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Corso di Laurea Specialistica in Architettura per la Sostenibilità. AA 2009/10 Laboratorio integrato B. Primo semestre del primo anno di corso Corso di TECNICA DEL CONTROLLO AMBIENTALE Prof. Antonio Carbonari L’UTILIZZO DELLA LUCE NATURALE. I SISTEMI DAYLIGHTING. 1. PERCHÉ PREFERIRE LA LUCE NATURALE A QUELLA ARTIFICIALE L’apparato visivo umano si è sviluppato in funzione dell’utilizzo della luce naturale, è intuitivo pertanto che quest’ultima risulti per esso qualitativamente migliore di qualsiasi luce artificiale. Basti ricordare che la sensibilità del nostro occhio è massima in corrispondenza della parte centrale dello spettro della luce solare a mezzogiorno, che corrisponde al giallo citrino, e questo colore risulta essere anche il più riposante. Le sorgenti di luce artificiali riescono solo ad approssimare con vari artifizi lo spettro della luce solare. Negli ambienti di lavoro la migliore qualità della luce naturale, in particolare la sua migliore resa cromatica, comporta un aumento dell’efficienza lavorativa. La luce artificiale riesce a sollecitare l’attenzione nel breve periodo, ma induce affaticamento nel lungo periodo con conseguente calo del rendimento lavorativo. Un’altra importante caratteristica della luce naturale è la sua variabilità nella composizione spettrale e nell'intensità in funzione dell'ora del giorno, del periodo dell'anno e delle condizioni meteorologiche; pertanto il fatto che essa arrivi, direttamente o meno, all’occupante di un edificio contribuisce ad evitare la perdita di rapporto con l'ambiente esterno e della nozione del tempo. Questi argomenti giustificano i notevoli sforzi che a volte si fanno per trasportare la luce naturale anche in profondità all’interno degli edifici, o addirittura in spazi ipogei. Non va inoltre dimenticato che per l’essere umano l’insufficiente esposizione alla luce del Sole può provocare anche problemi prettamente fisiologici in quanto: - la radiazione ultravioletta (UV) concorre alla sintesi della vitamina D (necessaria al metabolismo del Fosforo e del Calcio) la cui carenza provoca rachitismo, osteoporosi, carie dentaria, - l’aumento della melatonina, normalmente prodotta di notte, provoca un indebolimento del sistema immunitario, patologie nervose e depressione. A tutto questo vanno aggiunti i vantaggi energetici ed economici connessi all'utilizzo della luce naturale: - riduzione della domanda di energia elettrica soprattutto nei periodi di punta (nelle ore centrali della mattina e nel primo pomeriggio), - risparmio energetico, dovuto sia al minor consumo elettrico per illuminazione sia ai minori consumi per climatizzazione nel periodo caldo, questi ultimi in conseguenza della riduzione dei flussi termici immessi negli ambienti dalle lampade. I risparmi energetici riducono il ricorso alle fonti non rinnovabili ed i problemi connessi. Comunque, affinché il risparmio sia effettivo, é necessario che il livello di illuminamento artificiale sia modulato in funzione di quello naturale disponibile. 2. I SISTEMI DAYLIGHTING Sono denominati sistemi daylighting tutti quei sistemi, di natura costruttiva, impiantistica e tecnologica, che consentono la captazione , il trasporto , la distribuzione ed il controllo della luce

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Corso di Laurea Specialistica in Architettura per la Sostenibilità. AA 2009/10 Laboratorio integrato B. Primo semestre del primo anno di corso Corso di TECNICA DEL CONTROLLO AMBIENTALE Prof. Antonio Carbonari L’UTILIZZO DELLA LUCE NATURALE. I SISTEMI DAYLIGHTING. 1. PERCHÉ PREFERIRE LA LUCE NATURALE A QUELLA ARTIFICIALE L’apparato visivo umano si è sviluppato in funzione dell’utilizzo della luce naturale, è intuitivo pertanto che quest’ultima risulti per esso qualitativamente migliore di qualsiasi luce artificiale. Basti ricordare che la sensibilità del nostro occhio è massima in corrispondenza della parte centrale dello spettro della luce solare a mezzogiorno, che corrisponde al giallo citrino, e questo colore risulta essere anche il più riposante. Le sorgenti di luce artificiali riescono solo ad approssimare con vari artifizi lo spettro della luce solare. Negli ambienti di lavoro la migliore qualità della luce naturale, in particolare la sua migliore resa cromatica, comporta un aumento dell’efficienza lavorativa. La luce artificiale riesce a sollecitare l’attenzione nel breve periodo, ma induce affaticamento nel lungo periodo con conseguente calo del rendimento lavorativo. Un’altra importante caratteristica della luce naturale è la sua variabilità nella composizione spettrale e nell'intensità in funzione dell'ora del giorno, del periodo dell'anno e delle condizioni meteorologiche; pertanto il fatto che essa arrivi, direttamente o meno, all’occupante di un edificio contribuisce ad evitare la perdita di rapporto con l'ambiente esterno e della nozione del tempo. Questi argomenti giustificano i notevoli sforzi che a volte si fanno per trasportare la luce naturale anche in profondità all’interno degli edifici, o addirittura in spazi ipogei. Non va inoltre dimenticato che per l’essere umano l’insufficiente esposizione alla luce del Sole può provocare anche problemi prettamente fisiologici in quanto: - la radiazione ultravioletta (UV) concorre alla sintesi della vitamina D (necessaria al

metabolismo del Fosforo e del Calcio) la cui carenza provoca rachitismo, osteoporosi, carie dentaria,

- l’aumento della melatonina, normalmente prodotta di notte, provoca un indebolimento del sistema immunitario, patologie nervose e depressione.

