Barracuda Sardi

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stefano pisuBarracuda Sardi

e coste della Sardegna si presentano come un conti-nuo alternarsi di spiagge e scogliere, con promontori che si inoltrano su fondali più o meno profondi e frasta-gliati, i tipici ambienti selvaggi rinomati per i magnifici

paesaggi e, non ultimi, i grossi pesci che vi si possono insi-diare principalmente a spinning o a rock fishing.

Sulle profonde punte rocciose si incontrano il mare aper-to e la fascia costiera, due mondi, due ecosistemi diversi eppure strettamente legati fra loro, soprattutto quando la mareggiata si scontra con la terraferma in un duello che si rinnova da sempre, dal quale scaturisce come per miracolo la catena alimentare e la frenesia dei predato-ri, giunti dalle secche vicine per banchettare. L’anello di giunzione fra alto mare e costa, dal nostro punto di vista, sono proprio i pesci, anche pelagici, che cacciano pra-ticamente sotto i nostri piedi quando c’è la condizione giusta. Il più comune di questi è il barracuda, Barracuda Mediterraneo per la precisione (Sphyraena viridensis), presente nei mari che circondano la Sardegna e sempre più comune anche nel resto delle coste tirreniche. Non è sempre stato comune e si può dire che lo spinning a esso

rivolto è molto praticato da pochi anni, mentre gli spinner più “anziani” hanno iniziato a riscontrarne la presenza 15-20 anni fa, quando iniziava a diffondersi ovunque. Il nome esotico, la forma particolare, i denti terribili lo ren-dono una preda intrigante per chi si avvicina allo spinning in mare, ed è sicuramente un ottimo “pesce scuola” vi-

sta la grande presenza e l’aggressività verso gli artificiali. È notoria-mente gregario, anche se capita spesso di in-contrare esemplari soli-tari che pattugliano un tratto di costa. Anche le dimensioni non sono trascurabili, visto che di tanto in tanto si cattura-no esemplari di 6-7 kg e si può sperare anche di incontrare il mostro da 10 o più chili! Purtroppo il più delle volte l’attesa non viene ripagata da combattimenti esaltan-ti, infatti il “barra” non è un grande avversa-rio: una volta allamato si difende prevalen-temente con testate in superficie (belle da vedere) o sotto, ma a meno che non venga punto in parti sensibili

del corpo, difficilmente farà cantare la frizione e dopo una breve resistenza ce lo troveremo presto sotto con la testa fuori, pronto a farsi salpare.

Sull’attrezzatura c’è poco da dilungarsi, tutto va propor-zionato non tanto al pesce, ma alle condizioni di pesca e alla possibilità di incontrare predatori più potenti. In linea di massima, se peschiamo in scogliera con mare mosso e puntiamo solo al barracuda va benissimo un classica “15-40gr” con un mulinello leggero (come un 4000 Shimano), un filo da 20 lbs e un finale in nylon o fluorocarbon 0,40. La cattura è abbastanza facile: si possono fare grandi pe-

“È notoriamente gregario, anche se capi-

ta spesso di incontrare esemplari solita-

ri che pattugliano un tratto di costa.”

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scate utilizzando minnow recuperati lentamente, in sco-gliera con mare mosso o di notte, imbrunire e aurora con mare calmo, anche nei porticcioli non inquinati (sicura-mente la versione meno avventurosa della nostra discipli-na). Ma questo tipo di pesca si può apprezzare fino a un certo punto, infatti per chi arriva a conoscere pesci serra, lecce e lampughe o l’affascinante pesca alla spigola, il barracuda passa in secondo piano e talvolta può rap-presentare addirittura una delusione per chi si aspettava qualcosa di più ambito.

Eppure anche il nostro sfirenide può darci delle belle sod-disfazioni: basta insidiarlo nel modo più adrenalinico e di-vertente! Iniziamo dall’ambiente: pescare un barracuda in un porticciolo o in uno scarico d’acque calde industriali non è come farlo da una scogliera selvaggia: ovviamen-te propenderemo per quest’ultima! E pescarlo con mare calmo non è emozionante come fra gli spruzzi delle onde (oltretutto se c’è corrente il combattimento sarà meno scontato). Pertanto se ci troviamo all’alba sulla punta di un promontorio roccioso al cospetto di una bella scaduta

siamo già a metà dell’opera, perché la semplice speranza di poter agganciare un predatore striato e dentato in questi luoghi incontaminati e poco ac-cessibili varrà da sola il prezzo del biglietto.Gli hot spots ideali di solito sono situati su fondali me-diamente o molto profondi e non è sempre detto che il punto migliore sia in punta (anche se è così in buo-na parte dei casi), capita pure di incontrarli dentro le ca-lette frastagliate o in altri tratti. E bisogna anche dire che può bastare una sola punta profonda fra chilometri di

costa bassa o di spiaggia perché possa stabilircisi un bel branco. L’importante è che in questi scorci di costa si for-mino delle belle schiumate, non penso che in Sardegna esista un ambiente con questi requisiti senza barracuda. La condizione più bella è la scaduta, che ci regala grandi onde lente, lunghe e voluminose, niente vento e soprat-tutto tanta, tanta schiuma! Va detto che un barracuda si può incontrare sempre, ma noi dobbiamo cercare le con-dizioni e il luogo ideali per avere a che fare col branco e, possibilmente, con gli esemplari più grossi. Questo potrà accadere puntualmente se la scaduta è ancora corposa e se l’acqua non si presenterà troppo chiara o, situazione opposta, troppo sporca, troppo “verde smeraldo” o trop-po marrone. Purtroppo bisogna fare i conti con tutti questi fattori e se arriviamo quando è ancora buio non potremo sapere in che acqua stiamo lanciando, quindi entrano in gioco la buona sorte o una perfetta conoscenza degli hot spots, altrimenti potremo studiarci meglio le condizioni del mare durante le ore di luce e insidiarlo all’imbrunire. La schiumata che cerchiamo deve essere ampia diversi metri quadrati e può essere provocata dall’impatto con rocce affioranti o con la terraferma. È ottimo quando la corrente tange lateralmente una punta e possiamo lan-ciare sulla schiumata che si forma dalla parte riparata, evitando così di dover affrontare le onde frontali e, se sof-fia il vento, col vento alle spalle.

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