Alcune domande sulla questione israelo palestinese (2)

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La questione israelo-palestinese

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La questione israelo-palestinese

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La questione israelo-palestinese

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Quale rapporto c’è fra la shoah e la fondazione di Israele?

• Disinteresse occidentale per il problema ebraico negli anni della guerra e del genocidio

– la Polonia come soluzione (Roosevelt)

– mancato utilizzo da parte della Gran Bretagna delle informazioni sul genocidio

• Il mondo sionista guarda con iniziale disprezzo e risentimento le vittime e gli scampati al genocidio

– mancanza di potere reale per impedire quanto accaduto

– contrasto con il proprio vissuto

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Quale rapporto gli ebrei di Israele intrattengono con i sopravvissuti? • Ebrei pecore/contro ebrei pionieri• Accoglienza tiepida nei confronti dei sopravvissuti• Rimorso e vergogna: il “silenzio abitato”• “Auschwitz è là dove si trova l’uomo … Questa

scoperta rende muto colui che la fa propria. Così bisognerebbe diffidare dell’umanità”

• La vicenda Eichman come spartiacque: la riappropriazione, una nuova paura, il rafforzamento di una concezione “insulare” della propria identità

• Bensoussan: Israele. Un nome eterno, pag.117

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• ”E noi che siamo riusciti a vivere perché abbiamo forgiato questa o quell’astrazione dello sterminio, o perché abbiamo tentato di definirla o di simbolizzarla, sfuggendo così all’imperativo di affrontare frontalmente lo stato di choc e il silenzio dei martiri come individui, questa volta siamo stati costretti ad arrivare alla prova del contatto. …. Non ci siamo costruiti un personaggio immaginario e non abbiamo posto parole sulla sua bocca. Sono arrivate delle persone, si sono avvolte nei nostri mantelli e ci hanno detto: “Vuoi sentire che cosa c’era là? Allora ascolta, io ero là”

• “La memoria si è così richiusa come in una trappola che impedisce di vivere e condanna ad un costante ritorno all’angoscia”

• Bensoussan: Israele. Un nome eterno

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• “Solo ora realizzo quanto ciò che abbiamo fatto per decenni sia grave: ossia mandare in massa i nostri giovani a visitare ancora e ancora Yad Vashem. E che cosa fa un bambino di questi ricordi? Per molti di loro le immagini dell’orrore sono state un’incitazione all’odio. Questa ingiunzione al ricordo può essere intesa come un appello reiterato all’odio. …. Ciò che è certo, invece, è che noi dobbiamo dimenticare. Non c’è altro comportamento possibile, politico e pedagogico, più necessario per i responsabili del nostro paese, che affrontare la vita e dedicare le nostre forze alla costruzione del nostro futuro …”.

Bensoussan, ivi, pag.185

Centralità della shoah nel processo educativo

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Ebrei >palestinesi• Un popolo senza terra per

una terra senza popolo • Convinzione di portare la

civiltà nella barbarie, il giardino nel deserto (scarsità di sviluppo eco-nomico e sociale, spor-cizia, ipocrisia

• Tentativo di celare l’obiettivo di lungo periodo

Palestinesi > ebrei

• Popolo ebraico quale simbolo dell’invadenza occidentale, rappresen-tante di una religione ostile e di una cultura estranea

• Volontà di preservare il carattere arabo della regione

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Nazione e nazionalismo• “Con nazione si intende quell’ordine in primo luogo

pensato che si sviluppa tramite il ricorso alle tradizioni … e che si costituisce progressivamente in una sovrana unità d’azione attraverso il nazionalismo e i suoi sostenitori”;

• Con nazionalismo, si intende “un sistema di idee utile alla creazione, mobilitazione e integrazione di una grande associazione solidale. Il nazionalismo è una secolarizzazione dei contenuti religiosi che anche quando propone il principio della democrazia lo fa convivere con il concetto di esclusione (dell’altro).– forte sentimento identitario fra gli ebrei e convinzione

di non trovarsi di fronte ad una nazione– nazionalismo palestinese quale nazionalismo per

reazione

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• “Il sionismo è un movimento nazionalista che ha ridefinito in termini di comunità nazionale una comunità religiosa. Come altri movimenti nazionalistici, il sionismo rivendica il diritto di questa nazione a un’esistenza indipendente nella sua patria storica”.