A tutto questo vanno aggiunti i vantaggi energetici ed economici connessi all'utilizzo della luce naturale: - riduzione della domanda di energia elettrica soprattutto nei periodi di punta (nelle ore centrali

della mattina e nel primo pomeriggio), - risparmio energetico, dovuto sia al minor consumo elettrico per illuminazione sia ai minori

consumi per climatizzazione nel periodo caldo, questi ultimi in conseguenza della riduzione dei flussi termici immessi negli ambienti dalle lampade.

I risparmi energetici riducono il ricorso alle fonti non rinnovabili ed i problemi connessi. Comunque, affinché il risparmio sia effettivo, é necessario che il livello di illuminamento artificiale sia modulato in funzione di quello naturale disponibile. 2. I SISTEMI DAYLIGHTING Sono denominati sistemi daylighting tutti quei sistemi, di natura costruttiva, impiantistica e tecnologica, che consentono la captazione, il trasporto, la distribuzione ed il controllo della luce

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naturale all’interno degli edifici. Essi possono essere distinti in: sistemi passivi, sistemi attivi e sistemi misti. • I sistemi passivi hanno generalmente configurazione fissa, non sono quindi ne’ meccanizzati

ne’ automatizzati. Appartengono a questa categoria le finestre ed i lucernari tradizionali, le coperture a shed, gli atria, le bocche di lupo, i lighshelves ed i brise-soleil.

• I sistemi misti sono invece regolabili da parte dell’utente ma non automatizzati. É questo il caso delle occlusioni mobili quali: persiane, veneziane, tende e avvolgibili.

• I sistemi attivi sono meccanizzati ed automatizzati secondo una logica di controllo, consentono la captazione e la distribuzione dinamica, ovvero secondo modalità variabili nel tempo, della luce naturale all’interno dell’edificio.

In genere i sistemi attivi risultano dalla combinazione di materiali e componenti evoluti. Tra questi ultimi meritano particolare attenzione: a - film olografici e vetrature a sezione prismatica, b - eliostati, c - fibre ottiche, d - condotti di luce (light pipes). Nel caso a) si tratta di un materiale, nei casi b) e c) di componenti, nel caso d) si tratta di un sistema. Sia le fibre ottiche che i condotti di luce possono essere combinati con eliostati o con altri dispositivi per la captazione ed eventualmente la concentrazione della radiazione luminosa. 2.1 I film olografici sono pellicole plastiche che, applicate sulle normali superfici vetrate, ridirezionano per rifrazione la radiazione diretta e la diffondono all’interno del locale. Viene così aumentato l’illuminamento nelle parti più interne e limitato l’abbagliamento. Il materiale comprende dei microprismi a base triangolare ed asse orizzontale, che interagiscono con la radiazione diretta come illustrato in figura 1. Come si può vedere in figura, una parte della radiazione incidente viene sempre ridirezionata, oltre che riflessa, verso l’esterno dell’edificio; ma quando la direzione della radiazione diretta supera un certo angolo in alzato allora questa viene integralmente ridirezionata verso l’esterno. Lo stesso meccanismo può essere utilizzato a scala maggiore anche in vetrature che presentino una sezione simile. A seconda dei tipi questi films possono essere selettivi nei confronti della radiazione ultravioletta (UV) od infrarossa (IR). I principali svantaggi sono costituiti dall’impossibilità di veder fuori, dal costo ancora elevato, da fenomeni di iridescenza superficiale dovuti alla scomposizione spettrale della luce, e dal fatto che in giornate nuvolose questi film penalizzano troppo la radiazione entrante [1,2]. Infatti questi materiali, pur essendo evoluti, costituiscono di per sé solo un sistema passivo.

Figura 1. Sezione ingrandita di un film olografico [2].

