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Combattere l’obesità con le terapie incretiniche: dalle evidenze scientifiche alla pratica clinicaQuesta attività formativa è supportata da un finanziamento indipendente a fini educativi concesso da Novo Nordisk Global.

Combattere l’obesità con le terapie incretiniche: dalle evidenze scientifiche alla pratica clinica

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Questa attività formativa è destinata ad un pubblico internazionale di professionisti della sanità di provenienza non statunitense, nello specifico diabetologi ed endocrinologi, medici di base e cardiologi coinvolti nel trattamento dei pazienti in sovrappeso e obesi.

Lo scopo di questa attività è migliorare la comprensione del sovrappeso e dell’obesità quali malattie croniche gravi e vettori dello sviluppo di molte altre malattie, nonché fornire informazioni sulle ultime evidenze cliniche relative alle nuove terapie volte a ottenere un calo ponderale.

Una volta portata a termine questa attività, i partecipanti saranno in grado di:

• Riconoscere i meccanismi neuroendocrini fisiologici che mediano la regolazione dell’appetito, il bilancio energetico e il controllo del peso

• Valutare i benefici di un calo ponderale moderato ma duraturo e capire perché è così difficile mantenere il calo ponderale

• Identificare il fondamento, il meccanismo d’azione e le evidenze cliniche a supporto delle nuove terapie dimagranti potenzialmente in grado di prevenire le comorbilità correlate all’obesità

• Distinguere i criteri che determinano la scelta del regime terapeutico ottimale per i pazienti in sovrappeso/obesi

Facoltà e dichiarazioni di conflitto d’interesse

WebMD Global richiede che ogni individuo in posizione di controllare il contenuto di una delle sue attività formative riveli qualsiasi relazione finanziaria rilevante intercorsa negli ultimi 12 mesi che potrebbe creare un conflitto d’interessi.

Arne Astrup, MD Professore, Direttore del Dipartimento di Nutrizione, Attività fisica e Sport, Facoltà di Scienze, Università di Copenhagen, Copenhagen, Danimarca

Dichiarazione d’interessi: Arne Astrup, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:

• Ha lavorato come consigliere o consulente per: Arena Pharmaceuticals, Inc.; Basic Research; BioCare Copenhagen; Gelesis; Novo Nordisk; Omega Pharma; Orexigen Therapeutics, Inc.; Pathway Genomics Corporation; S-Biotek Holding ApS

• Ha svolto il ruolo di relatore o è stato membro di un ufficio di relatori per: Gelesis; Novo Nordisk

• Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: Novo Nordisk

Cintia Cercato, MD, PhD Professore, Facoltà di Medicina dell’Università di São Paulo, São Paulo, Brasile

Dichiarazione d’interessi: Cintia Cercato, MD, PhD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:

• Ha lavorato come consigliere o consulente per: Eli Lilly and Company; Eurofarma; Novo Nordisk

• Ha svolto il ruolo di relatore o è stato membro di un ufficio di relatori per: Novo Nordisk

• Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: AbbVie Inc.; Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals, Inc.; Eli Lilly and Company; Novo Nordisk

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Luc F. Van Gaal, MD, PhD Professore di Medicina, Dipartimento di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo, Ospedale Universitario di Anversa, Anversa, Belgio

Dichiarazione d’interessi: Luc F. Van Gaal, MD, PhD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:

• Ha lavorato come consigliere o consulente per: AstraZeneca Pharmaceuticals LP; Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals, Inc.; Eli Lilly and Company; Janssen Pharmaceuticals; Johnson & Johnson Pharmaceutical Research & Development, L.L.C.; Merck Sharp & Dohme Corp.; Novo Nordisk; Sanofi

• Ha svolto il ruolo di relatore o è stato membro di un ufficio di relatori per: AstraZeneca Pharmaceuticals LP; Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals, Inc.; Eli Lilly and Company; Janssen Pharmaceuticals; Johnson & Johnson Pharmaceutical Research & Development, L.L.C.; Merck Sharp & Dohme Corp.; Novo Nordisk; Sanofi

• Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: UE (consorzio Resolve + Hepadip)

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Principi scientifici dell’omeostasi del peso corporeo/del calo ponderale

L’epidemia di obesità

Il sovrappeso e l’obesità sono in continuo aumento e più di un terzo della popolazione mondiale è attualmente in sovrappeso.[1,2] Per determinare il sovrappeso e l’obesità si utilizza spesso la misura dell’indice di massa corporea (IMC).[1,2,3] Se l’IMC è superiore a 25,0 kg/m2, una persona di razza caucasica è considerata in sovrappeso, mentre in caso di IMC superiore a 30,0 kg/m2, è considerata obesa.[1,2,4] Tuttavia, l’IMC non permette di distinguere tra grasso corporeo e massa magra e dovrebbe essere integrato con le misurazioni della circonferenza della vita.[3] Le persone con tessuto adiposo intra-addominale in eccesso presentano un rischio per la salute molto più alto e la misura della circonferenza della vita o il rapporto vita/fianchi sono spesso indicatori migliori di tale rischio rispetto all’IMC.[5] Alcune persone hanno un IMC normale, ma presentano livelli elevati di grasso corporeo (“obesità sarcopenica”) e una parte di tale grasso potrebbe essere depositata all’interno e intorno a organi quali muscoli scheletrici, cuore, pancreas e fegato (“grasso viscerale”, ovvero obesità basata sulla distribuzione del grasso corporeo).[5,6,7]

Pasti abbondanti contenenti alimenti ad alto contenuto calorico/glicemico (come carboidrati raffinati), associati a uno stile di vita sedentario, scarsa qualità del sonno, stress e altri fattori determinano un apporto energetico eccessivo rispetto al dispendio energetico.[3,8,9] Le calorie in eccesso vengono immagazzinate principalmente come grasso corporeo. Comportamenti socioculturali (ad esempio, mangiare e bere [bevande alcoliche e non alcoliche ad alto contenuto di zuccheri]) e fattori ambientali (ad esempio, tempo libero, denaro, tipo di lavoro, regione geografica, televisione e videogiochi) favoriscono una situazione in cui il grasso corporeo aumentato (ovvero, l’obesità) diventa il “nuovo stato omeostatico normale”.[10-12]

Il mantenimento del peso corporeo implica un sistema omeostatico complesso

L’assunzione di cibo e il dispendio energetico sono controllati da un sistema omeostatico complesso.[9] I fattori genetici svolgono indubbiamente un ruolo importante e sono stati associati a variazioni dell’appetito e del peso corporeo.[9,13] Il sistema nervoso centrale (SNC), il sistema nervoso periferico (SNP) e il tratto gastrointestinale (GI) (il cosiddetto asse “intestino-cervello”) insieme agli adipociti (compreso il tessuto adiposo bruno [TAB]) e numerosi ormoni (ad es., leptina, grelina, peptide 1 glucagone simile [GLP-1], insulina) interagiscono stimolando l’appetito (attività oressigenica) o causando inappetenza (attività anoressigenica), nonché aumentando o diminuendo il dispendio energetico.[9,14-15,16-18] (Figura 1)

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Cervello  

Midollo  spinale  

Stomaco  

Intes4no  tenue  Colon  

Pancreas  

Fegato  

Tessuto  adiposo  bianco  

Sistema  nervoso  autonomo  simpa&co  

Sistema  nervoso  periferico  

Circolazione  sistemica  

Circolazione  portale  

Acidi  biliari  

Insulina,  glucagone,  amilina,  PP  

GLP-­‐1,  PYY3-­‐35,  OXM,  CCK,  5HT,  FGF,  AB  

Grelina  Lep4na  

Lep4na,  adiponec4na,  IL-­‐G,  TNF  

Nervo  vago  

Sistema  nervoso  enterico  

Fig  1  

Figura 1. Meccanismi che regolano l’assunzione di cibo.

