Diamoci un taglio (pubblicato in Imprese Agricole)

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© RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Tra le soluzioni maggior- mente premiate dal nuo- vo schema incentivi per la produzione di energia da biogas (DM 6 luglio 2012) vi sono quelle per impian- ti di piccola taglia che uti- lizzano come substrato i re- flui zootecnici. Storicamen- te, questi reflui sono sem- pre stati utilizzati tali e quali a scopi fertilizzanti, ma con il tempo essi sono divenuti per molti aspetti un proble- ma. Non solo oggi c’è (alme- no in via teorica) la diretti- va nitrati che pone dei limi- ti allo spandimento dei reflui sui campi, ma la concentra- zione della produzione zoo- tecnica e la comparsa di al- levamenti senza terra hanno portato ad un aumento nel- la quantità di reflui da smal- tire. Allo spandimento del refluo su campo non è lega- ta solo la problematica della possibile lisciviazione dell’a- zoto nel terreno, a cui la di- rettiva nitrati cerca di porre limite, ma oggi soprattutto anche le emissioni di am- moniaca in atmosfera che concorrono a peggiorare la qualità dell’aria e le even- tuali emissioni del gas ser- ra metano derivante da un processo naturale di mine- ralizzazione del refluo. Un’elegante soluzione Il trattamento dei reflui nel digestore anaerobico offre un’elegante soluzione ai pro- blemi sopra indicati. Infatti, il processo che porta alla for- mazione di biogas - da cui si ottengono energia elettrica e termica o, eventualmente, dopo un processo di raffina- zione, metano da immette- re nelle reti di distribuzione – trasforma il refluo in entrata in digestato, non solo modifi- candone le componenti car- boniche, ma anche quelle azotate. Se il refluo è caratte- rizzato da un’alta percentua- le di azoto organico instabile e sensibile a processi di lisci- viazione e una minore con- centrazione di azoto ammo- niacale prontamente dispo- nibile per le piante, nel dige- stato i rapporti s’invertono e con esso l’imprenditore agri- colo dispone di una parte li- quida (circa il 90% del tota- le) ricca di azoto ammonia- cale prontamente disponi- bile per le piante (come l’u- rea) e di una parte palabile (circa il 10% del totale), ric- ca di azoto stabile organico che apporta precursori umici al terreno. Che cosa compor- ta questo dal lato pratico? “Si- gnifica essenzialmente che si dispone di un materiale che non è più da considerare alla stregua di un refluo, ma è pa- ragonabile a un fertilizzan- te chimico quale, ad esem- pio, l’urea” afferma Flavio Sommariva, specialista SATA Agronomia e Gestione Reflui di ARAL - Associazione Regio- nale Allevatori Lombardia. In quest’ottica allora il digestato non dovrebbe più sottosta- re alla direttiva nitrati che, tra l’altro, pone dei limiti alla sua distribuzione sul campo. Ma vi è dell’altro: “Con spe- rimentazioni pratiche noi di ARAL Lombardia, unitamen- te a docenti della Facoltà di Agraria dell’Università di Mi- lano, nell’ambito del Proget- to Pilota “Valorizzazione de- gli effluenti sostenuto da Re- gione Lombardia”, abbiamo dimostrato che con una ge- stione virtuosa e ottimizzata nella distribuzione del dige- stato è possibile raggiungere efficienze di utilizzo dell’azo- to molto elevate ovvero ben oltre il 50% contemplato dal- la direttiva nitrati” afferma Sommariva. Effettivamen- te, a livello legislativo la leg- ge 134 dell’agosto 2012 che modifica il DL 83 del giugno 2012 afferma che il digestato è equiparabile ad un fertiliz- zante chimico, ma non defi- nisce ancora “le caratteristi- che e le modalità di impiego del digestato, per quanto at- tiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai conci- mi di origine chimica”. Il che significa che, sebbene anche a livello legislativo si ricono- sca l’equiparabilità del dige- stato non al refluo ma al fer- tilizzante chimico, esso rima- ne ancora sotto alla direttiva nitrati per