Aprile 2010

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Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno II, n. 4 - Foligno, aprile 2010 Quando questo giornale, nell’ambito degli ap- profondimenti sui diversi territori della nostra Città, mi ha chiesto di dare un contributo di riflessione sui paesi di Vescia e Belfio- re ho volentieri accettato perché anche in questo territorio ci sono delle po- sitive novità. La prima: finalmente sono finite le contrapposizioni campanilistiche tra gli abi- tanti dei diversi Paesi e tra i residenti si ragiona di bassa Valle del Menotre, in- tendendo definire con que- sta espressione un territo- rio con servizi, infrastrut- ture e risorse condivise tra gli abitanti dei diversi pae- si che ne fanno parte. La seconda: è la ripresa di una progettualità, dal bas- so, sulle azioni da intra- prendere per contribuire allo sviluppo sostenibile di questo territorio. L’azio- ne di valorizzazione era stata bruscamente inter- rotta dal terremoto del 1997 che determinò di- struzione e sofferenza. Il modello di ricostruzione umbro, che le Istituzioni Locali hanno fortemente e giustamente voluto defini- re e gestire insieme ai cit- tadini, ci consente ora di ripartire con più forza e determinazione. La ricostruzione, pur con tutti i problemi, ci conse- gna due grandi patrimoni: - i nostri Paesi come erano e dove erano, anzi dove erano e meglio di come erano; - i nostri concittadini, che nella gestione della rico- struzione hanno dovuto necessariamente capire, scegliere, gestire difficoltà inattese, sviluppando così competenze e capacità ge- stionali complesse. La ricostruzione è stata anche una palestra di de- mocrazia diretta e queste competenze diffuse, cre- sciute nella difficoltà, non devono ora essere disper- se, ma indirizzate a gesti- re un progetto complessi- vo di valorizzazione del nostro territorio. Fino ad ora le nostre ener- gie fisiche, mentali ed eco- nomiche sono state assor- bite dalla gestione della ri- costruzione e ora è il tem- po di riprendere i progetti di valorizzazione, aggior- narli, e finalmente provare a praticarli con la consape- volezza che nel mondo globale non si smarrisce solo chi conosce cosa è e cosa può offrire agli altri la sua dimensione locale. Credo non sia casuale che in tutto il territorio più colpito dal terremoto si percepisce un nuovo pro- tagonismo dei cittadini, una voglia di continuare a metterci del proprio, a spendersi per andare ol- tre, oltre la ricostruzione della propria casa. Proprio in questi giorni è ripartita una iniziativa che si propone di riprendere i tanti fili che sono stati prodotti per farne un tes- suto forte, intrecciando iniziative di singoli, di gruppi, di istituzioni pro- gettandone insieme e rea- lizzandone di nuove. Molti sono stati gli ap- profondimenti storici, am- bientali e sociali su questa valle caratterizzata dal fiu- me Menotre, che con il suo scorrere ne ha determina- to non solo la morfologia ma anche l’intenso utiliz- zo da parte dell’uomo ri- chiamato dalla risorsa vi- tale dell’acqua. Per brevità voglio solo ri- cordare che da questa val- le passavano le vie che con- giungevano il Mar Tirreno e il Mare Adriatico con il con- seguente corollario di ca- stelli e santuari; che in que- sta valle si sviluppò un ve- ro e proprio distretto della produzione della carta con accanto un sistema di mu- lini a olio e grano e opifici tessili e del rame e più tar- di una serie di centrali idroelettriche; che in que- sta valle, sempre il fiume Menotre ha dato vita a fe- nomeni carsici con spetta- colari gole e grotte insieme ad una serie di cascate at- traverso le quali il fiume precipita dal Paese di Pale nella sottostante valle con un salto complessivo di cir- ca 300 metri nell’area del- l’Altolina. Insomma un territorio che è stato ricco e che rimane ricco di valenze ambienta- li, paesaggistiche, culturali ed anche sociali poiché in questa stretta valle sono convissuti nei secoli uomi- ni e donne provenienti da luoghi e tradizioni diverse, qui richiamati dagli inse- diamenti produttivi, un fe- nomeno proseguito anche in tempi più vicini a noi con il Centro Poste di Scan- zano che tanti immigrati ri- chiamò nei paesi di Vescia e Belfiore. Questa immigra- zione continua anche nei nostri giorni con la presen- za nei nostri Paesi di uomi- ni e donne e dei loro figli provenienti da ancora più lontano, uomini e donne che hanno il diritto, tra gli altri diritti e doveri, di sa- pere dove sono, di cono- scere il portato storico dei luoghi dove vivono e lavo- rano per trovare anche per questa via un senso di ap- partenenza non casuale. Da queste caratteristiche si sviluppa la nostra rifles- sione, che qui schematica- mente propongo per titoli, per un progetto di svilup- po sostenibile che parta dalla documentazione di quello che questa valle è stata nel tempo e quindi: la produzione e/o riprodu- zione di documenti realiz- zati su diversi supporti, fruibili in loco e anche a distanza realizzati da un Centro di Documentazione locale; la produzione di unità didattiche fruibili nella valle dalle scuole; la realizzazione e la manu- tenzione di percorsi che intreccino le diverse va- lenze dei luoghi da offrire, anche abbinate a pacchet- ti di soggiorno, presso le strutture ricettive presen- ti; la promozione dei pro- dotti della Valle, la forma- zione di una struttura di coordinamento tra tutti gli operatori che già agiscono singolarmente nel territo- rio, con funzioni di orga- nizzazione e promozione, anche attraverso le nuove forme di comunicazione, la promozione di nuove possibilità di lavoro e di reddito per i giovani. Non pensiamo certo che questa valle possa diven- tare l’Eldorado, ma pensia- mo che in essa vi sono del- le potenzialità al momento non pienamente utilizzate e che insomma vale la pe- na di provarci. I l capo del Governo si macchiò ripetuta- mente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbe meri- tato la condanna, la ver- gogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibi- lità morale, una parte per astuzia, una parte per in- teresse e tornaconto per- sonale. La maggioranza si rende- va naturalmente conto delle sue attività crimina- li, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italia- no, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sa- rebbe il suo dovere, sce- glie sempre il tornaconto. Così un uomo medio- cre, grossolano, di elo- quenza volgare ma di facile effetto, è un per- fetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di mo- desto seguito, un perso- naggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi at- teggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo sti- le enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e cor- rotto, cattolico senza credere in Dio, presun- tuoso, vanitoso, finta- mente bonario, buon pa- dre di famiglia ma con numerose amanti, si ser- ve di coloro che disprez- za, si circonda di disone- sti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abi- le, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio caratte- re, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare. Elsa Morante - 1945 Bassa Valle del Menotre A proposito di … Leningrado 4 pagine di inserto Leningrado 4 pagine di inserto EMILIO MAGRINI La ripresa “dal basso” di una progettualità per uno sviluppo sostenibile a tredici anni dal terremoto valorizzando le ricchezze e le risorse del territorio ALL’INTERNO La mediazione civile è legge a pagina 2 La politica che vorrei a pagina 3 Romania, non solo Dracula a pagina 4 Il sogno realizzato di una scuola in India a pagina 5 Il sindacato esiste se fa giustizia alle pagine 6 e 7

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Mensile d'informazione politica e cultura dell'Associazione comunista "Luciana Fittaioli", via del Grano 11-13 Foligno (PG) Italia

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Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno II, n. 4 - Foligno, aprile 2010

Quando questo giornale,nell’ambito degli ap-profondimenti sui diversiterritori della nostra Città,mi ha chiesto di dare uncontributo di riflessionesui paesi di Vescia e Belfio-re ho volentieri accettatoperché anche in questoterritorio ci sono delle po-sitive novità. La prima: finalmente sonofinite le contrapposizionicampanilistiche tra gli abi-tanti dei diversi Paesi e trai residenti si ragiona dibassa Valle del Menotre, in-tendendo definire con que-sta espressione un territo-rio con servizi, infrastrut-ture e risorse condivise tragli abitanti dei diversi pae-si che ne fanno parte.

La seconda: è la ripresa diuna progettualità, dal bas-so, sulle azioni da intra-prendere per contribuireallo sviluppo sostenibiledi questo territorio. L’azio-ne di valorizzazione erastata bruscamente inter-rotta dal terremoto del1997 che determinò di-struzione e sofferenza. Ilmodello di ricostruzioneumbro, che le IstituzioniLocali hanno fortemente egiustamente voluto defini-re e gestire insieme ai cit-tadini, ci consente ora diripartire con più forza edeterminazione.La ricostruzione, pur contutti i problemi, ci conse-gna due grandi patrimoni:- i nostri Paesi come eranoe dove erano, anzi doveerano e meglio di comeerano;- i nostri concittadini, chenella gestione della rico-struzione hanno dovutonecessariamente capire,scegliere, gestire difficoltàinattese, sviluppando cosìcompetenze e capacità ge-stionali complesse. La ricostruzione è stataanche una palestra di de-mocrazia diretta e questecompetenze diffuse, cre-sciute nella difficoltà, nondevono ora essere disper-se, ma indirizzate a gesti-re un progetto complessi-vo di valorizzazione delnostro territorio. Fino ad ora le nostre ener-gie fisiche, mentali ed eco-nomiche sono state assor-bite dalla gestione della ri-

costruzione e ora è il tem-po di riprendere i progettidi valorizzazione, aggior-narli, e finalmente provarea praticarli con la consape-volezza che nel mondoglobale non si smarriscesolo chi conosce cosa è ecosa può offrire agli altrila sua dimensione locale.Credo non sia casuale chein tutto il territorio piùcolpito dal terremoto sipercepisce un nuovo pro-tagonismo dei cittadini,una voglia di continuare ametterci del proprio, aspendersi per andare ol-tre, oltre la ricostruzionedella propria casa. Proprio in questi giorni èripartita una iniziativa chesi propone di riprendere itanti fili che sono statiprodotti per farne un tes-suto forte, intrecciandoiniziative di singoli, digruppi, di istituzioni pro-gettandone insieme e rea-lizzandone di nuove.Molti sono stati gli ap-profondimenti storici, am-bientali e sociali su questavalle caratterizzata dal fiu-me Menotre, che con il suoscorrere ne ha determina-to non solo la morfologiama anche l’intenso utiliz-zo da parte dell’uomo ri-chiamato dalla risorsa vi-tale dell’acqua.Per brevità voglio solo ri-cordare che da questa val-le passavano le vie che con-giungevano il Mar Tirreno eil Mare Adriatico con il con-seguente corollario di ca-stelli e santuari; che in que-

sta valle si sviluppò un ve-ro e proprio distretto dellaproduzione della carta conaccanto un sistema di mu-lini a olio e grano e opificitessili e del rame e più tar-di una serie di centraliidroelettriche; che in que-sta valle, sempre il fiumeMenotre ha dato vita a fe-nomeni carsici con spetta-colari gole e grotte insiemead una serie di cascate at-traverso le quali il fiumeprecipita dal Paese di Palenella sottostante valle conun salto complessivo di cir-ca 300 metri nell’area del-l’Altolina.Insomma un territorio cheè stato ricco e che rimanericco di valenze ambienta-li, paesaggistiche, culturalied anche sociali poiché inquesta stretta valle sonoconvissuti nei secoli uomi-ni e donne provenienti daluoghi e tradizioni diverse,qui richiamati dagli inse-diamenti produttivi, un fe-nomeno proseguito anchein tempi più vicini a noicon il Centro Poste di Scan-zano che tanti immigrati ri-chiamò nei paesi di Vesciae Belfiore. Questa immigra-zione continua anche neinostri giorni con la presen-za nei nostri Paesi di uomi-ni e donne e dei loro figliprovenienti da ancora piùlontano, uomini e donneche hanno il diritto, tra glialtri diritti e doveri, di sa-pere dove sono, di cono-scere il portato storico deiluoghi dove vivono e lavo-rano per trovare anche per

questa via un senso di ap-partenenza non casuale. Da queste caratteristichesi sviluppa la nostra rifles-sione, che qui schematica-mente propongo per titoli,per un progetto di svilup-po sostenibile che partadalla documentazione diquello che questa valle èstata nel tempo e quindi:la produzione e/o riprodu-zione di documenti realiz-zati su diversi supporti,fruibili in loco e anche adistanza realizzati da unCentro di Documentazionelocale; la produzione diunità didattiche fruibilinella valle dalle scuole; larealizzazione e la manu-tenzione di percorsi cheintreccino le diverse va-lenze dei luoghi da offrire,anche abbinate a pacchet-ti di soggiorno, presso lestrutture ricettive presen-ti; la promozione dei pro-dotti della Valle, la forma-zione di una struttura dicoordinamento tra tutti glioperatori che già agisconosingolarmente nel territo-rio, con funzioni di orga-nizzazione e promozione,anche attraverso le nuoveforme di comunicazione,la promozione di nuovepossibilità di lavoro e direddito per i giovani.Non pensiamo certo chequesta valle possa diven-tare l’Eldorado, ma pensia-mo che in essa vi sono del-le potenzialità al momentonon pienamente utilizzatee che insomma vale la pe-na di provarci.

Il capo del Governo simacchiò ripetuta-mente durante la sua

carriera di delitti che, alcospetto di un popoloonesto, gli avrebbe meri-tato la condanna, la ver-gogna e la privazione diogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò eaddirittura applaudìquesti crimini? Una parte per insensibi-lità morale, una parte perastuzia, una parte per in-teresse e tornaconto per-sonale. La maggioranza si rende-va naturalmente contodelle sue attività crimina-li, ma preferiva dare il suovoto al forte piuttosto cheal giusto.Purtroppo il popolo italia-no, se deve scegliere tra ildovere e il tornaconto,pur conoscendo quale sa-rebbe il suo dovere, sce-glie sempre il tornaconto. Così un uomo medio-cre, grossolano, di elo-quenza volgare ma difacile effetto, è un per-fetto esemplare dei suoicontemporanei. Presso un popolo onesto,sarebbe stato tutt'al più illeader di un partito di mo-desto seguito, un perso-naggio un po' ridicolo perle sue maniere, i suoi at-teggiamenti, le sue maniedi grandezza, offensivoper il buon senso dellagente e causa del suo sti-le enfatico e impudico. InItalia è diventato il capodel governo. Ed è difficile trovare unpiù completo esempioitaliano. Ammiratore della forza,venale, corruttibile e cor-rotto, cattolico senzacredere in Dio, presun-tuoso, vanitoso, finta-mente bonario, buon pa-dre di famiglia ma connumerose amanti, si ser-ve di coloro che disprez-za, si circonda di disone-sti, di bugiardi, di inetti,di profittatori; mimo abi-le, e tale da fare effettosu un pubblico volgare,ma, come ogni mimo,senza un proprio caratte-re, si immagina sempredi essere il personaggioche vuole rappresentare.

Elsa Morante - 1945

Bassa Valle del Menotre

A propositodi …

Leningrado4 pagine di insertoLeningrado

4 pagine di inserto

EMILIO MAGRINI

La ripresa “dal basso” di una progettualità per uno sviluppo sostenibilea tredici anni dal terremoto valorizzando le ricchezze e le risorse del territorio

ALL’INTERNOLa mediazione civile è legge

a pagina 2La politica che vorrei

a pagina 3

Romania, non solo Draculaa pagina 4

Il sogno realizzato

di una scuola in Indiaa pagina 5

Il sindacato esiste

se fa giustiziaalle pagine 6 e 7

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Leggi e diritti21

Ci siamo lasciati con lapromessa di dare più chia-rimenti possibili per con-trarre un mutuo; attenzio-ne però, l'argomento è va-stissimo e complesso e lecasistiche sono pratica-mente infinite. Limitiamoci ora alla casi-stica dell'acquisto dellaprima casa. Secondo la le-gislazione vigente il rap-porto tra la somma mu-tuata e il valore della ga-ranzia non deve essere su-periore all'80%. In altre pa-role se la casa costa100.000 euro potremo fi-nanziarci per 80.000 euro.Non disperiamo però, gliistituti di credito non ap-plicano in maniera fisca-lissima la regola e in ognicaso offrono soluzioni al-ternative peraltro già indi-cate dalla normativa rife-rita alla fondiarietà (con-sorzi di garanzia a primachiamata, coperture assi-curative aggiuntive, o ga-ranzie pignoratizie se ef-fettuate con titoli di stato,anche se purtroppo sonotutte soluzioni a carattereoneroso). Poniamoci peròda subito una domanda(anche se è la stessa che labanca valuterà in via prio-ritaria, oltre ovviamentealla capienza della garan-

zia come sopra indicato).Quale è la mia capacità dirimborso? Sopportare unarata non in linea con ilproprio reddito (a mio av-viso massimo il 25%) permolti anni è insostenibile,senza poi tener conto dieventuali imprevisti, ma-gari positivi come la na-scita di figli. Quindi preci-sa analisi del proprio stiledi vita, non solo nell'im-mediato ma anche inun'ottica di lungo periodo.Valutiamo ora altri dueelementi che suscitanosempre i maggiori dubbi:durata e il tasso fisso o va-riabile? Per la durata è be-ne valutare il rapporto trarata e reddito. Non dobbia-mo spaventarci della dura-ta (10, 20, 30 anni), è unavariabile riferibile SEMPREalla nostra capacità di rim-borso, tenendo conto chese nel tempo dovessimoavere migliori possibilitàeconomiche potremo in-tervenire sul mutuo (senzaoneri) per ridurlo sia nelladurata che nell'importodella rata.E ora il tassoTasso variabile: il parame-tro utilizzato è l'euriborche dal 1999 ha sostituitoil ribor. L'euribor è il tas-so al quale avvengono gliscambi fra le banche per idepositi a breve ed è il pa-rametro di riferimento ap-

plicato da tutti i paese chehanno aderito all' euro.Tasso fisso: il parametroutilizzato è l'IRS che espri-me i tassi di interesse atte-si dal mercato per un pe-riodo futuro fino a trentaanni. Ovviamente ai dueparametri sopra indicatisarà aggiunto uno spread(maggiorazione) che inpratica è il guadagno dellabanca.Cosa scegliere? Oggi l'euri-bor esprime un valore as-sai basso (il più basso maiespresso), ma come ho so-pra spiegato l'ottica è nellungo periodo e purtropponessuno di noi può farevalutazioni pluriennali(peraltro possiamo fare al-cune considerazioni find'ora, i tassi riprenderan-no a salire in tempi relati-vamente brevi).L'IRS assicura certamenteuna rata costante per tuttoil periodo del mutuo, ma èun parametro più alto enon consente di usufruiredi eventuali variazioni ver-so il basso. Ognuno di noi,con l'ausilio di un buonconsulente, potrà effettua-re tutte le ipotesi possibi-li, per durata, per tasso fis-so o variabile o...O cosa? Tutte le banche of-frono soluzioni miste chepenso possano, in manieraquasi definitiva, rimuove-re gran parte dei nostri

dubbi. In altre parole ilmercato offre la possibi-lità di contrarre mutui atasso variabile però indi-cando da subito un tettomassimo. In altre parole larata viene calcolata con ilparametro dell'euribor, fi-no al raggiungimento diun tasso massimo prefis-sato che non può esseresuperato e nella eventua-lità che l'indice dovessescendere si usufruirebbedella diminuzione. Ricor-rere a questa tipologiacomporta avere deglispread leggermente più al-ti di quanto proposto permutui fissi o variabili puri,ma assicura tranquillità,con costi assai modesti, almutuatario.Personalmente questa è lasoluzione che preferisco.Il mondo bancario offre

inoltre una miriade di ulte-riori varianti, nella tipolo-gia e nei parametri di rife-rimento. Per cortesia, allalarga soluzioni eccessiva-mente sofisticate non so-no mai nell' interesse delcliente: MAI.Alcune considerazioni fi-nali di carattere pratico.Valutate i cosiddetti costiaggiuntivi: commissioneiniziale, costi di perizia(alcuni istituti impongonoil proprio perito), polizzaincendio (spesso è piùconveniente quella dellabanca) ed eventuali poliz-ze aggiuntive (se obbliga-torie) caso morte, perditada lavoro ecc. Pertanto ri-chiedete sempre un pre-ventivo comprensivo ditutto richiedetelo anche alvs. notaio di fiducia) econfrontate attentamene

le offerte.Sono da valutare inoltreanche i rapporti post ven-dita e mi riferisco in parti-colare: eventuale richiestadi prolungamento o estin-zione anticipata, restrizio-ne ipotecaria, trasferimen-to del mutuo su altro im-mobile, problematiche og-gi assai frequenti e pur-troppo ingestibili per mu-tui contratti con banchecosiddette on line (non sisa con chi parlare, tempidi risposta lunghissimi ecostosi anche per doman-de facili: vorrei estinguereil mutuo mi dite quanto videvo?).Concludo come sempre!Disponibile a fornire ulte-riori eventuali chiarimentiinviando le vostre doman-de via e-mail alla redazio-ne del giornale.

