Amarcord: 1970-2020 L - Parrocchia Mariano al Brembo

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Amarcord: 1970-2020 L a parola “amarcord” (“io mi ri- cordo”) riassume molto bene il significato di quanto incontrato nei miei 50 anni di vita sacerdotale, che il Signore mi ha regalato gratu- itamente per dare gusto e sapore alla mia vita di prete. Una vita ric- chissima di fatti e avvenimenti, che hanno scandito il tempo e fissato nella mente e nel cuore persone, volti e parole che ora continuano ad essere una presenza significativa, nonostante l’assenza o la lontanan- za fisica di quanti incontrati lungo il cammino di 50 anni. Tutto è gelosamente custodito nel profondo del mio “io”, ma ad ogni occasione si ripresenta vivo, capa- ce ancora una volta di coinvolgermi in prima persona. La celebrazione dell’anniversario dei singoli avveni- Durante la cerimonia di ordinazione Accoglienza sul sagrato a Mariano 50 º di Ordinazione Sacerdotale di don MARIO MANGILI

Transcript of Amarcord: 1970-2020 L - Parrocchia Mariano al Brembo

Amarcord: 1970-2020

La parola “amarcord” (“io mi ri-cordo”) riassume molto bene il signifi cato di quanto incontrato

nei miei 50 anni di vita sacerdotale, che il Signore mi ha regalato gratu-itamente per dare gusto e sapore alla mia vita di prete. Una vita ric-chissima di fatti e avvenimenti, che hanno scandito il tempo e fi ssato nella mente e nel cuore persone, volti e parole che ora continuano ad essere una presenza signifi cativa, nonostante l’assenza o la lontanan-za fi sica di quanti incontrati lungo il cammino di 50 anni. Tutto è gelosamente custodito nel profondo del mio “io”, ma ad ogni occasione si ripresenta vivo, capa-ce ancora una volta di coinvolgermi in prima persona. La celebrazione dell’anniversario dei singoli avveni-

Durante lacerimonia diordinazione

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50º di Ordinazione Sacerdotale di don MARIO MANGILI

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menti offre lo spunto per rivi-vere nuovamente il gusto e la bellezza di quanto ha toccato profondamente la mia storia personale. Rileggendo attentamente il mio passato, s’impongono neces-sariamente in primo piano alcu-ni particolari indimenticabili.Ottobre 1957: accompagnato da don Battista Manzoni, di-rettore dell’Oratorio di Mariano al Brembo, sono entrato nel Seminario Minore di Clusone, dove ho iniziato la mia prepara-zione al sacerdozio.Certamente non ho mai dimen-ticato il momento del mio primo distacco dalla famiglia, quando la mamma mi ha accompagnato all’autobus che mi avrebbe tra-sportato prima a Bergamo e poi a Clusone e col papà avrei poi raggiunto il seminario minore.Ancora oggi quei quaranta chi-lometri percorsi in doloroso silenzio, nonostante la presen-za del papà, mi rivelano senza dubbio il signifi cato profondo di quel primo passo, indispen-sabile per raggiungere l’ideale che mi ardeva nella mente e nel cuore. Sono seguiti 13 anni di studio e di formazione, che mi hanno accompagnato al tanto atteso giorno della mia ordina-zione sacerdotale: Bergamo, 27 giugno 1970.Diventato prete attraverso l’im-posizione delle mani di Mons. Clemente Gaddi, arcivescovo di Bergamo, ho iniziato il mio servizio pastorale nelle comu-nità parrocchiali che il vescovo mi ha assegnato.

Durante la celebrazionedella prima Messa

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Ai piedi del Colle di Argon

Il 16 luglio 1970 il Vescovo mi ha nominato Coa-diutore Parrocchiale di S. Paolo d’Argon e Diretto-re del locale Oratorio.

La parrocchia, coi suoi 2280 abitanti, era una co-munità che aveva conosciuto la presenza preziosa dei Monaci Benedettini, che qui avevano costruito un monastero ben conservato e la chiesa parroc-chiale, impreziosita dallo stile barocco fi orito del XVI sec.Sulla sommità del colle sorge la chiesa di S. Ma-ria in Argon, un santuario costruito sui resti di una chiesa romanica dell’XI sec.Questi monumenti hanno sempre richiamato l’at-tenzione di tanti cristiani, che lungo i secoli hanno visitato questi luoghi, offrendo loro la possibilità di respirare l’aria benedettina di un tempo.Interessante l’incontro col parroco don Giovanni Masoni, che mi ha accolto come un fratello mino-re, circondato da tante premure e, soprattutto, co-stantemente pronto a sostenere le mie iniziative in mezzo ai ragazzi e ai giovani. Col parroco ho con-diviso la sofferta mancanza dell’oratorio, perché la struttura dell’antico monastero, gestito anche da altri, ha sempre frenato la possibilità di un orato-rio vero, che, fortunatamente, è comunque arrivato negli anni successivi.La comunità, particolarmente attenta a quanto proposto, ha sempre dimostrato una viva e attiva partecipazione a quanto suggerito dai sacerdoti, offrendo nel contempo una bella testimonianza di fraterna comunione tra sacerdoti e laici, così da rendere particolarmente bella e godibile la mia pre-senza di cinque anni in questa comunità. Durante la mia permanenza a S. Paolo ho avuto la gioia di accompagnare all’altare il giovane sampao-lese don Mario Signorelli, destinato alla Parrocchia di S. Basilio a Roma, dal momento che durante gli studi teologici questo giovane era entrato nella Co-

