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Regime Libero - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2 E 3 NO/GE/2852/16 - Autorizzazione del Tribunale di Genova n.3/85 del 16/01/1985 –Taxe Percue - Prezzo € 0,52 Anno XXXVI gennaio marzo 2020 FEDERMANAGER: - DOVE È FINITA LA POLITICA INDUSTRIALE - TEMPO DI BILANCI ASDAI Liguria: - BUON 2020! CULTURA: - STORIA DEL CALCIO ITALIANO: Uno scudetto visto e vissuto - GENTE CHE VIENE, GENTE CHE VA Gilberto GOVI Andrea PIRANDELLO 1 Associazione Sindacale Dirigenti di Aziende Industriali - Liguria 1 Inserto Welfare 24 Assidai In questo numero FEDERMANAGE R ASDAI LIGURIA

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Anno XXXVI gennaio marzo 2020

FEDERMANAGER: - DOVE È FINITA LA POLITICA INDUSTRIALE - TEMPO DI BILANCI ASDAI Liguria: - BUON 2020! CULTURA: - STORIA DEL CALCIO ITALIANO:

Uno scudetto visto e vissuto

- GENTE CHE VIENE, GENTE CHE VA

Gilberto GOVI

Andrea PIRANDELLO

1Associazione Sindacale Dirigenti di Aziende Industriali - Liguria

1

Inserto Welfare 24 Assidai

In questo numero

FEDERMANAGERASDAI LIGURIA

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I CONTATTI di ASDAI LIGURIA

Presidente - Marco Vezzani [email protected] Vicepresidente - Paolo Filauro [email protected] Tesoriere - Roberto Casini [email protected] Realtà Liguria - Antonio Donnarumma [email protected] Segreteria e Amministrazione

Paola Merlo [email protected] Rita Porro [email protected] Front Office e Assistenza Associati

Sandra Scotto [email protected] Servizio Sindacale e Legale

Daniele Grasso [email protected] Servizio Previdenziale

Daniele Grasso [email protected] Servizio Patronato e CAF

Rita Porro [email protected] Sportello FASI

Daniele Grasso [email protected] Paola Merlo [email protected] Rita Porro [email protected] GS FASI

Daniele Grasso [email protected]

CHI SIAMO E COSA FACCIAMO

ASDAI Liguria è l’associazione regionale che fa capo a FEDERMANAGER. Al fine di per-seguire i propri scopi istituzionali di tutela e promozione dell’immagine e del ruolo dei di-rigenti e delle Alte Professionalità industriali, l’ Associazione si occupa delle problematiche individuali e collettive della categoria, nelle situazioni più diverse, offrendo servizi nei vari settori agli iscritti: dirigenti e quadri apicali in servizio, dirigenti in pensione o che svolgono attività professionale o dirigenti in attesa nuova occupazione. I servizi forniti agli associati sono: Gestione delle problematiche contrattuali di categoria. Supporto e assistenza nell’ambi-to dei problemi relativi all’instaurazione, svolgimento e cessazione del rapporto di lavoro. Assistenza nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro, attività stragiudiziale. Previdenziale e legale fornisce assistenza sulle tematiche relative agli aspetti contributivi e previdenziali riguardanti sia la previdenza obbligatoria sia quella integrativa. Patronato e CAF prestati in convenzione con CNA e FNA. Sportello FASI supporto ai Soci per i Fondi di assistenza sanitaria integrativa di categoria (FASI – ASSIDAI). GS FASI supporto alla presentazione domande sostegno al reddito. Club ASDAI propone iniziative ricreative e culturali. Informazioni sulla situazione associativa, variazioni indirizzo, pagamento quote associative, informazioni generali sul Fondo Assidai, prenotazione consulenze. Formazione Condivisione piani aziendali CONFINDUSTRIA CONFAPI e Individuali. Convenzioni stipula accordi sanitari, assicurativi e commerciali. Pubblica il periodico REALTA’ Liguria.

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Periodico d’informazione dell’Associazione Sindacale Dirigenti Aziende Industriali - Liguria ASDAI Liguria Via XX Settembre 8/2 - 16121 Genova Tel. 010 2541597 - [email protected] http://www.liguria.federmanager.it Direttore Responsabile Marco VEZZANI Direttore di Redazione Antonio DONNARUMMA Segretaria di Redazione Rita PORRO - [email protected] Comitato di Redazione Chiara FAVARETO Paolo FILAURO Roberto PISANI [email protected] Hanno collaborato a questo numero Mario CARDONI Stefano CUZZILLA Egildo DERCHI Filippo DI BENEDETTO Fatima POSCIA Editore e Redazione: ASDAI Liguria Via XX Settembre, 8/2 - 16121 Genova REALTÀ LIGURIA Viene inviato oltre agli iscritti, in abbonamento compreso nella quota associativa a: Parlamentari Liguri, Segreterie Partiti Politici, Autorità regionali e locali, Uffici Stampa, Ministeri, Istituzioni varie, Finanziarie, Camere di Commercio Liguri, Univer-sità, Aziende a PP.SS. e Private, Rappresentanti Enti e Associazioni, Stampa ordinaria e specia-lizzata e TV locali, Organizzazioni Sindacali dei Lavoratori e degli Imprenditori, Consiglieri Feder-manager, CIDA - FASI Copertina: Gilberto GOVI Realizzazione editoriale Loris BÖHM Stampa Tipografia Algraphy Passo Ponte Carrega 62r - 16141 Genova Tel. 010 8366272 - [email protected] Pubblicità in proprio La tiratura di questo numero è stata di 4.000 copie. Questo numero è stato chiuso in reda-zione il giorno 10 gennaio 2020 Le lettere e gli articoli firmati impe-gnano la responsabilità degli autori Orario segreteria ASDAI Liguria da lunedì a venerdì: 9,00 - 12,30 Tel. 010 2541597 e-mail: [email protected]

S O M M A R I O

BUON 2020! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 DOVE È FINITA LA POLITICA INDUSTRIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 TEMPO DI BILANCI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 OSSERVATORIO EUROPA: – Europa: la nuova partenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 RAGIONAMENTI ED IPOTESI SUL FUTURO DELL’ILVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 FORMAZIONE – Offerta formativa 2020 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 CONSEGNA DEL PREMIO 100 ECCELLENZE ITALIANE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 GRUPPO SENIORES – Siamo sempre noi: tasse e contributi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 AXPO ITALIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 LIBERA OPINIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 CULTURA – Storia del calcio italiano: • Uno scudetto visto e vissuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 – Gente che va, gente che viene: • Gilberto Govi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 • Andrea Pirandello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

1Associazione Sindacale Dirigenti di Aziende Industriali - Liguria

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MODALITA’ DI PAGAMENTO contributo 2020 Il contributo associativo annuo potrà essere versato entro il 31 Marzo di ogni anno. Tale versamento, da effettuare entro il 31 marzo, può essere fatto: • ai nostri sportelli dal lunedì al venerdì, dalle 9,00 alle 12,30 – Via XX Settembre 8/2 2 piano; • invio di assegno bancario intestato ad A.S.D.A.I. Liguria; • versamento sul c/c POSTALE N. 25859166; • bonifico sul c/c POSTALE n. 25859166, ABI 07601, CAB 03200

IBAN IT05 D076 0101 4000 0002 5859 166 estero: BIC BPPIITRRXXX. • bonifico su Intesa San Paolo - Filiale di Milano - Piazza Paolo Ferrari 10

IBAN IT04 O030 6909 6061 0000 0112924 estero: BIC/SWIFT BCITITMM

Per facilitare l’informazione si invitano i Soci, che non l’avessero fatto, a fornire alla segreteria la propria e-mail e le eventuali variazioni alla stessa

DIRIGENTE IN SERVIZIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240.00 Euro DIRIGENTE IN PENSIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120.00 Euro DIRIGENTE OVER 85 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100.00 Euro DIRIGENTE INOCCUPATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120.00 Euro QUADRO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114.00 Euro QUADRO SUPERIORE INOCCUPATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57.00 Euro

FEDERMANAGERASDAI LIGURIA

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“I dati indicano un lento ma inesorabile declino per l'industria ligure. Secondo FEDERMANAGER questo scenario può essere ribaltato cogliendo le opportunità offerte dalle nuove tecnologie (INTELLIGENZA ARTIFICIALE, INTERNET DELLE COSE, ROBOTICA, CYBERSICUREZZA, SUPER COMPUTER); ma ognuno deve fare la sua parte per non perdere questo ultimo tram...”

I peggiori nemici del futuro della Liguria talvolta sono i liguri stessi...

Ore 14:30 REGISTRAZIONE Ore 15:00 Introduzione del Presidente Federmanager ASDAI Liguria Marco VEZZANI Ore 15:15 Spunti di riflessione: Giovanni FACCO Ore 16:00 Primo Tavolo Ore 16:45 Coffee break Ore 17:15 Secondo Tavolo Ore 17:45 Terzo Tavolo Ore 18:30 Conclusioni Alle ore 18 è previsto il saluto del Sindaco Bucci

Lorenzo BASSO IMPRENDITORE Barbara BORASCA LEONARDO Enrico BOTTE IMPRENDITORE Marco BUCCI SINDACO GENOVA Carlo CASTELLANO IMPRENDITORE Guido CONFORTI DIRETTORE DIH LIGURIA Mario GHINI SEGRETARIO REGIONALE UIL LIGURIA Paola GIRDINIO PRESIDENTE START 4.0

Modera F. MARGIOCCO (Il Secolo XIX)

INTERVENGONO

Luca MAESTRIPIERI SEGRETARIO REGIONALE CISL LIGURIA Mons. Luigi MOLINARI DIRETTORE ARMO Giovanni MONDINI PRESIDENTE CONFINDUSTRIA GE Andrea PESCINO CONSULENTE Alessandro VERRI UNIGE Federico VESIGNA SEGRETARIO REGIONALE CGIL LIGURIA Davide VIZIANO IMPRENDITORE

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BUON 2020!

Continueremo a svi-luppare eventi rela-tivi all’industria, alla cultura, ai pensio-nati, ai giovani, alle donne; assisteremo i Soci in campo sa-nitario e previden-ziale; inoltre, voglia-mo sviluppare nuo-ve attività rispetto ai QUADRI e ai PRO-FESSIONALS e essere più vicini ai Colle-ghi in difficoltà e al-la ricerca di nuove opportunità di lavoro. Insomma c’è molta carne al fuoco e dovremo stare attenti che cuocia bene. Per questo, voglio anzitutto chiedervi di confer-marci il vostro apprezzamento iscrivendovi an-cora! Naturalmente conta anche il contesto in cui si opera, e la LIGURIA, pur avendo superato il mo-mento peggiore della crisi, è ancora minacciata da un declino lento che a molti sembra inesorabile. Non è così, per for-tuna. Così come i ponti crollano ma si ricostruiscono, anche il futuro del-la Liguria potrebbe essere positivo an-ziché negativo.

Negli ultimi anni in-fatti è nato l’IIT lea-der nella robotica e nell’Intelligenza Ar-tificiale, Leonardo ha investito molte ri-sorse a Genova nel-la ex ELSAG nel campo della cibersi-curezza e dei super computer e grazie anche a loro sono nate molte Aziende piccole e medie ad alta tecnologia.

Inoltre, realtà metalmeccaniche più tradizionali come Fincantieri e Ansaldo hanno confermato la loro eccellenza e hanno beneficiato delle si-nergie con l'high tech, così come ne hanno trat-to vantaggi il porto e il turismo. Ora ci aspettiamo che anche le istituzioni fac-ciano la loro parte. ASDAI LIGURIA sta seguendo con estrema at-tenzione questi fenomeni, per affrontare i

quali è necessario avere Manager preparati e moti-vati, ma natural-mente siamo an-che attenti a mo-nitorare situazioni di crisi come la ex Ilva e Piaggio e alla difesa delle pensioni.

Marco Vezzani Presidente ASDAI Liguria

Il 2019 è stato per la nostra Associazione un anno ricco di attività e di buoni risultati, sintetizzati dall’aumento, dopo tanti anni, del numero dei Soci, soprattutto in servizio: merito di tutti i dipendenti, dei volontari, della qualità dei servizi e delle iniziative realizzate. Nel 2020 vogliamo fare ancora meglio, e come Presidente ne assumo l’impegno.

Insomma nel 2020 aumenteranno le sfide e noi ci saremo, assieme e grazie a Voi e al Vostro rinnovato sostegno! ■

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I casi Alitalia ed ex-Ilva sono lo specchio dell’incertezza e dell’instabilità del sistema industriale del nostro Paese. La Commissione Politiche Industriali di Federmanager lavorerà per individuare le soluzioni per ritornare a essere competitivi a livello internazionale.

