AGAMBEN, Giorgio - Altissima povertà - Regole monastiche e forma di vita

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D ELLO STESSO AUTORE: La potenza del pensiero Saggi e c onferenze Il Regno e a Gloria Per una gen e alogia teologic a dell econ omia e del governo Homo sacer, I I  2 Giorgio gamben ii ltissima poverdt Reg o le m onastiche e forma di vita Homo s ac e IV NE RI POZZA EDITORE

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    D ELLO STESSO AUTORE:La potenza del pensiero

    Saggi e conferenzeIl Regno e a GloriaPer una genealogia teologicadell economia e delgovernoHomo sacer, I I 2

    Giorgio gambenii

    ltissima poverdtRegole monastiche e forma di vita

    Homo sacer IV

    NERI POZZA EDITORE

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    20Il Ned Pozza i t o r ~ VicenzaISBN 978 88 545 0545 2www.neripozza.it

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    Iodice

    PrefazioneI Regola e vitaI Nasci ta della regola2 Regola e Iegge3 Fuga dal mondo e costituzioneoglia

    II Liturgia e regola1 Regula vitae2 Oralita e scrittura3 La regola come testo li turgicooglia

    I I I Forma divitaI La scoperta della vita2 Rinunciarc al dirit to3 Alrissima poverta e usooglia

    Bibliografialndice dei nomi

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    Vitaque mancipio nulli datur, omnibus usu.LucR., nr, 971

    Prefazione

    Oge:etto di questa ricerca e l tentativo - indae:acoTf'l' 'HiiG.t ol T , ~ t i J IU JiAMII / ; ll{f T ~ N T A . I J V J A I I I I f k J

    ~ l , S ~ 2 " ' ~ ~ ~ . I I J - g a r e ~ ~ l . m ~ ' } ~ ~ h J e . , s i m o - gj c o ~ m ~ t f ~ upaforma-di-vita, cioe una vita che si lee:a cos1 strettamente~ t A H .. , , .. L r t : , f ti Arlt A t . / F 4 ~ r/J't tT r J ~ . . - /'l.rtU..t' ( t f l t l.;;if (J 1'1 I " U l valla sua forma, da risultarne inseparabile .c. in ouesta7t> 1FT F ~ I ' f . r t l4 f fw J.f t(H (( 5T Vl .11 lei I N J E J C ' ~ A I J t D t f If tf t /) (If_ , . . . p r o s o e t t i v a c h e Ia ricerca si confronta innanzitutro col

    ft t7(J.t:

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    ste e, insieme, i.lrrecciate, nella__cui recioroca tensione&. T . 0 011Eit lriTEit-fWINt'{J IN 71(M wllftJ/ f1 i ' i i,("-'1 AT6.f r t " {[f i V qualcosa di inaudiro e di nuovo, doe una torma-di-v1ta,.IO/'f(l JI /'1, F/101" ~ . , ., . , .. .. F / 1 ~ [ 1 / { f V t f W f J IA1t l II f M N -U r. - , _&-fsi e osrinatamen te avvicinato alia prooria realizzazionew l lf CII If 0 1;1 N A t i L ~ ( J , t f J J T ( Lt fl TO I /IE f tf.6 /Gfl /l. fA L / l / l f i VNe l'ha, altrettanto osrinatamente, mancata. La grandeAN ' '""'< / u J o f ~ t l / ~ f ' t l l l l l v ~ o o eJ rtJVAT l . , t o t r TN CAf.ft1novita del monachesimo non e a confusione di vita eN& ,., Jv(f{ I f f t / ~ MtJNAITfCI} /'t I N T T/i ( ( ) N f l . l / r / QF L il t" Wo t>Mnorma ne una nuova dedinazione del raooorto di fa tto{/O .V t.E ) IN 11 N E ..., oc . J . tNit TI6N 01 ~ ~ h 4 1 2 7o Ftt t ri /nur.;'-te diritto, bensl l'identificazione di un piano di consi-r lf iG(Jr n-1 IDif'lr/r;"lt/11/IJ,., l r A pi.../\Nt - ' r t oN I 1/7fVl. 1srenza, i ~ n a t o e forse _ancora ogi imoensabile, che L I N r ~ u G ( f . _ 4 M v8 c l lt H TfJ()) r l , vrVIp._IN/ltuhf . r111 r1 smtaQ:mt vtta vel "'; ula, regula et vtta, fOrma vwenai,rJJf. iY t v f ) t'; I'IJ L.IFVI'COflt/JV Ol v(t ll..ut.G lfd. ' I 'E . i i V I N f , t ' ~ / l M rorma vttae ce.c,cano attcosamente 1 nommare, em cur

