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ATLANTE DEI RETTILI DELLA PROVINCIA DI SIENA

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ATLANTE DEI RETTILIDELLA PROVINCIA DI SIENA

SISTEMA DELLE RISERVE NATURALI DELLA PROVINCIA DI SIENA

QUADERNI NATURALISTICI, 2

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Sandro Piazzini è guida ambientale escursionista e borsista presso l’Università di Siena. Svolge assistenza didattica e attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, dedicandosi alla faunistica e alla gestione della fauna toscana, con particolare riguardo a erpetofauna, lepidotterofauna e ittiofauna. Si occupa anche di divulgazione naturalistica, formazione professionale e valutazioni di impatto ambientale, per conto di enti e società pubbliche e private.

Leonardo Favilli è tecnico presso l’Università di Siena. Svolge attività di assistenza didattica e di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, occupandosi di faunistica e conservazione della fauna della Toscana, con particolare riguardo ai lepidotteri ropaloceri, ai pesci, agli anfi bi e ai rettili.

Giuseppe Manganelli è professore associato presso l’Università di Siena. Insegna Zoologia Sistematica dei Vertebrati e Zoogeografi a per i corsi di laurea della Facoltà di Scienze MFN e svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, occupandosi di molluschi non marini, paleontologia, storia delle scienze naturali e faunistica della Toscana meridionale e dell’Arcipelago Toscano.

Giovanni Cappelli è medico chirurgo presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Appassionato di fotografi a naturalistica ha collaborato all’allestimento di mostre fotografi che e alla redazione di volumi e articoli sulla fauna toscana.

Andrea Guasparri è docente presso l’Università “E-campus” di Novedrate (Como). Insegna Discipline Demoetnoantropologiche e Antropologia della Moda, rispettivamente per le Facoltà di Psicologia e Lettere. Svolge attività di ricerca in campo antropologico occupandosi di antropologia linguistica, etno-biotassonomia e selezione culturale.

ISBN: 978-88-8272-543-3

9 788882 725433

L’erpetofauna senese comprende 18 specie: 14 autoctone, tre introdotte (trachemide, geco verrucoso e tarantola muraiola) e una con status incerto (testuggine di Hermann). Alcune sono ampiamente diffuse (lucertola muraiola, ramarro occidentale, lucertola campestre, luscengola, biacco, biscia dal collare e saettone) mentre altre hanno una distribuzione più o meno ridotta, frammentaria o limitata ad alcuni settori del Senese.Sei specie sono di interesse conservazionistico. La specie più a rischio è la testuggine palustre europea: in provincia è presente un solo nucleo autoctono che ha carattere relittuale e risulta particolarmente minacciato. Per altre specie non si hanno dati per fare valutazioni sullo stato delle popolazioni e sulla loro tendenza (colubro liscio, colubro di Riccioli, cervone e biscia tassellata) o non sono note con certezza popolazioni autoctone (testuggine di Hermann). Di queste, la specie più sensibile è la biscia tassellata: questo serpente, decisamente acquatico, risente negativamente della perdita di qualità degli ecosistemi acquatici (escavazioni e lavori in alveo, distruzione delle fasce di vegetazione ripariale e litoranea, prelievo idrico, inquinamento). È assai verosimile, però, che anche altre specie, come la luscengola e il ramarro, legate ai contesti agricoli tradizionali abbiano risentito, e risentano tuttora, della semplifi cazione del paesaggio agricolo, in particolare dell’incremento delle aree coltivate a monocolture, della capillare distruzione delle siepi lungo i confi ni e della rimozione della vegetazione arbustiva e arborea lungo il reticolo idrico.Gli atlanti degli anfi bi e dei rettili della provincia di Siena hanno messo in evidenza come alcuni comprensori della Toscana meridionale abbiano un particolare signifi cato tanto da meritare di essere inclusi in una rete nazionale di aree di importanza erpetologica. Si tratta dei Monti del Chianti e del complesso Montagnola Senese, Bacino del Farma - Merse e Colline Metallifere.

The herpetofauna of Siena province includes 18 species: 14 autochthonous, three introduced (red-eared terrapin, Turkish gecko and Moorish gecko) and one of uncertain status (Hermann’s tortoise). Some species are widespread (western green lizard, common wall lizard, Italian wall lizard, three-toed skink, western whip snake, grass snake and Aesculapian snake) whereas others have a distribution that is reduced, fragmentary or limited to certain sectors of the province.Six species are of conservation concern. The European pond terrapin is the most vulnerable species: in Siena province only one particularly threatened autochthonous relict population is present. In the case of other species, there is insuffi cient data to infer their status in the province (smooth snake, southern smooth snake, four-lined snake and dice snake) or no certain autochthonous populations are known (Hermann’s tortoise). The dice snake is the most noteworthy of these species: this prevalently aquatic snake is negatively affected by loss of wet environments, including excavation and changes in river beds, destruction of belts of riparian and lacustrine vegetation, water exploitation and pollution. However, other species that depend on traditional agricultural landscapes, such as the three-toed skink and western green lizard, are probably affected by simplifi cation of these environments, especially the increase in monocultures and continuous destruction of hedges and riparian tree and shrub vegetation. Atlases of amphibians and reptiles of Siena province show that some areas of southern Tuscany have signifi cant conservation value and could merit inclusion in a national network of important herpetological areas. These areas are the Monti del Chianti and the complex consisting of Montagnola Senese, Farma-Merse basin and Colline Metallifere.

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A Folco Giusticon affetto e gratitudine

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PROVINCIA DI SIENA

Presidente SIMONE BEZZINI

Assessore alle Aree Protette ANNA MARIA BETTI

SERVIZIO RISORSE FAUNISTICHE E RISERVE NATURALI

Dirigente SERENA SIGNORINI

Responsabile Ufficio Riserve Naturali DOMITILLA NONIS

© COPYRIGHT 2010 PROVINCIA DI SIENA - AZIENDA SPECIALE ASTRA

GRAFICA E IMPAGINAZIONE

Paolo Pepi

STAMPA

Edizioni Cantagalli - Siena

Finito di stamparenel marzo 2010

CITAZIONI RACCOMANDATE

Piazzini S., Favilli L. & Manganelli G., 2010. Atlantedei Rettili della Provincia di Siena (2000-2009).Sistema delle Riserve Naturali della Provincia diSiena, Quaderni Naturalistici, 2: 112 pp.

Guasparri A., 2010. I nomi vernacolari dei rettili nelSenese. In: Piazzini S., Favilli L. & Manganelli G.,Atlante dei Rettili della Provincia di Siena (2000-2009). Sistema delle Riserve Naturali della Provinciadi Siena, Quaderni Naturalistici,, 2: 20-23.

TESTI

Sandro Piazzini, Leonardo Favilli e Giuseppe Manganelli,salvo diversa indicazioneAndrea Guasparri (pp. 20-23, “I nomi vernacolari dei ret-tili nel Senese”)

FOTOGRAFIE

Giovanni Cappelli, salvo diversa indicazioneGiuseppe Anselmi (p. 71)

DISEGNI, TABELLE E FIGURE

Sandro Piazzini, Leonardo Favilli e Giuseppe Manganelli,salvo diversa indicazione Andrea Guasparri (p. 21)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE AMBIENTALI “G. SARFATTI”Direttore ROBERTO BARGAGLI

AZIENDA SPECIALE ASTRAPresidente MARIO MENSINI

Direttore GIAMPIERO SAMMURI

Realizzato con il contributo della REGIONE TOSCANA

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ATLANTE DEI RETTILI DELLA PROVINCIA DI SIENA(2000-2009)

Sandro Piazzini, Leonardo Favilli e Giuseppe Manganelli

foto diGiovanni Cappelli

Con un contributo sui nomi vernacolari di Andrea Guasparri

SISTEMA DELLE RISERVE NATURALI DELLA PROVINCIA DI SIENA

QUADERNI NATURALISTICI, 2

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RINGRAZIAMENTI

Un sincero ringraziamento a tutti coloro che in vario modo hanno contribuito alla realizzazione di questoatlante:Helen Ampt, Barbara Anselmi, Matteo Baini, Martin Balint, Sabrina Bellucci, Andrea Benocci, FrancoBigliazzi, Giorgio Boletti, Francesco Boschetti, Lamberto Bruchi, Marco Campinoti, Carlo Castellani, AlbertoCavallaro, Daniele Cavazzoni, Guido Ceccolini, Lucia Cetoloni, Alessandro Chiarucci, Andrea Chiavacci,Sibilla Chioetto, Jacopo Corsi, Jacopo Crezzini, Baldassarre Daidone, Nunzio D’Apolito, Franco Fabrizi,Fabrizio Fanti, Flavio Frignani, Sara Landi, Stefano Loppi, Luigi Manganelli, Maurizio Marzucchi, AndreaMazzeschi, Massimo Migliorini, Mario Morellini, Riccardo Nardi, Domitilla Nonis, Andrea Petrioli, FrancescoPezzo, Monica Piazzai, Elisa Raspi, Davide Ricci, Luca Ricigliano, Franco Rossi, Pamela Rustici, ElenaSalerni, Elena Spadini, Valeriano Spadini, Martina Stolzi, Fabio Tognazzi, Fabrizio Ulivieri, EmanueleVallone, Nancy van Laarhoven, Stefano Vanni, Francesco Vigni, Beatrice Zagarese per la collaborazionenella raccolta dei dati;Emilio Balletto, Marco Bologna, Stefano Vanni, Marco Zuffi e Annie Zuiderwijk per informazioni e chiarimentirelativi a dati pubblicati per l’area senese;Mario Angiolini, Davide Bocchi, Giorgio Botarelli, Tosca Brogi, Remo Bruchi detto “Frosone”, RolandoCalastri, Antonella Daviddi, Riccardo Galleri, Ottorino Gazzarri, Vittorio Mangiavacchi, Italo Montomoli,Franco Rossi, Luciano Scali, Annito Stolzi, Valeriano Spadini per notizie su credenze e nomi vernacolari;Giuseppe Anselmi per la foto del cervone a p. 71;Alessandro Leoncini, Gabriella Piccinni, la Biblioteca della Facoltà di Scienze dell’Università di Siena e laBiblioteca dell’Accademia dei Fisiocritici per il supporto nella ricerca bibliografica.

Il nostro gruppo di lavoro continuerà nei prossimi anni la raccolta di dati faunisticidi anfibi e rettili con l’obiettivo di realizzare un atlante della Toscana meridionale.Chiunque volesse collaborare può mettersi in contatto o inviarci segnalazioni dispecie osservate nel territorio delle province di Siena, Grosseto e nella parte meri-dionale di quelle di Pisa e Livorno.

Dr. Sandro Piazzini ([email protected])Dipartimento di Scienze AmbientaliVia Mattioli 453100 Siena

Dr. Leonardo Favilli ([email protected])Dipartimento di Scienze AmbientaliVia Mattioli 453100 Siena

Prof. Giuseppe Manganelli ([email protected])Dipartimento di Scienze AmbientaliVia Mattioli 453100 Siena

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La Provincia di Siena, in risposta alla normativanazionale e regionale per la conservazionedella natura e per tutelare il proprio patrimonionaturalistico, ha istituito quattordici RiserveNaturali, di cui undici nel 1996 e tre nel 2008.Queste costituiscono un vero e proprio Sistemadi aree protette il cui scopo è quello di garan-tire e promuovere, in forma coordinata, la con-servazione e la valorizzazione dell’ambiente,del paesaggio, del patrimonio stori-co–culturale e naturalistico della provincia. Tragli obiettivi del Sistema, oltre a quello princi-pale di conservazione degli ecosistemi, cisono la promozione e l’incentivazione delleattività compatibili, la ricerca scientifica, lapromozione e l’educazione ambientale. Perportare avanti nel migliore dei modi queste

fondamentali attività la Provincia si è dotatanel 2006 dell’Azienda Speciale ASTRA(Azienda Speciale Tutela Riserve e Ambiente),che, tra le altre cose, realizza eventi e pubbli-cazioni finalizzate alla migliore conoscenzadel patrimonio naturalistico delle Riserve e delterritorio in generale: è infatti ormai chiaro chela conoscenza e la consapevolezza dei citta-dini sono fattori fondamentali per il successodelle politiche ambientali di un Paese. LaProvincia, tramite ASTRA, prosegue, dunque,nella pubblicazione dei “QuaderniNaturalistici”, di cui l’Atlante dei Rettili è ilsecondo volume, convinta che ciò rappresentiun concreto, ulteriore contributo per l’affermarsidi una cultura sempre più attenta e rispettosadell’ambiente nel quale viviamo.

L’Azienda ASTRA è stata istituita dallaProvincia di Siena nel 2006 allo scopo diesercitare attraverso di essa le funzioni rela-tive alla gestione delle Riserve Naturali, tracui la promozione, la divulgazione scientifi-ca e l’Educazione Ambientale. In questoambito ASTRA ha realizzato negli ultimi annieventi e pubblicazioni dedicati alla cono-scenza delle Riserve Naturali, proseguendoe consolidando il lavoro iniziato dallaProvincia già con l’istituzione delle primeRiserve Naturali.L’Atlante dei Rettili, curato dalla Provincia diSiena e da ASTRA in collaborazione conl’Università degli Studi di Siena, presenta irisultati di una indagine scientifica che ha inte-

ressato le Riserve Naturali in particolare, maanche il resto del territorio senese. Pur mante-nendo il rigore scientifico, la pubblicazione èaperta alla lettura di un pubblico vasto, graziea testi semplici ma esaustivi e alla ricchezza equalità del materiale iconografico.Ai contenuti scientifici, la pubblicazione affian-ca anche un interessante capitolo dedicato ainomi vernacolari utilizzati nel senese per lediverse specie di Rettili e curiosi aneddoti e“leggende” popolari su questi animali.Tutto ciò rende l’Atlante una lettura stimolanteed accessibile anche ad un pubblico non spe-cialistico ed un importante strumento per ladivulgazione della conoscenza del patrimonionaturale del nostro territorio.

Anna Maria BettiAssessore alle Aree Protette della Provincia di Siena

Mario MensiniPresidente di ASTRA

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Le Crete Senesi e, in secondo piano, il complesso vulcanico del Monte Amiata.

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Il territorio senese è tra le aree italiane più ric-che di biodiversità e il Sistema delle RiserveNaturali della Provincia di Siena è stato istituitoproprio per conservare parte di questa biodi-versità e contribuire in maniera sostanziale allasalute ecologica di tutto il territorio provinciale.La distribuzione delle quattordici RiserveNaturali nel territorio senese riflette infatti ladiversità degli ambienti compresi nei confiniprovinciali, che spaziano dai rilievi del MonteAmiata ai Monti del Chianti, dalle valli delFiume Merse e del Torrente Farma alla Vald’Orcia e alla Val di Chiana. La grande diver-sità di ambienti si esprime, a sua volta, in unagrande diversità di specie: all’interno deglioltre novemila ettari che costituiscono ilSistema sono presenti, tra le specie di interes-se conservazionistico a livello comunitario,nazionale e regionale, più di 150 specie fau-nistiche, oltre 70 specie floristiche e ben 20tipologie vegetazionali.La legge regionale 49/95 “Norme sui parchi,le riserve naturali e le aree naturali protette diinteresse locale” definisce le Riserve Naturalicome territori che, per la presenza di partico-lari specie di fauna o di flora, o particolariecosistemi naturalisticamente rilevanti, devonoessere organizzati in modo da conservarel’ambiente nella sua integrità. È evidente,soprattutto nel caso di specie animali, che que-ste aree da sole non possono bastare a garan-tire la conservazione della biodiversità a livel-lo provinciale, anche per l’entità della superfi-cie protetta (poco più del 2% del territorio pro-vinciale) e per la sua frammentazione (la super-ficie delle singole Riserve varia da un massimodi 2.000 ettari a un minimo di 69 ettari).L’obiettivo a lungo termine che la Provincia el’Azienda ASTRA si prefiggono di raggiungereinsieme e per il quale lavorano già da diversianni è quello di organizzare e gestire le Riservesecondo una “rete funzionale”, comprensiva

dei necessari elementi di connessione con i Sitidi Importanza Regionale (L.R. 56/2000) e conle altre tipologie di aree protette, integrata allapianificazione e gestione del restante territorioin funzione di un uso sostenibile delle risorse.Elemento fondamentale di questo percorso è laconoscenza della biodiversità nel suo complesso,delle singole specie, della distribuzione e dinami-ca delle popolazione presenti e dei processi natu-rali che fanno parte della loro evoluzione.Per questo motivo la ricerca scientifica figura trale finalità principali del Sistema delle RiserveNaturali della Provincia di Siena ed in questosenso l’Ufficio Riserve Naturali opera da anni incollaborazione con diverse Università, Istituti diRicerca, singoli ricercatori e, dal 2006, ancheattraverso l’Azienda Speciale ASTRA, che realiz-za pubblicazioni ed eventi finalizzati all’informa-zione e alla divulgazione dei valori ambientali.L’Atlante dei Rettili della provincia di Sienanasce dalla collaborazione fra l’Ufficio,l’Azienda ASTRA e il Dipartimento di ScienzeAmbientali dell’Università di Siena, per la volon-tà congiunta di studiare la distribuzione e lostato di salute di un gruppo faunistico ancorapoco indagato e di far conoscere le specie pre-senti sul territorio provinciale, gli aspetti piùimportanti della loro ecologia e le principali pro-blematiche legate alla loro conservazione attra-verso la divulgazione dei risultati degli studi edelle ricerche svolte negli ultimi anni. I dati rela-tivi alle specie presenti nelle Riserve Naturaliderivano dai risultati del progetto di ricerca “IRettili delle Riserve Naturali: le emergenze fau-nistiche presenti e le linee guida per la loro con-servazione e gestione” iniziato nel 2007.Con l’Atlante dei Rettili prosegue la collana“Quaderni Naturalistici” con la quale l’UfficioRiserve Naturali e l’Azienda Speciale ASTRAintendono far conoscere in modo approfonditoe scientificamente corretto il territorio dellaProvincia di Siena.

Giampiero Sammuri Direttore dell’Azienda Speciale ASTRA

Domitilla NonisResponsabile Ufficio Riserve Naturali

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I Monti del Chianti nei dintorni di Gaiole.

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SOMMARIO

Introduzione 11

Materiali e Metodi 13

I rettili del Senese 18

I nomi vernacolari dei rettili nel Senese 20

Testuggine palustre europea 24

Trachemide 29

Testuggine di Hermann 33

Geco verrucoso 38

Tarantola muraiola 41

Orbettino 45

Ramarro occidentale 49

Lucertola muraiola 53

Lucertola campestre 57

Luscengola 61

Colubro liscio 64

Colubro di Riccioli 67

Cervone 71

Biacco 75

Biscia dal collare 79

Biscia tassellata 83

Saettone 87

Vipera 91

Considerazioni conclusive 96

Appendice: dati esclusi 103

Bibliografia 105

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Le Crete Senesi occupano gran parte dell’area centrale della provincia di Siena.

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Secondo un approccio tradizionale, i Rettilicostituiscono una classe di vertebrati terrestrisuddivisa in quattro ordini (Testudinati: testug-gini e tartarughe; Rincocefali: tuatara;Squamati: lucertole, serpenti e anfisbene;Crocodili: coccodrilli, alligatori e caimani) ecomprendenti più di 8.100 specie, una cin-quantina delle quali viventi in Italia.A parte l’Antartide, i rettili sono diffusi in tutti icontinenti (anche se più diversificati e nume-rosi nelle regioni tropicali e temperate), occu-pano tutte le nicchie ecologiche e si colloca-no spesso ai livelli più alti delle reti trofiche,tanto negli ecosistemi terrestri che in quelliacquatici (Pough et al., 2004; The TigrReptile Database, 2009).L’International Union for Conservation ofNature and Natural Resources ha stimato che22 specie di questo gruppo di vertebrati sisono estinte dal ’600 a oggi, 423 sonominacciate e 126 sono prossime a esserlo(IUCN, 2009). In Italia 15 specie, corrispon-denti a circa il 30 % di quelle presenti, sonoritenute minacciate o prossime a esserlo(IUCN, 2009), mentre un numero maggioredi entità è compreso nelle varie normative (es.Direttiva 92/43/CEE; leggi regionali) e/oListe Rosse (Bulgarini et al., 1998; SHI,2007) aventi per oggetto la tutela dellafauna.Il declino globale dei rettili è dovuto soprat-tutto all’alterazione e alla distruzione di habi-tat, al prelievo da parte dell’uomo (per ali-mentazione, terraristica, medicina, pellette-ria, ecc.), all’introduzione di specie aliene,all’inquinamento e alla persecuzione direttain quanto considerati pericolosi e nocivi(Pough et al., 2004; Cox et al., 2006;Barret & Guyer, 2008; Coleman et al.,

2008; Da Nobrega Alves et al., 2008;Gryz & Krauze, 2008; IUCN, 2009; Ribeiroet al., 2009; Tortoise Trust, 2009).La Provincia di Siena, nel contesto della col-laborazione in atto da molti anni con ilDipartimento di Scienze Ambientalidell’Università di Siena, ha incaricato gliautori di compiere un’indagine sullo stato diquesto gruppo di animali nel territorio provin-ciale. Sull’erpetofauna senese è stato, infatti,pubblicato davvero ben poco: i lavori piùsignificativi sono rappresentati da liste fauni-stiche (Zuiderwijk & Schoorl, 1988; Favilli &Manganelli, 2001) oppure da monografiesulla distribuzione di singole entità (Bruno,1966; Vanni, 1983) e di entità rare o pococonosciute in Toscana meridionale (Favilli etal., 2002). Le informazioni più esaustive eaggiornate derivano dai risultati di alcuni pro-getti atlante, come le due edizioni del pro-getto Checklist e distribuzione della fauna ita-liana (SHI, 2005, 2007), l’Atlante degliAnfibi e dei Rettili d’Italia (Sindaco et al.,2006) e l’Atlante degli Anfibi e dei Rettilidella Toscana (Vanni & Nistri, 2006).Tuttavia, nonostante questi repertori, le cono-scenze rimangono piuttosto lacunose, a parti-re dalla stessa distribuzione, come ben evi-denziato dalla scarsa copertura realizzatada molte entità comuni.I risultati di questa indagine vedono la lucesotto forma di atlante che, con l’intento dioffrire un quadro completo e aggiornato del-l’erpetofauna senese, raccoglie i risultati didieci anni di campionamenti (2000-2009) efa seguito all’Atlante degli Anfibi della pro-vincia di Siena sempre curato dal nostrogruppo di ricerca (Piazzini et al., 2005).

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INTRODUZIONE

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Il Fiume Ombrone nei pressi della Riserva Naturale Il Bogatto.

