Tesi di laurea specialistica

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI PUBBLICHE D’IMPRESA TESI DI LAUREA SPECIALISTICA Il lobbying: dalla connotazione negativa alla difesa trasparente dei legittimi interessi Il caso AMD Relatore: Laureando: Ch.ma Prof.ssa Renata Kodilja Antonio Fracas ANNO ACCADEMICO 2010-2011

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE

FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI PUBBLICHE

D’IMPRESA

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

Il lobbying: dalla connotazione negativa alla difesa

trasparente dei legittimi interessi

Il caso AMD

Relatore: Laureando:

Ch.ma Prof.ssa Renata Kodilja Antonio Fracas

ANNO ACCADEMICO 2010-2011

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A mio nonno Bruno

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INDICE:

INTRODUZIONE ..................................................................................................... 7

CAPITOLO 1 .......................................................................................................... 13

Il lobbying e il lobbista sotto la lente ....................................................................... 13

1.1 Definizione di lobbying ................................................................................ 13

1.2 Identikit del lobbista ..................................................................................... 21

1.3 Gli attori ....................................................................................................... 29

1.3.1. I portatori di interesse ................................................................................ 30

1.3.2. Mediatori................................................................................................... 37

1.3.3. Le istituzioni pubbliche ............................................................................. 38

1.4 L’azione di lobbying ..................................................................................... 39

1.4.1 Gli strumenti di back office ....................................................................... 41

1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi ........................................................ 43

1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi ................................................. 45

1.5 L’azione di lobbying ..................................................................................... 48

1.5.1 I public affairs ........................................................................................... 49

1.5.2 I quattro modelli di public affairs............................................................... 50

1.5.3 Le tre fasi del lobbying .............................................................................. 53

1.5.4 Il lobbying diretto ...................................................................................... 58

1.6 La legislazione italiana sul lobbying ............................................................. 60

1.6.1 Le proposte di legge .................................................................................. 63

1.6.2 I casi Toscana, Molise ed Emilia Romagna ................................................ 66

1.6.3 Calabria e altri ........................................................................................... 68

1.6.4 Riflessione ................................................................................................ 68

CAPITOLO 2 .......................................................................................................... 69

La regolamentazione del lobbying al di fuori dei confini italiani: USA e UE ........... 69

2.1 La regolamentazione del lobbying negli USA ............................................... 70

2.1.1 Dalla seconda metà dell’800 al Federal of Lobbying Act. .......................... 70

2.1.2 Il Federal Regulation of Lobbying Act ...................................................... 73

2.1.3 Gli anni Settanta e le riforme collaterali ..................................................... 76

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6

2.1.4 Il Lobbying Disclosure Act........................................................................ 78

2.1.5 Gli anni Duemila ....................................................................................... 82

2.2 Lobbying a Bruxelles .................................................................................... 85

2.2.1 Il lobbista di Bruxelles............................................................................... 86

2.2.2 Organizzarsi .............................................................................................. 87

2.3 Obiettivo e influenza ..................................................................................... 88

2.3.1 Commissione Europea ............................................................................... 88

2.3.2 Parlamento Europeo .................................................................................. 89

2.3.3 Consiglio dell’Unione Europea .................................................................. 92

2.4 Regole .......................................................................................................... 93

2.4.1 I primi tentativi.......................................................................................... 93

2.4.2 La situazione attuale .................................................................................. 95

CAPITOLO 3 ........................................................................................................ 101

AMD e l’intervento per la nuova formulazione dei bandi pubblici della Pubblica

Amministrazione ................................................................................................... 101

3.1 AMD .......................................................................................................... 101

3.2 Lo scenario competitivo per AMD nei primi anni 2000 in Italia .................. 102

3.3 AMD scende in campo ................................................................................ 103

3.3.1 La strategia di AMD ................................................................................ 104

3.4 La svolta in positivo per AMD .................................................................... 106

3.4.1 L’intervento della CE .............................................................................. 109

3.5 Epilogo ....................................................................................................... 110

CONCLUSIONI .................................................................................................... 113

ALLEGATI ........................................................................................................... 115

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

RINGRAZIAMENTI

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7

INTRODUZIONE

Questa tesi è frutto della profonda curiosità sorta nei confronti del tema del lobbying

durante lo studio delle attività di Relazioni Pubbliche. Si legge di lobbisti che sono

padroni dell’arte della comunicazione e della relazione, ma, soprattutto, che si tratta di

esperti professionisti capaci di convincere anche i più ostici interlocutori.

La cultura popolare riconosce tali doti accostandole però spesso a fini non sempre

limpidi. Il lobbista è allora colui che agisce per conto dei “cattivi”, che “avvantaggia” le

multinazionali e le attività più o meno occulte.

Agli occhi di chi non conosce la professione, il lobbista è nel migliore dei casi un

manipolatore.

Non si può dare torto a coloro che la pensano in questo modo in quanto non sono

poche le occasioni offerte dalla cronaca che portano l’opinione pubblica in questa

direzione. Basti qui ricordare lo scandalo denominato “Tangentopoli” degli anni

Novanta che anche a distanza di vent’anni non è stato ancora dimenticato.

Rappresentanti senza scrupoli di interessi particolari non hanno esitato a ricorrere a

mezzi illeciti per influenzare il legislatore. In quel frangente, i cinque fogli di analisi

citati da John Fitzgerald Kennedy e citati nel capitolo I sono stati brutalmente sostituiti

da pratiche meno lecite.

Ma queste persone non possono essere considerate dei lobbisti e per loro esiste

un’unica denominazione: corruttori.

A distanza di vent’anni, “Tangentopoli” non è stata dimenticata. A pagarne le

conseguenze non è stata solo la credibilità delle istituzioni ma anche la professione del

lobbista L’idea di fondo è che il lobbista difenda sempre e comunque i “cattivi” a

scapito dei “buoni”.

Ma il lobbista non è questo. O, se vogliamo, non dovrebbe essere questo. Resta il

fatto che un lobbista può difendere tanto un’organizzazione che genera i suoi profitti a

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scapito dei cittadini quanto aziende che godono di un’ottima considerazione da parte

della gente (per esempio le O.N.G.). Ma qualora difenda un’azienda del primo tipo, il

vero lobbista dovrebbe comunque usare solo gli strumenti propri della comunicazione e

dati oggettivi a supporto della propria tesi difensiva, escludendo categoricamente il

ricorso a mezzi di persuasione che non sia non leciti. Non è scontato che, per quanto

bravo, riesca nell’impresa di salvaguardare l’interesse del suo cliente in quanto esistono

anche cause indifendibili. Ma nessuno potrà negare che ha agito correttamente, nel

rispetto delle norme.

Per comprendere meglio la figura del lobbista professionista, il capitolo I di questa

tesi è incentrato attorno ad una dettagliata analisi delle sue competenze e degli strumenti

da lui stesso impiegati. Confidare in un cambiamento dell’opinione pubblica nei suoi

confronti da parte del lettore è ambire a qualcosa di estremamente difficile se non

addirittura impossibile. Ma la finalità del capitolo I è quella di rispondere alla domanda

che troppe volte rimane priva di risposta: come lavora il lobbista? Si è pertanto

analizzato la figura professionale del lobbista cogliendone gli aspetti caratterizzanti

quanto a capacità e competenze. La figura professionale che ne esce non riguarda solo

un esperto di comunicazione ma anche di un insieme di altre specifiche competenze che

abbracciano Diritto, Economia e Relazioni Pubbliche. Si tratta di una figura che fa dell’

“ascolto” il suo strumento principale e che gli consente di cogliere sia le esigenze del

cliente che le peculiarità dell’ambiente in cui questo opera nonché i provvedimenti

normativi che possono influire sulle attività del cliente stesso. L’ascolto è altresì

finalizzato ad individuare i giusti interlocutori istituzionali e dare vita ad un dialogo

costruttivo per entrambe le parti (azienda cliente e legislatore). Il lobbista, bravo e

competente, non difende il proprio cliente ad oltranza alterando la realtà ma trova e

fornisce gli spunti per il miglioramento del testo di legge a tutela dell’attività di un

intero settore di cui il cliente è solo uno dei molti esponenti. Rappresentare gli interessi

implica ulteriori skills rispetto a quelle già menzionate. Il lobbista è

contemporaneamente un pianificatore strategico e un consulente senza il quale l’azienda

non saprebbe muoversi nel mondo istituzionale. Un novello Virgilio che accompagna

Dante, se è concesso il paragone. Egli aiuta l’azienda a comprendere i testi di legge e il

loro impatto, delinea i passi per imbastire una relazione col legislatore e consiglia le

giuste tecniche di approccio. Per cambiare le regole del gioco non basta infatti una

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9

lettera firmata da un Amministratore delegato, seppur autorevole e potente, all’indirizzo

di un politico, neanche se si è Claudio Marchionne: anche la FIAT, infatti, ha i suoi

lobbisti.

L’ambiente in cui opera il lobbista italiano è particolare. Il nostro territorio si

contraddistingue per l’assenza di una legislazione nazionale che regolamenti l’attività di

lobbying. L’Italia è così in una condizione di forte arretratezza nonostante reiterati

tentativi per colmare il vuoto normativo. Fin dal 1948 i rappresentanti del Parlamento

hanno avanzato proposte di legge ma la necessità di tale intervento non è mai stata

avvertita dalla maggioranza dei parlamentari, rendendo vano ogni sforzo in tale

direzione. Neanche quando il provvedimento è approdato all’esame della commissione

parlamentare competente ha goduto di un destino migliore. Nessun testo è mai stato

sottoposto all’analisi dell’Aula. È chiaro, allora, che esistono dei “lobbisti” più forti

ricollegabili anche ai partiti politici, interessati a detenere l’esclusiva sui rapporti

istituzionali e la formulazione delle leggi. A poco valgono le convocazioni in audizione

di coloro su cui le proposte di legge impattano direttamente. L’ascolto nei loro confronti

è spesso solamente di facciata. Non da meno è l’atteggiamento di certe associazioni che

si sono sempre opposte all’idea di una regolamentazione del lobbying perché

fermamente intenzionate a mantenere la loro posizione di interlocutore privilegiato del

legislatore e magari a scapito delle aziende più piccole. In controtendenza appaiono

alcune regioni italiane, come Toscana e Molise che si sono dotate di una legge

regionale, caratterizzate però dall’uso di espressioni quali

“rappresentante/rappresentanza di interessi”. Questo perché il termine lobbying fa

ancora paura.

Il capitolo II offre invece una panoramica su uno scenario decisamente diverso che

riguarda gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea. Nel caso degli USA la

legislazione è presente ma, ancor più radicato nella cultura a stelle e strisce è il

riconoscimento del diritto a manifestare i propri interessi senza che tale diritto possa

essere prevaricato.

Il capitolo assume la valenza di una cronistoria della legislazione americana: dai

tentativi più datati risalenti al XIX secolo fino ai giorni nostri. Ma ciò che più

caratterizza la legislazione americana è il continuo tentativo di apportare miglioramenti

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ai testi in vigore tramite l’inserimento di definizioni precise dei termini di lobbista e di

lobbying finalizzato alla riduzione del rischio di errate interpretazioni. A questo si

aggiungono disposizioni chiare circa i modi e i tempi di avvio alla professione, con

particolare riguardo alle figure che, prima di diventare lobbisti, occupavano posizioni

importanti all’interno della Pubblica Amministrazione. Non mancano inoltre le sanzioni

per coloro che non rispettano le disposizioni stabilite. Tutto perfetto? Non esattamente.

Anche nella patria del lobbying vi sono stati casi di lobbisti che hanno fatto ricorso a

mezzi di persuasione illeciti: Jack Abramoff, il lobbista americano più famoso, che dalla

persuasione è passato alla corruzione pagandone però le conseguenze con la perdita

della libertà personale.

Dal canto suo anche l’Unione Europea ha provato a dotarsi di una legislazione sul

tema. Pur potendo prendere spunto da quanto attuato dall’amministrazione americana,

l’Unione non ha ancora compiuto quel necessario salto di qualità. L’attuale normativa

infatti rende solo facoltativa, e non obbligatoria, l’iscrizione al registro dei lobbisti di

Bruxelles. Anche in tema di sanzioni è previsto solo il ritiro del tesserino di lobbista per

coloro che non rispettano il codice di condotta la cui accettazione è conseguente

all’iscrizione. Certo rispetto all’Italia la situazione dell’UE è migliore ma non si può

certo sostenere che quanto operato in questa sede istituzionale possa fungere da esempio

da imitare. Potrebbe però essere almeno un punto di inizio per discutere della nuova

legislazione che, si spera, un giorno arrivi anche da noi.

Per meglio illustrare re la teoria del lobbying e i suoi elementi principali è stato

analizzato un caso specifico come dimostrazione pratica di ciò che l’attività di lobbying

può o non può realizzare. Il Capitolo III è così incentrato sull’azione di lobbying che ha

sostenuto gli interessi dell’azienda americana AMD nel contesto italiano. La vicenda

risale al 2004. È un caso di lobbying propriamente detto, con la riscrittura delle regole

in vigore in un certo settore. AMD ha avuto agli inizi degli anni Duemila forti problemi

per partecipare alle gare di appalto della Pubblica Amministrazione per la fornitura di

computer. Nodo della questione, la formulazione dei bandi che penalizzava la

concorrenza. AMD ha subìto una drastica riduzione delle possibilità di vincere il bando.

L’attività di lobbying si è così rivelata fondamentale per consentire ad AMD di

competere allo stesso livello dei concorrenti. Il risultato a cui si è giunti è stata la

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rivisitazione completa dei testi dei bandi pubblici che ha preservato gli interessi di tutte

le aziende di settore. Il felice epilogo ha, al tempo stesso, preservato gli interessi delle

altre aziende di settore. Ad oggi, il bando non prevede più l’uso di un brand a scopo

comparativo ma stabilisce precisi criteri minimi prestazionali per i microprocessori

installati nei computer. Il caso ha fatto scuola e, merito anche del sostegno della

Commissione Europea, ora in tutta Europa i bandi pubblici per questa tipologia di

forniture non prevedono altro se non i livelli minimi prestazionali richiesti.

Come è stato dimostrato, il lobbying non è attività ai limiti della legalità o contro il

cosiddetto “bene comune” ma un aiuto fondamentale per garantire il rispetto dei valori

propri della democrazia.

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CAPITOLO 1

Il lobbying e il lobbista sotto la lente

«I lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano dieci minuti e mi

lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta. Per spiegarmi lo stesso problema, i miei collaboratori

impiegano tre giorni e decine di pagine».

J.F. Kennedy

1.1 Definizione di lobbying

Parlare in Italia di lobbying è un’azione non esente da rischi, soprattutto per chi è

intenzionato ad illustrarne la pratica. Troppi, infatti, sono i pregiudizi che ancora oggi

gravano su chi si definisce lobbista. È il prezzo da pagare per le azioni compiute da

coloro che, negli anni Novanta e in occasione dello scandalo Tangentopoli, hanno

preferito influenzare il decisore politico (Deputato o Senatore che fosse) usando il

linguaggio delle tangenti piuttosto che proporre un’analisi dettagliata dello scenario

(presente e futuro), in conseguenza della diretta attuazione di una nuova norma. Perché

è questo ciò che fanno i lobbisti: influenzare il processo decisionale.

Sono trascorsi quasi vent’anni da quel periodo grigio, in cui la credibilità dell’intero

sistema democratico ha conosciuto uno dei punti più bassi (se non addirittura l’apice

della decadenza), eppure nulla è cambiato. «Stereotipi», «clichè superficiali duri a

morire», «Paragoni impropri e abusi del linguaggio, non solo giornalistico, che

distorcono la nostra funzione»1. Ecco le risposte degli operatori di settore a chi insinua

che il lobbying rappresenti una professione tutt’altro che onesta. Nella penisola dello

stivale si continua a confondere lobby con corporazioni, consorterie, comitati d’affari o,

peggio, con potentati oscuri al confine col malaffare. Nulla di più falso. «Il lobbismo,

quello vero – sostengono – non ha niente a che fare con il clientelismo né con gli

1 CAPITAL, n.372, Febbraio 2011, p. 16.

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intrallazzi. Piuttosto, è la capacità di rappresentare interessi leciti, in modo trasparente,

presso i decisori pubblici»2.

È d’obbligo, prima ancora di procedere con la definizione completa di lobbying, una

precisazione. Essendo un’attività di relazione3, implica il contatto tra il legislatore e

rappresentanti di interessi, generando il rischio della creazione di una zona grigia nelle

relazioni stesse: «Una zona grigia tra conflitti di interesse e intrecci tra politica e affari –

sostengono sempre gli specialisti – esiste». Franco Spicciariello, cofondatore della Open

Gate Italia4 e professore di lobbying alle università romane Lumsa e Tor Vergata,

sostiene che tale problematica è comune a tutto il sistema: «L’avvocato che va in

piscina con il giudice o a giocare a tennis con il pubblico ministero non è zona grigia?

Quando la zona grigia si fa corruzione – gli fa eco Gianluca Comin5 – si tratta di

patologia, non di lobby». Questo perché «i lobbisti professionali rendono un servizio al

sistema democratico. Noi lobbisti siamo chiamati a coprire un gap informativo tra gli

interessi legittimi delle aziende o comunque dei soggetti per i quali lavoriamo e le

competenze dei decisori pubblici6».

2 Ibidem, p. 16.

3 M. Mazzoni in Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, Laterza, Bari, 2010, lo

include nel terzo dei quattro modelli di RP di James E. Grunig: il “two-way symmetric”,

caratterizzato da una comunicazione bidirezionale, distinta dal disequilibrio degli effetti.

4 Società specializzata in attività di lobbying, public affairs, regolamentazione e

comunicazione strategica. Sito web: http://www.opengateitalia.com/. I public affairs

sono, per definizione, l’insieme delle attività di relazioni con le istituzioni. Il lobbying è

parte dei public affairs.

5 Direttore delle relazioni esterne e istituzionali del gruppo Enel, il primo ad aver

formalmente accorpato le due cruciali responsabilità nelle mani dello stesso manager.

Da Capital, op. cit. p. 17.

6 Le competenze e l’utilità del lobbista saranno proposte nei paragrafi successivi del

presente capitolo.

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15

Nonostante i molteplici tentativi di far apparire il lobbying per quello che realmente

è, il contesto italiano gli attribuisce ancora oggi un’accezione negativa. Il termine viene

utilizzato a sproposito e, soprattutto, per qualificare qualsiasi atto poco chiaro oppure

addirittura in contrasto con la legge. Se si riprendono le cronache sui giornali, ogni volta

che si parla della lobby si evoca un’azione di corruzione. Ma se così fosse, sarebbe

qualificata da un articolo del codice penale e non ci sarebbe bisogno di chiamarla

attività di lobbying.7

Il termine lobby, prima ancora di essere coniato dalla linguistica ottocentesca

americana, deriva dal latino lobium, ovvero chiostro. Ma anche lobia, parola di

derivazione latina medioevale, traducibile con loggia, portico. Secondo Andrian Room

(citato da Wikipedia), il suddetto termine venne usato per la prima volta da Thomas

Bacon in The relikes of Rome nel 1553; nel 1539 William Shakespeare usò lobby in

Enrico VI (parte II), con il significato di “passaggio”, “corridoio”. Altre fonti fanno

derivare lobby dall’Antico Alto-Tedesco lauba, che significa deposito di documenti, che

divenne poi lobby nell’adattamento inglese. Fu nel XIX secolo, 1830 circa, che il

termine lobby venne a indicare, nella House of Commons, quella grande anticamera in

cui i membri del Parlamento usavano votare durante una “division”8. Successivamente

il termine venne attribuito più in generale a quella zona del Parlamento in cui i

rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del Parlamento

stesso. Per indicare questi rappresentanti e l’attività da essi esercitata, nel XIX secolo si

iniziò a far uso dei termini lobbyist e lobbying. Secondo gli americani tutto cominciò

attorno al 1820, quando il presidente in carica, Ulysses Grant, cominciò a ricevere i

lobbisti nella lobby dell’Hotel Willard di Washington9. A tal proposito, citiamo un

saggio di Vittorio Zucconi, giornalista di Repubblica:

«Depresso dalla atmosfera della Casa Bianca nel 1869, il presidente americano Ulysess Grant

spostava la sua passione per i sigari e il whisky al vicino Hotel Willard in Pennsylvania Avenue, nel cuore

7 Mazzoni, op. cit. p. 92.

8 Una votazione.

9 B. Facchetti, L. Marozzi, La guida del Sole 24 Ore alle Relazioni Pubbliche. La

comunicazione d’impresa del nuovo secolo. Gruppo 24 Ore, Milano, 2009.

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di Washington. Lì, nell’atrio, il vincitore della Guerra Civile eletto capo dello Stato sprofondava nel cuoio

screpolato e teneva corte. Una lunga fila di “clientes” e postulanti attendeva l’occasione per sussurrargli

una richiesta, domandare od offrire un favore, raccomandare un progetto o una proposta. E se lo

spettacolo del “sovrano” che riceve questuanti non era certamente nuovo neppure nella storia della

giovane repubblica nordamericana, è da quell’atrio d’albergo che furono formalizzate e consolidate quella

parola e quella tecnica di influenzare la democrazia che oggi conosciamo, e temiamo, con il nome di

“lobby”. Essendo appunto l’atrio degli alberghi la “lobby” in inglese, dall’italianissimo, e latinissimo,

“lobia”, loggia»10.

Secondo Beppe Facchetti e Laura Marozzi (2009), «la lobby è un’azione

consapevole e coordinata nel tempo condotta nel rispetto delle leggi vigenti, realizzata

da un soggetto pubblico o privato, che si propone di influenzare il processo decisionale

pubblico a tutti i livelli e che sviluppa sistemi di relazione diretta: strumenti o canali di

informazione verso i decisori pubblici o persone fisiche e giuridiche, gruppi o

associazioni che si ritiene possano influenzare a loro volta i decisori». L’attività di

lobby (ovvero il lobbying) rientra a pieno titolo nel quadro delle relazioni pubbliche, in

quanto finalizzata a creare relazioni stabili ed efficaci. Ma si distingue dalle altre attività

di relazione per il pubblico di riferimento (esclusivamente decisori e autorità pubbliche)

e le finalità (influire sugli atti dell’autorità politico-amministrativa).

Ruben Razzante11

aggiunge una componente in più alla definizione, utile per

provare a contrastare i pregiudizi: «Il lobbying è la trasmissione di messaggi dal gruppo

di pressione ai decision maker, quindi è uno strumento articolato e complesso di

comunicazione».

Anche secondo Paolo Zanetto e Alberto Cattaneo, partner fondatori della Cattaneo

Zanetto & Co., lobbying firm italiana, l’uso del verbo “to lobby” è da ricongiungere al

XIX secolo in quanto «se ne trova traccia nei resoconti dei lavori del campidoglio dello

10

V. Zucconi, “Lobby. Quando la democrazia è in ostaggio”, La Repubblica, 24

gennaio 2006.

11 Professore di Diritto dell’informazione e del prodotto culturale e di Diritto del

copyright e legislazione dei beni culturali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di

Milano. È socio de Il Chiostro.

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17

Stato di New York ad Albany già nel 1832»12

. Il termine lobbista, invece, identificava, a

partire dal XVII secolo, i cittadini che stanziavano fuori dalla Camera dei Comuni di

Londra.

In realtà, ancora oggi è in atto una disputa per definire universalmente il termine

lobbying. La matrice latina è certamente condivisa, ma a lobium si aggiunge laubia: era

la tribuna da cui il popolo proponeva le sue idee alla classe politica. Questo senso

sociale e propositivo del termine è stato perso nell’uso anglosassone.

Secondo Mirko Rubin è possibile considerare con particolare riguardo tre

definizioni:13

«Il processo per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi di interesse agendo

da intermediari portano a conoscenza dei decision maker, i desideri dei loro

gruppi. Lobbying è quindi soprattutto una trasmissione di messaggi da gruppi di

pressione ai decision maker per mezzo di rappresentanti specializzati (e in alcuni

casi, come negli USA, legalmente autorizzati) che possono, o no, far uso della

minaccia di sanzioni» (G. Pasquino, 1976);

«In quanto verbo significa fare pressione, presentare ragioni o altre motivazioni

per cercare di rendere un decisore politico favorevole alla propria posizione. Può

essere usato in un contesto istituzionale, ove un rappresentante di un gruppo di

pressione può fare lobby su un parlamentare, un ministro o un funzionario

pubblico per portare avanti l’interesse del suo gruppo» (D. Robertson, 1987);

«Attività di relazione e di comunicazione, legittima consapevole e programmata,

messa in atto per orientare la decisione pubblica, i suoi attori ed i loro influenti,

perché assumano, sempre nel prioritario interesse generale, decisioni le cui

conseguenze siano positive o comunque non negative, per l’organizzazione e/o

l’interesse rappresentato» (T.M. Falconi, 2002).

12

A. Cattaneo – P. Zanetto, Fare lobby. Manuale di public affairs. Etas, Milano,

2007.

13 M. Rubin, Le relazioni con il processo decisionale pubblico, in G. Vecchiato,

Relazioni pubbliche: valore che crea valore, a cura di, FrancoAngeli, Milano, 2005, p.

135.

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18

Ulteriori contributi sono giunti nel corso degli anni. Proprio recentemente, il già

citato Marco Mazzoni14

ha svolto una vera e propria autopsia del termine in questione,

partendo da un punto ampiamente condiviso: il lobbying è uno sforzo implementato per

condizionare il policy process15

, ovvero, è quella azione rivolta al processo decisionale

con l’intento di influenzarlo. Come si può notare, rispetto alla definizione di Pasquino vi

sono degli importanti elementi innovativi. Mazzoni però contesta a sé stesso una sorta

di incompletezza, e aggiunge che «il lobbying è un processo attraverso il quale si tenta

di influenzare l’attività delle istituzioni pubbliche e di permeare la public policy

agenda16

. Il lobbista non preme soltanto sul processo legislativo o esecutivo; la sua

azione è qualcosa di più ampio, poiché racchiude altresì le interazioni con i governi e le

assemblee legislative locali, con organizzazioni non governative, con autorità

responsabili di aree di pubblico interesse e con i mass media»17

. Dal presente

ragionamento si giunge ad una duplice conclusione, ottima per iniziare ad identificare

gli attori dell’azione di lobbying:

Il lobbying è la ricerca di una negoziazione18

con parti del governo (locale,

nazionale o sopranazionale);

è la mobilitazione dell’opinione pubblica e dei mass media per agire contro una

decisione del governo19

o per inserire una issue all’interno dell’agenda politica.

14

Ricercatore di Sociologia della comunicazione presso la Facoltà di Scienze

politiche dell’Università di Perugia. Insegna Comunicazione pubblica nel corso di

laurea in Scienze della comunicazione.

15 Ovvero il processo di elaborazione delle politiche.

16 L’agenda pubblica. L’azione di lobbying è in grado, tra le altre, di far acquisire più

o meno priorità a determinate tematiche, che successivamente sono incluse nei calendari

dei lavori parlamentari.