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2.2 Gli eliostati sono dei dispositivi in grado di seguire il percorso del Sole ruotando intorno ad uno o due assi, il loro movimento é guidato da dispositivi automatici. Solitamente il loro scopo è quello di ridirezionare la radiazione solare diretta (detta anche radiazione collimata) mediante l’uso di una o più superfici speculari. Essi possono costituire dei componenti di sistemi fotovoltaici, di sistemi termici a concentrazione (centrali termoelettriche solari o fornaci solari), di sistemi a fibre ottiche, oppure di condotti di luce. Negli ultimi due casi ogni eliostato contiene una superficie altamente riflettente in grado di ridirezionare ed eventualmente concentrare la radiazione solare per agevolarne il trasporto attraverso il condotto o la fibra ottica. Dal momento che la funzione degli eliostati è quella di ridirezionare la radiazione diretta, i sistemi basati sul loro utilizzo saranno impiegati nei climi caratterizzati da cielo sereno. Nei casi più semplici l’eliostato invia la radiazione direttamente all’interno dello spazio servito dove essa sarà diffusa da appositi elementi o semplicemente da una riflessione su una superficie chiara diffondente (tipicamente l’intonaco della parte alta dell’ambiente). Le prime foto qui riportate (Figura n.1) sono relative ad un’abitazione a Copenhagen, nel recentemente ristrutturato Hedebygade Block del quartiere Vesterbro [3]. Sul tetto è stato posto uno specchio piano quadrato capace di ruotare sia in orizzontale che in verticale riflettendo i raggi del sole all’interno dell’abitazione attraverso il vetro di un abbaino.

Figura 2. Abitazione nell’Hedebygade Block a Copenhagen [3].

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Il secondo esempio riportato, Figura 3, riguarda un edificio residenziale viennese (architetti Neuman & Steiner) un sistema di specchi mobili opportunamente disposti tra loro consente di ridirezionare la luce verticalmente entro spazi male illuminati, quelli dei vani scala. Dentro i vani scala ad ogni piano altri specchi riflettono nuovamente la radiazione verso gli intonaci dei soffitti. Il sistema è realizzato dalla Bomin solar [4].

Figura 3/a. Edificio multipiano a Vienna [4].

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Figura 3/b. Edificio a Vienna [4]. In alcuni casi eliostati associati a brevi condotti di luce sono stati utilizzati per ottenere anche effetti scenografici ed illuminazione d’accento come nel caso dell’atrio dell’aeroporto di Manchester [4] dove un sistema di eliostati disposti sulla copertura indirizza la radiazione diretta su dei lampadari in cristallo che diffondono la luce all’interno del locale. Un sistema di illuminazione artificiale provvede a mantenere il livello di illuminamento necessario quando la luce naturale è insufficiente.

Figura 4/a. Il sistema adottato nell’atrio dell’aeroporto di Manchester.

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Figura 4/b. Aeroporto di Manchester, gli eliostati sulla copertura ed il lampadario [4]. Una realizzazione simile è costituita dall’atrio della sede centrale dell’azienda di biotecnologie Genzyme a Cambridge (USA), Arch. Behnisch and Partners. Anche qui una serie di eliostati disposti sulla copertura ridireziona la radiazione collimata verticalmente verso l’interno dell’atrio, attraverso un lucernario; nell’atrio altri elementi speculari (chandelier) ridirezionano di nuovo la luce ad ogni piano verso gli uffici. Anche le pareti dell’atrio contengono elementi speculari [4,5,6].

Figura 5. Sede centrale della Genzyme, gli eliostati (primi riflettori) ed il lucernario [5].

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Figura 6. Sede centrale della Genzyme sezione dell’atrio [6].

Figura 7. Sede centrale della Genzime immagini dell’atrio con i riflettori secondari (chandelier) [5].

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Oltre al sistema daylighting basato sull’uso degli eliostati l’edificio contiene altri interessanti dispositivi per il controllo e la distribuzione della luce naturale, quali: - alette prismatiche mobili posizionate sotto il lucernario che, secondo il principio descritto in 2.1,

possono ridirezionare verso l’esterno la radiazione collimata quando sono disposte in posizione ortogonale ai raggi, lasciando passare invece la radiazione diffusa (Figura 8),

- internamente alle aperture vetrate disposte lungo il perimetro esterno dell’edificio, sono presenti alette che ridirezionano la diretta verso il soffitto degli uffici (Figura 9).

Figura 8. Sede centrale della Genzime alette prismatiche mobili posizionate sotto il lucernario [6].

Figura 9. Sede centrale della Genzyme, alette riflettenti sulle aperture perimetrali [6].

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Figura 10. Frangisole mobili a sezione prismatica della Bomin Solar [4] Come si è visto in 2.1 il ridirezionamento dei raggi solari può anche essere ottenuto, oltrechè con la riflessione, mediante la rifrazione all’interno di corpi trasparenti che presentino particolari sezioni prismatiche. Sfrutta questo principio il frangisole trasparente Prismalite della Bomin Solar (Fig. 10), che, orientando la propria superficie esterna (piana) ortogonalmente ai raggi solari, riesce a ridirezionare verso l’esterno la radiazione diretta lasciando invece passare la radiazione diffusa proveniente da altre direzioni. Questo dispositivo, a differenza dei films olografici, consente la visione verso l’esterno.

Figura 11. Eliostato basato sulla doppia rifrazione [7].