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Area di studioL’area di studio coincide con la provincia diSiena e piccole porzioni appartenenti alle pro-vince limitrofe. Per una descrizione più detta-gliata di questo territorio si rimanda a quantoè scritto nell’Atlante degli Anfibi della provinciadi Siena (Piazzini et al., 2005).Il comprensorio senese copre una superficie di3821 kmq ed è, per la maggior parte, carat-terizzato da rilievi collinari con altitudini mediecomprese fra 200 e 500 m. Le principali areea carattere montuoso (Monti del Chianti,Poggio del Comune, Montagnola Senese,Colline Metallifere, alta Val di Merse, PoggioCivitella e Monte Amiata) bordano l’interomargine settentrionale e sud-occidentale; learee collinari e pianeggianti (Crete Senesi,Crete della Val d’Orcia e Val di Chiana) occu-pano il settore centrale e sud-orientale, percor-so dalla dorsale Rapolano - Monte Cetona(per maggiori dettagli sulla geomorfologia,vedi: Lazzarotto, 1993a, 1993b; Lazzarotto& Pascucci, 1998).La provincia di Siena è interessata dai baciniidrografici dei fiumi Ombrone, Elsa, Pesa,Cecina, Paglia e dal Canale Maestro dellaChiana. Pochi i laghi naturali, i più importantidei quali sono il Lago di Chiusi e il Lago diMontepulciano che rappresentano ciò cherimane di un ben più vasto bacino palustre, untempo esteso su gran parte della Val diChiana. Due bacini minori, di origine carsica,sono il Lago Scuro e il Lago di Sant’Antonio(Lago Chiaro), localizzati tra Monteriggioni eColle di Val d’Elsa (per ulteriori dettagli sull’i-drografia, vedi: Fratini et al., 1991;Barazzuoli & Salleolini, 1993; Auteri et al.,1995).Il clima rientra nel quadro climatico generale

della Regione Tirrenica. Quindi è di tipoMediterraneo, caratterizzato da estati calde esecche e da inverni umidi e miti. La lontanan-za dal mare e l’altitudine costituiscono gli unicifattori che determinano differenze climatichelocali (per maggiori dettagli sulla climatologia,vedi: Barazzuoli et al., 1993).Delle quattro fasce fitoclimatiche riconoscibilinella vegetazione della Toscana meridionale(una fascia costiera costituita da latifoglie sem-preverdi mediterranee; una fascia collinarefino ai 600 m, formata prevalentemente dalatifoglie decidue termofile; una fascia sub-montana dai 600 m ai 1100 m, costituita dalatifoglie decidue mesofile; una fascia monta-na che si estende oltre i 1100 m, formata dalatifoglie subatlantiche) quelle più diffuse sonole due relative alla fascia collinare e a quellasubmontana. L’aspetto vegetazionale più evo-luto è costituito dal bosco, la cui struttura variain funzione di numerosi fattori, quali la naturadel substrato, il tipo di suolo, l’esistenza di con-dizioni climatiche particolari e, non ultima,l’attività dell’uomo. Si riconoscono così boschia leccio (Quercus ilex), boschi a roverella(Quercus pubescens), boschi a cerro (Quercuscerris) e boschi a faggio (Fagus sylvatica). Iboschi di leccio si estendono alle quote piùbasse e sono composti fondamentalmente dalleccio e dal corbezzolo (Arbutus unedo), dallalentaggine (Viburnum tinus), dallo stracciabra-che (Smilax aspera) e dal lillatro (Phillyrea lati-folia). I boschi di roverella sono caratterizzati,oltreché da questa quercia semidecidua, dallapresenza di altre specie arboree quali il cerro,l’orniello (Fraxinus ornus), il carpino nero(Ostrya carpinifolia), il testucchio (Acer cam-pestre) e da specie arbustive, quali il corniolo(Cornus mas), il sanguinello (Cornus sangui-

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MATERIALI E METODI

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nea), il ginepro (Juniperus communis), il pru-gnolo (Prunus spinosa), il ligustro (Ligustrum vul-gare) e l’agazzino (Pyracantha coccinea). Iquerceti a roverella si estendono su gran partedel Chianti, sulla Montagnola Senese, nellaparte occidentale della Val di Farma, sulleColline Metallifere e nelle Crete Senesi. Iboschi di cerro vegetano su terreni silicei e,oltre alla specie dominante, presentano ancheil ciavardello (Sorbus torminalis), il leccio,l’orniello, ecc. Il piano arbustivo è meno foltorispetto a quello del querceto a roverella ed ècostituito prevalentemente dalle eriche (Ericascoparia ed Erica arborea) e dalla ginestra deicarbonai (Cytisus scoparius). A quote superiori

agli 800 m si ritrovano boschi a prevalenza difaggio e abete bianco (Abies alba), localizza-ti esclusivamente sul Monte Amiata.L’uomo nel corso dei secoli ha profondamentealterato la vegetazione naturale, tagliando iboschi per recuperare terreni da assoggettarea coltura o a pascolo e rimboschendo estesesuperfici con conifere estranee alla flora loca-le. Alcune essenze arboree, come il castagno,sono state diffuse per l’importanza economicache ricoprivano. In conseguenza di ciò le areeche ancora oggi presentano vegetazione natu-rale non intaccata dall’intervento antropicosono pressoché assenti. Quello che risulta è,piuttosto, un paesaggio composito, costituito

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Reticolato UTM dei quadrati di 10 km di lato che interessa la provincia di Siena. Il territorio senese occupa 60 qua-drati, ma ai fini del presente lavoro sono stati considerati i 52 quadrati identificati dalle coordinate di riferimento.

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da un mosaico di vegetazione preesistente, distadi di degradazione di questa e di vegeta-zione diffusa in modo più o meno diretto dal-l’azione dell’uomo.In provincia di Siena si rinvengono anche este-se aree coltivate e pascolate. Le aree coltivatedi maggiore estensione si trovano nelle CreteSenesi, nella Val d’Orcia, nella Val di Chiana,dove prevalgono le colture cerealicole, e nellezone meno elevate del Chianti, dove vengonocoltivati la vite e l’olivo. Seminativi irrigui sonopresenti soprattutto lungo le maggiori piane flu-viali mentre i pascoli ricoprono estensioni deci-samente minori e sono quasi esclusivamentelimitati alla Valle del Paglia e alle Crete Senesi.Per maggiori informazioni sulla vegetazionedella provincia di Siena, vedi: De Dominicis(1993) e De Dominicis & Angiolini (1998).

Base cartograficaPer illustrare la distribuzione di ciascuna specieè stato usato il metodo cartografico (Zunino &Zullini, 1995), utilizzando il reticolato UTMdei quadrati di 10 km di lato (reticolato delle“particelle nazionali”), scelto come base stan-dard per la realizzazione degli atlanti faunisti-ci nazionali in Europa (Heath & Leclercq,1969; Leclercq & Verstraeten, 1979;Distefano, 1985, 1986; Ruffo & Stoch,2005, 2007). Nel sistema cartografico inter-nazionale UTM (abbreviazione di “UniversalTransverse Mercator”), la superficie terrestre(per la precisione, la superficie compresa fra80° di latitudine nord e 80° di latitudine sud)viene suddivisa in 60 fusi, ciascuno conampiezza di 6° in longitudine, i quali vengo-no numerati da 1 a 60 a partire dall’antimeri-diano di Greenwich spostandosi da W versoE, e in 20 fasce con ampiezza di 8° in latitu-dine, ciascuna indicata con una lettera maiu-scola dell’alfabeto. Dall’intersezione dellefasce con i fusi vengono a individuarsi com-plessivamente 1200 maglie principali di

forma trapezoidale, dette zone, che risultano,pertanto, designate dal numero del fuso edalla lettera della fascia. L’Italia appartiene aifusi 32, 33 e 34 (quest’ultimo interessa soltan-to una porzione della Penisola Salentina) ed ècompresa nelle fasce T e S. Le zone, a lorovolta, utilizzando come elemento di riferimentoil meridiano centrale di ciascun fuso, vengonosuddivise in quadrati di 100 km di lato (dettemaglie fondamentali), indicati con due letteremaiuscole, la prima delle quali si riferisce allacolonna e la seconda alla riga di appartenen-za.L’impiego del sistema UTM nella cartografiabiogeografica deriva dalla possibilità di utiliz-zare i reticolati ottenuti dalle ulteriori suddivi-sioni delle maglie fondamentali, secondomaglie quadrate di diverse dimensioni.Distefano (1985, 1986) propose di chiamaregenericamente “particelle” le maglie quadratedi dimensioni inferiori a 100 km di lato e piùprecisamente “particelle europee”, se di 50km di lato; “particelle nazionali”, se di 10 kmdi lato; “particelle regionali”, se di 5 km dilato; “particelle provinciali”, se di 2,5 km dilato; “particelle comunali”, se di 1 km di lato;“particelle locali”, se di 0,5 km di lato.Ogni particella nazionale è identificata dallecoordinate della zona, dalla coppia di lettereche individua il quadrato di 100 km di lato,seguita da due numeri che indicano rispettiva-mente le coordinate est e nord, in decine dichilometri, del vertice sud-occidentale dellaparticella (es. 32TPP80, 32TPN99, ecc.). Alfine di semplificare, tali particelle sono statesemplicemente definite “quadrati”, anche se iltermine non è sempre propriamente corretto, inquanto nelle zone di compensazione le parti-celle hanno forma di poligoni irregolari; nellaloro identificazione saranno, inoltre, omesse lecoordinate della zona (“32T”).Il territorio della provincia di Siena interessa60 quadrati; di questi, 23 comprendono inte-

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ramente, o pressoché interamente, territoriosenese, mentre gli altri 37 anche porzioni diterritorio delle province limitrofe (Firenze, Pisa,Grosseto, Arezzo, Perugia, Terni e Viterbo). Aifini del presente lavoro sono stati considerati52 quadrati (PN58, PN67-69, PN77-79,PN87-89, PN96-99, PP51, PP60-62, PP70-71, PP80-82, PP90-92, QN06-09, QN14-19, QN24-29, QN34-38, QN46-47,QP00-01, QP10). I quadrati di confine sonostati campionati sia nella frazione di territoriosenese, sia nella frazione di territorio apparte-nente ad altre province (o altre regioni).Nella base cartografica utilizzata, il fuso 32 èstato esteso verso est in modo tale che le par-ticelle ricadenti nella zona di compensazionetra i fusi 32 e 33 avessero forma quadrata(così facendo i due quadrati della zona dicompensazione presi in considerazione -QN46 e QN47 - comprendono all’incircaanche la superficie occupata dai quadratiTH56 e TH57).

Campionamento e coperturaAffinché l'atlante rifletta la situazione attualesono stati presi in considerazione solo i datiraccolti nell’ultimo decennio (cioè tra il 2000e il 2009); tuttavia, nel caso di quadrati sco-perti, sono stati presi in considerazione anche

dati rilevati nel decennio precedente (cioè rac-colti tra il 1990 e il 1999).Le unità di rilevamento (“quadrati”, vedi: Basecartografica) sono state visitate più volte, ispe-zionando tutte le tipologie ambientali presential loro interno al fine di rilevare il maggiornumero di specie possibile. I campionamentisono stati effettuati nell’arco dell’intero anno,con una diminuzione delle uscite nei mesiinvernali, durante i quali la maggior partedelle specie rimane quiescente.Ogni località in cui è stata accertata la pre-senza di almeno una specie è stata georefe-renziata e rilevata dal punto di vista ambien-tale. La georeferenziazione è stata fatta utiliz-zando un GPS portatile e successivamentecontrollata nella Carta Topografica Regionale(Scala 1:25.000, Edizione 1a, anno 1980)della Toscana con reticolato chilometrico nellaproiezione conforme UTM (ED 1950 - Fuso32). Le tipologie ambientali sono state definiteprendendo come base di riferimento la Cartadell’Uso del Suolo della Regione Toscana inscala 1:25.000 (Tabella 1).Tutti gli animali catturati sono stati trattati conla massima attenzione e, una volta determina-ti, sono stati immediatamente rilasciati. Perogni specie rilevata è stato annotato il tipo direperto e il numero di individui osservati, que-

Tabella 1. Descrizione delle tipologie ambientali utilizzate nel contesto dell’Atlante.

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st’ultimo con le categorie semi-quantitative uti-lizzate per la realizzazione dell’atlante erpe-tologico toscano.Gli esemplari trovati morti, se in buone condi-zioni, sono stati raccolti e, dopo apposito fis-saggio (in alcool a 75°), conservati nella col-lezione dell’Unità di Ricerca “Faunistica eZoogeografia” del Dipartimento di ScienzeAmbientali dell’Università degli Studi di Siena.Nel caso di quadrati scoperti sono stati presiin considerazione dati di letteratura, utilizzan-do però soltanto segnalazioni georeferenzia-bili con un adeguato margine di sicurezza esuccessive al 1989. Sono stati, quindi, esclu-si dati riferiti a località generiche (come “Valdi Farma”, “Monte Amiata”, e così via) anchese è stato fatto il possibile per rintracciare lepersone responsabili delle segnalazioni inmodo tale da poter recuperare i dettaglinecessari.Tutti i dati rilevati, sia di letteratura che origi-nali, sono stati inseriti nel Database “FaunaToscana” gestito dal nostro gruppo di ricerca.

Tassonomia, nomenclatura e identificazioneLa tassonomia e la nomenclatura scientificaseguono l’Atlante degli Anfibi e dei Rettilid’Italia (Sindaco et al., 2006), eccetto che nelcaso di Podarcis, il quale viene consideratosostantivo maschile in accordo con quantosostenuto da Bohme & Köhler (2005).I nomi italiani sono in genere quelli proposti daRazzetti et al. (2001); tuttavia, per sette specie(testuggine palustre dalle orecchie rosse, geco

comune, luscengola comune, saettone comu-ne, natrice dal collare, natrice tassellata evipera comune) sono stati preferiti nomi alter-nativi (trachemide, tarantola muraiola, luscen-gola, saettone, biscia dal collare, biscia tas-sellata e vipera). Nel caso della testugginepalustre dalle orecchie rosse ciò è dovuto alfatto che il nome proposto è troppo lungo,mentre in quello delle natrici perché il nomebiscia è più usato. Per quanto riguarda infinegli altri casi, quelli in cui è impiegatol’aggettivo “comune”, perché l’uso di questoaggettivo, ampiamente utilizzato per denotarelo status di una specie, rischia di creare appa-renti controsensi, come “il saettone comune èmolto raro”, oppure apparenti ripetizioni, deltipo “la luscengola comune è molto comune”.Tale aggettivo è stato, pertanto, eliminato. Tral’altro, anche se frequente nei nomi italiani, ilsuo uso non è universale: cf. ad esempio inomi “poiana” e “storno”, tra gli uccelli(Brichetti & Fracasso, 2002; Hayman &Hume, 2003; Fracasso et al., 2009), oppure“cervo”, “volpe” e “scoiattolo” tra i mammiferi(Corbet & Ovenden, 1985; Spagnesi & Toso,1999).Tutte le specie presenti nel Senese sono deter-minabili sul campo senza particolari difficoltà.Coloro che fossero interessati a descrizione ediagnosi delle singole entità possono consulta-re A Field guide to the Reptiles andAmphibians of Britain and Europe (Arnold &Ovenden, 2002) e l’Atlante degli Anfibi e deiRettili della Toscana (Vanni & Nistri, 2006).

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Le specie di rettili accertate sono 18, unadelle quali, la trachemide, alloctona (sonoalloctone, o aliene, quelle specie presenti inaree geografiche non comprese nella distribu-zione originaria, dove sono arrivate in segui-to all’intervento, involontario o deliberato, del-l’uomo).Le 17 specie autoctone rappresentano quasil’intera erpetofauna toscana: manca, infatti,all’appello soltanto il tarantolino, Eulepteseuropaea (Gené, 1839), una specie tirrenicapresente lungo la costa e nell‘ArcipelagoToscano. Tuttavia, tre di queste specie sonotransfaunate (la tarantola muraiola e il gecoverrucoso) o probabilmente transfaunate (latestuggine di Hermann) (sono transfaunatequelle specie presenti in settori di un’areageografica non inclusi nella distribuzione ori-ginaria, dove sono arrivate in seguito all’in-tervento, involontario o deliberato, dell’uomo).Nelle schede che seguono, il testo relativo aciascuna specie è articolato in sei paragrafi.I primi tre (“Tassonomia”, “Distribuzione”,“Ecologia e biologia”) forniscono informa-zioni generali, gli altri (“Distribuzione, ecolo-gia e biologia in provincia di Siena”,“Conservazione in provincia di Siena” e“Rapporti con l’uomo in provincia di Siena”)informazioni relative all’area indagata, sullabase di quanto esclusivamente rilevato nelperiodo 1990-2009.La distribuzione globale delle specie è sinte-

tizzata con i corotipi proposti da VignaTaglianti et al. (1993) mentre la distribuzio-ne locale è evidenziata, sui quadrati dellabase cartografica, con un simbolo di colorediverso (nero: dati originali raccolti neglianni 2000-2009; arancio e nero: datibibliografici relativi a campionamenti effet-tuati negli anni 2000-2009; blu: dati origi-nali raccolti negli anni 1990-1999; arancioe blu: dati bibliografici relativi a campiona-menti effettuati negli anni 1990-1999).Ciascuna specie, infine, è illustrata con unaserie più o meno numerosa di immagini, tutterealizzate con esemplari della Toscana meri-dionale.Per i dati originali è specificato il numero disiti e di record su cui è basata la copertura(per “sito” si intende una località, per “record”si intende una segnalazione; il numero deirecord può essere uguale o superiore al nume-ro dei siti, in quanto un sito può essere statorilevato una o più volte). Per tutti i dati biblio-grafici è riportato sempre il relativo riferimen-to. Per completezza, è fornito a parte anchel’elenco dei dati di letteratura non utilizzati(Appendice “Dati esclusi”).In aggiunta alla distribuzione sul territorio pro-vinciale è fornita, per ciascuna specie, ladistribuzione nei Siti di ImportanzaRegionale (SIR) e nelle Riserve Naturali (RN)sulla base di quanto rilevato nel periodo2000-2009.

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I RETTILI DEL SENESE

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1: Castelvecchio, 2: Monti del Chianti, 3: Montagnola Senese,4: Crete di Camposodo e Crete di Leonina, 5: Alta Val diMerse, 6: Cornate e Fosini, 7: Val di Farma, 8: Basso Merse,9: Monte Oliveto Maggiore e Crete di Asciano, 10: Lago diMontepulciano, 11: Basso corso del Fiume Orcia, 12: Ripad’Orcia, 13: Crete dell’Orcia e del Formone, 14:Lucciolabella, 15: Lago di Chiusi, 16: Cono vulcanico delMonte Amiata, 17: Podere Moro - Fosso Pagliola, 18: MonteCetona, 19: Foreste del Siele e Pigelleto di Piancastagnaio.

1: Castelvecchio, 2: Bosco di Sant’Agnese, 3: Alto Merse, 4:Cornate e Fosini, 5: La Pietra, 6: Farma, 7: Basso Merse, 8: IlBogatto, 9: Ripa d’Orcia, 10: Lucciola Bella, 11:Pietraporciana, 12: Lago di Montepulciano, 13: Cretedell’Orcia, 14: Pigelleto.

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Le nomenclature vernacolari degli animali sonocaratterizzate dal fatto di utilizzare terminidescrittivi che riassumono uno o più tratti fenoti-pici degli organismi. Gli etnobiologi, ovvero glistudiosi di tassonomie e nomenclature vernaco-lari nelle diverse società umane, non hannoavuto difficoltà nel mostrare come i nomi volga-ri degli organismi tendano in generale alladescrittività. Ogni volta che riescono a rintrac-ciarla parlano di “tassonimi secondari”, ovverotermini descrittivi in cui il tratto selezionato comedistintivo dell’organismo da classificare (“vinco-lo referenziale”) è “congelato”, per così dire,nel suo nome vernacolare. Ciò avviene in lineadi massima istituendo una somiglianza analogi-ca tra l’organismo da identificare e un qualcosache conosciamo già (Guasparri, 2004).Questa descrittività ci permette di analizzare lenomenclature vernacolari di culture diverse nonsolo nello spazio ma anche nel tempo. Ad esem-pio, secondo gli antichi Greci, è la forma delcorpo a caratterizzare le balene (Frisk, 1960). Ilrisultato è che in greco antico la balena è chia-mata phállaina, un nome derivato da phallós‘membro virile’ (Guasparri, 2004). L’esempio diphállaina ci dimostra che anche il nostro balena,apparentemente un nome la cui morfologia nonè ricostruibile se si considera solo l’italiano, è inrealtà un nome descrittivo se lo si legge come unesito successivo del greco antico phállaina (fil-trato, nel caso specifico, dall’illirico e quindi pas-sato in latino). Così, in teoria, si potrebbe odovrebbe cercare di rintracciare la descrittività inogni termine vernacolare, ripercorrendo, all’in-dietro nel tempo, la storia di una parola.È ciò che possiamo e dobbiamo fare anche peri nomi vernacolari dei rettili nel territorio senese,quelli che ci accingiamo appunto ad esaminare,

iniziando dai sauri. Il ramarro (Lacerta bilineata)è sicuramente quello che presenta una maggio-re varietà di denominazioni, queste ultime rag-gruppabili in due grandi insiemi (Giannoni,1995; Wrobel, 2004). Il primo è rappresentatodalle forme riconducibili a quella entrata nell’ita-liano standard ramàrro, diffuso sia come tale,sia con varianti quali zamàrro, lamàrro (entram-be in Val d’Elsa), amàrro (Val d’Elsa, CollineMetallifere, Val d’Arbia, Val di Merse) e ramàro(Chianti) mentre il secondo è costituito dallaforma ràcano [ráhano] e dalla sua varianteràgano, con una distribuzione in provincia piùcircoscritta rispetto alle forme dell’altro gruppo.La forma ramàrro, che è stata molto discussa sulpiano etimologico, è certamente esito successi-vo da un latino non attestato *ramarius, un deri-vato dal tema ramo- ‘ramo’ più il suffisso assaiproduttivo –ario usato per indicare generica atti-nenza oppure professione (cfr. calamarius esagittarius, ecc.). Il passaggio da -ario ad -arronon è isolato, benché non così frequente nellevarianti linguistiche italiane (Flechia, 1887, cita-va il napoletano somarro, dal latino somarius, oFicarra, dal latino ficaria, su cui potrebberoaver influito delle forme iberiche). L’altra possibi-lità chiamata in causa dai linguisti è la connes-sione di ramarro con rame, il metallo (cfr. il lati-no tardo aeramen) (Walde & Hofmann, 1965).Anche in questo caso la plausibilità morfologicaè fatta salva, essendo attestato in toscano underivato con il suffisso –ario che ha prodotto–aio (ramàio), una variante del quale (ramàro) èappunto identica alla forma registrata nelChianti. Sul piano del vincolo referenziale que-st’ipotesi non è certo da scartare. Essa poggiasul colore verde in quanto vincolo referenzialesaliente a livello etnobiologico (cfr. un’altra

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I NOMI VERNACOLARI DEI RETTILII NEL SENESE

Andrea GuasparriFacoltà di Psicologia, Università degli studi “E-campus”Via Isimbardi 10, Novedrate (Como)

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denominazione italiana del ramarro diffusaanche in Toscana ma non nel senese - come ver-done). L’ipotesi, che risale a Mahn (1855) eassocia il colore del rettile a quello tipico delrame ossidato, sembra trovare significativa con-ferma nel nome verderame attestato per il ramar-ro in Lunigiana (Giacomelli, 2001).Per l’ipotesi di derivazione da ramo-, il vincolo refe-renziale troverebbe invece conferma nelle abitudi-ni parzialmente arboricole del sauro, che in effettisi arrampica sui rami degli arbusti e degli alberi piùbassi. Sta di fatto che la colorazione del ramarrosembra tale da rendere questo comportamentonon facilmente osservabile a livello etnobiologico,o almeno non in misura sufficiente da renderlo trat-to selezionabile per una denominazione.Quanto alle varianti amàrro e lamàrro, non èdifficile postularne l’origine, la stessa che hadato in toscano apis accanto al dotto lapis (ilsintagma il ramarro che, invece del più fre-quente [irramárro], diviene [illamárro] per assi-milazione perseverativa delle due liquide adia-centi ed è poi reinterpretato come il lamarro,quest’ultimo a sua volta sentito come l’amarro).Anche l’altro tipo attestato in Toscana comenome vernacolare ha fatto scorrere fiumid’inchiostro. Si tratta della forma ràcano [ráha-no] e della sua variante ràgano. Quella pre-sente nel sud del senese è in realtà l’ultima pro-paggine settentrionale di un nome vernacolaredel ramarro diffuso in una fascia dell’Italia cen-tro-meridionale che si estende fino allaCampania e alla Puglia settentrionali e che,

secondo Bertoni, “ricorda abbastanza davvici-no i limiti settentrionali delle popolazioni italiche[...] prima della conquista romana” (Bertoni,1913). Per questo secondo tipo le cose sulpiano etimologico sono molto più lineari. Comegià visto (Guasparri, 2005), la forma ràca-na/ràgana usata per la raganella andava pro-babilmente ricondotta ad una radice onomato-peica *rak-, la stessa presente nel latino racca-re ‘ruggire’, ‘sputare’, ed in raucus ‘rauco’ (non-ché in rana, forse da *racna). La sola differen-za rispetto a ràcano/ràgano è naturalmente ditipo flessivo (ma in realtà ridenominativo) nelpassaggio dal nome femminile a quello maschi-le. Gli studiosi che si sono occupati del proble-ma hanno pensato a racano come ad una tra-sposizione di racana (con cambio di genere)legata, di nuovo, al colore verde di entrambi glianimali (Cortelazzo et al., 1999).Più semplice motivare i nomi degli altri sauriviventi nel nostro territorio. La lucertola muraiola(Podarcis muralis) e la lucertola campestre(Podarcis siculus) sono ovunque lucèrtola, esitosuccessivo del latino lacerta ‘lucertola’ più il suf-fisso –ul(a). Del nome, diffuso nella penisola edentrato nell’italiano standard, si può dire qual-cosa solo a livello della radice lek-, la cuisemantica è collegata al significato ‘scattare’.La luscengola (Chalcides chalcides) e l’orbettino(Anguis fragilis) appaiono nella nostra zonaindifferentemente come lucìgnola (Val d’Elsa,Colline Metallifere e Chianti) e lucìgnolo(Crete, Val di Paglia, Val d’Orcia e Val di

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Distribuzione nel senese dei nomi vernacolari associati al ramarro secondo l’Atlante Lessicale Toscano(Giacomelli, 2001).

