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N N o o t t i i z z i i a a r r i i o o s s u u l l M M e e r r c c a a t t o o d d e e l l L L a a v v o o r r o o Sommario Presentazione del rapporto CNEL 2013-2014 sul mercato del lavoro - CNEL, Sala Parlamentino, 30 settembre 2014 - sintesi degli interventi: - Antonio Marzano, Presidente CNEL; - Tiziano Treu, Presidente della Commissione speciale dell’Informazione (III); - Stefano Scarpetta, Director E.L.S.A. OCSE; - Serena Sorrentino, Segretaria confederale CGIL; - Luigi Sbarra, Segretario confederale CISL; - Antonella Pirastu, Dip. Politiche Territoriali UIL; - Corrado Mannucci, Segretario naz.le pensionati UGL; - Riccardo Giovani, R.ETE. Imprese Italia, Direttore relazioni sindacali Confartigianato Imprese; - Pierangelo Albini, Direttore R. I. Confindustria; - Paolo Pennesi, Segretario generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; Considerazioni conclusive del Presidente della Commissione speciale dell’Informazione (III) - sintesi Il CNEL si pronuncia sul facility management Focus Politiche del lavoro: principali novità normative Le valutazioni del CNEL sul disegno di legge di stabilità 2015 nuova serie, n. 4 - ottobre 2014 - notiziario trimestrale on-line Il rapporto CNEL 2013-2014 sul mercato del lavoro Roma, 30 settembre 2014 Lo scorso 30 settembre è stata presentata l’edizione 2013-14 del rapporto che il CNEL dedica con periodicità annuale al mercato del lavoro, in base a quanto dispone l’art. 10, co. 1, lett. c), della legge 30 dicembre 1986, n. 936. L’edizione di quest’anno presenta due novità di na- tura metodologica: il rapporto è stato elaborato da un gruppo di ricercatori di due diversi istituti (REF e ISFOL), che hanno lavorato sulla base delle direttive impartite dalla Commissione speciale dell’informazione II Ufficio di supporto agli Organi collegiali trovano collocazione le dinamiche del lavoro nel periodo in esame. Il quadro evidenzia come in Europa le diver- genze siano aumentate piuttosto che ridursi, e come tali crescenti asimmetrie vadano in direzione opposta a quella necessaria a rafforzare la coesione dei cittadini del conti- Antonio Marzano Presidente del CNEL Nella relazione di apertura, affidata come di consueto al presidente Marzano, si pone in luce come il rapporto si componga di due parti. La prima offre un quadro sintetico del contesto macroeconomico, anche internazionale, in cui – III del CNEL, con la collaborazione dell’Ufficio. La se- conda novità è che si tratta di un rapporto di consilia- tura che prova ad andare oltre la dimensione congiunturale, tracciando una sintesi delle trasforma- zioni che hanno interessato il mercato del lavoro negli ultimi cinque anni, che è il periodo della “grande crisi”. Questo numero del Notiziario è dedicato all’illustra- zione, in sintesi, dei contributi offerti dai relatori inter- venuti nel corso della giornata di presentazione del rapporto, secondo l’ordine degli interventi. Il testo com- pleto del rapporto è reperibile su www.cnel.it, sezione “Documenti/Rapporti”. Disegno di legge di iniziativa CNEL sui servizi integrati e di gestione degli immobili L’Assemblea del CNEL ha approvato in via definitiva un disegno di legge sui servizi integrati e di gestione degli im- mobili. Il testo del disegno di legge nonché la relazione il- lustrativa sono consultabili sul sito www.cnel.it, sezione “Documenti / Disegni di legge”. Per maggiori approfondimenti, si veda a pag. 12.

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Sommario

□ Presentazione del rapporto CNEL 2013-2014 sul mercato del lavoro - CNEL, Sala Parlamentino,30 settembre 2014 - sintesi degli interventi:

- Antonio Marzano, Presidente CNEL;- Tiziano Treu, Presidente della Commissione speciale dell’Informazione (III);- Stefano Scarpetta, Director E.L.S.A. OCSE;- Serena Sorrentino, Segretaria confederale CGIL;- Luigi Sbarra, Segretario confederale CISL;- Antonella Pirastu, Dip. Politiche Territoriali UIL;- Corrado Mannucci, Segretario naz.le pensionati UGL;- Riccardo Giovani, R.ETE. Imprese Italia, Direttore relazioni sindacali Confartigianato Imprese;- Pierangelo Albini, Direttore R. I. Confindustria;- Paolo Pennesi, Segretario generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

□ Considerazioni conclusive del Presidente della Commissione speciale dell’Informazione (III) - sintesi

□ Il CNEL si pronuncia sul facility management

□ Focus

□ Politiche del lavoro: principali novità normative

□ Le valutazioni del CNEL sul disegno di legge di stabilità 2015

nuova serie, n. 4 - ottobre 2014 - notiziario trimestrale on-line

Cnel Notiziario sul Mercato del Lavoro

Il rapporto CNEL 2013-2014sul mercato del lavoro

Roma, 30 settembre 2014Lo scorso 30 settembre è stata presentata l’edizione2013-14 del rapporto che il CNEL dedica con periodicitàannuale al mercato del lavoro, in base a quanto disponel’art. 10, co. 1, lett. c), della legge 30 dicembre 1986, n.936. L’edizione di quest’anno presenta due novità di na-tura metodologica: il rapporto è stato elaborato da ungruppo di ricercatori di due diversi istituti (REF eISFOL), che hanno lavorato sulla base delle direttiveimpartite dalla Commissione speciale dell’informazione

Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Viale David Lubin, 2 - 00196 Roma - Tel. 06.36921

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II Ufficio di supporto agli Organi collegiali

trovano collocazione le dinamiche del lavoro nel periodoin esame. Il quadro evidenzia come in Europa le diver-genze siano aumentate piuttosto che ridursi, e come talicrescenti asimmetrie vadano in direzione opposta a quellanecessaria a rafforzare la coesione dei cittadini del conti-

Antonio Marzano Presidente del CNEL

Nella relazione di apertura, affidata come di consueto alpresidente Marzano, si pone in luce come il rapporto sicomponga di due parti. La prima offre un quadro sinteticodel contesto macroeconomico, anche internazionale, in cui

sione delle politiche di bilancio come strumento perma-nente di riqualificazione dell’apparato pubblico e riaffermache “i nodi” dell’economia italiana si devono risolvere inuna prospettiva di rilancio dell’Unione Europea attraversopolitiche più integrate, incluso il piano di ripartizione degliinvestimenti pubblici.Nell’ambito del ddl di stabilità il CNEL apprezza i provve-dimenti che delineano una politica di investimenti per losviluppo (pur riscontrando in alcuni casi il rischio di unaminore portata espansiva rispetto agli obiettivi dichiarati),come la reiterazione del bonus fiscale di 80 € per il 2015;gli interventi di riduzione del costo del lavoro (attraversola contrazione dei costi di produzione); gli incentivi per lastabilizzazione dei nuovi assunti; l’erogazione di incentiviautomatici a fronte di incrementi di spesa per ricerca e svi-luppo; le misure per superare le vischiosità delle proceduredi spesa determinate dal contenzioso amministrativo e/ogiudiziario e quelle correlate, del Patto di Stabilità Interno,per adeguare le capacità di spesa di Regioni ed Enti Localiin materia di opere pubbliche. Nel documento vengono inoltre analizzate le misure cheincidono sui meccanismi di redistribuzione del carico fi-scale e di recupero di evasione (avente un carattere mar-ginale e potenzialmente in grado di fornire risultati piùsignificativi); la revisione delle risorse destinate alle poli-tiche sociali e alla previdenza (colpita dall’aggravio dell’im-posizione sulle forme pensionistiche complementari); gliinterventi di controllo e riduzione della spesa delle Ammi-nistrazioni centrali, regionali e locali, (che andrebbero me-glio sostenuti attraverso una più rigorosa attuazione delleriforme istituzionali e una maggiore cooperazione tra i li-velli di governo); le risorse stanziate per i progetti ed i pro-grammi di ricerca industriale. Sulle politiche del lavoro il CNEL ribadisce la necessità diraccordare, in termini normativi e temporali, le misure diincentivazione del lavoro a tempo indeterminato previstein questa manovra con quelle derivanti dalla delega sullariforma del lavoro, in corso di esame parlamentare, al finedi evitare distorsioni e di garantire strutturalità e imme-diata operatività, ad iniziare dalla congruità delle risorsedestinate al finanziamento del Jobs Act e nonostante l’as-senza di stanziamenti per il nuovo sistema di ammortizza-tori sociali.Il CNEL apprezza inoltre la previsione dell’integrale dedu-zione dall’IRAP del costo complessivo sostenuto per il la-voro dipendente a tempo indeterminato, pur sottolineandoche i conseguenti benefici sui bilanci aziendali possonovenir inficiati dal contestuale ripristino dell’originaria ali-quota base. Rileva, inoltre, che l’esclusione dovrà essereestesa al lavoro stagionale in quei settori nei quali esso rap-presenta la forma ordinaria del rapporto di lavoro.

– III del CNEL, con la collaborazione dell’Ufficio. La se-conda novità è che si tratta di un rapporto di consilia-tura che prova ad andare oltre la dimensionecongiunturale, tracciando una sintesi delle trasforma-zioni che hanno interessato il mercato del lavoro negliultimi cinque anni, che è il periodo della “grande crisi”. Questo numero del Notiziario è dedicato all’illustra-zione, in sintesi, dei contributi offerti dai relatori inter-venuti nel corso della giornata di presentazione delrapporto, secondo l’ordine degli interventi. Il testo com-pleto del rapporto è reperibile su www.cnel.it, sezione“Documenti/Rapporti”.

Disegno di legge di iniziativa CNEL sui servizi integrati e di gestione degli immobili

L’Assemblea del CNEL ha approvato in via definitiva undisegno di legge sui servizi integrati e di gestione degli im-mobili. Il testo del disegno di legge nonché la relazione il-lustrativa sono consultabili sul sito www.cnel.it, sezione“Documenti / Disegni di legge”. Per maggiori approfondimenti, si veda a pag. 12.

Le valutazioni del CNEL sul disegno di legge di stabilità 2015

L’Assemblea ha approvato il documento di valutazionisulla Nota di aggiornamento del Documento di Economiae Finanzia 2014 e sul Disegno di Legge di Stabilità 2015(www.cnel.it, sezione “Documenti/oo.pp”), successiva-mente presentato dal Presidente Antonio Marzano in au-dizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato inseduta congiunta.Il CNEL evidenzia come le misure da adottare debbanoprioritariamente sostenere il sistema produttivo nei pro-cessi di ristrutturazione e nei recuperi di produttività e dicompetitività, dato atto che l’attuale situazione non è piùriequilibrabile attraverso automatici aggiustamenti delmercato. Sostiene, in particolare, la necessità di una revi-

2000, n. 193, recante «Norme per favorire l'attività' lavo-rativa dei detenuti», viene fissata la misura del creditod’imposta riconosciuto per gli anni 2013 e 2014 in favoredelle imprese che assumono per un periodo non inferiorea 30 giorni lavoratori detenuti o internati. Analogamente,viene fissata la misura del credito d’imposta in favore delleimprese che assumono lavoratori semiliberi provenientidalla detenzione o internati semiliberi. Il credito d’impo-sta è riconosciuto anche alle imprese che svolgono attivitàdi formazione, a condizione che essa comporti la succes-siva assunzione per un periodo minimo predeterminato,oppure che sia finalizzata a creare professionalità da im-piegare in attività lavorative gestite in proprio dall’ammi-nistrazione penitenziaria.

Decreto Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali 25 giugno 2014: “Determinazione del contin-gente triennale 2014-2016 per l’ingresso nelterritorio nazionale di cittadini stranieri per lapartecipazione a corsi di formazione professio-nale e a tirocini formativi”.(G.U. n. 254 del 31.10.2014)

Viene fissato un limite massimo di ingressi pari a 7.500unità per frequenza a corsi di formazione professionale (didurata non superiore a 24 mesi e organizzati da enti di for-mazione accreditati secondo le norme regionali vigenti) fi-nalizzati al riconoscimento di una qualifica o allacertificazione delle competenze acquisite, nonché a 7.500unità per lo svolgimento di tirocini formativi e d’orienta-mento promossi da soggetti individuati dalle discipline re-gionali.

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nente. In Italia lo scenario è caratterizzato da marcate si-tuazioni di esclusione sociale, in forte aumento in partico-lare per quanto riguarda i giovani, da tendenzesegnatamente negative negli investimenti aggregati e neicomportamenti di consumo, da una perdurante bassa pro-duttività che si accompagna a stagnazione salariale, da no-tevoli disuguaglianze degli indicatori a livello di territori,settori, genere e nazionalità.L’analisi quantitativa delle perdite subite sul mercato dellavoro evidenzia tratti riassumibili in poche battute: fortidifferenze sia guardando alla tipologia di lavori che ai li-velli di istruzione dei lavoratori; un incremento dei con-tratti a termine che si accompagna all’allungamento deitempi necessari al passaggio dal tempo determinato altempo indeterminato; un aumento del tasso di attività chesi registra unicamente sotto forma di incremento del tassodi occupazione delle generazioni più anziane, soprattuttoper effetto dei recenti provvedimenti nel campo delle

politiche pensionistiche.Sotto il profilo quantitativo il rapporto segnala la perdu-rante centralità del ricorso alla cassa integrazione e la gra-vità dello squilibrio che le caratteristiche proprie di questostrumento – la concentrazione nell’industria e in aziendedi una certa dimensione – amplificano, rendendone scarsoil ricorso proprio nelle Regioni dove sarebbe più necessarioper il dilagare della disoccupazione. Questi aspetti, unita-mente ai noti vincoli posti alle politiche di bilancio chehanno ridotto le possibilità di nuovi finanziamenti, fannosì che si mantenga bassa la percentuale di popolazione sus-sidiata rispetto al totale delle persone in cerca di lavoro. Sul piano normativo, in una direzione seguita di recenteda altre economie cosiddette “periferiche” dell’area del-l’Unione Europea, dalla riforma Fornero in poi si è cercatodi modificare in senso meno restrittivo le regole sulla fles-sibilità in uscita, mentre in entrata si è ampliata la possi-bilità per le imprese di ricorrere allo strumento deicontratti a termine. Nuove forme di flessibilità in ingressosarebbero inoltre introdotte con l’imminente contratto atutele crescenti.Per quanto riguarda l’analisi del costo del lavoro, il rap-porto dedica ampio spazio alle opzioni che consentireb-bero tagli del cuneo fiscale, ponendo in luce lecaratteristiche necessarie a un sistema economico per nonsoccombere nel quadro della crescente competizione in-ternazionale (capacità di innovare e di incrementare laproduttività) e illustrando il passaggio - più chiaro negli

Stati Uniti ma di qualche esempio significativo anche in Eu-ropa - dalla delocalizzazione nelle economie emergenti ai se-gnali di reshoring.Quest’anno un approfondimento di taglio comparativo ri-guarda le politiche attive e, in particolare, il funzionamentodei servizi pubblici per l’impiego; dall’analisi emerge una gra-cilità del sistema italiano che sembrerebbe rendere - almenoin primissima battuta di difficile implementazione anche ilnuovo strumento europeo della “Garanzia giovani”. Ancora a livello europeo, dove si sottolinea da tempo la cen-tralità dell’accumulazione di capitale umano come elementostrategico a supporto del processo innovativo e più in gene-rale della crescita di produttività e competitività, il rapportodel CNEL mostra come negli ultimi dieci anni proprio il ri-corso al fattore “capitale umano” abbia subìto un vistoso ral-lentamento, con una sempre minore propensione delleimprese a formare il personale e a considerare discriminantepositivo della remunerazione un più alto livello di istruzionedel lavoratore. Attenzione merita infine il dato italiano sulla ridotta quota diimprenditori in possesso di istruzione di terzo grado; si trattadi una “povertà” che “depotenzia” il circuito positivo riscon-trabile in altre esperienze europee tra capitale umano in pos-sesso degli imprenditori, valorizzazione delle risorse umaneutilizzate dall’impresa, stabilità dei rapporti di lavoro in es-sere nell’azienda e, in ultima analisi, performance della stessaazienda.

Tiziano TreuPresidente della Commissione speciale dell’Informazione (III)

Il Presidente apre il suo intervento evidenziando lo schemainnovativo del Rapporto sul mercato del lavoro che, in questaedizione, ha preso in considerazione l’andamento delle varia-bili iniziando dal periodo pre-crisi, cercando di fare riferi-menti all’andamento di queste stesse variabili in Europa e,laddove possibile, nei Paesi OCSE, in modo da offrire una vi-sione di sistema e anche di prospettiva. Ringrazia i ricercatoridi REF e di ISFOL che hanno collaborato con la Commissionealla redazione del Rapporto, auspicando che possa essereutile al dibattito che si colloca in un momento difficile oltreche importante. Illustra poi sinteticamente con alcune slidesle principali questioni affrontate nel Rapporto, soffermandosisui punti ritenuti particolarmente significativi. Inizia dallaparte macroeconomica da cui emerge una divaricazione nel-l’andamento dell’occupazione e della disoccupazione a tuttosvantaggio dell’Europa rispetto all’area USA. Per definire ildeficit che ne è conseguito, connesso a diverse politiche eco-nomiche, cita il Ministro Padoan che ha sostenuto come perla ripresa della crescita non bastino politiche di bilancio ri-gorose, pure necessarie, ma occorrano politiche significative,ossia un “mix di politiche dell’offerta e della domanda”. Conriferimento alla crescita delle divergenze tra i Paesi conside-rati forti e meno colpiti dalla crisi e quelli dell’area mediter-ranea, definita “periferica”, come Spagna, Italia, Portogalloe Grecia che presentano un aumento delle diseguaglianze edelle povertà, sottolinea come l’Italia risulti essere tra quellipiù in difficoltà e, rispetto al pre-crisi, si sia impoverita siaper i consumi che per gli investimenti. In particolare, segnalail crollo degli investimenti qualitativi, importanti e finalizzati,specie di quelli in ricerca e sviluppo e la drammatica disegua-glianza tra Nord e Sud, nonché le retribuzioni stagnanti, labassa produttività e il crescente costo del lavoro per unità diprodotto che in altri Paesi o è stabile o addirittura in calo. Nelmercato del lavoro, le diversità oltre che territoriali sono da

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – De-creto Direttoriale n. 1709 dell’8 agosto 2014 – In-centivi all’occupazione per i giovani (pubblicatosul sito del Ministero il 2 ottobre 2014).

La Direzione generale per le politiche attive e passive dellavoro del MLPS precisa i criteri per la concessione degliincentivi all’occupazione previsti nell’ambito del Pro-gramma Operativo Nazionale dell’iniziativa europea oc-cupazione giovani 2014-2015. Gli incentivi in parolariguardano le assunzione effettuate nel periodo compresofra il 3 ottobre 2014 e il 30 giugno 2017, per un importocomplessivo di 188.755, 343 euro.

INPS – Circolare n. 100 del 2 settembre 2014:Legge n. 92 del 28 giugno 2012 “Disposizioni inmateria di riforma del mercato del lavoro in unaprospettiva di crescita”. Articolo 3, commi da 4 a47. Fondo di solidarietà residuale. Disciplina di fi-nanziamento.

L’Istituto individua il campo di applicazione e le modalitàgestionali del c.d. “Fondo residuale” di cui all’art. 3,comma 19, della L. 92/2012, destinato alla tutela del red-dito dei lavoratori dipendenti da imprese con più di quin-dici dipendenti che operano in settori esclusidall’applicazione della normativa in materia d'integra-zione salariale.

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Cir-colare n. 9 dell’11 settembre 2014: “Articolo 4,comma 2, decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54,convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio2013, n. 85. Decreto interministeriale sui criteri diconcessione degli ammortizzatori sociali in de-roga alla normativa vigente” .

La Direzione generale degli ammortizzatori sociali e degliincentivi all’occupazione del Ministero illustra nel detta-glio le disposizioni contenute nel decreto interministerialeLavoro-Economia del 1° agosto 2014. Si ribadisce che le ri-sorse destinate al finanziamento degli ammortizzatori so-ciali in deroga riguardano gli accordi stipulati (in sederegionale o governativa) dal giorno della pubblicazione deldecreto stesso sul sito del Ministero del lavoro e delle po-litiche sociali (ossia, dal 4 agosto 2014).

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Cir-colare n. 22 del 24 settembre 2014: “Articolo 3,comma 5, legge 12 marzo 1999, n. 68. Sospensionedegli obblighi occupazionali per i datori di lavoroche sottoscrivono accordi di incentivo all'esodo

previsti dall'articolo 4, commi da 1 a 7 ter, dellalegge 28 giugno 2012, n. 92”

La Direzione generale degli ammortizzatori sociali e degliincentivi all’occupazione del MLPS ritiene che la derogaall’obbligo di assunzione nei confronti dei lavoratori disa-bili sia applicabile anche nei casi in cui il datore di lavoroabbia sottoscritto accordi e attivato procedure di incenti-vazione all’esodo, in caso di esuberi di personale, secondole modalità previste dalla legge 92/2012, stanti le “evidentianalogie” di questa procedura con l’istituto della mobilitàrichiamato dall’art. 3, comma 5, della legge n. 68/1999.

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Cir-colare n. 23 del 26 settembre 2014: “Istruzioni perla concessione delle riduzioni contributive, previ-ste dal Decreto del Ministro del Lavoro e delle Po-litiche Sociali, di concerto con il Ministrodell'Economia e delle Finanze del 07/07/2014, n.83312, per i contratti di solidarietà stipulati aisensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 30 otto-bre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni,dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863”.

Vengono fornite precisazioni in merito ai contenuti del de-creto interministeriale Lavoro-Economia del 7 luglio 2014,già ricordato in precedenza. Si forniscono indicazioni re-lative agli elementi da tener presenti per la concessionedelle riduzioni contributive: ambito soggettivo di applica-zione, modalità applicative della riduzione contributiva,modalità di presentazione della domanda da parte delleimprese, criteri per il rilascio del provvedimento di con-cessione del beneficio, accertamenti ispettivi.

Agenzia delle entrate – Risoluzione n. 87/e del 14ottobre 2014: “Agevolazioni fiscali in favore dellestart-up innovative e degli incubatori certificati”.

La Direzione Centrale Normativa dell’AdE, rispondendoad un interpello, fornisce chiarimenti sulla corretta inter-pretazione dei requisiti, previsti dall’art. 25, comma 2, let-tere da b) a g), del decreto-legge n. 179/2012, affinchéun’azienda possa definirsi start-up innovativa.