munità dei Missionari del Paradiso, in vista di diven-tare missionario in Italia. Sempre in questo periodo Gianna Cortesi è entrata nella famiglia religiosa de “La nostra famiglia”, fondata da don Luigi Monza per il servizio ai ragazzi segnati da diverse disabilità fi siche. Nonostante la mancanza di un oratorio, i ra-gazzi e i giovani si sono comunque legati tra di loro e anche con me, dando vita ad un vivace e attivo gruppo giovanile misto, grazie anche all’intelligente collaborazione delle Suore della Scuola Materna.Fausta Beretta, dopo alcuni giorni dal mio ingresso in Parrocchia, ha lasciato S. Paolo per entrare tra le Suore Adoratrici di Rivolta d’Adda. Dopo la sua pro-fessione religiosa è partita per l’Africa (Zaire e Ca-merun), alla quale consacrò 18 anni della sua vita. Era molto gratifi cante programmare incontri, per-ché la risposta dei giovani era sempre generosa. Con loro è stato possibile condividere anche le va-canze in diverse località montane delle Valli Berga-masche, col piacere di sistemazioni di fortuna negli alloggi e di un allegro adattamento al trattamento alimentare, frutto della nostra fantasia.Si è fatta più volte l’esperienza di viaggi in paesi stranieri, facilitando in tal modo l’apertura degli

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Figlio carissimo,prima di ricevere l’ordine del presbiterato,devi manifestare davanti al popolo di Dio

la volontà di assumerne gli impegni.

Vescovo: Vuoi esercitare per tutta la vitail ministero sacerdotale nel grado di presbitero,come fedele cooperatore dell’ordine dei vescovi

nel servizio del popolo di Dio,sotto la guida dello Spirito Santo?

Eletto: Sì, lo voglio.

Vescovo: Vuoi celebrare con devozione e fedeltài misteri di Cristo

secondo la tradizione della Chiesa,specialmente nel sacrifi cio eucaristicoe nel sacramento della riconciliazione,

a lode di Dio e per la santifi cazione del popolo cristiano?

Eletto: Sì, lo voglio.

Vescovo: Vuoi insieme con noiimplorare la divina misericordia

per il popolo a te affi dato,dedicandoti assiduamente alla preghiera,

come ha comandato il Signore?

Eletto: Sì, lo voglio.

Vescovo: Vuoi essere sempre più strettamente unitoa Cristo sommo sacerdote,

che come vittima pura si è offerto al Padre per noi,consacrando te stesso a Dio insieme con lui

per la salvezza di tutti gli uomini?

Eletto: Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio.

Impegni dell’eletto presbiterodal Rito di Ordinazione Sacerdotale

orizzonti di questi giovani, che, di-versamente, rischiavano di perde-re il loro tempo a “girare attorno al campanile”, come più volte amavo ripetere, al fi ne di aprirli al mondo che li circondava. In questa operazione ero soste-nuto da don Giovanni, che non esitava a manifestare il suo com-piacimento per quanto stava cre-scendo in oratorio.È così che sono nati anche un bel gruppo per il canto liturgico e un gruppo che amava fare teatro, of-frendo delle belle e intelligenti op-portunità di impegno del proprio tempo libero.Cantori, chierichetti, giovani attori, hanno saputo rendere più vive e partecipate le feste e le celebrazio-ni della comunità. Il loro impegno è sempre stato costante e gene-roso. Come riconoscimento del loro prezioso servizio, nell’agosto 1973, a questi preadolescenti è stato offerto gratuitamente un pel-legrinaggio a Lourdes in autobus: sette giorni che hanno permesso di visitare Torino, Tolosa all’andata e Carcassonne, Nimes e Ventimiglia al ritorno.Non solo: la Direzione del Santua-rio di Lourdes ha offerto loro l’in-gresso gratuito alle famose Grotte di Betharram, nel cuore dei Pire-nei; un percorso di circa un’ora e mezza che si snoda tra stalattiti e stalagmiti, immerso in fantasiose e poderose rocce a forma di gigan-teschi animali. Il servizio pastorale a S. Paolo d’Argon mi ha tenuto costante-mente in allenamento; nella fatica ho incontrato anche tante soddi-sfazioni, che mi rilanciavano an-cora di più nella mia dedizione a quanti mi si avvicinavano. Durante questa permanenza a S. Paolo, nel novembre 1972, ho vissuto con dolore la morte della mia cara mamma Elisabetta, che, a soli 63 anni, in poche settimane se n’è andata e per questa morte così repentina ho sofferto a lungo, sostenuto però e confortato dal-la comunità che ha sinceramente condiviso questo mio grande do-lore per questa grave perdita.

