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T anTi faTTori di inTeresse fanno della mostra «Bosch a Palazzo Gri- mani» un appuntamento imperdi- bile: con la splendida architettura del Pa- lazzo; con la stessa famiglia Grimani e il collezionismo d’arte; con uno dei pitto- ri più originali e intriganti di tutti i tem- pi. Una cornice unica per un pittore uni- co. Una famiglia e un artista con un anti- co legame, spezzato nel tempo, e riuniti di nuovo oggi dopo tante traversie. Palazzo Grimani in Ruga Giuffa è una rari- tà a Venezia, per la sua architettura, e in parti- colare per il suo origina- lissimo cortile, la magni- fica scala ovale a chioc- ciola – una delle poche in città – e per la sua no- tevole decorazione pit- torica. Questa originali- tà si deve in parte ai fre- quenti soggiorni del ve- scovo Giovanni Grima- ni a Roma e alla sua pre- ferenza per artisti prove- nienti dal centro Italia. Il gusto per l’arte continuò in famiglia con il cardi- nale Domenico (figlio primogenito di Anto- nio, il doge più vecchio della storia di Venezia, eletto già ottantaseien- ne), uomo di vasta cul- tura, eminente teologo e amante delle arti. Noto, insieme al nipote Gio- vanni, per essere stato il creatore della raccolta di sculture antiche che oggi si ammirano nello Statuario della Bibliote- ca Nazionale Marciana. Leggendaria anche la sua, di biblioteca, formata in par- te dai volumi comprati agli eredi di Pico della Mirando- la, e il cui gioiello è il famoso Breviario Grimani, con 832 fogli miniati da artisti fiamminghi. Assolutamente stra- ordinaria la sua raccolta pittorica, che vantava opere di Giorgione, Tiziano, Memling, Dürer, disegni di Leonar- do, Raffaello e Michelangelo e le tre opere di Bosch espo- ste in questi giorni. Queste ultime sono le Visioni dell’Aldilà, il Trittico di San- ta Liberata e il Trittico degli Eremiti, già menzionate nel ma- noscritto Notizia d’opere di disegno di Marcantonio Michiel, anch’egli amante dell’arte dedicatosi alla catalogazione di opere presenti nelle collezioni più notevoli della sua epo- ca in diverse città del nord d’Italia, da Milano a Vene- zia. Lui stesso le ammirò nel palazzo dove oggi sono di nuovo esposte. Alla morte del Cardinale, grazie al suo lascito testamentario, le tre opere approdarono a Palaz- zo Ducale. Il Trittico di Santa Liberata e il Trittico degli Ere- miti furono trasferiti a Vienna nell’Ottocento, come par- te delle collezioni imperiali, e poi sostaro- no in diversi musei sino a fare infine ritor- no a Palazzo Ducale, dove furono colloca- te in diverse stanze – come raccontano Bo- schini, Zanetti, e altri – e attualmente for- mano parte dell’esposizione permanente. E ora, fino al 20 marzo, eccole di nuovo espo- ste nelle preziose sale di Palazzo Grimani e valorizzate da un’indovinata illuminazione, suggerita dalla grande esperienza di Gian- ni De Luigi. Dopo il successo della mostra precedente dedi- cata al Giorgione, ades- so è la volta di uno dei pittori fiamminghi più conosciuti, e senza dub- bio il più fantasioso. Hieronymus Bosch – il cui vero nome era Jero- en Anthoniszoonn van Aken – nasce in una fa- miglia di pittori a ‘s-Her- togenbosch, una cittadi- na nota all’epoca come luogo di cultura uma- nistica. Infatti i suoi di- pinti non fanno soltan- to riferimento alle fon- ti «classiche» dell’agio- grafia, come la Legenda Aurea di Jacopo da Va- ragine o le Vitae Patrum di San Girolamo, ma an- che alle più moderne di- spute religiose della sua epoca, la mistica bra- bantina o il movimen- to della Devotio Moderna. Nelle sue opere illustra la condanna all’inferno a causa del peccato e la salvezza nella fede di cui martiri ed eremiti sono un esempio da seguire. I condannati sono martoriati da demoni terrificanti, anne- gano in lagune di acque nere, mentre i santi sono tentati da bizzarre creature tratte da bestiari medievali o da testi cabalistici e mescolati dalla fantasia di Bosch, che crea un universo personale di esseri da incubo. Per capire un po’ meglio questo enigmatico pittore, sono di grande aiuto in questa mostra i dettagliatissimi testi del catalogo che il- lustrano i dipinti, opera di Caterina Limentani Virdis. Bosch torna a casa A Palazzo Grimani tre capolavori del maestro fiammingo di Eva Rico Particolare da Visione dell’Aldilà di Hieronymus Bosch. Venezia – Palazzo Grimani Bosch a Palazzo Grimani una mostra promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Musei e le Gallerie Statali di Venezia e organizzata e prodotta da Arthemisia Group fino al 20 marzo 2011 84 — dintorni dintorni – arte arte