DOVE È FINITA LA POLITICA INDUSTRIALE

Stefano Cuzzilla Presidente Federmanager

Alitalia, Ilva e i circa 150 dossier aperti sul tavolo del Mise sono evidenze di un Paese allo sbara-glio. Non c’è strategia. Non col-go, ahimè, la visione industriale. Si stanno facendo certamente cose buone: dare continuità alle agevolazioni per la trasformazio-ne digitale delle imprese, il Fon-do per l’innovazione, lo stesso voucher per l’inserimento di In-novation Manager, sono parte di un disegno positivo, che guar-da avanti. L’impegno per  l’am-biente, poi, costituisce certa-mente una preziosa opportunità per generare uno sviluppo diver-so del tessuto produttivo. Tuttavia, le questioni industriali più urgen-ti che attraversano le grandi aziende italiane e i siti di produzione più strategici, sono ben lon-tane da una soluzione chiara. C’è pressapochi-smo, c’è incertezza. Il caso dell’ex-Ilva parla da solo: abbiamo un management che si assu-me rischi enormi e che si scopre repentinamen-te privato delle immunità penali; abbiamo un grande gruppo straniero che fa dietrofront a un anno dalla stipula dell’accordo; abbiamo un go-verno che, nelle sue diverse sensibilità, non in-dica in modo chiaro la strada per garantire la continuità della produzione. Inoltre, la situazione di blocco sta producendo danni diretti sulla integrità degli stabilimenti. Il rallentamento della produzione sta pregiudican-do l’intero patrimonio aziendale, ipotecando le chance di risultare attrattivo per qualsiasi inve-stitore. Noi non crediamo affatto nell’ipote-si “nazionalizzazione”,  bensì confidiamo in

un player industriale che abbia la capacità di avanzare un serio business plan e di farci recupe-rare le posizioni di mercato che abbiamo perso. Occorre trovare una soluzio-ne che non sacrifichi un ca-posaldo del sistema indu-striale come l’acciaio. È inim-maginabile sostenere la nostra manifattura rinunciando a que-sta produzione. Invece, non è impossibile sanare il sito e ga-rantire una bonifica ambientale che metta in sicurezza la salute di lavoratori e comunità locale. Altrove, nemmeno troppo di-stante da noi, è stato fatto.

Quello che sta avvenendo a Taranto costituisce una grande questione industriale da tenere in seria considerazione.  Alitalia è un altro caso eccellente che avrà con-seguenze rilevanti, in un modo o nell’altro. Partiremo da qui, e dalle tante situazioni gra-vose che compromettono il futuro dell’indu-stria nostrana, per far sentire la voce del ma-nagement. Nel 2020 daremo nuova linfa alla Commissione Politiche Industriali di Federmanager affin-ché sia protagonista, con un taglio assolutamen-te interventista, delle scelte di politica industriale che vanno prese. Riuniremo i colleghi più esperti non certo per criticare, bensì per portare avanti una  pro-grammazione di lungo respiro, per indivi-duare le soluzioni che consentano alle imprese grandi così come a quelle di dimensioni minori di essere competitive sul mercato globale.

In definitiva, per sostenere un programma di politica industriale che sopravviva ai cambi di governo e si faccia valere nei consessi europei. Il futuro, purtroppo, non è quello di una volta, sentenziava Paul Valery. Ora tocca a noi scriverne uno all’altezza della sfida. ■

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TEMPO DI BILANCI

Mario Cardoni Direttore Generale Federmanager

Formazione, partecipazione e networking. Questi i driver che riassu-mono i risultati raggiunti da Federmanager nel 2019, dalla certifica-zione delle competenze BEMANAGER al rinnovo del Ccnl, per svilup-pare una nuova cultura d’impresa e dare nuova linfa al management. Fine anno, è tempo di bilanci. Prendo spunto dal documento di Bilancio sociale di FEDERMANAGER che ripercorre, sintetizzandoli, i risultati ottenuti nell’anno passato. È un documento che compie la funzione di specchio, utile a veder proiettate davanti a sé le aree di crescita e quelle di miglioramento. Relazioni industriali e istituzio-nali, presenza sui media, iniziative e attività sociali, oltre ovviamen-te ai dati economici, costituiscono le sfaccettature di un disegno unitario che riguarda Federmanager, ma anche tutto il sistema.

A.L.P.I.M - Associazione Ligure per i Minori Via Corsica, 9/11 scala B 16128 Genova Orario di segreteria: ore 9 -12 dei giorni feriali, eccetto il sabato Tel: 010583476 - Fax: 010.5305484 E-mail: [email protected] - www.alpim.it

Nel corso del 2018, infatti, è stato consolidato il dialogo con istituzioni, forze politiche e so-ciali, imprese, nel solco di un’attenta attività di lobbying. Un dato su tutti: abbiamo organizzato 189 incontri istituzionali, di cui 54 con espo-nenti politici e del governo, e 71 con rappresen-tanti di vertice delle aziende. Abbiamo notevolmente intensificato le nostre at-tività di comunicazione anche e soprattutto sui nuovi media, cruciali per potersi davvero sentire al centro del dibattito nazionale. I numeri confer-mano: nel 2018, 3.285 articoli su carta stam-pata e web hanno citato FEDERMANAGER; siamo stati seguiti da 14 mila follower sulle diverse piat-taforme social e il mensile Progetto Manager è stato letto da 47 mila lettori online e da 6.500 lettori in versione cartacea. Parliamo quindi sempre più al Paese, un’ulteriore ragione per cercare di fare meglio, offrendo rispo-ste efficaci ai fabbisogni del management. A partire

dai nuovi driver della rappresentanza: forma-zione, partecipazione e networking sono gli in-gredienti essenziali per attrarre i giovani manager. Le solide basi poste nel 2018 sono state decisive per raggiungere anche quest’anno risultati impor-tanti. Uno su tutti: il rinnovo del Ccnl firmato a fine luglio 2019. Un obiettivo raggiunto grazie a una trattativa con-dotta con Confindustria che ha permesso di inter-venire efficacemente su temi come welfare, politiche attive e pari opportunità; mante-nendo contestualmente l’attenzione su priorità come parametri retributivi e tutele fondamentali, come quelle per malattia e non autosufficienza. Il Ccnl abbraccia una visione basata sull’alleanza tra imprenditori e manager per lo sviluppo di una nuova cultura d’impresa. Una visione che, par-tendo dalle tutele contrattuali, ha posto le basi per relazioni stabili e per un’attuazione concreta in azienda.

Infine, ma non da ultimo, il successo del progetto di certificazione delle competenze manageriali BEMA-NAGER. Nella prima edizione abbiamo certificato ben 300 manager in 4 differenti profili. Quest’anno ab-biamo rilanciato, aggiungendo il quinto profilo del manager per la sostenibilità. Proseguiamo con la soddisfazione di veder presenti nell’elenco degli Innovation Manager istituito dal Mise già 222 no-stri colleghi, che sono a disposizione delle imprese che, approfittando del voucher introdotto dalla legge di Bilancio 2019, scelgono di avvalersi di quelle competenze manageriali su cui Federmanager mette un bollino di qualità. Si tratta di un dato in continuo aggiornamento che individua il grande bacino di pro-fessionisti che stiamo valorizzando. Competenze che sono a servizio delle imprese e dell’intero Paese. ■

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Pur tra le solite lentezze e difficoltà le istituzioni eu-ropee si apprestano a una “nuova ripartenza”, dopo che le elezioni del parlamento hanno comunque confermato una maggioranza largamente europeista. La qualità dei nuovi prescelti per i ruoli apicali, a partire dalla Presidente della Commissione URSU-LA VON DER LEYEN e della Presidente della BCE CHRISTINE LAGARDE fa ben sperare, così come la consapevolezza della necessità della crescita, della lotta alle diseguaglianze e alle discriminazioni; altri punti importanti e condivisi sono la lotta ai cambiamenti climatici e la necessità di completare l’Unione monetaria e bancaria.

EUROPA: LA NUOVA PARTENZA

Marco Vezzani Consigliere CESE

OSSERVATORIO EUROPA

Anche l'Italia, alla fine, ha avuto importanti ricono-scimenti e sarà quindi de-gnamente presente ai ta-voli decisionali. Insomma, si può essere moderatamente ottimisti, anche se i partiti “anti eu-ropei” sono sempre forti, permangono gli egoismi nazionali e la difficoltà a comunicare in modo semplice ma serio con i cittadini. Ne è un esempio, per l’Italia, la discussione sur-reale sul MES, meglio conosciuto come “fondo salva stati”. L’argomento, che qui non si può illustrare in dettaglio, è serio e importante: occorre trovare modalità comu-nitarie d’intervento e d’aiuto, in caso di crisi di singoli paesi, che esprimano solidarietà, evitino “contagi” senza peraltro inco-raggiare comportamenti da “ci-cale” e senza che si ripetano si-tuazioni di macelleria sociale come in Grecia. Insomma, un tema complesso su cui da tempo si discuteva seria-mente, con l’Italia peraltro ben rappresentata dall’allora ministro

Tria e con ancora alcuni aspetti da definire. Ma perché farne oggetto di polemica politica col nuovo governo, soprattut-to tenendo conto che es-so aveva ereditato la boz-za di accordo dal governo precedente? Mistero.

Tra l’altro, come è logico, solo il 9% degli Italia-ni ha dichiarato di capirne qualcosa! La realtà è che si tratterebbe di un accordo più vantaggioso per l’Italia che per i paesi Nordici, perché non si sa mai se saremo sempre in gra-do di ripagare il nostro mostruoso debito pub-blico; nello stesso tempo, vari punti dovrebbero

essere ancora approfonditi, in particolare rispetto alla conte-stuale “unione bancaria” con una logica di “pacchetto”. Come FEDERMANAGER, da Euro-peisti “concreti” quali siamo, auspichiamo che su questo e su altri temi si discuta nel me-rito e non con la logica del Bar Sport, partendo però dalla rin-novata consapevolezza che fuori dall’Europa e dall’Euro sprofonderemmo sempre più nell’irrilevanza.

Sappiamo che oggi non è facile fare appello alla razionalità e ai contenuti; ma questa è la nostra vocazione e il nostro mestiere. Crediamo cioè alla “ripartenza” dell’ideale Europeo, purché abbinato alla concretezza e al coinvol-gimento dei cittadini. ■

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RAGIONAMENTI ED IPOTESI SUL FUTURO DELL’ILVA

ARCELOR MITTAL (AM), il primo produttore mondiale di acciaio, il 4 nov 2019 ad un anno dalla data di stipula del contratto con ILVA in AS per l’affitto con obbligo di acquisto della quasi totalità delle sue attività industriali ha comunicato ufficialmente la sua volontà di ritornare al proprietario impianti e addetti indicando come causa l’in-certezza giuridica ed operativa venutasi a creare (rimo-zione dello scudo penale ed obbligo di spegnimento dell’Altoforno nr. 2).

Egildo Derchi Coordinatore Commissione Siderurgia Federmanager

Con il suddetto contratto AM si era impegnata a realizzare un imponente Piano Ambientale ed In-dustriale finalizzato al rilancio del complesso aziendale preso in gestione e ad assumere 10.000 addetti da ILVA in AS. Il complesso ILVA, rilevato da AM un anno fa comprende: • Taranto, l’unità produttiva che include l’area fu-

soria, la laminazione a caldo ed alcune linee di finitura quali laminazione a freddo, zincature, tubifici con circa 8.000 addetti;

• Genova e Novi Ligure, due unità alimentate dai nastri a caldo prodotti a Taranto che trasformano in laminati a freddo, zincato e banda sta-gnata e a cui fa capo la rimanente forza lavoro.

La decisione di AM di rescindere il contratto e la conseguente trattativa tutt’ora aperta con il Gover-no impongono una riflessione sulle possibili con-figurazioni che potrà assumere il complesso indu-striale per uscire stabilmente dalla crisi avviatasi ufficialmente nel 2013 con il Commissariamento della Società e che sembrava aver trovato uno sbocco con l’avvio della gestione AM. Qualunque sia la compagine azionaria che verrà a configurarsi non potrà prescindere dall’obiettivo di pervenire ad un assetto produttivo bilanciato e competitivo che rispetti i requisiti ambientali im-posti dalla normativa, garantisca la competitività dei costi di produzione e l’integrazione con un grande player mondiale condizione quest’ultima indispensabile per poter beneficiare di politiche di acquisto, di vendita, di investimento e di ricerca e sviluppo non più compatibili con una dimensio-ne unicamente nazionale. Per meglio definire le variabili in campo, occorre richiamare i presupposti su cui si basava il fallito piano di rilancio di AM:

1. In primo luogo un giudizio fondamentalmente positivo sull’assetto impiantistico, la tecnologia adottata e la dimensione produttiva ottenibile a regime dall’impianto di Taranto, la principale unità produttiva del gruppo ILVA, l’unica che produce l’acciaio ed il cui ciclo include: la fase fusoria, alimentata dal minerale di ferro e dal carbone, che comprende gli impianti di AGGLO-

MERAZIONE, le COKERIE, gli AL-TOFORNI, le ACCIAIERIE e le CO-LATE CONTINUE; la fase di lamina-zione a caldo con i TRENI NASTRI che possono arrivare ad un volume massimo a regime di circa 9 Tonn/milni/anno destinato ad ali-mentare: a) il mercato; b) gli im-pianti di Genova e Novi Ligure; c) le linee di finitura presenti a Taranto.

