CIVILTË DEL NATALE

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CIVILTÀ DEL NATALE

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CIVILTÀ DEL NATALE

Ecra

Italia della nostra gente

Fotografie

Pepi Merisio

Testo

Luigi Accattoli

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Ha collaborato all’ideazione e alle ripreseLuca Merisio

Coordinamento grafico-editorialeAndrea Giuffrè - Pepi Merisio

MarzioToncelli - Giuseppe Vannucci

Sono riservati, per tutti i paesi, i diritti di riproduzione,di traduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo.

© 2008 Ecra s.r.l. - Pepi Merisio s.a.s.

Finito di stampare nel settembre 2008da La Grafica - Cantù

Ecra - Edizioni del Credito Cooperativo

Via Lucrezia Romana, 41/47 - 00178 RomaTel. 0672079191 - Fax 0672079190

e-mail: [email protected] - internet: www.ecra.it

Sommario

9 Civiltà del NataleLuigi Accattoli

25 Tabula picta

49 Presepi storici

125 Il presepio vivo, oggi

237 Indice delle illustrazioni

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Il presepio viene dal Vangelo di Luca – che ha Maria eGiuseppe, il bimbo nella mangiatoia, gli angeli, i pastori– e dal Vangelo di Matteo che vi aggiunge gli indispensa-bili Magi. Ma un bell’apporto lo danno i Vangeli apocrificon l’asino e il bue, le due levatrici, il paiolo con l’acquacalda del bagnetto per il neonato e quasi tutto il resto.Narra il Protoevangelo di Giacomo (18, 2) che quando nac-que Gesù il mondo “improvvisamente” si fermò, ristetteun istante e subito “tutto riprese il suo corso normale”: ipresepi raccontano quell’istante di stupore cosmico. Allora l’aria fu “colpita da stupore”, apparve “ferma lavolta del cielo”, gli uccelli restarono “immobilizzati inpieno volo” e i capretti al fiume stettero “con la boccaaperta e non bevevano più”. Anche la vita degli umani sifermò un momento come in una foto: “Quelli che masti-cavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibonon l’alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portandoalla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti aguardare in alto; ecco delle pecore spinte innanzi che inve-ce stavano ferme”. Mi vengono in mente le magiche parole dell’apocrifoogni volta che guardo un presepio e mi piace pensare chel’immobilità che abitualmente lo caratterizza (odio i pre-sepi meccanici, automatici e semoventi) dipenda dal rac-conto del Protoevangelo, vera miniera per l’iconografiariguardante la nascita e l’infanzia di Gesù.Si dice che il presepio l’abbia inventato Francescod’Assisi ed è bello a dirsi perché il “poverello” fu un can-tore insuperabile della “benignità” e della “umanità” diNostro Signore che – come dice la Lettera di Paolo aTito, che si legge a Natale nella Messa dell’aurora – si

manifestarono a Betlemme: “Apparuit benignitas ethumanitas Salvatoris nostri”. La dolcezza del Natale rivelava in Francesco il giullare cheegli era nel profondo: “Quando voleva nominare CristoGesù, infervorato di amore celeste lo chiamava ‘il bambi-no di Betlemme’, e quel nome ‘Betlemme’ lo pronuncia-va riempiendosi la bocca di voce e ancor più di teneroaffetto, producendo un suono come belato di pecora. Eogni volta che diceva ‘bambino di Betlemme’ o ‘Gesù’,passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e a trattene-re tutta la dolcezza di quelle parole” (Vita prima diTommaso da Celano).Ma che Francesco sia all’origine del presepio è vero soloper il presepio vivente, non per quelli scolpiti, a bassori-lievo, a mosaico, istoriati sulle vetrate, dipinti e miniatiche già c’erano e che sono molto più antichi.Da Francesco comunque vengono molti elementi utilianche a chi voglia costruire un ordinario presepio in casa.La data in cui iniziare i lavori, per esempio, e l’importan-za che nella grotta vi sia del fieno. Francesco infatti perquella “devota celebrazione” che realizzò a Greccio lanotte del 24 dicembre 1223 si attivò per tempo: “Circadue settimane prima della festa della Natività, chiamò a séun uomo di nome Giovanni e gli disse: ‘Prepara quanto tidico perché vorrei rappresentare il Bambino nato aBetlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi delcorpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cosenecessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppiae come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello’ ”. Seguendo l’esempio di Francesco inizieremo dunque ilcoinvolgente lavoro per il nostro presepio tra l’8 e il 10

