Torino, 20% a Firenze) rispet-to a quelle positive. Il pubblico è dunque risultato in partenza fortemente sbilan-ciato, con una netta maggioranza di per-sone che, al momento dell’intervista te-lefonica, si sono espresse a favore della prevalenza della volontà del paziente e della possibilità di interrompere i tratta-menti di sostegno vitale. Occorre sotto-lineare che durante l’evento conclusivo,

secondo quando riportato dalla maggio-ranza dei facilitatori di tavolo, molti par-tecipanti hanno dichiarato di non rico-noscersi più nella posizione dichiarata, spesso in modo affrettato, al momento dell’intervista e che, di fronte ad un con-testo più aperto al confronto e all’appro-fondimento, avrebbero dichiarato un’opi-nione più sfumata e a volte anche diversa da quella precedentemente espressa.Dato il forte squilibrio, si è deciso di sud-dividere il pubblico delle due sedi in due settori: uno misto, con tavoli equilibra-ti grazie alla presenza di partecipanti con posizioni divergenti e anche incerte; e uno omogeneo, composto esclusiva-mente da partecipanti pro-autodetermi-nazione. È opinione del gruppo organiz-zatore che l’andamento dell’evento sia stato fortemente influenzato da questo squilibrio nella composizione del pubbli-co e che sarebbe stato ampiamente pre-feribile avere una platea completamente

Grafico 4: Le caratteristiche dei partecipanti - Orientamento religioso*

*totale votanti: 311

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bilanciata. La limitata presenza di parte-cipanti con posizioni pro-vita ha conno-tato l’intero processo ed ha costituito un nodo critico molto importante, che viene affrontato più avanti nel rapporto.Per garantire una supervisione imparzia-le sull’evento, è stata costituita una Ca-bina di regia composta da esponenti dei diversi orientamenti, che ha supportato l’organizzazione nella gestione delle fa-si di lavoro.L’evento è stato organizzato con la tec-nica dell’Electronic Town Meeting, un dispositivo che consente a centinaia di persone di discutere simultaneamente in piccoli gruppi - i partecipanti sono seduti intorno a tavoli rotondi di 10-12 persone e assistiti da Facilitatori di tavolo - e di condividere collettivamente gli argomenti emersi durante la discussione. La tecno-logia utilizzata in un Town Meeting con-siste infatti nella predisposizione di una rete di computer che consente la condi-visione delle informazioni in tempo rea-le. Durante le sessioni di dibattito, i fa-cilitatori di tavolo riportano sui rispettivi computer le affermazioni dei membri del proprio tavolo e i commenti dei vari tavo-

li compaiono sugli schermi di una posta-zione centrale gestita da una Squadra dei temi che ha il compito di sintetizzarli e di presentare alla platea un resoconto dei principali argomenti emersi. La tec-nologia permette inoltre ai partecipanti di esprimersi in merito ad opzioni alternati-ve prestabilite attraverso un televoto e di osservarne gli esiti in tempo reale.Durante le sessioni di dibattito erano a disposizione dei tavoli sei Esperti ai ta-voli, medici ed esperti di diverso orien-tamento pronti a fornire chiarimenti ai partecipanti su vari aspetti della loro pro-fessione e delle problematiche legate agli stati di incoscienza. All’inizio della gior-nata sono poi state offerte due testimo-nianze di punti di vista opposti, da par-te di due cittadine, Suor Giuliana e Maria Angela Alasia. Durante l’evento era pre-sente, in qualità di cronista e osservato-re, il giornalista Corrado Augias. Alla fine della giornata di lavoro è stato elabora-to e distribuito a tutti i partecipanti un rapporto preliminare contenente i risul-tati ottenuti durante la giornata di lavoro (scaricabile all’indirizzo http://www.bien-naledemocrazia.it/)

Chi ha condotto il processo

a sinistra: il coordinatore del Dibattito pubblico, Luigi Bobbio insieme alla condut-trice dell’evento deliberativo Iolanda Romano (Avventura Urbana).a destra: i responsabili dell’evento deliberativo nella sede di Firenze, Andrea Pil-lon e Chiara Pignaris (Avventura Urbana)

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Come si è svolto il dibattito pubblico

La Cabina di regia

A Torino (foto sopra, da sinistra a destra) i membri erano: prof. Mario Eandi, docen-te di Farmacologia presso l’Università di Torino e presidente del Gruppo Cattolico di Bioetica di Torino, proff.ssa Gilda Ferrando, docente di Istituzioni di Diritto privato e Diritto di famiglia presso l’Università di Genova, già membro del Comitato Nazionale di Bioetica, prof. Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianto di organi, Sena-tore della Repubblica e Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul SSN, dr.ssa Mariella Orsi, sociologa, responsabile CESDA-ASL Firenze e vicepre-sidente della Commissione Regionale di Bioetica della Toscana, don Ermis Segatti, sacerdote e responsabile della Cultura dell’Arcidiocesi di Torino, avv. Diego Cremo-na, civilista e componente della Commissione Regionale di Bioetica della Toscana. Secondo da sinistra, Corrado Augias, in qualità di cronista e osservatore.

A Firenze (foto a lato, da sinistra a destra): prof. Pierluigi Rossi Ferrini, docente di Ematologia nell’Università di Firenze, componente del Comita-to Regionale di Bioetica della Toscana e del Comi-tato scientifico di Scien-ze e Vita di Firenze; dott. Alfredo Zuppiroli, direttore S.C. di Cardio-logia all’Ospedale Santa Maria Annunziata e Pre-sidente della Commis-sione Regionale di bioe-tica della Toscana.

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La Squadra dei temi

Coordinamento: Stefania Ravazzi e Simone Mangili. La Squadra era composta da otto persone scelte fra le prin-cipali associazioni in modo da rappresentare i principa-li orientamenti in campo: Micaela Arcari, referente del Centro di ascolto per le vittime della violenza “Demetra”, Ospedale Molinette, Walter Boero, professore dell’Uni-versità di Torino e presidente dell’associazione Movimen-to per la Vita di Torino, Fabrizio Clari, presidente dell’as-sociazione Scienza e Vita di Torino, Michele Giovanditti, infermiere professionale presso l’Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino, Reparto Rianimazione, Paolo Giro-lami, docente di Medicina Legale e Bioetica all’Universi-tà di Torino e del Piemonte Orientale, Marie Claire Mas-simo, presidente dell’Associazione Donne In Cultura, ha seguito il Master Triennale in Bioetica alla Facoltà Teo-logica dell’Università Pontificia di Roma e Torino, San-dro Milano, libero professionista, studente del Master in Bioetica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino, Ma-rina Sozzi, Direttore Scientifico Fondazione Fabretti.