Decreto Ministero della giustizia, di concerto conil Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 24luglio 2014, n. 148: “Regolamento recante sgravifiscali e contributivi a favore di imprese che assu-mono lavoratori detenuti”.(G.U. n. 246 del 22-10-2014)

In attuazione degli articoli 3 e 4 della legge 22 giugno

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zione terziaria e ben mirata) per i meccanismi non semprevirtuosi dell’anzianità. Sempre con riferimento alla forma-zione, sottolinea la scarsità di formazione permanente, cheinvece è sempre più necessaria date le trasformazioni delsistema. Esprime preoccupazione per l’aumentato squili-brio tra spese in politiche attive del lavoro e spese in am-mortizzatori e politiche passive, laddove invece in altriPaesi si è maggiormente investito sulle persone e sui mezziper attivare il mercato del lavoro. Pur riconoscendo la fun-zione di sostegno dei vari tipi di ammortizzatori socialiadottati durante la crisi, ne mette in evidenza il costo ec-cessivo, facendo l’esempio delle casse in deroga costate,negli ultimi tempi, più di 2 miliardi l’anno, e il basso tassodi copertura delle disoccupazioni: quasi un milione di di-pendenti non sono coperti né da ASPI né da mini-ASPI,non sono coperti i collaboratori e neanche la CIG ordinariae straordinaria è in grado di coprire tutti. Auspica che iFondi di solidarietà, previsti nella legge delega sul lavoro,siano in grado di far fronte a queste criticità. Continua l’analisi, citando la comparazione europea effet-tuata dall’ISFOL sui servizi all’impiego, dalla quale risultail funzionamento dei canali informali e che il tasso di in-termediazione e il tasso effettivo di penetrazione dei ser-vizi pubblici italiani è più basso delle medie dei Paesivirtuosi, con differenziazioni territoriali. Prosegue rife-rendo come l’efficacia della Garanzia giovani, seppur ca-ratterizzata da un significativo afflusso di aspettative, siaancora difficile da verificare, in quanto cominciata con ri-tardo e con fatica, e contraddistinta da rilevanti differenzeper territorio e per politiche regionali, a suo avviso nonsempre correlate ai reali bisogni dei territori. Chiude l’ana-lisi dei dati facendo riferimento alla crescita dei workingpoors, ossia coloro che pur avendo lavoro, hanno difficoltàad uscire da uno stato di povertà. Prima di illustrare le indicazioni di obiettivo sulle quali bi-sogna lavorare per migliorare la situazione, premettecome, alla luce della profondità dei caratteri della crisi,siano necessarie modifiche del complesso delle politicheeconomiche e sociali e, secondo quanto sostenuto da ta-luni, anche del quadro istituzionale (come, ad esempio,per quanto riguarda il rapporto tra Stato e Regioni nellepolitiche del lavoro) e riforme coerenti, rese possibili dauna stabilità politica e da una coesione sociale costruitagrazie al dialogo sociale. Sintetizza le aree di intervento individuate dalla Commis-sione ed emerse dalla lettura dei dati contenuti nel Rap-porto. La prima concerne le politiche economiche chesostengono lo sviluppo, per cui occorre fare attenzione af-finchè la crescita sia come richiede l’Europa, intelligente,sostenibile e inclusiva, tenendo presente le aree e i settoriin cui si può avere una job-rich growth e non una job-lessgrowth e quindi l’industria, i settori tradizionali e nuovi, iservizi alla persona e le infrastrutture. La seconda area dipolicy riguarda il bisogno di incrementare la formazionecorrelata al futuro dell’innovazione, caratterizzata da unpiù stretto rapporto tra formazione e lavoro, tra scuola eimprese, tenendo presente l’importanza dell’istruzionetecnica e superiore, dell’alternanza scuola-lavoro e del-l’educazione permanente, in modo da poter avere più co-noscenze nel lavoro e un management professionale nelleimprese, soprattutto in quelle piccole, incentivando anchel’assunzione di giovani ricercatori. La terza area di inter-vento si riferisce al costo del lavoro, per cui occorre ridurrein modo stabile il peso sui fattori produttivi, su imprese elavoro, diminuire tasse e contributi, come avviene in altriPaesi, e adottare una struttura dei salari più flessibile, cor-

riscontrare tra i settori produttivi, come si evince dallemaggiori perdite nelle costruzioni, nell’industria e nel pub-blico impiego; una contrazione dell’occupazione italiana afronte di una crescita dell’occupazione degli stranieri, iquali risultano impiegati in lavori spesso non regolari econ salari bassissimi. Sottolinea come i lavoratori auto-nomi abbiano perso di più dei lavoratori dipendenti, i col-laboratori siano stati fortemente ridotti, anche per effettodi interventi legislativi, e la crisi abbia inciso maggior-mente sui lavoratori senza titolo o con titolo basso, rispettoai laureati che, però, sono risultati spesso sotto-inquadrati.Fa rilevare come il drammatico aggravamento del ricorsoai contratti a termine per i giovani, il tempo sempre piùlungo e le notevoli difficoltà per passare da questa ad unaforma di contratto più stabile, abbia reso il contratto a ter-mine una sorta di trappola invece che un’auspicabile viad’accesso al mercato del lavoro. Aggiunge come le diffi-coltà per i giovani si siano accentuate anche per effettodella riforma pensionistica del 2011 che, realizzata nel con-testo di un’economia stagnante, ha causato la mancatauscita dal mercato del lavoro degli over 55. Tra le ulterioridifficoltà del mercato, accenna alla questione del costo dellavoro e della decelerazione salariale, presente soprattuttonei Paesi periferici. Prosegue sottoponendo all’attenzione il ridotto tasso di ri-

gidità delle regole secondo cui risulta aumentata la flessi-bilità in entrata e meno evidente la flessibilità in uscita, inparticolare per quanto riguarda i licenziamenti collettivi,facendo rilevare l’importanza di andare ad analizzareanche la flessibilità interna all’azienda, ossia la mobilitàintelligente e gli orari di lavoro, flessibilità che pare inveceessere stata molto utilizzata dalla Germania per affrontarela crisi. Con riferimento agli effetti delle riforme del mercato dellavoro intervenute in questi ultimi due anni, sono riportatii dati relativi al forte calo delle collaborazioni, in partico-lare del co-co-pro e del lavoro intermittente, e alla crescitadei lavori a termine, nonché all’iniziale ripresa dell’ap-prendistato e ad una lieve ripresa del lavoro a tempo in-determinato. Riportando l’attenzione al problema del sottoutilizzo deilaureati, fa riferimento a quello che ritiene essere uno deigap più gravi dell’Italia, ossia il deficit sugli investimentiin capitale umano, sia per quanto riguarda i livelli che laqualità dell’istruzione, per cui risultano esserci non solopochi laureati, ma laureati sfasati rispetto alle prospettivee alla cognizione che è necessaria per il futuro e che gua-dagnano spazio sui diplomati (cui peraltro manca un’istru-

Decreto del Ministro del Lavoro e delle PoliticheSociali, di concerto con il Ministro dell'Economiae delle Finanze n. 83312 del 7 luglio 2014: “Ridu-zioni contributive per i contratti di solidarietà sti-pulati ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863”.

In attuazione del comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge 20marzo 2014, n. 34 (convertito con modificazioni dalla legge16 maggio 2014, n. 78), vengono stabiliti i criteri per l’in-dividuazione dei datori di lavoro beneficiari della riduzionecontributiva prevista per i contratti di solidarietà. Fra i re-quisiti selettivi individuati nel decreto rileva come la ridu-zione contributiva possa essere riconosciuta solo in favoredelle imprese per le quali siano individuati strumenti voltia conseguire un miglioramento della produttività di entitàanaloga allo sgravio contributivo spettante in base all’ac-cordo sottoscritto o in base a uno specifico piano di inve-stimenti.

Decreto del Ministro del lavoro e delle politichesociali, di concerto con il Ministro dell’economiae delle finanze n. 83483 del 1° agosto 2014: “Cri-teri per la concessione di ammortizzatori socialiin deroga” .

Si tratta di disposizioni che intervengono sulla gestionedella fase transitoria della riforma degli ammortizzatorisociali di cui all’art. 2 commi 64, 65 e 66, della legge 28giugno 2012, n. 92. Sono richiamate le causali per le qualiè prevista la concessione dei trattamenti di integrazionesalariale in deroga alla normativa vigente, subordinata-mente al possesso di un’anzianità lavorativa presso l’im-presa di almeno dodici mesi (ma per il solo anno 2014 ilperiodo è ridotto a otto mesi). Il decreto disciplina inoltrele modalità per la concessione del trattamento di mobilitàin deroga ai lavoratori disoccupati in possesso dei requisitidi cui all’art. 16, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n.223. Fino al 31 dicembre 2014, entro un tetto di spesa com-plessivo di 55 milioni di euro, sono prorogati i trattamentidi integrazione salariale o di mobilità in deroga preceden-temente concessi, anche se non conformi ai criteri fissatinel presente decreto.

Politiche del lavoro:principali novità

normative ed istituzionali(luglio - ottobre 2014)

sato da più rapporti di lavoro nel trimestre di riferimento)e una marcata polarizzazione nel settore dei servizi (circail 75% delle registrazioni), mentre l’incremento più signifi-cativo (+13,4%) si registra nell’Industria in senso stretto.Ulteriori risultanze evidenziano una prevalenza di nuovirapporti instaurati nelle regioni settentrionali (39,1% deltotale) e, a seguire, da quelle meridionali (37%); perdura laconcentrazione nei rapporti di lavoro a tempo determinato(69,7% degli avviamenti). Secondo l’età, la quota più con-sistente di attivazioni si rileva fra i più giovani (under 45),che complessivamente rappresentano circa il 70% del totaledegli avviamenti; su base tendenziale, in riferimento ai la-voratori interessati, l’incremento più forte ha riguardato in-vece le classi di età più anziane (45-64enni) che hannoregistrato una crescita del 6,9%. Rispetto al genere, il vo-lume di attivazioni di distribuisce in misura quasi omoge-

nea, pur con una crescita nell’anno molto più intensa pergli uomini (4,5% rispetto all’1,8% registrato per le donne).Su base annua si assiste ad una lieve crescita - ( + 0 , 3 % )dei rapporti di lavoro cessati (+7.176 unità) ma, sempre ri-spetto allo stesso periodo di osservazione, a fronte di un va-lore pro capite pari a 1,45, il numero dei lavoratoriinteressati da cessazioni diminuisce dello 0,5%. Perdura subase tendenziale la decisa contrazione dei licenziamenti (-8,6%) e delle dimissioni (-4,3%). Le cessazioni motivate dascadenza del termine costituiscono il 67% del totale con unincremento annuo del 4,1%; secondo le restanti motiva-zioni, risalta il dato sulla contrazione delle cessazioni per“cessazione di attività” (-26,8%), una tipologia che peròcomplessivamente riguarda una quota inferiore all’1% deglieventi registrati.

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relandoli sia alla produttività che al welfare contrattuale.Un’ulteriore indicazione in materia di politica del lavoro,contenuta, tra l’altro anche nella legge delega, prevede lospostamento di risorse verso le politiche attive, attuato pre-stando attenzione al fatto che gli ammortizzatori sociali, inquesto momento di crisi, sono ancora importanti e chequindi occorre avere gradualità e correlare l’aggiustamentosecondo i bisogni. In merito, sostiene la necessità di affron-tare la cosiddetta condizionalità, ossia la possibilità che gliammortizzatori non siano meramente passivi, ma siano ac-compagnati da politiche di attivazione dei beneficiari e darelative modalità di controllo in tal senso. Rileva come inalcune Regioni vi siano degli esempi cui fare riferimento,ma che sarà importante vedere come si svilupperà l’Agen-zia nazionale dei servizi al lavoro e, in particolare, i rap-porti tra l’Agenzia e l’INPS, al fine della messa a punto delnesso tra beneficiari e attivazione e la correlazione tra leattività dei centri pubblici dell’impiego e le agenzie private.Prosegue l’elenco delle indicazioni, accennando alla neces-sità di intervenire nel rapporto tra le generazioni, medianteda un lato l’aumento degli sforzi e dell’efficacia delle poli-tiche per i giovani e, dall’altro, la cura delle persone che,arrivate ad una certa età, non possono andare più in pen-sione come una volta e per le quali suggerisce di adottaremisure di active ageing e di agevolazione per un’uscita piùflessibile dal mondo del lavoro.Un ulteriore punto inerisce alla semplificazione delle re-gole, specie con riferimento alle tipologie contrattuali, cheoltre a dover essere semplificate e rese maggiormente ac-cessibili, dovrebbero essere riequilibrate in modo da dive-nire più convenienti in termini di costo e di regole.Correlato a questo, cita l’indicazione secondo la quale bi-sognerebbe oltre che semplificare il numero di contratti co-siddetti anomali (para-subordinati, a progetto, accessoried altri), immaginare anche una forma di tutela di base, alfine di favorire il processo di riunificazione del mondo dellavoro. L’ultima indicazione concerne l’esigenza di una po-litica economica e sociale comune, scongiurando il nazio-nalismo che sta emergendo in Europa e prendendo inconsiderazione le proposte provenienti dall’Unione euro-pea: un Fondo europeo per l’occupazione, servizi comuniper l’impiego e ammortizzatori sociali armonizzati con co-finanziamento europeo. Nell’intervento conclusivo, il Presidente sottolinea alcunielementi emersi dai lavori. Tra essi, l’esigenza che le ope-razioni di semplificazione del mercato del lavoro abbianobisogno di una forte sperimentazione sul piano delle strut-ture, come ad esempio l’informatizzazione della PubblicaAmministrazione ai fini della tracciabilità dei voucher o dievitare il ne bis in idem delle misure di sostegno. Ribadiscel’utilità di riforme in un quadro coerente d’insieme.

Stefano ScarpettaDirector for Employment, Labour and Social AffairsOECD-OCSE

Il Direttore del Dipartimento lavoro dell’OCSE apre il suointervento esprimendo apprezzamento per il Rapporto chedefinisce estremamente ricco, in quanto in grado di pre-sentare un’accurata disamina della situazione sul mercatodel lavoro in Italia e di evidenziare in maniera chiara le cri-ticità di breve periodo legate alla persistente crisi econo-mica e i nodi strutturali che da lungo tempo caratterizzanoil mercato del lavoro italiano. Prendendo spunto dalle in-dicazioni del Presidente Treu sulle forti differenze all’in-

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terno dell’Europa, dichiara di voler offrire una visione pro-spettica delle dinamiche del mercato del lavoro in un contestointernazionale, mettendo l’accento su queste differenze, datoche ad alcune di esse sono legate le diverse performance dinatura macro-economica e le diverse politiche e riformestrutturali che i Paesi hanno messo in opera. Il primo punto che sottopone all’attenzione riguarda la ridu-zione, avvenuta dopo un periodo di stabilità, del tasso di di-soccupazione nei Paesi dell’area OCSE, nella maggior partedei Paesi europei e anche in quei Paesi che durante la crisihanno visto il tasso di disoccupazione aumentare in manieramolto consistente, tra cui i Paesi del sud dell’Europa e altricome l’Irlanda. Secondariamente invita ad andare al di là dei tassi di occu-pazione e disoccupazione e a guardare alle evoluzioni sala-riali, prendendo in considerazione il dato che emerge inmaniera molto chiara soprattutto in Europa secondo cui, ri-spetto a crisi economiche precedenti, si nota una forte mode-razione salariale. Ossia, in alcuni Paesi europei, dalla fine del2009 alla fine del 2013 i salari reali sono diminuiti in manieramolto consistente, comportando notevoli costi sociali per i la-voratori e le lavoratrici coinvolti. Un altro punto evidenziatoriguarda un importante lavoro condotto all’OCSE e relativoad un’analisi delle tipologie contrattuali, in particolare deicontratti atipici o dei contratti a termine, secondo una visionedinamica, finalizzata a comprendere quanti di questi contrattirappresentino dei trampolini verso opportunità di lavoro più

stabili e quanti invece debbano essere considerati delle veree proprie trappole da cui è difficile uscire perché si rischia diperdere il lavoro a tempo determinato o addirittura di usciredefinitivamente dal mercato del lavoro. Suggerisce inoltre la necessità di prestare attenzione alle con-dizioni di lavoro, alla qualità del posto di lavoro, alla situa-zione del mercato del lavoro e al tasso di disoccupazione,rilevando come la differenza che caratterizza l’Italia così comela Francia rispetto alla maggior parte degli altri Paesi sia ilfatto che non si siano ancora riscontrate riduzioni significa-tive del tasso di disoccupazione aggregato. In particolare, ri-leva come in l’Italia l’aumento della disoccupazione possaessere suddiviso in due fasi: la prima, nel periodo 2008-2009, durante la quale la Cassa integrazione ha svolto un im-portante ruolo di ammortizzatore che ha ridotto le perditeoccupazionali nette; la seconda, in cui questo strumento è di-ventato meno efficace e in cui le imprese si sono trovate difronte alla situazione di dover ridurre l’occupazione. Sul

razioni. L’occupazione nell’agricoltura è invece in au-mento (+1,8%, +15.000 unità) a sintesi di una riduzionedei lavoratori indipendenti compensata dalla crescita deidipendenti (+5,6%, pari a 22 mila unità).

Il tasso di disoccupazione, pari al 12,3% segna unalieve contrazione sia nel breve che nel medio periodo: ladiminuzione è di -0,3 punti percentuali rispetto al mese diluglio e di -0,1% nei dodici mesi; nel dettaglio, rispetto algenere, si registra un tasso pari all’11,2% per la disoccupa-zione maschile che attesta un calo sia in termini congiun-turali (-04%) che tendenziali(-0,6%) mentre, per lacomponente femminile (13,7%), alla contrazione di 0,2punti percentuali rispetto al mese precedente fa riscontroun aumento su base annua dello 0,6%. Il tasso di disoccu-pazione giovanile ovvero la quota di giovani disoccupatitra i 15 e i 24 anni sul totale (occupati e in cerca di occupa-

zione) è del 44,2% ovvero in crescita sia congiunturale(+1%) che tendenziale (+3,6%).

Il numero dei disoccupati che nel complesso è pari a 3milioni 134 mila mostra una riduzione sia tendenziale (-0,9% corrispondente a 28.000 unità) che congiunturale(-2,6% pari a 82.000 unità) ma tale dinamica non è co-mune ad entrambi i generi; se infatti rispetto al mese di lu-glio la flessione è riferibile sia ai maschi (-3,5%) che allefemmine (-1,4%), nel confronto con i dodici mesi prece-denti il calo si registra per la sola componente maschile (-5,3%) mentre di segno opposto, ovvero in crescita, siconferma l’andamento per le donne (+4,7%). Tra i più gio-vani (under 25) i disoccupati sono 710 mila (con un inci-denza, sul totale della stessa classe di età, che è pariall’11,9%); tale dato si conferma stabile sul mese prece-dente (+0,3%, +2 mila unità) ma in crescita su base annua(+5,6%, +37 mila unità).

Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumentano dello 0,2% ri-spetto a luglio (32 mila unità) mentre diminuiscono (-0,5%) su base annua; nel confronto secondo il generel’inattività segna una crescita congiunturale sia per gli uo-mini (+0,1%) che per le donne (+0,3%) compensata peròdal calo tendenziale registratosi per la componente ma-

schile (-0,6%) e quella femminile (-0,5%). L’analisi se-condo i tassi di inattività evidenzia una sostanziale stabilità(36,4%) nel confronto mensile (+0,1%) e su base annua (-0,1%) nel suo complesso. Permangono significative diffe-renze del fenomeno rispetto al genere (26,5% per gliuomini e 46,2% per le donne) e nella sua distribuzione ri-spetto alle fasce di età; rispetto a quest’ultima variabile sievidenzia per i giovani inattivi (in età compresa tra i 15 e i24 anni) un tasso di inattività pari al 73,2% in crescita siarispetto al mese precedente (+0,5%) che rispetto alloscorso anno (+0,7%).

Sempre allo scorso mese di agosto si riferiscono poi i datipubblicati dall’Inps relativi ai trattamenti di integra-zione salariale. In tale periodo il numero di ore di cassaintegrazione guadagni complessivamente autorizzate hafatto registrare una flessione tendenziale del -14,4% impu-

tabile sostanzialmente al forte calo degli in-terventi ordinari (-33,2%) e di quelli inderoga (-74,1%) ma ancora fortemente con-dizionato dal massiccio aumento delle ore dicassa integrazione ordinaria (+73,9%). Pas-sando ai dati relativi alla cosiddetta disoccu-pazione involontaria nel suo complesso(ASpI, mini ASpI, disoccupazione ordinariae mobilità) si evidenzia una significativa di-minuzione su base annua delle domande re-lative alle diverse forme di indennitàsostitutiva della retribuzione (-9,9%).

Per il II trimestre 2014 l’analisi delle dina-miche settoriali pone in evidenza l’ulte-riore calo delle figure lavorative a tempopieno (-0,5%, -89.000 unità rispetto al pre-cedente trimestre) imputabile sostanzial-mente alla flessione dei dipendenti a tempoindeterminato (-0,5%, -57.000 unità) cui sicontrappone la perdurante crescita, seppuresecondo un trend meno sostenuto, degli oc-

cupati part-time (+1,9%, pari a +75.000 unità) che si rive-lano soprattutto di tipo involontario fino a rappresentareil 64,7% dei lavoratori ad orario ridotto. L’occupazione alledipendenze registra però un complessivo aumento su baseannua del +0,3% (pari a 43.000 unità) dovuto alla conti-nua crescita delle figure impiegate a tempo parziale e al-l’aumento (+3,8% su base annua, +86 mila unità) deidipendenti a termine che ormai rappresentano il 10,5%del totale degli occupati. I lavoratori autonomi diminui-scono tendenzialmente del 1,0% (- 57 mila unità) e, traquesti, significativo e sostenuto il calo dei collaboratori chesi attesta intorno al -8,3% (-36 mila unità) e che interessasostanzialmente il comparto del terziario.

