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Indagini preliminari, processo e sentenza di Stefano Civitelli Questi riassunti sintetizzano gli argomenti trattati in tre manuali: "Delitti contro il patrimonio" e "Delitti contro la persona" di F. Mantovani, più "Manuale per lo studio della parte speciale del diritto penale" di G. Flora. In sintesi vengono affrontati i temi inerenti ai provvedimenti cautelari e alle misure coercitive dell'indagato; agli atti compiuti dalla polizia giudiziaria e da altri soggetti preposti quali perquisizioni, identificazione, indagini. Si passa poi ad approfondire i momenti, gli atti e i soggetti attinenti allo svolgimento del processo penale: atti preliminari, lista dei testimoni, prove, caratteri dell'udienza, dell'imputato, del difensore e del giudice. Infine si riassumono le principali nozioni attinenti alla decisione finale del giudice: caratteristiche della sentenza, giudizio abbreviato, patteggiamento, impugnazioni, ricorsi. Università: Università degli Studi di Firenze Facoltà: Giurisprudenza Esame: Diritto Penale II, a.a. 2007/2008 Titolo del libro: "Delitti contro il patrimonio", "Delitti contro la persona", "Manuale per lo studio della parte speciale del diritto penale"

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Indagini preliminari, processo e sentenza

di Stefano Civitelli

Questi riassunti sintetizzano gli argomenti trattati in tre manuali: "Delitti contro il

patrimonio" e "Delitti contro la persona" di F. Mantovani, più "Manuale per lo

studio della parte speciale del diritto penale" di G. Flora.

In sintesi vengono affrontati i temi inerenti ai provvedimenti cautelari e alle

misure coercitive dell'indagato; agli atti compiuti dalla polizia giudiziaria e da

altri soggetti preposti quali perquisizioni, identificazione, indagini.

Si passa poi ad approfondire i momenti, gli atti e i soggetti attinenti allo

svolgimento del processo penale: atti preliminari, lista dei testimoni, prove,

caratteri dell'udienza, dell'imputato, del difensore e del giudice.

Infine si riassumono le principali nozioni attinenti alla decisione finale del

giudice: caratteristiche della sentenza, giudizio abbreviato, patteggiamento,

impugnazioni, ricorsi.

Università: Università degli Studi di Firenze

Facoltà: GiurisprudenzaEsame: Diritto Penale II, a.a. 2007/2008

Titolo del libro: "Delitti contro il patrimonio", "Delitti contro lapersona", "Manuale per lo studio della partespeciale del diritto penale"

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1. La definizione di provvedimento cautelare Le misure cautelari sono quei provvedimenti provvisori e immediatamente esecutivi che tendono ad evitareche il trascorrere del tempo possa provocare uno dei seguenti pericoli: - pericolo per l’accertamento del reato; - pericolo per l’esecuzione della sentenza; - pericolo che si aggravino le conseguenze del reato o che venga agevolata la commissione di ulteriori reati. Queste sono le c.d. esigenze cautelari.

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2. Caratteristiche delle misure cautelari Caratteristiche che differenziano le misure cautelari dagli altri provvedimenti che possono essere emanatidal giudice penale sono: - Strumentalità rispetto al procedimento penale. - Urgenza, vi è una situazione di urgenza quando un ritardato intervento rende probabile il verificarsi di unodei fatti temuti. Il codice prevede un elenco tassativo delle esigenze cautelari. Non è permesso al giudice di giustificare l’applicazione di una misura per esigenze diverse. La presunzione di innocenza nel suo significato di “regola di trattamento” comporta alcune conseguenzenella materia delle misure cautelari. La Costituzione impone che l’imputato non sia “considerato colpevole” fino alla condanna definitiva. Da ciò deriva che la misura cautelare non deve essere una “anticipazione” della sanzione penale; la misurapuò essere giustificata soltanto dall’esistenza di un pericolo per il procedimento penale. - Prognosi di colpevolezza allo stato degli atti, l’applicazione di una misura cautelare personale richiedel’accertamento di gravi indizi di colpevolezza. Occorre sottolineare che siamo in presenza di un accertamento “allo stato degli atti”, e cioè basato sumateriale probatorio suscettibile di essere modificato successivamente in relazione ai nuovi elementi chesiano stati raccolti dall’accusa e dalla difesa. - Immediata esecutività, il provvedimento si dice “esecutivo” quando la polizia giudiziaria ha il potere diadempiere al relativo comando in modo coercitivo, e cioè anche contro la volontà di colui che vi si oppone. - Provvisorietà, gli effetti del provvedimento sono provvisori, e cioè non condizionano la decisione finaledel giudice. Ciò comporta due corollari: il provvedimento cautelare mantiene la sua esecutività (salvo le eccezioni o i termini massimi previstiespressamente dalla legge) fino a che non sia divenuta esecutiva la sentenza definitiva. La sentenza di proscioglimento è immediatamente esecutiva per quanto riguarda la libertà personale,pertanto tale sentenza comporta l’immediata estinzione della misura cautelare. Viceversa, la sentenza di condanna è esecutiva, di regola, quando diventa irrevocabile; il provvedimento cautelare è revocabile o modificabile in attesa della sentenza esecutiva. Le successive indagini potrebbero portare all’assunzione di ulteriori elementi di prova tali da confermare o,viceversa, eludere i gravi indizi di reità; oppure potrebbero attestare il modificarsi o il venir meno delleesigenze cautelari. - Previsione per legge, le misure cautelari comportano la limitazione delle libertà garantite dallaCostituzione. La Costituzione esige che la legge preveda espressamente i casi e i modi nei quali il provvedimentodell’autorità giudiziaria può porre limiti alle predette libertà; si tratta dei principi di riserva di legge e di

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tassatività. - Giurisdizionalità, le misure cautelari sono disposte con un provvedimento emanato dal giudice. Il codice pone una garanzia superiore a quella prevista dalla Costituzione, che attribuisce all’autoritàgiudiziaria (e quindi anche al pm) il potere di emanare provvedimenti limitativi della libertà personale. La riserva di giurisdizione non è assoluta, infatti il codice prevede che i provvedimenti temporanei possanoessere disposti dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria, come ad esempio il fermo di personagravemente indiziata in certe ipotesi di delitto. Tali provvedimenti sono definiti precautelari, e devono essere sottoposti a convalida da parte del giudiceentro un tempo predeterminato. - Impugnabilità, la Costituzione prevede il ricorso per Cassazione per violazione di legge, il codice loestende alle impugnazioni di merito, e cioè l’appello o il riesame.

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3. I tipi di misure cautelari Il codice prevede varie categorie di misure cautelari. La molteplicità di queste ultime è tipica del sistema accusatorio perché permette di configurare la custodia incarcere come ultima possibilità residuale (extrema ratio). Prima distinzione fondamentale è quella tra misure personali e misure reali. Le misure personali comportano limiti alla libertà personale o alla libertà di determinazione nei rapportifamiliari e sociali. Le misure reali toccano singoli beni mobili o immobili e impongono il divieto di disporre di tali beni. Misure reali sono il sequestro conservativo e preventivo. Le misure personali si dividono in tre categorie: misure coercitive, misure interdittive, applicazioniprovvisorie di misure di sicurezza.

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4. Misure personali coercitive

Misure obbligatoriedivieto di espatrio, impone all’imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l’autorizzazione del

giudice;

obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria, prescrive all’imputato di presentarsi presso gli uffici di

quest’ultima nei giorni e nelle ore indicati dal giudice;

allontanamento dalla casa familiare, prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare,

ovvero di non farvi rientro e di non accedervi senza autorizzazione;

divieto di dimora, impone all’imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza

l’autorizzazione del giudice;

obbligo di dimora, prescrive all’imputato di non allontanarsi, senza l’autorizzazione del giudice, dal

Comune o da una sua frazione.

Misure custodiali comportano per l’imputato una situazione di custodia, dalla quale derivano due conseguenze: - configurabilità del delitto di evasione; - il periodo trascorso in custodia sarà computato come esecuzione della pena detentiva, nel caso in cuiquesta debba essere eseguita in seguito a condanna; - arresti domiciliari, impongono all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo diprivata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura e di assistenza; - braccialetto elettronico, modalità di esecuzione degli arresti domiciliari mediante la quale è possibilecontrollare costantemente gli spostamenti dell’imputato; - custodia in carcere, è la più grave delle misure coercitive; il giudice dispone che l’imputato vengaimmediatamente condotto in un istituto di custodia a disposizione dell’autorità giudiziaria. Se l’imputato necessita di cure specialistiche che non possono essere fatte in luogo di detenzione, il giudicene dispone la custodia cautelare in luogo di cura e, se del caso adotta i provvedimenti necessari per prevenireil pericolo di fuga (piantonamento).

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5. Misure personali interdittive Consistono nell’applicazione provvisoria a scopo cautelare di determinati divieti. sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori, priva temporaneamente l’imputato, in tutto o in parte,dei poteri ad essa inerenti; sospensione dall’esercizio di pubblico ufficio o servizio, impedisce temporaneamente all’imputato, in tutto oin parte, le attività relative; divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi, il giudice interdice temporaneamenteall’imputato, in tutto o in parte, le attività predette.

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6. Applicazione provvisoria di misure di sicurezza Il codice prevede che alcune misure di sicurezza possano essere applicate provvisoriamente a titolo diprovvedimento cautelare. Trattasi, ad esempio, del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per l’imputato affetto da vizio dimente totale, e del ricovero in casa di cura e custodia per l’imputato semi-infermo di mente. Occorre che siano presenti i seguenti presupposti: - gravi indizi di “commissione del fatto”; - imputato socialmente pericoloso; - non devono essere applicabili in concreto le cause di giustificazione, di non punibilità o di estinzione delreato. La persona nei cui confronti è applicata provvisoriamente la misura di sicurezza è un soggetto che è ritenutoincapace di intendere o di volere al momento del fatto; egli è ricoverato in attesa di una sentenza che lodichiarerà non punibile per infermità mentale totale o parziale.

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7. Misure cautelari personali e sistema processuale Nel sistema inquisitorio l’imputato può essere trattato come colpevole ancora prima che sia statapronunciata la sentenza. E’ prevista un’unica misura cautelare che consiste nella custodia preventiva in carcere; questa misura svolgela medesima funzione della tortura, e cioè deve indurre l’imputato a confessare. Le esigenze cautelari non sono previste in modo tassativo. Sempre nel sistema inquisitorio il giudice ha ampi poteri coercitivi che hanno lo scopo di permettere, siritiene, il miglior accertamento della verità. Pertanto il provvedimento cautelare è basato su requisiti evanescenti e richiede un presupposto probatoriomolto esiguo. Nel sistema accusatorio la libertà personale deve essere la regola e la custodia cautelare deve restareun’eccezione. La presunzione di innocenza impone che le misure cautelari non abbiano la funzione di anticipare la pena,né quella di costringere l’imputato a confessarsi colpevole. Le esigenze cautelari debbono essere previste tassativamente al fine di evitare l’arbitrio del giudice

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8. La riserva di legge e di giurisdizione sulle misure cautelari La riserva di legge è prevista all’art. 272 c.p.p.: “le libertà della persona possono essere limitate con misurecautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente Titolo”. Tale articolo ammette che vi siano misure diverse da quelle cautelari, che comunque limitano la libertàpersonale, esse sono l’arresto e il fermo. Tali misure sono comunemente definite precautelari. La riserva di giurisdizione è sancita all’art. 279 c.p.p. secondo cui sull’applicazione, revoca o modifica dellemisure cautelari “provvede il giudice che procede”. Infatti le misure cautelari possono essere soltanto richieste (e non disposte) dal pm; l’applicazione è riservataalla decisione del giudice che è organo terzo e imparziale. In base alle regole generali, il giudice deve motivare ampiamente il suo provvedimento, ne deriva che ilPubblico Ministero ha l’onere di convincerlo che esistono in concreto i presupposti che fondano la singolamisura. Per fare ciò il Pubblico Ministero presenta, insieme alla richiesta, gli atti a sostegno della stessa. Dopo che la misura coercitiva è stata eseguita (o notificata), l’imputato ha diritto di essere sentito dalgiudice in un interrogatorio definito “di garanzia”. In questo momento il difensore ha la possibilità di conoscere la richiesta del Pubblico Ministero e gli atti chela pubblica accusa ha presentato al giudice. Da quanto abbiamo esposto si ricava che il contraddittorio sulla misura cautelare è posticipato ad unmomento successivo all’applicazione di quest’ultima.

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9. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari:

gravità del delitto Il codice (artt. 280 e 287 c.p.p.) dispone che non siano applicabili le misure coercitive ed interdittive neiprocedimenti per quei reati che sono denominati “contravvenzioni”; in questi ultimi si possono adottaresoltanto misure cautelari reali. Inoltre l’art. 280 c.p.p. impedisce che, di regola, possano applicarsi misure coercitive ed interdittive al disotto di una soglia minima di gravità del delitto addebitato; tale soglia fa riferimento alla pena detentivastabilita nel massimo per il delitto. La determinazione della pena ai fini dell’applicazione delle misure cautelari si effettua considerando la penadetentiva prevista in astratto nel massimo per il singolo delitto consumato o tentato. Alla quantità così individuata devono essere aggiunti gli aumenti di pena previsti per le circostanzeaggravanti ad efficacia speciale (che prevedono pena di specie diversa o determinano la misura della pena inmodo indipendente da quella ordinaria del reato) ad effetto speciale (che comportano un aumento o unadiminuzione superiore a ); quindi devono essere operate le diminuzioni di pena previste per le circostanzeattenuanti ad efficacia speciale o ad effetto speciale. Nel regolare l’applicazione delle misure cautelari personali, il codice distingue tre fondamentali categorie didelitti: prima categoria, delitti punibili nel massimo con la reclusione fino a 3 anni; di regola nessuna misuracautelare personale può essere disposta; seconda categoria, delitti punibili nel massimo con la reclusione superiore a 3 anni ma inferiore a 4;applicabili le misure coercitive diverse dalla custodia in carcere; terza categoria, delitti punibili nel massimo con la reclusione di almeno 4 anni o con l’ergastolo; consentonol’applicazione anche della misura della custodia in carcere.

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10. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari:

punibilità in concreto Occorre che il delitto addebitato all’imputato sia punibile in concreto. In caso contrario non vi è la possibilità di applicare nessuna misura cautelare personale. Se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o se sussiste una causa diestinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

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11. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari: gravi

indizi Gravi indizi, l’art. 273 c.p.p. utilizza il termine indizio in un senso ampio, che è idoneo a ricomprendere siale prove logiche che quelle rappresentative. La parola indizio in materia cautelare indica un elemento conoscitivo acquisito durante le indagini aprescindere dalla sua natura di prova rappresentativa o logica. L’espressione “gravi indizi” sta allora a significare il quantum (o standard) di prova che serve a legittimarela misura cautelare. Se nel codice del 1930 bastavano i sufficienti indizi, la nuova aggettivazione (“gravi”) nel codice del 1988vuole significare un quantum di prova più alto. Occorre tenere conto del fatto che le misure cautelari vengono applicate, di regola, nella fase delle indaginipreliminari, quindi il giudizio di colpevolezza dell’art. 273 c.p.p. è basato sugli elementi esistenti “allo statodegli atti”. Il codice utilizza l’espressione indizi quasi a sottolineare che si tratta di una base probatoria ancora inevoluzione e in attesa di ricevere una piena conferma attraverso il contraddittorio dibattimentale. Le riforme intervenute dal 1995 hanno imposto che il provvedimento, che applica la misura cautelare, siastrutturato con cadenze analoghe alla decisione finale. Infatti il giudice deve esporre in motivazione la valutazione della rilevanza sia degli elementi a carico che diquelli a favore dell’imputato. Inoltre, se la misura consiste nella custodia cautelare in carcere, il giudice deve esporre le “concrete especifiche ragioni” per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure. La base probatoria del giudizio cautelare è costituita dagli atti raccolti in modo unilaterale dalla pubblicaaccusa, dalla polizia giudiziaria ed, eventualmente, dal difensore dell’indagato e da quello dell’offeso. Tali atti sono utilizzabili come prove durante le indagini. Si tratta di accertare se ai medesimi sono applicabili le norme sulle prove che si trovano nel Libro terzo delcodice. La collocazione della materia nel Libro terzo già di per sé costituisce un indice positivo della suaapplicabilità in tutto il procedimento penale: i primi quattro Libri del codice, infatti, costituiscono una sortadi parte generale del procedimento penale; a meno che non siano incompatibili (espressamente oimplicitamente) con la regolamentazione del singolo atto da compiere. La l. 63/2001 ha introdotto nel comma 1-bis dell’art. 273 c.p.p. un richiamo espresso ad alcune disposizionidel Libro terzo sulla prova, rendendole applicabili al giudizio sui gravi indizi. Si tratta di: - riscontri per le dichiarazioni di imputati o imputati connessi; - indicazione della fonte delle dichiarazioni per “sentito dire”; - divieto di utilizzo delle dichiarazioni che la polizia giudiziaria ha ricevuto dai suoi informatori a meno cheessi non siano sentititi; - divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni eseguite illegittimamente. Il richiamo espresso a tali norme non deve essere letto come se implicasse a contrario l’inapplicabilità ditutte le altre disposizioni del Libro terzo; viceversa, deve essere inteso come un giudizio ex lege di

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compatibilità e necessaria applicazione quantomeno delle norme appena richiamate. La misura cautelare è fondata su prove che, di regola, non sono utilizzabili in dibattimento a causa deglisbarramenti posti dalla separazione delle fasi processuali. Il materiale valutabile nel giudizio cautelare non costituisce quella prova che ai sensi dell’art. 1114 cost. èformata nel contraddittorio tra le parti. Una qualche forma di contraddittorio è garantita soltanto dopo l’esecuzione della misura coercitiva quandoil difensore è messo in grado di conoscere gli atti in base ai quali è stato emesso il provvedimento relativo. Pertanto è assicurato soltanto un contraddittorio di tipo “successivo” avente ad oggetto la conoscenza di attiscritti. La normativa costituzionale sul giusto processo attribuisce all’indagato il diritto di interrogare o farinterrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico; tale diritto deve poter essere esercitato davantial giudice già nel corso delle indagini preliminari e quindi anche, e soprattutto, dopo l’esecuzione di unamisura coercitiva custodiale. Le norme del codice attualmente vigenti riconoscono all’indagato il diritto a confrontarsi con l’accusatoresoltanto rispetto all’imputato connesso o collegato. Analogo diritto non è garantito rispetto al testimone che ha reso dichiarazioni a carico; questi può essereesaminato in incidente probatorio soltanto se è in fin di vita o è stato minacciato.

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12. Esigenze cautelari Le misure personali possono essere applicate soltanto quando esiste in concreto almeno una delle esigenzecautelari indicate tassativamente dall’art. 274 c.p.p. Il pm, nel presentare al giudice la richiesta motivata di disporre una misura cautelare, deve fornire glielementi di prova che dimostrino in concreto sia l’esistenza di tutte le condizioni necessarie per applicare lamisura richiesta (gravità del delitto, punibilità in concreto e gravi indizi), sia il ricorrere di una delleesigenze cautelari, cioè: Pericolo di inquinamento della prova, il Pubblico Ministero deve dimostrare che vi sono in concretosituazioni di attuale pericolo sia per l’acquisizione della prova (pericolo di occultamento), sia perl’acquisizione in modo genuino (pericolo di alterazione). Le indagini, cui questo si riferisce, devono essere quelle relative al fatto di reato per il quale si procede. Pericolo di fuga, tale esigenza sussiste quando l’imputato si è dato alla fuga o vi è il concreto pericolo che sidia alla fuga. Occorre, tuttavia, che il giudice ritenga possibile che all’imputato possa essere irrogata con la sentenza unapena superiore a due anni di reclusione. Al di sotto di tale soglia il legislatore impedisce di dare rilevanza al pericolo di fuga. Tale esigenza vuole evitare che l’imputato si sottragga all’esecuzione della pena, e non a garantire la suapresenza in giudizio, come viceversa avviene in altri ordinamenti. Pericolo che vengano commessi determinati reati, ciò quando vi è il pericolo che l’imputato commetta unadelle seguenti categorie di delitti: - gravi delitti con l’uso di armi o altri mezzi di violenza personale; - gravi delitti diretti contro l’ordine costituzionale; - delitti di criminalità organizzata; - delitti della stessa specie di quello per il quale si procede, in questo caso vi è un ulteriore limiteall’applicabilità delle misure custodiali, che possono essere disposte soltanto quando per tali delitti è previstala pena della reclusione di almeno 4 anni nel massimo (praticamente gli arresti domiciliari vengonoequiparati alla custodia in carcere tra i delitti di terza categoria di gravità). Il pericolo deve essere desunto da specifiche modalità del fatto di reato e dalla personalità pericolosadell’autore del fatto, con il limite che la pericolosità deve essere ricavata dai precedenti penali o dacomportamenti o atti concreti, che devono essere specificatamente indicati.

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13. Criteri di scelta delle misure con ordinanza: principio di

adeguatezza e di proporzionalità Il giudice dispone la misura con ordinanza. Tuttavia il suo potere è vincolato dalla legge a limiti: - formali, il giudice non può disporre una misura più grave di quella richiesta dal pm; - sostanziali, il giudice ha il potere-dovere di scegliere la misura cautelare in base ai criteri che sonoespressamente indicati all’art. 275 c.p.p., la sua decisione è espressione di una discrezionalità vincolata aparametri di ragionevolezza predeterminati dal legislatore. La misura da applicarsi deve essere: adeguata alle esigenze cautelari presenti in concreto, proporzionata allagravità del fatto e della sanzione che potrà essere irrogata, graduata in modo tale da applicare la custodia incarcere soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Principio di adeguatezza, il giudice deve valutare la “specifica idoneità di ciascuna misura in relazione allanatura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”. Principio di proporzionalità, la libertà di una persona non deve essere limitata più di quanto si strettamentenecessario. Ecco allora che l’art. 2752 c.p.p. dispone che “ogni misura debba essere proporzionata all’entità del fatto edella sanzione che si ritiene possa essere irrogata”. La prevedibile applicazione della sospensione condizionale della pena, in virtù della l. 332/95, fa si che siavietata la disposizione della custodia cautelare (in carcere o arresti domiciliari). Tutto ciò comporta che il giudice, sulla base degli elementi di prova allegati alla richiesta presentata dal pm,debba valutare in anticipo se ci sarà una decisione di condanna e se la pena detentiva potrà esserecondizionalmente sospesa. Si tratta di una valutazione complessa e difficile da farsi “allo stato degli atti”; tuttavia se il legislatore laimpone, significa che, in presenza di alcune prassi devianti, si percepisce l’esigenza di ricordare al giudiceed al Pubblico Ministero come deve essere applicato in concreto il principio di proporzionalità.

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14. Criteri di scelta delle misure con ordinanza: principio di

gradualità Principio di gradualità, l’art. 2753 c.p.p. sancisce che “la custodia cautelare in carcere può essere dispostasoltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata”. Nella motivazione dell’ordinanza il giudice deve esporre le “concrete e specifiche ragioni per le quali leesigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure”. In un caso il principio di gradualità va incontro ad una eccezione: si tratta della deroga per i delitti dicriminalità mafiosa, per i quali è previsto un regime speciale. In sintesi, se vi sono gravi indizi di reità di associazione a delinquere mafiosa, il codice presume esistentealmeno una delle esigenze cautelari salvo prova contraria (presunzione relativa). Oltre a ciò il codice impone di applicare obbligatoriamente la custodia in carcere, perché presume chenessun altra misura risulterebbe adeguata (presunzione assoluta). Inoltre, il codice prevede situazioni incompatibili con la custodia in carcere: - imputato affetto da malattia in fase così avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alleterapie curative; - donna incinta; - madre di prole di età inferiore a 3 anni con lei convivente; - padre in analoghe condizioni, se la madre è assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; - persona che ha superato l’età di 70 anni; L’imputato che si trova nelle situazioni menzionate è sottoposto, di regola, a misure cautelari alternative (adesempio, l’arresto domiciliare); sarà condotto in carcere se sussistono esigenze cautelari di eccezionalerilevanza. Il codice prevede anche casi in cui la custodia presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibilesenza pregiudizio per la salute dell’imputato o degli altri detenuti: ciò avviene quando l’imputato è affetto daAIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria. Nei confronti di dette persone si presentano tre possibilità: se non esistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, deve essere disposta una misura cautelarealternativa; in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, è disposto l’arresto domiciliare presso un luogo dicura o di assistenza o di accoglienza; la custodia in carcere può essere disposta se l’interessato è imputato di gravi reati avvenuti dopol’applicazione della misura cautelare alternativa nei casi precedenti.

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15. L’applicazione delle misure cautelari personali Il legislatore nel 1988 riteneva che ogni garanzia fosse assicurata dall’aver disposto che la prova si dovevaformare nel dibattimento. Di conseguenza, il contraddittorio e il diritto alla prova non erano tutelati nelle fasi anteriori. Si riteneva che fosse sufficiente aver sancito che i provvedimenti sulla libertà personale dovevano esseredecisi dal giudice su richiesta del pm; tuttavia non si attribuiva al giudice un effettivo controllo sullarichiesta del Pubblico Ministero e sugli elementi presentati da quest’ultimo. Alla difesa non era riconosciuto il diritto alla prova; ad essa era assicurata soltanto la possibilità dipresentare una richiesta di “riesame” al Tribunale della libertà. La l. 332/95 ha ribaltato lo schema del codice del 1988; e cioè, ha dovuto accentuare l’incisività delcontraddittorio sull’applicazione della misura cautelare personale; al tempo stesso, l’intervento normativo hateso a rendere più efficace il controllo svolto dal gip. La legge ha operato una riforma minimale, e cioè ha voluto porre singoli rimedi ad alcuni dei più vistosisquilibri che si manifestavano a sfavore della difesa dell’indagato. Il procedimento applicativo delle misure cautelari personali avviene in due fasi. Nella prima vi è una decisione del giudice fondata su di una richiesta che viene presentata dal PubblicoMinistero senza che sia sentita la difesa, poiché la misura deve essere eseguita “a sorpresa” per essereefficace. Nella seconda fase vi è una qualche forma di contraddittorio perché il gip deve interrogare l’indagato ed ildifensore deve essere preavvisato dell’atto e deve essere presente. Il potere di controllo, che può essere esercitato dal giudice, è molto limitato; inoltre, all’indagato non èriconosciuto il diritto alla prova, e cioè la possibilità di far assumere prove a difesa. Infine, il giudice decide solo su atti e documenti scritti, senza poter sentire a viva voce alcun testimone.

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16. Applicazione delle misure cautelari personali: la richiesta del

Pubblico Ministero e la decisione del giudice Ha inizio quando il Pubblico Ministero chiede per scritto al gip l’adozione di una misura cautelarepersonale; termina quando il giudice prende, sempre per scritto, una decisione sulla richiesta. La procedura è segreta, e deve svolgersi all’insaputa dell’indagato e del suo difensore. La l. 332/95 ha introdotto un primo correttivo alla disciplina del 1988, e cioè ha posto al Pubblico Ministerol’obbligo di presentare al giudice tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memoriedifensive già depositate. L’effetto dovrebbe essere quello di ampliare le conoscenze del giudice quando questi deve valutarel’esistenza delle condizioni e dei presupposti della misura richiesta. Il Pubblico Ministero dovrebbe essere in grado di valutare se da un atto di indagine può ricavarsi unelemento di prova a favore. La valutazione può essere compiuta con molta difficoltà dal Pubblico Ministero prima di aver conosciuto latesi difensiva; e ancora più difficilmente può essere effettuata con animo sereno poiché egli ha l’onere didimostrare la fondatezza di un addebito nel momento in cui chiede un provvedimento al giudice. Sempre la l. 332/95 ha introdotto un secondo correttivo: la motivazione esaustiva. In base alla normativa precedente, la motivazione poteva essere sommaria; adesso deve essere esaustiva. Il giudice deve precisare gli elementi di fatto dai quali si ricavano i gravi indizi, le esigenze cautelari ed icriteri di scelta della misura. Se applica la custodia in carcere, il giudice deve spiegare perché tale misura non può essere sostituita conaltre meno gravi. Inoltre, il giudice deve esporre i motivi per i quali ritiene rilevanti gli elementi a carico. Infine, deve esporre i motivi per i quali ritiene non rilevanti gli elementi a difesa raccolti sia dal pm, sia daldifensore. In conclusione, il giudice deve motivare l’applicazione della misura cautelare secondo cadenze simili aquelle della sentenza dibattimentale. Al termine della prima fase si ha l’esecuzione del provvedimento cautelare, che è disposta con ordinanza dalgiudice ed eseguita, su incarico del pm, dalla polizia giudiziaria, che consegna all’imputato copia delprovvedimento con l’avvertimento della facoltà di nominare un difensore di fiducia. L’ordinanza che dispone una misura non custodiale è notificata all’imputato. Quando non è possibile eseguire l’ordinanza che dispone una qualsiasi misura cautelare perché ildestinatario non è stato rintracciato, l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria redige un verbale di “vanericerche” indicando le indagini svolte. Il verbale deve essere trasmesso al giudice che ha emanato il provvedimento. Questi se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara lo stato di latitanza.

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17. Applicazione delle misure cautelari personali: l’interrogatorio di

garanzia Ha inizio nel momento in cui la misura cautelare personale è eseguita; si conclude con l’interrogatoriodavanti al giudice che ha deciso l’applicazione della misura cautelare interdittiva o coercitiva. In seguito all’interrogatorio dell’indagato, il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e leesigenze cautelari. Il codice impone al gip di depositare immediatamente, insieme all’ordinanza applicativa della misura, anchela richiesta del Pubblico Ministero e gli atti presentati con la stessa. La l. 332/95 ha previsto un terzo correttivo, cioè un avviso di deposito che deve essere notificato aldifensore, che ha diritto di esaminare gli atti in cancelleria. Un quarto correttivo riguarda l’ordine temporale con il quale il Pubblico Ministero e il gip possono,rispettivamente, procedere a interrogare l’indagato. L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del Pubblico Ministero non puòprecedere l’interrogatorio del giudice. Questo atto deve avvenire entro un termine breve: 5 giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia incarcere, 10 giorni dall’inizio delle altre misure cautelari. Ricordiamo che le misure cautelari coercitive e interdittive perdono immediatamente efficacia se il giudicenon procede all’interrogatorio.

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18. Le impugnazioni contro le misure cautelari personali I provvedimenti che applicano, modificano o revocano le misure cautelari sono impugnabili nei casi previstidalla legge. Il codice prevede tre mezzi di impugnazione: il riesame, l’appello e il ricorso in Cassazione. L’impugnazione contro una misura cautelare costituisce un procedimento incidentale, che si sviluppaparallelamente allo svolgersi del procedimento principale. Il riesame è ammesso di regola soltanto contro le ordinanze che applicano per la prima volta una misuracoercitiva; la richiesta può essere proposta esclusivamente dall’imputato o da suo difensore. L’appello è ammesso nei confronti di tutti gli altri provvedimenti in tema di misure cautelari personali; essopuò essere proposto dall’imputato, dal suo difensore e dal pm. Competente a decidere sia sul riesame che sull’appello è il Tribunale, in composizione collegiale, delcapoluogo del distretto di Corte d’Appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura. Tale organo è denominato “Tribunale della libertà”. Il ricorso per Cassazione è ammesso, di regola, contro le decisioni emesse in sede di riesame e di appello; invia eccezionale tale ricorso è consentito in alternativa al riesame. Può essere proposto esclusivamente dall’imputato o dal suo difensore. La caratteristica comune ai tre mezzi di impugnazione sta nel fatto che essi non hanno efficacia sospensivasul provvedimento che limita la libertà personale.

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19. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: Riesame E’ una impugnazione completamente devolutiva. Il Tribunale ha il potere di esaminare la legittimità ed il merito della misura coercitiva senza esseresvincolato né dagli eventuali motivi del ricorso dell’imputato, né dalla motivazione del provvedimento cheha applicato la misura. Il riesame da luogo ad un veloce procedimento, in quanto il Tribunale della libertà deve decidere sullarichiesta dell’imputato entro i termini brevi e perentori a pena della perdita di efficacia della misuracoercitiva. Oggetto del riesame è il provvedimento che applica “inizialmente” la misura coercitiva. Pertanto, non può formare oggetto di riesame la misura cautelare disposta dal Tribunale della libertà all’esitodell’appello proposto dal Pubblico Ministero contro il provvedimento che aveva negato l’applicazione diuna misura cautelare. In questo caso l’imputato può avvalersi soltanto del ricorso per Cassazione. Il Tribunale della libertà valuta i presupposti della misura coercitiva tenendo conto sia degli atti che eranoconosciuti dal giudice, che ha emanato il provvedimento, sia degli atti e documenti che le parti hannopresentato successivamente al Tribunale stesso. Procedimento: la richiesta di riesame deve essere presentata dall’imputato o da suo difensore entro il terminedi 10 giorni a pena di inammissibilità. La richiesta di riesame può contenere i motivi per i quali l’imputato chiede che il provvedimento siaannullato o modificato; ma può anche essere non motivata. La richiesta è presentata nella cancelleria del Tribunale della libertà; il presidente fa dare immediato avvisoall’autorità procedente (pm). Questi deve trasmettere al Tribunale, entro 5 giorni dalla richiesta di riesame, sia gli atti presentati quandoavena chiesto a suo tempo la misura coercitiva, sia tutti gli elementi sopravvenuti a favore della personasottoposta alle indagini. In seguito all’udienza in camera di consiglio, entro 10 giorni dalla ricezione degli atti, il Tribunale devedepositare il dispositivo della sua decisione. I due termini appena menzionati (5 e 10 giorni) sono perentori: in caso di loro inosservanza, le misurecoercitive perdono efficacia. L’udienza si svolge in camera di consigli, e cioè con un contraddittorio facoltativo. Il Tribunale decide sulla base dei soli atti scritti e dei documenti presentati. Non è possibile disporre l’audizione di persone, né l’assunzione di prove non rinviabili, né imporre alPubblico Ministero di svolgere determinate indagini. In definitiva, il legislatore non ha voluto attribuire al Tribunale un vero ed effettivo potere di controllosull’applicazione della misura coercitiva. Il Tribunale della libertà può pronunciare quattro tipi di decisione: - inammissibilità della richiesta di riesame, perché, ad esempio, presentata oltre i termini o da soggetti nonlegittimati; - annullamento dell’ordinanza per carenza di uno degli elementi essenziali (indicati a pena di nullità dall’art.292 c.p.p.) o per vizi di merito (ad esempio, mancanza di gravi indizi); - riforma, cioè modificazione, della misura, ma soltanto in modo più favorevole all’imputato; - conferma della misura coercitiva, anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del

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provvedimento originario.

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20. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: appello L’appello è un mezzo di impugnazione residuale rispetto al riesame e riguarda tutte quelle ordinanze chenon applicano per la prima volta una misura coercitiva. L’appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 10 giorni dall’esecuzione o notificazionedel provvedimento. Procedimento: il Tribunale della libertà decide sull’appello entro termini diversi da quelli previsti dalprocedimenti di riesame (20 giorni anziché 10). Inoltre i termini sono ordinatori e non perentori: il loro eventuale superamento non comporta l’inefficaciadella misura cautelare impugnata. Le modalità di svolgimento sono simili a quelle viste per il riesame. La dichiarazione con cui le parti redigono l’appello deve precisare, a pena di inammissibilità, i motivi per iquali il soggetto interessato ritiene che il provvedimento debba essere annullato o modificato. E’ una impugnazione limitatamente devolutiva, cioè il controllo esercitabile dal Tribunale è limitato ai solimotivi di doglianza esposti nella dichiarazione di impugnazione dall’imputato o dal pm.

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21. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: ricorso per

Cassazione E’ un’impugnazione esperibile contro le decisioni che il Tribunale della libertà ha pronunciato sulla richiestadi riesame o sull’appello; i motivi sono quelli previsti dall’art. 606 c.p.p., tra i quali sono compresi lamancanza, contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. Pertanto, la Corte di Cassazione non può esaminare nel merito il provvedimento impugnato, cioè non puòvalutare la fondatezza degli elementi che lo giustificano. E’ possibile anche il ricorso per Cassazione direttamente contro le ordinanze che dispongono una misuracoercitiva, ma tale impugnazione è concessa soltanto all’imputato e al suo difensore. Costoro, invece di presentare la richiesta di riesame al Tribunale della libertà, possono direttamente proporrericorso per Cassazione contro l’ordinanza che applica per la prima volta una misura coercitiva. I motivi possono riguardare soltanto la violazione di legge. La Corte di Cassazione decide in camera di consiglio entro 30 giorni dalla ricezione degli atti. La l. 46/2006 ha introdotto un inedito vincolo legale che impone al Pubblico Ministero di formulare richiestadi archiviazione quando la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizidi colpevolezza e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della personasottoposta alle indagini.

