DAL LAICISMO ALLA LAICITÀ La via dell’inclusione dialogica: possibilità e criticità

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 Carlo Crosato

DAL LAICISMO ALLA LAICITÀ

La via dell’inclusione dialogica: possibilità e criticità(Armando editore, Roma 2016)

Questo libro è centrato sul concetto di laicità, in contrapposizione a

quello meno inclusivo di laicismo. Il progetto laicista mira a escludereesplicitamente dallo spazio pubblico la voce religiosa, perché la si presumesempre guidata dall’autorità e mai capace di farsi oggetto di dialogo.Quindi la religione non può avere alcun ruolo nello spazio collettivo, ognidio va ostracizzato dalla sfera pubblica e quelle che vengono dette“dottrine comprensive” devono essere ridotte all’interiorità, a beneficio diun dibattito asettico e razionale quanto un laboratorio scientifico.

L’intento di questa mia riflessione è allora quello di tenere fermi i punti irrefutabili di quanto il laicismo sostiene; ma allo stesso tempol’intento è quello di far maturare il laicismo in una forma più progressiva einclusiva di laicità. Questo per alcuni motivi, che sono oggi impossibili datrascurare: viviamo in un’epoca post-secolare, in cui il sentimento religiososi è riacceso, spesso a discapito della fede (paradossalmente), e in favore di

tradizionalismi regressivi e identitari. Non si può quindi far finta di nonnotare che il sentimento religioso, mentre coagula gruppi di personeattorno a identità sempre più compatte, al contempo genera una situazionedi perenne conflitto e di incomunicabilità. Da qui, l’esigenza di rendere

 pubbliche le istanze che guidano la vita interiore ma – lo si voglia o no –anche sociale di molte persone.

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Oltretutto, essendo così forti le motivazioni religiose, ricacciarlenell’interiorità coscienziale, più che evitare come vorrebbe il laicismo,rischia di generare quello che è il pericolo più grande in una societàvariegata culturalmente come quella in cui viviamo: ovvero, il pericolo diuna molteplicità di dèi personali, che disegnano e legittimano progetti divita che ognuno custodisce e oppone a quelli altrui. Questo, in unadinamica che, se la religione è esclusa da ogni ambiente pubblico e non èoggetto di riconoscimento, porta all’ignoranza reciproca; dall’ignoranza alsospetto; e dal sospetto alla violenza.

Da queste premesse, l’obiettivo è quello di considerare modalità espazi pubblici entro cui possa esprimersi anche la religione – che come lascienza, ma con strumenti decisamente meno corretti, efficienti e menorazionali è uno delle vie che l’uomo ha percorso e ancora percorre peraffrontare l’imprevedibilità e l’inquietudine della realtà. Potrebbe essereauspicabile cercare vie di comunicazione e collaborazione tra questitentativi umani. Ovviamente, la destinazione di questo tentativo di

 progresso non è quella di sdoganare mire teocratiche o integriste, o di darearia a irrazionalismi sempre pericolosi. Anzi, l’obiettivo è quello di vederenella religione un fondo da cui alcuni di noi iniziano a interpretare ilmondo, talvolta senza le adeguate competenze per trarne argomentirazionali e universalmente estendibili: lo spazio pubblico da dedicare aquesto agire comunicativo, quindi, deve essere uno spazio di promozione,in cui le persone siano autori attivi e responsabili, e in cui la religione siaun elemento di libera aggiunta al progresso della collettività, e contro la

stagnazione e la conservazione di uno status quo  tecnicamentedeterminato.

Questo necessita di una politica che promuova una riflessione intornoal "bene comune", ovvero alla costruzione di un sentire condiviso, mobile,sempre da costruire, alla cui formazione ognuno possa partecipare e dalquale ognuno possa emanciparsi. E il bene comune, come sentire comune,come fondo culturale condiviso sempre rivedibile, può essere costruito solo

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se tutti possono sentirsi partecipi nel progetto collettivo, quali che siano lecompetenze scientifiche di cui sono dotati, consapevoli che nel dibattito

 pubblico troveranno supporto nella formulazione delle loro ragioni e nellacostruzione di argomenti cognitivamente accessibili; e un simile progetto

 può essere realizzato solo se la vita politica in senso ampio è mossa da unaricchezza di argomenti che, eventualmente, vengono esclusi nel dibattito enon prima di esso.

Centrale, in questo progetto, è il ruolo della scuola. La scuola primadi tutto come luogo esemplare di spazio pubblico entro cui la ricchezza

delle sensibilità – anche quelle non primariamente razionali – può esserealimentata e promossa. Ma anche come luogo entro cui si prendeconfidenza con le differenze, prima che esse divengano diversità, ovverocammini divergenti e opposti. E come luogo in cui, oltre alla maturazionespirituale, si lavora a una maturazione delle competenze argomentative:una democrazia costruita sulle sole basi di un razionalismo positivistarischia di limitare la partecipazione ai soli individui in possesso dicompetenze tecniche specifiche; una ben temperata laicità, invece, mira adallargare il bacino dei partecipanti alla costruzione del bene collettivo,attraverso una diffusa educazione al confronto dialogico e allo spiritocritico.

Come è evidente, più che proporre soluzioni, vengono posti problemi;anzi, l’avvicinamento delle differenti sensibilità, il loro incontro, la loro

 proposta scevra da dogmatismi ma come libera aggiunta per la vita dellacollettività, non è solo il contenuto dell’evento dialogico. Quest’ultimo,che riempie lo spazio pubblico a esso riservato, al contempo ne conforma ilimiti, ne traccia i contorni, li modifica e li rivede per farsi più inclusivo

 possibile. Per questo, i problemi devono essere posti in maniera maidefinitiva, perché l’incontro rimanga sempre aperto e generi da se lo spaziocomunicativo entro cui ogni collettività trovi le soluzioni concrete piùconfacenti alle sensibilità in essa presenti, pronta all’accoglienza di nuovesensibilità e alla ricchezza che da esse ne deriverà.