APPLICAZIONI LINEARI dell’AMPLIFICATORE … · matiche dei logaritmi, i circuiti moltiplicatori e...

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1 APPLICAZIONI LINEARI dell’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE di Antonio Palladino

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APPLICAZIONI LINEARI dell’AMPLIFICATORE

OPERAZIONALE

di

Antonio Palladino

2

Sommario Generale

• Amplificatore Operazionale Ideale pag. 1 • Configurazione Invertente pag. 4 • Configurazione Non Invertente pag. 6 • Inseguitore di Tensione pag. 8 • Sommatore Invertente pag. 9 • Sottrattore pag. 11 • Derivatore Invertente Ideale pag. 14 • Derivatore Invertente Attivo pag. 18 • Integratore Invertente Ideale pag. 21 • Integratore Invertente Attivo pag. 24 • Amplificatore Logaritmico e Antilogaritmico pag. 27 • Circuito Moltiplicatore pag. 29 • Circuito Divisore pag. 30 • Codifica PCM pag. 31 • Campionamento pag. 32 • Circuito Sample & Hold pag. 33 • Trasformata di Laplace pag. 35 • Risoluzione di un’equazione differenziale pag. 37 • Logaritmi pag. 39 • Programmi Matlab pag. 41 • Bibliografia pag. 42

1

Premessa

Nel seguente lavoro vengono presentate le principali applica-

zioni dell’Amplificatore Operazionale; dopo un’introduzione ri-

guardante le caratteristiche dell’Amplificatore operazionale i-

deale, sono illustrati i circuiti statici (senza condensatori): la

configurazione invertente, la configurazione non invertente, il

sommatore ed il sottrattore. Successivamente sono stati ana-

lizzati i circuiti dinamici (con i condensatori): il derivatore idea-

le ed attivo, l’integratore ideale ed attivo. Nella trattazione di

questi 4 circuiti si è fatto riferimento ai diagrammi di Bode, alla

trasformazione di Laplace, alla risoluzione dell’equazioni diffe-

renziali.

In seguito sono stati analizzati l’amplificatore logaritmico e an-

tilogaritmico, e, facendo riferimento alle note proprietà mate-

matiche dei logaritmi, i circuiti moltiplicatori e divisori.

L’ultimo argomento affrontato è stato il circuito Sample & Hold;

la trattazione è stata inserita nella tematica più vasta della co-

difica PCM e del campionamento.

1

AMPLIFICATORE OPERAZIONALE IDEALE

L’Amplificatore operazionale è uno dei componenti più usati dell’elettronica

attuale, sia nel campo lineare che in quello non lineare.

È reperibile in commercio come circuito integrato monolitico (cioè è un in-

sieme di componenti elettronici lineari e non, realizzati su di un unico chip di

silicio), di costo molto basso. In questo paragrafo si esamina l’amplificatore

operazionale ideale ( le cui caratteristiche non si discostano molto da quelle

del componente reale, reperibile in commercio), in quanto, per comprendere

il funzionamento della quasi totalità delle amplificazioni, risulta sufficiente

l’immagine teorica del componente.

Le caratteristiche dell’amplificatore operazionale ideale sono:

• Resistenza d’ingresso infinita

• Guadagno in catena aperto infinito

• Resistenza d’uscita nulla

• Banda passante infinita

• Tensione d’uscita nulla con tensione d’ingresso nulla.

In figura A è indicato il simbolo dell’amplificatore operazionale, in figura B

appaiono i collegamenti con alimentazione e riferimento di massa e in figura

C è riportato il circuito dinamico.

fig. A

Simbolo dell’amplificatore operazio-

nale

fig. B

Sistema di doppia alimentazione per un amplificatore

operazionale

2

Negli schemi che seguiranno, per semplicità grafica, si ometteranno i termi-

nali di alimentazione, simmetrici rispetto al riferimento di massa.

fig. C

Circuito equivalente semplificato di un amplificatore operazionale.

Ri = resistenza d’ingresso; Rout =resistenza d’uscita; A * Vi = generatore ideale di tensione.

Nelle figure A, B e C sono indicati gli ingressi di segnale e il segno che vi ap-

pare indica rispettivamente l’ingresso invertente (segno -) e quello non in-

vertente (segno +).

Il significato di tale distinzione è il seguente:

• Se si applica un segnale all’ingresso invertente, mentre quello non inver-

tente è collegato a massa, l’uscita amplificata avrà fase opposta a quella

del segnale d’ingresso.

• Se si applica un segnale all’ingresso non invertente, mentre quello inver-

tente è collegato a massa, l’uscita amplificata avrà fase uguale a quella

del segnale d’ingresso.

Le enunciazioni precedenti consentono di trarre alcune importanti conse-

guenze:

• Se ai due ingressi vengono simultaneamente applicati segnali uguali, in

fase di uscita si ottiene un segnale nullo (Ampl. Op. ideale).

• Più in generale, si deduce che il dispositivo amplifica la differenza tra i

due segnali d’ingresso.

È interessante osservare che questa proprietà rende possibile l’eliminazione,

nel dispositivo, degli eventuali disturbi di rete presenti nel sistema di alimen-

3

tazione, perché appaiono simultaneamente ed in fase ai due ingressi, ed

hanno, quindi, effetto nullo sull’uscita.

4

CONFIGURAZIONE INVERTENTE

Per calcolare il guadagno, applichiamo il 1° Principio di Kirchhoff al nodo A e

si ha:

fes iii +=

ma poiché l’amplificatore operazionale assorbe correnti piccolissime, ie si può

trascurare, quindi

fs ii = .