• “Il fatto che il nazionalismo palestinese si sia sviluppato posteriormente a quello sionista e che, in sostanza, si sia sviluppato come reazione all’immigrazione sionista, non significa una sua minore legittimità rispetto al sionismo. Tutti i nazionalismi nascono in opposizione a nemici interni o esterni”

• Gelvin, Storia del moderno Medio Oriente, pag.258, Einaudi

Sionismo e nazionalismo palestinese

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Fragilità nazionalismo palestinese

• Divisione interna negli anni Venti ed ancora negli anni Trenta (Partito arabo palestinese e Partito di difesa nazionale, più possibilista verso gli ebrei) – il primo aveva un’organizzazione giovanile con

molti tratti in comune con la Gioventù hitleriana e il suo leader intrattenne rapporti con Hitler fino ai primi anni Quaranta

• Ancora nel 1948, il riferimento per molti palestinesi è il villaggio

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Nazionalismo/nazionalismi

• “Per l’abitante medio del villaggio arabo, indipendenza e nazione erano concetti vaghi e astratti; la sua lealtà era rivolta alla famiglia, al clan, al villaggio e, qualche volta, alla regione di appartenenza”

• Sovrapposizione nazionalismo arabo /islamico/nazionale e conseguente mancanza carattere di esclusività quest’ultimo

• Strumentalizzazione del nazionalismo pale-stinese da parte degli stati arabi

• Morris, Vittime, pag.145

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• Ripresa del carattere nazionalistico e sua combinazione con il fondamentalismo islamico, in relazione alla conquista, da parte israeliana, della Palestina storica:

• “Finalmente la questione palestinese aveva assunto le sue caratteristiche originarie ... quelle dello scontro fra due nazionalismi nati e maturati contemporaneamente in due regioni lontane, ignari l’uno dell’esistenza dell’altro, ma appassionatamente legati alla medesima terra con la quale misticamente si identificavano”

• Steinhaus, pagg.308-309

La “guerra dei Sei giorni”*: una frattura geopolitica

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• Tutti i nazionalisti credono che i popoli intrattengano una relazione speciale con un territorio … sono convinti che le nazioni abbiano qualcosa denominato interesse comune che lo stato deve perseguire”*

• Gelvin: Storia del moderno Medio Oriente

Nazionalismo e …

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L’OLP• Nel 1964 nasce con obiettivo prioritario l’indipendenza

della Palestina e la liquidazione di Israele; nel 1973 viene riconosciuta dal mondo arabo come unica rappresentante del popolo palestinese

• “la Palestina è la patria araba del popolo palestinese; … la spartizione della Palestina del 1947 e la creazione dello stato di Israele sono illegali fin dall’origine

• … la liberazione della Palestina distruggerà il sionismo … movimento … razzista e fanatico per natura …”

• Al Fatah, organizzazione armata dell’OLP, dal 1965 avvia la guerriglia terroristica contro Israele

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L’inserimento dell’integralismo religioso

• Dopo la guerra del 1967 crescita ruolo integralismo religioso (sia in Israele, sia fra i Palestinesi): si moltiplicano gli appelli alla guerra santa

• Lo sceicco Yassin fonda Hamas (1987): attraverso l’ islamizzazione dal basso, si propone i seguenti obiettivi– lottare contro i sionisti– opporsi ai tentativi di pacificazione– sviluppare l’atteggiamento antisemita– riportare i paesi arabi sulla “retta via”

• La Jihad islamica, gruppo minoritario sciita (la maggioranza dei palestinesi è sunnita)

• I gruppi Salafiti, più o meno vicini ad Al-Qaeda

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Una terra per chi? Una terra di chi?

