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CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO Studio n. 86/2003/T Negozio fiduciario e imposte indirette Approvato dalla Commissione Studi Tributari il 26 marzo 2004 Approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 6 maggio 2004 Quesito: si chiede se un atto di reintestazione di beni immobili siti in Italia a soggetto residente - che abbia effettuato la dichiarazione di emersione ex artt. 11 ss. D.L. 25 settembre 2001 n. 350, convertito in legge 23 novembre 2001 n. 409 e successive modificazioni – da parte di soggetti non residenti interposti fiduciaria- mente, sconti le imposte di registro, catastali ed ipotecarie in misura fissa ex art. 11 tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/86, oppure l’imposta di registro in misura fissa e le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale. Generalità e definizione Per negozio fiduciario – figura non prevista espressamente dal nostro ordina- mento giuridico e di cui parte della dottrina esclude l’ammissibilità - si intende “at- tribuzione ad un soggetto (fiduciario) di un diritto limitato dalla cura degli interessi di un’altra persona (fiduciante o terzo beneficiario)” (1). Si può così parlare di negozio fiduciario quando un soggetto (il fiduciante), trasferisce un bene ad un altro soggetto (il fiduciario), imponendogli nel contempo il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto, o di trasferirlo ad un terzo o di farne comunque un uso determinato. Il riferimento della terminologia alla fiducia deriva dal fatto che il fiduciante fa affidamento sulla lealtà di comportamento del fiduciario, relativamente all’osservanza dell’obbligo. Ne consegue che il fiduciario può validamente disporre del diritto trasferitogli, anche in violazione dell’obbligo assunto. Il legislatore si è occupato solo marginalmente dei negozi fiduciari, indivi- duandone soltanto alcune figure disciplinate da leggi speciali. Dottrina e giurispru-

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CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO

Studio n. 86/2003/T

Negozio fiduciario e imposte indirette

Approvato dalla Commissione Studi Tributari il 26 marzo 2004

Approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 6 maggio 2004

Quesito: si chiede se un atto di reintestazione di beni immobili siti in Italia a

soggetto residente - che abbia effettuato la dichiarazione di emersione ex artt. 11

ss. D.L. 25 settembre 2001 n. 350, convertito in legge 23 novembre 2001 n. 409 e

successive modificazioni – da parte di soggetti non residenti interposti fiduciaria-

mente, sconti le imposte di registro, catastali ed ipotecarie in misura fissa ex art.

11 tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/86, oppure l’imposta di registro in

misura fissa e le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale.

Generalità e definizione

Per negozio fiduciario – figura non prevista espressamente dal nostro ordina-

mento giuridico e di cui parte della dottrina esclude l’ammissibilità - si intende “at-

tribuzione ad un soggetto (fiduciario) di un diritto limitato dalla cura degli interessi

di un’altra persona (fiduciante o terzo beneficiario)” (1).

Si può così parlare di negozio fiduciario quando un soggetto (il fiduciante),

trasferisce un bene ad un altro soggetto (il fiduciario), imponendogli nel contempo il

vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto, o di trasferirlo ad un terzo o di

farne comunque un uso determinato.

Il riferimento della terminologia alla fiducia deriva dal fatto che il fiduciante fa

affidamento sulla lealtà di comportamento del fiduciario, relativamente

all’osservanza dell’obbligo. Ne consegue che il fiduciario può validamente disporre

del diritto trasferitogli, anche in violazione dell’obbligo assunto.

Il legislatore si è occupato solo marginalmente dei negozi fiduciari, indivi-

duandone soltanto alcune figure disciplinate da leggi speciali. Dottrina e giurispru-

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denza, al contrario, hanno contribuito in maniera determinante alla costruzione del-

la figura.

E' doveroso premettere che il presente studio è rivolto alla risoluzione di un

quesito sul trattamento fiscale dell'istituto. Le osservazioni di carattere civilistico

che seguono – la cui sinteticità è necessariamente collegata al contesto di trattazio-

ne dell’argomento – lungi dal voler essere esaustive, sono premesse indispensabili e

meramente strumentali alla risoluzione del quesito, senza alcun intento di prendere

posizione sull’ammissibilità e sulla valenza del negozio fiduciario nel nostro ordina-

mento giuridico.

La figura è caratterizzata dall’eccedenza del mezzo utilizzato rispetto al fine

perseguito e dalla possibilità di abuso da parte del fiduciario del diritto trasferitogli.

Si tratta di un negozio ad effetti reali limitati da un contenuto obbligatorio: in

esso di distingue infatti un’efficacia reale (rilevante nei confronti dei terzi) da

un’efficacia obbligatoria (limitata inter partes), che compensa e corregge la prima.

Il negozio fiduciario non può essere considerato un contratto di scambio, di-

fettando qualsiasi sinallagma tra l’acquisto del diritto e l’obbligazione che assume il

fiduciario; non è neppure un contratto gratuito accompagnato da un modus, in

quanto il diritto acquisito non arricchisce il fiduciario. Non è possibile neppure con-

siderare liberalità il trasferimento dal fiduciario al terzo indicato dal fiduciante, trat-

tandosi di un atto dovuto.

Come doverosa premessa all’approccio all’istituto in questione, si rende ne-

cessario un breve cenno alla tradizionale distinzione di scuola tra fiducia di tipo ro-

mano e fiducia di tipo germanico.

Nella fiducia di tipo romano, il fiduciario è investito di un potere giuridico dal

punto di vista reale illimitato, circoscritto però dall’obbligo convenuto fra due sog-

getti, con il pactum fiduciae, per conseguire un fine più ristretto.

Nel rispetto di tale obbligo, il fiduciario deve fare del diritto trasferitogli, di cui

ha la titolarità assoluta, un determinato uso, oppure trasferirlo alla persona indica-

tagli dal fiduciante o al fiduciante stesso.

In caso di violazione dell’obbligo, il fiduciante può agire solo per il risarcimento

dei danni.

Nei rapporti di fiducia di tipo romano si parla anche di interposizione reale di

persona (2), nel senso che, con l’intestazione fiduciaria, l’interposto acquista effet-

tivamente la titolarità del bene o diritto, ma, in virtù di un rapporto obbligatorio in-

terno con l’interponente, è tenuto ad un determinato comportamento convenuto

con il fiduciante ed a retrocedere i beni a quest’ultimo al verificarsi di una situazione

determinante il venir meno della causa fiduciae (3).

Nella fiducia di tipo germanico, invece, secondo una prima elaborazione, al fi-

duciario viene trasferito un potere giuridico di disposizione illimitato condizionato ri-

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solutivamente; ogni uso contrario allo scopo convenuto determina un ritorno del

bene al fiduciante, anche a danno del terzo acquirente. In una successiva elabora-

zione della figura in questione, invece, si è preferito porre l’accento sulla separazio-

ne fra titolarità formale del diritto e legittimazione al suo esercizio (4).

Questa impostazione deriva da una particolarità dell'ordinamento tedesco, il §

185 del BGB, che, introducendo una eccezione, anche all'interno di tale ordinamen-

to, al principio che in linea generale esclude limitazioni al potere di disposizione dei

diritti reali, in analogia con il nostro art. 1379 c.c., per cui, anche il non titolare può

compiere validamente atti di disposizione sul bene se ottiene l'autorizzazione o il

consenso del titolare (5), è stato interpretato nel senso di ritenere ammissibile una

piena scissione tra titolarità ed esercizio del diritto.

Natura giuridica del negozio fiduciario

L’individuazione della natura giuridica del negozio fiduciario ha condotto a di-

versi modi di inquadramento dell’istituto.

1. Teoria negatrice della rilevanza giuridica, nel nostro ordinamento, del ne-

gozio fiduciario.

All’interno di questa teoria si distinguono poi le opinioni di chi considera la fi-

ducia soltanto un motivo, non idoneo per sua natura a reagire sul negozio. Secondo

questa opinione, accanto alle cause che giustificano i negozi tra vivi (causa donandi,

solvendi, credendi), non può concepirsi una causa fiduciae, in quanto la fiducia non

è una causa, ma un motivo (Barbero), del tutto irrilevante, salvo quando sia illecito

e conseguente causa di nullità.