Civiltà del Nataledi Luigi Accattoli

Ecco ci è nato un Pargolo,Ci fu largito un Figlio:

Le avverse forze tremanoAl mover del suo ciglio:

All’uom la mano Ei porge,Che si ravviva, e sorge

Oltre l’antico onor.Alessandro Manzoni

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dicembre, ma solo alla vigilia collocheremo i personagginella scena: “Ora si accomoda la greppia, vi si pone ilfieno e si introducono il bue e l’asinello”, narra ancora ilCelano. Il Bambino, in quell’occasione, arrivò miracolo-samente: uno dei presenti “affermò di aver veduto, dentrola mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato,che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le brac-cia, sembrava destare dal sonno” (Leggenda maggiore diSan Bonaventura da Bagnoregio). Altro segno straordina-rio: “Il fieno della mangiatoia, conservato dalla gente,aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scaccia-re varie altre malattie”.Meno facile ai miracoli e meno scrupoloso rispetto allefonti francescane, io tendo a immaginare che Francescoabbia voluto proporre in quella “notte santa” una “sacrarappresentazione” della Natività, con la mangiatoia, l’asi-no e il bue e il fieno, ma forse anche una coppia diGreccio a fare Maria e Giuseppe e un bimbo piccolino dacollocare al momento giusto nella mangiatoia e che ilsanto – nel suo trasporto – prese in braccio al culminedella sua predica incentrata sulla parola Betlemme. Ma so bene che i biografi di Francesco più sobriamentesostengono che non vi fossero in quella notte attori cheimpersonassero Maria, Giuseppe e il Bambino; e inten-dono quella rappresentazione come un’integrazione deiriti natalizi, sul tipo dei “misteri” e delle “laudi dialoga-te”. In questa versione il “fanciullino” della visionesarebbe da intendere come un Gesù in legno coloratoche si anima e appare vivente quando Francesco lo strin-ge tra le braccia.Che si tratti di un gesto inserito nella liturgia è comun-que chiaro nelle fonti che ricordano come fosse lì unsacerdote che “celebrò solennemente l’Eucarestia sul pre-sepio” mentre Francesco “rivestito dei paramenti diaco-nali, perché era diacono, cantò con voce sonora il santoVangelo e poi parlò al popolo con parole dolcissime”. Sui rischi comportati dalle sacre rappresentazioni c’era-no divieti e denuncie, dunque i biografi antichi ebbero

cura di mettere ordine nella narrazione di quell’iniziati-va forse irregolare, tant’è che Bonaventura, nella citataLeggenda maggiore, si fa scrupolo di chiarire cheFrancesco “perché ciò [ovverosia quella sua inedita rie-vocazione della Natività, ndr] non venisse ascritto a desi-derio di novità, chiese e ottenne prima il permesso delsommo Pontefice”.Oltre a Tommaso da Celano e Bonaventura, tra le fontidi quel primo presepio vivente c’è l’affresco di Giottoche si trova a metà (è il tredicesimo su ventotto) del ciclofrancescano della Basilica superiore di Assisi. Pochi sifermano a vederlo, perché viene al termine della paretedi destra, dopo quello dell’estasi che fa sognare i riguar-danti e prima del miracolo della fonte che Francesco “fascaturire per dissetare un viandante”; ma un appassiona-to dei presepi non lo può perdere. Giotto ambienta lascena nel coro della chiesa del castello di Greccio, inve-ce che in una grotta. E fa celebrare quella messa su unaltare con tanto di ciborio, mentre dev’essersi trattato –secondo logica – di un “altare portatile”. Tant’è che laVita prima specifica che in seguito (sappiamo che fu nel1228) “quel luogo è stato consacrato al Signore e soprail presepio è stato costruito un altare e dedicata una chie-sa a onore di San Francesco”. Giotto dunque continua con gli aggiustamenti narratividi quel fatto innovatore. Ma mette in scena, secondo lefonti, un Francesco con la dalmatica di diacono, collocail bimbo e la mangiatoia in primo piano e davanti a essa– minuscoli – l’asino e il bue che a prima vista li prendiper due pecorelle, l’asino sembra anzi una capretta.