• Il termine Palestina è inizialmente un aggettivo ed in associazione con Siria indica una parte della Siria meridionale in precedenza occupata dai Filistei

• É abitata da popolazioni arabe da secoli

• É oggetto dei desideri per parte di quella popolazione ebraica che si è inserita fra la, senza confondersi con la, popolazione europea per lunghi secoli

• É meta di una migrazione continua a partire dagli ultimi due decenni dell’Ottocento, anche a causa del “clima” europeo non proprio favorevole

• Fra le due guerre, in particolare– progressiva crescita presenza ebraica, intrighi mediorientali

dell’Occidente, aumento delle tensioni

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Colonizzazione e/o colonialismo?

• Il concetto di colonialismo– “il dominio esercitato da un popolo su un altro popolo

estraneo mediante lo sfruttamento economico, politico e ideologico del differente grado di sviluppo esistente fra i due”. Correlato dinamico di tale termine è il concetto di imperialismo con il quale indichiamo “tutte le iniziative miranti a realizzare il colonialismo”

• Eventuale compatibilità di tale concetto con la colonizzazione ebraica

• Reinhard: Storia del colonialismo, pag.3, Einaudi, 2002

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• “Quando diciamo che gli arabi sono gli aggressori … diciamo solo una mezza verità. Per quanto riguarda la sicurezza e la vita siamo noi quelli che si difendono … ma questa lotta è solo un aspetto del conflitto che, nella sua essenza, è politico. E politicamente noi siamo gli aggressori, loro quelli che si difendono”

• Presenza in una componente della società ebraica di un atteggiamento teso all’allontanamento dei palestinesi

• Presenza di fattori distorsivi nella percezione dell’altro– consapevolezza del proprio sostanziale isolamento e della

propria fragilità in un oceano straniero– visione messianica della propria storia

• Morris, Vittime, pag. 837, Garzanti 2001

Una presenza comunque minacciosa

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Pulizia etnica? Genocidio?• Il genocidio è l’operazione pianificata ed organizzata

finalizzata all’eliminazione radicale di un gruppo-vittima, identificato quale nemico assoluto e naturalizzato, cioè disumanizzato, perpetrato da un’autorità centrale attraverso i suoi tentacoli amministrativo-burocratici e militari, secondo modalità diverse (deportazione, carestie, lavori forzati, camere a gas, ecc.).

• La pulizia etnica è la politica di annientamento nei confronti di un’entità minoritaria su un territorio, ottenuta attraverso l’attuazione di crimini di massa e di pressioni psicologiche– impossibilità di usare tali espressioni anche se non mancano

pagine oscure, massacri, azioni mirate all’allontanamento coattivo della popolazione palestinese

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Il massacro di Der Yassin, 1948

• “Deir Yassin è ricordata assai meno in quanto operazione militare che per le atrocità commesse dalle truppe israeliane, durante e subito dopo la battaglia: intere famiglie crivellate di colpi e frammenti di granate, e sepolte sotto le macerie delle loro case, uomini e donne e bambini falciati mentre fuggivano dalle abitazioni, prigionieri passati per le armi. E dopo la battaglia gruppi di vecchi, donne e bambini trasportati su autocarri scoperti per le vie di Gerusalemme Ovest in una sorta di trionfo nello stile dell’antica Roma, prima di essere scaricati nella parte orientale (araba) della città”.

• Morris, Vittime, pag.265

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Una conseguenza del 1948• 650.000 palestinesi fuggono o sono espulsi dal territorio

del nascente stato ebraico, stabilendosi in Cisgiordania, a Gaza, in Transgiordania, Siria e Libano.

