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Università Telematica Pegaso Orientamenti internazionali nell’educazione degli
adulti – Documenti Guida
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 TENSIONI EDUCATIVE ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 4
3 I PILASTRI DELL’EDUCAZIONE---------------------------------------------------------------------------------------- 6
4 I SETTE SAPERI -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
4.1. CECITÀ DELLA CONOSCENZA ----------------------------------------------------------------------------------------------- 7 4.2. CONOSCENZA PERTINENTE --------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 4.3. INSEGNARE LA CONDIZIONE UMANA --------------------------------------------------------------------------------------- 9 4.4. INSEGNARE L’IDENTITÀ TERRESTRE -------------------------------------------------------------------------------------- 10 4.5. AFFRONTARE LE INCERTEZZE --------------------------------------------------------------------------------------------- 11 4.6. INSEGNARE LA COMPRENSIONE ------------------------------------------------------------------------------------------- 11 4.7. ETICA DEL GENERE UMANO ------------------------------------------------------------------------------------------------ 12
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1 Introduzione
La parte di programma che svilupperemo insieme per questo insegnamento di Educazione
degli adulti è suddivisa in tre sezioni o blocchi: con il primo prenderemo in considerazione gli
Orientamenti internazionali nell’Educazione degli adulti; con il secondo, riprendendo e analizzando
il pensiero di alcuni Autori, affronteremo le peculiarità dei processi di apprendimento nel soggetto
adulto; con il terzo, infine, metteremo a fuoco le caratteristiche dei gruppi di lavoro e delle
comunità di pratiche, soffermandoci in modo particolare sul passaggio dagli uni agli altri.
Con questa lezione diamo inizio al primo dei tre blocchi; la nostra analisi partirà dalla
considerazione di alcuni documenti guida che in qualche modo orientano i programmi e le iniziative
che la comunità internazionale promuove e conduce nel campo dell’Educazione degli adulti. Questi
Documenti sono sostanzialmente due:
- J. DELORS, L’Éducation, un trésor est caché dedans. Rapport à l’Unesco de la Commission
internationale pour l’éducation du vingt et unième siècle, Editions Unesco/Editions Odile Jacob,
Paris 1996, tr. it. Nell’educazione un tesoro, Armando, Roma 1997.
E. MORIN, Les sept savoirs nécessaires à l’éducation du futur, Unesco, Paris 1999, tr. it I
sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano 2001. Saggio scritto su
Commissione dell’Unesco nell’ambito del Programma Internazionale dell’Educazione.
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2 Tensioni educative
Nel Rapporto all’UNESCO della Commissione internazionale sull’educazione per il XXI
secolo, Jacques Delors individua una serie di tensioni che sono al cuore delle problematiche del
ventunesimo secolo e a cui l’educazione deve fornire una risposta.
1. La tensione tra il globale ed il locale: divenire cittadini del mondo senza perdere le proprie
radici e partecipando attivamente alla vita della propria Nazione e della propria comunità.
2. La tensione tra l’universale e il singolare: il processo in atto di mondializzazione della cultura è
ineludibile con le sue promesse ed i suoi rischi, tra i quali il maggiore è quello di dimenticare
l’unicità di ciascuna persona con la sua vocazione a scegliere il proprio destino e a realizzare le
proprie potenzialità, nella ricchezza delle proprie tradizioni e della propria cultura, minacciate dai
cambiamenti in corso.
3. La tensione tra tradizione e modernità: adattarsi ai cambiamenti senza rinnegare il passato;
costruire la propria autonomia compatibilmente alla libertà e all’evoluzione dell’altro;
padroneggiare il progresso scientifico.
4. La tensione tra “a lungo termine” e “a breve termine”: nel dominio dell’effimero e
dell’istantaneo, il sovraccarico di informazioni e di emozioni senza domani conduce ad una
concentrazione sui problemi immediati che richiedono delle soluzioni rapide, laddove molteplici
questioni necessitano di strategie pazienti, concertate e negoziate.
5. La tensione tra l’esigenza della competizione ed il principio di uguaglianza delle opportunità: la
pressione esercitata dall’obbligo della competizione fa sovente dimenticare il dovere di fornire a
ciascuno gli strumenti per cogliere le proprie opportunità.