Da Acosta A, et al.[15]

Riassunto della figura (breve descrizione): Organi, ormoni e segnali coinvolti nell’apporto e nel dispendio energetico

L’asse intestino-cervello controlla la secrezione di ormoni del tratto GI, l’attivazione delle fibre vagali afferenti al romboencefalo e la distensione gastrica.[9,14] L’appetito (fame) viene stimolato dalla grelina rilasciata dalle cellule endocrine dello stomaco durante lo stato di digiuno. Agendo attraverso le fibre vagali afferenti, la grelina stimola i neuroni del nucleo arcuato dell’ipotalamo e attiva il pathway del neuropeptide Y (un effetto oressigenico; un pathway simile a quello del peptide YY [PYY]).[19] L’assunzione di cibo comporta la distensione gastrica, che stimola il nervo vago e i segnali anoressigenici diretti verso il tronco encefalico e l’ipotalamo.[15] L’attivazione del nervo vago è inoltre inibita/stimolata indirettamente dagli ormoni rilasciati nel tratto GI in presenza di cibo e componenti digestivi. Negli individui normopeso, la grelina inibisce le fibre afferenti causando un effetto oressigenico, mentre l’ormone leptina stimola le fibre vagali causando un effetto anoressigenico.[15] In altre parti del tratto GI vengono secreti altri ormoni anoressigenici (ad es., colecistochinina [CCK], GLP-1, PYY), che stimolano anch’essi il nervo vago.[15]

In seguito a un pasto, una persona non dovrebbe avere fame (ovvero, dovrebbe essere sazia), consentendo così il periodo di tempo necessario alla digestione prima del pasto successivo.[14] In una persona obesa lo stato omeostatico è alterato e il “nuovo stato normale” è caratterizzato da un eccesso di grasso corporeo. Nelle persone in sovrappeso/obese, il tempo tra i pasti diminuisce (ovvero, sazietà ridotta), le dimensioni dei pasti aumentano e vengono attivati circuiti del SNC che difendono la condizione di obesità.[11] La secrezione e l’efficacia degli ormoni anoressigenici risultano diminuite. Inoltre, nei pazienti che cercano di perdere peso con una dieta ipocalorica, l’espressione degli ormoni del tratto GI cambia in modo da favorire la stimolazione dell’appetito e la ripresa del peso.[9]

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Anche i muscoli scheletrici e il tessuto adiposo rilasciano ormoni che influiscono sulla regolazione dell’appetito e sul dispendio energetico.[7,17] Il tessuto adiposo secerne circa 600 adipochine che, a loro volta, modulano la funzione degli adipociti e una serie di processi biologici nel cervello, nel fegato, nei muscoli scheletrici, nei vasi sanguigni, nel cuore e nel pancreas.[17] Gli adipociti costituiscono il maggior organo endocrino del corpo e il loro pattern di secrezione è importante per determinare il rischio individuale di obesità e comorbilità associate.[6-7,17] Ad esempio, gli adipociti secernono leptina in proporzione alla massa adiposa, inviando al SNC informazioni sullo stato delle riserve energetiche a lungo termine. La resistenza alla leptina potrebbe contribuire allo sviluppo dell’obesità.[14] L’insorgenza di processi infiammatori cronici nel tessuto adiposo potrebbe fare in modo che la secrezione di adipochine si orienti verso un pattern diabetogeno, proinfiammatorio e aterogeno che contribuisce allo sviluppo di patologie degli organi terminali associate a sovrappeso/obesità.[5]

Il TAB è stato studiato per decenni, ma la sua rilevanza funzionale per l’equilibrio energetico è stata confermata solo negli ultimi anni.[16,20] L’attivazione del TAB da parte del sistema nervoso simpatico attraverso un recettore β-3 atipico determina la conversione dell’energia chimica in calore.[21] Il TAB presenta un alto contenuto di mitocondri che esprimono la proteina disaccoppiante 1 (UCP1).[16] Fisiologicamente, il TAB diventa più diffuso e attivo in condizioni di freddo. L’attività del TAB risulta inferiore in alcuni pazienti con obesità grave; il suo ruolo importante nella sensibilità insulinica suggerisce che la prevalenza del TAB sia inversamente associata con il diabete mellito di tipo 2 (DMT2). Tuttavia, il pathway causale nell’associazione osservata è ancora da stabilire.[16,22]

I segnali provenienti dal sistema nervoso periferico vengono coordinati nel tronco encefalico e nell’ipotalamo per regolare l’equilibrio energetico.[15] Nel tronco encefalico, l’area postrema e il nucleo del tratto solitario inviano segnali periferici ai neuroni di primo ordine nel nucleo arcuato (che presenta neuroni oressigenici e anoressigenici).[14-15] I neuroni di primo ordine interagiscono con i neuroni di secondo ordine per attivare aree superiori del cervello, in particolare i circuiti corticolimbici, producendo stimoli motivazionali e di gratificazione legati al cibo (risposte edoniche) che coinvolgono regioni del cervello associate a ricompensa, funzioni cognitive ed emozioni.[14] Queste proprietà gratificanti possono essere molto potenti e creare dipendenza, favorendo il consumo eccessivo di cibo.[14-15] I neuroni di secondo ordine possono anche mediare gli effetti anoressigenici tramite l’attivazione dell’ipotalamo e del tronco encefalico. Stimolando le fibre efferenti vagali gastriche, i neuroni di secondo ordine ritardano lo svuotamento gastrico e aumentano il dispendio energetico inducendo ipertermia.[15]

Principali target molecolari per la regolazione dell’apporto energetico/dispendio energetico

Dato l’ampio numero di ormoni e neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione dell’apporto/dispendio energetico, esistono molti target molecolari potenzialmente utili nel trattamento dell’obesità. Alcuni dei più studiati sono:

Leptina. Esistono rari disturbi genetici del pathway leptina-melanocortina che possono causare obesità.[13,23] I pazienti affetti da questi disturbi presentano un intenso impulso a mangiare associato a un alterato senso di sazietà. Iniezioni di leptina umana ricombinante controllano la patologia e offrono benefici immensi ai pazienti.[23]

Tuttavia, la funzione principale della leptina è segnalare riserve energetiche inadeguate e non si ritiene che la carenza di leptina sia il problema dei pazienti obesi.[24,25] Se i livelli di leptina scendono al di sotto di una certa soglia (ad es., in conseguenza di una dieta), questa riduzione segnala al cervello una carenza di riserve energetiche. La dieta spesso genera risposte che contrastano l’omeostasi, come un aumento dell’appetito e una riduzione del dispendio di energia, che a lungo termine provocano un aumento di peso. Livelli di leptina al di sotto della soglia (si noti che la soglia della leptina è più alta nei pazienti obesi) generano fame, conservazione energetica e recupero del peso.[24] Gli agonisti della leptina potrebbero essere utili come terapia per il mantenimento del peso in alcune persone che hanno perso peso, invertendo alcuni degli adattamenti metabolici, autonomici, neuroendocrini e comportamentali che favoriscono l’aumento di peso.[24]

Neuropeptide Y (NPY). Il NPY è un potente neuropeptide oressigenico. Svolge un ruolo di rilievo nell’ambito dell’asse ipotalamo-tessuto adiposo ed è un importante mediatore nella promozione dell’immagazzinamento dell’energia.[26] Nel nucleo arcuato, la sintesi e la secrezione di NPY si verificano in risposta a carenze energetiche e a un maggior fabbisogno metabolico. I neuroni NPY sono coinvolti nell’adiposità e nella termogenesi del TAB attraverso la regolazione dell’efflusso simpatico.[26] Sono in fase di sviluppo antagonisti selettivi del recettore del NPY per il trattamento dell’obesità.[26-27]