incompletezza del- la legge. “Questo porta a si- tuazioni paradossali” affer- ma Sommariva. “Significa, in- fatti, pretendere che un im- prenditore agricolo limiti l’u- tilizzo del digestato come se fosse un refluo e completi la concimazione con fertilizzan- te chimico, sebbene egli di- sponga di azoto della stessa qualità. Significa anche do- verlo obbligare a smaltire il digestato liquido in eccesso con costi per l’azienda stes- sa”. Al contrario, sostituendo la concimazione chimica con il digestato, l’azienda agricola potrebbe tagliare entrambe queste voci di costo – smal- timento e acquisto concimi chimici. f di Maria Luisa Doldi REFLUI Diamoci un taglio! Dalla tecnologia della digestione anaerobica non solo un’alternativa alla produzione di energia da fonte fossile, ma anche all’utilizzo di fertilizzanti chimici. Come il fertilizzante chimico... anche meglio! Le proprietà fertilizzanti del digestato sono state analizzate teoricamente e sperimentalmente da parte di enti diversi in numerosi studi. I risultati confermano sempre che, sostituendolo alla concimazione chimica per le più svariate colture, si ottiene come minimo la stessa produttività, in alcuni casi una produttività maggiore. Fondamentale è però la gestione della distribuzione, passaggio delicato cui si attribuiscono fino al 60% delle emissioni ammoniacali legate al processo di concimazione. “È fondamentale applicare una gestione ottimizzata della distribuzione del digestato per evitare le perdite dell’ammoniaca in aria. Questo significa ad esempio utilizzare sistemi di fertirrigazione o interramento; significa distribuire il liquido nel momento di maggior richiesta da parte della pianta; significa coprire gli stoccaggi fino al momento della distribuzione. Si tratta comunque di pratiche ormai collaudate e conosciute, quindi alla portata delle aziende”. Ma vi è di più. Analisi condotte sulla carica batterica del digestato, confrontata con la carica batterica del refluo tale e quale, indicano chiaramente un miglioramento igienico- sanitario del digestato rispetto al refluo sia per quanto riguarda i batteri coliformi, sia per quanto riguarda i temuti clostridi, per i quali non si registra un aumento. Il passaggio del refluo nel digestore e il suo trattamento termico non solo non fanno aumentare i batteri ma li distruggono o ne inibiscono la crescita, tanto che all’uscita dal digestore la carica batterica totale è minore rispetto a quella del prodotto in entrata. Anche dal punto di vista degli odori lo spandimento di digestato comporta un minore impatto sul benessere della popolazione rispetto allo spandimento di reflui tali e quali. Ritorno al suolo I suoli italiani soffrono per una carenza di materia organica che deriva da un eccessivo sfruttamento, dovuto soprattutto a pratiche agricole di tipo industriale. Tale mancanza raggiunge in alcune zone livelli preoccupanti, dove i contenuti di materia organica sono meno dell’1%. Come spiega Beppe Croce – responsabile nazionale agricoltura di Legambiente - questo significa essere vicini a livelli di desertificazione. L’apporto al suolo della frazione solida del digestato implica un arricchimento di materia organica stabile, precursore di humus. Si chiuderebbe dunque il ciclo della materia, restituendo al terreno ciò che si è portato via con la coltivazione. Poter sostituire il refluo tale e quale con il digestato nella concimazione dei campi porterebbe dunque numerosi vantaggi sia all’azienda agricola sia all’ambiente e al benessere della comunità e costituirebbe un miglioramento rispetto a molte pratiche applicate sino ad oggi. Ma per arrivare lì bisogna dare un taglio al procrastinare e avere una legislazione adeguata in tempi utili…

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Dalla tecnologia della digestione anaerobica non solo un’alternativa alla produzione di energia da fonte fossile, ma anche all’utilizzo di fertilizzanti chimici.

