Anteprima_Rassegna Stampa 30nov-11dic09

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RASSEGNA STAMPA La comunicazione nella me-society

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La rassegna stampa di Anteprima

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RASSEGNA STAMPA La comunicazione nella me-society

LA RICERCA

2010, viaggio nella "Me Society" STEFANOCARLI

I nternet è tra noi. Non è più solo una roba da adolescenti ipertecnologici e professionisti v"ry global'? Una prova? Eccola: perfino la

mitica casalinga di Voghera (ossia il massimo del iowtech del secolo scorso, visto che neanche guidava mentre il marito •limono di motori se ne intendeva) ormai non cambia più can:je, cambia piattaforma. Non cambia più programma ! t'»el senso che sceglie tra quel che passa il convento in quel ,Ti ° 'nento) ma seleziona un rem tenuto.

d i m e si fa a dire che le cose stai IQO proprio così? Ma per-

chéèl'unico modo in cui si spiega come mai tra i video più scaricati di YouTube ci sia Biancaneve; e tra quelli della Rai addirittura lo Zecchino d'oro, con quasi 2 milioni e mezzo di visualizzazioni. E' quello che già si vede in giro. E' quello che caratterizzerà ancora di più il pros-simoanno.I12010saràrannoderme': vivremo

sempre più in una 'me society', governata dalle reti e dalla 'me communication'. E' il trionfo della personalizzazione.

Se il fronte è stato rotto, già da qualche anno, dal boom dei telefonini, con uno o anche più cellularinelletaschediogni italiano, adesso si va ancora più avanti.

Un'indagine condotta da Reti sulla base di migliaia di interviste, con staff di ricercatori e urban-watchers delinea le nuove linee guida per il prossimo

anno. Perché iconsumidigitaliaumenteranno ma questo non farà più ricche le società ielle tic. La stagione degli accordi ira le major e le web company

Internet incorona l'utente sovrano è alle porte il boom della 'me society'

Il palinsesto non lo faranno più le tv ma gli spettatori: viaggio in sei tappe attraverso gli snodi chiave dei prossimi dodici mesi attraverso prodotti, servizi, strategie e protagonisti per comprendere come stanno cambiando i consumi

La mobilità sarà

sempre più attenta al fattore 'green'

Ormai il numero dei frequentatori di media sociali ha raggiunto

quello dei naviganti

STEFANO CARLI

Segue dalla prima

U n microcomputer in ogni tasca: uno smartphone che ci metta in contatto con l'u

niverso mondo in qualsiasi momento. Ma non solo. Arrivati a casa decideremo cosa abbiamo vo

glia di vedere. Sceglieremo tra un centinaio di canali tv, se proprio siamo pigri, e accetteremo uno dei contenutìche ci vengono proposti in diretta. Oppure, via Internet, ci vedremo un programma andato in onda il giorno prima, o la settimana prima. E se non c'è cercheremo sui siti Web, sui cataloghi del video on demand. Cercheremo tra forum e blog suggerimenti di novità sulle quali essere aggiornati. Prime ti-me, audience, share di milioni di spettatori tutti incollati allo schermo del te

levisore saranno presto un ricordo di un'era finita. E' la Rete, bellezza.

I prossimi dodici mesi segneranno una svolta. Lo staff di Reti, la società di consulenza strategica di Claudio Velardi, ne è cosi sicuro che ci punta su tutte le carte e proclamali Tema del2010: «Comunicazione, la mia vita è un palinsesto».

Questo esercizio di previsione, che per le aziende è un viatico, specie in tempi incerti come quelli attuali, è stato battezzato Anteprima. Hal'ambizioso obiettivo di prevedere i mutamenti di orizzonte andando oltre le ricerche di mercato. Si basa su oltre 6 mila dati, studi, ricerche e interviste, un centinaio di focus group, un nutrito gruppo di 'urbanwatchers' (specie di antropologi-

Rectangle

esploratori delle tendenze sociali).

NeUa prima edizione, quella dell'anno scorso, hanno puntato tutto sul petrolio a 80 dollari, men-treeraintomoai30, un calo del pil europeo di almeno il 3% e il boom della mobilità 'verde'. I fatti hanno poi dato loro ragione. E quest'anno ci riprovano, lo scenario che emerge è molto articolato.

Il mercato. I nuovi consumi digitali vSi faranno sentire sui bilanci dei grandi gruppi delle reti. Ma in modo contraddittorio. I volumi delle vendite di terminali e tecnologia e dei servizi cresceranno. Il valore in euro crescerà un po' di meno perché i prezzi sono in discesa. E i margini delle società di tic vedranno invece una contrazione di 6-7 punti percentuali perché verranno erosi dal maggior volume degli investimenti richiesti per portare sul mercato un'offerta in grado di cogliere questo boom di domanda. Sperando che negli anni successivi tra nuovi servizi a pagamento e ulteriore crescita dei volumi anche i margini tornino a salire.

Le guerre del Web. Se il 2008 è stato l'anno degli scontri, delle contrapposizioni e delle contese (Murdoch contro Google, le major (compresa Mediaset) contro You-Tube, il2010 sarà invecel'anno dei tavoli. Tutti i grandi protagonisti dovranno cercare e trovare la stra

da dell'accordo perché gli uni hanno ciò che agli altri manca e viceversa. Insomma, reti e contenuti hanno bisogno le une degli altri. l,a strada maestra è quella del revenue sharing, la condivisione dei ricavi. Su questo sono tut-

tid'accordo. Si continuerà a litigare su dove disegnare la linea di spartizione.