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22. La riparazione per l’ingiusta custodia cautelare All’imputato è riconosciuto un vero e proprio diritto ad ottenere un’equa riparazione per la custodiacautelare subita ingiustamente. La domanda di riparazione è presentata dall’imputato dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile; sullarichiesta decide la Corte d’Appello con un procedimenti in camera di consiglio. Il presupposto del diritto ad ottenere l’equa riparazione consiste nella ingiustizia sostanziale o formale dellacustodia cautelare subita. Il codice non impone di accertare che l’ingiustizia sia dovuta ad un atto illecito compiuto dall’autoritàgiudiziaria (cioè con dolo o colpa grave), evitando di addossare al richiedente un così pesante onere dellaprova e consentendogli di limitarsi a dimostrare che la sua situazione rientra in una delle due ipotesi diingiustizia (formale o sostanziale) previste espressamente dall’art 314 c.p.p.: - Ingiustizia sostanziale, quando l’imputato è stato assolto per motivi completamente liberatori in punto diresponsabilità, e cioè perché era innocente. E’ richiesta una sentenza irrevocabile di assoluzione con uno dei seguenti dispositivi: perché il fatto nonsussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato, il fatto non è previsto dalla leggecome reato. Alla sentenza di assoluzione sono parificati la sentenza di non luogo a procedere e il provvedimento diarchiviazione. - Ingiustizia formale, quando la custodia cautelare risulta applicata illegittimamente, a prescindere dall’esitodel processo a carico dell’imputato. Il diritto alla riparazione, in questi casi, presuppone soltanto che sia stato accertato con decisioneirrevocabile che il provvedimento custodiale è stato emesso senza che esistessero le condizioni diapplicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p. E’ sufficiente che la custodia sia stata illegittima “formalmente”; non rileva che essa fosse giustificata dalpunto di vista sostanziale. Limiti al diritto alla riparazione si hanno in due casi, nei quali tale riparazione non è concessa: - per quella parte di custodia cautelare che è stata comunque computata ai fini della determinazione dellaquantità di pena detentiva che avrebbe dovuto essere scontata dall’imputato, che è stato condannato; - se l’imputato ha dato causa o ha concorso a dare causa all’ingiusta custodia cautelare per dolo o colpagrave. Procedimento: la domanda di riparazione deve essere proposta alla Corte d’Appello entro 2 anni dal giornoin cui la sentenza è diventata irrevocabile. La Corte d’Appello decide in via equitativa. Nessuna riparazione è prevista per l’ingiusta applicazione di misure coercitive non custodiali. In merito alle misure “precautelari” è stato esteso il diritto alla riparazione sia nel caso in cui sia statodisposto un arresto il flagranza o un fermo che non siano stati convalidati, sia nel caso di convalida dellamisura non seguita da un provvedimento di custodia cautelare, qualora sia intervenuta una sentenzairrevocabile di assoluzione.

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23. Le misure cautelari reali Le misure cautelari reali comportano un vincolo di indisponibilità su cose mobili o immobili. Il codice prevede due tipi di misure reali: il sequestro preventivo e il sequestro conservativo. Questi tendono ad evitare che il passaggio del tempo possa pregiudicare irrimediabilmente l’efficacia praticadella sentenza irrevocabile di condanna. Il sequestro preventivo è giustificato dall’esigenza di impedire che una cosa pertinente ad un reato possaessere utilizzata per aggravare le conseguenze dello stesso o per agevolare il compimento di altri reati. Il sequestro conservativo tende ad evitare che diminuiscano o si disperdano le garanzie patrimoniali chepotranno permettere successivamente al condannato di pagare le somme dovute a titolo di risarcimento deldanno o per le spese di Giustizia. Questi due tipi di sequestro sono applicabili nei procedimenti per qualsiasi genere di reato, quindi anche perle contravvenzioni.

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24. Misure cautelari reali: sequestro conservativo Soggetti legittimati a chiedere al giudice il sequestro conservativo sono il Pubblico Ministero e la partecivile. Il sequestro conservativo ha la caratteristica di poter essere richiesto soltanto contro l’imputato o ilresponsabile civile; e cioè, dopo che l’azione penale è già stata esercitata. Il Pubblico Ministero è legittimato a richiedere il sequestro conservativo a garanzia del pagamento dellapena pecuniaria e delle spese di Giustizia. La parte civile è legittimata a chiedere la medesima misura a garanzia del pagamento delle obbligazionicivili nascenti dal reato. Procedimento: è disposto dal giudice, ovviamente, senza che sia sentita la controparte. L’imputato o il responsabile civile possono chiedere al giudice che il sequestro sia convertito nellaprestazione di una cauzione idonea. Dopo l’esecuzione del provvedimento, chiunque vi abbia interesse può proporre richiesta di riesame. Il sequestro conservativo dura finché la sentenza non diventa irrevocabile; se questa è di condanna, ilsequestro si converte di diritto in pignoramento.

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25. Misure cautelari reali: sequestro preventivo Il codice prevede tre ipotesi di sequestro preventivo: - quando vi è il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarrele conseguenze dello stesso (ad esempio, nel caso di pellicola cinematografica oscena o di immobileabusivo); - quando vi è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati (ad esempio, nel caso ddenaro derivante da una rapina); - quando la cosa è pericolosa in sé, poiché di essa è consentita od imposta la confisca (ad esempio, l’armausata per commettere un reato). La finalità di prevenzione comporta che questo tipo di sequestro possa essere chiesto dal giudice soltanto dalpm. Il sequestro preventivo non si limita a creare un vincolo di indisponibilità su una cosa, bensì comporta unavera e propria “inibitoria”, e cioè vincoli di “fare” e di “non fare”. L’inibitoria deve essere collegata con un vincolo di indisponibilità ad una cosa mobile o immobile il cui usoè implicato necessariamente nell’agire vietato dalla legge penale. Procedimento: è disposto dal giudice su richiesta del pm. Il giudice valuta l’esistenza dei presupposti senza sentire il possessore della cosa, che può essere tantol’imputato, quanto la persona offesa o un terzo. Quando non è possibile attendere il provvedimento del gip, il sequestro preventivo è disposto con decretomotivato del pm. Questi chiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto di sequestro. Entro 10 giorni il giudice emette ordinanza di convalida e dispone il decreto di sequestro. La revoca del sequestro preventivo può essere chiesta al giudice dal pm, dall’imputato o da chiunque neabbia interesse. Il sequestro preventivo deve essere revocato quando sono venute meno le esigenze preventive previste dallalegge. Il limite massimo di tempo entro cui può essere mantenuto il sequestro preventivo è la sentenza di primogrado, anche se impugnabile. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice possono presentare richiesta di riesame l’imputato, ildifensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate.�

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26. Le condizioni di procedibilità nel processo penale Il codice pone la regola della procedibilità d’ufficio; i reati sottoposti a condizione di procedibilità devonoessere espressamente previsti dalla legge. Sono condizioni di procedibilità la querela, l’istanza, la richiesta di procedimento e l’autorizzazione aprocedere. Le condizioni di procedibilità costituiscono altresì una “condizione” per l’esercizio di determinati potericoercitivi come le misure cautelari e precautelari (fermo e arresto). - Querela, atto con il quale la persona offesa manifesta la volontà che si persegua penalmente il fatto direato che essa ha subito. Si compone di due elementi: la notizia di reato e la manifestazione di volontà che si proceda penalmente. E’ chiara la differenza con la denuncia, che può essere presentata da chiunque (e non solo dalla personaoffesa) e contiene la sola notizia di reato. Il diritto di querela deve essere esercitato, di regola, entro il termine di 3 mesi dal giorno in cui la personaoffesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato. Il codice consente alla persona offesa di rinunciare al diritto di querela. La rinuncia alla querela è un atto irrevocabile ed incondizionato con cui la persona offesa, prima di averproposto querela, manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il reato subito. La rinuncia può essere espressa o tacita. Di regola, la querela, una volta presentata può essere revocata. A tal fine il codice prevede l’istituto della remissione della querela, che si tratta di un atto irrevocabile edincondizionato con cui la persona offesa, dopo aver disposto querela, manifesta la volontà che non siproceda penalmente per il fatto di reato. La remissione non produce effetto se il querelato non l’ha accettata espressamente o tacitamente. - Istanza, atto con cui la persona offesa manifesta la volontà che si proceda per un reato commessoall’estero e che, in Italia, prevede la procedibilità d’ufficio. - Richiesta di procedimento, atto con cui il Ministro della Giustizia manifesta la propria volontà che siproceda per un reato commesso all’estero o per altri reati espressamente previsti. - Autorizzazione a procedere, atto discrezionale e irrevocabile che viene emanato da un organo dello Stato. Due possono essere le ragioni per le quali la legge pone l’autorizzazione a procedere come condizioneall’esercizio dell’azione penale: qualità dell’imputato, che è un rappresentante di un organo pubblico e che si vuole proteggere contro leazioni di disturbo del potere giudiziario; qualità della persona offesa, che è un organo pubblico del quale si vuole evitare venga compromesso ilprestigio in un processo penale. Quando è stata presentata la querela, l’istanza, la richiesta di procedimento o l’autorizzazione a procedere, lapolizia giudiziaria ha l’obbligo di inviare l’informativa al pm. In mancanza della condizione di procedibilità, invece, la polizia giudiziaria di regola non ha l’obbligo di

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informare il Pubblico Ministero della notizia di reato.

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27. Il segreto investigativo ed il divieto di pubblicazione degli atti Lo svolgersi del procedimento penale genera un contrasto tra opposte esigenze: proteggere la ricerca dellaverità e assicurare l’esercizio del diritto di difesa. L’esigenza di tutela delle indagini impone di coprire col segreto gli atti iniziali del procedimento; la garanziadel diritto di difesa richiede che gli atti possano essere conosciuti dall’indagato e dalle altre potenziali partiprivate. Per gli atti di indagine compiuti dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria è previsto come regolal’obbligo del segreto istruttorio, che grava su tutti i soggetti che siano a conoscenza dell’atto segreto.

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28. Gli atti conoscibili dall’indagato La conoscenza degli atti di indagine permette all’indagato di verificare la credibilità delle fonti di provaricercate dall’accusa e verificare l’attendibilità dei risultati ottenuti; permette inoltre di ricercare le prove aproprio favore. Il codice ha operato un bilanciamento tra le opposte esigenze della protezione della società e della difesadell’indagato. Alla regola della segretezza sono state poste varie deroghe in favore della difesa: - Atti garantiti, sono quelli ai quali il difensore ha diritto di assistere previo avviso dato almeno 24 oreprima. Si tratta dell’interrogatorio, dell’ispezione, del confronto cui partecipa l’indagato e dell’accertamentotecnico non ripetibile. La facoltà di assistere ad alcuni atti di indagine concessa al difensore è posta prevalentemente al fine ditutelare l’indagato, se presente, e di assicurare comunque la regolarità dell’atto stesso: assicura quello cheviene comunemente detto il contraddittorio debole. Infatti, quando il difensore assiste agli atti di indagine, il suo intervento è limitato alla facoltà di presentarerichieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione del verbale. - Atti a sorpresa, sono quelli ai quali il difensore ha facoltà di assistere senza tuttavia avere diritto alpreavviso. Si tratta delle perquisizioni e dei sequestri. Degli atti garantiti e a sorpresa è previsto il deposito del verbale, a prescindere dal fatto che il difensoreabbia partecipato o meno all’atto medesimo, presso la segreteria del Pubblico Ministero entro il 3zo giornodal compimento dell’atto stesso, con facoltà del difensore di esaminarlo ed estrarne copia nei 5 giornisuccessivi. Quando il Pubblico Ministero ritiene di compiere un atto garantito, egli ha l’obbligo di inviare all’indagato ealla persona offesa l’informazione di garanzia. Il contenuto più importante è l’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. Quando deve essere compiuto un atto garantito, il Pubblico Ministero deve preavvisare il difensoredell’indagato del compimento dell’atto. L’atto è validamente compiuto se il difensore, regolarmente preavvisato, non si presenta.

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29. Gli atti segreti nel processo penale Sono coperti dal segreto investigativo fino all’avviso di conclusione delle indagini gli accertamenti tecniciripetibili, l’individuazione di persone o cose e l’assunzione di informazioni da persone informate. L’obbligo del segreto opera in modo oggettivo e si riferisce a tutte le persone che hanno partecipato oassistito al compimento dell’atto. La violazione dell’obbligo del segreto investigativo può rientrare almeno in due fattispecie incriminatrici: rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale (art. 379 bis c.p.), il vincolo concerne losvolgimento e la “documentazione” dell’atto del procedimento, viceversa esso non si estende al fatto storicooggetto dell’indagine. Pertanto le persona informate, ad esempio, non possono rivelare lo svolgimento dell’atto (cioè le domanderivolte e le risposte date), ma tuttavia sono libere di riferire quei fatti storici dei quali sono a conoscenza; rivelazione del segreto d’ufficio (art. 326 c.p.), reato proprio che è rivolto al pubblico ufficiale eall’incaricato di pubblico servizio. Il codice indica due momenti nei quali viene meno l’obbligo del segreto: quando l’indagato può avere conoscenza dell’atto, nel senso di possibilità legale di conoscenza; quando di perviene alla chiusura delle indagini preliminari. Il codice ha tenuto conto della possibilità che in concreto si presenti l’esigenza di rendere segreti quegli attiche, per legge, sarebbero conoscibili. In caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, il Pubblico Ministero esercita il potere disegretazione dello svolgimento di atti di indagine conoscibili. La l. 397/2000 ha concesso al Pubblico Ministero un ulteriore potere di segretazione dei fatti oggetto diindagine. Tale potere si esercita su atti già segreti e consiste in un ampliamento dell’oggetto del segreto: esso non èlimitato al solo svolgimento dell’atto ma anche ai fatti storici oggetto di indagine. Questo potere di segretazione può essere esercitato esclusivamente sulle dichiarazioni da parte di testimoni oimputati se sussistono specifiche esigenze attinenti alle indagini. Tale esteso obbligo al segreto è disposto con decreto motivato e non può avere una durata superiore a 2mesi. In tal modo il Pubblico Ministero può precludere a tutti, quindi anche alla difesa dell’indagato e dell’offeso,l’assunzione di informazioni dai soggetti vincolati al segreto.

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30. Il divieto di pubblicazione degli atti segreti nel processo penale Nei confronti degli atti segreti è posto il divieto assoluto di pubblicazione, cioè sia totale che parziale, sia delriassunto che del contenuto generico. Nei confronti degli atti conoscibili vige un divieto attenuato di pubblicazione, nel senso che è vietatopubblicare l’”atto”, e cioè il testo parziale o totale dello stesso, ma è consentito pubblicarne il “contenuto”,cioè notizie generiche prive di riscontri documentali riguardanti il contenuto di atti. La pubblicazione arbitraria di atti del procedimento penale è punita con sanzioni irrisorie tanto da rendereinidonea la norma a garantire la riservatezza dei soggetti coinvolti nel processo penale e la serenaamministrazione della Giustizia.

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31. La regolamentazione dell’attività di iniziativa della polizia

giudiziaria All’interno delle indagini preliminari il codice distingue tra attività a iniziativa della polizia giudiziaria edattività del pubblico ministero. La distinzione ha lo scopo di precisare la differente regolamentazione degli atti sotto vari profili, tra cuil’esercizio di poteri coercitivi e la tutela del diritto di difesa. L’attività di iniziativa autonoma di polizia consiste nel raccogliere ogni elemento utile alla ricostruzione delfatto e alla individuazione del colpevole. Tale attività prende avvio dal momento in cui è pervenuta la notizia di reato e termina nel momento in cui ilPubblico Ministero ha impartito le sue direttive. L’attività di iniziativa successiva di polizia è quella che svolge dopo aver ricevuto le direttive dal pm. Tale attività si distingue a sia volta in: - guidata, che consiste nella stretta esecuzione delle direttive del pm; - parallela, che comprende tutte quelle attività di indagine per accertare i reati che la polizia può eseguireeccezionalmente purché ne informi prontamente il pm. L’attività di iniziativa integrativa di polizia è quella svolta di iniziativa ma sulla base dei dati emersi aseguito del compimento di atti delegati dal pm. L’attività integrativa e quella parallela vanno incontro a due limiti: - è vietato il compimento di atti eventualmente in contrasto con le direttive del pm; - la polizia ha l’obbligo di informare prontamente il Pubblico Ministero degli ulteriori elementi raccolti.

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32. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: sommarie

informazioni dall’indagato L’art. 350 c.p.p. prevede un'unica rubrica per tre diverse modalità con cui l’indagato può renderedichiarazioni alla polizia giudiziaria: - informazioni con la presenza del difensore, l’ufficiale di polizia giudiziaria può assumere informazionidall’indagato soltanto se quest’ultimo è libero e se il suo difensore è presente. Le formalità di questo atto sono minori rispetto all’interrogatorio svolto dal pm: non è imposto l’obbligo dicontestare all’indagato un addebito provvisorio né di rendere noti gli elementi a suo carico. E’ sufficiente che l’indagato riceva quegli avvertimenti previsti dall’art. 64 c.p.p., cioè che le suedichiarazioni potranno essere sempre utilizzate nei suoi confronti, che ha la facoltà di non rispondere e chese renderà dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità altrui assumerà in ordine a tali fatti la qualificadi testimone; - dichiarazioni spontanee, l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria può ricevere dichiarazioni spontaneedall’indagato libero o arrestato. Questa seconda modalità comporta che la polizia non abbia posto domande, ma occorre che l’iniziativaprovenga dall’indagato. In questi casi il codice non impone alla polizia giudiziaria di dare all’indagato di avvisi previsti dall’art. 64c.p.p. - informazioni per la prosecuzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono porre domandeall’indagato libero o arrestato anche in assenza del suo difensore, tuttavia delle notizie assunte è vietata siala documentazione, sia l’utilizzazione in dibattimento e in fasi precedenti, ma possono comunque servire perindirizzare le indagini. Il codice pone due limiti a questa facoltà: - le domande possono essere rivolte all’indagato soltanto sul luogo o nell’immediatezza del fatto di reato; - le informazioni devono riguardare notizie utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini. Anche in questo caso il codice non impone alla polizia l’obbligo di avvertire l’indagato della facoltà di nonrispondere.

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33. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: sommarie

informazioni da persone informate La persona informata è titolare del privilegio contro l’autoincriminazione, può opporre all’inquirentel’esistenza di un segreto nei casi previsti dalla legge, se è un prossimo congiunto dell’indagato o imputatodeve prima essere avvisata della facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni. Oltre a ciò, la persona informata ha comunque l’obbligo di presentarsi alla polizia qualora convocata, inoltreha l’obbligo di attenersi alle prescrizioni date. Le sommarie informazioni sono documentate tramite verbale e, di regola, non sono utilizzabili idibattimento. Qualora le sommarie informazioni derivino dall’imputato in procedimento connesso o collegato, questi hadiritto ad essere assistito dal difensore.

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34. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: atti od

operazioni con specifiche competenze tecniche Atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, l’art. 3484 c.p.p. legittima la poliziagiudiziaria a compiere di propria iniziativa “atti od operazioni che richiedono specifiche competenzetecniche”. Tale norma autorizza la polizia giudiziaria ad avvalersi dell’opera di “persone idonee le quali non possonorifiutare la propria opera”: i c.d. ausiliari di polizia.

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35. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: identificazione

dell’indagato e di altre persone E' l’atto con cui viene dato un nome ad un volto. Possono essere sottoposti ad identificazione la persona offesa, i possibili testimoni e l’indagato, cioè tutte lepersone che hanno avuto a che fare con il reato, direttamente o indirettamente. Lo scopo delle identificazioni è quello di individuare le generalità di tutte le persone che possono avere unruolo negli sviluppi del procedimento e che pertanto può essere indispensabile contattare. Il codice prevede la possibilità di esercizio di un potere coercitivo in capo alla polizia giudiziaria ogni voltache una persona rifiuta di farsi identificare oppure fornisce generalità o documenti di cui si possa ritenere lafalsità, e che consiste nell’accompagnamento coattivo per l’identificazione. L’indagato è invitato a dichiarare le proprie generalità, con l’avviso che costituisce reato sia il rifiutarsi difornirle, sia il darle false. Dell’identificazione è redatto verbale integrale conservato nel fascicolo del pm. L’identificazione è un tipico atto non garantito, pertanto non deve essere dato alcun avviso al difensore, equesti comunque non potrebbe parteciparvi.

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36. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: perquisizione

in caso di flagranza o evasione Perquisizione in caso di flagranza o evasione, requisiti affinché la polizia giudiziaria possa eseguire tali attisono: - oggetto della perquisizione devono essere cose o tracce pertinenti al reato, ovvero la persona dell’indagatoo dell’evaso; - la perquisizione può avvenire solo in situazione di flagranza di reato, di evasione oppure se si deveprocedere al fermo di una persona indagata, ovvero all’esecuzione di un’ordinanza che dispone la custodiacautelare, ovvero che dispone la carcerazione per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorioin flagranza; - pericolo nel ritardo; - fondato motivo di ritenere che nel luogo o sulla persona vi siano le cose o le persone ricercate, cioè lapolizia giudiziaria deve avere a disposizione elementi obiettivi dai quali emerga con sufficiente probabilitàche le cose o persone ricercate si trovano nel posto dove viene effettuata la perquisizione. La polizia entro 48 ore deve trasmettere al Pubblico Ministero il relativo verbale perché questi, nelle 48 oresuccessive, possa disporre della convalida.

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37. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: rilievi,

accertamenti urgenti e sequestro Rilievi, accertamenti urgenti e sequestro, gli atti fondamentali di tipo investigativo sono proprio i rilievi e gliaccertamenti urgenti, che hanno le seguenti finalità: - comprendere la dinamica del fatto dalla quale spesso dipende l’esistenza o meno del reato; - raccogliere gli elementi di prova presenti; - cercare spunti per la successiva attività di indagine. L’attività di conservazione consiste nel curare che le cose o le tracce pertinenti al reato siano conservate eche lo stato dei luoghi non sia mutato prima dell’intervento del pm. Pertanto la polizia giudiziaria deve impedire, da un lato, che vengano asportate cose (ad esempio l’arma deldelitto) o cancellate tracce (ad esempio le impronte digitali dall’arma), da un altro lato, che cose o traccevengano aggiunte (ad esempio mozziconi di sigaretta) o che siano spostate di posizione (ad esempio ilbossolo del proiettile mortale). Rilievi urgenti, consistono nell’attività di osservazione dello stato e dei luoghi, delle cose o delle persone,nonché nella descrizione delle tracce o degli effetti materiali del fatto di reato. I rilievi devono essere compiuti di propria iniziativa dalla polizia giudiziaria in presenza di due presupposti: - il Pubblico Ministero non possa intervenire tempestivamente; - ci sia il pericolo che nel frattempo lo stato dei luoghi cambi o le tracce vadano perdute. Accertamenti urgenti, operazioni di tipo tecnico composte da una serie di atti. Ad esse può, di regola, procedere soltanto un ufficiale e solo in casi di urgenza, eccezionalmente, anche unagente. La polizia giudiziaria, quando agisce di propria iniziativa, deve conservare gli elementi di prova e nonmodificarli. Un accertamento che comporti la modifica dell’elemento di prova è riservato al pm, che lo compie nelleforme garantite. Pertanto, la polizia giudiziaria può compiere soltanto quegli accertamenti urgenti che, se anche manipolanouna cosa, tuttavia non comportano modifiche dell’elemento di prova. Sequestro probatorio, la polizia giudiziaria compie il sequestro se vi è pericolo nel ritardo ed il PubblicoMinistero non può intervenire tempestivamente. Il verbale è trasmesso entro 48 ore al pm, questi nelle 48 ore successive convalida il sequestro con decretomotivato, se ne ricorrono i presupposti. I rilievi, gli accertamenti urgenti e il sequestro sono atti non ripetibili e, quindi, saranno inseriti nel fascicoloper il dibattimento dopo che il gip avrà deciso il rinvio a giudizio. Essi sono atti a sorpresa ai quali può assistere il difensore dell’indagato. Se gli accertamenti rendono necessario il prelievo di materiale biologico (capelli o saliva) e vi è il consensodell’interessato, la polizia giudiziaria agisce autonomamente. Se il consenso manca, la polizia procede ad operare il predetto prelievo coattivo nel rispetto della dignitàpersonale dell’interessato, ma deve ottenere dal Pubblico Ministero una previa autorizzazione scritta oppureresa oralmente e confermata per iscritto in sede di sopralluogo.

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38. Il registro delle notizie di reato. L’informazione di garanzia L’arrivo dell’informativa proveniente dalla polizia giudiziaria fa sorgere a carico del Pubblico Ministerol’obbligo di iscrivere la notizia di reato nell’apposito registro. Esistono tre tipi di registri: - Registro ordinario delle notizie di reato, che contiene le notizie di reato. Le notizie di reato senza l’individuazione della persona alla quale debba essere addebitato il medesimovengono registrate “nel modello 44”. Mentre quando il Pubblico Ministero ritiene di formulare un addebito nei confronti di una persona, egliordina alla segreteria di iscrivere il nominativo dell’indagato nel “modello 21”, accanto alla notizia di reatogià inserita. Si dovrà, invece, procedere ad iscrizioni del tutto nuove e a carico della medesima persona sono addebitatireati concorrenti ovvero se il medesimo fatto è addebitato anche ad altre persone. - Registro degli atti non costituenti notizie di reato o “modello 45”, in cui sono iscritti tutti quegli esposti daiquali non sia possibile ipotizzare in alcun modo un fatto di reato. - Registro delle notizie anonime, che contiene le notizie di reato anonime, le quali non sono di regolautilizzabili nel procedimento penale, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunquedall’imputato. Decorsi 5 anni dall’iscrizione delle notizie di reato anonime nel registro senza che siano utilizzate questedevono essere distrutte.

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39. Comunicazione nel registro di iscrizione indagati Una volta che il nome dell’indagato è stato iscritto nel registro delle notizie di reato (modello 21), leindagini continuano a svolgersi di regola in segreto. L’indagato non ha la conoscenza “ufficiale” che è in corso un procedimento penale nei suoi confronti;soltanto quando il Pubblico Ministero sta per compiere un atto garantito l’indagato ha una notizia “ufficiale”che consiste nella informazione di garanzia che lo invita a nominare un difensore. Prima che pervenga l’informazione di garanzia l’indagato può ottenere una notizia “ufficiale” dell’esistenzadi un procedimento nei suoi confronti soltanto se si attiva, e cioè se chiede alla segreteria del PubblicoMinistero di avere conoscenza delle iscrizioni a proprio carico. Infatti le iscrizioni sono di regola conoscibili dall’indagato, salvo casi eccezionali in cui restano segrete: - per delitti di criminalità mafiosa le iscrizioni restano segrete fino a 2 anni, che è il termine massimo didurata delle indagini; - per gravi delitti non mafiosi le iscrizioni restano segrete fino a 1 anno, che è il termine eccezionale delleindagini rispetto ai 6 mesi ordinari, ma l’eventuale proroga deve essere comunicata all’indagato; - per altri reati il Pubblico Ministero può disporre la segretazione dell’iscrizione nel registro modello 21 delnome dell’indagato fino ad un massimo di 3 mesi quando sussistono specifiche esigenze attinenti all’attivitàdi indagine, cioè quando c’è pericolo di inquinamento delle prove. Sia quando non esistono iscrizioni nei confronti dell’interessato richiedente, sia quando esse esistono manon sono conoscibili, l’ufficio di segreteria risponde alla richiesta dell’interessato medesimo con la frase:“non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione”. Tale formula è identica in situazioni diverse proprio per evitare che la segretezza sia violata. Il Pubblico Ministero che sta per compiere un atto garantito deve inviare all’indagato ed alla persona offesal’informazione di garanzia. Il contenuto più importante è l’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia, oltre a ciòdevono essere indicati elementi quanto mai scarni sull’addebito provvisorio, cioè le norme che si ritengonoviolate, la data ed il luogo del fatto storico di reato, ovviamente nei limiti in cui tali dati risultino dalleindagini. Al compimento del primo atto a cui il difensore ha il diritto di assistere, il Pubblico Ministero devenotificare all’indagato l’informazione sul diritto di difesa, che contiene una serie di elementi con la funzionedi rendere edotto l’indagato di tutti gli obblighi e facoltà che sono concessi alla difesa tecnica: - informazione dell’obbligatorietà della difesa tecnica nel processo penale; - nominativo del difensore d’ufficio nominato, indirizzo e recapito telefonico; - indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia; - indicazione dell’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio; - indicazione delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

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40. Gli atti compiuti personalmente o su delega del Pubblico

Ministero Il Pubblico Ministero può compiere atti di indagine personalmente o può delegarli alla polizia giudiziaria. La delega del Pubblico Ministero deve essere specifica o non generica, inoltre il Pubblico Ministero puòimporre alla polizia una direttiva, ossia l’indirizzo generale da dare alle indagini, all’interno del quale lapolizia giudiziaria opera con gli atti di propria iniziativa. La delega è di regola consentita: i divieti sono previsti in modo esplicito, implicito o sono ricavabilicomunque dalla natura dell’atto. Gli atti assunti dal Pubblico Ministero vengono documentati a prescindere dal fatto che siano stati compiutipersonalmente o per delega. Alla redazione del verbale provvede l’ufficiale di polizia giudiziaria o l’ausiliario che assiste il pm. La documentazione degli atti di iniziativa del Pubblico Ministero avviene in vari modi: verbale in forma integrale, contiene sia le domande, sia le risposte e riguarda alcuni atti in virtù della loroimportanza; si tratta di denuncie, querele orali, interrogatori, confronti con l’indagato, ispezioni,perquisizioni, sequestri, sommarie informazioni, interrogatori degli imputati connessi e accertamenti tecnicinon ripetibili; verbale in forma riassuntiva, contiene la narrazione delle parti essenziali delle dichiarazioni e riguarda leattività di indagine diverse da quelle appena menzionate; annotazione, prevista per atti che hanno un contenuto semplice o una limitata rilevanza (ad esempio ilpedinamento). L’atto contenente la notizia di reato e la documentazione delle indagini sono conservati in un appositofascicolo presso l’ufficio del pm, detto fascicolo delle indagini, assieme agli atti trasmessi dalla poliziagiudiziaria.

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41. Informazioni da persone informate nel processo penale La denominazione (informazioni) ed il riferimento al soggetto che rende dichiarazioni (persona informata)vogliono sottolineare il principio secondo cui la sentenza dibattimentale si fonda sulle prove legittimamenteacquisite in dibattimento: le “informazioni” assunte durante le indagini non possono, di regola, essereutilizzate per pronunciare tale decisione. Il codice impone al Pubblico Ministero e alla polizia giudiziaria il divieto di chiedere alle persone già sentitedal difensore o dal suo sostituto, informazioni sulle domande formulate e delle risposte date nel corsodell’intervista, in quanto altrimenti la persona informata avrebbe l’obbligo di rispondere secondo veritàcreando di fatto una situazione di squilibrio e disuguaglianza tra accusa e difesa. Questo divieto costituisce un limite al potere di indagine dell’autorità inquirente a tutela della segretezzadegli atti di investigazione difensiva. Le informazioni sono documentate mediante verbale e, di regola, non sono utilizzabili in dibattimento. La persona informata gode di due garanzie: il privilegio contro l’autoincriminazione e l’inutilizzabilità delledichiarazioni rese in qualità di persona informata se avrebbe dovuto esser sentita fin dall’inizio in qualità diimputato o indagato.

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42. Interrogatorio dell’indagato Il Pubblico Ministero che intenda sottoporre l’indagato libero ad interrogatorio, deve fargli notificare uninvito a presentarsi, che deve contenere: - generalità dell’indagato; - giorno, ora e luogo della presentazione a l’autorità davanti alla quale presentarsi; - indicazione che si darà luogo a interrogatorio; - avvertimento che il Pubblico Ministero potrà disporre l’accompagnamento coattivo in caso di mancatapresentazione senza legittimo impedimento; - l’addebito provvisorio, cioè la sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quelmomento compiute. Lo scopo di questa prescrizione è quello di predisporre un sistema che garantisca al massimo l’indagato,permettendogli di concordare col difensore la linea difensiva. L’invito deve essere notificato all’imputato, di regola, almeno 3 giorni prima di quello fissato perl’interrogatorio. Il difensore deve essere preavvisato dell’atto almeno 24 ore prima del suo compimento; egli ha la facoltà diessere presente. L’interrogatorio dell’imputato sottoposto a fermo, arresto o custodia cautelare può essere condotto soltantodal pm; viceversa, l’interrogatorio dell’imputato libero può anche essere delegato ad un ufficiale di poliziagiudiziaria, ma con l’assistenza necessaria del difensore.

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43. Avviso di conclusione delle indagini Quando il Pubblico Ministero ritiene di chiedere il rinvio a giudizio, deve notificare all’indagato e al suodifensore un atto dal contenuto piuttosto articolato: l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Tale avviso, che deve essere notificato prima della scadenza del termine per le indagini, contiene lasommaria enunciazione del fatto per il quale si procede con l’indicazione delle norme di legge che siassumono violate, della data e del luogo del fatto. In tal modo la persona sottoposta alle indagini, che può non aver mai ricevuto l’informazione di garanzia,viene per la prima volta informata dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico. Inoltre l’avviso contiene l’avvertimento che l’indagato ed il suo difensore hanno la facoltà di prenderevisione del fascicolo delle indagini. L’indagato è avvertito che entro il termine di 20 giorni può esercitare le seguenti facoltà: - può presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazionidifensive; - può chiedere al Pubblico Ministero il compimento di atti di indagine, il quale può anche rifiutarsi; - può presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio, richiestache deve essere obbligatoriamente accolta a pena di nullità della richiesta di rinvio a giudizio.

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44. Interrogatorio di una persona imputata in un procedimento

connesso o collegato L’imputato connesso è formalmente estraneo al procedimento principale in cui è interrogato, tuttavia ha nelmedesimo un forte interesse che si manifesta sotto due profili: da un lato occorre tutelare il diritto di difesadi questo soggetto, che non può essere costretto a rendere dichiarazioni autoincriminanti; dall’altro lato ènecessario guardarsi dal rischio che egli menta per influire a suo favore nel processo a proprio carico. In relazione a tale situazione la legge adotta prevalentemente la disciplina che si applica all’indagato e soloper aspetti limitati, quella che si applica alla persona informata. In virtù di un rinvio esplicito la regolamentazione è la stessa dell’esame dibattimentale di persone imputatein procedimenti connessi o collegati. Il Pubblico Ministero ha l’obbligo di preavvisare il difensore del soggetto in questione de compimentodell’interrogatorio. Nessuna garanzia è disposta nei confronti dell’indagato del procedimenti principale nel quale è assuntol’interrogatorio dell’imputato in procedimento connesso: infatti questo è un atto non conoscibile, nel sensoche il difensore dell’indagato nel procedimento principale non può partecipare all’interrogatorio né ha ildiritto ad esaminarne il verbale in segreteria.

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45. Accertamento tecnico nel processo penale La pubblica accusa durante le indagini preliminari può nominare consulenti tecnici quando occorreprocedere ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica percui sono necessari specifiche competenze. Il consulente non può rifiutare la sua opera e può altresì essere autorizzato dal Pubblico Ministero adassistere a singoli atti di indagine. Qualora l’accertamento tecnico appaia ripetibile, il Pubblico Ministero nomina un consulente tecnico e fasvolgere l’accertamento in segreto. Il verbale di tale atto è collocato nel fascicolo delle indagini ed è destinato a confluire nel fascicolo delPubblico Ministero dopo l’udienza preliminare. Se l’accertamento tecnico appaia non ripetibile, il codice attribuisce a tale atto efficacia simile alla perizia,subordinandolo ad un controllo da parte dell’indagato. In questi casi il Pubblico Ministero deve dare un previo avviso all’indagato, all’offeso e ai rispettividifensori, in quanto costoro possono nominare consulenti tecnici come avviene per la perizia. I difensori, nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati, hanno diritto di assistere al conferimentidell’incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve. Il verbale relativo all’accertamento non ripetibile è destinato a confluire nel fascicolo per il dibattimentodopo l’udienza preliminare. L’indagato ha un ulteriore potere di formulare, prima del conferimento dell’incarico, riserva di incidenteprobatorio. In questi casi il Pubblico Ministero deve disporre che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, sedifferiti, non possano più essere utilmente compiuti. Se l’accertamento tecnico non ripetibile è comunque differibile (ad esempio perché è effettuabile una solavolta ma non necessariamente in tempi brevi) ed è ugualmente compiuto nonostante la riserva di incidenteprobatorio promossa dall’indagato, il relativo verbale è inutilizzabile nel dibattimento. Se l’accertamento tecnico non ripetibile non è neppure differibile (ad esempio perché il tempo renderebbeviziati i risultati) ed è compiuto nonostante la riserva, il relativo verbale è utilizzabile in dibattimento.

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46. Individuazione di persone e di cose nel processo penale Si tratta di un atto simile a quel mezzo di prova denominato ricognizione e che può essere disposto dalgiudice in dibattimento o nell’incidente probatorio. Il codice usa una diversa terminologia (individuazione) solo per sottolineare il fatto che tale atto non è, adifferenza della ricognizione, utilizzabile ai fini della decisione dibattimentale. Questo atto è ritenuto ripetibile e pertanto il Pubblico Ministero nell’eseguire l’individuazione non è tenuto arispettare le regole che nella ricognizione sono poste a pena di nullità al fine di assicurare l’attendibilità delrisultato. Sempre in considerazione della ripetibilità dell’atto, non è prevista la presenza del difensore, il quale nonconosce neanche il verbale dell’atto che è segreto. Il codice si limita a prescrivere che il Pubblico Ministero proceda ad individuazione di cose o personaquando è necessario per l’immediata prosecuzione delle indagini. Da tutto ciò deriva una conseguenza che il codice sottovaluta: l’individuazione, svoltasi senza le cauteledella ricognizione e senza la presenza del difensore, è utilizzabile dal gip nel momento in cui prende unadecisione di sua competenza, e ciò anche al fine di emettere una misura cautelare quale la custodia incarcere. Il medesimo verbale, in quanto documentazione di un atto ripetibile, deve essere inserito nel fascicolo delpm. In verità gli psicologi ci insegnano da tempo che sia l’individuazione, sia la ricognizione sono atti “nonutilmente ripetibili” da parte del medesimo ricognitore nei confronti del medesimo sospettato. Il ricognitore, la seconda volta che procede all’atto, riconosce inconsciamente non colui che ha visto sulluogo del reato, bensì l’immagine più recente che ha percepito nella precedente individuazione fotografica opersonale: l’attendibilità probatoria del secondo atto è minata alla radice.