I dati amministrativi del sistema delle comunicazioniobbligatorie del Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali completano il quadro, fornendo informazioni sulle at-tivazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente eparasubordinato. Nel II trimestre 2014 si riscontra un de-ciso aumento del volume dei rapporti di lavoro attivati conla registrazione di 2.651.648 nuovi avviamenti (80.590 inpiù rispetto allo stesso trimestre del 2013, pari a un incre-mento tendenziale del +3,1%). L’analisi delle componentimostra una media di nuove assunzioni pro-capite pari a1,39 (a conferma che uno stesso lavoratore è stato interes-

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punto invita a fare un confronto con altri Paesi come laSpagna, il Portogallo e l’Irlanda in cui la disoccupazione èaumentata molto più che in Italia ma in cui, grazie al pro-cesso di ripresa economica e a politiche di intervento a fa-vore dell’occupazione, la disoccupazione è diminuita.Precisa come queste considerazioni debbano riferirsi a datinei quali sono ricomprese anche le perdite occupazionalidovute alle fuoriuscite dal mercato del lavoro, nonché perquanto concerne l’Italia, ai molti giovani che sono uscitidal mercato del lavoro e non sono più alla ricerca attiva diun posto di lavoro. In merito sottolinea anche un altro ele-mento molto preoccupante che riguarda un indicatore,quello dei NEET, ossia quei giovani che non sono né occu-pati nè coinvolti nel processo formativo, che risultano es-sere circa il 26%. Nella situazione migliore, essi sonodisoccupati e, nella peggiore, neanche coinvolti nel pro-cesso formativo o nella ricerca di un posto di lavoro. Que-sto differenzia l’Italia rispetto ad altri Paesi che hannosituazioni simili, come la Spagna, il Portogallo e la Grecia,in quanto mentre in questi Paesi i più giovani hanno pro-lungato il periodo formativo perché è difficile avere ac-cesso al posto di lavoro, in Italia questo non è avvenuto: igiovani sono usciti dal processo formativo ma, non tro-vando lavoro, hanno lasciato il mercato e non sono nem-meno alla ricerca di unposto di lavoro. Prosegue sostenendo l’esi-genza per l’Italia e per altriPaesi di promuovere laproduttività del lavoro. Alriguardo rileva come in al-cuni Paesi, compresa l’Ita-lia, vi sia stato un qualchemiglioramento in tal senso,ma connesso a quello che sipuò definire un effetto dicomposizione: le impresemeno produttive durante lacrisi sono uscite dal mer-cato, determinando un au-mento del livello dellaproduttività media del sistema. Quello che invece nonsembra esserci stato è un miglioramento della produttivitàall’interno delle imprese che sono sopravvissute e da que-sto si evince la necessità di mettere mano a riforme strut-turali che possano promuovere la crescita dellaproduttività. Concorda con il Presidente Treu sull’opportunità di ana-lizzare i contratti a termine o i contratti atipici secondo unavisione dinamica, al fine di capire quali prospettive questicontratti offrano e l’impatto nelle scelte dei lavoratori ri-spetto al tipo di contratto e al tipo di lavoro che essi hannoaccettato. Sul punto mostra un dato interessante, ossia chela gran parte delle perdite occupazionali che sono avvenutein Italia e in altri Paesi, soprattutto europei, durante la fasedi recessione si sono fortemente concentrate sui contrattia durata determinata o su differenti forme di contratti ati-pici. L’Italia risulta avere circa il 70% della creazione diposti di lavoro con contratti a durata determinata. Riferisce come all’OCSE si sia fatta un’analisi volta ad in-dagare, non soltanto la quantità di occupati e disoccupati,ma anche la qualità del lavoro, in una prospettiva tridi-mensionale: la qualità della remunerazione e della disper-sione dei salari all’interno di una data economia; la labourmarket security, intesa come il rischio di perdere il posto

di lavoro, le garanzie e la protezione del lavoratore che haperso il posto e il sostegno al reintegro verso un’ulterioreopportunità di lavoro; la qualità delle condizioni di lavoroin cui il lavoratore opera. Questa analisi si è basata su datiindividuali riguardanti le condizioni di ciascun lavoratore.L’Italia è risultata essere in una situazione relativamentesfavorita rispetto a molti altri Paesi soprattutto rispetto adalcune dimensioni, tra cui la prima è quella della labourmarket security, non tanto per il rischio di disoccupazione,ma soprattutto per l’assenza di un ammortizzatore socialeuniversale che potesse coprire tutti i lavoratori che hannoperso il posto. Conclude il suo intervento sottolineando come, ai fini dellacreazione di posti di lavoro, occorrano non solo politichedel lavoro in grado di risolvere problemi congiunturali estrutturali, ma sia necessario un intervento complessivoche introduca un ammortizzatore sociale di cui tutti pos-sano beneficiare e politiche attive del lavoro efficaci. Portal’esempio di altri Paesi che hanno un sistema completa-mente decentrato di politiche attive ma in cui vengono in-trodotte delle guide line, ossia delle linee guida cheindicano come gli interventi devono essere sviluppati sulterritorio e in cui c’è un processo continuo di informazionesu quelle che sono le best practices. Si tratta di Paesi che

hanno sviluppato ancheuna partecipazione pub-blico-privato per il soste-gno alla ricerca del postodi lavoro per i lavoratori.

Serena SorrentinoSegretaria confederaleCGIL

Secondo Serena Sorren-tino, i dati e le analisi con-tenuti nel rapporto sonoun valido strumento pertentare di valutare i piùrecenti interventi di ri-forma sul mercato del la-

voro, in particolare la legge 92/2012 e il cosiddetto JobsAct.Preliminarmente, concorda con la disamina del Prof. Treu,il quale ha sottolineato come le attuali difficoltà del mer-cato del lavoro siano dovute a tre fattori di contesto: ilcrollo degli investimenti, la bassa produttività e la stagna-zione dei salari. Ritiene tuttavia che occorra anche chie-dersi se il modello produttivo e di sviluppo delineato nelleultime riforme sia in grado di assicurare crescita occupa-zionale e, soprattutto, se sia socialmente sostenibile. In proposito, passa ad analizzare alcuni punti specifici deldisegno di legge delega che il governo ha appena appro-vato. Si sofferma, in particolare, sull’aspetto che riguardala riorganizzazione delle forme contrattuali, ponendo inluce come proprio il rapporto CNEL abbia evidenziato chela discontinuità e la temporaneità degli impieghi abbas-sano il livello della produttività. Ritiene che la discussionesulla revisione delle forme contrattuali avrebbe dovutoprecedere, non seguire gli interventi sulla disciplina deicontratti a termine introdotti dalla normativa recente. Giu-dica ancora poco chiare le intenzioni del governo riguardoalla “pulitura” delle 46 forme contrattuali attualmente esi-stenti e all’introduzione del cosiddetto contratto “a tutelecrescenti”.

Focus

il maggior termine previsto dal CCNL applicabile. Lanorma precisa altresì che il licenziamento da parte dell’as-suntore cessante dei lavoratori impiegati nell’appalto chedevono essere assunti dal subentrante si configuri come li-cenziamento individuale, sebbene plurimo, per giustificatomotivo oggettivo. L’art. 14 disciplina le ipotesi di responsabilità solidale dellastazione appaltante (committente pubblico) per i crediti,retributivi e contributivi dei lavoratori impiegati dall’ap-paltatore e dal subappaltatore nell’esecuzione del contratto.In particolare, fatta salva la disciplina contenuta nell’art.29, comma 2, del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e quelladi cui all’art. 5, comma 1, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207,negli appalti di servizi del comparto si prevede la respon-sabilità solidale della stazione appaltante con l’appaltatoree il subappaltatore, con conseguente obbligo del commit-tente pubblico di corrispondere ai lavoratori dell’appalta-tore e di ciascun subappaltatore le retribuzioni ed icontributi previdenziali dovuti per l’esecuzione dell’ap-palto.Si introduce una specifica disciplina per favorire l’accessoal credito da parte delle imprese di settore, tenendo in con-siderazione che per tali imprese la voce preponderante deicosti correnti è rappresentata dalle retribuzioni dovute ailavoratori e dalle conseguenti ritenute previdenziali, assi-stenziali e fiscali. Viene introdotto l’obbligo per le stazioniappaltanti di indicare nei bandi e nei capitolati i contratticollettivi di categoria sottoscritti tra le organizzazioni dirappresentanza delle imprese e dei lavoratori comparati-vamente più rappresentative, da assumere a riferimentoper l’esecuzione del servizio. L’art. 10 interviene in materiadi Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC)prevedendo la possibilità per le imprese del settore di otte-nere dall’INPS un verbale attestante la propria regolaritàcontributiva nei confronti del personale utilizzato nel sin-golo appalto, valevole ai fini del rilascio del DURC. L’art. 11 reca un’integrazione all’art. 115 del D.Lgs. 12 aprile2006, n. 163 introducendo per i contratti labour intensivela revisione periodica dei prezzi calcolata anche sulla basedella revisione annuale del costo del lavoro.Un ulteriore ambito di intervento si è infine rinvenuto intema di formazione professionale, con la proposta di isti-tuire uno specifico indirizzo per i percorsi di studio degliistituti professionali nonché, a livello regionale, appositi

Questo numero del Notiziario è stato predisposto

dai seguenti funzionari del II Ufficio di supporto

agli Organi Collegiali: Marco Biagiotti, Gerardo Ce-

drone, Margherita Chierichini, Giuditta Occhio-

cupo, Simona Tradardi, coordinati dal dirigente

dell’Ufficio, Larissa Venturi, e con il supporto tec-

nico del Servizio Assistenza Informatica.

Ad agosto 2014 il tasso di occupazione 15-64 anni si at-testa al 55,7% in aumento sia nel confronto mensile che subase annua di 0,1 punti percentuali. Si conferma il diffe-renziale di genere che mostra il dato maschile (65,0%) su-periore a quello femminile (46,4%). Il medesimo tasso dioccupazione 20-64 anni (indicatore di riferimento per laStrategia Europea 2020) mostra per il II trimestre un va-lore pari a 59,9% (69,8% per gli uomini e 50,11% per ledonne), rispetto al target nazionale 67%-69% definito nelProgramma Nazionale di Riforme.

Complessivamente gli occupati sono 22 milioni e 380mila, in aumento rispetto al mese precedente (+0,1% paria 32 mila unità) ma sostanzialmente invariati su baseannua. Secondo il genere l’aumento riguarda soprattuttogli uomini (+0,3% rispetto al mese precedente e +0,5% ri-spetto al 2013 ) mentre nel segmento femminile si riscon-tra una diminuzione di 0,8 punti percentuali pari a unacontrazione di 73.000 unità in termini tendenziali mentre,sul piano congiunturale, il dato risulta quasi invariato (-0,1%). Per quanto riguarda infine la partecipazione dei gio-vani al mercato del lavoro si conferma la dinamicanegativa degli occupati tra i 15 e i 24 anni che, ad agosto, èpari a 895 mila unità e fa registrare un notevole peggiora-mento sia rispetto al mese precedente (-3,6% pari a unaflessione di circa 33 mila unità) che su base annua (-9,0%per un totale corrispondente a – 88 mila occupati).Complessivamente, nel II trimestre 2014, si riscontra un

rallentamento della contrazione tendenziale del numerodegli occupati (-0,1% pari a -14.000 unità rispetto allostesso trimestre del 2013) imputabile essenzialmente alcalo registratosi nel Mezzogiorno (-1,5%, -90.000 unità) afronte dell’aumento dell’occupazione nel Nord (+0,3%) enel Centro (+0,8%) complessivamente pari ad un incre-mento di 76.000 unità. Sostanzialmente invariato l’anda-mento dell’occupazione maschile (0,0%) e in lieve caloquella femminile (-0,2%).

Nell’industria in senso stretto si registra, nel II trimestre2014, una crescita dell’occupazione con un aumento subase annua del +2,8% (+124 mila unità) che coinvolge siai lavoratori dipendenti che indipendenti. Di segno inversosi conferma invece il trend negativo nelle costruzioni (-3,8%, - 61 mila unità) particolarmente rilevante nel Cen-tro-Nord. Una flessione tendenziale si riscontra anche nelterziario (-0,6%, -92.000 unità) e interessa principal-mente i settori del credito, del commercio e delle assicu-

corsi di formazione professionale. In considerazione dellenovità introdotte dal d. l. 12 settembre 2013, n. 104 con ilPotenziamento dell’offerta formativa negli istituti tecnicie professionali, si introducono una previsione programma-tica, volta ad indirizzare il MIUR ad aperture a offerte for-mative destinate alla formazione di periti del facilitymanagement (comma 1), e un indirizzo formativo nell’am-bito delle attuali previsioni di cui al D.P.R. n. 87/2010 diriordino degli istituti professionali.Il testo del disegno di legge e la relazione illustrativa sonoconsultabili sul sito www.cnel.it, sezione “Documenti / Di-segni di legge”.

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Luigi SbarraSegretario confederale CISL

Luigi Sbarra apre il suo intervento facendo riferimento altema della produttività, cui il rapporto CNEL dedica ampiospazio. Partendo dai dati sul costo del lavoro per unità di pro-dotto, evidenzia come in Italia esso risulti in crescita negli ul-timi 12 anni, ma ritiene che ciò sia da imputare alla crescitadel cuneo fiscale, piuttosto che a quella delle retribuzioni. Richiamando alcune considerazioni avanzate dal Prof. Treu nella sua relazione introduttiva, Sbarra sottolinea come perfar ripartire la crescita il Paese abbia soprattutto bisogno diuna politica espansiva sul piano degli investimenti pubblici eprivati, nonché della riduzione del carico fiscale sui redditi dalavoro dipendente per le famiglie, per i pensionati e per lestesse imprese, soprattutto quelle che investono in ricerca,innovazione e in qualità di processo e di prodotto. Per crearenuova occupazione non è quindi sufficiente limitarsi alla re-visione delle regole in materia di lavoro. Al riguardo, richiamai dati illustrati nel rapporto sulle perdite occupazionali degliultimi anni, pari a circa 1 milione di posti di lavoro nel pe-riodo 2008-2014, di cui circa 700.000 nel Mezzogiorno. I di-vari fra le varie aree del Paese si sono ampliati. E se al Nordè esploso il fenomeno del part-time involontario, al Sud sonomolto aumentati gli inattivi e gli scoraggiati. La fotografia deldisagio sociale che emerge nel rapporto è resa più grave daidati sull’elevatissimo numero di ore di cassa integrazione au-torizzate mensilmente dal 2009 in poi, malgrado che gli at-tuali ammortizzatori sociali coprano solo una parte dei senzalavoro.A questo proposito, Sbarra sottolinea come da tempo i sinda-cati confederali auspichino la creazione di un sistema di tutelea carattere universalistico, come sembra delineato nel dise-gno governativo della legge delega sul lavoro da poco presen-tato in Parlamento. Esprime tuttavia preoccupazione per lascarsità delle risorse finanziarie disponibili, che rischia di va-nificare l’intero progetto. Ritiene che la cassa integrazionevada estesa alle aziende sotto i quindici dipendenti e ai settori

dove attualmente non si applica e che, in ogni caso, il nuovosistema di ammortizzatori sociali dovrà avere un sostegno in-tegrativo da parte della finanza pubblica, qualora non fossesufficiente la copertura dei versamenti contributivi. In talsenso, giudica positivo, sebbene ancora largamente insuffi-ciente, lo stanziamento annunciato dal governo per il riordinodegli ammortizzatori sociali, nell’ambito della legge di stabi-lità.Ma la vera svolta, a parere di Sbarra, arriverà solo quando siriuscirà finalmente ad avviare un sistema efficiente di politi-che attive per chi è in cerca di occupazione. Va pertanto valu-

In tema di politiche attive e passive, richiama i passaggi delrapporto nei quali è sottolineata la necessità di maggioriinvestimenti per il sostegno alla disoccupazione. Evidenziail pericolo che il de-finanziamento della Cassa Integra-zione, ordinaria e straordinaria, senza che sia pienamentedecollato il nuovo sistema di ammortizzatori sociali possaprodurre un effetto dirompente. A tale proposito, fa notarecome il sistema di calcolo dei requisiti contributivi per lacorresponsione della cosiddetta mini-aspi abbia eviden-ziato incongruenze sulle quali occorrerebbe intervenire. Ri-tiene inoltre del tutto insufficienti le risorse cheattualmente il nostro Paese investe nelle politiche attive,specie al confronto con quanto avviene, ad esempio, inGermania. Né è pensabile che l’eventuale incremento dellerisorse da destinare alle politiche attive – formazione pro-fessionale, formazione continua, servizi per l’impiego, ecc.– possano derivare da una riduzione degli stanziamenti perle politiche passive, stante anche la previsione - ben deli-neata nel rapporto - di un andamento assai lento della ri-presa occupazionale nei prossimi anni.

Ritorna inoltre sul tema dell’andamento delle dinamichesalariali, anch’esso presente nel rapporto, per sottolinearecome il fenomeno della stagnazione salariale rappresentiun ostacolo alla modernizzazione delle relazioni indu-striali. Il blocco retributivo nel settore pubblico e in quello dei ser-vizi privati vanifica l’introduzione di modalità innovativedi gestione della produttività, malgrado gli sforzi compiutiper valorizzare il livello integrativo delle relazioni indu-striali attraverso una diversa articolazione della distribu-zione salariale fra i livelli contrattuali. Quanto all’ipotesi di introduzione del cosiddetto “salariominimo” ritiene che l’introduzione di un compenso orariominimo per i settori non coperti dai contratti nazionalimaggiormente rappresentativi comporti il rischio di un ef-fetto di dumping rispetto alla tenuta della contrattazione.Sarebbe invece preferibile trasformare gli attuali minimisalariali nel livello retributivo di riferimento per tutte leforme contrattuali diverse dal contratto subordinato atempo indeterminato, il che aiuterebbe anche a contrastareil fenomeno dei working poor. Conclude sottolineando come il compito delle parti socialioggi sia soprattutto quello di costruire un modello contrat-tuale nuovo e più inclusivo, che tenga conto maggiormentedel lavoro precario e temporaneo e, nello stesso tempo, as-secondi il bisogno di innovazione - sia di prodotto che diprocesso - che sostiene la ripresa degli investimenti in ri-cerca e innovazione.

mente condiviso. Ma pone problemi diversi. La semplifi-cazione delle procedure amministrative previste per l’as-sunzione e la gestione dei rapporti di lavoro è da tuttirichiesta; presenta difficoltà politico-tecniche perché sitratta di distinguere fra le procedure superflue e inutil-mente pesanti e quelle necessarie per garantire interessi ebeni essenziali. Più complesso è il riordino dei tipi contrat-tuali, anch’essi aumentati di numero e di varietà, perchéle opinioni giuridiche e parlamentari sono diverse circa lemodalità del riordino.

voro.

Costo del lavoroUna terza area di intervento riguarda il costo del lavoro.Negli ultimi anni il livello dei costi, non solo del lavoro, èdiventato centrale, soprattutto per l’inasprimento dellacompetizione internazionale. I dati mostrano come nei con-fronti comparati, l’handicapmaggiore del nostro paese nonriguardi il livello assoluto del costo del lavoro, ma il pesodel cuneo fiscale e contributivo, che è tra i più alti dell’areaOCSE. Per questo da tempo si sollecita dalle parti sociali enon solo la riduzione di tale cuneo. Per essere efficace la ri-duzione deve avere una certa durata nel tempo e una con-sistenza tale da renderla incisiva.

Politiche passive e attive del lavoro Una quarta area di intervento riguarda le politiche dell’oc-cupazione, in genere e in particolare per l’occupazione gio-vanile, comprensive di servizi all’impiego e ammortizzatorisociali.I dati mostrano le carenze e i ritardi del nostro Paese, con-sistenti anzitutto nello squilibrio fra politiche cd. passive,che sono cresciute nel corso della crisi, e politiche attive,da sempre deboli e sottofinanziate rispetto ai paesi vicini.Questo è un motivo per cui c’è l’esigenza di rafforzare il si-stema e di prevedere forme di governance centrale dellepolitiche attive, più efficaci delle attuali, pur mantenendoil necessario decentramento. Si tratta di definire meglio lemodalità di questa governance e le funzioni dell’AgenziaNazionale, indicate in sintesi dalla legge delega. Restano da affrontare alcuni punti critici del sistema, af-frontati anche dal CNEL con un apposito seminario: in pri-mis la verifica delle qualità professionali degli operatoripubblici e privati; l’incremento delle capacità di azione deicentri pubblici, anzitutto con lo snellimento dei compitiamministrativi e i rapporti fra centri pubblici e operatoriprivati.

Pensionamento flessibile ed active ageingLa riforma pensionistica del 2011, con il rapido e rigido in-nalzamento dell’età pensionabile, ha cambiato le aspetta-tive dei lavoratori e delle imprese relative alla vita dilavoro. Questa soluzione è stata motivata da esigenze diequilibrio finanziario del sistema, ma non è necessaria epotrebbe essere modificata in quanto si è passati, non soloin Italia, dal sistema retributivo a quello contributivo. L’im-pianto contributivo permette al sistema pensionistico diadattarsi ai diversi percorsi lavorativi e di vita modulandoin relazione ad essi le prestazioni pensionistiche e quindioffrendo ai singoli non regole rigide per la pensione mafasce di opportunità entro cui poter scegliere l’età. Natural-mente l’introduzione di fasce flessibili di pensionamentonon è l’unica modifica necessaria a fronteggiare tali esi-genze. Il prolungamento delle aspettative di vita lavorativa,può essere sostenibile per le persone e per il sistema eco-nomico in quanto sia accompagnato da misure finalizzateall’active ageing.

Semplificazione delle regole La legislazione italiana del lavoro è particolarmente com-plessa, a motivo della sua stratificazione nel tempo e di in-terventi correttivi più volte reiterati negli anni. Talecomplessità genera incertezze e complicazioni applicativeche aggravano le difficoltà in capo alle imprese e agli stessilavoratori. Per questo costituisce essa stessa un fattore dirigidità. La semplificazione è dunque un obiettivo larga-

(*) Il testo completo del documento è reperibile su www.cnel.it, sezione“Documenti”/Rapporti.