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Quando ormai era iniziato il nuovo anno sco-lastico 1975-76, nella prima settimana di ottobre, il Vescovo, all’improvviso, mi ha

chiamato a Bergamo per annunciarmi il mio tra-sferimento nella Parrocchia del S. Cuore di Bonate Sotto come Vicario Parrocchiale; avrei comunque conservato il mio incarico di insegnante di religio-ne presso la locale Scuola Media, al quale, dopo poche settimane, si aggiunse lo stesso incarico presso l’Istituto Superiore di Ragioneria di Ponte S. Pietro. Questo cambiamento si è manifestato subi-to molto impegnativo, perché Bonate Sotto era una comunità di 5.000 abitanti e gli alunni della Scuola Media erano abbastanza numerosi. L’Oratorio S. Giorgio, di recente costruzione (1965-1970), era una struttura dotata di un discreto numero di aule di catechismo, di saloni, di bar, di una sala cinema-tografi ca, di un ampio cortile interno e di un regola-re campo di calcio con tappeto verde. Nell’insieme la nuova parrocchia era ben struttura-ta e l’Oratorio era in grado di rispondere ai diversi bisogni della comunità, risultando essere una realtà ben sperimentata, grazie alla presenza di gruppi e di associazioni che già da tempo erano impegnati nell’animazione. Grazie alla presenza del parroco don Tarcisio e del vicario parrocchiale don Lorenzo, la mia presenza si consumava praticamente nella scuola e nell’ora-torio, anche se non mancavo di dare un aiuto alla parrocchia, quando era richiesto nelle varie cele-brazioni programmate. L’esperienza pastorale a Bonate Sotto, durata otto anni, è stata caratterizzata dall’accompagnamento vocazionale di un gruppetto di giovani, che hanno felicemente raggiunto la meta del sacerdozio attra-verso diversi cammini: Don Alessandro e don Giulio nel Seminario Diocesano; padre Giuliano e padre Giorgio nell’Istituto dei Padri Monfortani; padre Ivo e padre Celestino dei Padri Missionari del Pime;

Nella verde pianura bergamascapadre Massimo presso i Padri Giuseppini; padre Giorgio presso i Padri Marianisti. È stata un’espe-rienza molto interessante dal punto di vista di una pastorale vocazionale per i giovani della comunità, che hanno visto da vicino l’opportunità di una scel-ta di vita consacrata al servizio dei fratelli. In questo periodo inizia per me l’esperienza di Guida Spirituale dei Pellegrinaggi Diocesani, con partico-lare attenzione alla Terra Santa (visitata 141 volte), al Santuario di Lourdes (125 volte) e altri Santuari. I pellegrinaggi si ripetono con una certa frequenza e diventano sempre più numerose le persone ac-compagnate, che mi aiutano a vivere con maggiore intensità e generosità il mio servizio pastorale.Il 13 novembre del 1982 veniva a mancare improv-visamente don Luigi Rota, secondo parroco di Val-trighe di Mapello. Il Vicario Generale, Mons. Antonio Locatelli, mi chiama subito, perché assuma tempo-raneamente il servizio pastorale di questa piccola comunità (370 abitanti) in vista dell’avvicinarsi del Natale. Questa richiesta, in seguito, si trasforma nella nomina a parroco della comunità stessa e così il 17 marzo 1983 faccio il mio ingresso uffi ciale come Parroco di Valtrighe. Accetto questa volontà del Vescovo Mons. Oggioni, degente in ospedale, e incomincio ad incontrare i miei nuovi parrocchiani. La parrocchia è nata il 5 luglio 1958 per volontà di Mons. Giuseppe Piazzi, vescovo di Bergamo, de-dicandola a S. Zenone, vescovo e martire. Conta poco più di 370 abitanti, che da subito si presen-tano ben disposti a vivere seriamente un’esperien-za di fede nello spirito della condivisione di questo dono del Signore.Diventa quasi naturale ricercare l’unità delle perso-ne e la generosa messa in comune di quanto favo-risce la crescita della comunità e un lodevole spirito di collaborazione.Emerge subito il desiderio di donare al Signore una degna dimora, dal momento che appare inadegua-ta la chiesetta esistente in mezzo alle case. Si rea-lizza così un progetto di chiesa in cemento armato, che lancia un richiamo alla Tenda, come elemento costruttivo essenziale.Particolarmente interessante l’interno con spazi in-telligentemente studiati che favoriscono una cele-brazione dignitosa dei riti; presenta un’aula a pian-ta centrale; il fonte battesimale è posto a destra dell’altare a circa metà dell’aula, in una posizione ribassata, valorizzata da un lucernario che diffon-de luce naturale dall’alto. Il presbiterio ha un’ampia superfi cie che si protende verso l’aula accogliendo, con articolazioni spaziali e volumetriche, il luogo della Parola, l’Eucarestia in un luogo identifi cativo, la sede elevata e bene in vista, il coro in posizione