Grelina. La grelina è un peptide prodotto principalmente dalle cellule neuroendocrine del fondo dello stomaco e, in misura minore, nel tratto GI.[28] Gli effetti della grelina sono opposti a quelli dell’insulina e della leptina. Agendo a livello centrale o attraverso il nervo vago, la grelina attiva i neuroni del nucleo arcuato dell’ipotalamo e dà inizio ai segnali oressigenici (fame). I livelli aumentano a digiuno e diminuiscono dopo aver mangiato. Inoltre, la grelina aumenta l’effetto di gratificazione degli alimenti ricchi di grassi o zuccheri; la promozione di un’alimentazione piacevole (edonica) può provocare il sovrappeso.[14,28] Gli antagonisti del recettore della grelina per il trattamento dell’obesità sono ancora in fase di ricerca.[28]

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Recettori della serotonina. Nel SNC la serotonina (5-idrossitriptamina [5-HT]) ha molteplici effetti, tra cui la modulazione dell’umore, dei ritmi circadiani e dell’assunzione di cibo (neurotrasmettitore anoressigenico).[29-30] La serotonina ha 14 recettori noti e ampiamente espressi, quindi è possibile sviluppare farmaci selettivi che agiscono su recettori specifici. Il recettore 5-HT2c è particolarmente importante per il controllo dell’assunzione di cibo.[30] La lorcaserina, un agonista altamente selettivo del 5-HT2c, consente di ridurre l’appetito e presenta una bassa incidenza di effetti indesiderati. È stato approvato per il trattamento dei pazienti obesi.[30] Un’analisi post-hoc di tre studi di fase 3 ha rivelato che una perdita di peso ≥5% entro la settimana 12 è un predittore di una robusta risposta alla lorcaserina a 1 anno.[31] Ulteriori dettagli sulla lorcaserina sono disponibili nella sezione sui nuovi farmaci dimagranti di questa antologia clinica.

Chirurgia bariatrica. La chirurgia bariatrica è forse il trattamento più efficace per l’obesità, molto più delle diete che prevedono il controllo delle calorie per il calo ponderale a lungo termine. Si ritiene che i suoi effetti sulla riduzione della fame e del desiderio di cibo non siano semplicemente legati alla riduzione delle dimensioni del serbatoio del cibo e al ridotto assorbimento di nutrienti.[11,15,18] L’efficacia a lungo termine della chirurgia bariatrica ha richiamato l’attenzione sugli ormoni GI (ad es., GLP-1 e PYY) e sui loro effetti sulla regolazione dell’appetito nel SNC.[18]

Peptide 1 glucagone simile (GLP-1). Il GLP-1 è secreto dalle cellule L (co-secrezione con il PYY) nel tratto GI dopo i pasti. Il peptide che si lega al recettore del GLP-1 aumenta la secrezione di insulina e inibisce la secrezione di glucagone in maniera glucosio-dipendente.[32-33] I ligandi naturali per la stimolazione e la secrezione di GLP-1 sono i pasti ricchi di proteine e i monogliceridi derivati dalla digestione dei trigliceridi.[34] Inoltre, il GLP-1 stimola i recettori corrispondenti situati sul nervo vago, determinando l’attivazione dei neuroni GLP-1 nel nucleo del tratto solitario.[14] La scoperta che il GLP-1 agisce come un ormone della sazietà nell’uomo ha promosso una serie di studi che hanno fornito informazioni approfondite sulla sua fisiologia.[35-36] Negli individui obesi, gli effetti di sazietà associati al GLP-1 necessitano di livelli circolanti dell’ormone più alti rispetto agli individui normopeso. I livelli di GLP-1 che inducono sazietà sono anche superiori a quelli necessari per il suo effetto incretinico (ovvero, di stimolazione dell’insulina).[35-37] La stimolazione dei recettori del GLP-1 in determinate aree cerebrali riduce il valore gratificante del cibo e promuove la sazietà, in parte antagonizzando gli effetti della grelina. Gli effetti del GLP-1 sulla sazietà sono dovuti non tanto ai suoi effetti periferici sullo svuotamento gastrico, la secrezione dell’insulina e l’inibizione del glucagone, ma piuttosto alla sua azione nel SNC.[14,32]

Il GLP-1, con un’emivita inferiore a 5 minuti, viene degradato dall’enzima dipeptidil peptidasi-4. Si ritiene che le azioni centrali del GLP-1 siano dovute alla stimolazione delle fibre vagali afferenti.[31-32] Tuttavia, recettori del GLP-1 sono presenti nel quarto ventricolo, un’area in cui la barriera ematoencefalica non blocca completamente l’accesso; quindi, analoghi stabili del GLP-1 potrebbero attivare anche questi recettori. Gli agonisti a lunga durata d’azione del recettore del GLP-1 sono usati per il trattamento del DMT2 da più di 10 anni.[32,38-40] Il liraglutide, un analogo del GLP-1 a lunga durata d’azione, è stato recentemente approvato per il trattamento dell’obesità.[3] Ulteriori dettagli sul liraglutide sono disponibili nella sezione dedicata ai nuovi farmaci dimagranti di questa antologia clinica.

Riassunto

Nell’omeostasi del peso corporeo è coinvolto un gran numero di ormoni e neuropeptidi che interagiscono con gli organi periferici e con il SNC per regolare e bilanciare l’assunzione di cibo e il dispendio energetico. I centri superiori del cervello coinvolti nella ricompensa e nel piacere possono spostare l’equilibrio verso la sovralimentazione e il desiderio di dolci e di cibo e bevande ipercalorici. Ciò determina lo sviluppo di sovrappeso e obesità e una riprogrammazione verso l’alto dell’omeostasi del peso corporeo normale. Le diete a controllo calorico in persone in sovrappeso possono produrre un calo ponderale a breve termine, ma la risposta omeostatica dell’organismo è quella di aumentare l’assunzione di cibo e diminuire il dispendio energetico, il che spesso causa un aumento di peso a lungo termine. Fino ad ora, la storia del trattamento farmacologico dell’obesità è stata caratterizzata da approvazioni ottimistiche seguite da qualche ritiro dovuto all’insorgenza di eventi avversi gravi. I nuovi farmaci recentemente approvati o in corso di sviluppo potrebbero contribuire a ribaltare questa infelice tendenza.[41]

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Benefici e problematiche mediche del calo ponderale e obesità/sovrappeso come fattore di rischio

Una persona in sovrappeso o obesa deve essere determinata a cambiare il proprio stile di vita per ottenere e mantenere un calo ponderale. Oltre alla riduzione dell’assunzione di calorie, è necessario alterare la dieta e aumentare il livello di attività fisica praticata.[3,42-44] Le persone con un IMC compreso tra 20 e 24,9 kg/m2 (normopeso) presentano il rischio più basso di mortalità e morbilità.[44-46] Gli hazard ratio calcolati utilizzando il peso normale come punto di riferimento suggeriscono che esiste una relazione “a forma di J”, per cui i pazienti sottopeso (IMC <18,5 kg/m2) e quelli con obesità di grado 2 e 3 (IMC ≥35 kg/m2) presentano un rischio di mortalità significativamente aumentato.[45,46]

Obesità/sovrappeso: moltiplicatore del rischio per una varietà di disturbi cardiometabolici

Una serie di studi ha dimostrato che l’obesità non è una patologia omogenea e che la distribuzione regionale di tessuto adiposo è importante per capire la relazione tra obesità e disturbi metabolici.[47,48] Una maggiore adiposità addominale è fortemente associata a insulino-resistenza, dislipidemia e infiammazione sistemica, che svolgono un ruolo essenziale nella patogenesi delle malattie cardiovascolari (MCV).[49]