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Chiana). Anche in questo caso la descrittivitàdel nome è fatta salva grazie ad una trasposi-zione, cioè al passaggio senza modificazionidi un nome da un ambito semantico all’altro(“metafora lessicalizzata”), sempre per la giàricordata somiglianza analogica tra organismoda identificare e qualcosa che conosciamo già.Lucìgnolo è propriamente il nome toscano dellostoppino ‘treccia di fili che sta nell’olio dellalucerna per alimentarne la fiamma’: l’orbettino,descritto dagli informatori come “piccola serpedi terra, di colore scuro”, si dev’essere prestatobene all’analogia, così come la luscengola.Quanto a lucìgnola, non si può parlare di tra-sposizione in senso stretto e l’apparente pas-saggio di genere (da maschile a femminile) saràin realtà di tipo ridenominativo; infatti, dal datoetnografico, non risulta che la luscengola siaconsiderata la femmina dell’orbettino (o vicever-sa). La somiglianza tra i due referenti è comun-que più che sufficiente per spiegare la variante.Veniamo adesso ai nomi vernacolari dei ser-penti. La vipera (Vipera aspis) è ovunque vìpe-ra, nome latino che viene giustamente ricondot-to alla viviparità del rettile (dal composto*vi(vi)pera, letteralmente ‘che partorisce vivo’),una caratteristica ampiamente registrata anchenelle fonti biologiche antiche (cfr. Aristotele,Hist. An. 558a, 222; Plinio, Nat. X, 170).L’altro nome è àspide, anche nelle varianti àspi-te, àspido, àspito (Val d’Elsa, CollineMetallifere, Chianti). Per un numero consistentedi informatori sarebbe più propriamente “ilmaschio della vipera” oppure anche “una serpedi fiume velenosa” (innocua secondo altri). Ilsecondo dei due dati va riferito alla biscia tas-sellata (Natrix tessellata), un serpente simile allavipera. Quanto a “maschio della vipera”, l’ideapuò trovare conferma, più che nel dimorfismosessuale riscontrabile in questa specie, nellaforte variabilità cromatica che la caratterizza.Purtroppo sull’etimologia del nome latino, aspis(da *aspid-s), a sua volta prestito dal grecoaspís, non è possibile dire niente di certo.

Veniamo al cervone (Elaphe quatuorlineata): i nomivernacolari vaccàio e pócciavàcche (Val diPaglia, Val d’Orcia, Val di Chiana) rimandano,nella loro trasparenza, alle esperienze e alle cre-denze di una cultura contadina che va scompa-rendo inesorabilmente: il cervone è descritto dagliinformatori come un “serpente che succhia il lattedalle mammelle delle vacche” o, più semplice-mente, come una “grossa serpe che póccia le vac-che”. Il dato va di pari passo con la credenza,interculturalmente molto diffusa, che molti rettilisiano ghiotti di latte.Altri nomi la cui descrittività è trasparente sonoquelli registrati per la biscia dal collare (Natrixnatrix), che è sia sèrpe bottàio (Val d’Elsa,Colline Metallifere e Chianti) che sèrpeacquaiòlo (dintorni di Siena, Crete senesi).Mentre per il secondo dei due il nome “parla dasolo”, associando in modo chiaro il rettile allasua ecologia, le cose sono diverse da quelleche sembrano per il primo. Per sèrpe bottàio,infatti, il dato etnografico esclude un rapportocon la botte, a tutto vantaggio di quello con labòtta (o bòtto), altro nome vernacolare delrospo: gli informatori descrivono consistente-mente la biscia dal collare come un “serpenteche mangia i rospi”, un dato assolutamentecoerente con la biologia dell’animale.Il biacco (Hierophis viridiflavus) ed il saettone(Zamenis longissimus), figurano sia come sèrpe(Val d’Elsa, Colline Metallifere, Chianti e dintornidi Siena), sia come verdóne (in Val di Paglia, Vald’Orcia e Val di Chiana), sia come frustóne (din-torni di Siena). Verdóne è un nome vernacolaremolto diffuso nella penisola anche per organismimolto differenti (funghi, rettili, uccelli), ciò che nonstupisce data la descrittività cromatica “ad ampiospettro” insita nella semantica del termine.Quanto a sèrpe, la radice proto-indoeuropeaserp-, la cui semantica si collega al significato‘strisciare’, è naturalmente la stessa che si trovanel latino serpens (cfr. serpo), di cui la nostraforma è esito successivo (Pokorny, 1969;Meyer-Lübke, 1972). Questa genericità di signi-

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ficato si è mantenuta nell’italiano standard ser-pente, usato ampiamente per rettili allungati estriscianti in genere (quello che gli etnobiologidefiniscono “nome di forma di vita”). In effettianche il toscano sèrpe viene normalmente usatoanche come “nome di forma di vita”, oltre checome nome generico per i due serpenti in que-stione. Per quanto riguarda, infine, il nome fru-stóne, parallelamente alla somiglianza evidentecon la frusta, è da vedere un riferimento alla dif-fusa, quanto infondata, credenza che ne fa una“serpe che, se pestata, si attorciglia alle gambee le frusta con la coda” o che, addirittura,“appoggia la testa in terra e con il resto delcorpo irrigidito vibra dei colpi intorno a sé”(Giacomelli, 2001).Lasciamo per ultima la testuggine di Hermann(Testudo hermanni), attestata ovunque come tar-tarùga, e nella variante tartùca (Val d’Orcia).L’etimologia è nota ed ormai consolidata.Anche in questo caso è il vincolo referenziale fil-trato dal dato etnografico a giocare un ruolodecisivo. Fu lo storico Rudolf Egger, nel 1930,a collegare la forma passata nelle lingue roman-ze (fr. tortue, it. tartaruga, sp. tortuga; il latinoconosce solo la forma testudo) alla simbologiache il cristianesimo antico attribuì diffusamenteal rettile, per il fatto che si interra durante il letar-go. Alla base dell’ipotesi l’aggettivo greco tar-taroúchos, un composto da Tártaros ‘Tartaro’ edécho ‘tenere’, parafrasabile come ‘appartene-nente al Tartaro’ cioè ‘abitatore della paludeinfernale’ (Egger & Betz, 1962): la tartarugasarà divenuta una *(bestia) tartaruca, una sortadi demone infernale il cui rapporto con il mondodelle tenebre è tutt’altro che sconosciuto ancheal mondo pre-cristiano (Gozzi, 2005). La formatartuca si spiega con la caduta di una rima sil-labica in tart(ar)uca, dovuta alla presenza disegmenti adiacenti identici (tartar-), come giàvisto per il passaggio da *vivipera a vipera. Laforma in –uga, passata in italiano standard,sarà dovuta all’influenza delle due vocali sullavelare sorda [k] (sonorizzazione intervocalica).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in numerose sotto-specie; gli esemplari toscani sono assegnatialla sottospecie Emys orbicularis galloitalicaFritz, 1995. L’inquadramento tassonomicodelle testuggini palustri del genere Emys nonha raggiunto ancora un’adeguata stabilità.Indagini in corso attestano una forte struttura-zione geografica con almeno nove gruppidistinti, il cui rango tassonomico deve esseredefinito. Per il momento, solo uno di questi,presente in Sicilia e Calabria, è stato conside-rato specie distinta: Emys trinacris Fritz,Fattizzo, Guicking, Tripepi, Pennisi, Lenk, Joger& Wink, 2005, sebbene ciò abbia suscitatoun certo scetticismo (Fritz et al., 2005;Bartłomiej, 2006; Fritz & Bininda-Emonds,2007; Mazzotti & Zuffi in Sindaco et al.,2006; Joger et al., 2007; Sindaco &Jeremcenko, 2008; Spinks et al., 2009; TheTigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie, come tradizionalmente considerata, ageonemia turanico-europeo-mediterranea, diffu-sa in tutta l’Europa centro-meridionale e orientale(dalla Penisola Iberica alla Russia), in Asia occi-dentale fino al Kazakistan centrale (dall’AsiaMinore alla Depressione Turanica) e in Africa set-tentrionale (dal Marocco alla Tunisia); introdottanelle Isole Baleari. In Italia è presente in tutta lapenisola e in Sardegna; le popolazioni sicilianee calabre sono, secondo alcuni, da assegnare auna specie distinta (Podloucky in Gasc et al.,1997; Arnold & Ovenden, 2002; Lever, 2003;SHI, 2005, 2007; Fritz et al., 2005; Zuffi et al.,2006; Mazzotti & Zuffi in Sindaco et al., 2006;Sindaco & Jeremcenko, 2008; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaLa testuggine palustre frequenta tutti gli ambien-ti acquatici, ma predilige quelli caratterizzatida corrente ridotta o assente, abbondantevegetazione acquatica e riparia e fondo sab-bioso o fangoso. In Italia si rinviene in un inter-vallo altitudinale compreso dal livello del marefino a 600 m, ma nelle regioni meridionalipuò raggiungere i 1500 m di quota. È attivaprevalentemente di giorno e trascorre le orepiù calde riposandosi a terra lungo le rive o sutronchi galleggianti nell’acqua, spesso in grup-pi numerosi. La latenza invernale si protrae, ingenere, da novembre a febbraio. La riprodu-zione avviene in maggio-giugno, ma può esse-re anticipata a marzo-aprile nelle regioni piùmeridionali dell’areale. L’ovodeposizione si hadi solito tra i primi di maggio e i primi di luglioe le uova, da tre a sedici, vengono deposte inuna buca scavata al suolo. Il periodo di incu-bazione dura 60-70 giorni, ma può raggiun-gere anche i tre mesi. L’accrescimento è moltolento: i maschi raggiungono la maturità ses-suale a circa sei anni mentre le femmine moltopiù tardi (intorno ai quindici anni). La testuggi-ne palustre, prevalentemente carnivora in etàgiovanile, diventa onnivora da adulta e si cibadi invertebrati (insetti acquatici, molluschi, cro-stacei e anellidi), di vertebrati (larve e adulti dianfibi, piccoli pesci, giovani serpenti, piccoliuccelli e piccoli mammiferi), ma anche dialghe e piante acquatiche. Gli adulti hannopochi predatori; uova e giovani sono predatida aironi, ratti, volpi, mustelidi e cinghiali(Lanza, 1983; Ernst & Barbour, 1989; Rovero& Chelazzi, 1996; Zuffi, 2000; Ficetola etal., 2004; Bonin et al., 2006; Mazzotti &Zuffi in Sindaco et al., 2006; Vanni & Nistri,2006; Zuffi & Rovina, 2006).

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TESTUGGINE PALUSTRE EUROPEA, EMYS ORBICULARIS (LINNAEUS, 1758)

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Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIn Toscana (copertura: 43 quadrati su 306) latestuggine palustre è distribuita lungo tutta lafascia costiera e nella media valle del FiumeArno, mentre è rara e localizzata nel restodella regione (Vanni & Nistri, 2006).In provincia di Siena è uno dei rettili meno dif-fusi essendo presente soltanto in Val di Chiana(QN28) e in due località isolate, una in Vald’Arbia (PN99) e l’altra in Val d’Orcia(QN07); è, inoltre, presente, fuori provincia,in alta Val di Paglia (QN34).Questa specie è stata recentemente riportataper i dintorni di Siena (Zuffi & Gariboldi,1995; Zuffi et al., 2006), per i Monti delChianti (PP82: bacino del Fiume Greve, Grevein Chianti; SHI, 2005, 2007) e per il Lago diMontepulciano (QN37: “Oasi Lipu del Lagodi Montepulciano”; Ballasina, 1995; SHI,2005, 2007; Vanni & Nistri, 2006). Tuttavia,queste segnalazioni non sono state prese inconsiderazione in quanto errate (Zuffi &Gariboldi, 1995; Zuffi et al., 2006), non

datate (QN37; Ballasina, 1995) oppure diincerta georeferenziazione (PP82; S. Vannicom. pers.). In particolare la segnalazione diZuffi & Gariboldi (1995) e Zuffi et al. (2006)per i dintorni di Siena si basa su esemplariconservati nel Museo di Storia Naturaledell’Accademia dei Fisiocritici (M. Zuffi com.pers.). Gli esemplari in oggetto sarebbero tre,anche se è stato possibile rintracciarne solodue: un esemplare adulto a secco etichettatono. 369 e uno scheletro montato (si tratta dimateriali, privi di dati di raccolta, antecedential 1935: il primo è riportato nel catalogo dellecollezioni zoologiche redatto in quell’anno daC. D’Ancona; il secondo appartiene alla col-lezione storica dell’Università di Siena, realiz-zata tra la fine dell’ottocento e l’inizio delnovecento).La testuggine palustre è un’entità spiccatamen-te acquatica, che è stata trovata in corsid’acqua a lento decorso situati in zone colti-vate e/o incolte a basse quote (Val di Chiana)e in stagni artificiali (Val d’Arbia e Vald’Orcia). In uno di questi, un piccolo stagno

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Testuggine palustre europea (PN36, dintorni di Riotorto, 6.7.07).

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perenne prossimo al basso corso del TorrenteMalena, è presente con una popolazioneabbastanza numerosa nonostante la ridottasuperficie del sito. Sono stati infatti rilevati finoa 25 esemplari (di cui 18 adulti e 7 giovani)nel 2006 e 16 esemplari (di cui 12 adulti e 4giovani) nel 2007. Questa popolazione è atti-va per circa otto-nove mesi: da feb-braio/marzo a settembre/ottobre. Nel 2006,il periodo di vita attiva è risultato compreso trail 30.3 e il 29.10 e nel 2007 tra il 25.2 e il22.9. Nel 2007, l’anticipo di circa un meserispetto all’anno precedente è molto probabil-mente dovuto alla particolare mitezza dell’in-verno 2006-07, il più caldo in Italia negli ulti-mi 200 anni (Consiglio Nazionale delleRicerche, 2007), mentre l’inizio della quie-scenza invernale già a ottobre è imputabile alcattivo tempo (con temperature minime al disotto di 0°C). Anche se le ricerche condottenon hanno permesso di individuare alcunnido, l’osservazione di individui giovani depo-ne a favore del fatto che la specie sia in grado

di riprodursi con successo. Questo stagno è, aoggi, l’unico corpo idrico dell’area dove latestuggine palustre europea risulti presente,sebbene non manchino ambienti acquaticiprossimi, idonei a ospitarla. Per tali ragioni èmolto probabile che questa popolazione si siaoriginata da individui introdotti dall’uomo. Delresto la testuggine palustre non è mai statasegnalata in Val d’Arbia e nemmeno nellaparte senese del bacino del Fiume Ombrone(di cui la Val d’Arbia è un sottobacino). Lo stes-so si può dire anche per la popolazione pre-sente nello stagno della Val d’Orcia. Sui tempiin cui ciò possa esser avvenuto, non si dispo-ne di alcun dato: la popolazione della Vald’Arbia è nota dal 2004, quella della Vald’Orcia almeno dalla metà degli anni ’90 (M.Morellini, com. pers.).La copertura realizzata rappresenta con ogniprobabilità la distribuzione reale, anche senon è possibile escludere che ulteriori ricerchedimostrino una maggiore diffusione nelle zoneumide della Val di Chiana. Queste ultime rap-

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Testuggine palustre europea (PN36, dintorni di Riotorto, 6.7.07).

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presentano infatti l’area senese più idonea perla specie, anche se la presenza di popolazio-ni, di verosimile origine antropica, in Vald’Arbia e Val d’Orcia, attesta come in granparte delle aree planiziari e basso-collinarisenesi esistano condizioni ambientali favore-voli per la specie.

Conservazione in provincia di SienaÈ ritenuta “Lower Risk/Near Threatened” alivello globale (IUCN, 2009) e “Vulnerable” in

Italia (SHI, 2007) e in Toscana (Vanni inRE.NA.TO., 2005) ed è inclusa negli AllegatiII e IV della Direttiva 92/43/CEE (specie diinteresse comunitario la cui presenza richiedela designazione di Zone Speciali diConservazione e che richiede una protezionerigorosa), nell’Allegato A della L.R. 56/2000(specie di interesse regionale la cui conserva-zione può richiedere la designazione di Siti diImportanza Regionale).In Toscana, la testuggine palustre è in nettadiminuzione; solo le popolazioni viventi inaree protette risultano più o meno stabili (Vanni& Nistri, 2006). In provincia di Siena è unodei rettili meno diffusi e costituisce la specie dimaggiore interesse conservazionistico. Infatti,

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anche se le popolazioni della Val d’Arbia edella Val d’Orcia sono verosimilmente introdot-te, le altre, quelle della Val di Chiana, sonosicuramente autoctone e particolarmenteimportanti perché sono tra le pochissime viven-ti in Toscana al di fuori della fascia costiera (cf.Vanni & Nistri, 2006). Poiché è noto moltopoco di queste popolazioni, sarebbe urgenterealizzare un’accurata ricognizione della vallein modo da comprenderne lo status (distribu-zione, dimensioni, demografia) e i fattori dirischio che possano minacciarne la sopravvi-venza nel lungo periodo, così da valutare lanecessità o meno di predisporre specifici inter-venti di tutela. È, infatti, assai verosimile chequeste popolazioni siano particolarmente vul-nerabili sia per le ridotte dimensioni, sia per iperiodici interventi di manutenzione idraulicaeffettuati sui corsi d’acqua e sui canali dellaVal di Chiana che possono distruggere o alte-rare i siti dove vivono. Per quanto riguarda lealtre due popolazioni, particolarmente arischio appare quella presente in Val d’Arbia.Infatti, risulta relativamente isolata e la suasopravvivenza è strettamente dipendente dal-l’esistenza del sito, che presenta alcuni fattori

di degrado. È frequentato regolarmente dacinghiali che grufolano presso le rive alla ricer-ca di cibo, vi si abbeverano e, saltuariamente,lo utilizzano per effettuare bagni di fango. Lapresenza di questi ungulati può causare danniirreparabili ai nidi della testuggine e contribui-re in modo significativo al progressivo interra-mento dello stagno. Non si può escludere cheanche l’attività delle nutrie (presenti almenocon una coppia), possa interferire con letestuggini.In provincia di Siena, la testuggine palustre èpresente in un solo SIR (Crete di Camposodoe Crete di Leonina).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaNel solo comprensorio in cui vivono popola-zioni sicuramente autoctone, la Val diChiana, la testuggine palustre è rara e deltutto sconosciuta, se si escludono alcunipescatori (la prima segnalazione si basa suun esemplare preso con l’amo e portato a unveterinario). Altrove, come in Val d’Arbia,dove è presente un nucleo di verosimile ori-gine antropica, la specie ci è stata segnala-ta come “tartaruga acquatica”.

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in tre sottospecie;gli esemplari finora segnalati in Italia sembra-no appartenere tutti alla sottospecie Trachemysscripta elegans (Wied, 1839) (Seidel, 2002;Bonin et al., 2006; Di Cerbo & Di Tizio inSindaco et al., 2006; Jackson et al., 2008;The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie aliena, originaria della RegioneNeartica, introdotta in molte parti del mondo(America centrale e meridionale, Europa,Penisola Arabica e Asia sud-orientale) perscopi commerciali (terraristica e gastronomia).In Italia è presente in numerose regioni(Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige,Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana,Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo) in seguito

al rilascio di esemplari tenuti in cattività (SHI,2005, 2007; Bonin et al., 2006; Di Cerbo& Di Tizio in Sindaco et al., 2006; The TigrReptile Database, 2009), ma solo in pochelocalità è stata accertata la sua riproduzionein condizioni seminaturali e naturali (Lapini etal., 1999; Marangoni et al. in Bologna etal., 2000; Ficetola et al., 2002; Ferri &Soccini, 2003).

Ecologia e biologiaLa trachemide, pur prediligendo ambientiacquatici caratterizzati da acque tranquille,fondo sabbioso o limoso e abbondantevegetazione acquatica, è in grado di occu-pare qualsiasi corpo idrico, anche in situa-zioni di elevato inquinamento e di forte dis-turbo antropico. In Italia si rinviene per lo piùin pianura, generalmente al di sotto di 600

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TRACHEMIDE, TRACHEMYS SCRIPTA (SCHOEPFF, 1792)

Trachemide (PN45, Fiume Pecora, ponte S.S. 439, 6.7.07).

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m di quota. Nell’areale originario la latenzainvernale comincia a dicembre e termina amarzo, ma in Italia la specie sembra essereattiva quasi tutto l’anno. La riproduzione puòavvenire sia in primavera che in estate.Dopo l’accoppiamento la femmina depone,tra aprile e luglio, fino a un massimo di ven-titré uova in buche scavate nel terreno umidoche si schiudono dopo circa 60-80 giorni.L’accrescimento è abbastanza lento: la matu-rità sessuale viene raggiunta a tre-quattroanni dai maschi e a cinque-nove anni dallefemmine. Nei pochi casi di riproduzioneaccertata in Italia gli accoppiamenti sonostati osservati tra aprile e giugno, la deposi-zione delle uova a fine giugno e la schiusaa fine settembre. La dieta è molto varia ecambia in relazione all’età: i giovani sonoesclusivamente carnivori mentre gli adulti sinutrono sia di animali (molluschi, crostacei,insetti, piccoli pesci, girini, ecc.) che divegetali (alghe, piante sommerse ed erbe)(Ernst & Barbour, 1989; Bonin et al., 2006;

Di Cerbo & Di Tizio in Sindaco et al., 2006;Perez-Santigosa et al., 2008).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaLa trachemide è una specie localizzata inToscana (copertura: 10 quadrati su 306),conosciuta per poche località delle province diMassa-Carrara, Prato, Firenze, Pisa e Livorno(Vanni & Nistri, 2006). In provincia di Siena è,quindi, segnalata per la prima volta. Gruppipiù o meno numerosi di questa specie sonopresenti in Val d’Elsa (PP70), nel Chianti(QP00), a Pian del Lago (PP80), in Val d’Orcia(QN07) e in Val di Chiana (QN29, QN37).Altri (non cartografati) sono noti in giardini eparchi pubblici dell’area urbana e suburbanadi Siena (PN89).Spiccatamente acquatica, questa specie èstata rilevata sia in corsi d’acqua a debolescorrimento, sia in bacini artificiali, sia in unavasca termale, biotopi situati in aree apertealternate a zone forestali, tra 150 m (PP70:

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Trachemide (PN45, Fiume Pecora, ponte S.S. 439, 6.7.07).