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Page 1: Bosch torna a casa - euterpevenezia.it · no da Mapping the studio all’Elogio del dubbio sen-za scomodarsi troppo, altre mai esposte, e al-tre ancora saranno realizzate direttamente

TanTi faTTori di inTeresse fanno della mostra «Bosch a Palazzo Gri-mani» un appuntamento imperdi-

bile: con la splendida architettura del Pa-lazzo; con la stessa famiglia Grimani e il collezionismo d’arte; con uno dei pitto-ri più originali e intriganti di tutti i tem-pi. Una cornice unica per un pittore uni-co. Una famiglia e un artista con un anti-co legame, spezzato nel tempo, e riuniti di nuovo oggi dopo tante traversie.

Palazzo Grimani in Ruga Giuffa è una rari-tà a Venezia, per la sua architettura, e in parti-colare per il suo origina-lissimo cortile, la magni-fica scala ovale a chioc-ciola – una delle poche in città – e per la sua no-tevole decorazione pit-torica. Questa originali-tà si deve in parte ai fre-quenti soggiorni del ve-scovo Giovanni Grima-ni a Roma e alla sua pre-ferenza per artisti prove-nienti dal centro Italia. Il gusto per l’arte continuò in famiglia con il cardi-nale Domenico (figlio primogenito di Anto-nio, il doge più vecchio della storia di Venezia, eletto già ottantaseien-ne), uomo di vasta cul-tura, eminente teologo e amante delle arti. Noto, insieme al nipote Gio-vanni, per essere stato il creatore della raccolta di sculture antiche che oggi si ammirano nello Statuario della Bibliote-ca Nazionale Marciana. Leggendaria anche la sua, di biblioteca, formata in par-te dai volumi comprati agli eredi di Pico della Mirando-la, e il cui gioiello è il famoso Breviario Grimani, con 832 fogli miniati da artisti fiamminghi. Assolutamente stra-ordinaria la sua raccolta pittorica, che vantava opere di Giorgione, Tiziano, Memling, Dürer, disegni di Leonar-do, Raffaello e Michelangelo e le tre opere di Bosch espo-ste in questi giorni.

Queste ultime sono le Visioni dell’Aldilà, il Trittico di San-ta Liberata e il Trittico degli Eremiti, già menzionate nel ma-

noscritto Notizia d’opere di disegno di Marcantonio Michiel, anch’egli amante dell’arte dedicatosi alla catalogazione di opere presenti nelle collezioni più notevoli della sua epo-ca in diverse città del nord d’Italia, da Milano a Vene-zia. Lui stesso le ammirò nel palazzo dove oggi sono di nuovo esposte. Alla morte del Cardinale, grazie al suo lascito testamentario, le tre opere approdarono a Palaz-zo Ducale. Il Trittico di Santa Liberata e il Trittico degli Ere-miti furono trasferiti a Vienna nell’Ottocento, come par-

te delle collezioni imperiali, e poi sostaro-no in diversi musei sino a fare infine ritor-no a Palazzo Ducale, dove furono colloca-te in diverse stanze – come raccontano Bo-schini, Zanetti, e altri – e attualmente for-mano parte dell’esposizione permanente. E ora, fino al 20 marzo, eccole di nuovo espo-ste nelle preziose sale di Palazzo Grimani e valorizzate da un’indovinata illuminazione, suggerita dalla grande esperienza di Gian-ni De Luigi.