Greccio - che si trova in provincia di Rieti - è gemellatamanco a dirlo con Betlemme e offre ogni anno al visita-tore un presepio vivente di grande suggestione, che dal1973 impegna un centinaio di persone tra figuranti e tec-nici che mettono in scena quattro quadri. Nel primo, SanFrancesco alla cappelletta, si narra dell’arrivo del Santo sulmonte Lacerone dove si costruisce una capanna tra due

Casnigo (Bergamo). Santuario della Santissima Trinità, Cappella dell’Adorazione dei Magi, San Giuseppenell’abito degli Umiliati. Particolare di un gruppo in terracotta policroma (1540-1560).

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carpini nel luogo oggi chiamato “Cappelletta”. Nel secon-do, detto del Lancio del Tizzo, si vede il Santo che giungetra le case di Geccio e - sollecitato dai popolani - decidedi stabilire la sua dimora nel luogo dove andrà a cadere untizzo ardente che un fanciullo lancerà dalla piazza delpese. Nel terzo, Giovanni Velita a Fonte Colombo,Francesco incontra il signore del borgo, gli dice “se vuoiche celebriamo a Greccio il Natale di Gesù” e tutto il restoe quello “se ne andò sollecito ad approntare nel luogodesignato tutto l’occorrente”. Nel quarto riabbiamo lascena dipinta da Giotto, con la nascita del Bambinomostrato al popolo da San Francesco.A me è capitato di vedere il presepio vivente di Greccionel gennaio del 1983 e ricordo oltre ai bei costumi indos-sati dai figuranti anche un ottimo piatto di fregnacce allagrecciana: pasta fatta in casa, tagliata a rombi e conditacon pomodori, olive nere, zucchine, peperoni, funghi,tonno, peperoncino piccante. La Rievocazione storica delPrimo Presepio del mondo – così è denominata – si svolgeil 24 dicembre a partire dalle ore 22,45 e va in replica igiorni 26 dicembre, 1 e 6 gennaio alle 17,30 del pome-riggio. La più suggestiva delle repliche è quelladell’Epifania, quando la Rievocazione è preceduta da uncorteo in costume che va dal centro storico di Greccio alSantuario del Presepio.

Il mondo che “improvvisamente” si ferma quando nasceGesù mi venne in mente anche il 24 dicembre del 1982,quando per la prima volta fu “scoperto” in piazza SanPietro “il presepio del papa” con lì accanto un albero diNatale alto quattordici metri.Ma lì nel presepio del papa non tutto era immobile. Ilvento muoveva i mantelli dei due pastori e la lunga vestedi San Giuseppe, un po’ meno quella della Vergine ingi-nocchiata. “I vestiti sono veri!”, gridavano i bambiniarrampicati sulle transenne. Erano vere anche le arance, ilpane e le verdure che i due pastori portavano al Bambino.Un presepio in piazza San Pietro non si era mai visto. E

non fu l’unico che quell’anno volle il papa polacco: nefece mettere un altro in Basilica, anche quello per la primavolta, nella cappella del Coro che è la terza della navatasinistra. Questo secondo presepio da allora si è fatto ognianno come quello della piazza, ma sempre più piccolodell’altro e più tradizionale. Le figure di quella prima edi-zione erano “in legno dipinto, alte al vero, di fine esecu-zione” come informava un comunicato.Ricordo che quando lo visitai c’era un sottofondo di mu-sica polifonica. C’erano l’asino e il bue con il muso nellamangiatoia. In un’altra mangiatoia, sul davanti, era postoil Bambino. C’erano Maria e Giuseppe, due pastori equattro pecore al di là di sei vistosi vasi di felci.Il Bambino Gesù su quella mangiatoia ce lo mise il papa, lanotte di Natale. Finita la messa, mentre la folla cantaval’Adeste fideles (fedeli accorrete), Giovanni Paolo percorse inprocessione la Basilica, preceduto da un ragazzo e unaragazza lituani in costume che portavano il Bambino digesso in un cestino. Come fanno i parroci nelle loro chiese,il papa che era giovane e forte prese il Bambino dal cesto,salì sul palco del presepio e lo “depose” nella mangiatoia.Wojtyla deve aver detto: quest’anno voglio due presepi,uno in Basilica e uno nella piazza e nella piazza vogliopure un albero di Natale. Per la piazza fu incaricata ladirezione dei Musei, per la Basilica la Reverenda Fabbricadi San Pietro. E da allora sempre si è fatto così, nella piaz-za e in Basilica e il papa tedesco si fa piacere ciò che erapiaciuto a quello polacco: almeno tra i papi – che non sipossono pestare i piedi perché vengono uno dopo l’altro– regna la concordia. Ma quella “prima volta” l’impresa non fu da poco.“Occorreva realizzare in breve tempo un presepio didimensioni proporzionate alla grandiosità della piazzaberniniana”, raccontò Carlo Pietrangeli, direttore – allo-ra – dei Musei vaticani. Quello era un papa dalle pensa-te rapide: cento ne pensava e cento ne faceva. Spesso,ovviamente, le faceva fare. E qualche volta il tempomancava. Anche quella dei presepi era stata un’idea del-