ROBERTO FRANCESCHI

MARCO MARIANI

FOLIGNOAPRILE 2010

Mutuo prima casa

La mediazione civile è legge

Il valore dell’immobile e la capacità di rimborsoLa scelta del saggio: fisso o variabile? Il riferimentoall’euribor o all’IRS; possibilità di soluzioni miste.

Una nuova misura “deflattiva” del contenzioso giudizialeAncora da definire i criteri per la formazione del “mediatore” che do-vrà sostituire il Giudice nel tentativo di conciliazione pre-giudiziale

L’art. 24 del Decreto legi-slativo 4 marzo 2010 sta-bilisce che le disposizionidi cui all’art. 5, comma 1,acquistano efficacia de-corsi dodici mesi dalla da-ta di entrata in vigore deldecreto stesso e si appli-cano ai processi successi-vamente iniziati.In buona sostanza nel2011 chi intende esercita-re in giudizio un’azionerelativa a una controver-sia in materia di condomi-nio, diritti reali, divisione,successioni ereditarie,patti di famiglia, locazio-ne, comodato, affitto diazienda, risarcimento deldanno derivante dalla cir-colazione di veicoli e na-tanti, da responsabilitàmedica e da diffamazionea mezzo della stampa ocon altro mezzo di pub-blicità, contratti assicura-tivi, bancari e finanziari, ètenuto preliminarmente aesperire il procedimento(obbligatorio) di media-zione disciplinato dal pre-detto decreto.Accanto alla mediazione

obbligatoria il decretocontiene al proprio inter-no altre ipotesi di media-zione “concordata e facol-tativa”.La prima si fonda sul pre-vio accordo con cui le par-ti si sono impegnate aprovare a risolvere innan-zi tutto in sede di media-zione la propria (eventua-le) controversia, mentre laseconda attribuisce al

Giudice della causa la fa-coltà di invitare le parti aprocedere alla mediazio-ne.Al fine di favorire lacultura della conciliazio-ne il legislatore ha sceltodi puntare essenzialmen-te sugli avvocati qualipunti di informazione neiconfronti dei litiganti. Infatti, dal 20 marzo scor-so è già scattato l’obbligodell’avvocato, all’atto del

conferimento dell’incari-co, di mettere a conoscen-za dei propri assistiti del-la possibilità o della ne-cessità di avvalersi delnuovo strumento, benefi-ciando anche degli incen-tivi fiscali previsti dagliarticoli 17 e 20 e che incaso di violazione degliobblighi di informazione,il contratto tra l’avvocatoe l’assistito è annullabile.Con l’entrata in vigore delD.lgs n. 28/2010 si è ipo-tizzato un sistema in cuila conciliazione (ossia ilrisultato della mediazio-ne) dovrebbe assurgere astrumento ordinario di ri-soluzione dei conflitti ementre il giudizio dovreb-be rappresentare la“estrema ratio”.Il procedimento di media-zione inizia con il deposi-to della domanda pressol’organismo di concilia-zione che viene portato aconoscenza delle altreparti ed ha una duratanon superiore a quattromesi.Entro tale termine il me-diatore si adopera affin-ché la parti raggiunganoun accordo amichevole di

definizione della contro-versia. Se è raggiunto unaccordo amichevole, ilmediatore forma il pro-cesso verbale che costi-tuisce titolo esecutivo.Quando l’accordo non èraggiunto il mediatorepuò formulare una propo-sta di mediazione, o devenel caso di richiesta con-giunta delle parti, che leparti stesse potranno ac-cettare o rifiutare. Taleipotesi è interessante inrelazione a quanto previ-sto da un altro articolodel decreto in merito allespese processuali.Infatti, l’art. 13 prevede,in caso di successivo giu-dizio incardinato dinanzial Giudice a seguito dellamancata accettazione del-la proposta formulata dalmediatore, che se il prov-vedimento che definiscela fase giudiziale corri-sponde al contenuto dellaproposta del mediatore, ilgiudice esclude la ripeti-zione delle spese sostenu-te dalla parte vincitriceche ha rifiutato la propo-sta, riferibili al periodosuccessivo alla formula-zione della stessa, e lacondanna al rimborso del-le spese sostenute dallaparte soccombente relati-ve allo stesso periodo, ol-tre al versamento all’en-trata del bilancio delloStato della somma corri-spondente al contributounificato dovuto. Se ilprovvedimento che defi-nisce il giudizio invecenon corrisponde intera-

mente al contenuto dellaproposta, in presenza digravi ed eccezionali ragio-ni, il Giudice può non dimeno escludere la ripeti-zione delle spese sostenu-te dalla parte vincitriceper l’indennità corrispo-sta al mediatore e percompensi dovuto agliesperti.Come si vede anche taleincisiva disposizione èvolta sicuramente arafforzare la scelta di de-flazionare per quantopossibile la giustizia civi-le ordinaria a favore distrumenti di conciliazio-ne, anche alla luce delleesperienze di altri paesieuropei.Staremo a vedere nellapratica applicazione del-l’istituto se la conciliazio-ne riuscirà a diventare lostrumento ordinario di ri-soluzione del conflitto la-sciando al processo di-nanzi al Giudice la funzio-ne residuale.Manca ora da definire ilprofilo dei criteri cui ispi-rare l’attività di formazio-ne del mediatore nelletecniche di mediazione.Altri ordinamenti preve-dono una costante e per-manente formazione. Spe-riamo che il decreto mini-steriale di cui all’art. art.16, comma 5 del D. lgsche dovrà disciplinare l’e-lenco dei formatori per lamediazione nonché losvolgimento dell’attivitàdi formazione dei media-tori, sia all’altezza di que-sto compito

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Politica ed Etica 31FOLIGNO

Ho vissuto il giorno dellamaturità scolastica comequello della liberazione dauna incomprensibile costri-zione, durata tredici anni,alla quale mi vedevo sotto-posto da un inspiegabile ob-bligo di legge e dal tacito ac-cordo tra i professori e imiei genitori. Il tempo ha,naturalmente, modificatoquesta mia iniziale visionedella vita scolastica e fattoapprezzare, valutandolocon occhio diverso, sicura-mente reso più maturo e ad-dirittura affettuoso dal tem-po, il lavoro di chi, con unosforzo ciclopico, ha cercatodi instillare giorno dopogiorno nella mia mente l’im-portanza della conoscenzae della formazione. In unasocietà dove i lavori manua-li più umili a breve saranno,probabilmente, svolti dadroidi e che oggi vengonosvolti prevalentemente dapersone costrette, per esi-genze di vita primarie, adabbandonare i loro paesi diorigine, appare fondamen-tale il ruolo della scuola acui sono legati i problemidei docenti. Sono loro, infat-ti, il pilastro portante del-l’intero sistema e la loro for-mazione, che prevede unexcursus severissimo e ilconfronto quotidiano congli studenti e le loro fami-glie, unitamente a program-

mi adeguati e condizioniambientali soddisfacenti,meriterebbero grande atten-zione e profusione di mez-zi. In questo contesto appa-re quanto meno riduttiva ladiscussione oggi in atto, ba-sata prevalentemente sullapreoccupazione di contene-re i costi di gestione delmondo scolastico. Il dirittoallo studio, che può consen-tire a ciascuno il migliora-mento della propria condi-zione di vita, è e deve esse-re considerato un bene pri-mario di ciascuno, ma so-prattutto della società.Del pari appare inspiegabileche di un altro bene primarioquale il diritto alla salute edell’assistenza sanitaria siparli esclusivamente in ter-mini di costi e di tagli allaspesa, elementi questi che,di fatto, pongono dei forti li-miti al servizio, hanno resoimpossibile la ricerca e allon-tanato dal nostro paese lementi migliori. Un paese ci-vile ha l’obbligo di garantirea tutte le persone presentisul suo territorio una corret-ta ed esauriente assistenzasanitaria che non può svilup-parsi senza adeguati investi-menti nella ricerca.Ancora difficile da com-prendere è la scarsa atten-zione al mondo del lavoro,alle difficili condizioni incui operano le aziende conla conseguente ricaduta acarico dei lavoratori e allasicurezza in cui operano.

Anche qui è apparso quantomeno singolare il tentativodi introdurre una normache, laddove il contrattocollettivo di lavoro non arri-va, avrebbe attribuito al mi-nistro del Lavoro il diritto didisciplinare la materia con-sentendo l’inserimento nelcontratto individuale di unaclausola compromissoriache avrebbe affidato la riso-luzione delle controversietra datore di lavoro e lavora-tore ad un arbitro anziché algiudice. Non è un caso, dun-que, che il Presidente dellaRepubblica abbia rimesso iltesto della legge alle Came-re in quanto una norma sif-fatta sembra aggirare il di-sposto dell’art. 18 dello Sta-tuto dei Lavoratori e violare

il principio della parità nel-la stipula del contratto di la-voro che, in seguito alle mo-difiche proposte, definiregiusto appare arduo.Altresì sono caduti in unasorta di oblìo, argomentiche hanno occupato la sce-na mediatica in manieraprepotente quali la regola-mentazione dei rapporti difatto delle coppie, il testa-mento biologico, la leggesullo studio delle cellulestaminali e sulla feconda-zione assistita.Nè si ode alcun accenno cir-ca la tutela dell’ambiente,del territorio e la gestionedelle risorse idriche edenergetiche che un’avventu-rosa liberalizzazione delmercato vorrebbe affidata a

ne ed è per questo che la no-stra città è aperta al mondoe noi non cacciamo mai unostraniero. Qui ad Atene noi facciamocosì.

La politica che vorrei

«Qui ad Atene noi facciamo così»PERICLE

LUIGI NAPOLITANO

APRILE 2010

Qui il nostro governo favo-risce i molti invece dei po-chi: e per questo viene chia-mato democrazia. Qui ad Atene noi facciamocosì.Le leggi qui assicurano unagiustizia eguale per tuttinelle loro dispute private,ma noi non ignoriamo mai imeriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si di-stingue, allora esso sarà, apreferenza di altri, chiama-to a servire lo Stato, ma noncome un atto di privilegio,come una ricompensa almerito, e la povertà non co-stituisce un impedimento.Qui ad Atene noi facciamocosì.La libertà di cui godiamo siestende anche alla vita quo-tidiana; noi non siamo so-spettosi l’uno dell’altro enon infastidiamo mai il no-stro prossimo se al nostroprossimo piace vivere a mo-do suo.Noi siamo liberi, liberi di vi-vere proprio come ci piace etuttavia siamo semprepronti a fronteggiare qual-siasi pericolo.Un cittadino ateniese non

trascura i pubblici affariquando attende alle propriefaccende private, ma so-prattutto non si occupa deipubblici affari per risolverele sue questioni private. Quiad Atene noi facciamo così.Ci è stato insegnato di ri-spettare i magistrati, e ci èstato insegnato anche di ri-spettare le leggi e di non di-menticare mai che dobbia-mo proteggere coloro chericevono offesa. E ci è stato anche insegnatodi rispettare quelle legginon scritte che risiedononell’universale sentimentodi ciò che è giusto e di ciòche è buon senso. Qui ad Atene noi facciamocosì.Un uomo che non si interes-sa allo Stato noi non lo con-sideriamo innocuo, ma inu-tile; e benché in pochi sianoin grado di dare vita a unapolitica, bene tutti qui adAtene siamo in grado di giu-dicarla. Noi non consideriamo la di-scussione come un ostacolosulla via della democrazia.Noi crediamo che la felicitàsia il frutto della libertà, mala libertà sia solo il fruttodel valore.Insomma, io proclamo che

Atene è la scuola dell’Elladee che ogni ateniese crescesviluppando in sé una feliceversatilità, la fiducia in sestesso, la prontezza a fron-teggiare qualsiasi situazio-

privati.E’ su questi argomenti, qua-si tutti di rilievo Costituzio-nale, che avrei pensato, maforse mi appare più corret-to dire desiderato, si svilup-passe il dibattito tra coloroche si sono candidati ad am-ministrarci in vista dell’ulti-ma tornata elettorale. Non entro nel merito dell’e-sclusione della lista di unimportante partito dallacompetizione elettorale la-ziale, essendo stati fin trop-po dibattuti la vicenda, idubbi, gli aspetti che pone-va e in particolare quello re-lativo al rispetto sempre ecomunque della legge, madopo aver ascoltato le con-siderazioni degli eletti apresiedere regioni impor-

tanti come il Piemonte e ilVeneto, già precedute daquelle di esponenti di spic-co della stessa parte politi-ca nei confronti del metodofarmacologico per l’interru-zione precoce di gravidan-za, ossia la pillola RU486,mi piace concludere ricor-dando prima di tutto a mestesso, ma anche a chi avràla pazienza di leggere que-ste mie considerazioni, ilconcetto di legalità e di edu-cazione alla stessa, diffusonel sito web del Comune diFirenze.“L’educazione alla legalitàha per oggetto la natura e lafunzione delle regole nellavita sociale, i valori della de-mocrazia, l’esercizio dei di-ritti di cittadinanza. Educa-re alla legalità significa ela-borare e diffondere la cultu-ra dei valori civili, consentel’acquisizione di una nozio-ne più profonda dei dirittidi cittadinanza, partendodalla consapevolezza dellareciprocità fra soggetti do-tati della stessa dignità. Es-sa aiuta a comprendere co-me l’organizzazione dellavita personale e sociale sifondi su un sistema di rela-zioni giuridiche, sviluppa laconsapevolezza che condi-zioni quali dignità, libertà,solidarietà, sicurezza nonpossano considerarsi comeacquisite per sempre, mavanno perseguite, volute e,una volta conquistate, pro-tette.”

L’etica della democrazia nel discorso agli ateniesi (430 avanti Cristo circa)

Educare alla legalità significa elaborare e diffondere la culturadei valori civili, con la consapevolezza della pari dignità

I rappresentanti del Popolo Francese, costi-tuiti in Assemblea Nazionale, considerandoche l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei dirittidell'uomo sono le uniche cause delle sciagu-re pubbliche e della corruzione dei governi,hanno stabilito di esporre, in una solenne di-chiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sa-cri dell'uomo, affinché questa dichiarazione,costantemente presente a tutti i membri delcorpo sociale, rammenti loro incessante-mente i loro diritti e i loro doveri;affinché maggior rispetto ritraggano gli attidel Potere legislativo e quelli del Potere ese-cutivo da poter essere in ogni istanza parago-nati con il fine di ogni istituzione politica; af-finché i reclami dei cittadini, fondati da ora in-nanzi su dei principi semplici ed incontesta-bili, abbiano sempre per risultato il manteni-mento della Costituzione e la felicità di tutti. In conseguenza, l'Assemblea Nazionale ri-conosce e dichiara, in presenza e sotto gliauspici dell'Essere Supremo, i seguentiDiritti dell'Uomo e del Cittadino

Dichiarazione dei dirittidell'Uomo e del Cittadino

Parigi, 26 agosto 1789“Preambolo”

De Chirico - Piazza(Souvenir dItalie)

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Nello Stato del Kerala ci so-no due partiti marxisti im-portanti dal punto di vistaelettorale, chiamati rispet-tivamente Partito comuni-sta indiano o Cpi-M (marxi-sta) e Partito comunista in-diano o Cpi. Un terzo partito chiamatoCpi-Ml (marxista-leninista)consiste principalmente inribelli maoisti che si sonoseparati dai due grandi par-titi comunisti.In Kerala il movimento disinistra è sorto durante labattaglia contro i coloniali-sti britannici che precedet-te l’indipendenza, sullefondamenta delle lotte mi-litanti dei lavoratori e deicontadini che chiedevanosalari più alti, migliori con-dizioni di lavoro e il dirit-to alla proprietà della ter-ra.Successivi governi di sini-stra hanno contribuito allacostruzione del famoso“modello Kerala”, grazie alquale una regione di un

paese in via di sviluppocon un basso reddito procapite ha raggiunto indicidi sviluppo confrontabilicon quelli di qualunquepaese sviluppato in settoriquali l’istruzione, la salute,la casa, le infrastrutture.