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Figura 12. Eliostato basato sulla doppia rifrazione [7]. Lo stesso principio può anche essere sfruttato per ridirezionare la radiazione collimata due volte, ovvero secondo due angoli giacenti su piani diversi, ottenendo lo stesso risultato di un eliostato che può ruotare attorno a due assi. Il lucernario dinamico riportato in figura 11 e 12, variando opportunamente l’orientamento di due diversi strati trasparenti a sezione prismatica, riesce a incanalare la radiazione collimata nella direzione voluta, ovvero verso l’interno dello spazio da esso servito. Un interessante esempio di eliostato associato ad un breve condotto di luce è costituito dal sistema Lux tracker della Lux Service [8]. L’eliostato è costituito da una batteria di specchi che, ruotando attorno a due assi, riesce a ridirezionare verticalmente la radiazione diretta entro un breve condotto di luce che termina con un elemento diffondente. Il sistema è rivolto principalmente a grandi ambienti a destinazione industriale o commerciale. Va detto che questo dispositivo è stato sviluppato per climi secchi caratterizzati da elevata trasparenza atmosferica.

Figura 13. Eliostato del sistema Lux tracker [8]

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Figura 15. Interni serviti dal sistema Lux tracker, sono visibili gli elementi diffusori [8]

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Nei paragrafi successivi sono illustrati degli esempi di impiego degli eliostati in combinazione con condotti di luce. 2.3 Le fibre ottiche, sono elementi di forma cilindrica in materia vitrea o plastica, il loro maggior pregio é costituito dalla capacità di trasportare la luce a distanza, anche in luoghi poco accessibili, con un ingombro di spazio molto ridotto. Oggi sono principalmente usati nelle vetrine e nei musei per illuminazione d’accento e decorativa. Un interessante applicazione è quella dell’illuminazione “di effetto” in ambienti dove è opportuno evitare la presenza di conduttori elettrici e lampade (Figura 18). Un sistema a fibre ottiche è costituito essenzialmente da due elementi: un illuminatore, ovvero una sorgente luminosa, e la fibra ottica, singola o multipla. Possono essere presenti anche elementi per la diffusione della luce nell’ambiente servito.

Figura 16/a illuminatore [9] Figura 16/b fibra ottica [9]

Figura 17. Componenti di un sistema di illuminazione a fibre ottiche della TRE I [10]

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Nel passaggio della luce dall’illuminatore alla fibra ottica bisogna tener conto delle leggi che governano la rifrazione, in base ad esse vengono riflessi quei raggi luminosi il cui angolo di incidenza sulla superficie di separazione fibra ottica – mezzo circostante supera un certo valore limite. Tale valore limite è dato dal rapporto:

sen αlim. = 1

2

nn

essendo n1 l’indice di rifrazione del primo mezzo e n2 quello del secondo. Nel caso dei sistemi comunemente utilizzati l’accoppiamento vetro(1) - aria(2) (n1 = 1,5; n2 = 1) consente di riflettere completamente raggi incidenti di inclinazione (rispetto alla normale) compresa tra 42° e 90°. Anche con questa tecnologia é possibile escludere IR ed UV ma solo nel caso di fibre in vetro, la cosa è importante ad esempio nel caso di ambienti museali. In generale l’efficienza dei sistemi a fibre ottiche dipende dai seguenti principali fattori. Qualità delle fibre: che a sua volta dipende dalla densità delle microfibre all’interno di ogni

singola fibra; maggiore è la densità, maggiore è il flusso luminoso trasportato. Tipo di fibre: le fibre ottiche in vetro offrono prestazioni superiori rispetto a quelle in plastica. Quantità delle fibre: esiste una quantità ottimale associata ad ogni illuminatore. Potenza e posizionamento degli illuminatori.

Figura 18. Ambienti illuminati con fibre ottiche. Fonte: catalogo TRE I Fibre Ottiche [10] Purtroppo con tali sistemi é difficoltoso illuminare superfici estese, inoltre la luminosità si attenua in proporzione alla lunghezza della fibra ed il costo é ancora elevato.

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Figura 19. Ambienti illuminati con fibre ottiche. Fonte: catalogo TRE I Fibre Ottiche [10] Qualora si voglia utilizzare la luce naturale l’illuminatore è costituito da un captatore-concentratore di radiazione solare, ad es. un sistema di lenti convergenti od un collettore parabolico, montato su un supporto ad inseguimento solare (eliostato). La concetrazione della luce solare è imposta dalla ridotta sezione delle fibre ottiche, e l’inseguimento solare è necessario per avere un flusso luminoso di entità interessante. A valle del collettore può essere collocato l’illuminatore artificiale con funzione integrativa.

Figura 20. Gli elementi di un sistema daylighting basato sull’uso di fibre ottiche [11].

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Di recente la ILTI LUCE [9] ha proposto l’impiego di fibre ottiche per il trasporto di luce naturale all’interno degli ambienti per mezzo di un inseguitore solare chiamato Sun light chaser capace di captare i raggi del sole e di convogliarli, per mezzo di una batteria di lenti concentranti, all’interno di un collettore di fibre ottiche capaci di trasportare nei vari ambienti la luce naturale.

Figura 21. Il captatore del sistema ILTI LUCE [9].