Si segnala poi la posizione di Santoro Passarelli, secondo il quale la causa fi-

duciae non è ammissibile nel nostro ordinamento in quanto si risolverebbe in

un’arbitraria e non consentita astrazione parziale dalla causa del negozio tipico, non

essendo ipotizzabili una vendita, una donazione, una disposizione di ultima volontà

fiduciaria, poiché la funzione cui sarebbero piegate dalla cd. causa fiduciae è in-

compatibile con la causa propria di ciascuno dei suddetti negozi.

Non manca neppure chi giunge alla stessa conclusione che esclude rilevanza

giuridica al negozio fiduciario nel nostro ordinamento, per essere caratterizzato da

un numerus clausus di cause, tra le quali non vi è la causa fiduciae.

2. Teoria della ammissibilità della causa fiduciae: considera il negozio fi-

duciario un negozio atipico, un unico negozio con causa unica, caratterizzato da una

causa sua propria. Questa teoria si basa essenzialmente sul principio dell’autonomia

contrattuale, libera di autodeterminarsi, purché si perseguano interessi meritevoli di

tutela (6).

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Ciò si giustifica inoltre ritenendo che la tipicità dei diritti reali non comporta

necessariamente la tipicità dei negozi ad effetti reali, cioè delle forme negoziali ca-

paci di produrli.

In contrario è stato osservato che (7), costituendo i diritti reali un numerus

clausus, non è ammissibile nel nostro sistema una proprietà fiduciaria, cioè tempo-

ranea e risolubile, se non nei casi espressamente previsti dalla legge.

3. Teoria del fenomeno metagiuridico: individua l’essenza del fenomeno

nella rilevanza della volontà delle parti, che affidano la realizzazione dei loro inte-

ressi a forze metagiuridiche operanti attraverso l’immediata utilizzazione di uno

schema giuridico tipico.

Questa teoria, che vede in Lipari il suo massimo sostenitore, inquadra l’istituto

sotto due profili distinti: da un lato l’elemento formale della qualificazione giuridica,

ossia il negozio utilizzato; dall’altro il dato empirico della realtà sociale, ossia il risul-

tato pratico che le parti intendono perseguire. Ne deriva che il negozio fiduciario,

tenuto conto della varietà degli intenti, non può essere inquadrato in uno schema

giuridico unitario e non può avere un’unica disciplina.

La rilevanza giuridica del fenomeno è solo eventuale e successiva: in altri

termini, si ha solo nell’ipotesi in cui il risultato pratico previsto non sia spontanea-

mente conseguito.

In contrario si obietta (Messineo) che questa teoria incorre nel cd. naturalismo

metagiuridico, in quanto fissa la morfologia del negozio fiduciario senza il necessa-

rio riscontro con esigenze formali di un dato ordinamento; non riesce cioè a stabilire

a priori ed in linea generale se l’ordinamento giuridico sia in grado di regolare con

schemi legali il fenomeno fiduciario.

La giuridicità dell’istituto non può inoltre essere colta e valutata solo sotto

l’aspetto patologico, cioè nel solo caso in cui il rapporto non si svolga normalmente

e spontaneamente (Trimarchi).

4. Collegamento negoziale. Questa teoria tende a ricollegare la fattispecie

del negozio fiduciario al collegamento negoziale, individuandovi due negozi giuridici

distinti tra loro, ma collegati sotto il profilo funzionale, dei quali uno con carattere

esterno, efficacia reale, di contenuto positivo ed efficace nei confronti dei terzi e

l’altro a contenuto obbligatorio, negativo, con efficacia limitata tra le parti, diretto a

modificare il risultato finale del negozio esterno, in quanto comporta l’obbligo del

fiduciario di ritrasferire al fiduciante o ad un terzo il bene o il diritto acquistato col

primo negozio.

Questa tesi, seguita dalla giurisprudenza prevalente (8), individua un rappor-

to di subordinazione di un negozio rispetto all’altro: il negozio obbligatorio è acces-

sorio, mentre il negozio reale è principale, costituendo un prius logico e giuridico ri-

spetto all’altro.

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5. Proprietà fiduciaria. L’elemento che caratterizza la fiducia è l’affidamento

che il fiduciante ripone nel fiduciario, il quale ha l’obbligo di rispettare il pactum fi-

duciae, ma ha anche un potere di abuso, ossia di servirsi del diritto in modo non

conforme agli scopi pattuiti.

Proprio sulla base di tale osservazione, si è profilato in tempi recenti un diver-

so approccio (9), secondo cui il diritto che le parti vogliono trasferire mediante il

negozio fiduciario non sarebbe il diritto di proprietà inteso nel senso tecnico tradi-

zionale del nostro ordinamento giuridico, ma piuttosto un diritto reale minore che

può definirsi di “proprietà fiduciaria”, caratterizzato da alcune connotazioni partico-

lari, quali una “durata limitata, combinata con la rilevanza giuridica dei fini che il fi-

duciante vuole conseguire, che realizza una particolare funzione economico-sociale

e che giustifica questa differenziazione rispetto alla proprietà” (10).

Tipologie

La causa del negozio fiduciario consente ulteriormente di individuare alcune

sottospecie dipendenti dal diverso scopo per il quale il negozio viene posto in esse-

re. Possono individuarsi così negozi fiduciari a scopo di amministrazione, a scopo di

garanzia, a scopo di liberalità (11).

La dottrina ha individuato conseguentemente le seguenti fattispecie:

I). Negozi fiduciari puri o altruistici, nei quali il trasferimento del diritto

avviene per una comodità del fiduciante, a scopo di amicizia, custodia o ammini-

strazione (fiducia cum amico). Si ha questa figura, ad esempio, laddove Tizio, cre-

ditore di Caio, anziché esigere personalmente il credito, lo cede ad un amico, con

l’intesa che questi gli restituirà la somma incassata, oppure laddove Tizio, al fine di

eludere una legge di confisca di beni, cede i suoi beni ad un amico, con l’intesa che

questi, passato il pericolo, glieli restituisca.

II). Negozi fiduciari misti (detti anche egoistici o impuri), nei quali si ha

una fiducia costituita solvendi causa. Il trasferimento del diritto avviene anche a

vantaggio del fiduciario, per dargli una garanzia (cd. fiducia cum creditore); il che si

verifica, per esempio, quando Tizio, debitore di Caio, anziché costituire in suo favo-

re una garanzia reale, gli trasferisce un bene, con l’intesa tuttavia che il trasferi-

mento debba valere come semplice garanzia (12).

Differenze da altri istituti

Il negozio fiduciario, nel quale entrambi i negozi sono reali ed effettivamente

voluti dalle parti, si differenzia dal negozio simulato della simulazione relativa, in cui

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è voluto ed è reale il solo negozio interno - efficace tra le parti -, mentre il negozio

esterno - efficace entro determinati limiti nei confronti dei terzi – è solo fittizio.

Il negozio fiduciario si differenzia anche dal negozio di fiducia (ad esempio

procura o mandato), che si fonda sull’intuitus personae ed è caratterizzato da una

fiducia diversa dalla fiducia in senso tecnico. Nel negozio di fiducia, che non indica

una categoria di negozi giuridici, ma la denominazione di una particolare serie di

negozi, la fiducia ha una funzione meramente psicologica o di semplice motivo.

Definizioni e normativa di riferimento

Le società fiduciarie trovano una prima generale definizione nella legge 23 no-

vembre 1939, n. 1966, il cui art. 1 qualifica società fiduciarie e di revisione "quelle

che, comunque denominate, si propongono, sotto forma di impresa, di assumere

l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabi-

le di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni".

Il successivo art. 2 stabilisce che le società fiduciarie siano soggette alla vigi-

lanza del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

E’ di immediata evidenza come la definizione di società fiduciaria data dallo

stesso legislatore contempli una fiducia di tipo germanico, presupponendo il trasfe-

rimento al fiduciario non della piena titolarità di un diritto, ma della sola legittima-

zione ad esercitare in nome proprio, anche se nell’interesse altrui, un diritto di cui

rimane titolare il fiduciante. Non pare infatti possa intendersi in altro modo la ter-

minologia “assumere l’amministrazione” contenuta nel suddetto art. 1 della legge n.

1966/1939.

Il secondo comma dell’art. 6 della medesima legge n. 1966/1939 dispone poi

che “nulla è innovato alle disposizioni del R. decreto-legge 26 ottobre 1933, n.

1598, per quanto si riferisce alle società fiduciarie che abbiano per oggetto la ge-

stione fiduciaria di beni conferiti da terzi, corrispondendo utili della gestione”.