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47. Perquisizione, sequestro probatorio e ispezione personale Si tratta in genere di atto delegabile alla polizia giudiziaria con decreto, nel quale devono essere specificati iluoghi e/o le persone, ed in particolare se sia consentito l’ingresso coattivo. Al contrario, devono essere eseguite personalmente dal Pubblico Ministero le perquisizioni ed i sequestrinegli studi dei difensori, l’apertura dei plichi o di corrispondenza e le perquisizioni presso banche. Quando il Pubblico Ministero ne delega l’esecuzione alla polizia giudiziaria indica l’oggetto da sequestrare;se, invece, egli non indica l’oggetto, ma dispone genericamente il sequestro di quanto rinvenuto costituentecorpo o pertinenza del reato, si ritiene che la polizia giudiziaria debba chiedere la convalida al pm. Per la sua particolare invasività, questo atto è stato riservato all’iniziativa del pm, il quale può casomai,affidarsi nell’esecuzione ad un medico. E’ atto garantito e quindi presuppone il preavviso almeno 24 ore prima al difensore dell’indagato.

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48. Definizione di arresto in flagranza ed il fermo Il codice accoglie il principio generale secondo cui soltanto il giudice è competente ad applicare una misuracautelare limitativa della libertà personale. La polizia giudiziaria ha il potere di disporre misure coercitive temporanee denominate arresto e fermo, chelimitano la libertà personale dell’indagato in situazioni di urgenza, fino a quando non interviene la convalidadel giudice. Se la convalida non è emessa entro i termini perentori prescritti dalla legge, tali misure cessano di avereefficacia. Tali atti sono detti sinteticamente misure precautelari per indicare che consistono in un anticipo della tutelapredisposta mediante le misure cautelari. Ove da parte del legislatore non si prevista la possibilità di trasformare una misura precautelare in unamisura cautelare coercitiva, viene meno la giustificazione costituzionale della restrizione della libertàpersonale disposta dalla polizia.

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49. Arresto in flagranza nel processo penale Ha la finalità di assicurare alla giustizia gli autori dei reati e di impedire che il reato medesimo venga portatoa conseguenze ulteriori. La situazione di flagranza, che permette o impone alla polizia di operare l’arresto, si ha quando il soggettoviene colto nell’atto di commettere il reato; mentre la situazione di quasi flagranza è quella del soggetto che,subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da terzi ovvero è sorpresocon cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima. L’arresto in flagranza è obbligatorio per la polizia giudiziaria in presenza di un delitto non colposo(consumato o tentato) per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiorenel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 anni. L’arresto è obbligatorio anche in presenza di certi delitti, come ad esempio di associazione mafiosa, trafficodi stupefacenti, furto aggravato, rapina, estorsione, pornografia minorile, ecc… Negli stessi casi in cui è obbligatorio per la polizia, l’arresto può essere effettuato da ogni persona se ildelitto è procedibile d’ufficio. Il soggetto che ha eseguito l’arresto in flagranza deve senza ritardo consegnare la persona ristretta nellalibertà e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria. L’arresto facoltativo è, invece, rimesso alla discrezionalità dell’ufficiale od agente di polizia, che valuta casoper caso se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dallasua personalità e dalle circostanze del fatto. In presenza di tali condizioni l’arresto in flagranza è consentito quando si procede sia per un delitto noncolposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni, sia per undelitto colposo per il quale la legge stabilisca la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni. L’arresto facoltativo in flagranza è consentito anche in alcune ipotesi espressamente previste a prescinderedalla pena edittale (violenza o minaccia a pubblico ufficiale, lesione personale volontaria, furto,danneggiamento aggravato, truffa, corruzione di minorenne, evasione, cessione o detenzione di materialepedopornografico, ecc…). L’arresto non è mai consentito quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è statocompiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, ovvero in presenza di unacausa di non punibilità (cioè manca la punibilità in concreto). Qualora si tratti di delitto procedibile a querela, l’arresto può essere eseguito se la querela stessa vieneproposta, anche oralmente, all’ufficiale o agente di polizia presente sul luogo. La remissione della querela fa cessare l’efficacia dell’arresto.

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50. Fermo nel processo penale Provvedimento che può essere disposto di regola dal Pubblico Ministero quando sono presenti le seguenticondizioni: - gravi indizi a carico dell’indagato; - specifici elementi di prova che facciano ritenere fondato il pericolo di fuga; - delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 2anni e superiore nel massimo a 6 anni. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere al fermo, in via sussidiaria, nei seguenticasi: - prima che il Pubblico Ministero abbia assunto la direzione delle indagini; - qualora sia successivamente individuato l’indiziato; - qualora sopraggiungano specifici elementi che rendano fondato il pericolo che l’indiziato sia per darsi allafuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pm.

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51. La convalida dell’arresto e del fermo Il procedimento di convalida può essere suddiviso in tre fasi: - Prima fase, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria devono porre l’arrestato o il fermato adisposizione del Pubblico Ministero al più presto e, comunque, non oltre le 24 ore. Dopodiché devono trasmettere al Pubblico Ministero il verbale dell’arresto sempre entro le 24 ore. - Seconda fase, ha la funzione di mettere in grado la pubblica accusa sia di formulare la richiesta diconvalida, sia di chiedere nella successiva udienza una delle misure cautelari personali. A tal fine il Pubblico Ministero può procedere all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato dando previoavviso al difensore, che ha la facoltà di essere presente all’atto. Il Pubblico Ministero può liberare l’arrestato o il fermato in due casi: se risulta evidente che l’arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi consentitidalla legge; se la misura è divenuta inefficace perché sono decorsi i termini per porre l’arrestato a disposizione delPubblico Ministero (24 ore) o per chiedere la convalida al giudice (48 ore). - Terza fase, inizia con la richiesta di convalida che deve essere presentata dal Pubblico Ministero al giudiceentro 48 ore dall’arresto, Il Pubblico Ministero presenta la richiesta al giudice del dibattimento se sceglie di procedere a ritodirettissimo, altrimenti la presenta al gip (noi analizziamo questa ipotesi). Ricevuta la richiesta, il giudice fissa l’udienza di convalida al più presto e comunque entro le 48 oresuccessive dandone avviso, senza ritardo, al Pubblico Ministero e al difensore. L’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione facoltativa del Pubblico Ministero enecessaria del difensore dell’indagato. L’arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle48 ore successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice. In sede di convalida vengono prese due distinte decisioni: - il giudice accerta se l’arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e se sono stati osservati i terminiperentori per porre l’arrestato a disposizione del Pubblico Ministero (24 ore) e per chiedere la convalida (48ore), quindi decide con ordinanza se convalidare o meno l’arresto o il fermo. Tale provvedimento può essere oggetto di ricorso per Cassazione; - il giudice valuta se sussistono i presupposti della misura cautelare richiesta dal pm, quindi può applicarla. L’ordinanza è impugnabile presso il Tribunale della libertà. Questi accertamenti sono assolutamente indipendenti tra di loro.

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52. L’incidente probatorio nel processo penale Il legislatore ha fatto la scelta fondamentale di riservare, di regola, al dibattimento la formazione della provapoiché in tale sede è garantito il contraddittorio nella sua più ampia manifestazione. Ciò permette anche di tutelare il principio di immediatezza. Tuttavia, non sempre si può attendere la formazione della prova in dibattimento, poiché questo si puòsvolgere a distanza di tempo dal fatto di reato. Una legge delega del 1987 aveva già previsto la possibilità di assumere la prova in contraddittorio già nelcorso delle indagini preliminari quando essa non era rinviabile al dibattimento. A tal fine è stato predisposto l’incidente probatorio, che consiste in un’udienza che si svolge in camera diconsiglio senza la presenza del pubblico e nella quale, davanti al gip, si assumono le prove nelle medesimeforme che sono prescritte per il dibattimento. Il testo originario del codice del 1988 aveva tipizzato i casi ed i motivi della non rinviabilità allo scopodichiarato di rendere eccezionale il ricorso all’incidente probatorio. Esso era ammesso in situazioni tassative che erano veri e propri “casi limite” (ad esempio, il testimone in findi vita). Ma a partire dal 1994 si è verificata una inversione di tendenza, dovuta alla maturata convinzione che ildiritto alla prova non rinviabile deve prevalere sul principio di immediatezza. Varie leggi hanno eliminato i requisiti tassativi in relazione a determinate prove che possono essere assuntenell’incidente probatorio semplicemente che il Pubblico Ministero o l’indagato lo chiedano.

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53. I casi di incidente probatorio Alcuni mezzi di prova possono essere assunti nell’incidente probatorio soltanto se sono presenti i casitassativi della non rinviabilità previsti all’art. 392 c.p.p., cioè: testimonianza e confronto, soltanto se il dichiarante non potrà deporre in dibattimento a causa di un graveimpedimento (ad esempio, un’infermità) o di una minaccia in atto affinché non deponga o deponga il falso; esperimento giudiziale, soltanto se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggettoa modificazione non evitabile; perizia, soltanto quando, se disposta in dibattimento, determinerebbe una sospensione superiore a 60 giorni; ricognizione, soltanto se particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento. Vi sono poi altri mezzi di prova che possono essere assunti nell’incidente probatorio sulla base del meropresupposto che il Pubblico Ministero o l’indagato lo abbiano chiesto al gip (c.d. richieste di parte): esame dell’indagato, su fatti concernenti la responsabilità altrui; esame dell’imputato, o indagato, connesso o collegato; testimonianza del minore di 16 anni in procedimenti per delitti di violenza sessuale, tratta di persone eassimilati. Infine vi può essere un caso di richiesta di incidente probatorio esclusivamente del difensore: testimonianza o esame delle persone che si siano avvalse della facoltà di non rispondere o di non renderedichiarazione scritta nel corso dell’intervista svolta dal difensore o dai suoi ausiliari.

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54. Il procedimento in caso di incidente probatorio L’incidente probatorio si svolge in varie fasi, esse sono: il contraddittorio sull’ammissibilità dell’incidente,la decisione del giudice sull’ammissibilità e fondatezza della richiesta, lo svolgimento dell’udienza incamera di consiglio, l’eventuale integrazione del contraddittorio. Possono fare richiesta di incidente probatorio il pm, l’indagato e il suo difensore. I soggetti che chiedono al giudice l’incidente probatorio hanno l’onere alquanto pesante, posto a pena diinammissibilità, di precisare nella richiesta: - la prova da assumere, i fatti che ne costituiscono l’oggetto e le ragioni della sua rilevanza; - le persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto di prova; - i motivi per cui la prova non è rinviabile al dibattimento. Contraddittorio sull’ammissibilità dell’incidente, la richiesta di incidente probatorio è presentata allacancelleria del gip ed è notificata alla controparte, cioè al Pubblico Ministero o all’indagato a seconda di chiha presentato la richiesta stessa. Costoro possono presentare al gip deduzioni scritte sull’ammissibilità e fondatezza della richiesta. Decisione del giudice sull’ammissibilità e fondatezza della richiesta, a seguito di questo contraddittorioscritto il giudice decide sulla richiesta di incidente con ordinanza non impugnabile. Il Pubblico Ministero ha il potere di chiedere al giudice il differimento dell’incidente probatorio quando lasua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti di indagine, ma in ogni caso il differimento non è consentitoquando pregiudicherebbe l’assunzione della prova. Il codice pone il divieto per la polizia giudiziaria, il Pubblico Ministero e il difensore dell’indagato, diassumere informazioni dalle persona indicate nella richiesta di incidente probatorio a pena di inutilizzabilitàdelle stesse: i testimoni e gli imputati, una volta indicati nella richiesta di incidente probatorio, non possonoessere sentiti se non davanti al giudice.

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55. Il diritto ad effettuare le contestazioni probatorie Il difensore dell’indagato nella fase delle indagini preliminari conosce, di regola, soltanto i pochi atti chesiano stati depositati ai sensi dell’art. 366 c.p.p. presso la segreteria del pm. La conoscenza di tali atti è indispensabile per condurre in modo efficace l’esame incrociato e, soprattutto,per controllare la credibilità e l’attendibilità del dichiarante. In considerazione di ciò, il codice pone al Pubblico Ministero l’obbligo di depositare, 2 giorni primadell’udienza di incidente probatorio, i verbali delle dichiarazioni che la persona da esaminare ha rilasciato inprecedenza alla polizia giudiziaria e al pm. Resta il fatto che il difensore può conoscere soltanto le precedenti dichiarazioni della persona da esaminare,mentre il Pubblico Ministero ha il quadro completo delle indagini espletate fino a quel momento. In caso di reati di violenza sessuale, di pedofilia o di tratta di persone, in relazione all’incidente probatoriosu minore di anni 16 il Pubblico Ministero ha l’obbligo di depositare in segreteria tutti gli atti di indaginecompiuti.

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56. Svolgimento dell’udienza in camera di consiglio L’udienza si svolge in camera di consiglio, cioè senza la presenza del pubblico, ed è richiesta lapartecipazione necessaria del Pubblico Ministero e del difensore dell’indagato. Le prove sono assunte, in larga parte, con le forme stabilite per il dibattimento. L’incidente probatorio ha la funzione di anticipare la formazione della prova garantendo il diritto di difesadell’indagato nei confronti del quale la prova stessa potrà essere successivamente utilizzata in dibattimento. Per assicurare questa esigenza, il codice pone alcune deroghe all’utilizzabilità in dibattimento dei risultatidell’incidente probatorio svolto senza rispettare il diritto di difesa dell’indagato: il divieto di estenderel’oggetto della prova a fatti, concernenti la responsabilità penale, riguardanti persone diverse da quelle i cuidifensori partecipano all’incidente; e il divieto di verbalizzare le dichiarazioni aventi tale oggetto. Completa la normativa il divieto di utilizzare in dibattimento nei confronti dell’imputato, le prove assuntenell’incidente probatorio senza la partecipazione del suo difensore e, quindi, senza la garanzia delcontraddittorio.

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57. Integrazione del contraddittorio nel processo penale Integrazione del contraddittorio, il divieto di estendere l’oggetto della prova a fatti, concernenti laresponsabilità penale, riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all’incidente puòessere superato. La deroga permette l’estensione purché si provveda all’integrazione del contraddittorio nei confronti dellepersone interessate, cioè gli indiziati. La richiesta è rivolta al giudice; questi, se la accoglie, rinvia l’udienza per il tempo strettamente necessarioper effettuare le notifiche nei confronti delle persone indiziate e comunque non oltre 3 giorni. L’integrazione non è disposta quando il rinvio dell’udienza pregiudica l’assunzione della prova. Il divieto di utilizzabilità delle prove assunte in incidente probatorio senza il rispetto del diritto di difesadelinea un regime di inutilizzabilità oggettivamente relativo, in quanto il limite opera con riferimento allasola fase dibattimentale (mentre gli elementi di prova sono utilizzabili in fasi anteriori), e soggettivamenterelativo, poiché la prova è utilizzabile solo nei confronti di determinati imputati e non di altri (cioè solo neiconfronti di coloro i cui difensori erano presenti all’assunzione della prova).

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58. Il termine per le indagini preliminari Le indagini preliminari hanno un termine di durata sia quando si procede contro ignoti, sia quando è statoidentificato un indagato. Nei due casi menzionati i termini possono essere prorogati dal gip su richiesta del pm. La proroga è consentita dal codice soltanto entro un termine massimo e invalicabile che di regola consiste in18 mesi e, in casi eccezionali, può arrivare fino a 2 anni.

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59. Il termine nel procedimento contro un indagato Il termine per le indagini preliminari nei confronti di un indagato inizia a decorrere dal momento in cui ilnome di questi è iscritto nel registro delle notizie di reato (modello 21). Il termine ordinario è di 6 mesi, in via eccezionale è di 1 anno. Entro il termine il Pubblico Ministero deve chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione; se non è in gradodi formulare una delle due richieste, il Pubblico Ministero deve chiedere la proroga delle indagini al gip. Il codice, infatti, prevede l’invalidità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine. Infine, l’inosservanza del termine obbliga il procuratore generale presso la Corte d’Appello ad avocare ilprocedimento. In tal caso un sostituto del procuratore generale svolge le indagini indispensabili e formula le sue richieste(rinvio a giudizio, archiviazione o proroga) entro 30 giorni. Il termine per le indagini preliminari può essere prorogato una o più volte: la prima proroga può esseremotivata su di una generica “giusta causa”, le successive possono essere richieste dal Pubblico Ministerosolo nei “casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entroil termine prorogato”. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a 6 mesi. Il codice pone alle indagini preliminari un termine massimo, comprensivo delle proroghe, di 18 mesi. E’ previsto il termine di 2 anni nei seguenti casi: - se le indagini riguardano delitti gravi o di criminalità organizzata; - se le investigazioni sono particolarmente complesse per il numero dei reati collegati o di indagati o dpersone offese; - se le indagini richiedono il compimento di atti all’estero; - se si tratta di procedimenti collegati.

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60. Il termine nel procedimento contro ignoti Quando si procede contro ignoti, il termine per le indagini preliminari decorre dalla data di iscrizione dellanotizia di reato nell’apposito registro (modello 44). Entro il termine di 6 mesi il Pubblico Ministero deve chiedere alternativamente l’archiviazione perché èignoto l’autore del reato, ovvero la proroga per poter proseguire le indagini. Il termine ha la funzione di assicurare il rispetto dell’obbligatorietà dell’azione penale. Il giudice può prendere tre decisioni: non autorizzare la proroga, e in tal caso il Pubblico Ministero deve chiedere l’archiviazione perché è ignotol’autore del fatto; autorizzare la proroga con decreto motivato, e anche in tal caso la proroga non può essere superiore a 6 mesie, nel caso di ulteriori proroghe, le indagini non possono oltrepassare i limiti massimi già visti (18 mesi o,eccezionalmente, 2 anni); ordinare che il nome di una persona già individuata, che egli ritiene autore del reato, sia iscritto nel registrodelle notizie di reato (modello 21), e ciò comporta che inizi automaticamente a decorrere un nuovo terminedi 6 mesi entro il quale il Pubblico Ministero deve formulare le richieste di archiviazione o rinvio a giudizio,ovvero chiedere un’ulteriore proroga.

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61. L’archiviazione del procedimento penale Quando il Pubblico Ministero ritiene che non vi siano elementi per esercitare l’azione penale, formula unarichiesta di archiviazione che è sottoposta al controllo del gip. Di regola, il controllo è effettuato senza udienza, ma può divenire complesso o penetrante in due casi:quando il giudice non accoglie la richiesta di archiviazione o quando la persona offesa vi si oppone. L’istituto dell’archiviazione adempie a tre funzioni: - permette al Pubblico Ministero di operare una prima importantissima selezione dei procedimenti al fine dinon appesantire il successivo filtro, rappresentato dall’udienza preliminare; - attua il controllo del giudice sul corretto adempimento dell’obbligo di esercitare l’azione penale da partedel pm; - riconosce alla persona offesa dal reato il diritto di far controllare al giudice in un’udienza in camera diconsiglio, le ragioni di un’eventuale inerzia del pm. L’archiviazione è pronunciata dal gip in presenza di presupposti di fatto o di diritto: 1. Presupposti di fatto, quando la notizia di reato è “infondata”. Il giudice effettua una prognosi sull’esito di un eventuale dibattimento, in quanto ritiene probabile lapronuncia di una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, o l’imputato non lo ha commesso, o ilfatto non costituisce reato, o il fatto non è punibile. Ai sensi della legge il Pubblico Ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritienel’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei asostenere l’accusa i  giudizio. Gli elementi sono idonei soltanto quando si prevede che, se essi saranno confermati nel vaglio deldibattimento, si potrà ottenere una condanna; non sono idonei in caso contrario, ad esempio se l’unica provadi accusa è non attendibile. 2. Presupposti di diritto, vi può essere archiviazione quando: - manca una condizione di procedibilità (ad esempio, la querela); - il reato è estinto (ad esempio, per prescrizione); - il fatto non è previsto dalla legge come reato (ad esempio, si tratta di un illecito amministrativodepenalizzato). L’art. 405 bis1 c.p.p. ha introdotto un inedito vincolo legale che impone al Pubblico Ministero di formularerichiesta di archiviazione quando la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza deigravi indizi di colpevolezza, in sede di ricorso contro una misura cautelare, e non sono stati acquisiti,successivamente, ulteriori elementi a carico dell’indagato. Il pm, in questo caso, deve chiedere l’archiviazione; ma ove non lo faccia, il sistema sembra non fornirerimedi dal punto di vista processuale: si tratta di una semplice irregolarità che potrà, al massimo, portareconseguenze dal punto di vista disciplinare. Anche il profilo sistematico del nuovo istituto non appare coerente: la mancanza di gravi indizi ai fini di unamisura cautelare non necessariamente comporta l’inutilità del dibattimento. In ogni caso il giudice conserva il potere di valutare la richiesta di archiviazione in base agli ordinari critericontenuti dal codice, in quanto tale vincolo è posto solo sul Pubblico Ministero e non vincola anche ladecisione del gip.

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62. La richiesta di archiviazione nei confronti di un indagato Il Pubblico Ministero che chiede l’archiviazione ha l’onere di instaurare un contraddittorio scritto con lapersona offesa, che abbia dichiarato in precedenza di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione. La persona offesa riceve l’avviso che è stata presentata richiesta di archiviazione e viene altresì informatache nel termine di 10 giorni può prendere visione degli atti depositati e può presentare opposizione motivata,chiedendo la prosecuzione delle indagini, presso la segreteria del pm. Se l’offeso non presenta opposizione, il gip effettua un controllo senza udienza sulla richiesta diarchiviazione, e solo in caso di rigetto della richiesta da parte del giudice egli provvede a fissare l’udienza incamera di consiglio, alla quale possono partecipare il pm, la persona offesa, l’indagato e il suo difensore. La medesima udienza ha luogo quando l’offeso presenta opposizione ammissibile; mentre in caso diopposizione inammissibile, il giudice si limita ad operare un controllo senza udienza che potrà condurrecomunque all’udienza in camera di consiglio qualora rigetti la richiesta di archiviazione. Nei casi nei quali viene disposta l’udienza in camera di consiglio viene attivato un ulteriore controllo di tipo“generico” operato dal procuratore generale presso la Corte d’Appello, che riceve comunicazionedell’udienza e può avocare il procedimento. Nell’udienza in camera di consiglio, il gip ha ampi poteri di controllo. Oggetto di valutazione è sia la richiesta di archiviazione, sia l’eventuale opposizione dell’offeso. Il giudice può scegliere tra tre diversi provvedimenti: - può indicare al Pubblico Ministero le ulteriori indagini che ritiene necessarie; - può ordinare che il Pubblico Ministero formuli l’imputazione; - può disporre l’archiviazione. Il massimo grado di controllo si ha quando, a seguito dell’udienza in camera di consiglio, il giudice disponecon ordinanza che il Pubblico Ministero formuli l’imputazione entro 10 giorni: si tratta della c.d.imputazione coatta. Ovviamente sarà il Pubblico Ministero a scegliere l’imputazione che ritiene conforme alla legge, anche se èvincolato a formularne comunque una; e deve farlo entro 10 giorni. Entro 2 giorni dalla formulazione dell’imputazione coatta, il giudice deve fissare con decreto la datadell’udienza preliminare. Si tratta di una forma particolare di udienza preliminare, che in questo caso non è preceduta da una richiestadi rinvio a giudizio. In tale sede un diverso giudice controllerà la fondatezza dell’accusa e potrà, se del caso, ordinare ulterioriindagini o assumere prove (il ruolo del gup è simile a quello del gip).

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63. La richiesta di archiviazione perché il reato è stato commesso da

persone ignote La richiesta di archiviazione perché è ignoto l’autore del reato è sottoposta ad un controllo molto simile aquello che abbiamo appena illustrato. A seguito dell’udienza il gip può prendere le seguenti decisioni: - può accogliere la richiesta del Pubblico Ministero e disporre l’archiviazione con ordinanza; - può ordinare che il nome di una persona già individuata, che egli ritiene autore del reato, sia iscritto nelregistro delle notizie di reato (modello 21); - può indicare le ulteriori indagini, che egli ritiene necessarie, al pm, fissando il termine indispensabile per ilcompimento delle stesse.

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64. La riapertura delle indagini a seguito dell’archiviazione Quando il procedimento contro un indagato è stato archiviato, il Pubblico Ministero può compiere nuoveindagini soltanto dopo essere stato autorizzato con decreto motivato del gip. La richiesta del Pubblico Ministero è basata sulla “esigenza di nuove investigazioni”. Il Pubblico Ministero provvede ad una iscrizione nel registro delle notizie di reato; da tale momentodecorrono nuovamente i termini ordinar per lo svolgimento delle indagini. Per ottenere l’autorizzazione non è necessario che siano presenti nuovi elementi, bensì è sufficiente che ilPubblico Ministero prospetti al giudice un nuovo piano di indagine che può scaturire dalla diversainterpretazione degli elementi già acquisiti. Un eventuale diniego non è impugnabile.

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65. L’udienza preliminare L’udienza preliminare ha la funzione di assicurare che un giudice controlli la legittimità e il merito dellarichiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm. Oltre a ciò può fungere da sede di definizione anticipata del procedimento; infatti, nel corso di tale udienza,il giudice può accogliere la richiesta di rito abbreviato o di patteggiamento. Il gup è tratto dall’unico ufficio dei giudici per le indagini preliminari; ma dal 1999 non può svolgere ilruolo di gup il giudice che ha già rivestito nel medesimo procedimento anche la funzione di gip. Pertanto il singolo magistrato, appartenendo allo stesso ufficio, può esercitare le due attività di gip e gup main procedimenti differenti e mai nello stesso. Nel procedimento ordinario la richiesta di rinvio a giudizio segna il passaggio dalla fase delle indaginipreliminari alla fase dell’udienza preliminare e ciò comporta, al tempo stesso, l’inizio del “processo”. La struttura dell’udienza preliminare è il frutto di un compromesso tra due esigenze contrastanti: il diritto didifesa ed il principio di immediatezza. L’esigenza di assicurare un effettivo controllo del giudice sulla necessità di rinvio a giudizio (che costituisceun diritto per l’imputato e la difesa) richiede che si possano assumere nell’udienza preliminare le prove chepermettono all’imputato di dimostrare che non esistono sufficienti elementi di accusa evitando ildibattimento, che costituisce già una “pena” per l’imputato. Il principio di immediatezza, invece, richiede che la prova sulla quale si basa la decisione del giudice sia formata davanti a quest’ultimo in dibattimento. A seguito della l. 479/99, il gup oggi gode di poteri di iniziativa probatoria esercitabili anche d’ufficio; icriteri di valutazione sono diventati più incisivi e permettono al giudice di bloccare una richiesta azzardatadi rinvio al dibattimento.

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66. Gli adempimenti che precedono l’udienza La richiesta di rinvio a giudizio, formulata dal pm, contiene l’imputazione, nonché l’indicazione delle fontidi prova acquisite e non deve essere motivata. La richiesta è trasmessa al giudice al quale spetta di fissare giorno, ora e luogo dell’udienza preliminare. Tra la data in cui la richiesta perviene al giudice e la data dell’udienza non può intercorrere un terminesuperiore a 30 giorni; le parti devono essere avvisate della data dell’udienza in modo da avere un terminelibero di almeno 10 giorni. All’imputato e alla persona offesa è notificato l’avviso della data di udienza unitamente alla richiesta dirinvio a giudizio. Ai sensi dell’art. 4162 c.p.p. con la richiesta di rinvio a giudizio, il Pubblico Ministero deve trasmettere ilfascicolo delle indagini. Da tale momento ogni ulteriore atto integrativo delle indagini preliminari deve essere immediatamente resoconoscibile alle altre parti.

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67. La presenza dell’imputato e del difensore nell'udienza

preliminare L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del PubblicoMinistero e del difensore dell’imputato. Il codice vuole garantire in modo rigoroso il diritto dell’imputato a partecipare al processo; per tutelare inconcreto tale diritto, ove l’imputato non sia presente, impone al giudice di accertare che ciò sia dovuto aduna scelta volontaria e non derivi, viceversa, da una mancata conoscenza incolpevole dell’avvisodell’udienza preliminare. L’art. 420 bis c.p.p. impone al giudice di rinnovare l’avviso non soltanto quando esiste la prova chel’imputato non ha avuto effettiva conoscenza dello stesso senza sua colpa, ma anche quando tale prova nonsussiste e tuttavia appare “probabile” la mancata conoscenza incolpevole. Se accerta la nullità dell’avviso o della sua notificazione, il giudice provvede altresì alla sua rinnovazione. Il gup dopo aver verificato l’effettiva conoscenza dell’avviso, deve valutare la causa dell’assenzadell’imputato: se l’assoluta impossibilità a comparire è dovuta a legittimo impedimento dell’imputato ilgiudice deve disporre il rinvio ad una nuova udienza e ordinare la rinnovazione dell’avviso, se risulta chenon vi è stata assoluta impossibilità a comparire il giudice dichiara la contumacia dell’imputato, il quale saràrappresentato dal difensore. L’imputato può chiedere o consentire che l’udienza preliminare si svolga in sua assenza, e in questi casi diassenza dell’imputato non si applicano le disposizioni sulla contumacia. Se il difensore dell’imputato non è presente, il giudice designa un sostituto che sia immediatamentereperibile. Nel caso in cui risulta che l’assenza del difensore è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire perlegittimo impedimento (purché immediatamente comunicato) il gup fissa con ordinanza la data della nuovaudienza e ne dispone la notificazione all’imputato.

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68. La contumacia nel processo penale La contumacia è la situazione processuale dell’imputato il quale, benché ritualmente avvisato o citato, noncompare all’udienza senza che sussista un suo legittimo impedimento. In tal caso egli è rappresentato dal difensore. Si distingue concettualmente dall’assenza: infatti nelle ipotesi di assenza l’imputato manifesta la rinuncia apartecipare al processo, viceversa si ha contumacia allorché l’imputato non è presente all’inizio dell’udienzasenza aver manifestato una rinuncia a comparire. Una volta che l’udienza si sia conclusa, al contumace deve essere notificato il decreto che dispone ilgiudizio. A tale atto è allegata la dichiarazione di contumacia. E’ possibile che l’imputato, dichiarato contumace, compaia prima della decisione. In tal caso il giudice deve revocare l’ordinanza di contumacia. L’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto a interrogatorio. Può altresì accadere che, dopo la pronuncia dell’ordinanza dichiarativa della contumacia, ma prima delladecisione, pervenga la prova che l’imputato non era comparso a causa della mancata conoscenza effettivaincolpevole dell’avviso o per legittimo impedimento. Si tratta di una prova “tardiva” che impone al giudice di revocare l’ordinanza contumaciale e, se l’imputatonon è comparso, deve rinviare l’udienza su richiesta di parte o d’ufficio. Se, invece, la prova è “tardiva” per colpa dell’imputato, il codice prevede che gli atti compiuti restino validi,mentre se la prova è pervenuta tardivamente e l’imputato dimostra che ciò non è dovuto a sua colpa, ilgiudice deve disporre l’assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

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69. Lo svolgimento ordinario dell’udienza L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio. All’udienza devono comunque essere presenti il Pubblico Ministero e il difensore dell’imputato e il verbaleè redatto di regola in forma riassuntiva. Lo svolgimento ordinario dell’udienza vede susseguirsi i seguenti momenti: Ammissione di atti o documenti, all’inizio dell’udienza le parti possono chiedere al giudice l’ammissione diatti o documenti. Esposizione del pm, il Pubblico Ministero espone sinteticamente “i risultati delle indagini preliminari e glielementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio”, cioè non si limita ad indicare le fonti diprova, bensì illustra gli elementi che ne ha ricavato. Dichiarazioni spontanee e eventuale interrogatorio dell’imputato, l’imputato può rendere dichiarazionispontanee e può altresì chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Si tratta di un atto con funzione difensiva che non può essere sollecitato dal pm. L’interrogatorio è condotto dal giudice, tuttavia, su richiesta di una delle parti, il giudice deve disporre cheesso si svolga nelle forme dell’esame incrociato. Esposizioni dei difensori delle parti private, essi svolgono le proprie argomentazioni con un ordine cherispetta le cadenze dell’onere della prova: parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata perla pena pecuniaria e imputato. Il Pubblico Ministero e i difensori possono replicare una sola volta. Conclusioni, il Pubblico Ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzandogli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari ed i  documenti ammessi dal giudice all’iniziodell’udienza. In base agli elementi emersi nel corso dell’udienza e alla discussione che si svolge in tale sede, può sorgerel’esigenza di apportare modificazioni all’imputazione originaria. Ciò è possibile in presenza di due condizioni: - richiesta del pm, che in virtù del principio di separazione delle funzioni processuali è l’unico soggettoinvestito del potere di iniziativa per modificare l’imputazione; - rispetto di determinati limiti di modificabilità: il fatto storico deve restare inalterato negli elementiessenziali della fattispecie (non si possono cambiare i fatti), il Pubblico Ministero è legittimato soltanto acontestare all’imputato un fatto diverso, ossia dare una diversa attribuzione giuridica allo stesso fatto storico,aggiungere una circostanza aggravante, attribuirgli un fatto commesso in esecuzione del medesimo disegnocriminoso (reato continuato) o un altro reato commesso con la medesima condotta (concorso formale); - quando risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo, purché procedibile d’ufficio, è richiesto il consensodell’imputato alla contestazione in questa sede, a seconda che gli convenga percorrere lo svolgimentoordinario di un nuovo procedimento o affrontare direttamente la valutazione del giudice nell’udienzapreliminare.

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70. Decisione definitiva giudice: Sentenza di non luogo a procedere La sentenza è pronunciata in base a motivi di diritto o di fatto, ossia quando: sussiste una causa che estingue il reato (ad esempio, prescrizione); sussiste una causa per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita (ad esempio, mancala querela); il fatto non è previsto dalla legge come reato; esiste la priva che l’imputato è, in sintesi, innocente (cioè il fatto non sussiste, l’imputato non lo hacommesso o il fatto non costituisce reato); è accertato che la persona non è punibile per qualsiasi causa, tranne la mancanza di imputabilità (il cuiaccertamento spetta al giudice del dibattimento). Il giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultanoinsufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Nella fase interinale che va dalla ricezione della richiesta di rinvio a giudizio allo svolgimento dell’udienzapreliminare, il giudice non può adottare l’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità exart. 129 c.p.p., ma deve dare impulso al rito tipico della fase in corso che è quello camerale dell’udienzapreliminare e solo nell’ambito di questa può emettere, ricorrendone le condizioni, la detta declaratoria.

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71. Decisione definitiva giudice: Decreto che dispone il giudizio E’ emesso nei casi nei quali il gup non pronuncia la sentenza di non luogo a procedere, cioè quando glielementi forniti dal Pubblico Ministero a sostegno della richiesta, e le prove eventualmente raccoltenell’udienza preliminare, fanno ritenere prevedibile una condanna in dibattimento. La valutazione effettuata dal Pubblico Ministero circa la “idoneità” degli elementi a sostenere l’accusa indibattimento, può essere smentita dal gup. Il decreto che dispone il giudizio svolge insieme due funzioni: “decisione”, che accoglie la richiesta formulata dal pm. Il decreto esprime una decisione, ma non è motivato in quanto il legislatore vuole evitare il pregiudizio chederiverebbe all’imputato ove un giudice prima del dibattimento affermasse l’attendibilità degli elementi diprova a carico. Il decreto contiene l’enunciazione in forma chiara e precisa del fatto e delle circostanze, l’indicazione deirelativi articoli di legge che si presumono violati e l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cuiesse si riferiscono; “ordine”, di citazione per il dibattimento. Il giudice precisa la data e il luogo dell’udienza dibattimentale, con l’avvertimento per l’imputato che, noncomparendo, sarà giudicato in contumacia. La notifica all’imputato contumace o assente deve essere effettuata almeno 20 giorni prima della data fissataper il giudizio.

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72. Decisione interlocutoria del giudice: Ordinanza per

l’integrazione delle indagini Con cui indica al Pubblico Ministero le ulteriori indagini che ritiene necessarie. La disposizione non ha soltanto lo scopo di consentire che il giudice conceda al Pubblico Ministero unultima occasione per rafforzare una richiesta di rinvio a giudizio priva di fondamento, l’integrazione delleindagini può essere disposta anche nell’ipotesi in cui il giudice rilevi lacune investigative in relazione aelementi favorevoli all’imputato. Una volta che il Pubblico Ministero abbia provveduto all’adempimento, si terrà una nuova udienza che avràcome oggetto di discussione i risultati delle indagini integrative. All’esito di tale udienza è possibile che il giudice ritenga di poter decidere allo stato degli atti (emanando lasentenza di non luogo a procedere o il decreto che dispone il giudizio). In caso contrario, il giudice può emettere una nova ordinanza per l’integrazione delle indagini, ovvero puòdisporre l’integrazione probatoria. L’ultima questione da affrontare è quella relativa alle conseguenze di una eventuale inerzia del pm, cioèquando, pur sollecitato dal giudice, non compia alcun atto di indagine. La normativa prevede che l’ordinanza per l’integrazione delle indagini sia comunicata al procuratoregenerale presso la Corte d’Appello, il quale può avocare le indagini.

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73. Decisione interlocutoria del giudice: Ordinanza per

l’integrazione probatoria Il giudice dispone, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove, dando inizio allo svolgimento eccezionaledell’udienza preliminare. Consiste nel potere di assumere prove nel corso dell’udienza preliminare. Il presupposto affinché tale potere sia esercitabile sta nell’impossibilità di decidere allo stato degli atti. Le parti non hanno alcun diritto all’ammissione delle prove; è al giudice che spetta il potere di decidere sedebbano essere assunte prove. Lo svolgimenti dell’udienza vede susseguirsi i seguenti momenti: - Ammissione delle prove, il criterio in base al quale il giudice dispone l’ammissione delle prove è quellodella “evidente decisività” delle stesse ai fini della sentenza di non luogo a procedere. In altre parole, il supplemento istruttorio è finalizzato all’assunzione di prove a discarico. - Assunzione delle prove, l’audizione di testimoni, consulenti tecnici e periti e l’interrogatorio degli imputaticonnessi o collegati sono condotti dal giudice. Le parti possono proporre domande a mezzo del giudice nel seguente ordine: pm, parte civile, responsabilecivile, persona civilmente obbligata, imputato. Il legislatore non ha previsto alcuna disposizione di raccordo in relazione all’ipotesi in cui nell’udienzapreliminare debba svolgersi un incidente probatorio, anche se i nuovi orientamenti successivi al 1994sembrano favorevoli a tale ipotesi. Interrogatorio dell’imputato, il giudice non può sindacare l’ammissibilità di tale atto. Anche l’interrogatorio deve essere condotto dal giudice, e il codice prevede che, se una parte ne fa richiesta,esso possa svolgersi con le forme dell’esame incrociato. Conclusioni delle parti.