La pubblicità. Continuerà a calare sui media tradizionali, visto che il modello di business basato sull'audience si sfrangia ancora di

più grazie alla moltiplicazione oei palinsesti e soprattutto alla loro personalizzazione. E Internet ri -prenderà a crescere al punto ca-: perfino isocial network inizieran no a produrre denaro risolvendo il paradosso di come si fa a far so idi con YouTube e con Facebook.

La banda larga si democratizza. Si affermerà una nuova tecr.< ; logia chiamata Fermaceli. H' una rete wireless costruita dal basiti. connettendo assieme le reti WÌM. lcss domestiche con un niiivu standardchedovràsostituireii'viri . Negli Usa e sul Web se ne paria da anni ma questa sembra la ve- : u buona. La lentezza degli inveui • menti delle telecom sulle reti di nuova generazione apre spa? a nuove soluzioni come questa. Che hanno per di più il vantaggio di cogliere la nuova tendenza al protagonismo dei singoli utenti: ognuno non sarà più solo fruitore passivo ma contribuirà attivamente al trasporto del traffico generale. Sembra una delle classiche utopiedilnternet, ma proprio giovedì scorso la telecom francese Sfr, secondo operatore fisso-mobile, una joint venture Vivendi-Vodafone, ha ufficialmente annunciato da Tokyo che svilupperà con il gruppo nipponico Nec la prima rete lenitoceli in Europa.

Il Kindle. Entro il 2010 arriverà un Kindle italiano. Non nel senso dell'oggetto, ma del servizio. L'oggetto lo si può comprare già oggi, magari online, e lo si può anche usare inltalia.vistochedaqualche mese Amazon ne promuove la vendita online anche da noi, ma i 300 mila titoli tra libri e giornali sfogliabili sullo schermo digitale

sono al 99% in in

glese. L'Italia è indietro. Al

puntochequando jnazon ha cercato

an accordo con le telecom mobili italiane (il

Kindle si connette in sostanza con unasim) perotte-

nere Uaflìco a buon prezzo, non ha portato a casa nulla. Ed

era anche un modo per saggiare la potenzialità del nuovo mercato. Risultato, i pochi Kindle oggi attivi da noi funzionano con una sim dell'operatore Usa Sprint che ha comprato traffico mobile all'ingrosso dai nostri operatori. E il costo del traffico è una variabile fondamentale perii successo del servizio, \isto che nel modello di Amazon gli utenti non pagano esplicitamente il collegamento wireless. Ma se gli editori italiani lanceranno davvero il servizio, una specie di I-Tunes per libri, giornali e riviste, le cose cambie-ranno. Anche se l'orizzonte che il progetto italiano si è dato per arrivare a sostituire radicalmente la carta con i byte è di dieci anni.

La'mecommunication'.Cadrà definitivamente la distinzione tra navigazione del Web e il socia] networking. Cadrà nel senso che sarà chiaro ed evidente ciò che già oggi accade. Ossia che stareinReteefar partediunnetworksocialeègiàdi fatto la stessa cosa. Preso l'insieme degli italiani tra i 17 e i 74 anni, che sono 45 milioni, 25 milioni, U 55%, sono utenti Internet, e 22,4 milioni è un utente di media sociali. Non sono solo i vari Face-booke Twitter, ma tutte quelle forme di comunità che si incontrano in rete. Dal livello più basso (tecnologicamente parlando, ovviamente) di quanti sono inseriti in gruppi di mailing list, fino ai social network veri e propri: club virtuali, bacheche elettroniche, piazze digitali, attraversocui cercare, trovare e condividere informazioni su tutto, dai corsi di cucina alla ricerca di pezzi di ricambio per l'au-to o per gli elettrodomestici. Fino alla condivisione delle passioni vere e proprie. Purtroppo a volte pure di quelle indicibili e illecite.

FEMTOOEU. Arriva una nuova tecnologìa per promuovere la banda larga e lo farà dal basèo, mettendo in connessione te reti domestiche degli utenti e aggirando la lentezza dei nuovi investimenti delle Telecom

KNDtt Sarà l'anno in cui il lettore digitate per libri e giornali decollerà ma parlerà ancora inglese. Gii editori italiani però si stanno preparando per rendere disponibili prodotti nella nostra lingua

« U H M ACCORDI Quest'anno abbiamo visto Google contro Murdoch, le major del cinema e * delle tv contro _^| Youtube: nel 2010 ^ 8 si vedranno le p i l l i l i

OUIAU E PIATTAFORME Non si cambierà più canate ma piattaforma, si passerà dalla tv free ai canali pay al video on eternanti a internet; ognuno farà parte di tanti pubblici diversi

m Sarà tf nuovo standard della telefonia mobile. Gli smartphone, i micro-computer tascabili, prenderanno sempre più rapidamente il posto dei telefonini tradizionali per diventare il fulcro delta 'me cornmunication' per connettere gii utenti in qualsiasi momento tre di toro