A quest’ultima norma è stato attribuito il significato di voler distinguere,

nell’ambito di attività svolte pur sempre nell’interesse altrui, tra società fiduciarie di

cui all’art. 1, prive del potere di disporre del bene loro affidato in amministrazione

dal fiduciante, e società di gestione di cui all’art. 6, in cui invece il gestore acquista

la piena disponibilità dei beni conferiti, compreso il potere di alienazione (13) - at-

tività quest’ultima un tempo svolta dagli enti di gestione fiduciaria (ex art. 45,

D.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449, poi soppressi dall’art. 1 D.L. 16 febbraio 1987, n.

27, convertito con modificazioni in legge 13 aprile 1987 n. 148) ed ora riservata alle

società di gestione di fondi comuni di investimento.

L’interpretazione secondo la quale il fiduciante rimane proprietario effettivo

del bene trova poi, nel tempo, ulteriori conferme normative nelle seguenti disposi-

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zioni:

- l’art. 1, ultimo comma, del R.D. 29 marzo 1942, n. 239 stabilisce, infatti,

che “le società fiduciarie che abbiano intestato al proprio nome titoli azionari appar-

tenenti a terzi sono tenute a dichiarare le generalità degli effettivi proprietari dei ti-

toli stessi”;

- l’art. 9, primo comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1745 prevede pre-

cisi obblighi di comunicazione, in capo alle società fiduciarie, dei “nomi degli effettivi

proprietari delle azioni ad esse intestate ed appartenenti a terzi”;

- l’art. 20, secondo comma, del D.M. 12 marzo 1981, disciplinante l’obbligo di

deposito dei titoli emessi o pagabili all’estero, prevede che il deposito possa “essere

costituito anche al nome di società fiduciarie” che abbiano acquistato titoli o quote

per conto di residenti, con obbligo di indicare dettagliatamente in sottorubriche ogni

effettivo proprietario;

- l’art. 3, nono comma, del D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modi-

ficazioni in legge 3 aprile 1979, n. 95, dapprima, e l’art. 2, decimo comma, del D.L.

5 giugno 1986, n. 233, convertito con modificazioni in legge 1° agosto 1986, n.

430, poi, disciplinano la richiesta, da parte di uffici pubblici, alle società fiduciarie,

delle “generalità degli effettivi proprietari dei titoli azionari e delle altre partecipa-

zioni sociali intestati al proprio nome.

Come è stato osservato anche dall’amministrazione finanziaria (14), fino al-

l'entrata in vigore della legge 2 gennaio 1991, n. 1, le società fiduciarie "potevano

svolgere, oltre ad un'attività di amministrazione fiduciaria di patrimoni, anche una

gestione di patrimoni avente per oggetto valori mobiliari, attività quest'ultima di

chiaro carattere speculativo".

Con l'entrata in vigore della legge 2 gennaio 1991, n. 1, sono stati riformati i

mercati finanziari, è stata introdotta una disciplina specifica per l'attività di inter-

mediazione mobiliare, con attribuzione esclusiva ad un nuovo soggetto - le società

di intermediazione mobiliare (cd. Sim), tenute ad iscriversi ad un apposito albo isti-

tuito presso la Consob - dell'esercizio professionale nei confronti del pubblico di at-

tività come la negoziazione di valori mobiliari, il collocamento e la distribuzione degli

stessi, la gestione di patrimoni.

A norma dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 1/1991, le Sim possono

tuttavia essere autorizzate a svolgere, oltre alle suddette attività, anche "le attività

di custodia e amministrazione di valori mobiliari".

La normativa in commento, riferita alla sola attività di intermediazione mobi-

liare, introduce per la prima volta una distinzione netta tra:

- società fiduciarie di gestione dinamica, che hanno per oggetto l’attività di

negoziazione di titoli e gestione di patrimoni e nelle quali il fiduciario può compiere

tutti gli atti che ritiene più opportuni, col solo obbligo di rendiconto al fiduciante e

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- società fiduciarie di gestione statica, che hanno per oggetto l’attività di sem-

plice amministrazione di beni e nelle quali il fiduciario acquista la legittimazione, ma

con l’obbligo di seguire le istruzioni del fiduciante (15).

Soltanto alle società fiduciarie che svolgono attività del primo tipo il legislatore

attribuisce la qualifica di attività protetta.

Si segnala che, nell'interpretazione ormai prevalente, la c.d fiducia statica è

considerata presupporre un mandato senza rappresentanza (16).

Il regime transitorio previsto dalla legge n. 1/1991 accordava comunque alle

società fiduciarie che, alla data di entrata in vigore della normativa, esercitassero

l'attività di gestione di patrimoni (c.d. gestione dinamica), la possibilità di continua-

re ad operare, subordinatamente all'iscrizione in una apposita sezione dell'albo delle

Sim (art. 17, commi primo e secondo), ma con svolgimento di tale attività in via

esclusiva (art. 17, quarto comma) e conseguente rinuncia, quindi, all'esercizio del-

l'attività di amministrazione c.d. statica.

Al contrario, invece, le società fiduciarie non iscritte alla sezione speciale del-

l'albo delle Sim, potevano continuare a svolgere l'attività di amministrazione di beni

(cosiddetta attività di gestione statica), ma con conseguente esclusione di tutte le

attività riservate in via esclusiva alle Sim, quali l'attività di negoziazione, colloca-

mento, distribuzione di titoli e l'attività di gestione di patrimoni.

Come ben osserva sempre l'amministrazione finanziaria (17), "con la L. n. 1

del 1991, quindi, nonché con i successivi decreti legislativi 23 luglio 1996, n. 415 e

24 febbraio 1998, n. 58 (c.d. Testo Unico della Finanza), il legislatore opera una

netta distinzione giuridica di trattamento fra le società che svolgono un'attività di

amministrazione di beni (cosiddette gestione statica), assoggettate alle disposizioni

di cui alla legge n. 1966 del 1939, e le società che esercitano un'attività di gestione

di portafogli titoli (cosiddette gestione dinamica), per certi versi equiparate alle so-

cietà di intermediazione mobiliare ed inquadrate nel complesso impianto normativo

di regolamentazione dei mercati finanziari di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998".

L'art. 60, quarto comma, del decreto legislativo n. 415/1996 prevede, infatti,

che le società fiduciarie che, alla data di entrata in vigore della normativa, siano i-

scritte nella sezione speciale dell'albo delle Sim:

- debbano introdurre nella denominazione sociale le parole "società di inter-

mediazione mobiliare",

- possano continuare a prestare il servizio di gestione di portafogli d'investi-

mento, anche mediante intestazione fiduciaria,

- siano iscritte di diritto in una sezione speciale dell'albo delle Sim,

- non possano "essere autorizzate a svolgere servizi di investimento diversi da

quello di gestione di portafogli di investimento, a meno che non cessino di operare

mediante intestazione fiduciaria".

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L'art. 199 del decreto legislativo n. 58/1998 prevede poi che, "fino alla riforma

organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione", conservino vigore le

disposizioni di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966 ed all'art. 60, comma

quarto, del d.lgs. n. 415/1996.

Si segnalano, infine, ad ulteriore riprova dell’attenzione del legislatore verso le

società fiduciarie, i numerosi e significativi riferimenti ad esse contenuti nella nuova

normativa societaria, come ad esempio negli articoli 2359-bis, ultimo comma, e

2360 c.c.

L’interpretazione della normativa

L'attenzione del legislatore pare esclusivamente focalizzata sulle sole società

fiduciarie di gestione mobiliare dinamica: dettando una disciplina specifica per la so-

la attività di intermediazione finanziaria e riproponendosi una riforma organica della

disciplina delle società fiduciarie con lo stesso art. 199 del D.Lgs. n. 58/1998, l'uni-

ca normativa di riferimento, per tutte le società fiduciarie che non siano Sim, rima-

ne ancora oggi la legge 23 novembre 1939, n. 1966.

Sarà quindi questa l'unica normativa attualmente in vigore applicabile alle so-

cietà fiduciarie che operano nel settore immobiliare, in ordine alle quali, proprio per

la peculiarità dei beni cui si riferiscono e la loro intrinseca infungibilità, è ipotizzabile

una sola gestione statica del patrimonio. Di conseguenza, le società fiduciarie in og-

getto possono definirsi, in ossequio a quanto previsto dall'art. 1 della legge n.