• Israele sostiene che i palestinesi si sono allontanati volontariamente sulla base di ordini ricevuti dalle autorità palestinesi e degli stati arabi al fine di sgombrare il terreno per l’avanzata degli eserciti arabi, o per scopo propagandistico cioè per poter dire che erano stati scacciati da un invasore. Gli arabi ovviamente hanno affermato la tesi opposta. In realtà le cose non stanno nè nell’uno, nè nell’altro modo

• Da non dimenticare che in quello stesso momento 600.000 ebrei sono espulsi dagli Stati arabi

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• “La debolezza strutturale della società arabo-palestinese alla vigilia del conflitto aumentava il rischio del collasso e della fuga in massa. Si trattava di una società poco organizzata, e socialmente e politicamente poco coesa. Profonde incomprensioni dividevano cittadini e contadini, musulmani e cristiani, clan da altri clan, con la aggravante della completa assenza di leader rappresentativi e di istituzioni nazionali efficienti”.– scarsa consapevolezza e partecipazione politica – in una prima fase, allontanamento anche frutto di attentati ebraici– ostilità nei confronti degli Husayni– scadimento pubblica amministrazione britannica ed infiltrazione di

milizie che compivano azioni estorsive– abbandono di terre assegnate dalla Risoluzione ONU allo stato

ebraico– fuga di classi medie e superiori con conseguente chiusura scuole

ospedali imprese uffici che alimentano la disoccupazione

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• … non sarebbe esatto parlare di una sistematica politica di espulsione: per quanto se ne sa, una politica siffatta non fu mai discussa, o decisa, negli incontri del governo o dello stato maggiore dell’IDF. Nondimeno, le truppe israeliane, sia nei dieci giorni di luglio, sia nelle operazioni ...in ottobre e novembre, furono molto più inclini ad espellere i palestinesi di quanto fossero state nella prima metà della guerra. .... Ma anche dove le offensive delle forze armate e le espulsioni manu militari furono la causa immediata dell’esodo, è giusto sottolineare quest’ultimo come il prodotto di un insieme di fattori e di un processo cumulativo”.

• Morris: Vittime, pag. 326

L’esodo come risultato di una serie di concause

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Chi sono i profughi palestinesi?

• Per l’UNRWA i rifugiati palestinesi sono persone il cui normale luogo di residenza era la Palestina tra il giugno1946 e il maggio1948 che hanno perso tanto le loro abitazioni quanto i loro mezzi di sussistenza come risultato della guerra del 1948.

• Lo status di profughi per i palestinesi, a differenza di tutti gli altri profughi, è ereditario.

• I campi profughi ufficiali sono una sessantina• L’UNRWA fornisce esclusivamente assistenza, ma non

amministra alcun campo perché non ha forze di polizia e non ha compiti amministrativi

• Dopo il 1967: in Giordania (700.000), a Gaza (316.000), in Libano (160.000), in Siria (144.000)

• Generalmente non hanno diritto di cittadinanza, di associazione, di voto, di proprietà, di usufruire di strutture sanitarie e scolastiche pubbliche

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Il Settembre nero

• Un campo profughi è una tendopoli, o un insieme di edifici accatastati l’uno accanto all’altro con difficoltà di approvvigionamento acqua, parziale disponibilità di energia elettrica, assenza di servizio raccolta rifiuti, sistema fognario a cielo aperto

• Il 1970 è un anno di rottura nella storia dei profughi. È la fine di un equivoco: la solidarietà araba nei confronti dei palestinesi

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• Mio amato con la pace ho depositato i fiori dell’amore /davanti a teCon la pace / con la pace ho cancellato i mari di sangue /per teLascia la rabbia / Lascia il doloreLascia le armi / Lascia le armi e vieniVieni e viviamo o mio amato e la nostra coperta sarà la paceVoglio che canti o mio caro “ occhio mio“[luce dei miei occhi] / E il tuo canto sarà per la pace / fai sentire al mondo,o cuore mio e di’ (a questo mondo)Lascia la rabbia / Lascia il doloreLascia le armi / Lascia le armi / e vieni a vivere con la pace

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Giocare col mondo facendolo a pezzi

bambini che il sole ha ridotto già a vecchi.