Il CNEL si pronuncia sul facilitymanagementL’Assemblea ha approvato in via definitiva, dopo la con-clusione dell’istruttoria in Commissione lavoro, un disegnodi legge di iniziativa CNEL recante “Disposizioni sui serviziintegrati e di gestione degli immobili”. La proposta auspicaun intervento che introduca una regolamentazione speci-fica in un comparto – noto come facility management: ge-stione coordinata e integrata di servizi immobiliari e disupporto alle attività di un ente pubblico o privato – com-posto da alcuni grandi operatori e da migliaia di piccole emedie imprese operanti nella fornitura di servizi all’indu-stria e alla pubblica amministrazione, e in grado di attivareun potenziale di occupati intorno ai 2,5 milioni. Gli investimenti pubblici nel mercato degli appalti hannoun impatto enorme sull’occupazione: si calcola che a frontedi una spesa di un miliardo di euro si creino di 11.700 ai15.600 occupati nei lavori pubblici, e un numero anchemaggiore nei servizi, dove il peso degli investimenti in benistrumentali è minore. Il ddl persegue l’obiettivo di regola-mentare, attraverso il coordinamento e l’integrazione dellanormativa vigente, i servizi di gestione degli immobili, col-mando le lacune normative esistenti sia nell’esatta defini-zione dei servizi del comparto, sia nella disciplinasostanziale applicabile, e dando dignità a un settore che,anche in un momento di grave recessione - incrementa la-voro e occupazione. Il disegno di legge introduce, a bene-ficio dei lavoratori, una vera e propria forma diresponsabilità solidale delle stazioni appaltanti (commit-tenti pubblici) in caso di omesso versamento da parte degliappaltatori e dei subappaltatori delle retribuzioni e deicontributi previdenziali dovuti ai propri lavoratori perl’esecuzione dell’appalto, cercando di uniformare la nor-mativa vigente per i committenti pubblici a quella per lacommittenza privata. Il Titolo IV dell’articolato detta disposizioni in tema di oc-cupazione e formazione. Si introducono disposizioni inmateria di passaggio di personale, prevedendo che nei set-tori di riferimento, nell’ipotesi di cambio di appalto ossiadi subentro di un appaltatore al preesistente affidatario, ilsubentrante, indipendentemente dal CCNL cui aderisce,sia vincolato all’assunzione, senza periodo di prova, dei la-voratori dipendenti e dei soci lavoratori dell’assuntore ces-sante impiegati nell’appalto da almeno quattro mesi, salvo

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rappresentano l’equivalente italiano dei cosiddetti mini-jobs tedeschi. Al riguardo, osserva come un uso abnormedi tali istituti rischi di provocare una eccessiva precarizza-zione del mercato del lavoro e ricorda come oggi in Ger-mania, proprio per effetto del grande successo deimini-jobs, oltre 7 milioni di lavoratori si trovino di fatto inuna condizione di working-poor. In merito alle innovazioni normative introdotte di recente,ricorda che sia il rapporto di lavoro a tempo determinato,sia le norme sull’apprendistato sono state oggetto di ulte-riori flessibilizzazioni con il decreto del 2014. Tuttavia, tali

interventi non sembrano per ora aver prodotto un sensibileincremento occupazionale: né sul fronte dell’apprendi-stato, né su quello dei rapporti a termine. Ritiene quindiche eliminare le rigidità non produca automaticamentemaggior occupazione, ma che le politiche a sostegno dellosviluppo debbano prevedere adeguati investimenti in ri-cerca e innovazione, come accade in Germania dove pure,secondo i dati OCSE, vi è un mercato del lavoro più rigidoche in Italia. Suggerisce quindi di puntare su maggiori in-vestimenti nella formazione e su un migliore collegamentofra scuola e lavoro, come quello che si realizza, ad esempio,nel cosiddetto apprendistato duale.A suo parere, inoltre, il problema del costo del lavoro vaaffrontato attraverso la riduzione della pressione fiscale sulavoratori e imprese, piuttosto che del carico contributivo.Giudica negativamente il tentativo del governo di interve-nire, attraverso il disegno di legge delega sul lavoro, sullastruttura salariale attraverso la rivisitazione del sistemadelle mansioni, in quanto si tratta di una materia che at-tiene esclusivamente alla contrattazione. A nome dellaUIL, esprime forti riserve a proposito dell’ipotesi di intro-durre un salario minimo predeterminato per legge, dal mo-mento che la contrattazione copre attualmente la quasitotalità delle tipologie di rapporto di lavoro subordinato enon è chiaro quali siano i settori “scoperti” che necessite-rebbero di una regolazione normativa. In generale, ritiene che destinare maggiori investimentialle politiche attive sia un fatto positivo e necessario, ma acondizione che non si tratti di uno spostamento di risorseda un ammortizzatore sociale all’altro. In un momento dif-ficile come l’attuale, sarebbe sbagliato abbassare le tuteleesistenti per estenderle a tutti. Gli strumenti finalizzati almantenimento dei posti di lavoro per le aziende in crisi,come la Cassa integrazione, non possono essere depaupe-rati per finanziare il maggiore sostegno alla disoccupa-zione.Con riferimento al tema dei giovani e del rapporto tra ge-nerazioni, fa notare che sarebbe necessario definire i mec-

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tato con interesse il progetto di creare una Agenzia nazio-nale per l’occupazione che dovrebbe assicurare omoge-neità, coordinamento e unitarietà nelle politiche del lavorodel nostro Paese, superando la frammentazione e il decen-tramento dei livelli decisionali operato alla fine degli anni’90. Il riferimento ai modelli virtuosi in materia di politi-che attive offerti da altri paesi europei, come ad esempiola Germania, può avere un senso solo se si tiene contodell’enorme divario da colmare in termini di investimenti.Al riguardo, sottolinea che in Germania vi sono circa120.000 operatori nei centri per l’impiego, mentre in Italiave ne sono appena 8.500, più di un terzo dei quali sonoprecari in attesa, da anni, di una stabilizzazione professio-nale; e che in Germania si investono ogni anno circa 9 mi-liardi di euro in politiche attive, a fronte dei 500 milionidi euro investiti in Italia. Alla luce delle predette cifre, èimpossibile per il nostro Paese realizzare una vera riformadei servizi per l’impiego a costo zero. In tema di riforma del mercato del lavoro sottolinea comela CISL guardi con interesse al nuovo contratto a tutelecrescenti adombrato nel Jobs-act, ma solo se esso servissea semplificare e a disboscare la giungla delle tipologie con-trattuali attualmente esistenti, che genera precarietà,sfruttamento, negazione di diritti, assenza di tutele e diprotezioni sociali. Al riguardo, ritiene che vadano elimi-nate tutte quelle situazioni di illegalità diffusa dove, sottola finta etichetta del lavoro parasubordinato e autonomo,si nascondono rapporti di lavoro dipendente e subordi-nato. Quanto alla cooperazione tra le parti sociali, Sbarra ricordache il sindacato lavora da anni alla definizione di contratticollettivi nazionali che svolgano una funzione di regola-zione delle tematiche generali e spingano molto sulla con-trattazione aziendale e territoriale, perché questo è illivello in cui avviene il vero recupero di produttività, effi-cienza, competitività e salario. Richiama a tal proposito itre grandi accordi interconfederali del 28.6.2011, del31.5.2013 e del 10.1.2014, che si possono definire come au-tentiche pietre miliari per la costruzione di un nuovo mo-dello di relazioni industriali centrato sulla responsabilitàe sulla partecipazione. Conclude ricordando che il modelloitaliano di relazioni industriali produce oltre 400 contratticollettivi, coprendo tutti i settori e fissando migliaia di mi-nimi salariali, mentre in Germania i contratti collettivi nonesistono e, proprio per questo, il sindacato tedesco ha chie-sto al governo Merkel di aumentare per legge il salario mi-nimo da 4,50 a 8 euro l’ora. Cifra che comunque rimaneben al di sotto della soglia assicurata dai minimi salarialiitaliani.

Antonella PirastuDipartimento Politiche Territoriali UIL

L’esponente della UIL esordisce ricordando come troppospesso in Italia si cerchi di emulare modelli importati dal-l’estero, ma si finisca per applicarne solo le parti più sfa-vorevoli ai lavoratori. E’ il caso, ad esempio, del “modellodanese” per quanto riguarda la cosiddetta flexsecurity, odel “modello tedesco” per le politiche attive e passive dellavoro. Pirastu ritiene che una seria politica attiva del la-voro non si possa fare a costo zero e che gli stanziamentiannunciati dal governo nell’ambito del disegno di legge distabilità siano insufficienti. Ricorda come taluni istituti diflessibilità “alla tedesca” siano già presenti nel nostro or-dinamento, come ad esempio il sistema dei voucher, che

tivamente complicata” risolvibile solo attraverso “un serioaccordo di leale cooperazione tra Stato e Regioni” e una ri-definizione (anche numerica) delle risorse umane e stru-mentali a ciò preposte.Sul tema delle tipologie contrattuali, l’introduzione delnuovo contratto a tutele crescenti mirante all’incentiva-zione delle assunzioni e alla trasformazione dei contratti atermine in contratti a tempo indeterminato è sicuramentecompatibile con le “indicazione comunitarie di stabilizza-zione”, ma occorre definirne attentamente i meccanismiper evitare che esso possa essere utilizzato come strumentodi elusione della disciplina vigente rispetto ai rapporti dilavoro già esistenti; anche il ricorso all’istituto dei voucher(finora limitati alle prestazioni di lavoro accessorio) comemisura di sostegno all’occupazione, qualora fosse estesaanche alle attività discontinue e occasionali, sarebbe un ul-teriore esempio di semplificazione delle forme contrattualiesistenti ma su di essi “bisogna arrivare ad una tracciabi-lità” che renda “assolutamente verificabili”, i limiti (ovveroil tetto massimo dei compensi cui il lavoratore con più im-pieghi può accedere). Più in generale, invece, rispetto alla

redazione di “un testo organico e semplificato delle tipologiecontrattuali” Pennesi manifesta alcune perplessità; pur de-finendo tale tentativo di “codicizzazione” come “obiettivo au-spicabile” e ipotizzando l’utilità di una eventuale disciplinanormativa di base (“soft-law”), integrabile con il rimandoalla contrattazione nazionale e di secondo livello, il terminedei sei mesi previsti dalla legge di delega al Governo risulte-rebbe realisticamente e tecnicamente inadeguato e “assolu-tamente insufficiente” per la la stesura di un nuovo testounico semplificato che ridefinisse la totalità delle tipologiecontrattuali esistenti. Al fine di favorire la conservazione del posto di lavoro e i pro-cessi di ristrutturazione e riconversione aziendale delle im-prese, oltre alla suddetta ridefinizione delle tipologiecontrattuali, nel cosiddetto Jobs act è prevista anche una “re-visione delle mansioni” rispetto alla quale Pennesi ritienesufficienti le normative sulle “mansioni ampie” già previstenella contrattazione collettiva e gli orientamenti contenutinelle sentenze della Corte di Cassazione. Infine, sul piano della razionalizzazione, il richiamo a unamaggiore cooperazione e a un più efficace dialogo tra le Pub-bliche Amministrazioni è anch’esso sicuramente un passag-gio obbligato nel quadro di una semplificazione delleprocedure burocratiche ma, sempre secondo Pennesi, deveopportunamente tener conto delle diversità delle attuali“piattaforme operative non dialoganti” e quindi prevederespecifici investimenti nello sviluppo e nell’aggiornamento deiservizi informatici e telematici in grado di garantire “l’effi-cacia dei meccanismi comunicazionali”. Inoltre, sempre sulpiano della semplificazione delle procedure burocratiche, inparticolare rispetto alle tematiche della salute e sicurezza sullavoro, è sicuramente ancora possibile un’ulteriore snelli-mento negli adempimenti formali e amministrativi a pattoche tali riforme non intacchino nella sostanza gli esistenti “livelli di tutela nei confronti della sicurezza”.

Considerazioni conclusive del Presidente della Commissione specialedell’Informazione (III) - sintesi*PremessaLe indicazioni del rapporto confermano che la crisi e ancorprima le trasformazioni indotte dalla globalizzazione edalle innovazioni tecnologiche e produttive hanno avutoun impatto drammatico sui sistemi economici e sociali, inparticolare sull’occupazione. Per dare sostanza a una veraripresa dell’economia e dell’occupazione non bastano ag-giustamenti alle politiche tradizionali. Serve una revisionecomplessiva e coerente delle politiche e dei fondamentalitratti del nostro assetto economico–sociale. Anzi le riformenecessarie in ambito economico-sociale richiederebbero diessere accompagnate da un quadro politico istituzionale eregolativo rinnovato, sostenuto da maggiore stabilità poli-tica e da una rafforzata coesione e di un vero dialogo so-ciale.L’urgenza più impellente è di dare seguito alle indicazioniannunciate mobilitando tutte le risorse sociali e personalidi cui il nostro paese è provvisto, con il contributo di tutti,imprese, organizzazioni sociali, singoli cittadini.Le aree di riforma riguardano, come si è visto e come con-vengono gli osservatori, l’intero spettro delle politiche pub-bliche, da quelle istituzionali, all’impianto regolativo, alle

strutture amministrative, fino più specificamente ai variaspetti delle politiche economiche e industriali. Ma dato l’oggetto di questo rapporto, si richiama l’atten-zione soprattutto sugli aspetti più strettamente relativi alletematiche del mercato del lavoro.

Politiche di sviluppoUna prima area di intervento decisiva, anche per il futurodel lavoro, riguarda le politiche economiche di sviluppo:non serve una jobless growthma uno sviluppo attento allericadute occupazionali e sociali che tenga conto del benes-sere generale delle persone come segnalato da autorevolirapporti internazionali e dal rapporto CNEL – ISTAT.

FormazioneUna seconda area di interventi strutturali direttamentecontigua alle politiche del lavoro, riguarda la formazionenelle sue varie forme e livelli. Lo skill gap segnalato nelrapporto è uno degli handicap competitivi più gravi delnostro paese. Le trasformazioni tecnologiche e produttiverichiedono una modifica profonda anche delle politichedell’educazione in generale e dei rapporti fra scuola e la-

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cato non abbia favorito la diffusione della Garanzia giovani.Esprime preoccupazione per alcuni contenuti del disegno dilegge delega sul lavoro. Ad avviso della UGL, la necessità diriformare il sistema degli ammortizzatori sociali non devecomportare il rischio che i costi vengano scaricati sui lavora-tori che perdono il posto di lavoro, in termini di riduzionedella durata dell’indennità. Ricorda come il tema del riordino delle forme contrattualinon può diventare l’occasione per riaprire il cantiere dell’Ar-ticolo 18, già ampiamente riformato con la legge 92/2012.Nega che l’art. 18 sia uno strumento a tutela di chi è scarsa-mente produttivo, o che crei discriminazioni generazionalitutelando solo i lavoratori anziani. Ritiene che l’attuale di-scussione sul lavoro si disperda in sterili polemiche politiche,perdendo di vista la necessità di attivare risorse e strategieper creare nuova occupazione. Sottolinea come, prima dellaliberalizzazione dei licenziamenti, si sarebbe dovuto discuteredi come affrontare il problema dell’organizzazione dei serviziper l’impiego e delle politiche attive, di quali settori produttivisi intende stimolare per rafforzare il Sistema Paese, di comerafforzare la produttività delle imprese, rilanciare l’appren-distato, favorire l’occupazione di donne e lavoratori in età ma-tura, ma non ancora in condizione di accedere alla pensione.

Riccardo GiovaniR.ET.E. Imprese Italia - Direttore relazioni sindacali Confartigianato Imprese

Il rappresentante di Rete Imprese Italia focalizza l’interventosu tre punti: le dinamiche dell’occupazione di lungo e breveperiodo, il tema delle riforme e le priorità di policy. Perquanto riguarda le dinamiche a breve periodo qualche piccolosegnale positivo è rilevabile, mentre nel lungo periodo lastessa relazione mostra che ad aver pagato il conto più salatodella crisi (circa 1.135.000 posti di lavoro persi dal 2008 al2014) sono prevalentemente i giovani. Si rilevano inoltre untrend occupazionale in aumento per gli stranieri, che meritaun approfondimento, e - nel lavoro indipendente - moltissimechiusure di imprese commerciali e artigiane. Rispetto al lavoro sommerso, Rete Imprese Italia ritiene cheil problema non sia di misurazione (stabilire cioè se si trattidel 17 o del 25% dell’economia), quanto la presa d’atto di unelemento innegabile: la quasi scomparsa del lavoro nero nelleimprese, grazie anche al contributo delle associazioni impren-ditoriali nella diffusione della cultura della legalità, e la rele-gazione del lavoro sommerso in un’area contigua allacriminalità. Si ricorda infatti che lo 0,45% del Pil nazionale èmosso soltanto dalla contraffazione, che muove circa 7 mi-liardi di euro l’anno. Ciò significa posti di lavoro veri persi da

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canismi di funzionamento della “staffetta generazionale”per evitare che si trasformi in un mero passaggio di conse-gne tra lavoratori di generazioni diverse, piuttosto chenell’opportunità di un reale incremento occupazionale afavore dei giovani. Ritiene che bisognerebbe poter cono-scere i dati sull’effettivo incremento occupazionale pro-dotto dalla “Garanzia giovani”, visto che ha comportatocirca 1,5 miliardi di euro di investimenti. Con quale ri-torno? Occorre evitare di disperdere le risorse in mille ri-voli e con progetti che a volte si sovrappongono senza darei risultati sperati, come spesso è avvenuto con i fondi strut-turali europei.Sulla flessibilità in uscita, infine, ricorda che già la riformaFornero del 2012 aveva reso molto più elastica l’applica-zione dell’art. 18 e conclude rilevando che, malgrado ciò,le ripercussioni in termini di maggiore occupazione tar-dano a manifestarsi. Da ciò si deduce che l’aumento del-l’occupazione non dipende dalla maggiore facilità dilicenziamento. Auspica pertanto che in futuro il governoascolti maggiormente le parti sociali nella predisposizionedi qualunque nuova norma in materia di mercato del la-voro. Lavoratori e imprese sono infatti i soggetti più accre-ditati ad orientare secondo le reali esigenze dellaproduttività e del mercato le scelte che la politica è chia-mata a compiere.

Corrado MannucciSegretario nazionale pensionati UGL

Partendo dalla constatazione che le recenti riforme del la-voro hanno avuto un effetto depressivo, il rappresentantedella UGL si chiede se siano le riforme ad aiutare l’occupa-zione, o se piuttosto non sia necessario mettere in camporisorse ed interventi mirati. Sottolinea come dall’entratain vigore della legge 92/2012 si sia verificato un crollo deicontratti a tempo indeterminato (-294mila); la sostanzialestabilità dei contratti di lavoro a tempo determinato; l’au-mento dei contratti di poche ore (+35% contratti fino a 10ore); la crescita esponenziale dei disoccupati (+156mila dal2012 ed addirittura +1.419.000 dal 2008); il balzo della di-soccupazione giovanile che è salita ad oltre il 44%, il ridottoutilizzo dell’apprendistato; un aumento esponenziale dellacassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga. Fa notare come gli interventi legislativi successivi sianoserviti esclusivamente a sostenere i contratti di lavoro atempo determinato, oggi pienamente liberalizzati. Si ram-marica inoltre del fatto che lo scarso dialogo sociale nonabbia permesso di intervenire in corso d’opera sul bonusoccupazione e che l’esclusione del confronto con il sinda-

imprese “vere”, e canali di distribuzione irregolari che dan-neggiano pesantemente quelli regolari. Riguardo alle riforme, Rete Imprese segnala l’impossibilitàper il Paese di permettersi azioni che producono incre-menti del costo del lavoro; in particolare, sull’ipotesi delTfr in busta paga, il timore delle imprese, soprattutto pic-cole, è di vedersi private di circa 11 miliardi di liquidità.Analoghe preoccupazioni riguardano la riforma dell’art. 18o l’introduzione della riforma del salario minimo legale,che segnerebbe inevitabilmente la fine del contratto nazio-nale di lavoro: un salario troppo alto metterebbe fuori mer-cato una lunga serie di imprese, mentre un salarioeccessivamente ridotto indurrebbe le imprese a fuggire daicontratti collettivi e dall’associazionismo e ad inseguire ilcosto più basso. La contrattazione collettiva nazionale, intutti i comparti compreso quello delle microimprese, hacomportato l’estensione delle tutele salariali, e la gradualeintroduzione di un sistema di welfare integrativo che tutelaanche quell’unico lavoratore dipendente dall’impresa arti-giana o del commercio o dalla micro-impresa.Rispetto alle priorità di policy, Rete Imprese pone l’atten-zione sul tema della formazione - lavoro. L’esperienza dibenchmark insegna che nei Paesi dove con più determina-zione vengono praticate queste politiche, minore è la di-soccupazione giovanile. E’ quindi indispensabile favorirle,ma non è sufficiente chiederle soltanto a Governo e Parla-mento, sono le stesse imprese e il sindacato che hanno lapossibilità di realizzarle nell’ambito delle norme contrat-tuali, ad esempio attraverso una buona regolamentazionedell’apprendistato di primo livello o con una migliore re-golamentazione delle restanti forme di apprendistato. Rete imprese Italia rileva che il rapporto mette corretta-mente in evidenza come da sempre le politiche del lavorosiano sbilanciate a favore delle politiche passive del lavoro.Va fatta attenzione a invocare regole uguali per tutti: c’è si-curamente un problema di disoccupazione, un problemadi chi perde il lavoro - che va affrontato con politiche di in-clusione e politiche di indennità - e c’è un tema di sospen-sioni che secondo Rete Imprese va affidato e lasciato allescelte dei singoli settori.

Pierangelo AlbiniDirettore Relazioni Industriali, Sicurezza e Affari SocialiConfindustria

Albini, riallacciandosi alle indicazioni di policy illustratedal Prof. Treu, ritiene che “questo risorgente nazionalismo”impone la necessità di interrogarsi su chi debba fare lescelte per questo Paese: se esse spettino anzitutto al Paeseo se si possano demandare all’Europa, soprattutto sui temipiù strategici, come è il tipico caso delle politiche indu-striali. Albini sottolinea che due temi centrali, la scuola ela formazione, vanno affrontati con pazienza e soprattuttocoerenza, partendo dal presupposto che un Paese poverodi materie prime dovrebbe convintamene investire sul ca-pitale umano, che tuttavia ha un ritorno non di breve pe-riodo. Tre questioni secondo Confindustria richiedono un’inver-sione di marcia. La prima è quella della competitività: inuna battuta, occorre decidere se trasferire sulle imprese icosti sociali oppure se ri-bilanciarli con politiche fiscali piùequilibrate. La seconda riguarda il passaggio di buonsensodalle politiche passive alle politiche attive, evitando sceltediametralmente opposte come l’ipotesi sul Tfr che aggre-direbbe la previdenza complementare mettendo in discus-sione la liquidità delle imprese più piccole.

Infine, occorre rendere il contratto a tempo indeterminatopiù interessante di quello a termine. Le imprese vorreb-bero poter contare su rapporti di lavoro stabili e su condi-zioni che consentono di investire sulle persone, perché ilnostro mercato del lavoro non può competere facendo pro-dotti di bassissima qualità, ma deve poter contare su im-prese dinamiche, capaci di investire, che mostrinocreatività e capacità di innovazione. Senza entrare nella di-scussione sull’art.18, Confindustria ha scritto un docu-mento “rotondo” su questi temi, che affronta le questionicon chiarezza all’interno di un disegno complessivo: sitratta di quell’inversione di marcia rispetto a quanto èstato fatto finora, che richiede coraggio, risorse e, natural-mente, l’ingegno per trovarle.