Loreto (Ancona). Santuario della Santa Casa, Adorazione dei Re Magi di Raffaello di Montelupo (sec. XVI).

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avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché nonc’era posto per loro nell’albergo” (2,7). Ma poi il simboloprevale sulla realtà e presepio diventa sinonimo di umile,come attesta il Manzoni: “La mira Madre / in poveripanni il Figliol compose / e nell’umil presepio / soave-mente il pose”. Persino Caterina da Siena, che pure era donna senza pre-tese, domandava: “Or non vedete voi Cristo poverello,umiliato in un presepio?” Come niente c’è chi esagera evitupera gli incolpevoli bue e asino, descrivendo “già nelpresepio il redentore accolto, / venerato da due vili ani-mali” (Bernardo Pulci, La rappresentazione di Barlaam eIosafat, LXXXVIII). Giovanni Papini con il caratteraccio che si ritrova inCristo e gli animali arriva a farli parlar male di sé, sem-pre per amore di Cristo, si capisce: “Per quale mistero [ilBambino] ha voluto cominciare la sua vita qui, in que-sto presepio sconnesso, destinato ai nostri musi fameli-ci?” A me dispiace quando gli umani si lamentano trop-po di cose che in qualche modo funzionano e diconoper esempio “questa brutta casa”, non apprezzo dunqueche vengano attribuiti tali sentimenti del peggio a queimiti animali che furono di aiuto a Gesù. Ma d’altraparte non posso non apprezzare il Papini che, facendoparlare l’asino e il bue, ha dato seguito al proverbiotanto diffuso nelle mie Marche che dice: “La notte diNatale tutte le bestie sanno parlare”.Io non condivido quel vezzo letterario che esalta l’u-miltà della mangiatoia: considero il presepio un luogonobile, vedo alto il destino di chi l’abita e faccio ognionore al bue e all’asino, sia quelli della grotta sia quel-li che trovo in mezzo alle strade quando vado in vacan-za per i monti. Tra tutti i poeti mi ritrovo soprattuttoin David Maria Turoldo, che nasce contadino comeme e che così la mette nella poesia Ma quando facevoil pastore, che è del 1963: “Mia madre era parente /della Vergine, / tutta in faccende, / finalmente serena./ Io portavo le pecore fino al sagrato / e sapevo d’esse-

re uomo vero / del tuo regale presepio”. Ma che avete capito poeti miei pigrissimi: il presepio è“regale” non “umile”. Magari starci dentro anche soloun momento!

Io non ci sono nato in una stalla ma quasi. La mia gene-razione segna la fine – qui da noi – dell’umanità che cre-sceva con le mucche, le pecore, gli asini e i maiali e l’ini-zio di quella che cresce con i computer. Ma Gesù, cheMaria avvolge in fasce e mette nella mangiatoia, non puòappartenere all’umanità del passato e anche da qui si puòvedere l’importanza del presepio che io penso sia destina-ta a crescere a mano a mano che ci allontaniamo dalla vivamemoria del bue domestico. Perché quel Bambino nellagreppia bisognerà sempre raccontarlo.Sono nato nella camera da letto dei miei genitori che erasopra la stalla, perché si sentisse subito se una bestia si spa-ventava o doveva partorire. Per fare presto a scendere daloro – e anche perché il loro fiato un poco ci scaldasse –c’era una botola di legno nel pavimento: la sollevavi eandavi giù per una scala di legno. Considero la più grande risorsa della mia vita – alla qualeattingere nelle grandi necessità – quegli undici anni cheho vissuto in una casa che ospitava insieme uomini e ani-mali. Le mucche erano per il contadino le “bestie” in asso-luto, le bestie e basta. Partorivano nella sua casa, davanoil latte alla sua famiglia, gli offrivano un ambiente caldodove passare le serate d’inverno. Io le ho passate quelle serate nella stalla respirando ilcaldo degli animali proprio come Gesù nel presepio.Una volta una delle mucche chiamata Cimarè – perchétutte avevano un nome, come i cristiani – mi diede uncalcio che ero un frugolo e gli razzolavo tra le zampe.Dovevo avere tre anni, è uno dei ricordi più vecchi. Mispalmarono del letame sulla testa a modo di impiastro –assicuravano i vecchi che era adattissimo alla bisogna –e mi misero a dormire prima del solito. Nessuno se laprese con la mucca. Ricordo d’aver visto al Sacro Monte