Un altro esempio particolarmente interessante è costituito dal sistema giapponese Himawari [12].

Figura 22. Captatori con lenti concentranti del sistema Himawari [12].

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Figura 23. La distribuzione della luce nel sistema Himawari [12]. Questi sistemi di trasporto della luce non sono più ingombranti del sistema di trasporto dell’acqua o dell’energia elettrica.

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2.4 I condotti di luce sono dei sistemi complessi, basati su più riflessioni speculari e/o diffuse della radiazione solare; essi sono in grado di trasportarla attraverso percorsi verticali od orizzontali fino ad ambienti che non potrebbero altrimenti ricevere luce naturale. Per lo più il trasporto della luce avviene entro un tubo internamente riflettente. Alcuni tipi di condotti di luce sfruttano la sola radiazione diretta del sole altri anche quella diffusa dal cielo. La luce trasportata nel condotto può essere immessa nell’ambiente attraverso una superficie traslucida diffondente, oppure diffusa dalle ultime riflessioni su superfici interne all’ambiente servito, come il soffitto. I costi e le dimensioni contenuti rendono questi sistemi applicabili anche alle abitazioni, per contro l’illuminamento ottenuto non é uniforme e sono poco impiegabili su ampie superfici. Le opere realizzate sono per lo più di piccole dimensioni, ma non mancano realizzazioni alla grande scala, che riguardano edifici multipiano. In esse si sono riscontrati risparmi di energia elettrica per illuminazione fino al 30%, e minori costi anche per il condizionamento, visto che il carico termico dovuto alla luce naturale é minore rispetto a quello dovuto alle lampade.

Figura 24/a. Il sistema ‘Solatube’ [13]. Gli esempi più semplici sono costituiti dai sistemi ‘Solatube’ [13] e ‘Solar Spot’ [14]. In essi la captazione è agevolata da un riflettore curvo rivolto a sud, la luce viene trasportata lungo un tubo internamente riflettente in modo speculare. Ve ne sono in commercio di varie dimensioni. Il tubo può anche avere dei gomiti. Per il sistema ‘Solatube’ la casa produttrice garantisce che il modello del diametro di 40 cm è capace di illuminare adeguatamente una superficie di 20 m2 in condizioni di cielo sereno. La stessa raccomanda comunque di non utilizzare tubi riflettenti superiori ai 2,5m di lunghezza, raccomandazione che invece non viene fatta dai produttori di ‘Solar Spot’.

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Figura 24/b. Il sistema ‘Solatube’ [13]. I vantaggi principali di tali sistemi sono:

- dimensioni e costi contenuti; - possibilità di impiegarlo in edifici già realizzati e nell’edilizia residenziale;

Gli svantaggi principali consistono invece in:

- non uniformità dell’illuminamento prodotto; - difficoltà di impiego su ampie superfici; - impossibilità di illuminare più piani.

Possono considerarsi brevi condotti di luce anche alcuni dispositivi prodotti dalla Heliobus per locali interrati, che sfruttano sia la componente diretta che quella diffusa della radiazione solare [15].

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Figura 25. Il captatore del sistema ‘solar spot’.

Figura 26. Il sistema ‘solar spot’.

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Figura 27. Il sistema ‘Heliobus’ per locali interrati [15]. Importanti studi sui condotti di luce sono stati svolti presso il Lawrence Berkeley National Laboratory (LBNL) in California [16]. Si tratta di condotti di luce orizzontali destinati a servire edifici multipiano.

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Figura 10. Sezione verticale del sistema studiato presso il LBNL.

Figura 11. Sezioni orizzontali del sistema studiato presso il LBNL.

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Tabella 12. Valori di illuminamento riscontrati nei sistemi studiati presso il LBNL.

Questi studi sono stati basati su simulazioni al computer, eseguite con il programma Radiance, e sperimentazioni su modelli fisici in scala. Questi condotti erano rivestiti di pellicole speculari altamente riflettenti prodotte dalla 3M capaci di trasportare i raggi provenienti dai riflettori speculari posti alla bocca del condotto, sulla facciata dell’edificio. Sono stati testati condotti aventi sezioni e forma dei riflettori differenti. L’ambiente su cui veniva testato il condotto era di 9m di profondità (in direzione ortogonale alla facciata) per 6 di larghezza ed il soffitto era posto a 3m dal pavimento. La luce, trasportata dal condotto, veniva immessa nell’ambiente per mezzo di superfici traslucide diffondenti. I risultati ottenuti nelle differenti configurazioni mostrano che, in condizioni di cielo sereno, tali condotti riescono a garantire nelle zone più profonde dell’ambiente livelli di illuminamento medi sul piano di lavoro superiore a 200 lux per circa sette ore al giorno lungo tutto l’arco dell’anno.

Figura 13. Il sistema studiato presso l’IUAV

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Studi simili sono stati svolti recentemente presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV) [17] In quest’ultimo caso è stato simulato, col programma Radiance, un condotto di luce orizzontale capace di illuminare, in maniera sufficientemente uniforme, locali profondi undici metri. La luce solare diretta, raccolta da un riflettore mobile, si propaga entro il condotto sfruttando le riflessioni, dapprima speculari poi diffuse, sulle sue superfici interne e viene trasmessa all’ambiente attraverso diffusori di trasmittanza differente.

