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Fisica per la scuola superiore
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7.12 Calore specifico
Il calore specifico di una sostanza è definito come la quantità di calore necessaria per innalza-
re la temperatura di una unità di massa di 1 ºC o equivalentemente 1 °K e si misura in
Kkg
J
o in
Cg
cal
.
Una grandezza analoga è il calore molare, definito come la quantità di calore necessaria per aumen-
tare di 1 kelvin (K) la temperatura di una mole di sostanza, l'unità di misura SI (Sistema internazio-
nale di unità di misura) è il J / (mol × K).
Esistono svariati modi per esprimere il calore specifico di una sostanza, poiché esso dipende dalla
trasformazione termodinamica a cui tale sostanza è sottoposta. In generale si utilizzano due valori,
riferiti a una trasformazione isobara (stessa pressione) oppure isocora (stesso volume): il calore
specifico a pressione costante, simboleggiato con pc , e il calore specifico a volume costante, vc .
Sebbene i solidi e i liquidi siano poco dilatabili, la differenza tra pc e vc non è trascurabile: infatti,
per i solidi è
05,1
v
p
c
c
per il solidi (20)
mentre per i liquidi in molti casi è
per i liquidi (21)
ma si hanno anche liquidi con .
Quindi conoscendo il calore specifico a pressione costante, utilizzando la tabella di appena vista, è
possibile calcolare il calore specifico a volume costante, utilizzando le formule:
05,1
p
v
cc
per il solidi (22)
mentre per i liquidi:
2,1
p
v
cc
per i liquidi (23)
2,1v
p
c
c
5,1v
p
c
c
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Sostanza Stato pc (Kkg
J
) pc (
Cg
cal
)
Alluminio solido 880 0,210
Acciaio inox solido 502 0,120
Acqua liquido 4186 1,000
Acqua (Ghiaccio) solido
(0 °C) 2090
0,499
Aria (secca) gassoso 1005 0,240
Aria (100% umidità relativa) gassoso ~ 1030 0,246
Azoto gassoso 1042 0,249
Diamante solido 502 0,120
Elio gassoso 5190 1,240
Etanolo liquido 2460 0,588
Ferro solido 444 0,106
Glicerina liquido 2260 0,540
Grafite solido 720 0,172
Idrogeno gassoso 14435 3,448
Mercurio liquido 139 0,033
Olio liquido ~ 2000 0,478
Ossigeno gassoso 920 0,220
Oro solido 129 0,031
Ottone solido 377 0,090
Piombo solido 130 0,031
Rame solido 385 0,092
Silice (fuso) solido 703 0,168
Silice gassoso 2020 0,483
Stagno solido 228 0,054
Zinco solido 388 0,093
Condizioni standard (salvo diversa indicazione).
Per i solidi il valore coincide col calore specifico a volume costante
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7.13 Capacità termica di un corpo
Si definisce capacità termica di un corpo il prodotto tra il calore specifico c e alla massa m del
corpo:
cmC (24)
Analogamente, la capacità termica è proporzionale al calore specifico molare e al numero di
moli n.
È interessante notare come avremmo potuto introdurre dapprima la grandezza calore specifico C e
di qui definire il calore specifico c, operando nel seguente modo:
Def. Alternativa Capacità termica: la capacità termica di un corpo è la grandezza C misura quanta
energia è necessaria per aumentare di 1K (o di 1°C) la temperatura di un corpo.
ra temperatudi variazione
ceduta o assordiba calore di quantità Ctermicacapacità
T
Q
(25)
Def. alternativa calore specifico: il calore specifico di una sostanza è uguale alla sua capacità ter-
mica divisa per la sua massa, esprime la quantità di energia necessaria per variare di un K la tempe-
ratura di un kg di una determinata sostanza.
massa
specificocalore termicacapacità
ovvero m
Cc
(26)
7.14 Legge fondamentale della calorimetria
Unendo insieme le relazioni (27) e (28) è possibile ricavare la quantità di calore Q trasmessa ad un
corpo, ottenendo:
TcmQ (27)
e si misura in Joule o in calorie a seconda delle unità di misura scelte per esprimere il calore speci-
fico (se Kkg
J
o
Cg
cal
)
che esprime il fatto che trasmettendo ad un corpo di massa m una certa quantità di calore Q, questa
induce una variazione di temperatura T direttamente proporzionale ad essa e dipendente comun-
que dalla sostanza che riceve tale calore, espressa attraverso il calore specifico c.