Applicando il 2° Principio di Kirchhoff alla maglia d’ingresso in senso orario,

si ha:

0=+⋅− isss ViRV

Applicando lo stesso principio alla maglia di uscita in senso antiorario, si ha:

0=+⋅+ iffo ViRV

Poiché Vi è circa uguale a 0, si ottengono le due espressioni:

0=⋅− sss iRV

0=⋅+ ffo iRV

Da queste si ha:

SiS iRV ⋅=

VS

5

ffO iRV ⋅−=

Dividendo membro a membro si ottiene il guadagno:

ss

ff

s

ovf iR

iR

V

VA

⋅⋅−

==

Essendo uguali is e if, si ha che:

s

fvf R

RA −=

La RESISTENZA D’INGRESSO è uguale alla rapporto tra tensione ingresso e

corrente d’ingresso:

ss

ss

s

sif R

i

iR

i

vR =⋅==

Si può dimostrare che la RESISTENZA DI USCITA tende a 0:

Rof —> 0.

La resistenza Ro di uscita dell’amplificatore operazionale ad anello aperto

tende a zero (nella realtà è poche decine di Ohm). Applicando la retroazione

con Rf, la resistenza d’uscita si riduce ancora di più e quindi a maggior ra-

gione Rof —> 0.

NOTA. Si è detto che vi = 0; ma vi = VB – VA;

quindi si ha VB – VA = 0 => VA = VB .

I due nodi A e B hanno lo stesso potenziale. Ora B è a massa, quindi VB = 0.

Sarà allora anche VA = VB = 0. Il morsetto A, pur non essendo fisicamente

collegato a massa, è come se lo fosse, avendo potenziale nullo. Si dice che A

è a Massa Virtuale.

6

CONFIGURAZIONE NON INVERTENTE

Per calcolare il guadagno occorre applicare il 1° Principio di Kirchhoff al nodo

A, ottenendo cosi la relazione:

is+i2= i1,

ma, poiché l’amplificatore operazionale assorbe correnti piccolissime, is si

può trascurare; quindi avremo che

i2=i1;

tutta la corrente i2 scende in RS e i due resistori risultano virtualmente in se-

rie.

Per la legge di Ohm si ha poi:

fS

O

RR

Vii

+== 21

Sempre per la legge di Ohm si ha:

fS

OSSA RR

VRiRV

+⋅=⋅= 1

Applicando il 2° Principio di Kirchhoff alla maglia d’ingresso in senso orario si

ha:

0=−− Ais vvv

+VCC

i1

7

e poiché per un amplificatore operazionale lineare risulta Vi circa uguale a 0,

si ha

0=− As vv

da cui:

As vv =

Il guadagno Avf sarà uguale a:

s

f

s

fs

fs

so

fs

s

o

A

o

s

Ovf R

R

R

RR

RR

RV

RR

RV

V

V

V

VA +=

+=

+

=⋅

+

=== 11

Come si può facilmente osservare, il guadagno risulta sempre positivo e

maggiore o al limite, uguale ad uno.

Si può dimostrare che la RESISTENZA D’INGRESSO tende ad infinito. La re-

sistenza d’ingresso Ri dell’amplificatore operazionale ad anello aperto tende

all’infinito. Si dimostra poi che, a causa della retroazione negativa, con la

configurazione non invertente il valore Rif diviene ancora più elevato.

Rif > Ri .

Si può, inoltre, dimostrare che la RESISTENZA DI USCITA tende, invece, a

0;

Rof —> 0.

La resistenza Ro di uscita dall’amplificatore operazionale ad anello aperto

tende a 0 (nella realtà è poche decine di Ohm). Applicando la retroazione

negativa con Rf, la resistenza d’uscita si riduce ancora di più e quindi, a

maggior ragione, risulta Rof —> 0 .

NOTA. Nella configurazione non invertente non c’è la massa virtuale. È vero

che i due morsetti A e B hanno lo stesso potenziale, ma nessuno di essi è

collegato a massa.

8

INSEGUITORE DI TENSIONE

L’inseguitore di tensione è un circuito molto usato in Elettronica. Esso si può

ottenere come caso particolare della configurazione non invertente.

Se infatti nella configurazione non invertente consideriamo pari a zero il re-

sistore Rf di retroazione (sostituendolo con un corto circuito) e paria ad infi-

nito il resistore Rs che collega il morsetto positivo alla massa (sostituendolo

con un circuito aperto, cioè eliminandolo completamente), si otterrà proprio

il circuito sopra indicato.

Vediamo allora quale sarà il guadagno di tale circuito:

1010

11 =+=∞→

→+=+==

s

f

s

f

s

Ovf R

R

R

R

V

VA

Se il guadagno è unitario, vorrà dire che l’uscita sarà perfettamente uguale

all’ingresso, ovvero, l’uscita insegue l’ingresso.

Ricordiamo inoltre che, trattandosi di una configurazione non invertente, la

RESISTENZA D’INGRESSO tende ad infinito e la RESISTENZA DI USCITA

tende, invece, a 0; queste caratteristiche rendono questo circuito adatto in

tutte quelle situazioni nelle quali è necessario accoppiare elettricamente due

circuiti senza che si creino effetti di carico.

+VCC

-VCC

9

SOMMATORE INVERTENTE

Applicando il 1° Principio di Kirchhoff al nodo A si ha che:

i1+i2+i3=ie+if

ma essendo ie = 0, si ha:

i1+i2+i3=if .

Applicando il 2° Principio di Kirchhoff alla maglia d’ingresso con R1 (senso

orario):

011 =+⋅− ii viRv

essendo vi = 0, si ha:

1

111111 0

R

viiRviRv ii =⇒⋅=⇒=⋅−

Analogamente si ricavano:

3

33

2

22 ;

R

vi

R

vi ==

Applicando il 2° Principio di Kirchhoff alla maglia di uscita (senso antiorario):

0=+⋅+ iffo viRv

essendo vi = 0, si ha:

f

offfoffo R

viiRviRv −=⇒⋅−=⇒=⋅+ 0

i1 + i2 + i3 = if ;

10

Ora sostituendo nella relazione iniziale i1 + i2 + i3 = if le espressioni trovate ,

si ha:

⋅+⋅+⋅−=

++⋅−=

⇔−=++

33

22

113

3

2

2

1

1

3

3

2

2

1

1

vR

Rv

R

Rv

R

R

R

v

R

v

R

vRv

R

v

R

v

R

v

R

v

ffffo

f

o

Questo è il legame ingressi – uscita.