17 M. Mazzoni, op. cit. p. 31.

18 L’idea di lobbista come negoziatore non è condivisa da tutti gli operatori

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19

Il ragionamento però non si conclude certamente qua. L’azione di lobbying

coinvolge numerosi attori (definiti successivamente) e si articola in un processo

articolato, frutto della pianificazione e attuazione di più azioni. Tale caratteristica

costituisce un nuovo spunto per le considerazioni di Mazzoni. Il lobbista ha a sua

disposizione un’ampia gamma di strumenti per perseguire lo scopo concordato assieme

al soggetto-cliente. «Può ricorrere a ricerche, allarmare i membri del gruppo che

rappresenta, sottoscrivere lettere, promuovere campagne, contattare direttamente i

decisori, distribuire informazioni ai media. Qualsiasi tattica di lobbying venga

implementata, questa deve prevedere il ricorso a una varietà di attività: soltanto così si

realizza il rafforzamento della publicity dell’organizzazione (per cui il lobbista lavora),

che garantisce una più alta probabilità di successo nell’interazione con i decision

makers». Il lobbying, dunque, è un processo.

L’ultima considerazione di Mazzoni, la più importante e innovativa soprattutto se

usiamo quale metro di paragone le definizioni proposte dagli autori precedenti e raccolte

da Mirko Rubin, è anche la più attuale. Su di essa si concentra la “battaglia” di

associazioni quali Il Chiostro20

, la quale richiede non solo una legislazione nazionale a

riguardo ma il riconoscimento dell’attività di lobbying quale componente del processo

democratico. «Se il lobbying lo si descrive come un processo che influenza il decisore

pubblico – è l’affermazione di Mazzoni– o, per la precisione, come l’attività con cui si

porta a conoscenza del decisore una determinata istanza, bisogna anche avere il

coraggio, una volta per tutte, di sostenere che il lobbying fa parte del processo

democratico». Questa, ovviamente, è una incombenza che coinvolge il caso italiano. Gli

Stati Uniti d'America, come vedremo nel capitolo seguente, sono ben più privilegiati

giacché il lobbying è tutelato costituzionalmente.

19

La frase potrebbe indurre in errore, facendo credere al lettore che il lobbista voglia

attuare una strategia “io vinco- tu perdi”. Ciò è errato: la pratica di tale attività dimostra

come il lobbista si concentri invece su una strategia “io vinco-tu vinci”.

20 Associazione che promuove la cultura, la pratica e la regolamentazione della

trasparenza nella rappresentanza degli interessi.

Page 20: Tesi di laurea specialistica

20

Il tentativo di formulare la definizione di lobbying porta, in conclusione, ad uno

scorporamento di ciò che si vuole definire del termine stesso. Da un lato, infatti, la

letteratura italiana si è concentrata sull’interesse da tutelare e sulla rappresentanza. Da

ciò, come riporta Mazzoni, consegue che la lobby o organizzazione lobbistica è il

gruppo portatore dell’interesse o della causa da tutelare; il lobbista, è il personale

interno o esterno all’organizzazione attraverso cui si attua la rappresentanza; il lobbismo

è l’insieme delle tecniche e attività che consente la rappresentanza politica degli

interessi. Se invece si focalizza l’attenzione sulle competenze, il lobby è, nelle

democrazie compiute, il luogo di incontro pubblico tra i rappresentanti di interessi

particolari, legittimamente meritevoli di tutela, e i decisori pubblici o quei soggetti

influenti in grado di condizionare il comportamento. Il lobbying è la trasmissione di

messaggi dal gruppo di pressione ai decision makers, quindi è uno strumento articolato

e complesso di comunicazione. Il lobbismo è l’insieme di tecniche e attività che

consentono la rappresentanza politica degli interessi organizzati; è in generale la faccia

politica di tali gruppi di interesse. Il lobbista è in sostanza un bravo comunicatore ma, in

quanto rappresentante di un gruppo di interesse, deve essere anche un esperto della

materia.

I numerosi tentativi di definizione di lobbying, lobby e lobbista hanno certamente

aumentato le conoscenze teoriche ma nulla hanno potuto contro gli stereotipi, assai

radicati, che ancora oggi contraddistinguono gli esponenti dei public affairs. Ad un vero

e proprio ostracismo, fortunatamente, non si è arrivati. L’accettazione è ancora lungi

dall’essere attuata e lo scenario attuale è ben definito da Giuseppe Mazzei, presidente de

Il Chiostro: «Il problema è che non si è riusciti a trovare una parola diversa da lobbying,

lobby e lobbista per definire questa attività di relazioni istituzionali. L’unico paese che

ha una parola che potrebbe sostituire il termine lobbying è la Spagna dove si usa il

verbo cabildear, cioè tenere rapporti con le istituzioni. Il secondo problema è che c’è

un’ignoranza di fondo sull’argomento perché – è la sua analisi – non è che esistano tanti

ambiti in cui se ne discute. A molti fa comodo la situazione attuale, cioè uno scellerato

patto di coalizione tra alcuni lobbisti che vogliono fare i lobbisti all’antica, cioè

nell’ombra, e alcuni politici che preferiscono, discrezionalmente, tenere rapporti, si

Page 21: Tesi di laurea specialistica

21

spera corretti, ma senza dare evidenze e trasparenza. Tutto questo non aiuta, né gli uni

né gli altri, tanto meno la democrazia»21

.

1.2 Identikit del lobbista

Fornire un perfetto identikit del lobbista non è semplice. La complessità dell’attività

che viene perseguita gli richiede la padronanza di un’ampia gamma di competenze

tecniche, soprattutto relazionali. Il lobbista deve altresì disporre di preparazione

economica, giuridica e politologica a 360°, ma se non c’è la predisposizione alle

relazioni interpersonali e alla comunicazione allora gli è impossibile lavorare. Instaurare

con l’interlocutore politico una relazione di fiducia assume una rilevanza notevole e a

ciò si giunge solo con un dialogo e ascolto costanti. L’assenza di fiducia mina

gravemente il raggiungimento degli obiettivi del lobbista in quanto le informazioni

riservate (linfa vitale per la pratica del lobbying) vengono meno. La diretta

conseguenza, in questo caso, è l’accesso ridotto al policy maker e l’azione di pressione

risulta molto più complicata.

Le testimonianze di chi appartiene al settore rappresentano una fonte importante per

la raccolta di utili informazioni per tracciarne il profilo professionale. Claudio Velardi22

,

il lobbista più famoso d’Italia, sostiene che «il lobbista è una persona che deve

conoscere molto bene le dinamiche della politica, del lavoro parlamentare e del

processo legislativo. Deve avere un’agenda molto sostanziosa e possedere un grande

fiuto per la politica, cioè un sesto senso nel capire dove sta andando la politica e, quindi,

come muoversi»23

.

21

L’attività di lobbying in Italia, in Cos’è il lobbismo nel mondo: analisi

comparativa, ricerca del Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali

MICRI, Università IULM, Milano, 2010.

22 Capo dello staff di Massimo D’Alema segretario a Botteghe Oscure, poi di

D’Alema premier. È tra i fondatori di Reti, prima società di lobbying in Italia.

23 CAPITAL, op. cit. p. 20.

Page 22: Tesi di laurea specialistica

22

A Velardi fa eco Filippo Maria Grasso, responsabile delle Relazioni istituzionali del

Gruppo Pirelli: «L’interlocutore pubblico è un esperto di relazioni almeno quanto noi. È

abituato all’incontro con l’altro e a una gestione del tempo razionalizzata, che lo ha

preparato a farsi un’idea molto rapida su chi ha di fronte. Occorre quindi essere veloci,

ma non approssimativi, competenti ma non noiosi e in ultimo non dimenticarsi di essere

persone. Arrivare preparati sul proprio business è una condizione necessaria, ma non

sufficiente. Occorre essere competenti nella gestione dell`interno processo che si sta

rappresentando, offrendo prospettive e punti di vista differenti. È necessario rassicurare

l`interlocutore con un atteggiamento di assoluta trasparenza e apertura. La migliore

soluzione è sempre quella di aprire un rapporto senza formulare richieste. Coinvolgere

la persona nel mondo aziendale attraverso una scambio di informazioni che sia utile

all’attività del rappresentante istituzionale. È bene ricordare che nel rapporto con

l’interlocutore pubblico, la finalità non è mai rivolta ad ottenere un semplice consenso

in relazione ad una singola tematica, ma costruire un duraturo rapporto di fiducia e

stima. Quanto al rapporto umano credo che sia l’elemento di maggiore

caratterizzazione. Senza mai scadere in un`eccessiva familiarità, puntare a un’autentica

relazione fra persone è fondamentale. Pur nella formalità del rapporto fra istituzioni

“pubbliche e private”, pur nell’ “austerità” di certe tematiche rappresentate, tutto è

poggiato sul rapporto fra persone, con le loro complessità, le loro caratteristiche umane,

la loro storia, peculiarità che certamente andranno a condizionare gli atteggiamenti.

Stabilire empatia non è la causa che permette la realizzazione di un progetto ma

senz’altro rappresenta una condizione che facilità l’incontro e la predisposizione

all’ascolto»24

.

La letteratura di settore, pur riconoscendo una certa difficoltà, si è profusa nello

sforzo di elencare le peculiarità del bravo lobbista. Una sfida non da poco se si

considera la svariata provenienza degli operatori di settore: aziende private, esperienze a

livello statale, incarichi politici, gestione di strutture pubbliche, professione forense. Ma

qualunque sia l’origine, ciò che accomuna è l’onestà, la propensione all’ascolto

24

Relazioni Pubbliche, magazine della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana,

Ferpi, anno XX, n°61/2010, p. 6.

Page 23: Tesi di laurea specialistica

23

(sempre!), marcate capacità comunicative e persuasive, accurate conoscenze del

processo decisionale e maestria intellettuale.

Secondo Paolo Zanetto25

, «il lobbista deve essere innanzi tutto un mediatore e un

negoziatore. Deve essere in grado di far comprendere al proprio cliente, quindi

all’azienda, quali siano le logiche, i poteri ma soprattutto gli obiettivi che le istituzioni

si pongono». Un ruolo non sempre facile: «Davanti ad una linea dura dettata

dall’azienda – prosegue - deve saper dire di no, deve fare ragionare l’azienda. Deve

sapere far comprendere e tradurre i modelli delle istituzioni nella lingua delle aziende».

Il lobbista può allora acquisire una leadership, possedere carisma e saper guidare

l’azienda ad ottenere i migliori risultati possibili nella relazione con il legislatore. Di

nuovo Zanetto: «[Il lobbista] deve essere evidentemente in grado di tradurre nel

linguaggio della politica e delle istituzioni quelle che sono le esigenze dell’azienda e il

suo business»26

. Il lobbista, dunque, soprattutto in quest’ultimo caso, assume un ruolo di

vera e propria guida e “campanello di allarme” per il legislatore, il quale è pianifica

norme ex novo il cui impatto non viene però valutato nella sua totalità.

La mediazione, ovviamente, non viene praticata soltanto nei confronti dell’azienda

cliente ma anche dell’interlocutore politico. Secondo Emanuele Invernizzi «un

atteggiamento culturale orientato alla mediazione è il presupposto basilare per esercitare

la professione dei public affairs. Mediazione è sinonimo di dialogo, ovvero di

cooperazione e di collaborazione. Il professionista deve sapere che un’attività di

convincimento e di influenza come quella dei public affairs, basata sull’argomentazione

(e sulla soddisfazione, ndr) dei reciproci interessi (I win-you win, ndr) e sulla dialettica

tra i soggetti coinvolti, offre più opportunità rispetto a una pura trasmissione di

informazioni»27

, tipicamente unidirezionale e asimmetrica.

La capacità di gestione delle situazioni che si creano è una prerogativa affermata

anche da Mazzoni, il quale riconosce al lobbista l’importante qualifica di «superbo

25

Cofondatore della Cattaneo Zanetto & Co.

26 http://illobbista.wordpress.com/2010/02/09/italia-e-lobbismo/#comments

27 E. Invernizzi, Manuale di relazioni pubbliche 2. Le competenze e i servizi

specializzati. McGraw-Hill, Milano, 2006, p. 228.

Page 24: Tesi di laurea specialistica

24

comunicatore che conosce l’importanza dell’ascolto». Tale competenza si rivela di

fondamentale importanza in una delle fasi più delicate del processo di lobbying: la

gestione delle interazioni one-to-one. Il l’obiettivo del lobbista diviene così la creazione

di un rapporto di fiducia, a cui si giunge soltanto con la competenza e la preparazione

sull’argomento affrontato. Questo consente all’interlocutore politico di considerare

attentamente le informazioni che sta ricevendo, fidandosi dei contenuti proposti.

Toni Muzi Falconi28

ha così sintetizzato gli aspetti fondamentali per la credibilità e

la legittimazione del professionista di relazioni pubbliche che si occupa di public affairs:

Paga l’onestà e la trasparenza dell’interesse rappresentato. La credibilità del

professionista e dell’interesse rappresentato sono i valori più importanti;

Vanno sempre esplicitati il committente e l’obiettivo perseguito;

Al decisore pubblico va sempre garantito un “valore aggiunto”;

Mai perdere di vista il vero decisore e aggiornare costantemente la

documentazione da inviare;

Nell’argomentare il tema, partire sempre dall’interesse generale della comunità e

dall’interesse del decision maker, mai da quello dell’organizzazione;

Tenere conto delle specificità dei diversi decisori e del gruppo di appartenenza;

Informare costantemente anche i pubblici influenti;

Porsi sempre l’obiettivo di ottenere dal decisore una posizione corretta, non

“favorevole”;

Il professionista è solamente una delle tantissime fonti di informazione del

decisore pubblico;

Se non desiderate che una frase, un commento o una notizia vengano utilizzate

impropriamente, non fatene menzione, neppure in via confidenziale.

Mazzoni riprende parte delle caratteristiche enunciate da Muzi Falconi, seppur

proponendo un elenco più ristretto, frutto di interviste agli operatori di settore. In tutti

gli elenchi vi è sempre spazio per inclusioni. Mazzoni non si discosta da questa prassi e,

agli elementi di cui sopra, ingloba il non promettere mai ciò che non potrà essere

realizzato (una regola ferrea delle RP) poiché il successo di qualsiasi tattica individuata

dal lobbista dipende da un’accurata analisi delle risorse a disposizione per raggiungere

28

Rubin, op. cit. p. 140.

Page 25: Tesi di laurea specialistica

25

l’obiettivo. A ciò, si aggiunge l’interazione anche con i collaboratori del politico di

riferimento. La credibilità e la fiducia tra il lobbista e il politico dipendono anche dalla

capacità del primo di saper costruire un rapporto con gli uomini di fiducia del secondo.

Infine, propone un must per il professionista dei public affairs: divenire una fonte per il

decisore pubblico, ma senza incorrere in sorprese. Il politico detesta gli eventi inattesi,

in particolar modo le notizie che lo mettono in cattiva luce. Il lobbista diventa una fonte

del politico se gli fornisce informazioni sicure, chiare, semplici che lo agevolano nella

sua attività.

La necessità della già citata relazione di fiducia costringe il lobbista ad una conditio

sine qua non, ovvero un aggiornamento costante sull’evoluzione normativa e scientifica

del problema trattato, utile anche per meglio pianificare ed aggiornare la propria

strategia di influenza. «L’autorevolezza del lobbista, da cui dipende molto del successo

della sua azione, discende dalla sua credibilità che, a sua volta, è essenzialmente

connessa alle conoscenze possedute sulla questione sostenuta».

La perizia nella comunicazione non è semplice da conseguire. La pratica è

indubbiamente il miglior modo per ottenerla. Pur tuttavia, parlare di “abilità di

comunicazione” espone al rischio di essere vaghi. Stefano Rolando e Stefania

Romenti29

hanno però chiaro il concetto, secondo il quale il buon comunicatore deve

preoccuparsi di:

Rendere espliciti gli interessi rappresentanti e gli obiettivi perseguiti, spiegarli e

argomentarli con precisione;

Rendere note e certe le fonti di tutto il materiale trasmesso all’interlocutore

pubblico;

Utilizzare il linguaggio del soggetto istituzionale, tenendo presente che esso è

ricco di simbolismi e di formalità;

Catalizzare l’ascolto e l’attenzione dei decisori pubblici;

Dare buona visibilità alle informazioni capaci più di altre di modificare opinioni,

atteggiamenti e decisioni;

Rendere percepibili e apprezzabili per il decisore pubblico i “vantaggi” dello

scambio.

29

Rubin, op. cit., p. 140.

Page 26: Tesi di laurea specialistica

26

Il lobbista è, in aggiunta, un attento studioso del processo decisionale, del contesto

istituzionale (e della sua evoluzione), della letteratura scientifica presente

sull’argomento di suo interesse e soprattutto del suo interlocutore (il decisore).

Conoscere il proprio interlocutore (ascoltarlo) permette di capire quali siano gli

argomenti da trattare e quali da evitare, quali gli obiettivi che l’interlocutore potrebbe

appoggiare e quali, invece, potrebbe evitare. È importante, inoltre, conoscere la sua

storia personale, l’istituzione in cui lavora e ha lavorato, le sue preferenze, le sue idee.

A tale scopo il lobbista può sfruttare l’enorme banca dati rappresentata da internet. Si

genera, conseguentemente, un profilo per ognuno degli interlocutori. Le informazioni

raccolte saranno utili per rompere il ghiaccio e p instaurare fin da subito un buon

feeling: «Gli uomini (e le donne) – scrive Paolo Zanetto30

- apprezzano chi conosce le

loro attività, i loro successi e chi presta interesse alle loro idee. Il protagonista della

relazione è sempre il nostro interlocutore e mai noi stessi, quindi prepararsi, prepararsi e

ancora prepararsi». Arrivare preparati ad un incontro istituzionale significa avere ben

chiare la value proposition31

che si vuole trasmettere al proprio interlocutore. È utile in

queste circostanze allestire dei documenti allo scopo. Gli appunti devono esprimere un

concetto e niente di particolarmente complesso. Deve essere una sorta di aggancio che

permetta di essere rielaborato in incontri successivi o in momenti “operativi” e non solo

relazionali. La differenziazione appena riportata non è casuale. È invece basilare. Spiega

Zanetto: «Soprattutto i primi incontri devono avere, il più possibile, una natura

relazionale. Sono momenti in cui ci si conosce e si illustrano le proprie posizioni e si

cerca di capire quali sono le opportunità per essere utili gli uni agli altri. Gli incontro

operativi – prosegue – non solo possono essere allargati alla presenza di persone e staff

ma hanno appunto la finalità di affrontare in dettaglio problemi specifici». Il lobbista è

perfettamente consapevole della moltitudine di appuntamenti nell’agenda del politico di

riferimento. Ecco perché gli incontri non durano mai eccessivamente, a meno che non

sia l’interlocutore a condurre l’incontro in tale direzione. Considerando in anticipo la

30

Cattaneo, Zanetto, op. cit., p. 164.

31 Insieme delle strategie aziendali in termini di prodotti, prezzi, luoghi, servizi e

immagini.

Page 27: Tesi di laurea specialistica

27

durata dell’incontro, il lobbista segna i pochi punti da trattare. Come diceva J.F.

Kennedy, «tre fogli e dieci minuti». Un altro elemento da considerare è il luogo

dell’incontro. La maggior parte di questi avviene, normalmente, all’interno degli uffici

degli esponenti politici. Nulla vieta, soprattutto per i successivi incontri, di cambiare

location, in modo da creare un’atmosfera più confidenziale. «Dai campi da golf ai

ristoranti di lusso, sono molti i luoghi di seduzione dei lobbisti. Ma al di là dell’aspetto

aneddotico è importante che i primi contatti siano agevolati da un contesto che renda

unica l’esperienza e contribuisca a rinforzare la reputazione e il prestigio di chi ha

organizzato l’incontro»32

. Non bisogna dimenticare, infatti, che il lobbista sta

costruendo l’immagine dell’azienda, tanto quella rappresentata quanto la propria.

Competenze giuridiche, comunicative, manageriali, strategiche. Che altro? Manca

quella che, con ogni probabilità, è la caratteristica più importante, alla luce del contesto

in cui il lobbista si trova ad operare: l’Italia e i suoi pregiudizi. I lobbisti che si

occupano di public affairs non possono non disporre di un codice etico di fondo. Sono

almeno sei i valori etici che devono costituire un fermo punto di riferimento:

Democrazia degli interessi: gli interessi pubblici e privati devono poter essere

tutti rappresentati, sostenuti e argomentati presso le istituzioni pubbliche. Per

fare in modo che il processo decisionale pubblico si ispiri ai principi della

democrazia e del pluralismo non devono esistere interessi marginalizzati o presi

in considerazione in maniera inadeguata;

Equilibrio tra governabilità e partecipazione: le istituzioni pubbliche devono

ascoltare la maggior parte degli interessi in gioco in un processo decisionale

(partecipazione), giungendo in ogni caso alla decsione finale in tempi

ragionevoli e accettabili per il buon funzionamento della società civile

(governabilità). Un’azione civica può essere svolta attraverso le attività di public

affairs in quanto esse non hanno lo scopo esclusivo di tutelare gli interessi

economici dei soggetti che li esprimono, ma anche di rappresentare quelli sociali

e di esercitare il controllo sull’attività delle istituzioni pubbliche;

Manifestazione privata del pubblico interesse: i soggetti privati devono

concorrere, insieme a quelli pubblici, alla tutela di diritti, valori e interessi di

32

Cattaneo, Zanetto, op. cit. p. 165.

Page 28: Tesi di laurea specialistica

28

pubblica utilità. Il pubblico interesse non deve essere relegato all’esclusiva sfera

d’azione delle istituzioni;

Esercizio del pluralismo degli interessi: questo deve essere incentivato dalle

istituzioni pubbliche che dovrebbero spingere tutti i portatori di interesse ad

argomentare le proprie posizioni in nome di un pluralismo che deve essere

rispettato;

Diritto di legittima tendenziosità: ciò vale all’interno dei confini posti dalla

legge. Essere tendenziosi non significa però non essere veritieri. La credibilità

dell’interesse rappresentato e del singolo professionista sono valori fondamentali

da salvaguardare.

La fusione di tutte queste caratteristiche enunciate finora rendono delineabile in

forma pressoché completa il profilo del lobbista. È un esperto, prima di tutto: conosce

alla perfezione il processo decisionale, le issue che rappresenta e l’organizzazione per

cui lavora. Secondo Mazzoni «il lobbista è come il girasole, si muove là dove c’è il sole,

cioè dove c’è il potere e lì concentra la pressione politica». Ma, forse, il concetto che

meglio delinea l’azione del lobbista è fornito da Joseph S. Nye jr: soft power. Il termine

indica la capacità di ottenere i risultati che si vogliono con la forza delle parole dette,

dell’attrazione prodotta, senza mai agire sulla costrizione. Esso si fonda sulla «capacità

di condizionare le preferenze degli altri, affinché desiderino fare ciò che noi vogliamo

che facciano»33

. È un’azione con cui si tenta di indurre qualcuno (il decisore pubblico) a

fare ciò che si vuole che faccia tramite, soprattutto, risorse intangibili (le informazioni

trasferite).

33

Mazzoni, op. cit. p. 112.

Page 29: Tesi di laurea specialistica

29

1.3 Gli attori

L’attività di lobbying implica, come abbiamo visto, un’intensa interazione tra

soggetti anche differenti accomunati però da un interesse su provvedimento normativo.

Un’analisi sulla partecipazione al processo normativo porta all’individuazione di quattro

tipologie di attori, raffigurate nello schema qui proposto in figura 1:

FIG. 1: Gli attori delle relazioni istituzionali

Dal punto di vista della classificazione degli attori, la letteratura di settore propone

diversi modelli, più o meno elaborati, in cui il numero di coloro che sono coinvolti

nell’azione di lobbying varia. Il modello in figura 134

è tanto semplice quanto completo

34

Invernizzi, op. cit. p. 200.

MEDIATORI

PUBBLICI

INFLUENTI

ISTITUZIONI

PUBBLICHE

PORTATORI

DI INTERESSE

Page 30: Tesi di laurea specialistica

30

e ben identifica la tipologia di relazioni intercorrenti tra i diversi soggetti (definite anche

graficamente dalla presenza/assenza del tratteggio).

I portatori di interesse o stakeholder cercano un legame diretto con le istituzioni

pubbliche, verso le quali vantano degli interessi diretti (per esempio, i produttori di

sigarette costretti a inserire, sulle confezioni, gli avvisi dei danni provocati dal fumo). I

portatori di interesse possono agire tramite i pubblici influenti e i mediatori. La loro

azione, in particolare quella dei lobbisti, consiste, secondo lo schema proposto, nel

supportare le prese di posizione palesate dai portatori di interessi presso le istituzioni

pubbliche. I portatori di interesse possono quindi avvalersi del supporto della comunità

locale o degli opinion leader (gli influenti) affinché rappresentino le istanze degli

stakeholder presso le sedi istituzionali.

1.3.1. I portatori di interesse

I portatori di interesse sono definiti come «quei soggetti che operano nel contesto in

cui le istituzioni pubbliche assolvono alle proprie funzioni e che nutrono legittimi e

specifici interessi di natura economica e sociale. Pertanto ogni cittadino, ogni

organizzazione profit e non profit, ogni associazione può essere definito un portatore di

interesse». Va comunque ricordato che gli stakeholder sono caratterizzati dalla piena

consapevolezza del loro essere incisivi sulle scelte del legislatore.

Di fatto, è da notare come non tutti i portatori di interesse siano da considerare

protagonisti del processo di lobbying in quanto assumo un rilevanza strategica nel

momento in cui gli interessi che rappresentano influenzano il processo politico e

decisionale delle istituzioni pubbliche.

A loro volta, i portatori di interesse possono essere suddivisi in quattro categorie

come da figura 1.2:

Page 31: Tesi di laurea specialistica

31

FIG. 1.2: classificazione dei portatori di interesse

ORGANIZZAZIONI PROFIT: appartengono a tale sottogruppo le imprese e i

gruppi di imprese. La loro attività di lobbying è finalizzata alla rappresentanza degli

interessi relativi al proprio business e al sostegno delle questioni di pubblico interesse.

Molte aziende hanno, laddove possibile, instaurato contatti diretti con il decisore

attraverso l’installazione di appositi uffici/divisioni di relazioni istituzionali per

diminuire le distanze. È il caso di molte multinazionali europee e straniere, attive a

Bruxelles per monitorare (tramite lobbisti interni o professionisti esterni) le attività

all’interno della Commissione Europea e del Parlamento Europeo.

ORGANIZZAZIONI NON PROFIT: rientrano nella suddetta categoria le

associazioni che non vantano interessi economici. La loro attività è invece incentrata su

tematiche sociali, quali la difesa dei diritti sociali, la tutela dell’ambiente. Altresì

rappresentano soggetti accomunati da un particolare riferimento sociale e culturale o da

uno specifico stile di vita (associazioni sportive, religiose o circoli culturali).