Dopo il successo della mostra precedente dedi-cata al Giorgione, ades-so è la volta di uno dei pittori fiamminghi più conosciuti, e senza dub-bio il più fantasioso. Hieronymus Bosch – il cui vero nome era Jero-en Anthoniszoonn van Aken – nasce in una fa-miglia di pittori a ‘s-Her-togenbosch, una cittadi-na nota all’epoca come luogo di cultura uma-nistica. Infatti i suoi di-pinti non fanno soltan-to riferimento alle fon-ti «classiche» dell’agio-grafia, come la Legenda Aurea di Jacopo da Va-ragine o le Vitae Patrum di San Girolamo, ma an-che alle più moderne di-spute religiose della sua epoca, la mistica bra-bantina o il movimen-to della Devotio Moderna. Nelle sue opere illustra la condanna all’inferno a causa del peccato e la salvezza nella fede di cui martiri ed eremiti sono un esempio da seguire. I

condannati sono martoriati da demoni terrificanti, anne-gano in lagune di acque nere, mentre i santi sono tentati da bizzarre creature tratte da bestiari medievali o da testi cabalistici e mescolati dalla fantasia di Bosch, che crea un universo personale di esseri da incubo. Per capire un po’ meglio questo enigmatico pittore, sono di grande aiuto in questa mostra i dettagliatissimi testi del catalogo che il-lustrano i dipinti, opera di Caterina Limentani Virdis. ◼

Bosch torna a casaA Palazzo Grimanitre capolavoridel maestro fiammingo

di Eva Rico

Particolare da Visione dell’Aldilà di Hieronymus Bosch.

Venezia – Palazzo GrimaniBosch a Palazzo Grimaniuna mostra promossa

dalla Soprintendenza Specialeper i Musei e le Gallerie Statali

di Veneziae organizzata e prodotta

da Arthemisia Group fino al 20 marzo 2011

84 — dintornidi

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Una mosTra ogni dUe anni a Pun-ta della Dogana e

rassegne più brevi e veloci a Palazzo Grassi. È il nuo-vo ritmo che Francois Pi-nault ha deciso di dare al-le sue sedi espositive, con-ferendo agli immensi spazi della Salute un ruolo lento e maestoso, consono (an-che) al luogo, mentre dall’altra parte del Canal Grande, a San Samuele, le mostre si susseguiranno ogni otto-die-ci mesi.

Si incomincia il 10 aprile a Punta della Dogana con Elogio del dubbio, ovvero un percorso alla ricerca di quel-le domande che muovono i pensieri e le azioni nel mondo dell’arte. La mostra, curata da Caroline Bou-rgeois, offrirà ai visitatori sessanta opere di una ventina di artisti, tra cui Maurizio Cattelan – che sarà presente con la testa di cavallo conficcata nel muro già esposta a Mapping the studio – Jeff Koons, Paul McCarthy, Bruce Nauman, Sigmar Polke, e ancora Julie Mehretu e Tatia-na Trouv‚ che realizzeranno il loro contributo sul po-sto. Uno spazio particolare sarà dedicato alle donne, come ha ottenuto la volitiva Caroline. E così sarà fino al 31 dicembre 2012.

Aperta la Dogana, inizieranno i lavori di allestimen-to di Palazzo Grassi, dove il 2 giugno, in contempora-nea con la Biennale, sarà inaugurata la mostra Il mon-do vi appartiene, titolo assai suggestivo per un’esposizio-ne dal contenuto ancora top secret. A tenere insieme i due spazi, come spiega l’amministratore delegato Mar-tin Bethenod, ci sarà anche una programmazione cul-turale che sarà spalmata un po’ a San Samuele e un po’ alla Salute, a seconda del tipo di manifestazione.