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Fiume Elsa, dintorni di Villa Agrestone) e 355m (QP00: Corteccia) di quota.Al momento la copertura è molto bassa (6 qua-drati su 52), anche se è molto probabile che laspecie possa nel futuro diffondersi ulteriormente,in particolare in corrispondenza delle zone pla-niziari e nei dintorni delle aree urbane dove moltiesemplari sono tenuti in stato di semidomesticità.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Lower Risk/Near Threatened”a livello globale (IUCN, 2009).In Italia, è specie aliena la cui presenza èlegata a singoli esemplari liberati intenzional-mente o sfuggiti alla cattività. In Toscana,anche se questa entità è più diffusa delle altredue testuggini alloctone, non sembra che,almeno per ora, abbia formato nuclei riprodut-tivi in grado di autosostenersi nel lungo perio-do. Nel Senese è al momento sporadica, mapotrebbe diffondersi ulteriormente e forse accli-matarsi. Poiché si ritiene che possa entrare incompetizione con la testuggine palustre euro-pea (Luiselli et al., 1997a), è auspicabile un

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monitoraggio delle popolazioni, seguito even-tualmente da interventi di eradicazione.In provincia di Siena, la trachemide è presentein una riserva naturale (Lago di Montepulciano)e in un SIR (Lago di Montepulciano).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaQuesta specie, soprattutto allo stadio giova-nile, è ampiamente utilizzata nella terraristi-ca. Al momento dell’acquisto, la maggiorparte delle persone non è consapevole che,con il tempo, le piccole testuggini cresceran-no, raggiungendo, una volta adulte, dimen-sioni ragguardevoli, con il risultato che i gra-

devoli animaletti diventano meno simpatici edifficili da mantenere nello spazio angusto diun acquario/terrario domestico. Coloro chehanno la possibilità li trasferiscono nellavasca di un giardino o nello stagno di unorto, gli altri, non sapendo cosa fare, il piùdelle volte li liberano in natura. Purtroppo, ilproblema non è stato previsto e, a partepochi enti privati o convenzionati (CentroCarapax e Arcadia), non esistono strutturepubbliche in grado di ricevere questi anima-li, come non esiste una campagna informati-va che renda consapevoli gli eventuali acqui-renti della problematica.

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TassonomiaSpecie politipica suddivisa in due sottospecie;gli esemplari toscani appartengono alla sotto-specie nominotipica. Nel corso degli ultimianni sono stati, tuttavia, pubblicati molti contri-buti sulla classificazione di questo gruppo ditestuggini che hanno prodotto risultati contra-stanti sia sul numero di specie e sottospecievalide, sia sull’inquadramento generico (Vetter,2002; Bonin et al., 2006; Fritz et al., 2006;Lapparent de Broin et al., 2006; Mazzotti inSindaco et al., 2006; Parham et al., 2006;Fritz & Bininda-Emonds, 2007; Bour & Ohler,2008; Fritz & Kraus, 2008; Sindaco &Jeremcenko, 2008; The Tigr Reptile Database,2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia sud-europea, presente inEuropa meridionale dalla Spagna nord-orien-tale alla Penisola Balcanica e alla Romania. InItalia, popolazioni autoctone sono presentilungo il versante tirrenico dalla Toscana allaCalabria, lungo il versante adriatico-ionicodall’Emilia-Romagna alla Calabria, in Sicilia,in Sardegna e in alcune isole minori (Bour inGasc et al., 1997; Arnold & Ovenden,2002; SHI, 2005, 2007; Mazzotti inSindaco et al., 2006; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaLa testuggine di Hermann colonizza preferibil-mente ambienti aridi di aree costiere, subco-stiere e, talora, anche interne come dune, gari-ghe, macchie, pinete, leccete e querceti. InItalia è più frequente nelle aree litoranee obasso-collinari, sempre al di sotto dei 900 mdi quota. La latenza invernale comincia, in

genere, alla fine di ottobre e termina tra lafine di febbraio e i primi di marzo. La ripro-duzione avviene in marzo-maggio. Dopol’accoppiamento la femmina scava una picco-la buca dove depone fino a dodici uova ellis-soidali. I piccoli nascono dopo circa tre mesi,di regola tra agosto e settembre.L’accrescimento è molto lento e la maturità ses-suale viene raggiunta dai maschi intorno a otto-dodici anni e dalle femmine a dieci-quattordicianni, ma può essere anticipata o posticipata inrelazione alle condizioni climatiche. La testug-gine di Hermann è uno dei rettili europei piùlongevi, vivendo in media trenta anni in naturae superando i cento in cattività. È una specieprevalentemente vegetariana: la dieta com-prende erbe e frutta e, in misura minore, inver-tebrati (lombrichi, chiocciole, lumache e insetti),funghi, carogne ed escrementi. Gli adultihanno pochi predatori; uova e giovani sonopredati da ratti, volpi, mustelidi e cinghiali(Ernst & Barbour, 1989; Calzolai & Chelazzi,1991; Paglione & Carbone, 1991; Bour inGasc et al., 1997; Bonin et al., 2006;Mazzotti in Sindaco et al., 2006; Vanni &Nistri, 2006; Mazzotti et al., 2007).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIn Toscana, la testuggine di Hermann (coper-tura: 64 quadrati su 306) è più frequente emeglio distribuita lungo la fascia costiera tirre-nica, dal Parco di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli al confine laziale, e nelle colli-ne interne del livornese e del grossetano, men-tre risulta rara e localizzata nel resto dellaregione, incluse le isole dell’arcipelago, dovela sua presenza sembra essere esclusivamen-te legata a popolazioni originatesi da esem-

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TESTUGGINE DI HERMANN, TESTUDO HERMANNI GMELIN, 1789

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plari importati o sfuggiti alla cattività (Vanni &Nistri, 2006).In provincia di Siena, esemplari trovati inambienti naturali e/o seminaturali sono statirilevati soltanto nelle Colline Metallifere(PN67), nel comprensorio Montagnola Senese- Poggio di Lecceto (PN79, PN89, PP70,PP80) e in bassa Val d’Orcia (QN06).Tuttavia, non è chiaro se questi esemplariappartengano o meno a popolazioni autocto-ne (o almeno parzialmente autoctone).Nell’area della Montagnola Senese - PoggioLecceto, l’osservazione di giovani e subadultilascerebbe, se non altro, ipotizzare l’esistenzadi piccoli nuclei riproduttivi. Fuori provincia, èstata segnalata per l’alta Val di Paglia (QN34)nella Riserva Naturale Monte Rufeno (SHI,2005, 2007), dove però non è stata ritrovatanel corso di recenti rilievi (Bologna & Vignoli,2004).Dati sulla distribuzione senese della testugginedi Hermann sono stati riportati anche daZuiderwijk & Schoorl (1988), Amministrazioni

provinciali di Grosseto e Siena (1995),Provincia di Grosseto (1999) e SHI (2007).Tuttavia, non si è tenuto conto di queste segna-lazioni in quanto relative a un intervallo tem-porale precedente a quello considerato(Zuiderwijk & Schoorl, 1988), oppure perchédel tutto generiche (Amministrazioni Provincialidi Grosseto e Siena, 1995; Provincia diGrosseto, 1999), o ancora perché basate suerrori di compilazione (SHI, 2007) (per altridettagli su queste segnalazioni vediAppendice “Dati esclusi”). Allo stesso modonon si è tenuto conto di altre segnalazioni (ine-dite) relative a individui presenti in giardini eparchi pubblici dell’area urbana e suburbanadi Siena (PN99), oppure al ritrovamento, inaperta campagna, di esemplari isolati nei qua-drati QN09 e QN29.È difficile stabilire se la presenza della testug-gine di Hermann sia legata a esemplari sfug-giti alla cattività e/o rilasciati o sia, almeno inparte, autoctona. Oltreché in siti naturali, grup-pi riproduttivi esistono in aree urbane, subur-

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Testuggine di Hermann (QN03, Oasi WWF Bosco Rocconi, 12.8.07).

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bane e rurali a testimonianza dell’idoneitàambientale del territorio senese. Nonostanteciò, mancano del tutto evidenze storiche relati-ve alla sua presenza nel passato. I pochi datidi letteratura pubblicati dai viaggiatori natura-listi del ’700 si riferiscono, infatti, soltanto allaMaremma grossetana (Targioni Tozzetti,1774; Santi, 1798). Anche Andreucci (1898-1903), che esplorò ripetutamente laMontagnola Senese, non parla mai del ritro-

vamento di testuggini. A questo si può aggiun-gere che persone anziane, viventi in localitàdove sono stati trovati esemplari in situazioniambientali ottimali, non ricordano di aver maivisto la specie, se non in anni recenti. Tuttavia,non si può escludere a priori l’esistenza dinuclei autoctoni in alcune aree del settore meri-dionale della provincia, come la media valledell’Ombrone e la bassa Val d’Orcia, prossi-me alla fascia costiera dove la testuggine diHermann è ben diffusa.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Lower Risk/Near Threatened”a livello globale (IUCN, 2009) e“Vulnerable” in Italia (SHI, 2007) e in

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Toscana (Vanni in RE.NA.TO., 2005); èinclusa negli Allegati II e IV della Direttiva92/43/CEE (specie di interesse comunitariola cui presenza richiede la designazione diZone Speciali di Conservazione e che richie-de una protezione rigorosa) e nell’Allegato Adella L.R. 56/2000 (specie di interesseregionale la cui conservazione può richiede-re la designazione di Siti di Importanza

Regionale); è, infine, tutelata dalla legge150/1992 (e successive modificazioni eintegrazioni) con l’obbligo di comunicare ilpossesso di esemplari al competente ufficioCITES del Corpo Forestale.In Italia e in Toscana, la specie è in diminu-zione per perdita di habitat conseguenteall’eccessiva pressione antropica, per preda-zione di uova e giovani da parte di cinghia-

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Testuggine di Hermann (QN03, Oasi WWF Bosco Rocconi, 12.8.07).

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li, per inquinamento genetico e per competi-zione con sottospecie alloctone (Mazzotti inSindaco et al., 2006; Vanni & Nistri, 2006).Nonostante sia uno dei rettili di maggiore inte-resse conservazionistico in Toscana, non ècerto che nel Senese esistano popolazioniautoctone. Pertanto, accertare lo status di que-ste popolazioni è preliminare alla messa inatto di qualunque intervento di tutela.In provincia di Siena, la testuggine diHermann è presente soltanto in un SIR, quellodella Montagnola Senese.

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaA dispetto del fatto che probabilmente nonesistano popolazioni autoctone nel Senese (ose esistono hanno una distribuzione moltolimitata), la testuggine di Hermann, localmen-te nota come tartaruga, è un rettile moltofamiliare. Si tratta, infatti, di un popolare

“animale da compagnia”, allevato senza dif-ficoltà in orti e giardini. Questa attività,apparentemente innocua, è all’origine dieventi traslocativi di individui dalla costaverso l’interno e dell’acquisto di individui diprovenienza estera, talora appartenenti a sot-tospecie o specie diverse e potenzialmenteportatori di agenti patologici, eventi che pos-sono compromettere sia l’integrità geneticadelle popolazioni locali, sia il loro stato disalute. Tra l’altro, con l’entrata in vigore dellalegge 150/92 (e successive modificazioni eintegrazioni), che prescriveva l’obbligo didenunciare la detenzione di testuggini alCorpo Forestale, molte persone invece diadempiere a quanto previsto dalla legge, sisono liberate degli esemplari in loro possessorilasciandoli in natura.La testuggine è il simbolo di una contrada diSiena, quella appunto della Tartuca.

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in tre-quattro sotto-specie di incerto valore; le popolazionidell’Asia sud-occidentale e del Corno d’Africa,assegnate fino a pochi anni fa a una sotto-specie del geco verrucoso, sono oggi consi-derate costituire una specie distinta(Hemidactylus robustus) (Carranza & Arnold,2006; Sindaco & Jeremcenko, 2008; The TigrReptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a probabile geonemia mediterranea,diffusa in Europa meridionale (dal Portogallo

alla Grecia), Asia Minore, Medio Oriente eAfrica settentrionale (dal Marocco all’Egitto);introdotta nelle Canarie e in alcuni paesi ame-ricani (Stati Uniti, Messico, Cuba, Cile eArgentina). In Italia è presente nelle regionipeninsulari e insulari e in alcuni centri urbanidelle regioni settentrionali (Lombardia, Veneto,Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna). Si ritie-ne che la specie si sia espansa recentementenell’area mediterranea a partire dal MedioOriente (Gruber in Gasc et al., 1997; SHI,2005, 2007; Venchi in Sindaco et al., 2006;Sindaco & Jeremcenko, 2008; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

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GECO VERRUCOSO, HEMIDACTYLUS TURCICUS (LINNAEUS, 1958)

Geco verrucoso (PM79, dintorni di Casa Landini, 22.7.09).

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Ecologia e biologiaIl geco verrucoso è proprio di ambienti costie-ri e insulari, dove frequenta pietraie, macereti,edifici, ruderi, siti archeologici e muri a secco.Per le sue abitudini spiccatamente antropofile èstato introdotto passivamente dall’uomo innumerose località dell’interno. In Italia è tipica-mente legato alle quote basali, spingendosiraramente oltre i 500 m di altitudine. Quasiesclusivamente notturno, conduce vita attiva

da febbraio a novembre, ma all’interno delleabitazioni può rimanere attivo durante tuttol’anno. Si riproduce due o tre volte all’anno traaprile e luglio; ogni femmina, 15-30 giornidopo l’accoppiamento, depone di solito dueuova con guscio calcareo che aderiscono avari supporti naturali e artificiali. La schiusaavviene dopo 40-90 giorni. Si nutre di insettie altri piccoli invertebrati e si ritiene venga pre-dato prevalentemente da rapaci notturni, riccie mustelidi (Bruno, 1986; Luiselli & Capizzi,1999; Venchi in Sindaco et al., 2006).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIl geco verrucoso in Toscana è abbastanza dif-

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fuso lungo la costa, nell’immediato entroterrae nelle isole (copertura: 40 quadrati su 306).Al contrario risulta sporadico e localizzato nelresto della regione, dove appare per lo piùlimitato al medio Valdarno. In questa e nellealtre aree interne è stato introdotto accidental-mente da parte dell’uomo (Vanni & Nistri,2006).La presenza di questa specie nel Senese èstata accertata solo recentemente in alcunelocalità del centro storico di Siena (PN89:Villa Lodone) e dell’immediata periferia(PN89: Villa Risi; Villa Agostoli). La specie

era stata in precedenza riportataper il Senese (PP80) da Vanni &Nistri (2006) nel loro atlante deglianfibi e rettili della Toscana; tutta-via la segnalazione si basa su diun errore di compilazione carto-grafica (PP80 anziché PN80; S.Vanni com. pers. 2009).Anche se non si può escludere cheil geco verrucoso sia in parte sotto-campionato, è molto probabile chela distribuzione cartografata rispec-chi la sua effettiva diffusione. Si trat-ta, infatti, di un’entità termofila tipi-camente legata agli ambienticostieri asciutti, il cui arrivo è pro-babilmente molto recente.

Conservazione in provincia diSienaÈ considerato “Least Concern” alivello globale (IUCN, 2009) e inItalia (SHI, 2007) e inclusonell’Allegato B della L.R.56/2000 (specie protetta).

In Toscana, il geco verrucoso è piuttosto comu-ne e privo di problemi di conservazione (Vanni& Nistri, 2006); nel Senese, dove è stato intro-dotto, è presente solo in un ristretto settore delcapoluogo da cui potrebbe diffondersi ulterior-mente alle aree urbane e suburbane circostanti.

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaConsiderata la sua diffusione estremamentelocalizzata e la sua rarità, il geco verrucoso èdel tutto sconosciuto al di fuori della ristrettacerchia degli addetti ai lavori.

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Geco verrucoso (PM79, dintorni di Casa Landini, 22.7.09).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in quattro sottospe-cie, alcune delle quali potrebbero costituirespecie distinte. Le popolazioni italiane sonoassegnate alla sottospecie nominotipica. È pos-sibile che le popolazioni sud-europee, risultatemolto omogenee dal punto di vista genetico,siano il frutto di una recente colonizzazione(Harris et al., 2004; Sindaco & Jeremcenko,2008; The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia mediterranea, diffusa inEuropa meridionale (dal Portogallo allaGrecia) e nell’Africa settentrionale (dalMarocco all’Egitto); introdotta a Madeira e inalcuni paesi americani (Stati Uniti eUruguay). In Italia è presente nelle regionipeninsulari e insulari e, in modo sporadico,in alcuni centri urbani delle regioni settentrio-nali (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna) (MartinezRica in Gasc et al., 1997; SHI, 2005,

2007; Guarino & Picariello in Sindaco et al.,2006; Sindaco & Jeremcenko, 2008; TheTigr Reptile Database, 2009).

Ecologia e biologiaLa tarantola muraiola frequenta ambienti similia quelli del geco verrucoso (ambienti rocciosi,muretti a secco, abitazioni umane, ruderi, sitiarcheologici, ecc.) e come quest’ultimo, per lasua spiccata antropofilia, è stato introdottoaccidentalmente dall’uomo in numerose locali-tà. In Italia si rinviene generalmente al di sottodi 400 m di quota anche se, soprattutto nelmeridione, può raggiungere gli 800 m.Diurno, ma anche crepuscolare e notturno,conduce vita attiva durante tutto l’anno, esclusii periodi più freddi dell’inverno. Si riproduce,in genere, tra marzo e luglio (talora si ha unsecondo evento riproduttivo in autunno) e lefemmine, qualche giorno dopo l’accoppia-mento, depongono, in tre ovodeposizioni suc-cessive, un paio di uova biancastre che aderi-scono ai supporti più diversi (fenditure delle

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TARANTOLA MURAIOLA, TARENTOLA MAURITANICA (LINNAEUS, 1758)

Tarantola muraiola (PN62, Principina a Mare, 30.4.07).

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rocce, mura, legname, ecc.) e che schiudonodopo circa due mesi. Si nutre pressoché esclu-sivamente di insetti (coleotteri, lepidotteri, ditte-ri, ecc.) e altri artropodi (isopodi, ragni, ecc.)ed è predato da alcuni serpenti (come il colu-bro di Riccioli e il biacco), dai rapaci notturni(come il barbagianni e la civetta) e da alcunimammiferi (come il riccio); nelle aree urbaniz-zate resta frequentemente vittima anche deigatti domestici (Bruno, 1986; Luiselli &Capizzi, 1999; Nappi & Mastrorilli, 2003;Guarino & Picariello in Sindaco et al., 2006;Vanni & Nistri, 2006).

Distribuzione, ecologia e biologia inprovincia di SienaIn Toscana (copertura: 77 quadrati su 306), latarantola muraiola è ben distribuita lungo lafascia costiera e in gran parte delle isole

dell’Arcipelago, nelle colline pisane, livornesie grossetane e nel medio-basso Valdarno,mentre è più localizzata nel resto della regio-ne (Vanni & Nistri, 2006).Nel Senese questa specie è poco diffusa(copertura: 15 quadrati su 52). Vanni & Nistri(2006) la riportano anche in un altro quadra-to (PN87), sulla base di una segnalazione diSammuri (1980) per la Val di Farma. Tuttaviaquesta segnalazione non è stata utilizzata siaperché risalente a un periodo precedente aquello preso in considerazione, sia perché nongeoreferenziabile.La tarantola muraiola è presente esclusivamen-te in aree edificate di varia estensione e tipo-logia come centri urbani (PP60: Le Grazie;PP61: San Gimignano; PP62: Vico d’Elsa;PP70: Colle di Val d’Elsa; PP71: Poggibonsi;PN89, PN99 e PP80: Siena; QP00:

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Tarantola muraiola (PM79, dintorni di Tre Fonti, 22.7.09).

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Castelnuovo Berardenga; QN08: Asciano;QN16: Rocca d’Orcia), insediamenti indu-striali (PP62: Badia a Elmi; PN99: Zona indu-striale Arbia) ed edifici isolati (PN79: Molinod’Elsa; PP80: Casa Olmo), in un intervallo alti-tudinale compreso tra un minimo di 65 m(PP62: Badia a Elmi) e un massimo di 500 m(QN16: Rocca d’Orcia) e ha un periodo divita attiva compreso tra febbraio e novembre.La presenza di questa specie in provincia diSiena, come quella del geco verrucoso, è

dovuta a una iniziale traslocazione di esem-plari da località costiere e subcostiere. Questihanno dato origine a nuclei acclimatati, i qualisi sono successivamente diffusi in modo auto-nomo agli spazi urbani circostanti. La coloniz-zazione è stata possibile perché l’ambienteedificato è un ottimo surrogato del suo habitatnaturale, è termicamente protetto e ricco dirisorse trofiche.Alcuni esemplari di tarantola muraiola, raccoltiall’Elba, furono rilasciati a Siena da EugenioFicalbi nel 1882 (Ficalbi, 1881). Tuttavia, èpossibile che la specie sia stata re-introdotta apiù riprese anche in seguito, soprattutto a parti-re dalla seconda metà del secolo scorso, quan-do il turismo balneare, divenendo fenomeno di

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massa, ha creato flussi migratoricostanti e imponenti, tra le città dell’in-terno e la costa.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Least Concern” a livel-lo globale (IUCN, 2009) e in Italia(SHI, 2007) ed è inclusanell’Allegato B della L.R. 56/2000(specie protetta).In Toscana, la tarantola muraiola èpiuttosto comune e priva di problemidi conservazione (Vanni & Nistri,2006); nel Senese è ampiamente dif-fusa nei maggiori centri urbani delsettore settentrionale della provincia.È possibile che la specie, introdottanegli ultimi anni dell’800, sia ancorain fase di espansione, favorita dallosviluppo edilizio, dagli inverni sem-pre più miti e dal riscaldamentodomestico.

Rapporti con l’uomo in provincia diSienaÈ una specie piuttosto mimetica chepassa inosservata, sebbene in alcunelocalità (Siena, ad esempio) sia deci-samente comune. Si rinviene frequen-temente anche all’interno degli edifici,sia storici che moderni, dove general-mente frequenta spazi aventi faciliaccessi con l’esterno, come rampe discale e sottotetti. Quando viene rileva-ta non suscita particolare repulsioneanche se esistono casi isolati di “geco-fobia”. Per la maggior parte delle per-sone che ne vengono in contatto costi-tuisce un animale insolito e inconsue-to, talora descritto come un “piccolococcodrillo”.

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Quando e da dove sono arrivati i gechi a Siena? Secondoquanto scrive Eugenio Ficalbi, alcuni esemplari raccoltiall’Isola d’Elba sarebbero stati dai lui rilasciati nella primave-ra del 1882. Il Ficalbi, uno dei maggiori zoologi italiani tra’800 e ’900, nacque a Piombino nel 1858 e si laureò aSiena in Medicina nel 1883 e, successivamente, a Firenzein Scienze Naturali nel 1889. Inizialmente svolse la profes-sione medica, ma in seguito si dette all’insegnamento, dap-prima, come professore di Scienze Naturali nell’Archigin-nasio di Siena e, in seguito, come professore universitario invarie sedi italiane.

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in due sottospecie;le popolazioni italiane sono assegnate alla sot-tospecie nominotipica. Si tratta di una speciefinora poco studiata; pertanto è possibile cheil suo inquadramento tassonomico riservi infuturo qualche sorpresa (Zanghellini in Sindacoet al., 2006; Sindaco & Jeremcenko, 2008;The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia europea (estesaall’Anatolia, Caucaso e Iran settentrionale), dif-fusa in Europa (all’incirca tra il 40° e il 65°parallelo, dalla Penisola Iberica fino alla Russia)e in Asia Occidentale (Penisola Anatolica,Caucaso e Iran settentrionale). In Italia è ben dis-tribuita nelle regioni centro-settentrionali, fino al

Lazio, sporadica in quelle meridionali e assentein Sicilia e in Sardegna (Cabela in Gasc et al.,1997; SHI, 2005, 2007; Zanghellini inSindaco et al., 2006; Sindaco & Jeremcenko,2008; The Tigr Reptile Database, 2009).