2. In secondo luogo l’obbiettivo di crescita della produzione, condizione indispensabile per ot-tenere costi di produzione competitivi. Il Piano AM prevedeva una rapida crescita dei volumi: la produzione annua a fine 2019 doveva arriva-re a 6 Tonn/Milni/anno e nel 2023 (con il rifa-cimento dell’AFO5 ed il completamento del piano ambientale) a 9 Tonn/milni/anno;

3. Infine la realizzazione di un Piano ambientale che aveva il suo fulcro nella copertura dei parchi e nella riduzione delle emissioni che rendesse lo Stabilimento compatibile con l’AIA approvata nel 2012.

Il fallimento dopo solo un anno dal suo avvio del Piano Industriale può essenzialmente essere ri-condotto alla mancata crescita dei volumi produt-tivi: nel 2019 contro i 6 Milni previsti AM prevede di non superare i 4 Milni. A mancare l’obbiettivo hanno contribuito le crescenti difficoltà operative che, congiuntamente alla crisi congiunturale del mercato e la caduta dei prezzi di vendita hanno generato una perdita gestionale che ha indotto AM ad abbandonare.

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RAGIONAMENTI ED IPOTESI SUL FUTURO DELL’ILVA

Come uscire da questa situazione?Prima di analizzare le eventuali alternative occorre fare una precisazione circa la prospettata ipotesi di avviare una produzione di acciaio “carbon Free”, obiet-tivo che da più parti viene dichiarato fattibile e largamente preferibile per il suo basso impatto ambientale. Allo stato attuale della tecnologia de-carbonizzare la produzione di acciaio si-gnifica riprogettare tutta l’area primaria sostituendo gli attuali altiforni, alimentati a minerale di ferro e carbone con impianti di riduzione diretta che utilizzando gas metano per trasformare il minerale di ferro in preridotto (il preridotto o spugna di ferro è minerale di ferro purificato dell’ossido con cui è legato) per poi completare il ciclo sostituendo o riconvertendo le attuali acciaierie, alimentate a ghisa liquida con forni elettrici alimentati a carica solida (preridotto e rottame). Questo ciclo produttivo non risulta ad oggi installato ed utilizzato su scala industriale da nessun produt-tore in Europa. Il costo del gas metano, il riducente necessario in sostituzione del carbone, non consente infatti di ottenere costi di produzione comparabili a quelli ottenuti con il ciclo Altoforno. Tali impianti sono invece presenti in altre aree del mondo e più precisamente sono dislocati nei Paesi produttori di gas metano dove questo ha un costo molto vicino al solo costo di estrazione. Non esiste quindi un razionale economico che sostenga la de-carbonizzazione di Taranto. Sarebbero in-fatti necessari elevati investimenti per smantellare gli attuali impianti dell’area primaria per poi sostituirli con i nuovi impianti di riduzione diretta, il tutto per ottenere un nuovo assetto produttivo con costi elevati e non concorrenziali. Questo non vuol dire non perseguire un obiettivo di riduzione e o sostitu-zione del carbone. Progressi tecnologici e la necessità in futuro di grandi rifacimenti possono essere oc-casioni per compiere rilevanti progressi in questa direzione ma, allo stato attuale, porsi obiettivi di completa sostituzione appare non realistico.

1. Rilanciare con determinazione il Piano di AM per arrivare in tempi stretti a superare la produzione di 8 milioni di Tonn/anno;

É l’unica soluzione possibile per garantire una so-stanziale tenuta degli attuali livelli occupazionali attuali. La sua attuazione richiede: • Portare a termine il piano Ambientale ed Indu-

striale così come previsto nel contratto con AM; • Un esborso finanziario come previsto dal piano

originario più un ulteriore esborso per finanziare un ciclo di manutenzione straordinaria degli im-pianti aumentandone così l’affidabilità operativa;

• Un “clima” politico di forte supporto alla realiz-zazione del piano ed un dialogo serrato tra isti-tuzioni ed azienda per gestire e superare even-tuali difficoltà;

Per questa via sarebbe possibile • Tutelare al massimo gli attuali livelli occupazio-

nali; • Recuperare le quote di mercato perse in questi

anni; • Dare una prospettiva competitiva di lungo pe-

riodo a tutte le unità produttive. 2. Chiudere l’Area a Caldo, Bonificare l’Area

ed alimentare i treni nastri con Bramme d’acquisto

Questa soluzione richiede:

• Instaurare un accordo strutturale di joint venture con uno o più produttori di bramme (il semipro-dotto che alimenta i treni nastri) che nei fatti non potrà che essere extra europeo (AM o altro) che siano disposti ad alimentare i nostri treni na-stri con qualità, dimensioni e tempi di consegna concordati. Esiste infatti uno stretto rapporto qualitativo tra bramme ed i coils prodotti inoltre occorre tutelarsi da sbalzi del mercato;

• Ridurre drasticamente l’occupazione adeguan-dola al nuovo e più breve ciclo produttivo

• Ridefinire con appropriati investimenti e o ac-quisti il bilancio energetico dell’impianto che con la chiusura dell’area a caldo vedrebbe venir meno anche l’alimentazione delle centrali ter-miche interne che forniscono gran parte del-l’energia necessaria al ciclo di laminazione.

• Chiudere e bonificare l’area a caldo; • Ridefinire l’esborso finanziario che in questo

caso dovrebbe anche supportare la gestione de-gli esuberi e la bonifica delle aree dismesse.

Con questa soluzione si otterrebbe: • Un assetto produttivo con un basso impatto am-

bientale; • Il proseguimento dell’attività industriale in pre-

senza di un ambiente sociale attualmente forte-mente contrario a far proseguire l’attività del-l’area a caldo;

Fatta questa premessa per il futuro dell’ILVA si possono configurare 3 differenti ipotesi:

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RAGIONAMENTI ED IPOTESI SUL FUTURO DELL’ILVA

Occorre sottolineare che la laminazione di bramme provenienti da paesi extra CEE porterebbe ILVA a poter fornire solo il mercato del commercio e del-l’esportazione lasciandola fuori da tutto il mercato dei prodotti per end users e o per utilizzi partico-lari. Questi users, tra cui le unità produttive di Ge-nova e Novi Ligure richiedono infatti forniture di materiale con origine CEE possibile solo per acciai colati in Europa. In quest’ipotesi andrebbe quindi completamente ripensata l’alimentazione alle due unità produttive del nord cui Taranto potrebbe ga-rantire solo una minima parte del loro fabbisogno. Questa soluzione potrebbe in futuro aggiungere forno elettrico/colata sottile, molto meno impat-tante sull’ambiente. 3. Una soluzione bilanciata tra le due prece-

denti che preveda la riduzione dell’Area a Caldo stabilizzandola intorno agli attuali vo-lumi di circa 5 milioni di Tonn/anno e ga-rantire la saturazione dei treni nastri con l’acquisto di bramme per la quota mancante

Questa soluzione prevede: • Una riprogettazione dell’area a caldo e dei rifa-

cimenti in corso finalizzata a garantire la produ-zione di 4/6 milioni di Tonn/anno di bramme di

qualità elevata ed a costi competitivi non otteni-bile solo tramite il ridimensionamento produtti-vo dell’area fusoria; occorrerà infatti una profon-da rivisitazione del layout per ottenere una reale riduzione dei costi fissi delle aree interessate ed una logistica produttiva efficiente e competitiva;

• Le stesse necessità elencate al punto preceden-te per garantirsi l’approvvigionamento di circa 3/4 milioni di Tonn/anno di bramme;

• Un piano finanziario di rilievo per far fronte agli investimenti necessari a ridefinire layout ed im-pianti dell’area fusoria;

• Una riduzione consistente di organico ma infe-riore alla soluzione precedente.

Con questo assetto si dovrebbe poter ottenere: • Di continuare a servire i segmenti di mercato

più pregiati; • una struttura di costo competitiva data a) dalla ri-

definizione impiantistica dell’area fusoria e dalla piena saturazione della capacità produttiva dei treni di laminazione a caldo alimentati dalla pro-duzione interna integrata con bramme d’acquisto;

• un impatto ambientale inferiore, più gestibile e quindi più facilmente accettabile da parte del-l’ambiente sociale circostante.

Tutte e tre le soluzioni necessitano comunque: - della reintroduzione dello scudo penale indispensabile garanzia per chiunque, privato o pubblico,

venga a gestire questi impianti, oggi considerati non a norma fino alla completa realizzazione degli investimenti necessari a rispettare l’AIA;

- di un qualche tipo di legame strutturale con un grande produttore mondiale del settore. Il mercato dell’acciaio è sempre più internazionalizzato e globale. Soluzioni Autarchico/Nazionaliste non sono destinate a garantire una sopravvivenza nel lungo periodo.

Conclusioni • L’unica che ad oggi appare percorribile per una salvaguardia quasi totale dell’attuale l’occupazione

è il rilancio del Piano industriale originario di AM magari con tempistiche diverse e qualche aggiu-stamento ulteriore sul piano ambientale:

• una drastica conversione del ciclo produttivo verso soluzioni “carbon-free” non sembra perseguibile sia per la necessità di riprogettare tutta l’area primaria sia soprattutto per la non competitività dei co-sti di produzione ottenibili.

• Soluzioni che configurino una totale o parziale chiusura dell’area a caldo, decisamente preferibili sul piano ambientale sono ottenibili ma di certo comportano una riduzione consistente di addetti ed una ridefinizione del rapporto con il mercato d’acquisto per reperire i necessari volumi di bramme in mo-do continuativo e con il mercato di vendita per ridefinire i segmenti servibili. ■

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OFFERTA FORMATIVA 2020 CORSI IN E-LEARNING SU PIATTAFORMA FEDERMANAGER ACADEMY

1. LA TRASFORMAZIONE DIGITALE: scenari e strumenti

Il corso intende fornire un approfondimento sulla Trasformazione Digitale e, nello specifico, mostrare i possibili scenari che le aziende potranno trovarsi ad affrontare, fornendo strumenti utili per rispon-dere al meglio a situazioni critiche o di emergenza. 2. INDUSTRY 4.0: concetti introduttivi, prin-

cipali modelli ed esperienze Industria 4.0 è uno dei trend più importanti dell’attuale fase dei sistemi produttivi: se la Digital Transformation è la cornice generale del megatrend, Industry 4.0 è quella parte di essa che si applica soprattutto al manufactu-ring, anche se non solo ad esso. 3. BIG DATA, LE APPLICAZIONI E UN

NUOVO TIPO DI MANAGER: il Data Strategist

Presentare gli elementi principali che stanno caratterizzando i processi decisionali all'inter-no delle aziende, che con maggior rapidità hanno sposato il paradigma dei Big Data e del Data Driven Decision Making. In altri termini, mostrare perché vi sia una diversa velocità nella ca-pacità di gestire sia i processi interni, sia i propri clienti ed i cambiamenti di mercato. 4. INTELLIGENZA ARTIFICIALE E GESTIO-

NE DELLE PERSONE Illustrare come la complessità del contesto compe-titivo non trovi una risposta adeguata nella cre-scente complicazione dei meccanismi di funziona-mento delle aziende, legata all’adozione di modelli organizzativi tradizionali di gestione delle HR. 5. IOT, I CPS E LE NUOVE FRONTIERE DEL-

LA INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Analizzare l’impatto di IoT e Big Data nei Cyber Physical System (CPS). Indicare le principali tecniche di progettazione e di implementazione. Approfondire i principali ambiti di applicazione e analizzare importanti ca-se studies in rapporto anche allo sviluppo della Intelligenza Artificiale applicata al manufacturing. Valutare opportunità e benefici secondo la logica della Customer Experience.

6. E-LEADERSHIP: governare persone e

processi nei nuovi contesti digitali Il corso descrive le caratteristiche della e-leadership, intesa come combinazione di capacità manageriali e conoscenze delle opportunità e delle innovazioni del mondo digitale. In particolare vengono delineate aree di competenza, attitudini e condizioni di crescita professionali e individuali, attra-verso le quali ogni dirigente può arricchire il proprio lavoro con le competenze digitali e portare l’innovazione nella propria realtà aziendale.