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74. Il fascicolo per il dibattimento e il fascicolo del Pubblico

Ministero Subito dopo aver emesso il decreto che dispone il giudizio, il gup provvede a formare il fascicolo per ildibattimento ed il fascicolo del Pubblico Ministero “nel contraddittorio delle parti”. Il codice detta un elenco tassativo degli atti che debbono essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento. In sintesi, in tale fascicolo sono raccolti quegli atti, compiuti prima del dibattimento, che si sono formati nelcontraddittorio delle parti o che sono nati fin dall’origine come non ripetibili: - atti relativi alla procedibilità dell’azione penale ed all’esercizio dell’azione civile; - verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria; - verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pm; - documenti acquisiti all’estero mediante rogatoria internazionale ed i verbali degli atti non ripetibili assunticon le stesse modalità; - verbali degli atti assunti negli incidenti probatori; - verbali degli atti assunti all’estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati postiin grado di assistere e di esercitare le facoltà a loro consentite dalla legge italiana; - il certificato generale del casellario giudiziale e gli altri documenti relativi al giudizio sulla personalitàdell’imputato, dell’offeso e dei testimoni; - il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custodita altrove. Il fascicolo per il dibattimento è conosciuto dal giudice ed, ovviamente, dalle parti; gli atti in esso contenutipossono essere utilizzati ai fini della decisione. Il fascicolo del Pubblico Ministero ha un contenuto residuale: vi sono raccolti gli atti “diversi” da quelliinseriti nel fascicolo per il dibattimento. In tale fascicolo entra la documentazione di tutti gli atti compiuti dal Pubblico Ministero e dalla poliziagiudiziaria e gli atti acquisiti all’udienza preliminare unitamente al verbale dell’udienza. Infine nel fascicolo del Pubblico Ministero confluisce anche il fascicolo del difensore. Il fascicolo del Pubblico Ministero è conosciuto dalle parti e non dal giudice del dibattimento. Di regola, gli atti contenuti in questo fascicolo non possono essere letti e, quindi, non possono essereutilizzati per la decisione. In base al nuovo secondo comma dell’art. 431 c.p.p. “le parti possono concordare l’acquisizione al fascicoloper il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero nonché della documentazionerelativa alle attività di investigazione difensiva”. Una volta inserito nel fascicolo per il dibattimento, il singolo atto può essere letto e diventa utilizzabile aifini della decisione finale. Ciò non comporta necessariamente che le parti rinuncino a sentire oralmente il dichiarante in dibattimento,anche se nella maggior parte dei casi questo sarà il probabile effetto dell’accordo. Tuttavia, l’accordo tra le parti non ha effetti totalmente dispositivi: il giudice, al termine dell’istruzionedibattimentale e se risulta assolutamente necessario, può disporre anche d’ufficio l’assunzione dei mezzi diprova relativi agli atti acquisiti su accordo delle parti. In tal modo il giudice garantisce che le parti non possano arbitrariamente escludere quel contraddittorio chesia indispensabile per accertare i fatti.

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75. L’impugnazione contro la sentenza di non luogo a procedere La l. 46/2006 ha eliminato la possibilità do proporre appello contro la sentenza di non luogo a procedere. L’unico rimedio è il ricorso per Cassazione, che tra l’altro è consentito soltanto in casi tassativi. I soggetti legittimati a proporre ricorso per Cassazione sono: - il procuratore della repubblica ed il procuratore generale presso la Corte d’Appello; - l’imputato, ma non quando con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputatonon lo ha commesso; - la persona offesa non costituita parte civile nei soli casi di nullità, cioè quando, ad esempio, è stata omessanei suoi confronti la notifica dell’avviso dell’udienza preliminare (e in tal caso l’udienza preliminare ènulla); - la persona offesa costituita parte civile. Sul ricorso presentato da questi soggetti decide la Corte di Cassazione in camera di consiglio, dove ilPubblico Ministero e i difensori delle parti private possono essere presenti e concludere oralmente. Le decisioni della Suprema Corte possono essere: - accoglimento del ricorso, con sentenza di annullamento del non luogo a procedere e rinvio al medesimoTribunale. L’udienza preliminare sarà ripetuta da un giudice differente da quello che ha emanato la sentenzaimpugnata; - inammissibilità o rigetto del ricorso, con cui conferma la sentenza di non luogo a procedere. In ogni caso, la sentenza di non luogo a procedere non diventa mai irrevocabile, né passa in giudicato comeuna sentenza di assoluzione dibattimentale. Si tratta di una sentenza emessa “allo stato degli atti”: il Pubblico Ministero può in qualsiasi momento(ovviamente fino a che il reato non si prescrive) chiedere al gip la revoca di tale sentenza.

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76. La revoca della sentenza di non luogo a procedere Legittimato a chiedere la revoca della sentenza di non luogo a procedere è soltanto il Pubblico Ministero. La revoca è chiesta all’ufficio del gip quando siano presenti nuove “fonti di prova” che, da sole o unitamentea quelle già acquisite, possano determinare il rinvio a giudizio. La richiesta di revoca è sottoposta ad un controllo più rigido rispetto alla richiesta di riapertura delle indaginisuccessiva all’archiviazione: infatti a seguito dell’archiviazione è sufficiente che il Pubblico Ministeroadduca l’esigenza di nuove investigazioni. Dopo la sentenza di non luogo a procedere, la richiesta di revoca della stessa e di riapertura delle indagini èsubordinata alla presenza di nuove fonti di prova: dunque ciò che occorre è un elemento di novità rispetto aquanto già raccolto e che è coperto dalla sentenza di non luogo a procedere. La richiesta è sottoposta all’esame del gip in un’apposita udienza in camera di consiglio nel contraddittoriodelle parti. Il giudice prende una delle seguenti decisioni: dichiara inammissibile o rigetta la richiesta del pm; revoca la sentenza di non luogo a procedere e dispone la riapertura delle indagini, stabilendo un termineimprorogabile non superiore a 6 mesi.

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77. Il diritto di difendersi mediante prove Nel sistema accusatorio le parti (sia pubbliche che private) hanno quello che è stato incisivamente definito“diritto alla prova”. Hanno, cioè, il diritto di ricercare le prove sulle quali possono basare le proprie richieste, di valutare fino ache punto gli elementi raccolti possono essere utilizzati vantaggiosamente, di giustificare al giudice lanecessità che sia ammesso il relativo mezzo di prova, di vagliare la credibilità della fonte e l’attendibilitàdell’elemento di prova che sia stato acquisito.

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78. Il fondamento costituzionale delle indagini difensive In un sistema che accoglie la separazione delle funzioni, il difensore è l’organo che meglio di tutti puòvalutare, ad esempio, quali prove sono le più indicate per dimostrare l’esistenza di un fatto affermato da unaparte privata e quali domande devono essere rivolte ad un testimone per chiarire se egli è attendibile. Il fondamento dell’investigazione difensiva penale è stato individuato da tempo nel diritto di difesa, che èriconosciuto dalla Costituzione come inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Nella ricognizione del fondamento costituzionale delle investigazioni difensive, occorre infine tenere contodei nuovi enunciati introdotti nell’art. 111 cost. dalla l. cost. 2/99: in primo luogo l’espresso riconoscimentodel principio di parità delle parti, e in secondo luogo la concessione all’imputato del diritto di “disporre deltempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa” (che proprio specificatamente all’attivitàinvestigativa difensiva pare alludere). Occorre non dimenticare quelle indagini che prescindono dall’instaurazione di un successivo processopenale o civile. Ad esempio, un genitore ha diritto di sapere se qualcuno cede droga al proprio figlio, oppure un privato hadiritto di conoscere se la persona, con cui sta per concludere un contratto, è un soggetto affidabile o unfarabutto. In tali casi le investigazioni si compiono proprio per evitare l’instaurazione di un successivo processo civileo penale. Riteniamo che anche tale materia sia costituzionalmente garantita, precisamente nell’art. 2 cost., in quanto idiritti costituzionalmente tutelati hanno bisogno di quell’aspetto servente che è l’indagine privata. Pertanto, quest’ultima è strumentale rispetto a diritti soggettivi di rilevanza costituzionale, anche aprescindere dall’instaurazione di un processo.

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79. L’interesse privato che connota le indagini difensive Il difensore ha la facoltà di svolgere investigazioni al fine di ricercare ed individuare elementi di prova afavore del proprio assistito; pertanto, si tratta di attività compiute per un interesse di tipo privato da un liberoprofessionista. Nel sistema accusatorio il difensore non ha l’obbligo di collaborare nella ricerca della verità contro ilproprio assistito. Un limite a tale regola sta nel fatto che il difensore non può introdurre nel processo prove che sa essere false,né può disperdere o nascondere le prove. Ove lo faccia, egli rischia l’incriminazione per il delitto di favoreggiamento personale. L’investigazione difensiva costituisce al tempo stesso un diritto e un dovere dell’avvocato: è diritto neirapporti con l’autorità giudiziaria, la quale deve permetterne l’esplicazione; è dovere nei rapporti con ilcliente, in quanto l’attività difensiva può richiedere, per essere efficace, che vengano svolte indagini. Il codice deontologico forense afferma che viola i propri doveri quel difensore che non si pone il problemadella necessità di un’attività di indagine e non la segnala al cliente. Il Pubblico Ministero ha un obbligo di lealtà processuale che gli impone di svolgere altresì accertamenti sufatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini, e ciò è tenuto a fare sia nell’interesse dellaGiustizia, sia nel proprio interesse di parte che potrebbe vedere respinta la propria domanda ove teli fattifossero successivamente accertati di fronte al giudice. Diversa da quella del Pubblico Ministero è la posizione del difensore delle parti private. Tale soggetto ha un dovere di correttezza, ma non ha l’obbligo di ricercare e di presentare al giudice glielementi sfavorevoli alla parte assistita. Il difensore collabora all’accertamento della verità limitandosi a presentare gli elementi a favore del cliente:egli persegue un interesse privato e non pubblico. I poteri di indagine spettanti ai difensori dell’indagato e della persona offesa differiscono da quelli spettantiagli inquirenti pubblici. I difensori, mentre svolgono investigazioni private, non hanno poteri coercitivi; perciò possono raccogliereinformazioni finché il titolare di un diritto lo consente. In caso di dissenso, il difensore può unicamente rivolgersi all’autorità giudiziaria al fine di ottenere ilriconoscimento del proprio diritto alla prova mediante l’esercizio di un potere coercitivo da parte, secondo icasi, del giudice o del pm.

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80. I soggetti dell’investigazione difensiva: difensore Difensore, è il titolare del potere di svolgere investigazioni difensive. La titolarità deriva dal conferimento stesso dell’incarico professionale, purché questo risulti da un attoscritto. Il potere di investigazione è riconosciuto dalla legge in ogni stato e grado del procedimento. Una rilevante novità introdotta nel 2000 è costituita dal riconoscimento della legittimità dell’attivitàinvestigativa preventiva, cioè svolta per l’eventualità che si instauri un procedimento penale. In tal caso la nomina del difensore, titolare del potere investigativo, deve essere effettuata mediantemandato. Le parti privati potenziali, quindi, possono incaricare il difensore anche prima che la notizia di reato siaiscritta nel registro. Dal punto di vista sostanziale, occorre considerare che ad una persona può derivare un pregiudizioirrimediabile per il solo fatto che sia presentata una denuncia: da ciò deriva la necessità che il difensoredell’interessato proceda ad indagini per sostenere la propria versione dei fatti. In sede di indagini preventive il difensore ha la facoltà di svolgere gli atti disciplinati dal codice, fatti salviquelli che richiedono l’autorizzazione o l’intervento dell’autorità giudiziaria.

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81. I soggetti dell’investigazione difensiva: sostituto Sostituto, la titolarità del potere di indagine spetta unicamente al difensore; tuttavia, il legislatore ha tenutoconto dell’ovvio rilievo che quest’ultimo non può occuparsi personalmente di tutte le indagini relative aivari procedimenti che gli sono affidati. Di conseguenza, ha previsto la possibilità che le attività di investigazione siano svolte, su incarico deldifensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e da consulenti tecnici.

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82. I soggetti dell’investigazione difensiva: investigatore privato

autorizzato Investigatore privato autorizzato, l’autorizzazione richiesta per ricoprire questo ruolo si configura come unaulteriore autorizzazione concessa dal prefetto a colui che è già “investigatore privato”, e cioè ha già inprecedenza ottenuto l’apposita licenza. Tale licenza accerta, tra l’altro, la capacità tecnica ai servizi che l’investigatore è chiamato a svolgere;mentre l’autorizzazione alle indagini difensive è concessa agli investigatori che abbiano maturato unaspecifica esperienza professionale che garantisca il corretto esercizio dell’attività. L’investigatore privato autorizzato è obbligato a tenere un registro contenente, relativamente ad ogni casoassegnatogli: - le generalità del difensore committente, e non del cliente; - la specie degli atti investigativi richiesti; - la durata delle indagini, determinata dal momento del conferimento dell’incarico. Soltanto l’investigatore privato che ha ottenuto l’autorizzazione può opporre all’autorità il segretoprofessionale. In tal modo egli è parificato all’avvocato, al suo sostituto e al consulente tecnico. A tale soggetto sono state estese quelle garanzie che il codice prevede in favore del difensore e delconsulente tecnico: restrizione alla possibilità sia di procedere a sequestro presso l’ufficio dell’investigatoreprivato, sia di intercettare le conversazioni e comunicazioni effettuate da tale soggetto. Il difensore deve comunicare il conferimento dell’incarico all’investigatore, all’autorità giudiziariaprocedente.

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83. Soggetti legittimati a svolgere l’intervista alle persone informate

dei fatti Soltanto il difensore ed il suo sostituto hanno la facoltà di assumere informazioni o ricevere dichiarazioniscritte dalle persone informate nel corso dell’indagine difensiva, cioè solo essi sono i soggetti legittimati asvolgere l’intervista. Viceversa, i loro ausiliari sono più indicati per svolgere indagini fuori dallo studio al fine di individuareelementi di prova o persona informate sui fatti. In favore di tale soluzione stanno varie ragioni: in primo luogo l’avvocato è meglio attrezzato dal punto divista giuridico a condurre l’intervista; in secondo luogo l’avvocato è il soggetto più idoneo a ricavareinformazioni dal contatto personale con la persona informata, in quanto il possibile testimone rende notiall’intervistatore una molteplicità di elementi che possono, più o meno, essere rilevanti, e investigare vuoldire soprattutto selezionare, fra tanti, quei soli elementi che siano utili, attività che l’avvocato, conoscendobene l’oggetto del processo penale, è in grado di svolgere al meglio. Infine occorre tener conto che non sempre il cliente è disposto a raccontare la verità e ad ammettere leproprie responsabilità; ma se lo fa, la confidenza è limitata al difensore, che viene espressamente vincolatoal segreto professionale. Può accadere che l’ausiliario non conosca tutte le notizie riservate, e quindi sia meno in grado di condurrel’intervista. Per i motivi esposti, la legge consente al difensore di delegare l’intervista soltanto al sostituto. Il codice riconosce al difensore il potere di svolgere indagini nelle forme disciplinate dal titolo relativo alleinvestigazioni difensive: si tratta di una serie di attività di investigazione tipiche, specificatamentedisciplinate dalla legge. Tuttavia, non è esclusa quella facoltà che consiste nello svolgere investigazioni anche mediante attività diinvestigazione atipiche, come pedinamenti, registrazioni di colloqui in luoghi pubblici, conversazioniinformali mediante telefono, ecc… L’indagine atipica dovrebbe spettare, di regola, all’investigatore privato, il quale, per condurre un’indagineefficace, è costretto ad agire “a sorpresa” e con ampia libertà di forme. Le regole deontologiche forensi consentono al difensore di comunicare ai suoi ausiliari notizie riservate conl’obbligo di mantenere su di esse il segreto professionale.

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84. L’intervista difensiva nel processo penale L’intervista di persone informate sui fatti e di indagati connessi è la più importante tra gli atti di indaginedifensiva. Le modalità possono essere tre: il colloquio informale, l’assunzione di informazioni e il rilascio didichiarazioni scritte. Il colloquio informale può essere svolto sia dal difensore che dai suoi ausiliari; viceversa l’assunzione diinformazioni e il rilascio di dichiarazioni possono essere svolte (cioè verbalizzate, le prime, e recepite, leseconde) soltanto dal difensore e dal suo sostituto. Alcuni soggetti, che sono incompatibili con la qualifica di teste, sono incompatibili anche con l’intervista:responsabile civile, civilmente obbligato, giudice, pm, difensori, loro ausiliari. Gli avvisi, che il difensore o suo ausiliario devono dare alla persona intervistata, devono informarla: - della qualità del difensore e dello scopo dell’atto;  -se intende semplicemente conferire (colloquio informale) ovvero ricevere dichiarazioni o assumereinformazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma della documentazione; - dell’obbligo di dichiarare se sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in unprocedimento connesso o per un reato collegato (e in questi casi la persona informata deve essere assistitadal difensore a pena di inutilizzabilità dell’intervista); - della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione (la persona intervistata non ha l’obbligo dirispondere, tuttavia, se lo fa, egli assume l’obbligo penalmente sanzionato di dire il vero); - del divieto di rivelare le domande eventualmente rivoltegli dalla polizia giudiziaria o dal PubblicoMinistero e le risposte date; - delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione. Tali avvisi devono essere dati a pena di inutilizzabilità dell’intervista. Una norma di chiusura stabilisce che l’inosservanza delle disposizioni generali, appena esposte, comportal’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nell’intervista. Tale violazione costituisce inoltre illecito disciplinare ed è comunicata dal giudice che procede al consiglionazionale forense per gli opportuni provvedimenti.

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85. Le modalità di intervista nel processo penale - Colloquio non documentato o informale, di regola è finalizzato a vagliare il possibile testimone alloscopo di verificare quali sono i fatti che conosce e se egli può fornire elementi di prova a favore dellapersona assistita dal difensore. Il colloquio è pertanto funzionale ad una eventuale assunzione di informazioni oppure alla richiesta di unadichiarazione scritta. Il fatto che il colloquio non sia documentato rappresenta una garanzia per il difensore, che può effettuare ilsuo vaglio preliminare con notevole libertà. - Assunzione di informazioni con verbalizzazione, costituisce il modello principale di intervista. Di regola il difensore potrà chiedere al possibile testimone di narrare liberamente quanto è di suaconoscenza, oppure può condurre l’intervista formulando domande. Le informazioni debbono essere verbalizzate dal difensore o dal sostituto secondo le regole generali didocumentazione degli atti del procedimento penale fin quanto applicabili. Il codice vieta che all’assunzione delle informazioni assistano l’indagato, l’offeso e le altri parti private (cioèil cliente dell’avvocato che conduce l’intervista) per evitare che la persona informata possa subire pressionio influenze. Tale divieto non è previsto anche per il colloquio e per la ricezione di dichiarazioni, ma sembra estensibilein via interpretativa. Per quanto riguarda la disciplina in caso di dichiarazioni autoincriminanti rilasciate durante l’intervista,questa è analoga a quella vigente per l’autorità giudiziaria. Merita di precisare quali sono i limiti di discrezionalità riconosciuti al difensore una volta assunte leinformazioni: egli può ritenere che le dichiarazioni non siano utili per la posizione del proprio cliente e in talcaso non è obbligato a produrre verbale nel corso del procedimento, tuttavia se decide di produrlo, questonon può essere manipolato. Il difensore può scegliere, in sintesi, tra presentare il verbale nella sua interezza o non presentarlo affatto;ovviamente non può eliminare le dichiarazioni sfavorevoli alla parte che egli assiste. Pertanto, se il difensore documenta infedelmente i risultati e produce il relativo verbale nel procedimentopenale, egli commette il reato di falsità ideologica in certificati. - Dichiarazione scritta, tale modalità di intervista consiste nel richiedere alla persona informata oall’imputato il rilascio di una dichiarazione scritta. Tale dichiarazione deve essere sottoscritta dalla persona che la rilascia; il difensore o il suo sostitutoautenticano la firma. Quindi l’intervistatore deve redigere una relazione, che sarà allegata alla dichiarazione stessa, nella qualedevono essere riportati: - la data in cui la dichiarazione è stata ricevuta; - le generalità del difensore o del sostituto e della persona che ha rilasciato la dichiarazione; - l’attestazione di aver rivolto gli avvertimenti previsti dalle disposizioni generali relative all’intervista; - i fatti sui quali verte la dichiarazione.

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86. L’audizione della persona che si è avvalsa della facoltà di non

rispondere Come abbiamo visto, la persona sentita dal difensore ha la facoltà di non rispondere o di non rendere ladichiarazione richiesta. Tuttavia, se il legislatore si fosse fermato a questo punto, il diritto alla prova spettante alla difesa sarebbestato completamente subordinato alla volontà collaborativa delle persone informate intervistate. Per evitare un simile rischio ha messo a disposizione del difensore due strumenti procedurali attivabilinell’ipotesi che la persona convocata si avvalga della facoltà di non rispondere. Il difensore, dunque, può chiedere che: la persona sia sentita nella forma dell’incidente probatorio anche al di fuori dei casi di non rinviabilità; di disporre l’audizione del possibile testimone (e non anche dell’imputato connesso) al pm. Quest’ultimo è tenuto a disporla entro 7 giorni dalla richiesta. Questo istituto costituisce una forma particolare di svolgimento delle informazioni assunte dal PubblicoMinistero (vedi atti su iniziativa del pm) in quanto l’audizione si svolge alla presenza del difensore che perprimo formula le domande.

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87. La presentazione della documentazione difensiva Il difensore ha, di regola, la facoltà e non l’obbligo di presentare agli inquirenti pubblici e al giudice ladocumentazione dell’attività di indagine difensiva svolta. Mosso da un interesse privato, il difensore palesa al giudice soltanto quell’aspetto dei fatti che è favorevoleal proprio cliente. Il difensore ha la facoltà di presentare al pm, e non al giudice, gli elementi di prova in favore del proprioassistito. Tale facoltà verrà esercitata tutte quelle volte che il difensore ritenga possibile indurre il Pubblico Ministeroa prendere una decisione in favore del proprio cliente (ad esempio, sollecitare l’archiviazione) Negli altri casi, infatti, è presumibile che la difesa presenterà direttamente al giudice gli atti favorevoliall’assistito. Il difensore può pertanto presentare elementi al giudice tanto in relazione ad un provvedimento da adottarsia seguito di contraddittorio tra le parti, quanto in vista di un eventuale provvedimento che il giudice possaapplicare senza necessità di sentire il soggetto interessato. Durante le indagini la documentazione, presentata dal difensore, è inserita in un apposito fascicolo, formatoe conservato presso l’ufficio del gip e denominato fascicolo del difensore. Di tale documentazione il Pubblico Ministero può prendere visione ed estrarre copia soltanto quando deveessere adottata una decisione su richiesta delle altre parti o con il loro intervento.

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88. Le modalità di utilizzazione degli atti di investigazione difensiva Dopo la chiusura delle indagini il fascicolo del difensore confluisce nel fascicolo unico delle indagini. Una volta conclusa l’udienza preliminare con il decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nelcontraddittorio delle parti a formare il fascicolo per il dibattimento. In detto fascicolo sono inseriti: i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal difensore; la documentazione degli atti non ripetibili compiuti in occasione dell’accesso ai luoghi presentata nel corsodelle indagini preliminari e dell’udienza preliminare; la documentazione degli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dal consulente tecnico di parte privatasui iniziativa del difensore; Gli altri atti di investigazione difensiva non menzionati, in quanto ripetibili in dibattimento, sono inseriti nelfascicolo del Pubblico Ministero che, come abbiamo detto, ha carattere residuale. Ciò avviene, ad esempio, per i verbali delle interviste difensive. Nel dibattimento gli atti di indagine difensiva seguono il regime di utilizzabilità proprio del fascicolo nelquale sono stati inseriti. Pertanto gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento potranno senz’altro essere letti ed utilizzati dalgiudice, mentre gli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero potranno essere utilizzati per lecontestazioni probatorie alla stessa stregua dei verbali di dichiarazioni raccolte unilateralmentedall’inquirente.�

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89. Il dibattimento nel processo penale Occorre precisare, innanzi tutto, che il dibattimento può essere oggetto di rinuncia da parte dell’imputato. Ciò avviene quando questi richiede lo svolgimento del giudizio abbreviato o concorda col PubblicoMinistero il patteggiamento. Quella in oggetto è la fase del procedimento che più di ogni altra rispetta le caratteristiche del sistemaaccusatorio. Tuttavia il dibattimento non recepisce tutte le caratteristiche di tale sistema; in particolare, non accoglie lastruttura del processo di parti. Questo si ha quando le parti dispongono sia dell’oggetto del processo, sia dei mezzi di accertamento dellaverità. Tipico esempio del processo di parti è il processo civile avente ad oggetto diritti disponibili. Da un lato, l’attore può disporre del diritto controverso; dall’altro, il giudice decide soltanto sulla base delleprove richieste dalle parti. Il processo penale non accoglie lo schema del processo civile per vari motivi: l’azione penale non è disponibile, bensì obbligatoria; le parti non hanno l’esclusiva disponibilità dei mezzi di prova, ma il giudice può assumere nuove proved’ufficio se risulta “strettamente necessario”; il giudice non è vincolato a decidere nei limiti delle richieste delle parti, ma è vincolato soltantoall’osservanza della legge. L’unico vero limite al potere decisionale del giudice consiste nel fatto storico enunciato nell’imputazione, inquanto può modificare soltanto il titolo di reato (cioè la qualificazione giuridica del fatto storico). Quando il giudice accerta che il fatto storico è diverso da quello descritto nell’imputazione deve ordinare latrasmissione degli atti al pm, perché questi eserciti nuovamente l’azione penale.

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90. Gli atti preliminari al dibattimento La fase degli atti preliminari al dibattimento ha inizio nel momento in cui la cancelleria del giudicecompetente riceve il decreto che dispone il giudizio ed il fascicolo per il dibattimento; e termina nelmomento in cui, in udienza, il presidente dell’organo giudicante dichiara aperto il dibattimento. Il compito di fissare la data dell’udienza dibattimentale è demandato al gup, il quale, al termine dell’udienzapreliminare, nel momento in cui redige il decreto che dispone il giudizio, chiede al presidente dell’organocompetente il giorno e l’ora dell’udienza dibattimentale. La funzione necessaria della fase preliminare del dibattimento è quella di svelare quali sono i testimoni,consulenti tecnici, periti e imputati connessi dei quali una parte intende chiedere l’ammissione indibattimento al momento delle richieste di prova. A tale scopo ogni parte ha l’onere di depositare una lista contenente i nomi delle persone menzionate e lecircostanze sulle quali deve vertere l’esame. Le funzioni eventuali, invece, sono: - ottenere dal presidente del collegio giudicante l’autorizzazione alla citazione dei testimoni, consulentitecnici, periti e imputati connessi; - permettere l’assunzione di prove urgenti; - permettere la pronuncia di una sentenza anticipata di proscioglimento.

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91. La lista dei testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati

connessi nel processo penale Le parti devono depositarla in cancelleria almeno 7 giorni prima della data fissata per il dibattimento. Il codice impone un vero e proprio onere di svelare in anticipo i mezzi di prova dichiarativa che la parteintende assumere in dibattimento a titolo di prova principale a pena di inammissibilità. Nella lista devono essere indicati i testimoni, periti o consulenti tecnici e imputati connessi e collegati cheuna parte intende sentire in dibattimento. Non devono essere indicate le parti private, perché queste godono del potere di non consentire all’esame. Ciascuna delle parti ha diritto ad esaminare in cancelleria le liste presentate dalle altre parti ed in tal modopuò conoscere per tempo quella che sarà la prevedibile richiesta di ammissione di prove che le altri partiformuleranno nel corso delle richieste introduttive. La funzione più importante delle liste consiste di mettere in grado ciascuna delle parti di esercitare il propriodiritto all’ammissione della prova contraria. In relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria ditestimoni, periti, consulenti tecnici e imputati connessi o collegati “non compresi nella lista, ovveropresentarli al dibattimento”. Altra funzione della lista è quella di permettere alle parti di preparare il controesame che intendono svolgerenei confronti dei dichiaranti.

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92. Le funzioni eventuali della fase degli atti preliminari al

dibattimento Richiesta di autorizzare la citazione dei dichiaranti, le parti hanno la possibilità di chiedere al presidente delcollegio giudicante la citazione delle persone delle quali intendono ottenere l’esame in dibattimento. Se vogliono renderne obbligatoria la presenza, hanno l’onere di chiederne la citazione. Assunzione di prove urgenti (cioè non rinviabili al dibattimento), l’assunzione di tali prove è richiesta dalleparti al presidente del collegio giudicante nei casi in cui è possibile procedere a incidente probatorio. Qualora il presidente accolga la richiesta, le prove urgenti sono assunte in una udienza dibattimentaleanticipata, che si celebra con la presenza del pubblico; tuttavia, non interviene il collegio giudicante, masoltanto il presidente dello stesso. Pronuncia di sentenza anticipata di proscioglimento, ciò può avvenire nei casi nei quali l’azione penale nondoveva essere iniziata o non deve essere proseguita (ad esempio, remissione di querela) o nei quali il reato èestinto (ad esempio, amnistia o prescrizione). La sentenza in questione può essere emessa soltanto quando, per accertare l’improcedibilità o l’estinzionedel reato, non è necessario assumere prove in dibattimento; occorre inoltre che l’imputato o il PubblicoMinistero non si oppongano. La sentenza di non doversi procedere è emessa dal collegio giudicante in camera di consiglio, sentiti ilPubblico Ministero e l’imputato, ed è inappellabile.

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93. Le indagini integrative Una volta che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio, il Pubblico Ministero e il difensore possonocompiere attività integrativa di indagine con esclusione degli atti per i quali è prevista la partecipazionedell’imputato o del difensore di questo. Ove debba essere assunto un atto che prevede il contraddittorio e tale atto non sia rinviabile al dibattimento,non vi è altro strumento se non l’assunzione della prova urgente. Le indagini integrative sono sottoposte ad un contraddittorio successivo; la documentazione di tali atti deveessere immediatamente depositata nella segreteria del Pubblico Ministero con facoltà delle parti diprenderne visione e di estrarne copia. L’art. 430 bis c.p.p. vieta alla polizia giudiziaria, al Pubblico Ministero ed al difensore di assumereinformazioni dalle persone indicate dal altra parte delle liste testimoniali, a pena di inutilizzabilità delleinformazioni ricevute.

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94. I poteri del presidente e dell’organo giudicante Quando l’organo giudiziario è collegiale, vi è una netta ripartizione dei poteri del presidente e quellidell’organo giudiziario (detto comunemente “giudice”). Di regola i poteri di direzione del dibattimento spettano al presidente; viceversa i poteri decisori spettanoall’intero collegio. Il verbale di udienza è redatto dall’ausiliario che assiste il giudice ed è inserito nel fascicolo deldibattimento. Il codice tende ad assicurare l’esigenza che le risultanze dibattimentali siano riprodotte con la massimafedeltà e completezza, perché queste saranno poi utilizzate dal giudice per decidere.

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95. Il concetto di pubblicità nelle udienze Con riguardo al processo penale, la pubblicità concerne la possibilità che il comune cittadino conoscaquanto si svolge in dibattimento. E’ possibile effettuare una distinzione tra: - pubblicità immediata, si realizza quando soggetti estranei al processo sono presenti in aula ed assistonodirettamente all’udienza; - pubblicità mediata, si realizza quando esiste la possibilità di pubblicare gli atti del dibattimento tramitestampa o altro mezzo di diffusione.

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96. La pubblicità immediata dell'udienza E’ assicurata dalla modalità di svolgimento dell’udienza, che di regola è aperta al pubblico. La pubblicità immediata subisce un’eccezione quando il giudice dispone che si proceda “a porte chiuse” inpresenza di ipotesi previste tassativamente dalla legge: - obbligo di procedere a porte chiuse con divieto di pubblicazione degli atti: - quando la pubblicità può nuocere al buon costume, da intendersi nel senso di buon costume sessuale; - quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell’interesse dello Stato(su richiesta del pm), le notizie “da mantenere segrete” differiscono dal quelle coperte dal segreto di Stato,che non è conoscibile neanche dal giudice; - quando l’assunzione di determinate prove può causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovverodelle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell’imputazione (su richiestadell’imputato); - obbligo di procedere a porte chiuse senza divieto di pubblicazione degli atti: - quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene; - quando avvengono, da parte del pubblico, manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delleudienze; - quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati. Il regime giuridico previsto per i delitti di violenza sessuale e assimilati prevede che debbano svolgersi, diregola, a porte aperte; tuttavia la persona offesa, se adulta, può chiedere che si proceda a porte chiuse anchesoltanto per una parte del dibattimento, mentre quando la vittima è minorenne si procede sempre a portechiuse. In ogni caso, a prescindere dal titolo del reato per il quale si procede, se deve essere esaminata una personaminorenne, il giudice ha il potere discrezionale di disporre che il relativo esame avvenga a porte chiuse. Occorre infine ricordare che i procedimenti a carico di imputati minorenni si svolgono di regola a portechiuse.

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97. Le riprese televisive del dibattimento Salvi i tre divieti appena menzionati a fianco dell’obbligo di procedere a porte chiuse il codice consente leriprese televisive dei dibattimenti, lasciando al giudice la valutazione delle condizioni di ammissibilità. Gli interessi che la normativa mira a contemperare sono il diritto alla cronaca giudiziaria, il diritto allariservatezza e l’interesse alla retta amministrazione della Giustizia. L’interesse che prevale su tutti è proprio quest’ultimo e in realtà ci sembra molto arduo individuare ipotesinelle quali la presenza delle telecamere in aula non sia idonea a recare pregiudizio alla retta amministrazionedella Giustizia. Da un lato, la mera presenza materiale delle attrezzature e degli operatori disturba le attività processuali; daun altro lato, le riprese e le trasmissioni provocano risvolti psicologici su tutti i soggetti che partecipano aldibattimento. Sotto questo profilo, merita ricordare che gli ordinamenti più garantisti vietano in aula l’utilizzazione anchedelle macchine fotografiche. Inoltre, il codice prevede come ulteriore requisito per autorizzare la ripresa o la trasmissione delle udienze, ilconsenso delle parti. Il silenzio equivale a consenso. Se, invece, una delle parti non consente, il giudice di regola non può autorizzare la ripresa o la trasmissione. Vi è tuttavia un’eccezione: in quei casi in cui sussiste un “interesse sociale” particolarmente “rilevante” allaconoscenza del dibattimento, il giudice può dare l’autorizzazione anche se le parti non lo consentono. Si tratta di una clausola piuttosto elastica che lascia al giudice molto margine di discrezionalità. La decisione del giudice è presa con ordinanza. Anche nei casi nei quali il giudice autorizzi la ripresa del dibattimento, sono previste limitazioni per leriprese delle immagini di parti, testimoni, periti, consulenti tecnici, interpreti e ogni altro soggetto che deveessere presente, i quali devono espressamente acconsentirvi.

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98. La contestazione dell’imputazione Il dibattimento ha per oggetto l’addebito che è stato contestato all’imputato con il decreto che dispone ilgiudizio. Nel corso dell’istruzione dibattimentale, però, le prove assunte possono indurre il Pubblico Ministero amodificare l’imputazione sotto vari profili attinenti al fatto e al diritto, ma comunque entro certi limiti e conmodalità che garantiscono il diritto di difesa dell’imputato. Sotto il profilo del diritto è sancito il principio fondamentale secondo cui il giudice può dare al fatto storicouna definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione. Sotto il profilo del fatto, invece, possono essere modificate le modalità del fatto di reato; tuttavia, il fattostorico non appare nuovo, bensì diverso. Infatti si deve trattare del medesimo fatto storico, che tuttavia risulta essersi svolto diversamente. In questi casi, l’imputato ha il diritto che il dibattimento venga sospeso per un tempo non inferiore a 20giorni, ed ha altresì la facoltà di chiedere l’ammissione di nuove prove. La contestazione suppletiva si può avere quando nel corso dell’istruzione dibattimentale risulta l’esistenza diuna circostanza aggravante oppure la commissione un reato connesso (in concorso formale o come reatocontinuato con quello per cui si procede). Naturalmente anche in questi casi l’imputato ha diritto ad ottenere la sospensione del dibattimento el’ammissione di nuove prove. Qualora, invece, nel corso del dibattimento risulti a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato neldecreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere d’ufficio (sia che si affianchi a quello percui si procede, sia che lo sostituisca), questo può essere contestato solo dal Pubblico Ministero e in presenzadi certe condizioni: deve trattarsi di reato procedibile d’ufficio; l’imputato deve essere presente e deve consentire alla contestazione; il presidente deve accertare che da tale contestazione non derivi un pregiudizio per la speditezza delprocedimento. Una volta contestato il fatto nuovo, l’imputato gode del diritto di ottenere la sospensione del dibattimento edi chiedere l’ammissione di nuove prove. Se mancano le condizioni di contestabilità del fatto nuovo, il Pubblico Ministero procede nelle formeordinarie. In tutte le ipotesi in cui la contestazione sia avvenuta fuori dai casi consentiti, il giudice dispone conordinanza la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero perché proceda nelle forme ordinarie. Lo stesso avviene quando il giudice accerta che il fatto storico è diverso da quello descritto nel decreto chedispone il giudizio o nella contestazione effettuata dal Pubblico Ministero in dibattimento.