Gli esperti ai tavoliClaudio De’ Sperati, neurobiologo e professore associato presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, Fabrizio Fracchia, radioterapista oncologo presso l’antica sede dell’ospedale S. Giovanni di Torino e membro dell’associazione Medici Cattolici, Ser-gio Livigni, direttore del Servizio di Anestesia e Rianimazione presso l’ospedale S. Giovanni Bosco di Torino, Giuseppe Naretto, anestesista rianimatore presso l’ospe-dale S. Giovanni Bosco di Torino, Andrea Manazza, dottore di Ricerca in Oncologia Umana presso l’Università di Torino e medico presso l’Ospedale Molinette, Marco Vergano, anestesista rianimatore presso l’ospedale S. Giovanni Bosco di Torino.

La Squadra dei temi

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Un’analisi qualitativa dei risultati del processo

Per conoscere il pensiero e gli atteggia-menti delle persone usualmente si ricor-re ai sondaggi di opinione, capaci di pre-sentare un quadro un po’ superficiale, ma indubbiamente chiaro e incontrovertibile. Ricostruire invece gli esiti di un dibatti-to analizzando i contenuti delle discussio-ni e delle argomentazioni presenta il van-taggio di poter sviscerare le questioni e conoscere più approfonditamente le mo-tivazioni individuali, ma presenta l’ovvio inconveniente della elevata discrezio-nalità e soggettività delle scelte di chi effettua l’analisi. Nonostante questo limi-te si è comunque deciso di tentare un’in-dagine sui contenuti, per rendere conto della ricchezza di sfumature e della pro-fondità degli argomenti sollevati dai citta-dini durante l’intero dibattito pubblico. Il metodo utilizzato per l’analisi è consisti-to nella classificazione dei contenuti del-le discussioni di gruppo e delle votazioni ottenuti attraverso diversi strumenti (tut-ti i materiali utilizzati sono scaricabili dal sito di Biennale Democrazia all’indirizzo http://www.biennaledemocrazia.it/):

i verbali degli incontri decentrati sul territorio e le sintesi critiche;i commenti riportati dai facilitatori sui computer di tavolo durante l’evento del 25 aprile; le sintesi prodotte dalla Squadra dei temi durante l’evento (si veda Report istantaneo);i risultati del televoto svolto durante l’evento (si veda Report istantaneo);le schede di sintesi redatte dal facili-tatori nei giorni successivi all’evento;

Le due fasi di lavoro, la fase preparatoria degli incontri sul territorio e la fase deli-berativa finale, sono state analizzate se-paratamente in quanto costituenti due parti diverse del processo, che sono svol-te in successione.Si specifica dunque che le considerazio-ni che seguono sono il frutto dell’analisi qualitativa del gruppo di lavoro (sulla ba-se di un lavoro di ricerca svolto da Ste-fania Ravazzi) e non pretendono in alcun modo di fornire una sintesi oggettiva de-gli esiti del dibattito.

Un’analisi qualitativa dei risultati del processo

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Un’interpretazione dei risultati del pro-cesso basata su una maggiore pluralità dei punti di vista è contenuta nelle con-clusioni, costruite in seguito ad una valu-tazione condivisa con i principali esperti partecipanti all’evento.

Premessa: un confronto fra etiche differenti

Prima di addentrarci nei risultati dell’ana-lisi è utile chiarire alcuni concetti che hanno accompagnato tutto il processo. Fin dall’inizio, nella fase di indagine che ha preceduto la redazione del Documen-to informativo, il dibattito pubblico ha vi-sto l’espressione di tre distinte etiche in tema di dichiarazioni anticipate di tratta-mento.La prima vede nel rispetto della vita la massima realizzazione della natura uma-na, che non è pura fisicità né puro in-telletto: la vita ha valore non solo per-ché consente agli individui di realizzare progetti e desideri personali, ma perché

costituisce l’essenza dell’umanità. Chi assume l’etica della vita come bene

assoluto sostiene di conseguenza che la salute di ogni essere umano è un “be-ne sociale” oltre che individuale, qualco-sa che la comunità deve coltivare e di-fendere anche disattendendo la volontà del singolo.La seconda – potremmo chiamarla eti-

ca dell’autodeterminazione – concepi-sce gli esseri umani come entità dotate di libero arbitrio, capaci di discernere, di scegliere e di assumersi la responsabili-tà delle proprie azioni. Ogni individuo af-ferma e realizza la propria essenza non in quanto unità esistenziale, ma in quan-to essere vivente capace di ragionare, agire e relazionarsi con gli altri. Sebbe-ne comunque all’interno delle regole di uno stato di diritto, l’etica dell’autodeter-minazione non ammette vincoli superiori e predeterminati alla volontà del singolo, anche qualora questa comporti la deci-sione di ledere o porre fine alla propria esistenza.

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Un’analisi qualitativa dei risultati del processo

La terza, infine, possiamo definirla co-me etica della competenza. Assumen-do questa prospettiva, gli esseri umani si realizzano esercitando il libero arbitrio, ma le loro capacità di comprendere e va-lutare sono limitate: in molti ambiti (in particolare quelli che investono aspet-ti tecnici) l’esercizio della ragione ha bi-sogno di conoscenze approfondite e di esperienza e, laddove queste non si pos-siedono personalmente, è necessario fi-darsi di chi è più competente.

Gli incontri sul territorio

I primi incontri (12 a Torino e 5 a Firenze) sono stati impostati per far riflettere e di-scutere partendo dai tre nodi controversi riportati nel Documento informativo.Al primo quesito del documento informa-tivo (a chi l’ultima parola: medico o te-stamento biologico?) i partecipanti han-no reagito in modo molto diverso: fermo e a tratti aggressivo l’atteggiamento dei sostenitori della preminenza assoluta della volontà del paziente; più possibili-sta e pacato invece il modo di porsi di coloro che hanno difeso la necessità di porre dei limiti alla libertà di scelta del paziente.Le giustificazioni di coloro che si sono espressi “a favore dell’autodeterminazio-ne” riportavano ai principi del rispetto re-ciproco e della responsabilità individuale (alcuni termini utilizzati costituiscono ci-tazioni di alcuni commenti):

se al paziente che esprime una vo-lontà attuale si accorda rispetto e fiducia, altrettanto dovrebbe essere garantito al paziente che si è espres-so a distanza di tempo;trattandosi di un atto volontario, da-re valore legale al testamento biolo-gico significa “garantire la libertà morale” a chiunque, mentre negare tale valore significa costringere alcu-ni a seguire una morale diversa dal-la propria;in un’era di dominio della tecnica, il testamento biologico rappresenta l’affermazione del valore della “re-sponsabilità individuale”, intesa non solo come “diritto all’autodeter-minazione”, ma come atto di atten-zione verso i familiari del paziente e il personale sanitario.