Gli adipociti e il tessuto adiposo sono fattori chiave nella patogenesi dell’insulino-resistenza associata all’obesità. Il tessuto adiposo viscerale secerne varie citochine proinfiammatorie tra cui TNF-α e IL-6, ed è associato alla riduzione dell’adiponectina, una citochina con proprietà anti-infiammatorie. Insieme, questi pattern di secrezione delle citochine promuovono uno stato di infiammazione cronica.[50] Evidenze recenti suggeriscono che, poiché gli adipociti viscerali hanno una capacità limitata di immagazzinare grasso, un immagazzinamento ridotto di lipidi nel tessuto adiposo dei pazienti obesi contribuisce all’accumulo ectopico di lipidi in tessuti non adiposi quali fegato, muscoli scheletrici e pancreas, in cui la lipotossicità compromette l’attività dell’insulina.[51]

Una conseguenza dell’obesità viscerale e dell’insulino-resistenza è la sindrome metabolica, una patologia caratterizzata da una combinazione particolare di fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e il diabete di tipo 2. Gli elementi diagnostici principali sono ridotti livelli di colesterolo associato a lipoproteine ad alta densità (C-HDL), elevati livelli di trigliceridi, pressione arteriosa alta ed elevata glicemia a digiuno, associati a obesità addominale (Tabella 1).[52]

Tabella 1. Elementi principali per la diagnosi di sindrome metabolica

Parametro Livello di definizione

Circonferenza della vita Definizioni/determinazioni specifiche per paese e popolazione

Trigliceridia ≥ 150 mg/dL

C-HDLa Uomini <40 mg/dL; donne <50 mg/dL

Pressione arteriosaa ≥ 130/≥ 85

Glicemia a digiunoa ≥ 100 mg/dL

C-HDL = colesterolo associato a lipoproteine ad alta densità

aI trattamenti farmacologici per livelli elevati di trigliceridi, C-HDL basso, pressione arteriosa alta o glicemia elevata sono indicatori alternativi.

Da Lam D, et al.[52]

Riassunto della tabella Criteri impiegati per la diagnosi della sindrome metabolica

In una meta-analisi, la sindrome metabolica è risultata associata a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari (MCV) (rischio relativo [RR]: 2,35; intervallo di confidenza [IC] al 95%: da 2,02 a 2,73), mortalità per MCV (RR: 2,40; IC 95%: da 1,87 a 3,08), mortalità per tutte le cause (RR: 1,58; IC 95%: da 1,39 a 1,78), infarto del miocardio (RR: 1,99; IC 95%: da 1,61 a 2,46) e ictus (RR: 2,27; IC 95%: da 1,80 a 2,85).[53]

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È stato dimostrato che l’obesità compromette la reattività vascolare ed è associata ad aterosclerosi.[54] La disfunzione endoteliale è correlata all’aumento dell’IMC e si riscontra fin dall’obesità di grado 1 (IMC 30–35 kg/m2).[54] In pazienti affetti da DMT2, mai trattati con insulina, i fattori di rischio cardiovascolare peggiorano all’aumentare dell’IMC. Nei pazienti affetti da DMT2, pressione arteriosa sistolica e diastolica alta e livelli di trigliceridi elevati sono direttamente correlati a un IMC alto; i livelli di C-HDL sono inversamente correlati all’IMC.[55] Di conseguenza, il trattamento ottimale del DMT2 deve concentrarsi sui livelli di peso corporeo e di forma fisica dei pazienti, e deve prevedere farmaci per ridurre la glicemia, la pressione arteriosa e i livelli di lipidi.[56]

Obesità/sovrappeso: fattore di rischio per cancro, osteoartrite, apnea del sonno e deficit cognitivi

Cancro. Alcune meta-analisi hanno dimostrato vari livelli di evidenza (da “convincente” a “probabile” e/o “indicativo”) relativamente all’associazione tra IMC e numerosi tipi di cancro (Tabella 2).[57-59]

Tabella 2. Livelli di evidenza per l’associazione tra sovrappeso/obesità e rischio di cancro

Convincente Probabile Indicativo

Esofago Fegato Stomaco (prossimale)

Colon e retto Colecisti Tiroide

Pancreas Ovaio

Rene Prostata (avanzato)

Seno (post-menopausale) Linfoma di Hodgkin

Endometrio Linfoma non-Hodgkin

Leucemia

Mieloma multiplo

Da Latino-Martel, et al. [58]

Riassunto della tabella Associazione basata sull’evidenza tra sovrappeso/obesità e rischio di sviluppare vari tipi di cancro

È stato stimato che l’obesità causi fino al 14% delle morti per cancro negli uomini e il 20% delle morti per cancro nelle donne (Figura 1).[60] Uno studio ha evidenziato che circa il 3,6% di tutti i nuovi casi di cancro nel 2012 erano attribuibili a un IMC superiore alla norma e che lo 0,5% (uomini) e l’1,3% (donne) di tutti i casi di cancro diagnosticati erano potenzialmente evitabili con il calo ponderale o il controllo del peso.[59]

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0  

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20  

30  

40  

50  

60  

Rene   Pancreas   Re8o   Colon   ACE  

Uomini  

0  

20  

40  

60  

80  

100  

120  

Rene   Ovaio   Corpo  dell'utero  

Seno   Pancreas   Colecis&   Re8o   Colon   ACE  

Donne  

Fig 2

Figura 2. Numero stimato di casi di cancro (in migliaia) attribuibile all’eccesso di massa corporea.

ACE = adenocarcinoma esofageo.

Da Arnold M, et al.[59]

Riassunto della figura (breve descrizione): Tipo di cancro e numero di casi legati all’obesità in uomini e donne

Il calo ponderale può avere un effetto protettivo contro il cancro attraverso vari meccanismi, tra cui l’interruzione dei pathway che legano l’obesità all’insorgenza e alla crescita del cancro (ad es., riducendo i livelli di fattore di crescita insulino-simile 1 e di citochine proinfiammatorie provenienti dal tessuto adiposo e diminuendo l’insulino-resistenza).[57,61] Nelle donne in età post-menopausale, un calo ponderale del 10% è stato associato a un impatto significativamente positivo sui livelli di biomarker associati al tumore al seno.[60] La chirurgia bariatrica, oltre a produrre un calo ponderale sostenuto nel tempo e una riduzione significativa della mortalità e morbilità dei pazienti con obesità grave, è associata anche a una riduzione significativa dell’incidenza di cancro, specialmente nelle donne.[57]

Osteoartrite. L’osteoartrite è una patologia cronica che deriva dall’interazione di molteplici fattori (ad es., genetici, metabolici, biochimici e biomeccanici).[62] L’osteoartrite del ginocchio è un problema specifico associato al sovrappeso e all’obesità. L’obesità è il singolo fattore di rischio modificabile più importante per l’osteoartrite del ginocchio ed è stato dimostrato che anche una riduzione del peso corporeo pari ad appena il 5% comporta dei benefici. È stato riscontrato che una riduzione del peso corporeo del 10%, abbinata all’attività fisica, ha migliorato i sintomi dell’osteoartrite del ginocchio del 50% e ha anche prodotto una riduzione significativa dei livelli della citochina infiammatoria IL-6.[62,63]