Paolo PennesiSegretario Generale del Ministero del Lavoro e delle Poli-tiche Sociali

L’intervento di Paolo Pennesi muove da una prima consi-derazione sulla riforma degli ammortizzatori sociali.L’ipotizzato restringimento dei criteri di accesso alla Cassaintegrazione guadagni che impedirebbe l’utilizzo di talestrumento alle imprese che cessano la loro attività (o chehanno semplicemente ceduto un ramo d’azienda) senzaaver prima esperito tutte le alternative forme di riduzionedi orario (compresi i cosiddetti contratti di solidarietà) vainterpretato come un tentativo di razionalizzazione fun-zionale dello strumento stesso e non deve apparire comeun suo tentativo di “smantellamento”; “condizionare” l’ac-cesso all’istituto di sostegno al reddito è infatti operazionedi trasparenza circa i suoi meccanismi di funzionamentoche pone doverosi limiti al suo ricorso, anche in conside-razione dell’attuale congiuntura economica e delle inevi-tabili ricadute sul sistema fiscale del Paese. Sempre in basea queste ultime considerazioni, per quanto riguarda invecele diverse forme di sussidio alla disoccupazione, “l’affer-mazione del principio di universalizzazione” di aspi e miniaspi appaiono declinazioni doverose nel senso dell’esten-sione di tali tutele ad un maggior numero di soggetti ma,sottolinea Pennesi, l’efficacia di tale strumento è ovvia-mente condizionata dagli stanziamenti ad esso destinatiall’interno della cosiddetta legge di stabilità.Rispetto alla riforma dei servizi per l’impiego, ovvero allacreazione di un’agenzia nazionale per il lavoro, essa apparecome “l’unica formula praticabile e possibile” in quanto su-peramento, nella sua forma “partecipata”, dell’eccessivofrazionamento di competenze attualmente esistente, maimplica, proprio in questo senso, una sua gestione “ogget-

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cato non abbia favorito la diffusione della Garanzia giovani.Esprime preoccupazione per alcuni contenuti del disegno dilegge delega sul lavoro. Ad avviso della UGL, la necessità diriformare il sistema degli ammortizzatori sociali non devecomportare il rischio che i costi vengano scaricati sui lavora-tori che perdono il posto di lavoro, in termini di riduzionedella durata dell’indennità. Ricorda come il tema del riordino delle forme contrattualinon può diventare l’occasione per riaprire il cantiere dell’Ar-ticolo 18, già ampiamente riformato con la legge 92/2012.Nega che l’art. 18 sia uno strumento a tutela di chi è scarsa-mente produttivo, o che crei discriminazioni generazionalitutelando solo i lavoratori anziani. Ritiene che l’attuale di-scussione sul lavoro si disperda in sterili polemiche politiche,perdendo di vista la necessità di attivare risorse e strategieper creare nuova occupazione. Sottolinea come, prima dellaliberalizzazione dei licenziamenti, si sarebbe dovuto discuteredi come affrontare il problema dell’organizzazione dei serviziper l’impiego e delle politiche attive, di quali settori produttivisi intende stimolare per rafforzare il Sistema Paese, di comerafforzare la produttività delle imprese, rilanciare l’appren-distato, favorire l’occupazione di donne e lavoratori in età ma-tura, ma non ancora in condizione di accedere alla pensione.

Riccardo GiovaniR.ET.E. Imprese Italia - Direttore relazioni sindacali Confartigianato Imprese

Il rappresentante di Rete Imprese Italia focalizza l’interventosu tre punti: le dinamiche dell’occupazione di lungo e breveperiodo, il tema delle riforme e le priorità di policy. Perquanto riguarda le dinamiche a breve periodo qualche piccolosegnale positivo è rilevabile, mentre nel lungo periodo lastessa relazione mostra che ad aver pagato il conto più salatodella crisi (circa 1.135.000 posti di lavoro persi dal 2008 al2014) sono prevalentemente i giovani. Si rilevano inoltre untrend occupazionale in aumento per gli stranieri, che meritaun approfondimento, e - nel lavoro indipendente - moltissimechiusure di imprese commerciali e artigiane. Rispetto al lavoro sommerso, Rete Imprese Italia ritiene cheil problema non sia di misurazione (stabilire cioè se si trattidel 17 o del 25% dell’economia), quanto la presa d’atto di unelemento innegabile: la quasi scomparsa del lavoro nero nelleimprese, grazie anche al contributo delle associazioni impren-ditoriali nella diffusione della cultura della legalità, e la rele-gazione del lavoro sommerso in un’area contigua allacriminalità. Si ricorda infatti che lo 0,45% del Pil nazionale èmosso soltanto dalla contraffazione, che muove circa 7 mi-liardi di euro l’anno. Ciò significa posti di lavoro veri persi da

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canismi di funzionamento della “staffetta generazionale”per evitare che si trasformi in un mero passaggio di conse-gne tra lavoratori di generazioni diverse, piuttosto chenell’opportunità di un reale incremento occupazionale afavore dei giovani. Ritiene che bisognerebbe poter cono-scere i dati sull’effettivo incremento occupazionale pro-dotto dalla “Garanzia giovani”, visto che ha comportatocirca 1,5 miliardi di euro di investimenti. Con quale ri-torno? Occorre evitare di disperdere le risorse in mille ri-voli e con progetti che a volte si sovrappongono senza darei risultati sperati, come spesso è avvenuto con i fondi strut-turali europei.Sulla flessibilità in uscita, infine, ricorda che già la riformaFornero del 2012 aveva reso molto più elastica l’applica-zione dell’art. 18 e conclude rilevando che, malgrado ciò,le ripercussioni in termini di maggiore occupazione tar-dano a manifestarsi. Da ciò si deduce che l’aumento del-l’occupazione non dipende dalla maggiore facilità dilicenziamento. Auspica pertanto che in futuro il governoascolti maggiormente le parti sociali nella predisposizionedi qualunque nuova norma in materia di mercato del la-voro. Lavoratori e imprese sono infatti i soggetti più accre-ditati ad orientare secondo le reali esigenze dellaproduttività e del mercato le scelte che la politica è chia-mata a compiere.

Corrado MannucciSegretario nazionale pensionati UGL

Partendo dalla constatazione che le recenti riforme del la-voro hanno avuto un effetto depressivo, il rappresentantedella UGL si chiede se siano le riforme ad aiutare l’occupa-zione, o se piuttosto non sia necessario mettere in camporisorse ed interventi mirati. Sottolinea come dall’entratain vigore della legge 92/2012 si sia verificato un crollo deicontratti a tempo indeterminato (-294mila); la sostanzialestabilità dei contratti di lavoro a tempo determinato; l’au-mento dei contratti di poche ore (+35% contratti fino a 10ore); la crescita esponenziale dei disoccupati (+156mila dal2012 ed addirittura +1.419.000 dal 2008); il balzo della di-soccupazione giovanile che è salita ad oltre il 44%, il ridottoutilizzo dell’apprendistato; un aumento esponenziale dellacassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga. Fa notare come gli interventi legislativi successivi sianoserviti esclusivamente a sostenere i contratti di lavoro atempo determinato, oggi pienamente liberalizzati. Si ram-marica inoltre del fatto che lo scarso dialogo sociale nonabbia permesso di intervenire in corso d’opera sul bonusoccupazione e che l’esclusione del confronto con il sinda-

imprese “vere”, e canali di distribuzione irregolari che dan-neggiano pesantemente quelli regolari. Riguardo alle riforme, Rete Imprese segnala l’impossibilitàper il Paese di permettersi azioni che producono incre-menti del costo del lavoro; in particolare, sull’ipotesi delTfr in busta paga, il timore delle imprese, soprattutto pic-cole, è di vedersi private di circa 11 miliardi di liquidità.Analoghe preoccupazioni riguardano la riforma dell’art. 18o l’introduzione della riforma del salario minimo legale,che segnerebbe inevitabilmente la fine del contratto nazio-nale di lavoro: un salario troppo alto metterebbe fuori mer-cato una lunga serie di imprese, mentre un salarioeccessivamente ridotto indurrebbe le imprese a fuggire daicontratti collettivi e dall’associazionismo e ad inseguire ilcosto più basso. La contrattazione collettiva nazionale, intutti i comparti compreso quello delle microimprese, hacomportato l’estensione delle tutele salariali, e la gradualeintroduzione di un sistema di welfare integrativo che tutelaanche quell’unico lavoratore dipendente dall’impresa arti-giana o del commercio o dalla micro-impresa.Rispetto alle priorità di policy, Rete Imprese pone l’atten-zione sul tema della formazione - lavoro. L’esperienza dibenchmark insegna che nei Paesi dove con più determina-zione vengono praticate queste politiche, minore è la di-soccupazione giovanile. E’ quindi indispensabile favorirle,ma non è sufficiente chiederle soltanto a Governo e Parla-mento, sono le stesse imprese e il sindacato che hanno lapossibilità di realizzarle nell’ambito delle norme contrat-tuali, ad esempio attraverso una buona regolamentazionedell’apprendistato di primo livello o con una migliore re-golamentazione delle restanti forme di apprendistato. Rete imprese Italia rileva che il rapporto mette corretta-mente in evidenza come da sempre le politiche del lavorosiano sbilanciate a favore delle politiche passive del lavoro.Va fatta attenzione a invocare regole uguali per tutti: c’è si-curamente un problema di disoccupazione, un problemadi chi perde il lavoro - che va affrontato con politiche di in-clusione e politiche di indennità - e c’è un tema di sospen-sioni che secondo Rete Imprese va affidato e lasciato allescelte dei singoli settori.

Pierangelo AlbiniDirettore Relazioni Industriali, Sicurezza e Affari SocialiConfindustria

Albini, riallacciandosi alle indicazioni di policy illustratedal Prof. Treu, ritiene che “questo risorgente nazionalismo”impone la necessità di interrogarsi su chi debba fare lescelte per questo Paese: se esse spettino anzitutto al Paeseo se si possano demandare all’Europa, soprattutto sui temipiù strategici, come è il tipico caso delle politiche indu-striali. Albini sottolinea che due temi centrali, la scuola ela formazione, vanno affrontati con pazienza e soprattuttocoerenza, partendo dal presupposto che un Paese poverodi materie prime dovrebbe convintamene investire sul ca-pitale umano, che tuttavia ha un ritorno non di breve pe-riodo. Tre questioni secondo Confindustria richiedono un’inver-sione di marcia. La prima è quella della competitività: inuna battuta, occorre decidere se trasferire sulle imprese icosti sociali oppure se ri-bilanciarli con politiche fiscali piùequilibrate. La seconda riguarda il passaggio di buonsensodalle politiche passive alle politiche attive, evitando sceltediametralmente opposte come l’ipotesi sul Tfr che aggre-direbbe la previdenza complementare mettendo in discus-sione la liquidità delle imprese più piccole.

Infine, occorre rendere il contratto a tempo indeterminatopiù interessante di quello a termine. Le imprese vorreb-bero poter contare su rapporti di lavoro stabili e su condi-zioni che consentono di investire sulle persone, perché ilnostro mercato del lavoro non può competere facendo pro-dotti di bassissima qualità, ma deve poter contare su im-prese dinamiche, capaci di investire, che mostrinocreatività e capacità di innovazione. Senza entrare nella di-scussione sull’art.18, Confindustria ha scritto un docu-mento “rotondo” su questi temi, che affronta le questionicon chiarezza all’interno di un disegno complessivo: sitratta di quell’inversione di marcia rispetto a quanto èstato fatto finora, che richiede coraggio, risorse e, natural-mente, l’ingegno per trovarle.

Paolo PennesiSegretario Generale del Ministero del Lavoro e delle Poli-tiche Sociali

L’intervento di Paolo Pennesi muove da una prima consi-derazione sulla riforma degli ammortizzatori sociali.L’ipotizzato restringimento dei criteri di accesso alla Cassaintegrazione guadagni che impedirebbe l’utilizzo di talestrumento alle imprese che cessano la loro attività (o chehanno semplicemente ceduto un ramo d’azienda) senzaaver prima esperito tutte le alternative forme di riduzionedi orario (compresi i cosiddetti contratti di solidarietà) vainterpretato come un tentativo di razionalizzazione fun-zionale dello strumento stesso e non deve apparire comeun suo tentativo di “smantellamento”; “condizionare” l’ac-cesso all’istituto di sostegno al reddito è infatti operazionedi trasparenza circa i suoi meccanismi di funzionamentoche pone doverosi limiti al suo ricorso, anche in conside-razione dell’attuale congiuntura economica e delle inevi-tabili ricadute sul sistema fiscale del Paese. Sempre in basea queste ultime considerazioni, per quanto riguarda invecele diverse forme di sussidio alla disoccupazione, “l’affer-mazione del principio di universalizzazione” di aspi e miniaspi appaiono declinazioni doverose nel senso dell’esten-sione di tali tutele ad un maggior numero di soggetti ma,sottolinea Pennesi, l’efficacia di tale strumento è ovvia-mente condizionata dagli stanziamenti ad esso destinatiall’interno della cosiddetta legge di stabilità.Rispetto alla riforma dei servizi per l’impiego, ovvero allacreazione di un’agenzia nazionale per il lavoro, essa apparecome “l’unica formula praticabile e possibile” in quanto su-peramento, nella sua forma “partecipata”, dell’eccessivofrazionamento di competenze attualmente esistente, maimplica, proprio in questo senso, una sua gestione “ogget-

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rappresentano l’equivalente italiano dei cosiddetti mini-jobs tedeschi. Al riguardo, osserva come un uso abnormedi tali istituti rischi di provocare una eccessiva precarizza-zione del mercato del lavoro e ricorda come oggi in Ger-mania, proprio per effetto del grande successo deimini-jobs, oltre 7 milioni di lavoratori si trovino di fatto inuna condizione di working-poor. In merito alle innovazioni normative introdotte di recente,ricorda che sia il rapporto di lavoro a tempo determinato,sia le norme sull’apprendistato sono state oggetto di ulte-riori flessibilizzazioni con il decreto del 2014. Tuttavia, tali

interventi non sembrano per ora aver prodotto un sensibileincremento occupazionale: né sul fronte dell’apprendi-stato, né su quello dei rapporti a termine. Ritiene quindiche eliminare le rigidità non produca automaticamentemaggior occupazione, ma che le politiche a sostegno dellosviluppo debbano prevedere adeguati investimenti in ri-cerca e innovazione, come accade in Germania dove pure,secondo i dati OCSE, vi è un mercato del lavoro più rigidoche in Italia. Suggerisce quindi di puntare su maggiori in-vestimenti nella formazione e su un migliore collegamentofra scuola e lavoro, come quello che si realizza, ad esempio,nel cosiddetto apprendistato duale.A suo parere, inoltre, il problema del costo del lavoro vaaffrontato attraverso la riduzione della pressione fiscale sulavoratori e imprese, piuttosto che del carico contributivo.Giudica negativamente il tentativo del governo di interve-nire, attraverso il disegno di legge delega sul lavoro, sullastruttura salariale attraverso la rivisitazione del sistemadelle mansioni, in quanto si tratta di una materia che at-tiene esclusivamente alla contrattazione. A nome dellaUIL, esprime forti riserve a proposito dell’ipotesi di intro-durre un salario minimo predeterminato per legge, dal mo-mento che la contrattazione copre attualmente la quasitotalità delle tipologie di rapporto di lavoro subordinato enon è chiaro quali siano i settori “scoperti” che necessite-rebbero di una regolazione normativa. In generale, ritiene che destinare maggiori investimentialle politiche attive sia un fatto positivo e necessario, ma acondizione che non si tratti di uno spostamento di risorseda un ammortizzatore sociale all’altro. In un momento dif-ficile come l’attuale, sarebbe sbagliato abbassare le tuteleesistenti per estenderle a tutti. Gli strumenti finalizzati almantenimento dei posti di lavoro per le aziende in crisi,come la Cassa integrazione, non possono essere depaupe-rati per finanziare il maggiore sostegno alla disoccupa-zione.Con riferimento al tema dei giovani e del rapporto tra ge-nerazioni, fa notare che sarebbe necessario definire i mec-

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tato con interesse il progetto di creare una Agenzia nazio-nale per l’occupazione che dovrebbe assicurare omoge-neità, coordinamento e unitarietà nelle politiche del lavorodel nostro Paese, superando la frammentazione e il decen-tramento dei livelli decisionali operato alla fine degli anni’90. Il riferimento ai modelli virtuosi in materia di politi-che attive offerti da altri paesi europei, come ad esempiola Germania, può avere un senso solo se si tiene contodell’enorme divario da colmare in termini di investimenti.Al riguardo, sottolinea che in Germania vi sono circa120.000 operatori nei centri per l’impiego, mentre in Italiave ne sono appena 8.500, più di un terzo dei quali sonoprecari in attesa, da anni, di una stabilizzazione professio-nale; e che in Germania si investono ogni anno circa 9 mi-liardi di euro in politiche attive, a fronte dei 500 milionidi euro investiti in Italia. Alla luce delle predette cifre, èimpossibile per il nostro Paese realizzare una vera riformadei servizi per l’impiego a costo zero. In tema di riforma del mercato del lavoro sottolinea comela CISL guardi con interesse al nuovo contratto a tutelecrescenti adombrato nel Jobs-act, ma solo se esso servissea semplificare e a disboscare la giungla delle tipologie con-trattuali attualmente esistenti, che genera precarietà,sfruttamento, negazione di diritti, assenza di tutele e diprotezioni sociali. Al riguardo, ritiene che vadano elimi-nate tutte quelle situazioni di illegalità diffusa dove, sottola finta etichetta del lavoro parasubordinato e autonomo,si nascondono rapporti di lavoro dipendente e subordi-nato. Quanto alla cooperazione tra le parti sociali, Sbarra ricordache il sindacato lavora da anni alla definizione di contratticollettivi nazionali che svolgano una funzione di regola-zione delle tematiche generali e spingano molto sulla con-trattazione aziendale e territoriale, perché questo è illivello in cui avviene il vero recupero di produttività, effi-cienza, competitività e salario. Richiama a tal proposito itre grandi accordi interconfederali del 28.6.2011, del31.5.2013 e del 10.1.2014, che si possono definire come au-tentiche pietre miliari per la costruzione di un nuovo mo-dello di relazioni industriali centrato sulla responsabilitàe sulla partecipazione. Conclude ricordando che il modelloitaliano di relazioni industriali produce oltre 400 contratticollettivi, coprendo tutti i settori e fissando migliaia di mi-nimi salariali, mentre in Germania i contratti collettivi nonesistono e, proprio per questo, il sindacato tedesco ha chie-sto al governo Merkel di aumentare per legge il salario mi-nimo da 4,50 a 8 euro l’ora. Cifra che comunque rimaneben al di sotto della soglia assicurata dai minimi salarialiitaliani.

Antonella PirastuDipartimento Politiche Territoriali UIL

L’esponente della UIL esordisce ricordando come troppospesso in Italia si cerchi di emulare modelli importati dal-l’estero, ma si finisca per applicarne solo le parti più sfa-vorevoli ai lavoratori. E’ il caso, ad esempio, del “modellodanese” per quanto riguarda la cosiddetta flexsecurity, odel “modello tedesco” per le politiche attive e passive dellavoro. Pirastu ritiene che una seria politica attiva del la-voro non si possa fare a costo zero e che gli stanziamentiannunciati dal governo nell’ambito del disegno di legge distabilità siano insufficienti. Ricorda come taluni istituti diflessibilità “alla tedesca” siano già presenti nel nostro or-dinamento, come ad esempio il sistema dei voucher, che

tivamente complicata” risolvibile solo attraverso “un serioaccordo di leale cooperazione tra Stato e Regioni” e una ri-definizione (anche numerica) delle risorse umane e stru-mentali a ciò preposte.Sul tema delle tipologie contrattuali, l’introduzione delnuovo contratto a tutele crescenti mirante all’incentiva-zione delle assunzioni e alla trasformazione dei contratti atermine in contratti a tempo indeterminato è sicuramentecompatibile con le “indicazione comunitarie di stabilizza-zione”, ma occorre definirne attentamente i meccanismiper evitare che esso possa essere utilizzato come strumentodi elusione della disciplina vigente rispetto ai rapporti dilavoro già esistenti; anche il ricorso all’istituto dei voucher(finora limitati alle prestazioni di lavoro accessorio) comemisura di sostegno all’occupazione, qualora fosse estesaanche alle attività discontinue e occasionali, sarebbe un ul-teriore esempio di semplificazione delle forme contrattualiesistenti ma su di essi “bisogna arrivare ad una tracciabi-lità” che renda “assolutamente verificabili”, i limiti (ovveroil tetto massimo dei compensi cui il lavoratore con più im-pieghi può accedere). Più in generale, invece, rispetto alla

redazione di “un testo organico e semplificato delle tipologiecontrattuali” Pennesi manifesta alcune perplessità; pur de-finendo tale tentativo di “codicizzazione” come “obiettivo au-spicabile” e ipotizzando l’utilità di una eventuale disciplinanormativa di base (“soft-law”), integrabile con il rimandoalla contrattazione nazionale e di secondo livello, il terminedei sei mesi previsti dalla legge di delega al Governo risulte-rebbe realisticamente e tecnicamente inadeguato e “assolu-tamente insufficiente” per la la stesura di un nuovo testounico semplificato che ridefinisse la totalità delle tipologiecontrattuali esistenti. Al fine di favorire la conservazione del posto di lavoro e i pro-cessi di ristrutturazione e riconversione aziendale delle im-prese, oltre alla suddetta ridefinizione delle tipologiecontrattuali, nel cosiddetto Jobs act è prevista anche una “re-visione delle mansioni” rispetto alla quale Pennesi ritienesufficienti le normative sulle “mansioni ampie” già previstenella contrattazione collettiva e gli orientamenti contenutinelle sentenze della Corte di Cassazione. Infine, sul piano della razionalizzazione, il richiamo a unamaggiore cooperazione e a un più efficace dialogo tra le Pub-bliche Amministrazioni è anch’esso sicuramente un passag-gio obbligato nel quadro di una semplificazione delleprocedure burocratiche ma, sempre secondo Pennesi, deveopportunamente tener conto delle diversità delle attuali“piattaforme operative non dialoganti” e quindi prevederespecifici investimenti nello sviluppo e nell’aggiornamento deiservizi informatici e telematici in grado di garantire “l’effi-cacia dei meccanismi comunicazionali”. Inoltre, sempre sulpiano della semplificazione delle procedure burocratiche, inparticolare rispetto alle tematiche della salute e sicurezza sullavoro, è sicuramente ancora possibile un’ulteriore snelli-mento negli adempimenti formali e amministrativi a pattoche tali riforme non intacchino nella sostanza gli esistenti “livelli di tutela nei confronti della sicurezza”.