I partecipanti propensi a “garantire l’indi-sponibilità della vita” hanno usato argo-menti a sostegno del principio di precau-zione, di fronte a decisioni che di fatto le persone prendono spesso in modo poco consapevole:

la volontà cambia nel corso del tem-po e dunque non si può esser certi che una volontà passata coincida con quella presente;di fronte a situazioni così delicate co-me gli stati di incoscienza, le persone rischiano di decidere in condizioni di ignoranza o eccessiva emotività.

Il dibattito sui trattamenti di sostegno vitale (è giusto consentirne l’interruzio-ne?), a differenza di quanto accaduto fi-nora nelle arene politiche e intellettuali a livello nazionale, non si è soffermato sulla diatriba giuridica della loro classifi-cazione come trattamenti medici o come atti di assistenza, ma sulle ragioni so-stanziali che possono giustificarne o me-no l’interruzione.Chi ha sostenuto che non si può consen-tire l’interruzione di trattamenti di soste-gno vitale lo ha fatto principalmente per tre ragioni:

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il vero problema a cui bisogna dare risposta non è che gli esseri umani non accettano di vivere in condizio-ni di dipendenza da trattamenti arti-ficiali, ma che hanno “paura di sof-frire e di essere abbandonati”. Se i pazienti in stato di incoscienza fosse-ro adeguatamente assistiti e suppor-tati dal sistema sanitario (attraverso risorse, personale per l’assistenza e strutture che consentano ai cari di stare a fianco dei propri cari), le per-sone non chiederebbero “di essere lasciate morire” interrompendo trat-tamenti come respirazione, nutrizio-ne e idratazione artificiali;la scienza medica non è ancora in grado di stabilire con certezza l’irre-versibilità degli stati di incoscienza. Di fronte a situazioni in cui potreb-be comunque esistere una minima probabilità di riacquistare qualche funzione motoria che consentirebbe al paziente di mettersi in comunica-zione con il mondo esterno, non è ac-cettabile che questi possa essere la-sciato morire;sancire il principio che è possibile di-sporre della vita umana “apre le por-te all’eutanasia” e al rischio di pra-tiche di abbandono dei più fragili.

Chi invece si è espresso a favore della possibilità di interromperli ha ribattuto ri-correndo a questi argomenti:

nessuno è davvero in grado di cono-scere quali siano le ragioni profonde

per le quali una persona chiede di es-sere lasciata morire. Può trattarsi di paura della sofferenza e dell’abban-dono, ma anche di rifiuto di una con-dizione che a proprio giudizio “non è accettabile”. Poiché le concezioni di vita sono differenti non si può im-porre a qualcuno una concezione di esistenza diversa dalla propria;è vero che la scienza medica non co-nosce ancora il significato delle onde cerebrali che permangono nei pazien-ti in stato di incoscienza persistente, né possiede strumenti così sofisticati da poter decifrare eventuali segni di comunicazione non verbale e non fi-sica, ma la scienza medica in ogni sua articolazione è sempre frutto di calcoli probabilistici che si basano su statistiche presenti e passate e le statistiche sui casi di incoscienza di-cono che, superato un certo periodo di anni, non è più possibile un recu-pero delle funzioni cognitive;l’abbandono dei più fragili avviene quotidianamente nelle nostre real-tà, anche quelle più sviluppate, e la scarsità di risorse obbliga continua-mente i medici a scegliere i pazienti prioritari. Acconsentire all’interruzio-ne di trattamenti di sostegno vita-le per persone che quasi certamen-te non riacquisteranno la capacità di interagire con l’esterno è un atto di

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Un’analisi qualitativa dei risultati del processo

solidarietà verso gli altri, in parti-colare verso chi ha maggiori proba-bilità di tornare a vivere una vita di relazioni.

Sull’effettiva utilità di una legge sul te-stamento biologico i partecipanti era-no meno interessati e anche meno po-larizzati nelle opinioni. Questo, come già spiegato nell’introduzione, è in parte di-peso dalla situazione contingente e dalla presenza di un disegno di legge in corso di discussione in Parlamento. Se in parte le reticenze sono state dettate dall’idea che una legge possa andare in una di-rezione diversa da quella coerente con il proprio sistema di valori, la maggior par-te dei cittadini coinvolti nel primo ciclo ha comunque usato argomenti attenti a questioni generali. Un forte consenso è emerso innanzi tutto sull’idea che una buona legge necessiti di un clima cultu-rale adeguato, per poter essere elabo-rata e discussa. A sostegno di un intervento legislativo erano sostanzialmente coloro che ve-devano nel vuoto normativo un rischio troppo alto di ricorsi al giudice per diri-mere controversie fra medici e familiari, mentre in favore dello status quo erano i cittadini preoccupati per il rischio che una legge si riveli di difficile applicazione su un tema così delicato, dove ogni ca-

so è particolare e sfugge a categorizza-zioni e dove principi etici universali pos-sono entrare in contrasto con la morale individuale.Negli incontri successivi (14 a Torino e 5 a Firenze) si è deciso di provare a partire dai temi che erano apparsi come poten-zialmente capaci di sviluppare spazi di condivisione:

che fare per tutte quelle persone che comunque non scriverebbero o che non possono scrivere un testamen-to biologico?quali ragioni possono indurre una persona a chiedere l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e dun-que la morte?è possibile (e come) migliorare il rap-porto medico-paziente-familiari?