1966/1939, società che "si propongono, sotto forma di impresa, di assumere l'am-

ministrazione dei beni per conto di terzi".

La normativa speciale cui sopra si è fatto cenno riguarda principalmente i va-

lori mobiliari (azioni, quote, titoli di credito) e la cd. circolazione irregolare dei me-

desimi.

In passato, la giurisprudenza era prevalentemente orientata nel senso di ri-

condurre il negozio fiduciario allo schema della cd. fiducia romanistica, ritenendo il

fiduciario reale titolare di quote o azioni (18).

Successivamente, in seguito all’entrata in vigore della normativa sulle Sim

(legge n. 1/1991), si registrano significative aperture verso un approccio di caratte-

re più germanistico alla materia, tanto che ora la giurisprudenza costante è orienta-

ta a riconoscere che “effettivi proprietari dei beni affidati alla società fiduciaria sono

i fiducianti (art. 1, ultimo comma, R.D. 29 marzo 1942, n. 239) e che, pertanto,

l’intestazione del titolo al nome della società fiduciaria, pur non potendo dirsi “fitti-

zia” (perché effettivamente voluta) ha carattere “formale”, estrinsecandosi

nell’attribuzione della legittimazione all’esercizio di diritti altrui” (19).

Questa interpretazione, d’altra parte, trova fondamento, oltre che nelle nume-

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rose disposizioni sopra richiamate, che escludono la possibilità per la società fidu-

ciaria di disporre liberamente dei beni o diritti ricevuti, anche nell’espresso ricono-

scimento di una sorta di “separazione” (20) dei beni conferiti dai fiducianti rispetto

al patrimonio della società fiduciaria (21), da considerarsi principio vigente del no-

stro ordinamento fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie.

Tale principio è stato codificato per la prima volta nell’art. 17 della legge 2

gennaio 1991, n. 1, che estende l’applicazione alle società fiduciarie dell’art. 8 della

medesima legge, a norma del quale:

- il patrimonio conferito in gestione dai singoli clienti costituisce patrimonio

separato, a tutti gli effetti, da quello della società e degli altri clienti;

- sul patrimonio conferito in gestione non sono ammesse azioni dei creditori

della società o nell’interesse degli stessi;

- le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimo-

nio di loro proprietà.

L’art. 19 del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415 ribadisce il medesimo concetto di

separazione patrimoniale dei valori mobiliari affidati alle società fiduciarie, dettando

identica disciplina.

Questa impostazione non è tuttavia condivisa da parte della dottrina (22),

secondo la quale il fiduciario diventa l’effettivo proprietario del bene, potendolo

amministrare e potendone disporre, mentre il fiduciante gode solo i diritti connessi

alla separazione del patrimonio dagli altri beni del fiduciario, ma non può conside-

rarsi un proprietario concorrente col fiduciario, né un proprietario sostanziale od ef-

fettivo, argomentando in base alla considerazione che, in caso di conflitto,

l’amministrazione del bene è decisa dal fiduciario, ed i diritti del fiduciante non sono

opponibili ai terzi in buona fede, che acquistano sempre bene, prima di una even-

tuale trascrizione di domanda giudiziale da parte del fiduciante.

Questi rilievi assumono particolare significato nei negozi fiduciari relativi a be-

ni immobili, dove il nostro sistema di pubblicità non consente, con la normativa at-

tuale, di derogare in alcun modo alla inopponibilità al terzo acquirente di buona fede

di un pactum fiduciae.

Emersione attività detenute all'estero (23)

Il decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dal-

l'art. 1 della legge 23 novembre 2001, n. 409, ha consentito ad alcuni soggetti fi-

scalmente residenti in Italia, che abbiano violato le disposizioni in materia di moni-

toraggio fiscale contenute nel decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito con

legge 4 agosto 1990, n. 227, l'emersione, mediante le procedure di rimpatrio o di

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regolarizzazione, di somme di denaro, attività finanziarie e altri investimenti dete-

nuti all'estero.

Tra le varie procedure di rimpatrio rientranti nell'art. 13 del d.l. n. 350/2001,

l'amministrazione finanziaria (24) ammette anche l'intestazione a società fiduciarie

italiane di attività di natura finanziaria depositate all'estero, ritenendo sufficiente, a

tal fine, che "l'intermediario italiano assuma formalmente in custodia, deposito o

gestione le attività depositate o esistenti all'estero, anche senza procedere al mate-

riale afflusso nel territorio dello Stato".

Gli intermediari ai quali possono essere presentate le dichiarazioni di emersio-

ne, ai sensi del combinato disposto degli artt. 14, ottavo comma e 11 del d.l. 25

settembre 2001, n. 350, sono, oltre alle banche italiane, anche le Sim e le società

fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966.

"La finalità generale delle disposizioni concernenti l'emersione delle attività

detenute all'estero è quella di riportare nell'ambito del controllo diretto dell'Ammini-

strazione Finanziaria italiana le attività finanziarie e gli altri beni che i contribuenti

residenti detengono in violazione della normativa nazionale sul monitoraggio, al fine

di conoscere l'effettiva situazione reddituale complessiva dei medesimi" (25).

In questa ottica è stato precisato anche che "l'emersione delle attività è am-

messa non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contri-

buente, ma anche nel caso in cui le predette siano intestate a società fiduciarie o

siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona" (26).

In questo caso, l'amministrazione ritiene che, "se la società estera è un sog-

getto interposto e lo schermo societario appare meramente formale, si può soste-

nere che la titolarità dei beni e delle attività intestati alla società spetti in realtà al

socio che effettui il rimpatrio. In questo caso, in luogo del rapporto formale, prevale

la realtà fattuale, che vede nella persona fisica il detentore dei beni intestati alla so-

cietà interposta. Ne consegue che, eliminato lo schermo societario, è consentito ef-

fettuare il rimpatrio o la regolarizzazione in applicazione dei principi generali" del

provvedimento, vale a dire quando i beni e le attività da fare emergere con la di-

chiarazione riservata siano detenuti all'estero (27).

Con riferimento agli immobili ubicati in Italia, ma detenuti per il tramite di un

soggetto interposto residente all'estero, la stessa amministrazione finanziaria ha ri-

tenuto ugualmente esperibile la procedura di regolarizzazione, "potendosi sostenere

che il presupposto della "detenzione all'estero di attività" si realizzi anche nel caso

di "esterovestizione" di beni immobili posseduti da soggetti residenti in Italia per il

tramite di soggetti esteri interposti che ne risultino formalmente intestatari" (28).

La stessa amministrazione precisa ulteriormente il punto, sottolineando come

"l'aspetto giuridico-formale assuma rilievo ai fini dei presupposti della regolarizza-

zione" e tanto basta "per localizzare all'estero una relazione giuridica esistente tra il

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soggetto interposto e l'immobile o altre attività riconducibili al suo patrimonio".

Negozio fiduciario avente per oggetto beni immobili

Il negozio fiduciario che abbia per oggetto beni immobili si scontra innanzitut-

to, nel nostro ordinamento giuridico, con l’esigenza di forma del negozio giuridico,

sancita a pena di nullità dall’art. 1350 c.c., il quale richiede l’atto pubblico o la scrit-

tura privata per i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili o che co-

stituiscono, modificano o trasferiscono diritti reali di godimento sugli stessi.

Saranno pertanto soggetti a forma scritta sia il contratto di trasferimento alla

società fiduciaria, che il contratto di ritrasferimento al fiduciante, nonché lo stesso

pactum fiduciae (29).

A questa norma fa poi da corollario la normativa dettata in tema di pubblicità,

che indica come titolo idoneo per la trascrizione l’atto pubblico, la scrittura privata

autenticata o accertata giudizialmente o la sentenza (art. 2657 c.c.).

La giurisprudenza, nell’individuare la disciplina della forma, equipara l’obbligo

di ritrasferimento derivante dal pactum fiduciae allo stesso obbligo nascente dal

contratto preliminare (30).

Trattamento tributario (31)

Passando all'esame della problematica oggetto del quesito, si osserva, nel più

assoluto silenzio del legislatore, che il trattamento tributario della reintestazione di

beni immobili siti in Italia a soggetto residente, sotto il profilo della imposizione in-

diretta, vada ricercato nelle disposizioni di carattere generale, fra cui, in primis,

l'art. 20 del d.p.r. n. 131/86, in tema di imposta di registro: "L'imposta è applicata

secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registra-

zione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma".