Per ognuno dei morsetti d’ingresso è definita una resistenza d’ingresso.

La resistenza d’ingresso del 1° morsetto è uguale al rapporto tra la tensione

d’ingresso del 1° morsetto e la corrente d’ingresso del 1° morsetto:

11

11

1

11 R

i

iR

i

vRif =⋅==

Analogamente Rif2 = R2 ; Rif3 = R3 .

È importante sottolineare che anche in questo caso, come nella configura-

zione invertente, il morsetto A è a massa virtuale.

11

SOTTRATTORE

Ricaviamo il legame ingresso-uscita (I/O). Poiché il circuito è lineare, ed ha

due ingressi, si può applicare il principio di sovrapposizione degli effetti.

1° ingresso: v1 presente, v2 assente (v1‡0 ; v2=0)

Dobbiamo trovare vo' in funzione di v1'. Come si vede, tra vo' e v1' c’è una

configurazione non invertente:

13

4

3

4

1

11 vR

Rv

R

RA

v

vovf

o ′⋅

+=′⇒+==

′′

ora occorre ricavare il legame tra v1 e v1' :

l’Amplificatore Operazionale (A.O.) non assorbe corrente, pertanto la corren-

te i, da R1 scende tutta in R2.

Per la legge di Ohm si ha:

12

21

1

RR

vi

+=

sempre per la legge di Ohm si ha

21

1121 RR

vRiRv

+⋅=⋅=′

(tale relazione si può anche ricavare mediante il partitore di tensione).

Infine:

121

2

3

41

3

4 11 vRR

R

R

Rv

R

Rvo ⋅

+⋅

+=′⋅

+=′

2° ingresso: v1 assente; v2 presente (v1=0 ; v2‡0).

schema 1 schema 2

Ora dobbiamo trovare vo" in funzione di v2. Come si può notare, abbiamo

capovolto lo schema 1 ed abbiamo ottenuto lo schema 2; sembra quasi una

configurazione invertente.

Osserviamo che l’A.O. non assorbe corrente, quindi all’interno di R1 e R2

non passa corrente. Basandoci sulla legge di Ohm:

( ) 0// 21 =⋅= iRRvA

Il morsetto A è a potenziale nullo, quindi è praticamente a massa. Possiamo

allora affermare di essere di fronte ad una configurazione invertente:

13

23

4

3

4

2

vR

Rv

R

RA

v

vovf

o ⋅−=′′⇒−==′′

La vo generale è data dalla somma delle due uscite:

ooo vvv ′′+′=

23

41

21

2

3

41 vR

Rv

RR

R

R

Rvo ⋅−⋅

+⋅

+=′

14

DERIVATORE INVERTENTE IDEALE

Analisi nel dominio del Tempo

Applicando il 1° Principio di Kirchhoff al nodo d’ingresso si ha:

is = if + ie ; ie= 0 => is = if .

Applicando il 2° Principio di Kirchhoff sulla maglia d’ingresso si ha:

vs – vc + vi = 0 ; vi= 0 => vs = vc .

Applicando il 2° Principio di Kirchhoff sulla maglia d’uscita avremo che:

vo + R2·if + vi = 0 ; vi= 0 => vo = -R2 • if

Per il condensatore vale la relazione costitutiva dt

dvCi c

s ⋅= 1 ;

essendo vs = vc si ha: dt

dvCi s

s ⋅= 1

la tensione d’uscita sarà quindi: dt

dvCRiRiRv s

sfo ⋅⋅−=⋅−=⋅−= 1222 ;

quindi la relazione ingresso–uscita è la seguente:

dt

dvCRv s

o ⋅−= 12

e come si può notare l’uscita è uguale alla derivata dell’ingresso moltiplicata

per una costante negativa.

15

Analisi nel dominio di Laplace

sCR

sC

R

sZ

sZsA

s

fvf ⋅⋅−=−=−= 12

2

1)(

)()(

Otterremo così la funzione di trasferimento che è:

sCRsAvf ⋅−= 12)(

Analisi nel dominio di Fourier

Calcoliamo la risposta armonica:

1212)()( CRjsCRsAjAjsjsvfvf ωω ωω

−=−== ==

12)( CRjjAvf ωω −=

16

Diagrammi di Bode

La funzione di trasferimento presenta uno zero nell’origine.

Inconvenienti del derivatore invertente ideale

Il derivatore invertente ideale ha l’inconveniente di amplificare eccessiva-

mente i disturbi in alta frequenza che accompagnano ogni segnale elettrico.

Vediamo perché: un qualsiasi segnale è sempre accompagnato da disturbi in

bassa frequenza e in alta frequenza. Sia vs(t) il segnale totale che vogliamo

derivare: esso si può quindi scomporre nella somma del segnale utile vu(t)

AAF

AU

ABF

17

con il disturbo ad alta frequenza vDAF(t) e con il disturbo a bassa frequenza

vDBF(t) .Quando il segnale viene derivato, oltre alla parte utile vengono deri-

vati anche i disturbi. Ora il disturbo a bassa frequenza è derivato con

un’amplificazione ABF, inferiore a quella AU con cui viene derivato il segnale

utile, e ciò è vantaggioso. Invece, il disturbo in alta frequenza subisce

un’amplificazione AAF superiore a quella del segnale utile: AAF>AU. Quindi,

con questo tipo di derivatore, la quota di disturbo in alta frequenza rispetto

al segnale utile viene ad aumentare notevolmente nel passaggio

dall’ingresso all’uscita.

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DERIVATORE INVERTENTE ATTIVO

Analisi nel dominio del tempo

Allo scopo di semplificare la trattazione, non eseguiremo direttamente

l’analisi del circuito nel dominio del tempo, ma ricaveremo il legame ingres-

so-uscita eseguendo la Antitrasformata di Laplace della funzione di trasferi-

mento.