Non è colpa mia se la tua realtà mi costringe a fare guerra all’omertà

Forse un dì sapremo quello che vuol direaffogare nel sangue con l’umanità.Gente colorata quasi tutta uguale

la mia rabbia legge sopra i quotidiani legge nella storia tutto il mio dolore

canta la mia gente che non vuol morireQuando guardi il mondo

senza aver problemicerca nelle cose l’essenzialità:

non è colpa mia se la tua realtà mi costringe a fare guerra all’umanità

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Quanti confini? Spazio, spirito, terra, limoni

• Moltiplicazione dei confini e disarticolazione degli spazi

• Il muro, i check point, i permessi, le discriminazioni, i privilegi

• I “bantustan”, la costruzione di una grande arteria come chiave per avviare un’integrazione fra le aree di insediamento palestinese (Gaza e Cisgiordania)

• A Gaza: tasso di disoccupazione del 40%; densità demografica molto alta e con previsione di crescita significativa (attualmente oltre 1.300.000 palestinesi; nel 2020, si prevede una densità di otre 7.000 ab/Kmq.)

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Qalqilya

• Nucleo cittadino vero e proprio (Area A), una sottile cintura (Area B), un’altra più ampia tutt'attorno (Area C). E il muro a limitarne confini e crescita.

• Schema di sviluppo “a fiore”: Qalqilya, villaggio-madre per le più piccole comunità sparse come petali tutt'attorno. Dal 2003 con la costruzione del muro molte comunità periurbane si sono trovate scollegate dalla città e dal mondo esterno.

• Habla è una di queste enclave, separata da Qalqilya da due file parallele di recinzioni. Si tratta di barriere insormontabili che delimitano un corridoio di terra espropriata per costruire una by-pass road (ad uso esclusivo degli israeliani) che collega le colonie a Israele.  

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Qalqilya• A Qalqilya prima della Seconda Intifada fiorivano diverse imprese

miste, con capitali e forza lavoro israelo-palestinese e migliaia di persone che attraversavano liberamente il confine per andare a lavorare nei cantieri e nelle fabbriche israeliane. Adesso le cose sono cambiate in peggio.

• Il tasso di disoccupazione è alto (75%,) Qalqilya è una giungla. Ogni zona ha leggi e regole diverse. Non si riesce neanche a definire la sua esatta estensione. In alcune zone è indicata. Altrove una strada o semplicemente un campo ne segnano i confini. Nessuno lo sa con precisione.

• In alcuni punti il muro è in realtà una recinzione alta circa tre metri con sensori, filo spinato e telecamere. I campi, i frutteti sono di proprietà di contadini palestinesi, che per raggiungerli devono aspettare che il cancello apra ed esibire ai soldati di guardia i permessi di transito.

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I diritti• Israele come comunità nazionale e comunità religiosa:

un concetto è figlio della rivoluzione francese; l’altro, è premoderno. Il popolo d’Israele è una comunità religiosa, il popolo israeliano è una comunità nazionale in fieri che sta affrontando il processo di secolarizzazione

• Tensione ricorrente fra l’universalismo della cittadinanza e il particolarismo della condizione ebraica che fra le altre cose si riverbera anche sulla legislazione

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• Dualismo sottotraccia nella Dichiarazione di indipendenza dove è scritto che lo stato “si baserà sulla libertà, la giustizia e la pace secondo la visione dei profeti di Israele; assicurerà la completa uguaglianza dei diritti politici e sociali a tutti i suoi abitanti senza pregiudizi per la religione, la razza e il sesso, garantirà la libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e cultura”. Da una parte i profeti, dall’altra i valori incardinati nei principi della Carta delle Nazioni Unite.

• Assenza in Israele di una costituzione scritta• La costituzione si concreta in una serie di leggi

fondamentali la cui produzione a tappe continua tutt’oggi (potere costituente della Knesset, riaffermato dalla Corte suprema nel 1995)

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• Il lavoro della Corte e le Leggi fondamentali hanno ampliato i diritti in Israele in misura non paragonabile a quanto accade nei paesi arabi

• Il sistema ha cercato un punto di equilibrio fra i diritti del cittadino e gli interessi pubblici e si è stabilito che tali diritti potessero essere limitati solo in presenza della lesione grave e quasi certa delle necessità pubbliche. Nel caso di una legge che dia adito a una doppia interpretazione, la Corte suprema ha stabilito che va preferita quella conforme ai diritti della persona e questa decisione vincola tutte le autorità dello stato, oltre a permettere a chiunque di ricorrere alla Corte stessa di fronte ad una violazione