6. La tensione tra lo straordinario sviluppo delle conoscenze e le capacità di assimilazione
dell’uomo: i programmi scolastici sono sempre più ricchi di discipline e di nozioni. Occorre,
dunque, in una strategia di riforma, operare delle sagge scelte che non sacrifichino gli elementi
essenziali di un’educazione di base che, attraverso la conoscenza, la sperimentazione e la
costruzione di una cultura personale, veicoli gli strumenti per un miglioramento della qualità della
vita.
7. La tensione tra lo spirituale ed il materiale: il mondo ha sete di ideali e di valori morali.
L’educazione ha il nobile compito di suscitare in ciascuno, secondo le sue convinzioni e tradizioni,
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nel pieno rispetto del pluralismo, un’elevazione del pensiero e dello spirito sino all’universale ed in
qualche modo sino ad un superamento di se stessi. È in gioco la sopravvivenza dell’umanità.
Posta di fronte a queste tensioni, l’educazione ha il compito di fornire ai suoi destinatari le
mappe di un mondo complesso, trasmettendo la crescente quantità di conoscenze e di cognizioni
tecniche in continua evoluzione. Essa non può tuttavia tralasciare di offrire anche la “bussola” che
consenta di orientarsi in questo mondo, indicando quei punti di riferimento capaci di prospettare
quale fine dell’educazione, lo sviluppo tanto degli individui, quanto delle comunità.
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3 I pilastri dell’educazione
Per riuscire nei suoi compiti, J. Delors ritiene che l’educazione debba poter garantire quattro
tipi fondamentali di apprendimento:
- imparare a conoscere: risiede non tanto nell’acquisizione di informazioni codificate che
consentono al soggetto di comprendere il proprio ambiente, quanto nel possesso degli strumenti
stessi della conoscenza, nel piacere di capire, di scoprire, nell’affinamento delle capacità di giudizio
critico, di riflessione, di concentrazione, di memoria. La prima educazione è ben riuscita se ha
fornito gli stimoli e le basi che consentiranno al soggetto di continuare ad apprendere per tutta la
vita.
- Imparare a fare: sta ad indicare l’acquisizione non tanto di abilità professionali, quanto di
competenza personale, intesa quale misto di comportamento sociale, di attitudine al lavoro di
gruppo e alla gestione dei conflitti, di capacità di progettazione, di innovazione, di iniziativa e di
disponibilità ad affrontare i rischi.
- Imparare a vivere insieme: significa sviluppare la conoscenza degli altri, della loro storia, delle
loro tradizioni e della loro spiritualità e, a partire dalla consapevolezza delle interdipendenze e da
un’analisi condivisa dei rischi e delle sfide del futuro, giungere alla realizzazione di progetti comuni
e ad una gestione intelligente dei possibili conflitti.
- Imparare a essere: il ruolo fondamentale dell’educazione è quello di attrezzare gli individui di
libertà di pensiero, di giudizio, di sentimento e di immaginazione, affinché essi possano sviluppare i
propri talenti e mantenere il controllo della propria vita.
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4 I sette saperi
Prendendo ora in considerazione il secondo dei testi prima menzionati, E. Morin sottolinea in esso
come l’educazione debba adoperarsi per fornire quelli che lui suggestivamente chiama i sette saperi
necessari all’educazione del futuro:
- Far comprendere come la conoscenza possa talvolta essere fonte di errore e di illusione
- Trasmettere una conoscenza pertinente
- Insegnare la condizione umana
- Insegnare l’identità terrestre
- Affrontare le incertezze
- Insegnare la comprensione
- Costruire un’etica del genere umano
4.1. Cecità della conoscenza
L’educazione deve dimostrare che non esiste conoscenza che non sia in qualche modo minacciata
dai rischi di errore e di illusione. La conoscenza non è uno specchio fedele delle cose o del mondo
esterno. Tutte le nostre percezioni sono delle traduzioni e delle ricostruzioni cerebrali a partire da
stimoli o da segni che sono catturati e codificati dai sensi. Nessun dispositivo cerebrale permette di
distinguere l’allucinazione della percezione, il sogno dalla veglia, la fantasia dalla realtà, il
soggettivo dall’obiettivo. In ciascuno di noi esiste la possibilità di mentire a se stessi che è una fonte
permanente di errori e illusioni. L’egocentrismo, il bisogno di auto-giustificazione, la tendenza a
proiettare sugli altri la causa del male fanno sì che ciascuno possa mentire a se stesso senza rendersi
conto di essere portatore e dunque artefice di questo errore o menzogna.