7. MANUTENZIONE PREDITTIVA E CLOUD MANUFACTURING: tracciamento, com-plessità e manutenzione delle macchine automatiche

Da sempre le migliori linee di produzione sono organizzate in agglomerati di macchine automati-che e robot. Industry 4.0 ha reso più complessi questi sistemi, con nuove funzioni e ritmi di pro-duzione da monitorare per riuscire a tenere alta la competitività aziendale. 8. INDUSTRY 4.0 COMPETENCES AND HU-

MAN RESOURCE MANAGEMENT ROLE: building and managing skill framework for chosen technologies

Antonio Donnarumma Responsabile per la formazione

Dopo il Convegno organizzato nel Marzo 2017 ASDAI LIGURIA, assieme a CONFINDUSTRIA, sul tema Industria 4.0 ASDAI LIGURIA ha lanciato un progetto molto ambizioso, dal titolo Manager_4.0. Il progetto è, ba-sato su tre pilastri fondamentali: l’informazione, il networking e la for-mazione. Sia l’informazione che il networking hanno raggiunto l’obiettivo, per quanto riguarda la formazione abbiamo preparato il progetto formativo Upgrade 4.0. Quest’anno ASDAI LIGURIA ha firmato una convenzione con FEDERMANAGER ACADEMY con la quale verranno messi a disposizione i corsi in e-learning del pacchetto SAILING ON LINE. Di seguito i 19 corsi attualmente a catalogo:

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OFFERTA FORMATIVA 2020

Advanced manufacturing is the use of innovative technology to improve products or processes. In Industry 4.0 paradigm, robots that collaborate with human operators for the execution of pro-duction processes will be a fundamental resource of the factories. 9. BLOCKCHAIN: principali caratteristiche,

casi d’uso e regolamentazione Un registro digitale con una struttura dati condivi-sa e immutabile: questo è il Blockchain, un vero e proprio database paragonabile a quello utilizza-to dalle più grandi banche e autorità statali, grazie al quale è possibile memorizzare dati in modo si-curo, verificabile e permanente. 10. IL MARE DI INDUSTRY 4.0: un ran-

king fra le varie tecnologie per trova-re le più performanti

“Industry 4.0” significa integrare un CPS (Cyber Physical System) nella produzione e nella logistica, ma anche applicare strumenti dell’Internet of Things e dei servizi nei pro-cessi industriali, con le conseguenze che ne derivano per la creazione di valore, i model-li di business e, a valle, per la fornitura di servizi e l’organizzazione del lavoro. 11. FINTECH IN ITALIA: le basi e le atti-

vità “Industry 4.0” Il Fintech è un segmento di mercato emer-gente in cui si inseriscono tutte le aziende la cui offerta è volta a innovare, mediante le tecnologie digitali, servizi tradizionali del mondo finanziario. Le aziende Fintech erogano uno specifico servizio (caratteristica tipica delle start up), per il quale potrebbero trovarsi in una posizione di concor-renza rispetto ai player tradizionali del mondo Fi-nance, Banche e Assicurazioni in primis. 12. SMART MATERIALS Le nuove tecnologie 4.0 hanno portato allo svi-luppo e alla realizzazione di materiali “intelligen-ti”, che rispondono a stimoli o modifiche dell’am-biente esterno attivando in modo autonomo pro-prie e diverse funzionalità. Un materiale “smart” può quindi modificare e riprendere la propria for-ma dopo essere stato sollecitato da una forza esterna, cambiare colore in base alla temperatura a cui viene esposto o allargarsi/diminuire se sti-molato elettricamente.

13. DA OCEANO BLU A OCEANO VERDE: in-novazione, Experience Co-Creation e DART Model

Le strategie per entrare nella sfera di attenzione degli attuali “non clienti”, o per immaginare pro-poste talmente nuove da aprire mercati “unconte-sted” (senza competitor), sono obiettivi molto dif-ficili, ma con la metodologia Oceano Blu e i suoi casi di successo sono diventati obiettivi possibili per un numero significativo di aziende. 14. COME PROGETTARE E IMPLEMENTARE

UN BUSINESS PLAN Il corso intende offrire ai partecipanti un contribu-to concreto e orientato al risultato per la prepara-

zione e la gestione del Business Plan, che rive-ste un ruolo fondamentale nella definizione del-le rotte strategiche e operative che le imprese devono seguire. L’idea di fondo è di dare stru-menti per muoversi nel modo più coerente pos-sibile in mercati sempre più difficili e mutevoli. 15. INTERNAZIONALIZZAZIONE: sceglie-

re, valutare e conquistare nuovi mercati Lo scopo del corso è di portare il partecipante ad apprendere le basi teoriche e le indicazioni pratiche per valutare la potenzialità dei paesi in cui internazionalizzare, e per progettare e implementare un’efficace strategia in nuovi mercati esteri.

16. CONTROLLO DI GESTIONE E FINANZA: inquadramento per non specialisti e ri-flessioni per i manager AFC

L’espressione “creare valore” è diventata molto co-mune nel linguaggio delle imprese, ma in molti casi essa è usata in modo inappropriato: in realtà la creazione di valore non solo è misurabile, ma è un contributo fondamentale alla messa a punto di strategie finanziarie e corporate. 17. LA SUPPLY CHAIN NEL «NUOVO NOR-

MALE» DEL MERCATO INSTABILE GLO-BALE, E LE TEORIE SISTEMICHE COME RISPOSTA

Il corso si propone di trasmettere una conoscen-za degli elementi strutturali della realtà al centro di gran parte dell’attività di un’impresa manifat-turiera, ovvero la Supply Chain. Spesso le fasi di essa vengono considerate separatamente o in modo non approfondito: questo percorso in e-

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OFFERTA FORMATIVA 2020

Learning intende dunque fare chiarezza, e dare strumenti per uno scenario in cui l’instabilità è diventata la regola. 18. LE SPECIFICITÀ DEL LAVORO MANAGE-

RIALE CON LE PMI Le PMI hanno dinamiche particolari, e spesso, al-meno nella fase di approccio, più complesse delle imprese di maggiori dimensioni. Il corso, grazie al contri-buto di un consulente di aziende di livello internazionale, ma anche di PMI impegnate nella battaglia della crescita e a volte della sopravvivenza, offre un quadro di strumenti per en-trare nel mondo specifico delle PMI, con le sue dinamiche familiari, di successione e di

criticità nel vissuto quotidiano, nel confronto fra proprietà e manager, o fra questi e i dipendenti. 19. PROJECT MANAGEMENT Corso in colla-

borazione col Project Management Insti-tute internazionale

Le varie fasi e attività che attengono a un proget-to spesso vengono affrontate in mo-do approssimativo o non sufficiente-mente sistematico: avere un quadro preciso e affidabile è invece di im-portanza fondamentale quando sono in gioco progetti strategici, o quando vanno gestite risorse importanti co-me il tempo e le skill dei collabora-tori, i mezzi tecnologici o i capitali

investiti nel progetto.

Istituto di medicina oftalmica S.r.l.

Studio Oculistico, Ambulatorio e Sale Operatorie Via Antiochia 29 r ­ 16129 Genova

Tel. 010 540980 ­ 010 5702829 / Fax: 010 532391 [email protected]

Con posteggio privato per gli ospiti.

ORARI Dal lunedì al venerdì: 9.00 ­ 19.00

Chiuso sabato e domenica.

ELENCO PRESTAZIONI ‐ Visita oculistica ‐ Determinazione acutezza visiva ‐ Tonometria e curve tonometriche giornaliere ‐ Esame della retina ‐ Oct. tomografia ottica a radiazione coerente della retina e della papilla ‐ Esame computerizzato del campo visivo ‐ Campo visivo binoculare ‐ Test per rinnovo patente ‐ Biometria oculare ‐ Pachimetria ‐ Mappatura corneale e aberrometria ‐ Centro ortottico ‐ Test di Hess‐Lancaster ‐ Citologia e biopsia della superÿcie oculare ‐ Microscopia confocale della cornea ‐ Conta cellule endoteliali ‐ Ipovisione ‐ Centro superficie oculare, occhio secco ‐ Ecografia oculare

LASER ‐ Laser delle malattie retiniche ‐ Laser terapia del glaucoma ‐ Laser terapia della malattia della macula ‐ Laser terapia della cataratta secondaria CHIRURGIA REFRATTIVA CON LASER Per correggere miopia, astigmatismo, ipermetropia, presbiopia ‐ FEMTO LASIK ‐ PRK ‐ PTK ‐ CROSS‐LINKING MICROCHIRURGIA OCULARE ‐ Cataratta ‐ Distacco retina ‐ Iniezione endovitreali per le malattie retiniche ‐ Chirurgia vitreo retinica ‐ Ectropion ‐ Entropion ‐ Blefaroplastica ‐ Ptosi Palpebrale ‐ Trapianto di cornea: perforante, endoteliale, lamellare ‐ Chirurgia dello Pterigio ‐ Chirurgia microinvasiva del glaucoma

Iscritti ASDAI Liguria Sconto 10%

I corsi verranno erogati in modalità d’aula a ¼ del loro valore di listino e verranno presi accordi con gli Ordini Professionali per l’erogazione dei Crediti Formativi. Nel mese di gennaio verrà inviata un invito a tutti i nostri soci con le modalità di erogazione dei corsi, di iscrizione e di pianificazione del progetto formativo. ■

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Si è tenuto giovedì 05 Dicembre 2019 nella rinomata Sala della Proto-moteca del Campidoglio in Roma la V^ Edizione del Premio 100 Ec-cellenze Italiane. La finalità di 100 Eccellenze Italiane è di premiare 100 protagonisti del-la migliore Italia, in virtù del prezioso contributo recato da ciascuno di essi alla crescita del nostro Paese. Raccontare attraverso la storia di 100 Eccellenze Italiane il volto della bella Italia, personaggi, aziende ed enti che con il loro lavoro contribuiscono e hanno contribuito a valorizzare l’emblema di un marchio distintivo riconosciuto in tutto il mondo. Il prestigioso riconoscimento è patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri da nove Mini-steri (Sviluppo Economico, Interno, Lavoro, Infrastrutture e Trasporti, Salute, Istruzione-Università e Ricerca, Politiche Agricole, Beni Culturali, Ambiente) e dalle altre importantissime Istituzioni citate in basso. La finalità è premiare 100 protagonisti per il prezioso contributo recato da ciascuno di essi alla crescita del Paese. Personaggi, aziende ed Enti che con il loro lavoro contribuiscono a valorizzare l'Ita-lia migliore nel mondo. Ha coordinato i lavori la giornalista e conduttrice televisiva Alda D'Eusanio.

Il messaggio dell’A.D. di CDi Manager Federico Sacchi:

Siamo onorati di essere una delle 100 eccellenze! Ci sentiamo tuttavia in dovere di condividere que-sto riconoscimento con i bravi Manager che proponiamo ma soprattutto con i Clienti che ci danno fiducia e con i collaboratori che, con il loro buon lavoro, permettono che la stessa ci venga conti-nuamente rinnovata. Prendiamo quindi questo attestato di eccellenza come uno stimolo ad impe-gnarci sempre di più per far crescere ulteriormente la bontà dei nostri servizi e la qualità nella re-lazione con i nostri Clienti.

Redazionale

Consegna del Premio 100 ECCELLENZE ITALIANE

V^ Edizione

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Siamo Sempre Noi: TASSE E CONTRIBUTI

Come sempre, e ci risia-mo, solo il 12,28% dei contribuenti corrispon-de il 57,88% di tutta l’IR-PEF e solo 5 milioni di soggetti dichiarano reddi-ti superiori a 35.000 Euro, e solo 467.442 contri-buenti dichiarano redditi superiori a 100.000 Euro (circa 52.000 Euro netti): sono solo l’1,13% dei contribuenti che tuttavia pagano il 19,35% di tutta l’IRPEF. Sommando i ti-tolari di redditi superiori a 55.000 Euro si ottiene che il 4,39% dei contribuenti paga il 37,02% del totale dell’IRPEF. Da un’approfondita analisi dei dati di evince an-cora che: “mentre aumenta il numero dei con-tribuenti che presentano le dichiarazione, dimi-nuiscono sia i versanti che i redditi dichiarati; se si considera però che, nel frattempo, PIL e oc-cupazione sono saliti, seppur di poco, così come l’ammontare totale dell’IRPEF versata (a quasi sostanziale parità di addizionali regionali e co-munali), se ne può dedurre che quelli che paga-no sono sempre meno ma di fatto pagano sem-pre di più “ (commento di Alberto Brambilla cu-ratore della ricerca insieme a Paolo Novati): l’esatto contrario del “legittimamente” decantato principio “pagare tutti per pagare meno”. Limitando l’analisi ai soli lavoratori dipendenti, lo studio evidenzia che 4,12 milioni di dipen-denti con redditi tra zero e 7.500 Euro hanno di fatto un’IRPEF negativa, così come negativa è l’IRPEF dei 4,15 milioni di lavoratori che con redditi tra i 7.500 ed i 15.000 Euro, grazie a de-duzioni e detrazioni.

Tutti questi contribuenti “di nome” sono in effetti a carico degli altri contri-buenti. Ma c’è di più: i di-chiaranti tra 15mila e 20mila Euro sono quasi 3 milioni e pagano un’ali-quota media di 1.237 eu-ro. Nell’ipotesi che un la-voratore di questa fascia abbia due persone a cari-

co, per la sola sanità questa famiglia costerebbe allo Stato 5.634,48 Euro (la media pro-capite è di 1.878,16 Euro) ben di più dell’IRPEF versata dalla stessa famiglia nel complesso. Nella stessa situazione, differenza negativa tra imposta ver-sata e costo della sola sanità) si trovano anche gli stessi nuclei familiari con un reddito tra 20 e 35mila Euro, che pagano un ‘IRPEF attorno ai 4.000 Euro. Per continuare a farci del male: se sul piano del-le dichiarazioni IRPEF andiamo piuttosto male, il capitolo evasione è drammatico: in qualche studio dedicato alla materia si legge che questo fenomeno, nel suo totale, ammonterebbe al 17,4% del nostro PIL, alta, molto più alta, di quella degli altri Paesi europei. Sarebbe dunque su questo aspetto che la politica dovrebbe con-centrarsi piuttosto che alimentare le coperture finanziarie con continue “incursioni” sui redditi dei pensionati. Il mancato pagamento dell’IRPEF (nella media 2011-2016) è stimato in circa 33.3 miliardi da

parte di lavoro autono-mo o d’impresa (i lavora-tori dipendenti e pensio-nati sono ovviamente esclusi): in questi anni l’evasione si è stabilizza-ta ma ha un andamento

Redazionale Gruppo Seniores

Durante il convegno promosso da ITINERARI PREVIDENZIALI e CIDA il 18 Ottobre 2019 è emerso il solito quadro desolante che ci riguarda. Le rilevazioni del 2017 (le ultime disponibili) hanno evidenziato che il totale dei redditi dichiarati, tramite i modelli 770, 730 ed Unico, ammontano a 838,2 Miliardi di Euro, quasi 5 Miliardi in meno del 2016, il gettito IRPEF, al netto del bonus da 80 Euro, è stato pari ad 164,7 Miliardi con un in-cremento di poco meno di 1,5 Miliardi rispetto al 2016. Su oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a fine 2017, solo poco più di 30,7 milioni sono quelli che versano almeno 1 Euro di IRPEF.