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Tra le soluzioni maggior-mente premiate dal nuo-vo schema incentivi per la produzione di energia da biogas (DM 6 luglio 2012) vi sono quelle per impian-ti di piccola taglia che uti-lizzano come substrato i re-flui zootecnici. Storicamen-te, questi reflui sono sem-pre stati utilizzati tali e quali a scopi fertilizzanti, ma con il tempo essi sono divenuti per molti aspetti un proble-ma. Non solo oggi c’è (alme-no in via teorica) la diretti-va nitrati che pone dei limi-ti allo spandimento dei reflui sui campi, ma la concentra-zione della produzione zoo-tecnica e la comparsa di al-levamenti senza terra hanno portato ad un aumento nel-la quantità di reflui da smal-tire. Allo spandimento del refluo su campo non è lega-ta solo la problematica della possibile lisciviazione dell’a-zoto nel terreno, a cui la di-rettiva nitrati cerca di porre limite, ma oggi soprattutto anche le emissioni di am-moniaca in atmosfera che concorrono a peggiorare la qualità dell’aria e le even-

tuali emissioni del gas ser-ra metano derivante da un processo naturale di mine-ralizzazione del refluo.

Un’elegante soluzioneIl trattamento dei reflui nel digestore anaerobico offre un’elegante soluzione ai pro-blemi sopra indicati. Infatti, il processo che porta alla for-mazione di biogas - da cui si ottengono energia elettrica e termica o, eventualmente, dopo un processo di raffina-zione, metano da immette-re nelle reti di distribuzione – trasforma il refluo in entrata in digestato, non solo modifi-candone le componenti car-boniche, ma anche quelle azotate. Se il refluo è caratte-rizzato da un’alta percentua-le di azoto organico instabile e sensibile a processi di lisci-viazione e una minore con-centrazione di azoto ammo-niacale prontamente dispo-nibile per le piante, nel dige-stato i rapporti s’invertono e con esso l’imprenditore agri-colo dispone di una parte li-quida (circa il 90% del tota-le) ricca di azoto ammonia-cale prontamente disponi-

bile per le piante (come l’u-rea) e di una parte palabile (circa il 10% del totale), ric-ca di azoto stabile organico che apporta precursori umici al terreno. Che cosa compor-ta questo dal lato pratico? “Si-gnifica essenzialmente che si dispone di un materiale che non è più da considerare alla stregua di un refluo, ma è pa-ragonabile a un fertilizzan-te chimico quale, ad esem-pio, l’urea” afferma Flavio Sommariva, specialista SATA Agronomia e Gestione Reflui di ARAL - Associazione Regio-nale Allevatori Lombardia. In quest’ottica allora il digestato non dovrebbe più sottosta-re alla direttiva nitrati che, tra l’altro, pone dei limiti alla sua distribuzione sul campo. Ma vi è dell’altro: “Con spe-rimentazioni pratiche noi di ARAL Lombardia, unitamen-te a docenti della Facoltà di Agraria dell’Università di Mi-lano, nell’ambito del Proget-to Pilota “Valorizzazione de-gli effluenti sostenuto da Re-gione Lombardia”, abbiamo dimostrato che con una ge-stione virtuosa e ottimizzata nella distribuzione del dige-