La conoscenza sotto forma di parola, idea, teoria, è il risultato di una traduzione / ricostruzione per
mezzo del linguaggio e del pensiero e, quindi, anche qui risiede un rischio di errore. Questa
conoscenza, infatti, intesa come traduzione e ricostruzione, è frutto di interpretazione, perciò,
nonostante i nostri controlli razionali, è esposta alla proiezione dei nostri desideri o delle nostre
paure, alle perturbazioni provocate dalle nostre emozioni. Tutto questo può indurre l’errore.
La razionalità è la migliore salvaguardia contro l’errore e l’illusione. La razionalità costruttiva
elabora teorie coerenti, verificando il carattere logico dell’organizzazione teorica, la compatibilità
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tra le idee che compongono la teoria, l’accordo tra le sue affermazioni e i dati empirici ai quali si
applica. È importante che la razionalità rimanga aperta a ciò che può contestarla, altrimenti essa si
trasforma in dottrina e diventa razionalizzazione. La razionalità, infatti, porta anche in sé la
possibilità di errore e di illusione quando si tramuta per l’appunto in razionalizzazione. La
Razionalizzazione si presume razionale in quanto costituisce un sistema logico perfetto, fondato
sulla deduzione o sull’induzione, si basa però su basi false o parziali, e si arresta alla contestazione
degli argomenti e alla verifica empirica. La Razionalizzazione è chiusa, laddove la razionalità deve
rimanere aperta.
Un’altra possibilità di errore si cela nei paradigmi da noi posseduti. Un paradigma è un
modello di riferimento utilizzato per spiegare la realtà, organizzare i dati, il sapere; esso può celare
il rischio di errore in quanto comporta la selezione dei concetti e la determinazione delle operazioni
logiche (inclusione-esclusione, la disgiunzione-congiunzione, implicazione-negazione); gli
individui conoscono, pensano e agiscono secondo i paradigmi culturali iscritti in loro. I paradigmi
più diffusi la cui origine risale a Descartes sono quelli che hanno introdotto la separazione tra:
soggetto-oggetto, anima-corpo, spirito-materia, qualità-quantità, finalità-causalità, sentimento-
ragione, libertà-determinismo, ecc. Un paradigma può all’occorrenza chiarire o ingannare, rivelare
o nascondere. Al suo interno si trova dunque una questione chiave in agguato nel gioco della verità
e dell’errore.
Al determinismo dei paradigmi e dei modelli esplicativi si unisce il determinismo di
convinzioni e credenze che, nel momento in cui regnano su una società, impongono a tutti e a
ciascuno la forza imperativa del sacro, la forza normalizzatrice del dogma, la forza proibitiva del
tabù.
Tutte le convinzioni e determinazioni propriamente socio-economico-politiche e tutte le
determinazioni propriamente culturali convergono e si coordinano per intrappolare la conoscenza in
un multideterminismo di imperativi, norme, divieti, rigidità. Vi è dunque, sotto il conformismo
cognitivo, una sorta di imprinting culturale, una sorta di normalizzazione che elimina ciò che può
contestarla.
4.2. Conoscenza pertinente
La conoscenza oggi è caratterizzata dall’iperspecializzazione di discipline separate e non
comunicanti tra loro, dalla tendenza a leggere e a spiegare i fenomeni secondo un approccio che
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riduce il complesso, il multidimensionale al semplice, dall’impiego di una falsa razionalità, cioè di
una razionalizzazione astratta e unidimensionale.