Considerazioni conclusive del Presidente della Commissione specialedell’Informazione (III) - sintesi*PremessaLe indicazioni del rapporto confermano che la crisi e ancorprima le trasformazioni indotte dalla globalizzazione edalle innovazioni tecnologiche e produttive hanno avutoun impatto drammatico sui sistemi economici e sociali, inparticolare sull’occupazione. Per dare sostanza a una veraripresa dell’economia e dell’occupazione non bastano ag-giustamenti alle politiche tradizionali. Serve una revisionecomplessiva e coerente delle politiche e dei fondamentalitratti del nostro assetto economico–sociale. Anzi le riformenecessarie in ambito economico-sociale richiederebbero diessere accompagnate da un quadro politico istituzionale eregolativo rinnovato, sostenuto da maggiore stabilità poli-tica e da una rafforzata coesione e di un vero dialogo so-ciale.L’urgenza più impellente è di dare seguito alle indicazioniannunciate mobilitando tutte le risorse sociali e personalidi cui il nostro paese è provvisto, con il contributo di tutti,imprese, organizzazioni sociali, singoli cittadini.Le aree di riforma riguardano, come si è visto e come con-vengono gli osservatori, l’intero spettro delle politiche pub-bliche, da quelle istituzionali, all’impianto regolativo, alle

strutture amministrative, fino più specificamente ai variaspetti delle politiche economiche e industriali. Ma dato l’oggetto di questo rapporto, si richiama l’atten-zione soprattutto sugli aspetti più strettamente relativi alletematiche del mercato del lavoro.

Politiche di sviluppoUna prima area di intervento decisiva, anche per il futurodel lavoro, riguarda le politiche economiche di sviluppo:non serve una jobless growthma uno sviluppo attento allericadute occupazionali e sociali che tenga conto del benes-sere generale delle persone come segnalato da autorevolirapporti internazionali e dal rapporto CNEL – ISTAT.

FormazioneUna seconda area di interventi strutturali direttamentecontigua alle politiche del lavoro, riguarda la formazionenelle sue varie forme e livelli. Lo skill gap segnalato nelrapporto è uno degli handicap competitivi più gravi delnostro paese. Le trasformazioni tecnologiche e produttiverichiedono una modifica profonda anche delle politichedell’educazione in generale e dei rapporti fra scuola e la-

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Luigi SbarraSegretario confederale CISL

Luigi Sbarra apre il suo intervento facendo riferimento altema della produttività, cui il rapporto CNEL dedica ampiospazio. Partendo dai dati sul costo del lavoro per unità di pro-dotto, evidenzia come in Italia esso risulti in crescita negli ul-timi 12 anni, ma ritiene che ciò sia da imputare alla crescitadel cuneo fiscale, piuttosto che a quella delle retribuzioni. Richiamando alcune considerazioni avanzate dal Prof. Treu nella sua relazione introduttiva, Sbarra sottolinea come perfar ripartire la crescita il Paese abbia soprattutto bisogno diuna politica espansiva sul piano degli investimenti pubblici eprivati, nonché della riduzione del carico fiscale sui redditi dalavoro dipendente per le famiglie, per i pensionati e per lestesse imprese, soprattutto quelle che investono in ricerca,innovazione e in qualità di processo e di prodotto. Per crearenuova occupazione non è quindi sufficiente limitarsi alla re-visione delle regole in materia di lavoro. Al riguardo, richiamai dati illustrati nel rapporto sulle perdite occupazionali degliultimi anni, pari a circa 1 milione di posti di lavoro nel pe-riodo 2008-2014, di cui circa 700.000 nel Mezzogiorno. I di-vari fra le varie aree del Paese si sono ampliati. E se al Nordè esploso il fenomeno del part-time involontario, al Sud sonomolto aumentati gli inattivi e gli scoraggiati. La fotografia deldisagio sociale che emerge nel rapporto è resa più grave daidati sull’elevatissimo numero di ore di cassa integrazione au-torizzate mensilmente dal 2009 in poi, malgrado che gli at-tuali ammortizzatori sociali coprano solo una parte dei senzalavoro.A questo proposito, Sbarra sottolinea come da tempo i sinda-cati confederali auspichino la creazione di un sistema di tutelea carattere universalistico, come sembra delineato nel dise-gno governativo della legge delega sul lavoro da poco presen-tato in Parlamento. Esprime tuttavia preoccupazione per lascarsità delle risorse finanziarie disponibili, che rischia di va-nificare l’intero progetto. Ritiene che la cassa integrazionevada estesa alle aziende sotto i quindici dipendenti e ai settori

dove attualmente non si applica e che, in ogni caso, il nuovosistema di ammortizzatori sociali dovrà avere un sostegno in-tegrativo da parte della finanza pubblica, qualora non fossesufficiente la copertura dei versamenti contributivi. In talsenso, giudica positivo, sebbene ancora largamente insuffi-ciente, lo stanziamento annunciato dal governo per il riordinodegli ammortizzatori sociali, nell’ambito della legge di stabi-lità.Ma la vera svolta, a parere di Sbarra, arriverà solo quando siriuscirà finalmente ad avviare un sistema efficiente di politi-che attive per chi è in cerca di occupazione. Va pertanto valu-

In tema di politiche attive e passive, richiama i passaggi delrapporto nei quali è sottolineata la necessità di maggioriinvestimenti per il sostegno alla disoccupazione. Evidenziail pericolo che il de-finanziamento della Cassa Integra-zione, ordinaria e straordinaria, senza che sia pienamentedecollato il nuovo sistema di ammortizzatori sociali possaprodurre un effetto dirompente. A tale proposito, fa notarecome il sistema di calcolo dei requisiti contributivi per lacorresponsione della cosiddetta mini-aspi abbia eviden-ziato incongruenze sulle quali occorrerebbe intervenire. Ri-tiene inoltre del tutto insufficienti le risorse cheattualmente il nostro Paese investe nelle politiche attive,specie al confronto con quanto avviene, ad esempio, inGermania. Né è pensabile che l’eventuale incremento dellerisorse da destinare alle politiche attive – formazione pro-fessionale, formazione continua, servizi per l’impiego, ecc.– possano derivare da una riduzione degli stanziamenti perle politiche passive, stante anche la previsione - ben deli-neata nel rapporto - di un andamento assai lento della ri-presa occupazionale nei prossimi anni.

Ritorna inoltre sul tema dell’andamento delle dinamichesalariali, anch’esso presente nel rapporto, per sottolinearecome il fenomeno della stagnazione salariale rappresentiun ostacolo alla modernizzazione delle relazioni indu-striali. Il blocco retributivo nel settore pubblico e in quello dei ser-vizi privati vanifica l’introduzione di modalità innovativedi gestione della produttività, malgrado gli sforzi compiutiper valorizzare il livello integrativo delle relazioni indu-striali attraverso una diversa articolazione della distribu-zione salariale fra i livelli contrattuali. Quanto all’ipotesi di introduzione del cosiddetto “salariominimo” ritiene che l’introduzione di un compenso orariominimo per i settori non coperti dai contratti nazionalimaggiormente rappresentativi comporti il rischio di un ef-fetto di dumping rispetto alla tenuta della contrattazione.Sarebbe invece preferibile trasformare gli attuali minimisalariali nel livello retributivo di riferimento per tutte leforme contrattuali diverse dal contratto subordinato atempo indeterminato, il che aiuterebbe anche a contrastareil fenomeno dei working poor. Conclude sottolineando come il compito delle parti socialioggi sia soprattutto quello di costruire un modello contrat-tuale nuovo e più inclusivo, che tenga conto maggiormentedel lavoro precario e temporaneo e, nello stesso tempo, as-secondi il bisogno di innovazione - sia di prodotto che diprocesso - che sostiene la ripresa degli investimenti in ri-cerca e innovazione.

mente condiviso. Ma pone problemi diversi. La semplifi-cazione delle procedure amministrative previste per l’as-sunzione e la gestione dei rapporti di lavoro è da tuttirichiesta; presenta difficoltà politico-tecniche perché sitratta di distinguere fra le procedure superflue e inutil-mente pesanti e quelle necessarie per garantire interessi ebeni essenziali. Più complesso è il riordino dei tipi contrat-tuali, anch’essi aumentati di numero e di varietà, perchéle opinioni giuridiche e parlamentari sono diverse circa lemodalità del riordino.

voro.

Costo del lavoroUna terza area di intervento riguarda il costo del lavoro.Negli ultimi anni il livello dei costi, non solo del lavoro, èdiventato centrale, soprattutto per l’inasprimento dellacompetizione internazionale. I dati mostrano come nei con-fronti comparati, l’handicapmaggiore del nostro paese nonriguardi il livello assoluto del costo del lavoro, ma il pesodel cuneo fiscale e contributivo, che è tra i più alti dell’areaOCSE. Per questo da tempo si sollecita dalle parti sociali enon solo la riduzione di tale cuneo. Per essere efficace la ri-duzione deve avere una certa durata nel tempo e una con-sistenza tale da renderla incisiva.

Politiche passive e attive del lavoro Una quarta area di intervento riguarda le politiche dell’oc-cupazione, in genere e in particolare per l’occupazione gio-vanile, comprensive di servizi all’impiego e ammortizzatorisociali.I dati mostrano le carenze e i ritardi del nostro Paese, con-sistenti anzitutto nello squilibrio fra politiche cd. passive,che sono cresciute nel corso della crisi, e politiche attive,da sempre deboli e sottofinanziate rispetto ai paesi vicini.Questo è un motivo per cui c’è l’esigenza di rafforzare il si-stema e di prevedere forme di governance centrale dellepolitiche attive, più efficaci delle attuali, pur mantenendoil necessario decentramento. Si tratta di definire meglio lemodalità di questa governance e le funzioni dell’AgenziaNazionale, indicate in sintesi dalla legge delega. Restano da affrontare alcuni punti critici del sistema, af-frontati anche dal CNEL con un apposito seminario: in pri-mis la verifica delle qualità professionali degli operatoripubblici e privati; l’incremento delle capacità di azione deicentri pubblici, anzitutto con lo snellimento dei compitiamministrativi e i rapporti fra centri pubblici e operatoriprivati.

Pensionamento flessibile ed active ageingLa riforma pensionistica del 2011, con il rapido e rigido in-nalzamento dell’età pensionabile, ha cambiato le aspetta-tive dei lavoratori e delle imprese relative alla vita dilavoro. Questa soluzione è stata motivata da esigenze diequilibrio finanziario del sistema, ma non è necessaria epotrebbe essere modificata in quanto si è passati, non soloin Italia, dal sistema retributivo a quello contributivo. L’im-pianto contributivo permette al sistema pensionistico diadattarsi ai diversi percorsi lavorativi e di vita modulandoin relazione ad essi le prestazioni pensionistiche e quindioffrendo ai singoli non regole rigide per la pensione mafasce di opportunità entro cui poter scegliere l’età. Natural-mente l’introduzione di fasce flessibili di pensionamentonon è l’unica modifica necessaria a fronteggiare tali esi-genze. Il prolungamento delle aspettative di vita lavorativa,può essere sostenibile per le persone e per il sistema eco-nomico in quanto sia accompagnato da misure finalizzateall’active ageing.

Semplificazione delle regole La legislazione italiana del lavoro è particolarmente com-plessa, a motivo della sua stratificazione nel tempo e di in-terventi correttivi più volte reiterati negli anni. Talecomplessità genera incertezze e complicazioni applicativeche aggravano le difficoltà in capo alle imprese e agli stessilavoratori. Per questo costituisce essa stessa un fattore dirigidità. La semplificazione è dunque un obiettivo larga-

(*) Il testo completo del documento è reperibile su www.cnel.it, sezione“Documenti”/Rapporti.

Il CNEL si pronuncia sul facilitymanagementL’Assemblea ha approvato in via definitiva, dopo la con-clusione dell’istruttoria in Commissione lavoro, un disegnodi legge di iniziativa CNEL recante “Disposizioni sui serviziintegrati e di gestione degli immobili”. La proposta auspicaun intervento che introduca una regolamentazione speci-fica in un comparto – noto come facility management: ge-stione coordinata e integrata di servizi immobiliari e disupporto alle attività di un ente pubblico o privato – com-posto da alcuni grandi operatori e da migliaia di piccole emedie imprese operanti nella fornitura di servizi all’indu-stria e alla pubblica amministrazione, e in grado di attivareun potenziale di occupati intorno ai 2,5 milioni. Gli investimenti pubblici nel mercato degli appalti hannoun impatto enorme sull’occupazione: si calcola che a frontedi una spesa di un miliardo di euro si creino di 11.700 ai15.600 occupati nei lavori pubblici, e un numero anchemaggiore nei servizi, dove il peso degli investimenti in benistrumentali è minore. Il ddl persegue l’obiettivo di regola-mentare, attraverso il coordinamento e l’integrazione dellanormativa vigente, i servizi di gestione degli immobili, col-mando le lacune normative esistenti sia nell’esatta defini-zione dei servizi del comparto, sia nella disciplinasostanziale applicabile, e dando dignità a un settore che,anche in un momento di grave recessione - incrementa la-voro e occupazione. Il disegno di legge introduce, a bene-ficio dei lavoratori, una vera e propria forma diresponsabilità solidale delle stazioni appaltanti (commit-tenti pubblici) in caso di omesso versamento da parte degliappaltatori e dei subappaltatori delle retribuzioni e deicontributi previdenziali dovuti ai propri lavoratori perl’esecuzione dell’appalto, cercando di uniformare la nor-mativa vigente per i committenti pubblici a quella per lacommittenza privata. Il Titolo IV dell’articolato detta disposizioni in tema di oc-cupazione e formazione. Si introducono disposizioni inmateria di passaggio di personale, prevedendo che nei set-tori di riferimento, nell’ipotesi di cambio di appalto ossiadi subentro di un appaltatore al preesistente affidatario, ilsubentrante, indipendentemente dal CCNL cui aderisce,sia vincolato all’assunzione, senza periodo di prova, dei la-voratori dipendenti e dei soci lavoratori dell’assuntore ces-sante impiegati nell’appalto da almeno quattro mesi, salvo

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punto invita a fare un confronto con altri Paesi come laSpagna, il Portogallo e l’Irlanda in cui la disoccupazione èaumentata molto più che in Italia ma in cui, grazie al pro-cesso di ripresa economica e a politiche di intervento a fa-vore dell’occupazione, la disoccupazione è diminuita.Precisa come queste considerazioni debbano riferirsi a datinei quali sono ricomprese anche le perdite occupazionalidovute alle fuoriuscite dal mercato del lavoro, nonché perquanto concerne l’Italia, ai molti giovani che sono uscitidal mercato del lavoro e non sono più alla ricerca attiva diun posto di lavoro. In merito sottolinea anche un altro ele-mento molto preoccupante che riguarda un indicatore,quello dei NEET, ossia quei giovani che non sono né occu-pati nè coinvolti nel processo formativo, che risultano es-sere circa il 26%. Nella situazione migliore, essi sonodisoccupati e, nella peggiore, neanche coinvolti nel pro-cesso formativo o nella ricerca di un posto di lavoro. Que-sto differenzia l’Italia rispetto ad altri Paesi che hannosituazioni simili, come la Spagna, il Portogallo e la Grecia,in quanto mentre in questi Paesi i più giovani hanno pro-lungato il periodo formativo perché è difficile avere ac-cesso al posto di lavoro, in Italia questo non è avvenuto: igiovani sono usciti dal processo formativo ma, non tro-vando lavoro, hanno lasciato il mercato e non sono nem-meno alla ricerca di unposto di lavoro. Prosegue sostenendo l’esi-genza per l’Italia e per altriPaesi di promuovere laproduttività del lavoro. Alriguardo rileva come in al-cuni Paesi, compresa l’Ita-lia, vi sia stato un qualchemiglioramento in tal senso,ma connesso a quello che sipuò definire un effetto dicomposizione: le impresemeno produttive durante lacrisi sono uscite dal mer-cato, determinando un au-mento del livello dellaproduttività media del sistema. Quello che invece nonsembra esserci stato è un miglioramento della produttivitàall’interno delle imprese che sono sopravvissute e da que-sto si evince la necessità di mettere mano a riforme strut-turali che possano promuovere la crescita dellaproduttività. Concorda con il Presidente Treu sull’opportunità di ana-lizzare i contratti a termine o i contratti atipici secondo unavisione dinamica, al fine di capire quali prospettive questicontratti offrano e l’impatto nelle scelte dei lavoratori ri-spetto al tipo di contratto e al tipo di lavoro che essi hannoaccettato. Sul punto mostra un dato interessante, ossia chela gran parte delle perdite occupazionali che sono avvenutein Italia e in altri Paesi, soprattutto europei, durante la fasedi recessione si sono fortemente concentrate sui contrattia durata determinata o su differenti forme di contratti ati-pici. L’Italia risulta avere circa il 70% della creazione diposti di lavoro con contratti a durata determinata. Riferisce come all’OCSE si sia fatta un’analisi volta ad in-dagare, non soltanto la quantità di occupati e disoccupati,ma anche la qualità del lavoro, in una prospettiva tridi-mensionale: la qualità della remunerazione e della disper-sione dei salari all’interno di una data economia; la labourmarket security, intesa come il rischio di perdere il posto

di lavoro, le garanzie e la protezione del lavoratore che haperso il posto e il sostegno al reintegro verso un’ulterioreopportunità di lavoro; la qualità delle condizioni di lavoroin cui il lavoratore opera. Questa analisi si è basata su datiindividuali riguardanti le condizioni di ciascun lavoratore.L’Italia è risultata essere in una situazione relativamentesfavorita rispetto a molti altri Paesi soprattutto rispetto adalcune dimensioni, tra cui la prima è quella della labourmarket security, non tanto per il rischio di disoccupazione,ma soprattutto per l’assenza di un ammortizzatore socialeuniversale che potesse coprire tutti i lavoratori che hannoperso il posto. Conclude il suo intervento sottolineando come, ai fini dellacreazione di posti di lavoro, occorrano non solo politichedel lavoro in grado di risolvere problemi congiunturali estrutturali, ma sia necessario un intervento complessivoche introduca un ammortizzatore sociale di cui tutti pos-sano beneficiare e politiche attive del lavoro efficaci. Portal’esempio di altri Paesi che hanno un sistema completa-mente decentrato di politiche attive ma in cui vengono in-trodotte delle guide line, ossia delle linee guida cheindicano come gli interventi devono essere sviluppati sulterritorio e in cui c’è un processo continuo di informazionesu quelle che sono le best practices. Si tratta di Paesi che

hanno sviluppato ancheuna partecipazione pub-blico-privato per il soste-gno alla ricerca del postodi lavoro per i lavoratori.

Serena SorrentinoSegretaria confederaleCGIL

Secondo Serena Sorren-tino, i dati e le analisi con-tenuti nel rapporto sonoun valido strumento pertentare di valutare i piùrecenti interventi di ri-forma sul mercato del la-

voro, in particolare la legge 92/2012 e il cosiddetto JobsAct.Preliminarmente, concorda con la disamina del Prof. Treu,il quale ha sottolineato come le attuali difficoltà del mer-cato del lavoro siano dovute a tre fattori di contesto: ilcrollo degli investimenti, la bassa produttività e la stagna-zione dei salari. Ritiene tuttavia che occorra anche chie-dersi se il modello produttivo e di sviluppo delineato nelleultime riforme sia in grado di assicurare crescita occupa-zionale e, soprattutto, se sia socialmente sostenibile. In proposito, passa ad analizzare alcuni punti specifici deldisegno di legge delega che il governo ha appena appro-vato. Si sofferma, in particolare, sull’aspetto che riguardala riorganizzazione delle forme contrattuali, ponendo inluce come proprio il rapporto CNEL abbia evidenziato chela discontinuità e la temporaneità degli impieghi abbas-sano il livello della produttività. Ritiene che la discussionesulla revisione delle forme contrattuali avrebbe dovutoprecedere, non seguire gli interventi sulla disciplina deicontratti a termine introdotti dalla normativa recente. Giu-dica ancora poco chiare le intenzioni del governo riguardoalla “pulitura” delle 46 forme contrattuali attualmente esi-stenti e all’introduzione del cosiddetto contratto “a tutelecrescenti”.

Focus

il maggior termine previsto dal CCNL applicabile. Lanorma precisa altresì che il licenziamento da parte dell’as-suntore cessante dei lavoratori impiegati nell’appalto chedevono essere assunti dal subentrante si configuri come li-cenziamento individuale, sebbene plurimo, per giustificatomotivo oggettivo. L’art. 14 disciplina le ipotesi di responsabilità solidale dellastazione appaltante (committente pubblico) per i crediti,retributivi e contributivi dei lavoratori impiegati dall’ap-paltatore e dal subappaltatore nell’esecuzione del contratto.In particolare, fatta salva la disciplina contenuta nell’art.29, comma 2, del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e quelladi cui all’art. 5, comma 1, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207,negli appalti di servizi del comparto si prevede la respon-sabilità solidale della stazione appaltante con l’appaltatoree il subappaltatore, con conseguente obbligo del commit-tente pubblico di corrispondere ai lavoratori dell’appalta-tore e di ciascun subappaltatore le retribuzioni ed icontributi previdenziali dovuti per l’esecuzione dell’ap-palto.Si introduce una specifica disciplina per favorire l’accessoal credito da parte delle imprese di settore, tenendo in con-siderazione che per tali imprese la voce preponderante deicosti correnti è rappresentata dalle retribuzioni dovute ailavoratori e dalle conseguenti ritenute previdenziali, assi-stenziali e fiscali. Viene introdotto l’obbligo per le stazioniappaltanti di indicare nei bandi e nei capitolati i contratticollettivi di categoria sottoscritti tra le organizzazioni dirappresentanza delle imprese e dei lavoratori comparati-vamente più rappresentative, da assumere a riferimentoper l’esecuzione del servizio. L’art. 10 interviene in materiadi Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC)prevedendo la possibilità per le imprese del settore di otte-nere dall’INPS un verbale attestante la propria regolaritàcontributiva nei confronti del personale utilizzato nel sin-golo appalto, valevole ai fini del rilascio del DURC. L’art. 11 reca un’integrazione all’art. 115 del D.Lgs. 12 aprile2006, n. 163 introducendo per i contratti labour intensivela revisione periodica dei prezzi calcolata anche sulla basedella revisione annuale del costo del lavoro.Un ulteriore ambito di intervento si è infine rinvenuto intema di formazione professionale, con la proposta di isti-tuire uno specifico indirizzo per i percorsi di studio degliistituti professionali nonché, a livello regionale, appositi

Questo numero del Notiziario è stato predisposto

dai seguenti funzionari del II Ufficio di supporto

agli Organi Collegiali: Marco Biagiotti, Gerardo Ce-

drone, Margherita Chierichini, Giuditta Occhio-

cupo, Simona Tradardi, coordinati dal dirigente

dell’Ufficio, Larissa Venturi, e con il supporto tec-

nico del Servizio Assistenza Informatica.