Figura 14. Studi di Smart e Ballinger, sistema basato su un eliostato [18].

Interessanti varianti nell’utilizzo dei condotti di luce e nell’impiego di sistemi speculari per il trasporto della luce all’interno di locali profondi sono state proposte dai ricercatori Smart e Ballinger [18]. Essi si sono posti il problema dell’uniformità di illuminamento in tali locali ed hanno simulato con programmi di calcolo alcuni sistemi atti a limitare l’attenuazione del livello di illuminamento con l’allontanarsi dalla finestra.

Figura 15. Sistema basato su eliostato e specchi

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Il sistema shematizzato in figura 15 prevede l’utilizzo di un eliostato capace di seguire il sole e di rifletterne la radiazione diretta verso uno specchio fisso posto sul tetto, questo a sua volta la riflette verticalmente lungo la facciata; con ulteriori specchi fissi la radiazione viene deviata verso i soffitti dei locali, illuminandoli.

Figura 16. Sistema basato su un eliostato e un sistema di fibre ottiche

Il sistema illustrato in Figura 16 prevede sempre un eliostato mobile sul tetto il quale però devia la radiazione solare all’interno di un collettore di fibre ottiche le quali distribuiranno la luce per mezzo di diffusori posti all’interno del locale.

Un altro sistema (Figura 17) invece prevede una serie di tre specchi, di cui il primo esterno è mobile, mentre gli altri sono fissi e posti in corrispondenza dei piani da illuminare.

Figura 17. Sistema basato su specchi.

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Gli autori, sulla base di una simulazione computerizzata, affermano che, in condizioni di cielo sereno, tali sistemi garantiscono un illuminamento medio sufficiente (nel range di 300-800lx) sul piano di lavoro all’interno di edifici di dieci metri di profondità, per otto ore circa al giorno ed un risparmio di energia elettrica giornaliero (otto ore lavorative) pari a 100:200 Wh/m2 in regioni dove l’illuminamento normale del sole supera i 50klx per più di quattro ore al giorno. Più eliostati possono servire uno stesso condotto di luce in modo da aumentare il flusso luminoso da questo trasportato, è il caso del padiglione Merchedes Benz realizzato dalla Bomin Solar a Lorrach, Germania [4].

Figura 18. Il padiglione Merchedes Benz a Lorrach, Germania [4].

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Particolarmente interessanti sono i sistemi che servono edifici multipiano con trasporto in verticale e trasporto/distribuzione in orizzontale della luce, quali il sistema Heliobus ed il sistema Arthelio. Il sistema Heliobus, ideato dal Prof. J.B. Aizenberg [19,20], comprende un eliostato-concentratore che convoglia la radiazione verticalmente entro un condotto di luce, e degli elementi “estrattori”, tubi in materiale plastico di vario diametro, che ad ogni piano servito ridirezionano orizzontalmente una parte del flusso luminoso, infine al termine del condotto verticale di luce un diffusore immette il flusso luminoso residuo nell’ultimo locale servito. L’utilizzo di questo sistema in un edificio scolastico di quattro piani in Svizzera ha ridotto almeno ad un terzo il consumo di energia elettrica e dimezzato la potenza delle lampade installate.

Figura 19. Il sistema Heliobus.

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Figura 20. Il sistema Heliobus. Del sistema Arthelio [21,22,23] esiste una realizzazione in Italia presso il centro di distribuzione europea della 3M a Arpiano (Milano). Esso comprende un eliostato, costituito da uno specchio curvo cui è anteposto un gruppo di lenti di Fresnell, Figure 21 e 22, questa unità di captazione ruota solo attorno all’asse verticale, le lenti hanno la funzione di deviare i raggi luminosi in alzato evitando la rotazione dello specchio attorno all’asse orizzontale, questa soluzione riduce il costo del dispositivo.

Figura 21. Il captatore del sistema Arthelio.

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Figura 22. Il captatore del sistema Arthelio. La luce viene incanalata così in un condotto verticale ed arriva fino al livello interessato. Qui altri specchi deviano il fascio di luce lungo condotti orizzontali che provvedono anche alla sua distribuzione mediante la loro superficie diffondente (hollow light guides).

Figura 23. Il sistema Arthelio. Sezione longitudinale dell’edificio [21] .

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Nelle ore in cui l’insolazione è insufficiente o assente questi ultimi canali distribuiscono la luce di lampade integrative. In una giornata invernale con cielo limpido il sistema riesce a fornire un illuminamento medio sull’orizzontale di circa 250 lux con un fattore di uniformità superiore allo 0.8.

Figura 24. Il sistema Arthelio. Sezione trasversale dell’edificio [21] .

Figura 25. Il sistema Arthelio. I condotti verticali per il trasporto del flusso luminoso ed i dispositivi

di diffusione e trasporto in orizzontale [21] .