di Varallo una Natività con l’asino e il bue e il fienonella greppia, e lì accanto Maria che sta cambiandoGesù: ecco, nella mia stalla ne ho viste in quantità discene come quella.

Per chi è nato contadino ed è stato a veglia nelle stalle, l’a-sino e il bue vengono per primi in un presepio, se consi-deriamo Gesù – com’è ovvio – fuori dalla gara. Dopo l’a-sino e il bue metto il muschio: senza muschio il presepioresta freddo. E che tepore invece si sentiva stando accantoa un presepio di grandi dimensioni che vidi a Padova ametà degli anni ’80 del secolo scorso – ma immagino lofacciano ancora – nella Basilica del Santo: ricco di muschioe di paglia e di fieno e c’era là in mezzo una calda muccaruminante, che riempiva la scena e ti ammaliava con ilmovimento della bocca chiusa impegnata nella ruminazio-ne. Inghiottiva, sostava e riprendeva. Io sono contrario aipresepi mobili ma approvai la mucca ruminante.Al muschio do l’importanza che Francesco e GiovanniVelìta diedero – se ho ben capito – al fieno, quella primavolta a Greccio. Su ogni altro elemento del nostro prese-pio domestico, il muschio ha il vantaggio della verità,purché sia muschio verace, staccato con una paletta dallaterra, dai tronchi e dalle pietre di un qualche sentiero dimontagna o di campagna, o anche acquistato dal fioraio,ma non muschio sintetico o essiccato. La verità delmuschio può essere accompagnata da quella di fascine elegnetti per il fuoco, ghiande e pigne, pietre e rametti asimulare piccole piante. Per terzo tra gli elementi decisivi perché io ami un presepio,dopo l’asino e il bue e dopo il muschio, metto le strade:tracciate possibilmente con vera ghiaia, partenti da case evillaggi, convergenti in qualche modo alla grotta o capanna.Il muschio mi fa sentire vero il suolo che ricopre, le strademi fanno vero il paesaggio. Come quello che vedevo dallacollina su cui poggiava la mia casa natale, innervato da stra-de che andavano a settentrione verso Osimo e a mezzogior-no verso Recanati. Paesaggio da presepio se mai ve ne fu.

Non mi dicono nulla e scappo subito quando incappo inpresepi post-moderni, con tralicci e parabole tv, carri arma-ti e filo spinato, le kefià e le kipà. Ne vidi a Napoli uno conTotò ed Eduardo appoggiati a un trespolo da bar con i bic-chieri in mano. Un altro a Roma nel 1989 con Gorbaciove papa Wojtyla che si erano appena incontrati in Vaticano.Nei negozi di San Gregorio Armeno, in Napoli, vidi nel-l’ottobre del 2007, in occasione della visita del papa, sta-tuine con Benedetto XVI, il patriarca di Costantinopoli e ilpresidente Napolitano che erano tutti e tre per l’occasionein città. Nel volume Compendio di storia del presepio,dell’Associazione amici del presepio che già conosciamo, hotrovato la foto di un Presepio multiconfessionale realizzato daGabriella Fornaciari (Bologna), così descritto: “Attorno allaNatività si raccolgono in preghiera il papa, il Dalai-Lama,un esponente musulmano e uno ebraico”.Odio il presepio parabola e il presepio allegoria. I bambi-nelli poggiati su un’incudine o che occhieggiano dall’oblòdi un’astronave. Certi presepi desolati, con i personaggi inabiti moderni, senza muschio e senza grotta, mi danno l’i-dea che per tanti oggi, davvero, “i cammelli hanno perso/ la strada della stella” come cantava ultimamente il poetaGiovanni Cristini (Se la capanna è vuota, 1995).Anche i presepi multietnici mi lasciano freddo, nonostan-te la simpatia con cui sono stati accolti da Gianni Rodarinella filastrocca “Il pellerossa nel presepe”: “Il pellerossacon le piume in testa / e con l’ascia di guerra in pugnostretta, / com’è finito tra le statuine / del presepe, pastorie pecorine, / e l’asinello, e i maghi sul cammello, / e lestelle ben disposte, / e la vecchina delle caldarroste?”Il mio presepio non deve avere luci elettriche, intermit-tenti o colorate o sfumanti a fare l’alba e il tramonto. Amola penombra in cui si perdono le stradine e le ultime casedel villaggio, o la mezza luce che fa di un sasso una rocciae di un rametto un albero. Al mio presepio basta una can-dela, accesa per qualche minuto la sera e spostata di unpoco ogni tanto a muovere le ombre, perché io mi perdanella sua raggiante oscurità.