Il potere 11 • • •

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KIS / I.--

L9intemsta/Manuel Castells^ grande teorico del web, parla dell'evoluzione della "network society": «Nessun governo può controllare Internet»

di MASSIMO DI FORTI

yyTNTERNET è usato oggi AAJLda un miliardo e 600 milioni di persone. E i cellulari da 4 miliardi e 700 milioni di esseri umani in tutto il mondo. E' impensabile, assolutamente impossibile, per qualunque governo e per qualunque sistema di potere, illudersi di controllare questa galassia». In un recente saggio, l'ha chiamata la Galassia Internet riprendendo la celebre definizione di Galassia Gutenberg coniata da Marshall Me Luhan per descrivere l'avvento dell'Era tipografica, seriale e ripetitiva all'infinito. Il volto rubicondo e solare di Manuel Castells si concede accattivanti sorrisi anche quando il sociologo spagnolo affronta temi di vertiginosa complessità. E il più grande teorico-guru del Web (chenel'95 coinvol

si sociologo Manuel Castells, autore di un nuovo libro

A ! dedicato alla comunicazione

geva appena 16 milioni di utenti), docente di Sociologia della comunicazione all'University of Southern California e a quella di Barcellona (sua città natale), lo ha fatto intervenendo ad Anteprima 2010, illuminante dibattito promosso dal Gruppo Reti al Chiostro del Bramante e introdotto dal presidente Massimo Micucci. Con una riflessione su una svolta epocale: l'evoluzione della network society in me-society o me-com-munication. Detto in altri termini: la nostra vita è ormai un palinsesto. In che senso? Spiega: «La Rete si personalizza. L'utente diventa attore. La comunicazione, dai consumi alle relazioni individuali-sociali, non ci vedrà semplici fruitori ma attivi protagonisti nel segno dell'interattività o addirittura della programmazione». Non solo. Gambiera tutto l'orizzonte dell'innovazione. Dice lo studioso catalano: «L'affermazione della banda larga avrà effetti notevoli. Crescerà la. pay-tv. La pubblicità si sposterà sempre di più dalle televisioni a Internet e la stampa dovrà affrontare momenti molto difficili. Saranno ridefiniti anche i consumi». E cam-bieranno i connotati del Potere.

Sostiene Castells, che ha anche presentato il suo ultimo libro Comunicazione e potere (Università Bocconi Editore, 665 pagine, 34,50 euro) e che è autore di un'imponente ricerca in tre volumi L'età dell'Informazione, sua opera miliare, sempre edita da Bocconi: «Il Potere, ai nostri giorni, si decide nello spazio occupato dai media. Ma la verticalità del potere economico e politico è entrata in conflitto con l'orizzontalità di un Contropotere, quello di Internet che non è soggetto a nessuna governan-ce. Ci provò Clinton, quando era presidente, ponendo sul tappeto il problema della pornografia infantile sulla Rete. Ebbene, anche in quel caso, l'idea di un controllo statale fu bocciata. Nessun governo o despota o multinazionale può illudersi di censurare o bloccare (come hanno cercato di fare in Cina, andando incontro a un inevitabile fallimento) o bloccare un simile flusso di comunicazioni-informazioni che viene dal basso, un fatto senza precedenti nella storia dei media. Stiamo passando dall'epoca della società di massa a quella delYautocomunicazione di massa».

Con quali conseguenze? «In positivo, e si tratta di una

notevole conquista individuale e sociale, c'è l'importanza crescente di movimenti che cambiano i valori stessi della società. Io la chiamo la. politica insorgente. Gli esempi sono tanti e clamorosi. Pensiamo a quanto è accaduto e sta accadendo in Iran, con una mobilitazione dal basso fino a poco tempo fa impossibile. O alla reazione che c'è stata in tutto il mondo alle bugie dei governi americano e inglese sulla guerra in Iraq. O, ancora, alla cresci

ta esponenziale del movimento ambientalista. Per non parlare delle elezioni americane e della trionfale vittoria di Oba-ma nella corsa alla Casa Bianca, di un outsider completamente estraneo ai palazzi del Potere ufficiale, avvenuta con il decisivo contributo di Internet sia per la partecipazione di soggetti tradizionalmente esclusi sia per la raccolta dei fondi necessari alla campagna svolta dal neo-presidente».

E in negativo? «La pressocché inarrestabile tendenza all'infotainment, alla degenerazione della lotta politica in una caccia allo scandalo, vero o presunto, come avviene ormai in tutti i paesi da una ventina d'anni a questa parte. Favorita, certo, dalla corruzione e dal basso livello della classe politica, nei confronti della quale c'è un rigetto diffuso. Ci vorrebbero altri Obama. Ma non è facile trovarli».

SI mondo di internet

in una immagine Masterfile

La Rete è oggi usata da 4 miliardi e 700 milioni

di persone nel mondo

Impensabile, dice Castells,

pensare di poter

controllare questa

galassia Lo studioso

è il più importante

teorico dell'universo

web

L'INTERVISTA

Castells: "H futuro è Internet e Tv" Parla uno dei massimi esperti mondiali della Rete: "I giornali? Salvi se lasciano la carta"

STEFANO CARLI

I nternet e la tv sono due costellazioni della comunicazione che sono destinate a convivere l'una accanto

all'altra, anche se in uno scenario che sarà progressivamente diverso da quello a cui siamoabituatioggi.Percertiversilnternet assorbirà al suo interno la tv. Ma il mondo Manuel di Internet, che è il mondo della 'autoco- Castells municazione di massa' non sostituirà quello della tv, che è 0 mondo della comunicazione uni-direzionale, da uno, il broadcaster, verso tutti. E poi la galassia della tv è specializzata e concentrata su due sole tipologie di contenuto: l'entertainment e l'infotainment, mentre Internet è molto più ampia». E' così che Manuel Castells, tra i maggiori studiosi a livello mondiale della società dell'informazione, che da vent'anni si interessa di

Internet e del suo impatto sulla società contemporanea, vede l'azione reciproca dei due media più potenti.