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separata ma collegata al presbiterio. Seguono poi un altare laterale racchiuso in una nicchia e lo spa-zio dedicato alla penitenzieria.L’aula, di forma circolare, può contenere circa 350 persone a sedere, mentre resta un ampio spazio che abbraccia i banchi ed è sempre fruibile o stan-do in piedi o disponendo un certo numero di sedie. Si presenta particolarmente adatta a celebrazioni ben preparate, che possono essere vissute con vi-vace partecipazione, immersi in una piacevole at-mosfera che favorisce e la preghiera comunitaria e la preghiera personale. Dotata di un rispettabile organo elettronico, il canto è ben sostenuto, con-ferendo anche una certa solennità alle celebrazioni comunitarie.La comunità è piccola, quasi una famiglia allargata; richiede comunque un impegno e un servizio non indifferenti, perché reclama tutte quelle attenzioni richieste da comunità più numerose: catechesi, scuola di canto, chierichetti, gruppo Volontari, pa-storale della sofferenza, sport. Tutto questo signifi -ca che il tempo che trascorro dopo la scuola, viene consumato nel tentativo di rispondere alle richieste della comunità. E in questo modo il tempo scorre veloce e si arriva al mese di settembre 1987: il Ve-scovo Giulio Oggioni mi chiama per trasferirmi nel-la Parrocchia di Albegno, dal momento che a suo giudizio, condiviso anche dal suo Vicario Generale Mons. Antonio Locatelli, la mia presenza a Valtrighe sembrava un po’ “sprecata…”. E così incomincia una nuova esperienza in una comunità più nume-rosa ( 2300 abitanti) e dotata anche di utili strut-ture: oratorio maschile, oratorio femminile, scuola materna. Ho l’opportunità di incontrare più persone e nuove esperienze pastorali. È una comunità ben disposta a collaborare e le diverse proposte sugge-rite vengono prese in attenta considerazione al fi ne di realizzarle a favore di tutti. Nel 2001 il Vescovo Roberto Amadei m’invita a lasciare la Parrocchia di Albegno, per assumere l’incarico di Direttore dell’Uffi cio Diocesano Pelle-grinaggi: questa nomina mi con-sacra totalmente ai pellegrinaggi con l’impegno di una previa pre-parazione degl’itinerari, cui segue puntualmente anche la guida; è un’esperienza molto impegnativa e faticosa, ma ricca di tante sod-disfazioni. I dieci anni dedicati a questo servizio mi hanno partico-larmente arricchito culturalmente e spiritualmente, grazie ai tanti sa-cerdoti e laici incontrati e alle città e ai luoghi visitati. Sinceramente la pastorale dei pellegrinaggi mi ha sempre affascinato e mi è sempre risultata motivo di grandi soddisfa-zioni: è una pastorale faticosa, ma

nel contempo capace di farti sentire costantemen-te provocato a scoprire con gioia il nuovo che ogni itinerario ti offre. È naturale che col passare degli anni questa pastorale richiede uno sforzo sempre maggiore, che comunque viene brillantemente ri-pagato dalla soddisfazione che si prova grazie a questo modo di accostare e di servire le persone che s’incontrano. Interessanti i numeri di quanti hanno scelto di vivere un’esperienza di pellegrinag-gio percorrendo gl’itinerari appositamente studiati: 125 gruppi, da me guidati, hanno scelto un cam-mino mariano: 33.427 pellegrini hanno vissuto la toccante e indimenticabile esperienza di Lourdes, autentica oasi di silenzio, di rifl essione e di preghie-ra per l’uomo del nostro tempo, costantemente alla ricerca di Dio, per trovare un senso autentico del-la propria vita. L’itinerario lourdiano è stato vissuto ora in aereo, ora in treno, ora in autobus: modalità di trasporto che hanno diversamente caratterizza-to il pellegrinaggio stesso, offrendo spunti diversi e per le rifl essioni e per la preghiera dei pellegrini.50 gruppi, sempre da me guidati, hanno accompa-gnato a Fatima 1409 pellegrini. A questo proposito è opportuno sottolineare che i pellegrini hanno in-cominciato a raggiungere Fatima con numeri consi-stenti soltanto dopo il 1970, dal momento che questo santuario, prima dell’uso dell’aereo, era considerato troppo lontano e la stessa città di Fatima non era

ancora in grado di accogliere tanti pellegrini. Del resto la dittatura di Salazar aveva sempre ostacolato la presenza di pellegrini stranieri nel proprio territorio: il Portogallo è rimasto un paese molto chiuso fi no alla metà del Novecento.141 gruppi hanno permesso a 6571 pellegrini di raggiungere la Terra Santa e di gustare la bel-lezza del paese che ha ospitato Cristo durante la sua esperienza terrena. Ancora oggi continua per me questa pastorale dei pellegri-naggi, che seguo con particolare interesse e piacere, anche se at-tualmente richiede un impegno e