Ecologia e biologiaL’orbettino vive prevalentemente in ambienti conbuona copertura arborea di varia composizio-ne e tipologia, mostrando una certa preferenzaper le aree caratterizzate da un buon tasso diumidità (come le rive dei corsi d’acqua), spin-gendosi talvolta all’interno delle aree urbane, inorti e parchi cittadini. In Italia si rinviene dallivello del mare fino oltre 2000 m di quota(sulle Alpi). Specie terricola e fossoria, di abitu-dini diurne e, talvolta, crepuscolari, conducevita attiva da marzo a novembre, ma può risul-

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ORBETTINO, ANGUIS FRAGILIS LINNAEUS, 1758

Orbettino (PN89, Villa Agostoli, 22.8.07).

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tare attivo anche durante l’inverno. Si accoppiain primavera, solitamente ogni due anni; le fem-mine partoriscono, tra giugno e settembre, finoa ventisei piccoli. La maturità sessuale è rag-giunta a circa tre anni dal maschio e circa aquattro dalla femmina. È uno dei sauri più lon-gevi, potendo superare, almeno in cattività, iquaranta anni d’età. L’orbettino si ciba preva-lentemente di lombrichi, chiocciole e piccoliartropodi del suolo. I suoi predatori compren-dono serpenti (come il biacco e il colubroliscio), rapaci diurni e notturni (come la poiana,il gheppio e la civetta) e mammiferi (come il ric-cio e la volpe) (Bruno, 1986; Canova inBrichetti et al., 1992; Luiselli et al., 1996;Capula et al., 1997; Nappi & Mastrorilli,2003; Zanghellini in Sindaco et al., 2006).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaL’orbettino è abbastanza diffuso in tutta laToscana (copertura: 98 quadrati su 306),eccezion fatta per le isole, ma la sua distribu-

zione a sud del corso del Fiume Arno è anco-ra poco nota e probabilmente sottostimata(Vanni & Nistri, 2006).Nel Senese sembra abbastanza diffuso (coper-tura: 29 quadrati su 52), anche se risultaapparentemente assente in gran parte del set-tore centro-meridionale. Tuttavia, tenendoconto del fatto che si tratta di una specie moltoelusiva, la sua distribuzione potrebbe esserepiù ampia, interessando almeno la media valledell’Ombrone e la fascia basale del MonteAmiata. In letteratura è riportato per altri qua-drati (PN68, PN77, QN36, QN46) sullabase di segnalazioni non datate (PN68:Ceppatelli & Gabellini, 1994; QN36: SHI,2005, 2007), oppure risalenti a un periodoprecedente a quello preso in considerazione(PN77: Zuiderwijk & Schoorl, 1988; QN46:SHI, 2007) (per altri dettagli su queste segna-lazioni vedi Appendice “Dati esclusi”).L’orbettino frequenta boschi a prevalenza diquerce caducifoglie e mosaici di prati epascoli purché confinanti con siepi, alberature

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Orbettino (PN58, Castello di Fosini, 2.5.09).

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e aree a vegetazione arbustiva e arborea;talora si spinge anche all’interno di aree urba-ne (PP71: Colle di Val d’Elsa; PP80: Siena,Acqua Calda). È stato rilevato in un intervallo

altitudinale compreso tra 150 m (PP70: FiumeElsa, dintorni di Villa Agrestone) e 710 m(QN35: Monte Cetona), anche se la maggiorparte delle località si colloca tra 200 e 300 mdi quota; il periodo di vita attiva osservato ècompreso tra la seconda quindicina di marzoe la prima di settembre.

Conservazione in provincia di SienaÈ incluso nell’Allegato B della L.R. 56/2000(specie protetta).In Toscana, l’orbettino è probabilmente sotto-campionato e, pertanto, più diffuso e comunedi quanto emerga dai dati disponibili (Vanni &Nistri, 2006). Per quanto riguarda il Senesenon si hanno elementi per fare valutazioni

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dello stato delle popolazioni rispetto al passa-to anche se, al momento, sembrano verosimil-mente stabili. I maggiori fattori di rischio sonocostituiti dalla semplificazione del paesaggioagricolo tradizionale, dall’alterazione e distru-zione degli habitat forestali (selvicoltura, incen-di), dal traffico veicolare e forse anche dal-l’aumento del cinghiale.

In provincia di Siena è presente incinque riserve naturali (AltoMerse, Cornate e Fosini, Farma,Lago di Montepulciano, LucciolaBella) e in nove SIR (Alta Val diMerse, Cornate e Fosini, Cretedell’Orcia e del Formone, Cretedi Camposodo e Crete diLeonina, Lago di Montepulciano,Montagnola Senese, MonteCetona, Monti del Chianti, Val diFarma).

Rapporti con l’uomo in provinciadi SienaL’orbettino è una specie molto elusi-va e del tutto inerme. Tenuto contoche frequenta più che altro ambien-ti forestali e presenta abitudini fos-

sorie, non è facile venirne in contatto. Ciòrende ragione del fatto che sia poco noto econfuso, sotto il nome di “lucignolo”, con lapiù comune luscengola. Nonostante ciò,l’aspetto serpentiforme lo rende inviso a moltepersone che non di rado finiscono per ucci-derlo, talora credendolo addirittura una pic-cola vipera.

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Giovane di orbettino (PN88, dintorni di Orgia, 11.10.09).

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TassonomiaI ramarri del complesso “viridis”, consideratifino alla fine degli anni ’80 una sola specie,sono stati successivamente suddivisi sulla basedi dati genetici in due entità: il ramarro orien-tale (L. viridis) e il ramarro occidentale (L. bili-neata). Quest’ultimo, diffuso prevalentemente inEuropa occidentale, avrebbe compreso anchei ramarri italiani ad eccezione di alcune popo-lazioni delle Alpi centro-orientali. Recenti contri-buti confermano sostanzialmente la suddivisio-ne, sebbene dimostrino che l’inquadramentotassonomico delle popolazioni appenniniche ebalcaniche (in particolare quelle del settoreadriatico e ionico) non è ancora sicuro (Lapiniin Sindaco et al., 2006; Schiavo & Venchi inSindaco et al., 2006; Böhme et al., 2007;

Joger et al., 2007; Sindaco & Jeremcenko,2008; The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia sud-europea (ridotta nelsettore orientale), diffusa per lo più in Europaoccidentale (Spagna settentrionale, Francia,Italia e Austria), anche se il confine sud-orien-tale dell’areale non è ancora certo. In Italia sitrova in tutta la penisola e in Sicilia (manca inSardegna) e sembra sostituita dal ramarroorientale in alcune valli delle Alpi centro-orien-tali (Naulleau in Gasc et al., 1997; SHI,2005, 2007; Schiavo & Venchi in Sindaco etal., 2006; Böhme et al., 2007; Joger et al.,2007; Sindaco & Jeremcenko, 2008; The TigrReptile Database, 2009).

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RAMARRO OCCIDENTALE, LACERTA BILINEATA DAUDIN, 1802

Maschio di ramarro (PP80, Pian del Lago, 19.4.07).

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Ecologia e biologiaIl ramarro colonizza un’ampia varietà diambienti naturali e seminaturali come boschi,cespuglieti, argini e alvei fluviali, margini dicolture, massicciate ferroviarie e stradali e peri-ferie urbane. In Italia è più frequente al di sottodei 600 m, ma sull’Appennino meridionalepuò oltrepassare 2000 m di quota. Fugace espiccatamente diurno, è attivo da febbraio-marzo a ottobre-novembre. Gli accoppiamentiavvengono tra fine aprile e giugno; in questoperiodo i maschi sono molto aggressivi e terri-toriali. Le femmine depongono in media circaventicinque uova nelle pietraie o nella lettierache si schiudono dopo due-quattro mesi. Ladieta è estremamente varia e comprende inver-tebrati (insetti come coleotteri e ortotteri, arac-nidi, isopodi e gasteropodi) e, in minor misu-

ra, lucertole, piccoli roditori e anche frutta euova di piccoli uccelli. I predatori includonosoprattutto serpenti come il biacco e uccellirapaci come l’albanella minore, la poiana e ilgheppio (Bruno, 1986; Canova in Brichetti etal., 1992; Chiavetta in Brichetti et al., 1992;Martelli & Parodi in Brichetti et al., 1992;Angelici et al., 1997; Corti & Lo Cascio,1999; Bux et al., 2000; Schiavo & Venchi inSindaco et al., 2006; Costantini et al., 2007;Petretti, 2008).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIl ramarro è ampiamente diffuso in tutta laToscana (copertura: 196 quadrati su 306),mancando solo nelle isole dell’Arcipelago,Elba esclusa (Vanni & Nistri, 2006). In provin-

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Femmina di ramarro (PP80, Pian del Lago, 19.4.07).

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cia di Siena è, insieme alla lucertola muraiola,alla lucertola campestre e al biacco, uno deirettili più diffusi, realizzando la copertura com-pleta dell’area di studio.Pur frequentando un’ampia varietà di situazioniambientali, sembra preferire aree forestali aprevalenza di querce caducifoglie e contestiecotonali con siepi, alberature e muretti asecco; diversamente dalle altre lucertole, è piut-tosto raro in orti, giardini e parchi pubblici. Sitrova in un ampio intervallo altitudinale (quota

minima: 70 m; PN96: Fiume Ombrone, dintor-ni di Piatina; quota massima: 1400 m; QN15:Rifugio delle Macinaie; la maggior parte dellelocalità ricade nella fascia compresa tra 300 e500 m) e ha un periodo di attività che va dacirca metà marzo ai primi di novembre.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerato “Least Concern” a livello globa-le (IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007) ed èincluso nell’Allegato B della L.R. 56/2000(specie protetta).In Toscana, il ramarro è ancora abbastanzafrequente e comune in gran parte del territorioregionale (Vanni & Nistri, 2006). Le popola-zioni senesi sono probabilmente stabili nel

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complesso, ma soggette a fluttuazioni a livellolocale, soprattutto nelle aree maggiormentecoltivate. I principali fattori di minaccia sonocostituiti dalla semplificazione del paesaggioagricolo tradizionale, dall’alterazione e distru-zione degli habitat forestali (selvicoltura, incen-di) e dal traffico veicolare (tra i sauri è la spe-cie di cui è stato rilevato il maggior numero diesemplari uccisi dal traffico automobilistico).In provincia di Siena è presente in sei riservenaturali (Alto Merse, Basso Merse,Castelvecchio, Cornate e Fosini, Lago diMontepulciano, Lucciola Bella) e nella mag-

gior parte dei SIR (non è stato rilevato in:Foreste del Siele e Pigelleto di Piancastagnaio,Ripa d’Orcia).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaUno dei rettili più noti, conosciuto soprattuttoper il colore (si dice “verde come un ramarro”)e per essere ritenuto una specie mordace.Nelle aree rurali, una volta, si diceva che“quando morde un ramarro devono suonare lecampane prima che si stacchi”. Noto come“ràcano” o “ràgano” in alcune aree (Val diChiana, Val d’Orcia e comprensorio amiatino).

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Giovane di ramarro (PP91, Le Capannelle, 27.9.08).

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TassonomiaSpecie politipica, storicamente suddivisa inmolte sottospecie, la maggior parte delle qualia carattere insulare e di dubbia validità. Lepopolazioni continentali toscane sono riferitealla sottospecie nominotipica. Nonostante chequesta specie sia la più diffusa del genere,non sono disponibili né recenti contributi ditipo genetico-molecolare, né moderne revisionidella sistematica sottospecifica (Corti inSindaco et al., 2006; Sindaco & Jeremcenko,2008; The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia sud-europea, presente inEuropa centro-meridionale dalla Spagna cen-

tro-settentrionale fino alla Romania e in AsiaMinore (Turchia); introdotta in Inghilterra, inCanada e negli Stati Uniti. In Italia è diffusa intutta la penisola (manca in Sardegna e inSicilia) (Guillaume in Gasc et al., 1997;Arnold & Ovenden, 2002; SHI, 2005,2007; Corti in Sindaco et al., 2006; Sindaco& Jeremcenko, 2008; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaLa lucertola muraiola è una specie ad ampiavalenza ecologica che colonizza boschi,cespuglieti, argini e alvei fluviali, margini dicolture, pietraie, muri a secco, ruderi e cen-tri rurali e urbani (orti, giardini, parchi, edifi-

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LUCERTOLA MURAIOLA, PODARCIS MURALIS (LAURENTI, 1768)

Maschio di lucertola muraiola (PP80, Rencine, 22.9.09).

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ci, ecc.). In Italia è specie eurizonale, essen-do in grado di stabilirsi dal livello del marefino a oltre 2200 m di quota. Attiva tutto ilgiorno, da fine febbraio a novembre; lalatenza invernale si colloca in genere tradicembre e gennaio ma è di frequente inter-rotta nelle giornate più miti. La riproduzioneavviene due o tre volte all’anno, in generetra marzo e giugno; in questo periodo imaschi sono molto aggressivi e difendono illoro territorio. Le femmine depongono fino aun massimo di dodici uova biancastre cheschiudono dopo due-tre mesi. La dieta inclu-de quasi esclusivamente un’ampia varietà diinsetti (formiche, mosche, farfalle e falene,forbicine, grilli, ecc.) e altri piccoli artropodi(ragni, isopodi, ecc.). La lucertola muraiolaha numerosi predatori, la maggior parte deiquali occasionali; i più significativi includo-no i rapaci diurni e notturni (come la poiana,il gheppio, la civetta, ecc.) e i serpenti(come il biacco, il colubro di Riccioli, il saet-tone, ecc.) (Bruno, 1986; Corti & Lo Cascio,

1999; Luiselli et al., 2001; Capula &Luiselli, 2002; Nappi & Mastrorilli, 2003;Corti in Sindaco et al., 2006; Vanni &Nistri, 2006; Arcidiacono et al., 2007).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaLa lucertola muraiola è molto comune e ampia-mente diffusa in tutta la Toscana (copertura:269 quadrati su 306), incluse le isole minori(Vanni & Nistri, 2006). In provincia di Siena è,insieme al ramarro, alla lucertola campestre eal biacco, uno dei rettili più comuni e diffusi,essendo stata rilevata in tutti i quadrati.Sebbene presente in qualsiasi tipologiaambientale, vive preferibilmente in aree fore-stali (in particolar modo boschi a prevalenzadi querce caducifoglie) e, secondariamente,sia in mosaici di colture agrarie e superficicon vegetazione arbustiva e arborea, sia inorti, giardini e parchi pubblici intorno adaree edificate rurali e urbane. È la speciecon il maggiore intervallo altitudinale: è

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Maschio di lucertola muraiola (QN28, Torrente Foenna, 11.10.09).

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stata rilevata in località che vanno da unminimo di 70 m (PN96: Fiume Ombrone,dintorni di Piatina) fino a un massimo di1735 m (QN15: Monte Amiata) (la mag-gior parte si colloca nella fascia basso-colli-nare, tra 200 e 400 m). Il periodo di vitaattiva comprende quasi tutto l’anno, in quan-to la latenza invernale può essere interrottanelle giornate più miti anche dei mesi piùfreddi come dicembre e gennaio.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Least Concern” a livello globa-le (IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007); lepopolazioni delle isole toscane sono ritenute“Lower Risk” (Vanni in RE.NA.TO., 2005); èinclusa nell’Allegato A della L.R. 56/2000(specie di interesse regionale la cui conserva-zione può richiedere la designazione di Siti diImportanza Regionale).In Toscana, la lucertola muraiola è molto comu-ne e priva di problemi di conservazione (Vanni& Nistri, 2006); questo vale anche per ilSenese, dove è ampiamente diffusa ovunque.In provincia di Siena, la specie è presente inquasi tutte le riserve naturali (manca solo inCrete dell’Orcia) e in tutti i SIR.

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Rapporti con l’uomo in provincia di SienaLa lucertola muraiola e la lucertola campestrenon sono riconosciute come specie differentidalla maggior parte delle persone che, quindi,applicano il nome “lucertola” a entrambe. Lelucertole sono tra i rettili più conosciuti: si trat-ta infatti di animali diurni, ben visibili, facil-mente avvicinabili, molto diffusi e abbondanti,sia in ambienti naturali, sia intorno agli abitati.Non suscitano particolare repulsione e, per-

tanto, sono usualmente tollerati. Tra l’altro èben familiare un interessante aspetto della lorobiologia, l’autotomia e ricrescita caudale; aquesto riguardo è noto come la ricrescitapossa produrre, talora, una coda bifida (el’incontro con una lucertola così fatta è ritenutodi buon augurio). Una credenza, talora ripor-tata, è che i gatti, durante il periodo estivo,siano particolarmente magri perché si nutronodi lucertole.

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Maschio di lucertola muraiola (PN99, Villa Medane, 6.7.09).

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TassonomiaSpecie politipica, storicamente suddivisa inmolte sottospecie, la maggior parte delle qualia carattere insulare e di dubbia validità. Lepopolazioni continentali toscane sono riferitealla sottospecie Podarcis siculus campestris (DeBetta, 1857). Recenti contributi confermano ladifferenziazione della specie in alcuni sotto-gruppi strutturati geograficamente, evidenzian-do però la necessità di ulteriori ricerche, siaper verificare la loro effettiva validità, sia perdefinire il loro inquadramento tassonomico(Podnar et al., 2005; Corti in Sindaco et al.,2006; Sindaco & Jeremcenko, 2008; The TigrReptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a possibile geonemia sud-europea(ridotta sia nel settore occidentale, sia in quel-lo orientale), presente in Italia, Svizzera meri-dionale e lungo la fascia costiera adriaticadella Penisola Balcanica fino al Montenegro;

introdotta in Corsica, nelle Isole Baleari e inalcune località della Spagna, Francia meridio-nale, Turchia e Stati Uniti. In Italia è ampia-mente diffusa nelle isole e in gran parte dellaPenisola, escluse le estreme regioni settentrio-nali (Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige) e lamaggior parte della Liguria (Corti et al. inGasc et al., 1997; Arnold & Ovenden,2002; SHI, 2005, 2007; Corti in Sindaco etal., 2006; The Tigr Reptile Database, 2009).

Ecologia e biologiaLa lucertola campestre è specie ad ampiavalenza ecologica che colonizza ambienti divario tipo, generalmente aperti ed erbosicome dune costiere, prati, pascoli, coltivi, mar-gini stradali, orti, giardini e parchi cittadini. Piùtermofila rispetto alla lucertola muraiola, inItalia si rinviene dal livello del mare fino a oltre2000 m sull’Etna, ma nelle regioni centrali nonoltrepassa i 1000 m. È attiva tutto il giorno,generalmente dalla fine di febbraio a novem-

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Femmina di lucertola campestre (PP90, Podere Casetta, 17.3.09).

LUCERTOLA CAMPESTRE, PODARCIS SICULUS (RAFINESQUE, 1810)

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bre, ma la quiescenza invernale può essereinterrotta in occasione di giornate particolar-mente miti. La riproduzione si verifica anchedue o tre volte nel corso dell’anno, general-mente tra marzo e giugno; ogni femminadepone, in fenditure rocciose, nelle cavità dialberi o nella lettiera, fino a un massimo didieci uova biancastre che schiudono dopo uno-tre mesi. La dieta è estremamente generalizza-

ta e comprende in prevalenza insetti,come coleotteri, formiche, forbicine egrilli, altri piccoli artropodi comeragni e isopodi e anche chiocciole efrutta. Come la lucertola muraiola,ha molti predatori, la maggior partedei quali occasionali; i più significati-vi comprendono i rapaci diurni e not-turni (come la poiana, il gheppio, lacivetta, ecc.) e i serpenti (come ilbiacco, il colubro di Riccioli, il saet-tone, ecc.) (Bruno, 1986; Corti & LoCascio, 1999; Bux et al., 2000;Luiselli et al., 2001; Bombi &Bologna, 2002; Capula & Luiselli,2002; Nappi & Mastrorilli, 2003;Corti in Sindaco et al., 2006; Vanni& Nistri, 2006; Arcidiacono et al.,2007).

Distribuzione, ecologia e biologiain provincia di SienaLa lucertola campestre è molto comu-ne in tutta la Toscana (copertura:186 quadrati su 306), isole compre-se, ma diviene rara o manca del tuttoal di sopra dei 900-1000 m diquota (Vanni & Nistri, 2006).In provincia di Siena è, insieme alramarro, alla lucertola muraiola e albiacco, uno dei rettili più comuni ediffusi, realizzando la coperturaquasi completa dell’area di studio.

Manca, infatti, soltanto in un quadra-to del comprensorio amiatino (QN14) dovepotrebbe essere effettivamente assente o quan-tomeno piuttosto rara a causa del caratteremontano del territorio.Questo sauro vive prevalentemente in areeaperte come mosaici di prati, pascoli, semina-tivi e incolti, alternati a colture arboree comevigneti e oliveti, oppure suddivisi da siepi ealberature di varia tipologia ed estensione,

Maschio di lucertola campestre (PP90, Pievasciata, 9.8.09).

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oppure contigui ad aree forestate; colonizzacon successo anche aree edificate, frequen-tando orti, giardini e parchi pubblici, sia inaree rurali che urbane. Si trova in un ampiointervallo altitudinale (quota minima: 70 m;PN96: Fiume Ombrone, dintorni di Piatina;quota massima: 1080 m; QN35: MonteCetona; la maggior parte delle località ricadenella fascia compresa tra 300 e 600 m) e haun periodo di attività che va da circa metàmarzo fino agli inizi di novembre.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Least Concern” a livello globa-le (IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007); lepopolazioni delle isole toscane sono ritenute“Lower Risk” (Vanni in RE.NA.TO., 2005); èinclusa nell’Allegato A della L.R. 56/2000(specie di interesse regionale la cui conserva-zione può richiedere la designazione di Siti diImportanza Regionale).In Toscana, la lucertola campestre è moltocomune e priva di problemi di conservazione(Vanni & Nistri, 2006); anche nel Senese èampiamente diffusa, sebbene un po’ menodella lucertola muraiola.In provincia di Siena è presente nella maggiorparte delle riserve naturali (manca in quattro:Crete dell’Orcia, La Pietra, Pietraporciana e

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Pigelleto) e in quasi tutti i SIR (manca solo inuno: Foreste del Siele e Pigelleto diPiancastagnaio).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaValgono le considerazioni fatte a propositodella lucertola muraiola.

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Maschio di lucertola campestre (PN99, Villa Medane, 25.6.09).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in due sottospecie;le popolazioni peninsulari sono assegnate allasottospecie nominotipica. Insieme con altre settespecie appartiene al gruppo degli scinchi prati-coli, caratterizzati da un allungamento delcorpo e dalla riduzione delle zampe (Caputo inSindaco et al., 2006; Giovannotti et al., 2007;Carranza et al., 2008; Sindaco & Jeremcenko,2008; The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a probabile geonemia mediterraneo-occidentale, presente in Italia (a sud del corsodel Fiume Po), in Sicilia, in Sardegna e in Africasettentrionale (Tunisia e, marginalmente, Algeriae Libia) (Cheylan in Gasc et al., 1997; SHI,2005, 2007; Caputo in Sindaco et al., 2006;Carranza et al., 2008; Sindaco & Jeremcenko,2008; The Tigr Reptile Database, 2009).