In altri termini, solo attraverso l’interpretazione della volontà delle parti, de-

sumibile anche dallo specifico contenuto negoziale, sarà possibile accertare, in ogni

diversa fattispecie, se si tratti di negozio fiduciario, se si tratti di fiducia di tipo ro-

mano o di tipo germanico e, quindi, se il fiduciante abbia inteso trasferire al fiducia-

rio la piena titolarità del diritto o la sola legittimazione ad esercitarlo ed ancora qua-

le sia la funzione economico-sociale che le parti abbiano inteso perseguire.

Considerando il fatto che il negozio fiduciario non corrisponde sempre e ne-

cessariamente ad un identico schema negoziale, ma può essere utilizzato per una

molteplicità di scopi, e, pertanto, l’ordinamento italiano potrà conoscere una varie-

gata tipologia di applicazioni concrete dell’istituto, è “pressoché impossibile insegui-

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re una casistica, che è aprioristicamente indeterminabile, dovendosi ripiegare sulla

previsione delle applicazioni più frequenti dell’istituto, secondo una catalogazione

che tenga conto di caratteristiche generali ed uniformanti” (32).

In primis, fra le varie differenziazioni, rileverà anche in modo determinante la

presenza o meno di una società fiduciaria tra le parti interessate, essendo questa

l’unica fattispecie per la quale esiste la normativa speciale di riferimento sopra e-

saminata.

In ogni caso, comunque, al fine di delineare i profili di imposizione indiretta

del negozio fiduciario, non si deve dimenticare che, come è stato giustamente os-

servato, "gli scopi traslativi propri del trasferimento e dell'eventuale ritrasferimento

romanistico non si pongono come scopo del negozio, ma come mero "mezzo" per il

raggiungimento di fini ulteriori, impedendo così ogni legame di "corrispettività" tra

le prestazioni" (33).

Se anche poi, concettualmente e per genesi, la fiducia di tipo romano è più vi-

cina al nostro ordinamento giuridico, non si può neppure negare che, per le società

fiduciarie, è lo stesso legislatore ad istituzionalizzare la struttura del negozio fidu-

ciario di tipo germanico (34), come risulta, secondo l'interpretazione ormai preva-

lente, sia dal tenore letterale dell’art. 1 legge n. 1966/1939 e delle leggi speciali

successive sopra esaminate, sia dalle stesse clausole contrattuali dei contratti di

amministrazione stipulati con società fiduciarie.

Se è vero che la nostra tradizionale formazione giuridica, sulla scia di autore-

vole dottrina (35), nega cittadinanza nel nostro ordinamento alla fiducia di tipo

germanico, se non ammettendo la proprietà temporanea e risolubile, è anche vero,

tuttavia, che il diritto non può e non deve trascurare le esigenze economiche di una

società in evoluzione.

Così non si può negare valenza alle osservazioni della giurisprudenza recente

che sottolinea come “lo stesso concetto di “trasferimento di proprietà” di cui al n. 1

dell’art. 2643 c.c. non appare più del tutto univoco, a fronte dell’emersione di istitu-

ti nei quali lo stesso diritto di proprietà si atteggia con modalità parzialmente diver-

se da quelle tradizionali (si pensi alla multiproprietà ovvero alla proprietà fiducia-

ria)” (36).

D’altra parte, almeno nelle ipotesi in cui il fiduciario sia una società fiduciaria,

istituzionalmente esercente l’amministrazione di beni per conto terzi, ai sensi

dell’art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, pare ormai compatibile con il no-

stro ordinamento, alla luce della copiosa e costante normativa speciale sopra esa-

minata e delle interpretazioni date alla stessa, lo schema della fiducia di tipo ger-

manico (37), in quanto la società fiduciaria, per definizione, amministra beni non

propri. Nello specifico settore dei valori mobiliari, è infatti la legge stessa ad esclu-

dere che la società fiduciaria diventi effettiva proprietaria dei titoli che il fiduciante

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le affida in amministrazione.

Non altrettanto può dirsi tuttavia per i beni immobili, per i quali una costru-

zione siffatta si scontra inevitabilmente con l’attuale sistema di pubblicità immobi-

liare, che non consente di attribuire alcuna rilevanza esterna o comunque di oppo-

nibilità ai terzi del pactum fiduciae.

Queste osservazioni non impediscono tuttavia di considerare la fattispecie, sia

pure mantenendo un rigoroso profilo civilistico, con una particolare attenzione alla

rilevanza tributaria che assume.

In generale si può osservare che, pur riconoscendo le ragioni logiche e di e-

quità in base alle quali il trattamento tributario del negozio fiduciario dovrebbe es-

sere calibrato sulla sua effettiva espressione di capacità contributiva, un trattamen-

to di favore sia difficilmente ipotizzabile laddove la fiducia si realizzi, per espressa

volontà dei contraenti, con un doppio effettivo trasferimento nel senso romano del

termine, in quanto il pactum fiduciae rimarrebbe una vicenda interna dei soggetti,

non opponibile a terzi.

Diversa è invece l’ipotesi in cui fiduciario sia una società fiduciaria istituzio-

nalmente esercente l’amministrazione di beni per conto terzi, perché in tal caso la

natura fiduciaria del negozio traspare all’esterno, è dimostrabile con la documenta-

zione contrattuale, trova una disciplina nelle leggi speciali sopra indicate ed è og-

getto di attenzione da parte della giurisprudenza ed ora anche dell’amministrazione

finanziaria che comincia cautamente a delinearne i particolari profili tributari.

Si segnala così il parere dell'Agenzia delle entrate, Direzione regionale della

Lombardia, n. 118299 in data 31 dicembre 2001 (38), chiamata a pronunciarsi sul

trattamento fiscale, ai fini dell'imposta di registro, dell'intestazione fiduciaria di un

immobile ad una società autorizzata a svolgere l'attività propria di società fiduciaria,

disciplinata dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966. L'amministrazione ritiene che il

trasferimento di beni a società fiduciarie comporti il trasferimento soltanto dei pote-

ri di amministrazione e gestione dell'immobile e non della proprietà degli stessi, ra-

gione per cui l'operazione è riconducibile al mandato a titolo oneroso senza rappre-

sentanza (39), soggetto a registrazione in termine fisso e ad imposta di registro

nella misura del 3%, ai sensi dell'art. 9 tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26

aprile 1986, n. 131, da applicarsi sul corrispettivo pattuito per il mandato (40).

La stessa amministrazione precisa anche che "l'intestazione dell'immobile, così

come il suo ritrasferimento costituiscono cessione di beni senza alcun corrispettivo,

che non comportano trasferimento di diritti reali" ed anche che "con dette cessioni

... si adempiono specifiche obbligazioni, derivanti da quella principale e assunte in

sede di contratto e, in particolare, la restituzione del bene è conseguenza dell'eser-

cizio del diritto di recesso convenuto tra le parti".

Le motivazioni della decisione possono così riassumersi:

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- l'art. 1 della legge n. 1966/1939 dispone che le società fiduciarie "si propon-

gono, sotto forma di impresa, di assumere l'amministrazione dei beni per conto di

terzi";

- l'operazione non comporta pertanto trasferimento del diritto di proprietà: la

titolarità del diritto di proprietà rimane in capo al fiduciante, come si deduce anche

dall'art. 1 del R.D. 29 marzo 1942, n. 239, a norma del quale "le società fiduciarie

che abbiano intestato al proprio nome titoli azionari appartenenti a terzi sono tenu-

te a dichiarare le generalità degli effettivi proprietari dei titoli stessi”, come è co-

stantemente riconosciuto dalla stessa giurisprudenza (41);

- l'opinione è condivisa dallo stesso Ministero delle finanze (42), il quale ha

riconosciuto che, in materia di plusvalenze derivanti da cessioni a titolo oneroso di

azioni, non costituiscono cessioni i trasferimenti a società fiduciarie.

Si segnala che già in precedenza, in relazione all’applicazione della ora abro-

gata imposta di successione, la giurisprudenza si era già espressa in senso confor-

me (43), ritenendo che, nell’intestazione fiduciaria di titoli azionari a società fidu-

ciaria, nei confronti del fisco rilevasse l’effettiva proprietà del de cuius fiduciante.

