AGGRESSIVITÀ ED IMPULSIVITÀ: UN'INDAGINE SU UN GRUPPO DI PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIA...
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FACOLT DI MEDICINA E PSICOLOGIA
Corso di Laurea in Psicologia Dinamico-Clinica dell'infanzia,
dell'adolescenza e della famiglia
Cattedra di Valutazione e intervento psicodinamico-clinico nella coppia
AGGRESSIVIT ED IMPULSIVIT: UN'INDAGINE SU UN
GRUPPO DI PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIA PSICHIATRICA
Candidato
Fulvio Aquino
1226217
Relatore Correlatore
Prof. Giulio Cesare Zavattini Prof. Vittorio Lingiardi
A/A 2014/2015
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Anonimo
(documento rinvenuto tra i questionari
somministrati per questa ricerca)
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INDICE
CAPITOLO 1:
1.1 Perch non disponiamo di una definizione condivisa di
comportamento aggressivo? ................................................... 4
2.2 Ricerca clinica e comportamento aggressivo ................... 12
CAPITOLO 2:
2.1 Impulsivit tra definizione e misurazione ......................... 22
2.2 Ricerca clinica e impulsivit ............................................. 28
CAPITOLO 3:
3.1 La ricerca .......................................................................... 38
3.2 Obiettivo ........................................................................... 41
3.3 Ipotesi ................................................................................ 41
3.4 Metodologia ...................................................................... 42
3.5 Risultati ............................................................................. 49
3.6 Distribuzione delle variabili .............................................. 54
3.7 Correlazioni tra le dimensioni di aggressivit e impulsivit
................................................................................................. 55
3.8 Discussione ....................................................................... 59
BIBLIOGRAFIA ................................................................... 63
RINGRAZIAMENTI ............................................................ 91
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CAPITOLO 1
1.1 Perch non disponiamo di una definizione condivisa di
comportamento aggressivo?
Attualmente non disponiamo di una definizione univoca di comportamento
aggressivo o ostile: la particolare eterogeneit in funzione della complessit
tipica del comportamento umano ha diviso e divide tutt'ora la comunit
scientifica. Si pu intendere per comportamento aggressivo, un
comportamento che causa o comporta un danno, una sofferenza o la morte di
un individuo o pi individui (Moyer, 1968). Questa definizione pu
ovviamente comprendere infinite condizioni associate e correlate all'atto,
come i costrutti di ostilit e minaccia (Siegel, 2009). Essi, soprattutto a livello
neuroanatomico presentano molti punti in comune con il comportamento
aggressivo puro, ma per una definizione psicologica e comportamentale
dell'aggressione, l'ostilit e la minaccia fisica devono essere necessariamente
considerati come aspetti separati (Kingsbury, 1997).
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I primi studi sul caso, come riportato nella rassegna di McEllistrem (2004), si
concentravano principalmente su modelli animali (Bard et al., 1937)
attraverso l'osservazione e la categorizzazione del comportamento manifesto
(Bard, 1928), come le modalit di manifestazione della rabbia predatoria, sui
correlati neuroanatomici o pi specificatamente sul ruolo dei
neurotrasmettitori (Cannon et al., 1925).
interessante sottolineare come da questi modelli animali si giunti a
definire due modalit differenti di comportamento aggressivo, il primo
definito dagli autori come attacco affettivo (Bandler et al., 1984), definibile
come una risposta reattiva violenta volta alla difesa dell'animale, ed un
comportamento pi specificatamente predatorio (Mirsk et al., 1994), entrambi
chiariti da differenti correlati neurobiologici di cui la trattazione esula da
questo elaborato. Cominciano ad emergere le orme di un'approccio
dicotomico alla definizione di comportamento aggressivo all'argomento che
guider la ricerca sull'argomento.
Nel caso del comportamento aggressivo umano la ricerca clinica ha fornito
un'innumerevole quantit di materiale utile, gi a partire da Freud (1930)
questo costrutto ha dominato il pensiero psicoanalitico, la connotazione
pulsionale e innata dell'aggressivit e della sessualit le ha rese i cardini
centrali dello sviluppo della personalit a partire dai primi anni di vita. In
ambito psicoanalitico possiamo delineare tre diverse concezioni di
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aggressivit (Schmidt-Hellerau, 2002): la prima riconducibile a Freud ed
altri analisti come Melanie Klein (1932) in cui l'aggressivit riconducibile
ad un'istintualit distruttiva; la seconda invece si concentra sulla natura
reattiva dell'aggressivit, identificandola come una risposta alla frustrazione o
come il risultato di un adattamento del S, (Rizzuto, et al. 1993; Fonagy, et
al. 1993) la terza invece considera l'aggressivit in parte come promotore
dello sviluppo psichico connesso all'esplorazione, giocando un ruolo chiave
nell'affermazione e autodelimitazione di s (Winnicott, 1984; Stechler, et al.
1987).
Uno studio in ambito psicoanalitico condotta da Glover (1960) ha permesso di
definire due diverse concezioni di aggressivit: una maggiormente legata alla
natura reattiva e adattiva del comportamento aggressivo, come risposta tipica
e condizionata all'ansia, ed una maggiormente strutturale coinvolta in radicali
cambiamenti nel funzionamento egoioco e superegoico dovuti a meccanismi
inconsci di identificazione con l'aggressore che sfociano in disturbi di
personalit come la psicopatia (Yakeley, et al. 2012).
Attualmente difficile non sostenere la natura istintuale dell'aggressivit, i
suoi correlati neurobiologici e il ruolo centrale che la genetica svolgono nel
delineare le diverse caratteristiche del comportamento aggressivo hanno
indotto molti psicoanalisti a delineare un modello che possa integrare aspetti
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metapsicologici tipici della psicopatologia dinamica e le caratteristiche
reattive, contestuali e ambientali.
In accordo con la posizione di Cartwright (2002) centrale adottare, anche in
ambito psicoanalitico, un approccio multidimensionale dove il
comportamento violento mediato da una variet di fattori intrapsichici che
interagiscono a loro volta con elementi contestuali: il ruolo della perdita, del
trauma o la rottura della relazione d'attaccamento, ad esempio, si evolvono e
si modificano in influenza diretta con lo sviluppo delle relazioni oggettuali,
del S, della capacit di rappresentazione, di simbolizzazione e
mentalizzazione (Person, 199; Fonagy, et al. 1993).
Pi recentemente autori come Bandura (1966) hanno invece definito il
comportamento violento come una capacit appresa dall'ambiente attraverso
l'esposizione di comportamenti potenzialmente violenti. Studi condotti su
neonati a termine (Bloom, 2013) dimostrano la natura tribale dei
comportamenti aggressivi e moralmente negativi, riconoscendo, gi nei primi
giorni di vita, capacit di riconoscimento gruppale e rudimentali capacit di
distinzione basata su ingroup/outgroup. Gli stimoli ambientali e la tendenza
innata alla categorizzazione ingroup/outgroup rappresenteranno quindi i
fattori centrali nello sviluppo di un senso morale maturo in et avanzata,
influenzando ad esempio il credo religioso, definito dall'autore come
socialmente negoziato, soprattutto, negli aspetti di moralit o amoralit
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(Bloom, 2012). Attualmente, soprattutto nell'ambito della psicologia sociale,
si giunti ad una definizione dicotomizzata del comportamento violento
(Kingsbury, et al., 1997). Essa si basa sulla distinzione tra aggressione
strumentale e aggressione ostile/affettiva. La prima di natura strettamente
comportamentale nasce dal condizionamento operante di schemi naturali
appressi e rinforzati nell'ambiente. I comportamenti aggressivi innati
rimandano ad una concezione del funzionamento umano che esclude
dimensioni d'intenzionalit, il comportamento violento anche se descritto
semplicemente come un mezzo per un fine (McEllistrem, 2004), dominato
necessariamente dal desiderio e dalla volont di rinforzo in un ambiente che
funge da facilitatore (Aronson, 1992), fattore quest'ultimo, imprescindibile.
La seconda invece dominata dall'intenzionalit di arrecare danno all'altro, la
frustrazione, la rabbia e la paura (Berkowitz, 1989) che nascono nel contesto
interpersonale possono fungere da attivatori per il comportamento aggressivo
(McEllistrem, 2004). chiaro come, riferendosi al costrutto del
comportamento aggressivo ostile, le differenze individuali, come le capacit
di regolazione emotiva, svolgano un ruolo centrale nell'espressione e nella
gestione della violenza (Konrath, et al. 2012; Di Giovambattista, et al. 2006;
Roberton, et al. 2012). Nel caso dell'aggressivit strumentale essi sfumano
lasciando lo spazio ad una maggiore influenza dell'ambiente sia sociale che
culturale, sul comportamento.
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Alcuni autori, in ambito clinico, classificano il comportamento aggressivo
secondo una tripartizione, facendo riferimento alla possibilit di discernere
tipologie di comportamento aggressivo dalla presenza o meno dell'impulsivit
come dimensione correlata (Barratt et al. 1991; McEllistrem, 2004), esse
sono: il comportamento aggressivo premeditato, manifestazioni aggressive
derivate da condizioni mediche generali e il comportamento aggressivo di
tipo impulsivo. Nel primo caso il comportamento aggressivo la diretta
conseguenza di un comportamento appresso dall'ambiente e condizionato dal
contesto culturale d'appartenenza dell'individuo, l'obbiettivo primario
infliggere danno all'altro, in modo pi o meno diretto. Per quanto riguarda il
comportamento aggressivo derivato da condizioni mediche consideriamo
invece tutte quelle condizioni in cui sono implicate direttamente le condizioni
psicopatologiche e pi specificatamente i casi correlati con i disturbi di
personalit (Bellino, et al. 2011; 2003; Frazier, et al. 2014). Consideriamo
invece come derivati da un'incapacit di controllare e pianificare il proprio
comportamento le manifestazioni aggressive che rientrano nella modalit
definita come impulsiva, le persone che manifestano queste tendenze, ad
esempio, cadono immediatamente in uno stato di agitazione quando provocati
(Barratt, 1998).