stato è possibile raggiungere efficienze di utilizzo dell’azo-to molto elevate ovvero ben oltre il 50% contemplato dal-la direttiva nitrati” afferma Sommariva. Effettivamen-te, a livello legislativo la leg-ge 134 dell’agosto 2012 che modifica il DL 83 del giugno 2012 afferma che il digestato è equiparabile ad un fertiliz-zante chimico, ma non defi-nisce ancora “le caratteristi-che e le modalità di impiego del digestato, per quanto at-tiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai conci-mi di origine chimica”. Il che significa che, sebbene anche a livello legislativo si ricono-sca l’equiparabilità del dige-stato non al refluo ma al fer-tilizzante chimico, esso rima-ne ancora sotto alla direttiva nitrati per incompletezza del-la legge. “Questo porta a si-tuazioni paradossali” affer-ma Sommariva. “Significa, in-fatti, pretendere che un im-prenditore agricolo limiti l’u-tilizzo del digestato come se fosse un refluo e completi la concimazione con fertilizzan-te chimico, sebbene egli di-sponga di azoto della stessa qualità. Significa anche do-verlo obbligare a smaltire il digestato liquido in eccesso con costi per l’azienda stes-sa”. Al contrario, sostituendo la concimazione chimica con il digestato, l’azienda agricola potrebbe tagliare entrambe queste voci di costo – smal-timento e acquisto concimi chimici.

f di Maria Luisa Doldi

refLui

Diamoci un taglio!

Dalla tecnologia della digestione anaerobica non solo un’alternativa alla produzione di energia da fonte fossile, ma anche all’utilizzo di fertilizzanti chimici.

Come il fertilizzante chimico...anche meglio!Le proprietà fertilizzanti del digestato sono state analizzate teoricamente e sperimentalmente da parte di enti diversi in numerosi studi.

I risultati confermano sempre che, sostituendolo alla concimazione chimica per le più svariate colture, si ottiene come minimo la stessa produttività, in alcuni casi una produttività maggiore. Fondamentale è però la gestione della distribuzione, passaggio delicato cui si attribuiscono fino al 60% delle emissioni ammoniacali legate al processo di concimazione. “È fondamentale applicare una gestione ottimizzata della distribuzione del digestato per evitare le perdite dell’ammoniaca in aria. Questo significa ad esempio utilizzare sistemi di fertirrigazione o interramento; significa distribuire il liquido nel momento di maggior richiesta da parte della pianta; significa coprire gli stoccaggi fino al momento della distribuzione. Si tratta comunque di pratiche ormai collaudate e conosciute, quindi alla portata delle aziende”. Ma vi è di più. Analisi condotte sulla carica batterica del digestato, confrontata con la carica batterica del refluo tale e quale, indicano chiaramente un miglioramento igienico- sanitario del digestato rispetto al refluo sia per quanto riguarda i batteri coliformi, sia per quanto riguarda i temuti clostridi, per i quali non si registra un aumento. Il passaggio del refluo nel digestore e il suo trattamento termico non solo non fanno aumentare i batteri ma li distruggono o ne inibiscono la crescita, tanto che all’uscita dal digestore la carica batterica totale è minore rispetto a quella del prodotto in entrata. Anche dal punto di vista degli odori lo spandimento di digestato comporta un minore impatto sul benessere della popolazione rispetto allo spandimento di reflui tali e quali.

Ritorno al suoloI suoli italiani soffrono per una carenza di materia organica che deriva da un eccessivo sfruttamento, dovuto soprattutto a pratiche agricole di tipo industriale.

Tale mancanza raggiunge in alcune zone livelli preoccupanti, dove i contenuti di materia organica sono meno dell’1%. Come spiega Beppe Croce – responsabile nazionale agricoltura di Legambiente - questo significa essere vicini a livelli di desertificazione. L’apporto al suolo della frazione solida del digestato implica un arricchimento di materia organica stabile, precursore di humus. Si chiuderebbe dunque il ciclo della materia, restituendo al terreno ciò che si è portato via con la coltivazione. Poter sostituire il refluo tale e quale con il digestato nella concimazione dei campi porterebbe dunque numerosi vantaggi sia all’azienda agricola sia all’ambiente e al benessere della comunità e costituirebbe un miglioramento rispetto a molte pratiche applicate sino ad oggi. Ma per arrivare lì bisogna dare un taglio al procrastinare e avere una legislazione adeguata in tempi utili…

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