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99. Il principio del contraddittorio nel processo penale Il principio del contraddittorio è attuato, nel suo significato debole, negli atti garantiti durante la fase delleindagini preliminari e, nel suo significato forte, nella fase del dibattimento. Nel suo significato debole, il principio del contraddittorio assicura il diritto del difensore ad essere presentead un atto di indagine o a conoscerne il relativo verbale. La conoscenza dei verbali degli atti di indagine è completa nel momento in cui il Pubblico Ministero invial’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Nel suo significato forte, il principio del contraddittorio comporta la partecipazione delle parti allaformazione della prova. L’attuazione piena del contraddittorio necessita che alle parti sia riconosciuta tutta una serie di dirittistrumentali, dei quali possiamo enunciare i principali: diritto ad ottenere dal giudice l’ammissione dellaprova, diritto ad ottenere l’ammissione della prova contraria, diritto a porre le domande nell’esameincrociato e nel controesame.

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100. Il principio della concentrazione nel processo penale Tale principio impone che non vi siano intervalli di tempo tra l’assunzione delle prove in udienza, ladiscussione finale e la deliberazione della sentenza. La concentrazione tra tali momenti del dibattimento garantisce che la decisione sia il prodotto fedele dellerisultanze del processo, evitando che l’attenzione del giudice venga meno: i lunghi intervalli di tempopossono ingannare la memoria. Questo principio è sancito all’art. 477 c.p.p. che afferma: “quando non è assolutamente possibile esaurire ildibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente nonfestivo”.

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101. Il principio di oralità nel processo penale Tale principio implica che la prova sia formata oralmente, nel senso che colui che ascolta può prendere parteal dialogo realizzando l’esame incrociato. L’oralità è la regola che il codice di procedura penale accoglie per le dichiarazioni; occorre tenere presente,tuttavia, che vi sono prove che non sono “orali”.

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102. Il principio di immediatezza nel processo penale Tale principio comporta un rapporto privo di intermediazioni tra l’acquisizione delle prove e la decisionedibattimentale. Questo principio può essere scisso in due corollari: - identità fisica tra il giudice che assiste alla assunzione delle prove in dibattimento e quello che decide,sancito all’art. 5252 c.p.p. in base al quale “alla deliberazione della sentenza concorrono, a pena di nullitàassoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento”; - decisione basata su prove legittimamente acquisite in dibattimento, sancito all’art. 526 c.p.p. in base alquale “il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamenteacquisite nel dibattimento”. Il codice, quindi ammette che siano utilizzabili tutte le prove legittimamente acquisite in tale fase. Facendo ciò, la norma rinvia alle singole disposizioni che stabiliscono quando l’acquisizione è legittima. Il codice dimostra una spiccata preferenza per le prove raccolte oralmente in dibattimento, pur senzadisconoscere forme di acquisizione di prove precostituite (ad esempio, la lettura dei verbali degli attiirripetibili che sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento).

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103. La costituzione delle parti e l’assenza dell’imputato In udienza, prima che inizi il dibattimento, si svolgono alcune attività che fanno parte ancora degli attipreliminari al dibattimento stesso. Tali attività consistono nel controllo della regolare costituzione delle parti e nella discussione di eventualiquestioni preliminari che siano stato sollevate dal Pubblico Ministero o dai difensori della parti private. E’ questo il termine ultimo entro il quale il danneggiato dal reato ha facoltà di costituirsi parte civile. Se le parti sono comparse, il verbale d’udienza documenta se è presente l’imputato, quale è il suo difensoreed, eventualmente, quale difensore rappresenta la parte civile. Problemi si pongono quando una delle parti non è comparsa. Il codice vuole garantire in modo rigoroso il diritto dell’imputato a partecipare al processo; per tutelare inconcreto tale diritto, ove l’imputato non sia presente, impone al giudice di accertare che ciò sia dovuto aduna scelta volontaria e non derivi, viceversa, da una mancata conoscenza incolpevole del decreto chedispone il giudizio. L’art. 420 bis c.p.p. impone al giudice di rinnovare la citazione non soltanto quando esiste la prova chel’imputato non ha avuto effettiva conoscenza dello stesso senza sua colpa, ma anche quando tale prova nonsussiste e tuttavia appare “probabile” la mancata conoscenza incolpevole. Se accerta la nullità della citazione o della sua notificazione, il giudice provvede altresì alla suarinnovazione. Il gup dopo aver verificato l’effettiva conoscenza della citazione, deve valutare la causa dell’assenzadell’imputato: se l’assoluta impossibilità a comparire è dovuta a legittimo impedimento dell’imputato ilgiudice deve disporre il rinvio ad una nuova udienza e ordinare la rinnovazione della citazione, se risulta chenon vi è stata assoluta impossibilità a comparire il giudice dichiara la contumacia dell’imputato, il quale saràrappresentato dal difensore. L’imputato può chiedere o consentire che l’udienza si svolga in sua assenza, e in questi casi di assenzadell’imputato non si applicano le disposizioni sulla contumacia. Se il difensore dell’imputato non è presente, il giudice designa un sostituto che sia immediatamentereperibile. Nel caso in cui risulta che l’assenza del difensore è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire perlegittimo impedimento (purché immediatamente comunicato) il gup fissa con ordinanza la data della nuovaudienza e ne dispone la notificazione all’imputato. Se risulta che non vi è stata assoluta impossibilità a comparire, ma l’assenza è volontaria, il giudice dichiarala contumacia dell’imputato; quest’ultimo è rappresentato dal difensore.

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104. La contumacia nel processo penale Il giudice può disporre l’accompagnamento coattivo dell’imputato contumace quando la presenza di costui ènecessaria per l’assunzione di una prova diversa dall’esame (al quale può legittimamente sottrarsi). Se l’imputato, dichiarato contumace, compare prima della decisione, il giudice deve revocare l’ordinanza. L’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto a interrogatorio. Il codice disciplina espressamente l’ipotesi nella quale, nel corso del giudizio contumaciale, sia necessarioprocedere alla modifica dell’imputazione perché il fatto risulta diverso o alla contestazione di un reatoconcorrente o di una circostanza aggravante. In tali situazioni il Pubblico Ministero deve chiedere che la contestazione sia inserita nel verbale deldibattimento e che esso sia notificato per estratto all’imputato. Il presidente sospende il dibattimento e fissa una nuova udienza per la prosecuzione. Una volta che il giudizio si è concluso e la sentenza sia stata depositata in cancelleria, al contumace deveessere notificato l’avviso di deposito con l’estratto della sentenza.

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105. Le questioni preliminari Dopo l’accertamento della regolare costituzione delle parti e le eventuali dichiarazioni di contumacia, leparti hanno la possibilità di proporre eventuali questioni preliminari. Queste hanno l’onere di proporre tali questioni subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento dellacostituzione delle parti; dopo tale momento le questioni, di regola, sono precluse. Le questioni preliminari vengono discusse nei tempi strettamente necessari e sono immediatamente decisedall’intero collegio giudicante. Veniamo ad esaminare le singole questioni preliminari che sono precluse in momenti successivi: - questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, incidono sulla rituale investituradell’organo giurisdizionale. Nel processo ordinario, tali eccezioni devono essere già state proposte, e respinte, nel corso dell’udienzapreliminare; questioni concernenti le nullità relative intervenute negli atti di indagine, nell’incidente probatorionell’udienza preliminare; - questioni concernenti la regolare costituzione delle parti diverse dall’imputato. Vi sono poi altre questioni preliminari per le quali la preclusione va incontro ad una eccezione: esse possonoessere discusse successivamente se la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento. Analizziamo singolarmente queste questioni preliminari che non sono precluse in momenti successivi: - questioni concernenti il contenuto del fascicolo del dibattimento; - questioni concernenti la riunione o la separazione dei giudizi.

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106. L’apertura del dibattimento e le richieste di prova A questo punto il presidente dichiara aperto il dibattimento e fa dare lettura dell’imputazione. Le richieste di prova sono presentate dal Pubblico Ministero e, nell’ordine dell’onere della prova, daidifensori delle parti private eventuali e, infine, dal difensore dell’imputato. Nelle richieste la singola parte indica i fatti che intende provare e chiede l’ammissione delle relative prove. L’esposizione dei fatti permette al giudice di valutare la pertinenza e la rilevanza delle prove richieste. Nel momento delle richieste di prova, occorre che ciascuna parte chieda l’ammissione di tutte le prove dellequali intende servirsi. In particolare, le parti devono precisare anche le fonti che intendono assumere “a prova contraria”. In definitiva, le richieste di prova tendono a delineare, ovviamente nei limiti del prevedibile, l’oggettodell’istruzione dibattimentale. Nel corso delle richieste di prova, il presidente impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione e ognilettura o esposizione del contenuto degli atti compiuti durante le indagini preliminari. Quest’ultimo costituisce un divieto di lettura degli atti di indagine, nel rispetto della separazione delle fasiprocessuali.

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107. I criteri di ammissione delle prove nel processo penale Il giudice deve seguire dei criteri di ammissione delle prove, infatti deve ammettere la prova quando essa èpertinente o quando vi sia anche soltanto il dubbio che possa essere rilevante e non sovrabbondante; deveessere preclusa la prova vietata dalla legge. Ciò comporta per il giudice il dovere di motivare l’ordinanza che rigetta la richiesta di ammissione, nelpieno del rispetto del diritto alla prova. L’impugnazione contro l’ordinanza potrà essere proposta soltanto unitamente a quella contro la sentenza. Le prove contrarie, ricordiamo, non dovevano essere inserite nelle liste testimoniali: il momento dellerichieste di prova costituiscono il momento ultimo per chiedere l’ammissione della prova contraria. La prova può essere definita contraria quando tende a negare l’esistenza del fatto affermato dalla provaprincipale. La prova contraria è, per legge, pertinente; occorre accertare soltanto se essa è rilevante, e cioè se è idonea aformare un elemento di prova. Dopo che le parti hanno formulato le proprie richieste di prova, il presidente informa l’imputato che egli hala facoltà di rendere in ogni stato del dibattimento le dichiarazioni che ritiene opportune, purché esse siriferiscano all’oggetto dell’imputazione e non intralcino l’istruzione dibattimentale. Queste dichiarazioni spontanee sono un atto diverso dall’esame dell’imputato; la differenza consiste nelfatto che l’imputato non si offre al controesame della parte avente un interesse opposto e pertanto nonrischia di essere messo in difficoltà dalle domande della controparte. Il codice sancisce la preclusione derivante dalla mancata presentazione della lista dei testimoni, cioè ove ilnome del singolo dichiarante (testimone, imputato connesso, perito o consulente tecnico) non sia statoinserito nella lista, la richiesta di sentirlo in dibattimento è inammissibile. Tale sanzione processuale ha lo scopo di permettere alle altre parti di esercitare il diritto alla prova contraria. Tuttavia, il codice attenua il rigore della sanzione dell’inammissibilità in quanto ammette che il giudicepossa acquisire le prove non indicate nella lista quando la parte che le richiede dimostra di non averle potuteindicare tempestivamente. A parte il caso appena visto, le parti che non abbiano adempiuto all’onere di presentare le liste possonoancora chiedere l’ammissione di prove, tuttavia non hanno il diritto di ottenere un provvedimento il talsenso, poiché la loro richiesta è subordinata al potere discrezionale del giudice di ammettere le nuove provequando esse siano assolutamente necessarie per accertare il fatto storico. Il giudice decide sulle richieste di ammissione delle prove senza ritardo con ordinanza. L’acquisizione concordata di atti di indagine è consentita anche in corso di dibattimento in quanto è unaforma dialettica alternativa al contraddittorio. Nella categoria della prova contraria rientrano quelle che vengono definite prove ex adverso. Si tratta di quelle prove che diventano rilevanti soltanto all’esito dell’escussione delle prove orali. Ciò avviene, ad esempio, quando il testimone A afferma di non essere mai stato in una determinata piazza inun dato giorno, mentre la controparte può indicare una fonte B (ad esempio una foto) dalla quale risulta ilcontrario. Quest’ultima prova diventa “rilevante” soltanto quando il testimone A nega l’esistenza di un determinatofatto; pertanto l’ammissione della fonte B può essere richiesta soltanto dopo che si è verificata l’escussionedella prova A e questa abbia dato un determinato risultato.

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108. L'istruzione dibattimentale: l'ordine dei “casi” Il secondo momento del dibattimento è costituito da quella che è denominata dal codice “istruzionedibattimentale”; in tale momento sono assunte le prove. L’ordine nel quale si svolge l’istruzione dibattimentale è detto ordine dei “casi” e rispetta i due principigenerali dell’onere della prova e della disponibilità della prova. Il “caso” dell’accusa precede il “caso” della difesa perché occorre rispettare il principio dell’onere dellaprova: spetta a colui che accusa provare la reità dell’imputato. L’ultimo “caso” è quello dell’imputato, poiché questi ha il diritto di conoscere l’esito delle prove a carico. Nel nostro sistema può essere presente il “caso” della parte civile (ed, eventualmente, anche quello delresponsabile civile e della persona civilmente obbligata). La successione dei casi, prevista dal codice, può essere modificata ove tutte le parti concordino un ordinediverso; cioè costituisce espressione del principio delle disponibilità della prova. Il “caso” comprende l’assunzione delle prove orali diverse dall’esame delle parti e anche le letture che laparte stessa richiede in quanto necessarie a svolgere la propria argomentazione. L’art. 150 disp. att. dispone che l’esame delle parti abbia luogo “appena terminata l’assunzione delle prove acarico dell’imputato”, e cioè subito dopo il caso del Pubblico Ministero (ed, eventualmente, quello dellaparte civile). In tal modo l’esame dell’imputato avviene prima del caso della difesa. Tale collocazione è giustificata dalla necessità di evitare che l’imputato “modelli” le sue dichiarazioni su ciòche hanno affermato i testi a discarico. Le parti che hanno richiesto l’esame, o vi hanno consentito, vengono escusse nel seguente ordine: per primala parte civile che non sia stata citata come testimone, quindi il responsabile civile e la persona civilmenteobbligata, per ultimo l’imputato.

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109. L’ordine delle prove all’interno del singolo caso nel processo

penale All’interno del singolo “caso” l’ordine nel quale vengono assunte le prove è stabilito dalla parte che harichiesto le stesse. Il potere di stabilire liberamente l’ordine di assunzione delle prove all’interno del singolo “caso” trova la suagiustificazione teorica nel principio argomentativo della prova. Pertanto, all’interno del caso dell’accusa e di quello della difesa possono essere assunti o acquisiti tutti imezzi di prova: le prove reali, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali, le perizie, i confronti, ecc… Possono anche essere ammessi i mezzi di ricerca della prova, come ad esempio le ispezioni, le perquisizionie i sequestri. Rientrano all’interno del singolo “caso”, ove siano richieste dalla parte, la lettura dei documenti ammessi equella degli atti compiuti in fasi precedenti, se consentita dalla legge.

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110. I preliminari all’esame incrociato nel processo penale Le prove orali sono tutte assunte mediante l’esame incrociato. Gli obblighi, ai quali sono sottoposti i dichiaranti, sono differenti a seconda del tipo di dichiarante stesso: Testimone, ha l’obbligo, penalmente sanzionato, di rispondere secondo verità e deve essere avvisato dalpresidente dell’esistenza di tale obbligo. Quindi il presidente invita il testimone a rendere pubblicamente e solennemente una dichiarazione con laquale si impegna a dire la verità. Dopodiché il presidente invita il testimone a fornire le proprie generalità. L’esame del testimone deve avvenire in modo che nel corso dell’udienza nessuna delle persone citate possa,prima di deporre, comunicare con alcuna delle parti o con i difensori o consulenti tecnici, assistere agliesami degli altri o vedere o udire o essere altrimenti informata di ciò che si fa nell’aula di udienza. Si vuole con ciò tutelare la genuinità della fonte probatoria, evitando che le cognizioni del teste siano,consapevolmente o meno, alterate da notizie di risultati di altre prove, con cui il teste medesimo potrebbeessere indotto a coordinarle. Perito, si osservano le disposizioni sull’esame dei testimoni se applicabili. Il perito assume l’obbligo di “far conoscere la verità”; tale obbligo è sanzionato penalmente e permane almomento in cui il perito è sentito con l’esame incrociato. Consulente tecnico di parte, può non rispondere su oggetti che coinvolgono il segreto professionale. Parti, sono sottoposte all’esame soltanto su loro richiesta o con il loro consenso; non hanno un obbligopenalmente sanzionato di dire la verità: se rifiutano di rispondere ad una domanda, ne è fatta menzione nelverbale.

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111. L’esame incrociato nel processo penale E’ quell’insieme di regole con le quali le parti pongono direttamente le domande alla persona esaminata. Il presidente dell’organo giudicante ha la funzione di assicurare la pertinenza delle domande, la genuinitàdelle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni. I soggetti che pongono le domande sono il Pubblico Ministero e i difensori delle parti private.

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112. L’esame incrociato: esame diretto Esame diretto, è condotto dalla parte che ha chiesto di interrogare il teste. Tende ad ottenere la manifestazione dei fatti conosciuti dal teste; tali fatti dovrebbero essere utili adimostrare la tesi di colui che lo ha citato. Si presume che l’interrogante conosca previamente le informazioni che il teste dovrà fornire; il suo scopo èquello di dimostrare che il teste è attendibile e credibile. Per tale motivo sono vietate le “domande suggerimento”.

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113. L’esame incrociato: Controesame Controesame, è eventuale, nel senso che le parti, che non hanno chiesto l’ammissione di quel teste, possonoa loro volta porre domande. E’ condotto dalla parte che ah un interesse contrario a quella che ha chiesto l’esame del teste. Il controesame può avvenire sui fatti o sulla credibilità del teste o, ancora, su entrambi gli oggetti. Il controesame sui fatti tende a far dichiarare al teste un fatto diverso o contrario a quello esposto nell’esamediretto o ad ottenere dal dichiarante una spiegazione alternativa del fatto stesso o, infine, a far ammetterefatti che contraddicono le conclusioni alle quali è pervenuta la controparte. Nel controesame sono ammesse le “domande suggerimento” a quella parte che ha un interesse differente daquello della parte che ha chiesto la citazione del testimone; il loro scopo è sia quello di saggiare comereagisce il teste, sia quello di far cadere quest’ultimo in contraddizione. Con ciò si da attuazione del principio secondo cui la prova capace di resistere alle suggestioni è quella chepiù si accredita.

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114. L’esame incrociato: Riesame Riesame, è doppiamente eventuale perché si svolge soltanto se vi è stato il controesame. Nel riesame, la parte che ha condotto l’esame diretto, può proporre nuove domande. E’ condotto dalla persona che ha chiesto l’assunzione della testimonianza. La sua funzione è quella di consentire, a colui che ha introdotto la prova, il “recupero” della sequenza deifatti, dopo che il controesame ha cercato di mettere in dubbio la loro esistenza; oppure consente di esporre laragione di contraddizioni nelle quali il testimone è caduto. Pertanto tende a corroborare la validità della dichiarazione inizialmente resa. L’esame incrociato è un congegno articolato e complesso che ha regole precise; il suo scopo è quello disottoporre il dichiarante all’immediata verifica delle parti contrapposte. L’esame incrociato non può essere sottoposto a interruzioni; nel corso del suo svolgimento le parti hannounicamente la possibilità di formulare opposizioni sulle quali il presidente decide immediatamente senzaformalità. Soltanto al termine della sequenza esame diretto - controesame - riesame il presidente può porre d’ufficiodomande al teste. Il tal caso, le parti hanno diritto a concludere l’esame, e cioè si può rinnovare il tutto o in parte la sequenzaesame diretto - controesame - riesame. Affinché l’esame incrociato resti un metodo di ricerca del vero e non diventi uno strumento per intimidire,allarmare e ingannare il teste, il codice pone varie regole a tutela della dialettica e prevede un penetrantecontrollo operato dal giudice.

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115. Regole per l'esame incrociato Il codice pone regole che riguardano sia il modo di rivolgere le domande, sia il modo di rispondere allestesse da parte del teste. Le regole valgono in generale per i tre momenti dell’esame diretto, del controesame e del riesame; hanno loscopo di tutelare sia la genuinità della prova, sia il rispetto della dignità della persona sottoposta a esame: 1. regole per le domande: - sono ammesse domande su fatti specifici, si vuole evitare che il teste venga a riferire una “lezione imparataa memoria”; - inoltre, la domanda deve avere ad oggetto un “fatto determinato” e non un “apprezzamento”del dichiarante; - sono evitate le domande “nocive”, che sono idonee a minare la sincerità delle risposte, cioè non sonoammesse le domande intimidatorio o, viceversa, suadenti; - sono vietate le domande che violano il rispetto della persona umana, cioè che ledono l’onore o lareputazione del deponente; tuttavia, nel controesame, quando occorre saggiare la credibilità del dichiarante,il diritto alla prova prevale sul rispetto dell’onore; 2. regole per le risposte (tutti i casi nei quali il teste può astenersi dal rendere dichiarazioni): - su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale; - su fatti coperti da segreto professionale; - su fatti coperti da segreto d’ufficio o di Stato; - il testimone assistito sui fatti per i quali è stata pronunciata sentenza di condanna nei suoi confronti ed eglisi è sempre professato innocente; - il testimone prossimo congiunto dell’imputato ha la facoltà di astenersi. Spetta al presidente dell’organo giudicante il potere di escludere, sia su eccezione di parte, si d’ufficio, ledomande vietate. Il presidente interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la lealtà dell’esame, la correttezza dellecontestazioni.

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116. La testimonianza protetta nel processo penale La c.d. testimonianza protetta si ha quando deve essere esaminato un testimone minorenne o infermo dimente. In questi casi l’esame è condotto dal presidente dell’organo collegiale, al quale le parti possono chiedere diporre domande o di fare contestazioni al teste. Nel condurre l’interrogatorio, il presidente può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di unesperto di psicologia infantile. Resta il fatto che si tratta di un mezzo di prova che per sua natura ha lo scopo di saggiare la credibilità el’attendibilità del teste, pertanto occorre non dimenticare che le parti sono titolari del diritto alla prova. Il presidente può anche disporre, sentite le parti, che la deposizione prosegua nelle forme dell’esameincrociato quando ritiene che l’esame diretto del minore non possa nuocere alla sua serenità. L’ordinanza può essere revocata nel corso dell’esame. Se una parte lo richiede o il presidente lo ritiene necessario, si devono applicare le ulteriori protezioniquando le esigenze del minore le rendono necessarie od opportune. Le dichiarazioni devono essere documentate con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. L’udienza può tenersi anche in luogo diverso dal tribunale.

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117. Le dichiarazioni rese prima del dibattimento: dal codice del

1988 alla riforma costituzionale Nel testo originario del codice, il principio di oralità era affermato in modo assoluto. Le dichiarazioni rese dalla persona informata alla polizia giudiziaria non erano utilizzabili in dibattimento. La Corte Costituzionale nel 1992, alla oralità ha contrapposto il principio di non dispersione della provaraccolta prima del dibattimento, e ne ha sostenuto la rilevanza costituzionale. Dal 1992 al 1998 si sono succedute prese di posizione di segno opposto dal parte del legislatore rispetto allaCorte Costituzionale. Infatti, il legislatore nel 1997 ha ritenuto di dover affermare il principio del contraddittorio nella formazionedella prova, con conseguente inutilizzabilità delle prove raccolte in segreto. La Corte Costituzionale, viceversa, ha ritenuto sufficiente garantire il contraddittorio sulla prova già formatain segreto.

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118. L’art. 111 cost. ed il principio del contraddittorio Il nuovo testo dell’art. 111 cost. ha affermato il principio del contraddittorio nella formazione della prova. Di tale principio, in relazione al processo penale, si possono dare interpretazioni contrastanti: alcuni studiosine prospettano un’interpretazione restrittiva, essi ritengono che la prova valida per la decisione finale sipossa formare soltanto oralmente all’interno dell’esame incrociato; altri ne prospettano un’interpretazioneestensiva, essi ritengono che il contraddittorio sarebbe attuato anche quando la precedente dichiarazione,resa durante le indagini, è contestata in dibattimento a colui che da una differente versione dei fatti. In effetti, al testimone può essere chiesto conto della difformità tra le dichiarazioni rese attualmente e quelleprecedenti; egli, sotto l’obbligo di verità, deve fornire le spiegazioni richieste. Il dichiarante che muta versione, non si sottrae al contraddittorio perché le parti possono fare domandetendenti a chiarire le ragioni della differenza rispetto a quanto affermato in precedenza.

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119. Eccezioni al contraddittorio nel processo penaleEccezioni al contraddittorio nel processo penale

Esistono tre eccezioni al contraddittorio previste dal codice: la prova è utilizzabile anche se si è formata

fuori del contraddittorio:

- per consenso dell’imputato, tale eccezione ha due ambiti applicativi distinti:

riti semplificati che omettono il dibattimento, in tali contesti l’imputato rinuncia al contraddittorio in via

anticipata o in via successiva, di modo che il giudice utilizza le prove raccolte in modo unilaterale nel corso

delle indagini;

consenso ad acquisire al dibattimento prove formate fuori dal contraddittorio, poiché la norma costituzionale

non fa distinzione, sembra che il consenso del solo imputato valga a rendere utilizzabili gli atti di indagine

anche se si tratta di elementi assunti unilateralmente dalla difesa.

Tuttavia il consenso, se interpretato in modo tecnico, indica la rimozione di un limite all’agire altrui nella

propria sfera soggettiva.

Pertanto, a rigore, l’imputato può validamente consentire soltanto all’acquisizione di atti prodotti da altre

parti.

In sintesi, si può affermare che l’uso di atti raccolti in modo unilaterale può essere ammesso soltanto se vi

consentono quelle parti che non hanno partecipato all’acquisizione dell’elemento di prova e che potrebbero

subire un pregiudizio dalla utilizzabilità dello stesso.

Questa interpretazione trova conferma in quell’istituto che riconosce alle parti di concordare l’acquisizione

al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pm, nonché della documentazione relativa

all’attività di investigazione difensiva.

- per accertata impossibilità di natura oggettiva, la formulazione è estremamente generica, in particolare

non specifica se debba trattarsi di un’ipotesi di non ripetibilità dovuta a cause imprevedibili.

Il termine “oggettiva” sembra alludere a quelle cause indipendenti dalla volontà di taluno, che ci sembrano

assimilabili a situazioni di forza maggiore.

In altre parole, ci pare che l’ambito applicativo della disposizione sia limitato alle situazioni di non

ripetibilità originaria o sopravvenuta.

Occorre che in natura non sia più possibile assumere in contraddittorio quell’elemento di prova.

Sul punto vi deve essere un apposito provvedimento incidentale del giudice.

In definitiva il contraddittorio viene recuperato nello specifico dibattito sull’esistenza in concreto del

requisito dell’impossibilità oggettiva.

- per effetto di provata condotta illecita, ipotesi in cui la mancata attuazione del contraddittorio costituisce

l’effetto di provata condotta illecita, cioè comportamenti contrari al diritto finalizzati ad indurre il

dichiarante a sottrarsi al contraddittorio.

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Quando il metodo del contraddittorio è inquinato, il processo deve fare ricorso al metodo alternativo che

consiste nell’utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni.

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120. Il principio generale della inutilizzabilità delle precedenti

dichiarazioni nel processo penale Dalla lettura combinata degli artt. 526 e 514 c.p.p. si desume un principio generale: le prove dichiarativeprecostituite sono inutilizzabili, salvo i casi nei quali espressamente la legge ne consenta l’acquisizione. Alla luce di questa ricostruzione, le norme che consentono l’utilizzabilità delle precedenti dichiarazionihanno natura eccezionale e, come tali, non sono estensibili per analogia. L’art. 526 vieta l’utilizzazione, come prova della colpevolezza, delle dichiarazioni rese da chi, per liberascelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore. Si tratta di una norma di chiusura da cui si ricava che in ogni caso, anche laddove la legge consentel’acquisizione delle precedenti dichiarazioni, resta fermo il principio secondo cui la colpevolezzadell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempresottratto al contraddittorio.

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121. La consultazione di documenti in aiuto alla memoria nel

processo penale Viene in rilievo la possibilità, che ha il dichiarante, di “rinfrescarsi la memoria”. Ai sensi dell’art. 4995 c.p.p. “il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto dellamemoria, documenti da lui redatti”. La consultazione di documenti può essere chiesta da colui che è interrogato. Si tratta di un diritto che può essere esercitato su autorizzazione del presidente in presenza di precisirequisiti: - l’oggetto che può essere consultato deve essere un documento redatto dal dichiarante; - il documento può essere consultato in aiuto della memoria, occorre cioè accertare che il dichiarante nonricordi i fatti registrati a suo tempo; inoltre, il dichiarante, può consultare - il documento nel senso che, dopoaverlo visionato, deve rispondere alle domande senza leggerlo; - il documento deve essere reso riconoscibile alle controparti, le quali hanno il diritto di utilizzarlo ai fini delcontroesame. I periti ed i consulenti tecnici di parte, nel corso dell’esame hanno in ogni caso facoltà di consultaredocumenti, note scritte e pubblicazioni senza che sia richiesta l’autorizzazione del presidente.

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122. La contestazione probatoria (art. 500 c.p.p.) La seconda modalità di utilizzazione delle precedenti dichiarazioni è la contestazione. A colui che depone viene contestato di aver reso una differente dichiarazione in un momento anteriore aldibattimento. Tale dichiarazione deve essere contenuta nel fascicolo del Pubblico Ministero per poter essere oggetto dicontestazione. La finalità della contestazione è duplice: da un lato intende mettere in dubbio la credibilità del soggetto chein dibattimento cambia versione dei fatti; dall’altro vuole permettere allo stesso soggetto di rettificare ladichiarazione resa in dibattimento o, comunque, di dare una spiegazione della diversa versione. La contestazione probatoria è regolata dagli artt. 500 c.p.p. (per il testimone e per l’imputato connesso ocollegato) e 503 c.p.p. (per le parti). Tali articoli impongono precisi requisiti per procedere alla contestazione: - si deve trattare di precedenti dichiarazioni contenute nel fascicolo del pm; gli altri atti contenuti in talefascicolo, ma non consistenti in dichiarazioni, possono essere utilizzati per porre domande al dichiarante, manon sono ricompresi nell’istituto della contestazione probatoria; - le precedenti dichiarazioni devono essere rese dalla stessa persona che in dibattimento sta cambiandoversione; - la contestazione deve avvenire soltanto se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone o la parteabbia già deposto; lo scopo di questo requisito è di evitare che sia suggerita la risposta al soggetto chedepone. La modalità di effettuazione della contestazione consiste nel leggere la dichiarazione rilasciata prima deldibattimento e nel chiedere conto al deponente dei motivi della diversità. In passato il codice consentiva alle parti di procedere alla contestazione anche quando il dichiarante avesserifiutato od omesso di rispondere in dibattimento. La l. 63/2001 ha eliminato questa possibilità; tuttavia, a livello interpretativo, occorre ritenere che sia ancorapossibile procedere alle contestazioni probatorie qualora il dichiarante taccia.

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123. I tipi di dichiarante distinti dal codice penale Il codice distingue fra i vari tipi di dichiaranti; è opportuno esaminare le diverse ipotesi: 1. Precedenti dichiarazioni rese dal testimone, è regola generale che la precedente dichiarazione siautilizzabile dal giudice soltanto per valutare la credibilità del soggetto che in dibattimento ha reso unadifferente versione o è rimasto silenzioso; viceversa, la precedente dichiarazione non può costituire provadel fatto narrato. In definitiva, la contestazione serve al massimo per togliere valore alla dichiarazione dibattimentale, ma nonè utile per formare la prova dell’esistenza del fatto narrato così come è ricavabile dal verbale. A tale regola si pongono tre eccezioni, in presenza delle quali le precedenti dichiarazioni sono utilizzabilicome prova del fatto narrato (restando comunque fermo il principio del libero convincimento del giudiceriguardante il punto dell’attendibilità di tali dichiarazioni): - minaccia sul dichiarante, quando si accerti che il teste è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta opromessa di denaro affinché non deponga o deponga il falso. Tale eccezione al contraddittorio è giustificata dalla privata condotta illecita. Il codice disciplina una sorta di sub-procedimento incidentale nel quale il giudice, su richiesta di parte, devesvolgere gli accertamenti che ritiene necessari per verificare la sussistenza di una condotta illecita neiconfronti del dichiarante. In questo caso sono acquisite al fascicolo per il dibattimento non soltanto le precedenti dichiarazioniutilizzate per la contestazione, bensì l’intero verbale (in quanto c’è motivo di credere che l’interadeposizione del teste intimidito o corrotto sia viziata); - dichiarazioni rese nell’udienza preliminare, le dichiarazioni rese in udienza preliminare e lette per lecontestazioni dibattimentali sono utilizzabili come prova del fatto soltanto nei confronti delle parti chehanno partecipato alla loro assunzione; - accordo delle parti, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del Pubblico Ministero sono utilizzabili se vi èaccordo tra le parti: la c.d. acquisizione concordata al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nelfascicolo del pm. 2.Precedenti dichiarazioni rese dall’imputato connesso o collegato, il codice impone di applicare lanorma sulla contestazione probatoria che vale per il testimone.

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124. Il testimone che rifiuta l’esame di una delle parti Se il testimone rifiuta di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa nonpossono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altre parti. Si tratterebbe di una situazione estremamente penalizzante per la parte che si trova “rifiutata”, per questo ledichiarazioni sono inutilizzabili nei suoi confronti. A tale regola è possibile fare eccezione soltanto se la parte interessata vi consente. La ratio consiste nella tutela del diritto alla prova di quella parte che non ha potuto partecipare all’esameincrociato. Nei suoi confronti non è stato attuato il contraddittorio; di conseguenza non può subire un pregiudizio daquella prova, alla cui formazione è rimasta estranea. Il legislatore ha scelto di assicurare a tutte le parti la stessa tutela che la norma costituzionale sullainutilizzabilità riconosce espressamente soltanto all’imputato (“la colpevolezza dell’imputato non può essereprovata sulla base di dichiarazioni rese da chi si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio daparte dell’imputato o del suo difensore”).

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125. La contestazione “non probatoria” nel processo penale Le prove precedentemente acquisite, raccolte sia nel dibattimento, sia in momenti anteriori, possonocostituire oggetto di quel tipo di contestazione che è definibile come “non probatoria”. Può essere contestato ciò che è contenuto nel fascicolo per il dibattimento e anche gli atti e i documenti chesono contenuti nel fascicolo del pm, sia pure al solo fine di demolire la credibilità del soggetto dichiarante. Così, ad un teste, possono essere contestate le precedenti dichiarazioni di un altro teste. Inoltre può essere contestato al testimone un documento, ad esempio una fotografia. Questa ulteriore forma di contestazione “non probatoria” adempie alla funzione di contraddire unadichiarazione allo scopo di far emergere una imprecisione o una falsità. Non è necessario che il documento sia stato ammesso all’inizio del dibattimento; in quella sede esso non era“rilevante”, poiché non si sapeva ancora come il testimone avrebbe risposto alle domande. Il documento diviene “rilevante” quando il teste da una versione non compatibile con esso (prova exadverso). L’esame può estendersi alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutarne la credibilità. La contestazione “non probatoria” impone al dichiarante di fornire precisazioni o ammettere di avere errato.

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126. La lettura degli atti (art. 512 c.p.p.) La contestazione delle precedenti dichiarazioni presuppone che sia in corso l’esame del dichiarante che le harese, mentre la lettura viene disposta quando tale esame non ha avuto luogo. L’aspetto comune sta nel fatto che entrambi gli istituti, dal punto di vista materiale, consistono nella letturadi un verbale. Quest’ultimo, ai fini della contestazione è letto soltanto in parte, mentre la lettura ha sempre carattereintegrale. La lettura è la modalità residuale di utilizzazione delle precedenti dichiarazioni. La lettura deroga al principio di immediatezza, il quale, come abbiamo visto, non può essere accolto nel suosignificato più rigoroso, in quanto non ha valore in sé, bensì è funzionale all’accertamento dei fatti ed allanecessità di amministrare la Giustizia.

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127. L’oggetto delle letture degli atti nel processo penale 1. Atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, se consistono in dichiarazioni occorre distinguere tra dueipotesi: - se l’esame del dichiarante ha luogo, i verbali contenuti nel fascicolo per il dibattimento possono essere lettisoltanto dopo l’esame della persona che le ha rese e, pertanto, danno luogo - ad un istituto simile allacontestazione probatoria (servono a valutarne la credibilità); - se l’esame del dichiarante non ha luogo, si procede alla lettura dell’atto. In entrambi i casi gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento possono essere posti a base delladecisione. 2. Atti contenuti nel fascicolo del pm, la lettura degli atti è permessa con certe restrizioni, le quali hanno ilpresupposto comune che l’atto sia divenuto “non ripetibile” in dibattimento. In tali casi la deroga al principio del contraddittorio è giustificata dalla accertata impossibilità di naturaoggettiva. Le restrizioni suddette riguardano la persona che ha reso le dichiarazioni prima del dibattimento, il codicedistingue tra quattro gruppi di persone: - precedenti dichiarazioni rese dai testimoni, possono essere lette soltanto se sono diventate non ripetibili perfatti o circostanze non prevedibili al momento in cui sono state assunte; - infatti, ove la non ripetibilità fossestata prevedibile, le parti avrebbero dovuto chiedere l’incidente probatorio; - precedenti dichiarazioni rese da persone residenti all’estero, la disposizione prescinde dalla cittadinanza edè idonea a ricomprendere sia il cittadino italiano, sia il cittadino - straniero, purché residenti fuori dalterritorio della Repubblica. In questi casi, la lettura può essere disposta se ricorrono due presupposti concorrenti, che integrano unasituazione di non ripetibilità: - occorre che la persona sia stata citata per deporre e non sia comparsa; - l’esame dibattimentale di tale soggetto deve risultare assolutamente impossibile; - precedenti dichiarazioni rese da imputati connessi o collegati; - precedenti dichiarazioni rese dall’imputato.