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VIIInserto don Mario

I 50 anni di ministero pastorale sono sempre stati l’occasione per rispon-dere concretamente ai bisogni che

la comunità manifestava giorno dopo giorno Catechesi, insegnamento del-la religione cattolica nella Scuola, vita oratoriana, pastorale della sofferen-za, hanno scandito i miei giorni, ma la caratteristica che meglio sintetizza e racconta il mio servizio sacerdotale è sicuramente la ripetuta esperienza del pellegrinaggio in Terra Santa e a Lourdes (e Santuari Mariani). Quel mettermi in cammino per raggiunge-re le diverse mete sentite come importanti da rag-giungere, mi ha costantemente richiamato a dare un senso compiuto al mio tempo e mi ha costantemen-te provocato a valorizzare al massimo il tempo a mia disposizione per essere il più possibile all’altezza di quanto mi veniva di volta in volta richiesto dai pelle-grini incontrati. Non solo: raggiungere sempre nuove mete mi obbligava ad un costante aggiornamento biblico, storico, culturale, nutrendo in tal modo an-che la mia crescita culturale. In questo modo non sono mai stato tentato di sedermi comodo, accon-tentandomi di quattro nozioni, ma forte era il richia-mo a perfezionare sempre di più le mie conoscenze,

Con la bisaccia del pellegrinorendendo più credibile e convincente il mio servizio agli altri. Era questo un ottimo metodo per fare nuove sco-perte, che rendevano sempre più gustosa la stessa ricerca. Anche lo stile di vita acquisito è risultato suffi -cientemente sciolto e facilmente pro-iettato verso il futuro. Certo, il tempo sembrava correre ancora di più, ma rivelava sempre un senso compiuto, capace di rilanciarmi di nuovo nella ricerca. Fare il pellegrino mi ha sem-pre affascinato, perché mi ha preser-vato dall’attaccamento a qualcuno o

a qualcosa che potesse mortifi care il mio orizzonte, che ho sempre desiderato ampio e spazioso. L’im-magine del pellegrino delinea uno stile dinamico del-la persona, costantemente proiettata verso ciò che deve venire. Non consente spazi vuoti, perché biso-gna essere pronti ad accogliere il nuovo che aspetta di entrare nella tua storia personale. Ogni levar del sole è annuncio di una nuova giornata portatrice di tante cose nuove che arricchiscono sempre di più la tua vita e la rendono sempre più meritevole di essere vissuta con particolare intensità.

Don Mario

uno sforzo maggiore, perché chiaramente gli anni fanno sentire il loro peso.Una caratteristica, in particolare, ha accompagnato i 14 anni da me trascorsi ad Albegno: ho avuto la fortuna-grazia di addestrarmi nuovamente nell’ac-compagnamento di giovani al sacerdozio, così Don Arduino, Don Gianni, Don Antonio, Don Welman, Don Matteo sono diventati sacerdoti e gli ultimi tre sono stati ordinati insieme nel 2003. Onestamente la presenza di questi giovani mi ha offerto la pre-ziosa opportunità per vivere con entusiasmo e ge-nerosità la mia vocazione sacerdotale all’insegna di una profonda e grata gioia per il dono ricevuto. Tutto questo ha reso signifi cativa la mia presenza e il mio lavoro pastorale in questa comunità, che inizialmente, da molti, mi era stata presentata come “diffi cile”; al contrario si è dimostrata particolar-mente attenta e collaborativa.Ad Albegno ho avuto modo di accogliere come col-laboratore Don Franco, che ha chiesto ospitalità nel-la nostra parrocchia e che si è rivelato ben presto un aiuto preziosissimo nel lavoro pastorale, regalandoci anche la sua estrosità nel modo di porsi tra la gente e la sua generosità nel servizio, soprattutto accanto

ai malati e agli anziani. Nonostante l’età ha uno spi-rito giovanile che gli consente di entrare facilmente in dialogo coi ragazzi e i giovani, che lo frequentano con piacere e dimostrano di stare volentieri con lui e di apprezzare molto il suo servizio pastorale.Sinceramente è stata un’esperienza impegnativa, perché si è trattato di condividere due modi diversi di pensare la pastorale con l’unica preoccupazione che risultasse di aiuto nel portare avanti la vita della comunità. La diversità di doti dei due sacerdoti si è manifestata come strumento prezioso per l’azione pastorale stessa, che in tal modo si è presentata ricca di diverse suggestioni utili al raggiungimento dello scopo desiderato. Ognuno dei due ha avuto la possibilità di manifestare le proprie attitudini, nel rispetto delle attitudini dell’altro, sempre attenti a ricercare la condivisione in modo da favorire il co-mune cammino.Dal 2001 al 2011 ho sempre assicurato la mia presenza nell’Uffi cio Diocesano Pellegrinaggi e nell’accompagnamento dei pellegrinaggi. Dal 2011 ho lasciato l’Uffi cio Diocesano, perché affi dato ad un sacerdote più giovane e, ora, tutto il mio tempo è dedicato all’accompagnamento dei gruppi.