E Bethenod sgrana anche le cifre: oltre cinquecento-mila visitatori in un anno e mezzo nello spazio affac-ciato su Bacino San Marco, novantaquattro eventi tra incontri con gli artisti, visite, dibattiti, laboratori didat-tici, concerti.

Nel nuovo corso ci saranno sempre e quasi esclusiva-mente opere della collezione Pinault, alcune già vi-ste – il già citato caso di Cattelan – che passeran-no da Mapping the studio all’Elogio del dubbio sen-za scomodarsi troppo, altre mai esposte, e al-tre ancora saranno realizzate direttamente sul posto al fine di offrire una mostra il più «vi-va» possibile. Anche se un po’ dubbiosa. ◼

Chi è Kolomon moore? Sono pochissimi i dati bio-grafici certi di questo pitto-

re e disegnatore, che sembra esse-re stato figlio di un ebreo triesti-no, e sul quale elementi reali e leg-genda si vanno alternando sin da

quando, all’inizio del secolo xxi, si è cominciato con insi-stenza a parlare di lui. Una timbratura che ricorda da vici-no quello della Guardia Nazionale americana ha fatto pen-sare al ritrovamento del corpus di opere presso qualche campo di concentramento, dove – si sup-pone – avrebbero potuto essere state immagazzinate da qualche gerarca appassionato d’arte. Ma sono soltanto ipotesi non riscon-trabili. Di sicuro si sa che visse a Parigi nella seconda metà degli anni trenta, e in precedenza an-che a Vienna. La sua arte, che ri-trae la vita quotidiana nelle sue sfaccettature più realistiche, pre-sta particolare attenzione ai sog-getti femminili, di cui sottolinea ed enfatizza gli elementi eroti-ci, fino quasi a sfiorare la porno-grafia. Il marchio distintivo del-le sue opere – ce ne sono tantis-sime in circolazione, e di mol-te l’attribuzione è quantomeno dubbia – è un approccio figura-tivo che talvolta trascolora nel grottesco, soffermandosi nei particolari, spesso anatomici, delle modelle, probabilmen-te ignare e ritratte in ambienti «tipici» come il café chantant e il teatro. Ma da questi disegni dallo stile inconfondibile – nel-la maggior parte dei casi utilizza la stessa tecnica, una matita grassa nera su cartoncino ad alta grammatura, color biscot-to – traspare un universo poetico che mescola osceno ed ele-giaco, ricordando per affinità tematiche la grande pittura di Toulouse-Lautrec. Da un certo momento in poi, nel firmare le tavole, l’artista – forse per connotare in senso bohémien la pro-pria produzione – utilizza una precisa tipologia di bicchiere e bottiglia disegnati accanto al suo nome.

Chi volesse ammirare qualcuno di questi splendidi ritratti lo può fare, fino all’8 marzo, presso il «Bar… collo Modì» di via Garibaldi, piacevole luogo d’incontro veneziano che

spesso organizza mostre e momenti musicali, e che ha raccolto ed esposto otto pezzi originali provenienti dalla collezione privata di un antiquario veneto. ◼

La Doganadel dubbioAlla Salutela nuova mostra di Pinault

I segreti di Kolomon MooreOtto tavole del misterioso disegnatore in via Garibaldi

di Manuela Pivato di Leonardo Mello

VeneziaPunta della Dogana

dal 10 aprileal 31 dicembre 2012

Elogio del dubbio

VeneziaPalazzo Grassi

dal 2 giugnoIl mondo vi appartiene

Subodh Gupta, Et tu, Duchamp, 2009©Subodh Gupta. Courtesy the artistand Hauser & Wirth.(Foto di Mike Bruce).

Venezia«Bar… collo Modì»

«Le burlesque»di Kolomon Moore

fino all’8 marzo

Opere di Kolomon Moore(nelle teche due disegni esposti al «Bar… collo Modì».

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