Quindi è un errore vedere Internet in contrapposizione agli altri media?

«Quello che succederà è che sempre più Internet integrerà la tv al suo interno. Già oggi le giovani generazioni guardano la tv attraverso Internet. Così come si informa-

— no e apprendono le notizie attraverso Internet».

Siriferisceallaconvergenza?Alfattochepresto avremo Internet dentro gli apparecchi televisivi?

«La convergenza non è tanto una questione tecnologica quanto mentale. I terminali continueranno a restare diversi e separati: useremo l'uno o l'altro, uno smartphone o un pc o la tv a seconda delle nostre esigenze».

• segue a pagina 29

E'uno dei massimi studiosi mondiali dell'impatto dellaRete sulla società. "La convergenza avviene nei nostri cervelli, non nei terminali"

La tv mutante e le sfide dell era Internet Parla Manuel Castells: "I giornali sulweb e le copie di carta a 10 euro' STEFANO CARLI

«Mi Segue dalla prima

I a saremo noi, nel nostro cervello, a realizzare la convergenza».

Nel suo ultimo libro, 'Comunicazione e potere', le parla della 'tv mutante'. Cosa intende dire?

«Che la tv è cambiata. Una volta il 90% delle persone guardava i trequattro maggiori canali tv. Oggi quella quota negli Usa è scesa al 20%, in Spagna siamo al 25%: la tv non ha più quella stessa capacità di prima di raggiungere tutti».

In Italia però è forse ancora un po' così.

«Ma perché voi avete un monopolio: avete un solo network che fa capo a Silvio Berlusconi. Un network parte pubblico e parte privato. E questa è una delle ragioni per cui l'Italia sta rimanendo indietro in questa fase di sviluppo delle nuove comunicazioni. Vede, un'offerta tv molto semplificata, semplice, ridotta nei contenuti all'entertainment, non aiuta lo sviluppo di Internet. Mentre le nuove generazionioggicresconocomple-tamente in Internet. E poi in Italia e ' è un altro problema: voi siete una nazione 'anziana'. Siete una società di ultracinquantenni. E sono gli ultracinquantenni che guardano molto la tv. L'Italia ha dei buoni indici di longevità, ma questo è anche un indice di senilità».

Torniamo agli scenari globali. Non c'è contraddizione tra Io sviluppo della autocomunicazione di massa, la moltiplicazione di produttori di contenuti, elaprogressi-va concentrazione di gruppi economici nel settore dei media?

«No: è un processo di globalizzazione e customizzazione, ossia di concentrazione anche sulle esigenze degli utenti»

Cioè? «Per vendere un prodotto, nel

settore della comunicazione, devi attrarre audience, devi 'vendere' a grandi quantità di persone. Prendiamo il caso di MySpace. Murdoch possiede MySpace ma MySpace è uno spazio di comunicazione che in qualche modo appartiene anche alla gente che comunica attraverso MySpace e Murdoch deve rispettarla. Se non lo facesse, creando barriere o non garantendo il libero utilizzo del network, sarebbe facilissimo veder emergere altri portali pronti ad offrire condizioni più libere. Questo perché le barriere di ingresso nel business di Internet sono molto basse. Non serve un grande capitale: si può partire velocemente ed essere subito competitivi. E'già successo».

Quando? «Facebook a un certo punto

cercò difare pagare gli utenti: nel giro di 24 ore si realizzò una specie di esodo, una migrazione dimassadaFace-

book verso una miriade di altri portali di social network. Ritornarono sulla decisione».

Proprio riguardo al pagamento dei contenuti, si sta profilando un accordo tra Murdoch e Google sulle news: ilmodel-lo potrebbe essere di lasciarne una quota libera e mettere le altre a pagamento.

«Ma quello è un accordo tra cor-poration:nontoccailcuoredelpro-blema delle news. Gli utenti di Internet cercano di vivere in un sistema di comunicazione libera. Se qualcuno cerca di farli pagare loro si rivolgeranno a qualcun altro. Tanto su Internet si possono trovare tutte le notizie perché c'è sempre qualcuno che leggerà una notizia da qualche parte, un altro sito, o magari un giornale di carta, e la ri-

porteràin rete dove tutti gli altri potranno leggerla. E poi si può sempre dire che ciò che si propaga in rete none una notizia presa da una par

te o da un'altra, ma il fatto. E il fatto a chi appartiene? Sui fatti non c'è copy-right».

E' per questo che i giornali faticano a trovare un modello di business sul-l'online?

«Sì.E' unasituazionetri-ste ma i giornali devono reagire. I giornali sopravvivranno se punteranno tutto sulla credibilità. Se per

di credibilità perdi tutto. Poi devono capire come affrontare il vero cambiamento che Internet sta imponendo loro: il cambiamento della piattaforma tecnologica: è la carta stampata che non funziona più».

In un'intervista recente al El Pais lei ha detto che la copia cartacea dei quotidiani dovrebbe essere venduta a 10 euro, che dovrebbe diventare un prodotto di lusso. Era un paradosso, una battuta?