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7.15 Temperatura di equilibrio
Abbiamo visto che, per poter misurare la temperatura di un corpo con un termometro, si sfrutta, ol-
tre alla dilatazione termica, anche l'equilibrio termico. In questa paragrafo vogliamo sfruttare la leg-
ge fondamentale della termologia per andare a calcolare la temperatura d'equilibrio a cui arrivano
due corpi quando li poniamo a contatto tra loro.
con 12 TT
L'equilibrio termico ci dice che il corpo più caldo, inizialmente posto a una temperatura T2 cede
parte del suo calore al corpo più freddo, inizialmente a temperatura T1. Si arriva così a una situa-
zione finale in cui entrambi i corpi si trovano alla stessa temperatura di equilibrio Te.
In base alla legge fondamentale della termologia il calore ceduto dal corpo più caldo risulta:
2222 TTcmQ e (28)
Siccome la temperatura di equilibrio Te è minore rispetto alla temperatura iniziale T2 avremo che
02 Q (29)
ossia il calore ceduto è un numero negativo.
Viceversa, il corpo più freddo passa dalla temperatura T1 a una temperatura maggiore Te e pertanto
il calore assorbito è dato da:
1111 TTcmQ e (30)
Siccome la temperatura di equilibrio Te è maggiore rispetto alla temperatura iniziale T1 avremo che
Massa 1m
Temperatura eT
Massa 2m
Temperatura eT
Massa 1m
Temperatura 1T
Massa 2m
Temperatura 2T
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01 Q (31)
considerando che il calore ceduto dal corpo più caldo e quello assorbito da quello più freddo devono
coincidere per il principio di conservazione dell'energia, deve risultare:
21 QQ (32)
Dal momento che Q2 è un numero negativo, nel calcolarne il valore assoluto dobbiamo cambiare il
suo segno. Otteniamo pertanto un'equazione di primo grado nell'incognita Te che possiamo andare a
risolvere per ottenere la temperatura d'equilibrio:
111222 TTcmTTcm ee (33)
da cui risolvendo otteniamo la temperatura di equilibrio:
2211
222111
cmcm
TcmTcmTe
(34)
Cerchiamo di analizzare ora alcuni casi particolari della formula ottenuta.
1° caso Supponiamo che la massa del corpo più caldo sia molto maggiore della massa del corpo a tempera-
tura minore, ossia
12 mm
In questo caso possiamo trascurare tutti i termini che contengono m1 perché saranno molto più pic-
coli dei termini che contengono m2. Otteniamo così con buona approssimazione come temperatura
di equilibrio
2
22
222 Tcm
TcmTe
(35)
La temperatura di equilibrio coincide pertanto con la temperatura del corpo con massa maggiore.
Questo è quanto avviene nel caso della misura della temperatura di un paziente con il termometro
clinico.
2° caso Altro caso particolare è quello in cui mettiamo a contatto due masse uguali
12 mm
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della stessa sostanza, quindi
ccc 12 se stessa sostanza
In questo caso ci aspettiamo che la temperatura d'equilibrio risulti essere la media aritmetica delle
due temperature e infatti:
2
21
11
2111
2211
222111 TT
cmcm
TcmTcm
cmcm
TcmTcmTe
Per concludere, osserviamo come la formula per la temperatura di equilibrio Te sia una conseguenza
diretta della legge fondamentale della termologia dove compaiono solo delle variazioni di tempe-
ratura. Ora, le variazioni di temperatura in gradi Kelvin e in gradi Celsius sono numericamente u-
guali tra loro, pertanto la formula per la temperatura di equilibrio è valida sia nel caso in cui le tem-
perature sono espresse in gradi Kelvin sia nel caso in cui le temperature sono espresse in gradi Cel-
sius.
7.16 Il calorimetro
Un calorimetro è un dispositivo utilizzato in calorimetria per mi-
surare il flusso di calore durante una trasformazione, come calori
specifici, calori latenti e di fusione/ebollizione. Se il calorimetro è
formato da una miscela di due fasi di una stessa sostanza, esso è
detto isotermico. Un calorimetro consiste in un termometro attac-
cato ad un contenitore metallico pieno d'acqua sospeso su una
fonte di calore.