Le categorizzazioni del comportamento umano, attraverso nosografie pi o
meno sofisticate (Eichelman, et al. 1990), presentano per loro natura
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problematiche legate alla dimensione di labeling che esse racchiudono. Nel
caso del comportamento aggressivo qui in questione, possiamo evidenziarne
almeno due: una legata alla prospettiva evolutiva di base a qualsiasi tipo di
comportamento umano. Ogni definizione pi o meno rigida dovr
necessariamente adeguarsi allo sviluppo dell'individuo, senza questa
dimensione, l'utilit clinica e diagnostica della categorizzazione sar
notevolmente indebolita.
La seconda ha a che fare con una concezione della personalit, e quindi del
comportamento, che ricade in un'impostazione di tipo essenzialistico (Dazzi,
2009). Le teorizzazioni dimensionali della personalit, come il five-factor
model (Costa, 1992), definiscono la natura dei tratti come acontestuali e
stabili. La ricerca prima lessicale e poi fattoriale dei cinque fattori di base nata
per raggiungere una struttura universale della personalit, estrae
completamente il funzionamento umano, sia normale che patologico, dal suo
ambiente (Westen, 1997). Nonostante la potenziale utilit in ambito di ricerca,
tralasciare la natura fattuale e condizionale della personalit, ignorando
nosograficamente le condizioni attivanti dei diversi tratti, atomizza le funzioni
ed il comportamento umano, svilendo l'utilit clinica dei modelli teorici.
Barratt (1998), partendo dalla definizione di comportamento aggressivo
impulsivo ha proposto un modello euristico della personalit che contribuisca
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alla definizione del aggressivit e delle sue manifestazioni comportamentali
violente.
Barratt definisce quattro categorie minime per definire la personalit, mentre
ne propone tre per la sua misurazione (i processi cognitivi, per loro natura
sono valutati secondo il loro riflesso sul comportamento). Le quattro categorie
che compongono il costrutto sono i processi cognitivi, quelli biologici, il
comportamento e l'ambiente (Barrat, 1993). Essi rappresentano le categorie
minime (Marmor, 1983) di un modello orientato all'integrazione tra
discipline, che si presenta quindi come neutrale. Le varie categorie che
compongono il sistema e i loro sottosistemi sono considerati in funzione del
tempo, quello di vita e di sviluppo, che presenta in ogni fase peculiarit
specifiche e dominanze diverse. Se nel momento della nascita i domini
biologici e quindi ereditari sono dominanti, nel progredire dello sviluppo
sociale, le influenze culturali e sociali dell'ambiente avranno un ruolo
maggiore; ma entrambi in tutto il corso dello sviluppo contribuiranno alla
definizione di un sistema che rappresenta l'individuo e la personalit nel suo
complesso.
Il modello euristico e le riflessioni sulle definizioni essenzialistiche legate ad
una concezione per tratti dimensionali della personalit risponde in modo
chiaro al perch non si dispone di una definizione univoca di comportamento
aggressivo.
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1.2 Ricerca clinica e comportamento aggressivo
Gli studi sul temperamento infantile permettono di aprire una prima finestra
di valutazione clinica e di ricerca sul comportamento aggressivo. Alti livelli di
inflessibilit/reattivit e bassi livelli di ritmicit nella regolazione fisiologica,
(Gulay, 2012) misurate attraverso il The Short Temperament Scale for
Children (Prior, 1989) su campioni di bambini di et compresa tra i cinque e i
sei anni, correlano con comportamenti aggressivi e tendenze asociali (Gulay,
2012). Il temperamento difficile (Bates, 2000) la fonte primaria di
esclusione sociale e sofferenza relazionale (in termini di ansia e paura
percepita) nei bambini di et inferiore ai sei anni, queste dinamiche
incideranno profondamente sullo sviluppo di adeguate strategie di regolazione
emotiva e affettiva legate alla risoluzione di problematiche tra pari.
L'inibizione comportamentale correlata ad alti livelli di ansia (Degan, 2010)
un fattore centrale nella risposta ti tipo aggressivo alla frustrazione.
Probabilmente, la teoria dell'attaccamento (Bowlby, 1969) rappresenta uno
dei modelli pi efficaci per lo studio e la valutazione del comportamento
infantile. Nella classificazione dei comportamenti d'attaccamento dei bambini
sottoposti alla Strange Situation, autori come Main (1981; 1988), hanno
definito come disorganizzati un gruppo di bambini che non rientrava in
nessuna delle categorizzazioni insicure proposte alla base del modello
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tripartito di Ainsworth (1978). Se la disorganizzazione comportamentale
rappresenta il fattore di rischio numero uno nell'insorgenza della
psicopatologia in et di sviluppo, correlando positivamente con il
comportamento aggressivo e distruttivo nella seconda infanzia (Lyons-Ruth,
et al., 1996) e disturbi dissociativi (Liotti, 1999), studi longitudinali su
ricongiungimenti caregiver-bambino all'et di sei anni hanno permesso di
delineare due diversi patterns di relazione diadica controllante: d'inversione di
ruolo e punitiva, quest'ultima correlata positivamente con problematiche
esternalizzanti (Lecomte, et al. 2014; Moss, 2004). La disorganizzazione della
relazione d'attaccamento e questi diversi pattern comportamentali sono
collegati ad uno stile di caring definito dagli autori come frightening, FR,
(Main, et al., 1990) esso comprende chiari indici di comportamento
spaventante spaventano chiarendo i fattori di continuit tra esposizione,
diretta o meno, a comportamenti potenzialmente violenti ed aggressivi,
relazione d'attaccamento e psicopatologia (Padrn, 2014).
Il comportamento aggressivo, rappresenta un fattore di rischio centrale nello
sviluppo, esso correlato con una molteplicit di comportamenti problematici
che vanno dall'abuso di sostanze, all'abbandono scolastico, passando per gli
indici di incarcerazione, conflitti coniugali e problematiche psicopatologiche.
Per la maggior parte di esse le capacit di regolazione emotiva rappresenta il
mediatore principale.
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La regolazione emotiva definita come la capacit individuale di mantenere,
inibire o aumentare l'esperienza e l'espressione emotiva (Bridges et al., 2004).
Le capacit disadattive di regolazione emotiva, generalmente definite come
sotto-regolazione e sovra-regolazione, giocano un ruolo peculiare nella
gestione della rabbia (Roberton, et al., 2012). Questo costrutto emotivo
predice con chiarezza l'intensit e le caratteristiche del comportamento
aggressivo, la rabbia e il comportamento aggressivo condividono le medesime
strutture neurofisiologiche collocate nella corteccia prefrontale (Harmon-
Jones, et al. 2001). Pi specificatamente, il vissuto interno rabbioso o derivato
dalla rabbia permette di attivare le medesime strutture celebrali che hanno lo
scopo di direzionare l'impulso motorio aggressivo (Berkowitz, 1998). Nel
caso di una sovraregolazione del vissuto emotivo, sia le condotte di
evitamento che di soppressione dell'esperienza emotiva giocano un ruolo
chiave nelle manifestazione aggressive (Greenberg, et al., 2001), attraverso
l'incremento dei sentimenti negativi, la disinibizione difronte ai
comportamenti aggressivi, la compromissione dei processi decisioni e delle
competenze sociali (Roberton, et al., 2012).
Nell'ambito degli studi sulla personalit sana, il comportamento aggressivo
ricondotto e correlato a specifiche dimensioni o tratti, il five factor model
rappresenta forse l'approccio contemporaneo pi condiviso per delineare la
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personalit: nevroticismo, estroversione, coscienziosit, apertura
all'esperienza, gradevolezza, sono i domini dimensionali che ne compongono
la struttura (McCrae, et al. 2004). Nell'applicazione dei modelli di Costa &
McCrae, bassi livelli di gradevolezza sono associati con il comportamento
aggressivo, come bassi livelli di coscienziosit ed alto nevroticismo (Jensen &
Campbell, et al. 2007). Per gradevolezza si intende la tendenza ad aiutare o
favorire l'altro, bassi livelli comprendono sgradevolezza, antagonismo,
scetticismo e competitivit (Costa, et al. 1992). Con coscienziosit si intende
la capacit individuale di gestione degli impulsi, generalmente alti livelli
determinano scrupolosit e affidabilit opposti ad apatia e mancanza di
motivazione verso i propri obbiettivi.
Alti livelli di nevroticismo determinano invece una considerevole instabilit
emotiva ed elevato distress psicologico, impedendo la messa in atto di
adeguate strategie di coping per far fronte agli eventi stressogeni.
Secondo i due manuali diagnostici pi diffusi, il DSM e ICD-10, la
personalit e i suoi tratti costituenti sono modi stabili di percepire comportarsi
e rapportarsi con il mondo esterno, ovviamente essi possono divenire rigidi e
non adattivi causando una compromissione del funzionamento personale,
costituendo i disturbi di personalit (American Psychiatric Association,
1994). Essi sono tendenzialmente contraddistinti da un esordio precoce, lunga
durata e un modello di condotta disadattiva, ovviamente il complesso dei
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sintomi caratteristici di una malattia rappresenta un modo di operare e di
essere nel mondo che non limitata ad episodi singoli di patologia, come le
sindromi psicopatologiche tipiche (Fargnoli, 2010).
In ambito forense gli studi sui disturbi di personalit si basano quindi
principalmente sull'utilizzo dei due manuali diagnostici pi diffusi, il DSM-
IV e ICD-10, entrambi hanno permesso una valida, ma superficiale,
discriminazione tra i principali disturbi riferibili alla popolazione di offenders.