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Figura 26. Il sistema Arthelio. I dispositivi di diffusione e trasporto in orizzontale della luce [21]. 3. PARTICOLARI REALIZZAZIONI DI SISTEMI DAYLIGHTING COMPLESSI Più limitato è il numero delle opere in grande scala che adottano sistemi daylighting sofisticati. Tra di essi due in particolare meritano di essere citate: il Victoria Park Place di Toronto in Canada, edificio per uffici, e il Dipartimento di Ingegneria Mineraria del Minnesota a Minneapolis negli Stati Uniti. Nel primo caso [24] sono stati posti sul tetto dell’edificio otto specchi piani di 2,2 m2 che possono ruotare in altezza riflettendo la radiazione solare su uno specchio convergente; da qui, attraverso un ulteriore specchio curvo posto in corrispondenza del condotto, la luce raggiunge un condotto di luce e viene da questo diffusa all’interno del locale servito (al solo ultimo piano dell’edificio). Il sistema sopra descritto illumina in maniera abbastanza uniforme una superficie di 186 m2 e garantisce su di essa un livello di illuminamento di circa 700 lux senza creare fenomeni di abbagliamento.

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E’ stato stimato che il risparmio di energia elettrica che ne deriva è di circa il 30% ed anche i costi del condizionamento risultano inferiori in quanto il carico termico apportato dalla luce naturale attraverso questo sistema risulta inferiore a quello che sarebbe apportato dalle lampade artificiali. Inoltre i tempi di sostituzione di queste ultime si allungano in quanto il flusso emesso è adeguato alla luce naturale entrante.

Figura 27. Victoria Park Place di Toronto, il dispositivo di captazione-distribuzione della luce [24]. Il Dipartimento di Ingegneria Mineraria del Minnesota a Minneapolis (USA), realizzato dall’architetto David Bennet negli anni setttanta, è forse il manufatto che più di ogni altro ha fatto massiccio impiego di sistemi daylighting sofisticati [25,26]. Questo edificio, in gran parte sotterraneo, utilizza sia specchi mobili che statici, nonché un sistema ottico che consente a chi è all’interno nelle zone più basse di avere visione dell’esterno come attraverso un periscopio. Un primo sistema (Figura 28) è costituito da un eliostato mobile, uno specchio riflettente fisso ed una serie di lenti capaci di convogliare verticalmente la luce a 37 metri di profondità, quindi orizzontalmente all’interno di condotti-diffusori. Tale sistema dinamico, i cui specchi sono azionati da microprocessori, è posto all’interno di una torretta che si erge su un cavedio verticale.

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Figura 28. Dipartimento di Ingegneria Mineraria del Minnesota a Minneapolis Un secondo sistema (Figura 29) è costituito da un primo riflettore fisso le cui superfici hanno due principali inclinazioni (estiva/invernale) il quale rinvia la luce solare verso altri riflettori quindi verso gli spazi interni dell’edificio.

Figura 29. Dipartimento di Ingegneria Mineraria del Minnesota a Minneapolis Infine un sistema di lenti, in un dispoitivo simile ad un periscopio, consente la visione dell’esterno da parte di coloro che si trovano nel piano più basso dell’edificio (Figura 30).

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Figura 30. Dipartimento di Ingegneria Mineraria del Minnesota a Minneapolis 4. PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA PROGETTAZIONE DI SPAZI IPOGEI Le attuali esigenze di organizzazione urbana richiedono spesso la realizzazione di ambienti ipogei di medie e grandi dimensioni che ospitino parcheggi, depositi, centri commerciali, stazioni ferroviarie o anche uffici. Questo trasferimento di funzioni nel sottosuolo contribuisce a decongestionare lo spazio urbano rendendo disponibili in superficie spazi per infrastrutture viarie, parchi urbani o impianti sportivi. Dal punto di vista energetico va fatta un’ulteriore considerazione: soprattutto nei climi caldi e secchi l’ambiente ipogeo presenta un vantaggioso andamento delle temperature (modera le escursioni termiche stagionali e giornaliere), ed i climi caldi e secchi si incontrano più frequentemente nei paesi in via di sviluppo dove più pressante é il problema del costo dell’energia. Tuttavia la realizzazione di questi ambienti, artificiali per eccellenza e innaturali per l'essere umano, richiede la soluzione di vari problemi sia di ordine fisico che di ordine psicologico. Tra i primi: l’elevata umidità, la necessità di ventilazione artificiale, la carenza od assenza di illuminazione naturale. I problemi psicologici sono costituiti soprattutto dalla sensazione di isolamento dal mondo esterno, ovvero l’impossibilità di sapere che tempo faccia, in quale ora del giorno o in che stagione ci si trovi, e la sensazione di disorientamento spaziale. Entrambe dovute all'assenza di stimoli dall'esterno, o riferimenti all'esterno. Queste sensazioni, unitamente alla paura di crolli ed incendi, possono indurre claustrofobia, stati d'ansia e stati di depressione.