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128. Definizione di principio dispositivo e poteri di iniziativa

probatoria Lo scopo del procedimento è quello di accertare i fatti di reato e le relative responsabilità in base alle prove;e poiché le parti in conflitto possono in concreto essere eguali in capacità ed in mezzi, il legislatoreattribuisce al giudice un potere di supplenza che incide sull’iniziativa probatoria. Tale potere si configura come una eccezione: pertanto deve essere previsto espressamente dal codice. Il potere di iniziativa del giudice si esercita con modalità e con limiti tali da non intralciare l’iniziativa delleparti. Il presidente del collegio giudicante può rivolgere domande al testimone soltanto al termine dell’esameincrociato. Inoltre, il giudice può disporre l’assunzione di nuovi mezzi di prova una volta che sia terminatal’acquisizione delle prove, e cioè dopo che si sono svolti interamente il caso per l’accusa e il caso per ladifesa. La scelta trova il suo fondamento e la sua giustificazione nell’oggetto del procedimento penale, cioè lalibertà personale, che è indisponibile. L’accertamento dei fatti non può essere lasciato alla piena disponibilità di parte, perché altrimenti anche ildiritto di libertà diverrebbe disponibile. Il giudice penale svolge un’attività di supplenza dell’iniziativa probatoria. Al termine delle indagini preliminari, quando è stata presentata richiesta di archiviazione, il giudice puòordinare al Pubblico Ministero di compiere nuove indagini e può costringerlo a formulare l’imputazione. Nel corso dell’udienza preliminare, il giudice, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, puòdisporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini dellasentenza di non luogo a procedere.

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129. I poteri di iniziativa probatoria in dibattimento del giudice Nel dibattimento, i poteri di iniziativa probatoria spettanti al giudice, sono ancora più ampi. Tuttavia, essi devono rispettare due regole: carattere successivo, soltanto “dopo” che le parti hanno avuto la possibilità di esercitare i loro poteri, ilgiudice può svolgere la sua attività di supplenza probatoria; ne deriva che il giudice non deve“scompaginare” l’ordine che ogni parte vuole dare al suo caso; carattere non esaustivo, i poteri esercitabili dal giudice non sono esaustivi di altri poteri, sia nel senso chepossono essere sollecitati da altri soggetti diversi dalle parti, sia nel senso che, una volta che siano statiesercitati dal giudice, le parti possono riprendere l’iniziativa probatoria. Tali poteri sono: - Il giudice, anche d’ufficio, può disporre che sia data lettura integrale o parziale degli atti contenuti nelfascicolo per il dibattimento. Tuttavia la lettura delle dichiarazioni può essere disposta soltanto dopo l’esame della persona che le ha rese,a meno che l’esame non si svolga. - Il presidente, anche su richiesta di un altro componente del collegio, può indicare alle parti temi di provanuovi o più ampi, utili per la completezza dell’esame. Si tratta di un potere di “suggerimento” esercitabile in base ai risultati delle prove assunte nel dibattimento, ecioè dopo che si sono svolti i “casi” dell’accusa e della difesa. A seguito della sollecitazione, l’iniziativa probatoria spetta alle parti, che possono accogliere o meno il“suggerimento”. Spetta a loro scegliere quali mezzi di prova richiedere. Il giudice, nel corso dell’istruzione dibattimentale, sentite le parti, può revocare con ordinanza l’ammissionedi prove che risultano superflue o ammettere prove già escluse, cioè prove che erano state richieste a suotempo dalle parti e che il giudice aveva escluso. - Il giudice può disporre, anche d’ufficio, l’assunzione di nuovi mezzi di prova se risulta assolutamentenecessario per l’accertamento dei fatti. Il potere è esercitabile terminata l’acquisizione delle prove, e cioè dopo che si sono conclusi i “casi”dell’accusa e della difesa. La “assoluta necessità” può consistere in: - incertezza derivante da un’istruzione dibattimentale non esauriente; - difesa d’ufficio tardiva, svogliata o inefficace; - accusa inefficace o deliberata inerzia della medesima in dibattimento. L’assunzione d’ufficio di nuovi mezzi di prova prescinde dai limiti costituiti dalle liste testimoniali e dallerichieste introduttive. Se le prove sono state ammesse d’ufficio e si tratta dell’esame di una persona, il presidente vi provvededirettamente stabilendo, all’esito, la parte che deve condurre l’esame diretto.

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130. L’inerzia del Pubblico Ministero e i poteri di iniziativa del

giudice Nel caso in cui l’accusa non depositi tempestivamente la lista dei testimoni che intende assumere indibattimento, la conseguenza sarà di dover considerarsi inammissibile la relativa domanda di ammettere ledisposizioni testimoniali, formulata nelle richieste introduttive. Si è posto il quesito se fosse tuttavia lecito che il giudice ammettesse d’ufficio i mezzi di prova. Le Sezioni unite della Corte di Cassazione e la stessa Corte Costituzionale hanno chiarito che ciò chediventa inammissibile, in questi casi, non è la “prova”, bensì la “richiesta” come atto di parte. Viceversa, nessuna inammissibilità è prevista per il potere esercitabile d’ufficio dal giudice. Inoltre, ha sottolineato che, ove il giudice ammetta d’ufficio una prova, resta comunque salvo il diritto delleparti all’ammissione della prova contraria. Sulla base dell’orientamento giurisprudenziale finora emerso, ci pare che il codice accolga un principiodispositivo attenuato. Tale principio consente la libera applicazione del diritto alla prova spettante alle parti, ma non preclude ipoteri di iniziativa probatoria d’ufficio. I poteri esercitabili dal giudice d’ufficio toccano l’onere della prova in senso formale, inteso come onere diintrodurre la prova nel processo. Non incidono sull’onere sostanziale di convincere il giudice; cioè spetta pur sempre a chi accusa, l’onere diprovare i fatti al di fuori di ogni ragionevole dubbio.

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131. La rinuncia alla prova nel processo penale Nel corso dell’istruzione dibattimentale, ciascuna delle parti può rinunciare, con il consenso dell’altra parte,all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta. In altri termini la parte, che ha richiesto ed ottenuto dal giudice l’ammissione di un mezzo di prova, puòrinunciare all’assunzione; tuttavia, la rinuncia è efficace soltanto se l’altra parte consente. Il legislatore non ha attribuito espressamente al giudice alcun potere a fronte della volontà delle parti. Tuttavia, il giudice ha il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di quella prova che sia stata rinunciatadalle parti. Ovviamente può farlo nei limiti previsti dal codice: l’assunzione deve essere “assolutamente necessaria”. Nell’ambito della strategia probatoria, ciascuna parte può rinunciare alla prova per qualunque motivo, conespressa dichiarazione resa al giudice. La richiesta del consenso dell’altra parte costituisce il riconoscimento normativo di un inedito “principio diacquisizione della prova”: il provvedimento di ammissione della prova, richiesta da una parte, fa sorgere incapo alle parti, costituite in giudizio, il diritto all’acquisizione di quel mezzo di prova. Sia la rinuncia che il consenso ad essa devono essere espressi. Può ipotizzarsi il caso in cui, nelle richieste introduttive, una parte abbia chiesto ed ottenuto l’ammissione diuna prova contraria. Resta da chiedersi cosa succeda quando la prova principale sia stata oggetto di rinuncia effettuata dalla parterichiedente. Sembra di potersi ammettere che rinuncia alla prova principale non ha efficacia su quella contraria: coluiche ha ottenuto l’ammissione di quest’ultima, ha il diritto di vederla assunta. Egli ha anche, se lo ritiene opportuno, il diritto di ottenere l’assunzione della prova principale.

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132. La discussione finale nel processo penale Ha inizio quando è terminata l’istruzione probatoria, permette al Pubblico Ministero e ai difensori delle partiprivate di formulare le proprie conclusioni. La discussione è diretta dal presidente dell’organo giudicante, che ha il potere di impedire ogni divagazione,ripetizione e interruzione. L’ordine degli interventi è disciplinato dal codice in modo che l’accusa pubblica e privata precedano ladifesa dell’imputato, attuando cosi il principio dell’onere della prova. Le conclusioni sono formulate oralmente; tuttavia, è posto a carico della parte civile l’onere di presentarecomunque conclusioni scritte, che devono comprendere, quando sia richiesto il risarcimento del danno,anche la determinazione del loro ammontare. Se il difensore della parte civile non adempie a tale onere, la costituzione di parte civile si intende revocataex lege. Il Pubblico Ministero e i difensori delle parti private possono replicare, ma la replica è ammessa una solavolta e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione degli argomenti avversari. Una volta che sia stata esaurita la discussione finale, il presidente dichiara chiuso il dibattimento e l’organogiudicante si ritira in camera di consiglio per deliberare la sentenza.

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133. Tempi della deliberazione nel processo penale Le modalità della deliberazione si riassumono nel principio di immediatezza. Sotto il profilo dei tempi, il codice pone la regola della concentrazione. Da un lato, la sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento, dall’altro, la deliberazione nonpuò essere sospesa se non in caso di assoluta impossibilità. Il codice regola in modo minuzioso la procedura attraverso la quale il giudice deve deliberare. Le disposizioni appaiono ispirate al rigore logico delle priorità da decidere. In primo luogo, devono essere affrontate le questioni processuali, che potrebbero sfociare in decisioni cheprecludono l’esame nel merito, come avverrebbe se il giudice dovesse dichiararsi incompetente. In secondo luogo, qualora l’esame del merito non risulti precluso, sono poste in discussione le questioni difatto che concernono l’imputazione: il giudice valuta se i fatti affermati dalle parti sono dimostrati dalleprove acquisite. Successivamente, sono affrontate le questioni di diritto, e cioè i problemi interpretativi posti dalle normepenali. Se il giudice accerta la responsabilità dell’imputato e decide di condannarlo, sono poste in discussione lequestioni relative all’applicazione delle pene e delle misure di sicurezza. A questo punto, se vi è stata costituzione di parte civile, è esaminata la richiesta di risarcimento del dannoderivante dal reato.

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134. Modalità di deliberazione nel processo penale Il codice regola anche le modalità di deliberazione, che tendono a garantire la libertà morale dei componentidel collegio. I giudici sono tenuti ad enunciare le ragioni della loro opinione e votano su ciascuna questione qualunque siastato il voto espresso sulle altre, poiché il convincimento può mutare in relazione all’esito del dibattitointerno. Altre norme tendono a ridurre, nei limiti del possibile, l’influenza dovuta all’anzianità o ala carica: ilpresidente raccoglie i voti cominciando con il giudice con minore anzianità di servizio e vota per ultimo. Ulteriori norme impongono anche sotto il profilo procedimentale il rispetto del principio del favor rei: incaso di parità di voti, prevale la soluzione più favorevole all’imputato. La deliberazione si svolge in segreto in camera di consiglio, e cioè senza la presenza di altre persone chenon siano i giudici. Costoro sono obbligati a mantenere il segreto sulla deliberazione. Conclusa la deliberazione, il presidente redige il dispositivo e lo sottoscrive. In esso è riassunto il “comando” nel quale si traduce la decisione e che può essere, in sintesi, ilproscioglimento o la condanna. Se il giudice ha deciso il proscioglimento, deve riassumere i motivi in una delle formule tipiche cheesamineremo tra poco. Se ha deciso di condannare, il capo penale del dispositivo contiene l’indicazione della pena che vieneapplicata al colpevole; se vi è stata costituzione di parte civile, il capo civile del dispositivo contiene ladecisione sul risarcimento del danno. Una volta sottoscritto il dispositivo, l’organo giudicante rientra nell’aula di udienza, ed il presidente (o altrogiudice) lo legge. Di regola accade che la motivazione non possa essere redatta immediatamente: se il caso è giunto fina aldibattimento, esso deve essere di una qualche complessità; ed allora il codice prescrive il termine (ordinariodi 15 giorni, ma che può giungere fino a 90) entro cui l’intera sentenza (motivazione + dispositivo) deveessere depositata in cancelleria. Il pubblico ufficiale addetto al deposito della sentenza, cioè il cancelliere, vi appone la sottoscrizione e ladata del deposito.

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135. I requisiti della sentenza nel processo penale Il codice indica in modo dettagliato i requisiti formali della sentenza: - l’intestazione “in nome del popolo italiano” e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata; - le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo, nonché le generalitàdelle altre parti private; - l’imputazione, cioè l’enunciazione del fatto storico addebitato e delle norme di legge che lo prevedonocome reato; - l’indicazione delle conclusioni delle parti, cioè la pena richiesta dal Pubblico Ministero e le richieste deldifensore; - la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione delleprove poste alla base della decisione stessa e l’enunciazione delle ragioni - per le quali il giudice ritiene nonattendibili le prove contrarie; - il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati; - la data e la sottoscrizione del giudice. La sentenza è nulla se manca la sottoscrizione del giudice o la motivazione, o anche se manca o èincompleto il dispositivo. Dal punto di vista del contenuto sostanziale della sentenza, la prassi giudiziaria distingue al suo interno i c.d.capi e i c.d. punti. Il capo della sentenza è identificabile con la singola imputazione; il punto è costituito da una tematica difatto o di diritto che deve essere trattata e risolta per giungere alla decisione in merito ad una o piùimputazione. Il procedimento per la correzione degli errori materiali, è applicabile su errori od omissioni che nondeterminano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto. Tale procedimento è disposto, d’ufficio o su richiesta di parte, dal giudice che ha emesso il provvedimento;egli provvede in camera di consiglio previo avviso alle parti che possono intervenire.

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136. La valutazione degli elementi di prova nel processo penale La valutazione degli elementi di prova costituisce per le parti quell’onere sostanziale che si applica nel loropotere di argomentare; la medesima attività rappresenta per il giudice un vero e proprio dovere. Egli, infatti, valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati; ilgiudice espone i motivi del suo convincimento indicando le prove poste a base della decisione edenunciando le ragioni della loro attendibilità e le ragioni della non attendibilità delle prove contrarie. La valutazione delle prove costituisce un’attività legale e razionale: legale, perché si esercita su provelegittimamente acquisite (soltanto ciò che è validamente acquisito può, anzi deve, essere valutato ai finidecisori); razionale, perché implica l’obbligo di motivare, di giustificare la decisione secondo criteri diragionevolezza nel rispetto di tre ordini di regole: della logica, della scienza e dell’esperienza corrente. Tali criteri debbono essere messi oggi in correlazione con lo standard probatorio dell’oltre ogni ragionevoledubbio. L’art. 192 c.p.p. richiede l’esposizione dei criteri utilizzati nella valutazione degli elementi di prova. L’art. 546 comma 1 lett. e c.p.p., attraverso il prescritto vaglio delle opposte ragioni, recepisce e traducel’esigenza del confronto tra le diverse ipotesi ricostruttiva del fatto, che sono state elaborate dalle parti. Il giudice è chiamato a scegliere quella ricostruzione del fatto (ovvero quella “storia”) che è capace difornire una spiegazione ragionevole a tutti gli elementi raccolti. I due articoli sono complementari, in quanto l’uno indica, per così dire, i mattoni con i quali si costruiscequell’edificio che è considerato dall’altro. Esiste un nesso costituzionale inscindibile tra giurisdizione e motivazione; in virtù dell’art. 1116 cost. tutti iprovvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. La motivazione è, dunque, una componente strutturale necessaria dei provvedimenti del giudice e costituisceuna conquista della nostra civiltà giuridica. Inoltre, non avrebbe senso imporre al giudice l’obbligo di motivare ammettendo, però, che egli possa nonenunciare in modo adeguato e completo le ragioni della sua decisione.

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137. Completezza della motivazione nella sentenza nel processo

penale Il requisito della completezza della motivazione deve riguardare sia la decisione in fatto, sia quella in diritto. Quest’ultima non suscita particolari problemi; spesso invece, le sentenze non sono adeguatamente motivatein fatto. L’esposizione delle prove, tuttavia, non basta ad esaurire il dovere di motivare in fatto. Come è stato giustamente osservato, il concetto di motivazione esprime più di quanto non esprima quello diindicazione. Motivare significa, infatti, rendere esplicito anche il canone di argomentazione utilizzato per arrivareall’affermazione della sussistenza (o della insussistenza) del fatto imputato. Il giudice non può limitarsi a scegliere un’ipotesi ricostruttiva del fatto e ad enunciare le prove che laconfermano, ma deve anche indicare le ragioni che lo hanno portato ad escludere le ipotesi antagoniste ed aritenere non attendibili le prove contrarie addotte. E’ proprio qui che si coglie la novità introdotta dal codice del 1988: la struttura della motivazione assume uncarattere dialogico, nel senso che essa deve dar conto del conflitto sulle prove e di quello sulle ipotesi.

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138. La sentenza di non doversi procedere nel processo penale All’interno della generale categoria delle sentenze di proscioglimento, il codice pone una fondamentaledistinzione tra sentenza di non doversi procedere e sentenza di assoluzione. Soltanto le sentenze di assoluzione possono contenere un vero e proprio accertamento, che il giudice haoperato mediante le prove. Pertanto solo queste sono idonee a fondare l’efficacia del giudicato nei processi civili, amministrativi edisciplinari. Viceversa, le sentenze di non doversi procedere non contengono un accertamento del fatto storico, bensì silimitano a statuire su aspetti processuali che impediscono tale accertamento. Per siffatto motivo, esse sono comunemente definite come pronunce meramente processuali. Vi è un aspetto formale che è comune ai due tipi di proscioglimento. Quando il giudice pronuncia una sentenza sia di non doversi procedere, sia di assoluzione, egli deveprecisarne la causa, e cioè la c.d. formula terminativa che costituisce una sorta di riassunto della motivazionedella decisione.

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139. Le formule terminative nel processo penale Le formule terminative sono previste dalla legge in modo tassativo: - Sentenza di non doversi procedere perché l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essereproseguita. La sentenza ha questa formula terminativa quando manca la condizione di procedibilità prevista dalla leggeper quella determinata fattispecie incriminatrice, oppure nei casi in cui il giudice ritenga che vi sia stato unerrore sull’identità fisica dell’imputato, o che si stia procedendo contro la medesima persona per un fatto giàaccertato con una sentenza irrevocabile (ne bis in idem) o che sia stata confermata l’esistenza di un segretodi Stato in relazione ad una prova essenziale per definire il processo. In caso di dubbio sull’esistenza della condizione di procedibilità, il giudice deve comunque pronunciare talesentenza (in dubio pro reo). - Sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. La morte del reo prima della condanna, l’amnistia, la remissione della querela, la prescrizione del reato,l’oblazione nelle contravvenzioni, il perdono giudiziale per i minorenni. Ulteriori cause estintive sono previste in relazione a singoli reati. Se nel corso del processo penale si manifesta una di queste cause, il giudice deve dichiararlaimmediatamente ed il processo non può proseguire. La causa di estinzione è dichiarata mediante la sentenza di non doversi procedere: al giudice è impedito dipronunciare un accertamento dell’esistenza del reato e della responsabilità dell’imputato. Dunque, la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato è una sorta di sentenza in ipotesi; essavaluta la punibilità del fatto in astratto. Per tale motivo non vi è un vero e proprio accertamento e pertanto la sentenza non è idonea a formaregiudicato nei confronti dei processi civili, amministrativi e disciplinari. In caso di dubbio sull’esistenza della causa di estinzione del reato, il giudice deve comunque pronunciaretale sentenza (in dubio pro reo).

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140. La sentenza e l'interesse dell’imputato all’assoluzione Il codice tiene conto di un ulteriore aspetto: l’imputato ha interesse ad ottenere l’assoluzione nel meritoperché questa formula è oggettivamente più vantaggiosa rispetto alla sentenza di non doversi procedere. Il codice tende a contemperare l’interesse dell’imputato con le esigenze di economia processuale cheimpongono di non proseguire oltre col processo in presenza di una causa di improcedibilità. In tale situazione pone al giudice l’obbligo di pronunciare sentenza di assoluzione se dagli atti risultaevidente l’innocenza dell’imputato per uno dei motivi previsti nelle sentenze di assoluzione. Non è consentito al giudice acquisire ulteriori mezzi di prova, dovendo l’innocenza risultare dagli attiesistenti nel momento in cui si verifica il fatto estintivo. Il nuovo comma 7 dell’art. 157 c.p. dispone che la prescrizione del reato è sempre espressamenterinunciabile dall’imputato.

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141. La sentenza di assoluzione nel processo penale Con la sentenza di assoluzione il giudice compie un accertamento sull’esistenza o meno del fatto storicoaddebitato all’imputato. Il codice impone al giudice di utilizzare una delle formule tipiche che costituiscono il riassunto dei motividella decisione. Tali formule sono tassative e derivano dalla necessità di precisare gli effetti del giudicato in altri processicivili, amministrativi e disciplinari. Nell’enunciare le formule terminative, il codice segue una vera e propria gerarchia, perché inizia con quellepiù favorevoli all’imputato e termina con quelle meno favorevoli. Nelle situazioni in cui sarebbe possibile applicare insieme più formule, il giudice deve pronunciale laformula più ampiamente liberatoria.

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142. Le formule di assoluzione nel processo penale - Assoluzione perché “il fatto non sussiste” Quando il fatto di reato addebitato nell’imputazione non trova conforto nelle risultanze processuali. Ciò significa che il fatto storico ricostruito mediante le prove non rientra nella fattispecie incriminatrice dalpunto di vista degli elementi oggettivi, poiché non risultano presenti gli elementi di fatto che dovrebberointegrare la condotta, l’evento o il rapporto di causalità. - Assoluzione perché “l’imputato non ha commesso il fatto” Quando il fatto addebitato all’imputato sussiste dal punto di vista del solo elemento oggettivo, ma il reatonon è stato commesso dall’imputato, bensì da terzi. - Assoluzione perché “il fatto non costituisce reato” Quando il fatto addebitato nell’imputazione è stato commesso dall’imputato e sussiste nei suoi elementioggettivi, previsti dalla fattispecie incriminatrice, e tuttavia il fatto non è un illecito penale. Possono mancare o quello specifico elemento soggettivo che è richiesto dalla norma incriminatrice o unodegli elementi oggettivi che costituiscono il presupposto della condotta o dell’evento. Il giudice utilizza la formula “il fatto non costituisce reato” anche quando sono integrati sia l’elementooggettivo sia quello soggettivo, ma il fatto è stato commesso in presenza di una delle cause digiustificazione. - Assoluzione perché “il fatto non è previsto dalla legge come reato” Quando il fatto storico indicato nell’imputazione non rientra in alcuna fattispecie incriminatrice né sotto ilprofilo oggettivo, né sotto quello soggettivo. Siamo di fronte ad una assoluzione in punto di diritto. Il fatto contestato è stato commesso, ma è estraneo a qualsiasi norma incriminatrice: è stato attribuitoall’imputato per un errore di valutazione giuridica del pm. La formula è utilizzata anche quando il fatto era previsto come reato, ma la relativa norma di legge ha persoefficacia. - Assoluzione perché “il reato è stato commesso da una persona non imputabile o non punibile perun’altra ragione” Quando il giudice accerta che il fatto è stato commesso ed è penalmente illecito, ma l’imputato non èpunibile in concreto. Infatti, egli può essere non imputabile, può essere coperto da una causa di non punibilità, o può esserepenalmente immune. La presente formula terminativa è la più sfavorevole: da un lato, il giudice riconosce che l’imputato hacommesso un fatto penalmente illecito anche se lo dichiara esente dalla pena; dall’altro, se il giudice accertache l’autore del reato non è imputabile, ma pericoloso socialmente, deve applicargli la misura di sicurezzaprevista dalla legge.

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143. Mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova di reità Le formule assolutorie che abbiamo illustrato devono essere applicate dal giudice sia quando manca la provadella reità dell’imputato, sia quando la reità è dubbia perché le prove di accusa sono insufficienti ocontraddittorie. Nel codice previgente, in caso di dubbio il giudice doveva assolvere con la formula “per insufficienza diprove”. La formula era pregiudizievole per il prosciolto perché esprimeva una riprovazione morale. Nel nuovo codice il dubbio non può essere manifestato nel dispositivo, che resta di assoluzione piena. Soltanto nella motivazione il giudice deve indicare per quali motivi ritiene che l’accusa non sia riuscita adeliminare ogni ragionevole dubbio.

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144. Le disposizioni della sentenza di proscioglimento Con la sentenza di proscioglimento (e cioè sia si non doversi procedere, sia di assoluzione) il giudice ordinala liberazione dell’imputato in stato di custodia cautelare e dichiara la cessazione delle altre misure cautelaripersonali eventualmente disposte. Con la sentenza che assolve l’imputato per cause diverse dal difetto di imputabilità, il giudice, se ne è fattarichiesta, condanna la parte civile alla rifusione della spese processuali sostenute dall’imputato e dalresponsabile civile per effetto dell’azione civile. Se il danneggiato ha esercitato l’azione civile nel processo penale per colpa grave, il giudice può condannarela parte civile al risarcimento dei danni causati all’imputato assolto. Nel caso di assoluzione da un reato perseguibile a querela con le formule ampiamente liberatorie il fatto nonsussiste o l’imputato non lo ha commesso, il giudice condanna il querelante al pagamento delle speseprocessuali anticipate dallo Stato ed alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno a favoredell’imputato assolto.

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145. La sentenza penale di condanna Il giudice pronuncia sentenza di condanna quando ritiene che l’imputato sia colpevole del reato contestatoglial di là di ogni ragionevole dubbio. I punti essenziali della sentenza di condanna sono l’accertamento della sussistenza del fatto storico, la suaqualificazione come illecito penale, l’affermazione che l’imputato lo ha commesso e, infine, ladeterminazione della pena. Questo è il contenuto minimo della sentenza di condanna. Vi sono poi altri punti eventuali che riguardano sia gli aspetti penali, sia singoli aspetti civili. Fra gli aspetti penali ricordiamo l’applicazione delle pena accessorie, delle misure di sicurezza, dellasospensione condizionale, ecc… Fra gli aspetti civili importante è la pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno formulata dalla partecivile nelle sue conclusioni. I capi della sentenza penale di condanna vengono in rilievo quando le imputazioni sono molteplici: ilgiudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi ne determina la misura in osservanza delle norme sulconcorso di reati o di pene sulla continuazione. La scansione logica della deliberazione del giudice della sentenza di condanna consiste in: - accertamento la sussistenza di un fatto di reato, afferma la sua illiceità e la sua commissione da partedell’imputato; - determinazione della quantità della pena entro i limiti edittali previsti nella fattispecie incriminatrice (c.d.pena base); - valutazione della presenza di aggravanti o attenuanti e effettuazione dell’eventuale giudizio dibilanciamento; - valutazione della possibilità di tramutare la pena in una sanzione sostitutiva e di applicare la sospensionecondizionale. Se nessuna delle due possibilità è praticabile, il giudice irroga la pena. Soltanto in fase esecutiva si porrà il problema di sostituire la pena detentiva con una misura alternativa.

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146. Le statuizioni sulle questioni civili Quando pronuncia la sentenza di condanna e vi è stata costituzione di parte civile, il giudice è tenuto adecidere sulla domanda relativa alle restituzioni ed al risarcimento del danno con un autonomo capo sullequestioni civili. La domanda risarcitoria non è accolta automaticamente. Il giudice deve valutare se il danneggiato era legittimato a costituirsi parte civile e se ha subito un dannoderivante direttamente dal reato. Nella prassi giudiziaria raramente avviene la liquidazione del quantum. Le prove sulla quantificazione del danno richiedono tempo e perizie, ed il processo penale non è la sede piùadatta per svolgerle. Di conseguenza, quando le prove acquisite non consentono la liquidazione del danno, il giudice pronuncia lacondanna generica e rimette le parti davanti al giudice civile. In previsione di una simile eventualità, il difensore della parte civile, nelle conclusioni che presenta altermine del dibattimento, chiede che il giudice penale conceda una provvisionale immediatamente esecutiva,cioè liquidi una determinata somma nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova. Se il giudice accoglie la richiesta, la condanna al pagamento della provvisionale è immediatamenteesecutiva. Inoltre, con la sentenza che accoglie la domanda sulle restituzioni e sul risarcimento del danno, il giudicepenale condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile. Infine, il giudice, su richiesta della parte civile, ordina la pubblicazione della sentenza di condanna, qualoraquesta costituisca un mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato.�

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147. I procedimenti penali differenziati e speciali Fino a questo momento l’esposizione ha avuto ad oggetto il procedimento penale ordinario che si svolgepresso il Tribunale collegiale e la Corte d’Assise. Da questo possiamo isolare due fondamentali “tipi” di modelli processuali che da esso si distinguono: Procedimenti differenziati, sono quei riti che hanno una struttura completa (dalle indagini preliminari alleimpugnazioni), ma rispetto al modello base si caratterizzano per alcune particolarità. Sono procedimenti differenziati quello presso il Tribunale monocratico, presso il Giudice di Pace, presso ilTribunale per i minorenni e quello che accerta la responsabilità amministrativa degli enti. Procedimenti speciali, sono quei riti che si limitano ad omettere una delle fasi processuali, cioè l’udienzapreliminare o il dibattimento o entrambe. Sono procedimenti speciali il giudizio abbreviato, il patteggiamento, il giudizio immediato, il procedimentodirettissimo ed il procedimento per decreto. Un sistema processuale di tipo accusatorio impone che l’accertamento della responsabilità dell’imputatoavvenga con il massimo delle garanzie, le quali, però, comportano necessariamente una maggiorecomplessità delle forme e, quindi, un allungamento dei tempi complessivi del processo. Se si vuole permettere l’affermarsi di un processo penale garantista, questo deve essere limitato ai pochi casinei quali vi sia un serio contrasto tra accusa e difesa. La gran mole dei processi si deve svolgere con riti semplificati e, poiché in tali procedimenti l’imputatogode di minori garanzie, l’unica soluzione è quella di offrirgli un qualche incentivo perché accettil’affievolimento del diritto di difesa. Tali vantaggi consistono prevalentemente in una diminuzione della pena che dovrebbe essere scontata incaso di condanna. Inoltre, nell’ordinamento italiano i procedimenti semplificati devono rispettare il principio di obbligatorietàdell’azione penale; ciò vuol dire che la decisione sulla semplificazione deve intervenire ad opera di ungiudice e dopo che sia stata comunque esercitata l’azione penale.

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148. La specialità dei procedimenti alternativi a quello ordinario Da un punto di vista meramente formale i procedimenti semplificati s dividono in due gruppi: quelli che si limitano ad eliminare l’udienza preliminare per pervenire in modo più veloce al dibattimento. Tali procedimenti, che di regola prescindono dal consenso dell’imputato, sono il giudizio direttissimo e ilgiudizio immediato. Su richiesta del Pubblico Ministero l’eliminazione avviene in modo imperativo, e cioè in base ad unprovvedimento emesso senza il consenso dell’imputato; quelli che omettono il dibattimento. In questi casi la semplificazione opera solo con il consenso dell’imputato, poiché il diritto al dibattimento èun aspetto centrale del diritto di difesa. I procedimenti speciali fondati sul consenso dell’imputato sono il giudizio abbreviato, il patteggiamento e,in qualche misura, il procedimento per decreto (dove la mancata opposizione configura un implicitoconsenso). In questi riti il giudice compie le sue valutazioni utilizzando gli atti raccolti in modo unilaterale dalle parti.

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149. Definizione di giudizio abbreviato Il giudizio abbreviato è quel procedimento speciale che consente al giudice, su richiesta dell’imputato, dipronunciare già al momento dell’udienza preliminare quella decisione di merito (condanna oproscioglimento) che di regola è emanata nella fase dibattimentale. Ai fini della decisione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini. Tale rito semplificato ha luogo sull’unico presupposto della richiesta dell’imputato. Questi può formulare una richiesta non condizionata, limitandosi a chiedere che il processo sia definitonell’udienza preliminare sulla base degli atti contenuti nel fascicolo delle indagini; oppure può presentareuna richiesta condizionata, subordinando lo svolgimento del rito abbreviato all’assunzione di determinateprove. Il giudice, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, può disporre anche d’ufficio quellaintegrazione probatoria che ritiene necessaria. In caso di condanna la pena determinata dal giudice è ridotta di e all’ergastolo è sostituita le reclusione dianni 30. Praticamente, l’udienza preliminare, da “filtro” destinato ad accertare a necessità del dibattimento, diviene lasede in cui si deve decidere sulla responsabilità dell’imputato.

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150. Il giudizio abbreviato su richiesta non condizionata Il termine finale per la presentazione della richiesta da parte dell’imputato è la formulazione delleconclusione nell’udienza preliminare. A seguito di tale richiesta il giudice è obbligato a disporre il giudizio abbreviato. Il giudizio abbreviato in questa forma non premette né integrazioni probatorie, né modifiche all’imputazione(salvo che il giudice non possa decidere allo stato degli atti); per il resto, il procedimento deve osservare ledisposizioni previste per l’udienza preliminare. Al termine del procedimento, il giudice valuta discrezionalmente la possibilità di decidere allo stato degliatti. Qualora lo ritenga possibile, pronuncia la sentenza utilizzando come base probatoria gli atti contenuti nelfascicolo delle indagini e quelli eventualmente assunti durante l’udienza preliminare fino a quel momento. Qualora, invece, ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, assume su richiesta di parte o d’ufficio glielementi necessari ai fini della decisione. L’audizione delle persone è condotta, di regola, dal giudice, al quale il Pubblico Ministero e i difensoripossono chiedere di porre determinate domande. Infine, qualora il giudice chieda l’integrazione probatoria, il Pubblico Ministero potrà modificarel’imputazione ed effettuare nuove contestazioni in udienza.

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151. Il giudizio abbreviato su richiesta condizionata L’imputato può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. In tal caso, il giudice dispone il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta dall’imputatorisulta: - necessaria ai fini della decisione; - compatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito in questione, tale requisito è statoeliminato dalla Corte Costituzionale in quanto ha ritenuto che il giudizio abbreviato su richiestacondizionata è sempre compatibile con suddette finalità eliminando, comunque, il dibattimento). Se il giudice accoglie la richiesta condizionata si fa luogo a giudizio abbreviato con assunzione di tuttequelle prove che sono state indicate dall’imputato. In tal caso, il Pubblico Ministero può chiedere l’ammissione di prova contraria. Quando il giudice ritiene ancora di non poter decidere allo stato degli atti nonostante le integrazioniprobatorie della difesa, può assumere anche d’ufficio ulteriori prove. Ove il giudice rigetti la richiesta condizionata di giudizio abbreviato, l’imputato può proporre una nuovarichiesta entro il termine ordinario, cioè fino alle conclusioni dell’udienza preliminare. Qualora il rito proceda nelle forme ordinarie, l’originaria richiesta condizionata, rigettata dal gup, puòcomunque essere rinnovata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. In tal caso, il giudice del dibattimento deve prendere visione degli atti contenuti del fascicolo del PubblicoMinistero e, all’esito, verificare la doglianza relativa all’effettiva ed oggettiva necessità dell’integrazioneprobatoria proposta dall’imputato; se la ritiene fondata, instaura il giudizio abbreviato nella fase introduttivadel dibattimento.

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152. Il ruolo della parte civile nel processo penale La parte civile non è completamente estromessa. Una volta che il giudice abbia accolto la richiesta di giudizio abbreviato, la parte civile può non accettaretale rito; in questo caso, se il giudice pronuncia sentenza di assoluzione, tale provvedimento non ha efficaciadi giudicato e la parte civile può esercitare l’azione risarcitoria davanti al giudice civile senza subire lasospensione di tale procedimento fino a sentenza penale definitiva. Viceversa, la parte civile che ha accettato il giudizio abbreviato in modo espresso o implicito subisce lasospensione del processo civile, eventualmente promosso, fino alla sentenza penale irrevocabile e subiscealtresì la conseguente efficacia del giudicato di assoluzione. La decisione di condanna nel giudizio abbreviato ha efficacia di giudicato, salva l’ipotesi in cui la partecivile, che non abbia accettato il rito, si opponga a tale efficacia. Se il giudice procede ad integrazione probatoria d’ufficio o a seguito della richiesta condizionatadell’imputato, il diritto alla prova contraria spetta soltanto al pm, e non anche alla parte civile. La sentenza di condanna contiene il capo civile sul risarcimento dei danni e, su richiesta del danneggiato,può essere pronunciata la condanna provvisionale immediatamente esecutiva.

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153. Nozione di patteggiamento nel processo penale Il giudice con sentenza può applicare quella pena che è stata precisata da una concorde richiesta delle parti, ecioè dell’imputato e del pm. Al giudice spetta di controllare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e la congruità della penarichiesta. La decisione avviene allo stato degli atti, e cioè sulla base del fascicolo delle indagini e quello del difensore. La semplificazione consiste nell’eliminare l’assunzione orale delle prove in dibattimento e nell’utilizzare iverbali degli atti di indagine ai fini della decisione. Una volta pronunciata la sentenza, questa di regola non è appellabile, ma può essere sottoposta a ricorso perCassazione. Nel determinare la pena, sulla quale si forma l’accordo, si deve applicare una diminuzione fino a . La differenza tra patteggiamento e giudizio abbreviato sta proprio nel fatto che l’imputato, nel momento incui chiede il rito abbreviato, non conosce l’entità della pena base che il giudice sceglierà e sulla quale saràoperata la riduzione di (la scelta avviene “al buoi”); mentre nel patteggiamento l’imputato sa in anticipoquale è la quantità di pena che sarà applicata se il giudice accoglierà l’accordo. L’imputato, nel patteggiamento, incide direttamente sulla qualità e quantità della pena, in modo da potervalutare in concreto se gli convenga abbandonare le garanzie che il dibattimento offre. Con la l. 134/2003, il legislatore ha ampliato l’ambito di applicazione dell’istituto. In seguito a tale modifica, oggi si delineano due distinti tipi di patteggiamento: - patteggiamento tradizionale, che permette all’imputato e al Pubblico Ministero di accordarsi su di unasanzione sostitutiva o pecuniaria o su di una pena detentiva fino a 2 anni sola o congiunta a pena pecuniaria; - patteggiamento allargato, che consente all’imputato e al Pubblico Ministero di accordarsi su di unasanzione da 2 anni e 1 giorno (altrimenti si ricade nel patteggiamento tradizionale) fino a 5 anni di penadetentiva sola o congiunta a pena pecuniaria.