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Tabula picta

1. Clusone (Bergamo). Oratorio dei Disciplini, Natività di autore ignoto del 1471.

L’immensità del cielo è una capanna,il sogno delle rose rosse: il vero

che da ogni dove adesso dice osanna.Il sogno delle rose nere, il nero

che si trasforma in una ninnananna:il sogno del tuo sogno, il tuo mistero.Tu che sei solamente una bambina.

Ma che sei il sole e il cielo una collina.Aldo Nove

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2. Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio. Particolare della Adorazione dei Magi del 1487, nell’Ospedaledegli Innocenti a Firenze.3. Sandro Filipepi detto il Botticelli. Adorazione dei Magi del 1501, nella National Gallery di Londra.

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Presepi storici

27. Greccio (Rieti). Altare della Natività nel Convento di San Francesco.

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28-31. Roma. Basilica di Santa Maria Maggiore. Il presepio di Arnolfo Di Cambio (1288) ora conservato nel Museo,prima nella Cappella del Santissimo Sacramento (autorizzazione concessa dalla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore,Stato della Città del Vaticano).Nelle pagine seguenti: 32. Loreto (Ancona). Grande rilievo in marmo dell’Adorazione dei pastori (1513-1527) di AndreaContucci detto il Sansovino, che ha modellato qui una delle scene più vive tra i capolavori lasciati sulle pareti della Santa Casa.

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177-178. Cesenatico (Cesena-Forlì). Il Presepio della Marineria si svolge ogni anno nello splendido scenario del PortoCanale leonardesco. I personaggi animano scene variopinte a bordo delle tradizionali imbarcazioni del mare Adriatico:bragozzi, battane, lance, trabaccoli, paranze e barchét.

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202. Vipiteno (Bolzano). Fra le varie manifestazioni del periodo natalizio, in Alto Adige si organizza neiprincipali centri il Calendario dell’Avvento: ogni sera una finestra di un palazzo viene aperta tra canti di “piccoliangeli”. 203. Bolzano Le finestre del Palazzo Max Valier.Nelle pagine seguenti: 204. Bolzano. Mercatini di Natale in piazza Walter, all’ombra della Cattedrale di SantaMaria Assunta.

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210-211. Bressanone (Bolzano). Mercatini di Natale in piazza Duomo.

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A Betlem i pastori passavano la notte nei campi.L’angelo di Dio annunziò lorola nascita dell’ Emmanuele.

La gloria del Signore illuminò i pastori.E l’angelo disse loro: non temete.

Antifona di Natale del VII secolo274

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275. Città del Vaticano. Atmosferanatalizia nella spettacolare cornice dipiazza San Pietro.

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Indice delle illustrazioni

17. Loreto (Ancona). Fuga in Egitto del

Pomarancio.

18. Cantù (Como). Adorazione dei Magi.

19. Cantù (Como). Adorazione dei Magi del

Fiammenghino.

20-22. Lodi. Figure del presepio di Francesco

Londonio.

23. Aldo Carpi. Natività con i Magi.

24. Floriano Bodini. Natività.

25. Trento Longaretti. Natività all’antica.

26. Salvatore Fiume. Natività con i Magi.

Presepi storici27. Greccio (Rieti). Convento di San Francesco.