Il Kerala vanta il tasso piùalto dell'India in materia dialfabetizzazione prossimoal 100% (molto superiore aquello italiano), di speran-za di vita media sino a 72anni, il più basso tasso diabbandono scolastico del-

Il Kerala sfida tutti i luoghicomuni a proposito di arre-tratezza indiana quali: mi-seria estrema, più uominiche donne a causa del feti-cidio femminile, scontri epolitiche di casta. Molti dei suoi indici reggo-no infatti il passo con quel-li delle più sviluppate na-zioni del mondo, oltre a ca-peggiare tutte le statisticheindiane.Lo Stato del Kerala nell’In-dia meridionale ha un go-verno marxista eletto de-mocraticamente sin dal1957 ogni volta che si è vo-tato. Da allora, una coali-zione di sinistra o guidatada un partito di sinistra èandata al potere ogni voltache si è votato. I partiti disinistra nel loro insiemegodono del sostegno di cir-ca il 43% della popolazionedel Kerala (più di trenta mi-lioni di persone).

la nazione, la minore mor-talità infantile e una cam-pagna altamente sana eproduttiva.La natalità media è di 1,7in linea con gli indici euro-pei e, in taluni distretti, aldisotto della soglia delmantenimento numerico.Decorosissimi sono i siste-mi statali di sanità ed edu-cazione che qualificanoquello del Kerala il migliorwelfare indiano.Il Kerala ha centrato tuttigli obiettivi di sviluppo in-dicati dalle Nazioni Unitecome “Millennium deve-lopment goals”.Paradossalmente, tuttavia,il Kerala sta subendo un fe-nomeno di crisi occupazio-nale in quanto lo svilupposociale non si sta traducen-do in sviluppo economico.Il paradosso, però, è piùapparente che reale; il pa-radosso, in verità, sta pro-prio nella “paradossale” na-tura del capitalismo dimercato.Avendo investito forte-mente nello sviluppo del-lo stato sociale il Keraladispone ora di fondi insuf-ficienti per continuare afinanziare scuola e sanità,cosa che porta a un cre-scente proliferare di scuo-le, cliniche e ospedali pri-

vati e costosi, ai quali i po-veri ovviamente non pos-sono accedere.L’alto tasso di professiona-lizzazione delle genera-zioni più giovani, in difet-to di una corrispondentecrescita quali-quantitativadel sistema economico, dàluogo ad una forte disoc-cupazione giovanile quali-ficata che si vede costret-ta alla emigrazione prefe-renzialmente verso i pae-si del golfo arabico.Inoltre il maggiore impe-gno oggi dedicato dalloStato centrale a favore del-la altre regioni molto piùarretrate e affette da si-tuazioni di povertà estre-ma, fa sì che gran partedei ricavi rinvenienti alKerala della fiorentissimaindustria turistica venga-no prelevati dallo Statocentrale e dunque sottrat-ti agli investimenti locali.I prossimi anni sarannocruciali per il Kerala perresistere al fenomeno diuna crescita economicatanto esasperata quantoincontrollata che sta por-tando il ritmo dell’econo-mia indiana a livelli cinesi,riuscendo a coniugare losviluppo economico conla difesa e la crescita del-lo stato sociale, il “model-

Quando si parla della Roma-nia, la maggior parte dellagente pensa subito al castel-lo di Dracula, a un paese ex-comunista e a tantissimiemigrati che cercano un la-voro migliore nei paesi piùsviluppati. Questa è la visio-ne estera della Romania, mala realtà interna è ben altra:il castello di Dracula è sco-nosciuto persino ai romenistessi oppure alcuni lo co-noscono ma non ci sonomai stati; come paese ex co-munista se lo ricordano sol-tanto i nonni che moltospesso rimpiangono queitempi, mentre i giovani han-no una mentalità ed uno sti-le di vita molto democrati-co; la realtà più conosciutasia all'estero che in Romaniaè l'emigrazione, perché qua-si ogni famiglia ha almenoun componente emigratoper motivi di lavoro, questaè la fonte di sussistenza pergran parte della popolazio-ne. Il salario medio di un la-voratore è di 200 euro almese e per lavoratore si in-tende una persona che fati-ca da mattina a sera e arrivaa manovrare fino a 8 tonnel-late di mangime al giorno.La maggior parte dei rome-ni sono persone che nonconcepiscono una famigliasenza i figli, quindi questostesso lavoratore ha a suocarico una moglie e 2-3 figli.La loro fortuna è il fatto diavere in molti casi qualcheparente in campagna o ad-dirittura di viverci per cuiriescono a coltivarsi ciò chegli serve per mangiare: pata-te, pomodori, cipolle, gra-noturco etc. e molto spessoallevano anche galline,

maiali, mucche etc. La Romania è un paese rura-le in transizione, infatti cir-ca il 45 % della popolazionevive nelle zone rurali. Qui ilmezzo di trasporto più co-mune continua ad essere lacarrozza trainata da cavalli(anche se ultimamente l'au-tomobile è sempre meno unmezzo elitario). Con unagiornata di pioggia tutto di-venta fangoso e pococonfortevole. Con la neve eil ghiaccio, la circolazionediventa davvero difficile,molte volte impossibile. Quisi toccano con mano le vitesemplici e un po’ distaccatedalle frenesie stressanti del-le grandi città. Si coltivanoancora relazioni di buon vi-cinato e amichevole solida-rietà. Quando la macchina diqualcuno si ferma inesora-bilmente fra le trappole tesedalla neve, tutti escono dalcaldo delle proprie case adare una mano nel tentativodi rimettere in carreggiata ilmezzo. La mattina presto,nelle giornate più fredde e

difficili, chi va a lavoro dàvolentieri un passaggio ascuola ai bambini dei viciniche non hanno la fortuna diavere un’automobile.Ovunque si possono osser-vare strade costeggiate dacampi di granoturco o ancheterreni adatti alla pastorizia;sull’uscio delle porte di casasi trovano quasi sempreoche e galline sorvegliatedalle donne che indossano iltradizionale foulard coprica-po. Questa è una faccia dellaRomania - la zona rurale -che sembra un “ritorno alpassato” perché ancor’oggi sipreleva l’acqua ai pozzi, lapaglia viene raccolta intornoal rastrello, le mucche pasco-lano in strada con i pastori egli anziani popolano i merca-ti dei prodotti tipici dell'agri-coltura e della pastorizia ro-mena. Ma c’è l'altra faccia diquesta nazione - la realtà del-le grandi città - dove si senteche anche la Romania si stauniformando agli stati euro-pei e infatti qui sorgono con-tinuamente negozi fashion

italiani e francesi, ristorantiinternazionali e in periferiagli spazi verdi vengono oc-cupati da grandi centri com-merciali e i prezzi salgono.Qui la vita è totalmente di-versa dalla vita in campagna,si avvicina molto alle cittàoccidentali. Queste due fac-ce della Romania evidenzia-no le contraddizioni all'inter-no del paese, e il colmo siraggiunge quando sulle stra-de si vedono passare le vec-chie Trabant arrugginite e leDacia accanto alle nuovissi-me Mercedes e Volkswagen. Nonostante le tantissimedifficoltà economiche e so-ciali, la Romania è un bellis-simo paese e vanta delleopere d’arte uniche e bellez-ze naturali mozzafiato mapurtroppo sconosciute agente che si lascia condizio-nare dai pregiudizi, parlaper luoghi comuni checonfortano un comodo sen-so di superiorità e rifiutanoogni curioso sforzo di inda-gine e di approfondita cono-scenza di ciò che accadedavvero. Scavando in super-ficie, liberandosi dei pregiu-dizi iniziali, si scopre la ve-ra essenza di questo paeseche è il popolo ospitale, checonserva ancora antiche tra-dizioni sopratutto religiosecome quella di dipingere leuova di rosso per Pasquasimboleggiando il sangue diGesù, andare di casa in casacantando la nascita di Gesùin occasione del Natale, siregalano alimenti nel nomedei morti in giorni particola-ri. Ci sono anche leggendediventate tradizioni comequella di regalare delle pic-cole spille con un fiocco di 2fili intrecciati (rosso e bian-co) chiamato “martisor” peril giorno dell'otto marzo

sempre meno queste leggen-de perché l’emigrazione èuna realtà vissuta male dairomeni che erano abituati astare tutti uniti, festeggiaretutti insieme (fino a 4 gene-razioni ), incontrarsi la serae si festeggiavano matrimo-ni con 500 invitati tra paren-ti, amici di parenti, vicini dicasa, amici di vicini etc. e siballava per giorni interi sen-za tregua.Tutto questo sta diventandosempre più raro perché il bi-sogno di un lavoro e di unavita migliore spinge i fratellia prendere strade diverse,andare a vivere in paesi di-versi e i nonni diventano co-smopoliti con lo scopo di ve-der crescere i propri nipoti. Dopo questa esplicitazionesi può arrivare alla conclu-sione che l’emigrazione è sìuna positività dal punto divista economico per il singo-lo individuo ma è una nega-tività per l'integrità della cul-tura di un popolo.In Romania non si muore difame, ma l’ideale sarebbe ar-rivare al punto di vedere sul-le strade più gente serena,gente più sicura di se stessae del suo futuro... e magari,perché no, qualche turistainteressato a scoprire unaterra incontaminata e riccadi sorprese.

Corrispondenze dal Mondo41 FOLIGNOAPRILE 2010

Romania, non solo “Dracula”Un paese dalla grande storia, ricco di tradizioni, di cultura e di natura, checombatte orgogliosamente con i danni della crisi mondiale per il suo riscatto

Il primo Stato comunista indiano, artefice del più avanzato modello di wel-fare del terzo mondo, alla prova dello scontro con il capitalismo di mercato

Il “modello Kerala” - India

SIMONA ELENA BUZDUGAN

SANDRO RIDOLFI

simboleggiando il sangue diun giovane che ha combat-tuto contro un gigante per laliberazione del sole e il bian-co simboleggia la sua purez-za. Persino i laghi e i montidi questo bellissimo paesehanno una leggenda. Peresempio il lago rosso che sitrova a Bicaz è particolareperché dall'acqua si vedonospuntare dei tronchi d’albe-ro che lo fanno sembrare unbosco sommerso. Da qui sinarra una storia di una gio-vane chiamata Estera che siinnamorò di un ragazzo chegli promise di sposarla, mafu costretto ad andare a fareil militare e lei soffrì moltis-simo; tutte le sere andavanel bosco dove si erano co-nosciuti e piangeva, poi ungiorno la rapì un malviventee la costrinse a sposarlo allo-ra lei urlò con tutte le forzee per il suo dolore pure lamontagna accanto al boscocrollò e li uccise entrambi. Sidice che la sua neve formò illago che viene chiamato“rosso” per il sangue dei dueprotagonisti.Ci sarebbero una infinità dileggende e tradizioni checambiano da regione a regio-ne e vengono raccontate dainonni ai nipoti e trasmessedi generazione in generazio-ne. Tuttavia oggi si sentono

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Cultura/e 5 1FOLIGNO

La signora “Pineapple” (ananas) è Viola. Così, peril suo cespuglio di capelli biondi legati sulla te-sta, viene chiamata da Padre Sedric, il carmeli-tano scalzo che per primo l’ha accolta e aiutataa dare forma al suo progetto: una scuola, di or-mai circa trecento bambini, che lei insieme allaforza del suo gruppo hanno costruito aVizhinjam, nello Stato del Kerala in India circa10 anni fa. Buon viaggio signora Pineapple rac-conta di una scelta di vita: lasciare l’Italia per toc-

care con mano l’Oriente, la povertà estrema, larassegnazione. Racconta di un sogno realizza-to: costituire una ONG, dare vita a una scuolamultireligiosa basata su nuove regole di dialo-go, di rispetto, di speranza. Racconta di un’espe-rienza tutt’altro che conclusa: quell’esperienzaindiana che, senza interruzione di tempo e dispazio, trova la sua prosecuzione nelle iniziati-ve che Viola e il suo gruppo stanno attualmenterealizzando tra l’India e l’Italia.

Pubblichiamo di seguito un estratto da un ca-pitolo del libro che contiene un richiamo al-la nostra Città. Copie del libro potranno es-sere richieste direttamente alla nostra Asso-ciazione:

[email protected] provvederà a inoltrare la richiesta alla ca-sa editrice.Il prezzo è di 20 euro ed è destinato a sostene-re la scuola di Vizhinjam.

“33. Dopo la scuola, lamensaFin dall’inizio avevamocercato di non fare oltre lenostre possibilità, un gra-dino alla volta, prima unaclasse, poi un’altra, cre-scendo poco a poco lungoil naturale sviluppo delprogetto. Le richieste era-no pressanti, troppi bam-bini restavano fuori dalcancello in attesa. L’istin-

to era quello di aprire atutti, di allargare le brac-cia senza limiti, quegli oc-chi sgranati che chiedeva-no… ma ovviamente nonera possibile, mai come inquesti anni abbiamo vistoil denaro, o meglio il suouso distorto, come unafollia macroscopica.Basterebbe così poco, mai conti mensili non lascia-vano via di fuga. Già così

la situazione era sostenu-ta al limite delle nostrepossibilità. Avevamo por-tato la scuola, la cultura,i giochi, ma le pance era-no ancora vuote e si sa…se non si mangia non sipuò neppure ottenere ilminimo della concentra-zione possibile.Dovevamo riempire ilvuoto della fame, la pri-ma tra le disperazioni

di tutti.(…) Da lungo tempo gra-zie alla sua collaborazio-ne avevamo diffuso il pro-getto in Umbria. “La Quin-tana” era pronta a sov-venzionarci la cucina. Diobiettivi ne avevamo tan-ti e troppi finivano nel ce-stino, ma questo era il piùimportante e si stava rea-lizzando.Nacque la mensa, alme-

no un pasto al giorno eraassicurato a tutti, a voltaanche per altri… e poi?Saremmo riusciti a man-tenere l’impegno? A prov-vedere alla spesa quoti-diana? Ci siamo riusciti,ma dopo anni ancora siaffaccia lo strazio deibambini che restano fuo-ri dal cancello ai qualiqualche volta riusciamoa dare qualcosa”.

APRILE 2010

Holly viene da Miami (Florida)in autostop attraverso gli USA

sfoltendo le sue sopracciglia per stradadepilandosi le gambe lui diventò lei

Lei dice, hey bambinoFatti un giro nella zona selvaggia

Lei disse, hey dolcezzaFatti un giro nella zona selvaggia

Candy viene dall'isolaNella camera sul retro lei era la ragazza di tutti

ma non ha mai perso la testaneanche quando faceva pompini

Lei dice, hey bambinoFatti un giro nella zona selvaggia

Disse, hey bambinoFatti un giro nella zona selvaggia

e le ragazze di colore fanno do doo do doo..Piccolo Joe non l'ha mai dato via a gratis

tutti devono pagare e pagareUna botta qui e una botta là

NY city è il luogo dove dicono, hey bambinoFatti un giro nella zona selvaggia

Ho detto, hey JoeFatti un giro nella zona selvaggia

Sugar Plum Fairy è venuto e batte le stradecercando cibo per l'anima e un posto dove mangiare

è andato da Apolloavresti dovuto vederlo come ci dava dentro

Loro dicono, hey bambinoFatti un giro nella zona selvaggia

Ho detto, hey bambinoFatti un giro nella zona selvaggia

Molto bene, huhJackie è completamente fatta

per un giorno pensava di essere James Deanallora ho capito che presto si sarebbe schiantata

il Valium l'avrebbe aiutataDiceva, hey bambino

Fatti un giro nella zona selvaggiaDicevo, hey dolcezza

Fatti un giro nella zona selvaggiae le ragazze di colore fanno do doo do doo.

Walk On The Wild SideLou Reed - 1972

Il sogno realizzato di una scuola in IndiaStudiare per crescere e uscire dalla povertà assoluta; ma bisogna mangiare. L’aiuto della “Quintana” e dei Rioni

A volte ti chiedi perché debba-no succedere certe cose.Perché il buon Dio si debba ac-canire contro determinate per-sone che nella vita non hannomai fatto del male a nessuno, elascia che la vita di altri, maga-ri malvagi, scivoli via serena esenza scossoni. Perché?Mentre questi pensieri le affol-lavano la testa, stava seduta inpoltrona, lo sguardo fisso sul-lo schermo del televisore. Im-magini colorate gli passavanodavanti agli occhi; ma lei non levedeva. Stava seduta in poltro-na, con la coperta sulle ginoc-chia, nella stanza che si era ri-cavata in quella grande casa,con le cuffie in testa, per la par-ziale sordità che l'aveva colpi-ta da qualche anno. Aveva qua-si cento anni. Altre immagini popolavano lasua mente, immagini di tantotempo fa, non ricordava bene,decine e decine di anni...Non si era mai sposata, eratroppo indaffarata a tirar su isuoi fratelli, per pensare al ma-trimonio. Otto fratelli, e lei l'u-nica femmina. Lava, stira, puli-sci, cucina, e poi il forno, dovecuocere il pane per tutto il pae-se, lavoro duro, ore strappate alsonno. Il pane che lievita, l'atte-sa prima di impastare, la gran-de madia piena, il forno caldo,il pane infornato, sfornato cal-do e biondo. I pochi soldi gua-dagnati, dati alla famiglia, pervestire, far studiare i fratelli.Quante notti insonni, quantafatica. Ma che soddisfazione ifratelli istruiti, ben vestiti, ri-spettati. Un’occasione di matri-monio l'aveva avuta anche lei,sì anche lei si era innamorata.Un bel giovane, alto, robusto,due forti braccia, gran lavorato-re... ma poi la proposta... “an-diamo in America, potremo fa-re fortuna io e te, partiamo!!”.In America, con te, con il piro-scafo, un'altra vita, lontano dal-l'unico posto che aveva mai vi-sto, il piccolo paese, chiuso dal-le montagne, dove tutti si cono-scevano, dove vivere era duro,ma... La mamma, i fratelli comeavrebbero potuto fare senza dilei, chi li avrebbe sfamati, chi liavrebbe accuditi... Gigi, Pietro,Giuseppe... chi? Quante nottiinsonni, com’era combattuta,quanta responsabilità... Infineprese la sua decisione... non