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19-03-1965:Entrata di

don G.M. Fornoni

Ringrazio anche del tuo servizio domenicale nella nostra comunità parrocchiale di Mariano.

Don Umberto

Ci sia gioia e speranza

Auguri don Mario per questo tuo giubileo sacerdotale. Certamente poter celebrare il ringraziamento al Signore per il proprio

ministero sacerdotale è motivo di gioia e di spe-ranza.La gioia è nel riconoscere il Signore presente nel-la propria missione sacerdotale segnata dalla te-stimonianza della carità, dalla preghiera liturgica e dal servizio alla Parola di Dio e della Chiesa.La speranza è scoprire sempre che c’è chi mette la propria vita nelle mani del Signore e ne diventa manifestazione di una sua presenza benevolente.Riprendo le parole di don Primo Mazzolari per au-gurarti di continuare il tuo ministero sacerdotale.

Si cerca per la Chiesaun prete capace di rinascerenello Spirito ogni giorno.

Si cerca per la Chiesa un uomosenza paura del domanisenza paura dell’oggisenza complessi del passato.

Si cerca per la Chiesa un uomoche non abbia paura di cambiareche non cambi per cambiareche non parli per parlare.

Si cerca per la Chiesa un uomocapace di vivere insieme agli altridi lavorare insiemedi piangere insiemedi ridere insiemedi amare insiemedi sognare insieme.

Si cerca per la Chiesa un uomocapace di perdere senza sentirsi distruttodi mettere in dubbio senza perdere la fededi portare la pace dove c’è inquietudinee inquietudine dove c’è pace.

Si cerca per la Chiesa un uomoche sappia usare le mani per benediree indicare la strada da seguire.

Si cerca per la Chiesa un uomosenza molti mezzi,ma con molto da fare,un uomo che nelle crisinon cerchi altro lavoro,ma come meglio lavorare.

Si cerca per la Chiesa un uomoche trovi la sua libertànel vivere e nel serviree non nel fare quello che vuole.

Si cerca per la Chiesa un uomoche abbia nostalgia di Dio,che abbia nostalgia della Chiesa,nostalgia della gente,nostalgia della povertà di Gesù,nostalgia dell’obbedienza di Gesù.

Si cerca per la Chiesa un uomoche non confonda la preghieracon le parole dette d’abitudine,la spiritualità col sentimentalismo,la chiamata con l’interesse,il servizio con la sistemazione.

Si cerca per la Chiesa un uomocapace di morire per lei,ma ancora più capace di vivere per la Chiesa;un uomo capace di diventare ministro di Cristo,profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita.

Si cerca per la Chiesa un uomo.

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IXInserto don Mario

Dicono di lui...Pensiero di suor Natalia Madaschi

(Superiora della scuola materna di Albegno di Treviolo dal 1993 al 2002)

Carissimo don Mario, 50 anni son passati dal giorno della sua ordi-nazione sacerdotale.

50 i posti diversi in piccole o grandi porzioni del gregge che la Provvidenza le ha assegnato. 50 anni di fatiche, di gioie, d’incomprensioni, ma ricchi di perseveranza nelle avversità della vita. 50 anni intercalati da viaggi come guida ai pellegri-naggi sempre pronto alla disponibilità.Da circa due anni inaspettatamente e quasi improv-visamente gli è stato chiesto un grosso sacrifi cio

Con don Matteo,don Welman,don Antonioe suor Natalia

Don Welman Minoia(Attuale parroco di Entratico)

17 anni fa nel piccolo paese di Albegno tre giova-ni diventarono sacerdoti nello stesso giorno e nello stesso anno. Fu il risultato di un lungo cammino che è partito dalla parrocchia portandoci in seminario e al sacerdozio. In quegli anni parrocchiali abbiamo

per la salute precaria, di rinunciare cioè ai pellegri-naggi.Nonostante ciò don Mario ha saputo rinnovare al Signore il dono della sua vita nell’essere, nell’agire, nei desideri e nelle speranze per essere nella chiesa presenza profetica. A don Mario vogliamo augurare che il suo cuore ri-suoni sempre in sintonia con il cuore di Gesù, per-ché da questa intima relazione continui ad effon-dersi la pienezza della vita dello Spirito.

condiviso tante esperienze con don Mario Mangili che è stato il nostro parroco per diversi anni e ha seguito l’evolversi della nostra vocazione sacerdo-tale. Sono stati anni belli e impegnativi nei quali don Mario, oltre a seguirci personalmente, ci ha aperto