28-31. Roma. Basilica di Santa Maria Maggiore.

32. Loreto (Ancona). Santa Casa.

33-34. Urbino (Pesaro-Urbino). Oratorio di San

Giuseppe.

35-36. Pietrasanta (Lucca). Volta del Duomo.

37. La Verna (Arezzo). Convento della Verna.

38. Matera. Duomo, Cappella dell’Annunziata.

39-44. Matera. Duomo, Cappella del Presepio.

45-46. Altamura (Bari). Cattedrale di Santa Maria

Assunta.

47-49. Polignano a Mare (Bari). Chiesa Matrice.

50-51. Lecce. Duomo.

52-56. Lecce. Chiesa di San Giovanni.

57. Roma. Chiesa dell’Ara Coeli, Cappella di

Sant’Elena.

58. Catania. Bambinello.

In copertina: Roma, il presepio di Arnolfo di Cambio.In quarta di copertina: Sacro Monte di Oropa, Angeli.

pagina 11. Casnigo (Bergamo).

pagina 12. Loreto (Ancona).

pagina 15. Pisa.

pagina 16. Napoli.

pagina 20. Napoli.

Tabula picta1. Clusone (Bergamo). Natività.

2. Il Ghirlandaio. Adorazione dei Magi.

3. Il Botticelli. Adorazione dei Magi.

4-5. Giusto De Menabuoi. Annunciazione.

6. Giotto di Bondone. Fuga in Egitto.

7. Paolo Uccello. Adorazione del Bambino.

8. Leonardo da Vinci. Adorazione dei Magi.

9. Il Perugino. Epifania.

10. Il Caravaggio. Natività.

11. Boves (Cuneo). Natività.

12. Boves (Cuneo). Annuncio a Gioacchino.

13. Giovan Domenico Lombardi. Adorazione dei

pastori.

14. Lucca. Cofanetto fiammingo.

15. Pescia (Pistoia). Predella con scena della

Natività.

16. Sarzana (La Spezia). Adorazione dei pastori.

237.

MARIALei era una bambina che qualunque collina

avrebbe voluto avere come sole.Da tempo immemorabile era bella.

E più che una bambina era una stella.Più di una stella era qualunque cosa.Più di qualunque cosa era amorosa,più di qualunque amore decorosa:

di tutto l’universo era la sposa.Aldo Nove

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59. Milano. Bambinello.

60. Pescia (Pistoia). Teca con Sacra Famiglia.

61. Greccio (Rieti). Bambinello.

62-64. Urbino (Pesaro-Urbino). Bambinelli.

65-66. Caserta. Il presepio della Reggia.

67. Mercogliano (Avellino). Santuario di

Montevergine.

68-74. Napoli. Certosa di San Martino. Presepio

Cuciniello.

75-76. Napoli. Presepi settecenteschi.

77. Napoli. Monastero Santa Chiara.

78-90. Napoli. Figure del presepio settecentesco.

91. Roma. Chiesa di San Marcello al Corso.

92-93. Roma. Basilica dei Santi Cosma e Damiano.

94. Rivolta d’Adda (Cremona). Casa parrocchiale.

95. Treviglio (Bergamo). Collegiata di San Martino.

96. Valdidentro (Sondrio). Natività a Premadio.

97. Appiano sulla Strada del Vino (Bolzano). Natività

a Riva di Sotto.

98. Morbegno (Sondrio). Santuario dell’Assunta.

99. Grosio (Sondrio). Ancona della Natività.

100-101. Mortara (Pavia). Ancona di San Giuseppe.

102. Casnigo (Bergamo). Santuario della Santissima

Trinità.

103. Varese. Sacro Monte, Cappella della Natività.

104-105. Oropa (Biella). Sacro Monte, Cappella della

Natività.

106-107. Varallo (Vercelli). Sacro Monte.

108-110. Varallo (Vercelli). Cappella dell’Adorazione dei

pastori.

111-112. Varallo (Vercelli). Cappella dei Re Magi.

113-117. Bressanone (Bolzano). Palazzo dei Vescovi.

Il presepio vivo, oggi.118. Ortisei (Bolzano). Natale.

119-120. Lecce. Bottega di Mario Epicochi.

121. Lecce. Bottega di Mario Di Donfrancesco.

122-134. Lecce. Botteghe.