partì. L'amore, i sogni, la spe-ranza se ne andarono una mat-tina di primavera, a dorso dimulo, per la strada polverosa. Lei non andò a salutarlo, era lìdavanti alla grande madia, adimpastare il pane, lo sguardofisso sulla pasta , decisa, risolu-ta. Ebbe solo un momento didebolezza, quando sentì glizoccoli del mulo sotto la sua fi-nestra, che si fermarono perpochi secondi, allora sì, sentìun tonfo al cuore, un velo le of-fuscò lo sguardo, una lacrimale rigò la guancia. Fu solo un at-timo. Si asciugò con la manicala guancia bagnata, e seguitò adimpastare. Il mulo riprese ilcammino, cammino verso l'A-merica, verso un'altra vita, ver-so un'altra Lei. Era nata nel1904, il due agosto, quandoscoppiò la guerra aveva 12 an-ni. Li vide partire, tutti e quat-tro i suoi fratelli, con la divisaverde, le fasce ai piedi, gli scar-poni, quanto erano belli. Alti,pieni di vita, allegri, li accompa-gnò verso il carretto che liavrebbe portati via, li salutòtutti, Pietro, Filippo... che festa,la musica, le bandiere, i fazzo-letti che sventolano, i ragazzisorridenti che abbracciano lamorosa, e le mamme piangen-ti, i padri che seguono con losguardo compiacente i giovani,quasi invidiosi, che festa... Passarono pochi mesi, Pietrotornò senza una gamba, il suobel carattere era scomparsa;era diventato torvo, pensiero-so, quasi scontroso. Non erapiù lui. Poi arrivo la notizia, Fi-lippo era morto, insieme a tan-ti altri, lassù, in mezzo alla ne-ve, lontano da tutti, lontano dalsuo paese. Di lui ritornò solouna medaglia, che lei ancoraoggi conserva dopo tanti anni.Fu un dolore immenso checolpì la famiglia, uno di loro erascomparso, divorato dallaguerra, un’entità che con diffi-coltà riusciva a comprendere.Di tutti i famigliari fu la mam-ma a risentirne di più, si invec-chiò improvvisamente, i suoi60 anni, sembravano moltipli-carsi, e nel giro di pochi mesimorì, di Spagnola dissero, didolore pensava lei.Erano tempi duri, tempi in cuila vita e la morte convivevanosenza drammi, in cui si era con-sapevoli della possibilità di an-

darsene in qualsiasi momento,anche per cause banali. Pietrosi sposò, e sembrò come rifio-rire, sembrò tornare il ragazzodi prima, anche con una gam-ba di legno. La moglie rimase subito incin-ta; tutta la famiglia aspettò contrepidazione che la gravidanzagiungesse a termine. Tutti sidiedero da fare, copertine, cal-zini, fasciature, cappellini, tut-to era pronto per il grandeevento. Ma la fortuna spesso ti-ra brutti colpi, quasi prenden-doci gusto, a farti cadere nelmomento che cerchi di spicca-re il volo. Nacque una bambina,le fu dato il nome di Beppa, “lami Beppa”, ma la mamma morìper una emorragia, lasciandoPietro e la bambina soli. Il padredella piccola ripiombò nella di-sperazione, il suo carattere sifece duro e scostante. La bam-bina fu affidata alla famiglia. Fuaffidata a lei, che aveva la stes-sa età della mamma morta, e leine divenne la mamma. La accu-diva con amore, la nutriva, ve-stiva, la amava come una mam-ma. E la bambina cresceva, bel-la, robusta, con i suoi capelli ne-ri come la fuliggine, i suoi occhineri e luminosi come un cielostellato. La chiamava mammae lei se ne compiaceva, sì, era lasua bambina...Pietro dopo qualche anno si ri-sposò, una donna più vecchiadi lui, non più giovane, che tut-ti chiamavano “la parrucca”,perché appunto teneva in testauna parrucca. Era una donnavanitosa, egoista, che non ac-cettò mai la figlia del marito,tanto che la Beppa rimase a vi-vere nella casa dei genitori, noncon il padre. La parrucca tentòmolte volte di avere figli, maabortì, sempre. Per lei fu unagioia, continuare ad accudirequella bambina. Il solo pensie-ro che potesse allontanarsi dalei, l'avrebbe distrutta. Ma sinda allora e per tutti gli anni, tan-ti anni, che le rimasero da vive-re non perdonò mai più al fra-tello Pietro e a quella donna,chiamata in modo dispregiati-vo “la Parrucca” di non essersipiù interessati alla piccola. Fu-rono anni felici, pesanti, il for-no la notte, l’educazione dellaBeppa, la Mi Beppa il giorno. Lanutrì, la vestì come una regina,le insegnò a scrivere e a far diconto, aiutata dalla maestraEmirene, sua maestra e vicinadi casa; le elementari, le medie,poi la scuola da maestra. Quan-

to era bella la “Mi Beppa”, ormaiuna signorina, alta, con quei ca-pelli neri, ricci, quello sguardovivace pieno di vita, quanto erabella ai suoi occhi. Nel vederlascomparivano tutti i sacrificiche aveva dovuto sostenere, illavoro, la fatica, la possibilità difarsi una famiglia propria, tut-to passava in secondo piano.Già la vedeva maestra, la mae-stra giovane e bella del paese,ed era stata lei, un’umile for-naia, ad averla allevata, educa-ta, formata, amata. Quanti so-gni, quante aspettative, quantibei pensieri... Un giorno d’in-verno, sì un giorno freddo eventoso la morte se la venne aprendere e se la portò via, “la MiBeppa”; così, senza un perché,senza una spiegazione, senzaun motivo se ne andò.Perché?, si ripeteva, perchéproprio a me, perché propriolei... Nessuno mai le dette unarisposta, nessuno mai le potràrispondere. È la vita.Una sera la Beppa andò a lettopresto, perché aveva un po’ didolori alla pancia, “sì vai pure,tanto io resto alzata” le disse laZia. Durante la notte i dolori au-mentarono, fino a farsi insop-portabili. La Zia mandò a chia-mare Pietro, ma questi non sialzò dal letto. Andò dal farma-cista, l’unico a quei tempi checapisse di malattie. Il farmacista viste le condizio-ni della ragazza, mandò a chia-mare il medico, che si trovava,a dieci chilometri di distanza.Nevicava, faceva un freddo ter-ribile, il Medico arrivò dopo di-verse ore, quando ormai la ra-gazza era stremata dai dolori edalla febbre. Appendicite sen-tenziò, peritonite aggiunse.Tutto finì lì, intono a quel letto,con il medico e il farmacistache si guardarono negli occhi,sentenziando la fine di un so-gno, la fine di una vita. Il gior-no dopo la Mì Beppa morì. Per-ché continuò a chiedersi la Zia,perché propria a me… Ma nes-suno nei tanti anni che ancoravisse le potè dare una risposta.Eccola ora davanti alla TV, vec-chia e malata, con la copertasulle ginocchia. Ancora questiricordi le occupavano il cervel-lo, sì, mentre guadava lo scher-mo senza vederlo, mentre figu-re colorate le passavano davan-ti agli occhi, mentre tanti fanta-smi confusi apparivano escomparivano di fronte a lei.Perché proprio a me?...

p. t.

A volte ti chiedi

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paginone lavoro a cu 6FOLIGNOFEBBRAIO 2010

10.000 occu

Bruciati quasi diecimila posti di lavoro, tanto da meritarci il "b migliaia di lavoratori in cassa integrazione, consumi in picchi da brivido: "Numeri così - ha ammesso l’ex leader umbro dell ci anni". Ad aggravare la crisi ha contribuito il crollo dell’edliz ha trainato l’economia della regione, nel solo comparto edile a

il tasso di disoccupazione in Umbria è salito ai ma

Si aggrava profondamentela crisi del manufatturieroin umbria; oltre alla vicen-da dell’Antonio Merloniche ha avuto un’enormecassa di risonanza viste ledimensioni del gruppo edei lavoratori occupati, cisono migliaia di altrerealtà che oramai sono at-tanagliate dalla crisi e chenon riescono a risollevarsi.Dalla Trafomec di Panicaleche occupa circa 250 dipen-denti, al polo chimico ter-nano costituito dalla norve-gese Yara e dalla multina-zionale olandese e statuni-tense Lyondell-Basell sino atutte quelle realtà costitui-te da aziende di 20-30 di-pendenti costrette a ridi-mensionarsi se non a chiu-dere.L’Istituto per la previdenzasociale ha rivelato che, do-po un andamento sostan-

zialmente stabile nel pe-riodo luglio-dicembre2009, la Cassa integrazio-ne ordinaria ha ripreso acrescere fortemente in Um-bria nei primi tre mesi del2010, tanto che a marzo siè arrivati praticamente al-lo stesso livello di un annofa (2.239 domande controle 2.351 del 2009). Se siguarda poi alla sola indu-stria, le ore di Cig autoriz-zate nel periodo gennaio-febbraio 2010 sono cre-sciute del 280,5% rispettoall'analogo periodo del2009. E in provincia di Ter-ni l'incremento è vertigino-so salendo addirittura al1497,3%. Tutto ciò, in pra-tica, sta a significare cherispetto ad un anno fa lacassa integrazione è au-mentata di 15 volte. Un gri-do d'allarme riguarda an-che i lavoratori edili, il li-vello occupazionale nel gi-ro di un anno è crollato del

40%. Nel comparto dell'edi-lizia del perugino, a otto-bre 2008, gli occupati era-no 14.206, a gennaio diquest'anno sono soltanto8.764. Va meglio nel terna-no dove, in 12 mesi, l'occu-pazione è passata da 3.810addetti a 3.401 . In totale sisono persi circa 6 mila po-sti di lavoro. L’edilizia, inUmbria, è ormai in ginoc-chio, queste cifre, eviden-ziano la profonda crisi delsettore che fino a due annifa incideva sul prodotto in-terno loro della regioneper il 15%.Cercare una soluzione peruscire dalla crisi non è faci-le ma è doveroso; le elezio-ni regionali si sono conclu-se da circa un mese ed an-cora non è stata definita lagiunta che per i prossimi 5anni governerà la nostra re-gione, il tempo però strin-ge e delle decisioni impor-tanti debbono essere as-

ANDREA TOFI

L’ultima tappa del massacrodella scuola è la più sanguino-sa. Il governo e Gelmini hannoconfermato quanto i COBASdenunciavano da mesi: nelprossimo anno scolastico spa-riranno 26 mila posti di lavorotra i docenti e circa 15 mila tragli ATA. Una analoga mattanzadi posti di lavoro nel settoreindustriale, ad esempio il li-cenziamento da settembre di41 mila operai per una ipoteti-ca chiusura di tutti gli stabili-menti Fiat in Italia e di tutti ipetrolchimici, scatenerebbe, egiustamente, il finimondo.Persino i sindacati passivi e lasedicente “opposizione” dicentrosinistra sarebbero co-stretti a reagire: mentre la an-nunciata eliminazione di 41mila docenti ed ATA lascia tut-ti costoro, figuranti solo nelteatrino del più vacuo antiber-lusconismo, silenziosi e com-plici. Dopo i massicci tagli giàoperati quest’anno e la cata-strofica “riforma delle superio-

ri”, la distruzione della scuolapubblica va fermata, i 41 milatagli vanno cancellati!! La lottadeve culminare in una fine dianno scolastico fortemente“movimentata”.Per questo l’Assemblea Nazio-nale dei COBAS, conclusa ieri aSalerno, ha convocato (oltre amanifestazioni cittadine, pre-sìdi permanenti davanti agliUffici Scolastici provinciali eregionali, picchetti davanti al-le scuole), raccogliendo l’ap-pello lanciato dal movimentodei precari in lotta, due giornidi sciopero nazionale durantelo svolgimento degli scrutini,con un calendario differenzia-to a livello regionale, a causadei diversi tempi di conclusio-ne dell’anno scolastico. Docen-ti ed ATA sciopereranno perl’intera giornata, non svolgen-do gli scrutini né alcuna altraattività, il 7-8 giugno nelle re-gioni Emilia-Romagna, Cala-bria e nella Provincia di Trento;10-11 giugno nelle regioni

Confermati i taglinella scuola pubblicaContro il massacro della scuola pubblica i Cobas proclamanolo sciopero nel mese di Giugno bloccando gli scrutini

Marche, Puglia e Veneto; 11-12giugno per le regioni Sardegnae Umbria; 14-15 giugno pertutte le altre regioni e per laProvincia di Bolzano.L’intensificazione della lottapassa dunque anche attraver-so il recupero di un’arma checi è stata sottratta grazie almega-inciucio tra sindacaticoncertativi (Cgil e Cisl in pri-mis) e governi che produsse laanticostituzionale legge146/90 antisciopero, denomi-nata “anti-Cobas”.Lo sciopero è convocato per lacancellazione dei 41 mila tagli,l’assunzione a tempo indeter-minato dei precari/e, massic-ci investimenti nella scuolapubblica che consentano ilfunzionamento regolare degliistituti allo stremo per caren-za di risorse, il ritiro della“riforma” delle superiori e del-le proposte di legge Aprea eCota, la restituzione a tutti/edei diritti sindacali a partiredal diritto di assemblea.Ricordiamo che: a) gli scioperianche durante gli scrutini so-no permessi dalla legge 146 fi-no a due giorni (esclusi quellidelle classi “terminali”); b) è il-legale svolgere scrutini primadella fine dell’anno scolastico- e i COBAS denunceranno i ca-pi di istituto che lo facessero -così come spostare i calendaridegli scrutini per evitare losciopero; c) i docenti in sciope-ro non possono essere sosti-tuiti; d) chiediamo ad ogni do-cente ed ATA un solo giorno disciopero, quello che blocca ilmaggior numero di scrutini; e)organizzeremo “casse di resi-stenza” per dividere l’onoredella trattenuta che sarà del-l’intera giornata.Infine: cosa succederà dopo idue giorni di sciopero verràdeciso insieme al movimentodei precari e ai docenti ed ATAche parteciperanno alla lotta,tenendo conto che la prosecu-zione dello sciopero compor-ta una responsabilità indivi-duale che verrà commisuratacon il livello di partecipazionee di incidenza dello sciopero.

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FEBBRAIO 20107 ura di Gianluca Tofi

upati in meno

bollino rosso" dell’emergenza. Difronte a fabbriche chiuse, iata anche i sindacati ammettono che questa è una recessione

la Cgil Manlio Mariotti - non si vedevano più da oltre quindi- zia umbra che per anni, favorita dal post terremoto del 1997 a gennaio 2010 gli occupati sono calati del 40%.

assimi storici, toccando quota 6,5 per cento

sunte, in quanto ci sonomigliaia di lavoratori edaziende colpite dalla crisiche aspettano un seguitoalle promesse elettorali edai proclami che hanno ani-mato il periodo pre eletto-rale.La nostra regione ce la puòfare, perché ha le qualità ele risorse per guardare confiducia oltre la crisi che cista segnando, ma per farciò il governo regionale de-ve rafforzare il sistema diwelfare locale, in contrap-posizione all’azione del go-verno centrale; deve au-mentare le risorse per gliinvestimenti pubblici chediano nuovo slancio all’e-conomia del territorio; de-ve assumere una posizionedi rilievo nelle principalivertenze lavorative chehanno colpito l’Umbria apartire dall’Antonio Merlo-ni, alla Bassel sino ad arri-vare all’Enicom, affinchènon venga permesso lo

smantellamento di questisiti produttivi che occupa-no migliaia di lavoratori egarantiscono la sopravvi-venza delle loro famiglie edell’economia locale.Uscire dalla crisi è possibi-le, ma per far ciò dobbia-mo ripartire dalla tuteladel sistema sociale (scuola,servizi pubblici locali, in-frastrutture, servizi per glianziani ecc…); va contra-stata con ogni forma di lot-ta l’azione del governo Ber-lusconi che è tornato dinuovo alla carica control’articolo 18 dello statutodei lavoratori che tutela isoggetti interessati dal li-cenziamento senza giustacausa, bisogna combatterel’idea neoliberista che pen-sa di risolvere le problema-tiche del lavoro puntandosulla flessibilizzazione esulla diminuzione delle tu-tele e dei diritti.In riferimento a quanto det-

to, sono di buon auspicio leparole del neoletto alla se-greteria generale della Cgilin Umbria, Mario Bravi cheha dichiarato: "Sappiamo diessere di fronte ad un pas-saggio delicato e difficile, incui non solo il lavoro è in cri-si, ma sono sotto attacco i di-ritti fondamentali a partiredalla nostra Costituzione.Penso però che questa orga-nizzazione sia in grado dicompiere il necessario saltodi qualità. Per fare questo, laCgil dovrà mettere in campoun'azione unitaria e solidaleper l'Umbria evitando ognilogica meramente quantitati-va nel rapporto tra territori".Bravi ha infatti spiegato co-me la crisi amplifichi le dif-ferenze, "non solo tra i cetisociali, ma anche tra gli stes-si territori". Proprio per que-sto, secondo il segretario, "ènecessario tenere insieme levarie situazioni di difficoltà

per fronteggiare questa si-tuazione? Da questo puntodi vista, dico sinceramenteche ho trovato deludenti leparole pronunciate ieri quida Epifani. Infatti mi chie-do: come farà la Cgil a co-struire un nuovo modellocontrattuale? Con qualeforza lo farà? Se non ci rie-scono i metalmeccanici chipotrà riuscirci?”.Secondo Cremaschi, “il pun-to è che per noi democraziasindacale e unità sindacalesono due facce della stessamedaglia. I metalmeccanicisono stati la categoria piùunitaria. Nella nostra storial’unità sindacale non era unfatto di vertice, ma era ba-sata sull’unità dei lavorato-ri. Ed è tutt’ora vero che l’u-nità è una cosa importanteper i lavoratori se vedono inessa uno strumento che ac-cresce il loro potere e nonun mezzo attraverso il qua-le viene tolto loro potere”.

Poi le conclusioni: “Il segre-tario generale della Fim ciha detto che si augura un li-bero confronto con noi sudiversi modelli sindacali.Ma nella situazione attuale,nel nostro paese, non c’èuna libera competizione tradiversi modelli sindacali. Eciò perché il governo e laConfindustria vogliono im-porci il loro modello e can-cellarci. E ciò ancora perchédietro il nostro modellosindacale c’è un modello disocietà non compatibilecon quello condiviso daBerlusconi e Bombassei econ cui Cisl e Uil sono d’ac-cordo. Il nostro obiettivo èquello di riconquistare unnuovo modello contrattua-le e per provare a raggiun-gerlo dobbiamo fare la cosapiù semplice: presentare ailavoratori una nostra piat-taforma. È una scelta diffi-cile. Davanti a noi abbiamouna lunga marcia”.