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Don Matteo Bettazzoli(Attualmente parroco di Rigosa e Sambusita)

Ho potuto incontrare e scoprire il volto del Si-gnore attraverso don Mario (le vie del Signore sono strane!). Con lui e grazie a lui ho potuto

muovere i “primi passi” da giovane nella fede, dopo alcuni anni vissuti lasciando tutto sospeso nel di-menticatoio.Ho imparato, grazie ai suoi modi non tanto dolci (forse) ma molto veri, il signifi cato di alcune cose come fare servizio, rispettare l’impegno dato, dare a Dio la priorità.Ha sempre mantenuto con me un rapporto di pa-ternità, mi ha accompagnato negli anni con grande rispetto e affetto e sarò sempre grato al Signore per questa sua presenza preziosa.

lo sguardo all’esperienza ecclesiale che abbraccia il mondo intero. Con lui abbiamo visto e attraversa-to la Terra Santa. Abbiamo visitato molti santuari e conosciuto esperienze di fede italiane ed europee. Sono stati anni arricchenti in cui ci siamo conosciuti e abbiamo condiviso l‘amicizia tra noi e in Gesù. Mi sembra doveroso ringraziarlo per questi anni tra-scorsi insieme, per l’amicizia, la stima e la genero-sità che ha sempre manifestato nei nostri confronti. Questa occasione particolare del cinquantesimo di ordinazione sacerdotale ci rimanda a quelle rive del Lago di Galilea, da lui tanto amate e calpestate,

dove il Maestro un giorno chiamò i suoi discepoli e dove, lo stesso Maestro, chiese a Pietro: “Mi ami più di costoro”? Caro don Mario, la nostra preghie-ra per te oggi, chiede al Signore che questo in-terrogativo risuoni ancora forte in te e, ancora più forte, risuoni l’imperativo con il quale si conclude la vicenda della chiamata per dare inizio alla vicenda della sequela... dice Gesù alla fi ne di quel dialogo: “Seguimi”. Siano queste le parole dominanti nel tuo cinquantesimo anniversario... “Seguimi”. Con amicizia e stima.

don Welman

20-09-2015:Processione con la Madonna Addolorata

per le vie di Mariano

Ho avuto l’occasione, anche se in minima parte, di poter contraccambiare ciò che mi ha donato, fa-cendolo lavorare e a questo invito non si è certo tirato indietro (non sarebbe da lui) e ho ammirato ancora una volta la sua grande passione per il Si-gnore, il Vangelo, la Madonna, la sua amata Chiesa di Bergamo e la gente.Grazie don Mario per ciò che mi hai donato e per ciò che la tua presenza rappresenta ancora per la mia vita.Chiedo alla Madonna la carità di saper camminare nella via del Vangelo come stai facendo tu, tra mille fatiche e fragilità, mantenendo viva la fede.

don Matteo

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XIInserto don Mario

… in famiglia

“Come il tralcio non può porta-re frutto da se

stesso se non rimane nel-la vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 4-5).Lo stare insieme giorno dopo giorno in tutti questi anni ci ha permesso di ap-prezzare in don Mario una grande fede nel Signore con la quale ha saputo affrontare le varie diffi col-tà della vita, a cominciare dalle responsabilità che si è assunto nella guida delle sue parrocchie, pas-sando inoltre attraverso i lutti, i distacchi forzati, la malattia. Tutto ciò è stato affrontato e superato con la certezza che l’amore provvidenziale di Dio l’avrebbe illuminato e sorretto in ogni circostanza.Con lo stesso spirito ha intrapreso il desiderio di affi ancare le guide spirituali diocesane dell’Unitalsi, sensibile al servizio della sofferenza dei malati at-traverso l’amministrazione dei sacramenti e la con-sacrazione del loro dolore alla Madonna durante i numerosi pellegrinaggi alla grotta di Lourdes.Don Mario per noi è espressione anche di una pro-fonda carità, testimoniata dal progetto realizzato in terra di missione.Creando un ponte tra la chiesa di Bergamo e la gen-te povera del Brasile, ha contribuito con don Gia-como Gustinelli e suor Laura Pagani a fondare l’as-

sociazione “Lar Amigo” che, da 27 anni si prodiga per la promozione umana e spirituale dei più piccoli, soprattutto nell’Opera sociale “Madre Gertrudes” di Belo Horizonte.Don Mario è stato capace di raccogliere frutti spiri-tuali abbondanti anche grazie ai suoi numerosissi-mi pellegrinaggi, come guida diocesana Ovet, con i quali ha saputo seminare la feconda parola del Van-gelo nei cuori di pellegrini che avevano bisogno di confermare o rianimare la propria fede.Riconoscenti al Signore, desideriamo ringraziarLo per questa sua preziosa testimonianza e vicinanza, affi nché possano accompagnarci e rinnovarsi nel tempo.