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• La Corte ha cominciato ad affrontare ricorsi non soltanto contro il recinto di difesa, sulle eliminazioni mirate, sui rimborsi ai palestinesi colpiti per sbaglio nei loro beni, ma anche contro se stessa come istituzione ingiusta. – Il caso di una bambina affetta da una gravissima malformazione

– La Legge sulla dignità e libertà della persona protegge la vita e l’integrità del corpo

– La Legge ebraica non ammette l’eutanasia attiva mentre rispetto all’eutanasia passiva è controversa.

– La Corte richiamandosi al principio del ragionevole contemperamento degli interessi ha permesso alla madre di non somministrare determinati farmaci alla bambina per tenerla in vita

– Nirenstein: Israele siamo noi

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Il conflitto di faglia …*

• … è un conflitto fra stati o gruppi appartenenti a diverse civiltà la cui posta in palio è il controllo del territorio che generalmente è “per entrambi i contendenti un simbolo vitale della propria storia ed identità”; tale conflitto solitamente ha una durata prolungata nel tempo, si svolge a singhiozzo, è combattuto da popoli di religione diversa, è difficilmente risolvibile attraverso il compromesso e il negoziato, e generalmente tende ad allargarsi e a coinvolgere altri partecipanti perché i gruppi che la combattono appartengono a più ampie entità culturali

Liberamente da Huntington: Scontro fra civiltà

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Risoluzione n.181

• 3- Lo Stato arabo ed ebraico indipendenti e il Regime internazionale speciale per la Città di Gerusalemme, cominceranno a esistere due mesi dopo che l’evacuazione delle forze armate della Potenza mandataria è stata completata ma in ogni caso non oltre il 1° ottobre 1948. I confini dello Stato arabo, dello Stato ebraico e della Città di Gerusalemme saranno descritti nelle parti II e III che seguono.

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La “guerra dei sei giorni”: il contesto

• 1964: nascita dell’OLP • Volontà di Nasser di fare dell’Egitto il paese-guida di

tutti i paesi arabi e sostegno russo in difesa della causa araba

• Ritiro truppe ONU dal canale di Suez• Diffusione false notizie su possibile attacco di Israele• Blocco dello stretto di Tiran sul golfo di Aqaba da

parte egiziana e schieramento sul Sinai di 80000 soldati e 900 carri armati

• Patto militare fra Arabia Saudita, Egitto, Iraq e promessa di aiuti da parte di Kuwait, Algeria, Libia, Sudan

• Tensioni al confine Siria/Israele

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La guerra del Kippur: il contesto

• Sadat: volontà riaffermazione della egemonia egiziana sul mondo arabo– sganciamento dall’URSS dopo avere usufruito

abbondantemente del suo aiuto tecnico e militare

• Richiesta restituzione Sinai ed accordo militare con Siria e Giordania per l’attacco ad Israele

• Gheddafi finanziatore dell’impresa e artefice di una mossa storia: l’arma del petrolio

• Tensioni interne in Israele (scontri interreligiosi e sociali)

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Risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu n. 338

(22/10/73)Il Consiglio di sicurezza1 – Chiede a tutte le parti che stanno attualmente

combattendo la cessazione del fuoco e di ogni attività militare non oltre 12 ore dopo il momento di adozione della presente risoluzione, e nella posizione al momento occupata.

2 – Chiede a tutte le parti coinvolte di adottare immediatamente, dopo il cessate il fuoco, quanto stabilito dalla Risoluzione n. 242 …

3 – Decide che, immediatamente e in concorrenza con il cessate il fuoco, dovranno iniziare negoziazioni tra le parti interessate al fine di stabilire una pace giusta e durevole nel Medioriente.