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TASSE E CONTRIBUTI

altalenante negli anni con una tendenza all’au-mento, ma è soprattutto il livello assoluto che è preoccupante. Bisognerebbe non solo intervenire con misure forti contro i grandi evasori, un elitè implacabi-le che riesce a sfuggire ad ogni regola di buon comportamento civile, con provvedimenti più incisivi di quelli finora adottati, ma anche com-battere il vizio tutto no-strano di “dichiarare il meno possibile per benefi-ciare di una numerosissi-ma serie di agevolazioni e benefici collegati al red-

dito” (comunicato CIDA 27 settembre 2019). Ci auguriamo che quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2020 con i diversi meccanismi di in-centivazione all’uso della moneta elettronica, degli scontrini e dei nuovi registratori di cassa e l’estensione della fatturazione elettronica, pos-

sano, nei limiti con cui questa manovra è stata scritta, compensare alme-no in qualche misura l’iniquità fiscale alla quale continuiamo ad essere esposti: come abbiamo già detto “molti non paga-no e quelli che pagano, pagano sempre di più”.

La lotta all’evasione, e la difesa di lavoratori dipendenti e pensionati, non è difficile, anche se non facilissima, ma ci vorrebbe, da parte di chi è chiamato a governare il Paese, un po’ di coraggio! Almeno un poco, senza magari pensare alle prossime elezioni amministrative di qualche regione del Nord, Sud o Centro Italia. ■

https://www.borsainside.com/

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AXPO ITALIA

Filippo Di Benedetto Head of Business Strategy Axpo Italia S.p.A.

Fondato dai Cantoni e dalle Società Municipalizzate del nord est della Svizzera oltre 100 anni fa, il Gruppo Axpo è oggi una realtà internazionale presente in più di 30 paesi Europei e negli USA ma con solide radici locali. Il gruppo con i suoi più di 5.000 dipendenti produce, commercializza e vende energia per oltre 100TWh ad oltre 3 milioni di persone e migliaia di aziende, gestendo oltre 14.000 MW di produzione da fonte rinnovabile.

Elementi fondanti della value proposition sono l’affidabilità e l’innovazione, con lo sviluppo di soluzioni e servizi innovativi lungo tutta la filiera energetica, dalla produzione, al trading, sino alla fornitura per il cliente finale. In particolare, AXPO offre a tutti i propri partners strumenti di COMMODITY TRADING e di GE-STIONE ATTIVA DEL RISCHIO, attra-verso un servizio la cui qualità è riconosciuta a livello globale come testimoniato dai numerosi riconoscimenti ottenuti. AXPO ITALIA – già EGL Italia S.p.A. – viene fondata a Genova nel giugno del 2000, a seguito del Decreto Bersani (1999) e della conse-guente liberalizzazione del mercato Elettrico. Al-l’epoca l’attuale amministratore delegato era un genovese neolaureato in ingegneria a cui venne as-segnata la matricola n. 5 dell’azienda. Con oltre 9 TWh venduti e 1 mld di mc, AXPO è oggi in Italia il quinto fornitore di energia elettrica in Italia e il decimo sul GAS (Dati indagine ARERA 2018) con un focus particolare sul BTB, dal micro-business/PMI fino ai grandi energivori che Le riconoscono da anni competenza e velocità di adat-tamento ai mutevoli cambia-menti che coinvolgono il settore energetico. In aggiunta, AXPO ITALIA svi-luppa per i propri clienti solu-zioni di efficienza energetica e di mobilità sostenibile integran-doli in un’offerta a 360 gradi. AXPO ITALIA, che si propone di minimizzare i rischi sottesi alla fornitura e di sfruttare tutte le opportunità che il mercato energetico è in grado di fornire, al mo-mento conta più di 270 dipendenti e 3 sedi, in Ge-nova (sede operativa che conta circa 200 unità), Milano e Roma; l’ultimo bilancio riporta un fatturato

di 1,7mld€; un EBITDA di 63 mln€ e al 30.09.2019 si contavano in fornitura oltre 440.000 punti di prelievo. AXPO ITALIA in questo momento sta affrontando un doppio trasloco nelle sedi di Milano e Genova. In quest’ultima in particolare, la società raggiungerà

molto presto la nuova sede di Largo XII Ottobre. Come in ogni trasloco che si rispetti si sente un po’ di nostalgia per ciò che si lascia, ma la voglia di futuro e di ritagliarsi un ruolo di primo piano nel cuore della città pre-valgono nettamente. Il rispetto per l’ambiente è parte

integrante della politica aziendale e dello sviluppo dell’offerta AXPO. Lo sfruttamento delle fonti rinno-vabili e l’adozione delle migliori tecnologie disponi-bili con elevata efficienza energetica e limitate emissioni rappresentano chiare priorità per il Gruppo. Con il nuovo anno tutto questo troverà ap-plicazione concreta presso le nuove sedi caratteriz-zate da progetti plastic free e carbon neutral. In Italia, oltre alla parte commerciale, il gruppo vanta 3 impianti di ultima generazione a ciclo com-binato a gas naturale da 760MW ciascuno anche tra-

mite collaborazioni con Hera e con ENI. Nell’ambito delle rin-novabili, oltre ad un vastissimo portfolio di produttori terzi, opera nel settore delle rinnova-bili attraverso la società WinBis Srl che svolge la gestione com-merciale e operativa di un parco eolico con una capacità

di 66 MW di potenza. In coerenza con la propria visione, AXPO ITALIA offre soluzioni contrattuali a lungo termine (Power Pur-chase Agreement o “PPA”) per integrare un approc-cio orientato alla sostenibilità nelle strategie energetiche delle grandi aziende.

In particolare, Nel 2018, AXPO si è posizionata al 2° posto, solo dopo Google, per contratti PPA conclusi in Europa (dati report annuale Aurora Energy Research). Con 589 PPA siglati, AXPO ha giocato un ruolo decisivo nel mercato europeo, un ottimo risultato frutto del consolidato rapporto con investitori, produttori, fornitori di energia e aziende. ■

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RISPOSTA ALL’INVITO DEL PRESIDENTE

Oggetto: Porti liguri Ho ricevuto la lettera indirizzata dal Presidente, dottor Vezzani, a mio marito, ing. Antonio Boaretto e vi rin-grazio. Penso di ricevere a giorni l'identica lettera indirizzata a me, Bracco Maria Carla. Rispondo a nome di tutti e due. Siamo stati entrambi Funzionari dell'allora Consorzio Autonomo del Porto di Genova: mio marito ha con-cluso la sua carriera come Ingegnere Capo, io ero Capo Ripartizione del Servizio Ragioneria. Siamo troppo anziani (95 anni mio marito; 82 anni io) per raccogliere il Vostro invito e, soprattutto, viviamo in provincia di Padova. La nostra carriera si è conclusa, diciamo così, "malamente" con il grande esodo degli anni 80, quando mio marito, con altri colleghi, si è trovato sulla prima pagina dei giornali cittadini quale responsabile della crisi e del dissesto nel quale versava il porto di Genova. I tecnici, come eravamo lui ed io, non avevano nessuna possibilità di influire sulle scelte politiche e gestionali: potevano soltanto adempiere con solerzia, onesta e anche passione alle loro mansioni. Cosa che entrambi abbiamo sempre fatto anche per carattere e corretta, buona educazione. Era una epoca di grandi trasformazioni nei traffici e di scelte politiche che portavano a sovradimensionamenti degli organici, a conseguenti bilanci in crisi e alla scelta (allora ancora possibile e indiscussa) di trasferire dal locale al nazionale le difficoltà economiche. Allora, ad esempio, qualcuno poteva pensare che l'INPS fosse un pozzo senza fondo. Da qui diversi esodi di cui l'ultimo, appunto, con la ricerca di capri espiatori. Passata l'amarezza è rimasta in noi il bel ricordo della vita lavorativa al Consorzio. Mio marito ha avuto gran-di soddisfazioni personali: arrivato negli anni 50 dopo aver seguito , per conto di una ditta padovana, la co-struzione di 12 gru al molo vecchio, è stato chiamato alle dipendenze del CAP. Ha seguito, per la parte di sua competenza, molte delle opere importanti che si andavano realizzando: l'Aeroporto, la costruzione del-l'isola petroli al largo di Multedo, le prime twin lift, le gru di calata sanità, l'impianto banane e anche le gru dello sfortunato 5° bacino di carenaggio. Tutti lavori di grandissima soddisfazione dal punto di vista profes-sionale e dei quali ancora mi parla con nostalgia. Tutte opere che probabilmente non esistono più o che sono state completamente modificate. Di mio marito rimane una unica e insospettata traccia: la gru idraulica del porto vecchio che è diventata un po' un simbolo del porto vecchio si è salvata per merito suo. Quando il Comitato deliberò la demolizione (di tutte, senza eccezione alcuna) delle ormai obsolete gru idrauliche, mio marito con il geometra di zona (credo si chiamasse Bonotto) decisero di risparmiare la gru (numero 38? non ricordo). É stato, da parte dei due tecnici, un gesto d illogica scorrettezza professionale dovuto a sentimenti di gentilezza e di riconoscenza per quella che era ormai diventata quasi un giocattolo ma era stata ed era ancora una meraviglia della tecnica, aveva segnato un significativo progresso nel lavoro portuale e, per di più, era ancora perfettamente in grado di funzionare. Anche un grande architetto ha poi provato simili emozioni e l'ha giustamente valorizzata. Mi accorgo dalla lunghezza di questa mia, che più che una risposta e uno sfogo e che anche le mie nostalgie sono molto forti. I i sentimenti che provo pensando a Genova sono molto simili a quelli di mio marito nei confronti della vecchia gru, ma con tutto il cuore mi aspetto che la mia città ritorni ad essere di nuovo im-portante per innovazione, finanza e cultura e non solo bella, in maniera quasi struggente. Spero comunque che vi conforti sapere che in noi, sotto tanta cenere, covano ancora scintille di autentico amore e grandi speranze per Genova e i genovesi. Vi auguro con tutto il cuore che le vostre iniziative abbiano successo e che Genova torni a rifiorire nono-stante l'isolamento che, oggi, ancora molto peggio di ieri, la opprime. Vi auguro di trovare intelligenze, passioni, intuizioni, capacità energie e finanziamenti capaci di mettere, Ge-nova in contatto veloce e fattivo con il resto dell'Italia e del mondo. Mi si stringe cuore quando sento mia figlia dispiacersi per il confronto negativo tra le tratte ferroviarie Milano Padova e Milano Genova o quando sento nominare il terzo valico o la gronda che già ai miei tempi erano vecchi problemi. Non ho coraggio di immaginare i problemi del porto. Coraggio, buon lavoro e auguri vivissimi per le prossime festività e il prossimo anno. Grazie per tenerci sempre al corrente delle vostre iniziative

Maria Carla Bracco e Antonio Boaretto

Libera Opinione

Nel ringraziare per l’attenzione che Maria Carla e Antonio ci dedicano, auguro a loro un sereno 2020 rimanendo a loro disposizione e con il piacere di continuare a ricevere loro notizie.