“A Epifani vorrei dire chenon c’è nell’intera storiadella Cgil l’idea che il sinda-cato esiste se fa accordi. Pernoi il sindacato esiste se fagiustizia. Del resto, dellaFiom tutto si può dire menoche sia un sindacato chenon fa accordi. In questoperiodo di crisi ne stiamofacendo molti: contro lachiusura degli impianti, sucassa integrazione ordina-ria e straordinaria, sui con-tratti di solidarietà, sull’uti-lizzo di corsi di formazionee, quando possibile, dei ve-ri e propri accordi di secon-do livello”. Sono le parole diGiorgio Cremaschi, segreta-rio nazionale delle tute bluCgil, al 25° congresso nazio-nale dell’organizzazione incorso a Montesilvano. “Nel-la sua relazione introdutti-va, Rinaldini ha fatto unaanalisi molto preoccupata e,vorrei dire, molto preoccu-pante della situazione dellacrisi in Italia e nel mondo edella deriva a destra in attonel nostro paese. Se lo hafatto non è certo per ragio-ni congressuali, ma perchépreoccupante è effettiva-mente la situazione in cuidobbiamo oggi agire”. “Pernoi - ha proseguito Crema-schi -, il problema dei pro-blemi è che non abbiamo ilcontratto. Ciò non dipendeda noi, ma dalla Confindu-stria di Marcegaglia e Bom-bassei che hanno voluto im-porre alla categoria, attra-verso Federmeccanica, unaccordo separato. E questoperché la crisi è considera-ta dalla parte peggiore delnostro Paese un’occasioneper regolare i propri conticon il mondo del lavoro, lademocrazia e la Costituzio-ne”.E ancora: “L’oggetto dellanostra discussione è pro-prio questo. Cosa fa la Cgil

Sintesi dell’intervento di Giorgio Cremaschi al CongressoNazionale FIOM del 16 aprile 2010

Il sindacato esistese fa giustizia

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Enti locali e servizi8 1 FOLIGNOAPRILE 2010

Negli ultimi tempi la granparte dell'opinione pubblicaha scoperto come una per-fetta organizzazione - la Pro-tezione civile - nata per ge-stire le attività volte alla pre-visione e alla prevenzionedelle varie ipotesi di rischioe al soccorso delle popola-zioni colpite da calamità na-turali, abbia potuto utilizza-re il proprio modello gestio-nale per ampliare la sua sfe-ra di azione fino ai c.d. "gran-di eventi".Lo strumento giuridico me-diante il quale si fa fronte atutte le emergenze è costi-tuito dalle ordinanze di pro-tezione civile; provvedi-menti, quindi, necessitatied urgenti.La legge 24 febbraio 1992, n.225, istitutiva del Servizionazionale di protezione civi-le, all'art. 5 disciplina lo sta-to di emergenza e il potere diordinanza. Al verificarsi di calamità na-turali, catastrofi o di altrieventi che per intensità edestensione, debbono esserefronteggiati con mezzi e po-teri straordinari, il Consigliodei Ministri delibera lo statodi emergenza determinan-done la durata e la estensio-ne territoriale.Per l'attuazione degli inter-venti di emergenza si prov-vede con "ordinanze in de-roga ad ogni disposizionevigente e nel rispetto deiprincipi generali dell'ordi-namento giuridico"; tali or-dinanze, debitamente moti-vate e contenenti l'indica-zione delle principali normea cui si intende derogare,devono essere pubblicatenella Gazzetta Ufficiale,nonché trasmesse ai Sinda-ci interessati.Questo, in breve, il quadronormativo dell'emergenza,giustificato proprio dalla ne-cessità di intervenire consollecitudine in situazionieccezionali; la finalità dellaProtezione civile è, infatti,quella di "tutelare la integrità

della vita, i beni, gli insedia-menti e l'ambiente dai dannio dal pericolo di danni deri-vanti da calamità naturali, dacatastrofi e da altri eventi ca-lamitosi".Nel 2001 il legislatore avver-te, però, la necessità diestendere i poteri di ordi-nanza anche a situazioni chenulla hanno a che vedere congli eventi calamitosi.L'art. 5-bis, comma 5 delDecreto legge 343/2001,convertito nella Legge401/2001, consente di ap-plicare le disposizioni checonducono alla emanazio-ne delle ordinanze di prote-zione civile (in deroga) "an-che con riferimento alla di-chiarazione dei grandieventi...diversi da quelli peri quali si rende necessariola delibera dello stato diemergenza".Di fatto i grandi eventi ven-gono parificati agli stati diemergenza.Significativo è, al riguardo,l'articolo apparso sul Corrie-re dell'Umbria del 10 marzo2004 a firma di Giovanni Bo-si che, in relazione alla Con-ferenza intergovernativa deiCapi di Stato svoltasi a Romail 4 ottobre 2003, titolava: "Ilvertice come una calamitànaturale".Dall'esame degli atti parla-mentari relativi alla conver-sione in legge del Decreto343/2001 non sembra che ildibattito abbia affrontato lanorma con la quale venivanoestesi i poteri di ordinanzaanche ai grandi eventi.Se ne deve dedurre, quindi,che la scelta operata dal legi-slatore, se non vuole inter-pretarsi paradossalmentequale introduzione nel no-stro ordinamento del princi-pio in base al quale l'ordina-rio può essere gestito conmezzi straordinari, allora èpossibile che rappresenti unindice rilevatore del grado diinadeguatezza degli stru-menti normativi a disposi-zione delle pubbliche ammi-nistrazioni o, cosa ben piùgrave, dell'incapacità ed inef-ficienza di talune ammini-strazioni.

SALVATORE ZAITI

CRISTIANO DELLA VEDOVA

Così cita lo spot della campa-gna promossa dalla VUSS.p.A. al fine di sensibilizza-re i cittadini ad eseguire laraccolta differenziata dei ri-fiuti prodotti in ambito do-mestico, ossia quel sistema diraccolta dei rifiuti solidi urba-ni che prevede, per ogni tipo-logia di rifiuto, una prima se-lezione da parte dei cittadinie si diversifica dalla raccoltaindifferenziata in uso sino apochi anni fa. I problemi ecologici e di dife-sa ambientale rendono sem-pre più difficile reperire areeper le discariche di tipo tradi-zionale, nelle quali immette-re materiali di tutti i generi. In tale ambito, la fonte nor-mativa di riferimento più re-cente e importante è il D. L.

25 settembre 2009 n. 135, ilcosiddetto “Decreto Ronchi”:lo scopo finale delle normenazionali e regionali in mate-ria di rifiuti è di ridurre quan-to più possibile la quantità diresiduo non riciclabile daportare in discarica o da trat-tare con inceneritori o termo-valorizzatori, e, contempora-neamente, recuperare, me-diante il riciclaggio dei rifiu-ti, tutte le materie prime riu-tilizzabili, che divengono co-sì fonte di ricchezza e nonpiù di inquinamento.In particolare, il Presidenteuscente della Regione UmbriaMaria Rita Lorenzetti durantela sua carica ha sancito i pun-ti cardine della politica regio-nale in materia: potenzia-mento della raccolta differen-ziata; superamento della at-tuale forte disomogeneitànella raccolta differenziata ri-

scontrata sul territorio regio-nale; proseguimento delleazioni per la riduzione dellaproduzione complessiva deirifiuti; ottimizzazione dellagestione delle discariche esi-stenti; azioni di studio e ricer-ca relative alle nuove tecnolo-gie di smaltimento.Nell’auspicarci che il cambiodi poltrona alla Presidenzadella Regione non comportialcun cambiamento di quelleche sono state se non altro leidee e le linee guida in questosettore, e che queste strategienon restino solo sulla carta,occorre sottolineare comun-que che, nonostante le impor-tanti campagne di sensibiliz-zazione, anche nelle scuole,promosse dagli enti di raccol-ta e smaltimento dei rifiuti(VUS S.p.A., GESENU, etc.), lanostra Regione si trova anco-ra molto indietro in materia

Gli “antichi” regnanti, quan-do non gradivano certi suc-cessori al trono, poco pri-ma di morire modificavanola regole di successione co-sì da individuare quale ere-de un figlio piuttosto cheun fratello.Diversamente, nella nostramoderna e civile democra-zia, la legge elettorale do-vrebbe essere tendenzial-mente stabile e il suo even-tuale cambiamento dovreb-be avvenire con il consensodelle principali forze poli-tiche.Nella nostra esperienza re-pubblicana, l’unico prece-dente (prima delle riformedel 2006) di scontro tramaggioranza e minoranzaa ridosso delle votazionisul cambiamento del siste-ma elettorale è quello dellal.n.148/1953, passata allastoria come “legge truffa”.Da allora l’interpretazionedel principio democraticoha subito una significativaevoluzione la quale rendeoggi ancor meno accettabi-le un simile metodo diriforma delle regole di par-tecipazione politica, a pre-scindere dal fatto che for-malmente la nostra Costi-tuzione prevede solo unariserva di legge in materia,senza imporre maggioran-ze qualificate.A tal proposito, merita esa-minare l’orientamento as-sunto in materia dal Consi-glio delle elezioni demo-cratiche, istituito in seno alConsiglio d’Europa e all’As-semblea parlamentare, ilquale ha adottato un “Codi-ce di buona condotta elet-torale” che sintetizza le re-gole essenziali per un pro-cesso elettorale autentica-mente democratico, nelquale si è voluto riassume-re le norme del patrimonioelettorale europeo.In particolare, nel Codice èprevisto che per assicurareun corretto svolgimentodelle elezioni si ritiene fon-

damentale la stabilità dellelegge elettorale ossia che“gli elementi fondamentalidel diritto elettorale, e inparticolare il sistema elet-torale propriamente detto… non dovrebbero poteressere modificati a meno diun anno precedente unaelezione, o dovrebbero es-sere disciplinati a livellocostituzionale o a un livel-lo superiore a quello delleleggi ordinarie”.É infatti evidente, comechiarito nel rapporto espli-cativo allegato al Codice,“che se le regole cambianospesso, l’elettore può esse-re disorientato e non com-prenderle” tanto da poter“considerare, a torto o a ra-gione, che il diritto eletto-rale è uno strumento checolui che esercita il poteremanipola a suo favore eche il voto dell’elettore nonè più l’elemento che decideil risultato dello scrutinio”.Ora, il Codice di buona con-dotta in materia elettoraleè stato approvato dall’As-semblea Parlamentare e haricevuto l’importante so-stegno del Comitato dei Mi-nistri, composto da tutti iministri degli esteri deglistati membri.

Come è noto, tuttavia, leraccomandazioni e le riso-luzioni del Comitato deiMinistri e dell’Assembleaparlamentare del Consigliod’Europa, non impongonoobblighi giuridicamentevincolanti agli stati e costi-tuiscono unicamente la co-siddetta “soft law”, ossiadelle “norme” prive di ca-rattere vincolante diretto. In ragione di ciò il nostroPaese non rispetta il Codicedi buona condotta elettora-le e sono sempre più fre-quenti le modifiche appor-tate al sistema elettoraleproprio in prossimità dellaconvocazione dei comizielettorali.Si rileva, però, che la CorteCostituzionale con la sen-tenza n. 348 del 22 ottobre2007 ha ampiamente trat-tato l’argomento dei rap-porti tra l’ordinamento na-zionale ordinario (statale eregionale) e costituzionaleda un lato e gli obblighi as-sunti dall’Italia con l’ade-sione alle convenzioni in-ternazionali e specifica-mente alla ConvenzioneEuropea dei Diritti dell’Uo-mo dall’altro.L’attenzione della Corte Co-stituzionale si è particolar-

LORENZO BATTISTI

Raccolta differenziata: scelta obbligata

Calamità e “grandi eventi”

Comuni “r ic ic loni” , l ’Umbria ancora molto lontanadagli obiettivi. Buoni propositi ma scarsa informazione

L’inefficienza giustifica l’emergenza Il “codice di buona condotta elettorale” adottato dalla CEDU

Modifiche della legge elettorale regionale

di gestione dei rifiuti solidiurbani; tradotto: noi cittadiniumbri abbiamo ancora tantoda imparare e da fare!Secondo il dossier “ComuniRicicloni 2009”, l’Umbria haancora molta strada da per-correre. E’ quanto evidenziauna nota di Legambiente cheanche lo scorso anno ha pre-miato i comuni italiani chegestiscono meglio i rifiuti. Peril 2009 la soglia da superareera quella del 45 % di raccoltadifferenziata, 55 % per i co-muni sotto i 10 mila abitanti.Dei 92 comuni umbri, prose-

gue la nota, soltanto 2 sonostati premiati. Per Legambien-te ciò è sintomo di scarsa at-tenzione alla questione rifiu-ti e anche di poca voglia dicollaborare alla rilevazionedei dati, effettuata dall’Eco-sportello Rifiuti tramite unascheda da compilare a curadei responsabili del comune.E’ evidente che i dati e i risul-tati ci sono, ma è altrettantoevidente che non basta.Inutile risulta una capillaresensibilizzazione, se non c’èvolontà di informarci. E finora non è bastato nem-

meno l’impianto di stazioniecologiche (ad esempio nelComune di Foligno e in quel-lo di Spoleto), che certamen-te riescono a smaltire in ma-niera “giusta” una notevolequantità di rifiuti, riciclabili enon. Molti cittadini non ne co-noscono l’esistenza. E il para-dosso è che lo scopo dellaraccolta differenziata è quel-lo di migliorare la qualità del-l’ambiente che ci circonda, equindi la qualità della nostravita. Perché non attuarla? Masoprattutto, perché non at-tuarla tutti? Torno alla defini-zione iniziale. “… sistema diraccolta dei rifiuti solidi urba-ni che prevede, … una primaselezione da parte dei cittadi-ni …”. Appunto, … da partedei cittadini! Gli attori principali di questabattaglia contro la costantedegenerazione ambientalesiamo proprio noi, purtrop-po! Si, purtroppo! Troppospesso il volantino informati-vo di questa o di quella cam-pagna non viene nemmenoletto, e finisce nel cassonetto.E ovviamente non in quellodella carta.

Perugia, Palazzo Cesaroni sede della Regione delll’Umbria

mente soffermata sulla let-tura del nuovo art. 117, pri-mo comma, della Costitu-zione introdotto con la leg-ge costituzionale n. 3 del18 ottobre 2001.“L’art. 117, primo comma,Cost. – afferma la Corte –condiziona l’esercizio del-la potestà legislativa delloStato e delle Regioni al ri-spetto degli obblighi inter-nazionali, tra i quali indub-biamente rientrano quelliderivanti dalla Convenzio-ne europea dei diritti del-l’uomo”.Pur escludendo qualsiasicapacità (efficacia) di “adat-tamento automatico” dellenormative nazionali allenorme CEDU, trattandosinel caso della Convenzionedi un vincolo “pattizio” enon pienamente devolutivocome nel diverso caso del-l’Unione Europea, la CorteCostituzionale ha precisatola natura “interposta” dellenorme CEDU che possonotrovare applicazione vinco-lante nell’ordinamento ita-liano in quanto abbiano su-perato lo scrutinio diconformità ai principi del-la Costituzione italiana,prerogativa esclusiva dellaCorte stessa.Conseguentemente, tuttele volte che una nuova leg-ge elettorale violi i precet-ti dettati dalla CEDU sopratrascritti, in particolaresotto il profilo della illegit-tima modifica del sistemaelettorale a ridosso dellaconsultazione elettorale, sipotrà sottoporre agli orga-ni giudiziari l’opportunitàdi rimettere alla Corte Co-stituzionale lo scrutinio,gradatamente, dellaconformità della normaCEDU richiamata ai princi-pi costituzionali italiani,della sua efficacia vinco-lante sulle produzioni nor-mative nazionali (statali eregionali) quale fonte sub-costituzionale “interpo-sta”, della conseguente ille-gittimità costituzionaledella nuova legge elettora-le laddove in contrasto coni principi europei.

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Salute 9 1FOLIGNO

Ogni volta che in un serial tv,o nella vita reale, c’e da fareun’autopsia, o da analizzareun tessuto biologico, il prota-gonista indiscusso è il medi-co anatomopatologo eppure,secondo una recente inchie-sta, quattro italiani su diecinon hanno mai sentito parla-re di questa figura professio-nale. Nonostante l’importan-za estrema del suo lavoro, al-l’anatomopatologo viene ri-conosciuto un ruolo di se-condo piano o al massimoviene etichettato come il me-dico dei morti, colui i cui pa-zienti non si lamentano mai.La sua figura costituisce an-cora oggi un binomio indis-solubile con l’autopsia.In realtà il suo lavoro è benpiù ampio e articolato anchese il suo aspetto tradiziona-le riveste ancora grande si-gnificato scientifico e cultu-rale, in quanto il riscontrodiagnostico rimane uno deicontributi più qualificantinell’inquadramento epide-miologico delle malattie. Ilpatologo non è un oncologo,non è un chirurgo, il pazien-te ha raramente l’occasionedi incontrarlo e vederlo al la-voro e in linea di massima ilcontatto si riassume nellalettura del referto.Eppure il ruolo di questoprofessionista va molto piùin là del laboratorio, dei ve-trini, per toccare nel vivo ilpaziente e il suo percorso te-rapeutico fatto non solo didiagnosi ma di scelte tera-peutiche, di guarigione o dimalattia. E’ il patologo cheguida la mano del chirurgoin sala operatoria o dell’on-cologo che stabilisce chemioo radioterapia. Egli è ognigiorno in contatto con i col-leghi che i malati hanno incura e che inviano biopsie,chiedono consigli, sollevanoquesiti e scelgono infine laterapia più idonea.Per comprendere l’attivitàdell’anatomopatologo è ne-cessario fare un esempio.Una donna si accorge di ave-re un nodulo al seno. Si rivol-ge al medico di famiglia ilquale, dopo averla visitata, leconsiglia di sottoporsi agli

accertamenti radiologici(mammografia, ecografia). Ilradiologo definisce il nodulosospetto e per definire me-glio la lesione decide di ese-guire una micro biopsia (trucut o mammotone). Il mate-riale viene inviato al patolo-go che studiando la morfolo-gia del tessuto inviato dirà seè maligno e in questo modofornirà un primo ausilio dia-gnostico ai colleghi chirurghiper pianificare l’intervento.Se il nodulo sarà riferibile aneoplasia maligna, essaverrà asportata e sarà di nuo-vo inviata al patologo che nelgiro di 10 minuti, se richiestodal chirurgo e dal radiotera-pista presente in sala opera-toria, valuterà le dimensioni,i margini di resezione, illinfonodo sentinella dandoindicazioni esatte per la con-dotta chirurgica seguente.Nei giorni successivi l’ anato-mopatologo confermerà ladiagnosi sul materiale invia-to in toto, per valutare l’effet-

tiva estensione del tumore ela presenza o meno di meta-stasi linfonodali. Sino a qual-che tempo fa la sua funzionenell’ambito ad esempio del-la patologia oncologicamammaria consisteva in dia-gnosi (determinazione dell’i-stotipo) valutazione dellostato linfonodale ascellare,del grading e stadiazione pa-tologica (pTNM). Attualmen-te, vuoi con i processi biotec-nologici riguardanti la dispo-nibilità di marcatori immu-noistochimici, vuoi con lamaggiore definizione delladiagnosi istologica, vuoi conla disponibilità di strumenta-zioni ottiche di lavoro a piùalta definizione con possibi-lità di effettuare archivio del-le immagini, vuoi con il pro-gresso compiuto dalla tera-

pia farmaco oncologica e lapossibilità di individuare or-monodipendenza, fattori dicrescita ed oncoproteine, l’A-natomopatologo può sugge-rire al clinico ulteriori valuta-zioni inerenti la prognosi e lacorretta impostazione tera-peutica. Se prima il compitodell’anatomopatologo eraquello di fare diagnosi, pos-sibilmente giuste, ora devesaper leggere e interpretareciò che cellule e tessuti gli di-cono. Nessun oncologo oggicura un cancro e basta macura una malattia complessacon una serie di caratteristi-che specifiche che è l’anato-mopatologo a identificare e acomunicare. Egli ha dovutofar propri tutti gli strumentiche la scienza moderna gliha messo a disposizione perpoter rispondere nel miglio-re dei modi ai quesiti postidai vari specialisti coinvoltinella gestione del paziente:l’immunoistochimica che uti-lizza gli anticorpi diretti con-

tro costituenti cellulari, le al-terazioni del patrimonio ge-netico, la valutazione delleoncoproteine, dei marcatoritissutali, le analisi citogene-tiche, le possibilità di indiriz-zare ad una target therapy .Ma il paziente, nonostantetutto, non lo incontrerà , an-zi molte volte non saprànemmeno che esiste unospecialista dedicato alla ti-pizzazione delle lesioni tu-morali e non tumorali. Egli èquindi divenuto un vero pro-tagonista nel difficile percor-so di una persona che si am-mala. Il paziente raramentelo conoscerà pur tuttaviasarà sempre ben conosciutodal patologo che lo seguirànel corso degli anni senzamai far apparire questa co-stante e protettiva presenza.