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Apnea del sonno. L’obesità è il predittore più significativo dell’apnea ostruttiva del sonno, patologia in cui una limitazione del flusso di ossigeno legata all’ostruzione fisica delle vie aeree fa sì che il paziente russi, sbuffi e si svegli più volte durante un ciclo di sonno.[56,64-65] L’apnea del sonno è di per sé un fattore di rischio per una varietà di patologie ed eventi cardiovascolari, tra cui ipertensione, sindromi coronariche acute e ictus.[66-68] Ai pazienti che soffrono di apnea ostruttiva del sonno dovrebbe essere consigliato di perdere peso.[69] È stato dimostrato che il calo ponderale e l’attività fisica migliorano significativamente l’apnea del sonno in pazienti con obesità e DMT2, e il calo ponderale contribuisce in misura maggiore al miglioramento dei sintomi.[69-70]

Deficit cognitivi. Il sovrappeso e l’obesità sono fattori di rischio per la riduzione della funzione cognitiva.[71] I pazienti obesi presentano un aumento del 35% del rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer rispetto agli individui normopeso.[72] Si ritiene che l’insulino-resistenza, un deficit correlato all’obesità/al sovrappeso, sia un fattore che contribuisce alla progressione della demenza e di altri disturbi neurologici.[73] Uno studio condotto su donne obese in procinto di sottoporsi a chirurgia bariatrica ha mostrato che, prima dell’intervento chirurgico, l’attività metabolica del cervello era aumentata, specialmente nel giro cingolato posteriore. Dopo l’intervento chirurgico, il metabolismo cerebrale si è ridotto, e sono stati riscontrati anche un miglioramento della funzione esecutiva e cambiamenti favorevoli nei parametri infiammatori.[71] I miglioramenti dei deficit cognitivi sono stati associati alla dieta e al calo ponderale. In pazienti anziani obesi con lieve compromissione cognitiva, un calo ponderale di circa il 5% ottenuto mediante restrizione calorica per 12 mesi ha determinato miglioramenti nella memoria verbale, nella fluenza verbale, nella funzione esecutiva e nelle capacità cognitive globali.[74]

Problematiche legate al calo ponderale: perdere peso è difficile e mantenere il peso lo è ancora di più

Qualsiasi dieta che preveda una ridotta assunzione di calorie, specialmente se associata a un aumento del dispendio energetico (ovvero, più attività fisica), consentirà al paziente di perdere peso. Più controversa è la questione se una dieta ipocalorica (ad es., 1000 kcal/die) debba o meno prevedere la riduzione di alcuni tipi di calorie, ad esempio, grassi o carboidrati.[2,75-76] Una dieta a basso contenuto di carboidrati viene talvolta consigliata ai pazienti con DMT2, poiché la riduzione delle calorie dei carboidrati nell’ambito di una dieta ipocalorica non provocherà soltanto un calo ponderale, ma avrà anche un effetto benefico sui livelli di glucosio nel sangue.[75] Il calo ponderale potrebbe comportare un cambiamento del metabolismo che favorisca l’ossidazione dei lipidi rispetto a quella dei carboidrati. Quando si riprende peso, questo cambiamento si inverte. Quindi, una dieta povera di carboidrati potrebbe prevenire l’inversione metabolica e contribuire a evitare il recupero di peso.

Seguire una dieta è difficile. I pazienti devono essere motivati e incoraggiati a perdere peso. Oltre a programmi strutturati per il calo ponderale, potrebbero anche essere necessari farmaci dimagranti. La riduzione del peso viene spesso raggiunta con successo nel breve periodo, ma molti pazienti che seguono un regime dietetico guadagneranno nuovamente peso a lungo termine.[76-79] Esistono molteplici ragioni per cui si tende a riprendere il peso. Il calo ponderale comporta un aumento della fame e dell’appetito e una sensazione ridotta di sazietà. A loro volta, questi cambiamenti metabolici possono aumentare i comportamenti volti alla ricerca di cibo e il consumo di cibo, provocando un recupero di peso corporeo.[24-25,80]

Il calo ponderale può stimolare intense risposte adattive che coinvolgono gli adipociti, l’asse cervello-intestino, gli ormoni oressigenici e anoressigenici e il tessuto adiposo bianco. Durante la perdita di peso, le dimensioni degli adipociti, la principale componente cellulare del tessuto adiposo, si riducono. Questa riduzione altera le loro caratteristiche metaboliche e infiammatorie in maniera da facilitare l’immagazzinamento dell’energia assunta.[80] Ad esempio, i segnali insulinici legati all’adiposità si riducono in condizioni di calo ponderale/riduzione dei grassi, causando l’aumento dell’appetito e la riduzione dei segnali di sazietà.[77] In individui in cui è stata ridotta l’obesità sono stati osservati cambiamenti nelle risposte neuronali, tra cui aumento dell’attività nelle regioni cerebrali associate alla percezione del gusto e in quelle associate all’aspettativa e alla ricompensa. Studi basati sulla risonanza magnetica funzionale (RMF) hanno dimostrato che gli individui in cui è stata ridotta l’obesità non percepiscono gli stati di equilibrio energetico positivo come gli individui magri. Nei primi si verifica una persistente attivazione delle regioni cerebrali associate alla ricerca del cibo e alla ricompensa.[77] È stato proposto il concetto di “termogenesi adattiva” – risposte e interazioni metaboliche, comportamentali, neuroendocrine e autonomiche coordinate – per descrivere l’opposizione fisiologica al mantenimento del calo ponderale. Questa difesa dei depositi energetici, in particolar modo dei grassi, è mediata da segnali della leptina legati agli adipociti.[78] Durante il calo ponderale, i livelli di leptina circolanti sono inversamente correlati con la sensazione di fame. Di conseguenza, i livelli diminuiti di leptina, dovuti alla riduzione della massa grassa (a causa della dieta), stimolano l’assunzione di cibo e contribuiscono a sovvertire il mantenimento del calo ponderale.[78]

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Un calo ponderale modesto comporta benefici clinici importanti

Lo studio Look AHEAD ha valutato gli effetti di un intervento intensivo sullo stile di vita (dieta e attività fisica) rispetto all’educazione e al supporto abituale per il diabete in pazienti affetti da DMT2. Dopo 1 anno, i pazienti del gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita hanno perso l’8,6% del peso corporeo rispetto allo 0,7% del gruppo con educazione e supporto. Dopo 4 anni, la percentuale di calo ponderale era del 6,15% nel gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita rispetto allo 0,88% nel gruppo con educazione e supporto.[81] Anche se dopo 8 anni è stato riscontrato un certo grado di attenuazione del mantenimento del calo ponderale, il peso corporeo medio perso nel gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita (4,7% ± 0,2%) è rimasto significativamente maggiore rispetto al calo ponderale medio (2,1 ± 0,2%) nel gruppo con educazione e supporto (P <0,001).[82]

Quali sono stati i benefici di questo programma di calo ponderale? Dopo 1 anno, l’entità del calo ponderale era correlata a miglioramenti maggiori del controllo della glicemia e della pressione arteriosa sistolica e diastolica e a un aumento del C-HDL. I miglioramenti significativi sono risultati massimi negli individui che hanno perso più peso (dal 10% al 15% del loro peso corporeo).[83] Alla fine dello studio, anche se il calo ponderale rispetto al basale era più modesto, il gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita presentava un miglior controllo di glicemia, lipidi e pressione arteriosa rispetto al gruppo con educazione e supporto. Inoltre, i pazienti del gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita hanno ottenuto miglioramenti di sonno, incontinenza urinaria, depressione, nefropatia, retinopatia, mobilità, artrite, funzione sessuale e, ovviamente, della qualità complessiva della vita. L’uso di farmaci e i costi sanitari complessivi sono stati inferiori nel gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita. Si sono verificati pochi eventi cardiovascolari in entrambi i gruppi (0,07% nel gruppo con intervento intensivo sullo stile di vita rispetto a 3,13% nel gruppo con educazione e supporto) senza differenze significative tra i due.[84]

I risultati dello studio Look AHEAD suggeriscono che anche un calo ponderale modesto può produrre benefici sostanziali sulla salute. Tuttavia, in molti casi, anche un calo ponderale modesto può essere difficile da ottenere solo con la dieta e l’attività fisica. Spesso è necessario abbinare farmaci dimagranti alla dieta e all’attività fisica per aiutare i pazienti a perdere peso e a prevenire/ritardare lo sviluppo o l’esacerbazione delle comorbilità associate all’obesità.[44,56,84-85] I farmaci dimagranti saranno discussi nella parte successiva di questa antologia clinica.