GRUPPI DI INTERESSE: in questo ambito sono inclusi i soggetti organizzati su

basi volontarie e accomunati da un interesse economico o sociale che intendono

PORTATORI DI INTERESSE

Organizzazioni profit

Organizzazioni non profit

Gruppi di interesse

Istituzioni pubbliche

Page 32: Tesi di laurea specialistica

32

rappresentare esplicitamente presso le istituzioni pubbliche, al fine di esercitare una

pressione sulle loro politiche decisionali. Tale pressione può essere svolta in molteplici

modalità: offerta di informazioni (cosiddette forme deboli e/o convenzionali),

manifestazioni, forme di protesta ed episodi di boicottaggio35

(forme di azioni forti e/o

non convenzionali). Nel corso del XX secolo sono state fornite più definizioni di tale

categoria. Secondo Bentley (1908), il quale pone l’enfasi sull’interesse rappresentato,

«un gruppo coincide con ogni sezione della società che agisca o tenti di agire». Gruppo

e attività di gruppo sono termini equivalenti, con una differenza soltanto di tono, utile

meramente per chiarezza di espressione. Non vi è gruppo senza un proprio interesse.

Anzi, un interesse, nell'accezione proposta da Bentley, è l'equivalente di un gruppo: il

gruppo e l'interesse non sono separati. Essi sono una cosa sola, cioè molti uomini legati

insieme in o da una certa attività. Ne consegue un'identificazione di fondo tra gruppo,

attività e interesse, il quale ultimo è esteso a indicare tutti i gruppi che partecipano al

processo sociale in vista del perseguimento di una qualunque finalità empirica.

Parafrasando Truman (1951), «Qualsiasi gruppo che, sulla base di atteggiamenti

condivisi, presenta domande ad altri gruppi della società», optando invece per un’enfasi

sull’atteggiamento manifestato. Il gruppo d'interesse è dunque visto come un gruppo di

atteggiamenti condivisi che porta avanti certe rivendicazioni rispetto ad altri gruppi

della società. A loro si discostano Gabriel Almond e Bingham G. Powell36

: «Individui

legati da comuni preoccupazioni e interessi, che sono consapevoli di questo legame»

(enfasi sull’appartenenza).

È comunque possibile disporre di una definizione empirica: «Un insieme di persone,

organizzate su basi volontarie, che mobilita risorse per influenzare le decisioni e le

conseguenti politiche pubbliche». Il gruppo di interesse si basa su:

Organizzazione del gruppo (di solito) formalizzata da apposite norme;

Aggregazione volontaria;

Partecipazione libera.

35

Le modalità di attuazione del lobbying saranno proposte nel paragrafo 1.4

36 Autori, nel 1978, di uno studio sul sistema politico.

Page 33: Tesi di laurea specialistica

33

La classificazione dei gruppi di interesse avviene su una quadrupla ripartizione:

Struttura organizzativa;

Modalità di azione;

Obiettivi;

Risorse.

Gli stessi Almond e Powell hanno attuato una frammentazione dei gruppi di

interesse, ripresa da Invernizzi e proposta in figura 1.3:

Figura 1.3: suddivisione dei gruppi di interesse di Almond e Powell.

GRUPPI DI INTERESSE

Anomici Non

associativi Istituzionali Associativi

Page 34: Tesi di laurea specialistica

34

GRUPPI DI INTERESSE ANOMICI: appartengono a tale categoria i comitati

spontanei, attivi soprattutto in casi di disagio e di malcontento in seguito ad una

determinata decisione pubblica. (Es. Comitato no TAV in Val di Susa, comitato di

Acerra contro la costruzione del termovalorizzatore).

GRUPPI DI INTERESSE NON ASSOCIATIVI: non sono organizzati da un punto di

vista istituzionale, pur essendo caratterizzati da un interesse in comune come la

religione, l’etnia, la razza, la religione, la lingua, la regione, l’occupazione o forse

legami di sangue e di discendenza (Es. la comunità ebraica).

GRUPPI DI INTERESSE ISTITUZIONALI: associazioni nate per svolgere funzioni

politiche e sociali diverse dalla rappresentanza degli interessi dei propri membri, ma che

sono pronte a farlo all’occorrenza (Es. le fondazioni e le associazioni politiche, per

esempio “Il circolo del buon governo” del senatore Marcello Dell’Utri).

GRUPPI DI INTERESSE ASSOCIATIVI: associazioni costituite con il preciso scopo

di rappresentare gli interessi dei propri membri, quali le associazioni di categoria

(Confindustria), territoriali e professionali37

.

Non è sempre detto che i diversi gruppi abbiano degli interessi comuni. Si può

infatti verificare una situazione in cui vi sia un solo interesse in comune, con un’ampia

divergenza su molti altri. I gruppi di interesse possono allora creare

un’alleanza/coalizione, dando così vita ad una issue network of influence.

La teoria pluralista dei gruppi elaborata da Arthur Fisher Bentley ha, con i suoi

concetti, supportato l’azione degli stessi e ne ha riconosciuto l’efficacia grazie a tre

caratteristiche:

Equilibrio: la pluralità dei gruppi garantisce equilibrio fra forze contrastanti. La

sfida dei gruppi attivi porta alla mobilitazione dei gruppi latenti

37

Un esempio è rappresentato dall’American Association of Retired Persons, che

raggruppa negli USA oltre 34milioni di membri tra anziani e pensionati. L’associazione

si avvale di uno staff a Washington di 400 persone che coltivano le relazioni con il

Congresso americano.

Page 35: Tesi di laurea specialistica

35

Socializzazione: la vita nelle associazioni educa all’interazione con gli altri. Le

appartenenze multiple facilitano la tolleranza reciproca

Autonomia della società dallo stato: i gruppi esprimono la capacità della

società di organizzarsi dal basso. La funzione essenziale dello Stato è la

mediazione fra i diversi interessi

Mentre la teoria pluralista sostiene l’efficacia dei gruppi, Mancur Lloyd Olson, Jr.38

,

nei suoi studi di settore, ha criticato tale modus operandi, sostenendo la difficoltà, per i

gruppi di interesse, a rappresentare i propri interessi. A supporto della sua tesi, Olson ha

sviluppato una critica fondata su tre istanze:

I gruppi a difesa di interessi generali sono difficili da organizzarsi a tutto

vantaggio dei gruppi a difesa di interessi particolaristici;

La mobilitazione di risorse e l’emergere di imprenditori dell’azione collettiva

sono più facili fra individui ricchi di risorse materiali più istruiti e in un alto

reddito. La capacità dei gruppi di organizzarsi varia quindi a seconda delle

risorse;

Le coalizioni (di interessi) a fini distributivi abbassano la capacità di una

società di adottare nuove tecnologie e di riallocare risorse in risposta al mutare

delle condizioni, riducendo il tasso di crescita economica. La loro crescita

accresce la complessità della regolazione, il ruolo dello Stato e la complessità

delle intese e modifica la direzione dell’evoluzione sociale.

Ciò che invece sembra apportare i risultati migliori è il concetto di Neo-

corporativismo, coniato da Philip Schmitter39

(1974) in opposizione alla teoria

pluralista. Il concetto prevede un sistema di rappresentanza di interessi dove le unità

38

1932 – 1998, economista e scienziato sociale statunitense. Lavorò presso

l'Università del Maryland, College Park. Sono di primaria importanza i suoi contributi

alla teoria della scelta pubblica, nonché all'economia istituzionale, sul ruolo della

proprietà privata, l'imposizione fiscale, i beni pubblici, l'azione collettiva e i diritti di

contrattazione nello sviluppo economico.

39 Professore di scienze politiche e sociali, Istituto universitario europeo, Firenze.

Page 36: Tesi di laurea specialistica

36

costitutive sono organizzate in numero limitato di categorie non competitive, strutturate

gerarchicamente, differenziate funzionalmente, riconosciute, se non organizzate dal

governo, non competitive tra loro, che esercitano complessivamente il monopolio della

rappresentanza.

Invernizzi (2006) include all’interno dei portatori di interesse anche le stesse

istituzioni pubbliche poiché queste possono dare vita a relazioni inter-istituzionali di

tipo orizzontale (stesso ambito di azione, per es. due ministeri) o verticale (ambiti

diversi, per es. il rapporto Governo – Regione).

Si è parlato, finora, di gruppo/i di interesse/i., spesso confuso con «gruppo di

pressione». È d’obbligo una precisazione: il gruppo di pressione è riconosciuto dal

potere decisionale, a differenza del gruppo di interesse. Facchetti e Marozzi40

offrono un

ampio elenco di nominativi di soggetti attivi (gruppi di pressione e gruppi di opinione)

nel panorama nazionale italiano:

Confindustria;

Fiat, Eni, Enel;

Rappresentante degli interessi delle attività regolamentare: Farmindustria, Abi,

Ania, Confservizi;

Cigl, Cisl, Uil;

Lobby-istituzione: Banca d’Italia, Autorities, associazioni dei magistrati;

Coldiretti fino agli anni Ottanta (in quanto considerata allora come l’unica

lobby ufficiale in Italia41

) e le lobby parlamentari “insider”;

Associazioni ambientaliste;

Lobby trasversale meridionalistica;

Regioni ed enti locali;

Rappresentanze UE;

Lobby mediatiche: «Porta a porta»; «Il Corriere della Sera»; «Repubblica»; «Il

Sole 24 Ore»42

.

40

Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 235.

41 Master MICRI, op. cit. p. 12.

Page 37: Tesi di laurea specialistica

37

1.3.2. Mediatori

La categoria dei mediatori raggruppa tutti quei soggetti che fungono da “ponte” di

collegamento tra i portatori di interessi e il decisore pubblico. Attraverso l’analisi delle

tematiche care agli stakeholder sono in grado di rapportarsi con le istituzioni pubbliche,

incidendo sulle loro politiche decisionali. Il lobbista rappresenta il mediatore più

importante ma lo stesso ruolo di influenzatore può essere esercitato anche da media, i

centri di studi e di ricerca e le società che svolgono sondaggi di opinione. Questi ultimi

soggetti, inoltre, possono apportare importanti contributi conoscitivi al lobbista,

implementando la sua strategia di comunicazione, a beneficio della corretta capacità di

argomentazione e persuasione.

Dal canto loro, i media possono rappresentare un valido alleato in quanto,

veicolando i messaggi provenienti dalle organizzazioni (stakeholder), divengono delle

vere e proprie casse di risonanza, veicolando le azioni del decisore pubblico. L’uso dei

media stessi, inoltre, può essere consigliato dai mediatori: creando e diffondendo

informazione, infatti, si può ottenere consenso, che il legislatore non può ignorare.

Altresì fondamentale è il ruolo ricoperto dai centri di studi e di ricerca. Non solo

forniscono dati oggettivi ma gli stessi ricercatori sono prova di garanzia della veridicità

delle informazioni raccolte e il vantaggio di essere super partes non li sottopone alla

diffidenza delle istituzioni pubbliche, a differenza di quanto potrebbe accadere ad un

lobbista.

Accanto alla categoria dei mediatori si posizionano i pubblici influenti. A differenza

dei mediatori, sono rappresentati dagli opinion leader, dalle comunità locali e

territoriali. La loro azione può incidere sull’operato delle istituzioni, andando ad

accelerare o a ritardare l’iter dei provvedimenti legislativi.

42

Gli autori fanno notare che si è giunti all’espressione “partito di Scalfari” e “partito

di Mieli”, rispettivamente direttori di Repubblica e Corriere della Sera.

Page 38: Tesi di laurea specialistica

38

1.3.3. Le istituzioni pubbliche

Le istituzioni pubbliche sono costituite dai soggetti delegati alla stesura dei

provvedimenti legislativi che hanno un impatto diretto sul business e l’attività degli

soggetti portatori di interessi. Le istituzioni possono operare su livelli differenti:

Ambito territoriale: Regioni, Province, Comuni, comprensori e comunità

montane, aziende di pubblico servizio (Asl), aziende municipalizzate;

Ambito nazionale: Parlamento (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e

le relative Commissioni permanenti), Governo, Magistratura, Authority;

A livello comunitario: Commissione Europea, Parlamento Europeo, Consiglio

Europeo, Comitato economico e sociale, Comitato delle Regioni;

A livello internazionale: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo

Economico (OCSE), Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Banca

Mondiale.

Le organizzazioni che monitorano i diversi livelli devono provvedere ad una

gestione integrata delle stesse al fine di individuare le coerenze e le sinergie esistenti tra

i diversi ambiti. In aggiunta, la gestione integrata consente di avere una visione

d’insieme utile a cogliere le interconnessioni tra gli ambiti e monitorare con più

efficacia l’intero iter dei processi normativi e regolamentativi.

Al di là della conoscenza di tali livelli operativi, il bagaglio culturale del

professionista dei public affairs deve contenere due fondamentali elementi:

Conoscenza dell’iter legislativo di un provvedimento

Capacità di identificazione del decisore di interesse.

Comprendere il processo che porta all’esame di un testo legislativo consente al

lobbista di stabilire i tempi di intervento della sua azione. Non serve a nulla, infatti,

intervenire una volta che una Commissione parlamentare ha esaminato gli emendamenti

e licenziato il testo, prossimo all’esame dell’Aula. In relazione al processo di

identificazione, il lobbista deve capire chiaramente quali possono essere i soggetti che

possono supportarlo nell’azione di lobbying. Non è detto, infatti, che il primo firmatario

di una proposta di legge sia di fatto il soggetto su cui focalizzarsi.

Page 39: Tesi di laurea specialistica

39

1.4 L’azione di lobbying

Come abbiamo visto dai paragrafi precedenti, l’azione di lobbying coinvolge

determinate categorie di soggetti. Ma, affinché il processo si generi, è fondamentale la

commistione di altre componenti che Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto hanno definito

“le quattro i” (Figura 1.4):

Page 40: Tesi di laurea specialistica

40

Figura 1.4: le quattro i del lobbying

L’azione di lobbying prende avvio con la manifestazione di un interesse inerente un

preciso ambito (issue). L’istanza viene rappresentata presso le istituzioni (institution)

alle quali il lobbista fornisce delle informazioni (information) al fine di rappresentare e

sostenere gli interessi (interest) vantati dagli stakeholder nei confronti di un

provvedimento legislativo.

Page 41: Tesi di laurea specialistica

41

Al fine di scuotere l’attenzione del legislatore, il lobbista può disporre di un’ampia

strumentazione, strutturata secondo tre distinte tipologie: gli strumenti di back office, gli

strumenti di comunicazione esclusivi, gli strumenti di comunicazione non esclusivi43

.

1.4.1 Gli strumenti di back office

Gli strumenti di back office consentono al lobbista di effettuare le fasi di

monitoraggio, l’interpretazione del contesto istituzionale e la selezione degli

interlocutori principali. Nel momento in cui viene presentata una proposta di

regolamentazione (legge o decreto che sia) che coinvolge l’azienda cliente, è necessario

controllarne quotidianamente l’iter: dall’annunciazione all’esame e conseguente

votazione, passando per l’assegnazione alla Commissione competente, che opera in sede

referente44

. Alla proposta di legge è ovviamente legato il nome del primo firmatario e

dei cofirmatari. I nominativi devono essere contenuti all’interno di un database di

contatti al fine di un costante aggiornamento degli stessi. Vengono così tracciati dei

profili dei soggetti di interesse e un loro studio consente, in una fase successiva, un

approccio più facilitato. Nel database figura, in aggiunta, un elenco di influenti

(giornalisti, opinion leader).

Per monitorare l’iter legislativo, il lobbista si affida ai siti istituzionali della Camera

dei Deputati e del Senato della Repubblica, al cui interno sono pubblicati il calendario

dei lavori istituzionali (Figura 1.5), l’ordine del giorno, i resoconti45

dell’Aula (Figura

1.6) contenenti anche gli allegati A e B46

. All’interno dei siti menzionati sono quindi

reperibili i calendari delle Commissioni (Figura 1.7), i loro resoconti e gli allegati

43

Invernizzi, op. cit. p.222 e seg.

44 È la Commissione deputata all’analisi e al licenziamento del testo che viene quindi

sottoposto all’esame dell’Aula. In taluni casi la Commissione può operare in versione

legislativa. Le Commissioni possono altresì operare in sede redigente, legislativa e

consultiva.

45 I resoconti sommari contengono un riassunto dei lavori.

46 Contengo gli atti di indirizzo e controllo, quindi mozioni, interrogazioni,

interpellanze.

Page 42: Tesi di laurea specialistica

42

annessi. Tra gli strumenti di back office troviamo inoltre il calendario degli eventi

pubblici (inaugurazioni, comizi, partecipazioni a convegni, incontri) e le mappe dei

rapporti di potere (curate dall’azienda di lobbying).

Figura 1.5: la pagina dei lavori istituzionali del sito della Camera dei Deputati

Figura 1.6: la pagina dei resoconti del sito della Camera dei Deputati

Page 43: Tesi di laurea specialistica

43

Figura 1.7: il calendario dei lavori delle Commissioni della Camera dei Deputati

1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi

All’interno della seconda categoria sono contenuti i documenti il cui accesso è

strettamente riservato e la cui conoscenza è limitata esclusivamente ai professionisti dei

public affairs, le aziende clienti e il decisore pubblico. Nello specifico:

Position (o positioning) paper: è un documento al cui interno è riassunta la

posizione dell’azienda nei confronti di una determinata politica di pubblico

interesse. L’elaborato è teso ad informare il decision maker e a influenzare

l’opinione pubblica al fine di mobilitarla nei confronti del legislatore. Invernizzi

ricorda che «anche se può essere diffuso all’interno dell’organizzazione, ai

dipendenti, ai collaboratori o agli azionisti, il position paper è essenzialmente un

documento a uso esterno destinato ai decisori e ai loro influenti nonché ai

giornalisti e all’opinione pubblica». Il documento deve essere di facile lettura e

contiene, di solito,

a) una descrizione del tema;

b) il probabile impatto sull’organizzazione della scelta normativa

c) proposte alternative

d) sostenitori delle proposte alternative

e) nominativi dei politici da contattare;

Page 44: Tesi di laurea specialistica

44

Dossier: è un documento ad uso esterno in cui vengono analizzate le posizioni

dei decision maker e degli influenti su una specifica questione e sono raccolti gli

argomenti e i dati a supporto della tesi sostenuta dall’organizzazione;

Policy brief: è un documento interno che fornisce una maggiore

conoscenza/comprensione della issue specifica e che individua le diverse

posizioni in campo. Si fonda sull’analisi dei media, degli atti legislativi, delle

dichiarazioni rese dai protagonisti del processo decisionale. Spesso il policy

brief è affiancato al dossier;

Testi tecnici: sono documenti forniti dal lobbista al parlamentare di riferimento.

A tale tipologia si collegano le bozze di proposte di legge, di decreti o di

emendamenti oppure di interrogazioni parlamentari. Al fine di far presentare

un'interrogazione parlamentare occorre individuare la Commissione

parlamentare competente sulla problematica trattata e prendere contatto con il

capogruppo della Commissione per convincerlo della validità delle

argomentazioni addotte. È quindi necessario indirizzare il parlamentare

mediante una documentazione precisa, completa e ben strutturata. Maggiore sarà

il numero di parlamentari che sottoscrivono l’interrogazione, possibilmente di

partiti diversi, maggiore sarà l’efficacia di tale azione di comunicazione;

Playbook: è un documento di presentazione dell’organizzazione e delle

tematiche della stessa con la descrizione della posizione presa e degli interessi

rappresentati. Può essere consegnata al decisore pubblico durante gli incontri

personali. Già in sede di richiesta di colloquio, comunque, l’azienda propone un

breve profilo di se stessa;

Audizioni parlamentari: le audizioni consistono in un incontro tra

organizzazione e parlamentari. Le organizzazioni che fanno richiesta di

audizione (o che sono invitate a presentarsi) possono manifestare la propria

posizione. Possono essere di tipo informale. Oltre che in Aula, le audizioni si

possono svolgere anche a livello di Commissione47

. Le audizioni presentano due

particolari criticità: la possibilità per il relatore di non poter replicare alle

47

È il caso dell’ad di Fiat, Sergio Marchionne, ascoltato a marzo 2011 dalle

Commissioni IX (Traporti) e IX (Attività Produttive) della Camera dei Deputati.

Page 45: Tesi di laurea specialistica

45

obiezioni mossegli al termine del suo intervento (ragion per cui è bene prevedere

le obiezioni nel testo dell’audizione) e la loro calendarizzazione (a seguito del

fitto calendario dei lavori parlamentari);

Incontri diretti con i decision maker: sono gli incontri vis-a-vis per i quali è bene

osservare delle regole precise48

:

o Fornire informazioni obiettive, aggiornate e “di prima mano”, senza

nascondere a nome di quali interessi si parla

o Esporre interamente i fatti, compreso il punto di vista di eventuali

concorrenti, fornendo appropriate controargomentazioni

o Essere preparati nel dettaglio sul tema da discutere al fine di essere in

grado di rispondere ad eventuali domande di approfondimento

o Programmare l’incontro con largo anticipo

o Essere brevi così da concedere la possibilità di svolgere domande

o Spiegare separatamente ogni argomento quando la materia è complessa

o Organizzare una visita del decisore pubblico presso la propria

organizzazione

o Essere corretti, educati e attenti

o Essere personalmente convinto di quello che viene sostenuto e

argomentato

o Persuadere attraverso la presentazione oggettiva dei fatti e considerando

le motivazioni del decisore pubblico (soft-selling), evitando di arrivare

alla pressione psicologica, all’eccessivo coinvolgimento emotivo, alla

minaccia (hard-selling)

1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi

All’interno della presente categoria rientrano numerosi strumenti tradizionali delle

relazioni pubbliche.

Newsletter: consente un contatto periodico con i principali interlocutori così da

fornire loro aggiornamenti sull’evoluzione delle tematiche di interesse

48

Invernizzi, op. cit. p.224 e seg.

Page 46: Tesi di laurea specialistica

46

dell’organizzazione. Ai fini di una campagna informativa, la newsletter può

rivolgersi ad importanti interlocutori istituzionali rappresentanti delle forze

politiche, sociali ed educative;

Ricerche e studi: possono essere svolti all’interno o commissionati ad istituti di

ricerca esterni. Possono avere come oggetto dei contenuti tecnico-scientifici o

dei sondaggi di opinione. La loro utilità deriva dai dati contenuti con i quali

l’organizzazione avvalora la propria tesi nei confronti del decisore. Il miglior

lobbista è colui che fornisce le migliori informazioni, cioè efficaci nel

convincere il legislatore della necessità che una decisione vada presa e nella

direzione voluta dall’organizzazione (Grunig, Hunt, 1984)

Gestione delle relazioni con i media: i media possono rappresentare un prezioso

alleato, oltre che una vera e propria cassa di risonanza. Veicolando le istanze di

un’organizzazione i media possono sollecitare l’opinione pubblica, esponendo il

legislatore al giudizio del pubblico e costringendolo a modificare il calendario

dei lavori. Tra i principali strumenti dei mass media si citano:

o Articoli

o Studi e ricerche

o Lettere ai giornali

o Interviste

o Dichiarazioni dell’organizzazione

o Comunicati stampa

o Conferenze stampa

o Press briefing

o Partecipazioni ai programmi televisivi

Organizzazione di eventi: troviamo i convegni, i workshop, i dibattiti e le tavole

rotonde. La loro funzione è duplice: sensibilizzare, mediante il coinvolgimento

diretto, i decisori pubblici e i loro influenti; sensibilizzare l’opinione pubblica

sulle problematiche e sulle posizioni dell’organizzazione (sfruttando l’effetto

“cassa di risonanza” prodotto dai media);

Sponsorizzazione di manifestazioni e iniziative artistico-culturali: hanno un

ruolo sociale per l’organizzazione in quanto contribuiscono al miglioramento

Page 47: Tesi di laurea specialistica

47

della propria immagine49

. Campagne di pubblicità istituzionale: rientrano in

questo settore sia le campagne di comunicazione per promuovere i propri

interessi sia quelle utilizzate per comunicare direttamente con i decisori pubblici.

Tra le prime figurano le iniziative a carattere divulgativo per presentare gli

obiettivi e gli interessi dell’organizzazione. Le secondo comprendono iniziative

di comunicazione finalizzate a suscitare l’attenzione dei decisori pubblici e

dell’opinione pubblica pubblicando, in spazi pubblicitari appositamente

acquistati, “lettere aperte” o condurre vere e proprie campagne di pubblicità

istituzionale per sostenere le posizioni dell’organizzazione.

Agli elementi citati da Emanuele Invernizzi si affiancano, inoltre, diversi strumenti,

citati da Giampietro Vecchiato50

:

Mappa delle issue e issue analysis: considerate dallo scrivente quali strumenti di

back office, sono documenti che offrono una sintetica descrizione della issue,

delle normative, degli atti/decisioni in corso, dei sostenitori/oppositori, delle

opzioni possibili e delle finalità. Per ogni questione all’ordine del giorno sono da

individuare i gruppi di interesse attivi, il loro grado di coinvolgimento, le

capacità operative e di mobilitazione, il potere di influenza;

Pareri pro veritate: sono pareri realizzati da giuristi, costituzionalisti e/o esperti

del settore di riferimento in merito alle questioni che possono apparire dubbie

sul piano legale e costituzionale. Servono a confermare la fondatezza delle tesi

sostenute dall’organizzazione, come supporto alla propria posizione, come

argomentazione integrativa autorevole per comunicare con i media;

Cause legali: è una pratica poco utilizzata in Italia. Le cause legali vengono

spesso usate per sfruttarne l’effetto annuncio con l’obiettivo di ottenere la

sospensione di un provvedimento della pubblica amministrazione. Le azioni

legali comprendono:

49

Esempi celebri sono rappresentati dal restauro del Cenacolo di Leonardo (Olivetti)

e la sponsorizzazione del Teatro alla Scala di Milano (Cariplo).

50 Vecchiato, op. cit. p. 148 e seg.

Page 48: Tesi di laurea specialistica

48

o Apertura di vertenze giudiziarie presso i tribunali (amministrativi e non)

o Creazione di casse di risonanza durante il processo e dopo la sentenza

se favorevole

o Patrocinio a propri aderenti che aprano vertenze giudiziarie,

possibilmente in numero elevato, sui temi di interesse

dell’organizzazione

o Assistenza tecnico-legale a propri aderenti che si impegnano in vertenze

giudiziarie

Coalizioni: usate per allargare il fronte a sostegno di una determinata posizione.

L’effetto prodotto permette di rafforzare l’influenza sui decisori pubblici e

attribuisce alla questione specifica e di parte un carattere più generale;

Grass root campaigns: l’azione prevede la mobilitazione di una parte

dell’opinione pubblica a fianco dell’organizzazione. È necessario che le persone

mobilitate siano accomunate dalla stessa opinione e che siano disponibili a

manifestarla (lettera, telefonata, cartolina, e-mail).

In riferimento alle alleanze, Facchetti e Marozzi51

attuano una loro classificazione,

distinguendole in alleanze numerose e molto rappresentative (si punta sulla quantità dei

partecipanti) e alleanze ristrette ma con forti capacità di influenza e di

“simbolizzazione” (al centro vi è la qualità). «L’interlocutore politico – ricordano – è

molto sensibile alla forza di un endorsement apparentemente, o realmente, “neutrale”.