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154. Il patteggiamento “tradizionale” nel processo penale Il patteggiamento tradizionale si configura come un rito semplificato nel quale i benefici assumono un pesonotevole. L’incentivo che più spicca è senza dubbio la riduzione fino a sulla pena da irrogarsi in concreto. L’unico vero requisito di questo tipo di rito semplificato sta nel massimo di pena detentiva sulla qualel’imputato e il Pubblico Ministero possono accordarsi al netto della riduzione fino a : 2 anni di penadetentiva sola o congiunta con pena pecuniaria. Vari sono i benefici che si applicano all’imputato che stipuli il patteggiamento tradizionale col pm: - la parte, di regola l’imputato, può subordinare l’efficacia dell’accordo alla concessione della sospensionecondizionale ad opera del giudice, il quale, se ritiene di non concedere il beneficio, deve rigettare la richiestadi patteggiamento; - la sentenza che applica la pena non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimentopenale, ma l’imputato è comunque tenuto al pagamento delle eventuali spese per il mantenimento incustodia cautelare e al pagamento delle spese di giustizia (conservazione beni sequestrati, ecc…); - la sentenza che applica la pena non comporta l’applicazione di misure di sicurezza, ma consente diapplicare la sola confisca nelle ipotesi nelle quali è obbligatoria o facoltativa; - il reato si estingue se l’imputato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole entro iltermine di 5 anni (nei patteggiamenti per delitti) o di 2 anni (nei patteggiamenti per contravvenzioni); il talmodo so estinguono anche gli effetti penali.

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155. Il patteggiamento “allargato” nel processo penale Tale tipo di patteggiamento consente all’imputato e al Pubblico Ministero di accordarsi su di una sanzioneche, ridotta fino a , non superi 5 anni di pena detentiva. Qualora la pena concordata superi i 2 anni, e quindi si esca dall’ambito del patteggiamento tradizionale perentrare in quello del patteggiamento allargato, sono state stabilite cause di esclusione oggettive e soggettivee sono stati preclusi i benefici appena menzionati: - cause di esclusione oggettive, concernono i procedimenti per delitti consumati o tentati di associazionemafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, tratta di persone, associazione finalizzata al traffico disostanza stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi, per alcuni delittidi violenza sessuale e di prostituzione o pornografia minorile, e per i delitti con finalità di terrorismo; - cause di esclusione soggettive, riguardano determinati tipi di imputati, e cioè coloro che siano statidichiarati delinquenti abituali professionali, per tendenza e i recidivi reiterati. Nonostante queste cause di esclusione, i reati che possono diventare oggetto di pena concordata sononumerosi: si tratta di tutti quei reati per i quali la pena da concordare, prima di operare la riduzione fino a , sicolloca fino a 7 anni e 6 mesi, e, ove le attenuanti prevalgano sulle aggravanti, sono teoricamentenegoziabili reati punibili con una pena base fino a 11 anni di reclusione. A conti fatti, rientrano nel patteggiamento allargato, almeno in astratto, il tentato omicidio, il peculato, laconcussione, la rapina a mano armata, …, che sono delitti di notevole gravità.

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156. La disciplina comune del patteggiamento nel processo penale Possono prendere l’iniziativa tendente all’accordo sia l’imputato, sia il difensore munito di procura speciale,sia il pm. La sede naturale per l’esplicarsi dell’accordo è l’udienza preliminare, quando già l’imputato ha avuto mododi conoscere l’intero fascicolo delle indagini e di ponderare la sua strategia difensiva. Il termine finale per la presentazione della richiesta di patteggiamento (o per dare il consensooriginariamente negato) è la presentazione delle conclusioni nell’udienza preliminare. Il codice non impone all’imputato di riconoscere esplicitamente la propria responsabilità al momento in cuichiede l’applicazione della pena o stipula l’accordo col pm. Nel nostro ordinamento la richiesta di patteggiamento da parte dell’imputato non equivale ad unaammissione di reità. Il Pubblico Ministero ed il giudice hanno una discrezionalità vincolata nel valutare la richiesta dipatteggiamento proveniente dall’imputato: il Pubblico Ministero non può dissentire rispetto ad una richiestadi accordo formulata dall’imputato ma deve enunciarne le ragioni; il giudice valuta la legittimità e lafondatezza dell’accordo delle parti sulla base di tutti gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini. Il giudice deve valutare se sia congrua la pena indicata, pertanto svolge un controllo di carattere sostanzialee non si limita ad esercitare una funzione meramente “notarile” di recepimento della volontà delle parti.

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157. Decisione del giudice in merito al patteggiamento In presenza di una concorde richiesta dell’imputato e del pm, il giudice pronuncia una delle seguentidecisioni: disporre, con sentenza, l’applicazione della pena ed enunciare nel dispositivo che vi è stata richiesta delleparti; se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione dellecircostanze prospettate dalle parti nonché congrua la pena richiesta; rigettare la richiesta e ordinare di procedersi con il rito ordinario; in caso contrario; pronunciare d’ufficio sentenza di proscioglimento con una delle formule terminative previste; se ritiene che,sulla base degli atti, l’imputato deve essere prosciolto. La richiesta di applicazione di pena, formulata dall’imputato e non accolta dal Pubblico Ministero o dalgiudice, non può essere utilizzata nella motivazione di una successiva sentenza come “argomento” al fine didimostrare la reità. Il comportamento dell’imputato è soltanto una rinuncia a difendersi che può essere fondata sui più varimotivi, come quello di evitare i costi e la pubblicità del dibattimento. Pertanto è opportuno che al giudice sia sempre consentito di valutare la possibilità di proscioglierel’imputato anche se è stato perfezionato un patteggiamento tra accusa e difesa. La parte civile è il soggetto maggiormente sacrificato dal patteggiamento. Il giudice, quando accoglie la concorde richiesta dell’imputato e del pm, non può decidere sulla richiesta dirisarcimento del danno derivante dal reato. Pertanto, la sentenza di patteggiamento non rende giustizia al danneggiato, che è costretto ad iniziare undefatigante processo civile. L’unica tutela concessa in sede penale alla parte civile consiste nella condanna dell’imputato al risarcimentodelle spese processuali sostenute da questa, che il giudice deve pronunciare quando accoglie ilpatteggiamento. Infine, i provvedimenti di patteggiamento non devono essere riportati nel certificato generale del casellariogiudiziale richiesto da un interessato.

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158. Gli effetti della sentenza di patteggiamento nel processo penale Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza di patteggiamento è equiparata ad una pronuncia dicondanna. Tale equiparazione fa sì che la sentenza abbia gli stessi effetti processuali e sostanziali della condanna: - effetti processuali, sorgono minori problemi su quest’aspetto in quanto il codice del 1988 disciplinadirettamente la materia; ad esempio, la sentenza non ha efficacia del giudicato nei processi civili eamministrativi, mentre alcune deroghe sono previste per certi procedimenti disciplinari; - effetti penali, maggiori problemi si riscontrano in quest’ambito poiché sul concetto non vi è chiarezza né indottrina né in giurisprudenza. Il vuoto interpretativo è stato ben colmato dal legislatore. Il quadro è questo: il codice del 1988 non ha voluto qualificare come condanna la sentenza che applica lapena su richiesta delle parti, poi, negli anni successivi, il legislatore si è pentito ed ha ricollegato allasentenza quasi tutti gli effetti sostanziali e processuali di una sentenza di condanna. Sulla configurabilità di un obbligo del giudice di operare un accertamento sulla responsabilità dell’imputatoquando accoglie la concorde richiesta delle parti, si registra una marcata divaricazione tra due opposti filoniinterpretativi: coloro che ritengono indispensabile un accertamento del genere, e coloro che negano laconfigurabilità di un accertamento giudiziale col la finalità stessa dell’irrogazione di una pena patteggiata. La giurisprudenza ha accolto quest’ultima concezione e, da un lato, ha ritenuto che il giudice debba esporreconcisamente i motivi su cui la decisione è fondata e, dall’altro, ha affermato che egli non è tenuto adindicare le prove poste a base della decisione, né tanto meno ad enunciare le ragioni per cui ritiene nonattendibili le prove contrarie. Tale orientamento, però, si è formato quando la pena patteggiata doveva ancora essere contenuta fino a 2anni. Dal 2003, con l’introduzione del patteggiamento allargato, risulterà più difficile sostenere che si possanoirrogare anni di carcere senza un accertamento “neanche implicito” del fatto di reato e, conseguentemente,della colpevolezza dell’imputato. Considerato il mutamento di rotta operato dal legislatore, appare auspicabile che la giurisprudenza e ladottrina possano ritornare a condividere quella tesi, più equilibrata, secondo cui la sentenza che accoglie ilpatteggiamento contiene un accertamento quanto meno implicito della responsabilità dell’imputato.

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159. Il giudizio immediato nel processo penale Il giudizio immediato ha la caratteristica di eliminare l’udienza preliminare. Sotto l’unica denominazione sono ricompresi due procedimenti assai diversi: il giudizio immediato chiestodal Pubblico Ministero e quello chiesto dall’imputato. La semplificazione apportata dal giudizio immediato comporta il sacrificio del diritto al controllogiurisdizionale sulla necessità di rinvio a giudizio. Tale diritto è tradizionalmente ritenuto rinunciabile da parte dell’imputato, quindi il giudizio immediato surichiesta dell’imputato appartiene sicuramente al sistema accusatorio. Un diverso discorso deve essere fatto per il giudizio immediato su richiesta del Pubblico Ministero e, quindi,in mancanza del consenso dell’imputato. Il giudice, in questi casi, deve solo esaminare se sussiste quella “evidente prova” di reità che è affermatadalla pubblica accusa. Il giudice opera tale controllo soltanto sulla base degli atti scritti contenuti nel fascicolo delle indaginipreliminari, ma soprattutto effettua una valutazione senza che l’imputato sia stato messo in grado dicontraddire. Sulla base di quanto affermato, il giudizio immediato su richiesta del Pubblico Ministero è un rito specialeche si pone in tensione coi principi del sistema accusatorio.

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160. Il giudizio immediato chiesto dall’imputato nel processo penale L’imputato può presentare richiesta di giudizio immediato soltanto dopo che il Pubblico Ministero haformulato l’imputazione ed il giudice ha fissato l’udienza preliminare. Pertanto, il difensore dell’imputato ha già avuto la possibilità di prendere visione del fascicolo delle indaginipreliminari. La richiesta di giudizio immediato va presentata nella cancelleria del giudice almeno 3 giorni primadell’udienza preliminare. Con la richiesta di giudizio immediato l’imputato perde la possibilità di ottenere il rito abbreviato o ilpatteggiamento. Di fronte alla richiesta dell’imputato, il giudice è obbligato a disporre il giudizio immediato.

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161. Il giudizio immediato chiesto dal Pubblico Ministero Il Pubblico Ministero può chiedere il giudizio immediato se concorrono i seguenti presupposti: - la prova deve apparire evidente; - la persona sottoposta alle indagini deve essere stata interogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza dellaprova o comunque deve essere stata invitata a presentarsi per rendere l’interrogatorio; - non devono essere trascorsi più di 90 giorni dall’iscrizione della notizia di reato nel registro previsto. Sulla richiesta decide il gip in segreto e sulla sola base degli atti trasmessi dal Pubblico Ministero senzasentire la difesa. Per intendere il significato dell’espressione “prova evidente” si deve tener presente che lo scopo dellarichiesta di giudizio immediato è quello di evitare l’udienza preliminare, e cioè un controllo giurisdizionalesulla richiesta di rinvio a giudizio. In sostanza, l’ordinamento chiede ad un giudice di effettuare una prognosi sulla responsabilità dell’imputato,che sia tale da far ritenere inutile il controllo in contraddittorio sulla fondatezza dell’accusa.

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162. Il giudizio direttissimo previsto dal codice Sotto il profilo strutturale, il rito direttissimo presenta una forte somiglianza con il giudizio immediatorichiesto dal pm. In entrambi i casi l’iniziativa della pubblica accusa consente di passare rapidamente dalla fase delle indaginia quella del dibattimento, omettendo l’udienza preliminare. La diversità tra i suddetti procedimenti attiene ai presupposti: l’instaurazione del giudizio immediatoconsegue ad una valutazione soggettiva da parte del Pubblico Ministero e confermata da giudice, mentrel’instaurazione del giudizio direttissimo richiede presupposti di tipo oggettivo che consistono nell’arresto inflagranza convalidato o nella confessione resa dall’indagato. Il Pubblico Ministero può promuovere l’instaurazione del giudizio direttissimo in presenza di una delleseguenti ipotesi: - quando l’indagato è stato arrestato in flagranza di reato e l’arresto è stato convalidato dal gip, eall’arrestato sia stata applicata una misura cautelare custodiale; - quando l’indagato abbia reso confessione all’autorità giudiziaria nel corso di un interrogatorio; - quando l’indagato, che sia stato arrestato il flagranza, è presentato direttamente dal giudice deldibattimento per la convalida dell’arresto, ed il contestuale giudizio, non oltre il termine di 48 ore dall’iniziodella limitazione della libertà personale. La convalida dell’arresto è un presupposto del rito. Pertanto, se l’arresto è convalidato, si deve procedere con il rito direttissimo quando la pubblica accusa el’imputato vi consentono. All’instaurazione del rito provvede il Pubblico Ministero facendo condurre la persona in stato di limitazionedella libertà personale direttamente in udienza o facendo notificare all’imputato, non sottoposto a limitazionidella libertà personale, una citazione a comparire nella quale deve essere enunciato il fatto addebitato. In tutti i casi di giudizio direttissimo è la pubblica accusa a formare il fascicolo per il dibattimento, che vienetrasmesso alla cancelleria competente. Gli atti delle indagini restano depositati presso la segreteria del Pubblico Ministero in modo da consentire aldifensore di prenderne visione. Una volta introdotto il rito direttissimo, il giudice del dibattimento ha il potere-dovere di valutare laconsistenza dei presupposti del medesimo: se la verifica da esito negativo, egli deve rimettere gli atti alPubblico Ministero con ordinanza; altrimenti il giudice è vincolato a procedere al dibattimento. In linea di massima il dibattimento si svolge nelle forme ordinarie, anche se vi sono alcune particolarità. Così, quando non si procede a seguito di citazione, il Pubblico Ministero contesta oralmente l’accusaall’imputato presente; inoltre, per esigenze di celerità, si prevede che le parti possano far citare oralmente lapersona offesa e i testimoni, ovvero possano presentarli direttamente in udienza. In ogni caso il presidente avverte l’imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato o ilpatteggiamento, oppure, in alternativa, un termine (non superiore a 10 giorni) per preparare la difesa.

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163. Il giudizio direttissimo previsto da leggi speciali nel processo

penale Alcune leggi, successive all’emanazione del codice, hanno introdotto nell’ordinamento figure particolari digiudizio direttissimo obbligatorio. Quando si perseguono reato concernenti armi ed esplosivi, oppure i più gravi reati finalizzati alladiscriminazione razziale, etnica e religiosa, il ricorso al rito direttissimo è obbligatorio e si prescindedall’esistenza dei presupposti sopra indicati; tuttavia, se vi è la necessità di compiere speciali indagini, ilPubblico Ministero deve procedere nei modi ordinari. Nuove ipotesi di giudizio direttissimo obbligatorie sono previste per contrastare i fenomeni di violenza inoccasione di competizioni sportive.

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164. Il procedimento per decreto nel processo penale Ha lo scopo di evitare sia l’udienza preliminare, sia il dibattimento. Il pm, se ritiene che possa irrogarsi una pena pecuniaria, sia pure in sostituzione di pena detentiva, puòesercitare l’azione penale chiedendo al gip l’emissione di un decreto di condanna nei confrontidell’imputato. La richiesta deve essere motivata e va formulata entro 6 mesi dall’iscrizione del nome dell’indagato nelregistro delle notizie di reato (modello 21); il termine è ritenuto ordinatorio dalla giurisprudenza. Sulla richiesta decide il gip senza sentire la difesa. Pertanto, la decisione si fonda unicamente sugli elementi di prova raccolti dall’accusa, che deve trasmettereal giudice il fascicolo delle indagini. Per “indurre” l’imputato ad accettare la condanna, il codice consente al Pubblico Ministero di chiederel’applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale. Per accentuare il carattere premiale del rito è previsto, a titolo di benefici: - che il decreto penale esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo; - che non possano essere applicate pene accessorie e può essere disposta soltanto la confisca obbligatoria; - che il decreto non comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento ed il reato è estinto senel termine di 5 anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero 2 anni, quando il decreto concerne unacontravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole; - che la condanna non deve essere menzionata nei certificati richiesti dai privati. La richiesta di decreto penale di condanna può essere rigettata dal giudice per insussistenza dei presuppostioppure perché la pena risulta eccessiva o inadeguata. Ove ricorra una delle ipotesi indicate (innocenza o improcedibilità) il giudice deve prosciogliere l’imputato. Quando accoglie la domanda, il giudice emette decreto di condanna, applicando la pena pecuniaria nellamisura proposta dal pm. Il giudice non ha la possibilità di modificare la pena indicata dalla pubblica accusa. Contro il decreto, che deve essere motivato, il condannato e la persona civilmente obbligata, anche tramite ildifensore, possono formulare un’opposizione; questa va presentata, a pena di inammissibilità, entro 15giorni dalla notifica del decreto. Proponendo l’opposizione il condannato corre il rischio di subire un trattamento sanzionatorio diverso e piùrigoroso, rispetto a quello stabilito dal decreto, e di perdere i benefici concessi. Con la dichiarazione di opposizione si può chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure ilgiudizio immediato.�

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165. Impugnazioni ordinarie e straordinarie nel processo penale Impugnazione è quel rimedio esperibile da una parte al fine di rimuovere un provvedimento giurisdizionalesvantaggioso, che si assume errato, mediante il controllo operato da un giudice differente da quello che haemesso il provvedimento medesimo. Dal punto di vista pratico, il fattore temporale (o, più propriamente, la intervenuta irrevocabilità) è il criterioche meglio permette di distinguere le impugnazioni in: impugnazioni ordinarie, sono quelle che possono essere esperite entro un termine stabilito a pena didecadenza; decorso tale termine senza che sia stata proposta impugnazione, la sentenza diventa irrevocabile. Sono impugnazioni ordinarie l’appello e il ricorso per Cassazione; impugnazioni straordinarie, sono quelle che hanno ad oggetto provvedimenti divenuti irrevocabili. Sono impugnazioni straordinarie la revisione ed il ricorso per Cassazione per errore materiale o di fatto. La cognizione del giudice di appello è la più completa, perché egli può riesaminare il caso sotto il profilodella legittimità e del merito nei limiti dei motivi addotti dalle parti appellanti. La sentenza della Corte d’Appello ha carattere sostitutivo della sentenza impugnata e può essere soggetta aricorso per Cassazione. Il ricorso per Cassazione è istituto completamente diverso dall’appello. In Cassazione “accusata” è la sentenza impugnata; essa può essere fatta oggetto di ricorso per vizi dilegittimità e soltanto nei casi tassativamente previsti dalla legge. La Corte di Cassazione è giudice della sola legalità processuale e sostanziale, con esclusione di ognisindacato sulla valutazione dei fatti. La Corte, di regola, non può riformare la sentenza, ma solo pronunciare l’annullamento. Il compito di riformare la sentenza annullata è demandato al giudice di rinvio.

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166. Le impugnazioni nel processo penale: il principio di tassatività L’art. 5681 c.p.p. sancisce che soltanto la legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sonosoggetti ad impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati. La legge deve provvedere espressamente un provvedimento come impugnabile e precisare il mezzo diimpugnazione. In mancanza di ciò il provvedimento non è impugnabile. Sono sempre soggetti a ricorso per Cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimentocon i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze. Le sentenze sono appellabili soltanto se tale mezzo è previsto espressamente dalla legge, così come per leordinanze che non decidono sulla libertà. Il principio di tassatività delle impugnazioni viene inteso dal codice non in senso formalistico: esso èlimitato dal generale principio di conservazione del valore degli atti giuridici. Da ciò consegue che sono irrilevanti le qualificazioni erronee date dalla parte impugnante quando ilprovvedimento è oggettivamente impugnabile: se anche una parte ha consapevolmente propostoun’impugnazione diversa da quella consentita dalla legge, l’impugnazione stessa si converte in quella che lalegge prevede espressamente.

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167. Le impugnazioni nel processo penale: l’effetto sospensivo L’esecuzione della sentenza, di regola, è sospesa durante il corso dei termini per impugnare e fino all’esitodell’ultimo giudizio di impugnazione concretamente esperito. Le sentenze hanno forza esecutiva quando sono divenute “irrevocabili”. L’effetto sospensivo dell’impugnazione deriva dall’art, 272 cost., in base al quale l’imputato non èconsiderato colpevole fino alla condanna definitiva. La regola dell’effetto sospensivo trova la sua eccezione per le impugnazioni contro le misure cautelari(riesame, appello e ricorso per Cassazione): tali impugnazioni non hanno in alcun caso effetto sospensivo.

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168. Le impugnazioni nel processo penale: l’effetto estensivo Nel caso di concorso di più persone nel reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati giova ancheagli altri purché non fondata su motivi esclusivamente personali. L’effetto estensivo consiste nel consentire ad una parte, che non ha proposto impugnazione, di partecipare algiudizio e di giovarsi degli effetti favorevoli derivanti da una impugnazione proposta da altra parte, con laquale la prima abbia un interesse identico o collegato. L’effetto estensivo dell’impugnazione si distingue dall’effetto estensivo della sentenza che comporta che ilgiudice dell’impugnazione, nell’accogliere un motivo di carattere non personale, dispone la modifica ol’annullamento della sentenza impugnata anche nei confronti del coimputato del medesimo procedimento,che non ha presentato impugnazione o che non ha partecipato al giudizio di impugnazione.

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169. L’effetto devolutivo dell’impugnazione Per devoluzione si intende il trasferimento della cognizione ad un giudice funzionalmente diverso rispetto aquello che ha pronunciato il provvedimento impugnato. La parte che impugna deve enunciare, a pena di inammissibilità, oltre al provvedimento impugnato, alla datadel medesimo ed al giudice che lo ha emesso: - i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione; - le richieste; - i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ognirichiesta. I motivi di impugnazione che stanno alla base della richiesta dio riforma o di annullamento, individuano icapi e i punti della sentenza che vengono sottoposti al giudice dell’impugnazione. In definitiva, i motivi di impugnazione svolgono il compito di definire l’ampiezza della cognizione delgiudice di secondo grado. Ciò premesso, l’impugnazione è interamente devolutiva quando la legge attribuisce al giudicedell’impugnazione il potere di conoscere tutta la materia decisa dal primo giudice; è limitatamentedevolutiva quando la legge consente al giudice dell’impugnazione di conoscere soltanto quella parte dellamateria che è stata oggetto dei motivi proposti dalla parte impugnante.

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170. Profilo soggettivo dell'impugnabilità nel processo penale Dal principio di tassatività deriva che non chiunque può proporre impugnazione, ma unicamente le “parti”. L’impugnabilità, sotto il profilo soggettivo, si compone di due aspetti: la legittimazione ad impugnare (cioèla titolarità astratta del diritto di impugnazione, conferita dalla legge) e l’interesse ad impugnare. Il difetto di uno dei due aspetti è causa di inammissibilità dell’atto di impugnazione. E’ necessario che la parte abbia un interesse ad impugnare; per valutare se vi è interesse giuridicamenterilevante, occorre confrontare il provvedimento impugnato e quello che la parte chiede mediantel’impugnazione: il requisito è soddisfatto quando quest’ultimo provvedimento comporta una situazionepratica più vantaggiosa per la predetta parte e non soltanto un risultato teoricamente più corretto. Il principio trova una deroga apparente nella potestà di impugnazione conferita a Pubblico Ministero proreo: infatti, la funzione del Pubblico Ministero è quella di far osservare la legge.

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171. I soggetti legittimati ad impugnare la sentenza nel processo

penale - Pubblico Ministero, quando la legge ammette che un provvedimento sia impugnabile dal PubblicoMinistero si deve intendere che il provvedimento medesimo può essere impugnato sia dal PubblicoMinistero presso il giudice di primo grado, sia dal Pubblico Ministero presso la Corte d’Appello. La parte civile e la persona offesa, anche se non costituita parte civile, nonché gli enti e associazioniintervenute e presidio degli interessi collettivi o diffusi, possono chiedere al Pubblico Ministero di proporrel’impugnazione agli effetti penali. In quanti casi il pm, quando non propone l’impugnazione, provvede con decreto motivato. - Imputato, purché ne abbia interesse l’imputato può proporre impugnazione penale personalmente o permezzo di un procuratore speciale o anche per mezzo del ministero tecnico del difensore, purché questi fossetale al momento del deposito del provvedimento ovvero sia nominato allo scopo di impugnare. - Difensore dell’imputato, può proporre gravame avverso il provvedimento anche quando l’imputato non loabbia fatto. Si tratta di un potere che il difensore esercita autonomamente rispetto all’assistito: la legge viole che, anchese l’imputato si trova in una situazione psichica negativa, un soggetto tecnicamente qualificato possavalutare per lui l’opportunità dell’impugnazione. L’imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all’impugnazione proposta dal suodifensore. - Parte civile, il codice riconosce alla parte civile un autonomo potere di impugnazione limitatamente allatutela dei propri interessi civili. Dalla l. 46/2006 la parte civile non ha più un generale potere di proporre appello; le è consentito soltanto ilricorso per Cassazione. Essa può proporre impugnazione nei seguenti casi: contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile; contro la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio per i soli interessi civili; contro la sentenza nei capi in cui si stabilisce la propria condanna ai danni ed alle spese. - Responsabile civile, può proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza riguardanti laresponsabilità dell’imputato e contro quelle relative alla condanna di questi e del responsabile civile allerestituzioni, al risarcimento e alla rifusione delle spese processuali. Questa impugnazione è di tipo “penalistico” ed è proposta col mezzo che la legge attribuisce all’imputato. - Persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, il codice estende la portata dell’impugnazione delresponsabile civile alla persona civilmente obbligata. - Querelante, può proporre l’impugnazione contro la sentenza di proscioglimento che lo ha condannato alpagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato, nonché al risarcimento del danno in favore

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dell’imputato e del responsabile civile. Il mezzo di impugnazione è quello previsto per la parte civile e l’impugnazione è limitata agli interessicivili.

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172. Nozione di appello nel processo penale L’ambito della cognizione del giudice di appello è vastissimo, perché abbraccia il merito e la legittimitàdella sentenza di primo grado. Occorre tuttavia tenere presente che, di regola, il processo di appello è “cartolare”, cioè il giudice d’appello“legge” gli atti probatori del giudice di primo grado nei limiti delle richieste e dei motivi degli appellanti,senza, di regola, assumere prove. Sfugge, pertanto, al giudice d’appello l’oralità, sostituita dalla trascrizione della registrazione del verbale diprimo grado. Pertanto il processo d’appello, per la limitazione del contraddittorio orale e per il rinvio delle sole lettureconsentite, presenta maggiori difficoltà del processo di primo grado, nel quale il giudice ha un contattodiretto con le fonti di prova. E’ deciso da un giudice diverso e di regole collegiale, che inoltre dispone di poteri d’ufficio. Infatti, alla pari del giudice di primo grado, può, ad esempio, rilevare il difetto di giurisdizione,l’incompetenza per materia, l’inutilizzabilità delle prove, le nullità assolute e quelle intermedie. Inoltre egli può prosciogliere l’imputato, anche al di fuori dei motivi di impugnazione, se riconosce che ilfatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o non è previstodalla legge come reato, ovvero che è estinto o che manca una condizioni di procedibilità.

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173. Appello principale ed incidentale nel processo penale L’appello principale, qualora sia ammissibile, determina il dovere del giudice di secondo grado diriesaminare il fatto nei limiti dei punti ai quali si riferiscono i motivi proposti. Una volta che una parte abbia proposto appello principale, le altre parti, che erano legittimate ad impugnarema non lo hanno fatto, hanno la possibilità di proporre il c.d. appello incidentale entro 15 giorni dallacomunicazione o dalla notificazione dell’appello principale. La funzione dell’appello incidentale è quella di integrare il contraddittorio nel giudizio d’appello; si vuoleconsentire all’appellante incidentale di sottoporre al giudice una tesi alternativa sullo stesso tema oggetto dicontrollo a seguito dell’appello principale. Pertanto si ritiene che oggetto di appello incidentale debbano essere gli stessi capi censurati nell’appelloprincipale. Chiunque sia la parte che ha proposto l’appello incidentale, la sorte di questo segue quella dell’appelloprincipale: l’appello incidentale perde efficacia in caso di inammissibilità dell’appello principale o dirinuncia allo stesso. Occorre sottolineare che l’appello incidentale proposto dal Pubblico Ministero (e da lui soltanto) fa cadere ildivieto di riformare negativamente per l’imputato la sentenza di primo grado, nei casi in cui l’appelloprincipale è stato proposto dall’imputato (e da lui soltanto). Si ritiene che un effetto del genere sia dovuto alla finalità di disincentivare le impugnazioni meramentedilatorie dell’imputato.

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174. Regime di appellabilità nel processo penale: legge 46/2006 La l. 46/2006 ha profondamente modificato il regime di appellabilità delle sentenze pronunciate nel giudiziodi primo grado. Di regola, possono essere sottoposte ad appello le sentenze di condanna e non le sentenza diproscioglimento. Nei confronti delle sentenze non sottoponibili ad appello è sempre ammesso ricorso per Cassazione. Per quanto concerne le parti legittimate all’appello, il codice menziona soltanto il Pubblico Ministero el’imputato. L’art. 593 c.p.p. pone come regola la generale appellabilità delle sentenza di condanna da parte del PubblicoMinistero e dell’imputato. La regola è affiancata da un elenco di eccezioni (vi sono sentenze che non possono essere sottoposte adappello in base a criteri oggettivi e soggettivi): - sono inappellabili le sentenza di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda, daintendersi come pena originaria e non sostitutiva della detenzione; - sono inappellabili le sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento); - non si può proporre appello contro la sola misura di sicurezza quando la parte non ha impugnato, aglieffetti penali, un capo della sentenza di condanna, perché in tal caso la competenza appartiene al tribunale disorveglianza; - il solo Pubblico Ministero non può proporre appello contro la condanna pronunciata nel giudizioabbreviato, ha tale potere solo quando la sentenza ha modificato il titolo di reato.

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175. La non appellabilità delle sentenze: legge 46/2006 La l. 46/2006 ha posto come regola generale la non appellabilità delle sentenze di proscioglimento, salvo uncaso espressamente previsto: l’imputato e il Pubblico Ministero possono proporre appello contro unasentenza di proscioglimento soltanto se l’appello è basato su di una nuova prova sopravvenuta o scopertadopo il giudizio di primo grado, purché decisiva; tale prova dovrà essere assunta attraverso la rinnovazionedell’istruzione dibattimentale in appello. La ratio sta che nel codice del 1988 non si offriva una soddisfacente tutela dell’imputato prosciolto in primogrado ove il Pubblico Ministero avesse proposto appello. Una eventuale condanna in appello non poteva essere oggetto di impugnazione nel merito, bensì soltanto diricorso per Cassazione per motivi di legittimità. E’ chiaro che una condanna, che avesse ribaltato il proscioglimento di primo grado, sarebbe stata emessaall’esito di un giudizio privo di garanzie. La l. 46/2006 (c.d. legge Pecorella) ha ridotto fortemente il potere di appello spettante al Pubblico Ministerocontro le sentenze di proscioglimento e lo ha sostituito con la possibilità, offerta alla pubblica accusa, maanche all’imputato, di proporre il ricorso per Cassazione per motivi leggermente più ampi. Un eventuale annullamento della sentenza in Cassazione, rende oggi possibile svolgere nuovamente ilgiudizio di primo grado.

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176. Appellabilità della parte civile nel processo penale Prima della modifica intervenuta nel 2006, il codice permetteva alla parte civile di godere del medesimopotere di appello spettante al pm. La l. 46/2006 ha eliminato quel rinvio che concedeva alla parte civile tale potere di impugnazione, ma taleeliminazione crea un vuoto di regolamentazione che si scontra col principio di tassatività che fonda ilsistema. La nuova disciplina non indica più espressamente il mezzo di impugnazione spettante alla parte civile, ma silimita ad affermare che l’eventuale rimedio è limitato ai soli affetti della responsabilità civile. Poiché, quindi, la legge non dice alcunché in relazione all’appello, in base al principio di tassatività la partecivile non può proporre questo mezzo di impugnazione contro la sentenza, si questa di condanna o diassoluzione. La parte civile è titolare dell’unico rimedio concesso a tutte le parti contro le sentenze, e cioè del ricorso perCassazione. Se la Cassazione accoglie il ricorso del danneggiato, rimette gli atti al giudice civile. A seguito della riforma, il sistema necessita di almeno un correttivo: di fronte ad una sentenza di assoluzionenon appellabile, il vincolo del giudicato sul risarcimento del danno non è più accettabile, perché la partecivile non è messa in grado di far rilevare un errore che tocca il merito del giudizio.

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177. Impugnazione delle pronunce su più reati nella sentenza Una sentenza può contenere pronunce su più reati: ogni capo contiene una decisione su una imputazione. Sulla singola imputazione il giudice pronuncia una condanna o un proscioglimento. Contro i singoli capi della sentenza il codice può prevedere diversi tipi di impugnazioni; ad esempio, lacondanna pronunciata nel rito abbreviato può essere sottoposta ad appello da parte dell’imputato e a ricorsoper Cassazione da parte del pm. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazioni diversi, nel caso in cui sussistaconnessione, il ricorso per Cassazione si converte nell’appello. La disposizione configura un rimedio preventivo contro il sorgere di giudicati contrastanti sul medesimoreato o su reati connessi. Tale conversione opera automaticamente ope legis quando su almeno un capo è stato proposto appello. Il ricorso per Cassazione, anche se convertivo in appello, resta limitato ai motivi di legittimità e non puòestendersi ai motivi di merito. Il giudice di appello, ove accolga una questione di legittimità, mantiene i propri originari poteri; e cioè nondeve annullare, come farebbe la Corte di Cassazione, bensì deve riformare il giudizio.

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178. La cognizione del giudice di appello nel processo penale Oggetto del giudizio di appello non è il motivo, bensì il punto della decisione al quale il motivo si riferisce,e cioè una tematica che deve essere trattata per decidere su di un capo di imputazione. Pertanto, il giudice di appello nell’accertamento della correttezza dell’operato del giudice di primo grado inrelazione al punto impugnato, non è obbligato a limitarsi alle prospettazioni effettuate dall’appellante nellaproposizione dei motivi. Ad esempio, in relazione all’elemento psicologico se il giudice di primo grado aveva ritenuto che sussistessedolo, mentre l’impugnante aveva affermato la sussistenza della colpa, il giudice d’appello può concludereper la preterintenzione. In particolare, quando l’appellante è il pm, la cognizione del giudice d’appello può essere: se l’appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può dare al fatto una definizione giuridica piùgrave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare misure di sicurezza; se l’appello riguarda una sentenza di proscioglimento, il giudice può pronunciare condanna, ovveroprosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata; se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinatidalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza. La cognizione del giudice quando appellante è solo l’imputato è la seguente: egli non può irrogare una penapiù grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, proscioglierel’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata, né revocare benefici. In caso di appello del solo imputato, il giudice di secondo grado ha la potestà d’ufficio di applicare lasospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nei certificati del casellario giudizialee una o più circostanze attenuanti. Se non sono impugnati tutti i punti della sentenza, la cognizione del giudice di secondo grado può estendersiai punti legati da un vincolo di connessione di tipi logico con quello impugnati.

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179. Il ragionamento giuridico del giudice di appello Il giudice di appello ha a disposizione, sia pure in via “cartolare”, le stesse prove di cui disponeva il giudicedi primo grado. Se in secondo grado si riforma la sentenza, vuol dire che il giudice di appello ha ragionato diversamente, sulpiano probatorio o su quello giuridico, dal giudice di primo grado. Ambedue i giudici hanno, dunque, gli stessi strumenti logico-argomentativi, ma possono ragionare in mododiverso. Si potrebbe dire, in modo figurato, che nel giudizio d’appello non è l’imputato, ma la sentenza ad essere laprotagonista; il contraddittorio d’appello comporta una nuova verifica e, quindi, la scoperta dell’eventualeerrore. Un esempio di errore di fatto è una testimonianza giudicata inattendibile; un esempio di errore di diritto è laconsiderazione della sufficienza del dolo generico della ricettazione.�

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180. La corte di cassazione come supremo organo giurisdizionale Il ricorso per Cassazione è ammesso per motivi di legittimità. La Corte di Cassazione, quando giudice di legittimità, di regola è giudice di solo diritto e può soltantoannullare la sentenza impugnata. In sintesi, la Suprema Corte, svolge una funzione di controllo sul giudice di merito, perché egli rispetti ilprincipio di legalità penale e processuale. Quale organo supremo della Giustizia, la Corte svolge le seguenti funzioni: - assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge (funzione normofilattica); - assicura l’unità del diritto oggettivo nazionale; - assicura il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni e regola i conflitti di competenza e di attribuzione; - adempie agli altri compiti ad essa conferiti dalla legge. Quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni o quando le questioniproposte sono di speciale importanza, il presidente della Corte, si richiesta del procuratore generale, deidifensori delle parti o anche d’ufficio, assegna il ricorso alle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite sono composte da 8 consiglieri e presiedute dal primo presidente. Sono sempre impugnabili con ricorso per Cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, iprovvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze. Per quanto concerne le sentenze, vi è una eccezione: non sono sottoponibili a ricorso per Cassazione lesentenze che possono dar luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza. L’imputato può ricorrere per Cassazione contro la sentenza di condanna o di proscioglimento, ovvero controla sentenza di non luogo a procedere salvo che con la stessa sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o chel’imputato non lo ha commesso. Il procuratore generale presso la Corte d’Appello può ricorrere per Cassazione contro ogni sentenza dicondanna o di proscioglimento, pronunciata in grado di appello nel distretto, o inappellabile. Se tutte le parti sono consenzienti, è possibile “saltare” l’appello e ricorrere per Cassazione contro lasentenza di primo grado: si tratta del c.d. ricorso per saltum. Quando non vi è accordo delle parti, ove una di esser proponga ricorso per saltum ed un'altra inveceproponga appello, il ricorso, come abbiamo già visto, si converte in appello.