Analisi nel dominio di Laplace

111)(

)()(

11

12

1

11

2

11

2

+−=+−=

+−=−=

CsR

CsR

sC

CsRR

sCR

R

sZ

sZsA

s

fvf

Moltiplicando e dividendo per R1, si ha:

111)(

)()(

11

11

1

2

11

12

1

1

+⋅−=

+⋅−=

+⋅−=−=

ττ

s

sA

CsR

CsR

R

R

CsR

CsR

R

R

sZ

sZsA

s

fvf

dove si è posto:

A pari al guadagno della configurazione invertente (-R2/R1);

ττττ pari alla costante di tempo R1C1 del circuito.

La funzione di trasferimento è quindi:

1)(

+⋅−=

ττ

s

sAsAvf

19

Analisi nel dominio del tempo

Sapendo che la f.d.t. è uguale al rapporto tra la trasformata di Laplace

dell’uscita e la trasformata di Laplace dell’ingresso, si ha:

soo

so

sso

s

ovf

sVAVsV

sVAVss

sVA

s

sVAV

s

sA

V

VA

⋅⋅−=+⋅⋅⋅−=⋅+

+⋅⋅−=

+⋅⋅−=

+⋅−==

ττττ

ττ

ττ

ττ

)1(11

1

dividendo tutto per la costante di tempo t si ha:

soo sVAVsV ⋅−=+τ1

eseguendo la Antitrasformata di Laplace si ha infine l’equazione differenziale

che descrive il circuito:

dt

dvAv

dt

dv so

o −=+τ1

Analisi nel dominio di Fourier

ωτωτ

ωωω

ωω j

jA

CRj

CRj

R

R

CsR

CsR

R

RsAjA

jsjsvfvf +

⋅−=+

⋅−=+

⋅−===

= 111)()(

11

11

1

2

11

12

1

1

Diagramma di Bode

La f.d.t. presenta uno zero nell’origine e un polo diverso da zero.

20

ftinf/10 ftinf ftinf ·10

Con ftinf indichiamo la frequenza di taglio inferiore: 11

inf 2

1

CRft π

=

Questo circuito risulta essere un derivatore invertente per frequenze di lavo-

ro comprese tra 0 e ftinf /10; per frequenze di lavoro superiori a f >10ftinf , ha

un guadagno costante ( Avf(s)= -R2/R1 ), e si comporta come una normale

configurazione invertente. Quindi, se lo si vede come un amplificatore inver-

tente, esso non amplifica ugualmente a tutte le frequenze, ma solo a partire

da ftinf * 10 in poi. È, cioè, un amplificatore delle alte frequenze (Passa–Alto).

Se invece lo si vede come un derivatore, bisogna precisare che esso deriva

solo segnali con frequenze comprese tra 0 e ftinf / 10; i segnali a frequenze

superiori non vengono derivati.

A differenza del derivatore ideale, i disturbi in alta frequenza subiscono

un’amplificazione limitata e non sussiste l’inconveniente di una eccessiva

amplificazione di tali disturbi; col derivatore ideale, invece, maggiore era la

frequenza del disturbo e più alta risultava la relativa amplificazione. In que-

sto caso, i disturbi in alta frequenza hanno sempre lo stesso guadagno.

21

INTEGRATORE INVERTENTE IDEALE

Analisi nel dominio del tempo

2°Principio Kirchhoff maglia d’ingresso:

vs-R1is+vi=0; vi= 0; vs=R1is

2°Principio Kirchhoff maglia d’uscita:

vo+vc+vi=0; vi= 0; vo= -vc

Per il condensatore vale la relazione costitutiva dt

dvCi C

f ⋅= 2 ;

.1

;

21

21

212111

so

os

oCfss

vCRdt

dvdt

dvCRv

dt

dvCR

dt

dvCRiRiRv

−=

−=

⋅−=⋅⋅=⋅=⋅=

Integrando entrambi i membri da 0 a t (integrale definito) si ha:

;1

)()(;1

2121∫∫∫ −=−−=t

o

soo

t

o

s

t

o

o dtvCR

ovtvdtvCR

dtdt

dv

;1

)()(21∫−=t

o

soo dtvCR

ovtv

L’uscita è uguale all’integrale dell’ingresso, moltiplicato per una costante ne-

gativa, più il valore vO(0), che rappresenta il valore dell’uscita stessa

all’istante 0 (carica iniziale sul condensatore).

22

Analisi nel dominio di Laplace

sCRsCRR

sC

sZ

sZsA

s

fvf

21211

2 111

)(

)()( −=

⋅⋅−=−=−=

Otterremo così la funzione di trasferimento che è:

sCRsAvf

21

1)( −=

Analisi nel dominio di Fourier

Calcoliamo la risposta armonica:

2121

11)()(

CRjsCRsAjA

jsjsvfvf ω

ωω

ω−=−==

==

21

1)(

CRjjAvf ωω −=

Diagrammi di Bode

La funzione di trasferimento presenta un polo nell’origine.

23

Inconvenienti integrale ideale

Segnale totale: vs(t)= vu(t)+ vdaf(t) + vdbf(t)

vs(t): è il segnale totale

vu(t): è il segnale utile

vdaf: Disturbi ad alta frequenza

vdbf: disturbi a basse frequenza

Quando un segnale viene integrato, vengono integrati anche i disturbi. Ora il

disturbo ad alta frequenza è integrato con un’amplificazione A3 inferiore a

quella A2 con cui viene integrato il segnale utile, e ciò è vantaggioso.Il di-

sturbo in bassa frequenza, invece, subisce un’amplificazione ben superiore a

quella del segnale utile: A1 > A3. Se, poi, il disturbo in bassa frequenza fosse

costituito da un segnale costante, seppure piccolissimo, esso subirebbe un

guadagno infinito.