Ecologia e biologiaLa luscengola colonizza preferibilmente pratie pascoli stabili, meglio se in pendii benesposti e soleggiati e con ricca coperturaerbacea. È tipicamente legata alle quotecomprese tra il livello del mare e i 600 m,sebbene nel Lazio sia in grado di raggiunge-re i 1600 m. Esclusivamente diurna, conducevita attiva, in genere, da marzo a ottobre,sebbene sia stata osservata in attività anchein giornate invernali particolarmente assolate.Gli accoppiamenti avvengono in marzo-apri-le, subito dopo la fine della latenza inverna-le e la femmina, dopo due-quattro mesi, par-torisce fino a un massimo di quindici piccolisubito indipendenti. La dieta comprendeun’ampia varietà di piccoli artropodi, maanche anellidi e molluschi. Potenziali preda-tori della luscengola sono serpenti, uccellirapaci e mammiferi carnivori (Bruno, 1986;

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LUSCENGOLA, CHALCIDES CHALCIDES (LINNAEUS, 1758)

Luscengola (PP80, Pian del Lago, 19.5.07).

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Canova in Brichetti et al., 1992; Bux et al.,2000; Nappi & Mastrorilli, 2003; Caputo inSindaco et al., 2006; Vanni & Nistri, 2006;Petretti, 2008).

Distribuzione, ecologia e biologia in pro-vincia di SienaIn Toscana la luscengola è abbastanza diffusa(copertura: 92 quadrati su 306) anche se lasua distribuzione è ancora poco nota e sicura-mente sottostimata (Vanni & Nistri, 2006). NelSenese risulta più o meno comune e presentequasi ovunque (copertura: 48 quadrati su 52).Questo scincide vive in ambienti aperti, conricca vegetazione erbacea e scarsa copertu-ra arborea e arbustiva, in un ampio interval-lo altitudinale (quota minima: 105 m; PP70:Torrente dei Casciani, dintorni di Luiano diSotto; quota massima: 1140 m; QN35:Monte Cetona; la maggior parte delle locali-tà di rinvenimento si trovano al di sotto dei300 m). Il periodo di attività osservato vadall’ultima decade di marzo alla prima dinovembre.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Least Concern” a livello globa-le (IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007) ed èinclusa nell’Allegato B della L.R. 56/2000(specie protetta). In Toscana, la luscengola è abbastanza comu-ne e ben distribuita (Vanni & Nistri, 2006); lepopolazioni senesi sembrano stabili nel com-plesso, anche se probabilmente soggette a flut-tuazioni a livello locale. I principali fattori dirischio per questa specie, legata alle aree aper-te, sono l’incremento delle coltivazioni intensivee delle monocolture, la cessazione del pasco-lo, la riforestazione e gli incendi. Non a casorisulta assente in gran parte della Val d’Orcia edella Val di Chiana, dove si trovano le aree piùintensamente coltivate della provincia.In provincia di Siena è presente in quattro riservenaturali (Cornate e Fosini, Farma, Lago diMontepulciano, Lucciola Bella) e nella maggiorparte dei SIR (manca in: Basso Merse,Castelvecchio, Cono vulcanico del Monte Amiata,Foreste del Siele e Pigelleto di Piancastagnaio,Podere Moro - Fosso Pagliola, Ripa d’Orcia).

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Luscengola (QN03, Oasi WWF Bosco Rocconi, 12.8.07).

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Rapporti con l’uomo in provincia di SienaUn piccolo sauro serpentiforme e quasi apodeche risulta poco noto, nonostante che local-mente possa essere abbondante. Ciò è dovuto

al fatto che si tratta di una specie molto elusiva,essendo più che altro rilevabile come qualcosache si muove velocemente tra l’erba alta. Piùnota in ambiente rurale, dove è conosciutacome “lucignolo” (“lucignola”, in Val d’Elsa),nome con il quale viene indicato anchel’orbettino (avendo un aspetto molto simile, ledue specie non sono usualmente distinte).Nello stemma di Lucignano d’Arbia è raffigu-rato un serpentello ondeggiante color argentosu un campo blu (Anonimo, 1877), chesecondo alcuni rappresenterebbe un lucignolo(Coscarella & Franchi, 1984).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in alcune sottospe-cie; le popolazioni toscane sono assegnatealla sottospecie nominotipica. Essendo finorapoco studiata, la sistematica sottospecificadeve essere rivista alla luce di indagini piùmoderne (Semenzato in Sindaco et al., 2006;The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia europea (estesaall’Anatolia, Caucaso e Iran settentrionale), lar-gamente diffusa in Europa e in Asia sud-occi-dentale (arriva all’Iran settentrionale e alKazakistan occidentale). In Italia si trova intutte le regioni, esclusa la Sardegna (Strijboschin Gasc et al., 1997; Arnold & Ovenden,2002; SHI, 2005, 2007; Semenzato inSindaco et al., 2006; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaIl colubro liscio colonizza boschi, macchie,

pascoli asciutti, terreni sassosi e accidentati,pietraie, muretti a secco e ruderi. In Italia ègeneralmente diffuso tra i 500 e i 1000 m diquota, ma sulle Alpi occidentali è in grado diraggiungere i 2250 m. Essenzialmente diurno,è attivo da marzo-aprile a ottobre. Gli accop-piamenti avvengono tra aprile e maggio,generalmente ogni due-tre anni. La femmina,di regola ovovivipara, partorisce, dopo unagestazione di due-cinque mesi, fino a un mas-simo di quindici piccoli. La maturità sessualeviene raggiunta di solito a tre anni nei maschie a quattro nelle femmine. La dieta è preva-lentemente costituita da artropodi (soprattuttoortotteri) in età giovanile e da sauri (lucertole eorbettini) in età adulta. Tra i suoi predatori natu-rali si annoverano alcuni serpenti (ad esempioil biacco), i rapaci diurni (come il biancone) ealcuni mammiferi (come i mustelidi e il cin-ghiale) (Bruno & Maugeri, 1990; Luiselli et al.,1996; Capula et al., 1997; Angelici &Luiselli, 1998; Semenzato in Sindaco et al.,2006; Vanni & Nistri, 2006).

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COLUBRO LISCIO, CORONELLA AUSTRIACA LAURENTI, 1768

Colubro liscio (PP70, Campo Meli, 13.10.07).

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Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaSulla base dei dati disponibili, il colubro lisciosembra avere una distribuzione abbastanzadiscontinua in Toscana (copertura: 54 qua-drati su 306), essendo più frequente solo nel-l’area appenninica e nell’Isola d’Elba (Vanni &Nistri, 2006).

Nel Senese risulta poco diffuso, raro e localiz-zato (copertura: 11 quadrati su 52); infatti è almomento noto solo per poche stazioni della dor-sale Poggio del Comune - Montagnola Senese,delle Valli del Farma-Merse e del Monte Cetona;fuori provincia, è segnalato per l’alta Val diPaglia (QN34) nella Riserva Naturale MonteRufeno (SHI, 2007). È inoltre riportato per altriquadrati (PN77, QN15) sulla base di segnala-zioni di incerta georeferenziazione e risalenti aun periodo precedente a quello preso in consi-derazione (PN77: Val di Farma; Zuiderwijk &Schoorl, 1988; SHI, 2005, 2007; QN15:Monte Amiata; SHI, 2005, 2007; Vanni &Nistri, 2006) (per altri dettagli su queste segna-lazioni, vedi Appendice “Dati esclusi”).

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È stato rilevato in località comprese tra unminimo di 200 m (PN97: Torrente Crevolone)e un massimo di 640 m (QN35: PodereFelceto II), tutte situate in aree più o meno fore-state su substrati rocciosi, in un arco tempora-le che spazia tra la prima settimana di mag-gio e l’ultima di ottobre.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerato “Least Concern” in Italia (SHI,2007) e “Lower Risk” in Toscana (Vanni inRE.NA.TO., 2005); è incluso nell’Allegato Adella L.R. 56/2000 (specie di interesse regio-nale la cui conservazione può richiedere ladesignazione di Siti di Importanza Regionale).Sebbene in Toscana il colubro liscio sia inapparente declino (Vanni & Nistri, 2006), nonsi hanno elementi per fare valutazioni dellostato delle popolazioni senesi rispetto al pas-

sato. Possibili fattori di rischio sono costituitidall’alterazione e distruzione degli habitat fore-stali (selvicoltura, incendi), dalla persecuzionediretta (è frequentemente scambiato per lavipera), dal traffico veicolare (soprattutto quel-lo dei fuoristrada) e, forse, dall’aumento deicinghiali.In provincia di Siena è stato accertato in treriserve naturali (Alto Merse, Basso Merse,Castelvecchio) e in cinque SIR (Alta Val diMerse, Basso Merse, Castelvecchio,Montagnola Senese, Val di Farma).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaQuesto piccolo serpente, considerata la sualimitata diffusione e la sua apparente rarità, èquasi del tutto sconosciuto. In alcuni casi èstata accertata l’uccisione di esemplari scam-biati per vipere.

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Colubro liscio (PN88, Riserva Naturale Alto Merse, 1.5.08).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in due sottospecie;le popolazioni peninsulari sono assegnate allasottospecie nominotipica. Nel complesso, unaspecie ancora poco studiata: è possibile chel’inquadramento tassonomico delle sue popo-lazioni riservi in futuro qualche sorpresa(Razzetti & Bonini in Sindaco et al., 2006; TheTigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia mediterraneo-occidentale,diffusa dalla Penisola Iberica all’Italia e dalMarocco alla Tunisia. In Italia è diffusa inmodo irregolare, risultando più frequente inPiemonte e in Liguria, assente o localizzata nelresto della penisola, con limite meridionale didistribuzione in Puglia settentrionale (Dusej inGasc et al., 1997; Arnold & Ovenden,2002; SHI, 2005, 2007; Razzetti & Bonini in

Sindaco et al., 2006; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaIl colubro di Riccioli frequenta ambienti aridi benesposti, come pietraie e macereti, arbusteti egarighe, margini di colture, macchie e quercetisempreverdi (leccete e sugherete) o decidui. InItalia è diffuso in prevalenza al di sotto dei 400m, ma può raggiungere i 1000 m sulle Alpi esugli Appennini. Di abitudini crepuscolari e not-turne, è attivo da marzo-aprile agli inizi di otto-bre. Gli accoppiamenti si verificano in aprile-giugno; le femmine depongono, di regola tragiugno e luglio, fino a sedici uova che schiudo-no dopo due-tre mesi. Si nutre quasi esclusiva-mente di artropodi e piccole lucertole in età gio-vanile e di lucertole e gechi in età adulta. Vienepredato da uccelli rapaci, da mammiferi carni-vori e da cinghiali (Bruno & Maugeri, 1990;

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COLUBRO DI RICCIOLI, CORONELLA GIRONDICA (DAUDIN, 1803)

Colubro di Riccioli (PN56, Valpiana, 1.5.09).

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Agrimi & Luiselli, 1994; Angelici & Luiselli,1998; Luiselli et al., 2001; Razzetti & Bonini inSindaco et al., 2006; Vanni & Nistri, 2006).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaCome il colubro liscio, anche il colubro diRiccioli sembra avere una distribuzione abba-stanza irregolare e discontinua in Toscana (coper-tura: 58 quadrati su 306; Vanni & Nistri, 2006).Nel Senese risulta poco diffuso, raro e localiz-zato (copertura: 11 quadrati su 52), essendostato finora trovato solo in poco più di una deci-na di località (Val d’Elsa, alta Val di Cecina,Crete Senesi, dorsale di Poggio Capanne e Vald’Orcia); fuori provincia, è segnalato per Cittàdella Pieve (QN46) (SHI, 2007). Negli anni’80 è stato trovato anche in Val di Farma(PN87) e sui Monti del Chianti (QP01) (SHI,2005, 2007; Vanni & Nistri, 2006) (per altridettagli su queste e altre segnalazioni escluse,vedi Appendice “Dati esclusi”).

È stato rilevato in località poste tra un minimodi 165 m (PN69: Fiume Cecina, Ponte dellaSpineta) e un massimo di 540 m (PP51: ColleCavina), caratterizzate da mosaici di vegeta-zione arbustiva e arborea alternati a seminati-vi, pascoli, incolti, vigneti e oliveti, in un perio-do che si colloca tra la prima settimana dimarzo e l’ultima di ottobre.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerato “Least Concern” a livello globale(IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007) e “LowerRisk” in Toscana (Vanni in RE.NA.TO., 2005); èincluso negli Allegati A e B della L.R. 56/2000(specie di interesse regionale la cui conserva-zione può richiedere la designazione di Siti diImportanza Regionale e specie protetta).Il colubro di Riccioli è in diminuzione in Italia(Razzetti & Bonini in Sindaco et al., 2006) ein Toscana (Vanni & Nistri, 2006); per quan-to concerne il Senese, non sono disponibilidati per valutare il suo stato rispetto al pas-

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Colubro di Riccioli (PN79, Fontarradi, 15.8.06).

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sato. Tuttavia, tenuto conto della sua rarità edelle tipologie ambientali in cui è stato rile-vato, è possibile che sia soggetto a fluttua-zioni a livello locale. Ad esempio, una popo-lazione campionata ripetutamente tra la finedegli anni ’90 e i primi del 2000 (PN50:dintorni di Podere La Serra), non è stata piùritrovata dopo il 2003. I principali fattori di

rischio sono rappresentati dalla semplifica-zione del paesaggio agricolo tradizionale(distruzione di siepi, alberature stradali evegetazione ripariale, incendi e smantella-mento di muretti a secco), dalla persecuzionediretta (è scambiato per la vipera) e dal traf-fico motorizzato.In provincia di Siena è stato accertato in duesoli SIR (Montagnola Senese, Monte OlivetoMaggiore e Crete di Asciano).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaCome il colubro liscio, trattandosi di specierara e poco diffusa, è del tutto sconosciuto. Inun caso si è accertata l’uccisione di un esem-plare che era stato scambiato per una vipera.

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Cervone (QN03, Oasi WWF Bosco Rocconi, 9.5.08).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in alcune sottospe-cie; le popolazioni italiane sono assegnatealla sottospecie nominotipica. Come altri ser-penti, si tratta di un’entità finora poco studiata;pertanto, la sistematica sottospecifica deveessere riconsiderata alla luce di indagini piùmoderne (Marconi in Sindaco et al., 2006;The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie, come tradizionalmente intesa, a geo-nemia turanico-europea (ridotta nel settoreoccidentale) oppure, se limitata alle popola-zioni europee, a geonemia sud-europea (ridot-ta nel settore occidentale). Se accettata in que-st’ultimo senso si tratta di un’entità presente inEuropa sud-orientale (dall’Italia fino allaPenisola Balcanica). Nella nostra Penisola èpresente nelle regioni centro-meridionali (il limi-te settentrionale sembra coincidere con laToscana e le Marche), anche se ci sono segna-lazioni per alcune regioni settentrionali, comePiemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia, dovu-te a errori di determinazione o basate su esem-plari rilasciati o sfuggiti alla cattività (Böhme inGasc et al., 1997; Arnold & Ovenden,2002; SHI, 2005, 2007; Marconi inSindaco et al., 2006; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaIl cervone frequenta ambienti con coperturaarborea, come boschi decidui, sempreverdi emacchia mediterranea, ricchi di pietraie,macereti, muri a secco e ruderi; non di rado sitrova anche lungo argini fluviali e nei marginidi aree paludose. In Italia si rinviene dal livel-lo del mare a circa 1000 m, sebbene sia più

frequente al di sotto di 500 m di quota. Di abi-tudini prevalentemente diurne, conduce vitaattiva da marzo-aprile a settembre-ottobre.L’accoppiamento avviene tra aprile e giugno ela deposizione delle uova tra giugno e luglio.Ogni femmina depone fino a un massimo disedici uova di grandi dimensioni che schiudo-no dopo 40-65 giorni. La maturità sessuale èraggiunta da entrambi i sessi a tre-quattro annidi vita. Il cervone si nutre soprattutto di roditori(topi selvatici, ratti e arvicole), uccelli e lorouova (in particolare passeriformi) e, in misuraminore, di lucertole. Il suo più comune preda-tore naturale è il biancone (Bruno & Maugeri,1990; Cattaneo & Petretti in Brichetti et al.,1992; Capizzi et al., 1996; Capizzi &Luiselli, 1997; Angelici & Luiselli, 1998;Filippi et al., 2005; Marconi in Sindaco et al.,2006; Vanni & Nistri, 2006; Petretti, 2008).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIn Toscana il cervone è diffuso pressoché esclu-sivamente nella porzione centro-meridionaledella regione (copertura: 60 quadrati su 306),quella grossomodo a sud del Fiume Arno(Vanni & Nistri, 2006).

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CERVONE, ELAPHE QUATUORLINEATA (LACÉPÈDE, 1789)

Giovane di cervone (PN72, Vergheria, 11.6.08).

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Nel Senese è piuttosto raro e poco diffuso(copertura: 22 quadrati su 52); è presente in Vald’Elsa, nella Montagnola Senese, nei Monti delChianti, nelle valli del Farma-Merse, nell’alta Vald’Orcia e nel comprensorio amiatino; fuori pro-vincia è segnalato per l’alta Val di Paglia(QN34) nella Riserva Naturale Monte Rufeno(Bologna & Vignoli, 2004). È stato, inoltre, ripor-tato per altri due quadrati dell’area chiantigianasulla base di segnalazioni effettuate negli anni’80 (PP90 e PP91; SHI, 2005, 2007; Vanni &Nistri, 2006) e per un’altra decina di quadratisulla base di segnalazioni, spesso di incerta geo-referenziazione, risalenti a un periodo compresotra il 1879 e il 1950, oppure non datate (perdettagli, vedi Appendice “Dati esclusi”).

Questa specie frequenta aree boscate (soprat-tutto leccete e querceti), ma si ritrova anche inambienti mosaicizzati (prati e pascoli alternatia coltivi, arbusteti e nuclei di vegetazionearborea), talvolta in prossimità di abitati ruralie centri urbani. È presente in un ampio inter-vallo altitudinale (quota minima: 180 m;PN88: San Lorenzo a Merse; quota massima:805 m; QN14: Poggio Castagno; la mag-gior parte delle località di rinvenimento si col-loca tra 300 e 500 m) e conduce vita attivadalla tarda primavera al primo autunno.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerato “Near Threatened” a livello glo-bale (IUCN, 2009) e “Vulnerable” in Italia

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Cervone (QN03, Oasi WWF Bosco Rocconi, 27.5.08).

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(SHI, 2007) e in Toscana (Vanni inRE.NA.TO., 2005); è incluso negli Allegati IIe IV della Direttiva 92/43/CEE (specie diinteresse comunitario la cui presenza richiede

la designazione di Zone Speciali diConservazione e che richiede una protezionerigorosa), nell’Allegato A della L.R. 56/2000(specie di interesse regionale la cui conserva-zione può richiedere la designazione di Siti diImportanza Regionale).In Italia e in Toscana, il cervone è una speciequasi ovunque poco comune, in progressivo esensibile declino (Marconi in Sindaco et al.,2006; Vanni & Nistri, 2006). È possibile chequesto sia vero anche per il Senese, visto chenon è stato ritrovato in molte località dove erasegnalato nel passato. I principali fattori diminaccia includono la semplificazione delpaesaggio agricolo tradizionale, l’alterazionee distruzione degli habitat forestali (selvicoltu-

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ra, incendi), la persecuzione diretta e il trafficomotorizzato.In provincia di Siena, è stato accertato in dueriserve naturali (Castelvecchio, Cornate eFosini) e in cinque SIR (Alta Val di Merse,Castelvecchio, Foreste del Siele e Pigelleto diPiancastagnaio, Montagnola Senese, Val diFarma).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaQuesta specie, davvero notevole, unisce allesue ragguardevoli dimensioni (i nostri esem-plari arrivano a 160 cm), un’indole assai mite.

Nel Senese è poco diffusa e, generalmente,dove presente non è mai particolarmenteabbondante. A causa di ciò è, in genere,poco conosciuto; solo nel settore meridionaledella provincia, dove alcuni lo chiamanoserpe topaio, serpe vaccaio o pocciavacche,sembra apparentemente più noto. Il giovane,dotato di una livrea molto differente da quelladell’adulto, potrebbe essere scambiato peruna vipera; anche se per il Senese non sihanno riscontri, si ritiene questa possibilitàmolto verosimile (vedi ad esempio: Corrieredella Maremma, 24 luglio 2009).

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Cervone (QN03, Oasi WWF Bosco Rocconi, 9.5.08).

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TassonomiaRitenuta, al momento, una specie monotipica.Recenti contributi filogeografici evidenziano,tuttavia, una certa strutturazione geograficadelle popolazioni che potrebbe supportareuna suddivisione sottospecifica (Nagy et al.,2004; Vanni & Nistri in Sindaco et al., 2006;Joger et al., 2007; The Tigr Reptile Database,2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia sud-europea (ridotta nelsettore orientale), diffusa in Europa centro-meri-dionale, presente in Spagna settentrionale(Pirenei), in gran parte della Francia, Svizzera,Italia, Austria, Slovenia e Croazia. In Italia sitrova in tutta la penisola, in Sardegna, inSicilia e nella maggior parte delle isole minori(Naulleau in Gasc et al., 1997; Arnold &Ovenden, 2002; SHI, 2005, 2007; Vanni &Nistri in Sindaco et al., 2006; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaIl biacco è un serpente ad ampia valenzaecologica che, pur prediligendo le fasce eco-tonali, si rinviene sia in ambienti boscati cheaperti, coltivati o incolti, nei greti dei corsid’acqua, in ruderi e muretti a secco e inambienti urbanizzati (orti, giardini e parchi).In Italia è diffuso dal livello del mare fino acirca 1800 m di quota. Spiccatamente diur-no, conduce vita attiva generalmente damarzo a ottobre. Gli accoppiamenti avven-gono tra aprile e giugno; le femmine depon-gono fino a quindici uova bianche ornate danumerose macchie scure che schiudono dopodue-tre mesi. La maturità sessuale è raggiuntatra tre e cinque anni di età. I giovani si nutro-no principalmente di grossi insetti e piccolelucertole, gli adulti di lucertole, ramarri, pic-coli serpenti, micromammiferi e piccoli uccel-li. Viene predato da uccelli rapaci (come lapoiana e il biancone) e, verosimilmente, daalcuni mammiferi carnivori e dai cinghiali

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BIACCO, HIEROPHIS VIRIDIFLAVUS (LACÉPÈDE, 1789)

Giovane di biacco (PP80, Casale, 21.5.07).

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(Bruno & Maugeri, 1990; Canova in Brichettiet al., 1992; Capizzi et al., 1995; Angelici& Luiselli, 1998; Bux et al., 2000; Vanni &Nistri in Sindaco et al., 2006; Vanni &Nistri, 2006; Filippi et al., 2007; Scali etal., 2008; Petretti, 2008).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIl biacco è un serpente diffuso in tutta laToscana, comprese le isole maggioridell’Arcipelago Toscano (copertura: 201 qua-drati su 306; Vanni & Nistri, 2006). Anche inprovincia di Siena è uno dei rettili più diffusi,essendo molto comune quasi dappertutto

(copertura: 52 quadrati su 52).Colonizza un’ampia gamma di tipologieambientali, prediligendo tuttavia siti ricchidi situazioni ecotonali (mosaici di vegeta-zione arbustiva e arborea con seminativi,pascoli, incolti, vigneti, oliveti, ecc.), anchein prossimità o all’interno di aree edificate.È presente in un ampio intervallo altitudina-le (quota minima: 70 m; PN96: FiumeOmbrone, dintorni di Piatina; quota massi-ma: 860 m; QN14: Pietralunga; la mag-gior parte delle località di rinvenimento rien-tra nella fascia basso-collinare) ed è attivoquasi tutto l’anno eccetto i mesi più freddidell’inverno.

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Biacco (PP50 Volterra, dintorni di La Piancana, 24.5.08).