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Nuovi farmaci dimagranti: meccanismo d’azione e risultati degli studi clinici

Introduzione

L’aggiunta di farmaci anti-obesità alla dieta e all’attività fisica può aiutare notevolmente il paziente a ottenere una riduzione duratura del peso corporeo. I candidati per i farmaci anti-obesità devono avere un indice di massa corporea (IMC) ≥30 kg/m2 o ≥27 kg/m2 con una o più comorbilità (ad es., diabete mellito di tipo 2 [DMT2], dislipidemia o pressione arteriosa alta).[86] I pazienti che iniziano una terapia con farmaci anti-obesità devono essere valutati dopo 12 - 16 settimane; il mancato raggiungimento di una riduzione del peso corporeo ≥5% in corrispondenza di questo intervallo di osservazione indica che probabilmente il farmaco non sarà efficace nel lungo periodo.[44,87-89]

Fino a poco tempo fa, l’unico farmaco soggetto a prescrizione approvato per la gestione cronica del peso era orlistat, un inibitore della lipasi pancreatica, che produce un calo ponderale duraturo e moderato di circa il 3% del peso corporeo totale.[87,90-92] Negli studi clinici, orlistat ha determinato una riduzione del peso corporeo ≥5% in un numero di pazienti significativamente maggiore rispetto al placebo.[89,92] Orlistat può causare frequentemente effetti indesiderati gastrointestinali, specialmente in pazienti che consumano cibi ricchi di grassi; questi effetti indesiderati sono stati associati a considerevoli problemi di tollerabilità.[3,87,90-92]

L’armamentario farmacologico anti-obesità è recentemente aumentato grazie all’introduzione di numerosi nuovi medicinali, due dei quali, la combinazione naltrexone a rilascio prolungato (SR)/bupropione SR[88] e liraglutide 3 mg una volta al giorno,[89] sono attualmente disponibili in Europa e negli Stati Uniti.[91-92]

Lorcaserina. La lorcaserina è un agonista altamente selettivo del recettore 5-HT2C, la cui attivazione è associata a un aumento della sazietà; la lorcaserina potrebbe anche avere effetti benefici sulla regolazione della tolleranza al glucosio e della sensibilità epatica all’insulina.[91,93-95]

In pazienti non diabetici in sovrappeso e obesi che seguivano una dieta e un programma di attività fisica, la lorcaserina (10 mg due volte al giorno) è risultata associata a una perdita di peso corporeo ≥ 10% in un numero significativamente maggiore di pazienti rispetto al gruppo placebo dopo 52 settimane di trattamento (P <0,001).[94] Tra i pazienti che hanno ottenuto una riduzione del peso corporeo ≥ 5% il primo anno, tale riduzione è stata mantenuta in un maggior numero di pazienti nel gruppo che ha continuato a ricevere la lorcaserina durante il secondo anno (67,9%) rispetto a quello che ha ricevuto il placebo durante il secondo anno (50,3%, P <0,001).[94] La lorcaserina è stata associata a riduzioni significative della circonferenza della vita e dell’IMC durante il primo anno rispetto al placebo. Durante il primo anno, i livelli di glicemia e di insulina a digiuno, i livelli di emoglobina glicata e l’insulino-resistenza sono diminuiti in maniera più significativa nel gruppo trattato con lorcaserina rispetto al gruppo trattato con placebo.[94]

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Calo  ponderale  ≥10%  

Pazien4  (%)  

Lorcaserina  (N=1538)  

Placebo  (N=1499)  

P<0,001  

Fig 3

Figura 3. Percentuale di partecipanti allo studio con una riduzione del peso corporeo ≥ 10% dopo 1 anno: lorcaserina vs placebo.

Da Smith SR, et al.[94]

Riassunto della figura (breve descrizione): Un numero significativamente maggiore di pazienti ha ottenuto una riduzione del peso corporeo ≥ 10% con la lorcaserina rispetto al placebo

In pazienti in sovrappeso e obesi con concomitante DMT2 (emoglobina glicata [HbA1c] tra 53 e 86 mmol/mol [7% e 10%]) trattati con metformina e/o una sulfonilurea, la lorcaserina (10 mg una o due volte al giorno per un anno) è risultata associata a una riduzione del peso corporeo ≥ 5% nel 37,5% e nel 44,7% dei pazienti, rispettivamente, rispetto al 16,1% del gruppo trattato con placebo.[95] La lorcaserina ha migliorato i livelli di HbA1c (riduzione di circa 11 mmol/mol [1,0%]) e la glicemia a digiuno, ma non sono stati osservati cambiamenti significativi nel colesterolo associato a lipoproteine a bassa densità (C-LDL), C-HDL, trigliceridi o pressione arteriosa.[95] Episodi di ipoglicemia si sono verificati più frequentemente nei gruppi di trattamento con la lorcaserina (una e due volte al giorno: 10,5% e 7,4%, rispettivamente) rispetto al 6,3% nel gruppo trattato con placebo.[95] L’effetto della lorcaserina sui livelli di HbA1c è stato maggiore di quello atteso in base alla riduzione di peso corporeo corrispondente e ciò suggerisce che il meccanismo di miglioramento della glicemia non sia basato solamente sul calo ponderale.[92]

La lorcaserina presenta un basso tasso di eventi avversi (quelli più frequenti sono: infezioni delle vie respiratorie superiori, cefalea e capogiri), ma non deve essere somministrata insieme a farmaci che interagiscono con il sistema della serotonina (ad es., inibitori della monoamino-ossidasi, inibitori della ricaptazione della serotonina).[92-93] Anche se è disponibile per il trattamento dei pazienti obesi negli Stati Uniti, in Europa la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio per la lorcaserina è stata ritirata a causa di preoccupazioni espresse dal Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP).[96] Il CHMP ha citato il rischio potenziale di cancro con l’uso a lungo termine della lorcaserina (in base ai risultati di test di laboratorio) e ha espresso preoccupazioni in merito a depressione e valvulopatia. Il parere del CHMP era che i benefici non superavano chiaramente i rischi.[92-93,96]

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Combinazione fentermina/topiramato a rilascio controllato. La fentermina provoca il rilascio di norepinefrina e, in misura minore, di dopamina nell’ipotalamo. Il topiramato è usato nel trattamento di epilessia ed emicrania ed è stato associato alla riduzione del peso corporeo.[97] Il topiramato ha diversi meccanismi d’azione farmacologici e si ritiene che gli effetti sul calo ponderale siano dovuti alla ridotta assunzione calorica assieme a un aumento del dispendio energetico e a una ridotta efficienza energetica.[91-92,97-99] La formulazione a rilascio prolungato dei due componenti del farmaco (fentermina a rilascio immediato e topiramato a rilascio controllato) permette di impiegare dosi inferiori di ciascun farmaco per ottenere un calo ponderale significativo, riducendo anche l’incidenza di effetti indesiderati.[92,99] In uno studio di fase 3 di 56 settimane, il 66,7% dei pazienti obesi (IMC ≥35 kg/m2) trattati con la dose più alta di fentermina/topiramato CR (15/92 mg) ha ottenuto una riduzione del peso corporeo ≥5%. Lo stesso è successo per il 44,9% dei pazienti che hanno ricevuto fentermina/topiramato CR (3,75/23 mg) rispetto al 17,3% dei pazienti trattati con placebo.[98] Inoltre, si sono verificati miglioramenti significativi in termini di circonferenza della vita, pressione arteriosa diastolica e sistolica, glicemia a digiuno e livelli di lipidi.[98] Questi risultati suggeriscono che fentermina/topiramato CR determina un calo ponderale significativo e dose-dipendente.