Perché una conoscenza possa essere pertinente deve rendere evidenti:
- il contesto: La conoscenza di informazioni o di dati isolati è insufficiente. Bisogna situare dati e
informazioni all’interno di un contesto perché assumano significato.
- Il globale: esso è qualcosa in più del contesto, è l’insieme che contiene le diverse parti che sono
legate secondo modalità interdipendenti e interagenti. Il tutto ha delle qualità o delle proprietà
che non sarebbero presenti nelle parti se esse si trovassero isolate l’una dall’altra; alcune qualità
o proprietà delle parti possono essere inibite dai vincoli provenienti dal tutto.
- Il multidimensionale: le unità complesse, come gli esseri umani o la società, sono
multidimensionali, così l’essere umano è ad un tempo biologico, psicologico, sociale, emotivo,
razionale. La società comporta delle dimensioni storiche, economiche, sociologiche, religiose ...
La conoscenza pertinente deve riconoscere questa multidimensionalità non isolando ciascuna
parte dal tutto, ma riconoscendo interconnessioni e interdipendenze.
Il complesso: complexus significa ciò che è tessuto insieme; infatti, c’è complessità quando
sono inseparabili gli elementi differenti che costituiscono un tutto. C’è un tessuto interdipendente,
interattivo e inter-retroattivo tra l’oggetto della conoscenza e il suo contesto, le parti e il tutto, le
parti tra di esse. La complessità è, pertanto, il legame tra unità e molteplicità. Gli sviluppi propri
alla nostra era planetaria, ci impongono di confrontarci sempre di più con le sfide della
complessità.
4.3. Insegnare la condizione umana
L’insegnamento delle singole discipline tende a disintegrare questa unità complessa della
natura umana, Bisogna ricomporre questa unità, in modo che ciascuno abbia conoscenza e
consapevolezza della propria identità complessa e dell’identità che lo accomuna a tutti gli altri
esseri umani.
Insegnare la condizione umana significa anzitutto riconoscere la collocazione dell’uomo all’interno
del cosmo e riconoscere poi il suo essere contemporaneamente essere biologico e culturale.
La condizione umana è anche caratterizzata dalla triade ragione/pulsione/affettività: le relazioni tra
le tre istanze sono non soltanto complementari, ma anche antagoniste comportanti i conflitti ben
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conosciuti tra la pulsione, il cuore e la mente; non esiste una gerarchia ragione/affettività/pulsione,
ma c’è un relazione instabile, variabile tra le tre istanze. La razionalità non ha quindi il potere
supremo. Si tratta di un’istanza, che è in competizione e in antagonismo con le altre con altre
istanze all’interno di una triade inscindibile, ed è fragile: può essere dominata, controllata o
sopraffatta dalle emozioni o istinto.
Infine, vi è una relazione triadica individuo / società / specie. Gli individui sono i prodotti
del processo riproduttivo della specie umana, ma questo processo stesso deve essere prodotto da
due individui. Le interazioni tra individui producono la società, e questa che testimonia l’emergere
della cultura, proprio per il tramite della cultura retroagisce sugli individui. La Complessità umana
non può essere compresa in modo separato dai suoi elementi costitutivi: ogni sviluppo veramente
umano significa sviluppo congiunto delle autonomie individuali, della partecipazioni comunitarie, e
del sentimento di appartenenza alla specie umana. L’educazione del futuro dovrà vegliare a che
l’idea dell’unità della specie umana non cancelli quella della sua diversità e che quella della sua
diversità non azzeri quella di l’unità. C’è una unità del genere umano. C’è una diversità umana.
L’unità è non solo nei tratti biologici della specie homo sapiens. La diversità non è solo nei tratti
psicologici, culturali e sociali degli esseri umani. C’è anche una diversità propriamente biologica
entro l’unità del genere umano, vi è una unità non solo cerebrale, ma anche mentale, psicologico,
emotivo, intellettuale; di più, culture e società diverse hanno principi generativi e organizzativi
comuni. È l’unità umana che porta in sé i principi delle sue tante diversità. Comprendere l’umano
significa comprendere la sua unità nella diversità, e la sua diversità nell’unità.