135-137. Grottaglie (Taranto). Bottega di Mimmo Vestita.

138. Caltagirone (Catania). Presepio ottocentesco.

139-144. Napoli. Via San Gregorio Armeno, (141-142) le

botteghe Tirri e Capuano, (143) di Giuseppe

Ferrigno e (144) di Giuseppe e Luigi Cesarini.

145-146. Napoli. Via San Gregorio Armeno. Bottega Tirri

e Capuano.

147-151. Napoli. Via San Gregorio Armeno.

152-155. Quarrata (Pistoia). Presepi moderni.

156. Colonnata (Carrara). Presepio di Beniamino

Bombarda

157. Prosto di Piuro (Sondrio). Bottega di Roberto

Lucchinetti.

158-164. Lignano Sabbiadoro (Udine). Presepio di sabbia.

165-166. Jesolo (Venezia). Presepio di sabbia.

167-171. Rimini. Presepio di sabbia

172-176. Murano (Venezia). Presepi di vetro.

177-181. Cesenatico (Cesena-Forlì). Porto Canale.

182-183. Milano. Presepio di carta.

184. Pozzuolo Martesana (Milano). Chiesa di San

Francesco.

185. Cantù (Como). Merletto della Natività.

186-193. Crema (Cremona). Presepio dei Sabbioni.

194. Spoleto (Perugia). Convento dei frati

cappuccini.

195-196. Boves (Cuneo). Convento di Santa Chiara.

197. Boves (Cuneo). Laboratorio di Aldo Pellegrino.

198. Boario Terme (Brescia). Laboratorio Artigianato

Camuno.

199-200. Almenno San Bartolomeo (Bergamo). I presepi

di Rota Nodari.

201. Verona. Rassegna internazionale del presepio

nell’Arena.

202. Vipiteno (Bolzano). Calendario dell’Avvento.

203. Bolzano. Palazzo Max Valier.

204-208. Bolzano. Mercatini in Piazza Walter.

209. Bolzano. Via dei Portici.

210-211. Bressanone (Bolzano). Piazza Duomo.

212-213. Vipiteno (Bolzano). Piazza Città.

214. Val Gardena (Bolzano). Laboratorio di Oswald

Rifesser a Ortisei.

215-218. Val Gardena (Bolzano). Presepi.

219. Ortisei (Bolzano). Laboratorio di Georg Demetz

da Pilat.

220. Cavalese (Trento). Laboratorio di Marco Nones.

221. Segozzano (Trento). Laboratorio di Egidio Petri.

222-226. Ortisei (Bolzano). Mostra dei presepi.

227-229. Città del Vaticano. Piazza San Pietro, Mostra nel

Braccio Carlo Magno.

230-231. Chiari (Brescia). Villa Giordano-Scalvi.

232. Olbia (Olbia-Tempio). Presepio in terracotta.

233. Ercolano (Napoli). Presepio in corallo.

234-235. Salerano sul Lambro (Lodi). Cascina Vistarina,

Museo del presepio.

236. Ponte San Pietro (Bergamo). Presepio sul fiume

Brembo.

237-239. Ponte San Pietro (Bergamo). Mostra di diorami.

240. Manarola (La Spezia). Cinque Terre.

241. Spriana (Sondrio). Scilironi.

242-244. Lanzada (Sondrio). Frazione di Vetto.

245-253. Mantova. Rione di San Biagio.

254-256. Robecco sul Naviglio (Milano). Villa Archinto.

257-258. Milano. Processione dei Re Magi.

259-261. Agliate (Milano). Complesso di San Pietro.

262-263. Genga (Ancona). Colle del Castello a Precicchie.

264-274. Genga (Ancona). Gola di Frasassi.

275. Città del Vaticano. Piazza San Pietro.

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Si ringraziano persone ed enti che hanno collaborato alla realizzazione di questo volume e in particolare:Giuliana Boccadamo, per i preziosi suggerimenti sul presepio napoletano, Damiano Calloni, Egidio Casarola, Tino Cazzulani, Attilio Fini, Paolo Furia, Marco Mazzoleni, Angelo Micello, Bruno Ongaro, Marco Pasini,

Loris Pozzati, Sergio Pretelli, Uta Radakovich, Peter Righi, Jolanda Senoner, Luigino Sommaggio.

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