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Conservazione in provincia di SienaÈ considerato “Least Concern” a livelloglobale (IUCN, 2009) e in Italia (SHI,2007).In Toscana, questa specie sembra essereandata incontro a una più o meno evidentediminuzione rispetto al passato (Vanni &Nistri, 2006); tuttavia le popolazioni senesisono ancora abbondanti e probabilmentestabili. I maggiori fattori di rischio sono

costituiti dalla semplificazione del paesag-gio agricolo tradizionale (distruzione disiepi, alberature stradali e vegetazione ripa-riale, incendi e smantellamento di muretti asecco), dalla persecuzione diretta e dal traf-fico motorizzato (è la specie di cui è statorilevato il maggior numero di esemplari ucci-si dagli automezzi: 168 esemplari).In provincia di Siena è stato accertato incinque riserve naturali (Alto Merse, Boscodi Sant’Agnese, Lago di Montepulciano,Lucciola Bella, Ripa d’Orcia) e nella mag-gior parte dei SIR (non è stato rilevato in:Basso Merse, Castelvecchio, Cono vulcani-co del Monte Amiata, Cornate e Fosini,Podere Moro - Fosso Pagliola).

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Rapporti con l’uomo in provincia di SienaIl serpente più diffuso, comune e abbondante,conosciuto genericamente come “serpe” o, piùspecificatamente, come “frustone” o “verdone”(nomi, peraltro, applicati anche al saettone). Sitratta di una specie mordace: messo alle stret-te, non esita ad attaccare e mordere, ma nonè assolutamente in grado di dare frustate conla coda. Come tutti i serpenti non suscita alcu-na simpatia e viene ucciso tutte le volte che èpossibile.Sui serpenti esisteva un vasto repertorio di cre-

denze popolari tra cui la più radicata era chefossero ghiotti di latte (da cui il nome, piuttostoaspecifico, di “serpe lattaiolo”). Si diceva chepotessero suggere il latte a capre, pecore emucche (animali con poco latte e capezzoligraffiati erano stati sicuramente munti da unserpente) e persino “allopiare” le puerpere inmodo da succhiare il latte dalla bocca dei lat-tanti. Un’altra credenza, meno diffusa, era chefossero invece i frutti del gigaro Arum italicuma essere appetiti, da cui il nome “pan diserpe” con cui questa pianta è conosciuta.

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Biacco (PN69, dintorni di Molino d’Elsa, 10.5.08). L’opalescenza dell’occhio dipende dal fatto che si trat-ta di un esemplare prossimo alla muta.

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in alcune sottospe-cie; le popolazioni toscane sono assegnatealla sottospecie Natrix natrix helvetica(Lacépède, 1789). Recenti contributi genetico-molecolari confermano una ripartizione geo-grafica delle popolazioni in almeno cinquelinee principali (Gentilli & Scali in Sindaco etal., 2006; Guicking et al., 2006; The TigrReptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie, così come correntemente intesa, ageonemia centroasiatico-europeo-mediterra-nea diffusa in quasi tutta Europa (manca nelleregioni settentrionali, al di sopra del 60° paral-lelo), in Asia centro-occidentale (arriva fino alLago Baikal) e in Africa settentrionale (dal

Marocco alla Tunisia). Presente in tutto il terri-torio italiano, isole comprese (Kabisch in Gascet al., 1997; Arnold & Ovenden, 2002; SHI,2005, 2007; Gentilli & Scali in Sindaco etal., 2006; The Tigr Reptile Database, 2009).

Ecologia e biologiaLa biscia dal collare frequenta una grandevarietà di ambienti, sia acquatici (corsid’acqua, stagni, laghi, paludi ecc.), sia ter-restri (boschi, arbusteti, coltivi, incolti, ecc.).In Italia si rinviene dal livello del mare a2300 m sulle Alpi occidentali, ma è piùcomune a quote inferiori ai 1500 m.Generalmente diurna, ma talora notturna neiperiodi estivi più caldi, risulta attiva da marzoa novembre. Gli accoppiamenti avvengonodi preferenza a partire dalla seconda metà di

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Subadulto di biscia dal collare (QN03, Fiume Albegna, confluenza Torrente Rigo, 12.8.07).

BISCIA DAL COLLARE, NATRIX NATRIX (LINNAEUS, 1758)

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marzo fino a maggio; ciascuna femminadepone in giugno-luglio fino a 100 uova,spesso insieme ad altre femmine, nella lettierao tra i cumuli di vegetali in decomposizione,che schiudono dopo uno-tre mesi. La maturitàsessuale è raggiunta a tre anni dai maschi e aquattro-cinque anni dalle femmine. La bisciadal collare si nutre prevalentemente di anuri(rane, rospi e loro girini); altre prede sono rap-presentate da piccoli pesci, urodeli, lucertole,piccoli uccelli e micromammiferi. Viene preda-ta da uccelli rapaci (come la poiana e il bian-cone) e, verosimilmente, da alcuni mammifericarnivori e dai cinghiali (Lanza, 1983; Bruno& Maugeri, 1990; Luiselli et al., 1997b,2005; Angelici & Luiselli, 1998; Bux et al.,2000; Gentilli & Scali in Sindaco et al.,2006; Vanni & Nistri, 2006).

Distribuzione, ecologia e biologia in pro-vincia di SienaIn Toscana la biscia dal collare è diffusa ovun-que (copertura: 151 quadrati su 306); è pre-sente anche nell’Arcipelago Toscano, limitata-mente all’Isola d’Elba (Vanni & Nistri, 2006).Nel Senese è, dopo il biacco, il serpente piùcomune e diffuso essendo presente quasi dap-pertutto (copertura: 48 quadrati su 52).Questa specie colonizza un’ampia varietà dicontesti ambientali (foreste, coltivi, pascoli,incolti, mosaici di colture agrarie e vegetazio-ne naturale, ecc.), preferibilmente in prossimitàdi corsi d’acqua, laghi, stagni e aree allaga-te. È presente in un intervallo altidudinale moltoesteso (quota minima: 80 m; PN96: FiumeOrcia, Podere Poggio d’Orcia; quota massi-ma: 880 m; QN15: Fosso Rigale; la maggior

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Subadulto di biscia dal collare (PP81, Fosso di Canicchia, Molino di Bombi, 2.4.08).

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parte delle località dove è stata rinvenuta sicolloca nella fascia collinare, quella compresatra 200 e 400 m di quota) e ha un periodo divita attiva che si protrae dalla seconda setti-mana di marzo alla prima di novembre.

Conservazione in provincia di SienaÈ ritenuta “Lower Risk/Least Concern” a livello

globale (IUCN, 2009) e “Least Concern” inItalia (SHI, 2007); è inclusa nell’Allegato Bdella L.R. 56/2000 della Regione Toscana(specie protetta).In Toscana, la biscia dal collare è ancoracomune anche se localmente può essere anda-ta incontro a una certa diminuzione (Vanni &Nistri, 2006); le popolazioni senesi sembranoverosimilmente stabili. I principali fattori diminaccia sono rappresentati dalla semplifica-zione del paesaggio agricolo tradizionale,dalla perdita di qualità degli ecosistemiacquatici (escavazioni e lavori in alveo, distru-zione della vegetazione ripariale e litoranea,inquinamento), dalla persecuzione diretta (è laspecie più frequentemente scambiata per la

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vipera) e dal traffico veicolare.In provincia di Siena è presente in cinque riser-ve naturali (Basso Merse, Castelvecchio,Cornate e Fosini, Il Bogatto, Pietraporciana) enella maggior parte dei SIR (non è stata rile-vata in: Cono vulcanico del Monte Amiata,Foreste del Siele e Pigelleto di Piancastagnaio,Lucciolabella, Monte Oliveto Maggiore eCrete di Asciano, Podere Moro - FossoPagliola, Ripa d’Orcia).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaUna volta, nell’ambiente rurale, la biscia dal

collare era abbastanza conosciuta e denotatasia con il nome di “serpe acquaiolo”, sia conquello di “serpe bottaio” (quest’ultimo evidenziacome fosse risaputo che si nutrisse di anfibi tracui i rospi, localmente detti “botti”). Oggi ècomplessivamente meno nota e, spesso, scam-biata per una vipera, anche da persone di unacerta cultura. Sensazionali reportages giornali-stici di vipere lunghe più di un metro sono quasisempre da attribuire a questa specie.Nonostante le sue dimensioni, è un serpenteinnocuo, che si difende più che altro con fetideesalazioni anali o fingendosi morto (tanatosi).

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Biscia dal collare (PP70, Fiume Elsa, dintorni di Ponte di San Marziale, 23.4.08).

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TassonomiaDi fatto considerata monotipica, visto cheuna delle due sottospecie in cui è usualmen-te suddivisa è ritenuta di dubbia validità (sitratta di Natrix tessellata heinrothi Hecht,1930, confinata a un’isola del Mar Nero).In realtà, analisi filogeografiche mostranoun’elevata strutturazione geografica dellepopolazioni, che supporterebbe la suddivi-sione in più sottospecie (Guicking et al.,2006; Scali & Gentilli in Sindaco et al.,2006; Joger et al., 2007; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia centroasiatico-europea,diffusa in Europa centro-orientale (limiteoccidentale rappresentato da Germania,Svizzera e Italia) e in Asia (fino alla Cinanord-occidentale). In Italia è presente in tuttele regioni, escluse la Valle d’Aosta, la Siciliae la Sardegna (Nistri et al. in Gasc et al.,1997; Arnold & Ovenden, 2002; SHI,

2005, 2007; Scali & Gentilli in Sindaco etal., 2006; The Tigr Reptile Database,2009).

Ecologia e biologiaLa biscia tassellata è, fra le bisce, la piùlegata all’acqua. Colonizza ambienti acqua-tici sia lentici, quali laghi, stagni, paludi erisaie, sia lotici come fiumi, torrenti e canali.In Italia si rinviene dal livello del mare a1800 m ma sembra più frequente fino a600 m di quota. Di costumi essenzialmentediurni, sebbene possa muoversi anche dinotte, è attiva da marzo-aprile a ottobre-novembre. L’accoppiamento ha luogo inacqua in aprile-maggio; ogni femmina depo-ne, tra giugno e gli inizi di agosto, un massi-mo di trenta uova presso le rive dei corsid’acqua, sotto cumuli di foglie, tronchi omassi, che schiudono dopo 40-70 giorni. Lamaturità sessuale viene raggiunta da entram-bi i sessi a tre-quattro anni. La dieta è costi-tuita per oltre il 90 % da pesci di dimensioni

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BISCIA TASSELLATA, NATRIX TESSELLATA (LAURENTI, 1768)

Biscia tassellata (PP90, Torrente Arbia, dintorni di Bocerano, 20.8.09).

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medio-piccole (soprattutto ciprinidi: vaironeitaliano, cavedano, scardola, alborella,ecc.). Tra i suoi predatori si ricordano uccellirapaci come il nibbio bruno, alcuni mammi-feri (come i mustelidi) e i pesci carnivori digrossa taglia (Lanza, 1983; Bruno &Maugeri, 1990; Petretti in Brichetti et al.,1992; Angelici & Luiselli, 1998; Scali &Gentilli in Sindaco et al., 2006; Vanni &Nistri, 2006; Luiselli et al., 2007).

Distribuzione, ecologia e biologia in pro-vincia di SienaLa biscia tassellata è abbastanza localizzatain Toscana (copertura: 53 quadrati su 306),essendo più frequente e meglio distribuitasolo in corrispondenza dei principali corsid’acqua (fiumi Arno, Cecina, Ombrone eFiora) (Vanni & Nistri, 2006).In provincia di Siena è piuttosto rara e pocodiffusa (copertura: 17 quadrati su 52), risul-tando presente soltanto in Val d’Elsa, nell’altaVal di Cecina, in Val d’Arbia, nelle valli del

Farma-Merse, in Val di Paglia e nel Lago diChiusi. È stata riportata inoltre anche per ilChianti fiorentino (PP82), i dintorni di Siena(PN89) e il Monte Amiata (QN15) (SHI,2005, 2007; Vanni & Nistri, 2006) sullabase di segnalazioni risalenti alla secondametà dell’800 e ai primi del ’900 (per altridettagli su queste segnalazioni vediAppendice “Dati esclusi”). È molto verosimileche la distribuzione cartografata rappresentio si avvicini molto all’effettiva distribuzione diquesta entità nel Senese.Si tratta di una specie rinvenuta soltanto lungocorsi d’acqua e in laghi naturali o artificiali, aconferma della sua spiccata preferenza per gliambienti acquatici. Tutti i siti dove è stata accer-tata rientrano nella fascia basso-collinare, esten-dendosi da un minimo di 110 m (PP71: FiumeElsa, confluenza Botro di Montecuccheri) a unmassimo di 400 m (PP91: Strada Provinciale diMolinlungo, km 3,9). Il periodo di vita attivaosservato si protrae dalla prima decade di apri-le alla seconda di ottobre.

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Biscia tassellata (PP90, Torrente Arbia, dintorni di Bocerano, 20.8.09).

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Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Least Concern” in Italia(SHI, 2007) e “Lower Risk” in Toscana(Vanni in RE.NA.TO., 2005); è inclusanell’Allegato IV della Direttiva 92/43/CEE(specie di interesse comunitario che richie-de una protezione rigorosa) e nell’AllegatoA della L.R. 56/2000 (specie di interesse

regionale la cui conservazione può richie-dere la designazione di Siti di ImportanzaRegionale).In Toscana, la biscia tassellata è in diminu-zione (Vanni & Nistri, 2006). Anche se lepopolazioni senesi sembrano probabilmentestabili, questa specie, decisamente acquati-ca, risente negativamente della perdita diqualità degli ecosistemi acquatici (escavazio-ni e lavori in alveo, distruzione delle fasce divegetazione ripariale e litoranea, prelievoidrico, inquinamento). Altri importanti fattoridi rischio sono costituiti dalla persecuzionediretta (è facilmente scambiata per la vipera)e dal traffico motorizzato, specialmente quel-lo dei fuoristrada.

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In provincia di Siena è stata accertata in unasola riserva naturale (Alto Merse) e in quattroSIR (Alta Val di Merse, Lago di Chiusi, Montidel Chianti, Val di Farma).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaUna specie poco diffusa e, pertanto, poco

nota. In Val d’Elsa e nelle Colline Metallifere,tuttavia, alcuni riconoscono, in questo piccoloserpente acquatico, l’aspide (o “aspite”),un’entità simile alla vipera, ma molto più vele-nosa. A dispetto di queste credenze, la bisciatassellata è una specie del tutto inerme che,sotto stress, va facilmente in tanatosi.

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Biscia tassellata (PP70 Fiume Elsa, confluenza della sorgente Le Caldane, 24.8.07).

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TassonomiaRitenuta, al momento, una specie monotipica.Recenti contributi filogeografici evidenziano,tuttavia, un gruppo di popolazioni orientali euno di popolazioni occidentali che potrebberorappresentare sottospecie distinte (Utiger et al.,2002; Razzetti & Zanghellini in Sindaco et al.,2006; Joger et al., 2007; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

DistribuzioneSerpente a possibile geonemia sud-europea(estesa all’Anatolia, Caucaso e Iran settentrio-nale), presente in Europa centro-meridionale eAsia sudoccidentale, dalla Spagna all’Iran. InItalia è presente unicamente nelle regioni cen-tro-settentrionali (a sud sembra arrivare finoall’alto Lazio e all’Abruzzo) essendo sostituitodal basso Lazio alla Sicilia dal saettone occhi

rossi, Zamenis lineatus (Camerano, 1891)(Naulleau in Gasc et al., 1997; Arnold &Ovenden, 2002; SHI, 2005, 2007; Razzetti& Zanghellini in Sindaco et al., 2006;Corsetti & Romano, 2008; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaIl saettone è un serpente ad ampia valenzaecologica che colonizza boschi, boscaglie,incolti, margini dei coltivi, con una netta pre-ferenza per gli ambienti con ricca vegeta-zione arborea o arbustiva e moderatamenteumidi. In Italia è più frequente sotto i 900 mdi quota, sebbene sia presente dal livello delmare a circa 1600 m. Di abitudini general-mente diurne, risulta attivo da marzo-aprile anovembre. I corteggiamenti e gli accoppia-menti avvengono tra maggio e giugno. Ogni

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SAETTONE, ZAMENIS LONGISSIMUS (LAURENTI, 1768)

Giovane di saettone (PN89, Personata, 12.5.08).

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femmina depone fino a quindici uova, diregola tra luglio e agosto, che si schiudonodopo circa due mesi. La dieta comprendesoprattutto micromammiferi (topi selvatici,topolini domestici, arvicole rossastre, ratti ecrocidure) e secondariamente lucertole eramarri, passeriformi e loro uova. È predatodagli uccelli rapaci (come il biancone) e,verosimilmente, da vari mammiferi (ricci,mustelidi, cinghiale, etc.) (Bruno & Maugeri,1990; Capizzi et al., 1996; Luiselli &Capizzi, 1997; Angelici & Luiselli, 1998;Capula & Luiselli, 2002; Razzetti &Zanghellini in Sindaco et al., 2006; Vanni &Nistri, 2006).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIl saettone risulta abbastanza diffuso in tutta laToscana (copertura: 113 quadrati su 306),anche se la sua distribuzione nel settore centro-meridionale è ancora sottostimata (Vanni &Nistri, 2006). Recentemente è stato trovatoanche nell’Isola d’Elba (Vaccaro & Turrisi,2007).In provincia di Siena è, dopo il biacco e labiscia dal collare, il serpente più comune e dif-fuso (copertura: 43 quadrati su 52).Sebbene sembri preferire le aree forestali aprevalenza di querce caducifoglie e i con-testi ecotonali, è presente in un’ampia varie-

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Saettone (PN78, Pentolina, 26.6.08).

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tà di situazioni ambientali, compresi i din-torni di abitati rurali e centri urbani. La mag-gior parte delle località dove è stato rileva-to si colloca nella fascia medio-collinare,quella compresa tra 300 e 500 m di altitu-

dine (quota minima: 135 m, PP70: SanGiorgio; quota massima: 790 m, QN15:Abbadia San Salvatore; QN35: I Cancelli).Il periodo di vita attiva osservato si estendedalla seconda quindicina di aprile fino allaprima di novembre.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerato “Least Concern” a livello globa-le (IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007).In Toscana, questa specie sembra essereandata incontro a una più o meno evidentediminuzione rispetto al passato (Vanni &Nistri, 2006); può darsi che questo siavero anche per il Senese, sebbene almomento sembri verosimilmente stabile. I

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principali fattori di minaccia sono costituitidalla semplificazione del paesaggio agri-colo tradizionale, dall’alterazione e distru-zione degli habitat forestali (selvicoltura,incendi), dal traffico veicolare e dalla per-secuzione diretta.In provincia di Siena è stato rilevato in tre riser-ve naturali (Alto Merse, Cornate e Fosini,Lucciola Bella) e in otto SIR (Alta Val di Merse,Cornate e Fosini, Crete di Camposodo eCrete di Leonina, Lucciolabella, MontagnolaSenese, Monte Cetona, Monti del Chianti, Valdi Farma).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaDopo il biacco e la biscia dal collare, è il ser-pente più diffuso, ma diversamente da questidue non risulta altrettanto conosciuto. Può darsiche questo sia dovuto, in parte, al fatto che èmeno comune e, in parte, a una certa difficol-tà nel percepirlo come distinto dal biacco.Infatti, anche se alcune persone lo descrivonocome un serpente verdastro, non sono poi ingrado di mettere a fuoco, fino in fondo, ladiversità tra le due specie, ingannati dalledimensioni simili, dall’aspetto ugualmente lon-gilineo e dal comportamento altrettanto fugace.

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Saettone (PP80, dintorni di Riciano, 26.5.07).

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TassonomiaSpecie politipica, suddivisa in quattro sotto-specie; le popolazioni della Toscana continen-tale appartengono alla sottospecie Viperaaspis francisciredi Laurenti, 1768. Nel corsodegli ultimi anni alcune sottospecie sono statetalora trattate come specie distinte, ma studigenetico-molecolari non supportano taleapproccio (Zuffi, 2002, 2003; Filippi, 2003;Ursenbacher et al., 2006; Zuffi in Sindaco etal., 2006; Golay et al., 2008; Barbanera etal., 2009; The Tigr Reptile Database, 2009).

DistribuzioneSpecie a geonemia sud-europea (ridotta nelsettore orientale), diffusa in Spagna nord-orien-tale, in gran parte della Francia, in un’arearistretta della Germania sud-occidentale, inSvizzera e in Italia (manca in Sardegna) (SaintGirons in Gasc et al., 1997; Arnold &Ovenden, 2002; SHI, 2005, 2007; Zuffi inSindaco et al., 2006; The Tigr ReptileDatabase, 2009).

Ecologia e biologiaLa vipera colonizza preferibilmenteambienti con buona copertura arboreadi varia tipologia e composizione comemacchie, boscaglie, boschi di latifogliedecidue e sempreverdi, pinete e greti flu-viali, spingendosi talora anche in parchie giardini delle periferie urbane. In Italiaè il serpente che raggiunge le quote piùelevate, essendo stata segnalata dallivello del mare fino a 2800 m sulle Alpi.Prevalentemente diurna, ma anche not-turna durante il periodo estivo, conducevita attiva all’incirca da febbraio a otto-bre, anche se alcune popolazioni costie-

re possono rimanere in attività tutto l’anno. Gliaccoppiamenti avvengono preferibilmente trafebbraio e maggio; le femmine, dopo unagestazione di due-quattro mesi, partoriscono fraluglio e ottobre fino a una ventina di piccolisubito indipendenti. La maturità sessuale è rag-giunta tra il secondo e il terzo anno di vita. Gliadulti si nutrono quasi esclusivamente di micro-mammiferi anche se talvolta predano uccelli erettili, mentre i giovani catturano soprattuttosauri. Tra i suoi predatori si ricordano rapacidiurni (poiana e biancone) e vari mammiferi(mustelidi e cinghiale) (Toschi, 1965; Bruno &Maugeri, 1990; Luiselli & Capizzi, 1997;Angelici & Luiselli, 1998; Vanni & Nistri,2006; Zuffi in Sindaco et al., 2006; Canova& Gentilli, 2008).

Distribuzione, ecologia e biologia in provin-cia di SienaIn Toscana la vipera è presente quasi dapper-tutto (copertura: 171 quadrati su 306), com-prese alcune isole dell’Arcipelago Toscano(Elba e Montecristo; Vanni & Nistri, 2006).In provincia di Siena risulta più o meno comune

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Giovane di vipera (PP80, Cimitero di Riciano, 6.4.07).

VIPERA, VIPERA ASPIS (LINNAEUS, 1758)

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e abbastanza diffusa (copertura: 41 quadrati su52), anche se è verosimile che, in alcune aree,la sua distribuzione sia sottocampionata.Quanto noto consente comunque di delineareun quadro abbastanza preciso: questo serpentesi trova più o meno ovunque, eccetto le areeplaniziari e basso-collinari, estesamente defore-state, come le Crete Senesi e la Val di Chiana.Si tratta, infatti, di una specie presente più chealtro in aree forestali (soprattutto boschi a pre-valenza di querce, sia sempreverdi che cadu-cifoglie) e, secondariamente, in mosaici di col-ture agrarie di varia tipologia ed estensione earee con vegetazione arborea, ma sempre susubstrati ben drenati. Le località dove è statarilevata variano da un minimo di 120 m(PN96: Podere Carbenci) a un massimo di880 m (QN15: Fosso Rigale), ma la maggior

parte ricade nella fascia altitudinale compresatra 300 e 500 m. I dati raccolti attestano unperiodo di vita attiva comprendente quasi tuttol’anno, anche se con picchi di attività nei mesiprimaverili e autunnali.