«Nienteaffatto,lacartacostaeha un forte impatto ambientale. La distribuzione digitale è il futuro. La piattaforma sta cambiando: i giornali dovranno avere una edizione cartacea limitata e portare la diffusione principale su Internet. Il vero nodo è trovare il modello economico. E' lo stesso problema che ha affrontato o sta affrontando ogni settore industriale coinvolto dall'avvento di Internet, a cominciare dai film e dalla musica. Anzi, nella musica una soluzione è stata trovata: è ilmodelloI-Tunes.basatosulla'co-da lunga'».

Cioè? «I-Tunes non vende Cd ma sin

goli brani che ognuno può scegliere da un enorme catalogo. Ognuno può comprare a bassissimo prezzo una piccolissima parte del catalogo. Microapgamentiepossibilitàdi acquistare solo ciò che si vuole e non un insieme imposto. E' il mi i-dello che sta sperimentando ora il

WallStreet Journal. Chi vuolenonsi

deve comprare tutto il giornale ma solo lanotizia per cuihainteressein quel momento: bisogna saper raggiungere e suscitare l'interesse di una grande moltitudine di piccoli insiemi di utenti ciascuno interessato a una singola certa notizia».

Tra contenuti globali e autocomunciazione personale c'è anche un futuro per un livello di contenuti locali?

«Le notizie locali sono le più importanti. Le persone sono estremamente interessate all'informazione locale. Perché l'informazione locale parla di loro, di cose molto vicine alla gente. E una delle grandi qualità di Internet è proprio quella di far crescere la dimensione locale, permettendo la formazione di comunità di interesse dal basso. Sono comunità che possono facilmente arrivare a coincidere con le municipalità, i comuni. Su Internet vive un'enorme galassia di radio e di tv locali. Sono migliaia e migliaia, e sono proprio

quelle più seguite dai giovani nel mondo. Enoidobbiamo sempre tenere lo sguardo sui giovani, perché i comportamenti che stanno sviluppando oggi saranno lo standard universale di domani».

Questo sviluppo tumultuoso di Internet sta riproponendo il problema del controllo della Rete. Internet ha bisogno di una gover-nance?

«Sono stato molti anni in commissioni di ogni genere su Internet. Nel 1997 sono stato nella prima commissione Uè su Internet e la Information Society e sempre la prima questione è stata: come possiamo controllare Internet. Ma di fatto Internet non si può controllare. Anche il governo iraniano ha provato a controllare Internet per impedire le rivolte ma non c'è riuscito».

Però anche la Spagna di Zapate-rohaemanatounaleggepercerca-re di impedire la pirateria minacciando la chiusura dei siti.

«Si dovrebbe mettere in prigione un terzo dellapopolazione giovanile mondiale, in Usa 75 milioni di

persone fanno regolarmente dei download in violazione delle norme sul copy-right. Ma questo riguarda i modelli di business. Il problema del governo di Internet è diverso. Il potere ha sempre cercato di realizzare un controllo sulla comunicazione. Ma con Internet non si può. Ormai è troppo tardi: è troppo diffusa. Se si chiude un sito da una parte lo si può riaprire da un'altra. Gli unici controlli possibilisono quelli automatici, basati su parole chiave. Ma se quelle parole non vengono usate, se, per esempio, non pronunci le parole proibite Tibet o Tienanmen, nessuno può trovarti e controllarti. Gli Stati hanno sempre cercato di tenere sotto controllo Internet ma senza successo. Perfino gli Usa».

Quando? «Sotto l'amministrazione Clin

ton, per ben due volte, ma furono entrambe fermate dalla Suprema Corte. Poi l'anno scorso in Francia con Sarkozy, bloccato però dalla Corte Costituzionale. La verità è chelntemet non ha un sistema di

controllo.Lecosechesipossonofa-reenonfaresulnternetsonolestes-se del resto della società, quindi da questo punto di vista il problema non c'è. Quindi quando si parla di leggi e regole su Internet si parla di

altro: dicontrollo preventivo.Malntemetnonpuòes-sereunpo'piùounpo'meno libera. O è libera o non lo è. Non è come la tv o i giornali, che hanno un sistema di controllo in quanto hanno una proprietà. Intemet non ha niente di tutto que

sto. Eper questo creapanico nei governi: perché non ha controllo e non è controllabile».

Vuol dire che su Internet alla fì-ne*algono solo le regole che essa stessa si da?

«Sì, nel senso che Internet è un organismo autoregolato. Ma regolato da chi? Dagli 1,6 miliardi di persone che la usano e che si regolano da sole. Ci sono buone e cattive persone, quindi Internet è come siamo noi. E' come uno specchio in cui guardare noi stessi».

LA BIOGRAFIA

Dalla Sorbona fino a Berkeley MANUEL Castells è nato in Spagna, a Hellin, nel 1942. Dopo gli studiaBarcellonae alla Sorbona di Parigi, ha iniziato la carriera accademica. Dal 1979 al 2003 è stato professore di sociologia presso l'Università della California, Berkeley. Oggi è Professore in Comunicazione all'Annen-berg Center, presso l'University of Southern California (USC). Da vent'anni si interessa di Internet e del suo impatto sulla so

cietà contemporanea. Hascritto più di venti libri, tradotti in molte lingue, dedicati all'analisi delle dinamiche culturali collegate all ' imponente trasformazione tecnologica delle nostre società. La sua operapiùnotaèla trilogia intitolata "L'età dell'informazione". Il suo ultimo libro, «Power Communication», è tradotto in italiano con il titolo «Comunicazione e Potere» per la Bocconi Università Edizioni.