Marco Vezzani

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STORIA DEL CALCIO ITALIANO UNO SCUDETTO VISTO E VISSUTO

“Squadra che vince scudetto è quella che ha fatto più punti”

Vujadin Boskov

I primi anni la squadra dona emozioni, i gol di Bassetto e belle vittorie, ma è sempre un po’ svagata e “femmina”, come dicono le crona-che di allora. Il periodo migliore è quello dei “vecchietti” allenati da Eraldo Mon-zeglio, quasi tutti attem-pati scarti di squadre più blasonate; c'è anzi-tutto Tito Cucchiaroni, che sembra un pensio-nato dalle gambette malferme e che trotte-rella per il campo, pos-sibilmente all'ombra, ma poi è capace di scartare gli avversari come birilli e di segnare una doppietta in un derby, trafiggendo il portiere avversario, Giorgio Ghezzi, da posizione impossibile nell'ultimo quarto d'ora; e c'è Nacka Skoglund, svedese vice campione del mondo, quasi sempre ubriaco ma che in campo, dove di solito arrivava dopo notti passate nei night clubs, era lui ad ubriacare gli avversari incapaci di intuire le sue finte diaboliche. E poi c'era Ernst Oc-wirk, capitano e grande regista austriaco, tanti altri onesti giocatori e soprattutto Sergio Bri-ghenti, capocannoniere detto cannoncino d'oro; la sua impresa sarebbe stata ripetuta solo da Gianluca Vialli e que-st'anno da Fabio Qua-gliarella. Addirittura, uno scudet-to, nel 1961, i vecchietti terribili lo avrebbero

anche potuto vincere, se a gennaio, sciagura-tamente, anche allora per vile denaro, non fosse stato ceduto alla Juventus l'unico giova-ne talentuoso, l'ala Bru-no Mora: la Juve ringra-ziò e si aggiudicò uno dei suoi mille titoli, ma la Samp conquistò un più che onorevole quarto posto. Dopo i “vecchietti”, per lunghi anni, molte sof-ferenze, due dolorose retrocessioni, pochissi-me soddisfazioni tra cui

una splendida promozione in serie A di una bella Samp di giovani guidati dal “dottore”, al secolo Ful-vio Bernardini, grande uomo e allenatore. Poi, finalmente, è arrivato Lui. Romano, blando tifoso della Lazio, Paolo Mantovani si era trasferito a Genova da giovane, nel 1955, dap-prima come impiegato della Cameli Petroli e poi in proprio con la sua Pontoil, negli anni del Far West del commercio degli idrocarburi, con cui si era rapi-

damente arricchito; i maligni avevano solle-vato molti dubbi, così come la Guardia di Fi-nanza, tanto da costrin-gere il Nostro, a un cer-to punto, a un dorato esilio in Svizzera. Per la cronaca, va detto, fu poi assolto in tutti i processi subiti. In ogni caso Paolo era intelligente, leale, fur-bo, e amava il rischio e

Marco Vezzani Tifoso sampdoriano

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Fatima Poscia ci ha illustrato nei numeri scorsi di questa rivi-sta, con la consueta bravura, la storia dei nove scudetti del Genoa, che si perdono nella notte dei tempi come le gesta degli eroi Omerici. Io invece voglio raccontare un'impresa che resterà per sempre negli occhi e nel cuore di chi l'ha vissuta: lo scudetto vinto, in anni più recenti e con molta più concorrenza, da una squadra genovese che si chiama Sampdoria; la storia inizia il 12 Agosto 1946, o forse prima a sentire Fatima; per noi, però, Lei nasce quel giorno, quando si veste dei colori più belli del mondo.

Prima formazione della Sampdoria nel 1946 (foto: Wikipedia)

Unione Calcio Sampdoria Stagione 1960 - 1961 (Wikipedia)

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UNO SCUDETTO VISTO E VISSUTO

il gioco d’azzardo; così, gli venne voglia di acquistare una squadra di calcio, dove quelle qualità servivano tutte. A Genova ce n'erano due, ma di quella rossoblu, co-me dichiarò in un’intervista, non gli piacquero i tifosi in-disciplinati e (già allora) impazienti e troppo caloro-si; della Samp, invece , lo convinsero i colori e il tifo pacato; così, dopo un po’di apprendistato come consi-gliere, il 3 luglio 1979 divenne il proprietario e il Presidente della Sampdoria, che in quegli anni vi-vacchiava senza gloria in serie B; all’inizio non fu fa-cile, ma come aveva dichiarato alla stampa incredu-la lui studiava e già pianificava lo scudetto. Già dalle prime mosse di Mantovani fu subito chiaro che non scherzava e che aveva grande talento oltre che mezzi finanziari e voglia di spenderli nel calcio. E poi era autoritario, paternalista, ma anche motiva-tore e capace di scovare e valorizzare i talenti: diri-genti come Borea, allenatori e giocatori. Mister Riccomini, ad esempio, era considerato un mago della B, ma giocava sempre per pareggiare e non per vincere come voleva Paolo, che lo licenzia e scova il giovane Renzo Ulivieri, mediocre ex cal-ciatore, famoso più che altro come play boy ma “fu-mino” da buon toscano, assai intelligente e compe-tente; così, con un gruppo di discreti ma non eccelsi giocatori, Paolo ci porta in serie A, e di lì inizia la cavalcata verso lo scudetto. Anni più tardi, Paolo Mantovani avrebbe paragonato la squadra che stava pazientemente costruendo a una pinacoteca per la quale il proprietario ogni an-no acquistava un pezzo pregiato; e così in effetti aveva fatto; ogni anno uno o al massimo due acqui-sti, quasi sempre giovanissimi e di talento eccelso, pagati peraltro a caro prez-zo, che lui sapeva scovare prima degli altri assieme al fido Borea. Il primo “quadro” è stato forse il più amato, da Lui e da noi: aveva 17 anni, mar-chigiano, di famiglia mode-sta, ma già protagonista nel Bologna. Paolo Mantovani se lo portò praticamente a

casa, trattandolo come un figlio anche un po’ viziatel-lo e lui, Roberto Mancini, ci ha regalato prodezze subli-mi e giocate ineguagliabili, accanto a ragazzate imper-donabili, come quando, in ritiro con la nazionale, era scappato dalla finestra as-sieme a un altro sciagurato per correre dietro a una sot-tana; e in nazionale ci è tor-nato solo ora, da Commis-sario, e chissà come fa a pretendere la disciplina.

Il Mancio era capace di arrivare sulla linea di porta e tornare indietro per scartare ancora un avversario, ma anche di scardinare con la forza difensori grossi il doppio di lui; altra caratteristica: falliva quasi sem-pre le partite importanti, tra cui i derby, perché ci ar-rivava avendole mentalmente già giocate dieci volte, e quindi scarico; ma insomma, il Mancio era unico. Il primo anno di A, saggiamente, Paolo oltre a Ro-berto Mancini, ancora acerbo, aveva comprato due grandi campioni britannici di grande classe ed espe-rienza: il centrocampista ex Juve Liam Brady e Tre-vor Francis, eccelso centravanti purtroppo dai mu-scoli fragili ma capace di prodezze fantastiche prima di infortunarsi. Ma il Presidente aveva fatto, per la verità già in serie B, un altro colpaccio: un giovane asciutto e velocis-simo, che avrebbe lasciato in prestito a farsi le ossa in serie A prima alla Roma e poi alla Fiorentina: Pie-tro Vierchovod, detto lo Zar per le sue vere o pre-sunte origini russe, era un difensore formidabile, e lo sarebbe stato fino a oltre 40 anni di età; quasi in-superabile di testa e sull’anticipo, se proprio non ce la faceva in altro modo fermava gli avversari con fal-li chirurgici ed essenziali ma assai dolorosi per le ca-viglie dei malcapitati che, come il grande Marco Van Basten, se ne ricordano ancora adesso. Incredibil-

mente, Pietro non è quasi mai stato espulso, mentre spesso hanno subito il car-tellino rosso per falli di rea-zione le sue vittime. Lo Zar, come se non bastas-se, aveva anche il vizio del gol, quando si annoiava ad annullare i centravanti av-versari; specie sui calci d’angolo saliva in area dove

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Paolo Mantovani

Gianluca Vialli e Roberto Mancini

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UNO SCUDETTO VISTO E VISSUTO

seminava il panico, perché nes-suno voleva marcarlo, come ha raccontato lo “zio” Beppe Bergo-mi, altro grandissimo difensore dell’Inter, anche lui terrorizzato dai colpi di testa di Pietro ma an-che dai suoi gomiti assassini, che allora in assenza del VAR quasi nessun arbitro puniva, se non quando scorreva il sangue. E poi, via via ogni anno almeno un nuovo “quadro”, quasi sem-pre scovato da Borea in qualche squadra giovanile e pagati tanto ma mai per quanto avrebbero re-so alla Samp. Ecco allora Luca Pagliuca, il por-tierone più forte che abbia mai difeso la nostra porta, con quelle gambe tozze e corte che gli consentivano di scattare come una molla; ecco Fausto Pari, motorino instancabile e un po’“tirato”, l’unico che osasse, senza successo, chie-dere al Presidente l’aumento di stipendio; ecco Mo-reno Mannini, simile a Pietro e solo a lui inferiore, Luca Pellegrini, il futuro capitano, Attilio Lombardo, detto Popeye per la folta capigliatura, la freccia ca-pace di seminare il panico sulla fascia, di effettuare cross al bacio per l’amico Mancio che lo mandava sempre a quel paese non ritenendoli mai soddisfa-centi …e tanti, tanti altri tutti utilissimi alla causa. Ma nel corso degli anni due sono stati i “capolavori” acquistati da Paolo Mantovani per la sua pinacoteca: il primo, e di certo il più prezioso di tutti Gianluca Vialli; era un giovane magrolino e pieno di riccioli, e giocava nella Cremonese, la squadra della sua città; attaccante col fiuto del gol portava i calzettoni abbassati alla “cacaiola” (definizione del grande giornalista Gianni Brera), come allora era consentito e come face-vano i dribblomani del calcio. Il suo papà, ricco industriale, lo aveva affidato, calcisticamente, al Presidente della Cremonese Do-menico Luzzara, grande uomo e collega imprenditore; del giova-notto, un giorno si era innamora-to l’Avvocato Gianni Agnelli, che aveva inviato a Cremona Giam-piero Boniperti, con un grosso assegno; ma la relazione di “Ma-

risa” era stata negativa, il ragazzo era troppo smilzo e svagato, e l’Avvocato si era subito dimenti-cato del ricciolone; che però ogni domenica furoreggiava in serie B e segnava gol a raffica, fi-no a che Borea lo aveva segnala-to a Mantovani. Paolo era da sempre amico di Luzzara, ma allora, diciamo così, era un momentino impegnato in Svizzera per ragioni legali; di lì telefona all’amico Domenico e accetta il prezzo, non piccolo, ri-chiesto da Luzzara, che date le circostanze si accontenta della parola. Passa qualche settimana e l’Av-

vocato, furibondo, leggendo su Tuttosport ogni lu-nedì che il giovanotto aveva fatto ancora il fenome-no, rispedisce “Marisa” da Luzzara con l’ordine di comprare a qualsiasi prezzo. Troppo tardi! Boniperti offre più del doppio, maledetti e subito, ma anche per Luzzara, come per Mantovani la parola data va-leva più del denaro; altri tempi. Non oso immagina-re il ritorno a Torino di Boniperti. E così per Gianluca iniziava la sua vita blucerchiata; mentre Luzzara, come lui stesso mi ha raccontato, avrebbe ricevuto per un lungo periodo dalla Svizze-ra svariate valigette piene di quattrini, quelli pattuiti per telefono con Mantovani. L’altro colpo sarebbe arrivato l’anno prima dello scudetto, anche se sul momento a nessuno sembrò

tale; Toninho Cerezo, veniva dal-la Roma ed era un ex grande campione brasiliano, o almeno così pensavano nella capitale; il fisico dinoccolato e un po’ sghembo, dimostrò presto che sul pallone, chissà come, ci arri-vava sempre per primo, per poi recapitarlo con millimetrica pre-cisione tra i piedi o sulla testa dei “gemelli del gol” Vialli e Mancini, non prima però di aver elegantemente messo a sedere chi voleva impedirglielo. Insomma, questa era la ciurma che aveva messo insieme, negli anni, Paolo Mantovani, il capita-no della nave. Ma tranquilli, non dimentico il Nostromo!

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Biglietteria dello stadio dopo l'intitolazione a Luigi Ferraris del 1933. La biglietteria venne co-struita nel 1926 ed è tuttora l'unica parte rima-nente del vecchio stadio dopo i successivi lavori di rifacimento.