Nel caso di questa specifica popolazione clinica il Disturbo Antisociale di
Personalit (ASPD) attualmente ha raccolto e raccoglie tra il 40% e il 60%
delle diagnosi di disturbi di personalit in ambito carcerario (Moran, 1999;
Hare, 1991) e intorno al 3% in ambito clinico. I criteri diagnostici per la
quarta versione del DSM, nei riguardi della manifestazione sintomatologica
sono: l'incapacit di conformarsi alle norme sociali per ci che concerne il
comportamento legale, l'impulsivit o l'incapacit di pianificare il
comportamento, tendenze alla disonest profitto personale ed inganno,
irritabilit e aggressivit, ed infine mancanza di rimorso o indifferenza
(American Psychiatric Association, 1994).
Questi criteri diagnostici rappresentano al meglio l'approccio categoriale e
ateoretico dei due diffusi manuali diagnostici, presentando al clinico categorie
diagnostiche prototipiche e iper-inclusive che portano con se ovvie
problematiche nello studio dei modelli sui disturbi di personalit. Tra questi,
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alcuni autori hanno sottolineato: lo stigma collegato al concetto di labeling o
etichettatura della personalit e delle varie sindromi cliniche, gi accennato
precedentemente in questo elaborato, l'alta comorbidit tra i diversi disturbi e
la sovradiagnosi di disturbi non altrimenti specificati. La comorbidit risulta
essere una problematica specificatamente artefatta nata sulla base di una
massimizzazione della validit interna delle categorie diagnostiche e
dall'eliminazione, dai criteri diagnostici, di tutti i costrutti psicologici correlati
e centrali nel funzionamento personologico, sostituiti poi da criteri
comportamentali il pi possibile ateorici e oggettivizabili. La problematica
legata alla diagnosi DAS invece enuclea perfettamente lo scollamento enorme
tra diagnosi ed esperienza clinica (Tyrer, 2013). Ad esempio nel caso
specifico dell'ICD-10, il disturbo borderline di personalit e i disturbi misti di
personalit (l'equivalente dei NAS nel DSM) sono solo loro responsabili di
circa il 95% delle diagnosi di disturbo di personalit. Sembra possibile
dunque che le modalit diagnostiche non vengano del tutto incontro alle
manifestazioni cliniche dei disturbi, per almeno due motivi: il primo legato
alla inalterabilit delle categorie diagnostiche, derivate da modelli di
definizione basati sulla speculazione teorica peccando di forti basi empiriche
e validate dalla ricerca; il secondo collegato alla natura categoriale dei
disturbi che si scontra con i recenti approcci teorici che prediligono una
definizione per tratti e dimensioni della personalit (Matthews, et al., 2003).
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Un vasto corpo di studi, condotti negli ultimi venti anni, ha permesso di
individuare in popolazione con diagnosi di disturbo antisociale di personalit
caratteristiche che vanno oltre alla mera descrizione comportamentale del
disturbo, esse sono direttamente implicate sia nella clinica dei disturbi di
personalit, sia nell'intervento legale volto alla prevenzione del rischio e del
trattamento; attraverso l'uso del costrutto della psicopatia possibile
discernere tra tipologie di offenders e delinearne le caratteristiche di
personalit sottese al comportamento aggressivo e antisociale.
La psicopatia legata al comportamento criminale cronico, condotte
antisociali e tendenze alla recidiva in et adulta (Leistico, et al. 2008).
caratterizzata da bassa affettivit, egocentrismo e mancanza di rimorso ed
empatia, inoltre presenta alti livelli di impulsivit e manipolazione. Una delle
problematiche pi gravi legate alla psicopatia la predisposizione alla
aggressivit interpersonale, fredda e premeditata definita proactive aggression
da Blair et al. (2008).
Nel caso della psicopatia interessante citare il modello evolutivo triadico
proposto da Patrick (2009). Secondo il modello triadico la psicopatia
comprende tre costrutti fenotipicamente distinti: disinibizione, intesa come
difficolt nel controllare gli impulsi; audacia, definibile come il punto di
connessione tra dominanza sociale, resilienza emotiva e spericolatezza; ed
infine meschinit, soprattutto nello sfruttare gli altri a proprio vantaggio.
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Secondo Hare (2009), invece, la psicopatia una sindrome composta
prevalentemente da: loquacit e superficialit, egocentrismo, assenza di
rimorso, mancanza di empatia, falsit emotiva e manipolazione intenzionale,
inoltre ad essi sono correlati l'impulsivit, deficit del controllo
comportamentale, bisogno di eccitazione e mancanza di responsabilit. Il
modello di Hare cerca di dare enfasi sia a tratti interpersonali/psicodinamici
(Gabbard, 2007) che a comportamenti antisociali, sebbene entrambe le
polarit, anche se correlati, possono presentarsi separatamente (Livesley,
2003).
In ottica psicodinamica la psicopatia delineata da una seria incapacit di
introiezione e conseguente investimento oggettuale dovuta ad una grave
deficienza nello svilluppo del Super-Io. L'assenza di morale e l'esercizio di un
unico potere aggressivo il risultato dell'introiezione di un Super-Io sadico
che si manifesta nel comportamento aggressivo (Kernberg, 1984). Alcuni
autori hanno ricondotto la psicopatia a manifestazioni narcisistiche di
personalit o alla mancanza di sforzo teso a giustificare moralmente i propri
comportamenti antisociali (Meloy, 1988). Rispetto alla classificazione
strutturale dei disturbi di personalit ideata da Kernberg, il comportamento
antisociale o psicopatico definito come una variante nel continuum del
disturbo narcisitico di personalit (Kernberg, 1984; Gabbard, 2007; Meloy,
1988). Ad un estremo troviamo l'incapacit totale di investimenti relazionali
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che non siano caratterizzati da sfruttamento e dominio, proseguendo troviamo
un narcisismo maligno, caratterizzato da sadismo egosintonico e orientamento
paranoide e via proseguendo con pazienti che presentano disturbi narcisistici
con elementi antisociali, per poi arrivare all'estremo caratterizzato da elementi
nevrotici con presenza o assenza di tratti antisociali.
chiaro come la personalit e le sue manifestazioni siano un fattore chiave
nelle manifestazioni aggressive, l'importanza data al contesto sociale e
all'apprendimento ambientale della violenza (Bandura, 1973) e studi sulla
personalit sia normale che patologica hanno permesso di delineare
interessanti correlazioni tra le caratteristiche prototipiche del comportamento
aggressivo, definite da Buss (1992) attraverso l Aggression Questionnaire e
costrutti individuali raccolta da Caprara et al. (1996) in una triade composta
da irritabilit, ruminazione ostile e tolleranza verso la violenza. L'irritabilit
definita come la tendenza a rispondere in modo impulsivo e rude quando
provocati o contraddetti, deriva direttamente dall'ipotesi della
frustrazione/aggressivit di Dollard (1967) e costituisce la componente
motivazionale centrale dell'atto violento quando sono in gioco alti livelli
d'impulsivit. La ruminazione ostile, definita come l'inclinazione verso una
ruminazione crescente, prolungata e tesa al desiderio di reagire in qualche
modo a seguito di una istigazione, delinea invece la componente cognitiva
centrale dove le problematiche legate alla memoria, attribuzione e
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pianificazione svolgono il ruolo centrale. La tolleranza verso la violenza
definita come l'attitudine positiva verso la giustificazione di varie forme di
violenza (Caprara, et al. 1989) collegato al comportamento aggressivo
(Caprara, et al. 1990).
I modelli presentati, anche se provenienti da approcci teorici differenti,
tentano di delineare con maggiore complessit le caratteristiche di personalit
dietro al comportamento violento, cercando di ricondurlo oltre gli steccati
definiti dal concetto di antisocialit in ambito legale.
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CAPITOLO 2
2.1 Impulsivit tra definizione e misurazione
L'impulsivit definibile come un costrutto complesso e sfaccettato, che ha
raccolto raccoglie tutt'ora un grande interesse in tutta la comunit
scientifica. La vastit del costrutto non permette di delineare una linea
comune di ricerca e con essa una sua definizione. Alcuni autori ad esempio
definiscono l'impulsivit riferendosi ad una tipologia di comportamento che si
verifica prima di una completa e soddisfacente valutazione della situazione,
oppure come l'incapacit di inibire una risposta in caso di stimolo o la
preferenza per un'immediata gratificazione (Evenden, 1999; Tomko, 2014).
L'abilit di controllare gli impulsi un'abilit fondamentale per l'individuo e
per il suo funzionamento sociale, in ambito clinico e di ricerca tocca ambiti
che comprendono la psicopatologia, la psicologia cognitiva, la psicologia
dello sviluppo, la neurogenetica, la psicofarmacologia ed infine la psicologia
sociale (Stahl, et al. 2013; Heaterton, 2013; Hasher, 2007).
L'impulsivit, intesa come l'incapacit di resistere ad uno stimolo o impulso,
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rappresenta la caratteristica centrale di vari disturbi clinici come il disturbo
da deficit di attenzione/iperattivit, il disturbo borderline di personalit, la
depressione, il disturbo ossessivo compulsivo, l'abuso di sostanze e il gioco
d'azzardo problematico (Nigg, 2010; Nigg, et al. 2005; Carver, et al. 2008;
Fineberg, et al. 2010; Dick, et al. 2010).
Mai come nel caso dell'impulsivit misurare un costrutto equivale a definirlo.
La concettualizzazione che vede l'impulsivit come un azione senza pensiero,
volta alla ricerca d'eccitazione e dominata dall'incapacit di inibire e
pianificare presente in maniera diversa, talvolta attraverso sovrapposizioni o
complete divergenze tra le due modalit tipiche di misurazione, quella self-
report e quella comportamentale attraverso compiti sperimentali in laboratorio
(Cyders, et al. 2011).
La concettualizzazione self-report dell'impulsivit maggiormente utilizzata
per la valutazione dei tratti stabili di personalit che contribuiscono al
comportamento impulsivo.