Per quanto riguarda poi l’applicazione delle norme in tema di IVA ove il man-

datario senza rappresentanza è considerato operatore in proprio (art. 3, terzo

comma, e 13, secondo comma, lett. b) D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), la cessione

dei titoli fiduciariamente intestati deve essere imputata alla società fiduciaria, in

quanto la suddetta normativa è legata a presupposti di carattere formale (Cass. 27

agosto 2001, n. 11267).

La Suprema Corte si è occupata anche della problematica se l’acquisto e la

vendita di titoli siano estranei all’attività tipica della società fiduciaria, ritenendo che

il potere di disporre dei beni affidati non possa essere “considerato incompatibile

con l’incarico conferito alla società fiduciaria, purché esso non sia tale da comporta-

re l’affidamento dei beni consegnati alla sua libera disponibilità, al di fuori di ogni

possibilità d’intervento da parte dei fiducianti”.

In epoca ancora più recente, si segnala un ulteriore importante contributo sul-

la stessa linea da parte della Direzione Regionale dell'Emilia Romagna (44), in ri-

sposta ad un interpello in materia di imposta di registro e di Irpef, relativo ad un

caso di intestazione di bene immobile a società fiduciaria, comportante un atto di

trasferimento iniziale ed una successiva retrocessione, con attenzione sia ai profili

dell'atto di trasferimento alla società fiduciaria, sia alla retrocessione del bene. In

quell’occasione l'amministrazione si è espressa nel senso di ritenere l'intestazione

fiduciaria di un immobile il risultato della combinazione di due negozi: "uno con ef-

fetti reali, che determina il trasferimento di proprietà fiduciaria sul bene dal fidu-

ciante al fiduciario, che ne diventa proprietario, seppure solo formalmente, l'altro

con effetti obbligatori, tipicizzabili nei caratteri di un mandato senza rappresentanza

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con corrispettivo. Si avrebbe così una "cessione di proprietà formale senza corri-

spettivo dal fiduciante al fiduciario", "un sottostante contratto di mandato a titolo

oneroso e" "una seconda cessione senza corrispettivo in restituzione della proprietà

formale del bene dal fiduciario al fiduciante".

Conseguentemente l'amministrazione ha ritenuto, conformemente all'opinione

della Direzione regionale della Lombardia, che il mandato fiduciario sia soggetto a

registrazione in termine fisso e ad imposta di registro nella misura proporzionale del

3%, ai sensi dell'art. 9 tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n.

131, su una base imponibile costituita dal corrispettivo pattuito per il mandato.

L'ulteriore osservazione riguarda invece "la cessione per intestazione e quella

in restituzione", considerati entrambi trasferimenti non aventi per oggetto presta-

zioni a contenuto patrimoniale, soggetti in quanto tali a registrazione in termine fis-

so e ad imposta di registro in misura fissa, se posti in essere per atto pubblico o

scrittura privata autentica, ai sensi dell'art. 11 tariffa, parte prima, allegata al

D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

Si segnala anche il progetto di legge (45) sulla riforma del negozio fiduciario,

assegnato alla 6° commissione finanze della Camera in sede referente in data 20

febbraio 2002, ma non ancora discusso, nel quale è evidente l’attenzione program-

matica del legislatore alla separazione dei patrimoni (46) e ad un trattamento tri-

butario di favore.

In particolare, si sottolineano le seguenti previsioni contenute nell’art. 7:

- l’intestazione fiduciaria dei beni alla società fiduciaria e la loro reintestazione

al fiduciante non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze e sono sog-

getti ad imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (47);

- la trascrizione nei pubblici registri di beni immobili o mobili registrati conter-

rà l’indicazione della natura fiduciaria dell’intestazione.

Conclusioni

Considerando la legislazione vigente ed il progetto di legge in corso di esame

al Parlamento, considerando la ratio del negozio fiduciario ed i fini perseguiti dalle

parti, in attesa della riforma organica della disciplina delle società fiduciarie che fac-

cia chiarezza sul punto, limitatamente ai negozi fiduciari nei quali una delle parti sia

una società fiduciaria istituzionalmente esercente l’amministrazione di beni per con-

to terzi, in mancanza di diversa volontà delle parti, si può aderire alle conclusioni

cui è giunta la stessa amministrazione finanziaria.

Nell’eventualità in cui si trattasse poi di una società fiduciaria estera, occorre-

rà verificare caso per caso la sua eventualità assimilabilità alla società fiduciaria isti-

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tuzionalmente esercente l’amministrazione di beni per conto terzi, nel senso sopra

enunciato.

In altri termini, sotto il profilo tributario, in mancanza ed in attesa di una

normativa specifica sull’istituto in esame, le interpretazioni da preferire, in linea con

gli orientamenti più recenti sopra segnalati, tra i quali anche quello

dell’Amministrazione finanziaria e per le motivazioni tutte sopra espresse, sono nel

senso di considerare il trasferimento di un bene immobile ad una società fiduciaria

ed il suo ritrasferimento al fiduciante atti non equiparabili ad un trasferimento di

proprietà, neutri dal punto di vista fiscale e, come tali, soggetti ad imposizione indi-

retta (imposta di registro, ipotecaria e catastale) in misura fissa (48).

Il cd. pactum fiduciae consente di inquadrare la fattispecie negoziale nel man-

dato senza rappresentanza, con conseguente applicazione del relativo trattamento

tributario.

Pertanto:

- se trattasi di mandato a titolo oneroso senza rappresentanza, il negozio

sconterà l'imposta di registro nella misura proporzionale del 3% sull'ammontare del

corrispettivo pattuito appunto per il mandato (e non sul valore del bene oggetto del

negozio);

- se trattasi di mandato a titolo gratuito, si applicherà invece l'imposta di regi-

stro in misura fissa;

- se il mandatario è un soggetto IVA ed il mandato è a titolo oneroso, il con-

tratto è soggetto ad IVA, ai sensi dell'art. 3, comma 1, D.P.R. n. 633/1972. Sono

tuttavia esenti da IVA le prestazioni di mandato di cui all'art. 10, n. 9), del medesi-

mo D.P.R.

Cinzia Brunelli

________________________

(1) Sul negozio fiduciario in genere, cfr. AA.VV., Fiducia, trust, mandato ed agency, Milano, 1991;

CAMPAGNA, Il problema della interposizione di persona, Milano, 1962, p. 98; CARIOTA FERRARA,

I negozi fiduciari, Padova, 1936; CARNEVALI, Negozio giuridico, III) Negozio fiduciario, in Enc.

giur. Treccani, XX, Roma, 1990; GALGANO, Il negozio giuridico, Milano, 1988, p. 421; GAMBINI,

Il negozio fiduciario negli orientamenti della giurisprudenza, in Rass. dir.civ., 1998, p. 844; LIPA-

RI, Il negozio fiduciario, Milano, 1971; GENTILI, Simulazione, in Trattato dir. priv., Il contratto in

generale, vol. XIII, V, Torino, 2002; GRASSETTI, Il negozio fiduciario e la sua ammissibilità nel

nostro ordinamento giuridico, in Riv. dir.comm., 1936, p. 345; MESSINA, Negozi fiduciari, in Scrit-

ti giuridici, I, Milano, 1948; NANNI, Interposizione di persona, in Enc. giur. Treccani, XVII, Roma,

1998; NUSSI, "Fiducia" nel diritto tributario, in Digesto discipline privatistiche - sez. comm., VI,

Torino, 1991, p. 85; PETRELLI, Negozi fiduciari, in Formulario notarile commentato, II, Milano,

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2001, p. 357 ss.; PUGLIATTI, Fiducia e rappresentanza indiretta, in Diritto civile - Metodo, teoria,

pratica, Milano, 1951, p. 201 ss; PUGLIATTI, Precisazioni in tema di vendita a scopo di garanzia,

in Diritto civile - Metodo, teoria, pratica, cit., p. 334; SCARDULLA, Interposizione di persona, in

Enc. dir., XXII, Milano, 1972, p. 143; TRIMARCHI, Negozio fiduciario, in Enc. dir., XXVIII, Milano,

1978, p. 32.