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UNO SCUDETTO VISTO E VISSUTO

Vujadin Boskov era un professo-re di storia e geografia, un filoso-fo, un uomo di mondo, una per-sona ironica e buona ed era stato un grande giocatore jugoslavo, anzi serbo diremmo oggi. Per in-ciso, alla fine della carriera aveva tirato un pacco terribile alla Sam-pdoria, venendo a “giocare” al tempo dei “vecchietti” senza in-formare nessuno, a quei tempi You tube non esisteva e la Serbia era lontanuccia, che un ginoc-chio era inutilizzabile. Ricordo con sgomento lui e il suo “compare” Veselinovic vagare per il campo in una delle due o tre occasioni in cui era stato in gra-do di trascinarsi pateticamente tra le zolle del Ferra-ris; mai e poi mai avrei immaginato di ritrovarlo a guidare i geniali e scapestrati giovanotti di Paolo Mantovani nella straordinaria cavalcata verso lo scu-detto. Boskov veniva da ottimi risultati come allenatore, ma soprattutto il Presidente aveva visto in lui l’uomo di esperienza e il maestro capace di trasformare quei ragaz-zetti un po’viziati in una squadra vincente: scelta giusta, Boskov era infatti soprattutto un manager e uno psicologo, capace di estrarre il meglio da ognuno. Tra le mille frasi celebri che ci ha lasciato in dono due esprimono meglio di tutte la sua capacità di va-lorizzare i talenti e il suo stile di leadership: “il grande giocatore vede autostrade dove altri vedono sentieri”; “allenatore è maestro, amico, poliziotto”. Per chi c'era e per chi non c'era, spero di essere riu-scito a descrivere la “pinacoteca” predisposta nel tempo da Paolo Mantovani. Sportivamente parlando, la squa-dra cresceva anno dopo anno, ma i critici, forse giustamente, di-cevano che la Samp era bella ma “leggera”, che Vialli e Mancini col loro indiscusso talento avrebbero potuto fare di più: una squadra “incompiuta”, come si dice in gergo. Paolo Mantovani lasciava dire, ma intanto arrivavano i primi tro-fei a impreziosire la bacheca: 3

Coppe Italia nel 1985, 1988, 1989, una finale di Coppa delle Coppe a Berna (“l'amaro Aber-na”, dissero quelli che l’Europa la vedevano in TV), e poi, come suggello, la coppa delle Coppe, vinta a Goteborg con pieno me-rito nel 1990, 2-0 all’Anderlecht: ora la bacheca era piena di trofei e nessuno più si permetteva di criticarci. Sì, però... mancava solo lo scu-detto, ma tutti, da Mantovani, a

Boskov, al magazziniere Bosotin, ai giocatori, a noi tifosi sapevamo che stava per arrivare... 1990-1991: un campionato quasi sempre in testa, Gianluca Vialli capocannoniere pur con molte parti-te giocate in meno, 3 sole sconfitte di cui una coi cugini che di quell’anno, peraltro sportivamente fe-lice anche per loro, ricordano solo la punizione di

Branco nel derby che ci priva dell’imbattibilità e il loro dispera-to infinito dolore per lo scudetto vinto da noi. Io avevo capito che avremmo vinto lo scudetto, un po’ assurda-mente, il giorno della sconfitta in casa 2-1 col Torino. Sotto ingiu-stamente di due gol, gli anni pre-cedenti i giovanotti blucerchiati si sarebbero arresi; quel giorno

invece il Mancio si procura un rigore, Vialli lo tra-sforma e segna l'1-2, Mancini si azzuffa col portiere e si fa espellere; Vialli prende il pallone e lo porta rabbiosamente a centrocampo; un ultimo attacco, i granata si rifugiano in angolo, Vialli si catapulta a battere invece che stare più saggiamente al centro dell’area, l’azione sfuma, l’arbitro fischia ma che im-porta... con questa grinta lo scudetto lo vinciamo

noi! E infatti, un’impresa dopo l’altra, ci saremmo arrivati a quel magico triangolino di stoffa... Prima l’antipasto dell’1-0 al Mi-lan, espugnando S. Siro con una prodezza di Cerezo, quindi 4-1 al Napoli al S. Paolo con la perla in-dimenticabile di Mancini: cross da destra di Lombardo e l’inco-sciente Roberto che senza far toccare terra alla palla la spedi-sce in porta e tutto lo stadio che applaude l’avversario, come sa-

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Coppa Italia 1984-85

Coppa Italia 1987-88

Coppa Italia 1988-89

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UNO SCUDETTO VISTO E VISSUTO

rebbe capitato solo a Totti, Ronaldo e Quagliarella; e alla quattordicesima, 3-1 all’Inter a Marassi, in 10 per quasi tutta la partita per la sciocca espulsione di Mikailicenko e con Boskov che la vince giocando senza battitore libero, a quel tempo una follia, e con Vialli e Mancini scatenati. Poi, dopo che le due sconfitte consecutive con Torino e Lecce ci avevano privato del meritato ma platonico titolo di campione d’inverno, inizia l’inarrestabile ca-valcata del girone di ritorno, senza mai una sconfitta: 1-0 alla Juve, 2-0 al Milan, 4-1 al Napoli di Maradona anche a Genova; quindi tocca alla Roma all’Olimpico: lì sembra avviata allo 0-0, ma Pietro Vierchovod come ogni tanto gli capita va a fare il centravanti, si avventa in spaccata su un cross di Lombardo e... nessuno ha il coraggio di contrastarlo. 1-0 ed è fatta! E finalmente si arriva, il 5 maggio, alla quartultima decisiva partita contro l’Inter, che ci insegue a tre punti. Non si deve perdere, anche perché pure il Mi-lan, a quattro punti, ci crede ancora. Nell’immenso catino di S. Siro ci sono anche io con mio figlio Enrico, assieme a una minoranza rumoro-sa ma per nulla intimidita di tifosi blucerchiati; l’In-ter attacca, le annullano un gol forse valido, chissà se ci fosse stato il VAR; Pagliuca sembra avere dieci mani e quattro piedi, le prende tutte. Zero a zero nel primo tempo. Poi a Mancini, come spesso accade nelle partite decisive, saltano i nervi, e si azzuffa con l’amico Bergomi che per fortuna reagisce e i due se ne vanno anzitempo, riconciliati, negli spogliatoi, ma gli equilibri non si spostano. L’Inter sbaglia e scatta inesorabile la dura legge del gol: due contropiedi micidiali e 2-0, più un palo di Lombardo; e come ciliegina Pagliuca para pure un rigore al tedesco Mattheus. In tribuna io ed Enrico viviamo in trance la parti-ta, e alla fine è una gioia pazzesca, incontenibile, anche se dalle file più in basso vorrebbero salire e menarci... Da antologia il commento di Trapattoni, mister del-l’Inter: “oggi è andato tut-to bene; se proprio devo trovare un pelo nell’uovo

è la sconfitta!”. E bravo Trap, un pelo che vale lo scudetto della Samp! Ma non è ancora finita: un pari a Torino col Toro e si arriva al “match point” col Lecce a Marassi: 3-0 con gol perfino di Mannini che non segna mai e vie-ne giù il Paradiso: una gioia infinita…ce la godiamo tutta, così, abbracciandoci e sognando che quei giri di campo dei nostri campioni in mutande non fini-scano mai... E invece finiscono, come ogni cosa, e la nostra fa-vola vera potrebbe anche terminare qui, con un lie-to fine e io che abbraccio il mio figliolo. In realtà ci sarà ancora una Coppa dei Campioni persa ingiustamente per un calcio di punizione far-locco col Barcellona, con Vialli che gioca la finale già da giocatore della Juve, perché l’Avvocato non rinuncia mai ai suoi giocattoli. E soprattutto ci sarà la malattia del Presidente, gli ul-timi giorni in ospedale, i funerali il 16 ottobre 1993, con il feretro accompagnato dalla Heritage Hall Mar-ching Band con la loro struggente musica Dixie, fatti venire da New Orleans come Lui aveva voluto, e tut-ti noi a piangere come se fosse morto un parente, come se fosse finito il più bel sogno. E lì la favola che sto raccontando è finita davvero; anche se poi ci sono stati momenti belli e momenti brutti, vittorie e sconfitte, perché il calcio a differen-za della vita non finisce mai. C'è stato Enrico Mantovani che, contro il parere del padre, ha cercato con scarsa fortuna di imitarne le gesta; ci sono stati i Garrone, padre e figlio, generosi e gentiluomini ma i cui sforzi finanziari non sono mai stati pari ai risultati, ci sono state retrocessioni e promozioni, un quarto posto illuminato da Cassano e Pazzini, gemelli del gol secondi solo a Vialli e

Mancini; c'è stato Fabio Quagliarella i cui gol spet-tacolari lo hanno portato a vincere il titolo di capo-cannoniere; c'è stato, pur-troppo, il “Viperetta” Mas-simo Ferrero, insopporta-bile e lontano anni luce dallo stile di Paolo Manto-vani e della Samp. E do-mani chissà....

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Ma per noi sampdoriani la favola dello scudetto è sempre presente, nel nostro cuore e nei nostri occhi. A volte ce lo sogniamo, spesso ripensiamo a quei momenti magici, mentre venti ragazzi facevano infiniti giri di campo con uno scudetto di cartone tricolore sulle spalle e Paolo Mantovani sorrideva in tribuna e io e il mio figliolo Enrico assieme agli altri tifosi mandavamo baci ai nostri eroi e ci abbracciavamo sugli spalti… Sì, era successo: lo scudetto visto, vissuto e goduto! ■

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Gente che viene, gente che va GILBERTO GOVI

Strano questo suo così forte senso di appartenenza alla città natìa, poi-ché in casa non respirava certo aria genovese! A Genova aveva però fre-quentato le scuole, insieme al fratel-lo maggiore Amleto. Una vacanza a Bologna presso lo zio materno Torquato, che era un at-tore dilettante, gli aveva aperto gli occhi sulla sua vera vocazione: il teatro. A dodici anni recitava già in una filodrammatica, nonostante l’opposizione del padre che lo avreb-be voluto, come lui, impiegato nelle Ferrovie. Aveva mostrato di avere un vero talento anche per il disegno, per cui si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti, che frequentò per tre anni. Con quel diploma a sedici anni fu assunto come di-segnatore presso le Officine Elettriche Genovesi. Nel tempo libero continuò a coltivare la sua ve-ra passione, esibendosi in un teatro di Bolzane-to. Decise allora di iscriversi all’Accademia Filo-drammatica del Teatro Nazionale che si trovava in stradone Sant’Agostino. L’ambiente rigido, però, gli andava stretto, obbligato com’era a recita-re in un italiano perfetto e con una perfetta dizione. Alcuni critici rimasero tut-tavia colpiti dalle sue qua-lità recitative, che avevano impressionato anche Virgi-lio Talli – un famosissimo attore dell’epoca e diretto-re di compagnie teatrali – che gli suggerì di fondare

un proprio teatro dialettale genove-se, fino ad allora praticamente inesi-stente. Nel 1914 Govi seguì il suo consiglio e diede vita, insieme ad Alessandro Varallo ed Achille Chia-rella, alla compagnia “La Dialettale”, le cui rappresentazioni riscossero un grande consenso di pubblico, anche al di fuori della cerchia citta-dina e della provincia. Qui cominciarono i guai. Il succes-so dovette indubbiamente dare fa-stidio ai dirigenti dell’Accademia,

tanto che gli posero un aut aut: o tornare a re-citare in italiano dando addio al dialetto, oppu-re dire addio all’Accademia. Ma il nostro il dia-letto lo aveva nel sangue, da vero genovese, e nel 1916 si fece espellere. Solo nel 1931 l’Acca-demia farà ammenda e lo riammetterà come so-cio onorario. Nel 1911 Govi aveva conosciuto una giovane at-trice che si chiamava Caterina Franchi, in arte Ri-na Gaioni, e se ne era innamorato. Ma lei faceva la ritrosa poiché l’avevano avvertita di stare at-

tenta a “quel Govi”. Lui al-lora si mise d’accordo con il regista de “Il terzo mari-to” di Sabatino Lopez, di cui entrambi erano prota-gonisti, affinché la tela ca-lasse con un po’ di ritardo, prolungando così il bacio finale fra i due. Quel bacio fu galeotto ed anche lei s’innamorò. Era il 1915 e due anni più tardi, il 26

Fatima Poscia

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Fu un giorno molto fortunato per la città quello in cui Anselmo Govi, funzionario delle Ferrovie, da Modena sua città di origine, venne trasferito e giunse a Genova insieme alla moglie Francesca Gardini, detta Fanny, originaria di Bologna. Andarono ad abitare poco sopra la Stazione Principe, nel popolare quartiere di Oregina, in via Sant’Ugo 13. Proprio in quella casa il 22 ottobre 1885 Fanny mise al mondo, al settimo mese di gravidanza, Amerigo Armando Gilberto, meglio conosciuto semplicemente come Gilberto, in onore dello zio paterno con lo stesso nome, scienziato di chiara fama (vedi Treccani). Erano molti quelli che non consideravano Gilberto Govi genovese, dato che i suoi genitori erano emiliani, nativi rispettivamente di Modena e di Bologna, e questa cosa indignava il nostro Gilberto al punto di fargli scrivere nella propria autobiografia: “Sì, sono genovese, anche se vanno stampando che non lo sono. Sono nato a Genova in via Sant’Ugo n. 13, e se volete sincerarvene andate all’anagrafe!”

Gilberto Govi

Rina Gaioni e Gilberto Govi

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GILBERTO GOVI

settembre, i due si sposarono con una cerimonia intima e nonostante l’opposizione della madre di lei, alla quale quel galante non piaceva. Secon-do Rina però il suo Gilberto era bello dentro e fuori, un bel tenebroso. Emma Gramatica le aveva suggerito di continuare a calcare le scene per proprio conto, ma lei scelse di recitare con lui e per lui. Vissero insieme per quarantanove anni, compa-gni nella vita e sul palcoscenico. Forte del successo ottenuto, Govi decise di fon-dare la nuova “Compagnia Dialettale Genovese” che debuttò nei più grandi teatri di Genova ed anche a Torino. Non si montò la testa e solo do-po avere sfondato a livello nazionale al teatro Filodrammatici di Milano, interpretando nel 1923 la commedia “I manezzi pe’ maja na fig-gia” di Niccolò Bacigalupo, si decise a lasciare l’impiego alle Officine Elettriche Genovesi. A proposito della rappresentazione milanese, si racconta che uno spettatore all’uscita dal teatro ebbe a dire: “Capì ‘na got, ma ho ridù tant, ridù tant, che rid anch’a mò”. Quello era Go-vi, la sua potenza espressiva stava nella mimica e nella maschera, ma soprattutto negli occhi! Bastava uno sguardo per scatenare la risata del pubblico, talvolta neanche gli altri attori riusci-vano a trattenere la ridarella. Disegnava da sé le caricature da cui nascevano i suoi personaggi e si truccava con grande abilità seguendone lo schema. Da quel momento Govi non ebbe più alcuna difficoltà a reperire i testi, perché uno stuolo di autori si mise a sua disposizione: oltre al già ci-tato Bacigalupo, Luigi Orengo, Aldo Acquarone, Enzo La Rosa, Carlo Boc-ca, Emerico Valentinetti e molti altri. In cinquant’anni di carriera mise in scena ben ottantuno spettacoli! Voleva che i testi fossero scritti in italiano e provvedeva lui stesso a tradurli in ver-nacolo, apportando non poche modi-fiche. Durante le recite spesso improv-visava e se aveva suscitato l’ilarità del

pubblico, ordinava di aggiun-gerlo al testo. La più famosa è certamente “Gassette e pomel-lo”, scenetta di due minuti in cui il protagonista dice – Guar-da Gigia, uno, due e tre gasset-te. E di qua nemmeno più un pomello. L’ultimo, me lo ricordo benissimo, l’ho fatto durare più a lungo che è stato possibile! – .