Conservazione in provincia di SienaÈ considerata “Least Concern” a livello globa-le (IUCN, 2009) e in Italia (SHI, 2007).In Toscana, la vipera è ritenuta più o meno sta-bile e ancora molto diffusa, forse anche più diquanto i dati disponibili non evidenzino (Vanni& Nistri, 2006); tuttavia, diverse persone, traquelle che hanno collaborato alla raccolta deidati, ritengono che, in alcuni settori delSenese, la specie sia meno comune di unavolta. I maggiori fattori di minaccia sono costi-tuiti dall’alterazione e distruzione degli habitat

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Vipera (PN88, Fiume Merse, dintorni di Brenna, 20.4.07).

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forestali (selvicoltura, incendi) e dalla persecu-zione diretta, particolarmente accanita neiconfronti di questa specie, trattandosi di un ser-pente velenoso.In provincia di Siena è presente in cinque riser-ve naturali (Alto Merse, Basso Merse,Castelvecchio, Cornate e Fosini, Farma) enella maggior parte dei SIR (non è stata rile-vata in: Cono vulcanico del Monte Amiata,Foreste del Siele e Pigelleto di Piancastagnaio,Lago di Chiusi, Lago di Montepulciano,Lucciolabella, Monte Cetona, Podere Moro -Fosso Pagliola, Ripa d’Orcia).

Rapporti con l’uomo in provincia di SienaLa vipera è l’unico serpente velenoso dellafauna toscana. Per questo motivo suscita un

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senso atavico di disgusto e repulsione, accom-pagnato da tutta una serie di credenze moltoradicate, ma prive di fondamento scientifico edifficili da smitizzare. Molte di queste affonda-no le loro radici nella cultura popolare, altre sisono affermate recentemente e costituisconodelle autentiche “leggende metropolitane”. Trale credenze più interessanti ci sono quelle cheriguardano le relazioni tra aspidi (molto piùpericolosi) e vipere, due entità il cui rapportonon è molto chiaro. Mentre, infatti, alcuni liritengono specie diverse (in alcune aree siidentifica l’aspide con un serpente acquatico,applicando evidentemente questo nome allabiscia tassellata), altri sono convinti chel’aspide sia il maschio e la vipera la femmina.Altre convinzioni molto radicate riguardano gliaspetti comportamentali e riproduttivi. Certi,ad esempio, credono che le vipere si portino

sugli alberi, lasciandosi cadere su chi passa.Altri, ancora, sostengono, invece, che si porti-no sugli alberi per partorire, evitando così diesser morse dalla propria prole (in particolaredall’ultimo nato, più velenoso di tutti gli altri).Un numero rilevante di persone è fermamenteconvinto che associazioni protezionistiche (inparticolare il WWF), enti dello stato (il CorpoForestale) o, più semplicemente, i “verdi”,abbiano ripopolato il nostro territorio con que-sti serpenti. Qualcuno asserisce addirittura chetale iniziativa si sarebbe realizzata “lancian-do” vipere dagli elicotteri, ma chi avrebbevisto è sempre un presunto conoscente di qual-cun altro. È molto probabile che all’origine diqueste dicerie, affermatesi a partire dagli anni’70, ci sia, in parte, il desiderio dei raccogli-tori di funghi o dei cacciatori di tener lontanoil maggior numero possibile di potenziali con-

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Vipera (PN14, dintorni di Ponte Strega, 28.5.06).

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correnti e, in parte, la volontà di mettere in cat-tiva luce persone e associazioni che perse-guono la tutela del territorio. Queste leggendesono ampiamente diffuse su tutto il territorionazionale, ma esiste una variante, propria-mente senese, che coinvolge l’ex Istituto siero-vaccino terapeutico A. Sclavo, produttore diun noto “siero antivipera”. Secondo un sentirecomune, le vipere sarebbero abbondantemen-te diffuse su tutto il nostro territorio, ma in real-tà non è così. Ci sono aree, come laMontagnola Senese, dove sono abbastanzafrequenti, ma anche altre, come i Monti delChianti, dove sono piuttosto rare, e altre anco-ra, come le Crete Senesi, dove sono pratica-mente assenti. È possibile che l’erronea perce-zione della loro abbondanza dipenda dallaincapacità di determinare correttamente i ser-penti. Infatti anche se alcune caratteristichedella vipera sono risapute (testa triangolare ecoda corta), all’atto pratico non consentonodeterminazioni corrette alla maggior partedelle persone. Nel corso dei rilievi eseguiti perla raccolta dei dati, è stato possibile appurarecome siano normalmente scambiati per vipereindividui di biscia dal collare, biscia tassellata,

colubro liscio e colubro di Riccioli (tralascian-do comunque chi, e ce ne sono, identificacome vipere qualunque serpente).La vipera è sicuramente un animale pericoloso,ma la sua pericolosità è molto relativa.Certamente è mordace, ma solo se vienemolestata o se viene inavvertitamente calpe-stata o manipolata. Il suo veleno può causareseri danni a persone anziane o debilitate, mapuò provocare la morte soltanto in rarissimicasi (sono più frequenti i decessi per shockanafilattico, causati da punture di vespe ecalabroni). Nel Senese è noto un solo caso didecesso causato da questo animale (Romiti,1884), mentre sono noti diversi casi di perso-ne che, morse da qualche altro serpente,hanno rischiato la vita per shock anafilatticodopo essersi fatte praticare il siero antivipera.La vipera è un animale schivo che vive inambienti accidentati, sassosi e pietrosi, nellesterpaglie e nei boschi fitti. È un predatoremolto specializzato, che caccia all’agguatotopi e altri roditori, svolgendo un ruolo fonda-mentale nel controllo di questi mammiferi. Perqueste e per molte altre ragioni, dovrebbeessere temuta sì, ma non perseguitata.

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CoperturaI dati originali raccolti negli ultimi dieci anni(2000-09) hanno prodotto il 95,3 % dellacopertura realizzata dalle specie di rettili pre-senti nel Senese. La copertura rimanente (4,7%) è prodotta da dati originali raccolti nel pre-cedente decennio (1990-99) (1,2 %) e da datidi letteratura (0,6 % basati su raccolte effettua-te nel periodo 2000-09; 2,9 % basati su rac-

colte effettuate nel periodo 1990-99). Lemappe pubblicate dovrebbero, quindi, essereun’illustrazione veritiera della distribuzioneattuale delle singole entità anche se, forse, leg-germente sottostimata quella dell’orbettino edella vipera.Le specie più diffuse sono la lucertola muraio-la, il ramarro occidentale, la lucertola campe-stre e il biacco (Tab. 2), non a caso entità ad

ampia valenza ecologica ein grado di frequentare qual-siasi ambiente disponibile,incluse le aree intensamenteurbanizzate. Ampiamente dif-fuse risultano altre tre specie:la luscengola, la biscia dalcollare e il saettone.Quattro specie, la trachemi-de, la testuggine diHermann, la tarantolamuraiola e il geco verrucoso,sono aliene (la prima), trans-faunate o parzialmente trans-faunate (le altre). La presenzadelle due testuggini è dovuta,almeno in parte, al rilascio innatura di esemplari allevati incattività, mentre quella deigechi è sicuramente dovutaalla traslocazione accidenta-le di esemplari dalla fasciacostiera agli ambienti urbanidell’interno, dove hannodato origine a nuclei accli-matati, i quali si sono succes-sivamente diffusi in modoautonomo nelle aree edifica-te limitrofe.Il numero medio di specieTabella 2. Check-list dei rettili della provincia di Siena.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Tabella 3. Copertura 1990-2009 (espressa come numero di quadrati occupati).

Numero di specie per quadrato.

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per quadrato si avvicina a 10. La ricchezzaspecifica è più alta in corrispondenza dellaMontagnola Senese (15 specie), della Val diFarma (12 specie) e dei Monti del Chianti (12specie). Al contrario le aree che presentanominore ricchezza specifica risultano essere laVal d’Orcia (7 specie) e la Val di Chiana (7specie).È interessante notare come i comprensori chesi presentano più ricchi di specie di rettili(Montagnola Senese, Monti del Chianti e Valdi Farma) coincidono con quelli più ricchi dispecie di anfibi (Piazzini et al., 2005); lo stes-so si verifica per quanto riguarda le aree piùpovere di specie (Val d’Orcia e Val diChiana). È probabile che ciò dipenda dalfatto che i primi comprensori sono quelli chepresentano ancora situazioni di elevata natu-

ralità mentre i secondi sono quelli più antro-pizzati.

EcologiaLa maggior parte dei rettili presenti nel territoriosenese vive, preferibilmente, in ambienti fore-stali e, secondariamente, in aree più o menoaperte. Tra le specie più spiccatamente foresta-li si segnalano l’orbettino, il colubro liscio, il cer-vone e la vipera. Tuttavia a parte il colubroliscio, rinvenuto soltanto in aree boscate, lealtre tre si trovano anche in mosaici di prati,pascoli e colture agrarie di varia estensione etipologia, purché confinanti con siepi, alberatu-re e aree a vegetazione arbustiva e arborea. Learee forestali costituiscono anche l’ambienteprevalente delle poche testuggini di Hermanntrovate in contesti naturali/seminaturali.

Tabella 4. Fattori di minaccia per i rettili della provincia di Siena.

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Altre specie, come il ramarro, la lucertolamuraiola e il saettone, pur colonizzandoun’ampia varietà di situazioni ambientali, sem-brano preferire aree forestali a prevalenza diquerce caducifoglie e contesti ecotonali consiepi, alberature e muretti a secco.Ambienti ecotonali, come mosaici di vegeta-zione arbustiva e arborea con seminativi,pascoli, incolti, vigneti e oliveti, costituisconoinvece l’ambiente preferito dal biacco e dalcolubro di Riccioli.Alle aree aperte sono legate la luscengola e lalucertola campestre. La prima frequenta soloprati, pascoli o incolti con ricca vegetazioneerbacea e scarsa copertura arborea e arbusti-va, mentre la seconda colonizza prevalente-mente mosaici di prati, pascoli, seminativi eincolti, alternati a colture arboree come vigne-ti e oliveti, oppure suddivisi da siepi e albera-ture di varia tipologia ed estensione.Altre due specie, il geco verrucoso e la taran-tola muraiola, vivono esclusivamente su areeedificate in quanto, oltre a costituire un surro-gato del loro habitat naturale, rappresentanoun ambiente termicamente protetto (si tratta dispecie termofile) e ricco di risorse trofiche.Orti, giardini, parchi pubblici e muretti a seccointorno ad aree edificate sia rurali sia subur-bane sono colonizzati con successo dalle duelucertole, talora dal biacco, dalla biscia dalcollare e dal saettone e, infine, occasional-mente anche dall’orbettino, dal ramarro, dalcervone e dalla vipera.Quattro specie sono legate agli ambientiacquatici. Una di queste, la biscia dal collare,sebbene spesso si trovi in corsi d’acqua, laghi,stagni e aree allagate, colonizza un’ampiavarietà di contesti ambientali come boschi, col-tivi, pascoli, incolti e mosaici di colture agrariee vegetazione naturale. Le altre tre specie, labiscia tassellata, la testuggine palustre e la tra-chemide, sono invece entità spiccatamenteacquatiche. La prima è stata rinvenuta più che

altro lungo corsi d’acqua in aree più o menoforestate, le altre due in corsi d’acqua a lentoscorrimento, stagni e bacini artificiali in areecoltivate e incolte di bassa quota.Le fasce altimetriche che mostrano la più altaricchezza specifica sono quelle comprese tra201-300 m e 301-400 m, dove sono presen-ti tutte e 18 le specie di rettili della provinciadi Siena; questo valore particolarmente eleva-to non deve stupire, dal momento che in que-ste due fasce ricade oltre la metà (57,5 %) delterritorio provinciale.Al contrario le fasce altitudinali più poveresono quella planiziale (tra 0 e 100 m diquota; 0,7 % del territorio) e quelle montane(tra 901 e 1800 m di quota; 1,1 % del terri-torio). Nella fascia planiziale sono presentisolo cinque specie, in quelle montane compre-se tra 901 e 1400 m da un minimo di una aun massimo di tre specie, mentre oltre i 1400m è stata rinvenuta soltanto una specie, lalucertola muraiola.

ConservazioneSei delle 18 specie del Senese sono state con-siderate da Vanni (in RE.NA.TO., 2005) comea rischio in Toscana: tre come “Vulnerable”(testuggine palustre europea, testuggine diHermann e cervone) e tre come “Lower Risk”(colubro liscio, colubro di Riccioli e biscia tas-sellata). Tuttavia, per una di queste (la testug-gine di Hermann) non è chiaro, al momento,se esistano popolazioni autoctone nel Senese.La specie più a rischio, in provincia di Siena,è la testuggine palustre europea: il solo nucleoautoctono, infatti, ha carattere relittuale e risul-ta particolarmente minacciato per le ridottedimensioni e per la vulnerabilità rispetto alladistruzione e all’alterazione dei corsi d’acquadove vive.Per quanto riguarda altre tre specie considera-te minacciate, il colubro liscio, il colubro diRiccioli e la biscia tassellata, non si hanno dati

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per fare valutazioni sullo stato delle popola-zioni e sulla loro tendenza. Queste speciesono effettivamente rare e poco diffuse, ma

non c’è al momento motivo per ritenere che laloro scarsa diffusione sia dovuta a un recentedeclino. Di queste, quella senz’altro più sensi-

Tabella 5. Distribuzione nelle riserve naturali e nei siti di importanza regionale della provincia di Siena.

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bile è la biscia tassellata: questo serpente,decisamente acquatico, risente infatti negati-vamente della perdita di qualità degli ecosi-

stemi acquatici (escavazioni e lavori in alveo,distruzione delle fasce di vegetazione riparialee litoranea, prelievo idrico, inquinamento).

La maggior parte delle persone ha una repulsione atavica verso i serpenti. Oggetto di un’avversione paranoica èla vipera che può essere senz’altro un animale pericoloso, ma non così tanto quanto si crede. Infatti, morde solo seviene molestata o calpestata inavvertitamente e il suo veleno può causare seri danni soltanto a persone anziane odebilitate. Le cronache dei quotidiani documentano spesso la caccia al serpente di turno, talora con risvolti tragi-comici, e la cattura di vipere presunte, come la biscia dal collare uccisa dal pensionato di Poggibonsi.

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Un’altra specie, il colubro di Riccioli, potrebbecomunque essere soggetta a fluttuazioni locali,tenuto conto che è stata spesso rilevata in areeagricole tradizionali, aree spesso interessate aveloci trasformazioni. Per quanto concerne,infine, il cervone, è possibile che la specie siain progressivo declino, in accordo con quantoavvenuto altrove in Italia e in Toscana, consi-derato che non è stato ritrovato in molte locali-tà dove era segnalato nel passato.A parte la vipera, non ci sono altri rettili vele-nosi. Nonostante ciò, tutti i serpenti sonooggetto di un’accanita persecuzione dovutaalla profonda avversione che suscitano nellamaggior parte delle persone. L’uccisione, com-pletamente immotivata, di questi animali costi-tuisce un comportamento eticamente riprove-vole, ma nessuna specie può essere, per fortu-na, considerata a rischio per questo. Sarebbetuttavia doveroso cercare di far maturare nellepersone atteggiamenti più consapevolmenterispettosi attraverso l’educazione ambientale.È assai verosimile, infine, che le specie legateai contesti agricoli tradizionali, come la luscen-gola e il ramarro, abbiano risentito e risentanotuttora della semplificazione del paesaggioagricolo, in particolare dell’incremento dellearee coltivate a monocolture, della capillaredistruzione delle siepi lungo i confini e dellarimozione della vegetazione arbustiva e arbo-rea lungo il reticolo idrico. Non è chiaro, inve-ce, se l’aumento dei cinghiali possa aver avutoun ruolo nel declino di alcune specie preva-lentemente forestali, fossorie come l’orbettinooppure poco mobili come la vipera.Nel 1995 la Societas Herpetologica Italica(SHI) ha attivato il Progetto “Aree di RilevanzaErpetologica” (ARE), con l’intento di creare unostrumento utile per la gestione e conservazionedelle popolazioni italiane di anfibi e rettili. Unsito, per entrare a far parte di questa rete,deve soddisfare una serie di requisiti, primi fra

tutti ospitare ricche erpetocenosi, oppure spe-cie rare o ai limiti dell’areale di distribuzione ominacciate. Finora sono state individuate 61ARE in dodici regioni italiane, la maggiorparte delle quali situate in Lombardia,Piemonte e Liguria (fino a oggi, nessuna inToscana).I risultati degli atlanti degli anfibi e dei rettilidella provincia di Siena evidenziano comealcune aree della Toscana meridionale potreb-bero rientrare tra le ARE. Si tratta dei Monti delChianti e del complesso Montagnola Senese,Bacino del Farma - Merse e CollineMetallifere.I Monti del Chianti (SIC IT5190002) presen-tano ricche popolazioni di due specie di anfi-bi di rilevante interesse biogeografico (la sala-mandra pezzata, Salamandra salamandra, eil tritone alpestre, Triturus alpestris) e ospitanotutte le specie di rettili di interesse conserva-zionistico viventi nel Senese, con la sola ecce-zione della testuggine palustre europea.Anche gran parte del complesso MontagnolaSenese (SIC IT5190003), Bacino del Farma -Merse (SIC IT5190006, IT5190007,IT51A0003) e Colline Metallifere (SICIT51A0001) si caratterizza per un’erpetofaunadi grande interesse (complessivamente 26 spe-cie, 11 di anfibi e 15 di rettili) e per la relati-va frequenza di serpenti poco comuni inToscana come il colubro di Riccioli, il cervonee la biscia tassellata. Tra l’altro in questa areaè stata segnalata l’ultima popolazione di ulu-lone appenninico (Bombina pachypus) dellaprovincia di Siena.L’inserimento di questi comprensori tra le Areedi Rilevanza Erpetologica riconoscerebbe laloro importanza rendendo plausibile predi-sporre strumenti gestionali, a livello regionale eprovinciale, finalizzati alla tutela delle specie edei loro habitat.

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Dati originali e di letteratura non utilizzati anche se relativi a quadrati scoperti. Per ogni specie dapprimasono elencate le segnalazioni non georeferenziabili, poi le altre in ordine alfabetico di quadrato UTM.1: segnalazione errata (i dati relativi alla località sono sbagliati). 2: segnalazione generica (i rilevamenti sullabase dei quali la specie è citata per l’area non sono noti). 3: segnalazione non datata (la data di rilevamentonon è nota o è incerta). 4: segnalazione precedente al 1990 (segnalazione pubblicata prima del 1990oppure pubblicata successivamente, ma basata su rilievi eseguiti precedentemente al periodo preso in consi-derazione). 5: segnalazione non georeferenziabile (la località non è georeferenziabile con precisione:potrebbe ricadere in almeno due quadrati). 6: errore di compilazione.

APPENDICE: DATI ESCLUSI

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ATLANTE DEI RETTILIDELLA PROVINCIA DI SIENA

SISTEMA DELLE RISERVE NATURALI DELLA PROVINCIA DI SIENA

QUADERNI NATURALISTICI, 2

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Sandro Piazzini è guida ambientale escursionista e borsista presso l’Università di Siena. Svolge assistenza didattica e attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, dedicandosi alla faunistica e alla gestione della fauna toscana, con particolare riguardo a erpetofauna, lepidotterofauna e ittiofauna. Si occupa anche di divulgazione naturalistica, formazione professionale e valutazioni di impatto ambientale, per conto di enti e società pubbliche e private.

Leonardo Favilli è tecnico presso l’Università di Siena. Svolge attività di assistenza didattica e di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, occupandosi di faunistica e conservazione della fauna della Toscana, con particolare riguardo ai lepidotteri ropaloceri, ai pesci, agli anfi bi e ai rettili.

Giuseppe Manganelli è professore associato presso l’Università di Siena. Insegna Zoologia Sistematica dei Vertebrati e Zoogeografi a per i corsi di laurea della Facoltà di Scienze MFN e svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, occupandosi di molluschi non marini, paleontologia, storia delle scienze naturali e faunistica della Toscana meridionale e dell’Arcipelago Toscano.

Giovanni Cappelli è medico chirurgo presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Appassionato di fotografi a naturalistica ha collaborato all’allestimento di mostre fotografi che e alla redazione di volumi e articoli sulla fauna toscana.

Andrea Guasparri è docente presso l’Università “E-campus” di Novedrate (Como). Insegna Discipline Demoetnoantropologiche e Antropologia della Moda, rispettivamente per le Facoltà di Psicologia e Lettere. Svolge attività di ricerca in campo antropologico occupandosi di antropologia linguistica, etno-biotassonomia e selezione culturale.

ISBN: 978-88-8272-543-3

9 788882 725433

L’erpetofauna senese comprende 18 specie: 14 autoctone, tre introdotte (trachemide, geco verrucoso e tarantola muraiola) e una con status incerto (testuggine di Hermann). Alcune sono ampiamente diffuse (lucertola muraiola, ramarro occidentale, lucertola campestre, luscengola, biacco, biscia dal collare e saettone) mentre altre hanno una distribuzione più o meno ridotta, frammentaria o limitata ad alcuni settori del Senese.Sei specie sono di interesse conservazionistico. La specie più a rischio è la testuggine palustre europea: in provincia è presente un solo nucleo autoctono che ha carattere relittuale e risulta particolarmente minacciato. Per altre specie non si hanno dati per fare valutazioni sullo stato delle popolazioni e sulla loro tendenza (colubro liscio, colubro di Riccioli, cervone e biscia tassellata) o non sono note con certezza popolazioni autoctone (testuggine di Hermann). Di queste, la specie più sensibile è la biscia tassellata: questo serpente, decisamente acquatico, risente negativamente della perdita di qualità degli ecosistemi acquatici (escavazioni e lavori in alveo, distruzione delle fasce di vegetazione ripariale e litoranea, prelievo idrico, inquinamento). È assai verosimile, però, che anche altre specie, come la luscengola e il ramarro, legate ai contesti agricoli tradizionali abbiano risentito, e risentano tuttora, della semplifi cazione del paesaggio agricolo, in particolare dell’incremento delle aree coltivate a monocolture, della capillare distruzione delle siepi lungo i confi ni e della rimozione della vegetazione arbustiva e arborea lungo il reticolo idrico.Gli atlanti degli anfi bi e dei rettili della provincia di Siena hanno messo in evidenza come alcuni comprensori della Toscana meridionale abbiano un particolare signifi cato tanto da meritare di essere inclusi in una rete nazionale di aree di importanza erpetologica. Si tratta dei Monti del Chianti e del complesso Montagnola Senese, Bacino del Farma - Merse e Colline Metallifere.

The herpetofauna of Siena province includes 18 species: 14 autochthonous, three introduced (red-eared terrapin, Turkish gecko and Moorish gecko) and one of uncertain status (Hermann’s tortoise). Some species are widespread (western green lizard, common wall lizard, Italian wall lizard, three-toed skink, western whip snake, grass snake and Aesculapian snake) whereas others have a distribution that is reduced, fragmentary or limited to certain sectors of the province.Six species are of conservation concern. The European pond terrapin is the most vulnerable species: in Siena province only one particularly threatened autochthonous relict population is present. In the case of other species, there is insuffi cient data to infer their status in the province (smooth snake, southern smooth snake, four-lined snake and dice snake) or no certain autochthonous populations are known (Hermann’s tortoise). The dice snake is the most noteworthy of these species: this prevalently aquatic snake is negatively affected by loss of wet environments, including excavation and changes in river beds, destruction of belts of riparian and lacustrine vegetation, water exploitation and pollution. However, other species that depend on traditional agricultural landscapes, such as the three-toed skink and western green lizard, are probably affected by simplifi cation of these environments, especially the increase in monocultures and continuous destruction of hedges and riparian tree and shrub vegetation. Atlases of amphibians and reptiles of Siena province show that some areas of southern Tuscany have signifi cant conservation value and could merit inclusion in a national network of important herpetological areas. These areas are the Monti del Chianti and the complex consisting of Montagnola Senese, Farma-Merse basin and Colline Metallifere.