Barratt (1993), attraverso la Barratt Impulsivity Scale ha distinto l'atto
impulsivo in fattori di primo e di secondo ordine: l'impulsivit attentiva,
motoria e di non pianificazione, derivati dai costrutti di base quali:
l'attenzione, la motricit, il controllo del s, la complessit, l'instabilit
cognitiva e la perseveranza (Patton, et al. 1995). Buss e Plomin (1975) hanno
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misurato l'impulsivit attraverso varie sottoscale contenute nello Emotionality
Activity Sociability Impulsivity Temperament Survey, (EASI-III), esse sono:
controllo inibitorio, ricerca di sensazioni, tempi di decisione e persistenza,
Zuckerman (1994) invece si concentrato su due: la ricerca di sensazione e la
suscettibilit alla noia, delineando le caratteristiche adattive e disadattive
dell'impulsivit. Nel caso del NEO Personality Inventory sono presenti invece
varie sottoscale specifiche per l'impulsivit, la ricerca di eccitazione,
risoluzione e controllo di s (Costa, et al. 1992). Nel caso specifico dei Five
Factor Model, alcuni autori si sono posti l'obbiettivo di creare uno strumento
di valutazione della personalit che potesse rappresentare e delineare le varie
sfaccettature dell'impulsivit (Whiteside, et al. 2001). Utilizzando una
versione ad hoc del NEO-PI-R stato possibile isolare le dimensioni
dell'impulsivit contenute in tre domini della personalit: nevroticismo, l'auto-
regolazione appartenente al dominio della coscienziosit e la ricerca di
sensazioni nel dominio dell'estroversione. Dall'analisi fattoriale effettuata
sono emerse quattro diverse caratteristiche di personalit associate al
comportamento impulsivo: la negativit e la tendenza ad agire
avventatamente in situazioni di disagio, l'incapacit di pianificare il
comportamento agendo senza considerare le conseguenze, l'incapacit di
concentrarsi su di un compito collegato all'auto-regolazione e la ricerca di
nuove sensazioni ed apertura alle esperienze eccitanti. I risultati hanno
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25
permesso la creazione dello UPPS Impulsive Behavior Scale (Whiteside, et al.
2001), aprendo la strada alla definizione delle cinque disposizioni dietro la
messa in atto di azioni avventate: un'urgenza negativa ed una positiva basate
sul vissuto e la regolazione emotiva, due basata sui deficit di coscienziosit,
mancanza di pianificazione e di perseveranza o autocontrollo, ed una basata e
dominata dalla ricerca di sensazioni (Cyders, et al. 2007; 2007b; 2008).
In contrasto con l'attenzione ai tratti tipica dell'impulsivit nel contesto dei
self-report, la valutazione in laboratorio si concentra sulla misurazione nel
momento degli stati associati al comportamento impulsivo, orientandosi
intorno a cinque tipi di processi cognitivi (Cyders, et al. 2011): la capacit di
sopprimere le risposte automatiche e dominanti, l'abilit di annullare
l'interferenza da stimoli provenienti dall'ambiente irrilevanti per il compito, la
capacit di resistere alla memorizzazione di stimoli intrusivi, l'incapacit di
ritardare la risposta difronte ad una gratificazione e la distorsione del giudizio
a causa del tempo trascorso (Dougherty, et al. 2005). Per la misurazione dei
processi cognitivi di tipo inibitori sono utilizzati generalmente il Go/no-task
(Marczinski, et al. 2003), lo Stop-signal task di Logan (1994), il Continuous
performance task (Conners, et al. 2000) e lo Antisaccade task (Friedman, et
al. 2004), per la misurazione della resistenza alle distrazioni lo Eriksen
Flanker task (Eriksen, et al. 1974) il BrownPeterson task (Kane, et al. 2000)
e lo Cued recall task (Tolan, et al. 1999).
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Le differenti modalit di misurazione e quindi di definizione dell'impulsivit
hanno ovviamente delle ripercussioni, anche evidenti, nella clinica e nella
diagnosi, un esempio prototipico il disturbo borderline di personalit (Stahl,
et al. 2014). In esso l'impulsivit, misurata attraverso la BIS-11 (Patton, et al.
1995), rappresenta il criterio diagnostico centrale e gioca un ruolo specifico
nei modelli psicopatologici che vedo come correlati i livelli di impulsivit alla
disregolazione emotiva e la disforia affettiva tipica di questi pazienti (Links,
et al. 1999). I studi effettuati in laboratorio invece non coincidono con queste
ipotesi psicopatologiche, e i risultati sulle performance sono ambigui e
contraddittori (Rentrop, et al. 2008; Jacob et al. 2010) almeno nel caso dei
compiti di misurazione delle capacit di inibizione, esse risultano alterate solo
in caso di comorbidit con altri disturbi (Sebastian, et al. 2013). Il
comportamento impulsivo nel disturbo borderline di personalit pu quindi,
sia appartenere al sottodominio del controllo degli impulsi, rappresentare un
comportamento secondario dovuto alla comorbidit con altri sindromi come
ADHD o ancora essere la diretta conseguenza della disregolazione emotiva
tipica di questi pazienti.
L'impulsivit un costrutto non unitario, quindi un non costrutto che sottende
differenti aspetti nel controllo delle interferenze, non delineabile attraverso
un'unica base neurobiologica, e fortemente dipendente dai processi
motivazioni e decisionali, gli aspetti che emergono nelle modalit self-report
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ne rappresentano quindi una parte. Un ruolo importante quindi ricoperto
dalla ricerca clinica nella psicopatologia e nei disturbi psichiatrici il cui scopo
delineare un modello euristico del funzionamento mentale in grado di
coniugare efficacia clinica e coerenza teorica (Moeller, et al. 2001).
In ambito psicoanalitico e psicodinamico possibile ricondurre il
comportamento impulsivo in una pi complessa organizzazione strutturale di
personalit definita da Kernberg (2004) come borderline. In essa l'esame di
realt risulta integro, sono predominanti l'uso di difese primitive e la
diffusione dell'io. Questa categoria racchiude gravi disturbi di personalit
come il disturbo borderline, schizoide, schizotipico, paranoide, ipomaniaco,
ipocondriaco, antisociale e il disturbo narcisistico nella sua declinazione
maligna (Kernberg, 1992), quest'ultimi nello specifico, sono caratterizzati da
un grave deterioramento dell'organizzazione superegoica con la presenza di
precursori di un Super-io sadico (Kernberg, 1984). Nello specifico
l'impulsivit da ricercare nella mancanza di consapevolezza del proprio
stato emotivo, dovuta da un'assenza di simbolizzazione nella regolazione
affettiva. Alla base dell'organizzazione del S e della regolazione affettiva
situata la mentalizzazione definita come la capacit di comprendere il
comportamento interpersonale in termini di stati mentali (Fonagy, et al.
2001). Essa acquisita attraverso le esperienze oggettuali, in una relazione
d'attaccamento in cui il rispecchiamento empatico da parte del caregiver e lo
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sviluppo del modulo di rilevamento della contingenza (Watson, 1985) nel
bambino permettono, per prima cosa, di associare le manifestazioni di
rispecchiamento dei genitori al miglioramento del suo stato emotivo, inoltre
lo stabilirsi di una regolazione affettiva mediata e di secondo ordine crea le
basi per il controllo degli impulsi; gli affetti possono essere scaricati con il
comportamento o esperiti come qualcosa di riconoscibile e condivisibile
(Fonagy, et al. 1991). La presenza di espressioni affettive non direttamente
dipendenti dall'affetto del bambino possono mettere a rischio la classificazioni
degli stati interni, la loro simbolizzazione e quindi la loro regolazione
(Fonagy, et al. 2005; Tambelli, 2012).
2.2 Ricerca clinica e impulsivit
In ambito evolutivo, l'impulsivit come tratto stabile, tendenzialmente
correlato con il disturbo da deficit d'attenzione e iperattivit, esso uno dei
pi comuni disturbi diagnosticati in ambito infantile ed raccolto intorno ad
una triade sintomatologica composta da disattenzione, iperattivit e
impulsivit (Ammaniti, 2001). La prevalenza del disturbo nei bambini in et
scolare oscilla tra il 4% e il 12%, con una prevalenza tre volte pi alta nei
maschi rispetto alle femmine (dati Istituto Superiore di Sanit). La ricerca
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condotta sui sottotipi diagnostici del ADHD considera la disattenzione come
un sottotipo della dimensione impulsiva del disturbo (Adams, et al. 2008),
mentre il deficit di disinibizione comportamentale alla base dell'iperattivit
rappresenta il criterio pi robusto su cui basare la diagnosi e la definizione del
disturbo (Nigg, 2005). Rispetto alla sottocategoria mista del disturbo, la
dimensione dell'impulsivit permette di arricchire la diagnosi meramente
comportamentale del ADHD introducendo le caratteristiche cognitive della
personalit alla comprensione di questo disturbo. I bambini caratterizzati da
questa diagnosi incontrano spesso difficolt nelle aree dell'apprendimento, del
controllo dell'aggressivit e delle relazioni sociali (Hinshaw, 1994; Ammaniti,
2001), la comorbidit con il disturbo della condotta e con il disturbo
oppositivo provocatorio ad esempio oscilla tra il 30% e il 50% (Biederman, et
al. 1993), costituendo un fattore di rischio per l'insorgenza di comportamenti
disfunzionali nell'et adulta.