4.4. Insegnare l’identità terrestre
L’educazione deve mettere i suoi allievi nelle condizioni di acquisire:
- Coscienza antropologica, attraverso la quale riconoscere la nostra unità nella nostra diversità.
- Coscienza ecologica, vale a dire la coscienza di abitare, con tutti gli esseri mortali, la medesima
sfera vivente (biosfera); riconoscere il nostro legame consustanziale con la biosfera ci porta ad
abbandonare il sogno prometeico di controllo dell’universo per alimentare il desiderio di
convivialità sulla terra.
- La coscienza civica terrena, vale a dire, la responsabilità e la solidarietà per i bambini e per tutti
gli esseri umani della Terra.
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- La coscienza spirituale della condizione umana che nasce dall’esercizio complesso del pensiero e
ci permette sia di criticarci gli uni gli altri, sia di criticare noi stessi, sia di comprenderci gli uni
gli altri.
4.5. Affrontare le incertezze
È possibile anzitutto riconoscere una incertezza del reale: come abbiamo detto, la realtà non
è leggibile con tutta evidenza. Le idee e le teorie non riflettono, ma traducono la realtà che possono
tradurre e spesso in modo non corretto. La nostra realtà non è altro che la nostra idea di realtà.
Vi è poi una incertezza della conoscenza in quanto va riconosciuto:
- un principio di incertezza cerebro-mentale derivante dal processo di traduzione/ricostruzione
proprio a tutto il processo conoscitivo;
- Un principio di incertezza logica relativo alle operazioni mediante le quali costruiamo la
conoscenza;
- Un principio di incertezza razionale, poiché la razionalità se non mantiene un atteggiamento
autocritico può sfociare nella razionalizzazione.
- Un principio di incertezza psicologica poiché è impossibile essere totalmente coscienti di ciò che
avviene nella nostra mente, la quale conserva qualcosa di fondamentalmente inconscio.
Ci sono poi le incertezze derivanti dall’ecologia dell’azione. Nel momento in cui un
individuo compie un’azione, qualunque essa sia, essa inevitabilmente comincia a sfuggire alle sue
intenzioni. Questa azione entra in un mondo di interazioni, ed è in ultima analisi, il contesto che se
ne appropria in un modo che può talvolta essere in contrasto con l’intento originale.
Il principio di incertezza deriva ad esempio dalla doppia necessità del rischio e della precauzione, si
gioca nell’interdipendenza e nelle interazioni tra mezzi e fini, si manifesta nel momento in cui
un’azione sfugge alla volontà del suo autore ed entra nel gioco delle inter-retroazioni del contesto in
cui è immessa.
4.6. Insegnare la comprensione
Il problema della comprensione è doppiamente polarizzato. Vi è un polo individuale che
riguarda le relazioni tra prossimi, per le quali il maggior ostacolo è quello dell’egocentrismo che
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reca in sé il rischio dell’autoinganno derivante dall’autogiustificazione, dall’autoesaltazione, dalla
tendenza ad incolpare gli altri di tutti i mali.
Vi è poi un polo planetario relativo ai rapporti tra i popoli e le culture e nel quale i problemi
di incomprensione derivano dai rischi del sociocentrismo e dell’etnocentrismo, in virtù dei quali si è
portati a giudicare superiori le proprie convinzioni, credenze, costumi, valori, ecc.
4.7. Etica del genere umano
L’insegnamento dovrà portare alla costruzione di un’ “antropo-etica”, che faccia riferimento
alla triplice condizione umana, all’uomo come individuo, all’uomo come società e all’uomo come
specie. L’etica individuo/società richiede un controllo dell’individuo sulla società e della società
sull’individuo, questa è la democrazia; mentre l’etica individuo/specie assume nel XXI secolo il
significato di cittadinanza terrestre. L’etica non potrà essere insegnata attraverso lezioni di morale.
Dovrà essere sviluppata a partire dalla consapevolezza che l’uomo è a un tempo individuo, parte di
una società, parte di una specie. Portiamo in ciascuno di noi questa triplice realtà. Così dovremo
promuovere lo sviluppo congiunto dell’autonomia individuale, della partecipazione sociale e della
coscienza di appartenere alla specie umana.