Nonostante un iniziale spiazzamento di fronte a domande che non riguardavano direttamente i nodi controversi del dibat-tito sul testamento biologico, le discus-sioni si sono sviluppate in modo interes-sante e a volte sono emersi diversi terreni di confronto costruttivo.In primo luogo, secondo i partecipan-ti non è solo l’idea della sofferenza o la paura della solitudine e dell’abbandono a indurre questa richiesta, ma anche piut-tosto la paura di pesare sui propri ca-ri e di farli soffrire e soprattutto l’idea di vivere in condizioni ritenute inac-cettabili secondo la propria concezione di vita.Sulla questione del rapporto con il per-sonale medico, il nodo più problematico sembra essere l’esistenza di un difetto di comunicazione, in parte dovuto all’atteg-giamento di chi si rapporta con la strut-tura sanitaria, spesso desideroso di otte-nere certezze anche quando i medici non sono in grado di darle, in parte per un comportamento dei medici attento al ca-so clinico, ma spesso indifferente verso la persona. La percezione diffusa è che la professione medica ha progressi-

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vamente perduto il suo volto umano,quello dell’ascolto e della conoscenza del paziente, del riguardo alla storia di chi gli sta davanti e dell’attenzione agli aspetti psicologici e linguistici delle inte-razioni. Un fenomeno così generalizzato, secondo i partecipanti, richiede azioni di lungo periodo che consentano di rime-diare operando sul sistema più che sui singoli. Sono stati proposti interventi su più campi:

la formazione, introducendo so-stanziali innovazioni nel percorso di istruzione e formazione del persona-le medico (nei corsi universitari, nel periodo di specialità, nei corsi di for-mazione successivi) che vadano in direzione di una maggiore atten-

zione alla psicologia e alla comu-

nicazione e di una maggiore sensi-bilità verso la storia del paziente e non solo verso i suoi parametri chi-mico-fisici;i rapporti fra personale medico e

infermieristico, dando più spazio

al dialogo tra figure professionali di-verse che trattano il paziente da pro-spettive complementari, per esem-pio istituendo equipe miste di medici e infermieri o momenti di confronto collettivo fra i membri di uno stes-so reparto;la gestione del sistema sanitario,aumentando risorse e investimenti

per consentire ai medici di dedicare il giusto tempo ad ogni paziente.

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Come si è svolto il dibattito pubblico

Quando si affrontano controversie che ri-guardano questioni fortemente radicate, come i valori o l’identità delle persone, è diffuso il timore da parte di chi parteci-pa che accettare una forma di interazione con la controparte equivalga a mettere a rischio la propria opinione, immaginando che il dialogo debba contenere una impli-cita richiesta di abbandono delle proprie posizioni. Per questa ragione spesso una buona parte della discussione viene spesa dai partecipanti in una manifestazione di ca-rattere difensivo del proprio punto di vi-ta, ed infatti questa sarebbe stata la ten-denza dei focus group preparatori se non fosse intervenuta una guida da parte del-le facilitatrici.Per prevenire questo fenomeno e con-sentire ai partecipanti di dichiarare la propria posizione fin all’inizio dell’evento (liberandoli dall’incombenza di dover af-fermare il proprio punto di vista), il dibat-tito è stato preceduto da un televoto con i due quesiti più controversi (grafico 5). Questa scelta è anche dipesa dalla volon-

tà di rendere trasparente la composizione squilibrata della platea, fortemente sbi-lanciata a favore della posizione “pro au-todeterminazione”.Per sciogliere il ghiaccio dopo il televo-to, i partecipanti sono stati invitati a pre-sentarsi ai propri compagni di tavolo e a discutere brevemente sulle ragioni che li avevano spinti a iscriversi all’even-to. Se c’è qualcuno che si è presenta-to all’evento per affermare con forza la propria posizione o chi si è iscritto soprattutto per interesse professionale (circa un quarto dei presenti), la maggior parte dei partecipanti ha scelto di par-tecipare per una delle seguenti ragioni: perché vedeva nell’evento un’occasione per approfondire la propria cono-scenza sull’argomento; per formarsi un’opinione e magari anche per forni-re qualche spiegazione a parenti e ami-ci; per la voglia di confrontarsi con al-tre persone “al di fuori delle solite cerchie”; per poter ascoltare e capire le ragioni di chi la pensa in modo diverso e per contribuire a rendere il dibattito più

L’evento conclusivo

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ragionevole, magari condividendo espe-rienze personali. Inoltre un gran nume-ro di persone ha espresso interesse ver-

so un metodo decisionale basato sulla

discussione pubblica fra persone co-

muni invece che sulla relazione “esperti in cattedra-uditori passivi”.In merito alla prima sessione di dibatti-to (di fronte al testamento biologico del paziente, come dovrebbero comportar-si i medici?), nonostante la divergenza di opinioni sul carattere vincolante o meno del testamento biologico, quasi tutti i par-tecipanti si sono trovati concordi su due aspetti sostanziali:

un’eventuale legge sul testamento bio-logico non può utilizzare i termini trop-po generici di “stato di incoscienza” o “incapacità di comprendere le infor-

mazioni”, perché in essi possono rien-trare casi di sindrome dell’imprigiona-to, stati vegetativi persistenti, stati di minima coscienza o di semicoscien-za come avviene per alcuni casi di Al-zheimer o di demenza senile. A questo scopo, secondo i partecipanti sareb-be necessario avere basi condivise di conoscenza scientifica che con-sentano di stabilire con precisione a quali casi applicare l’eventuale legge. Alcuni partecipanti hanno pro-posto che per raggiungere una piat-taforma scientifica condivisa si possa costituire una task force multidiscipli-nare di esperti che si assuma il com-pito di studiare il fenomeno, di defini-re i confini dei vari stati e di stabilire degli indicatori, delle procedure e dei protocolli per diagnosticarli;

Grafico 5: Il televoto sui nodi controversi del dibattito

*totale votanti: 306 **totale votanti: 321

* **

2121

L’evento conclusivo

il testamento biologico, per avere va-lore, dovrebbe essere scritto in modo consapevole, ossia da una persona in possesso di una conoscenza appro-fondita sulle questioni di fine vita e sulle problematiche ad esse correla-te. Al termine della prima sessione di discussione, ai presenti è stata posta nuovamente la domanda del televo-to iniziale, ma con risposte più preci-se riformulate a partire dai commenti ricevuti dai tavoli. Il risultato del te-levoto ha confermato quanto emerso dai commenti (grafico 6).