Tra gli eventi avversi comuni associati a fentermina/topiramato CR si annoverano: costipazione, parestesia e bocca secca.[91] Il topiramato è stato associato a labbro leporino fetale e miopia acuta con glaucoma.[92] È noto che la fentermina aumenta la frequenza cardiaca, ma non se ne conoscono ancora gli effetti a lungo termine. Ulteriori preoccupazioni relative agli effetti indesiderati cardiovascolari, psichiatrici e cognitivi della combinazione hanno comportato il rifiuto all’immissione in commercio di fentermina/topiramato CR in Europa.[100]

Combinazione naltrexone SR/bupropione SR. Naltrexone e bupropione sono usati clinicamente da molti anni.[101] Il naltrexone è un antagonista dei recettori oppioidi indicato per il trattamento della dipendenza da alcol e oppioidi; tuttavia, un altro dei suoi effetti è quello di ridurre il desiderio di cibo e rendere meno piacevole il consumo di cibo.[102-103] Il bupropione è un inibitore della ricaptazione di dopamina e norepinefrina, utilizzato come antidepressivo e indicato anche per smettere di fumare. I pazienti che assumono bupropione hanno riportato anche una modesta riduzione del peso corporeo.[91,101-103] Il meccanismo esatto con cui la combinazione naltrexone/bupropione induce il calo ponderale non è noto, ma potrebbe coinvolgere la stimolazione complementare dei pathway centrali della melanocortina e l’antagonismo di meccanismi di retroazione inibitori che promuovono gli effetti anoressizzanti del bupropione e aumentano il dispendio energetico.[87,92,101] È stato dimostrato che la combinazione di naltrexone SR/bupropione SR produce una perdita di peso maggiore di quella che si osserva con i due farmaci da soli.[103]

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0,0  0   8   16   24   32   40   48   56  

Variazione  del  peso  corporeo  (%)  

Placebo  +  MODC   NB32  +  MODC  

-­‐5,1%  

-­‐11,5%  

SeTmane  

ITT-­‐LOCF-­‐modificata   Pazien&  che  hanno  completato  lo  studio  

56  

-­‐7,3%  

-­‐11,5%  

Fig 4

Figura 4. Percentuale di calo ponderale rispetto al basale per la popolazione ITT-LOCF-modificata e per la popolazione che ha completato lo studio: naltrexone + bupropione vs placebo.

ITT = intenzione di trattamento (intent to treat); LOCF = ultima osservazione portata a termine (last observation carried forward).

Da Wadden TA, et al.[101]

Riassunto della figura (breve descrizione): Il calo ponderale osservato nel corso dello studio ha mostrato risultati più favorevoli nel gruppo con modificazione del comportamento/naltrexone + bupropione rispetto al gruppo con modificazione del comportamento + placebo

In pazienti in sovrappeso/obesi sottoposti a un programma intensivo di dieta, attività fisica e terapia del comportamento, il trattamento con naltrexone SR/bupropione SR per 56 settimane ha prodotto un calo ponderale del 9,3% del peso iniziale rispetto al 5,1% osservato con il placebo, e il 66,4% dei pazienti del gruppo di trattamento ha perso ≥ 5% del peso corporeo.[101] I pazienti in terapia con naltrexone SR/bupropione SR hanno anche presentato miglioramenti significativi nei marker per il rischio di malattie cardiometaboliche.[101]

Anche i pazienti affetti da DMT2 in terapia con naltrexone SR/bupropione SR hanno perso una percentuale maggiore di peso rispetto ai pazienti trattati con il placebo (-5,0% rispetto a -1,8% del peso corporeo totale, rispettivamente). I livelli di HbA1c sono migliorati di circa 7 mmol/mol (-0,6%) nel gruppo di trattamento rispetto a 1 mmol/mol (-0,1%) con il placebo.[91,102]

Il principale evento avverso associato a naltrexone SR/bupropione SR è la nausea, che potrebbe avere un effetto significativo sulla tollerabilità. Per mitigare gli eventi avversi, la dose deve essere aumentata gradualmente ogni settimana per un periodo di 4 settimane fino a raggiungere la dose raccomandata di 32 mg di naltrexone cloridrato e 360 mg di bupropione.[88] Questa combinazione può anche provocare l’aumento della pressione arteriosa, che deve quindi essere monitorata, specialmente dopo l’inizio e durante la titolazione del

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trattamento.[88,92] Naltrexone SR/bupropione SR è sconsigliato in pazienti con insufficienza renale moderata (è necessario valutare l’eGFR prima dell’inizio della terapia) o in pazienti con insufficienza epatica.[88]

Liraglutide. Il liraglutide è un agonista del recettore del GLP-1 (GLP-1 RA) e presenta un’omologia del 97% con il GLP-1 nativo. La stimolazione dei recettori centrali del GLP-1 determina una riduzione dell’assunzione di cibo e una diminuzione della produzione epatica di glucosio, nonché una ridotta ricaptazione del glucosio nei muscoli. Può anche stimolare il tessuto adiposo bruno. A livello periferico, i recettori del GLP-1 provocano il rilascio di insulina, l’inibizione della secrezione di glucagone e il rallentamento dello svuotamento gastrico.[32,38,89] Il liraglutide, iniettato per via sottocutanea una volta al giorno alla dose di 1,2 o 1,8 mg/die, è usato da molti anni per il trattamento del DMT2.[32,92,104] Il rischio di ipoglicemia è basso poiché il meccanismo d’azione è glucosio-dipendente. Il GLP-1 aumenta il rilascio di insulina, riduce la secrezione di glucagone e inibisce anche lo svuotamento gastrico, promuovendo il senso di sazietà.[32,91,105] Recentemente, il liraglutide alla dose di 3 mg/die è stato approvato per il trattamento dei pazienti obesi.[89]

Fegato  

Intes&no  

Pancreas  

Produzione  epa&ca  di  glucosio  

Secrezione  di  insulina  Secrezione  di  glucagone  Proliferazione  cellule  B  

Muscolo  

Tessuto  adiposo  

Cervello  

GLP-­‐1/GLP-­‐1  RA  

   Appe&to      Neuroprotezione  

Svuotamento  gastrico  

Termogenesi  Variazione  del  peso  

Sensibilità  insulinica  Assorbimento  di  glucosio  

Fig 5

Figura 5. Il recettore del GLP-1 regola l’energia e il metabolismo del glucosio sia a livello centrale che periferico.