Il calorimetro delle mescolanze (o ad acqua, o di Regnault) è co-
stituito da un vaso di Dewar in cui viene versata dell'acqua e, suc-
cessivamente, la sostanza in esame; all'interno del calorimetro è
posto un termometro e un agitatore. Il calore specifico della so-
stanza viene dedotto dalla variazione di temperatura dell'acqua: a
causa della non nulla capacità termica del calorimetro è necessario introdurre un equivalente in ac-
qua del calorimetro, che tenga conto del calore assorbito o ceduto da esso durante la misura.
Il calorimetro delle mescolanze è il tipo di calorimetro più impiegato per scopi didattici.
Il calorimetro a ghiaccio (o di Lavoisier e Laplace) è un calorimetro isotermico formato da tre re-
cipienti concentrici: nel più interno si colloca il corpo in esame; in quello intermedio il ghiaccio; in
quello più esterno si colloca dell'altro ghiaccio che ha la funzione di isolante, evitando che il calore
dell'ambiente esterno sciolga il ghiaccio del recipiente intermedio. In base alla quantità d'acqua che
fuoriesce dal recipiente intermedio mediante un apposito condotto si può misurare il calore fornito
dal corpo nel contenitore più interno, ed eventualmente calcolarne il calore specifico.
Il calorimetro di Bunsen è un calorimetro isotermico formato da un recipiente contenente acqua
distillata, il cui fondo è connesso ad un tubo ripiegato a U contenente mercurio e terminante in un
capillare. Una provetta, sulla quale è stato precedentemente fatto formare uno strato di ghiaccio, è
posta all'interno del bagno d'acqua. Inserendo il corpo in esame la quantità di ghiaccio all'esterno
della provetta può aumentare o diminuire in relazione al calore assorbito/ceduto dal corpo. La quan-
tità di calore scambiato è quindi ottenuta a partire dalla variazione di volume dell'acqua, misurata
dall'altezza del mercurio nel capillare.
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7.17 Equivalenza tra lavoro e calore
Il fisico inglese James Prescott Joule, tramite una
famosa esperienza (1850) con uno strumento deno-
minato "mulinello di Joule", effettuò una misura pre-
cisa dell'equivalente meccanico della caloria, otte-
nendo un valore molto preciso per quei tempi (anche
grazie all'ottima lavorazione dello strumento effet-
tuata dal meccanico aiutante di Joule).
Per mezzo di tale esperimento Joule determinò un
valore dell'equivalente meccanico del calore pari a
4,18 J/cal, valore di straordinaria precisione per i
tempi.
In seguito, tramite altre e più sofisticate esperienze
di elettromagnetismo, si pervenne al valore di 4,1855
J/cal.
Grazie a queste sperimentazioni Joule dimostrò che calore e lavoro meccanico potevano convertirsi
direttamente l'uno nell'altro, mantenendo però costante il loro valore complessivo: nelle macchine
idrauliche e meccaniche gli attriti trasformano la potenza meccanica perduta (lavoro) in calore e, vi-
ceversa, nelle macchine termiche l'effetto meccanico prodotto (lavoro) deriva da una quantità equi-
valente di calore.
La relazione che intercorre quindi tra calore e lavoro (energia) è quindi:
Jkcal 41861 (36)
da cui è possibile esprimere la formula inversa, ovvero:
(37)
Osservazione
Non deve stupirci tale relazione! Già nel volume 1 abbiamo affrontato, nella parte finale, il proble-
ma della conservazione dell’energia meccanica in presenza di forze non conservative. L’effetto di-
spersivo o meglio dissipativo di tali forze non conservative, basti pensare agli attriti, sono proprio la
trasformazione di parte dell’energia in calore.
7.18 Potere calorifico
Il potere calorifico può essere definito come la quantità di calore, o di energia, prodotta dall’unità di
massa di un determinato combustibile, dove un combustibile è un materiale che in presenza di ossi-
geno è in grado di bruciare. La sua unità di misura è espressa in KgJ oppure in Kgcal tenuto
conto dell’equivalenza tra le due grandezze.