Sul problema oggetto della seconda ses-sione (quali limiti occorrerebbe defini-re per il testamento biologico?), il livello di conoscenza è un problema che inve-ste di fatto tutte le scelte sanitarie che richiedono il consenso informato, in cui l’aspetto dell’informazione si riduce ad un modulo pressoché incomprensibile. Ma come fare per acquisire un grado di informazione sufficiente? Per i parteci-panti, oltre al ruolo attivo della famiglia nel sensibilizzare sul problema, ai citta-dini servirebbe un vero e proprio si-stema di supporto per la scrittura del

Grafico 6: Il televoto dopo la prima sessione di discussione - Se le decisioni del medico contrastano con le dichiarazioni anticipate del paziente, cosa dovrebbe stabilire la legge?*

*totale votanti: 348

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testamento biologico, attraverso l’isti-tuzione di strutture pubbliche (per es. sportelli sanitari presso i consultori) nel-le quali poter ricevere assistenza e infor-mazioni da parte personale qualificato (medici, psicologi, assistenti legali, ecc.). A questi spazi, si potrebbero poi aggiun-gere percorsi di formazione ad hoc per giovani e adulti.I temi della terza sessione, scelti dai par-tecipanti su alcune alternative suggeri-mente dalla Cabina di regia, hanno tocca-to l’aspetto della forma delle dichiarazioni anticipate (e quello delle possibili alterna-tive a questo strumento). La prima que-stione è risultata controversa. In merito alla durata del testamento biologico,alcuni hanno ritenuto che sia necessario rinnovarlo periodicamente (per ridurre il rischio che la volontà attuale sia diver-sa da quella espressa in passato), altri invece che possa valere l’ultima versio-ne, anche se di vecchia data (chi scrive sa di assumersi la responsabilità di que-sto rischio). Sul tipo di testo, a fronte di pochi che hanno sostenuto che debba

essere un modulo con una traccia e op-zioni predefinite (favorirebbe l’uso di un linguaggio comune, ma sarebbe difficil-mente applicabile alla varietà dei casi e delle situazioni), in molti si sono espressi a favore di un documento più approfon-dito e personalizzato, in cui la persona possa spiegare in modo discorsivo il pro-prio sistema di valori e la propria conce-zione di vita (consentirebbe di conoscere le ragioni delle scelte, ma comportereb-be un’opera di interpretazione necessa-riamente soggettiva da parte del tutore e del personale sanitario).Per quanto concerne l’applicazione i par-tecipanti hanno concordato sul fatto che debbano esistere strumenti in grado di garantire un’immediata conoscenza per lo meno dell’esistenza di dichiarazioni anticipate, se non del loro contenuto: un archivio per le dichiarazioni anticipa-te consultabile per via informatica ed eventualmente un certificato personale che ne attesti l’esistenza o che ne com-prenda il contenuto (per es. un tesserino da inserire nel portafoglio). Ampio con-

2323

L’evento conclusivo

senso infatti è stato espresso a favore di una maggiore considerazione e presa in carico delle volontà dei paziente da par-te dei medici, a prescindere dal fatto che sia poi il medico o la dichiarazione antici-pata ad avere l’ultima parola .Il fiduciario, presso alcuni tavoli, è infi-ne emerso come possibile figura chiave, in quanto depositario della facoltà di in-

terpretare le dichiarazioni anticipate

del paziente al cospetto dei familiari,

dei medici e di eventuali autorità giu-

diziarie. Per favorirne il compito, diver-si cittadini hanno proposto che il fiducia-rio sia presente durante la scrittura delle dichiarazioni anticipate del titolare, per condividerne la stesura e testimoniarne l’autenticità.Il rischio che la maggioranza dei cittadini tenda comunque a non scrivere dichiara-zioni anticipate di trattamento ha indotto i partecipanti a interrogarsi seriamente sulle alternative al testamento biologico, riflettendo su come migliorare la ge-

stione di situazioni in cui familiari e

struttura sanitaria si trovano a dover decidere la sorte di pazienti in stato di incoscienza. Su questo argomento si sono registrate molte proposte interes-santi e trasversali ai due orientamenti.Gran parte dei presenti ha ritenuto che il modo migliore per sopperire all’assen-za di un testamento biologico sia quello di migliorare la relazione fra persona-le sanitario (medici in particolare) e fa-miliari, valorizzando il dialogo e la comu-nicazione reciproca fra le parti e magari perfezionando la fase decisionale gra-zie all’introduzione di un’equipe di sup-porto per il medico curante (altri medici specialisti, il medico legale, lo psicologo ecc.). Ma c’è anche chi ha sostenuto che la decisione definitiva debba essere pre-sa da un giudice, in quanto soggetto al di fuori delle parti e emotivamente estraneo al dramma, mentre qualcuno ha difeso il ruolo preminente della famiglia in quan-to naturale soggetto attento alla cura del paziente. A margine è rimasta la posizio-ne di pochi fautori dell’obbligatorietà del testamento biologico, da intendere dun-

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que come un diritto/dovere imposto dallo stato al cittadino.Nonostante le discussioni ai tavoli aves-sero lasciato in secondo piano la que-stione delle caratteristiche dell’eventuale legge, la Cabina di regia aveva comun-que deciso di sottoporre il problema al televoto. L’esito del televoto (grafico 7) mette in luce, da un lato, il disappunto di molti partecipanti per una domanda che forse è stata percepita come poco ade-rente ai contenuti delle discussioni ai ta-voli; dall’altro, l’esigenza di lasciare co-munque margini di libertà sia ai pazienti sia al personale sanitario.

Grafico 7: Il televoto sui nodi controversi del dibattito - Per regolare questo problema cosa è meglio fare*?

*totale votanti: 337

2525

L’evento conclusivo

Per scrivere le conclusioni di questa espe-rienza di dibattito pubblico abbiamo scelto di coinvolgere attivamente gli esperti che hanno avuto un ruolo cruciale nella gestio-ne dell’evento deliberativo finale: i mem-bri della Cabina di regia e della Squadra dei temi. Si è pensato infatti che, proprio per la natura partecipativa del processo, improntato alla ricerca di condivisione e confronto fra punti di vista, fosse impor-tante costruire anche le conclusioni con un approccio “polifonico”. Il seguente testo è il frutto di una sinte-si di quattordici interviste con gli esper-ti interessati (si veda elenco completo in appendice).

Il metodo del dibattitopubblico

Il metodo utilizzato per la realizzazione del dibattito pubblico riscuote in genera-le un giudizio molto positivo.

A parte un’unica eccezione1, gli esperti intervistati hanno apprezzato:

l’equilibrio cui si è proceduto per estendere la partecipazione a perso-ne provenienti da percorsi culturali e punti di vista diversi (“questa diversi-ficazione ha prodotto una discussio-ne molto equilibrata e anche molto partecipata”, Ignazio Marino);la ricchezza di un confronto incen-trato sulle persone piuttosto che sulle loro ideologie (“questa modalità di la-voro ha costretto le persone a seder-si intorno ad un tavolo senza portarsi stendardi”, Ermis Segatti);l’innovazione nell’uso degli stru-menti (“si è usciti dal classico cano-ne dei convegni con relatori e udito-ri per ‘restituire la parola’ a coloro che vivono i problemi nella loro vita”, Paolo Girolami);la pacatezza e la preparazione dei partecipanti durante gli incontri (“nei

Conclusioni

1 Valter Boero, che ha espresso scetticismo per il rischio di strumentalizzazione dei risultati da parte dei media.

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gruppi si respirava un clima di con-fronto serio, ispirato ad un vero dia-logo”, Diego Cremona). l’informazione data ai partecipanti, manifesta nella padronanza del te-ma durante la discussione finale (“ol-tre al grande interesse ho notato che i partecipanti mostravano conoscen-za dell’argomento, oltre che la consa-pevolezza di fare una cosa rilevante”, Gilda Ferrando).