Ad agosto 2014 il tasso di occupazione 15-64 anni si at-testa al 55,7% in aumento sia nel confronto mensile che subase annua di 0,1 punti percentuali. Si conferma il diffe-renziale di genere che mostra il dato maschile (65,0%) su-periore a quello femminile (46,4%). Il medesimo tasso dioccupazione 20-64 anni (indicatore di riferimento per laStrategia Europea 2020) mostra per il II trimestre un va-lore pari a 59,9% (69,8% per gli uomini e 50,11% per ledonne), rispetto al target nazionale 67%-69% definito nelProgramma Nazionale di Riforme.

Complessivamente gli occupati sono 22 milioni e 380mila, in aumento rispetto al mese precedente (+0,1% paria 32 mila unità) ma sostanzialmente invariati su baseannua. Secondo il genere l’aumento riguarda soprattuttogli uomini (+0,3% rispetto al mese precedente e +0,5% ri-spetto al 2013 ) mentre nel segmento femminile si riscon-tra una diminuzione di 0,8 punti percentuali pari a unacontrazione di 73.000 unità in termini tendenziali mentre,sul piano congiunturale, il dato risulta quasi invariato (-0,1%). Per quanto riguarda infine la partecipazione dei gio-vani al mercato del lavoro si conferma la dinamicanegativa degli occupati tra i 15 e i 24 anni che, ad agosto, èpari a 895 mila unità e fa registrare un notevole peggiora-mento sia rispetto al mese precedente (-3,6% pari a unaflessione di circa 33 mila unità) che su base annua (-9,0%per un totale corrispondente a – 88 mila occupati).Complessivamente, nel II trimestre 2014, si riscontra un

rallentamento della contrazione tendenziale del numerodegli occupati (-0,1% pari a -14.000 unità rispetto allostesso trimestre del 2013) imputabile essenzialmente alcalo registratosi nel Mezzogiorno (-1,5%, -90.000 unità) afronte dell’aumento dell’occupazione nel Nord (+0,3%) enel Centro (+0,8%) complessivamente pari ad un incre-mento di 76.000 unità. Sostanzialmente invariato l’anda-mento dell’occupazione maschile (0,0%) e in lieve caloquella femminile (-0,2%).

Nell’industria in senso stretto si registra, nel II trimestre2014, una crescita dell’occupazione con un aumento subase annua del +2,8% (+124 mila unità) che coinvolge siai lavoratori dipendenti che indipendenti. Di segno inversosi conferma invece il trend negativo nelle costruzioni (-3,8%, - 61 mila unità) particolarmente rilevante nel Cen-tro-Nord. Una flessione tendenziale si riscontra anche nelterziario (-0,6%, -92.000 unità) e interessa principal-mente i settori del credito, del commercio e delle assicu-

corsi di formazione professionale. In considerazione dellenovità introdotte dal d. l. 12 settembre 2013, n. 104 con ilPotenziamento dell’offerta formativa negli istituti tecnicie professionali, si introducono una previsione programma-tica, volta ad indirizzare il MIUR ad aperture a offerte for-mative destinate alla formazione di periti del facilitymanagement (comma 1), e un indirizzo formativo nell’am-bito delle attuali previsioni di cui al D.P.R. n. 87/2010 diriordino degli istituti professionali.Il testo del disegno di legge e la relazione illustrativa sonoconsultabili sul sito www.cnel.it, sezione “Documenti / Di-segni di legge”.

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relandoli sia alla produttività che al welfare contrattuale.Un’ulteriore indicazione in materia di politica del lavoro,contenuta, tra l’altro anche nella legge delega, prevede lospostamento di risorse verso le politiche attive, attuato pre-stando attenzione al fatto che gli ammortizzatori sociali, inquesto momento di crisi, sono ancora importanti e chequindi occorre avere gradualità e correlare l’aggiustamentosecondo i bisogni. In merito, sostiene la necessità di affron-tare la cosiddetta condizionalità, ossia la possibilità che gliammortizzatori non siano meramente passivi, ma siano ac-compagnati da politiche di attivazione dei beneficiari e darelative modalità di controllo in tal senso. Rileva come inalcune Regioni vi siano degli esempi cui fare riferimento,ma che sarà importante vedere come si svilupperà l’Agen-zia nazionale dei servizi al lavoro e, in particolare, i rap-porti tra l’Agenzia e l’INPS, al fine della messa a punto delnesso tra beneficiari e attivazione e la correlazione tra leattività dei centri pubblici dell’impiego e le agenzie private.Prosegue l’elenco delle indicazioni, accennando alla neces-sità di intervenire nel rapporto tra le generazioni, medianteda un lato l’aumento degli sforzi e dell’efficacia delle poli-tiche per i giovani e, dall’altro, la cura delle persone che,arrivate ad una certa età, non possono andare più in pen-sione come una volta e per le quali suggerisce di adottaremisure di active ageing e di agevolazione per un’uscita piùflessibile dal mondo del lavoro.Un ulteriore punto inerisce alla semplificazione delle re-gole, specie con riferimento alle tipologie contrattuali, cheoltre a dover essere semplificate e rese maggiormente ac-cessibili, dovrebbero essere riequilibrate in modo da dive-nire più convenienti in termini di costo e di regole.Correlato a questo, cita l’indicazione secondo la quale bi-sognerebbe oltre che semplificare il numero di contratti co-siddetti anomali (para-subordinati, a progetto, accessoried altri), immaginare anche una forma di tutela di base, alfine di favorire il processo di riunificazione del mondo dellavoro. L’ultima indicazione concerne l’esigenza di una po-litica economica e sociale comune, scongiurando il nazio-nalismo che sta emergendo in Europa e prendendo inconsiderazione le proposte provenienti dall’Unione euro-pea: un Fondo europeo per l’occupazione, servizi comuniper l’impiego e ammortizzatori sociali armonizzati con co-finanziamento europeo. Nell’intervento conclusivo, il Presidente sottolinea alcunielementi emersi dai lavori. Tra essi, l’esigenza che le ope-razioni di semplificazione del mercato del lavoro abbianobisogno di una forte sperimentazione sul piano delle strut-ture, come ad esempio l’informatizzazione della PubblicaAmministrazione ai fini della tracciabilità dei voucher o dievitare il ne bis in idem delle misure di sostegno. Ribadiscel’utilità di riforme in un quadro coerente d’insieme.

Stefano ScarpettaDirector for Employment, Labour and Social AffairsOECD-OCSE

Il Direttore del Dipartimento lavoro dell’OCSE apre il suointervento esprimendo apprezzamento per il Rapporto chedefinisce estremamente ricco, in quanto in grado di pre-sentare un’accurata disamina della situazione sul mercatodel lavoro in Italia e di evidenziare in maniera chiara le cri-ticità di breve periodo legate alla persistente crisi econo-mica e i nodi strutturali che da lungo tempo caratterizzanoil mercato del lavoro italiano. Prendendo spunto dalle in-dicazioni del Presidente Treu sulle forti differenze all’in-

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terno dell’Europa, dichiara di voler offrire una visione pro-spettica delle dinamiche del mercato del lavoro in un contestointernazionale, mettendo l’accento su queste differenze, datoche ad alcune di esse sono legate le diverse performance dinatura macro-economica e le diverse politiche e riformestrutturali che i Paesi hanno messo in opera. Il primo punto che sottopone all’attenzione riguarda la ridu-zione, avvenuta dopo un periodo di stabilità, del tasso di di-soccupazione nei Paesi dell’area OCSE, nella maggior partedei Paesi europei e anche in quei Paesi che durante la crisihanno visto il tasso di disoccupazione aumentare in manieramolto consistente, tra cui i Paesi del sud dell’Europa e altricome l’Irlanda. Secondariamente invita ad andare al di là dei tassi di occu-pazione e disoccupazione e a guardare alle evoluzioni sala-riali, prendendo in considerazione il dato che emerge inmaniera molto chiara soprattutto in Europa secondo cui, ri-spetto a crisi economiche precedenti, si nota una forte mode-razione salariale. Ossia, in alcuni Paesi europei, dalla fine del2009 alla fine del 2013 i salari reali sono diminuiti in manieramolto consistente, comportando notevoli costi sociali per i la-voratori e le lavoratrici coinvolti. Un altro punto evidenziatoriguarda un importante lavoro condotto all’OCSE e relativoad un’analisi delle tipologie contrattuali, in particolare deicontratti atipici o dei contratti a termine, secondo una visionedinamica, finalizzata a comprendere quanti di questi contrattirappresentino dei trampolini verso opportunità di lavoro più

stabili e quanti invece debbano essere considerati delle veree proprie trappole da cui è difficile uscire perché si rischia diperdere il lavoro a tempo determinato o addirittura di usciredefinitivamente dal mercato del lavoro. Suggerisce inoltre la necessità di prestare attenzione alle con-dizioni di lavoro, alla qualità del posto di lavoro, alla situa-zione del mercato del lavoro e al tasso di disoccupazione,rilevando come la differenza che caratterizza l’Italia così comela Francia rispetto alla maggior parte degli altri Paesi sia ilfatto che non si siano ancora riscontrate riduzioni significa-tive del tasso di disoccupazione aggregato. In particolare, ri-leva come in l’Italia l’aumento della disoccupazione possaessere suddiviso in due fasi: la prima, nel periodo 2008-2009, durante la quale la Cassa integrazione ha svolto un im-portante ruolo di ammortizzatore che ha ridotto le perditeoccupazionali nette; la seconda, in cui questo strumento è di-ventato meno efficace e in cui le imprese si sono trovate difronte alla situazione di dover ridurre l’occupazione. Sul

razioni. L’occupazione nell’agricoltura è invece in au-mento (+1,8%, +15.000 unità) a sintesi di una riduzionedei lavoratori indipendenti compensata dalla crescita deidipendenti (+5,6%, pari a 22 mila unità).

Il tasso di disoccupazione, pari al 12,3% segna unalieve contrazione sia nel breve che nel medio periodo: ladiminuzione è di -0,3 punti percentuali rispetto al mese diluglio e di -0,1% nei dodici mesi; nel dettaglio, rispetto algenere, si registra un tasso pari all’11,2% per la disoccupa-zione maschile che attesta un calo sia in termini congiun-turali (-04%) che tendenziali(-0,6%) mentre, per lacomponente femminile (13,7%), alla contrazione di 0,2punti percentuali rispetto al mese precedente fa riscontroun aumento su base annua dello 0,6%. Il tasso di disoccu-pazione giovanile ovvero la quota di giovani disoccupatitra i 15 e i 24 anni sul totale (occupati e in cerca di occupa-

zione) è del 44,2% ovvero in crescita sia congiunturale(+1%) che tendenziale (+3,6%).

Il numero dei disoccupati che nel complesso è pari a 3milioni 134 mila mostra una riduzione sia tendenziale (-0,9% corrispondente a 28.000 unità) che congiunturale(-2,6% pari a 82.000 unità) ma tale dinamica non è co-mune ad entrambi i generi; se infatti rispetto al mese di lu-glio la flessione è riferibile sia ai maschi (-3,5%) che allefemmine (-1,4%), nel confronto con i dodici mesi prece-denti il calo si registra per la sola componente maschile (-5,3%) mentre di segno opposto, ovvero in crescita, siconferma l’andamento per le donne (+4,7%). Tra i più gio-vani (under 25) i disoccupati sono 710 mila (con un inci-denza, sul totale della stessa classe di età, che è pariall’11,9%); tale dato si conferma stabile sul mese prece-dente (+0,3%, +2 mila unità) ma in crescita su base annua(+5,6%, +37 mila unità).

Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumentano dello 0,2% ri-spetto a luglio (32 mila unità) mentre diminuiscono (-0,5%) su base annua; nel confronto secondo il generel’inattività segna una crescita congiunturale sia per gli uo-mini (+0,1%) che per le donne (+0,3%) compensata peròdal calo tendenziale registratosi per la componente ma-

schile (-0,6%) e quella femminile (-0,5%). L’analisi se-condo i tassi di inattività evidenzia una sostanziale stabilità(36,4%) nel confronto mensile (+0,1%) e su base annua (-0,1%) nel suo complesso. Permangono significative diffe-renze del fenomeno rispetto al genere (26,5% per gliuomini e 46,2% per le donne) e nella sua distribuzione ri-spetto alle fasce di età; rispetto a quest’ultima variabile sievidenzia per i giovani inattivi (in età compresa tra i 15 e i24 anni) un tasso di inattività pari al 73,2% in crescita siarispetto al mese precedente (+0,5%) che rispetto alloscorso anno (+0,7%).

Sempre allo scorso mese di agosto si riferiscono poi i datipubblicati dall’Inps relativi ai trattamenti di integra-zione salariale. In tale periodo il numero di ore di cassaintegrazione guadagni complessivamente autorizzate hafatto registrare una flessione tendenziale del -14,4% impu-

tabile sostanzialmente al forte calo degli in-terventi ordinari (-33,2%) e di quelli inderoga (-74,1%) ma ancora fortemente con-dizionato dal massiccio aumento delle ore dicassa integrazione ordinaria (+73,9%). Pas-sando ai dati relativi alla cosiddetta disoccu-pazione involontaria nel suo complesso(ASpI, mini ASpI, disoccupazione ordinariae mobilità) si evidenzia una significativa di-minuzione su base annua delle domande re-lative alle diverse forme di indennitàsostitutiva della retribuzione (-9,9%).

Per il II trimestre 2014 l’analisi delle dina-miche settoriali pone in evidenza l’ulte-riore calo delle figure lavorative a tempopieno (-0,5%, -89.000 unità rispetto al pre-cedente trimestre) imputabile sostanzial-mente alla flessione dei dipendenti a tempoindeterminato (-0,5%, -57.000 unità) cui sicontrappone la perdurante crescita, seppuresecondo un trend meno sostenuto, degli oc-

cupati part-time (+1,9%, pari a +75.000 unità) che si rive-lano soprattutto di tipo involontario fino a rappresentareil 64,7% dei lavoratori ad orario ridotto. L’occupazione alledipendenze registra però un complessivo aumento su baseannua del +0,3% (pari a 43.000 unità) dovuto alla conti-nua crescita delle figure impiegate a tempo parziale e al-l’aumento (+3,8% su base annua, +86 mila unità) deidipendenti a termine che ormai rappresentano il 10,5%del totale degli occupati. I lavoratori autonomi diminui-scono tendenzialmente del 1,0% (- 57 mila unità) e, traquesti, significativo e sostenuto il calo dei collaboratori chesi attesta intorno al -8,3% (-36 mila unità) e che interessasostanzialmente il comparto del terziario.

I dati amministrativi del sistema delle comunicazioniobbligatorie del Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali completano il quadro, fornendo informazioni sulle at-tivazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente eparasubordinato. Nel II trimestre 2014 si riscontra un de-ciso aumento del volume dei rapporti di lavoro attivati conla registrazione di 2.651.648 nuovi avviamenti (80.590 inpiù rispetto allo stesso trimestre del 2013, pari a un incre-mento tendenziale del +3,1%). L’analisi delle componentimostra una media di nuove assunzioni pro-capite pari a1,39 (a conferma che uno stesso lavoratore è stato interes-

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zione terziaria e ben mirata) per i meccanismi non semprevirtuosi dell’anzianità. Sempre con riferimento alla forma-zione, sottolinea la scarsità di formazione permanente, cheinvece è sempre più necessaria date le trasformazioni delsistema. Esprime preoccupazione per l’aumentato squili-brio tra spese in politiche attive del lavoro e spese in am-mortizzatori e politiche passive, laddove invece in altriPaesi si è maggiormente investito sulle persone e sui mezziper attivare il mercato del lavoro. Pur riconoscendo la fun-zione di sostegno dei vari tipi di ammortizzatori socialiadottati durante la crisi, ne mette in evidenza il costo ec-cessivo, facendo l’esempio delle casse in deroga costate,negli ultimi tempi, più di 2 miliardi l’anno, e il basso tassodi copertura delle disoccupazioni: quasi un milione di di-pendenti non sono coperti né da ASPI né da mini-ASPI,non sono coperti i collaboratori e neanche la CIG ordinariae straordinaria è in grado di coprire tutti. Auspica che iFondi di solidarietà, previsti nella legge delega sul lavoro,siano in grado di far fronte a queste criticità. Continua l’analisi, citando la comparazione europea effet-tuata dall’ISFOL sui servizi all’impiego, dalla quale risultail funzionamento dei canali informali e che il tasso di in-termediazione e il tasso effettivo di penetrazione dei ser-vizi pubblici italiani è più basso delle medie dei Paesivirtuosi, con differenziazioni territoriali. Prosegue rife-rendo come l’efficacia della Garanzia giovani, seppur ca-ratterizzata da un significativo afflusso di aspettative, siaancora difficile da verificare, in quanto cominciata con ri-tardo e con fatica, e contraddistinta da rilevanti differenzeper territorio e per politiche regionali, a suo avviso nonsempre correlate ai reali bisogni dei territori. Chiude l’ana-lisi dei dati facendo riferimento alla crescita dei workingpoors, ossia coloro che pur avendo lavoro, hanno difficoltàad uscire da uno stato di povertà. Prima di illustrare le indicazioni di obiettivo sulle quali bi-sogna lavorare per migliorare la situazione, premettecome, alla luce della profondità dei caratteri della crisi,siano necessarie modifiche del complesso delle politicheeconomiche e sociali e, secondo quanto sostenuto da ta-luni, anche del quadro istituzionale (come, ad esempio,per quanto riguarda il rapporto tra Stato e Regioni nellepolitiche del lavoro) e riforme coerenti, rese possibili dauna stabilità politica e da una coesione sociale costruitagrazie al dialogo sociale. Sintetizza le aree di intervento individuate dalla Commis-sione ed emerse dalla lettura dei dati contenuti nel Rap-porto. La prima concerne le politiche economiche chesostengono lo sviluppo, per cui occorre fare attenzione af-finchè la crescita sia come richiede l’Europa, intelligente,sostenibile e inclusiva, tenendo presente le aree e i settoriin cui si può avere una job-rich growth e non una job-lessgrowth e quindi l’industria, i settori tradizionali e nuovi, iservizi alla persona e le infrastrutture. La seconda area dipolicy riguarda il bisogno di incrementare la formazionecorrelata al futuro dell’innovazione, caratterizzata da unpiù stretto rapporto tra formazione e lavoro, tra scuola eimprese, tenendo presente l’importanza dell’istruzionetecnica e superiore, dell’alternanza scuola-lavoro e del-l’educazione permanente, in modo da poter avere più co-noscenze nel lavoro e un management professionale nelleimprese, soprattutto in quelle piccole, incentivando anchel’assunzione di giovani ricercatori. La terza area di inter-vento si riferisce al costo del lavoro, per cui occorre ridurrein modo stabile il peso sui fattori produttivi, su imprese elavoro, diminuire tasse e contributi, come avviene in altriPaesi, e adottare una struttura dei salari più flessibile, cor-

riscontrare tra i settori produttivi, come si evince dallemaggiori perdite nelle costruzioni, nell’industria e nel pub-blico impiego; una contrazione dell’occupazione italiana afronte di una crescita dell’occupazione degli stranieri, iquali risultano impiegati in lavori spesso non regolari econ salari bassissimi. Sottolinea come i lavoratori auto-nomi abbiano perso di più dei lavoratori dipendenti, i col-laboratori siano stati fortemente ridotti, anche per effettodi interventi legislativi, e la crisi abbia inciso maggior-mente sui lavoratori senza titolo o con titolo basso, rispettoai laureati che, però, sono risultati spesso sotto-inquadrati.Fa rilevare come il drammatico aggravamento del ricorsoai contratti a termine per i giovani, il tempo sempre piùlungo e le notevoli difficoltà per passare da questa ad unaforma di contratto più stabile, abbia reso il contratto a ter-mine una sorta di trappola invece che un’auspicabile viad’accesso al mercato del lavoro. Aggiunge come le diffi-coltà per i giovani si siano accentuate anche per effettodella riforma pensionistica del 2011 che, realizzata nel con-testo di un’economia stagnante, ha causato la mancatauscita dal mercato del lavoro degli over 55. Tra le ulterioridifficoltà del mercato, accenna alla questione del costo dellavoro e della decelerazione salariale, presente soprattuttonei Paesi periferici. Prosegue sottoponendo all’attenzione il ridotto tasso di ri-

gidità delle regole secondo cui risulta aumentata la flessi-bilità in entrata e meno evidente la flessibilità in uscita, inparticolare per quanto riguarda i licenziamenti collettivi,facendo rilevare l’importanza di andare ad analizzareanche la flessibilità interna all’azienda, ossia la mobilitàintelligente e gli orari di lavoro, flessibilità che pare inveceessere stata molto utilizzata dalla Germania per affrontarela crisi. Con riferimento agli effetti delle riforme del mercato dellavoro intervenute in questi ultimi due anni, sono riportatii dati relativi al forte calo delle collaborazioni, in partico-lare del co-co-pro e del lavoro intermittente, e alla crescitadei lavori a termine, nonché all’iniziale ripresa dell’ap-prendistato e ad una lieve ripresa del lavoro a tempo in-determinato. Riportando l’attenzione al problema del sottoutilizzo deilaureati, fa riferimento a quello che ritiene essere uno deigap più gravi dell’Italia, ossia il deficit sugli investimentiin capitale umano, sia per quanto riguarda i livelli che laqualità dell’istruzione, per cui risultano esserci non solopochi laureati, ma laureati sfasati rispetto alle prospettivee alla cognizione che è necessaria per il futuro e che gua-dagnano spazio sui diplomati (cui peraltro manca un’istru-

Decreto del Ministro del Lavoro e delle PoliticheSociali, di concerto con il Ministro dell'Economiae delle Finanze n. 83312 del 7 luglio 2014: “Ridu-zioni contributive per i contratti di solidarietà sti-pulati ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863”.

In attuazione del comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge 20marzo 2014, n. 34 (convertito con modificazioni dalla legge16 maggio 2014, n. 78), vengono stabiliti i criteri per l’in-dividuazione dei datori di lavoro beneficiari della riduzionecontributiva prevista per i contratti di solidarietà. Fra i re-quisiti selettivi individuati nel decreto rileva come la ridu-zione contributiva possa essere riconosciuta solo in favoredelle imprese per le quali siano individuati strumenti voltia conseguire un miglioramento della produttività di entitàanaloga allo sgravio contributivo spettante in base all’ac-cordo sottoscritto o in base a uno specifico piano di inve-stimenti.