Potere calorificomassa
calorie
kcalJ 4104,21
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Segue una tabella con poteri calorifici di alcune sostanze:
tipo di materiale Potere calorifico kgkcal
abiti 4.998
acetone 8.092
Alcool etilico 5.950
benzina 10.370
carbone 8.330
farina 3.987
idrogeno 34.034
metano 13.328
petrolio 10.110
Proteine di legumi 10.988
Zucchero di barbabietola 2.142
Legno essiccato abete 4.665
Basta dare un’occhiata alla tabella di prima per capire il motivo per cui utilizziamo alcuni combu-
stibili come la benzina o il metano per le
nostre autovetture. Notate inoltre che
anche i cibi hanno un loro potere calori-
fico (valori nutrizionali) che troviamo,
per legge, indicati sulle confezioni dei
prodotti alimentari, per consentire a chi-
unque di quantificare quale sarà
l’apporto energetico degli alimenti inge-
riti.
Per avere un’idea di quale sia l’apporto
energetico di cui ha bisogno un indivi-
duo, per un adolescente il fabbisogno
nutrizionale giornaliero è di circa 2600kCal, ottenibili ingerendo grassi, carboidrati e proteine.
Questo fabbisogno energetico scende per un uomo di mezza età, che conduce una vita routinaria,
necessitando di circa 2300kCal al giorno. Ovviamente quelle descritte sono indicazioni generiche e
non costituiscono alcuna indicazione dietetica, che ogni individuo adegua, a volte con l’aiuto di un
dietologo, al proprio organismo e alle proprie esigenze di vita in base alle attività svolte, al proprio
peso corporeo, alle ore di sonno e ad altri fattori spesso soggettivi, evitando in ogni caso diete da
fame pur di scendere di peso, con conseguenze spesso gravi per la propria salute.
7.19 I passaggi di stato
Lo stato di aggregazione di un corpo non è una sua caratteristica immutabile ma può cambiare va-
riando le condizioni in cui esso si trova. Osservate lo schema riportato di seguito che riassume i
nomi dei differenti passaggi di stato.
È possibile osservare la rappresentazione degli stati di aggregazione anche a livello microscopico.
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Riscaldando una sostanza allo stato solido possiamo provocarne la fusione (es:un cubetto di ghiac-
cio lasciato a temperatura ambiente) e continuando il riscaldamento del liquido ne otteniamo la va-
porizzazione. Questa può avvenire o tramite l'evaporazione che interessa solo la superficie del li-
quido ed avviene a tutte le temperatura in cui la sostanza è allo stato liquido (es: l'acqua che evapora
da una pozzanghera) o tramite l'ebollizione che coinvolge tutta la massa del liquido ed avviene ad
una temperatura e pressione specifici (es:un pentolino di acqua che bolle sul fornello).
Il passaggio di stato che si verifica invece raffreddando un gas è la condensazione (es:il vapore ac-
queo che d'inverno condensa sui vetri freddi) e continuando a raffreddare il liquido ne otteniamo la
solidificazione (es: formazione dei cubetti di ghiaccio nel freezer). Alcune sostanze hanno la capa-
cità di passare direttamente dallo stato solido allo stato gassoso tramite la sublimazione e dallo sta-
to gassoso direttamente allo stato solido tramite il brinamento
Somministrando energia sottoforma di calore ad
un corpo questa si trasforma in energia di mo-
vimento (energia cinetica) delle particelle che lo
costituiscono; esiste quindi una diretta correla-
zione tra la temperatura (manifestazione ma-
croscopica) di un corpo e il movimento (mani-
festazione microscopica) delle sue particelle. I
passaggi di stato sono trasformazioni fisiche
poiché la materia non cambia la sua composi-
zione chimica ma solo il modo in cui ci appare
(es: ghiaccio, acqua e vapore acqueo ci appaiono
differenti ma sono tutti costituiti dallo stesso ti-
po di particelle).
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7.20 Calore latente
Il calore latente associato a una trasformazione termodinamica è la quantità di energia necessaria
allo svolgimento di un passaggio di stato. Ad esempio, il "calore latente di fusione" è l'energia cor-
rispondente al passaggio di un sistema dallo stato solido a quello liquido.
L'unità di misura del calore latente λ nel Sistema internazionale è J/kg. Spesso il calore latente vie-
ne espresso per mole di sostanza come calore latente molare e nel SI si misura in J/mol.
A seconda del tipo di transizione
di fase in questione, si parla di:
calore latente di fusione
calore latente di vaporiz-
zazione calore latente di sublima-
zione.
Il calore necessario al passaggio di
fase è:
mQ (38)
cioè il calore Q fornito o sottratto al sistema non influisce sulla temperatura, ma è proporzionale alla
quantità di sostanza m che ha cambiato fase, e continua fino a che tutta la sostanza non cambia fase.