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Accordi di Camp David (1978-79)

• pacificazione Israele-Egitto e creazione di rapporti diplomatici ed economici fra i due paesi

• restituzione del Sinai all’Egitto

avvio di un percorso diplomatico volto a concedere l’autonomia ai palestinesi dei territori occupati

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Il massacro di Sabra e Chatila (settembre 1982)

•Migliaia di palestinesi rifugiati nel campo vengono trucidati (13.000 morti) dalle forze cristiano-libanesi senza che gli israeliani facciano nulla per impedirlo. •Pagina nera nella storia di Israele che però non ha giocato parte attiva nel massacro–Sconfitta dell’OLP che spinge molti palestinesi a vedere nell’Islam–Scatenarsi a livello internazionale di un’operazione di denigrazione di Israele che sfocia in una nuova ondata di antisemitismo–Profughi nella valle di Bekaa e pilatesco atteggiamento di buona parte dei paesi arabi–Escalation terroristica

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L’Intifadaha. priorità problema palestinese sul piano internazionale

b. necessità reciproco riconoscimento Israele/OLP

c. problema integrazione sociale ed economica (diversità prospettive, manacata modernizzazione zone occupate, politica di annessione strisciante: Israele/territori=economia -mondo)

d. sviluppo del senso di appartenenza nei palestinesi di Israele

e. contrapporsi di due strategie diverse nel fronte palestinese (nazionale araba democratica/islamico-teocratica e guerra civile: 1/5 degli attentati, nei primi 4 mesi dell’Intifadah)

f. consapevolezza in Israele di essere anche una forza di occupazione e dell’esistenza di una questione palestinese

g. posizione più debole di Israele di fronte agli organismi internazionali

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Oslo del 1993 e accordi del Cairo

• Alla base di Oslo e il Cairo, la necessità di ridare all’OLP un ruolo – trasferimento di Gaza e Gerico sotto il controllo

dell’autorità palestinese con speranza “effetto di trascinamento”

– assistenza economica internazionale alla nascente entità palestinese

– mutuo riconoscimento di Israele e dell’OLP– libere elezioni nei territori, autonomia palestinese nella

fase intermedia e progressiva trasmissione di poteri all’autorità palestinese

– necessità di un progetto economico complessivo per i territori

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Negoziati di Camp David e Piano Clinton (Luglio/dicembre 2000)

• Restituzione dell’88% dei Territori, passaggio riservato per la spianata delle Moschee, rimpatrio di 10.000 rifugiati; ma i Palestinesi si trovano rinchiusi nel 22% della superficie della Palestina storica e le scelte israeliani tagliano in due la Cisgiordania

• Seconda intifadah e nuova discesa in campo della diplomazia:– cessione di oltre il 90% della Cisgiordania alla sovranità

palestinese– evacuazione maggior parte degli insediamenti israeliani– dispiegamento di una forza internazionale sulla linea del

Giordano– divisione di Gerusalemme in base a criteri demografici– diritto (controverso) al ritorno dei profughi

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Road Map, primavera 2003

• Fase I (prima del maggio 2003): diritto Israele a vivere in pace e lotta palestinese contro terrorismo; riforma politica palestinese ed elaborazione progetto di Costituzione; ritiro israeliano e congelamento espansione; elezioni palestinesi.

• Fase II (giugno-dicembre 2003): Conferenza internazionale a sostegno ripresa economica palestinese e avvio processo per creazione stato palestinese indipendente con frontiere provvisorie; rinascita di impegno multilaterale su questioni regionali

• Fase III (2004-2005): fine conflitto; accordo su confini definitivi e su sorte Gerusalemme, rifugiati, insediamenti; stati arabi dovranno accettare la pace con Israele.

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Il ritiro da Gaza:un cambio di paradigma

• Sharon acquisisce la consapevolezza che il ritiro avrebbe costituito un’ipoteca sul piano politico che lo avrebbe aiutato a costruire relazioni nuove con il mondo arabo (o almeno con parte di esso), e sul piano economico perché gli avrebbe consentito di risparmiare una bella fetta di risorse da sempre distratte per gestire il controllo dell’area.