RASSEGNA STAMPA

TLC, media, social media

mei

Per Facebook350 milioni di utenti Facebook.festeggia i 350 milioni di utenti (almeno cinquanta milioni dei quali si sono iscritti solo negli ultimi tre mesi) e annuncia alcune modifiche in materia di controllo della privacy. In una lettera aperta a lutigli iscritti, il fondatore del più popolare social network, di Internet, MarkZucherberg (nellafoto), ha annunciato il nuovo piano che «prevede la creazione di un modello semplificato per il controllo della privacy, ciascuno può decidere a chi rendere disponibili i contenuti».

L a storia di Apple dimostra che la leadership si

gioca sui servizi, non sugli

Nokia, Apple e le altre

Telefonini, chi vincerà con il web apparecchi venduti. Per Nokia, leader nel mercato dei telefonini, e per tutti gli altri

produttori, si apre dunque la partita del software. Con Google sullo sfondo.

Trend 11 gruppo finlandese ha la quota di mercato più alta, ma arranca sul software. Gli esperti: cellulari destinati a diventare commodity, come successe ai Pc

Telefonini Ultima chiamata per Nokia (e le altre) Apple dimostra che la leadership si gioca sui servizi, non sugli apparecchi venduti. E con l'assalto di Google...

DI MARIA TERESA COMETTO

112010 sarà un anno cruciale nella guerra per conquistare la leadership dei telefonini e si giocherà non sul

volume degli apparecchi venduti, ma su quello delle applicazioni create dagli sviluppatori di software e scaricate dai consumatori per personalizzare il proprio smartphone.

È la strada aperta da Apple con il suo rivoluzionario iPho-ne e che ha consentito all'azienda di Steve Jobs, con meno del 3% delle vendite mondiali di cellulari, di diventare la numero uno per profitti: 1,6 miliardi di dollari di utili operativi nel terzo trimestre 2009, secondo le stime della società di ricerca Strategy Analytics, contro 1,1 miliardi di Nokia, il produttore finlandese che controlla il 37% del mercato di tutti i telefonini e quasi il 40% di quelli «intelligenti».

Ewoluziome «Si sta ripetendo nel settore

dei telefonini quello che è successo per i computer: l'hardwa-re diventa una commodity, con le macchine a prezzi sempre più bassi, mentre i soldi si fanno sui servizi e quindi sul software», spiega a CorrierEcono-mìa Alessandro Piol, venture ca-pitalist del settore high-tech da 25 anni in America, dove si era trasferito da ragazzo con il padre Elserino, pioniere italiano del settore. «L'iPhone piace an

che come oggetto — continua Piol — ma le novità fondamentali sono state l'interfaccia con l'utente, facile da usare con il tocco sullo schermo e l'App Store, il negozio online di applicazioni che oggi vale 2,5 miliardi di dollari di ricavi l'anno, un terzo dei quali va ad Apple».

Lo scorso mese Apple aveva annunciato di aver raggiunto la quota di 100 mila applicazioni create dagli sviluppatori per il suo App Store, suddivise in 20 categorie, dai giochi all'economia, dalle news allo sport e ai viaggi. Secondo Idc entro il 2010 le applicazioni per l'iPho-ne saranno 300 mila, ma parallelamente cresceranno da 10.000 a 50-75 mila quelle per i telefonini basati sul sistema An-droid di Google, lo sfidante potenzialmente più pericoloso per Apple Nokia.

Quest'ultima si trova a un punto critico della sua storia. «È ancora il leader nelle vendite, ma fatturato e profitti soffrono perché il prezzo medio dei suoi apparecchi è costantemente sceso dal 2001 a oggi, anche a causa di un mix di prodotti che comprende modelli a bassissimo costo per i mercati emergenti come l'India e la Cina, su cui i margini di guadagno sono molto ridotti — spiega Alex Spektor, analista di Strategy Analytics —. Ed è sempre più difficile differenziarsi sul-l'hardware, mentre la sfida è conquistare i clienti con un interfaccia accattivante e una ric

ca gamma di applicazioni». Su questo Nokia è rimasta indietro e ora cerca di recuperare terreno, puntando sul miglioramento del suo sistema operativo Symbian e del suo negozio online di applicazioni Ovi, per il quale ha fissato l'obiettivo di un fatturato da 2 miliardi di euro entro il 2011.

La nuova enfasi sui servizi aveva fatto circolare nelle scorse settimane voci di un possibile disimpegno dell'azienda finlandese dalla produzione. Ipotesi poi smentita ufficialmente, ma non irrealistica, se è vero che Nokia potrebbe replicare — nel settore dei telefonini — la metamorfosi dell' Ibm, da gigante nella manifattura dei computer a leader nella consulenza sul software.

«Nokia potrebbe cominciare a far produrre esternamente i telefonini low-cost — osserva Piol —. Certo i margini di guadagno sull'hardware sono bassi, sotto il 10% e continuano a scendere. Quindi ci sarà un grande dibattito fra i manager finlandesi su che fare. Ed è diffìcile spostarsi da ciò che si sa fare verso l'ignoto». La stessa Nokia prevede che le vendite di cellulari tornino a crescere del 10% nel 2010, dopo un 2009 in calo (-4% nel terzo trimestre): Mentre secondo gli analisti di Idc la quota di mercato degli smartphone salirà al 16% dall'attuale 13%.