Rispetto all'adolescenza, molti studi sottolinea come la maggior parte dei
comportamenti e delle condotte messi in atto durante questo periodo della vita
possono essere classificate come impulsive, il motivo da ricercare nei
processi neuroevolutivi tipici di questa fase. L'aumento dei comportamenti a
rischio e la reattivit emotiva sono associate con differenti traiettorie di
sviluppo che riguardano la zona limbica e la corteccia prefrontale (Cassey, et
al. 2008). Nei meccanismi che concorrono allo sviluppo dei sintomi
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psicopatologici i processi decisionali giocano ovviamente un ruolo
importante, ad esempio i deficit nel controllo degli impulsi sono correlati con
la tendenza, in adolescenza, a mostrare bassa tolleranza verso la dilazione
della gratificazione (Piko, et al. 2014). Essi, soprattutto nella pubert, sono
collegati alle dimensioni di ricerca della novit o ricerca del rischio
(Steinberg, 2007). Studi sulla depressione in adolescenza hanno sottolineato il
ruolo dell'impulsivit come mediatore nei processi cognitivi coinvolti nel
disturbo: essi sono i pensieri automatici negativi come definiti da Beck
(1963) che insieme alla triade cognitiva e le distorsioni cognitive
rappresentano il nucleo del modello psicopatologico della depressione, pi
specificamente sembra che l'impulsivit giochi un ruolo centrale nella
presenza delle distorsioni cognitive e nella pianificazione comportamentale in
termini di strategie di coping disadattive, aumentando il rischio di
comportamenti suicidari (Cyders, et al. 2011a; Piko, et al. 2014).
Anche nel caso della bulimia nervosa, l'impulsivit, rappresenta un fattore
chiave associato alla sintomatologia depressiva (Vaz-Leal, et al. 2014). La
bulimia nervosa un disturbo del comportamento alimentare dominato da
episodi ricorrenti di abbuffate compulsive, in cui la quantit di cibo
indiscutibilmente superiore alla media e durante il quale viene esperito un
senso di mancanza di controllo, essa generalmente definita in base a due
sottocategorie mediate dalla presenza o meno di condotte di svuotamento a
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31
seguito dell'atto (APA, 1994). L'anoressia nervosa una complessa sindrome
e condizione in cui convivono disfunzioni del comportamento alimentare e
sintomi psicopatologici di tipo compulsivo e impulsivo, essa pu essere
delineata intorno a cinque dimensioni: comportamenti alimentari restrittivi
(tranne che durante le abbuffate), comportamenti bulimici, anomalie
dell'umore e della personalit, insoddisfazione verso il proprio corpo e
pratiche autolesionistiche (Gleaves, et al. 1993). L'impulsivit insieme ai
sintomi depressivi, possibili aree borderline della personalit (Steiger, et al.
2000) e i tratti autolesionistici concorrono all'instabilit emotiva tipica dei
pazienti bulimici, queste dimensioni concorrono in modo differente
all'instaurarsi di pratiche alimentari disfunzionali quali le abbuffate (Vaz-
Leal, et al. 2014): nel caso specifico i tratti d'impulsivit (Welch, et al. 1996)
concorrono con la gravit delle abbuffate e alla sensazione di perdita di
controllo associata ad esse, mentre la sintomatologia depressiva (Kennedy, et
al. 1994) sembra rappresentare un fattore di prognosi negativa. La presenza di
una sintomatologia depressiva ed elementi impulsivi della personalit in un
funzionamento deficitario trae origine da studi neurobiologici che vedono il
sistema serotoninergico come tramite neurochimico tra i due costrutti (Carver,
et al. 2008). Bassi livelli di serotonina sono collegati ad un deficit del
controllo dei processi esecutivi, esso si traduce in una risposta affettiva,
impulsiva e correlata con disturbi definibili come esternalizzanti. Nello stesso
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32
modo, in pazienti depressi e con bassi livelli di serotonina lo stesso deficit del
controllo esecutivo si tradurr in una paradossale inattivazione
comportamentale, dovuta all'assorbimento completo di quest'ultimi nelle
emozioni negative tipiche del disturbo depressivo (Carver, et al. 2008; Caspi,
et al. 2003; Dalgleish, et al. 2007). La simultanea presenza di tendenze
compulsive, quali le abbuffate, e dimensioni di personalit di tipo impulsivo
nei disturbi alimentari, come la bulimia e il BED, ha radici nel circuito
cortico-striatale e nei vari neuromodulatori implicati in esso (Fineberg, et al.
2010). Nello specifico possiamo delineare due sistemi distinti ma paralleli: il
circuito della compulsione in cui il nucleo caudato, componente del sistema
striatale genera i comportamenti compulsivi inibiti dalla corteccia prefrontale
orbitofrontale e dall'altra parte il circuito impulsivo in cui lo striato ventrale
ed il nucleo dell'accumbens, sempre facente parte del sistema striatale,
generano i comportamenti impulsivi che a loro volta vengono inibiti dalla
corteccia prefrontale ventromediale. Si delineano quindi due sistemi
interdipendenti nella condivisione di diverse parti del sistema striatale e della
corteccia prefrontale (Hollander, et al. 1995; 2007). In questo modello, il
disturbo da rabbia incontrollata e il disturbo ossessivo compulsivo, il disturbo
da dismorfismo corporeo, la sindrome di Tourette e la tricotillomania, senza
tralasciare l'ADHD e il gioco d'azzardo patologico possono essere lette come
sindromi cliniche implicate in un deficit nel circuito cortico-striatale, in modo
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33
da poter coniugare una visione bottom-up dei disturbi mentali tipica delle
neuroscienze e una valutazione top-down basata sulla ricerca empirica
psicologica e sulla pratica clinica.
Anche per le dipendenze da sostanze, l'impulsivit ne rappresenta il nucleo
patogenetico e fisiopatologico (Verdejo-Garcia, et al. 2008). I modelli
neurocognitivi attuali postulano l'impulsivit e la dipendenza come il risultato
di uno squilibrio nell'influenza di due sistemi neurali in competizione: uno
evolutivamente pi antico di tipo bottom-up ed un altro pi recente di tipo
top-down (Bechara, 2005; Stevens, et al. 2014). Il sistema bottom-up, definito
anche come il sistema impulsivo o reattivo, coinvolge le aree subcorticali
promuovendo la ricerca della gratificazione attraverso comportamenti
abituali, utilizzando meccanismi associativi automatici e senza considerare gli
obbiettivi a lungo termine (Heatherton, et al. 2011). Al contrario, il sistema
top-down, coinvolge le aree corticali prefrontali il cui compito la gestione
delle funzioni esecutive e riflessive (Cohen, et al. 2010).
Nella norma lo scopo del sistema top-down quello di ridirezionare e
sopprime gli stimoli provenienti dal sistema bottom-up, come il cravings.
Nelle addiction questo sistema salta, portando alla luce quelle azioni o scelte
impulsive che derivano direttamente dal crollo delle capacit inibitorie
(Winstanley, et al. 2010). L'impulsivit oltre a rappresentare una conseguenza
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34
sintomatologica delle addiction risulta essere anche un fattore di autcome
negativo per le terapie sulla dipendenza, correlando con fenomeni di dropout
e periodo d'astinenza dalla sostanza durante e dopo il trattamento (Stevens, et
al. 2014).
Riferendosi sempre alla ricerca clinica nelle addiction, molti studi hanno
evidenziato una forte correlazione tra il costrutto dell'impulsivit l'abuso di
alcool (Verdejo-Garcia, et al. 2008; Whiteside, et al. 2008; Dick, et al. 2010).
L'impulsivit un fattore predittivo per l'uso e l'abuso di alcool inoltre una
probabile vulnerabilit genetica incentrata su di essa ne media la trasmissione
generazionale (Tarter, et al. 2004) correlando con la dipendenza da sostanze,
disturbi relazionali nelle pratiche genitoriali e comportamenti antisociali in
et adulta. Questi fattori rappresentano gli indici di rischio maggiore per lo
sviluppo di una dipendenza da alcool (Kendler, et al. 2003). Ovviamente la
complessit eziopatogenetica delle addiction non permette di adottare un
approccio riduzionista, l'impulsivit come fattore di vulnerabilit genetica va
necessariamente ricondotto al funzionamento personologico e al
funzionamento cognitivo. Questo approccio suggerito dall'evidenza
empirica che vede l'impulsivit come costrutto chiave nello sviluppo dello
spettro sintomatologico definito come esternalizzante: spettro che raccoglie da
un lato il deficit nei processi inibitori e dall'altro l'influenza sulle dimensioni
di personalit implicate nella pianificazione comportamentale (Krueger, et al.
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35
2002). In altri termini la vulnerabilit genetica, mediando con i processi
inibitori e i costrutti di personalit, si manifesta nel comportamento impulsivo
aprendo la strada alle condotte dipendenti (Dick, et al. 2010).
Lo scopo di questa breve disamina sulle implicazioni cliniche del
comportamento impulsivo di delineare l'interdipendenza sempre costante tra
i costrutti di personalit collegati al comportamento impulsivo e i processi
cognitivi sottostanti la regolazione degli impulsi. Per poter sintetizzare al
meglio l'implicazione di questo costrutto con le manifestazioni
sintomatologiche riferibili allo spettro esternalizzante, risulta proficuo
accennare all'indice comportamentale DRD (delay reward discounting)
proposta da Madden et al. (2003; 2009), esso ha il vantaggio di unire
empiricamente differenti sindromi attraverso una definizione d'impulsivit
facilmente correlabile perch connessa a manifestazioni comportamentali
disfunzionali e sintomatologiche. Il DRD indicizza la riduzione del valore
della gratificazione rispetto al ritardo di essa, o in altre parole quanto
velocemente la gratificazione perde il suo valore rispetto al tempo trascorso.
L'impulsivit in questo caso definibile come la tendenza ad accettare
gratificazioni immediate e di basso valore perch si incapaci di mantenerne
il valore dilazionato nel tempo, un indice alto di DRD si traduce quindi in una
sottoregolazione degli stimoli, al contrario, alti livelli di DRD si traducono in
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una sovraregolazione, delineando rigidit o eccessiva autoregolazione. La
maggior parte degli studi raccolti intorno al modello DRD hanno ricondotto la
sottoregolazione ai comportamenti di dipendenza (MacKillop et al. 2011), al
disturbo d'alimentazione incontrollata e all'obesit (Weller, et al. 2008; Davis,
et al. 2010), nello specifico la riduzione del valore della gratificazione in
seguito al ritardo connesso all'immagine corporea e al peso, obbiettivi futuri
poco stimolanti rispetto all'immediata gratificazione portata dall'assunzione di
cibo.