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In particolare l'assenza di illuminamento naturale, dunque l’assenza di stimoli visivi e luminosi dall'esterno, contribuisce in modo significativo alla sensazione di isolamento spaziale e temporale, dunque ai conseguenti problemi psicologici. Riuscire a trasportare la luce naturale all’interno di questi ambienti può contribuire in modo significativo a risolvere i problemi sopra elencati, migliorando la loro vivibilità. La soluzione di tutti questi problemi va perseguita con una adeguata progettazione sia impiantistica che architettonica; é bene che quest’ultima preveda, oltre all’eventuale trasporto di luce naturale: ampi atria centrali, spazi ben caratterizzati, percorsi gerarchicamente definiti (per favorire l’orientamento), vie di fuga facilmente individuabili, presenza di vegetazione. Riferimenti bibliografici [1] N.Baker, A.Fanchiotti, K.Streemers, Daylighting in architecture: a european reference book, James and James, 1993, cap.5, pp.60-65. [2] Sandy Halliday and Steven Downie. Daylighting in Sports Halls. Report 2. by Gaia Research Wednesday, November 20, 2002 // fonte fig. su films olografici [3] http://www.cardiff.ac.uk/archi/programmes/cost8/case/holistic/hedebygade.html [4] Materiali illustrativi della BOMIN SOLAR GmbH, Industriestr. 8-10, D-79541 Loerrach. http://www.bomin-solar.de <<< guardare bene [5] http://www.genzymecenter.com/ [6] http://www.behnisch.com/site_files/index_flash.html // fonte alcune fig. [7] Advanced Environmental Concepts Pty Ltd. Natural Lighting Opportunities (Draft). Melbourne City Council Offices [8] Materiali informativi della LUX SERVICE Lucernari s.r.l. - Via P. Stucchi, 78 - 20040 Cornate D'Adda (MI) - web by Grassi s.r.l. - http://www.luxservice.it/ [9] ILTI LUCE, Fibre ottiche, manuale tecnico, Torino, 1999. www.iltiluce.it [10] Catalogo della TRE I Fibre Ottiche (indirizzo di rete) [11] Erik André, Jutta Schade. Daylighting by optical fiber. Master Thesis. Lulea University of technology. Department of Environmental Engineering. Division of Water Resources Engineering. Master of Science Programme. 2002:260 CIV ISSN : 1402 – 1617 ISRN : LTU – EX -- 02/260 – SE [12] http://www.himawari-net.co.jp [13] http://www.solatube.com/it [14] http://www.solarspot.it [15] http://www.heliobus.com [16] http://www.lbl.gov/ [17] R.Canziani, Tesi di Laurea : Illuminazione naturale di ambienti con condotti di luce : simulazione e prestazioni, Relatore : Prof.Ing.Giancarlo Rossi, IUAV, AA.1999-2000.

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[18] M.Smart, J.A.Ballinger, Tracking mirror beem sunlighting for deep interior spaces in Solar Energy, vol.30, n°6, pp.527-536, 1983. [19] Aizenberg J.B., Buob W., Signer R., Korobko a.A. and Pjatigorsky W.M., 1996. “Hollow light guide system of combined sun and artificial lighting of school building”. Journal “Svetotekhnika”, N8, pp.8-18 (in Russian). [20] Aizenberg J.B., Buob W., Signer R., Korobko a.A. and Pjatigorsky W.M., 1997. Daylighting and artificial lighting of central zones of multi-storey buildings with new hollow light guide system “Heliobus”. Proceedings of Lux-Europa’97 Conference, Amsterdam, May 1997. [21] A. Mingozzi, S. Bottiglioni, R. Casalone An innovative system for daylight collecting and transport for long distances and mixing with artificial light coming from hollow light guides, Light & Engineering, vol. 10, n. 1, Znack Publishing House, Mosca, 2002. [22] A. Mingozzi, S. Bottiglioni, R. Casalone ARTHELIO Intelligent and energy-optimised lighting systems based on the combination of daylight and the artificial light of sulphur lamps: applications, Lux Europa 9th European Lighting Conference, Reykjavik, June 2001; [23] A. Mingozzi, “Il Progetto Arthelio – Illuminazione naturale-artificiale”, Luce, n° 7, Milano, November, 2000; [24] Schuman J., F. Rubinstein, K. Papamichael, L. Beltran E.S. Lee and S. Selkowitz. Tecnology Rewiews: Daylighting Optical Systems. September 1992. LBL-33203 UC-350. Prepared for the U.S. Department of Energy under Contract Number DE-AC03-76SF00098. [25] C.Piersanti, La facoltà in miniera, in l’Arca, n°10, ottobre 1987, pp.24-31. [26]. Avanza F., S. Calchi Novati , S. Conta e S. De Munari . Progettare il sottosuolo, Franco Angeli, 1991. ISBN 10: 8820466562. [27] http://www.subsurfacebuildings.com/BuildingUndergroundwithaLightTouch.html [28] T.Zaffagnini, Illuminare l’architettura ipogea, in Ambiente costrito, n°3, luglio-settembre 1999, pp.20-24.