Il documento informativo per aprire il dibattito sul tema, redatto con il contri-buto e l’approvazione del Comitato dei garanti, ha suscitato in larga misura commenti positivi da parte degli inter-vistati. In linea generale è stato ritenuto utile a informare in modo equilibrato e a fornire una buona base per una discus-sione (“su temi che pongono problemi di coscienza è bene che si faciliti la co-noscenza del problema ed il documen-to è stato utile” Mariella Orsi). Tuttavia non sono mancate le critiche da parte di due esponenti del mondo cattolico che

ne hanno ravvisato una certa faziosità (“il Documento informativo non era bi-lanciato ed è poco comprensibile come sia uscito con l’imprimatur dei garanti di orientamento cattolico”, Fabrizio Clari).In generale il percorso connotato da in-formazione e confronto facilitato ha con-vinto, portando molti degli intervistati ad esprimere il desiderio che tali iniziative su possano replicare in futuro, esten-dendole anche a pubblici più ampi. Alcuni auspicano che il modello “televi-

sivo” di dibattito prevalente nella nostra cultura - incentrato sulla contrapposizio-ne frontale - sia affiancato da proposte analoghe a quella realizzata, a fini so-prattutto educativi e culturali. Da una parte perché è stata capace di favorire l’ascolto e la comprensione reciproca (“è stato bello incontrare persone diverse da quelle che si incontrano normalmente, al di là delle appartenenze ideologiche” Mi-caela Arcari). Dall’altra perché si ritiene che una vera educazione alla demo-

crazia sia più efficace se maturata at-

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Conclusioni

traverso un’esperienza diretta (“per ca-pire quando si stanno riducendo gli spazi di democrazia occorre averne fatto espe-rienza: al posto dei convegni sulla demo-crazia sarebbe utile fare altre esperienze come questa”, Marina Sozzi). Alcuni ritengono che percorsi simili sareb-bero salutari nella vita quotidiana di tutti coloro che operano attivamente nella vi-ta pubblica. Altri ancora segnalano l’en-tusiasmo manifestato da alcuni parteci-panti, incontrati a distanza di tempo, per aver potuto festeggiare il 25 aprile come un’esperienza unificante (“un’infermiera specializzata in osservazioni dei pazien-ti per la donazione degli organi, sostiene di aver passato un bellissimo 25 aprile; per la prima volta in trentacinque anni di esperienza aveva potuto parlare, insieme a medici e semplici cittadini, di ciò che la angosciava”, Michele Giovanditti).

Chi non ha partecipato

Uno degli elementi caratterizzanti tutto il processo di coinvolgimento, prima at-traverso i gruppi di discussione poi nel-l’evento finale, è stata la scarsa presen-za di persone contrarie all’interruzione dei trattamenti di sostegno. Molte delle persone depositarie di questo punto di vista, anche se non tutte, appartengono all’associazionismo di tipo cattolico, che ha mostrato una notevole riluttanza alla partecipazione. Questo fenomeno è sta-to oggetto di grande attenzione da par-te degli organizzatori, che hanno tentato in vari modi e a più riprese di incentiva-re questa partecipazione, con risulta-ti limitati senza però riuscire a colmare lo squilibrio. Agli esperti di orientamen-to cattolico è stata chiesta la ragione di tale indifferenza e le possibili strade per ovviare a tale problema in un’eventuale esperienza futura. La spiegazione più diffusa offerta dagli esperti riguarda la natura solitamen-te diffidente del mondo cattolico verso

iniziative promosse da enti non istituzio-nalmente vicini: “nel mondo cattolico c’è una notevole diffidenza verso il dialogo, dovuta in parte alla scarsa conoscenza dell’altro ma anche all’aggressività radi-cata fra le frange estreme, di entrambe le parti (Mario Eandi). C’è anche una for-ma di disinteresse dovuto all’abitudine all’impegno in un territorio conosciuto: “Il mondo cattolico è un po’ timido; abbiamo valori importanti da condividere ma l’abi-tudine alla testimonianza in sede pubbli-ca non è diffusa” (Fabrizio Clari). C’è chi sostiene una motivazione diversa, che riguarda una sorta di complesso di minorità culturale da parte dei cattoli-ci, che tendono a praticare una censura preventiva. “C’è una maggioranza silen-ziosa che è difficile da stanare e che si sente privata di un effettivo diritto di pa-rola, o perché teme strumentalizzazioni - la volontà di accreditare come pluralista un’iniziativa che di fatto non lo è - o per-ché teme di non riuscire a porgere le pro-prie motivazioni”(Diego Cremona).Tuttavia va segnalato il fatto che alcuni esponenti del mondo associativo cattoli-

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co, hanno comunque partecipato: “que-sto è da considerare come un fatto signi-ficativo” (Ermis Segatti). Oltre al problema della scarsa presen-za dei cattolici impegnati un esperto ha criticato la metodologia di selezione dei partecipanti. Si è favorita la presenza di persone già interessate alla vita pubbli-ca, provenienti dal mondo associativo, invece sarebbe stato preferibile un cam-pione estratto a sorte di semplici cittadi-ni, “per capire quanto questo problema viene sentito e come viene affrontato, e se possibile risolto, da ciascuno nella sua vita privata” (Rossi Ferrini).