La scelta legislativa o amministrativa, proprio perché ha bisogno, per essere

convincente, di essere fatta nel nome dell’interesse generale, è molto più forte se

sostenuta non solo dall’interesse di parte dichiarato, ma da chi apparentemente è

portatore di una neutralità di giudizio».

1.5 L’azione di lobbying

Abbiamo finora definito il lobbying e analizzato, in particolare, il professionista del

settore. Definire questa attività solo come il tentativo di influenzare il decisore pubblico

è assai limitativo in quanto il lobbista deve sapere coniugare tutti gli strumenti a sua

disposizione. Il lobbying è sì l’esercitare una pressione sul legislatore ma è

51

Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 241 e seg.

Page 49: Tesi di laurea specialistica

49

fondamentale, per chi la pratica, scegliere i mezzi più idonei e la tempistica in cui

applicarli. In particolare, due sono le fasi critiche: l’esposizione al decision maker di

un’informazione oggettiva e documentate e la corretta capacità di argomentazione e di

persuasione.

La teoria delle relazioni istituzionali propone differenti modelli di attuazione: i

modelli adattivo, reattivi, proattivo ed interattivo; il lobbying diretto e indiretto.

1.5.1 I public affairs

Il termine public affairs viene spesso utilizzato per indicare l'attività di fare pressione

sulle istituzioni, quale sinonimo di lobbismo o relazioni istituzionali. Tuttavia per public

affairs si devono intendere piuttosto tutte le attività strategiche di un'impresa dirette ai

suoi numerosi stakeholder, ovvero a quello che il marketing chiama pre-mercato52. Si

tratta di tutte quelle forze che direttamente o indirettamente creano il contesto

competitivo nel quale l'azienda deve muoversi. Ovvero le regole del gioco. Una

strategia di public affairs si basa sull'utilizzo sinergico di tutte queste leve, senza

limitarsi alla sola attività di lobbismo. Le relazioni istituzionali senza la capacità di

gestire in modo corretto le relazioni con i media, o le relazioni sindacali senza

un’efficace comunicazione istituzionale, sono infatti degli strumenti spuntati che

difficilmente sono in grado di produrre risultati. Così come esiste un marketing mix che

amalgama e rende efficaci le leve di marketing, allo stesso modo l’azienda deve iniziare

a programmare le sue strategie in termini di public affairs mix. La tabella di figura 1.8

può facilitare la comprensione del public affair mix:

52

Cattaneo, Zanetto, op. cit. pp. 4 e seg.

Page 50: Tesi di laurea specialistica

50

Soggetti del pre-mercato Attività di influenza

Istituzioni pubbliche

Lobbying/Relazioni istituzionali

Comunità finanziaria Political intelligence

Mass media Media relations

Sindacati Relazioni sindacali

Gruppi di opinione Marketing relazionale

Grande pubblico Comunicazione istituzionale

Comunità internazionale Business diplomacy

Potere giudiziario e Authority Affari legali e regolatori

Figura 1.8: il public affair mix

1.5.2 I quattro modelli di public affairs

Alberto Pastore e Maria Vernuccio53

hanno identificato quattro tipologie di

approccio alle relazioni istituzionali attuato dalle organizzazioni, classificate in base a

due variabili: la loro complessità per l’organizzazione e il livello di interazione con le

istituzioni pubbliche (Figura 1.9).

Adattivo: Secondo tale approccio, l’organizzazione cerca solamente di adattarsi ai

cambiamenti dell’ambiente in cui essa opera. Subisce passivamente l’azione del

legislatore senza tentare (per assenza di volontà o di risorse) di influenzarlo ex-ante.

Che si affidi a dei professioni dei public affairs o al reparto di Relazioni Istituzionali, il

risultato non cambia: l’unica azione prodotta è un semplice monitoraggio legislativo.

Reattivo: l’azienda ha una reazione di fronte ad un cambiamento legislativo, senza

averlo indirizzato nelle fasi preparatorie.

Proattivo: è l’azienda a determinare il cambiamento legislativo, favorendo iniziative

che tutelano (direttamente e non ) i propri legittimi interessi.

53

Pastore, Vernuccio, Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il

management, seconda edizione. Apogeo, Milano, 2008.

Page 51: Tesi di laurea specialistica

51

Interattivo: l’impresa ha un dibattito costante con le istituzioni. È un interlocutore

fondamentale e l’azione di influenza è assai efficace.

Figura 1.9: i quattro approcci ai public affairs delle organizzazioni

Mirko Rubin54

propone una seconda tipologia di schema del processo di public

affairs. Non si può parlare di strategia, come nei quattro modelli, ma di un’utile analisi

step-by-step riassunta in figura 1.10.

Ascoltare e capire: il lobbista deve comprendere i bisogni dell’organizzazione,

identificando ostacoli o facilitazioni derivanti dal sistema di relazioni con il decisore

pubblico;

Definizione degli obiettivi: si analizzano i rapporti dell’organizzazione con gli

interlocutori pubblici. Di fatto, si esegue un’analisi SWOT;

54

Rubin, op. cit. p. 146 e seg.

Inte

razi

one

Complessità

Page 52: Tesi di laurea specialistica

52

Issue analysis: contiene le valutazioni di impatto del provvedimento legislativo nei

confronti dell’organizzazione e le descrizioni dei possibili sostenitori e oppositori delle

loro argomentazioni;

Mappa del potere: contiene le diverse interconnessioni dei decision maker;

Monitoraggio: si segue l’iter legislativo del provvedimento, con particolare

attenzione rivolta ai soggetti politici coinvolti;

Stesura del playbook: contiene approfondimenti specifici per ciascuna issue da

proporre all’attenzione dei decisori e dei loro influenti;

Gestione operativa: è la fase di programmazione degli incontri (personali e diretti).

Alla gestione operativa sono collegate una serie di attività:

Monitoraggio permanente delle dinamiche, delle issue, dei decision maker;

Attività di reporting all’interno dell’organizzazione;

Contatti periodici con i decision maker ed i loro influenti; sviluppo e

mantenimento dei contatti personali;

Studio ed interpretazione degli atti normativi

Incontri one-to-one con i principali influenti;

Stesura e aggiornamento della documentazione;

Aggiornamento del calendario: tempi operativi, tempi prevedibili, accelerazioni,

frenate, accompagnamenti di un inter naturale;

Diffusione delle informazioni e iniziative di comunicazione per la promozione

degli interessi dell’organizzazione;

Gestione delle emergenze.

Verifica dei risultati: avviene tramite un monitoraggio costante per seguire le

dinamiche delle relazioni con i decision maker. Vanno visionati eventuali cambiamenti

di opinione, gli atteggiamenti ed i comportamenti del decisore pubblico.

Page 53: Tesi di laurea specialistica

53

Figura 1.10: le fasi del processo di public affairs

1.5.3 Le tre fasi del lobbying

All’interno di una pratica di lobbying, le strategie adottate possono essere differenti

e dipendono dalla necessità generatasi sul momento. Se ad una prima analisi il lobbista

reputa il soggetto X quale migliore interlocutore per perseguire i propri obiettivi, può

risultare invece necessario tessere una relazione con il soggetto Y a seguito di

improvvisi cambiamenti (dimissioni di X, cambio di schieramento, abbandono di una

Commissione ecc.). Se un’organizzazione deve adattarsi e rispondere ad un

cambiamento, la stessa pratica deve essere attuata dal lobbista. Stiamo comunque

parlando di particolari fasi dell’azione di lobbying. Più in generale, si possono

evidenziare tre macro fasi:

1. fase della mappatura

2. fase nominale

3. fase della pressione.

Verifica dei risultati

Gestione operativa

Playbook

Monitoraggio

Mappa del potere

Issue analysis

Obiettivi

Ascolto

Page 54: Tesi di laurea specialistica

54

1. Fase della mappatura: il lobbista si concentra sullo scenario attuale. Ha già

ricevuto l’incarico di rappresentare e tutelare gli interessi di un’organizzazione

e, nel momento in cui il decisore propone l’adozione di un provvedimento,

analizza a quale livello istituzionale avviene il processo (locale, nazionale o

europeo). Inizierà quindi ad usare i primi strumenti a sua disposizione, andando

a ricreare la mappa del processo decisionale, per poi tracciare l’iter legislativo a

cui sarà sottoposto il provvedimento, prevedendo possibili cambiamenti della

procedura55

. Il lobbista, inoltre, “ascolta” ed individua eventuali altri gruppi di

interesse attivi sulla stessa materia al fine di vagliare l’ipotesi di alleanze. Se ciò

non è possibile, sarà suo compito individuare i vari competitors, di norma mai

assenti. L’analisi prodotta porta inoltre ad effettuare un’ulteriore valutazione:

fattibilità dell’obiettivo o meno. Fallire un obiettivo comporta infatti un notevole

danno alla reputazione e alla credibilità del lobbista. Nell fase della mappatura

avviene la preparazione del position paper.

2. Fase nominale: gli obiettivi dell’organizzazione sono chiari, il quadro

istituzionale è completo e i documenti sono stati redatti. È il momento di

ricercare le persone strategiche da contattare. La ricerca dei nominativi, attorno a

cui si concentra la fase nominale, è di notevole importanza. Non riguarda un

mero elenco di persone (parlamentari, Ministri, sottosegretari, tecnici ecc.) ma

un’attenta analisi dei possibili interlocutori in cui si ripercorre il loro excursus

politico, dagli esordi fino ai tempi recenti. In gergo tecnico si parla di profili o

bioprofile. La struttura (Figura 1.11) presenta uno schema di semplice lettura,

con una prima parte dedicata agli aspetti biografici, preceduta sempre dalla

carica occupata (prima informazione subito dopo il nome). Nella seconda parte

viene rivissuta la carriera politica dell’interlocutore, andando ad analizzare la

sua partecipazione nei partiti (o nel partito) di cui ha fatto parte, gli incarichi

ricoperti negli enti locali ed, infine, il suo operato a livello nazionale o,

eventualmente, europeo. Eventuali cariche o nomine possono facilitare la

tracciatura e la comprensione delle mappe di potere. Vi è quindi un paragrafo

aggiuntivo preposto alla raccolta di informazioni particolari sul soggetto in

55

Per esempio, l’esame di un testo in sede di Commissione legislativa.

Page 55: Tesi di laurea specialistica

55

questione, da cui si evincono particolari attitudini e idee su tema preciso. Per

esempio, se un parlamentare è stato, in gioventù, un forte contestatore delle

multinazionali, è molto probabile che lo sia anche nel momento in cui occupa

una carica istituzionale. Le informazioni vengono estrapolate sempre da internet,

che garantisce l’immediatezza dell’informazione. Non è detto, comunque, che il

profilo redatto disponga di numerose informazioni, soprattutto se il parlamentare

è giovane, alla prima Legislatura e con un background limitato. Discorso

diametralmente opposto, invece, per le figure che possono vantare una lunga

militanza a Palazzo Madama o a Montecitorio.

Page 56: Tesi di laurea specialistica

56

Bioprofile : XXXX yyyy

Attuali cariche istituzionali:

Deputato FLI.

Dati biografici:

Nato a Trieste il 24 settembre 1947.

Laureato in Scienze della Comunicazione e Relazioni Pubbliche.

Master in Comunicazione.

Carriera politica

Partito – Cresciuto politicamente in Alleanza Nazionale, di cui è stato coordinatore

provinciale a Pordenone. Segretario regionale di FLI per il Friuli Venezia Giulia.

Politica nazionale – Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel 2008.

Nell’attuale XVI Legislatura è componente della IV Commissione Difesa.

Nel 2010 ha lasciato il PDL per seguire Gianfranco Fini in FLI.

Politica locale – Consigliere comunale a Pordenone dal 2000 al 2005.

Eletto Consigliere regionale per il PDL – AN.

Nel 2008 ha rassegnato le dimissioni per l’elezione alla Camera dei Deputati.

Attività legislativa – Nell’attuale Legislatura ha presentato, come primo firmatario,

la proposta di legge “Norme per la regolamentazione del contrasto della pirateria navale

nelle acque territoriali”.

Altro – Ha dichiarato di aspettarsi le dimissioni del Presidente Silvio Berlusconi per

la sua presunta condotta immorale legata ai recenti scandali che hanno chiamato in

causa ragazze minorenni.

Figura 1.11: esempio di bioprofile

Page 57: Tesi di laurea specialistica

57

3. Fase della pressione: il lobbista interagisce con il decisore pubblico e gli

fornisce le informazioni raccolte precedentemente. Le informazioni devono

essere funzionali tanto al politico (per indirizzarlo verso la decisione da prendere

bisogna «dire qualcosa di rilevante - spiega Paolo Zanetto - portandogli

informazioni che non aveva») quanto al lobbista. Come avviene la costruzione

del consenso? Per rispondere alla domanda si cita un’intervista raccolta da

Marco Mazzoni56

:

«Per prima cosa, chi fa lobby si accredita in prima persona, […] poi va sempre dichiarato per chi sta

lavorando. Dopodiché, un argomento va portato avanti con dossier, position paper, […] questo fa il

lobbista. […] Quando incontro il decisore, è il momento che cerco di far pressione su di lui; […] durante

l’incontro devo essere in grado di illustrare in maniera sintetica e chiara qual è il problema, quali

conseguenze può avere quel particolare atto normativo nei confronti del mio cliente, qual è la mia

proposta. […] È molto importante mostrarsi convinti di quello che si sta proponendo e soprattutto far

capire al politico che conosco a fondo la questione, che ho fatto delle ricerche, non dimenticando di

indicare quali sono le mie fonti. Insomma, devo evitare che il mio interlocutore dica: “chissà perché devo

credere a questo lobbista”…».

L’azione di pressione ha maggiore probabilità di successo se è stato creato un

rapporto di fiducia e gratitudine tra il lobbista e il suo interlocutore, ma la fiducia è

legata ai modi e ai tempi in base ai quali il lobbista si muove. Qui entrano in gioco i

contatti informali al di fuori degli spazi prettamente istituzionali. In questi casi è buona

regola che gli interessi da tutelare non abbiano la precedenza assoluta. Il lobbista

accorto sa che l’incontro è governato da una regola: il momento buono per fare appello

al suo importante interlocutore è quando ne ha meno bisogno. È logico comunque che,

una volta conclusi gli argomenti introduttivi per la reciproca conoscenza, il dialogo si

focalizzi sullo scopo dell’incontro, ovvero lo scambio di informazioni. Come citato nei

paragrafi precedenti, la sincerità e la qualità delle informazioni rivestono un ruolo

fondamentale al fine della creazione di una relazione di fiducia. L’incontro non si

conclude con una stretta di mano e un arrivederci in quanto prevede un naturale

proseguo del dialogo. Il lobbista attua i principi delle relazioni pubbliche, curando nei

minimi dettagli il rapporto interpersonale. Ogni segno di disponibilità del politico viene

seguito da note personali di ringraziamento. Dopo che un incontro ha avuto luogo è

56

Mazzoni, op. cit. p. 117.

Page 58: Tesi di laurea specialistica

58

buona prassi che il lobbista fornisca le informazioni promesse accompagnate da una

lettera di cortesia (Mazzoni, 2010). Fiducia, integrità personale e competenza sono

elementi imprescindibili. L’onestà paga: «Un decisore, una volta ingannato, è un amico

perso per sempre».

1.5.4 Il lobbying diretto

La fase di pressione si può concretizzare secondo una duplice modalità. Il lobbista

ha di fronte a sé due strade: la prima lo porta ad un contatto diretto del decisore

pubblico, al quale propone le istanze dell’azienda cliente avvalendosi degli strumenti di

comunicazione (esclusivi e non) proposti nei paragrafi precedenti. In questo caso si

parla di lobbying diretto, ovvero la più vecchia forma di interazione con le istituzioni

(ricordate la lobby room americana?). Caratterizzato dagli incontri vis-a-vis, il lobbying

diretto costituisce una sfida non di poco conto per il lobbista. È il terreno su cui egli è

chiamato a concentrare e manifestare tutte le sue abilità comunicative e relazionali. Il

colloquio va curato in ogni minimo dettaglio: la conoscenza dell’interlocutore ottenuta

tramite la raccolta di informazioni on line (“ascolto”), raccolte poi in un bioprofile, è il

primo passo, cui segue la preparazione della documentazione, in primis il position

paper. L’incontro non è mai scontato. L’essere accolti, infatti, non è garanzia di essere

poi ascoltati ed appoggiati. Il lobbista ha l’obbligo di saper argomentare in maniera

comprensibile e suscitare interesse. L’esposizione deve essere chiara, semplice e

concisa. Il politico non dedica mai molto tempo agli incontri e non è un caso che la

durata media degli stessi sia inferiore ai 30 minuti. Minore è il tempo a disposizione,

maggiore dovrà essere l’abilità del lobbista. I primi incontri sono sempre i più delicati e

non sono mai finalizzati all’ottenimento di un risultato immediato. È un’occasione per

farsi conoscere e iniziare a porre le basi per un rapporto. In incontri successivi si

cercherà di approfondire i temi trattati attraverso ulteriori audizioni o anche colloqui, la

consegna di materiale informativo su richiesta del politico o per volontà del lobbista.

1.5.5 Il lobbying indiretto

Il lobbista ha a disposizione una seconda opzione, ovvero il lobbying indiretto.

Anziché arrivare al decisore per vie dirette, si può avvalere dell’appoggio dell’opinione

pubblica, debitamente informata sia attraverso i media tradizionali che con l’uso di

Page 59: Tesi di laurea specialistica

59

nuove tecnologie che riportano testimonianze di esperti di chiara fama e super partes. In

questo caso ci troviamo di fronte ad una mobilitazione dal basso (dalla società civile),

più nota come grass-roots lobbying (letteralmente «le radici dell’erba»). Ma perché

l’opinione pubblica gioca un ruolo decisivo? Andare contro l’opinione pubblica

significa, il più delle volte, perdere consenso con ripercussioni sulla vita politica. E la

rielezione è il primo obiettivo di un politico. Scrive infatti Charles Mack in Lobbying

and Government Relations (1989)57

: «Neanche il lobbista più ricco di talento può

garantire una risorsa decisiva per il legislatore, cioè votare per lui. Il lobbista vota dove

vive. Agli occhi del legislatore le richieste dei suoi elettori vengono prima di ogni altra

cosa, perché l’obiettivo del legislatore è la sua rielezione».

Il fine del lobbying indiretto è indurre riflessioni e portare a conoscenza del

pubblico e dei decisori il tema affrontato. In questo modo il lobbista evita

un’esposizione diretta dell’azienda cliente. Solo in un secondo momento questa

scenderà direttamente sul campo. Perché questo avvenga, l’organizzazione aspetterà che

il tema di suo interesse venga preventivamente trattato dagli organi di stampa, attirando

così l’attenzione del legislatore. L’azione di grass-roots, curata dal lobbista, rileva

dunque una sua importante abilità: rispecchia l’importanza e il ruolo dei media nonché

la necessità di una corretta gestione delle relazioni con i mezzi di informazione.

In figura 1.12 è possibile comprendere le dinamiche relative alle due tipologie di

lobbying proposte da Mazzoni58

:

57

Ibidem p. 120.

58 Ibidem p. 119.

Page 60: Tesi di laurea specialistica

60

Figura 1.12: modalità di lobbying

1.6 La legislazione italiana sul lobbying

Allo stato attuale, l’Italia versa in una condizione decisamente particolare. Le

aziende che praticano lobbying esistono e sono riconosciute59

. Vi operano circa 1200

addetti ai lavori, tra uffici di consulenza e reparti di Relazioni Istituzionali presso

59

Cattaneo Zanetto & Co.; ES; FB Associati; Nomos; Open Gate Italia; Reti;

Strategic Advice; VM.

Gruppi di interesse,

lobbisti

Ricorso a:

Informatori

Lobbisti

Staffe del decisore

Decisore pubblico

Opinione pubblica

Lobbying diretto

Grass-roots pressione

Page 61: Tesi di laurea specialistica

61

strutture private (multinazionali). Tuttavia, il Belpaese non si è ancora dotato di una

legge sul lobbying, al pari di Stati Uniti e Unione Europea.

Nel corso delle numerose legislature della Repubblica Italiana vi sono stati diversi

tentativi di regolamentare l’attività di rappresentanza degli interessi, con ben 25

proposte di legge dal 1948 al 2006. Tralasciamo per il momento la citazione delle

proposte di legge più importanti e concentriamoci sull’assenza di una legislazione.

Di fatto, non rappresenta una novità, al pari dell’intreccio tra partiti politici, gruppi

di interessi e burocrazia. Proprio i partiti politici hanno rappresentato l’ostacolo

maggiore da sopravanzare verso l’ottenimento del riconoscimento, per legge, della

professione del lobbista. Questo perché sono essi stessi a ricoprire un vero e proprio

ruolo lobbistico. Il partito ha tutto l’interesse che le lobby rimangano deboli e non

regolamentate. Solo se le lobby fossero forti (come negli USA) verosimilmente si

sentirebbe l’esigenza di controllarle tramite provvedimenti legislativi.

Come ha sottolineato Pier Luigi Petrillo60

, i partiti politici detengono un ruolo

monopolistico che consente loro di essere gli unici intermediari tra la società e lo Stato.

Non solo: se l’Italia non si è ancora dotata di una legge nazionale61

una spiegazione va

ricercata nella composizione del tessuto economico-sociale, costituito principalmente da

piccole e medie imprese. Per quanto queste possano essere interessate dall’attività del

legislatore, non saranno mai così influenti come nel caso di un’attività di lobbying

praticata da una multinazionale di ragguardevoli dimensioni.

L’arretratezza italiana della regolamentazione dell’attività di lobbying è comunque

figlia del basso livello di cittadinanza attiva, la quale scende in campo per manifestare i

propri interessi ma solo in determinate occasioni. In più, solo negli ultimi vent’anni si

sta iniziando a superare il mito dell’interesse pubblico di derivazione francese

(specialmente nell’azione amministrativa).

60

Esperto in Diritto Pubblico comparato, autore dell’articolo intitolato La disciplina

dei gruppi di pressione a livello regionale: il caso della regione Toscana (e, senza

originalità, quello del Molise). Rivista Amministrazione in cammino.

61 È d’obbligo l’aggettivo “nazionale” in quanto Toscana e Molise hanno una propria

legge regionale sul lobbying.

Page 62: Tesi di laurea specialistica

62

Il ruolo dominante dei partiti è riconosciuto anche da Facchetti e Marozzi62

i quali

individuano ulteriori ragioni di carattere politico-culturale che giustificano la mancata

legislazione in termini di lobbying:

I poteri intermedi (associazionismo, sindacato, cultura, scuola, ecc.) senza forti

influenze sulla società complessiva, preferendo rapporti diretti speculativi con il

potere politico;

La pretesa di ruolo esclusivo e totalizzante delle rappresentanze di interessi, in

un rapporto di scambio non regolamentato con il potere politico;

Il comportamento della politica nelle istituzioni, prima impegnata a garantire, in

proprio e in una competizione tutta interna al sistema dei partiti, la

rappresentanza dei vari interessi. Poi (dagli anni Novanta) più attenta alla

regolamentazione dei rapporti formali (legge elettorale, conflitto di interessi, par

condicio), che non alla regolamentazione del rapporto tra corpi speciali,

istituzioni e soggetti politici;

Resistenza delle rappresentanze di interessi a una modifica dello status quo per

detenere l’esclusività dei rapporti con il mondo politico.

A quest’ultimo punto si ricollega nuovamente Giuseppe Mazzei, secondo cui «C’è

un’ignoranza di fondo sull’argomento perché mancano occasioni di discussione. A

molti fa comodo la situazione attuale, cioè un patto di coalizione tra alcuni lobbisti che

vogliono fare i lobbisti all’antica, cioè nell’ombra, e alcuni politici che preferiscono

tenere rapporti a titolo discrezionale, e si spera almeno corretti, ma senza darne

evidenza. Tutto questo non aiuta, né gli uni né gli altri, tanto meno la democrazia». A

chi fa comodo? Soprattutto alle organizzazioni sindacali e a Confindustria (Facchetti e

Marozzi, 2009) e altre organizzazioni, appoggiate da una lobby giornalistica,

preoccupata di vedere limitato il proprio potere di pressione attraverso i mezzi di

comunicazione di massa.

L’assenza di una legislazione è un problema non da poco per il lobbista, con

ripercussioni anche sull’opinione pubblica. Al di là degli stereotipi che comunque

rimarrebbero, il vuoto normativo impedisce al lobbista di uscire dall’ombra e di porsi

62

Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 245 e seg.

Page 63: Tesi di laurea specialistica

63

come rappresentante trasparente di interessi meritevoli di attenzione. Lentezza dei lavori

parlamentari? Non solo, anche se la senatrice Mariapia Garavaglia ha ammesso che «in

Parlamento si sta dibattendo su questioni che di politico hanno ben poco63

». Il problema

sarebbero dunque i partiti che rappresentano un ostacolo così forte ed efficace che solo

una proposta di legge è approdata all’esame finale dell’Aula.

1.6.1 Le proposte di legge

In questo paragrafo cercheremo di ripercorrere le tappe più importanti verso

l’ottenimento della legislazione del lobbying.

I primi veri tentativi sono datati 1976 con la proposta di legge dell’on. Nicola

Sanese, “Riconoscimento delle attività professionali di relazioni pubbliche” (AC953).

Nel 1982 ci prova l’on. Pietro Ichino (“Riconoscimento e disciplina delle attività

professionali di relazioni pubbliche”- AC3200) mentre nel 1983 il tentativo è avanzato

dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. Il testo, giudicato positivamente

anche dalla Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), è poi caduto con la fine

della Legislatura.

Nel 1986 è la volta della proposta unificata rispetto al pdl Sanese, Casini, Cristofori

(DC), Francese (Pci), Facchetti (Pli), giunta nel 1987 all’approvazione di un ramo del

Parlamento.

Il 13 settembre 2001 l’on. Giuseppe “Pino” Pisicchio (allora con la Margherita,

attualmente in Iniziativa Responsabile) presenta la proposta di legge “Disciplina

dell’attività di relazione istituzionale” (AC 1567). Il testo, giudicato minimalista da

Giuseppe Mazzei, prevedeva la creazione di registri dove iscrivere coloro che vogliono

svolgere un’attività di relazione istituzionale che inizi a promuovere interessi legittimi.

La proposta, composta da sei articoli, presentava però dei limiti:

Assenza dei requisiti per la definizione di lobbista;

63

Dichiarazione rilasciata a Roma l’8 febbraio 2011 al convengo “Evoluzione del

lobbismo in Italia”, organizzato da Il Chiostro, Università IULM di Milano e Cattaneo

Zanetto & Co. nell’ambito del Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali

(MICRI).

Page 64: Tesi di laurea specialistica

64

Assenza di norme che identifichino eventuali incompatibilità per attività passate

e future;

Assenza di sanzioni (previste solo per la mancata iscrizione nei registri o la

omessa presentazione delle relazioni periodiche).