(2) NANNI, Interposizione di persona, in Enc. giur. Treccani, XVII, Roma, secondo il quale

l’interposizione è reale quando “l’intermediario agisce come effettivo contraente, assumendo in

proprio i diritti che derivano dal contratto e obbligandosi a ritrasferirli all’interponente con un ulte-

riore atto”. Tale forma di interposizione può aver luogo in due modi: quando l’intermediario com-

pie “un atto che non suppone alcuna qualità speciale nell’agente, così fare un acquisto, contrarre

un’obbligazione, sebbene nell’interesse altrui”, oppure quando compie “un atto che richiede nel

contraente una posizione prestabilita, una vocazione determinata, un diritto anteriore, così fare

un’alienazione, una remissione di debito, ecc., la quale suppone nell’agente la qualità di proprieta-

rio o creditore”. Nella prima posizione la persona interposta è un mandatario in nome proprio,

nell’altra è un fiduciario”.

Nell’interposizione reale di persona, non esiste simulazione: l’interposto acquista effettivamente i

diritti nascenti dal contratto, salvo poi l’obbligo di ritrasferimento all’interponente. A tal fine è suf-

ficiente l’accordo tra interposto e interponente, a nulla rilevando la conoscenza dell’accordo in ca-

po al terzo contraente.

Nell’interposizione fittizia di persona, invece, l’intervento della persona interposta è simulato:

l’interposto figura come acquirente del bene, mentre gli effetti del negozio (ossia il trasferimento

del diritto di proprietà) si producono in favore dell’interponente. Questo tipo di interposizione di

persona, concretizzandosi in una simulazione, richiede l’accordo di tutti i soggetti partecipanti.

Sull’interposizione di persona in generale cfr. CAMPAGNA, Il problema della interposizione di per-

sona, Milano, 1962; FERRARA, Della simulazione dei negozi giuridici, Roma, 1922; NANNI,

L’interposizione di persona, Padova, 1990.

(3) Cass. 27 novembre 1999, n. 13261; Cass. 23 giugno 1998, n. 6246; Cass. 14 ottobre 1995, n.

10768, in Vita not., 1996, p. 1417 ss.; Cass. 29 novembre 1983, n. 7152; Cass. 16 novembre

2001, n. 14375, in Vita Not., 2002, 1, p. 328, che precisa anche che il diritto del fiduciante alla

restituzione dei beni intestati al fiduciario si prescrive con il decorso dell’ordinario termine decen-

nale, che decorre, in difetto di una diversa previsione nel pactum fiduciae, dal giorno in cui il fidu-

ciario, avutane richiesta, abbia rifiutato il ritrasferimento del bene.

(4) Cfr. per tutte Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031.

(5) Sul punto cfr. A. GENTILI, Simulazione, in Notiziario giuridico telematico

http://www.notiziariogiuridico.it/gentili_fiducia.html ed in Trattato di Diritto Privato, Il contratto in

generale, vol. XIII, V, Torino, 2002.

(6) BETTI, teoria generale del negozio giuridico, 1960, rist. ESI, 1994, , p. 315 ss.; CAMPAGNA, Il

problema della interposizione di persona, cit., p. 132; CARNEVALI, Negozio fiduciario, cit., p. 4

ss.; GAMBARO, Il diritto di proprietà, Milano, 1995, p. 609 ss.; GRASSETTI, Il negozio fiduciario e

la sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico, cit., p. 345; GRASSETTI, Il negozio fiducia-

rio nel diritto privato, in Fiducia, trust, mandato e agency, Milano, 1991, p. 1 ss.; LA PORTA, De-

stinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994, p. 59 ss.; LUMINOSO, Mandato,

commissione, spedizione, Milano, 1984, p. 196 ss.

(7) CARIOTA FERRARA, I negozi fiduciari, cit., p. 124; PUGLIATTI, Fiducia e rappresentanza indiretta,

cit., p. 267 ss.; SACCO - DE NOVA, Il contratto, I, Torino, 1993, p. 673 ss.; TRIMARCHI, Negozio

fiduciario, cit., p. 42 ss.

(8) Cass. 1 aprile 2003, n. 4886 in Corr. giur., 2003, p. 1041; App. Milano 28 marzo 1997, in Corr.

giur., 1997, p. 1189; Cass. 29 maggio 1993, n. 6024, in Foro it., 1994, I, c. 2495 e in Giur.

comm., 1994, II, p. 5 ss., con nota di GIULIANI; Trib. Napoli 16 gennaio 1993, in Dir. e giur.,

1996, p. 197; Cass. 18 ottobre 1988. n. 5663, in Corr. giur., 1988, p. 1268; Cass. 7 agosto 1982,

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n. 4438, in Foro it., Rep. 1982, voce Contratto in genere, n. 66.

(9) SANTORO, Il negozio fiduciario, Torino, 2002.

(10) VICARI, La comparazione e l’incommensurabilità delle teorie giuridiche: una nuova rappresenta-

zione del negozio fiduciario, in Trusts e attività fiduciarie, 2003, p. 486 ss.

(11) Cfr. MORELLO, Fiducia e trust: due esperienze a confronto, in Fiducia, trust, mandato e agency,

Milano, 1991, p. 86 ss.

(12) Sulla vendita stipulata fiduciae causa a scopo di garanzia cfr. Cass. 22 gennaio 1985, n. 242, in

Riv. not., 1985, p. 1352 ss.

(13) Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031, in Notariato, Intestazione fiduciaria e deposito, 1998, 4, p. 307.

(14) Risoluzione Agenzia delle entrate in data 11 novembre 2002, n. 352/E.

(15) Sulla distinzione elaborata dalla giurisprudenza tra fiducia statica e fiducia dinamica, cfr. Cass. 7

agosto 1982 n. 4438, in Foro it., Rep. 1982, voce Contratto in genere, n. 67; Cass. 10 dicembre

1984, n. 6478, in Foro it., 1985, I, p. 2325; Cass. 18 ottobre 1988 n. 5663, in Corr. Giur., 1988,

p. 1268; Trib. Chiavari 30 aprile 1991, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, p. 415; Cass. 18 otto-

bre 1991, n. 11025; in Foro it., Rep. 1991, voce Contratto in genere, n. 162; Trib. Napoli 16 gen-

naio 1993, in Dir. e giur., 1996, p. 197; Cass. 29 maggio 1993, n. 6024, in Foro it., 1994, I, c.

2495; App. Milano, 28 marzo 1997, in Corr. giur., 1997, p. 1189.

(16) Cfr. Cass. 2 luglio 1990, n. 6764, in Corr. giur., 1990, p. 1144; Cass. 14 ottobre 1995, n. 10768,

in Vita not., 1996, p. 1417; Cass. 23 giugno 1998, n. 6246, in Vita not., 1999, p. 260 ss.

In senso contrario: Cass. 3 maggio 1993, n. 5113, in Foro it., Rep. 1993, voce Contratto in gene-

re, p. 206.

(17) Risoluzione Agenzia delle entrate in data 11 novembre 2002, n. 352/E.

(18) Cass. 29 novembre 1983, n. 7152, in Giur. it., 1985, I, 1, p. 90; App. Milano 3 luglio 1992, in Vita

not., 1993, p. 1484 ss..

(19) Cass. 14. ottobre 1997, n. 10031, in Notariato, Intestazione fiduciaria e deposito, 1998, 4, 307,

con nota di M. Grondona, nonché in Giur. Comm., 1998, 25.3, 299, II, con nota di F. Di Maio. Cfr.

anche Cass., S.U., 10 dicembre 1984, n. 6478; Cass. 23 settembre 1997, n. 9355; Cass. 21

maggio 1999, n. 4943; Cass. 27 agosto 2001, n. 11267.

(20) Non si può comunque parlare di separazione di beni in senso tecnico, data la peculiarità della fat-

tispecie, finora sconosciuta al nostro ordinamento, nella quale si profila una separazione fra titola-

rità formale del diritto di proprietà e legittimazione al suo esercizio di derivazione germanica.

(21) Il concetto di patrimonio separato è ripreso più volte anche dalla giurisprudenza: Trib. Brindisi 13

gennaio 2003, n. 25; per tutte Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031, cit., che conferma l’ormai conso-

lidato principio secondo cui il fallimento dell’intermediario non comporta che i beni affidati allo

stesso entrino nella massa fallimentare.

(22) U. MORELLO, Fiducia e negozio fiduciario: dalla “riservatezza” alla “trasparenza”, in I Trusts in Ita-

lia Oggi, Milano, 1996.