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181. I motivi del ricorso per cassazione nel processo penale Il ricorso per Cassazione può proporsi soltanto per i seguenti motivi tassativamente indicati all’art. 606comma 1 c.p.p.: Esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi o nonconsentita a pubblici poteri, si tratta del vizio di eccesso di potere che si verifica quando il giudice hausurpato un potere amministrativo o quando ha esercitato un potere non consentito agli organi dello Stato. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altra norma giuridica della quale si deve tenereconto nell’applicazione della legge penale, si tratta di errori in iudicando. Inosservanza delle norme processuali penali stabilite a pena di nullità, di inammissibilità, di inutilizzabilità odi decadenza, si tratta degli errori in procedendo, ma non ognuno di essi costituisce vizio rilevabile inCassazione. Infatti, soltanto l’inosservanza di quelle norme che costituiscano una causa di invalidità espressamenteprevista costituiscono presupposto per il ricorso per Cassazione, le mere irregolarità no.

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182. Ricorso per cassazione: mancata assunzione di una prova

contraria decisiva Mancata assunzione di una prova contraria decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta nel corsodell’istruzione dibattimentale, il motivo di ricorso per Cassazione è ammissibile alle seguenti condizioni: deve trattarsi di prova contraria a quella che sia stata ammessa; deve trattarsi di prova decisiva, cioè idonea ad incidere in modo significativo sul procedimento decisionaleseguito dal giudice e da determinare, di conseguenza, una differente valutazione complessiva dei fatti eportare in concreto ad una decisione diversa. Pertanto la parte impugnante deve documentare l’idoneità a determinare la modifica della decisionesottoposta a gravame; occorre che la prova contraria decisiva sia stata chiesta al momento delle richieste di prova all’inizio deldibattimento o anche nel corso dell’istruzione dibattimentale. Ove vi sia stato appello e la mancata assunzione si avvenuta in primo grado, l’art. 6063 c.p.p. impone che ilvizio sia stato prospettato precedentemente nei motivi di appello con l’indicazione degli elementi fondanti. Non è consentito il ricorso per saltum in caso di omessa assunzione di prova contraria decisiva.

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183. Ricorso per cassazione: mancanza, illogicità o

contraddittorietà della motivazioneRicorso per cassazione: mancanza, illogicità o contraddittorietà della motivazione

Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del

provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificatamente indicati dei motivi di gravame,

si tratta dei vizi di motivazione.

Quelli che possono costituire presupposto del ricorso per Cassazione sono tre:

- Mancanza della motivazione, intesa come carenza sostanziale del discorso logico, cioè dell’esposizione

dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione delle prove poste a base della

decisione stessa e l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove

contrarie.

- Manifesta illogicità della manifestazione, l’argomentazione esiste, ma manca la logicità del contenuto: è

un vizio della logica argomentativa.

La Cassazione deve controllare la correttezza dell’inferenza probatoria, e cioè il rapporto tra la premessa

(fatto noto) e le conclusioni (fatto accertato).

Si ha manifesta illogicità quando la sentenza ha fatto pessimo uso delle massime di esperienza o delle leggi

scientifiche.

All’interno della manifesta illogicità si ritiene si collochi il vizio di contraddittorietà logica della decisione:

si tratta di un vizio di logica formale, che prescinde dal contenuto della motivazione (ad esempio,

inconciliabilità tra motivazione e dispositivo).

- Contraddittorietà processuale della motivazione, poiché la contraddittorietà logica è un vizio interno

alla illogicità, la contraddittorietà deve intendersi in senso processuale: essa esiste quando vi è un contrasto

tra gli atti processuali e la motivazione.

Ciò avviene quando vi è un contrasto tra il contenuto informativo di un atto processuale e l’informazione

grezza posta a base del ragionamento dal giudice.

Il vizio di contraddittorietà processuale si ha quando i fatti assunti in motivazione non si possono dedurre da

una prova acquisita nel processo perché gli atti sono differenti (c.d. travisamento della prova), o quando si

motiva su di una prova non risultante agli atti (c.d. travisamento degli atti), o ancora quando non si motiva

su di una prova che è stata acquisita (c.d. mancata valutazione della prova).

In definitiva, la legge vuole impedire l’infedeltà della motivazione rispetto al processo.

I vizi di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del

provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo specificatamente indicati nei motiv di gravame.

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184. Inammissibilità del ricorso in Cassazione E allora cosa resta fuori dei motivi del ricorso per Cassazione? Ciò che resta fuori è una valutazione di merito: il giudizio sulla credibilità della fonte o sulla attendibilitàdella dichiarazione. Si tratta, cioè, del rapporto tra elemento di prova e risultato probatorio: per valutare l’attendibilità e lacredibilità occorre sentire il dichiarante o, quanto meno, conoscere tutti gli atti del processo al fine dicontrollare i riscontri. Il limite è giustificato dalla natura stessa del ricorso per Cassazione, che non è un terzo grado di giudizio,bensì un controllo di legittimità a presidio dell’imputato e della collettività, in attuazione del principio diuguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge, manifestamenteinfondati (cioè quando il ricorrente denuncia vizi insussistenti, ossia la cui infondatezza sia evidente, comead esempio nel caso in cui il ricorso sia basato su norme dell’ordinamento inesistenti), ed inoltre se èproposto per violazioni di legge non dedotte nei motivi di appello. Si è posto il problema di stabilire se, in caso di contemporanea presenza di una causa di inammissibilitàdell’impugnazione e di una causa di estinzione del reato, il giudice debba dichiarare l’una o l’altra. La pronuncia di inammissibilità, ove non impugnata a sua volta, provoca il passaggio della sentenza ingiudicato; mentre la pronuncia di estinzione del reato (per prescrizione intervenuta nelle more del giudizio diimpugnazione) comporta che il fatto non sia più punibile. Per contenere la prassi delle impugnazioni meramente dilatorie, la giurisprudenza ha limitato l’area dioperatività della declaratoria di determinate cause di non punibilità, escludendola laddove l’atto diimpugnazione risulti inammissibile. La Suprema Corte è intervenuta più volte escludendo che un ricorso inammissibile possa attribuire algiudice il potere di valutare l’esistenza di una delle cause di non punibilità. Se il ricorso è proposto sulla base di argomenti palesemente inconsistenti, avanzati per prolungareartificiosamente il processo fino all’estinzione del reato, il giudice deve senz’altro dichiararel’inammissibilità dell’impugnazione, restando preclusa ogni ulteriore indagine.

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185. Cognizione e ragionamento giuridico della corte di cassazione Il ricorso attribuisce alla Corte di Cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motiviproposti, con l’implicita prescrizione che tali motivi debbano già essere stati presentati dal giudice di merito. Le questioni non contestate in grado di appello, invero, passano nel giudicato interno. Tale prescrizione conosce l’eccezione delle questioni che la Corte può rilevare d’ufficio e di quelle che nonsarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. In sintesi, la Corte di Cassazione controlla il ragionamento del giudice di merito e, se lo trovametodologicamente corretto e logicamente motivato, rigetta il ricorso; altrimenti annulla la sentenzaimpugnata. Tra il ricorso per Cassazione e il giudizio di appello esiste una profonda differenza: il giudice di appello nonè vincolato strettamente al motivo proposto dalle parti, e può decidere liberamente su tutte le questioniipotizzabili in relazione al punto che è stato impugnato; viceversa, la cognizione della Cassazione è limitataai motivi addotti dalle parti. Il giudice di legittimità può soltanto accogliere o rigettare i motivi del ricorso, salve le ricordate eccezioni inmerito alle questioni rilevabili d’ufficio o non deducibili in appello. In conclusione, il ricorso per Cassazione è definibile come una azione di annullamento della sentenzaimpugnata: se sono ritenuti validi i motivi dedotti, la Corte si limita ad annullare la sentenza impugnata.

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186. Nozione di revisione nel processo penale La revisione è quella impugnazione straordinaria che ha per oggetto una sentenza di condanna divenutairrevocabile. Competente è esclusivamente la corte d’appello determinata in base alla medesima tabella con cui siindividua la competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati. Il motivo della differente competenza per territorio è rappresentato dalla esigenza di evitare influenzeambientali e, di conseguenza, di tutelare la serenità del giudice chiamato ad un compito così delicato qualequello di “travolgere” un giudicato.

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187. Errore di fatto ed errore di diritto nel processo penale Non tutti gli errori giudiziari sono correggibili dopo il giudizio irrevocabile. Dal punto di vista quantitativo, non possono essere corretti gli errori “interni” al procedimento penale; dalpunto di vista qualitativo, non può essere modificata l’assoluzione. L’errore giudiziario può essere in fatto o in diritto. Ebbene, l’errore oggetto di revisione è solo quello di fatto, mentre l’errore di diritto resta emendabilesoltanto finché non si è formato il giudicato. Il solo errore che può essere corretto investe il fatto e deve essere quello che, se corretto, permette ilproscioglimento dell’imputato perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto noncostituisce reato, o si trattava di persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, ovvero perché ilreato era estinto o perché l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata o proseguita. L’errore rilevante è, ripetiamo, solo quello intervenuto nella ricostruzione storica del fatto di reato. Vi è un doppio limite: - l’errore di fatto deve emergere dalla motivazione, in quanto premessa storica al dispositivo; - l’errore non deve dipendere da un riesame delle sole prove assunte nel dibattimento, ma da “nuove prove”. A seguito del giudizio di revisione possono essere pronunciate due opposte decisioni: il rigetto dell’istanzadi revisione o il proscioglimento dell’imputato. La sentenza impugnata, in caso di proscioglimento, è revocata: vi è una nuova verità legale. Il giudizio di revisione è ammesso anche se può semplicemente ipotizzarsi che al suo esito si manifesti unragionevole dubbio circa la colpevolezza dell’imputato. La revisione è prevista anche ad espiazione di pena esaurita e nei confronti dei condannati defunti. La sua funzione è, dunque, non soltanto di restituire la libertà, ma anche la dignità all’innocenteerroneamente giudicato colpevole in via irrevocabile.

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188. I casi di revisione nel processo penale La revisione può essere chiesta nei casi seguenti: - Fatti incompatibili con quelli accertati da altra sentenza, se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o deldecreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli accertati in un’altra sentenza penaleirrevocabile del giudice ordinario o del giudice speciale. - Sentenza revocata che abbia deciso una questione pregiudiziale, se la sentenza o il decreto penale dicondanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza delgiudice civile o amministrativo, successivamente revocata. - Nuove prove che determinano il proscioglimento, se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprononuove prove che, sole o congiunte a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto. - Sentenza pronunciata in conseguenza di un fatto previsto dalla legge come reato, se è dimostrato che lasentenza venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio (ad esempio, per falsatestimonianza) o di un altro fatto previsto dalla legge come reato (ad esempio, calunnia, simulazione direato, frode processuale). E’ consentita la revisione anche al fine di ottenere l’assoluzione anche perché vi è un ragionevole dubbiosulla reità o sull’esistenza di una causa di giustificazione.

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189. L’irrevocabilità del giudicato penale Per irrevocabilità si intende la non impugnabilità del provvedimento emesso dal giudice. Tale caratteristica può derivare sia dal fatto che la legge non prevede la possibilità di impugnare ilprovvedimento, sia dal fatto che nessuna parte ha presentato impugnazione nei termini. La irrevocabilità comporta la tendenziale non modificabilità del provvedimento stesso; e cioè l’impossibilitàdi ripetere il giudizio che ha condotto all’accertamento in esso contenuto. In base al codice sono irrevocabili le sentenza pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa unaimpugnazione ordinaria. L’art. 648 c.p.p. pone le seguenti condizioni al realizzarsi della situazione di irrevocabilità: - la decisione deve consistere in una sentenza pronunciata in giudizio, cioè sia la sentenza dibattimentale, siaquella che consegua comunque ad un giudizio abbreviato o sia stata pronunciata su richiesta delle parti; - la sentenza deve essere non impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione, e ciò può avvenire nelcaso siano stati esperiti tutti i rimedi consentiti dalla legge o può derivare dal fatto che è inutilmente decorsoil termine per proporre gravame o per impugnare l’eventuale ordinanza che lo dichiara inammissibile; Il decreto penale di condanna viene assimilato alla sentenza resa in giudizio sotto il profilo dellairrevocabilità.

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190. L’esecutività del giudicato penale È l’idoneità del provvedimento ad essere attuato coattivamente e cioè anche contro la volontà della personainteressata. Di regola ogni provvedimento emanato dal giudice ha la caratteristica dell’esecutività. Alla regola della immediata esecutività, il codice pone una importante deroga: non sono immediatamenteesecutive le sentenze rese in giudizio, quando sono ancora soggette a impugnazione. Ciò può essere giustificato dal fatto che tali provvedimenti possono applicare in modo definitivo limitazionidirette o indirette alle libertà fondamentali; pertanto si vuole che prima della loro esecuzione si siano potutiattivare i controlli mediante le impugnazioni. Sono esecutive soltanto le sentenze irrevocabili. Merita ricordare che, in concreto, la sentenza è eseguita su iniziativa del pm; infatti tra le funzioni di talesoggetto vi è quella di far eseguire i giudicati. A questo punto il codice ha la necessità di precisare che le sentenze di non luogo a procedere (rese,ricordiamo, nell’udienza preliminare) hanno forza esecutiva quando non sono più soggette a impugnazione. Per tali sentenze e quelle di proscioglimento il codice precisa che scatta di diritto l’effetto della immediataperdita di efficacia delle misure cautelari personali che eventualmente siano state disposte. Pertanto tali sentenze, anche se impugnabili, sono esecutive immediatamente quantomeno nel determinare laperdita di efficacia della misura cautelare personale.

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191. Il giudicato nel processo penale Se la sentenza resa in giudizio diventa non più impugnabile, ne consegue che la decisione sul fatto storicoaddebitato all’imputato non è più modificabile: il potere di accertamento spettante al giudice si è ormaiestinto. I controlli ordinari sono stati esperiti (o non sono stati attivati per inerzia delle parti): ormai il giudice ha“giudicato”. Da ciò deriva il principio secondo cui la sentenza irrevocabile ha l’autorità della cosa giudicata: essoesprime una esigenza di certezza dei rapporti giuridici. L’effetto vincolante del giudicato comporta che altri giudici civili o amministrativi, chiamati nuovamente adecidere su alcuni dei fatti accertati da una sentenza penale irrevocabile, sono obbligati a ritenere “vero”l’accertamento già effettuato. L’effetto vincolante è posto dal nostro codice in casi particolari e tassativi. L’effetto preclusivo del giudicato comporta che l’imputato prosciolto o condannato non può essere di nuovosottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto storico. Non vuol dire che si impone ad un altro giudice di ritenere “vero” un determinato fatto, ma che l’altrogiudice non può esercitare un processo presso la medesima persona per lo stesso fatto storico. La regola dell’effetto preclusivo viene meno in un caso importante, cioè nel caso di una impugnazionestraordinaria contro la sentenza di condanna: la revisione. In tal caso il legislatore ritiene prevalente l’esigenza di Giustizia sull’esigenza di certezza. Viceversa, se la sentenza irrevocabile è di proscioglimento non vi sono deroghe: l’esigenza di certezza deirapporti giuridici prevale sempre sulle esigenze di Giustizia.

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192. I limiti dell’efficacia preclusiva della sentenza di condanna L’art. 649 c.p.p. pone il principio dell’effetto preclusivo della sentenza irrevocabile: il principio assume ladenominazione latina di ne bis in idem. Si tratta di un effetto meramente negativo: ove un Pubblico Ministero inizi un nuovo procedimento per ilmedesimo fatto attribuito al medesimo imputato, il giudice ha l’obbligo di pronunciare sentenza di nonluogo a procedere (prima del dibattimento) o di proscioglimento per improcedibilità (in dibattimento). In estrema sintesi, si tratta della regola in base alla quale nessuno può essere processato due volte per lostesso fatto. Il divieto di un secondo giudizio è ricollegato alla presenza di requisiti indicati dalla legge: requisito soggettivo, è dato dalla identità tra la persona già giudicata e quella che si vorrebbe sottoporre aprocedimento penale; pertanto possono essere sottoposti a processo penale persone diverse dall’imputatogiudicato, anche se sono accusate di aver commesso quel medesimo fatto storico sul quale si è formato ilgiudicato. Il giudice del procedimento a carico del concorrente può rivalutare il comportamento del soggetto giàgiudicato, ma unicamente al fine di accertare la sussistenza e il grado della responsabilità dell’imputato dagiudicare; requisito oggettivo, è rappresentato dal medesimo fatto storico, non soltanto quando “appare identico”, maanche quando comunque il fatto storico è il medesimo nonostante che sia rappresentato differentemente, ecioè secondo modalità temporali e spaziali diverse. L’imputato prosciolto o condannato con sentenza irrevocabile no può essere di nuovo sottoposto aprocedimento penale per il medesimo fatto se questo viene diversamente considerato per il titolo(definizione giuridica del fatto), per il grado (maggiore o minore gravità del reato, quale si manifesta nelpassaggio da delitto tentato a consumato) o per le circostanze. La giurisprudenza ritiene che il medesimo fatto sussista soltanto se sono identici la condotta, l’evento ed ilrapporto di causalità, intesi non soltanto nella loro dimensione storico-naturalistica, ma anche in quellagiuridica come espressione di una medesima offesa.

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193. Il giudicato penale in relazione ad altri processi penali Il giudicato di condanna non comporta l’immodificabilità assoluta della pena irrogata. Durante la fase dell’esecuzione essa può essere modificata nelle sue modalità esecutive (mediante le misurealternative alla pena detentiva), e nella quantità di pena applicata in concreto (liberazione anticipata). In un processo contro altri imputati, il giudice potrà accertare nuovamente il medesimo fatto storico e potràritenere che è stato commesso con diversa modalità o, perfino, che non è estinto. Non vi è effetto preclusivo poiché manca il requisito del “medesimo imputato”. Similmente, in un successivo processo penale contro il medesimo imputato, ma per un fatto storico diverso,il giudice può valutare diversamente le prove già considerate nella sentenza irrevocabile. Non vi è effetto preclusivo perché nel nuovo processo si sta accertando un fatto storico diverso. Naturalmente resta la possibilità di esperire il rimedio eccezionale della revisione in caso di oggettivaincompatibilità tra fatti su cui si fondano le sentenze. La sentenza irrevocabile ha soltanto un’efficacia preclusiva nei confronti del medesimo imputato per quelmedesimo fatto. Le prove formate in un procedimento penale potranno essere utilizzate sia contro altri imputati per ilmedesimo fatto, sia contro il medesimo imputato per fatti storici diversi. L’art. 238 bis c.p.p. ammette la possibilità di utilizzare la sentenza irrevocabile sia di proscioglimento, sia dicondanna, come prova in un diverso procedimento penale. La predetta possibilità è estesa ad una sentenza irrevocabile pronunciata anche da un giudice civile oamministrativo. L’unico vincolo sta nel fatto che, se il giudice penale vuole utilizzare la sentenza come prova, occorre che visiano riscontri derivanti da altri elementi di prova.

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194. La sentenza penale irrevocabile ed il processo per il

risarcimento cagionato dal reato Occorre esaminare quali effetti possa avere il giudicato penale nei processi civili ed amministrativi chehanno ad oggetto il danno derivante dal reato. Il giudice civile, o amministrativo, potrà condannare al risarcimento il colpevole se risulta accertata laresponsabilità penale dell’imputato. Si tratta di vedere se tale accertamento spetta in esclusiva, o meno, al giudice penale. Sui rapporti tra processo penale e processi civili o amministrativi sono possibili in astratto le tre seguentisoluzioni: Completa separazione tra le giurisdizioni, con la conseguenza che il giudicato penale di assoluzione o dicondanna non esplica alcun effetto, né preclusivo, né vincolante, nei confronti dei processi civili oamministrativi. Totale efficacia del giudicato penale di condanna o di assoluzione, nel senso che esso ha un effettovincolante sul potere di accertamento spettante al giudice civile o amministrativo. Il giudicato penale “fa stato” nel senso che il fatto accertato dal giudice penale deve essere considerato“vero” dagli altri giudici. Tale sistema è denominato unità della giurisdizione in quanto soltanto il giudice penale può accertarel’esistenza o meno della responsabilità per un fatto di reato. Efficacia parziale del giudicato penale, l’efficacia del giudicato si ha in casi determinati, e cioè soltanto perspecifici oggetti che sono stati accertati dal giudice penale. In tale ipotesi siamo in presenza di un sistema misto. I sistemi processuali inquisitori accolgono l’unità della giurisdizione, in quanto non possono ammettere chedue giudici assumano contemporaneamente e separatamente le prove del medesimo fatto, ed eventualmentearrivino a decidere in modo difforme. La soluzione della separazione delle giurisdizioni è tipica degli ordinamenti accusatori. In essi spetta al danneggiato far valere la propria pretesa risarcitoria davanti al giudice civile prima, duranteo dopo il processo penale. Il codice del 1988 accoglie una soluzione di tipi misto: da un lato pone come regola la separazione dellegiurisdizioni, dall’altro prevede casi eccezionali nei quali il giudicato penale ha efficacia su determinatioggetti accertati o soltanto contro determinati soggetti. In definitiva il codice del 1988 accoglie la soluzione mista sotto vari profili: permette al danneggiato dicostituirsi parte civile come avviene nel sistema inquisitorio. La scelta può essere accettabile soltanto se le sue modalità di attuazione risultano ragionevoli.

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195. L’esercizio tempestivo dell’azione di danno e la separazione

delle giurisdizioni Il codice contiene una disposizione generale secondo cui l’azione civile per il risarcimento del dannoderivante dal reato può essere proposta davanti al giudice civile e sfugge all’efficacia del giudicato. Ciò dimostra che il codice accoglie la soluzione della separazione delle giurisdizioni come regola, alla qualepone singole eccezioni. Ne consegue che il giurista deve interpretare queste ultime in modo restrittivo. Il danneggiato può esercitare l’azione risarcitoria in sede civile senza subire l’efficacia del giudicato penaledi assoluzione soltanto se si rivolge al giudice civile in modo tempestivo, e cioè prima della pronuncia dellasentenza penale di primo grado. Il processo civile, iniziato prima di tale momento, può proseguire senza essere sospeso. Viceversa, se l’azione risarcitoria inizia tardivamente (oppure se il danneggiato si è costituito in precedenzaparte civile nel processo penale e, poi, ha trasferito l’azione in sede civile) il processo civile è sospeso finoalla pronuncia della sentenza penale irrevocabile. La norma ha un evidente scopo punitivo nei confronti del danneggiato che non abbia scelto di percorreresubito la strada “suggerita” dal legislatore, e cioè l’azione risarcitoria in sede civile.

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196. Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o

amministrativo di danno L’efficacia del giudicato opera nei confronti del processo civile o amministrativo che abbia per oggetto lerestituzioni e il risarcimento del danno e che sia stato promosso nei confronti del condannato e delresponsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. In primo luogo, il giudicato copre l’accertamento della sussistenza del fatto da intendersi in sensonaturalistico come fatto materiale nella sua riferibilità all’imputato. In secondo luogo, il giudicato ha per oggetto la illiceità penale del fatto, e cioè non il tema della illiceitàcivile, che non può essere esaminato nel processo penale. In terzo luogo, il giudicato copre l’accertamento della responsabilità dell’imputato, cioè che egli hacommesso il fatto, da intendersi come condotta materiale, rapporto di causalità ed evento. Rispetto al codice del 1930 vi sono rilevanti modifiche. Quel codice stabiliva che tutti gli accertamenti che erano contenuti nella motivazione e che costituivano ipresupposti logici della decisione, dovevano essere compresi nel vincolo del giudicato. Il codice del 1988, invece, limita l’effetto del giudicato all’accertamento del solo fatto naturalistico di reatolimitatamente ai suoi profili normativi di illiceità penale. Per quanto riguarda la sentenza di condanna che sia stata resa nel giudizio abbreviato, questa ha effetto digiudicato nei confronti della parte civile se essa ha accettato il rito abbreviato o se non lo ha accettato, manon ha fatto opposizione. Nessuna efficacia di giudicato, in tema di danno da reato, ha la sentenza di patteggiamento.

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197. Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile

o amministrativo di danno La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito al dibattimento ha, rispetto ai giudizidi danno, una efficacia vincolante con vari limiti. L’efficacia vincolante comporta che il giudice nel processo di danno promosso dal danneggiato, debbaritenere “vero” il fatto accertato dal giudice penale. I limiti sono: - limite oggettivo sulle formule terminative, hanno efficacia di giudicato soltanto le sentenze che assolvonol’imputato in modo ampio (il fatto non sussiste, l’imputato non ha commesso il fatto, il fatto è statocompiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di un diritto); - limite oggettivo dell’accertamento dell’innocenza, hanno efficacia di giudicato le sentenze di assoluzionequando il giudice abbia accertato un fatto, cioè che l’innocenza risulti provata, mentre non è sufficiente cheil giudice dichiari l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla reità dell’imputato; - limite soggettivo a tutela del diritto al contraddittorio del danneggiato, esclude l’efficacia del giudicato sianei confronti di quel danneggiato che abbia iniziato l’azione risarcitoria in modo tempestivo davanti algiudice civile, sia nei confronti di quello che non sia stato posto, in concreto, in condizione di costituirsiparte civile nel processo penale. In definitiva l’efficacia del giudicato è condizionata al rispetto del diritto al contraddittorio spettante aldanneggiato. Tale diritto risulta tutelato quando quest’ultimo, nella sua qualità di offeso, abbia avuto la possibilità siagiuridica, sia di fatto, di costituirsi parte civile. La sentenza di assoluzione pronunciata al termine del rito abbreviato, ha la medesima efficacia dellasentenza resa in dibattimento, a condizione che la parte civile abbia accettato tale rito. Se questa non lo ha accettato, può iniziare il processo civile senza che questo sia sospeso e non è vincolatadal giudicato di assoluzione. Sempre il relazione alla parte civile, è prevista una ulteriore esclusione dell’efficacia del giudicato diassoluzione. Costei non è vincolata dalla sentenza irrevocabile pronunciata sulla base di una prova assunta con incidenteprobatorio al quale non sia stata posta in grado di partecipare.

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Indice

1. La definizione di provvedimento cautelare 1

2. Caratteristiche delle misure cautelari 2

3. I tipi di misure cautelari 4

4. Misure personali coercitive 5

5. Misure personali interdittive 6

6. Applicazione provvisoria di misure di sicurezza 7

7. Misure cautelari personali e sistema processuale 8

8. La riserva di legge e di giurisdizione sulle misure cautelari 9

9. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari: gravità del delitto 10

10. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari: punibilità in concreto 11

11. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari: gravi indizi 12

12. Esigenze cautelari 14

13. Criteri di scelta delle misure con ordinanza: principio di adeguatezza e di 15

14. Criteri di scelta delle misure con ordinanza: principio di gradualità 16

15. L’applicazione delle misure cautelari personali 17

16. Applicazione delle misure cautelari personali: la richiesta del Pubblico Ministero e la 18

17. Applicazione delle misure cautelari personali: l’interrogatorio di garanzia 19

18. Le impugnazioni contro le misure cautelari personali 20

19. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: Riesame 21

20. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: appello 23

21. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: ricorso per Cassazione 24

22. La riparazione per l’ingiusta custodia cautelare 25

23. Le misure cautelari reali 26

24. Misure cautelari reali: sequestro conservativo 27

25. Misure cautelari reali: sequestro preventivo 28

26. Le condizioni di procedibilità nel processo penale 29

27. Il segreto investigativo ed il divieto di pubblicazione degli atti 31

28. Gli atti conoscibili dall’indagato 32

29. Gli atti segreti nel processo penale 33

30. Il divieto di pubblicazione degli atti segreti nel processo penale 34

31. La regolamentazione dell’attività di iniziativa della polizia giudiziaria 35

32. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: sommarie informazioni 36

33. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: sommarie informazioni da persone 37

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34. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: atti od operazioni con specifiche 38

35. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: identificazione dell’indagato e di altre 39

36. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: perquisizione in caso di flagranza o 40

37. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: rilievi, accertamenti urgenti e 41

38. Il registro delle notizie di reato. L’informazione di garanzia 42

39. Comunicazione nel registro di iscrizione indagati 43

40. Gli atti compiuti personalmente o su delega del Pubblico Ministero 44

41. Informazioni da persone informate nel processo penale 45

42. Interrogatorio dell’indagato 46

43. Avviso di conclusione delle indagini 47

44. Interrogatorio di una persona imputata in un procedimento connesso o collegato 48

45. Accertamento tecnico nel processo penale 49

46. Individuazione di persone e di cose nel processo penale 50

47. Perquisizione, sequestro probatorio e ispezione personale 51

48. Definizione di arresto in flagranza ed il fermo 52

49. Arresto in flagranza nel processo penale 53

50. Fermo nel processo penale 54

51. La convalida dell’arresto e del fermo 55

52. L’incidente probatorio nel processo penale 56

53. I casi di incidente probatorio 57

54. Il procedimento in caso di incidente probatorio 58

55. Il diritto ad effettuare le contestazioni probatorie 59

56. Svolgimento dell’udienza in camera di consiglio 60

57. Integrazione del contraddittorio nel processo penale 61

58. Il termine per le indagini preliminari 62

59. Il termine nel procedimento contro un indagato 63

60. Il termine nel procedimento contro ignoti 64

61. L’archiviazione del procedimento penale 65

62. La richiesta di archiviazione nei confronti di un indagato 66

63. La richiesta di archiviazione perché il reato è stato commesso da persone ignote 67

64. La riapertura delle indagini a seguito dell’archiviazione 68

65. L’udienza preliminare 69

66. Gli adempimenti che precedono l’udienza 70

67. La presenza dell’imputato e del difensore nell'udienza preliminare 71

68. La contumacia nel processo penale 72

69. Lo svolgimento ordinario dell’udienza 73

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70. Decisione definitiva giudice: Sentenza di non luogo a procedere 74

71. Decisione definitiva giudice: Decreto che dispone il giudizio 75

72. Decisione interlocutoria del giudice: Ordinanza per l’integrazione delle indagini 76

73. Decisione interlocutoria del giudice: Ordinanza per l’integrazione probatoria 77

74. Il fascicolo per il dibattimento e il fascicolo del Pubblico Ministero 78

75. L’impugnazione contro la sentenza di non luogo a procedere 79

76. La revoca della sentenza di non luogo a procedere 80

77. Il diritto di difendersi mediante prove 81

78. Il fondamento costituzionale delle indagini difensive 82

79. L’interesse privato che connota le indagini difensive 83

80. I soggetti dell’investigazione difensiva: difensore 84

81. I soggetti dell’investigazione difensiva: sostituto 85

82. I soggetti dell’investigazione difensiva: investigatore privato autorizzato 86

83. Soggetti legittimati a svolgere l’intervista alle persone informate dei fatti 87

84. L’intervista difensiva nel processo penale 88

85. Le modalità di intervista nel processo penale 89

86. L’audizione della persona che si è avvalsa della facoltà di non rispondere 90

87. La presentazione della documentazione difensiva 91

88. Le modalità di utilizzazione degli atti di investigazione difensiva 92

89. Il dibattimento nel processo penale 93

90. Gli atti preliminari al dibattimento 94

91. La lista dei testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati connessi nel processo 95

92. Le funzioni eventuali della fase degli atti preliminari al dibattimento 96

93. Le indagini integrative 97

94. I poteri del presidente e dell’organo giudicante 98

95. Il concetto di pubblicità nelle udienze 99

96. La pubblicità immediata dell'udienza 100

97. Le riprese televisive del dibattimento 101

98. La contestazione dell’imputazione 102

99. Il principio del contraddittorio nel processo penale 103

100. Il principio della concentrazione nel processo penale 104

101. Il principio di oralità nel processo penale 105

102. Il principio di immediatezza nel processo penale 106

103. La costituzione delle parti e l’assenza dell’imputato 107

104. La contumacia nel processo penale 108

105. Le questioni preliminari 109

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106. L’apertura del dibattimento e le richieste di prova 110

107. I criteri di ammissione delle prove nel processo penale 111

108. L'istruzione dibattimentale: l'ordine dei “casi” 112

109. L’ordine delle prove all’interno del singolo caso nel processo penale 113

110. I preliminari all’esame incrociato nel processo penale 114

111. L’esame incrociato nel processo penale 115

112. L’esame incrociato: esame diretto 116

113. L’esame incrociato: Controesame 117

114. L’esame incrociato: Riesame 118

115. Regole per l'esame incrociato 119

116. La testimonianza protetta nel processo penale 120

117. Le dichiarazioni rese prima del dibattimento: dal codice del 1988 alla riforma 121

118. L’art. 111 cost. ed il principio del contraddittorio 122

119. Eccezioni al contraddittorio nel processo penale 123

120. Il principio generale della inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni nel processo 125

121. La consultazione di documenti in aiuto alla memoria nel processo penale 126

122. La contestazione probatoria (art. 500 c.p.p.) 127

123. I tipi di dichiarante distinti dal codice penale 128

124. Il testimone che rifiuta l’esame di una delle parti 129

125. La contestazione “non probatoria” nel processo penale 130

126. La lettura degli atti (art. 512 c.p.p.) 131

127. L’oggetto delle letture degli atti nel processo penale 132

128. Definizione di principio dispositivo e poteri di iniziativa probatoria 133

129. I poteri di iniziativa probatoria in dibattimento del giudice 134

130. L’inerzia del Pubblico Ministero e i poteri di iniziativa del giudice 135

131. La rinuncia alla prova nel processo penale 136

132. La discussione finale nel processo penale 137

133. Tempi della deliberazione nel processo penale 138

134. Modalità di deliberazione nel processo penale 139

135. I requisiti della sentenza nel processo penale 140

136. La valutazione degli elementi di prova nel processo penale 141

137. Completezza della motivazione nella sentenza nel processo penale 142

138. La sentenza di non doversi procedere nel processo penale 143

139. Le formule terminative nel processo penale 144

140. La sentenza e l'interesse dell’imputato all’assoluzione 145

141. La sentenza di assoluzione nel processo penale 146

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142. Le formule di assoluzione nel processo penale 147

143. Mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova di reità 148

144. Le disposizioni della sentenza di proscioglimento 149

145. La sentenza penale di condanna 150

146. Le statuizioni sulle questioni civili 151

147. I procedimenti penali differenziati e speciali 152

148. La specialità dei procedimenti alternativi a quello ordinario 153

149. Definizione di giudizio abbreviato 154

150. Il giudizio abbreviato su richiesta non condizionata 155

151. Il giudizio abbreviato su richiesta condizionata 156

152. Il ruolo della parte civile nel processo penale 157

153. Nozione di patteggiamento nel processo penale 158

154. Il patteggiamento “tradizionale” nel processo penale 159

155. Il patteggiamento “allargato” nel processo penale 160

156. La disciplina comune del patteggiamento nel processo penale 161

157. Decisione del giudice in merito al patteggiamento 162

158. Gli effetti della sentenza di patteggiamento nel processo penale 163

159. Il giudizio immediato nel processo penale 164

160. Il giudizio immediato chiesto dall’imputato nel processo penale 165

161. Il giudizio immediato chiesto dal Pubblico Ministero 166

162. Il giudizio direttissimo previsto dal codice 167

163. Il giudizio direttissimo previsto da leggi speciali nel processo penale 168

164. Il procedimento per decreto nel processo penale 169

165. Impugnazioni ordinarie e straordinarie nel processo penale 170

166. Le impugnazioni nel processo penale: il principio di tassatività 171

167. Le impugnazioni nel processo penale: l’effetto sospensivo 172

168. Le impugnazioni nel processo penale: l’effetto estensivo 173

169. L’effetto devolutivo dell’impugnazione 174

170. Profilo soggettivo dell'impugnabilità nel processo penale 175

171. I soggetti legittimati ad impugnare la sentenza nel processo penale 176

172. Nozione di appello nel processo penale 178

173. Appello principale ed incidentale nel processo penale 179

174. Regime di appellabilità nel processo penale: legge 46/2006 180

175. La non appellabilità delle sentenze: legge 46/2006 181

176. Appellabilità della parte civile nel processo penale 182

177. Impugnazione delle pronunce su più reati nella sentenza 183

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178. La cognizione del giudice di appello nel processo penale 184

179. Il ragionamento giuridico del giudice di appello 185

180. La corte di cassazione come supremo organo giurisdizionale 186

181. I motivi del ricorso per cassazione nel processo penale 187

182. Ricorso per cassazione: mancata assunzione di una prova contraria decisiva 188

183. Ricorso per cassazione: mancanza, illogicità o contraddittorietà della motivazione 189

184. Inammissibilità del ricorso in Cassazione 190

185. Cognizione e ragionamento giuridico della corte di cassazione 191

186. Nozione di revisione nel processo penale 192

187. Errore di fatto ed errore di diritto nel processo penale 193

188. I casi di revisione nel processo penale 194

189. L’irrevocabilità del giudicato penale 195

190. L’esecutività del giudicato penale 196

191. Il giudicato nel processo penale 197

192. I limiti dell’efficacia preclusiva della sentenza di condanna 198

193. Il giudicato penale in relazione ad altri processi penali 199

194. La sentenza penale irrevocabile ed il processo per il risarcimento cagionato dal 200

195. L’esercizio tempestivo dell’azione di danno e la separazione delle giurisdizioni 201

196. Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di 202

197. Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di 203