Per quel che concerne il seguente lavoro doveroso riportare come centrale,
nelle correlazioni che legano il costrutto dell'impulsivit con il
comportamento violento, il costrutto dell'aggressione impulsiva come definito
da Barratt e Slaughter (1998), esso ha acquisito nell'ultima decade
un'importanza clinica notevole grazie alla sua trasversalit nelle diagnosi
psichiatriche, come nel caso del disturbo borderline di personalit, il disturbo
antisociale di personalit e del disturbo esplosivo intermittente (Coccaro, et
al. 1998), da poco introdotto nella quinta versione aggiornata del DSM (APA,
2014). La distinzione del comportamento aggressivo premeditato
dall'aggressione impulsiva ha generato un enorme quantitativo di materiale di
ricerca, ma i diversi approcci metodologici e teorici hanno creato molta
confusione ed incertezza allontanando sempre di pi una possibile definizione
univoca del costrutto. Riferendosi alla definizione data da Coccaro (1992),
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possibile definire e considerare il comportamento aggressivo di tipo
impulsivo come un singolo tratto distinto e distinguibile dall'aggressivit e
dall'impulsivit, nello specifico l'autore ha ricondotto quest'ultimo
all'esistenza di un'interdipendenza tra funzionamento cerebrale e
comportamento, esso dovuto alla riduzione del funzionamento del sistema
serotoninergico in pazienti affetti da disturbi gravi della personalit e
dell'umore. In essi l'associazione con la disregolazione degli impulsi favorisce
la probabilit di comportamenti aggressivi verso se e gli altri dati appropriati
fattori ambientali (Coccaro, 1992). Le implicazioni nella clinica hanno poi
permesso di affermare la possibilit che elementi impulsivi ed aggressivi
possano presentarsi simultaneamente a livello fenotipico, giustificando quindi
l'unitariet del costrutto dell'aggressione impulsiva (Critchfield, et al. 2004).
La scoperta di un marker biologico e neurochimico del comportamento
aggressivo di tipo impulsivo non deve, e non dovr necessariamente
legittimare un-approccio alla psicopatologia e al disagio psichico di tipo
riduzionista. chiaro come la distinzione effettuata da Rapaport (1959) su i
comportamenti e i costrutti, molari e molecolari, risulta ancora estremamente
attuale, essa suggerisce la centralit di nuove pratiche di ricerca clinica che
siano in grado di coniugare le evidenze biologiche con le peculiarit del
paziente e della sua sofferenza o disagio, rifiutando l'idea di un paziente
impulsivo tout court.
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CAPITOLO 3
3.1 La ricerca
Il seguente lavoro parte di una ricerca condotta dalla Cattedra del Prof.
Giulio Cesare Zavattini presso il Dipartimento di Psicologia Dinamica e
Clinica della Facolt di Medicina e Psicologia della Sapienza - Universit di
Roma, volto ad indagare la relazione tra aggressivit, psicopatologia e
regolazione delle emozioni, individuando i differenti meccanismi d'innesco
dei comportamenti violenti.
In questo elaborato, in particolare, il lavoro di analisi e confrontazione dei dati
si soffermer sui costrutti di Aggressivit e Impulsivit.
In letteratura vi un comune accordo nel considerare l'aggressivit come
significativamente associata all'impulsivit (Barratt, et al. 1991; 1998;
Critchfield, et al. 2004; Garca-Forero, et al. 2009), entrambi i costrutti anche
se distinti condividono le medesime strutture cognitive (Coccaro, 1992;
Antonucci, et al. 2006), il risultato una forte compartecipazione di entrambi
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i costrutti nelle manifestazioni cliniche e sintomatologiche in ambito
psichiatrico. Il costrutto dell'aggressione impulsiva come definito da Barratt e
Slaughter (1998), risulta tuttora centrale nella comprensione clinica di
pazienti in cui la disregolazione degli impulsi favorisce la probabilit di
comportamenti aggressivi verso se e gli altri (Coccaro, 1992), delineando
nello specifico laggressione impulsiva (Critchfield, et al. 2004).
La finalit di questo lavoro consiste nel fornire dei dati evidence based,
mutuati dalla ricerca scientifica, ai protocolli di prevenzione, gestione e
trattamento dell'aggressivit, individuando specifici fattori di rischio che
favoriscono l'insorgenza ed il consolidamento dei comportamenti aggressivi.
La ricerca si colloca all'interno di una cornice teorica psicodinamica e fa
riferimento ad un modello euristico della personalit come definito da Barratt
(2001): per l'autore la personalit definibile a partire da quattro categorie
minime, i processi cognitivi, affettivi i processi biologici, il comportamento e
l'influenza dell'ambiente. Esse rappresentano le categorie minime di un
modello orientato all'integrazione tra discipline.
In esso possibile definire il comportamento aggressivo come un
comportamento che causa o comporta un danno, una sofferenza o la morte di
un individuo o pi individui (Moyer, 1968). Attualmente si giunti ad una
suddivisione tripartita del comportamento violento (Barratt et al. 1991;
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40
McEllistrem, 2004): il comportamento aggressivo premeditato, quello
derivato da derivate da condizioni mediche generali e il comportamento
aggressivo di tipo impulsivo. Nel primo caso il comportamento aggressivo
la diretta conseguenza di un comportamento appresso dall'ambiente e
condizionato dal contesto culturale d'appartenenza dell'individuo, l'obbiettivo
primario quindi infliggere danno all'altro, in modo pi o meno diretto. Nel
caso del comportamento aggressivo di tipo impulsivo (Barratt, 1991)
possibile osservare una diffusa incapacit nella pianificazione e gestione
dell'atto comportamentale, esso ha radici in un deficit nel sistema
serotoninergico con conseguente disregolazione degli impulsi (Coccaro,
1992), una condizione relativamente comune nei disturbi di personalit e nei
disturbi dell'umore.
Per quanto riguarda l'impulsivit come costrutto, essa definibile come
l'incapacit di resistere ad uno stimolo o impulso. L'abilit di controllare gli
impulsi un'abilit fondamentale per l'individuo, Barratt (1993) attraverso la
Barratt Impulsivity Scale ha distinto l'atto impulsivo in fattori di primo e di
secondo ordine: l'Impulsivit Attentiva, Motoria e di Non Pianificazione che
derivano da costrutti base quali: l'Attenzione, la Motricit, il Controllo del s,
la Complessit, l'Instabilit Cognitiva e la Perseveranza (Patton, et al. 1995).
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41
3.2 Obiettivo
Considerando gli studi presenti in letteratura, il focus principale della ricerca
pertanto lo studio delle connessioni tra aggressivit e impulsivit,
confrontando un campione clinico con un campione di controllo.
Un primo obiettivo quello di rilevare come il campione di soggetti si
distribuisca nelle dimensioni di Aggressione Fisica, Aggressione Verbale,
Rabbia e Ostilit misurate attraverso Aggression Questionnaire (Buss- Perry,
1992). Il secondo quello di osservarne la distribuzione nelle dimensioni
dImpulsivit Motoria, Non-Pianificata e Cognitiva come definite da BIS-11,
(Patton et al., 1995). Si interessanti, inoltre, ad osservare i livelli di
correlazione tra i due costrutti nel campione.
3.3 Ipotesi
Si intende offrire un contributo allanalisi della relazione tra i diversi livelli di
impulsivit e di aggressivit in un campione clinico con diagnosi psichiatrica,
confrontandolo con un gruppo di controllo.
Si ipotizza che
H1: il campione sperimentale mostri pi alti livelli di impulsivit
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42
rispetto al gruppo di controllo.
H2: il campione sperimentale mostri livelli pi alti di aggressivit
rispetto al gruppo di controllo.
H3: che esista una relazione positiva tra i diversi livelli di impulsivit
(BIS-11) e aggressivit (AQ).
3.4 Metodologia
Campione
La ricerca ha raggiunto un campione di 309 soggetti, di cui 126 reclutato in
comunit terapeutiche e case di cura nel territorio laziale, stato selezionato
secondo le seguenti caratteristiche:
Sufficiente conoscenza della lingua italiana, sia in forma scritta che in
forma orale.
Et compresa tra i 18 e 75 anni.
Esclusione di Disturbo psicotico in atto, o fase di acuzie psichiatrica
Assenza di intossicazione da alcool o sostanze psicotrope negli ultimi 3
mesi.
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Il campione costituito da soggetti con diagnosi psichiatrica (come riportato
in seguito), in regime di trattamento volontario o obbligatorio.
Strumenti
Gli strumenti utilizzati al fine di verificare le ipotesi sopra esposte sono due:
un primo questionario, il Barratt Impulsiveness Scale BIS-11 (Patton et
al., 1995) per la misurazione dell'impulsivit.
Buss-Perry Aggression Questionnaire AQ, (Buss e Perry, 1992) per la
misurazione dimensionale dell'aggressivit.
BISS-11, Barratt Impulsiveness Scale
Barratt Impulsiveness Scale (BIS) elaborata da Barratt (1995) uno strumento
self-report creato per la valutazione dell'impulsivit come costrutto di
personalit e comportamentale. attualmente utilizzato nella ricerca
psicologica, sociologica ed educativa. Nella sua forma attuale (BIS-11; Patton
et al., 1995) lo strumento composto da 30 items espressi su scala Likert a 4
punti. Oltre a fornire un punteggio complessivo di impulsivit, il BIS-11,
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fornisce punteggi su tre fattori identificati come Impulsivit Attentiva,
Impulsivit Motoria, Impulsivit non pianificata.