Il 16 dicembre 2002, l’on. Daniele Galli presenta la proposta “Disciplina

dell’attività di relazione svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative

e dei titolari di pubbliche funzioni” (AC 3485). Tra i vari contenuti del provvedimento,

citiamo l’istituzione dei registri delle attività di relazione con i componenti delle

Assemblee legislative presso gli Uffici di presidenza del Senato della Repubblica e della

Camera dei deputati. È inoltre istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri –

Dipartimento della funzione pubblica, il registro delle attività di relazione con i titolari

di funzioni pubbliche, disponibile online. Secondo l’articolo 2, quindi, è attività di

relazione ogni informazione, orale o scritta, resa da singoli o da associati, ai

parlamentari, al Governo, ai dirigenti della pubblica amministrazione. L’articolo 3

stabilisce invece chi siano i soggetti, obbligati e non, all’iscrizione al registro.

Il 27 gennaio 2005 il Parlamento riceve la proposta di legge Colucci “Disciplina

dell’attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento”

(AC 5567). Il testo è breve (tre articoli) e teso soprattutto a definire cosa non costituisca

attività di relazioni istituzionali (art. 2).

Il 15 maggio 2006 l’on. Pisicchio ripropone un testo di legge col medesimo titolo,

“Disciplina dell’attività di relazione istituzionale” (AC 695), poi avanzato anche il 7

maggio 2008.

Tra i testi più importanti figura il ddl 1866 del Governo Prodi, a firma dello stesso

premier e dell’allora Ministro per l’attuazione di programma, Guido Santagata:

“Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari”. Comunicato alla

Presidenza del Consiglio dei Ministri il 31 ottobre 2007, il ddl apporta diversi elementi

innovativi:

Massima trasparenza dell’attività di lobbying: i decisori pubblici devono rendere

disponibili a chiunque i documenti presentati dai lobbisti;

Page 65: Tesi di laurea specialistica

65

Obbligo dei decisori pubblici di citare nella relazione illustrativa e nel

preambolo degli atti normativi e degli atti amministrativi generali l’attività di

rappresentanza degli interessi svolta nei propri confronti;

Individuazione nel CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) del

soggetto garante dell’esercizio dell’attività di lobbying;

Istituzione presso il CNEL di un “Registro pubblico dei rappresentanti di

interessi particolari” al fine di garantire la conoscibilità dell’attività dei soggetti

che influenzano i processi decisionali pubblici;

Iscrizione a tale registro subordinata ad alcuni requisiti, tra i quali, il rispetto del

Codice di deontologia che sarà emanato dal CNEL, previa consultazione delle

organizzazioni rappresentative del settore;

Previsioni di un sistema di sanzioni reputazionali (pubblicazione sui giornali) e

pecuniarie (da 2000 a 20000€) per lo svolgimento di attività senza iscrizione al

registro;

Obbligo per i lobbisti di presentare ogni anno al CNEL una relazione

sull’attività svolta;

Trasmissione al Parlamento da parte del CNEL di un rapporto annuale

sull’attività di verifica svolta.

Il 12 agosto 2008 l’on. Antonio Milo (Movimento Per Le Autonomie), nel corso

della XVI Legislatura del quarto governo Berlusconi, ha presentato il progetto di legge

1594, “Disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi particolari”, sottoposto

all’esame della Commissione il 16 marzo 2009. Il testo prevedeva:

Sanzioni inferiori rispetto al ddl Santagata, con ammende comprese tra i

1.000 e i 10.000€;

La possibilità di effettuare una nuova iscrizione al Registro dopo solo un

periodo di soli 18 mesi (e non più dopo 4 anni);

Criteri più rigidi per entrare nel Registro (vengono richiesti tre anni di

esperienza);

In aggiunta, poi, i decisori pubblici, possono chiedere l’intervento di

rappresentanti di interessi sollecitando «informazioni, incontri, udienze,

Page 66: Tesi di laurea specialistica

66

proposte, richieste, suggerimenti, emendamenti, studi, ricerche, analisi,

memorie scritte, documenti e qualsiasi altra documentazione relativa

all’interesse documentato a corredo di iniziative da intraprendere nel corso

della medesima attività».

All’interno della stessa legislatura, il 7 maggio 2008 gli on. Mura e (nuovamente)

Pisicchio (entrambi esponenti dell’Italia dei Valori) avanzano un’ulteriore proposta per

la “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale” (AC 854), nella quale propongono

un’ammenda non superiore ai 50.000€ e l’affidamento del Registro ai Presidenti della

Camera e del Senato, al Governo e alle varie istituzioni dove viene esercitata l’attività.

Ultimo, in ordine di tempo, il disegno di legge avanzato dalla senatrice Mariapia

Garavaglia (PD) il 12 marzo 2009: “Regolamentazione dell’attività dei consulenti in

relazioni istituzionali presso le pubbliche amministrazioni” (AS 1448). Composto da 4

articoli, il testo si prefigge di facilitare e disciplinare l’accesso dei soggetti pubblici e

privati all’attività legislativa, normativa, regolatoria e amministrativa. Dalla definizione

di Consulente in relazioni istituzionali (art.2, «chiunque esercita singolarmente o

all’interno di organizzazioni aventi personalità giuridica, anche in via non esclusiva e

temporanea, un’attività professionale tendente a favorire il dialogo tra i soggetti pubblici

e privati e le pubbliche istituzioni, siano esse finalizzate a favorire la comprensione e la

corretta interpretazione della normativa e dei provvedimenti in essere o in fieri, la

conoscenza degli obiettivi e dei programmi della Pubblica Amministrazione o a

promuovere la conoscenza presso le istituzioni della realtà dei soggetti rappresentati e di

loro specifiche esigenze»), il testo comprende gli obblighi della trasparenza, per quanto

concerne le finalità dell’incarico svolto e il nominativo della persona a cui è affidata

l’esecuzione (art.3), oltre che l’obbligo di accreditarsi presso le pubbliche istituzioni

attraverso l’iscrizione in apposito registro pubblico, istituito presso la Presidenza del

Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’Editoria e l’Informazione, consultabile on-

line, con facoltà di iscrizione e recesso sempre aperti (art.4).

1.6.2 I casi Toscana, Molise ed Emilia Romagna

Prima in Italia, la regione Toscana si è dotata di una legge regionale per

istituzionalizzare l’attività di lobbying. Il testo (l.r. 5/2002), approvato a larga

maggioranza (contrario solo il Pci) e intitolato “Norme per la trasparenza dell’attività

Page 67: Tesi di laurea specialistica

67

politica e amministrativa del Consiglio Regionale della Toscana”, ha lo scopo di

favorire la presenza di soggetti rappresentativi di interessi nell’attività politica ed

amministrativa della Regione, al fine di consentire la trasparenza dell’attività politica.

Di fatto, si assiste ad un riconoscimento dei gruppi di pressione e del loro ruolo di

portatori di interessi.

Per quanto sia evidente il passo in avanti compiuto dalla Regione Toscana rispetto

alla legislazione nazionale, la normativa non può essere definita completa. Mancano,

infatti, una definizione di lobbies e di gruppi di pressione o di interesse. C’è però una

distinzione tra gruppi che rappresentano le categorie economiche, sociali, terzo settore

(rappresentativi a livello provinciale e regionale) e gruppi presenti sul territorio

(associazioni o fondazioni). Questa suddivisione risulta importante ai fini della

registrazione nel Registro dei gruppi d’interesse accreditati presso il Consiglio

regionale: per il primo gruppo infatti l’iscrizione avviene d’ufficio, i secondi, invece,

devono inviare una richiesta al Consiglio regionale.

In tema di sanzioni, la legge è esplicita nel prevedere il divieto di esercitare

pressione diretta sui Consiglieri regionali e sulle rispettive organizzazioni che abbia

ripercussioni sulla libertà di voto. Sul Consiglio regionale ricade, invece, la

responsabilità di giudicare eventuali violazioni della legge e stabilire provvedimenti.

Sulla stessa linea si è posta la regione Molise, approvando la legge regionale n° 24

del 22 ottobre 2004, copia identica del provvedimento adottato in Toscana.

Di fatto, come ha commentato Ruben Razzante64

«le due normative non hanno

prodotto effetti di grande rilievo, tranne la creazione, presso il Consiglio Regionale, di

un registro dei gruppi di interesse che lavorano a livello regionale, facendo attività di

lobbying».

Flebili tentativi di regolamentare l’attività di lobbying sono stati effettuati anche

dall’Emilia Romagna. Il 15 ottobre 2009, il Consigliere regionale Gioenzo Renzi (AN-

PDL) ha depositato il progetto di legge “Norme per la trasparenza della Regione Emilia

Romagna e per la regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi

particolari”. Fulcro del progetto, l’iscrizione obbligatoria in un Registro pubblico on

64

Dichiarazione resa durante una lezione del Master MICRI, a.a. 2009/2010.

Page 68: Tesi di laurea specialistica

68

line, istituito presso l’Assemblea Legislativa, per chi esercita l’attività di

Rappresentanza di Interessi Particolari. Chi fa rappresentanza? Associazioni, enti e

società, attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi

altra iniziativa o comunicazione orale e scritta, anche per via telematica. Il tutto per

perseguire interessi leciti propri o di terzi, anche di natura non economica, nei confronti

del Presidente della Regione, dei membri e dei funzionari con ruoli direttivi della

Giunta Regionale, e dei componenti dell’Assemblea Legislativa, così da incidere sui

processi decisionali pubblici in atto, o di avviarne dei nuovi. Il testo, però, non è stato

approvato e gli attuali principi di trasparenza sono contenuti solamente nello Statuto

Regionale (Titolo II, art. 14 Trasparenza e partecipazione).

1.6.3 Calabria e altri

Al di fuori della Toscana e del Molise, un’altra regione che sta cercando di dotarsi di

una normativa a riguardo è la Calabria. Il 29 giugno 2009, la Commissione regionale ha

esaminato la proposta di legge del consigliere Egidio Chiarella (capogruppo del Gruppo

Misto nel Consiglio Regionale della Calabria), “Norme per la trasparenza dell’attività

politica e amministrativa del Consiglio Regionale e della Giunta della Regione

Calabria”. Il testo, approvato, garantisce la partecipazione dei gruppi di pressione

(accreditati) alle attività delle Commissioni consiliari, per sola via telematica. In caso di

violazione, non sono previste sanzioni economiche, alle quali si preferiscono una

sospensione temporanea o la revoca dell’iscrizione al Registro. Un allineamento

pressoché identico è stato attuato dalle regioni Piemonte, Veneto, Umbria e dalla

provincia autonoma di Trento, le quali garantiscono la possibilità di consultare gruppi di

pressione in commissione.

1.6.4 Riflessione

L’impegno, sebbene insufficiente, c’è stato ma la cultura del lobbying, intesa come

un’attività a servizio del processo democratico, è ancora allo stato embrionale. Il

termine stesso di lobbying fa ancora paura. Non è un caso, infatti, che tale espressione

venga sempre sostituita con terminologie più acquietanti. Ma, soprattutto, la parola non

compare in nessun articolo dei testi finora citati. Al massimo esso trova posto solo nelle

introduzioni dei testi normativi ma con una funzione di benchmark, cioè per ricordare

quanto viene praticato al di fuori dei confini italiani.

Page 69: Tesi di laurea specialistica

69

CAPITOLO 2

La regolamentazione del lobbying al di fuori dei confini italiani: USA e UE

«Il congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione o per

proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa o il diritto che hanno i cittadini di

riunirsi in forma pacifica o di inoltrare petizioni al Governo per la riparazione dei torti subiti»

Bill of Rights – I Emendamento

In tema di lobbying, gli Stati Uniti d’America (d’ora in avanti USA) rappresentano

uno scenario diametralmente opposto rispetto al contesto italiano. La rappresentanza

degli interessi è infatti parte integrante del processo democratico ed è sancita dal primo

emendamento della Costituzione (1791). I cittadini, quindi, hanno la facoltà di inoltrare

petizioni al Governo, manifestando così le proprie istanze per provare ad influenzare la

produzione normativa. Il fatto che tale diritto sia costituzionalmente garantito, rende

possibile una considerazione positiva dell’attività di lobbying e della figura del lobbista.

La differenza del territorio italiano è evidente (cap. I) . Vero è, comunque, che la sola

legislazione non garantisce la totale onestà del lobbista come ha dimostrato chiaramente

la vicenda di Jack Abramoff1. Dalle argomentazioni oggettive, strumento principale

1 Nel 2006, il lobbista repubblicano Jack Abramoff , detto il burattinaio di

Washington, è stato al centro di un apparato di raccolta fondi e di lobby legate agli

interessi della Christian Coalition e della lobby contro le tasse. Ha confessato e

patteggiato una pena per frode ed evasione fiscale. Secondo un Centro di ricerche

indipendente, i soldi di Abramoff sarebbero finiti ad almeno 300 tra deputati e senatori

dal 1999 al 2006 e il capogruppo repubblicano alla Camera dei Rappresentanti, Tom

DeLay (di cui Abramoff è stato il braccio destro finanziario), è stato incriminato con

Page 70: Tesi di laurea specialistica

70

dell’attività di influenza, Abramoff è ben presto passato all’equivalente italiano di

“bambole, bottiglie e bustarelle”.

Nel corso degli anni il fenomeno del lobbying ha assunto negli USA un’importanza

rilevante e il grado di influenza dei gruppi di pressione ha reso necessario la stesura di

un’apposita legislazione. Come fa notare Tiziano Checcoli2, gli studiosi americani di

lobbying si sono imbattuti nel preoccupante interrogativo, se si possa correre il rischio

che le lobby acquisiscano così tanto potere da poter influenzare negativamente l’attività

del sistema parlamentare, fino a farlo diventare ostaggio degli interessi particolari. Un

rischio scongiurato però da una sentenza del 1954 della Corte Suprema nella causa

United States vs Harris, che ha richiamato uno dei provvedimenti più importanti riferiti

alla regolamentazione della rappresentanza degli interessi tramite le lobby: il Federal of

Lobbying Act del 1946. Di seguito un estratto della sentenza menzionata:

Al giorno d’oggi, la complessità del sistema legislativo è tale che non è possibile che i singoli

membri del Congresso tengano conto di ogni singola pressione a cui sono sottoposti. Tuttavia, il modello

americano ideale di governo tramite rappresentanti eletti dal popolo dipende in larga misura dalla abilità

dei medesimi rappresentanti di valutare appropriatamente queste pressioni. D’altra parte, la voce del

popolo può con estrema facilità essere messa a tacere dalla ben più forte voce di gruppi di interesse

particolari alla ricerca di trattamenti favorevoli celati dietro la ricerca del bene comune. Questo è l’aspetto

negativo che il Lobbying Act è deputato a prevenire

2.1 La regolamentazione del lobbying negli USA

2.1.1 Dalla seconda metà dell’800 al Federal of Lobbying Act.

l'accusa di aver orchestrato il finanziamento illecito della campagna elettorale di diversi

esponenti repubblicani.

2 T. Checcoli, Il fenomeno del lobbying negli Stati Uniti e nell’Unione europea,

http://www.lobbyingitalia.com/__P_U_B_L_I_C__/ItemsUploaded/file/Il%20fenomeno

%20del%20lobbying%20negli%20Stati%20Uniti%20e%20nell%E2%80%99Unione%2

0europea%20.%20Tiziano%20Checcoli.pdf

Page 71: Tesi di laurea specialistica

71

La letteratura di settore menziona il 1789 come anno di nascita del lobbying negli

USA. L’anno in questione segna infatti il momento dell’entrata in vigore della

Costituzione americana, il cui primo emendamento consente, come già citato

precedentemente, il diritto alla manifestazione dei propri interessi.

Poiché si è temuto fin da subito che vi potesse essere un abuso di tale diritto, il

Legislatore americano ha provveduto all’emanazione di una serie di provvedimenti atti

a prevenire una simile eventualità. Al di là del rischio di abuso, la regolamentazione era

necessaria per ricordare che alla base della rappresentanza vi fosse il bene per il popolo

e l’essere al servizio dello stesso. Nella seconda metà del XIX secolo il pericolo di

rappresentare interessi privati per benefici non estesi alla collettività si concretizzò

ulteriormente. Conseguente al fenomeno dell’industrializzazione, vi fu una

proliferazione di atti normativi a vantaggio delle maggiori industrie del Paese le quali

godevano di un alto potere di influenza sui soggetti politici. La situazione degenerò a tal

punto che nel 1906 il giornalista David Graham Philips pubblicò una serie di articoli

intitolati “Il tradimento del Senato”, denunciando le fitte relazioni tra le aziende e i

rappresentanti politici. La diretta conseguenza delle sue cronache fu un’ampia protesta

dell’opinione pubblica e la riforma del sistema del finanziamento elettorale del 1925

con il Federal Corrupt Practices Act. Nel 1913, intanto, era stato approvato il XVII

emendamento della Costituzione con cui veniva sancita l’elezione diretta dei senatori

degli USA, che quindi non venivano più eletti dai parlamenti statali, limitando così

l’influenza diretta degli affaristi verso i medesimi senatori.

Il primo tentativo di regolamentazione risale al 1852 allorché la House of

Representatives emanò una legge per impedire ai giornalisti parlamentari, impiegati

come lobbisti, di accedere alla floor of the House e alle tribune stampa loro riservate per

assistere alle sedute finalizzate alla promozione di progetti di legge in discussione al

Congresso. Due anni più tardi, nel 1854, venne istituito un comitato per il controllo

degli strumenti di influenza nei confronti dei membri del Congresso affinché questi

votassero a favore o contro un determinato provvedimento. Tra gli strumenti monitorati

figuravano anche i pagamenti in denaro. Il comitato era quindi finalizzato anche a

compiere verifiche anticorruzione.

Nel 1890 il Massachussets regolamenta il fenomeno lobby attraverso dispositivi di

legge mirati ma senza spiegare il significato di tale fenomeno. Vero è, però, che il

Page 72: Tesi di laurea specialistica

72

provvedimento istituiva appunto un registro con obbligo di rendere pubbliche le spese

sostenute dai lobbisti.

Nel 1905 il Wisconsin sentenziò che i lobbisti potessero comparire soltanto di fronte

alle commissioni legislative o attraverso dichiarazioni pubbliche.

I primi anni del XIX secolo sono dunque anni di grande fervore normativo. Alle

conseguenze degli articoli di David Graham Philips già menzionati si affianca

l’istituzione nel 1913 di una commissione d’inchiesta sull’attività lobbistica della

National Association of Manifacaturers (NAM). La NAM, infatti, godeva di un accesso

diretto a tutte le conversazioni dei membri della Camera che non avvenivano in luoghi

ufficiali. Tale privilegio era stato garantito dalla corruzione di alcuni importati

funzionari della Camera e in tal modo la NAM si assicurava il controllo delle decisioni

assunte dalle Commissioni interne alla Camera. Una volta avuta la conoscenza esclusiva

delle conversazioni, poteva agevolmente esercitare pressione per perseguire i propri

scopi. Non solo: la NAM aveva anche un ufficio nell’edificio della Camera.

È datato 1913, invece, l’Anti lobbying Act. La norma proibiva ai funzionari e agli

impiegati di avere contatti con i lobbisti ma non venne mai applicata così come è stat

redatta poiché la Corte Costituzionale avrebbe potuto dichiararla incostituzionale. Solo

nel 1989 l’Ufficio Legale del Dipartimento di Giustizia americano si sbilanciò nel

proporre una sua interpretazione, intendendo che la norma volesse solo praticare una

limitazione all’uso dei fondi per campagne politiche successivamente destinate

all’attività di influenza del legislatore. Gli studiosi del tema, quali Franco Spicciariello,

ricordano comunque che mai sono state promosse azioni per la violazione dell’Anti

lobbying Act essendo il testo abbastanza impreciso in relazione al suo campo di

applicazione.

Nel 1935 ci provò il senatore Hugo Black: la sua proposta di legge prevedeva sia la

registrazione di tutte le persone che cercassero in qualunque modo di influenzare

l’attività di un soggetto istituzionale sia la divulgazione degli interessi rappresentati, le

attività collaterali e le spese sostenute per portarle avanti. Il testo trovò l’approvazione

del Senato ma venne bocciato dalla Camera dei Rappresentanti su pressione delle lobby.

Un ulteriore tentativo venne fatto con il Black Bill e lo Smith Bill. Alla base delle due

proposte stava la registrazione obbligatoria per taluni soggetti e la rendicontazione

Page 73: Tesi di laurea specialistica

73

periodica delle spese sostenute e dei finanziamenti ricevuti per svolgere l’attività di

lobbying.

Come si può notare, il tema della registrazione dei lobbisti rappresenta un caposaldo

della legislazione americana e si possono identificare tre precise finalità perseguite

durante questi primi tentativi:

1. Fornire la definizione di lobbying per prevenire incomprensioni e conseguenti

abusi di tale attività e giungere, come nel caso della Georgia (1877), a proibirla

totalmente;

2. Istituire la registrazione dei lobbisti;

3. Garantire la trasparenza dell’attività dei lobbisti tramite la pubblicazione della

documentazione relativa ai loro incontri e agli interessi rappresentati.

Le finalità di cui sopra andranno quindi a costituire le basi per i più importanti

provvedimenti di regolamentazione del lobbying: il Federal Regulation of Lobbying Act

del 1946 ed il Lobbying Disclosure Act del 1995.

In attesa della fatidica data del 1946, si segnala il Foreign Agents Act del 1938 il

quale obbligava i lobbisti stranieri operanti negli USA a registrarsi presso il Ministero

della Giustizia.

2.1.2 Il Federal Regulation of Lobbying Act

Il 1946 segna una tappa storica nella regolamentazione del lobbying americano.

Inserito quasi per caso all’interno di un più ampio provvedimento legislativo (il

Legislative Reorganization Act), il Federal Regulation of Lobbying Act riuscì ad essere

approvato e ad apportare diversi elementi innovativi.

Come specifica Tiziano Checcoli, «ogni soggetto registrato aveva l’obbligo di

specificare periodicamente quali fossero le somme spese per sostenere o contrastare una

determinata proposta di legge, la quale anche doveva essere specificata. Vi era inoltre

l’obbligo di rivelare il nome e l’indirizzo di coloro che avevano contribuito all’attività

con almeno 500 $, e i nomi di coloro ai quali erano stati in qualche modo versati, come

somme impiegate nell’attività di lobbying, più di 10 $. Vi erano però varie eccezioni

all’obbligo di registrarsi: non erano tenuti a farlo coloro che apparivano saltuariamente

Page 74: Tesi di laurea specialistica

74

di fronte alle Commissioni, i pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni ed i

giornali, qualora la loro attività di lobbying non venisse svolta al di là delle pagine del

quotidiano stesso». Franco Spicciariello integra l’analisi di Checcoli includendo le

sanzioni previste dall’atto: 10.000$ e pena detentiva fino ad un massimo di 5 anni di

reclusione per chi contravviene alle disposizioni3.

Ma il testo presentava comunque diverse criticità. Il clerk of the House e il Secretary

of the Senate non avevano il potere per avviare inchieste o verificare eventuali

infrazioni. I due uffici non erano coordinati e gli stessi non erano, a loro volta,

coordinati con il Dipartimento di Giustizia il quale si è trovato spesso in difficoltà

nell’applicare le sanzioni nei confronti dei lobbisti che violavano il Federal Regulation

of Lobbying Act. In aggiunta, il numero delle registrazioni dei lobbisti fu notevolmente

inferiore alle attese (6.500 contro una stima di 80.000).

Oltre ai problemi di applicazione concreta della legge, il Federal Regulation of

Lobbying Act fu censurato tre volte per incostituzionalità e in uno dei tre casi venne

chiamata ad esprimersi la Corte Suprema (1954) nella sentenza United States vs.

Harris. Secondo i difensori di Harris4, la legge era incostituzionale sotto tre profili

principali: in primo luogo, l’eccessiva vaghezza delle previsioni di cui alle sezioni 305,

307 e 3085 non rispettava il principio del Due process of law, originando

l’incriminazione, appunto, da disposizioni legislative eccessivamente indeterminate; in

secondo luogo, le medesime disposizioni violavano il diritto di manifestazione del

3 F. Spicciariello, Lobbying e gruppi di pressione negli Stati Uniti d’America in

Lobbying e gruppi di pressione, profili di diritto pubblico italiano e comparato del 23

luglio 2001.

http://www.lobbyingitalia.com/__P_U_B_L_I_C__/ItemsUploaded/file/Lobbying%20e

%20gruppi%20di%20pressione%20negli%20USA%20-

%20Franco%20Spicciariello.pdf

4 Robert Harris, lobbista e direttore del National Farm Committee. Fece pressione sul

Congresso tramite offerte di denaro e non rispettò l’obbligo della pubblicazione degli

atti inerenti l’attività di lobbying.

5 Obbligo per taluni soggetti di registrarsi quali lobbisti.

Page 75: Tesi di laurea specialistica

75

pensiero, di stampa ed il “right to petition” (diritto alla petizione); infine, con questo

stesso diritto contrastava la previsione dell’esclusione dalla possibilità di fare lobbying

per i tre anni successivi alla condanna.

La Corte Suprema respinse la tesi della difesa e la sentenza introdusse tre nuovi

requisiti, soggettivi e oggettivi, necessari per l’applicazione della legge, potendo così

affermarne la legittimità costituzionale:

1. il soggetto (lobbista) deve avere sollecitato, raccolto o ricevuto

finanziamenti;

2. uno dei principali obiettivi di questo soggetto o di questi finanziamenti deve

essere stato quello di influenzare il Congresso al fine di ostacolare o

facilitare l’approvazione o meno di una legge;

3. lo strumento attraverso il quale si è perseguito questo obiettivo deve essere

stato quello di un contatto diretto con membri del Congresso.

Quali le conseguenze della sentenza? Ancora Checcoli: « Con questa precisazione

creativa, la Corte superò la prima censura di indeterminatezza; per fronteggiare la

seconda, relativa alla lesione del diritto di petizione all’Assemblea, la Corte utilizzò una

sorta di bilanciamento fra principi costituzionali. In un passo celebre, la Corte affermò

sostanzialmente che, se è imprescindibile il diritto di rivolgersi ai propri rappresentanti

affinché questi possano tutelare i diritti e i bisogni dei propri rappresentati, proprio per

questo è necessario che questi contatti siano trasparenti e pubblici, affinché di questo

diritto di petizione possano servirsi tutti e non soltanto i gruppi di interesse più forti e

influenti nel Paese. In questo senso, l’obbligo di pubblicazione previsto dalla legge

federale, peraltro non così incisivo, può ben essere “costituzionalmente tollerato” di

fronte alla necessità, altrettanto costituzionalmente necessaria, di evitare le

degenerazioni del fenomeno del lobbying».

Al Federal Regulation of Lobbying Act è stato riconosciuto il merito di aver evitato

la declaratoria di illegittimità costituzionale ma la sentenza della Corte suprema lo ha

reso, di fatto, meno efficace dal punto di vista del controllo e della prevenzione degli

abusi delle azioni di lobbying. Non solo: temi quali la necessità di intrattenere rapporti

diretti con i membri del Congresso o le organizzazioni che ricevevano denaro per fare

Page 76: Tesi di laurea specialistica

76

lobbying ma non solo o non principalmente per tale scopo, risultavano essere esclusi

dalla previsione legislativa.