L’evento del 25 aprile

La giornata del 25 aprile è stato un mo-mento molto importante: “ha centralizza-to l’attenzione e si è osservata una par-tecipazione molto sentita e contenuta, di qualità. Momenti come quello dovrebbe-ro essere più frequenti” (Mario Eandi). Molti esprimono apprezzamento per i se-guenti aspetti:

la modalità organizzativa (“sono sorpreso di quello che si è potuto fa-

re in un giorno, con una modalità so-lo in apparenza semplice”, Sandro Milano); i tempi di svolgimento delle attività (“sono rimasta colpita sia dallo svol-gimento del programma di lavoro, senza sbavature, sia dal fatto che lepersone sono state presenti fino alla fine” Gilda Ferrando);l’uso delle tecnologie, che hanno contribuito a coinvolgere le persone e a catturare la loro attenzione an-che in due città diverse, con il richia-mo all’Unità d’Italia (“in quarant’anni di lavoro nella sanità non avevo mai visto trecento persone che lavorano insieme in silenzio”, Mariella Orsi);la concentrazione dei partecipanti (“il mio giudizio sulla giornata è mol-to positivo: e il fatto che tante perso-ne siano rimaste lì sedute a lavorare per tutto il giorno con solo un panino o due, vuole dire che erano davvero interessate”, Pierluigi Rossi-Ferrini);

Alcuni aspetti della giornata hanno su-scitato delle perplessità. Primo fra tut-ti un intervento nella parte conclusiva dell’evento, che ha toccato il tema del testamento biologico da un’angolatu-ra particolare, anziché limitarsi, secon-do quanto concordato con l’organizza-zione, a commentare la metodologia utilizzata. Sono molti i commenti critici espressi a riguardo, da parte di esper-ti di diverso orientamento. Due esem-pi fra i molti: “l’intervento è sintomati-co di un sentimento di superiorità di un certo mondo intellettuale e benpensan-te: comunica l’assoluta convinzione di avere un approccio obiettivo lascian-do immaginare che chi la pensa diver-samente è perché non riesce ad affran-carsi da posizione retrive e antiquate” (Diego Cremona); “Mi è dispiaciuto per-ché ha denotato distrazione e imprepa-razione rispetto alla metodologia che si stava utilizzando, e superficialità sul te-ma” (Alfredo Zuppiroli).

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Conclusioni

Un secondo elemento della giornata su-scita un’analisi critica: il televoto elet-

tronico. Alcuni intervistati ritengono che, nonostante le potenzialità, lo stru-mento abbia funzionato male perché non è riuscito a cogliere la ricchezza e la complessità delle sfumature emerse dal-le discussioni “il metodo è forse troppomacchinoso, anche se forse è il migliore che si possa mettere in pratica, e resta il dubbio se non possa prestarsi a orien-tare il risultato in una direzione precisa” (Mario Eandi). Altri avrebbero voluto por-re delle domande specifiche che non so-no emerse: “avrei voluto modificare le ri-sposte alle due domande sul tipo di legge e sul rapporto medico paziente. In parti-colare, avrei scelto risposte meno apo-dittiche, nelle quali potesse essere valo-rizzata l’estrema ricchezza, ma anche la complessità, della relazione tra pazienti e curanti” (Alfredo Zuppiroli).

Altre osservazioni critiche

Sollecitati ad esprimere anche i commen-ti critici finalizzati a migliorare il percor-so fatto in un ipotetico futuro, molti degli esperti hanno fatto delle segnalazioni.Riguardo all’impostazione genera-le del dibattito pubblico, secondo alcu-ni, la scelta di rappresentare i principali orientamenti in campo attraverso espo-nenti dei principali schieramenti è sta-ta percepita come una contrapposizione netta fra posizioni “pro” e “contro”. Per esempio, rispetto ai principali nodi criti-ci del testamento biologico, le due do-mande fatte agli iscritti prima dell’evento del 25 aprile2 sono state troppo schema-tiche. Sui trattamenti di fine vita, sosten-gono, non è possibile porre il problema

in termini netti, anche perché il problema è molto più articolato “e anche all’inter-no del mondo cattolico c’è molta più di-versità di posizioni di quella che appare” (Mario Eandi).La sensazione di essere ingabbiati in po-sizioni troppo rigide ha accompagna-to anche i lavoro di alcuni membri della Squadra dei temi, che a volte hanno per-cepito maggiore affinità con i componen-ti della “parte avversa”, come racconta il medico cattolico Paolo Girolami. Contra-rio al testamento biologico (non perché pensa che non sia lecito dare direttive anticipate, ma perché lo ritiene uno stru-mento che può essere male compreso e mal utilizzato da chi è chiamato a tradur-re una volontà in un atto) afferma: “nella squadra dei temi a volte mi trovavo d’ac-cordo con l’esperta della ‘parte avver-sa’ che mi era seduta a fianco. Secondo un altro esperto, sempre di orientamento cattolico, nella squadra dei temi è anda-ta molto bene, perché è stato come fare un focus group: “abbiamo avuto modo di confrontarci, ognuno ha capito le ragioni dell’altro, abbiamo imparato a rispettar-ci. E abbiamo scoperto che le nostre po-sizioni non erano poi così lontane” (Fa-brizio Clari). Il dialogo nel piccolo gruppo li ha aiutati ad ascoltarsi e ad avvicinar-si, mentre se fosse stata posta loro una domanda secca, alla quale rispondere, a questa avrebbero risposto in modo mol-to più netto e ideologico. Ancora critico a questo riguardo ma per altre ragioni un intervistato secondo cui un problema co-me il testamento biologico non avrebbe dovuto essere affrontato con un comita-to “diviso in due parti: è stato come met-tere sullo stesso piano la vita e la morte” (Valter Boero), mentre un argomento che riguarda la vita, a suo avviso, e che coin-volge tutti personalmente non può esse-

2 Ndr: a tutti gli iscritti era stato chiesto di rispondere alle due domande centrali del documento informa-tivo: 1. Si possono interrompere i trattamenti di sostegno vitale? 2. In caso di contrasto deve prevalere la volontà del paziente?)

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re affrontato astrattamente all’interno di un comitato i cui le posizioni sono equa-mente rappresentate.Mentre le scelte o le attività che eviden-ziavano una polarizzazione delle opinioni hanno talvolta suscitato critiche, è una-nime il consenso sull’attività svolta nei gruppi di discussione preparatori, nei quali è emersa la maggiore ricchezza sia di contenuti che di relazioni: “in questi gruppi, anche se si partiva da posizioni ideologiche distanti, man mano che si di-scuteva di problemi reali si stemperava l’ideologia e restavano le persone…ci si ritrovata con la propria umanità” (Fabri-zio Clari). Anche i più critici, come il già citato Valter Boero, ricorda il gruppo a cui ha partecipato con entusiasmo: “quando un signore anziano ha parlato del figlio gravemente disabile mancato pochi anni prima, con grande gioia, le emozioni che ha suscitato hanno totalmente spiazzato i partecipanti, cambiato il clima della di-scussione da un piano teorico a uno mol-to più umano” (Valter Boero).Un intervistato muove un appunto sul no-

me dell’iniziativa (democrazia “delibe-rativa”), termine che a suo avviso si pre-sta ad essere equivocato poiché lascia intendere che il percorso sia orientato ad una decisione (“Oltre a dare un’idea sba-

gliata degli obiettivi questo potrebbe an-che essere stato uno dei motivi per cui molti cattolici non hanno partecipato”, Pierluigi Rossi Ferrini). Sarebbe meglio, a suo avviso, cercare un nome semplice ispirato al concetto partecipazione.