Il soggetto nella compilazione del BISS-11, deve esprimere il grado di
accordo alle affermazioni secondo una scala Lickert a 4 livelli che va da 1=
raramente/mai; 2= occasionalmente; 3= spesso; 4=Quasi Sempre/Sempre.
La codifica dello strumento permette la valutazione di 6 fattori di primo
ordine (Attenzione, Motricit, Controllo del s, Complessit, Instabilit
cognitiva e Perseveranza) e tre fattori di secondo ordine (Impulsivit
Attentiva, Impulsivit Motoria e Impulsivit non pianificata).
Il punteggio totale ottenuto sommando i fattori di primo o di secondo
ordine, nello specifico:
Attentiva: riflette la scarsa concentrazione, la presenza di pensiero
intrusivo e la tendenza a prendere decisioni in maniera rapida.
Motoria: tendenza allagito, allacting out e alla traduzione immediata
del pensiero in comportamento.
Non pianificata: riflette la tendenza ad agire senza considerare
convenzioni, norme o regole. Inoltre evidenzia una tendenza a
focalizzarsi sul presente in assenza di pensiero sul futuro.
Numerosi studi e revisioni sono stati condotti per testarne la validit e
laffidabilit (Vincenzi et al., 2006; Derefinko et al., 20011; Bellino, 2011),
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45
gli obbiettivi psicometrici principali si concentrano sulla possibilit di definire
un insieme di items in grado di misurare l'impulsivit in maniera indipendente
da fattori limitrofi come l'ansia di tratto e il nevroticismo (Barratt, et al. 1983)
o ancora, definire misurazioni indipendenti dalle dimensioni orientate
all'azione, come sensation-seeking (Fossati, et al. 2001). La scala di
misurazione stata revisionata da Fossati e collaboratori (2001), per
mantenere inalterate le propriet della scala stata prima tradotta dall'inglese
all'italiano da psicologi clinici bilingui e successivamente stata riportata in
lingua originale da un traduttore professionista. L'attendibilit stata testata
su un campione di 763 studenti universitari di Urbino (273 maschi e 490 le
femmine; et media 22.96 anni; DS = 64.11) La consistenza interna, stimata
con l'alpha di Cronbach corrisponde a = .79. La stabilit stata misurata
tramite la procedura test-retest, a due mesi di distanza, tramite il calcolo del
coefficiente r di Spearman e del coefficiente r di Pearson con r = 0.89.
AQ, Buss-Perry Aggression Questionnaire
Aggression Questionnaire AQ (Buus & Perry, 1992) un questionario self-
report su scala Likert. Inizialmente composta da 52 items in grado di misurare
6 dimensioni del comportamento aggressivo: Aggressivit Verbale,
Aggressivit Fisica, Rabbia, Aggressivit indiretta, Risentimento e Sospetto.
-
46
L'analisi fattoriale ha poi permesso di isolare i 4 aspetti che tutt'ora
definiscono lo strumento: Aggressivit fisica, Verbale, Rabbia e Ostilit.
Il soggetto nella compilazione del AQ, deve esprimere il grado di accordo
alle affermazioni secondo una scala Lickert a 5 livelli: 1= non per niente
caratteristico; 2= molto poco caratteristico; 3= poco caratteristico; 4=
alquanto caratteristico; 5= proprio caratteristico. Il punteggio degli item
assegnato in base ad una scala a punti. Punteggi alti esprimono una maggiore
aggressivit.
Le sotto scale sono:
Aggressivit fisica: rappresenta un comportamento messo in atto allo
scopo di ferire o danneggiare qualcuno in modo fisico (es. ho
minacciato persone che conosco, penso non ci siano buone ragioni
per picchiare qualcuno).
Aggressivit verbale: si riferisce al ferire o danneggiare verbalmente
qualcuno e rappresenta, insieme all'Aggressivit fisica, la componente
strumentale del comportamento aggressivo.
Rabbia: rappresenta la componente emozionale e affettiva e comprende
l'attivazione psicologica e la preparazione all'aggressione.
Ostilit: rappresenta la componente cognitiva e comprende i sentimenti
di malanimo e ingiustizia.
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47
I numerosi studi che sono stati condotti per testare la validit e laffidabilit
del test (Smith, et al. 1998; Coccaro, et al. 2003; Gerevich, et al. 2007), n
hanno verificato le buone caratteristiche psicometriche.
Harris (1997) ha analizzato la consistenza interna dello strumento ottenendo
coefficienti alpha di Cronbach superiori a .80 sia per la scala Ostilit che per
la scala Rabbia; coefficenti alpha di .70 per Aggressivit Verbale e di = .75
per Aggressivit Fisica. Lattendibilit test-retest ha mostrato una
correlazione superiore di r= .80 in un intervallo di 9 settimane.
Fossati e collaboratori (2003) hanno tradotto e validato l'AQ in Italia, la
traduzione stata effettuata da due traduttori indipendenti attraverso la back-
translation una procedura che prevede traduzioni dalla lingua originale alla
nuova, in questo caso dallinglese allitaliano.
Lattendibilit stata testata su un campione di 392 soggetti universitari del
campus dell'Universit di Urbino (155 maschi e 237 le femmine; et media
23,41 anni; DS = 2,91) e su un campione di 563 studenti di scuola media
superiore (209 maschi e 354 le femmine; et media 16,37 anni; DS = 1,52).
La consistenza interna, tramite alpha di Cronbach stimata a = .81 per
Aggressivit Fisica, = .53 per Aggressivit Verbale, = .72 per Rabbia = .68
per Ostilit.
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Procedura
Per il reclutamento del campione ci siamo rivolti a comunit terapeutiche e
case di cura nel territorio laziale. Insieme ai questionari stata consegnata una
lettera di presentazione finalizzata ad illustrare gli obiettivi, la metodologia.
Nel presentare la ricerca e nello spiegare la procedura di compilazione si
esortava i soggetti a svolgere il lavoro individualmente.
Analisi statistica
Lelaborazione dei dati stata effettuata con luso del pacchetto statistico
SPSS - versione 22.0 per Windows.
Lanalisi stata effettuata sullintero campione attraverso il calcolo delle
medie, delle deviazioni standard e delle frequenze dei punteggi ottenuti dai
303 soggetti.
Al fine di analizzare una possibile differenza significativa tra le medie dei
maschi e delle femmine stato utilizzato il T-Test. Per analizzare la
correlazione tra le dimensioni di Aggressivit Fisica, Verbale, Ostilit,
Rabbia e Impulsivit Motoria, Non Pianificata e Attentiva, con le scale
dell'Aggressivit (AQ) e dell'Impulsivit (BIS-11), stato utilizzata la
correlazione di Pearson.
-
49
3.5 Risultati
Caratteristiche campione
Al termine della raccolta dei dati relativi alla prima fase della ricerca, il
campione consta di un totale di 309 soggetti, di cui 126 appartenenti al
campione clinico e 183 soggetti appartenenti al gruppo di controllo.
Dati scheda informativa: campione sperimentale e campione di controllo
Al termine della raccolta dei dati relativi alla prima fase della ricerca, il
campione presenta unet media dei soggetti di 45,89 (DS= 13.63 ) per il
campione clinico e di 42,57 (DS= 11.76) anni per il campione di controllo,
attraverso lanalisi con il t-test emergono differenze significative t (301) = -
2.25; (p = .025) tra i gruppi.
Rispetto al sesso il campione distribuito in N= 108 maschi e N= 75 femmine
per il campione di controllo e N= 51 maschi e N= 75 femmine per il
campione clinico. Attraverso l'analisi chi-quadrato di Pearson emergono
differenze significative x = 10.26; (p = .001) tra i gruppi.
-
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Campione Clinico
Distribuzione percentuale della diagnosi psichiatrica nel campione
Analizzando la distribuzione delle diagnosi psichiatriche, secondo la quarta
edizione del DSM, nel campione possibile osservare che: il 24% dei pazienti
ha ricevuto una diagnosi di disturbo Depressivo Maggiore, il 14% una
diagnosi di Disturbo Bipolare I, il 12% una diagnosi di Psicosi in fase
d'esordio, l'8% una diagnosi di Disturbo di Personalit, un altro 8% una
diagnosi da Abuso di Sostanze, il 5% una Doppia diagnosi, il 4% una
diagnosi di Schizofrenia. Per il 24% del campione la diagnosi non era ancora
stata formulata dalla struttura stessa.
24%
7%
12%
14% 5%
8%
4%
26% Depressione Maggiore
Disturbo di Personalit
Esordio Psicotico
Disturbo Bipolare I
Doppia diagnosi
Abuso di sostanze
Schizofrenia
Non formulate
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Distribuzione percentuale del campione rispetto l'uso o meno di sostanze stupefacenti.
Analizzando la distribuzione del campione rispetto all'uso di sostanze
stupefacenti osserviamo invece che: il 53% dei pazienti dichiara di non aver
mai fatto uso di sostanze stupefacenti, il 14% dichiara di averne fatto uso
meno di due volte nell'ultimo anno, il 17% di averne fatto uso meno di sei
volte nell'anno e il 16% pi di sei volte nell'anno.
Distribuzione percentuale degli episodi di violenza
Episodi di violenza Protagonista Segnalato alle
autorit
Mai 60% 86%
Da 1 a 3 episodi 26% 14%
Da 4 a 6 episodi 8% -
Pi di 6 episodi 6% -
-
52
Rispetto agli episodi di violenza, riguardanti ad esempio omicidio, lesioni
personali, violenza privata, percosse, rissa, mutilazioni, violenza o abuso
sessuale, pedofilia o maltrattamenti sia giunti che non giunti all'attenzione
clinica o dell'autorit giudiziaria possiamo osservare che: il 60% dei pazienti
dichiara di non essere mai stato protagonista di episodi di violenza, il 26%
dichiara di esserne stato in un intervallo che va da uno ad almeno tre episodi
di violenza, l'8% in un intervallo da quattro a sei episodi e il 6% dichiara
invece di esserne stato protagonista pi di sei volte nell'arco della sua vita.