(23) Sulla problematica in generale cfr. MONTI, “Rientro” e”regolarizzazione” dei capitali detenuti irre-

golarmente all’estero, in Corr. trib., 2002, p. 1234; MAGISTRO, Spiegati i “nuovi” termini per il

rimpatrio di attività detenute all’estero, in Corr. trib., 2002, p. 1354; MARONGIU, Il rimpatrio delle

attività detenute all’estero, in Corr. trib., 2002, p. 1577.

(24) Circolare 30 gennaio 2002, n. 9/E, punto 1.8.

Cfr. anche risoluzione Agenzia delle entrate in data 13 maggio 2002, n. n. 144/E.

(25) Risoluzione Ministero dell'economia e delle finanze 30 aprile 2002, n. 134/E.

(26) In tal senso circolare n. 85/E del 2001, circolare n. 99/E del 2001, circolare 30 gennaio 2002, n.

9/E, punto 1.28.

(27) Circolare 30 gennaio 2002, n. 9/E, punto 1.28.

(28) Risoluzione Ministero dell'economia e delle finanze 30 aprile 2002, n. 134/E. In senso conforme

circolare Agenzia delle entrate 30 gennaio 2002, n. 9/E, "nella parte in cui ha ammesso la possibi-

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lità di far emergere partecipazioni in società italiane, anche non rappresentate da titoli, intestate a

società interposte non residenti".

(29) Secondo la giurisprudenza prevalente, anche per il pactum fiduciae relativo a beni immobili è ri-

chiesta la forma scritta ad substantiam: Cass. 14 ottobre 1995, n. 10768, in Vita not., 1996, p.

1417; Cass. 28 settembre 1994, n. 7899, in Vita not., 1995, p. 847; Cass. 29 maggio 1993, n.

6024, in Riv. not., 1994, p. 1107; Cass. 7 marzo 1990 n. 1811, in Vita not., 1990, p. 115; Cass.

18 ottobre 1988, n. 5663, in Riv. not., 1989, p. 215.

(30) Cass. 19 luglio 2000, n. 9489; Cass. 29 maggio 1993, n. 6024.

(31) Sul trattamento tributario del negozio fiduciario, cfr. ADONNINO, Società fiduciaria - II) diritto tri-

butario, in Enc. giur. Treccani, XXIX, Roma; MORELLO, Fiducia e trust: due esperienze a confron-

to, in Fiducia, trust, mandato e agency, Milano, 1991, p. 39 ss.; NUSSI, "Fiducia" nel diritto tribu-

tario, cit.; UCKMAR, Note sul regime fiscale del contratto fiduciario, in Gli aspetti civilistici dell'in-

testazione fiduciaria (Atti...), Milano, 1976, p. 164.

Cfr. inoltre per i numerosi elementi comuni di trattazione, Consiglio Nazionale del Notariato, studio

n. 80/2003/T, Trust e imposte indirette, estensore Brunelli.

(32) Sono perfettamente adeguate anche al commento al negozio fiduciario le osservazioni svolte in

merito all’istituto per certi versi similare del trust: Relazione Secit n. 37 dell’11 maggio 1998, La

circolazione dei “trusts” esteri in Italia.

(33) NUSSI, "Fiducia" nel diritto tributario, cit., p. 89.

Cfr. anche FEDELE, Visione di insieme della problematica interna, in I trusts in Italia oggi, Milano,

1996, p. 280, il quale osserva che “poiché, ai fini del registro, l’applicazione delle imposte propor-

zionali si collega a categorie di “atti” individuati in ragione di tipologie di effetti, tutte definite in

termini di rilevanza “traslativa”, gli effetti di mera “destinazione” risultano irrilevanti, con la con-

seguente applicabilità della sola imposta fissa”.

(34) U. CARNEVALI, voce Negozio giuridico, cit.

(35) Per tutti CARIOTA-FERRARA.

(36) Trib. Bologna 18 aprile 2000, in Trusts e attività fiduciarie, 2000, p. 372.

(37) Cfr. Cass. 23 settembre 1997, n. 9355, in Gazz. not., 1999, n. 464.

(38) Pubblicata in Trusts e attività fiduciarie, 2002, 642 ss.

(39) L'amministrazione precisa anche che nella fattispecie esaminata trattasi di mandato a tempo inde-

terminato, revocabile, con obbligo di rendiconto, nonché oneroso, essendo previsto un determina-

to corrispettivo annuo.

(40) Nello stesso senso PETRELLI, Negozi fiduciari, cit., p. 364 e 366.

In senso contrario: NUSSI, "Fiducia" nel diritto tributario, cit., p. 90, il quale, parlando di fiducia di

tipo romano, ritiene il negozio fiduciario atto traslativo sia nel momento del trasferimento alla so-

cietà fiduciaria, che in quello successivo del ritrasferimento al fiduciante, soggetto ad imposta di

registro se a titolo oneroso e ad imposta di donazione se a titolo gratuito. La base imponibile del-

l'atto sarebbe il valore dei beni trasferiti, "non rilevando eventuali corrispettivi, inesistenti nell'ipo-

tesi di fiducia romanistica".

Le imposte ipotecarie e catastali trovano applicazione nella misura ordinaria. Nell'imposta IVA,

laddove sussista il presupposto impositivo soggettivo, assume invece "rilievo ai fini della base im-

ponibile mancando il corrispettivo, il "valore venale", ai sensi dell'art. 13" del D.P.R. n. 633/1972.

(41) "Nella società fiduciaria, i fiducianti ... vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da

loro affidati alla società ed a questa strumentalmente intestati" (Cass. 21 maggio 1999, n. 4943).

In senso conforme "istituzionalmente, anche nei confronti dei terzi, le società fiduciarie non sono

proprietarie dei titoli azionari loro affidati in gestione; ciò in virtù della disciplina legislativa che le

regola. Non entrando i titoli azionari a far parte del patrimonio della società fiduciaria (tanto da

non essere aggredibili da parte dei creditori della stessa), la loro proprietà non può che apparte-

nere effettivamente al fiduciante, spettando, alla società fiduciaria, soltanto la legittimazione ad

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esercitare i diritti connessi alla partecipazione societaria" (Cass. 23 settembre 1997, n. 9355. In

senso conforme Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031).

(42) Circolare 11 aprile 1991, n. 14/E.

(43) Cass., S.U., n. 6478/1984. In senso conforme Cass. 23 settembre 1997, n. 9355, in Gazz. not.,

1999, n. 464 ss.

(44) Risoluzione Agenzia delle entrate – Direzione regionale dell’Emilia Romagna in data 13 marzo

2003, prot. n. 909-14280/2003, in Fiducia e Trust, 2003, 2, nonché in Trusts e attività fiduciarie,

2003, p. 655 ss.

(45) Il progetto di legge attualmente all’esame delle Camere, contraddistinto con il n. 1945, riproduce

il testo di riforma dell’ordinamento delle società fiduciarie allo stadio in cui era stato licenziato dal-

la Commissione finanze della Camera nel corso della XIII legislatura. Esso si sostituisce ai progetti

che in precedenza recavano i numeri 968 e 5194.

(46) L’art. 6 del progetto di legge n. 1945, nella stesura attualmente disponibile sul sito internet del

Parlamento italiano, conferma in termini inequivoci, come si legge nella relazione di accompagna-

mento, “l’assoluta separazione, giuridica e contabile,” dei patrimoni e precisamente “dei beni di

ciascun fiduciante da quelli degli altri fiducianti e della stessa società fiduciaria”.

(47) Rispetto ai precedenti progetti di legge n. 968 e 5194, si è passati da una prima proposta di esen-

zione da tasse e da imposte per l’intestazione dei beni alla società fiduciaria e la loro reintestazio-

ne ai clienti, alla attuale proposta di assoggettamento delle operazioni ad imposizione indiretta in

misura fissa.

Nella relazione di accompagnamento al progetto di legge ora all’esame delle Camere si legge che

l’art. 7 “disciplina gli effetti fiscali dell’intestazione fiduciaria secondo regole di trasparenza e di

neutralità. In base al principio di trasparenza viene riconosciuta la continuata titolarità dei beni e

dei relativi redditi in capo al fiduciante, mentre con il principio di neutralità si intende evitare di

penalizzare la particolare modalità di esercizio dell’attività di amministrazione rispetto ad altre ipo-

tesi non supportate dall’intestazione fiduciaria”.

(48) Cfr. PETRELLI, Negozi fiduciari, cit., p. 364 e 366.

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