Il termine lombalgia indica ildolore lombare di naturamuscolo-scheletrico, unacondizione estremamentefrequente nella popolazioneadulta, tanto che rappresen-ta la prima causa di invali-dità nella popolazione adul-ta inferiore a 45 anni. Nonostante solo raramenteil dolore in sede lombare siaindicativo della presenza diuna patologia grave. Risulta-no colpiti alla stessa misurasia uomini che donne in par-ticolare fra 30 e 50 anni. In base alla durata della sin-tomatologia dolorifica si di-stingue una lombalgia: acu-ta (4-6 settimane), subacuta(da 1-3 mesi) e cronica (oltretre mesi). Il 90% dei casi gua-

risce spontaneamente, indi-pendentemente dalla tera-pia praticata, entro 4-6 setti-mane. La lombalgia conse-gue principalmente a causemeccaniche (80-90% dei ca-si) in minor misura a neuro-patie (5-15% dei casi) e soloin una ridotta percentuale èassociata ad una patologiaviscerale. Sono stati identificati nume-rosi fattori di rischio, indivi-duali (età, fumo, peso corpo-reo ), occupazionale (rima-nere seduti a lungo, attivitàfisica pesante, piegamentifrequenti e movimenti inna-turali), e psico-sociale, (in-soddisfazione per il lavoro estress possono partecipareall'insorgere della lombal-gia. Il farmacista ricopre un ruo-lo chiave nell'identificazione

della lombalgia aspecifica,nella sua gestione non far-macologica e nel correttocontrollo della sintomatolo-gia dolorifica mediante som-ministrazione di farmaci diautomedicazione più appro-priati. Dovrebbe essere ingrado di fornire le corretteinformazioni sui fattori di ri-schio correlati alla compar-sa di lombalgia acuta e suitrattamenti non farmacolo-gici che possono essereadottati quando è in atto unepisodio doloroso: mante-nere una corretta postura epraticare un’adeguata atti-vità fisica (a basso impattocome camminare o nuotare),il riposo a letto per più di 2-3 giorni deve essere sconsi-gliato. E' importante rimanere atti-vi mantenendo una normale

Prima di tutto dobbiamo sa-pere che il comune sale dacucina è composto da cloru-ro di sodio, in cui il sodio, cheè quello che da sapore aglialimenti, è circa il 40%, quin-di in ogni grammo di sale dacucina ritroviamo 0,4 gr diSodio.In condizioni di efficienzanormale il nostro organismoelimina ogni giorno da 0,1 a0,6 gr di sodio, e questaquantità va reintegrata conl’alimentazione giornaliera.Ma se pensiamo che per arri-vare a reintegrare il sodio per-so dal nostro organismo biso-gna aggiungere il sale ai no-stri cibi ci sbagliamo di gros-so, infatti il sodio contenutoin natura nei nostri alimenti èsufficiente a coprire le realinecessità dell’organismo.Solo in particolari condizio-ni, come la sudorazioneestrema e prolungata, vi èun aumentato fabbisogno diquesto minerale. Le statisti-che ci dicono che giornal-mente gli italiani assumonoin media 10 gr di sale comu-ne (cioè 4 gr di sodio), ma seprima abbiamo detto che unorganismo normale ne eli-mina da 0,4 a 0,6 gr ci accor-giamo che l’assunzione gior-naliera media degli italianidi sodio è quasi 10 voltemaggiore delle reali neces-sità fisiologiche.Ma va beh direte voi... un po’di sale in più non sarà un pro-blema...! mi dispiace ma nonè proprio cosi, questo ele-mento cosi importante per lanostra sopravvivenza può di-ventare estremamente dan-noso se assunto senza mode-razione e consapevolezza.Un consumo eccessivo di sa-le può favorire la comparsadell’ipertensione arteriosa,soprattutto in quei soggettiche già ne sono predisposti.Elevati apporti di sodio nellaalimentazione quotidiana au-mentano il rischio per alcunemalattie del cuore, dei vasisanguinei, e dei reni, sia attra-verso l’aumento della pres-sione arteriosa, che in modoindipendente da questo mec-canismo.Inoltre a un elevato consumo

di sodio si associa un aumen-to del rischio di insorgenza ditumore allo stomaco, unamaggiore perdita urinaria dicalcio che può portarci ad unmaggior rischio di osteoporo-si. Di conseguenza ridurre gliapporti di sale può essereuna importante misura nonsolo curativa, ma anche pre-ventiva per moltissime per-sone.Recenti studi hanno confer-mato che un consumo mediodi sale al disotto di 6 gr algiorno, corrispondente quin-di a un’assunzione di circa2,4 gr di sodio, rappresentaun buon compromesso tra ilsoddisfacimento del gusto ela prevenzione dei rischi le-gati al sodio.Ridurre la quantità di sale chesi consuma giornalmentenon è difficile, soprattutto sela riduzione avviene gradual-mente, infatti il nostro pala-to ha un forte potere di adat-tamento e quindi possiamofacilmente rieducarlo a cibimeno salati. In pochi mesi, oaddirittura in poche settima-ne, questi stessi cibi appari-ranno saporiti al punto giu-sto, mentre sembrerannotroppo salati quelli conditinel modo precedente. Le spe-

Quattro italiani su dieci non sannochi è l’anatomopatologo

Il “sale”, da alleato a nemicodella nostra salute

La lombalgia, terapie non farmacologiche e automedicazione

FRANCA BUTTARO LEONARDO MERCURI

ANTONIO ZOCCO

APRILE 2010

attività quotidiana. E’ inoltrecompito del farmacista con-sigliare il paziente di rivol-gersi al proprio medico cu-rante o allo specialista quan-do gli analgesici di autome-dicazione non funzionano,quando il dolore perdura, oquando sorge il sospetto diuna forma di lombalgia se-condaria ad altra patologia.

Il trattamento farmacologicoè diretto ad alleviare i sinto-mi e a favorire una rapidamobilizzazione del pazien-te affetto da lombalgia. Ilfarmaco di prima scelta nel-la terapia della lombalgia è ilparacetamolo. Esso assicura un’adeguataanalgesia ed è dotato di unfavorevole profilo di sicu-

rezza. Anche i Fans (aspiri-na, diclofenac, nimesulide,piroxicam, ibuprofene, na-prossene ecc. ecc.) possonoessere somministrati al pa-ziente lombalgico in quan-to molto efficaci nel control-lo del dolore, anche i cerottianalgesici trasdermici dan-no buoni risultati. Nei pa-zienti con dolore intensonon adeguatamente control-lato da Paracetamolo e Fanssi deve ricorrere all’associa-zione paracetamolo - codei-na oppure al tramadolo.Concludendo possiamo direche per il 90% dei casi que-sta patologia è determinatada uno stile di vita sbagliato.Il farmacista può in qualchemodo guidare il paziente ecnsigliare tutte quelle pre-cauzioni per prevenire trau-mi nella regione lombare.

zie o le erbe aromatiche pos-sono essere un valido aiutoalla riduzione del sale, confe-rendo esse uno specifico aro-ma ai nostri alimenti e mi-gliorandone anche le pro-prietà organolettiche, unesempio classico sono il suc-co di limone e l’aceto che per-mettono di dimezzare l’ag-giunta di sale e ottenere cibiugualmente gustosi e sapori-ti, agendo da esaltatori dellasapidità. In ultima analisi è daricordare che in Italia è anco-ra diffusa una carenza iodicaendemica, specialmente inquelle zone, come le nostre,che non godono dell’influen-za benefica del mare, perquesto sia l’OrganizzazioneMondiale della Sanità che ilnostro ministero della Salute,consigliano l’uso del cosid-detto “sale iodato” che non èaltro che comune sale da cu-cina a cui è stato aggiuntodello iodio. Il sale iodato nonè un alimento per personespeciali o per patologie spe-cifiche, ma è un alimento chedovrebbe diventare di usocomune in tutta la popolazio-ne, e soprattutto rimangonovalide le stesse raccomanda-zioni e moderazioni dette inprecedenza per il sale comu-

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Notizie e Corrispondenze101 FOLIGNOAPRILE 2010

una, rosmarino un mazzo,maggiorana un mazzetto,patate Kg 1,5, vino bianco l1, prezzemolo un mazzo,capperi gr 200, aglio 4 spic-chi, sale e pepe q.b., acciu-ghe sottolio, olio extra ver-

gine di oliva q.b., un limone.Procedimento:In una pentola mettere unfilo di olio e lasciarlo scalda-re, aggiungere l’agnello ta-gliato a pezzi di media gran-dezza, il sedano e le carote

Questo è un piatto che ap-partiene al passato, la suaricetta originale prevedeval’utilizzo della pecora al po-sto dell’agnello; i pastoriche con i propri greggi dal-l’altopiano di Rascino, traLazio e Abruzzo, si sposta-vano sino all’Agro Pontino,durante il lungo viaggiousavano uccidere le pecorepiù vecchie e malandate eutilizzarle per il proprio nu-trimento, cuocendole in unapposito contenitore (cottu-ro) con acqua e erbe aroma-tiche. Questa tradizione è ri-masta nel tempo, il piatto èstato arricchito ed è sempreun elemento di unione in unpiacevole convivio.

Ingredienti per 6 persone:Agnello Kg 1,5, sedano gr300, carota gr 500, cipolla

LA RICETTA DEL MESE

CINEMA E NON SOLO

Kukushka è un bellissimofilm del regista russo Alek-sandr Rogozhkin del 2002.Il film è notevole per la tecni-ca narrativa (l’immissionedello spettatore direttamentenello svolgimento della tramache si spiega successivamen-te, passo per passo, nel con-testo storico, ambientale enelle vicende dei singoli per-sonaggi); splendido per laambientazione paesaggisticadel nord polare; geniale perl’espediente dell’uso delle di-verse lingue proprie dei sin-goli personaggi (un russo, unfinlandese e una lappone) chedà luogo a comici fraintendi-menti che si risolvono, infine,con il ricorso al linguaggiopiù antico del mondo: quellodel corpo.Ma la grandezza del film ripo-sa soprattutto nel messaggioanticonformista sotto il pro-filo cinematografico e, persi-no rivoluzionario, sotto quel-lo culturale e politico. Il mes-saggio è già nel sottotitolo: “di-sertare non è un reato”.Si tratta di un film di guerra,ma nello stesso tempo si trat-ta di un film di pace e di con-

vivenza tra gli esseri umani,cioè di tutto quello che è“contro” la guerra.Un cecchino finlandese(kokushka in finlandese è ilcuculo e con questo sopran-nome venivano chiamati icecchini) accusato di diser-zione viene incatenato daisuoi commilitoni a una rocciavestito da nazista per essereprobabile bersaglio dei cec-chini sovietici.Un ufficiale sovietico, “disob-bediente”, viene arrestato etradotto con una jeep al co-mando per essere processato.Ambedue, per circostanze di-verse, riescono a liberarsi e,sempre per diversi percorsi ecasualità, si trovano a rifu-giarsi nella capanna di unagiovane lappone.I due nemici si trovano ina-spettatamente l’uno davantiall’altro, ambedue però disar-mati e ambedue “in mutande”(la giovane lappone aveva pre-so le loro divise per lavarle).L’abbigliamento, la non cono-scenza delle reciproche lin-gue, la condizione di fuggia-schi seppure per diverse ra-gioni e da diversi schiera-menti in guerra tra di loro, dàluogo a situazioni tragicomi-che che vedono la ragazzalappone spettatrice incredu-

in pezzi grandi, la cipolla, lamaggiorana e qualche ra-metto di rosmarino, sale epepe e lasciare rosolare perpochi minuti, aggiungerepoi il vino e, infine acqua fi-no a coprire completamen-te la carne, dopo circa mez-zora aggiungere le patatesbucciate e anche esse ta-gliate in pezzi di mediagrandezza; far cuocere sinoa che la carne dell’agnellonon risulterà morbida, manon dovrà sfaldarsi. A partepreparare una salsa conprezzemolo, aglio, capperi,acciughe finemente tritati,sale, il succo del limone eolio di oliva. In un piattogrande disporre l’agnellocon le verdure e il brodo dicottura, che si sarà natural-mente ristretto; completareaggiungendo alcune goccedi salsina sia sulla carne chesulle verdure.

Luigi ChiavellatiCapomanipolo Medicodella Milizia Volontariaper la SicurezzaNazionale MVSN (unitàcombattenti dellecamice nere) medagliad’oro alla memoria peressersi particolarmentedistinto, durante laconquista dell’Imperodi Etiopia, nel bestialemassacro dellepopolazioni abissine.

NOTA DELLA REDAZIONE

LETTERA ALL A REDAZIONE

Toponomastica “imbarazzante”

Agnello “allo cotturo”ANTONIETTA STADERINI

SANDRO RIDOLFI

Redazione: Via della Piazza del Grano 1106034 Foligno (PG) tel. 0742510520Mail: [email protected] tribunale di Perugia n° 29/2009Editore: Sandro RidolfiDirettore Editoriale: Sandro RidolfiDirettore Responsabile: Giorgio AuriziImpaginazione e grafica: Andrea TofiStampa:Grupo Poligrafico Tiberino srl, Città di CastelloChiuso in redazione il 18/04/2010Tiratura: 2.500 copie

Periodico dell’Associazione ”Luciana Fittaioli”

Mail: [email protected]

la di tanta stupidità.Sarà lei, con la sua istintivasemplicità, a comporre i con-flitti, togliendo questa volta“motivatamente” le divise adambedue i militari e riportan-doli, col linguaggio ancestra-le dei corpi, alla bellezza del-la vita.Ed ecco il messaggio: la guer-ra è la negazione della vita,non solo perché uccide e fauccidere esseri umani, maperché uccide il senso pri-mordiale della vita stessa.Disertare dunque non solonon è un reato ma un doveremorale verso se stessi e ver-so tutta l’umanità.

Il Dirigente Scolastico Ta-lamonti Giocondo de impe-rio ha proposto un minutodi silenzio per ricordare icaduti delle foibe, in sup-porto di quella operazio-ne ideologica di stamporevisionista chiamata “ilgiorno del ricordo” impo-sta in modo bipartisan daineo (o ex) fascisti al gover-no con l'appoggio del Pd ilcui esponente Violante hasantificato i fascisti di Salòoffendendo la resistenza ela nostra Costituzione.E' una preoccupante ope-razione di revisionismostorico quella sulle foibe,che cancella la storia realedell’occupazione italiana efascista dell’Istria e dellaDalmazia e l'“italianizza-zione” forzata di quelleterre di confine attuatadalla canaglia fascista an-che con la realizzazione,durante il conflitto, di de-cine di campi di concen-tramento e di sterminio,sessanta su questo territo-rio di cui la risiera San Sa-ba è solo il più atroce, sen-za dimenticare quello del-l'isola di Arbe-Rab.Ancora più discutibile im-porre un minuto di silen-zio attraverso una circola-re del Dirigente, come aitempi del MINCULPOP... Sa-rebbe interessante saperese questa forzatura allaprogrammazione dei do-centi è passata nei consiglidi classe o al collegio do-centi o è frutto della con-fusa identità autoritaria diun preside che tra l'altrodovrebbe essere più atten-to alla storia e all’uso poli-tico di questa essendo, cisembra, un esponente diRifondazione comunistacapogruppo al consigliocomunale. Ricordiamo chela libertà di insegnamentoè un valore costituzional-mente riconosciuto e invi-tiamo i docenti che rite-nessero eterodiretta ed au-toritaria la circolare del DSad impugnarla.

Per quel giorno, proprioper fare un’operazione sul-la memoria rimossa, viconsigliamo la visione deldocumentario “Fascist le-gacy” sui crimini di guerraitaliani e fascisti e il librodello storico Angelo delBoca.Contro la rimozione stori-ca, portiamo alla memoriale atrocità del regime fa-scista, dei suoi crimini edei criminali di guerra maiperseguiti per la logicadella guerra fredda e per lacopertura dei servizi se-greti e delle gerarchie mi-litari e politiche. Ricordia-mo l’armadio della vergo-gna rinvenuto nel 1994 inuno sgabuzzino della can-celleria della procura mili-tare di Roma, dove fu ri-trovato un archivio con695 fascicoli riguardanticrimini di guerra commes-si sul territorio italiano du-rante l'occupazione nazi-fascista a Trieste e nei Bal-

cani, occultati subito dopola guerra.Altro che “italiani bravagente” o vittimismo postu-mo, il lavoro della talpastorica non può prescinde-re dal lavoro scientifico eanalitico e aborrire le para-te e le apologie acritiche esoprattutto l’uso strumen-tale e politico della storia edelle sue tragedie. E i mi-nuti di silenzio.Alleghiamo anche una let-tera di dirigenti scolasticidi Roma che ribadendo idiritti costituzionali e la li-bertà di insegnamento sisono rifiutate di avallarel’uso politico dei minuti disilenzio nelle scuole, inquesto caso il tentativo delgoverno di imporre un mi-nuto di silenzio per i sol-dati morti nella guerra inAfghanistan….

Franco Coppoli, Co.Bas. - Comitati di base

della scuola - Terni

La giornata dell’ipocrisiae il silenzio dei revisionisti

Disertare non è un reatoFate l’amore non la guerra

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111FOLIGNO

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La mattina del 10 agosto 1944, a Milano,quindici tra partigiani e antifascisti venneroprelevati dal carcere di San Vittore e portatiin Piazzale Loreto, dove furono fucilati da unplotone di esecuzione composto da militi

della legione «Ettore Muti».Meno di un annodopo, all'alba del 29 aprile 1945, sullo stes-so piazzale furono esposti i cadaveri di Mus-solini, di Claretta Petacci e di altre 15 perso-ne giustiziate dopo la cattura a Dongo.