• Il ritiro unilaterale diventa un boomerang per i palestinesi

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• “una delle maggiori ironie del conflitto arabo-israeliano è che solo la creazione di uno Stato palestinese potrà garantire la sopravvivenza di uno Stato ebraico ... La crisi alimentata dalla disoccupazione, dalla debolezza delle infrastrutture e da una crescita esponenziale della popolazione ... può essere affrontata con la realizzazione di un corridoio di ferrovie, telecomunicazioni, elettricità e gas che colleghi Jenin, Nablus, Ramallah, Gerusalemme est e Hebron a Gaza City e Rafah, sul confine dell’Egitto. Una rete simile consentirebbe la comunicazione fra il porto e l’aereoporto internazionale di Gaza e la West Bank, stimolerebbe la crescita di comunità urbane e suburbane attorno ai suoi nodi di transito e potenzialmente darebbe lavoro ad almeno centocinquantamila palestinesi. Se la UE e altri donatori internazionali si facessero carico dei 6 miliardi di dollari che si prevede siano richiesti dalla costruzione di questa spina dorsale della Palestina, … avrebbe il merito di avere finanziato la risoluzione di uno dei conflitti più incancreniti del mondo.”

• da I tre imperi (Khanna)

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• Il 10 novembre 1975 l’Assemblea Generale dell’Onu aveva adottato la risoluzione 3379 con la quale asseriva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. Dopo il voto, Herzog salì sul podio e tenne un discorso sul sionismo e sull’odio anti-ebraico, considerato ancora oggi uno dei più importanti discorsi di tutta la storia della diplomazia israeliana. Fra l’altro Herzog definiva la risoluzione “un’ulteriore manifestazione del triste odio antisemita e anti-ebraico che anima la società araba”. In chiusura, brandendo una copia della risoluzione, Herzog disse: “Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sull’arroganza ed è priva di qualunque valore morale o legale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così”. Pronunciando queste parole Herzog strappò in due il foglio della risoluzione davanti all’Assemblea dell’Onu. La risoluzione “sionismo uguale razzismo” venne cancellata dalla stessa Assemblea Generale il 16 dicembre 1991.

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Il ruolo non sempre educativo dell’ONU

• Israele paese al primo posto nell’elenco dei paesi che preoccupano l’ONU (nel 2005, nel 2006) in merito al rispetto dei diritti umani

• Annan va in visita ad Ahmadinejad mentre la Hezbollah finanziato dall’Iran combatte contro Israele

• La conferenza di Durban del 2001 replicata nel 2009 56

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• Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio

•  Entrata in vigore: il 12 gennaio 1951.

• Le Alte Parti Contraenti,

• considerando che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione 96 (1) dell'11 dicembre 1946 ha dichiarato che il genocidio è un crimine di diritto internazionate, contrario allo spirito e ai fini deue Nazioni Unite e condannato dal mondo civile;

• riconoscendo che il genocidio in tutte le epoche storiche ha inflitto gravi perdite all'umanità;

• convinte che la cooperazione internazionale è necessaria per liberare l'umanità da un flagello così odioso,

• convengono quanto segue:

• Art. I: Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si irnpegnano a prevenire ed a punire.

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• Art. II: Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose, come tale:

• (a) uccisione di membri del gruppo; (b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.

• Art. III: Saranno puniti i seguenti atti:

• (a) il genocidio; (b) l'intesa mirante a commettere genocidio; (c) l'incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio; (d) il tentativo di genocidio;(e) la complicità nel genocidio. 58

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BIBLIOGRAFIA• Ballista: Lettera a un amico antisionista, Rizzoli

• Bensoussan: Israele. Un nome eterno, UTET

• Codovini: Geopolitica del conflitto arabo-israeliano-palestinese, Bruno Mondadori

• Gelvin: Storia del moderno Medio Oriente, Einaudi

• Morris: Vittime, Rizzoli;

• Morris: Una terra due popoli, Rizzoli

• Nirenstein: Israele siamo noi, Rizzoli

• Pappe: La pulizia etnica della Palestina, Fazi

• Reinhard: Storia del colonialismo, Einaudi