GLP-1 = peptide glucagone-simile 1

Da Heppner KM, et al.[105]

Riassunto della figura (breve descrizione): Il GLP-1 e i suoi analoghi svolgono un ruolo importante nell’omeostasi energetica e nel metabolismo del glucosio

In pazienti obesi sottoposti a un regime dietetico e a un programma di attività fisica, il liraglutide (dose iniziale di 0,6 mg/die; incrementi settimanali di 0,6 mg fino a un massimo di 3 mg/die) è stato messo a confronto con il placebo e con orlistat.[38,106] I pazienti in terapia con liraglutide 3 mg/die hanno perso 5,8 kg in più rispetto ai pazienti trattati con il placebo e 3,8 kg in più rispetto ai pazienti in terapia con orlistat, rispettivamente.[38]

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In pazienti in sovrappeso con DMT2, il liraglutide ha indotto un calo ponderale significativo dopo 1 anno di trattamento e il 54,3% dei pazienti in terapia con liraglutide (3,0 mg una volta al giorno) ha presentato un calo ponderale ≥5% rispetto al 21,4% dei pazienti trattati con placebo.[107] In uno studio in doppio cieco di 56 settimane condotto su 3.731 pazienti in sovrappeso/obesi senza DMT2, liraglutide 3,0 mg una volta al giorno, assieme a consigli sulla modifica dello stile di vita, ha prodotto una riduzione media pari a -8,4±7,3 kg del peso corporeo rispetto alla riduzione di -2,8±6,5 kg del gruppo trattato con placebo; (P <0,001). Il 63% dei pazienti in terapia con liraglutide e il 27% dei pazienti trattati con placebo ha presentato un calo ponderale ≥ 5% rispetto al basale (P <0,001); il 33% dei pazienti trattati con liraglutide ha ottenuto un calo ponderale ≥ 10% rispetto al basale contro l’11% dei pazienti trattati con placebo (P <0,001). Inoltre, la prevalenza di prediabete alla settimana 56 è risultata significativamente inferiore nel gruppo in terapia con liraglutide (30,8%) rispetto al placebo (67,3%) (P <0,001).[108]

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>5%  dopo  1  anno  

Percentuale  di  individui  (%)  

Placebo   Orlistat   Liraglu&de  2,4  mg   Liraglu&de  3,0  mg  

*P≤0,001  vs  placebo  †P<0,001  vs  orlistat  

*  

*  †  

Fig 6

Figura 6. Percentuale di pazienti che hanno ottenuto un calo ponderale >5% dopo un anno: liraglutide, orlistat, placebo.

Da Astrup A, et al.[38]

Riassunto della figura (breve descrizione): Un numero significativamente maggiore di pazienti in terapia con liraglutide ha ottenuto un calo ponderale ≥ 5% rispetto a orlistat e placebo

Il liraglutide è anche associato a una riduzione significativa di circonferenza della vita, pressione arteriosa sistolica, prediabete, livelli di HbA1c e glicemia a digiuno. Il C-HDL è significativamente aumentato. Anche la frequenza cardiaca è lievemente aumentata (circa 1 battito/min).[38,106-107]

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Mantenere il calo ponderale a lungo termine è molto difficile. In uno studio di 56 settimane in cui i pazienti che seguivano una dieta ipocalorica e avevano ottenuto un calo ponderale ≥ 5% sono stati randomizzati a liraglutide 3,0 mg/die o al placebo, un numero maggiore di pazienti in terapia con liraglutide (81,4%) ha mantenuto il calo ponderale ≥ 5% rispetto ai pazienti trattati con placebo (48,9%).[109] In un altro studio sul calo ponderale/mantenimento del calo ponderale, individui obesi sani sottoposti a una dieta estremamente ipocalorica per 8 settimane hanno raggiunto un calo ponderale di circa il 12% e sono stati poi randomizzati al trattamento con o senza liraglutide (1,2 mg al giorno). In caso di guadagno di peso, fino a due pasti al giorno potevano essere sostituiti con prodotti dietetici ipocalorici per ottenere un mantenimento del peso uguale tra i gruppi. Alla settimana 52, il gruppo trattato con liraglutide aveva ripreso in media 0,4 kg contro un guadagno di peso pari a 2,3 kg nel gruppo di controllo (P <0,05). I risultati di questi studi suggeriscono che un dosaggio basso di liraglutide potrebbe prevenire efficacemente il recupero del peso perso che spesso si verifica nei pazienti sottoposti a programmi dimagranti.[110] Una possibile spiegazione per questo effetto protettivo del liraglutide contro il recupero di peso è l’inibizione GLP-1 RA-mediata a lunga durata d’azione dell’aumento dei recettori della leptina solubile che si verifica normalmente durante il mantenimento del calo ponderale. Ne consegue che i livelli di leptina libera sono più alti con il liraglutide, mitigando gli effetti di aumento dell’appetito determinati dai livelli di leptina fisiologicamente bassi associati al calo ponderale e al suo mantenimento.[18,110]

I principali eventi avversi associati al liraglutide sono di tipo gastrointestinale. È stato dimostrato che la titolazione della dose riduce al minimo gli episodi di nausea e vomito che tendono a verificarsi durante la fase iniziale del trattamento.[106]

Terapia futura dell’obesità: trattamenti combinati

Favorire il calo ponderale comporta benefici indiscutibili per la salute.[92] L’approvazione di farmaci antiobesità con diversi meccanismi d’azione offre l’opportunità di impiegare terapie di combinazione con un approccio “step-up”, come per il trattamento del DMT2, per ridurre inizialmente e, soprattutto, mantenere il calo ponderale a lungo termine.[92,109-110] Oltre alla combinazione dei farmaci antiobesità attualmente approvati, la combinazione di GLP-1 RA con inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) è una possibile opzione in corso di valutazione. Gli inibitori dell’SGLT2 promuovono il calo ponderale determinando l’escrezione del glucosio attraverso le urine e causando la perdita di calorie.[111] I meccanismi compensatori provocano un aumento del rilascio di glucagone e un aumento dell’appetito, riducendo l’efficacia anti-iperglicemica dell’SGLT2 e la possibilità di ottenere un calo ponderale. Tuttavia, poiché i GLP-1 RA inibiscono il rilascio di glucagone e riducono l’appetito, con un meccanismo d’azione potenzialmente complementare a quello degli inibitori di SGLT2, la combinazione dei due farmaci potrebbe avere un effetto sinergico, migliorando sia il calo ponderale che il controllo della glicemia.[92]

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Abbreviazioni

5-HT2C = recettore 2C della 5-idrossitriptamina

AB = acidi biliari

ACE = adenocarcinoma esofageo

CCK = colecistochinina

C-HDL = colesterolo associato a lipoproteine ad alta densità

CHMP = Comitato per i medicinali per uso umano (Committee for Medicinal Products for Human Use)

C-LDL = colesterolo associato a lipoproteine a bassa densità

CR = rilascio controllato (controlled release)

DMT2 = diabete mellito di tipo 2

eGFR = tasso di filtrazione glomerulare stimato (estimated glomerular filtration rate)

FGF = fattore di crescita dei fibroblasti

GI = sistema gastrointestinale

GLP-1 = peptide glucagone-simile 1 (glucagon-like peptide-1)

HbA1c = emoglobina glicata

IL-6 = interleuchina-6

IMC = indice di massa corporea

ITT = intenzione di trattamento (intent to treat)

kcal/die = chilocalorie/giorno

kg/m2 = chilogrammo per metro2

LOCF = ultima osservazione portata a termine (last observation carried forward)

MCV = malattia cardiovascolare

mg = milligrammi

min = minuto

MODC = modificazione del comportamento

NPY = neuropeptide Y

OXM = ossintomodulina

PP = polipeptide pancreatico

PYY = peptide YY

RA = agonista del recettore (receptor agonist)

RMF = risonanza magnetica funzionale

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SGLT2 = cotrasportatore sodio-glucosio 2

SNC = sistema nervoso centrale

SNP = sistema nervoso periferico

SR = rilascio prolungato (sustained release)

TAB = tessuto adiposo bruno

TNF-α = fattore di necrosi tumorale α

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Questo documento ha solo fini formativi. Non saranno concessi crediti di Formazione medica continua (CME) per la lettura dei contenuti di questo documento. Per partecipare a questa attività, visitare www.medscape.org/anthology/incretin

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Le attività formative sopra presentate possono includere scenari basati su casi simulati. I pazienti rappresentati in tali scenari sono fittizi e non è intesa né può essere desunta alcuna associazione con pazienti reali.

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