Nuowe rivalità Su questo segmento ad alti

margini di profitto, finora controllato all'80% dal trio No-kia-Rim-Apple, si sta scatenando la concorrenza dei produttori che adottano Android, innanzitutto Motorola. L'azienda americana pioniere dei telefonini scommette la sua sopravvivenza sul nuovo Droid, che sta vendendo bene negli Usa —

800 mila pezzi da inizio novembre — e sta sbarcando in Europa.

Anche Sony-Ericsson cerca di evitare l'estinzione con il nuovo Xperia X10, che sarà lanciato all'inizio del 2010; e i coreani Samsung e LG offrono anch' essi prodotti basati sul sistema operativo di Google. L'ultima generazione di telefonini conquisterà il 18% del mercato degli smartphone entro il 2012, secondo la società di ricerca Gart-

ner, battendo Rim e Apple e insidiando il primato di Nokia.

Il software Android è «aperto» e gratuito e il successo commerciale dipende dalla quantità e qualità delle applicazioni che la piattaforma saprà stimolare. A testimonianza della nascente rivalità fra i sistemi iPho-ne e Android, il ceo di Google Eric Schmidt lo scorso agosto si era dimesso dal consiglio di amministrazione di Apple.

Beri Mordberg Presidente Sony Ericsson

La joint venture fra la giapponese Sony e la svedese Ericsson ha dimezzato la quota di mercato e perso164 milioni di euro nel

terzo trimestre 2009. Punta ora sullo smartphone Xperia X10 con sistema

Android, in vendita da! 2010

Skott Ahn Amministratore

delegato

LG Electronics

Mollile li gruppo coreano ha aumentato le vendite

di un terzo nell'ultimo trimestre e la quota di

mercato di 2,5 punti, ma non i profitti. Punta sui nuovi

smartphone, il BL4a e il GW620, il primo

basato su Android con video di alta qualità

Y o o n - W o o

Amministratore

delegato

Samsung

Electronics La sua quota di

mercato cresce: 20% nel terzo trimestre

2009, secondo posto sotto Nokia. Punta

sugli smartphone con il touch screen per

competere con l'iPhone sulla fascia

alta: vendite quadruplicate

quest'anno

/*"" Stewe Jobs Amministratore delegato Appiè Con l'iPhone è diventato il produttore di telefonini che macina più profitti -1,6 miliardi di dollari di utili operativi -pur controllando meno del 3% delle vendite. Le sue azioni sono cresciute del 120% da inizio 2009

Jorma Oliila Presidente Nokia Il produttore finlandese è il N.1 mondiale dei telefonini con il 37% del mercato, ma i suoi margini soffrano ed è in ritardo lo sviluppo del software Symbian per competere con l'iPhone. In Borsa il titolo perde il 20% da inizio anno

S a r t j a y J h a Amministratore delegato Mobile Omwes M i to ro la I! produttore americano nel 1973 aveva lanciato il primo telefonino portatile e fino a due anni fa era il numero 2 al mondo, poi ha perso quote. Ora punta sul nuovo Droid, in vendita questo Natale. La Borsa ci crede: +75% quest'anno

Jim Balsil ie Co-amministratore delegato Bini Il produttore canadese del BlackBerry è leader nei telefonini intelligenti per la clientela aziendale. Ora ha allargato il suo mercato anche ai consumatori comuni, ma in Borsa vale meno della metà dei massimi del 2008

Com'è diviso il mercato Vendite di apparecchi in milioni nei primi nove mesi degli anni di confronto

2009

Samsung

60,6 Nokia

113,4 Altri

308,7

Sony Erics.

13,4 Motorola

13,9 LG

2008

Samsung

\jé—, O

Nokia

117,9 Altri

64,1

308,2

Sony Erics,

24,8 Motorola

24,6 LG

24,0 Fonte: Gartner (novembre 2009)

La ricca torta deqii Smartphon

2009

Apple

7,0 Htc

2,6 Samsung

1,3

Rìm

Apple

4,7

2008

Nokia

15,4

Htc

1,6

Altri

7,7

Samsung

1,1 Fonte: Garlner (novembre 2009)

I • •

1 ome sarà la tivù del futuro? Basta vedere quello che sta accadendo negli Usa. Con il boom della ti-

/

vù del "quando vuoi, come vuoi": via Internet, con contenuti che possia

mo vedere in ogni momento, senza vincoli d'orario. Gratis o a basso costo, con pubblicità mirata (che conoscerà i gusti di ogni singolo spettatore) e servizi aggiuntivi come le scommesse in tempo reale, da piazzare con il telecomando durante la partita. L'embrione di questa tv futuribile esiste già e ha un nome un po' bislacco: Hulu. Un si-

to americano che sembra diventato il modello per chi guarda al futuro. Ci vai e trovi film recenti, serie tv nuovissime: gratis e ad alta definizione. Tutto legale, i contenuti li mettono gli stessi produttori o i loro partner diretti: I Iulu è infatti frutto di un accordo fra colossi delle tv tradizionali, multinazionali del calibro della Fox di News Corp (i proprietari di Sky), Abc (di Disney), Nbc (della General Electric). La novità sta dando i suoi frutti, in rapida crescita, nonostante sia accessibile solo dagli Usa: 40 milioni di utenti mensili a giugno, contro i 33 di marzo; 65 milioni di dollari fatturati nel 2008, con il 15-18 per cento di margine operativo lordo, «mentre si

WM*

vederne i video non solo sul sito ufficiale, ma anche su un esercito di 100 mila tra siti e blog indipendenti, che li diffondono. In ogni caso, la pubblicità va sempre a quelli di Hulu. Solo pubblicità, quindi, «e pagata molto bene: come per un programma in prima serata sulla tv nazionale», aggiunge Adam Daum, analista di Gartner e massimo esperto di Internet tv. Nel 2010, Hulu potrebbe cominciare a far pagare qualcosa agli utenti (ha dichiarato Chase Carey, vice presidente di News Corporation). Segno che il modello Hulu è maturo ed è pronto a fare il secondo passo, diversificando il business. Il mercato delPon line television varrà 3,3 miliardi di dollari nel 2013: il triplo del 2008, negli Usa.