In assenza di transizioni di fase invece, un apporto o un prelievo di calore determina una variazione
di temperatura: si parla in questo caso di calore sensibile.
Calore latente e temperatura al cambio di stato di sostanze comuni
alla pressione atmosferica
Sostanza
Calore latente
di fusione
[kJ/kg]
Temperatura
di fusione
[°C]
Calore latente
di ebollizione
[kJ/kg]
Temperatura
di ebollizione
[°C]
Etanolo 108 -114 855 78,3
Ammoniaca 339 -75 1369 -33
Biossido di carbonio 184 -57 574 -78
Elio 1.25 -269,7 21 -268,93
Idrogeno 58 -259 455 -253
Azoto 25,7 -210 200 -196
Ossigeno 13,9 -219 213 -183
Mercurio 11 -39 294 357
Zolfo 54 115 1406 445
Acqua 333,5 0 2272 100
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CORPO CALDO
CORPO FREDDO
7.21 Trasmissione del calore
Per trasmissione del calore (o scambio termico) si intende il trasferimento di calore (ovvero ener-
gia termica) tra due sistemi, che è causato da una differenza di temperatura tra i due sistemi in
questione. Se durante tale processo non viene prodotto calore (ad esempio attraverso reazioni chi-
miche), il calore ceduto da un sistema viene acquistato dal secondo sistema, in accordo con la legge
di conservazione dell'energia.
I processi di scambio termico sono generalmente classificati in tre categorie, anche se in pratica non
si presenta mai una sola modalità, ma solitamente si ha la combinazione di almeno due di esse. Si
tende però di solito ad individuare il tipo di scambio predominante, trascurando, a seconda di vari
fattori (dei quali sicuramente molto rilevante è la temperatura), le altre modalità di trasmissione del
calore presenti. Le suddette tre categorie sono: conduzione, convezione e irraggiamento.
Conduzione
La conduzione termica è il processo che si attua in un mezzo solido, liquido o aeriforme nel mo-
mento in cui, a causa di una differenza di temperatura, viene provocato un trasferimento di energia
cinetica da una molecola a quella adiacente che possiede una velocità di vibrazione minore, essendo
la velocità di vibrazione delle particelle indice della temperatura del corpo. Si ha in questo modo un
trasferimento di energia, sotto l’influenza del gradiente di temperatura (variazione della temperatura
lungo una direzione), senza uno spostamento di particelle; dunque il mezzo in cui avviene condu-
zione rimane nella condizione di quiete. E’ il caso dell’esempio sopraccitato, in cui vengono messi
a contatto due corpi inizialmente a temperature differenti T1 e T2, i quali, dopo un certo tempo in
cui avviene conduzione termica, raggiungono la medesima temperatura T3 (figura).
Convezione
La convezione termica avviene solamente in presenza di un
fluido, ad esempio aria o acqua. Tale
fluido, a contatto con un corpo la cui temperatura è maggiore di
quella dell’ambiente che lo circonda, si riscalda e, per l’aumento
di temperatura subito, si espande (nella maggior parte dei casi).
A causa della spinta di Archimede, questo fluido sale, essendo
meno denso del fluido circostante che è più freddo. Contempora-
neamente, il fluido più freddo scende e prende il posto di quello
più caldo che sale; in questo modo si instaura una circolazione
convettiva.
Per esempio supponiamo di avere un sistema isolato dall’esterno
costituito da due corpi aventi temperature differenti, l’uno al di
sopra dell’altro, divisi da uno strato di acqua, che, come vedremo,
svolgerà la funzione del sopraccitato fluido. Supponendo che venga posto in superficie il corpo più
2T
3T
3T
1T
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205
freddo, siccome l’acqua calda tende a salire a l’acqua fredda a scendere (per la diversa densità), si
sviluppa un moto convettivo per cui nella zona centrale l’acqua riscaldatasi a contatto con il corpo
caldo sale verso il corpo freddo, mentre nelle zone più esterne si ha una movimento verso il basso
dell’acqua che, raffreddatasi per il contatto con il corpo freddo, si dirige verso quello caldo.
Dalla figura precedente, si può osservare che si avrebbe una situazione molto diversa nel caso in cui
i due corpi venissero invertiti, ossia se il corpo a temperatura maggiore fosse posto in superficie ed
il corpo a temperatura minore sotto lo strato d’acqua: in questo caso non si avrebbe nessun moto
convettivo, ma l’acqua rimarrebbe ferma trasferendo calore dal corpo più caldo a quello più freddo
solo per conduzione.