Tua sorella Franca, Elisabeth,Luca con Mattia e Noemi

Con la famiglia

Don Giovanni Brembilla

Incontrai la prima volta don Mario nel settembre del 1987 alla scuola materna di Albegno: a me, ciarlie-ro per natura, quest’uomo lasciò un po’ l’amaro in

bocca. Infatti, nonostante l’educazione laica ricevu-ta, ero troppo abituato a una certa cordialità clerica-le che aveva contagiato anche me: invece ‘sto prete non sorrideva nemmeno a pagarlo! Per cui passai le prime settimane a studiarlo e a capire chi avessi di fronte. La prima cosa che notai fu il suo modo di vivere la liturgia: l’essenzialità e la bellezza non do-vevano assolutamente cedere il passo a nessun tipo di show, perché centro della celebrazione è Cristo stesso e non il prete e nemmeno la comunità.Sul piano personale ricordo tre fatti. Il primo fu quando gli manifestai la mia diffi coltà nella preghie-

ra: infatti non sapevo cosa recitare, cosa dire e, ol-tretutto, non l’avevo mai detto prima per evitare il solito noioso ritornello “Devi fare il prete; non hai mai pensato al seminario?”, segno - questo - più di una smania di riempire di gente un edifi cio e di fi gu-rar bene davanti ai superiori ecclesiastici, piuttosto che di una reale passione per la mia vita. Ebbene, il Mangili mi disse: “Comincia con questo!”, e mi diede il libretto con i Salmi delle quattro settimane del salterio. In un colpo solo mi aveva introdotto alla Bibbia e alla preghiera uffi ciale della Chiesa. Per pura grazia, da allora non sono mai venuto a meno a questo primo incontro.Il secondo fatto riguarda la politica che, in quegli anni, era ancora un’esperienza popolare che, pur

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Inserto don MarioXII

Domenica 28 giugno alle ore 10nel Santuario Beata Vergine Maria Addolorata

don MARIO MANGILIcelebra la Santa Messa di ringraziamento per il

50º ANNIVERSARIO DI ORDINAZIONE SACERDOTALE

nei suoi limiti, offriva grandi ideali agli italiani. Oltretutto in casa mia la passio-ne e l’interesse per la vita politica erano vivi ed anche gli stessi mezzi di comu-nicazione ne erano impregnati, mentre il gossip e lo scoop erano confi nati nel pettegolezzo (l’opposto di quanto av-viene oggi!). Ma i miei genitori, e io con loro, eravamo socialisti, mentre la Chie-sa italiana era orientata verso il partito della Democrazia Cristiana, per cui io mi sentivo scisso. Così chiesi a don Mario perché ci venisse chiesto di votare DC: “Perché noi cattolici dobbiamo impara-re a stare uniti anche nella vita politica”; in poche parole il Mangili mi aveva fatto capire sia il valore dell’appartenenza, sia la necessità di una visione unitaria del-la vita. Ricordo che mi consigliò pure la lettura del settimanale Il Sabato che fu, poi, guida ideale nei miei primi incerti passi quale consigliere comunale a Tre-violo.Il terzo fatto riguardava la mia formazio-ne accademica: dopo la maturità classi-ca e una sosta a giurisprudenza ero de-fi nitivamente approdato a lettere. E da quell’inguaribile innamorato della storia e dell’arte che sono, ho sempre amato la ricerca d’archivio e i viaggi culturali. Don Mario anche sotto quest’aspetto mi pro-vocava: “Guarda che quello che impari se è solo per te non serve a niente, deve essere anche per gli altri!”. Infatti chi è affascinato dal vero e dal bello non può tacere perché non può fare a meno di comunicar-lo. Ricordo ancora una gita parrocchiale a Padova, con noi giovani seduti a contemplare una pala del Trecento mentre uno di noi - Giovanni Savio, alunno della scuola d’arte - faceva da cicerone. Don Ma-rio ci prendeva terribilmente sul serio, ci provocava fi no in fondo, senza esclusione di colpi (liti compre-se); desiderava che affrontassimo la vita in tutta la sua drammaticità e mai permetteva che le attività parrocchiali diventassero pretesto per sfuggire ai nostri impegni scolastici.Anzi nel paese di Albegno, dove ancora negli anni

’80 la maggioranza non andava oltre la scuola dell’obbligo e il prosieguo degli studi era conside-rato un investimento inutile, lui spingeva perché i ragazzi andassero alle superiori e, perché no, all’u-niversità.Anche se il mio ingresso in seminario non lo devo direttamente a lui, fu però da lui facilitato aiutando-mi a prendere sul serio ogni aspetto della mia vita, senza censurare nulla, chiedendo e cercando le ra-gioni di tutto ciò che vivevo e che accadeva nella mia esistenza.

don Giovanni Brembilla, fscb

Con il futurodon Giovanni Brembilla