I risultati

Riguardo ai risultati del percorso si regi-strano pareri eterogenei. Gli esiti prodotti nel corso dell’evento fi-nale, diffusi ai partecipanti attraverso il report istantaneo, sono stati intesi da gran parte degli esperti come una sin-tesi di quanto è avvenuto durante la giornata, “senza la pretesa di attribuire il significato di effettivo riflesso dell’opi-nione prevalente nel paese” (Gilda Fer-rando). Molti intervistati ne hanno dato un giudizio positivo, evidenziando l’im-portanza di trarre delle “conclusioni og-gettive, che hanno dimostrato l’utilità del grande sforzo che è stato fatto” (Fa-brizio Clari). Un esperto, commentando l’assenza di mutamento di opinione dei singoli in seguito alla discussione, evi-denzia l’efficacia del metodo: “i nume-ri non sono cambiati, siamo arrivati con idee che non si sono spostate, ma que-sto non fa che confermare che nessuno voleva convincere nessuno, tutti sono nel pieno diritto di avere idee e convin-zioni e di manifestarle” (Sandro Milano). Un altro, pur nel giudizio complessiva-mente positivo dell’iniziativa, lamenta una certa superficialità dei commenti rispetto alla qualità della discussione e alla complessità del tema: “i commenti provenienti dai tavoli mi sono sembrati un po’ indistinti, forse a causa di un’in-sufficiente preparazione sul tema da parte dei facilitatori che li redigevano” (Marina Sozzi).Fra chi ha apprezzato i risultati è condi-visa l’opinione che si sarebbe dovuto fa-re di più per diffonderli ad un pubbli-

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Conclusioni

co ampio. “È un’esperienza senz’altro da ripetere: l’unico limite che ho osser-vato è la poca diffusione dei risultati, per la quale si dovrebbe fare forse uno sfor-zo maggiore. Ritengo che questo lavoro straordinario non deve essere solo di na-tura culturale ma deve anche avere un valore di influenza delle decisioni” (Igna-zio Marino). Di segno completamente opposto il pa-rere di chi teme l’intervento improprio dei mezzi di comunicazione e il rischio di strumentalizzazione “Un neo di que-sta iniziativa è il fatto che c’è il rischio che i risultati siano confusi con una foto-grafia esatta dell’opinione pubblica, cosa che a mio avviso non è, visto che una vo-ce importante era in larga misura assen-te” (Diego Cremona).

C’è chi propone delle idee per il futu-ro. In un caso con l’obiettivo di defini-re meglio gli esiti per poter incidere di più nella società: “si dovrebbe aggiun-gere una seconda giornata, dopo quella deliberativa, in cui sulla base del ‘posi-tion paper’ che si ottiene da lavoro pre-paratorio si organizza una tavola roton-da in cui i diversi esperti espongono le loro diverse posizioni presentate in base ai risultati emersi dal processo” (Igna-zio Marino). In un altro caso, dall’inten-zione opposta, con l’obiettivo di suscita-re un’ampia partecipazione, grazie alla “scelta di un tema che non faccia pen-sare di voler influenzare una decisio-ne politica” (Ermis Segatti), limitando in questo modo la diffidenza da parte dei cattolici impegnati.

Appendice: Interviste svolte

Ermis Segatti, sacerdote e responsabile della Cultura dell’Arcidiocesi di Torino (15.10.09)

Fabrizio Clari, presidente dell’associazione Scienza e Vita di Torino (16.10.09)

Valter Boero, professore dell’Università di Torino e presidente dell’associazione Movimento per la Vita di Torino (20.10.09)

Mario Eandi, presidente del Coordinamento dei comitati etici regionali (20.10.09)

Mariella Orsi, vicepresidente della Commissione regionale di Bioetica della Toscana, (22.10.09)

Alfredo Zuppiroli, Presidente della Commissione regionale di Bioetica della Toscana (22.10.09)

Pierluigi Rossi-Ferrini, professore onorario di ematologia e componente comitato di bioetica regione toscana, (22.10.09)

Diego Cremona, avvocato civilista e componente della Commissione Regionale di Bioetica della Toscana (25.10.09)

Paolo Girolami, docente di Medicina Legale e Bioetica all’Università di Torino e del Piemonte Orientale (25.10.09)

Ignazio Marino, Senatore del Partito Democratico e Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul SSN (29.10.09)

Marina Sozzi, Direttore Scientifico Fondazione Fabretti (30.11.09)

Micaela Arcari, referente del Centro di ascolto per le vittime della violenza “Demetra”, Ospedale Molinette (30.11.09)

Sandro Milano, libero professionista, studente del Master in Bioetica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino (30.11.09)

Michele Giovanditti, infermiere professionale presso l’Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino, Reparto Rianimazione (5.11.09)

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CreditiBiennale DemocraziaIl dibattito pubblico sul testamento biologico si è svolto nel quadro della manifestazione “Biennale De-mocrazia” che si è tenuta a Torino tra il 23 e il 26 aprile 2009. Biennale Democrazia è stata promos-sa dalla Città di Torino e dal Comitato Italia 150 (ossia dal Comitato per la celebrazione del 150° anni-versario dell’Unità d’Italia) e Regione Piemonte. Il presidente di Biennale Democrazia è il prof. Gustavo Zagrebelsky.

Il dibattito pubblico sul testamento biologicoIl dibattito pubblico è stato promosso in collaborazione con la Regione Toscana e il Comune di Firenze. Il progetto è stato coordinato dal prof. Luigi Bobbio (Università di Torino) ed organizzato dalla società Avventura Urbana con la collaborazione di Stefania Ravazzi (Università di Torino).

Il Rapporto finale è stato redatto dal gruppo di lavoro; in particolare la parte relativa all’analisi quali-tativa dei commenti è stata curata da Stefania Ravazzi e le interviste agli esperti e la redazione delle conclusioni da Iolanda Romano.

Progetto grafico e impaginazione: Avventura Urbana

Foto: Michele D’Ottavio, Ornella Orlandini

Conclusioni

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