2.1.3 Gli anni Settanta e le riforme collaterali

La normativa del Federal Regulation of Lobbying Act era nata quindi con le giuste

premesse. Tuttavia presentava diverse criticità. In parallelo vennero approvate una serie

di norme collaterali relative al lobbying.

Nel 1977 il presidente degli Stati Uniti, Jummy Carter, annunciò la prima grande

riforma della Pubblica Amministrazione conseguente allo scandalo Watergate, che

coinvolse il presidente USA Richard Nixon.

Nel 1970 era stato approvato l’Ethics in Government Act. Otto anni più tardi Carter

decise di rivederne i contenuti. La conseguenza fu un veto per i pubblici ufficiali, a capo

dei maggiori uffici governativi, di rappresentare interessi di fronte alle agenzie

precedentemente dirette per tutto l’anno successivo a quando le avevano lasciate. In

aggiunta, gli ex funzionari pubblici non potevano mai svolgere attività di lobbying per

le questioni di cui erano stati direttamente responsabili.

Nel 1988 venne quindi introdotta una legge per limitare la possibilità degli ex-

funzionari del Pentagono di essere coinvolti a vario titolo nella concessione di appalti da

parte del Ministero della Difesa per le industrie di armi e componenti militari. Nello

stesso anno venne approvato anche un progetto di legge che estendeva lo stesso limite

anche agli ex parlamentari e ai membri dei loro staff. Al tempo stesso essa incrementava

le restrizioni per gli ex dirigenti pubblici. Ronald Reagan, allora capo della Casa Bianca,

si oppose al testo ponendo il veto e rispondendo che simili disposizioni avrebbero fatto

diminuire le richieste di lavoro nelle agenzie pubbliche.

Un’ulteriore azione parallela al Federal Regulation of lobbying act fu avanzata e

introdotta nel 1989, con ulteriori restrizioni inserite nell’Ethics Reform Act. Nodo della

questione, il comportamento di coloro che avevano svolto, a qualsiasi titolo, funzioni

pubbliche. Ne seguì che ai membri e ai funzionari del Parlamento venne proibito di

svolgere attività di rappresentanza di interessi di fronte al Congresso per l’intero anno

successivo alla cessazione dell’attività. Ai funzionari degli staff parlamentari venne

preclusa la possibilità di fare lobbying nei confronti del componente, ufficio o comitato

Page 77: Tesi di laurea specialistica

77

per cui avevano lavorato. Anche nel loro caso, l’arco temporale del divieto era di 12

mesi.

L’Ethics Reform Act coinvolse anche i dirigenti pubblici del settore esecutivo per i

quali era proibito rappresentare interessi se l’ex pubblico ufficiale aveva avuto

personalmente funzioni decisionali sulla materia rappresentata. La durata del divieto era

raddoppiata se il tema di interesse riguardava il proprio ufficio. Un anno di inibizione,

invece, per l’ex dirigente che aveva preso parte a trattative o negoziazioni di contratti in

nome dello Stato, in relazione ad attività di consulenza sulle stesse trattative con

soggetti privati.

È datata 1989 la disposizione del democratico Robert C. Byrd, Presidente del

Comitato del Senato per gli stanziamenti pubblici, con cui vennero innalzati i controlli

inerenti i finanziamenti pubblici. In base al testo proposto, coloro che ricevevano

prestiti, sovvenzioni e finanziamenti pubblici per un importo superiore ai 100.000$

dovevano rendere noti i nomi e i compensi dei lobbisti che avevano impiegato per avere

denaro dal Congresso o dal Governo. Proibito, quindi, l’uso dello stesso denaro federale

per avere ulteriori stanziamenti.

Anche l’amministrazione dell’ex presidente democratico Bill Clinton fece le sue

mosse per contrastare abusi o attività illegali. Egli avanzò, e il Congresso approvò, una

proposta per obbligare i lobbisti a comunicare le attività intraprese, compresi i temi di

interesse che volevano influenzare, i contatti instaurati con agenzie federali e comitati

parlamentari, le identità dei loro datori di lavoro e gli investimenti compiuti per

patrocinare gli interessi rappresentati.

Sempre durante l’amministrazione Clinton venne emanato il nuovo regolamento per

i dirigenti pubblici di più alto livello: rispetto al passato, il periodo di inibizione da ogni

attività di rappresentanza di interessi venne aumentato passando da 1 a 5 anni. Una

novità introdotta fu la proibizione per gli ex top manager della pubblica

amministrazione di fare lobbying a favore di governi stranieri.

Venne inoltre proposta una norma per limitare la possibilità ai parlamentare di

accettare regalie da parte delle organizzazioni private ma, nonostante la maggioranza

democratica in entrambi i rami del Parlamento, il testo non fu approvato.

Page 78: Tesi di laurea specialistica

78

2.1.4 Il Lobbying Disclosure Act

La cronostoria della regolamentazione del lobbying negli Stati Uniti d’America

riparte in maniera significativa nel 1995 con l’approvazione del Lobbying Disclosure

Act.

Il testo è la conseguenza di una profonda riflessione sulla regolamentazione

dell’attività di lobbying in vigore allora a seguito dei dati contenuti in un rapporto del

General Accounting Office (l’ufficio di accreditamento dei lobbisti): su 13.500 soggetti

elencati nella Washington Representatives Directory, solo 3.500 risultavano essere

registrati. Come sempre, erano tre gli aspetti su cui concentrare le riforme:

1. estensione degli obblighi di registrazione per i lobbisti che agiscono nei

confronti delle agenzie e degli uffici governativi o che praticano il lobbying

indiretto;

2. aumento dei livelli della trasparenza inerente le spese sostenute e i nominativi

dei membri del Congresso ed i loro staff “ingaggiati” nell’attività di lobbying;

3. aumento dei poteri di sorveglianza e delle iniziative giudiziarie del

Dipartimento di Giustizia.

Emanato dal Congresso nel 1995 e controfirmato dal presidente USA, Bill Clinton,

il 19 dicembre dello stesso anno, il Lobbying Disclosure Act entrò in vigore il 1 gennaio

1996. A distanza da quasi 50 anni dal primo tentativo di regolamentazione del lobbying

americano, un nuovo e importante testo venne approvato per revisionare interamente la

materia ed eliminare tutte le scappatoie esistenti. In primis, venne stabilito l’obbligo di

registrazione anche per tutti coloro che, in qualsiasi modo e a favore delle loro attività,

cercavano di influenzare le decisioni del ramo legislativo ed esecutivo.

Il testo proponeva poi una serie di precise definizioni di alcuni termini:

Lobbying contacts: tutte le comunicazioni scritte o orali relative alla

formulazione, modifica, adozione di un atto legislativo federale, di un

regolamento, di un Executive Order del Presidente, o di qualsiasi altro

programma di politica pubblica del Governo USA. Vi erano inclusi anche i

programmi federali, le trattative e gli arbitrati relativi a contratti federali,

Page 79: Tesi di laurea specialistica

79

concessioni, sovvenzioni, permessi o licenze. Per l’esecutivo i destinatari di tali

contatti sono il Presidente ed il Vice Presidente, i membri del suo staff e altri

soggetti che ricoprono posizioni di una certa rilevanza nell’amministrazione

secondo le normative del settore. Per il potere legislativo il contatto sono i

membri del Congresso e ogni altro soggetto che ricopra posizioni di

collegamento con essi in qualità di collaboratore o impiegato presso il

Congresso. Le attività istituzionali in riferimento alle quali il contatto assume la

denominazione di lobbying possono essere, utilizzando le categoria del sistema

italiano, l’attività legislativa, l’indirizzo politico, l’attività esecutiva ed

amministrativa, i poteri di nomina a cariche che richiedono la conferma del

Senato.

Attività di sostegno al lobbying contacts: comprende tutte le operazioni di

preparazione e pianificazione di lobbying, la fornitura di informazioni e le

attività di coordinamento con le attività collaterali di lobbying. Se richieste

ufficialmente, le attività di ricerca e di informazione sono escluse dalla legge;

Lobbista: colui che è incaricato dal cliente, dietro compenso monetario o di altro

genere, per attività che comprendono più di un singolo contatto con determinate

istituzioni. Il lobbista è altresì colui che impiega più del 20% del suo tempo

totale a servizio di un certo cliente, in un periodo complessivo di 6 mesi, per

patrocinarne gli interessi;

Lobbying firms: comprendono sia le persone fisiche che operano l’attività

direttamente sia le persone fisiche o giuridiche che impiegano soggetti terzi per

conto di un cliente diverso da loro stesse;

Lobbying organizations: sono costituite da enti (società, associazioni, ecc.), e

non da singoli individui, che si avvalgono di persone che effettuano attività di

lobbying per conto dell’ente medesimo;

Cliente: colui che si avvale dell’opera del lobbista. Qualsiasi persona o ente che

impieghi persone dietro compenso monetario o di altro genere per condurre

attività di lobbying per suo conto.

Alla base del testo relativo al Lobbying Disclosure Act vi erano comunque una serie

di considerazioni iniziali, maturate dall’esperienza passata e attentamente valutate dal

Page 80: Tesi di laurea specialistica

80

Congresso. In primis, l’obbligo di registrazione per tutti i lobbisti, indipendentemente

dal fatto che la loro attività si svolgesse all’interno o all’esterno delle istituzioni

interessate. Anche il lobbying nei confronti dell’esecutivo doveva essere controllato, a

differenza del passato. Anche se la registrazione per i lobbisti occasionali non era

obbligatoria, dovevano essere monitorati lo stesso: clienti, fonti dei finanziamenti

(anche soggetti terzi), enti stranieri collegati al cliente del lobbista o in posizione di

controllo sul professionista, salari dei lobbisti e spese per le loro attività.

Una novità introdotta dal testo riguarda la copertura della legge per quanto concerne

le attività rivolte ai membri degli staff dei rappresentanti del Congresso, verso i

funzionari della Pubblica Amministrazione e dell’Esecutivo più tutte le operazioni di

pressione inerenti tematiche di tipo non legislativo.

Una seconda novità, nata dalle considerazioni di partenza, è l’obbligo per i lobbisti

di rendere pubbliche le proprie remunerazioni e i nomi di chi li ingaggia per fare

pressione sul Congresso o sull’Esecutivo.

Per quanto attiene alla struttura del testo questa è tesa a rendere il medesimo più

semplice e comprensibile ai fini di un’aumentata efficacia ed efficienza:

Regole di divulgazione dell’attività di lobbying più chiare e ragionevoli;

Istituzione di requisiti minimi ben precisi relativi a soggetti ed organizzazioni

presi in considerazione dalla legge;

Eliminazione di prescrizioni e adempimenti inutili e/o ripetitivi;

Sostituzione dei rapporti quindicinali con un solo rapporto semestrale;

Informatizzazione;

Obbligo di registrazione solo della singola organizzazione di lobbying e non

di ogni suo singolo impiegato che opera nel settore, come invece era

precedentemente previsto;

Semplice autocertificazione delle spese relative l’attività di lobbying;

Concessione alle organizzazioni che devono giustificare le loro dichiarazioni

di spesa sotto l’egida dell’International Revenue Code (praticamente il

Codice Tributario delle Entrate e delle Imposte Dirette) di poter utilizzare gli

stessi dati forniti al Fisco.

Page 81: Tesi di laurea specialistica

81

La disciplina approvata individua i tempi, le modalità e le conseguenze sia della

registrazione che della sua mancata effettuazione. In particolare, la registrazione è volta

a rendere note le seguenti informazioni:

Generalità, recapito e telefono di colui che si registra, oltre alla descrizione della

attività condotta;

Analoghe informazioni su qualsiasi altra società o ente di qualsiasi tipo diversi

dal cliente dichiarato che, negli ultimi mesi, abbia corrisposto al lobbista denaro

o benefici equivalenti per un ammontare superiore a 10.000$ o, infine, abbia

svolto o svolga una funzione di supervisione, preparazione o controllo

dell’attività di lobbying di costui.

In riferimento alle figure del Secretary of the Senate e al Clerk of the House,

entrambe sono deputate a fornire le linee guida per meglio venire incontro a coloro che

hanno il dovere di registrarsi. Secretary e Clerck, con cadenza semestrale, ricevono un

rapporto che include:

Generalità del lobbista, del cliente ed eventuali variazioni rispetto alla

registrazione iniziale;

Le tematiche oggetto dell’attività di lobbying e i provvedimenti di interesse;

Nominativi dei soggetti istituzionali contattati per l’attività di lobbying;

Interessi stranieri che sono connessi a tale attività;

Cosiddetta “good faith estimate”, cioè la dichiarazione, secondo una stima di

buona fede, delle somme spese per l’attività del lobbista e di quelle ricevute dal

cliente assistito (per le lobbying firm).

I compiti di queste due figure includono anche l’attività di rilevamento delle

infrazioni della normativa. In caso di riscontro di infrazioni informano i soggetti che

hanno compiuto la violazione e richiedono loro informazioni per meglio comprendere i

fatti. Se entro 60 giorni i soggetti notificati non rispondono in maniera soddisfacente,

viene coinvolto l’U.S.Attorney General (il Procuratore Generale) del Distretto di

Columbia che può applicare una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di 50.000$.

Abolite, con il Lobbying Disclosure Act, le pene detentive previste dalla legislazione

precedente.

Page 82: Tesi di laurea specialistica

82

La legislazione del 1995, infine, ha esteso la registrazione prevista per i soggetti

americani anche agli stranieri che operano nel campo del lobbying negli Stati Uniti.

L’entrata in vigore del Lobbying Disclosure Act ha segnato una tappa importante

nel campo della regolamentazione del lobbying a stelle e strisce. Le statistiche, inoltre,

hanno ampiamente dimostrato la validità del provvedimento: se nel 1996 i lobbisti

registrati erano solo 6.000, allo stato attuale il numero è più che raddoppiato con oltre

14.000 professionisti accreditati.

Ma è dal punto di vista della qualità delle informazioni prodotte che si segnala un

notevole passo in avanti grazie ad una maggiore trasparenza e chiarezza, tanto a livello

di rapporti istituzionali tra lobbisti ed esponenti politici quanto a livello di definizione di

lobbista e di lobbying contacts.

Qualche carenza è comunque ancora presente visto che le spese relative alle

operazioni di lobbying indiretto tramite il “grassroots” non godono della copertura di

legge. Ad ogni modo, il maggiore punto critico rimane l’assenza di strumenti concreti

necessari alla reale attuazione della legge. I poteri dei Segretari Generali di Camera e

Senato, delegati al rilevamento delle infrazioni, non sono ancora sufficienti per lo

scopo.

2.1.5 Gli anni Duemila

La disciplina del lobbying è in continua evoluzione. Sebbene il provvedimento del

1995 sia stato adottato anche a livello statale6 (è il caso del New Mexico), gli

accorgimenti tesi ad un continuo miglioramento del settore sono proseguiti anche nei

primi 10 anni del 2000.

Nel 2007 il Presidente USA George W. Bush jr ha firmato l’“Honest Leadership

Act”. Il testo di riforma sull’etica e il lobbying ha introdotto nuove regole per i lobbisti.

È cambiata la tempistica di consegna dei report sulle loro attività di relazioni

istituzionali, che da 6 mesi si è accorciata a 3, e saranno disponibili online. Attualmente

la gestione informatizzata degli archivi del Congresso consente di visualizzare i nomi

delle società di lobbying, i loro clienti, le parcelle fatturate e le istituzioni coinvolte

6 Quindi fuori dal distretto di Washington.

Page 83: Tesi di laurea specialistica

83

nell’attività di influenza. Chi ne trae beneficio? Certamente il sistema, ma soprattutto i

media americani che possono monitorare le campagne di lobbying più intense. Ma la

vera novità della legge è il coinvolgimento sempre crescente dei parlamentari, chiamati

a dichiarare il totale cumulato dei contributi elettorali ricevuti da lobbisti e aziende,

anche se spalmati tra finanziamenti diretti al politico, a fondazioni sue amiche, alla

sezione locale del suo partito e simili. Gli emendamenti a leggi di spesa devono inoltre

essere pubblicati su Internet due giorni prima della votazione. Sono stati introdotti

anche dei divieti per parlamentari, candidati e assistenti quali l’accettazione di regali di

qualsiasi tipo (inclusi pranzi e cene, viaggi della durata di più di un giorno, voli su aerei

privati). Le restrizioni inglobano anche ex parlamentari che vogliono intraprendere la

carriera di lobbista: i senatori, infatti, non possono diventare lobbisti per almeno due

anni dal termine del mandato e i loro collaboratori per un anno. In aggiunta, gli ex

parlamentari perdono il diritto d’accesso ai corridoi riservati del Congresso, ai ristoranti

e al parcheggio. Inoltre, in caso di condanna per reati contro la pubblica

amministrazione, gli ex deputati e senatori perdono la pensione parlamentare.

Tra le curiosità del testo vi è anche una prescrizione per le mogli e i mariti dei

membri del Senato: non possono effettuare attività di lobbying sul Senato a meno che

non esercitassero la stessa professione prima dell’elezione del coniuge o prima di

sposare un membro del Senato. I Senatori e i loro principali collaboratori devono inoltre

notificare all’Ethics Committee entro 3 giorni dall’inizio le trattative per un nuovo

lavoro.

In nome della trasparenza, devono essere noti i nomi dei lobbisti che guadagnano

più di 15.000$ ogni semestre, allo scopo di assicurare maggiore chiarezza sugli

investimenti e i fund raising elettorali.

Sebbene l’abbia firmato, il Presidente Bush non si è dichiarato completamente

soddisfatto degli effetti del testo che consente agli ex senatori di intraprendere

un’attività lobbistica dopo due anni dalla fine del loro mandato mentre i componenti

della House invece devono aspettare solo un anno.

Anche il neo inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, si è attivato nei confronti

del mondo del lobbying. Dopo un inizio di stampo anti-lobbyista («Non prenderò un

soldo da loro nella campagna e saranno banditi dalla Casa Bianca quando sarò

Page 84: Tesi di laurea specialistica

84

presidente»), Obama ha sì varato delle norme più severe contro i lobbisti ma ne ha pure

assunti alcuni, peraltro non in regola con la legislazione vigente. William Lynn III, un

lobbista per l’azienda militare Raytheon, è ora il numero due del Pentagono e William

Corr, un lobbysta anti-tabacco, è ora vice-ministro della Sanità. Debole la difesa della

Casa Bianca di fronte al mare di critiche: le regole richiedono un minimo di flessibilità

«nei casi di persone eccezionalmente qualificate per i loro incarichi».

Ma veniamo all’operato di Obama e citiamo a proposito un articolo pubblicato nel

2009 nel sito www.lobbyingitalia.com:

In due ordinanze esecutive e tre direttive presidenziali, Obama ha stabilito rigorosi limiti al lobbying

che ostacoleranno chiunque voglia cercare lavoro come lobbista mentre egli è presidente, e vieterà doni

da parte dei lobbisti a chiunque nell’amministrazione. Egli ha inoltre ordinato alle agenzie che i

documenti siano rilasciati al pubblico a meno che non vi siano motivi validi per non farlo, e ha allentato

le restrizioni sul rilascio di documenti relativi agli ex presidenti e vice presidenti.

I sostenitori dell’ open-government hanno descritto queste mosse come un forte allontanamento dalle

politiche dell’ex presidente George W. Bush e dell'ex vice Presidente Richard B. Cheney, che hanno

cercato di proteggere dal pubblico le informazioni sul funzionamento interno della Casa Bianca e hanno

imposto restrizioni ai documenti pubblici.

Fred Wertheimer, presidente di Democracy 21, ha detto che le restrizioni al lobbismo "costituiscono

un importante passo avanti nella creazione di un nuovo tono e atteggiamento di Washington, che sfida il

lobbista e in particolare la cultura dell’interesse."

Steve Aftergood, direttore del Progetto sul segreto di stato della Federation of American Scientists,

ha detto che è "sorprendente" che Obama ha emanato tali direttive nel suo primo giorno. Ma, ha aggiunto,

"questo deve essere l'inizio di un processo che traduce questa policy in pratica, e ciò ha dimostrato di

essere una sfida." Le limitazioni al lobbismo sembrano anche essere notevolmente più ampie rispetto di

quelle imposte da altri presidenti, hanno detto gli esperti.

Due giorni dopo la sua inaugurazione nel 1993, Bill Clinton impedì ad alti incaricati dal lasciare

l’incarico e poi, in qualsiasi momento dei cinque anni successivi, fare lobbying sugli ex colleghi nell’

agenzia in cui aveva lavorato. Egli ha revocato l'ordinanza un mese prima di lasciare l'ufficio, poichè gli

assistenti lamentavano la difficoltà di trovare lavoro.

L’ordinanza di Obama si applica più in generale a "ogni persona in ogni agenzia esecutiva",

impedendo loro di lasciare l’incarico e poi fare azione di lobbying su qualsiasi altro ufficiale del ramo

esecutivo o alto funzionario incaricato per il resto del suo mandato. La regola impedisce anche ai nuovi

funzionari dal fare policy in merito a qualsiasi questione che riguardi i loro ex datori di lavoro o clienti

per un periodo di due anni, o dal lavorare in un'agenzia che ha fatto lobbying negli ultimi due anni. "Non

dovremmo mai dimenticare che siamo qui come dipendenti pubblici ", ha detto Obama.

Page 85: Tesi di laurea specialistica

85

Le osservazioni di Obama hanno suscitato critiche da parte del Comitato Nazionale Repubblicano, il

quale ha osservato che Obama ha nominato William J. Lynn III, un ex lobbista Raytheon, come vice-

segretario della difesa. Le relazioni sul lobbying depositate da Raytheon al Senato affermano che Lynn ha

fatto parte di un gruppo che esercitò azione di lobbying sul Congresso e il Pentagono nel 2007 e nel 2008.

I funzionari della Casa Bianca non hanno risposto alle richieste di commento.

In un’altra ordinanza, Obama ha autorizzato una maggiore apertura dei documenti presidenziali, in

seguito alla decisione del Congresso di un periodo di attesa di cinque anni dopo che qualsiasi presidente

lascia l'incarico. L'ordinanza consente un riesame da parte della procura generale e del Counsel of claims

della Casa Bianca nel caso in cui le informazioni debbano essere trattenute secondo la dottrina dell’

"executive privilege ". Inoltre lascia la decisione finale nelle mani del presidente in carica - e non dell'ex

presidente, come previsto in un’ordinanza di Bush del 2001.

Anne Weismann, consulente dell’organizzazione no-profit Citizens for Ethics and Responsibility di

Washington, ha detto che l’ordinanza segnala "un ritorno allo Stato di diritto" e al rispetto dei termini che

il Congresso originariamente indicò nel Presidential Records Act.

2.2 Lobbying a Bruxelles

La comparsa dei gruppi di interesse, e dell’azione di lobbying, sulla scena di

Bruxelles risale alla seconda metà degli anni Ottanta, in coincidenza con l’avvio del

progetto volto al completamento del mercato interno e con le modifiche apportate al

Trattato istitutivo della Comunità economica Europea dall’Atto Unico Europeo. Nel

corso degli anni le competenze delle istituzioni europee (Commissione, Parlamento e

Consiglio) sono aumentate e, in parallelo, si è assistito ad un considerevole aumento dei

soggetti che quotidianamente cercano di influenzare le decisioni prese. Del resto non

potrebbe essere diversamente: a Bruxelles si decide circa l’80% dei contenuti delle leggi

nazionali e locali, incluse le leggi finanziarie.

Rispetto a una realtà come l’Italia, la percezione del lobbying all’interno

dell’Unione Europea è totalmente diversa soprattutto per la definizione che ne viene

fornita:

per lobbying si deve intendere quel processo tramite il quale i gruppi di interesse forniscono

informazioni che trovano facilmente accesso alle istituzioni comunitarie per il deficit di informazione di

cui soffrono le istituzioni europee7

7 M. Mazzoni, op. cit. p. 126.

Page 86: Tesi di laurea specialistica

86

Ma soprattutto viene riconosciuto al lobbista un’importante utilità: il suo operato

semplifica la complessità del processo decisionale che coinvolge ogni eurodeputato e

consente ai membri delle istituzioni di avere più chiare le informazioni, in particolare

quelle tecniche, inerenti i contenuti dei vari provvedimenti che sono poi oggetto di

dibattito.

2.2.1 Il lobbista di Bruxelles

Esistono due tipologie di lobbisti a Bruxelles: gli in-house lobbyists e gli hire

lobbyists.

In-house lobbyists: sono dipendenti di un gruppo di interesse, mandati nella

capitale belga per costruire l’ufficio di rappresentanza. Un esempio pratico è

dato da Fiat, presente con tre lobbisti responsabili di tre settori specifici:

gestione dell’ufficio, settore automobilistico e macchine agricole più

trasporto pesante;

Hire lobbyists: provengono da agenzie di comunicazione o studi legali,

ingaggiati di volta in volta dalle organizzazioni presenti a supporto degli in-

house lobbyists. Gli hire lobbyists sono buoni conoscitori del processo

decisionale europeo e degli esponenti politici.

Entrambe le tipologie praticano due modalità di lobbying:

Soft lobbying: è il monitoraggio legislativo, ovvero l’atto di “ascoltare”

l’attività legislativa europea ed individuare eventuali provvedimenti di

interesse. Tra gli strumenti usati figurano: rapporti di ricerca, documenti di

lavoro, note di aggiornamento, policy briefs;

Hard lobbying: è l’atto di influenzare l’esponente politico.

La realtà di Bruxelles è abbastanza imprevedibile: di norma, un in-house lobbyist

pratica tanto il soft lobbying quanto l’hard lobbying. Ma volte capita che

un’organizzazione decida di affidarsi ad entrambe le tipologie di lobbista.

Page 87: Tesi di laurea specialistica

87

2.2.2 Organizzarsi

Lavorare in un ambiente in cui operano oltre 14.000 lobbisti può non essere

semplice. Il lobbista di Bruxelles può però contare su poche ma buone regole8, frutto

dell’esperienza sua e dei suoi colleghi. Una premessa è però fondamentale: la

conoscenza della lingua inglese è fondamentale, tanto per comunicare con i diversi

interlocutori (funzionari politici, collaboratori, lobbisti) quanto per farsi assumere da

uno studio di lobbying (se si è intenzionati ad intraprendere tale attività). Detto questo,

cinque regole base aiutano il lobbista a sopravvivere e a vincere il gioco delle influenze.