Si è fino ad ora descritta la convezione libera o naturale. La convezione può anche essere forzata,
vale a dire che in alcuni casi, per scopi pratici, il moto del fluido può essere obbligato da ventole o
pompe. Vi sono molteplici esempi pratici di convezione forzata, basti pensare alla caldaia di un
termosifone che provoca la circolazione di un fluido, di solito acqua o aria, in modo da riscaldare le
stanze della casa, oppure alla ventola atta a raffreddare la cpu di un computer.
Irraggiamento
Irraggiamento o radiazione termica è il termine usato per indi-
care la radiazione elettromagnetica emessa dalla superficie di un
corpo che si trova ad una certa temperatura. Tutti gli oggetti e-
mettono radiazioni elettromagnetiche, che sono frutto
dell’eccitazione termica della superficie del corpo, legata alla
condizione energetica dei suoi atomi (l’irraggiamento è tanto più
intenso quanto maggiore è la temperatura dell’oggetto stesso), e
viene emessa in tutte le direzioni; quando il mezzo trasmissivo
risulta essere sufficientemente trasparente a tale radiazione, nel
momento in cui essa colpisce un altro corpo, parte viene riflessa e
parte assorbita. Tra i due corpi si stabilirà un continuo scambio di
energia, con uno scambio netto di calore dal corpo più caldo al
corpo più freddo.
Da notare è che può anche non esservi un mezzo di trasmissione,
in quanto l’irraggiamento è l’unica modalità di scambio termico che avviene anche nel vuoto. Basti
pensare alla radiazione solare, esempio più evidente di tale trasmissione.
Avremo modo di approfondire il concetto di radiazione elettromagnetica nell’unità 8 di questo vo-
lume.
Applicazioni della trasmissione di calore
Dal punto di vista applicativo, la trasmissione del calore è studiata per tre attività fondamentali che
sono di uso comune quasi in tutti gli impianti:
la conservazione di calore;
la dissipazione di calore;
il freecooling.
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206
7.22 La conservazione di calore
Il calore prodotto per scaldare una casa o per generare vapore o per fondere due materiali è un calo-
re che ha necessità di essere conservato che quindi non deve essere disperso e lo scopo dello studio
delle coibentazioni è proprio quello di riuscire a trovare materiali con un coefficiente di inerzia ter-
mica adeguata al fine di contenere il calore senza disperderlo.
7.23 La dissipazione di calore
Spesso si genera del calore in alcuni sistemi che rappresenta un danno ed un problema. Questo calo-
re infatti deve essere dissipato (smaltito) perché manda in temperatura eccessiva il sistema. Questo
è il caso dei motori endotermici che si riscaldano e devono essere raffreddati, pena la fusione dei ci-
lindri.
7.24 Il freecooling
Il principio del freecooling è quello del libero raffreddamento (dalla pa-
rola stessa), un esempio è l'immissione di aria esterna (non trattata ma
opportunamente filtrata) che ha come compito di rinfrescare degli am-
bienti; un secondo esempio può essere quello di portare un fluido che
viene generalmente raffreddato con gruppo frigo o radcooling in batterie
esterne non ventilate che sfruttino la sola convezione naturale. Questo ti-
po di applicazione è l'alternativa di solo raffreddamento di fluidi o am-
bienti che diversamente (causa le condizioni esterne che non permettono,
temperatura elevata) richiedono l'utilizzo di gruppi frigo.
7.25 Esempio di trasmissione forzata del ca-lore
Una caldaia a gas produce del calore attraverso la combustione di un gas (ad esempio metano). Il
calore prodotto all'interno della caldaia viene ceduto attraverso una serpentina all'acqua (termovet-
tore), che viene spinta da una pompa (circolatore) attraverso le tubazioni, fino al termosifone, in
corrispondenza del quale il calore viene ceduto.
7.26 Esempio di trasmissione naturale del calore
Una tazza di latte caldo lasciata riposare sul tavolo (in una stanza le cui fi-
nestre siano chiuse, in modo da diminuire gli effetti della convezione forza-
ta) cede nel tempo il suo calore all'ambiente circostante, fino a raggiungere
la stessa temperatura dell'ambiente.