Per quanto l'analisi dei dati anagrafici, quali stato civile, figli, titolo di studio
e distribuzione geografica, il campione stato raccolto prevalentemente nella
regione Lazio e raccoglie per il 97% cittadini di nazionalit italiana. Rispetto
alla distribuzione geografica abbia il 92% residente nel centro Italia, il 1% nel
sud Italia, mentre nessun campione stato raccolto nel nord Italia, il restante
7% si riferisce a cittadini stranieri provenienti complessivamente dal
continente europeo.
Campione di controllo
Il campione di controllo composto da 183 soggetti di et media di 42,57,
composto da 108 maschi e 75 femmine. stato raccolto prevalentemente
nella regione Lazio e raccoglie per il 97% cittadini di nazionalit italiana.
-
53
Rispetto alla distribuzione geografica il 98% residente nel centro Italia, il
2% nel sud Italia, mentre nessun campione stato raccolto nel nord Italia. Per
quanto riguarda invece gli episodi di violenza, riguardanti ad esempio
omicidio, lesioni personali, violenza privata, percosse, rissa, mutilazioni,
violenza o abuso sessuale, pedofilia o maltrattamenti; sia giunti che non giunti
all'attenzione clinica o dell'autorit giudiziaria possiamo osservare che: il 92%
dei soggetti dichiara di non essere mai stato protagonista di episodi di
violenza, il 2% dichiara di esserne stato almeno una volta, il 6% invece pi di
una volta. Rispetto alle segnalazione presso l'autorit giudiziaria o clinica il
98% dei soggetti dichiara di non aver mai avuto segnalazioni riguardanti
episodi di violenza, il 2% invece almeno una volta nella vita.
Distribuzione percentuale episodi di violenza
Episodi di violenza Protagonista Segnalato alle autorit
Mai 92% 98%
Almeno una volta 2% 2%
Pi di una volta 6% -
-
54
3.6 Distribuzione delle variabili
Aggressivit
AQ CONTROLLO SPERIMENTALE a
Agg. Fisica 16.5 6.16 19.43 7.18 p.05
Rabbia 15.6 5.37 18.76 5.99 p
-
55
Impulsivit
BISS-11 CONTROLLO SPERIMENTALE a
Attentiva 14.39 3.37 17.32 4.7 p
-
56
BIS-11 stata effettuata tramite l'indice di correlazione di Bravais-Pearson.
CAMPIONE
CONTROLLO
Totale
Impu.
Attentiva Motoria Non
pianificazione
Totale Agg. Correlazione
di Pearson
.390 .398 .396 .165
Sign. (a due
code)
p
-
57
Osservando il campione di controllo: la dimensione di Aggressivit totale
correla positivamente con la dimensione di Impulsivit totale.
Rispetto alle sottoscale dellaggressivit, la dimensione di Aggressivit fisica
correla positivamente con la sottodimensione Attentiva,, Motoria e di Non
pianificazione dellimpulsivit. La dimensione di Aggressivit verbale correla
positivamente con la dimensione Attentiva e Motoria mentre risulta non
correlare con quella di Non pianificazione. La dimensione della Rabbia
correla positivamente con limpulsivit Attentiva, Motoria e Non
pianificazione. Infine la dimensione dellOstilit correla positivamente con la
sola dimensione Attentiva, mentre non risulta correlare n con la dimensione
Motoria n con quella di Non pianificazione.
-
58
CAMPIONE
CLINICO
Totale
Impu.
Attentiva Motoria Non
pianificazione
Totale Agg. Correlazione
di Pearson
.431 .439 .358 .289
Sign. (a due
code)
p
-
59
Osservando il campione clinico: la dimensione di Aggressivit totale correla
positivamente con la dimensione di Impulsivit totale.
Rispetto alle sottodimensioni dellaggressivit, la dimensione di Aggressivit
fisica correla positivamente con la sottodimensione Attentiva, Motoria e di
Non pianificazione dellimpulsivit. La dimensione di Aggressivit verbale
correla positivamente con la dimensione Attentiva e Motoria mentre risulta
non correlare con quella di Non pianificazione. La dimensione della Rabbia
correla positivamente con limpulsivit Attentiva, Motoria e Non
pianificazione. Infine la dimensione dellOstilit correla positivamente sia
con la dimensione Attentiva, che con la dimensione Motoria e Non
pianificazione.
3.8 Discussione
Rispetto alle ipotesi sopra proposte, l'analisi dei dati permette di evidenziare
come il gruppo clinico, formato da pazienti con diagnosi psichiatrica, presenti
punteggi maggiori rispetto al gruppo di controllo in tutte le dimensioni
dell'aggressivit, eccetto nell'Aggressivit Verbale, misurate attraverso
Aggression Questionnaire, coerentemente con i dati anamnestici riguardanti
gli episodi di violenza. Nello specifico il campione sperimentale presenta
-
60
punteggi maggiori nelle dimensioni di Aggressivit fisica, Rabbia e Ostilit,
sottodimensioni nucleari per l'acting violento. importante sottolineare come
i punteggi medi del gruppo clinico risultino pi alti anche con una presenza in
percentuale maggiore di soggetti di sesso femminile, 60% per il gruppo
clinico a confronto con il 41% del gruppo di controllo, come confermato dai
risultati in letteratura (Volavka, 2002) che vedono nel genere femminile
punteggi inferiori rispetto ai maschi nelle dimensioni di aggressivit in
campioni non clinici (Gerevich, et al. 2007). I punteggi uniformemente pi
alti del gruppo clinico, le differenze significative di genere e d'et tra i gruppi,
suggeriscono una buona validit interna dello strumento, in cui tutte le
sottodimensioni del comportamento aggressivo, nello specifico le dimensioni
comportamentali, cognitive ed affettive, sono ugualmente coinvolte nella
disforia del paziente traducendosi parimenti in comportamento aggressivo,
escludendo fattori legati al sesso ed al genere.
Nello stesso modo, rispetto ai punteggi raccolti attraverso Barratt
Impulsiveness Scale, il campione clinico presenta valori pi alti in tutte e tre
le sottoscale dello strumento, rispetto al gruppo di controllo. I risultati
mettono in luce la compresenza, evidenziata con forza nella letteratura
scientifica, di disturbi psichiatrici ed alti punteggi d'impulsivit: in essa
l'impulsivit rappresentata come un costrutto multidimensionale, legato al
funzionamento personologico e cognitivo e non ad una specifica sindrome o
-
61
manifestazione psicopatologica di base (Whiteside, et al. 2001; Moeller, et al.
2001; Madden, et al. 2009).
Rispetto allo studio sulle correlazioni tra i costrutti risulta evidente come le
dimensioni di Aggressivit e Impulsivit siano legate tra loro: i risultati
complessivamente non presentano correlazioni negative tra le sottoscale
facendo emergere elementi sufficienti per la descrizione di un comportamento
impulsivo aggressivo. Nello specifico le sottoscale di Aggressivit verbale e
Aggressivit fisica correlano positivamente e significativamente con le
dimensioni espresse dalla BIS-11, come le componenti cognitive ed affettive
del comportamento aggressivo e violento, sia nel campione clinico che in
quello normativo, ad eccezione delle dimensioni di Aggressivit verbale e
Impulsivit di non pianificazione, sia nel campione clinico che di controllo.
Rispetto alle relazioni tra le sottoscale, la correlazioni pi forte osservabile
tra le dimensioni d'Impulsivit Attentiva e Ostilit coerente con la letteratura
che vede nelle capacit attentive un elemento chiave per la memoria e la
regolazione affettiva (Chan, et al. 2009; Glass, et al., 2009). Nonostante vari
autori (Anderson, et al., 2004; 2002) siano critici rispetto alla stretta
distinzione e categorizzazione dei comportamenti violenti, come nel concetto
di aggressivit premeditata/ostile e strumentale (Bushman, et al. 2001), la
sostanziale coerenza dietro alle correlazioni emerse rafforza empiricamente il
costrutto di impulsivit aggressiva (Barratt, et al. 1991; Garca-Forero, et al.
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62
2009) e fa ben sperare per una sua applicazione puntuale nella clinica dei
disturbi violenti, sia in ambito psichiatrico che forense (Meloy, 2006). Per
quanto riguarda i disturbi psichiatrici non direttamente coinvolti nel
comportamento violento, essenziale sottolineare come l'impulsivit
rappresenti un fattore chiave in una pluralit di disturbi influenzandone
direttamente la risposta ai trattamenti (Moeller, et al. 2001).
Attualmente i criteri diagnostici proposti in ambito psicopatologico e
psichiatrico non favoriscono una diagnosi sufficientemente accurata e
clinicamente utile che permetta di distinguere tra pazienti impulsivi o meno,
questo limite rappresentato anche dalla presenza di tecniche unicamente
self-report per la misurazione dell'impulsivit. Al fine di individuare
trattamenti ed interventi efficaci per il paziente psichiatrico sar utile portare
avanti studi che approfondiscano le correlazioni tra l'impulsivit e le
dimensioni sottese ai disturbi, come ad esempio la regolazione affettiva, gli
indici di somatizzazione o le caratteristiche di personalit. Questo sar
possibile solo coniugando tutti gli approcci che hanno raccolto e raccolgono
tutt'ora importanti risultati nella clinica dell'impulsivit, e ci si riferisce agli
studi comportamentali, biologici, psicofarmacologici, neuroscientifici e
psicologici. Istituire quindi un modello dellimpulsivit che sia neutro,
perch teoricamente laico e aperto ad integrazioni e congiunzione del sapere
clinico.
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63
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