1. Conoscere il funzionamento e la tempistica del processo decisionale: sapere

come si caratterizza l’iter decisionale permette al lobbista di calcolare i

tempi del suo intervento così da proporre emendamenti nei tempi richiesti;

2. Conoscere a fondo le istituzioni comunitarie: consente al lobbista di tracciare

una mappa dei soggetti istituzionali coinvolti, cogliere i soggetti chiave e

definire una strategia di lobbying;

3. Comunicare bene: il lobbying è un passaggio di informazioni a Bruxelles. Il

lobbista cura il contenuto delle informazioni in suo possesso e la sua

trasmissione all’esponente politico di riferimento. Al tempo stesso cura

costantemente le relazioni interpersonali. Anche al di fuori degli ambienti

istituzionali;

4. Essere trasparenti: il lobbista dichiara per chi lavora e lo scopo del suo

operato. Trasparenza è sinonimo di onestà che porta alla fiducia;

5. Usare i media tradizionali e le nuove tecnologie: come è stato esposto nel

capitolo precedente, i media possono rappresentare un prezioso alleato

perché possono informare e, al tempo stesso, influenzare le decisioni. «Per di

più, quando un lobbista è in grado di far pubblicare un articolo […], non solo

conferisce maggiore visibilità al gruppo di interesse per cui lavora, ma

rafforza anche la sua posizione e fama agli occhi di chi è chiamato a

decidere»9. Risulta pertanto importante la relazione tra lobbisti e giornalisti,

8 Ibidem. p. 132 e ss.

9 Ibidem. p. 135.

Page 88: Tesi di laurea specialistica

88

per un continuo scambio di informazioni e notizie. Anche le nuove

tecnologie sono un valido alleato per il lobbista. Internet e i social network

gli consentono tanto di ricavare informazioni quanto di interagire con

l’europarlamentare attraverso la posta elettronica. Un esempio può chiarire il

concetto. Il prospettiva di una votazione, il capogruppo X ricorda ai colleghi

di partito di votare a favore di un determinato provvedimento. Pochi di loro

conoscono gli effetti di quel voto. A pochi minuti dal voto, e su indicazione

di un lobbista, uno dei votanti viene letteralmente sommerso da mail che gli

chiedono di non votare secondo le direttive del suo capogruppo. Se sono 3

mail a chiederglielo, il politico non cambia idea. Ma se sono 1000 volte

tanto, l’europarlamentare si ferma e chiede al capogruppo spiegazioni,

aggiungendo che non si possono ignorare 3.000 persone che chiedono un

voto contrario. Potere dei new media.

2.3 Obiettivo e influenza

A Bruxelles operano le maggiori istituzioni europee: Commissione Europea,

Parlamento Europeo e Consiglio Europeo. Tutti si caratterizzano per essere potenziali

interlocutori del lobbista.

2.3.1 Commissione Europea

La Commissione Europea (d’ora in avanti CE) detiene il potere di presentare le

proposte legislative e, in seguito a tale responsabilità, è il primo possibile

interlocutore del lobbista. La sua azione di influenza si articola in tre fasi:

Fase di impulso: il lobbista favorisce la creazione di alleanze fra il gruppo di

pressione e i rappresentanti degli Stati membri dell’UE affinché venga

richiesta l’attivazione di un processo legislativo;

Fase della redazione: la Direzione generale10

competente sulla materia

provvede alla redazione della proposta legislativa. Per farlo deve ricorrere ad

10

Uno dei dipartimenti in cui è strutturata la CE.

Page 89: Tesi di laurea specialistica

89

incontri con i comitati consultivi, composti da esperti di settore provenienti

da vari Stati dell’UE. Sulla base dei loro pareri poi avviene la formulazione

del testo di legge. Il lobbista fornisce al funzionario responsabile del dossier

il position paper dell’azienda rappresentata. Al tempo stesso il lobbista

agisce anche nei confronti del comitato consultivo dove può sedere un

“proprio” uomo di fiducia all’interno del comitato stesso, è compito del

lobbista trovare un interlocutore. L’obiettivo è di creare consenso all’interno

del comitato e le condizioni affinché la Direzione Generale competente e il

funzionario responsabile della redazione del testo recepiscano le

informazioni e i pareri che giungono dall’esperto contattato. Di fatto, però,

quest’ultimo obiettivo è assai difficile da conseguire;

Fase dell’adozione: il lobbista si assicura che le sue richieste abbiano trovato

posto nella proposta legislativa. Fare lobbying in questa fase è una sfida non

da poco, soprattutto se il lobbista è a conoscenza di una posizione contraria

di un Commissario alla proposta di legge. La strada consigliata è

l’inserimento, il prima possibile, della proposta legislativa nell’ordine del

giorno dei lavori della CE. Parallelamente viene richiesto un incontro al

Commissario che, successivamente, avanzerà tale richiesta.

2.3.2 Parlamento Europeo

Dopo l’approvazione della CE, la proposta di legge passa al Parlamento Europeo

(PE). Essendo aumentati i suoi settori di competenza anche il PE è diventato negli

ultimi anni un punto di riferimento per i lobbisti. Ciò che interessa al lobbista è la

facoltà, per il PE, di presentare emendamenti (in commissione parlamentare) con cui

modificare una proposta legislativa. Per influenzare il contenuto degli emendamenti il

lobbista può scegliere tra 3 differenti interlocutori:

Relatore (o rapporteur);

Assistente parlamentare;

Relatori ombra (o rapporteur shadow).

Page 90: Tesi di laurea specialistica

90

Relatore: l’azione del lobbista ha più probabilità di successo se può contare su una

conoscenza personale del relatore. La relazione di fiducia e le competenze maggiori del

lobbista portano quest’ultimo a scrivere i testi degli emendamenti. È utile, a tal fine,

richiamare quanto raccolto da Marco Mazzoni in una sua intervista ad un lobbista di

Bruxelles:

«Non voglio fare quello che scopre l’acqua calda e non vorrei sollevare un polverone, ma quasi

sempre l’emendamento lo scrivo io, ma tutto questo è normale. Ma secondo te, tanto per fare un esempio,

quando si devono stabilire i requisiti di classificazione dei dischi per freni delle macchine, lo sanno fare

meglio gli eurodeputati o i lobbisti che rappresentano chi li produce? Il politico, una volta ricevuto

l’emendamento, se lo legge attentamente, spesso lo invia a Roma per delle valutazioni più accorte. A

volte, si possono aprire anche delle fasi dialettiche sulla singola parola per vedere come chiudere

l’operazione. Poi, quando tutto è a posto, lo presenta in commissione».

La relazione tra il relatore ed il lobbista è così particolare che le due figure si

ricercano vicendevolmente. In un primo caso è il lobbista ad andare dal relatore per

proporgli un emendamento. Il lobbista ovviamente formula l’emendamento in base agli

interessi rappresentati sfruttando anche il peso del gruppo di interesse rappresentato. Si

può comunque verificare anche il caso in cui è il relatore a contattare il lobbista. Capita

quando il relatore, una volta nominato, abbia necessità del maggior numero di

informazioni possibili per conoscere meglio una tematica e poterla illustrare nella

relazione che accompagna il testo della proposta di legge. Lo staff tecnico del relatore è

certamente in grado di soddisfare tale esigenza ma il contributo tecnico anche del

lobbista permette al relatore di avere un’idea il più vicino possibile alla realtà. Di

conseguenza, vengono convocate diverse audizioni parlamentari dove ciascun gruppo di

interesse esterna la propria posizione. Accanto ai colloqui formali trovano posto gli

incontri informali, in cui il relatore contatta i lobbisti di cui si fida e che, col tempo,

sono divenuti punti di riferimento per il politico su specifici settori.

Assistente parlamentare: costituisce una figura di notevole valore, tanto per la

ricerca di informazioni quanto in termini di relazioni interpersonali. L’assistente è molto

vicino all’europarlamentare e, soprattutto, fa da tramite con il lobbista a cui può

anticipare la posizione del politico nei confronti di un tema di interesse. Spiega

Mazzoni:

«L’assistente parlamentare è colui che organizza l’agenda dell’eurodeputato; è quello che favorisce o

ostacola l’azione diretta con il politico. È conveniente avere con lui un rapporto informale, dato che mi

Page 91: Tesi di laurea specialistica

91

trovo spesso a lavorare con loro. L’assistente, a differenza del deputato che è a Bruxelles solo qualche

giorno a settimana, è sempre presente in città e conosce benissimo ogni aspetto del Parlamento, delle

regole al funzionamento».

Il lobbista attento è consapevole del rapporto stretto che esiste tra assistente e

politico e ne tiene conto. Come? Immaginiamo la solita situazione: il lobbista ha

l’esigenza di inserire specifici contenuti in un emendamento. Inizia così un intenso

scambio di informazioni tra il professionista e l’assistente, cui viene spiegato in modo

dettagliato la posizione del lobbista e cosa questo si aspetta dall’europarlamentare.

L’assistente illustrerà al suo “capo” la situazione e da questo nascerà un emendamento.

Chi ne è il vero autore? Il politico ovviamente rivendicherà la paternità del testo

prodotto e dei ragionamenti che ne stanno alla base. In realtà ha sfruttato le

informazioni giuntegli dal suo assistente che prima ancora aveva parlato col lobbista.

Ma al professionista della relazione poco importa chi sia l’autore dell’emendamento.

Relatore ombra: è una figura che si contrappone al relatore ed è nominata da ogni

gruppo politico. È, in sostanza, l’esperto del gruppo su una tematica precisa e funge da

referente in commissione. In genere il relatore e i relatori ombra si confrontano sugli

emendamenti prima di procedere con la loro votazione. Il caso di accordo tra le parti,

l’approvazione dell’emendamento è pura prassi. Ma qualora ciò non si verificasse, la

negoziazione che si svilupperebbe porterebbe alla formulazione di uno o più

emendamenti dal sapore di compromesso11

. Emendamenti di tal genere possono

rappresentare un pericolo per il lobbista perché possono minarne gli interessi e vedere

mutato o cancellato un emendamento, formulato da lui o col suo supporto. Si rende

necessario allora instaurare una relazione con i relatori ombra finalizzata alla creazione

di consenso attorno all’emendamento. Negli incontri che seguono, il lobbista fornisce al

relatore ombra l’emendamento in questione e una relazione dettagliata sulle finalità

volute. In aggiunta, il lobbista farà pervenire ai relatori ombra contattati gli

emendamenti avanzati dagli altri lobbisti, specificando la posizione del suo gruppo di

interesse nei confronti degli stessi.

11

Che soddisferebbe tanto le richieste del relatore quanto dei relatori ombra e non

del lobbista.

Page 92: Tesi di laurea specialistica

92

2.3.3 Consiglio dell’Unione Europea

Il Consiglio dell’Unione Europea (d’ora in poi Consiglio) è l’ultimo avamposto

istituzionale del vecchio continente. Essendo meno legato alla volontà delle istituzioni

comunitarie, è l’organo meno aperto e, conseguentemente, più difficile da raggiungere

per il lobbista. Essendo quindi caratterizzato dalla forma di voto a maggioranza, il

lobbista non può contare sull’appoggio di un singolo Stato, ma deve dare vita ad una

coalition building12

tra gli esponenti dei diversi Paesi. È comunque vero che solo i più

grandi e influenti gruppi di pressione hanno possibilità di influenzare l’attività dei

membri del Consiglio.

Il lobbista che rappresenta un gruppo di interesse ha, di fronte a sé, due soluzioni per

fare lobbying. Nel prima caso può cercare di contattare i ministri nazionali i quali, a loro

volta, si faranno carico delle istanze presentate all’interno del Consiglio. La seconda

opzione prevede l’engagement del Comitato dei rappresentati permanenti (Coreper13

),

l’organo che dibatte su una proposta di legge (e in parte la modifica) prima che questa

sia sottoposta all’esame del Consiglio. Poiché i membri del Coreper reputano il dialogo

un importante strumento di legislazione con i soggetti esterni, va da sé che il medesimo

dialogo includa, tra gli interlocutori, anche i lobbisti. «C’è la consapevolezza da parte

del lobbista che l’ambasciatore e i funzionari hanno grande interesse affinché i gruppi

del loro stesso paese riescano a penetrare nel processo decisionale comunitario. È un

modo questo per promuovere l’interesse nazionale, ma anche per incrementare il

consenso dei governanti nazionali. In pratica, tra il lobbista, l’ambasciatore e i

funzionari della rappresentanza permanente si instaura un rapporto che spesso supera

il semplice rapporto di lavoro. […]. Il lobbista telefona e incontra spesso il membro (o i

membri) della rappresentanza permanente per essere informato sulle novità giunte al

12

Una coalizione in gergo tecnico.

13 Costituito da ambasciatori, chiamati rappresentanti permanenti. Secondo una

stima, il 90% delle decisioni del Consiglio viene preso da Coreper, il quale non un

potere decisionale. Pur tuttavia, i documenti che da esso arrivano al Consiglio non sono

più facilmente modificabili. Di conseguenza, la sua attività ha una notevole influenza

sui lavori del Consiglio.

Page 93: Tesi di laurea specialistica

93

Coreper in merito ad uno specifico argomento e a sua volta il rappresentante aggiorna

il lobbista sulla decisione che sembra stia maturando all’interno del Comitato e sulla

posizione tenuta dal ministro nazionale. In questo modo il lobbista provvederà a

pianificare la sua azione di lobbying stabilendo in maniera più precisa chi lobbare e

quali risorse e strumenti impiegare» (Mazzoni 2010).

2.4 Regole

Attualmente l’attività di lobbying in seno alle tre istituzioni europee prevede una

flebile regolamentazione caratterizzata da un’iscrizione volontaria ad un registro e ad un

codice di condotta. Sono risultati conseguiti recentemente (2008). In realtà, la questione

della regolamentazione ha radici nei primi anni Novanta.

2.4.1 I primi tentativi

Nel 1992 la Commissione Europea affrontò il problema del lobbying nella

Comunicazione “Un dialogo aperto e strutturato fra la Commissione e i gruppi di

interesse”14

. Il documento trattava la tematica sotto due punti di vista: tecnico e

politico. Nel primo caso era riconosciuto l’apporto che i gruppi di interesse possono

fornire ai lavori della Commissione, grazie studi, pareri ed expertise. Nel secondo caso,

invece, è riconosciuto il vantaggio che deriverebbe alla Commissione (nel momento in

cui sottopone le proposte di legge al Parlamento e al Consiglio) grazie alla

collaborazione ed il confronto con soggetti del mondo economico e sociale, in grado di

generare una notevole influenza in ambito europeo. Un testo approvato da personalità

importanti avrebbe poi un iter legislativo pressoché privo di ostacoli. Ma nonostante la

Comunicazione, non si verificò nessuna produzione normativa.

Nello stesso anno, la problematica venne sollevata anche dal Parlamento Europeo

tramite il rapporto Galle (dal nome dell’europarlamentare). Il rapporto prevedeva di

istituire un registro dei soggetti autorizzati ad accedere al Parlamento, la disciplina per

la registrazione ed un codice di condotta. Venivano altresì specificati i diritti dei lobbisti

registrati, in riferimento all’accesso alla documentazione non ufficiale e alle discussioni.

14

Pubblicata sulla GUCE C 63 del 5 marzo 1992.

Page 94: Tesi di laurea specialistica

94

Fu però necessario un secondo rapporto, a firma Ford, del 1995 e approvato il 17 luglio

1996 per ottenere l’attuale disciplina: un registro ad iscrizione volontaria e

aggiornamento annuale, un lasciapassare15

rilasciato dai Questori (autorizzati a ritirarlo

qualora la condotta del lobbista non sia conforme alle regole) e un codice di condotta di

cui pubblichiamo il contenuto16

:

Nel quadro delle loro relazioni con il Parlamento, le persone figuranti nel registro

previsto all'articolo 9, paragrafo 4

a) devono rispettare le disposizioni dell'articolo 9 e del presente allegato;

b) devono dichiarare l'interesse o gli interessi che rappresentano nei loro rapporti

con i deputati, il loro personale o i dipendenti dell'istituzione;

c) devono astenersi da qualsiasi azione volta a ottenere informazioni in modo

disonesto;

d) non possono vantare alcun rapporto ufficiale con il Parlamento nelle loro

relazioni con terzi;

e) non possono diffondere presso terzi, a scopo di lucro, copie di documenti

ottenuti presso il Parlamento;

f) devono ottemperare rigorosamente alle disposizioni dell'allegato I, articolo 2,

secondo comma;

g) devono assicurarsi che qualsiasi assistenza fornita nel quadro delle disposizioni

di cui all'allegato I, articolo 2 sia dichiarata nell'apposito registro;

h) devono ottemperare, in caso di assunzione di ex dipendenti delle istituzioni, alle

disposizioni dello statuto del personale;

15

Come stabilito dal Regolamento, il tesserino deve prevedere la fotografia del

titolare, nome, cognome, impresa o organizzazione o persona per la quale lavora. Il

rinnovo è possibile solo se il titolare ha rispettato gli obblighi previsti. Il lasciapassare

non autorizza in alcun caso i titolari ad assistere alle riunioni del Parlamento o dei suoi

organi, fatte salve le riunioni dichiarate aperte al pubblico, e non consente, in tal caso,

alcuna deroga alle norme di accesso che si applicano a qualsiasi altro cittadino

dell’Unione.

16Disponibile al sito www.europarl.europa.eu

Page 95: Tesi di laurea specialistica

95

i) devono conformarsi alle disposizioni adottate dal Parlamento in materia di diritti

e responsabilità degli ex deputati;

j) per evitare possibili conflitti di interesse devono ottenere il consenso preliminare

del deputato o dei deputati interessati in merito a qualsiasi rapporto contrattuale o

all'assunzione di un assistente parlamentare e successivamente far sì che ciò sia

dichiarato nel registro previsto all'articolo 9, paragrafo 4;

2. Ogni violazione del presente codice di condotta può condurre al ritiro del

lasciapassare rilasciato alle persone interessate e, se del caso, all'impresa di cui sono

dipendenti.

2.4.2 La situazione attuale

A livello di Commissione Europea la produzione normativa ha prodotto risultati

solo negli anni 2000. Nel 2005 il Commissario per gli Affari Amministrativi, Siim

Kassas, ha avviato l’Iniziativa Europea per la Trasparenza (ETI), indirizzata a garantire

l’integrità dei decisori e dei gruppi di interesse nella scelta e nel perseguimento delle

politiche dell’UE.

Nel medesimo anno diverse associazioni di lobbying con sede a Bruxelles hanno

deciso di dotarsi di un’autoregolamentazione che implica l’osservare i principi di onestà

e integrità nella pratica del lobbying.

Solo nel 2006 si è giunti a concepire un sistema di registrazione per le aziende di

lobbying su base volontaria, un codice di condotta comune per i lobbisti e un sistema di

controllo per il rilevamento di infrazioni e l’applicazione di sanzioni.

Nel 2007 la Commissione ha presentato la prima bozza del registro, rivelatosi poi

inefficiente e quindi rivisto durante l’Iniziativa Europea per la Trasparenza del

medesimo anno. Si è così provveduto a specificare i requisiti minimi per la

registrazione:

Le società di consulenza specializzate e gli studi legali che svolgono attività

di lobbying presso le istituzioni dell’UE devono dichiarare il fatturato

generato da tali attività e indicare il “peso” relativo dei singoli clienti;

I lobbisti interni e le associazioni di categoria che si occupano di lobbying

devono formulare una stima dei costi associati all’attività diretta di lobbying

presso le istituzioni dell’UE;

Page 96: Tesi di laurea specialistica

96

Le O.N.G. e i centri studi (think tank) devono fornire il bilancio complessivo

e indicare la ripartizione delle principali fonti di finanziamento (importo e

provenienza dei finanziamenti pubblici, donazioni, quote associative, ecc.).

All’interno dell’atto la Commissione ha approvato un codice di condotta che i

gruppi di interesse devono sottoscrivere nel momento in cui si registrano.

Il 2008 ha segnato l’ultima tappa nella regolamentazione del lobbying di Bruxelles.

La Commissione ha istituito il registro on-line e ha ridefinito le attività per le quali è

necessaria la registrazione: «le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle

politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee». Sono escluse invece:

Le attività di consulenza legale o professionale di altro tipo, nella misura in

cui si riferiscono all'esercizio del diritto fondamentale di un cliente a un

processo equo, compreso il diritto di difesa nei procedimenti amministrativi,

svolte da avvocati o da altri professionisti coinvolti;

Le attività delle parti sociali in quanto attori del dialogo sociale (sindacati,

associazioni datoriali, ecc.). Tuttavia, quando si impegnano in attività che

esulano dal ruolo conferito loro dai trattati, tali attori devono registrarsi per

garantire condizioni paritarie tra tutti gli interessi rappresentati;

Le attività che costituiscono risposte a richieste dirette della Commissione,

come richieste ad hoc o periodiche di informazioni fattuali, dati o

consulenze, inviti ad audizioni pubbliche o a partecipare a comitati

consultivi o a forum analoghi.

In aggiunta, «La Commissione riconosce che la missione della maggior parte delle

organizzazioni impegnate nella rappresentanza di interessi è più ampia rispetto alle

attività per le quali è prevista la registrazione. Tali organizzazioni svolgono attività,

come l'elaborazione di studi, statistiche e altre informazioni e documenti, nonché azioni

di formazione e sviluppo delle capacità per membri o clienti, che, se non sono correlate

ad attività di rappresentanza di interessi, esulano dalla definizione».

Con la Comunicazione è stato infine redatto il codice di condotta dei lobbisti nella

sua versione definitiva. L’accettazione del codice è il presupposto necessario per

Page 97: Tesi di laurea specialistica

97

l’iscrizione al registro, a sua volta presupposto per lo svolgimento riconosciuto

dell’attività di lobbying.

Il codice dei lobbisti17

altro non è se non un semplice elenco di norme orientate solo

alla trasparenza del rapporto. Secondo il Vicepresidente della Commissione Europea,

Kallas, «l’obiettivo non è che la Commissione dica ai lobbisti come comportarsi. Infatti

non abbiamo fatto altro che raggruppare in un unico testo i principi a cui la professione

stessa aderisce già. La novità – precisa – è che l’insieme dei lobbisti si impegna a

rispettare il medesimo codice, accettando che la loro adesione a questo codice sarà

sottomessa a un meccanismo di sorveglianza, di applicazione e di sanzione da parte di

un’autorità indipendente18

».

Per quanto concerne i contenuti del codice con riferimento ai rappresentanti di

interessi (lobbisti), viene precisato19

:

PRINCIPI:

I rappresentanti di interessi devono applicare i principi di apertura, trasparenza,

onestà e integrità, come si aspettano legittimamente da loro i cittadini e le altre parti

interessate.

Analogamente, i membri e il personale della Commissione sono tenuti a rispettare

norme rigorose che garantiscono la loro imparzialità. Le disposizioni in materia sono

contenute nel trattato che istituisce la Comunità europea, nello statuto dei funzionari, nel

codice di condotta dei commissari e nel codice di buona condotta amministrativa.

NORME:

I rappresentanti di interessi devono sempre:

indicare il proprio nome e l'organismo per il quale lavorano o che

rappresentano;

17

https://webgate.ec.europa.eu/transparency

18 B. Facchetti, L. Marozzi, op. cit. p. 249.

19 https://webgate.ec.europa.eu/transparency

Page 98: Tesi di laurea specialistica

98

presentarsi fornendo informazioni corrette al momento della registrazione

al fine di non indurre in errore i terzi o il personale dell'UE;

dichiarare gli interessi e, se del caso, i clienti o i membri che essi

rappresentano;

garantire che, per quanto a loro conoscenza, le informazioni fornite sono

obiettive, complete, aggiornate e non fuorvianti;

non ottenere e non cercare di ottenere informazioni o decisioni in maniera

disonesta;

non indurre funzionari dell'UE a contravvenire alle disposizioni e alle

norme di comportamento ad essi applicabili;

qualora lavorino per loro degli ex funzionari dell'UE, rispettare l'obbligo

di questi ultimi di attenersi alle norme e agli obblighi in materia di

riservatezza ad essi applicabili.

ALTRE DISPOSIZIONI:

Violazioni del codice. Gli organismi registrati sono informati e accettano che

la violazione delle norme di cui sopra da parte dei loro rappresentanti può

comportare la sospensione o l'esclusione dal registro a seguito di un

procedimento amministrativo della Commissione che rispetta il principio di

proporzionalità e il diritto di difesa.

Reclami. Gli organismi registrati sono informati del fatto che chiunque può

presentare un reclamo alla Commissione, fondato su fatti concreti, in merito

a una presunta violazione delle norme di cui sopra.

Pubblicazione di contributi e altri documenti. Gli organismi registrati sono

informati del fatto che i loro contributi alle consultazioni pubbliche vengono

pubblicati su Internet con l'indicazione dell'identità dell'autore del

contributo, a meno che questi si opponga alla pubblicazione dei dati

personali in quanto ritiene che la loro pubblicazione potrebbe ledere i suoi

legittimi interessi. Qualora ne venga fatta richiesta e fatte salve le

disposizioni del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del

pubblico ai documenti, la Commissione può trovarsi a dover divulgare la

Page 99: Tesi di laurea specialistica

99

corrispondenza e altri documenti relativi alle attività dei rappresentanti di

interessi.

Legiferare in tema di lobbying a Bruxelles si è reso necessario dato l’alto numero di

lobbisti presenti nella capitale belga. L’impressione, però, è che ancora una volta sia

stata persa l’occasione per elaborare una legislazione sicuramente più efficace ed

efficiente. La facoltà di iscriversi al registro non ha beneficiato sulla trasparenza,

essendo davvero poche le registrazioni effettuate: ad aprile 2009 erano 1382 i lobbisti

iscritti, ovvero l’8% di quelli considerati realmente operativi. Studi legali e centri studi

non hanno accolto, ben prima del 2008, l’invito della Commissione ad iscriversi al

registro: i primi a causa dell’assenza di norme che rispettino la riservatezza dei propri

clienti; i secondi perché non si considerano portatori di interessi specifici o a fini di

lucro. Nei loro confronti la Commissione è tornata alla carica alla luce delle nuove

disposizioni.

Page 100: Tesi di laurea specialistica
Page 101: Tesi di laurea specialistica

101

CAPITOLO 3

AMD e l’intervento per la nuova formulazione dei bandi pubblici della Pubblica

Amministrazione

Il diavolo non è brutto come si dipinge

Proverbio italiano

3.1 AMD

Fondata nel 1969, l’americana AMD (Advanced Micro Devices) è oggi una delle

aziende leader mondiali nella produzione di microprocessori. Può vantare un organico

di 11.000 dipendenti che prestano servizio nelle 47 strutture presenti nel mondo. La

sede centrale è situata a Sunnyvale (California). La filiale italiana ha sede a Milano.

Dal 1979 è quotata alla borsa di New York1 e nel 1984 è stata inserita nella speciale

classifica dedicata alle migliori 100 aziende per cui lavorare negli USA.

Nel 2000 è stata la prima azienda del settore a “rompere” il muro del Gigahertz,

valore inerente al numero di operazioni al secondo che un processore è in grado di

effettuare.

Attualmente, i processori AMD consentono il funzionamento degli ultimi ritrovati

tecnologici nel campo dei giochi elettronici, supportando la popolare console Nintendo

WII.

Come si può apprendere dal sito dell’azienda2, gli elementi che ne distinguono il

business sono il desiderio di un mondo in cui la tecnologia AMD consenta di aumentare

la qualità della vita delle persone (vision), guidare il processo di innovazione, porre al

centro dell’attenzione la propria clientela per aiutarla nella crescita del proprio business

1 New York Stock Exchange, o NYSE.

2 www.amd.com

Page 102: Tesi di laurea specialistica

102

e rafforzare ciò che essa chiama “digital lifestyle” e accelerare l’integrazione globale

digitale (mission).