24

INTEGRATORE INVERTENTE ATTIVO

Analisi nel dominio di Laplace

1

1

1

1)(

111

1

1//

)(

)()(

221

2

1

22

2

1

2

22

2

2

1

22

22

1

22

+⋅−=

+⋅−=

=+−=

+

−=+

−=−=−=

τsA

CsRR

RsA

R

CsR

R

R

sC

CsRsC

R

R

sCR

sCR

R

sCR

sZ

sZsA

vf

s

fvf

dove si è posto:

A pari al guadagno della configurazione invertente (-R2/R1);

ττττ pari alla costante di tempo R2C2 del circuito.

La funzione di trasferimento è quindi:

1

1)(

+⋅−=

τsAsAvf

Analisi nel dominio del tempo

Anche qui, come nel caso del derivatore attivo, non eseguiremo direttamen-

te l’analisi del circuito nel dominio del tempo, ma ricaveremo il legame in-

gresso-uscita eseguendo la Antitrasformata di Laplace della funzione di tra-

sferimento. Si ha allora:

25

soo

so

sso

s

ovf

VAVsV

VAVss

VA

sVAV

sA

V

VA

⋅−=+⋅⋅−=⋅+

+⋅−=

+⋅⋅−=

+⋅−==

ττ

ττ

τ

)1(11

1

1

1

dividendo tutto per la costante di tempo t si ha:

soo VA

VsVττ

−=+ 1

eseguendo la Antitrasformata di Laplace si ha infine l’equazione differenziale

che descrive il circuito:

soo v

Av

dt

dv ⋅−=⋅+ττ

1

Analisi nel dominio di Fourier

ωτωω

ωω j

ACRjR

R

CsR

CsR

R

RsAjA

jsjsvfvf +

⋅−=+

⋅−=+

⋅−===

= 1

1

1

1

1)()(

221

2

11

12

1

1

Diagramma di Bode

La f.d.t. presenta un polo diverso da zero.

26

ftinf/10 ftinf ftinf ·10

Con ftsup indichiamo la frequenza di taglio inferiore: 22

sup 2

1

CRft π

=

Questo circuito risulta essere un integratore invertente per frequenza di la-

voro f>ftsup*10; per frequenze di lavoro inferiore a ftsup / 10, ha un guadagno

costante(Avf =- R2 / R1), ed è come una normale configurazione invertente.

Quindi, se lo si vede come un amplificatore invertente, amplifica segnali con

frequenze che si trovano tra 0 e ftsup / 10. È, cioè, un amplificatore con fil-

traggio delle basse frequenze (Passa – Basso). Se, invece, lo si vede come

integratore, bisogna precisare che esso integra solo segnali con frequenze

superiori a ftsup·10; i segnali a frequenze inferiore non vengono integrati . A

differenza dell’integratore ideale, i disturbi in bassa frequenza, compresa la

componente continua, subiscono un’amplificazione limitata e non sussiste

più l’inconveniente di una eccessiva amplificazione di tali disturbi; con

l’integratore ideale, minore era la frequenza del disturbo, più alta risultava la

relativa amplificazione.

27

AMPLIFICATORE LOGARITMICO E ANTILOGARITMICO

Ricordiamo preventivamente la relazione costitutiva di un Diodo Raddrizzato-

re: I

i = I0 (eqv/ηkT -1) = I0 (ev/ηVT-1), ponendo V T= kT/q

V si ha i = I0 (ev/VT -1) ≈ I0 ev/hVT per polarizzazioni positive.

Invertendo la relazione i ≈ I0 ev/hVT si ha: v = VT·log(i / IO)

Amplificatore Logaritmico Invertente

Relazione Ingresso-Uscita:

v0 = -v; essendo v = VT · ln ( i / I0) abbiamo:

v0= - VT · ln( i / I0 ), ma poiché i = is e is= vs / Rs si ha quindi:

v0 = -VT · ln (vs /I0 Rs) (1)

La tensione d’uscita è, a meno di opportune costanti, pari al logaritmo della

tensione d’ingresso.

Nota: Si deve notare che la (1) vale finché il diodo è in conduzione diretta,

cioè finché la tensione d’ingresso vs>0.

28

Amplificatore Antilogaritmico Invertente

Relazione Ingresso – Uscita:

v0 = -Rf · if ;

essendo if =i e i = I0 · ev/VT si ha:

v0 = -Rf · I0 ev/Vt , ma si ha vs = v e quindi

v0 = -Rf I0 evs/Vt (2)

La tensione d’uscita è quindi, a meno di opportune costanti, pari

all’esponenziale della Tensione d’ingresso (Amplificatore Esponenziale o Anti-

logaritmico)

Nota: Anche la (2) vale finché il diodo è in condizione diretta, cioè finché

vs>0.

I due circuiti visti sopra sono a "Bassa dinamica", cioè presentano

l’inconveniente che le relazioni (1) e (2), valide per vs>0, sono rispettate in

un range limitato dei valori d’ingresso. Per estendere la gamma di validità

delle relazioni (3) e (4) in un più ampio range d’ingresso, spesso il diodo è

sostituito da un BJT.

N.B. L’Amplificatore logaritmico e antilogaritmico sono due dispositivi Non

Lineari, poiché le operazioni di logaritmo ed esponenziali non sono Lineari.

29

CIRCUITO MOLTIPLICATORE

Gli amplificatori logaritmici a antilogaritmici possono essere usati per realiz-

zare circuiti moltiplicatori e divisori. Vediamo il circuito moltiplicatore di due

segnali.

I segnali da moltiplicare siano v1 e v2; essi vengono fatti entrare in due am-

plificatori logaritmici, da cui escono rispettivamente ln v1 e ln v2; successi-

vamente questi due segnali vengono addizionati (tramite un sommatore con

amplificatore operazionale) ottenendo così il segnale ln v1 + ln v2; ora, ricor-

dando la proprietà dei logaritmi secondo cui il logaritmo di un prodotto è u-

guale alla somma dei logaritmi dei singoli fattori si ha:

ln v1 + ln v2 = ln (v1·v2).