Decreto del Ministro del lavoro e delle politichesociali, di concerto con il Ministro dell’economiae delle finanze n. 83483 del 1° agosto 2014: “Cri-teri per la concessione di ammortizzatori socialiin deroga” .

Si tratta di disposizioni che intervengono sulla gestionedella fase transitoria della riforma degli ammortizzatorisociali di cui all’art. 2 commi 64, 65 e 66, della legge 28giugno 2012, n. 92. Sono richiamate le causali per le qualiè prevista la concessione dei trattamenti di integrazionesalariale in deroga alla normativa vigente, subordinata-mente al possesso di un’anzianità lavorativa presso l’im-presa di almeno dodici mesi (ma per il solo anno 2014 ilperiodo è ridotto a otto mesi). Il decreto disciplina inoltrele modalità per la concessione del trattamento di mobilitàin deroga ai lavoratori disoccupati in possesso dei requisitidi cui all’art. 16, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n.223. Fino al 31 dicembre 2014, entro un tetto di spesa com-plessivo di 55 milioni di euro, sono prorogati i trattamentidi integrazione salariale o di mobilità in deroga preceden-temente concessi, anche se non conformi ai criteri fissatinel presente decreto.

Politiche del lavoro:principali novità

normative ed istituzionali(luglio - ottobre 2014)

sato da più rapporti di lavoro nel trimestre di riferimento)e una marcata polarizzazione nel settore dei servizi (circail 75% delle registrazioni), mentre l’incremento più signifi-cativo (+13,4%) si registra nell’Industria in senso stretto.Ulteriori risultanze evidenziano una prevalenza di nuovirapporti instaurati nelle regioni settentrionali (39,1% deltotale) e, a seguire, da quelle meridionali (37%); perdura laconcentrazione nei rapporti di lavoro a tempo determinato(69,7% degli avviamenti). Secondo l’età, la quota più con-sistente di attivazioni si rileva fra i più giovani (under 45),che complessivamente rappresentano circa il 70% del totaledegli avviamenti; su base tendenziale, in riferimento ai la-voratori interessati, l’incremento più forte ha riguardato in-vece le classi di età più anziane (45-64enni) che hannoregistrato una crescita del 6,9%. Rispetto al genere, il vo-lume di attivazioni di distribuisce in misura quasi omoge-

nea, pur con una crescita nell’anno molto più intensa pergli uomini (4,5% rispetto all’1,8% registrato per le donne).Su base annua si assiste ad una lieve crescita - ( + 0 , 3 % )dei rapporti di lavoro cessati (+7.176 unità) ma, sempre ri-spetto allo stesso periodo di osservazione, a fronte di un va-lore pro capite pari a 1,45, il numero dei lavoratoriinteressati da cessazioni diminuisce dello 0,5%. Perdura subase tendenziale la decisa contrazione dei licenziamenti (-8,6%) e delle dimissioni (-4,3%). Le cessazioni motivate dascadenza del termine costituiscono il 67% del totale con unincremento annuo del 4,1%; secondo le restanti motiva-zioni, risalta il dato sulla contrazione delle cessazioni per“cessazione di attività” (-26,8%), una tipologia che peròcomplessivamente riguarda una quota inferiore all’1% deglieventi registrati.

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nente. In Italia lo scenario è caratterizzato da marcate si-tuazioni di esclusione sociale, in forte aumento in partico-lare per quanto riguarda i giovani, da tendenzesegnatamente negative negli investimenti aggregati e neicomportamenti di consumo, da una perdurante bassa pro-duttività che si accompagna a stagnazione salariale, da no-tevoli disuguaglianze degli indicatori a livello di territori,settori, genere e nazionalità.L’analisi quantitativa delle perdite subite sul mercato dellavoro evidenzia tratti riassumibili in poche battute: fortidifferenze sia guardando alla tipologia di lavori che ai li-velli di istruzione dei lavoratori; un incremento dei con-tratti a termine che si accompagna all’allungamento deitempi necessari al passaggio dal tempo determinato altempo indeterminato; un aumento del tasso di attività chesi registra unicamente sotto forma di incremento del tassodi occupazione delle generazioni più anziane, soprattuttoper effetto dei recenti provvedimenti nel campo delle

politiche pensionistiche.Sotto il profilo quantitativo il rapporto segnala la perdu-rante centralità del ricorso alla cassa integrazione e la gra-vità dello squilibrio che le caratteristiche proprie di questostrumento – la concentrazione nell’industria e in aziendedi una certa dimensione – amplificano, rendendone scarsoil ricorso proprio nelle Regioni dove sarebbe più necessarioper il dilagare della disoccupazione. Questi aspetti, unita-mente ai noti vincoli posti alle politiche di bilancio chehanno ridotto le possibilità di nuovi finanziamenti, fannosì che si mantenga bassa la percentuale di popolazione sus-sidiata rispetto al totale delle persone in cerca di lavoro. Sul piano normativo, in una direzione seguita di recenteda altre economie cosiddette “periferiche” dell’area del-l’Unione Europea, dalla riforma Fornero in poi si è cercatodi modificare in senso meno restrittivo le regole sulla fles-sibilità in uscita, mentre in entrata si è ampliata la possi-bilità per le imprese di ricorrere allo strumento deicontratti a termine. Nuove forme di flessibilità in ingressosarebbero inoltre introdotte con l’imminente contratto atutele crescenti.Per quanto riguarda l’analisi del costo del lavoro, il rap-porto dedica ampio spazio alle opzioni che consentireb-bero tagli del cuneo fiscale, ponendo in luce lecaratteristiche necessarie a un sistema economico per nonsoccombere nel quadro della crescente competizione in-ternazionale (capacità di innovare e di incrementare laproduttività) e illustrando il passaggio - più chiaro negli

Stati Uniti ma di qualche esempio significativo anche in Eu-ropa - dalla delocalizzazione nelle economie emergenti ai se-gnali di reshoring.Quest’anno un approfondimento di taglio comparativo ri-guarda le politiche attive e, in particolare, il funzionamentodei servizi pubblici per l’impiego; dall’analisi emerge una gra-cilità del sistema italiano che sembrerebbe rendere - almenoin primissima battuta di difficile implementazione anche ilnuovo strumento europeo della “Garanzia giovani”. Ancora a livello europeo, dove si sottolinea da tempo la cen-tralità dell’accumulazione di capitale umano come elementostrategico a supporto del processo innovativo e più in gene-rale della crescita di produttività e competitività, il rapportodel CNEL mostra come negli ultimi dieci anni proprio il ri-corso al fattore “capitale umano” abbia subìto un vistoso ral-lentamento, con una sempre minore propensione delleimprese a formare il personale e a considerare discriminantepositivo della remunerazione un più alto livello di istruzionedel lavoratore. Attenzione merita infine il dato italiano sulla ridotta quota diimprenditori in possesso di istruzione di terzo grado; si trattadi una “povertà” che “depotenzia” il circuito positivo riscon-trabile in altre esperienze europee tra capitale umano in pos-sesso degli imprenditori, valorizzazione delle risorse umaneutilizzate dall’impresa, stabilità dei rapporti di lavoro in es-sere nell’azienda e, in ultima analisi, performance della stessaazienda.

Tiziano TreuPresidente della Commissione speciale dell’Informazione (III)

Il Presidente apre il suo intervento evidenziando lo schemainnovativo del Rapporto sul mercato del lavoro che, in questaedizione, ha preso in considerazione l’andamento delle varia-bili iniziando dal periodo pre-crisi, cercando di fare riferi-menti all’andamento di queste stesse variabili in Europa e,laddove possibile, nei Paesi OCSE, in modo da offrire una vi-sione di sistema e anche di prospettiva. Ringrazia i ricercatoridi REF e di ISFOL che hanno collaborato con la Commissionealla redazione del Rapporto, auspicando che possa essereutile al dibattito che si colloca in un momento difficile oltreche importante. Illustra poi sinteticamente con alcune slidesle principali questioni affrontate nel Rapporto, soffermandosisui punti ritenuti particolarmente significativi. Inizia dallaparte macroeconomica da cui emerge una divaricazione nel-l’andamento dell’occupazione e della disoccupazione a tuttosvantaggio dell’Europa rispetto all’area USA. Per definire ildeficit che ne è conseguito, connesso a diverse politiche eco-nomiche, cita il Ministro Padoan che ha sostenuto come perla ripresa della crescita non bastino politiche di bilancio ri-gorose, pure necessarie, ma occorrano politiche significative,ossia un “mix di politiche dell’offerta e della domanda”. Conriferimento alla crescita delle divergenze tra i Paesi conside-rati forti e meno colpiti dalla crisi e quelli dell’area mediter-ranea, definita “periferica”, come Spagna, Italia, Portogalloe Grecia che presentano un aumento delle diseguaglianze edelle povertà, sottolinea come l’Italia risulti essere tra quellipiù in difficoltà e, rispetto al pre-crisi, si sia impoverita siaper i consumi che per gli investimenti. In particolare, segnalail crollo degli investimenti qualitativi, importanti e finalizzati,specie di quelli in ricerca e sviluppo e la drammatica disegua-glianza tra Nord e Sud, nonché le retribuzioni stagnanti, labassa produttività e il crescente costo del lavoro per unità diprodotto che in altri Paesi o è stabile o addirittura in calo. Nelmercato del lavoro, le diversità oltre che territoriali sono da

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – De-creto Direttoriale n. 1709 dell’8 agosto 2014 – In-centivi all’occupazione per i giovani (pubblicatosul sito del Ministero il 2 ottobre 2014).

La Direzione generale per le politiche attive e passive dellavoro del MLPS precisa i criteri per la concessione degliincentivi all’occupazione previsti nell’ambito del Pro-gramma Operativo Nazionale dell’iniziativa europea oc-cupazione giovani 2014-2015. Gli incentivi in parolariguardano le assunzione effettuate nel periodo compresofra il 3 ottobre 2014 e il 30 giugno 2017, per un importocomplessivo di 188.755, 343 euro.

INPS – Circolare n. 100 del 2 settembre 2014:Legge n. 92 del 28 giugno 2012 “Disposizioni inmateria di riforma del mercato del lavoro in unaprospettiva di crescita”. Articolo 3, commi da 4 a47. Fondo di solidarietà residuale. Disciplina di fi-nanziamento.

L’Istituto individua il campo di applicazione e le modalitàgestionali del c.d. “Fondo residuale” di cui all’art. 3,comma 19, della L. 92/2012, destinato alla tutela del red-dito dei lavoratori dipendenti da imprese con più di quin-dici dipendenti che operano in settori esclusidall’applicazione della normativa in materia d'integra-zione salariale.

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Cir-colare n. 9 dell’11 settembre 2014: “Articolo 4,comma 2, decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54,convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio2013, n. 85. Decreto interministeriale sui criteri diconcessione degli ammortizzatori sociali in de-roga alla normativa vigente” .

La Direzione generale degli ammortizzatori sociali e degliincentivi all’occupazione del Ministero illustra nel detta-glio le disposizioni contenute nel decreto interministerialeLavoro-Economia del 1° agosto 2014. Si ribadisce che le ri-sorse destinate al finanziamento degli ammortizzatori so-ciali in deroga riguardano gli accordi stipulati (in sederegionale o governativa) dal giorno della pubblicazione deldecreto stesso sul sito del Ministero del lavoro e delle po-litiche sociali (ossia, dal 4 agosto 2014).

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Cir-colare n. 22 del 24 settembre 2014: “Articolo 3,comma 5, legge 12 marzo 1999, n. 68. Sospensionedegli obblighi occupazionali per i datori di lavoroche sottoscrivono accordi di incentivo all'esodo

previsti dall'articolo 4, commi da 1 a 7 ter, dellalegge 28 giugno 2012, n. 92”

La Direzione generale degli ammortizzatori sociali e degliincentivi all’occupazione del MLPS ritiene che la derogaall’obbligo di assunzione nei confronti dei lavoratori disa-bili sia applicabile anche nei casi in cui il datore di lavoroabbia sottoscritto accordi e attivato procedure di incenti-vazione all’esodo, in caso di esuberi di personale, secondole modalità previste dalla legge 92/2012, stanti le “evidentianalogie” di questa procedura con l’istituto della mobilitàrichiamato dall’art. 3, comma 5, della legge n. 68/1999.

Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Cir-colare n. 23 del 26 settembre 2014: “Istruzioni perla concessione delle riduzioni contributive, previ-ste dal Decreto del Ministro del Lavoro e delle Po-litiche Sociali, di concerto con il Ministrodell'Economia e delle Finanze del 07/07/2014, n.83312, per i contratti di solidarietà stipulati aisensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 30 otto-bre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni,dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863”.

Vengono fornite precisazioni in merito ai contenuti del de-creto interministeriale Lavoro-Economia del 7 luglio 2014,già ricordato in precedenza. Si forniscono indicazioni re-lative agli elementi da tener presenti per la concessionedelle riduzioni contributive: ambito soggettivo di applica-zione, modalità applicative della riduzione contributiva,modalità di presentazione della domanda da parte delleimprese, criteri per il rilascio del provvedimento di con-cessione del beneficio, accertamenti ispettivi.

Agenzia delle entrate – Risoluzione n. 87/e del 14ottobre 2014: “Agevolazioni fiscali in favore dellestart-up innovative e degli incubatori certificati”.

La Direzione Centrale Normativa dell’AdE, rispondendoad un interpello, fornisce chiarimenti sulla corretta inter-pretazione dei requisiti, previsti dall’art. 25, comma 2, let-tere da b) a g), del decreto-legge n. 179/2012, affinchéun’azienda possa definirsi start-up innovativa.

Decreto Ministero della giustizia, di concerto conil Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 24luglio 2014, n. 148: “Regolamento recante sgravifiscali e contributivi a favore di imprese che assu-mono lavoratori detenuti”.(G.U. n. 246 del 22-10-2014)

In attuazione degli articoli 3 e 4 della legge 22 giugno

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Sommario

□ Presentazione del rapporto CNEL 2013-2014 sul mercato del lavoro - CNEL, Sala Parlamentino,30 settembre 2014 - sintesi degli interventi:

- Antonio Marzano, Presidente CNEL;- Tiziano Treu, Presidente della Commissione speciale dell’Informazione (III);- Stefano Scarpetta, Director E.L.S.A. OCSE;- Serena Sorrentino, Segretaria confederale CGIL;- Luigi Sbarra, Segretario confederale CISL;- Antonella Pirastu, Dip. Politiche Territoriali UIL;- Corrado Mannucci, Segretario naz.le pensionati UGL;- Riccardo Giovani, R.ETE. Imprese Italia, Direttore relazioni sindacali Confartigianato Imprese;- Pierangelo Albini, Direttore R. I. Confindustria;- Paolo Pennesi, Segretario generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

□ Considerazioni conclusive del Presidente della Commissione speciale dell’Informazione (III) - sintesi

□ Il CNEL si pronuncia sul facility management

□ Focus

□ Politiche del lavoro: principali novità normative

□ Le valutazioni del CNEL sul disegno di legge di stabilità 2015

nuova serie, n. 4 - ottobre 2014 - notiziario trimestrale on-line

Cnel Notiziario sul Mercato del Lavoro

Il rapporto CNEL 2013-2014sul mercato del lavoro

Roma, 30 settembre 2014Lo scorso 30 settembre è stata presentata l’edizione2013-14 del rapporto che il CNEL dedica con periodicitàannuale al mercato del lavoro, in base a quanto disponel’art. 10, co. 1, lett. c), della legge 30 dicembre 1986, n.936. L’edizione di quest’anno presenta due novità di na-tura metodologica: il rapporto è stato elaborato da ungruppo di ricercatori di due diversi istituti (REF eISFOL), che hanno lavorato sulla base delle direttiveimpartite dalla Commissione speciale dell’informazione

Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Viale David Lubin, 2 - 00196 Roma - Tel. 06.36921

Il notiziario è consultabile su: www.cnel.it

II Ufficio di supporto agli Organi collegiali

trovano collocazione le dinamiche del lavoro nel periodoin esame. Il quadro evidenzia come in Europa le diver-genze siano aumentate piuttosto che ridursi, e come talicrescenti asimmetrie vadano in direzione opposta a quellanecessaria a rafforzare la coesione dei cittadini del conti-

Antonio Marzano Presidente del CNEL

Nella relazione di apertura, affidata come di consueto alpresidente Marzano, si pone in luce come il rapporto sicomponga di due parti. La prima offre un quadro sinteticodel contesto macroeconomico, anche internazionale, in cui

sione delle politiche di bilancio come strumento perma-nente di riqualificazione dell’apparato pubblico e riaffermache “i nodi” dell’economia italiana si devono risolvere inuna prospettiva di rilancio dell’Unione Europea attraversopolitiche più integrate, incluso il piano di ripartizione degliinvestimenti pubblici.Nell’ambito del ddl di stabilità il CNEL apprezza i provve-dimenti che delineano una politica di investimenti per losviluppo (pur riscontrando in alcuni casi il rischio di unaminore portata espansiva rispetto agli obiettivi dichiarati),come la reiterazione del bonus fiscale di 80 € per il 2015;gli interventi di riduzione del costo del lavoro (attraversola contrazione dei costi di produzione); gli incentivi per lastabilizzazione dei nuovi assunti; l’erogazione di incentiviautomatici a fronte di incrementi di spesa per ricerca e svi-luppo; le misure per superare le vischiosità delle proceduredi spesa determinate dal contenzioso amministrativo e/ogiudiziario e quelle correlate, del Patto di Stabilità Interno,per adeguare le capacità di spesa di Regioni ed Enti Localiin materia di opere pubbliche. Nel documento vengono inoltre analizzate le misure cheincidono sui meccanismi di redistribuzione del carico fi-scale e di recupero di evasione (avente un carattere mar-ginale e potenzialmente in grado di fornire risultati piùsignificativi); la revisione delle risorse destinate alle poli-tiche sociali e alla previdenza (colpita dall’aggravio dell’im-posizione sulle forme pensionistiche complementari); gliinterventi di controllo e riduzione della spesa delle Ammi-nistrazioni centrali, regionali e locali, (che andrebbero me-glio sostenuti attraverso una più rigorosa attuazione delleriforme istituzionali e una maggiore cooperazione tra i li-velli di governo); le risorse stanziate per i progetti ed i pro-grammi di ricerca industriale. Sulle politiche del lavoro il CNEL ribadisce la necessità diraccordare, in termini normativi e temporali, le misure diincentivazione del lavoro a tempo indeterminato previstein questa manovra con quelle derivanti dalla delega sullariforma del lavoro, in corso di esame parlamentare, al finedi evitare distorsioni e di garantire strutturalità e imme-diata operatività, ad iniziare dalla congruità delle risorsedestinate al finanziamento del Jobs Act e nonostante l’as-senza di stanziamenti per il nuovo sistema di ammortizza-tori sociali.Il CNEL apprezza inoltre la previsione dell’integrale dedu-zione dall’IRAP del costo complessivo sostenuto per il la-voro dipendente a tempo indeterminato, pur sottolineandoche i conseguenti benefici sui bilanci aziendali possonovenir inficiati dal contestuale ripristino dell’originaria ali-quota base. Rileva, inoltre, che l’esclusione dovrà essereestesa al lavoro stagionale in quei settori nei quali esso rap-presenta la forma ordinaria del rapporto di lavoro.

– III del CNEL, con la collaborazione dell’Ufficio. La se-conda novità è che si tratta di un rapporto di consilia-tura che prova ad andare oltre la dimensionecongiunturale, tracciando una sintesi delle trasforma-zioni che hanno interessato il mercato del lavoro negliultimi cinque anni, che è il periodo della “grande crisi”. Questo numero del Notiziario è dedicato all’illustra-zione, in sintesi, dei contributi offerti dai relatori inter-venuti nel corso della giornata di presentazione delrapporto, secondo l’ordine degli interventi. Il testo com-pleto del rapporto è reperibile su www.cnel.it, sezione“Documenti/Rapporti”.

Disegno di legge di iniziativa CNEL sui servizi integrati e di gestione degli immobili

L’Assemblea del CNEL ha approvato in via definitiva undisegno di legge sui servizi integrati e di gestione degli im-mobili. Il testo del disegno di legge nonché la relazione il-lustrativa sono consultabili sul sito www.cnel.it, sezione“Documenti / Disegni di legge”. Per maggiori approfondimenti, si veda a pag. 12.

Le valutazioni del CNEL sul disegno di legge di stabilità 2015

L’Assemblea ha approvato il documento di valutazionisulla Nota di aggiornamento del Documento di Economiae Finanzia 2014 e sul Disegno di Legge di Stabilità 2015(www.cnel.it, sezione “Documenti/oo.pp”), successiva-mente presentato dal Presidente Antonio Marzano in au-dizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato inseduta congiunta.Il CNEL evidenzia come le misure da adottare debbanoprioritariamente sostenere il sistema produttivo nei pro-cessi di ristrutturazione e nei recuperi di produttività e dicompetitività, dato atto che l’attuale situazione non è piùriequilibrabile attraverso automatici aggiustamenti delmercato. Sostiene, in particolare, la necessità di una revi-

2000, n. 193, recante «Norme per favorire l'attività' lavo-rativa dei detenuti», viene fissata la misura del creditod’imposta riconosciuto per gli anni 2013 e 2014 in favoredelle imprese che assumono per un periodo non inferiorea 30 giorni lavoratori detenuti o internati. Analogamente,viene fissata la misura del credito d’imposta in favore delleimprese che assumono lavoratori semiliberi provenientidalla detenzione o internati semiliberi. Il credito d’impo-sta è riconosciuto anche alle imprese che svolgono attivitàdi formazione, a condizione che essa comporti la succes-siva assunzione per un periodo minimo predeterminato,oppure che sia finalizzata a creare professionalità da im-piegare in attività lavorative gestite in proprio dall’ammi-nistrazione penitenziaria.

Decreto Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali 25 giugno 2014: “Determinazione del contin-gente triennale 2014-2016 per l’ingresso nelterritorio nazionale di cittadini stranieri per lapartecipazione a corsi di formazione professio-nale e a tirocini formativi”.(G.U. n. 254 del 31.10.2014)

Viene fissato un limite massimo di ingressi pari a 7.500unità per frequenza a corsi di formazione professionale (didurata non superiore a 24 mesi e organizzati da enti di for-mazione accreditati secondo le norme regionali vigenti) fi-nalizzati al riconoscimento di una qualifica o allacertificazione delle competenze acquisite, nonché a 7.500unità per lo svolgimento di tirocini formativi e d’orienta-mento promossi da soggetti individuati dalle discipline re-gionali.

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