Se ne sono accorti anche qui da noi. Lo dicono segnali come l'annuncio di La7, la tivù di Telecom Italia: la settimana scorsa ha aperto un sito dove chiunque può vedere via Internet i programmi già trasmessi, gra

tis e in alta definizio-Nell'altra pagina: ne_ JJ c o n c e t t o d l fon„ American Dad". , .. , , . ..

n • . *• j .n. . i i . do e lo stesso: la tivù Qui a fianco, dalralto: L'attrice Keri quando 1 utente vuole Russell in "Scrubs", (on demand, su richie-imitazione di Obarna sta). Si va incontro a durante il "Saturday quelle nuove genera-N ight Live" e una z i o n i c h e d a y a m i a ] ] a

scena di Lieto me" .. tv di casa riescono a

ta rò solo nei ritagli di tempo : preferiscono controllare il |uando e il come vedere i profanimi. Anche il "dove", per-:hé se la tv è su Internet la si >uò vedere ovunque ci sia una :onnessione: al pc durante •

la pausa pranzo, al cellulare in tram di ritorno a casa. A Hulu sta guardando anche la Rai, molto di più rispetto all'anno scorso, «quando siamo partiti da una situazione sul Web francamente non all'altezza delle nostre possibilità. Adesso vediamo i primi pallidi risultati positivi», dice Piero Gaffuri, direttore Rai Nuovi Media. Il portale Rai, che ha un archivio di video e trasmette anche eventi in diretta, a novembre ha avuto 7 milioni di visitatori, «il '! c a r t o n e "F

j • i i ' Guy e> s o t t l

doppio rispetto al anno scorso. s c ena d a | | . I ricavi (dalla pubblicità) previ- poliziesca "B sti nel 2009 saranno 4 milioni di euro. Pochi, lo so, circa 1 per cento del fatturato Rai; ma sono più del doppio rispetto al 2008 », continua. « Così, a inizio 2010 potenziamo il portale: con la replay tv. Programmi trasmessi da Rai nei giorni precedenti». La linea è insomma la stessa, come una parola d'ordine che le emittenti nostrane si sono passate: il futuro è su Internet e bisogna cominciare a lavorarci adesso. Rai ha fatto un accordo con YouTube per portarvi i propri programmi: anche questo è nel segno del modello Hulu (la strategia della proliferazione). E Mediaset? Non è da meno, anzi riserverà le sorprese più grosse. Nelle scorse settimane è trapelato un documento Mediaset riservato, con un progetto: prima fase, mettere sul Web tutti i propri programmi. Seconda fase, da fine 2010: portare tutto

questo, più contenuti e servizi aggiuntivi possibili solo grazie a Internet, sulle tv di casa tramite un decoder ad hoc. La tendenza mondiale infatti è che la Web tv via Internet arrivi direttamente sulla tv di casa, nei prossimi anni, e non nel pc. «E inevitabile, tutte le emittenti sposeranno Internet: qui possono ritrovare parte del pubblico che stanno perdendo, soprattutto le nuove generazioni», dice Tommaso Tessanolo, esperto italiano di Web tv e general manager CurrentTv Italia. Di fondo, c'è un allarme: «Per la prima volta nella storia, le

tivù stanno perdendo ascolti, in molti Paesi», dice Cryan: «In Paesi come la Germania e il Regno Unito, già ora solo un terzo dei giovani sotto i 30 anni vede la tv ogni giorno. Preferiscono Internet». La risposta delle emittenti è appena agli inizi, mettere i propri normali programmi sul Web è una fase rudimentale. Grazie a Internet, miglioreranno pubblicità, contenuti e servizi, infatti. «Se lo spettatore è su Internet, l'emit

tente può sapere che cosa sta vedendo, quanto è interessato, e quindi mandargli pubblicità personalizzate», dice Daum. La famiglia vede molti cartoni animati? Probabilmente ha bambini e quindi l'emittente gli mostrerà pubblicità di giocattoli o auto per la famiglia. Gli sponsor saranno interessati a pagare una pubblicità che raggiunge così bene il pubblico. Nasceranno servizi come le scommesse in tempo reale: stanno per tirare un calcio di rigore e l'emittente ti dà tre secondi per scommettere sul gol. «Sono cose possibili solo grazie alla banda larga. Mediaset sa bene che se sul digitale terrestre le sue possibilità sono limitate», spiega Daum. «Il digitale terrestre non ha interattività ed e destinato a essere superato», aggiunge il vicepresidente de La7, Giovanni Stella. Ma lo stesso vale per il satellite. Sky nel Regno Unito ha già venduto un milione di decoder connessi a Internet e avrà tra sei mesi i primi servizi Web sulla tivù di casa. Probabile che nel giro di qualche mese lo faccia anche Sky Italia, perché dopo la guerra tra satellite e digitale terrestre, il grande confronto tra corporation della tivù sarà tutto sul Web. Hulu insegna, m