Movimenti e lotte12 FOLIGNOAPRILE 2010

Che significa la data del 25aprile?Perché la celebriamo?Questa data ha due signifi-cati: commemorazione delpassato, consacrata aimorti; impegno per l’avve-nire, riconfermato dai vivi.Ringraziamo i morti che sisacrificarono perché que-sta data fosse una mèta, lafine del terrore e della ver-

gogna: la conclusionedella guerra civile, scate-nata dagli squadristi del1921 e schiacciata dai par-tigiani del 1945; la caccia-ta della monarchia traditri-ce, che per salvarsi vendéla patria ai pugnalatori; losprofondarsi della inferna-le maledizione razzista,che asfissiò la civiltà euro-pea col fumo delle camerea gas; il crollo del militari-smo prussiano, banda dicarnefici nazisti vestiti dagenerali.Ma per i vivi il 25 aprile èun inizio: una data di libe-razione e di fiduciaumana. In quel giorno,dopo tanto sangue, aldisopra di tante rovine,nacque sul mondo unasperanza. Negli anni della resistenzaclandestina si era provatoche uomini di tutti i partiti,purché li unisca la fedenella libertà e nella giusti-zia sociale, possono frater-namente collaborare percostruire un mondo senzacarnefici e senza servi.

II 25 aprile segnò l’impe-gno di continuare nellapace questa collaborazio-ne fraterna.Oggi, a distanza di setteanni, gli artefici della cata-strofe, tornati ai loro postidi privilegio non si conten-tano della impunità: osanopresentarsi come salvatoridella patria, essi che furo-no gli sciagurati colpevolidi tutte le sue rovine;osano arringare il popolo,essi per i quali il popolodoveva essere un greggedi schiavi; osano invocareTrieste, essi che, messisi alsoldo dei tedeschi nellafolle guerra fratricida, lagettarono in preda allostraniero.E intanto i generali nazistichiedono armi, per salvarquesta Europa che essiridussero a un campo diconcentramento e dimacerie.Uomini della Resistenza,la Resistenza non è finita!Contro questi ritorni, oggi25 aprile, siamo presenti arinnovare l’impegno.

25 Aprileper non dimenticare il passato

1 Maggioper costruire il futuro

“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dovecaddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto unitaliano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”

PIERO CALAMNDREI

GIUSEPPE DI VITTORIO

Il diritto di associazione èsenza dubbio fra i diritti fon-damentali del cittadino e unadelle espressioni più chiaredelle libertà democratiche.Il diritto di associazione è an-zi il presidio più sicuro dellalibertà della persona umana,la quale tende in misura cre-scente a ricercare la via delproprio sviluppo, della pro-pria difesa, e d’un maggiorebenessere economico e spiri-tuale, specialmente nella li-bertà di coalizzarsi con altrepersone.Tale diritto dev’essere ricono-sciuto a tutti i cittadini d’am-bo i sessi e d’ogni ceto socia-le, senza nessuna esclusione.Tuttavia, la Costituzione nonpuò ignorare che se il dirittodi associazione dev’essere ga-rantito ad ogni cittadino, es-so ha però un valore diversopei differenti strati sociali.Nell’attuale sistema sociale,infatti, la ricchezza naziona-le è troppo mal ripartita, inquanto si hanno accumula-zioni d’immensi capitali nel-le mani di pochi cittadini,mentre l’enorme maggioran-za di essi ne è completamen-te sprovvista.In tali condizioni, è chiaro che

nei naturali e inevitabili con-trasti di interessi economici esociali sorgenti fra i vari stra-ti della società nazionale, ilcittadino lavoratore ed il cit-tadino capitalista non si tro-vano affatto in condizione dieguaglianza.Il cittadino capitalista, basan-dosi sulla propria potenzaeconomica, può lottare e pre-valere anche da solo, in deter-minate competizioni di carat-tere economico. Il cittadinolavoratore, invece, da solo,non può ragionevolmentenemmeno pensare a parteci-pare a tali competizioni.Ne consegue che per il cittadi-no lavoratore la sola possibi-lità che esista – perché possa

partecipare a date competi-zioni economiche, senza es-serne schiacciato in partenza– è quella di associarsi con al-tri lavoratori, aventi interessie scopi comuni, per controbi-lanciare col numero, con l’as-sociazione e con l’unità d’in-tenti e d’azione degli associa-ti, la potenza economica delsingolo capitalista o d’una as-sociazione di capitalisti. Il sin-dacato, perciò, è lo strumen-to più valido, per i lavoratori,per l’affermazione del dirittoalla vita e del diritto al lavoro,che dovranno essere sancitidalla nostra Costituzione.Gli interessi che rappresenta-no e difendono i sindacati deilavoratori, sono interessi dicarattere collettivo e non par-ticolaristico o egoistico; inte-ressi che in linea di massimacoincidono con quelli genera-li della Nazione.Non è mai accaduto, e nonpuò accadere, ai liberi sinda-cati dei lavoratori, di avere in-teressi contrari a quelli dellacollettività nazionale, com’èinvece accaduto – e può sem-pre accadere – a determinatitipi di associazioni padronali(trust, cartelli, intese, ecc.) iquali sono notoriamentegiunti a limitare di propositola produzione – ed anche a di-struggerne notevoli quantità

– per mantenere elevati iprezzi, allorquando i prezzielevati, piuttosto che la mas-sa dei prodotti vendibili, assi-curano agli interessati mag-giori profitti, con danno evi-dente della maggioranza del-la popolazione e della Nazio-ne. Eventuali interessi egoisti-ci di categorie, che possonosorgere anche in seno allemasse lavoratrici, vengonocontenuti, contemperati, edin definitiva eliminati, da esi-genze poste da altre categoriedi lavoratori, e soprattuttodalla convergenza degli inte-ressi fondamentali e perma-nenti dell’insieme dei lavora-tori di ogni categoria; conver-genza che ha la sua espres-

sione nell’esistenza stessadella Confederazione Genera-le Italiana del Lavoro, la qua-le rappresenta, appunto, gliinteressi generali di tutti i la-voratori d’ogni categoria oprofessione, manuali ed intel-lettuali e – come tale – è unadelle forze basilari della Na-zione.Il diritto di associazione com-porta la libertà d’azione dellesingole associazioni, per l’a-dempimento dei loro compi-ti e per la realizzazione degliscopi pei quali sono state co-stituite. Le libertà sindaca-li, che si riassumono nellapiena libertà di riunione,di discussione, di manife-stazione, di astensione dal

lavoro, ecc., comportano ildiritto di sciopero.E’ attraverso lo sciopero che ilavoratori – poveri e deboli,isolatamente – affermano lapropria potenza e l’indispen-sabilità della loro funzionesociale. In tutti i paesi civili,il diritto di sciopero è consi-derato soprattutto un mezzodi difesa dell’integrità dellapersonalità umana.Il divieto di sciopero, perqualsiasi categoria di lavo-ratori, è una mutilazionedella personalità; è incom-patibile col principio dellalibertà del cittadino e siriallaccia piuttosto a quel-lo del lavoro forzato, chepresuppone una condanna.

Dalla relazione presentata da Giuseppe Di Vittorioall’Assemblea Costituente, ottobre 1946

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I

supplemento al numero 4 - Anno II - aprile 2010 di Piazza del Grano

Da oltre 60 anni abbiamo lafortuna di non conoscere ildramma della guerra.Sono oramai sempre piùnumerose le generazioninate e cresciute in tempo dipace e sempre meno sonocoloro che ancora conser-vano ricordi di quei perioditremendi in gran parte vis-suti da bambini.Eppure il mondo è pieno diguerre, alcune violentissi-me e vastissime per le di-mensioni delle aree coin-volte, altre striscianti macostanti e sempre pronte ariaccendersi.Meno di due decenni fa unaguerra violentissima, carat-terizzata da cuspidi di fero-cia inaudita, ha lambito lenostre frontiere devastan-do nazioni che avevanoraggiunto livelli di sviluppoeconomico, sociale e cultu-rale che mai avremmo im-maginato di veder precipi-tare in quegli abissi.Abbiamo la fortuna di nonconoscere direttamente laguerra e non ci si può cheaugurare che questa fortu-na duri per sempre.Questa fortuna, questa nonconoscenza diretta, tutta-via, apre a un grande ri-schio, quello della non con-

sapevolezza di cosa sia, re-almente e concretamente,una guerra.Nella nostra cultura, o forseè meglio dire nell’odiernasub-cultura mediatica, laguerra è piano piano dive-nuta un video game, ha per-so la sua dimensione uma-na per diventare una eserci-tazione spettacolare o per-sino ludica.La fantaguerra di Rambo èdivenuta uguale alla reale-guerra dell’Iraq, le bombeesplodono e distruggonovillaggi e città, mutilanopersone, uccidono esseriumani tanto nella primafantaguerra come nella se-conda realeguerra, solo chenella seconda gli attori, cioèle vittime, alla fine del gio-co non si rialzano, le casenon sono di cartone, il san-gue è vero.Tutto ciò non è casuale.Nelle nostre televisioni i re-portage di guerra si alterna-no “tranquillamente” ai filmdi guerra, i Rambo si scam-biano con i marines veri epropri di Falluja o di Kanda-ar, proliferano le rievoca-zioni delle così dette “gran-di battaglie” che, dicono,hanno determinato il corsodella storia e così si simula-

no, come nel gioco del risi-ko, esiti diversi come se allafine di una partita conclu-sasi con un certo esito sipotessero restituire a cia-scun giocatore le propriepedine e dare avvio ad unaseconda manche.Per chi ricorda i due primidecenni dell’ultimo dopoguerra, quando ancora laseconda guerra mondialeera argomento “tabù” e nel-le nostre scuole i libri distoria si fermavano alla Pri-ma guerra mondiale, quella“Grande”, quella vinta dal-l’Italia, di quella primagrande carneficina mondia-le si ricordavano gli eroi im-molati sui fili spinati delletrincee e il Piave in pienache “fermava lo straniero”.Nulla ci insegnavano dellapovertà assoluta del suddel nostro paese, aggravatadall’arruolamento coattivodei suoi giovani più fortistrappati ai campi e alle fa-miglie per essere spediti afarsi massacrare nelle steri-li pietraie del Carso.Oggi anche la Secondaguerra mondiale è entratatra gli argomenti “discutibi-li”, ma in che modo?Onorando i morti. Tutti imorti, semplicemente per-

ché sono morti.Ma perché sono morti, perquale ragione, per qualecausa e per quale obiettivo,non ha importanza, anzinon deve avere importanzaperché: i morti sono tuttiuguali e vanno tutti rispet-tati e onorati.Ebbene non c’è nessun ono-re a essere morti.Non c’è nessun onore a es-sere ammazzati o ad am-mazzare.Non c’è nessun onore nellaguerra, anche in una guerracosì detta “giusta”.La guerra è una attività be-stiale.Chi combatte una guerra, eprima ancora chi la invoca,chi la provoca, chi la guida,ha già rinunziato alla suadignità umana, è divenutoo è costretto a diventareuna bestia.E’ vero, non tutti i morti so-no uguali, ma non perché simuoia in maniera diversa,la morte è sempre la stessaper tutti, ciò che differenziai morti, ciò che dà un sensoa ricordarli e celebrarli, so-no le ragioni per cui sonomorti e le ragioni valgonoper tutti, sia per quelli chesono morti sapendo il per-ché, sia per quelli che non

hanno nemmeno potuto ca-pire perché questo stavaaccadendo.Solo capendo le ragioni del-le morti, le diverse ragionidelle morti, si può immagi-nare di costruire un futuroin cui queste morti non sidebbano più ripetere.Non sarà un’arma, unatrincea, uno scudo, anchese spaziale, a impedire ilripetersi delle guerre se lecause che le hanno provo-cate e che possono semprenuovamente provocarlenon vengono indagate,comprese, rimosse o alme-

no instancabilmente com-battute.Ma per arrivare alla consa-pevolezza della necessitàdi questa indagine e di que-sta battaglia politica e cul-turale occorre non dimenti-care cosa significa vera-mente una guerra.E questo è il senso e loscopo di questo inserto:provare a parlare di cosasia veramente una guerra,ricordando cosa è accadu-to a Leningrado dove la vi-ta, la vittima predestinatadella guerra, ha vinto ilsuo carnefice.

LENINGRADO

Il 21 giugno 1941 i nazistitedeschi, appoggiati dai fa-scisti italiani e rumeni, lan-ciarono l’Operazione Barba-rossa invadendo l’UnioneSovietica.La superiorità della macchi-na bellica tedesca travolseletteralmente in pochissimigiorni il pur numeroso, mamale attrezzato e imprepa-rato, esercito sovietico.Gli alleati italo-tedeschi ar-rivarono con straordinariarapidità alle porte di Moscae si profilò il collasso del-l’Unione Sovietica.Ma è proprio davanti a Mo-sca che i sovietici resistet-tero, vinsero la prima batta-glia e trasformarono unaguerra così detta di “movi-mento” in una guerra quasidi “trincea”.Il tempo darà loro ragione ela feroce macchina da guer-ra tedesca consumerà pia-no piano le proprie energie,bloccata sulla via dei giaci-menti petroliferi del Cauca-so dalla resistenza di Stalin-grado, sino a collassare edessere a sua volta travoltadalla controffensiva sovie-tica che si fermerà solo sul-le sponde dell’Elba dopoavere conquistato Berlino.Ecco descritta in poche ri-ghe la storia della secondaguerra mondiale, almenoquanto al così detto scac-chiere dell’Europa orientale.Mancano all’appello più omeno 20 milioni di morti,

sempre con riferimentoall’Europa orientale, decinedi milioni di vedove, di or-fani, di genitori senza piùfigli, cinque anni di deva-stazione economica e so-ciale, e decenni ancora di ri-costruzioni e di recuperodelle immense energiesperperate nella follia deglianni di guerra.Più d’una generazione am-putata di una parte impor-tantissima della propriavita.Mancano i così detti “effetticollaterali” della guerra, chenon sono solo quelli dellebombe intelligenti cadutefuori bersaglio, del fuocoamico o altro, ma quelli divite, fisiche e morali, sacri-ficate al dio della guerra.

Diceva Pasolini: «La guerranon è brutta perché si ucci-de o si è uccisi, la guerra èbrutta perché si uccide lapietà”, e la “pietà” era ed è ilrispetto della vita».Ma qualche volta la vita èpiù forte della guerra.L’8 settembre del 1941, po-co più di due mesi dopol’inizio dell’invasione, letruppe tedesche, congiun-gendosi con quelle finlan-desi, completarono l’accer-chiamento di Leningrado.Da quel giorno, tranne bre-vi periodi di apertura di ta-luni canali di evacuazione erifornimento, la secondacittà della Russia, resteràassediata per 28 mesi, 900giorni, migliaia di ore e mi-nuti, sino al 27 gennaio

1944.All’inizio dell’assedio Le-ningrado contava da 3,2 a3,5 milioni di abitanti, allafine mancheranno all’ap-pello più di 1 milione dipersone, in parte cadute neicombattimenti nella difesadella città o sotto i bombar-damenti che hanno martel-lato Leningrado anche per250 giorni consecutivi, ingrandissima parte morteper freddo, fame e malattieda deperimento o comun-que per mancanza di far-maci.Per 900 giorni 3 milioni dileningradesi hanno vissu-to sotto l’incubo costantedelle bombe, la paura del-la caduta della città, lamancanza drammatica di

alimenti, energia, farmacie di qualsiasi bene di so-pravvivenza.Eppure per 900 giorni 3milioni di leningradesihanno continuato a vivere,anche se a stento, anchese per l’ultimo giorno, mafino all’ultimo giorno han-no continuato almeno acercare di vivere una vita“normale”.Nei lunghi anni dell’assediole fabbriche hanno funzio-nato a ritmo incessante so-stituendosi le donne agliuomini chiamati alla difesadella città, hanno funziona-to le scuole, le università, icentri di ricerca, hanno fun-zionato gli ospedali e i ser-vizi pubblici a misura delladisponibilità delle risorseenergetiche, ci sono statimatrimoni, nascite e com-pleanni, oltre a tante e tantemorti.Quando la straordinariacreazione di una strada e diuna ferrovia sulla superfi-cie ghiacciata del lago Lago-da, a metà circa dell’asse-dio, consentì di rifornire Le-ningrado anche di petrolio,per un breve periodo siriaccesero le luci delle stra-de e ripresero a marciare itram.La radio non smise mai difunzionare e così anche iteatri e la filarmonica chenell’agosto del 1941 eseguìuna sinfonia scritta in queimesi a Leningrado, diffon-

dendone il suono non soloper le vie della città, ma an-che lungo le linee difensivedella periferia, in faccia agliassedianti tedeschi perchésentissero e vedessero chela città viveva.Per tre anni milioni di per-sone hanno vissuto silen-ziosamente, disciplinata-mente, in qualche modo se-renamente in un incubo,ma hanno vissuto e, alla fi-ne, la loro capacità di vivereha sconfitto la guerra.Non è stato il Generale In-verno o il generale Zukov asconfiggere i tedeschi e gliitaliani, è stato il popolo diLeningrado che non ha maiperso la volontà di vivere enon si mai arreso alla mortedella guerra.E’ a Leningrado e non a Sta-lingrado che è stata vinta laSeconda guerra mondiale,sempre che sia lecito unireil verbo “positivo” vincereal sostantivo “negativo”guerra.Questo avevano sicuramen-te a mente i nostri costi-tuenti quando vollero scol-pire nella Carta Costituzio-nale l’avversione assoluta epregiudiziale del nostropaese per la guerra ricor-rendo al termine forse piùestremo: ripudio.Troppi lo hanno dimentica-to, troppo presi ad “onorarei morti”, anche “a sinistra”.Per quel che possiamo noicerchiamo di ricordarlo.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli

I 900 giorni di vita che vinsero la morte della guerra

La guerra uccide la vita, ma è la vita che sola può sconfiggere la guerra

Inserto a cura di Sandro Ridolfi

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II

“Ascolta! Parla Leningrad

La letteratura ci ha consegna-to la memoria di assedi “me-morabili”, a cominciare daquello più famoso, anche perla sua durata decennale, l’as-sedio di Troia.L’assedio nella storia dell’u-manità ha costituito una pra-tica di guerra che puntava avincere l’avversario colpendola sua popolazione non com-battente; le città venivano cir-condate e chiuse in una mor-sa che piano piano toglievaagli abitanti le risorse per lasopravvivenza, sino al puntodi ottenerne la capitolazioneper fame, sete e malattie dadenutrimento e sovraffolla-mento, a volte anche senzacombattere. La tecnica eradunque quella di “strangola-re” figurativamente la popola-zione civile per indurre i suoicombattenti a cedere le armi.Solitamente seguiva il sac-cheggio della città arresa e lastrage dei civili.Se quello di Troia è stato il più“cantato” assedio della lette-ratura, quello storicamentepiù realistico è stato quello diAlessia, capitale della nazionedei Galli nella quale si eranorifugiati gli armati di Vercin-getorige sotto l’incalzare dei

conquistatori romani guidatida Cesare.Dopo un lungo assedio cheaveva drasticamente ridottole risorse alimentari dellacittà i guerrieri Galli deciserodi far uscire dalle mura forti-ficate la popolazione civile,sicuramente con il fine milita-re di economizzare le residuerisorse alimentari in favoredegli armati, ma anche persottrarre la popolazione civi-le all’ecatombe che sarebbesicuramente seguita alla pro-babile caduta della città.I romani non consentirono ilpassaggio dei civili attraversole proprie linee ed essi mori-rono a decine di migliaia nel-la così detta “terra di nessu-no”, tra le porte chiuse dellacittà assediata e le trincee del-l’accerchiamento dei romani.La crudeltà dei romani fu cosìestrema che alla fine i Galli siarresero; Vercingetorige venneincatenato, portato a Roma do-ve restò nel carcere Mamertinoper sei anni in attesa di sfilarequale preda di guerra incate-nato al cocchio del Cesare vin-citore e, quindi, “normalmen-te” strangolato.Va ricordato che nella guerradi Gallia i soldati del “nobile”

Cesare ammazzarono circaun quinto della popolazioneceltica, un milione su cinquemilioni di abitanti, più o me-no come Pol Pot ma… Cesareè diventato Cesare e questo“piccolo neo” è stato rimossodal suo curriculum militare.L’assedio di Leningrado, siaper la durata che soprattuttoper la dimensione della cittàche contava oltre 3 milioni diabitanti, ha forse superatoogni precedente, anche per lamorte di oltre un milione diabitanti, solo che… Leningra-do non è caduta.Oggi la “pratica” dell’assedio èdivenuta obsoleta ed è statasostituita da quella, molto più“civile”, dell’embargo che, al-la fine, è la stessa cosa solo inscala molto più grande, sino acomprendere un’intera nazio-ne.Con la pratica dell’embargo lanazione “cattiva” (più corret-tamente si dovrebbe dire do-minata da governanti “catti-vi”) viene esclusa da ogni re-lazione di interscambio com-merciale, economico, scienti-fico, ecc. con il resto del mon-do.Le viene interdetto di scam-biare i propri beni con quelli

prodotti da altri paesi e caren-ti nel proprio, di accedere al-le risorse anche scientifiche esanitarie del resto del mondo,normalmente più avanzato e,quindi, viene condannata asopravvivere con le sole risor-se autoprodotte.La popolazione di quella na-zione, normalmente già incondizioni non “floride”, vie-ne quindi condannata ad unprogressivo impoverimentospinto senza remore alla so-glia della fame, aggravata dal-la mancanza di mezzi, stru-menti e prodotti sanitari, allacarestia, alle epidemie.

Dall’assedio di una città all’embargo di una nazioneDue differenti strategie criminali con lo stesso fine: piegare la resistenza dell’avversario colpendone la popolazione civile

“Ascolta, parla Leningrado, parla la città di Lenin…” sono le parole con cui,durante il lungo assedio, iniziavano le trasmissioni della stazione radio di Le-ningrado.�Un’infinità di altoparlanti, di “cerchi neri”, erano disseminati pertutta la città, negli uffici, nelle scuole, nelle fabbriche, sino alla non lontana

periferia in cui si combatteva per la resistenza della città. Per tutto il giornosi susseguivano ai microfoni annunciatori, lettori, artisti, poeti e musicistiche informavano la popolazione sull’andamento della guerra e della vita del-la città, diffondevano parole e musica e con esse l’ostinata invincibile volontà

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Scienziati, ricercatori, genetistiLa guerra alla “fame”

Nei primi giorni dei bombar-damenti, che nel periodopiù intenso durarono sino a250 giorni consecutivi, le ar-tiglierie tedesche colpironoi magazzini Badajev doveerano state stoccate la gran-de maggioranza delle riser-ve alimentari della città.Chiuso l’accerchiamento

con la ricongiunzione delletruppe tedesche provenien-ti da ovest e quelle finlande-si dal nord, Leningrado ri-mase completamente isola-ta dal resto dell’Unione So-vietica per lunghi 900 gior-ni, con due brevi interruzio-ni quando la formazione diun consistente strato di

ghiaccio sulla superficie dellago Ladoga consentì la rea-lizzazione di una strada ca-mionabile e persino di unaferrovia sul ghiaccio.Attraverso quelle due “arte-rie”, che colsero di sorpresai tedeschi che non avevanoimmaginato tanta forza diresistenza, Leningrado rice-vette alimenti e combustibi-li che per un breve periodovidero riaccendersi le luci etornare a funzionare i tram,oltre a riuscire a evacuare laparte della popolazione piùdebole e non utile alla dife-sa della città. Il problema della fame ven-ne in parte risolto seminan-do in città, in ogni luogopossibile, tutto quanto pote-va essere commestibile In ciò gli abitanti di Lenin-grado furono facilitati dalfatto che nella città aveva lasede la “banca dei semi”, ter-za al mondo con oltre200.000 tipi catalogati econservati, guidata da unodei più grandi ricercatori inmateria, il prof. Vavilov.All'Istituto Scientifico di Le-ningrado, il professorSciarkov e la sua équipe sidedicarono a esperimentiper trovare surrogati alimen-tari a base di cellulosa e semidi cotone e, utilizzano i mac-

chinari di una fabbrica di bir-ra, riuscirono a produrre cel-lulosa commestibile.La città venne perlustrata inogni angolo, in ogni cantinae fu recuperato malto dallefessure delle pareti dei mu-lini e circa 2000 tonnellatedi interiora di pecora e scar-ti di pesce.Diversi quintali di semi di li-no, mischiati a olio lubrifi-cante, furono trasformati insalsicce.Si prepararono minestre dilievito, gelatina di sapone;gli animali morti per fame ofreddo furono macellati e leloro carni mischiate a polve-re di cuoio, aglio, pepe furo-no anch’esse trasformate insalsicce.Dalle alghe marine si ricavòbrodo, con la carta da tap-pezzeria mischiata a farinadi segale e colla, si ottennequalcosa di simile al pane.Ben 14 scienziati della ban-ca dei semi, assistenti di Va-vilov, morirono di fame, manessuno di loro pensò dimangiarsi i semi di grano epatate più rari che erano af-fidati alla loro custodia.Erano certi che la guerra sa-rebbe finita con la sconfittadei tedeschi e quindi nonsmisero mai di pensare alfuturo del loro paese.

Ovviamente, non è difficile im-maginarlo, questi “disagi” nonsfiorano i così detti “cattivi”governanti che, proprio per-ché cattivi, continueranno agodere di condizioni di privi-legio, dove il deperimento fisi-co, sanitario e culturale delproprio popolo sarà ulterioreragione di consolidamento delloro potere, anche in odio alnemico accerchiatore.Un aspetto normalmente nonviene mai colpito dall’embar-go ed è quello del commerciodelle armi che, guarda caso,sempre “normalmente”, ven-gono fabbricate da quegli

stessi paesi democratici che“orgogliosamente” impongo-no l’embargo ai popoli e nonai governanti.Leningrado ha resistito a treanni di assedio, Cuba sta resi-stendo a cinquanta anni diembargo, altri paesi, demo-cratici o non democratici que-sto aspetto non riguarda lepopolazioni impoverite ed af-famate, non ce l’hanno fatta esono stati travolti dai fiumi dibombe, pallottole, gas e pro-dotti chimici mortali scarica-ti dagli eserciti dei liberatori.Liberatori di chi?

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III

do, parla la città di Lenin...”

mente e semplicemente, unpersonaggio storico sulle cuiscelte politiche (la condottaumana la lasciamo agli scrittoridelle cronache rosa) abbiamoda sempre espresso il più pro-fondo e motivato dissenso criti-co.Non è questa la sede per ap-profondire le ragioni e le con-seguenze, interne ed esterne,dell’opzione della difesa della“roccaforte assediata” volutada Stalin, che all’epocaprevalse su quella della diffu-sione della rivoluzione bolsce-vica oltre i confini dell’UnioneSovietica propugnata da Trotz-ki.Avremo altre occasioni per ri-aprire questo capitolo impor-tantissimo della storia delnovecento.Ciò che vogliamo fare ora, pub-blicando questo breve articolodedicato alla memoria di Stalin,è ribadire a chiare lettere e a vi-so aperto, proprio affrontandoun tema estremamente diffi-cile, i principi che intendonoispirare questo periodico politi-co e culturale.Scienza e coscienza, verità etrasparenza, analisi critica im-mune da pregiudizi, precon-cetti, opportunismi e, soprat-

tutto, ignoranza.Il diavolo non è solo il partodella codardia, è prima di tuttoil parto della ipocrisia.Il diavolo è il male assolutocontro cui nulla si può, ma è an-che il “migliore” colpevole, l’“utile” responsabile di tutto.Individuare un diavolo su cuirovesciare tutti i mali e tutte lecolpe serve a “lavare” le co-scienze degli altri che: hannoobbedito agli ordini, non pote-vano fare nulla, non c’erano odormivano…A bruciare nei forni crematori 6milioni di ebrei non fu Hitler dasolo o con la sua ristretta cer-chia di psicopatici nazisti, ful’intero popolo tedesco (alquale si aggiunsero poi entusi-astici ungheresi, belgi, france-si, ecc.) che condivise intera-mente l’ideologia della superi-orità della razza ariana.A massacrare con bombarda-menti aerei e gas accecanti gliindigeni abissini, somali, libicie poi gli albanesi, i greci e i rus-si non fu Mussolini da solo ocon la ridicola Decima Mas diBorghese, fu l’intero popoloitaliano che aveva comunque,entusiasticamente od oppor-tunisticamente, in grandissimamaggioranza aderito all’ideolo-

gia della razza italico-romana.Così a commettere quei gravifatti di illiberalità che certa-mente vanno imputati all’U-nione Sovietica di Stalin non fuil solo “Piccolo Padre”, ma un in-tero apparato burocraticopolitico, statale e militare, lostesso dal quale sono poi diret-tamente discesi i “puri” Kr-uscev, Gorbaciov, Eltsin, sinoanche a Putin.Smascherare il diavolo, leg-gerne e indagarne le dimen-sioni umane e le relazioni so-ciali ed economiche nel suocontesto storico significa pen-etrare nei meccanismi politici,economici, culturali e anche re-ligiosi che nei secoli, ripetuta-mente e instancabilmente, han-no generato mostri.Nel 1941 gli eserciti tedesco eitaliano invasero l’Unione Sovi-etica travolgendone le difesecome un tifone, arrivando rap-idamente sino alle porte diMosca, accerchiando Leningra-do e puntando sulle risorse en-ergetiche del Caucaso dietro lalinea di Stalingrado.L’Unione Sovietica, il popolo so-vietico non hanno ceduto, pa-gando il prezzo di circa 20 mil-ioni di morti e cinque anni ditotale devastazione del propriopaese, riuscendo infine a scon-figgere e respingere gli invasoritedeschi e italiani.Se l’Unione Sovietica avesse ce-duto probabilmente i nazistitedeschi e i fascisti italianiavrebbero davvero conquista-to un’Europa, oramai in gran

parte sconfitta e assoggettata,e ben poco avrebbero potutofare i resti del vecchio Imperobritannico e i lontani interessidella più giovane nazione nordamericana.Ma l’Unione Sovietica tutta, daLeningrado a Stalingrado, ha re-sistito, unita, compatta, ostina-ta, sotto la guida del Partito Co-munista e del suo segretarioGiuseppe Stalin.In quegli anni terribili per mil-ioni di cittadini russi, bielorus-si, ucraini e di cento altre etniee nazionalità il grido “Viva Stal-in” ha avuto un significato ben

preciso: ha significato No! alnazismo! No! al fascismo! “VivaStalin” ha significato “Viva laLibertà”.Questo non può e non deve es-sere dimenticato soprattuttodai figli dei figli di coloro chequella libertà hanno cercato disopprimerla seminando violen-za e ingiustizia dall’Africa aiBalcani all’Europa Centrale.La “Storia” va sicuramente giu-dicata e anche severamente,ma non può essere cancellata.

Ricordare la resistenza eroicadella popolazione di Leningra-do all’aggressione nazista efascista conduce di necessità arievocare anche la figura delpersonaggio che, particolar-mente in quegli anni tremendi,incarnò l’identità, non solo po-litica ma anche storica e cultur-ale, dei tanti popoli che costitu-ivano l’Unione Sovietica, il geor-giano Giuseppe Stalin.Ma parlare di Stalin è come evo-care il diavolo. Più facile è par-lare di Hitler e delle sue vicissi-tudini amorose mescolate ai fu-mi dei camini di Auschwitz eancora più facile è parlare diMussolini che, nel dilagare diun revisionismo vile e ipocritache sta riscrivendo la nostrastoria recente “a misura” dellapiccolezza e dello squalloredella politica corrente, forse tranon molto verrà persino riabil-itato al rango di un grande sta-tista italiano.Ma Stalin no! Il suo solo nomecontinua a evocare immediata-mente, quasi istintivamente, gliorrori dei gulag, dei processifarsa, delle fucilazioni, in unaparola della negazione di ognidiritto civile e umano.Sia ben chiaro che non è nostraintenzione di riabilitare, pura-

di resistenza. Alla sera, quando gli annunciatori e gli artisti, stremati dal fred-do e dalla fame, non ce la facevano più, le trasmissioni si interrompevano,ma non il suono, la “voce” di Leningrado continuava a diffondersi per la cittàperché nessuno si sentisse mai solo ed abbandonato. Era il metronomo che

sino alla mattina ticchettava dai “cerchi neri”: «dai rumorosi altoparlanti nonveniva una parola�ma instancabile batteva il ritmo,�familiare, cadenzato, sem-pre nuovo:�non era un semplice metronomo�nelle ore d’allarme aereo,�ma il no-stro inflessibile “Viviamo!”.�Non dorme la città assediata».

"Un'ora fa ho terminato lapartitura della seconda par-te di una mia nuova grandecomposizione sinfonica. Semi riuscirà di concluderlabene, se riuscirò a ultimarela terza e la quarta parte, al-lora quest'opera potrà chia-marsi Settima sinfonia. Dueparti sono già scritte. Ci la-voro dal luglio del 1941. No-nostante la guerra, nono-stante il pericolo che minac-cia Leningrado, ho compo-sto queste due parti relati-vamente in fretta.Perché vi dico questo? Vi di-co questo perché i leningra-desi che adesso mi stannoascoltando sappiano che lavita nella nostra città proce-de normalmente. Tutti noiportiamo il nostro fardellodi lotta. E gli operatori dellacultura compiono il propriodovere con la stessa onestàe la stessa dedizione di tut-ti gli altri cittadini di Lenin-grado, di tutti gli altri citta-dini della nostra immensaPatria. (…)Musicisti sovietici, miei carie molteplici compagni d’ar-me, amici miei!Ricordate che la nostra arteè seriamente minacciata. Manoi difenderemo la nostramusica, continueremo conla stessa onestà e con lastessa dedizione a lavorare.

La musica che ci è tanto ca-ra, alla cui creazione dedi-chiamo il meglio di noi, de-ve continuare a crescere e aperfezionarsi, come è statosempre. Dobbiamo ricorda-re che ogni nota che escedalla nostra penna è un pro-gressivo investimento nellapossente edificazione della

cultura. E tanto migliore,tanto più meravigliosa saràla nostra arte, tanto più cre-scerà la nostra certezza chenessuno mai sarà in gradodi distruggerla. (…)Vi assicuro, a nome di tutti i le-ningradesi, operatori della cul-tura e dell'arte, che siamo invin-cibili e che resteremo sempre al

nostro posto di lotta."Con questo discorso tenutoalla radio di Leningrado il 16Settembre 1941 Dmitri Sho-stakovich, il più grandecompositore sovietico, an-nunciava la creazione dellasinfonia dedicata alla cittàdi Leningrado che fu, in se-guito, definita l’ “Eroica” delpopolo russo.Il 9 Agosto 1942 la Settimasinfonia venne eseguita nel-la Sala della Filarmonica diuna Leningrado ridotta allostremo; per l’occasione ven-nero richiamati dal fronte imusicisti dell’Orchestra del-la Radio diretti da Karl Elia-sberg e vengono sistematidegli altoparlanti nella peri-feria della città, rivolti versoi soldati tedeschi, per farsentire loro che la vita di Le-ningrado continuava a pulsa-re.Pochi giorni prima la sinfo-nia era stata eseguita anchea New York, dove la partitu-ra era giunta in microfilmcon un viaggio avventurosoattraverso la Persia e l’Egit-to, dall’orchestra della NBCdiretta da Arturo Toscanini.Quel giorno i tedeschi nonsapevano ancora di avereperso la guerra, i sovieticierano però oramai certi diaverla vinta.

Scrittori, artisti, poeti e musicistiLa sinfonia “Eroica” di Leningrado

Viva Stalin! Viva la Libertà!Il “diavolo” che “lava” le coscienze. La storia non si cancella

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IV

Linvincibile scrittaAi tempi della guerra, nel 18

in Italia in una celladuna prigione piena di soldati,

di ubriachi e ladriun soldato socialista

con la matita copiativa alla parete scrisse:Viva Lenin!

in alto, molto in alto, che appena si vedevanella cella semibuia,

ma scritto a grandi lettere. E le guardieappena se ne accorsero, mandarono un pittore

con un secchio di calcina, che,legato il suo pennello ad un bastone,impiastricciò la scritta minacciosa.

Ma avendo egli seguitocon il pennello i tratti della scritta,

là in alto nella cella si vedevascritto ora in calce:

Viva Lenin! Un secondo pittore fu chiamato

e ricoperse tuttocon una pennellessa, cosicché

la scritta fu nascosta, ma al mattinola calce si asciugò e di nuovo apparve

Viva Lenin! Fu allora che le guardie procurarono

un muratore con la cazzuola,e lui raschiò per ore

e lettera per lettera la scritta.Quandebbe terminato, nella cella

in alto stava, scolorata è vero,ma incisa ben nel muro,

la invincibile scritta:Viva Lenin!

Levate dunque il muro!Disse quel soldato.

(Bertolt Brecht)

Inserto speciale di Piazza del Grano - Anno II - numero 4 - aprile 2010