Non tutti gli autori erano ovviamente soddisfatti di questo suo modo di fare. Ce ne fu uno in particolare, Carlo Bocca, che gli fece le sue ri-mostranze appioppandogli un sonoro ceffone. Govi lo incassò, ma non rappresentò mai più un testo di Bocca. Gestiva la compagnia come un presidente d’azienda, era gentile, ma non dava confidenza né agli attori, né agli autori, né ai tecnici. Era un vero signore, molto riservato, non parlava mai male dei colleghi e detestava i pettegolezzi e le malignità. Lo dicevano tirchio, ma lui preferiva definirsi parsimonioso. Con lui il teatro dialettale genovese approdò in Sud America, in Argentina ed Uruguay, nel 1926. Fu un’apoteosi e non solo fra i numerosi emigrati genovesi. Seguiranno molte altre trion-fali tournèes con le quali portò in giro per il mondo ben settantotto commedie. Nel 1928 recitò a Roma e nel 1929 fu invitato a San Rossore da Vittorio Emanuele III; nel 1930 recitò a Parigi. Pur molto ammirato anche da Mussolini, da cui ricevette in dono una foto con dedica, riuscì tuttavia a navigare fra le secche del regime senza lasciarsi invischiare. Il Govi privato era un uomo semplice, che ama-va il gioco delle bocce e soprattutto i suoi cani,

tutti rigorosamente randagi. Gli pia-ceva però correre la cavallina e la materia prima, con tutte le attricette che gli giravano intorno per avere una parte, certo non gli mancava. La moglie perciò stava sempre all’erta e dal camerino accanto tendeva l’orec-chio. Se le sembrava il caso, inviava la cameriera a bussare con una scusa. Nel 1934 la compagnia fu costretta a

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GILBERTO GOVI

sospendere le recite, perché la scià Rina aveva reagito molto duramente di fronte ad una scap-patella più seria delle altre. Lo scoppio della guerra lo colse mentre la sua carriera era in pieno fulgore. S’impegnò a por-tare la sua compagnia a recitare per le forze ar-mate, girando di caserma in caserma con un ve-ro e proprio “carro di Tespi”, e riscuotendo sem-pre un grande successo. Alla fine del conflitto entrò in una profonda cri-si, ritenendo che la sua recitazione e i suoi per-sonaggi non fossero più adeguati ai tempi. Si sbagliava perché il pubblico accorreva sempre più numeroso. Fra il 1942 ed il 1961 aveva gira-to quattro film che avevano avuto un esito mo-desto, dovuto forse al suo non sapersi adattare ai ritmi della cinematografia. La televisione, invece, lo farà conoscere al gran-de pubblico trasmettendo le registrazioni dal vi-vo di numerosi suoi spettacoli. Alcuni di que-sti sono stati salvati negli anni settanta da un im-piegato collezionista ed hanno potuto giungere fino a noi copiati prima in VHS e poi in DVD. Nel 1960, a settantacin-que anni ed oramai ma-

lato, pensò che fosse giunto il momento di riti-rarsi. Volle farlo in bellezza perciò radunò la compagnia per l’ultima stagione della sua car-riera, che lo vide in scena ne “Il porto di casa mia” di Sabatino Lopez. Andò in pensione di-chiarando: “Il teatro è come una bella don-na: bisogna lasciarla prima che sia lei a lasciare te”. Ancora nel 1961 apparve nel Carosello di una nota marca di thè, con il personaggio di Bacce-re Baciccia, che piacque molto ai bambini. Morì il 28 aprile 1966, nella sua casa di piazza della Vittoria, lasciando scritto “Non fiori, ma opere di bene”. Il carro funebre, preceduto da due vigili urbani recanti una corona d’alloro, fu seguito da una marea di pubblico fino alla chiesa di Santa Zita dove si celebrò il funerale. Erano presenti anche molti suoi colleghi, fra tutti Erminio Macario, commosso fino alle lacrime.

Fu tumulato nel cimitero di Staglieno, nella tomba adornata dalle maschere della Commedia e della Tragedia che si era fatto costruire tre anni prima dallo scultore Guido Galletti, per quando “avrebbe tirato i remi in barca”.

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Unica apparizione di Gilberto Govi a Carosello. In ogni scenetta si sdoppia in due, se stesso e il suo portinaio Baccere Baciccia, dai modi popolani e dall’accento ligure molto marcato. Tra-smesso dal 1961 al 1963.

La Scià Rina lo raggiungerà diciotto anni dopo, nel 1984. Anni trascorsi a raccogliere i cimeli del suo Gilberto, ora conservati nel Museo dell’Attore, insieme alla ricostruzione del suo studio con i mobili originali. Gilberto Govi è divenuto il simbolo del teatro dialettale genovese, ma la tradizione goviana sta lentamente svanendo, ritornata com’è nei limiti del ghetto vernacolare. Eppure sul pie-distallo della sua statua, inaugurata nel 1982 nei giardini di Punta Vagno a lui intitolati, è scritto:

– ESSERE RIUSCITO A FAR AMARE IL GENOVESE – QUESTO E’ IL MIO VANTO – .

Pomello e gassetta megiu nu strassun de na serva che na serva d'un strassun

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ANDREA PIRANDELLO

A Prà, infatti, era nato nel 1754 il suo bisnonno pater-no Andrea Pirandello, uomo d'affari, ma si dice anche d'arte, semenza quindi per il grande proni-pote. Veniva da una fami-glia di piccoli armatori che esercitavano da tempi re-moti il cabotaggio fra la Li-guria e la Sicilia, famiglia di cui si sono trovate tracce anteriori al 1600 nelle registrazioni dell'archivio storico della Parrocchia dell'Assunta. La morte dell'ultima discendente, av-venuta una ventina d’anni fa, ha di fatto estinto dopo quasi cinquecento anni la casata dei Piran-dello di Prà. Tornando al nostro Andrea, questi era un giova-ne di soli diciotto anni, ma di grande intelligenza e tenacia, quando nel 1772 fu scelto per essere in-viato a Palermo, a sostegno dell'attività mercantile della famiglia in quella città. I Genovesi avevano da tempo immemorabile il monopolio dei commerci fra le due città, in parti-colare quello dello zolfo. Tale era l’importanza non solo economica della loro comunità nella cit-tà di Palermo, che nel 1576, avendo comprato nel-la parte più esterna del quartiere La Loggia, proprio a ridosso del Molo Nuovo appena costruito, la chiesa di San Luca insieme ai ter-reni circostanti, la demolirono per edificarne una propria, San Gior-gio dei Genovesi, dove seppelli-vano i loro morti (pare ci sia la la-pide di un appartenente alla fa-miglia di Cristoforo Colombo). Le lapidi e le edicole marmoree che sono all'interno appartengono ad alcune fra le più ricche e presti-giose famiglie genovesi. Due anni dopo il suo arrivo in Si-cilia, nel 1774, Andrea convolò a

nozze con una ragazza pa-lermitana, Antonina Pas-santino, vent'anni lui e di-ciassette lei, dando così origine alla grande famiglia dei Pirandello siciliani. Nel censimento del 1713, pri-ma dell’arrivo di Andrea, la città di Palermo aveva 93.722 abitanti, ma nessu-no di essi si chiamava Pi-

randello o similari. Dalla loro unione nacquero tre figli maschi, Pietro e Giovanni gemelli e nel 1791 Luigi, che fu il nonno del grande scrittore. E che chiameremo senior per distinguerlo dal celebre nipote omonimo. Tale era l'ambizione e la determinazione di An-drea da riuscire a mettere insieme in qualche de-cennio un ingente patrimonio, diventando così uno dei più facoltosi esponenti marittimi e finan-ziari, non solo della Sicilia. In realtà è stato il più temuto armatore di flotta corsara della storia pa-lermitana a cavallo fra il ‘700 e l'800. Nel 1802 ave-va addirittura fondato allo scopo la “Società d'ar-mamento Pirandello-Solari-Scalise”, dove il secon-do, Bartolomeo Solari, anche lui ligure essendo nativo di Chiavari, di soli ventuno anni - quindi

molto più giovane di Andrea che aveva ormai passato la cin-quantina - era talmente privo di scrupoli e svelto di mente da di-venire in breve il suo alter ego. Questi armatori corsari inviavano le loro navi a depredarne altre, purché nemiche, mentre se ne re-stavano a Palermo, dove gestiva-no le vendite delle merci razziate ed investivano i consistenti capi-tali che ne derivavano in altri af-fari. Non c'era nulla di illecito in questa attività, legalizzata da pa-tenti di corsa rilasciate dai sovrani in essere nelle varie nazioni. Il

Fatima Poscia

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Tutti conoscono il celebre scrittore e drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, Premio Nobel 1934, l’uomo che fra la metà dell’ottocento e quella del novecento ha cambiato il volto della letteratura italiana. Di sé stesso diceva: - Io sono figlio del Caos, e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perchè sono nato in una nostra campagna che trovasi presso un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e an-tico vocabolo greco “Kaos”. – Quindi siciliano fino al midollo! Ma quanti sanno che il grande scrittore era originario di Prà, un piccolo borgo sulla costa ligure vicinissimo alla città di Genova, dalla quale è stato assorbito nel 1926, diventan-done una delegazione?

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ANDREA PIRANDELLO

nostro Andrea aveva otte-nuto una regolare patente di corsa, detta anche lette-ra di marca corsara, da Ferdinando III di Borbone prima, e da Napoleone poi. Tre furono le sue navi, diciamo di maggior suc-cesso: il bovo “Filibustiere” (un nome, una garanzia), lo sciabecco “I tre amici” (meglio forse chiamarlo “I tre compari”) ed il bovo “Santa Rosalia” (a Palermo la santa proteggeva anche i corsari?). Il loro terri-torio di caccia era il Medio e Basso Tirreno, fra la Sardegna, la Toscana e il Canale di Sicilia. Nell'estate del 1837 una terribile epidemia di co-lera flagellò Palermo e fra giugno e settembre fe-ce oltre ventisettemila vittime. Il morbo si accanì sulla famiglia Pi-randello: il primo a morire il 5 giu-gno fu il patriarca Andrea ormai ultraottantenne, seguito il 5 luglio da sua nuora Angela, il 12 agosto dal figlio Luigi senior all'età di qua-rantasei anni, e il giorno successivo dal nipotino Giovan Battista di tre giorni, figlio di Giovanni. Una voce racconta che Felice, il maggiore dei figli di Luigi senior, si tenne in casa il cadavere del padre fino a quando avvocati e notai non

lo ebbero rassicurato circa la cospicua eredità pater-na. Buon sangue genovese non mente! Luigi senior aveva sposato Rosalia Vel-la (o Velia), dalla quale eb-be venti figli (secondo al-cune fonti ventitre). L'ulti-mo nato, Stefano, fu un fervente patriota ed anti-borbonico e combattè a fianco di Garibaldi. Dal suo matrimonio con Cate-rina Ricci Gramitto, di

agiata famiglia borghese e sorella di un commili-tone, nacque il 28 giugno 1867 Luigi Pirandello, secondo di sei figli. Comunque il grande scrittore – pur provenendo da una famiglia che aveva costruito la propria

fortuna sul mare, una dinastia di gente di mare da almeno un seco-lo prima che lui nascesse e per ol-tre un secolo dopo – fece sempre mostra di distacco, se non addirit-tura di fastidio, tanto da fornire ai suoi primi biografi notizie confuse e, volutamente o meno, false. Queste errate informazione crea-rono quello che fu definito “l’enigma del nonno cambiato” perché molte biografie successive scambiarono il bisnonno Andrea con il nonno Luigi senior.

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Possibile che lo scrittore non sapesse chi era il suo bisnonno e chi suo nonno? Si potrebbe pensare che si vergognasse delle origini “corsare” del patrimonio familiare. Nonostante ciò, furono forse le sue radici liguri che gli fecero ambientare “Il fu Mattia Pascal”, suo pri-mo grande successo, in un immaginario paesino della Liguria? ■

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