Il segnale così ottenuto viene inviato in un amplificatore antilogaritmico (e-

sponenziale, che realizza la funzione opposta del logaritmo:

vo = e ln (v1·v2) = v1·v2

L’uscita è quindi pari al prodotto dei due segnali di tensione in ingresso.

30

CIRCUITO DIVISORE

Il circuito divisore differisce dal moltiplicatore per il solo fatto che il nodo

sommatore centrale è sostituito da un sottrattore (sempre realizzato con

A.O.).

Il questo modo in uscita al sottrattore è presente il segnale ln v1 - ln v2; la

proprietà dei logaritmi che applichiamo ora è quella secondo la quale il loga-

ritmo di un quoziente è uguale alla differenza fra il logaritmo del dividendo e

il logaritmo del divisore

ln v1 - ln v2 = ln (v1 / v2).

Il segnale così ottenuto viene inviato in un amplificatore antilogaritmico (e-

sponenziale, che realizza la funzione opposta del logaritmo e quindi si ha:

vo = e ln (v1/v2) = v1/v2

L’uscita è quindi pari al quoziente dei due segnali di tensione in ingresso.

Nota: Il moltiplicatore e il divisore sono due dispositivi non lineari, poiché la

moltiplicazione e la divisione sono operazioni non lineari.

31

CODIFICA PCM

La prima tecnica di codifica adottata nelle reti di telecomunicazione è stata la

tecnica PCM (pulse code modulation). I principi di tale tecnica sono stati de-

finiti già nel 1938 da Alec Reves anche se, per motivi di carattere tecnologi-

co, la sua prima applicazione in sistemi commerciali risale al 1962. Un codec

PCM dal lato della trasmissione effettua la codifica di un segnale analogico,

caratterizzato da una banda banda inferiore a 4 kHz, in un segnale digitale

PCM caratterizzato da una velocità di emissione (o bit rate) pari a 64 kbit/s,

mentre dal lato della ricezione effettua la decodifica, cioè a partire dal se-

gnale digitale PCM ricevuto riproduce un segnale analogico proporzionale a

quello originario.

Codifica PCM

Lato trasmissione, la codifica in digitale di un segnale analogico secondo la

tecnica PCM avviene concettualmente in due passi:

conversione analogico/digitale, che implica le operazioni di:

• campionamento del segnale analogico con frequenza pari a 8 kHz;

• codifica di ogni campione effettuata con almeno 12 bit/campione;

• compressione digitale del segnale; la dinamica del segnale viene com-

pressa in modo digitale per consentire la riduzione da 12 a 8 del nu-

mero di bit con cui si codifica ogni campione.

La velocità di emissione di un codificatore PCM risulta pari a 64 kbit/s.

32

Decodifica PCM

Lato ricezione vengono effettuate le operazioni inverse rispetto a quelle di

trasmissione cioè:

• espansione del segnale, in modo da riportare da 8 a 12 i bit / campio-

ne;

• conversione digitale/analogico (D/A), che implica le operazioni di:

1. decodifica; permette di trasformare ogni gruppo di 12 bit in un

campione avente una data ampiezza;

2. quantizzazione; è dovuta al fatto che un campione viene codificato

con un numero finito di bit (12), per cui le ampiezze dei campioni

che si possono ricostruire sono anch’esse in numero finito e pari a

4096. La quantizzazione introdotta dai soli processi di conversione

A/D e D/A viene definita quantizzazione uniforme (o lineare). Con

il processo di compressione si passa, poi, a una quantizzazione non

uniforme (o non lineare);

3. ricostruzione del segnale analogico a partire dai campioni decodifi-

cati. Tramite un filtraggio è possibile riottenere un segnale analogi-

co sostanzialmente proporzionale a quello di partenza.

Campionamento e ricostruzione del segnale analogico

Il campionamento è quell’operazione che consiste nel prelevare a intervalli di

tempo regolari, definiti da un clock di campionamento che ne determina la

frequenza, dei valori di ampiezza assunti dal segnale analogico in ingresso.

I valori prelevati vengono denominati campioni. Lo scopo del campionamen-

to è quello di generare un segnale, detto segnale campionato, che sia codifi-

cabile senza ambiguità. Infatti un generico circuito di conversione A/D, a n

bit, trasforma un singolo valore di ampiezza, cioè un campione, in una se-

quenza di n bit. Poiché il circuito impiega un certo tempo per effettuare la

codifica, risulta evidente che il valore di ampiezza non deve cambiare

nell’intervallo di tempo di codifica. Ne derivano due conseguenze:

1. la frequenza di campionamento è strettamente correlata alla frequenza

massima del segnale in ingresso, come indicato dal teorema del cam-

33

pionamento; è quindi necessario filtrare preventivamente il segnale

per definire con precisione la frequenza massima del segnale analogi-

co;

2. il campionamento deve prelevare un singolo valore da presentare al

codificatore. L’operazione di campionamento dovrebbe essere presso-

ché istantanea.

Ci si può chiedere se il campionamento causi o meno una distorsione del se-

gnale. La risposta a questa domanda è stata data da Claude E. Shannon

tramite l’enunciazione e la dimostrazione del teorema del campionamento (o

di Shannon), che afferma quanto segue.

Dato un segnale analogico a banda limitata, avente cioè una frequenza mas-

sima a nota, è possibile campionare tale segnale e ricostruire da esso il se-

gnale di partenza, senza alcuna distorsione, purché siano soddisfatte due

condizioni:

1. la durata di ogni campione sia infinitesima (in pratica molto minore

dell’intervallo di campionamento), in modo tale da prelevare senza

ambiguità un solo valore alla volta del segnale in ingresso;

2. la frequenza di campionamento sia almeno doppia rispetto alla fre-

quenza massima del segnale analogico.

fc > 2·fmax

Sample & Hold

Un circuito di campionamento è così composto da due parti:

1. un interruttore elettronico che, pilotato dal clock di campionamento, si

chiude ciclicamente per un brevissimo intervallo di tempo, in modo da

far passare solamente un valore alla volta del segnale analogico;

l’interruttore realizza così il campionamento o sampling;

2. un circuito di memoria, realizzato usualmente con un condensatore, il

quale mantiene il valore del campione a livello costante per tutto il

tempo necessario alla conversione A/D.