AMD, oltre all’impegno profuso nel continuo processo di ricerca e sviluppo dei

microprocessori, è particolarmente attenta al cosiddetto “fair and open competition”,

affiancando i “government procurement” (gli uffici acquisti del governo) al fine di

promuovere processi di acquisto trasparenti e competitivi e in accordo con i contenuti

del World Trade Organization's Government Procurement Agreement.

3.2 Lo scenario competitivo per AMD nei primi anni 2000 in Italia

Nei primi anni Duemila AMD ha più volte partecipato alle gare di appalto

pubblicate dalla Pubblica Amministrazione (di seguito PA) inerenti alla fornitura di

strumenti informatici (computer). Ma fin da subito si è trovata di fronte un ostacolo

alquanto ostico. La formulazione di tutti i bandi di allora richiedeva computer dotati di

processori “Intel o compatibili”. A trarre vantaggio da tale formulazione era, di fatto,

soltanto la menzionata Intel, casa produttrice di microprocessori, anch’essa americana e

basata in California come AMD. AMD si è ritrovata così fuori dai giochi e Intel, dal

canto suo, non poteva chiedere di meglio: la sua quota di mercato era nettamente

superiore alla concorrenza con un vantaggio competitivo che le veniva dal fatto di

essere stata la prima produttrice di chip per personal computer. Questo le ha consentito

di espandersi così tanto da detenere il monopolio dei microprocessori. Ad oggi,

chiunque acquisti un computer lo trova dotato di un chip Intel. Il potere di questa

azienda era dunque così forte che anche i testi dei bandi pubblici ne sono stati

influenzati, arrivando ad includervi il brand Intel in quanto termine di paragone rispetto

a tutti gli altri produttori. In effetti, la PA non disponeva di strumentazioni atte ad una

comparazione delle prestazioni dei diversi chip presenti sul mercato e poiché Intel era la

marca più diffusa, la PA dava per scontato che fosse il prodotto di riferimento su cui

valutare le diverse proposte commerciali.

Citare una marca in un bando era comunque una prassi consolidata. Tuttavia, fino a

quando il brand era menzionato in un bando emesso da un’organizzazione privata

l’azione non rappresentava nulla di vietato e il paragone era ammesso. Nel caso di un

bando della PA, però, non si poteva dire altrettanto. Eppure la formulazione dei bandi

Page 103: Tesi di laurea specialistica

103

con la presenza di un esplicito termine di paragone (Intel) era ricorrente, nonostante il

decreto legislativo n. 358 del 1992 che, all’art. 8, comma 6, recitava:

«salvo che non sia giustificata dall'oggetto dell'appalto, è vietata l'introduzione nelle clausole

contrattuali di specifiche tecniche che menzionano prodotti di una determinata fabbricazione o

provenienza o ottenuti con un particolare procedimento e che hanno l'effetto di favorire o escludere

determinati fornitori o prodotti. È vietata, in particolare, l'indicazione di marchi, brevetti o tipi o

l'indicazione di un'origine o di una produzione determinata; tale indicazione, purché accompagnata dalla

menzione "o equivalente", è, tuttavia, ammessa se le amministrazioni aggiudicatrici non possano fornire

una descrizione dell'oggetto del contratto mediante specifiche sufficientemente precise e comprensibili da

parte di tutti gli interessati»3.

La situazione era per AMD altamente problematica perché nel 90% dei casi la

partecipazione alle gare d’appalto promosse dalla PA le era preclusa con pesanti

ripercussioni sul business. In sostanza AMD non poteva gareggiare e le case produttrici

di pc a cui AMD forniva i microprocessori vedevano minate le possibilità di vedere i

loro prodotti entrare nelle PA.

A guadagnarne era ancora una volta Intel. Se un’azienda di pc voleva gareggiare

doveva rivolgersi a chi gliene dava la possibilità accettando anche le relative condizioni

di fornitura imposte dall’assenza di concorrenza. Ma a quale prezzo? Sicuramente

elevato perché, a quel punto, Intel poteva stabilire a suo piacimento il prezzo per la

fornitura dei chip.

3.3 AMD scende in campo

La situazione venutasi a creare richiedeva pertanto un’azione decisa. AMD non

poteva competere a fronte di un monopolista di fatto ma neppure la PA poteva stare

tranquilla in quanto la politica di determinazione del prezzo di Intel gravava non solo

sulle tasche dei produttori di pc ma anche su quelle della PA.

AMD analizzò la situazione attraverso un’attenta fase di ascolto: i risultati parlavano

chiaro che i bandi pubblicati erano sì preparati dai vari enti pubblici con l’aiuto degli

3 www.sicurezzaonline.it

Page 104: Tesi di laurea specialistica

104

uffici specializzati per i sistemi informativi, ma la fase di aggiudicazione della gara era

gestita soltanto dall’ufficio provveditorato. In particolare a Milano vennero alla luce due

seri problemi:

1. Come dimostrare al provveditorato l’effettiva equivalenza tecnologica fra

microprocessori Intel e AMD?

2. Come operare nel caso in cui l’addetto al provveditorato non si lasci convincere

ed escluda le offerte di AMD, preferendo la sola e unica marca citata, ovvero

Intel?

Era ovvio che la formulazione del bando doveva essere rivista. Questo però avrebbe

comportato un’ulteriore preoccupazione per AMD: cosa sarebbe successo se il testo

avesse incluso accanto a Intel anche AMD e addirittura altri concorrenti? La

competizione si sarebbe certamente animata e AMD avrebbe dovuto fronteggiare uno

più nuovi competitor.

3.3.1 La strategia di AMD

AMD era fermamente intenzionata a rivedere la formulazione dei bandi, tenendo in

considerazione il principio secondo cui, una volta elaborati, essi non avrebbero dovuto

essere discriminanti per alcun produttore di microprocessori. La strategia, definita

grazie al supporto di un’azienda italiana di lobbying4 (che chiameremo Y) prevedeva

un impegno su tre fronti distinti:

Coinvolgimento del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica

amministrazione (d’ora in avanti Cnipa5);

Coinvolgimento della Commissione Europea, Direzione Generale

Competition;

4 Il nome di quest’ultima, su espressa richiesta di AMD, non può essere rivelato.

5 Nel corso degli anni il Cnipa ha cambiato denominazione. Attualmente è DigitPA,

l’ente nazionale per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

Page 105: Tesi di laurea specialistica

105

Attività legale.

CNIPA: è stato il primo organo contattato da AMD su indicazione di Y. Nel corso

della relazione instaurata tra le parti, AMD ha illustrato la propria posizione

(consegnando un position paper redatto sotto la supervisione di Y più un’analisi tecnica,

frutto del monitoraggio dei bandi condotto anch’esso da Y) in merito alla formulazione

dei bandi, evidenziando con forza il pericolo per le aziende, che non fossero Intel, di

non poter accedere alle gare di appalto e ribadendo i contenuti del decreto legislativo

n.358 del 1992. Il Cnipa si è dimostrato fin da subito attento alle problematiche esposte

da AMD anche senza essere in grado di formulare proposte concrete. Al tempo stesso

anche Intel ha contattato il Cnipa presentando i suoi punti di vista. Tale intervento ha

fatto sì che il Cnipa sollevasse una questione di fondo a fronte soprattutto del fatto che

alcuni decisori erano convinti che la dizione “o equivalente” non costituisse una

discriminazione tale da impedirne la partecipazione ai bandi. In sostanza, il Cnipa non

aveva la soluzione per risolvere la questione sollevata da AMD.

COMMISSIONE EUROPEA: AMD, sempre su indicazione di Y, ha coinvolto

anche la Direzione Generale Competition della Commissione Europea. Le relazioni

intercorse tra AMD e la DGC hanno successivamente fruttato lo scambio di

informazioni ufficiali tra l’istituzione europea ed il Governo italiano, nello specifico il

Dipartimento delle Politiche Comunitarie. La CE è stata necessariamente coinvolta

poiché il problema della formulazione dei bandi non era circoscritto solamente al

territorio italiano ma era esteso a tutta l’Europa.

ATTIVITÀ LEGALE: per contestare davanti ad alcuni TAR la legittimità dei bandi

in seguito alla dicitura “Intel o equivalente”, AMD ha contattato, su consiglio di Y,

anche uno studio legale specializzato in diritto amministrativo. La tesi sostenuta era che

AMD fosse oggetto di discriminazione causa la citazione del brand Intel nei bandi di

concorso ed era altresì obbligata ad assumersi il difficile compito di dimostrare

l’equivalenza dei suoi prodotti rispetto al concorrente. Questa mossa di AMD è stata

premiante e le decisioni dei pochissimi, ma fondamentali, tribunali amministrativi (uno

di questi il TAR di Palermo) hanno supportato la sua posizione. Secondo i giudici

amministrativi il bando sottoponeva AMD ad una discriminazione.

Page 106: Tesi di laurea specialistica

106

3.4 La svolta in positivo per AMD

L’esito positivo dell’istanza presentata nei diversi TAR ha consentito ad AMD di

contattare nuovamente il Cnipa. Forte di una sentenza in suo favore, AMD ha ribadito la

propria contrarietà alla modalità di formulazione dei bandi ma, rinunciando ad ogni

sentimento di rivalsa, ha preferito scegliere una politica di collaborazione reciproca.

Ancora una volta il supporto di Y si è rivelato prezioso, soprattutto per instaurare una

relazione costruttiva con il Cnipa. Y e lo studio legale contattato precedentemente

hanno cooperato per realizzare un semplice quanto efficace strumento di

comunicazione: una lettera con un fine educativo. È da rimarcare che AMD non ha mai

minacciato di intentare una causa amministrativa. Piuttosto la lettera è stato il mezzo

adeguato per informare il Cnipa dell’esistenza di bandi formulati scorrettamente e del

pronunciamento in favore di AMD di almeno un TAR. L’invio è stato ovviamente

affidato allo studio legale.

L’attività di Y ha implicato, in contemporanea, uno studio delle legislazioni

straniere inerenti allo stesso problema di AMD. In particolare, Y si è ispirata al territorio

degli USA, dove la soluzione adottata è stata l’introduzione di un parametro oggettivo

per la misurazione delle prestazioni dei microprocessori installati: un benchmark6.

L’esempio degli USA, è stato il pensiero di Y, avrebbe potuto essere adottato anche

dalla PA italiana. AMD, su suggerimento di Y, ha così proposto l’utilizzo di tale

strumento, ponendo la PA nella condizione di determinare con precisione il livello di

performance minima desiderata per gli strumenti informatici di cui si voleva dotare.

Tanto il Cnipa quanto la Commissione Europea hanno manifestato apprezzamento

per l’introduzione di un simile dispositivo pur sollevando una questione importante

circa la scelta del benchmark.

Il Cnipa ha innanzi tutto ribadito l’esigenza di una regolamentazione inerente

all’utilizzo del benchmark attivandosi successivamente per avviare le procedure per la

determinazione del misuratore di prestazioni. Il Cnipa decise allora di aprire un tavolo

6 Il benchmark è un software che cronometra il tempo impiegato dal pc per eseguire

operazioni standard.

Page 107: Tesi di laurea specialistica

107

di negoziazione, mettendo Intel e AMD uno di fronte all’altro. La cosa però non era così

semplice: Intel e AMD rappresentavano un duopolio e convocando solo queste due

aziende gli altri concorrenti del settore avrebbero potuto manifestare non poca

contrarietà per un’eventuale esclusione. La soluzione venne trovata da Y. Questi suggerì

al Cnipa di convocare Assinform7 e lasciare che fosse Assinform stessa a scegliere gli

esponenti del settore informatico per aprire il tavolo di negoziazione. L’intenzione del

Cnipa era di non avere troppi interlocutori coinvolti in modo da rendere più semplice e

gestibile il confronto. Assinform convocò così AMD ed Intel, garantendo con la sua

presenza che fossero rappresentati tutti gli altri produttori dell’Information Technology.

Così anche il Cnipa non poteva essere accusato di aver escluso altri interlocutori

legittimi.

AMD, Intel, Cnipa e Assinform hanno così dato vita al “Gruppo di lavoro

benchmark”. Al tavolo, articolato in diversi incontri, sono state affrontate le due

tematiche chiave: il divieto di indicare un brand nei bandi ed il tipo di benchmark da

impiegare. Y non ha potuto partecipare fisicamente alle trattative ma il suo ruolo di

consulente è stato determinante per comprendere le posizioni di ogni interlocutore e

preparare al meglio gli incontri successivi.

Al termine delle negoziazioni la PA ha appoggiato l’utilizzo di un solo benchmark,

sviluppato in seguito dall’americana Bapco8 e denominato Sysmark2004.

Il Cnipa ha così imposto a tutte le PA d’Italia di acquistare computer indicando

solamente il livello di performance minima desiderato. L’imposizione è stata resa

possibile dalla circolare n. 44 del 5 ottobre 20049:

L'evoluzione del mercato dei microprocessori per personal computer ha determinato il manifestarsi di

differenze, tecniche e architetturali, nelle soluzioni offerte dai diversi produttori; conseguentemente, il

riferimento ad alcune caratteristiche (quali, ad esempio, la frequenza di clock del microprocessore)

7 Associazione nazionale, aderente a Confindustria, delle principali aziende di

Information Technology operanti nel mercato italiano.

8 Consorzio di cui AMD e Intel sono azionisti.

9 www.sicurezzaonline.it

Page 108: Tesi di laurea specialistica

108

verrebbe oggi a pregiudicare,re o a restringere ingiustificatamente, la partecipazione alle procedure di

gara relative all'affidamento di appalti pubblici per la fornitura di apparecchiature informatiche. Con

riferimento a tale problematica, il CNIPA, al fine di garantire la piu' ampia partecipazione alle procedure

suddette, ritiene che possa farsi ricorso all'utilizzo di appositi benchmark prestazionali di tipo applicativo

sviluppati da organismi indipendenti.

Questa valutazione trova riscontro, tra l'altro, nel «Considerando 29» della direttiva 2004/18/CE del

31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di

lavori, di forniture e di servizi, che stabilisce: «Le specifiche tecniche fissate dai committenti pubblici

dovrebbero permettere l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza.

A questo scopo deve essere possibile la presentazione di offerte che riflettano la pluralità di soluzioni

tecniche.

Pertanto le specifiche tecniche devono poter essere fissate in termini di prestazioni e di requisiti

funzionali e, in caso di riferimento alla norma europea, o, in mancanza di quest'ultima, alla norma

nazionale, le amministrazioni aggiudicatrici devono prendere in considerazione offerte basate su altre

soluzioni equivalenti».

Per facilitare l'adozione di detti benchmark, il CNIPA ha costituito un Gruppo di lavoro al quale

partecipano anche i rappresentanti delle Associazioni nazionali dei produttori.

Quale primo risultato delle proprie attivita', il Gruppo di lavoro ha individuato, con il consenso

unanime dei suddetti rappresentanti delle Associazioni, il SYSMARK 2004 OVERALL RATING quale

benchmark di riferimento, allo stato attuale e salve successive evoluzioni, per la misura delle capacita'

prestazionali dei personal computer desktop.

Le caratteristiche del citato benchmark ed i risultati raggiunti da alcune configurazioni sottoposte a

test sono riportati nel sito web del consorzio non profit BAPCO (www.bapco.com) che ha sviluppato e

distribuisce il benchmark Sysmark 2004.

Il CNIPA raccomanda alle amministrazioni pubbliche che intendono acquisire personal computer di

tipo desktop di utilizzare il benchmark Sysmark 2004 negli appalti per la fornitura di detta tipologia di

apparecchiature.

Per quanto riguarda la determinazione dei valori del benchmark Sysmark 2004 Overall Rating da

porre come soglia per la partecipazione alle gare, il CNIPA ritiene necessario che questa avvenga sulla

base dei valori misurati su configurazioni di personal computer presenti sul mercato e rispondenti alle

esigenze della stazione appaltante.

Il CNIPA si riserva di aggiornare la presente circolare sulla base dei risultati cui perverra' il Gruppo

di lavoro in parola.

Page 109: Tesi di laurea specialistica

109

Si rappresenta, infine, che il CNIPA e' disponibile a fornire un supporto alle amministrazioni

pubbliche in merito all'utilizzo di benchmark applicativi.

Roma, 5 ottobre 2004

Il presidente: Zoffoli

3.4.1 L’intervento della CE

La situazione sembrava essersi risolta grazie alla circolare. I problemi invece non

erano finiti.

Il Cnipa intervenne per sollecitare la PA ad utilizzare concretamente il benchmark

“Sysmark2004” ma la stessa PA continuò ad operare secondo le modalità di sempre: i

bandi presentavano ancora la dicitura classica “Intel o equivalente”.

Della vicenda si interessò anche la Commissione Europea che nel 2005 aprì indagini

preliminari per abusi in gare pubbliche di informatica e avvisò l’Italia che avrebbe

potuto rischiare una procedura di infrazione (e conseguente sanzione pecuniaria) se le

violazioni alla circolare del Cnipa fossero continuate.

Interpellato dal Dipartimento delle Politiche Comunitarie sul perché i bandi

venissero ancora scritti secondo la vecchia modalità, il Cnipa faceva presente l’entrata

in vigore della circolare del 2004 e la conseguente introduzione del benchmark

Sysmark2004. Ma il Dipartimento ribadiva la tesi secondo cui la situazione non fosse

cambiata. Il Cnipa non sapeva che pesci pigliare ma Y venne in suo soccorso.

Y iniziò ad interloquire con il Dipartimento delle Politiche Comunitarie. Andava

trovata una soluzione per far allineare la PA alle disposizioni tanto della CE quanto

della circolare del 2004. Su consiglio di Y, nel 2005 il medesimo Dipartimento pubblicò

la circolare10

(poi inserita in Gazzetta Ufficiale) in cui venne stabilito che tutte le

stazioni appaltanti fossero obbligate ad inserire il punteggio di benchmark. Qualora le

disposizioni non fossero state rispettate, il bando, proposto di seguito, sarebbe stato

nullo:

10

Circolare del 12 ottobre 2005, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 290 del

14/12/2005.

Page 110: Tesi di laurea specialistica

110

Gli uffici della Commissione europea - Direzione generale per il mercato interno hanno segnalato al

Governo dei casi nei quali alcune stazioni appaltanti italiane, nel redigere i bandi di gara per forniture di

apparecchiature informatiche, hanno indicato specifiche tecniche in violazione della normativa

comunitaria applicabile in materia. In particolare e' stato constatato che in un numero considerevole di

gare d'appalto, le specifiche tecniche dei microprocessori richiesti come componenti delle apparecchiature

informatiche da acquistare sono state definite facendo riferimento diretto ad un marchio o ad un prodotto

ad esso riconducibile. […].Si ricorda che la Commissione europea è già più volte intervenuta nei

confronti del Governo italiano sottoponendo a vaglio critico il comportamento di alcune stazioni

appaltanti che nel corso di procedure di evidenza pubblica per l'aggiudicazione di appalti di forniture

hanno pubblicato avvisi di gara in palese contrasto con il principio sancito dall'art. 28 del trattato CE.

Poiché la reiterazione da parte delle stazioni appaltanti dei descritti comportamenti, già censurati come

illegittimi per violazione delle regole comunitarie sopra enunciate, potrebbe comportare condanne dello

Stato italiano, ai sensi dell'art. 228 del trattato CE, con conseguente applicazione di sanzioni pecuniarie da

parte dell'Unione europea, si rende necessario sottolineare che, fermo restando il potere-dovere dello

Stato di porre rimedio alla violazione comunitaria, come dispone la legge 5 giugno 2003, n. 131

(«Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre

2001, n. 3»), tali ipotesi non rimarrebbero prive di conseguenza per i pubblici funzionari che vi hanno

dato causa, a carico dei quali si dovrebbero adottare i provvedimenti previsti in tema di responsabilità

amministrativa per danno all'erario. Tutte le stazioni appaltanti sono quindi tenute ad attenersi

scrupolosamente agli indirizzi operativi di cui alla presente circolare.

3.5 Epilogo

Nel corso degli anni si è reso necessario aggiornare periodicamente il testo dei bandi

in quanto nel 2007, su pressione dei produttori di pc, è stato inserito un benchmark

aggiornato: il Sysmark2007 che ha sostituito il Sysmark2004..

Al momento (2011) la PA sta continuando ad utilizzare la versione 2007, anch’esso

sviluppato da Bapco ma il benchmark dovrà essere sostituito in futuro data la sua

“anzianità di servizio”. Attorno a Bapco però si sta sviluppando un problema di

credibilità dell’azienda collegate anche a certe attività di Intel.

Nel 2009 Intel è stata condannata dalla Commissione Europea a pagare una multa di

oltre un miliardo di euro per abuso di posizione dominante e le ha intimato di terminare

Page 111: Tesi di laurea specialistica

111

le pratiche legali11

. La stessa accusa è stata mossa dalla Federal Trade Commission

(l’Antitrust americana), secondo cui Intel ha esercitato la sua forte influenza anche nei

confronti di Bapco per favorire i prodotti Intel12

. Ciò ha compromesso la credibilità del

software di Bapco in prospettiva del nuovo benchmark che farà seguito alla versione

2007.

Al di là di tali vicissitudini, il cui approfondimento non è oggetto della presente tesi,

ciò che più preme ad AMD quale conseguenza della sua azione in favore della modifica

dei bandi pubblici è un dato non trascurabile: nel 2004 il 92% dei bandi non gli

consentiva di competere nelle gare di appalto della PA. A distanza di tre anni, AMD ha

visto scendere notevolmente la percentuale che nel 2007 era pari al 9%.

L’azione di AMD ha consentito all’Italia di dotarsi finalmente di regole precise in

termini di appalti pubblici finalizzati all’acquisto di strutture informatiche per la PA e la

circolare n.44 del 2004 è stata fonte di ispirazione per tutti i Paesi europei che hanno

adeguato le rispettive normative e i testi dei bandi.

Dal 2004 l’impegno di AMD non si limita alla ricerca e allo sviluppo di ritrovati

tecnologici nel campo dei microprocessori sempre migliori ma si estende al costante

monitoraggio dei bandi pubblici (italiani e non solo) al fine di verificarne la correttezza

della formulazione.

11

http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/09/745&format=HTML&a

ged=0&language=EN&guiLanguage=en. La traduzione è fornita dal sito

http://www.hwupgrade.it/articoli/cpu/2203/caso-intel-antitrust-traduzione-comunicato-

e-faq_index.html.

12

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tecnologia%20e%20Business/2009/12/ft

c-intel.shtml?uuid=a68784ec-ea4f-11de-925c-d5ef2eec9489&DocRulesView=Libero

Page 112: Tesi di laurea specialistica
Page 113: Tesi di laurea specialistica

113

CONCLUSIONI

Il caso pratico illustrato in questa tesi è una chiara testimonianza dell’utilità del

lobbying e di come un lobbying corretto, fondato su dati oggettivi, abbia consentito un

profondo miglioramento delle regole per la formulazione dei bandi della Pubblica

Amministrazione.

È emersa chiaramente la strategia “I win - you win” citata nel capitolo I in quanto,

di fatto, dell’azione di AMD hanno potuto beneficiare numerosi soggetti. La Pubblica

Amministrazione ha rimodulato i bandi, implementando così la qualità dei loro

contenuti. Ne è conseguito che l’Italia non è stata oggetto di un’inevitabile procedura di

infrazione, con conseguente danno non indifferente per le casse dello Stato. AMD, dal

canto suo, ha visto riconosciuti i suoi diritti e tutelati i suoi interessi assicurandosi la

possibilità di poter competere sul mercato al pari di tutti gli altri concorrenti del settore.

Questi ultimi, a loro volta, devono ringraziare AMD se il monopolio di Intel è venuto

meno dopo che è stato riconosciuto da parte delle autorità competenti una sua posizione

di particolare privilegio. Sulla scia dell’Italia molti Paesi europei hanno modificato i

rispettivi bandi, a garanzia di una effettiva partecipazione democratica alle gare di

appalto per la fornitura di personal computer di tutti i soggetti interessati presenti sul

mercato.

Anche con questo caso il lobbista ha certamente compiuto un passo in più verso una

considerazione positiva del suo operato. Egli ha infatti dimostrato di avere le

competenze e l’intelligenza per ideare soluzioni finalizzate sia alla tutela del cliente che

della società in generale. La sua azione ha confermato che, pur rappresentando una

singola azienda, gli effetti positivi possono riguardare tutta la categoria del settore.

Nell’ambito delle azioni intraprese è stata fondamentale l’applicazione dell’ascolto sia

nei confronti delle istituzioni che del cliente direttamente interessato. È stata la

prerogativa fondamentale per il conseguimento dei risultati voluti.

Page 114: Tesi di laurea specialistica

114

Sorge comunque spontaneo un interrogativo: ma senza il lavoro di un’azienda di

lobbying, AMD sarebbe mai riuscita in questa impresa? La risposta che ci sentiamo di

dare è no, sottolineando in questo modo l’importanza del ruolo del lobbista.

Il caso di AMD non è certamente l’unico ad aver avuto un esito positivo,

salvaguardando l’interesse del singolo e contemporaneamente della comunità. Eppure in

Italia la legislazione e, ancor più il riconoscimento dell’utilità del lobbying, stenta ad

arrivare.

Il lobbista o aspirante tale che si vuole addentrare nel mondo del lobbying non deve

scoraggiarsi ma accettare la sfida di poter, giorno dopo giorno, cercare di mutare il

pensiero comune, contribuendo così alla rivisitazione di questa figura professionale

ancora poco compresa o mal valutata.

Page 115: Tesi di laurea specialistica

115

ALLEGATI

Page 116: Tesi di laurea specialistica

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http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tecnologia%20e%20Business/2009/12

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RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare in primis la Professoressa Renata Kodilja per aver accettato di

assumere il ruolo di relatore della mia tesi.

Un ringraziamento davvero sentito va ai miei genitori che mi hanno dato fiducia e in

mille modi hanno saputo motivarmi in questa mia avventura universitaria.

Ringrazio con grande affetto mio nonno Bruno. Quando mi ha raccontato che anche

lui è stato tra i molti friulani che hanno firmato per la nascita dell’Università degli

Studi di Udine, ho capito che è stato anche merito suo se ho potuto studiare in un

ateneo che mi ha riservato non poche importanti soddisfazioni.

Un ringraziamento particolare va al dottor Vladimiro Vodopivec con cui dopo i primi

intensi scambi di considerazioni sul tema delle relazioni pubbliche d’impresa è nato un

bellissimo rapporto professionale e umano.

Un sincero grazie va al dottor Roberto Dognini di AMD, disponibilissimo

nonostante un’agenda fitta di impegni. Le sue informazioni sono state preziose per

integrare gli elementi di teoria e per aiutarmi a comprendere ulteriormente la materia del

lobbying.

Un grazie di cuore a:

Diego per le sue parole di incoraggiamento continue e puntuali.

Gabriele, aspirante parlamentare, per le lunghe chiacchierate attorno al tema “lobby”.

Laura, Vanessa, Caterina ed Emilio per la proficua collaborazione durante gli anni

degli studi sfociata in un rapporto interpersonale e di amicizia profondo e sincero che

continua nel tempo.

Inoltre: a tutti coloro che non ho potuto citare, e sono tanti: grazie, grazie davvero.

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