34

Il condensatore di memoria si carica al valore che assume un campione

(l’interruttore si chiude) e viene scaricato da un apposito segnale, applicato

a un interruttore di scarica, al termine della conversione A/D del campione

stesso. Al fine di consentire un aggancio rapido al nuovo valore da campio-

nare, il circuito che precede l’interruttore deve avere un’impedenza di uscita

molto bassa, sì da dar luogo ad una costante di tempo (RC) piccola (se la

costante di tempo è piccola, il condensatore si carica velocemente). Inoltre,

per non causare la scarica anticipata del condensatore, prima che possa es-

sere effettuata la conversione correttamente, è necessario che i circuiti che

seguono il condensatore presentino un impedenza di ingresso elevatissima.

E allora, in ingresso all’interruttore ed in uscita al condensatore vanno appli-

cati degli inseguitori di tensione (A.O. in configurazione non invertente che

ricordiamo presentano resistenza di ingresso infinita e resistenza di uscita

nulla), secondo il circuito che segue.

35

TRASFORMATA DI LAPLACE

In molti casi l’analisi dei sistemi lineari (tra essi rientrano i tipici circuiti

dell’Elettrotecnica costituiti da Resistori, Induttori e Condensatori) si sempli-

fica notevolmente se si ricorre ai metodi basati sulla trasformata di Laplace.

La trasformata di Laplace di una funzione reale di variabile reale f(t) (in una

funzione reale di variabile reale sia la variabile indipendente, sia la variabile

dipendente sono reali), definita per t ≥ 0, è una funzione complessa di va-

riabile complessa F(s) (in una funzione complessa di variabile complessa sia

la variabile indipendente, sia la variabile dipendente sono complesse) così

definita:

( ) [ ] dttfetfLsF st )()(0∫∞ −==

La trasformata di Laplace è definita quindi attraverso il calcolo di un integra-

le definito.

È possibile inoltre definire una trasformazione inversa, detta antitrasformata

di Laplace,che consente di effettuare la trasformazione opposta alla prece-

dente e cioè di passare da una funzione complessa di variabile complessa

F(s) ad una funzione reale di variabile reale f(t).

( ) [ ] dssFei

sFLtfia

ia

st )(2

1)(1

∫∞+

∞−

− ==π

In questo caso, l’integrale è da calcolare nel piano complesso, lungo una ret-

ta verticale con ascissa costante pari ad a.

Principali proprietà della trasformata di Laplace.

1. [ ] [ ] [ ] )()()()()()( 212121 sFsFtfLtfLtftfL +=+=+

La trasformata di Laplace della somma di due funzioni è uguale alla somma

delle singole trasformate.

36

2. [ ] [ ])()( tfLktfkL ⋅=⋅

La trasformata di Laplace del prodotto di una costante per una funzione è

uguale al prodotto della costante per la trasformata della funzione.

Queste due proprietà si possono riassumere dicendo che la trasformata di

Laplace è un’operatore lineare.

3. )()()( +−⋅=

ofsFstf

dt

dL

Questa proprietà evidenzia che se si trasforma la derivata di una funzione si

otterrà il prodotto di s (variabile complessa) per la trasformata della funzio-

ne non derivata. Vediamo così come alla derivazione nel dominio del tempo

corrisponde una semplice moltiplicazione per s nel dominio di Laplace.

4. )(

1)(

0sF

sdfL

t⋅=

∫ ττ

Questa proprietà dice che se si trasforma l’integrale di una funzione si otter-

rà il quoziente tra la trasformata della funzione non derivata e s. Vediamo

così come alla integrazione nel dominio del tempo corrisponde una semplice

divisione per s nel dominio di Laplace.

37

RISOLUZIONE DI UN’EQUAZIONE DIFFERENZIALE

Riprendiamo l’equazione differenziale che descrive il comportamento ingres-

so-uscita del circuito integratore attivo:

soo v

Av

dt

dv ⋅−=⋅+ττ

1

Si tratta chiaramente di un’equazione differenziale lineare (lineare vuol dire

che la vo e le sue derivate compaiono sempre e solo con esponente 1) del 1°

ordine (l’ordine di un’equazione differenziale è il massimo ordine di deriva-

zione presente nell’equazione) a coefficienti costanti (il fattore che moltiplica

la vo, 1/τ, è costante).

Il secondo membro è uguale ad una costante negativa moltiplicata per la

funzione del tempo vs(t), che rappresenta l’ingresso. Supponiamo che la

vs(t) sia una rampa lineare:

ttvs =)(

l’equazione differenziale si caratterizza così:

tA

vdt

dvo

o ⋅−=⋅+ττ

1

Consideriamo l’equazione omogenea associata e risolviamola:

tctct

oo

o

o

o

o

o

oo

o

oo

keeeevctv

dtv

dvdt

v

dvdt

v

dvv

dt

dv

vdt

dv

⋅−⋅−+⋅−=⋅==+⋅−=

−=⋅−=⋅−=⋅−=

=⋅+

∫ ∫∫ ∫

ττττ

ττττ

τ

111

;1

)ln(

;1

;1

;1

;1

01

t

omogo kev⋅−

= τ1

. (1)

Adesso dobbiamo ricercare una soluzione dell’equazione completa; essendo

il secondo membro una funzione polinomiale della t, ipotizziamo che vo sia

anch’essa un polinomio, del 1° ordine:

;btavo +⋅=

38

adt

dvo =

Sostituendo nell’equazione completa si ha:

tAb

ata

tAb

ta

atA

btaa

tA

vdt

dvo

o

⋅−=++⋅⋅−=+⋅+⋅−=+⋅⋅+

⋅−=⋅+

ττττττττ

ττ

;;)(1

;1

dal confronto tra 1° e 2° membro si ha:

=+

−=

ττb

a

Aa

da cui si ricavano a e b:

=⋅−=−=

ττ Aab

Aa

e quindi la soluzione di tentativo vale:

τ⋅+⋅−=+⋅= AtAbtav eparticolaro (2)

La soluzione completa dell’equazione differenziale vale allora:

ττ ⋅+⋅−=⋅−

AtAkevt

o

1

(3)

Vogliamo infine calcolare quella particolare soluzione che soddisfa la seguen-

te condizione iniziale:

0)0( =ov

sostituendo nella (3) si ottiene:

τττττ AkAkAkeAAkevo −=⇒=+=⋅+=⋅+⋅−=⋅−

00)0( 001

L'equazione diviene così:

τττ ττ AtAeAAtAkevtt

o +⋅−−=⋅+⋅−=⋅−⋅− 11

ed infine:

])1([1

teAvt

o −−⋅=⋅−

ττ

39

LOGARITMI

L’equazione a x = N ammette sempre soluzione, sotto la sola condizione che

a e n siano numeri positivi ed a diverso dall’unità. Il numero x che soddisfa

l’equazione esponenziale si dice logaritmo del numero N a base a e si denota

con

log a N

Le due equazioni a x = N e x = log a N sono quindi equivalenti fra loro, e

concluderemo col dire che il logaritmo di un numero (positivo), in una data

base (positiva, diversa da 1), è l’esponente che bisogna dare alla base per

ottenere il numero dato.

Proprietà dei logaritmi.

Qualunque sia la base, i logaritmi godono di importanti proprietà che ora di-

mostreremo.

Teorema: Il logaritmo di un prodotto è uguale alla somma dei logaritmi dei

singoli fattori.

Si deve dimostrare che se m ed n sono numeri reali positivi

log a (m · n) = log a m + log a n.

Se poniamo

log a m = x e log a n = y

Per definizione di logaritmo si ha

m = a x , n = a y

Moltiplicando membro a membro si ottiene

m · n = a x · a y = a x + y

E perciò, sempre per definizione di logaritmo e per le posizioni fatte,

log a (m · n) = x + y = log a m + log a n.

Teorema: Il logaritmo di un quoziente è uguale alla differenza fra il logarit-

mo del dividendo e il logaritmo del divisore, cioè

log a (m / n) = log a m - log a n.

Poniamo nuovamente

40

log a m = x e log a n = y

e quindi

m = a x , n = a y

Dividendo membro a membro, viene

m / n = a x / a y = a x - y

Perciò

log a (m / n) = x - y = log a m - log a n.

Teorema. Il logaritmo della potenza di un numero è uguale al prodotto

dell’esponente per il logaritmo del numero, cioè

log a b m = m · log a b

Infatti, poniamo

log a b = x e quindi b = a x

Elevando ambedue i membri di questa eguaglianza alla m-esima potenza,si

ha

b m = (a x ) m = a m · x

Da cui, per definizione di logaritmo e per la posizione fatta,

log a b m = m x = m · log a b.

41

LISTATO DEI PROGRAMMI MATLAB PER LA REALIZZAZIONE DEI DIAGRAMMI DI BODE DEI MODULI

DIAGRAMMA BODE DERIVATORE IDEALE

R2=10e3; C1=159e-9; num=[-R2*C1 0];\ den=[1]; f=logspace(0,4,1000); ome=2*pi*f; [mod,fase]=bode(num,den,ome); G=20*log10(mod); % % GRAFICO MODULO clg; semilogx(f,G); axis([1 10000 -40 40]); grid; title('diagramma di Bode del modulo'); xlabel('frequenza [Hz]'); ylabel('modulo [dB]'); DIAGRAMMA BODE DERIVATORE ATTIVO

R1=10e3; R2=100e3; C1=159e-9; A=-R2/R1; tau=R1*C1; num=A*[tau 0]; den=[tau 1]; f=logspace(0,4,1000); ome=2*pi*f; [mod,fase]=bode(num,den,ome); G=20*log10(mod); % % GRAFICO MODULO clg; semilogx(f,G); axis([1 10000 -20 30]); grid; title('diagramma di Bode del modulo'); xlabel('frequenza [Hz]'); ylabel('modulo [dB]'); %

DIAGRAMMA BODE INTEGRATORE IDEALE

R1=10e3; C2=159e-9; num=[1]; den=[-R1*C2 0]; f=logspace(0,4,1000); ome=2*pi*f; [mod,fase]=bode(num,den,ome); G=20*log10(mod); % % GRAFICO MODULO clg; semilogx(f,G); axis([1 10000 -40 40]); grid; title('diagramma di Bode del modulo'); xlabel('frequenza [Hz]'); ylabel('modulo [dB]'); DIAGRAMMA BODE INTEGRATORE ATTIVO

R1=10e3; R2=10e4; C2=15.9e-9; A=R2/R1; num=-A*[1]; den=[R2*C2 1]; f=logspace(0,4,1000); ome=2*pi*f; [mod,fase]=bode(num,den,ome); G=20*log10(mod); % % GRAFICO MODULO clg; semilogx(f,G); axis([1 10000 -20 30]); grid; title('diagramma di Bode del modulo'); xlabel('frequenza [Hz]'); ylabel('modulo [dB]');

42

BIBLIOGRAFIA

• Pulitanò - Mete Matematiche Vol. 1 – Mc Graw Hill

• Pulitanò - Mete Matematiche Vol. 3 – Mc Graw Hill

• Ambrosiani – Componenti e circuiti analogici e di potenza – Tramonta-

na

• Ambrosini Perlasca – Sistemi di conversione e interfacciamento –

Tramontana