    r = .-..1 1 LJV[f TbliY.. [1 )0 / ( r t / l ~ I E L Y To NIIMf ' \ N ~ lf'l/ W / lc'f/u .-c; tanto a regola che la vita perdono i loro significa-& o ~ " t ~ , f ~ ~ l l l a r : p ~ r f a ( ~ e ' g ~ 6 i ~ ' d i r ; ~ ; ; f l ~ a d ~ ~ r z 6 : ~ ' h ' ~ ~ ;

    f t6Ni f:Ut d t l)w r (:1\lt t= f f ; N ' Dlfl(fi(JN ot A t ~ t t i > r1114r f F'tratta appunto d.l portare alia luce. p,,,?f ttA e F tJ /'tf l.- tt r t' l.v "F ' t ~ l > / ' f f ' v ' 1o 7ni: liJJ (Nel corso della ricerca, tuttavia, do che eapparsoJ/V r11F CoVftllJ 4F T l ( t f l lt /J {I. UJ t ' lWft '11 [/JAr J/I I IN I/' A ? ~ A i f ifar ostacolo all'emerQ:enza e alla comprensione di que-1 M l t OIIS1tH Hl Tfl 1/tl / t Y . I C I . Alrl f t; TJJC laM I"/IS III:#Jib/V 6F 1/fl./sro terzo non e tanto I insistenza su disoositivi che aiIf JI ./ I f l l ; i d f i i i < H l f L ' . . _ _ . . . _ . _ . .r Dei (1947) po teva infatt i permettere 1 comoren erefq '-17 . ' CAN lrV FII renela e una stermmata letteratura agrogra ca hannouf'.-GN > / I N 11 A6t:o4_ttlll/lr< L I 1 E / I . A I t 1 ~ t:xrE'V f ' EtJ run ,,..,, .ricooerto con la mascnera troppo umana ele ;a zzus e/lt:c JVE/t 1 tl Wt l l( T i le V l ~ Y JV/11'1f'V ,1'4Af / t 4 f.' ,r l _____. . ._del giul are o con quella, non DIU umana, dt un nuovo c ~ " u ?o r. 711._ .f'c'i il .'l Of: , ...,1111 TI /(J.ff , N J r o f l ~ o{VMfVoo'_- , df". Af: l'h.-h,.- / ' fN. lCristo , e, dall altra, un eseges1 _ ttenta DIU a1 attr c eo u111 1 ,. ""' ,t tQ(' T'"' ~ 7 J I L ' ( / li N . "{ x E rr :4 l ( - 1 > ;;;dlt J mfi r saue loro 1mohcazwm teonche ha nnchtuso net con mv r . r t ~ : t /.lkf-t< I ICII L t/"tl' ll ' r l' ' ' vG fiiENi vtvu=o. IN PI U disciplinari elella storia del diritto e della Chtesa. In un~ l i V E I .t ' f IF 1/tJ t0/1.' F /UCNT I' IYI7 o 1fHL

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    IO ALTISSIMA POVERTA

    alia oresa del diritto e un uso dei coroi e del mondo che( f l . ~ t T nE l/1/CE: af 1 1 ( / I . J ~ " T IINIJ W r i f f of f/1 ilovn :f I. ()f 71(E wOf2LDnon si sostanzi mai in un'aporooriazione. Cioe ancora:TIIAI f IIC{ 11 11) ,fV8Jll me flv1 ( (li" /tt'I_Aiflfl i11710f;1. , n/t.,f (J IH11,W ,pensare a vita come c1o 1 cw non s1da rna. propnetaT& i/J f i< 1111 : tiFt' IIJ 1/ /) f OF ~ / i r ; ; ~ tF ftT'-'rn a SOltanto Un USO COll].Ull$>-- fi$flf w ,1 va-l f .{JIJ( ~ t " ' A Ct>Mi

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    r. Nascita della regola

    I Tra il rv e il v secolo dell era cristlana sl asslstealia nasclta di una partlcolare letteratura che, almenaa prima vista non sembra aver precedenti nel mondod assico: le regale monastiche. Linsieme dei testi che latradizione classifica sotto questa rubrica e, almena perquanta concerne Ia forma e la presentazione, cosl eterogeneo, che l ncipit dei manoscritti non pu o che compendiarli so tto i titoli pili diversi: vitae vita vel regula,regula, horoi kata platos, peri tis askeseos ton makarionpateron, instituta coenobiorum, praecepta, praecepta atqueinstituta, statuta patrum ordo monasterii, historiae mo-nachorum, asketikai diataxeis... Ma anche se ci si att ienea una concezione pili srrena del termine, qual equellasott esa al Codex regularum, in cui Benedetto di Anianeall inizio del secolo IX raccoglie circa venticinque regale antiche, la diversita dei testi non porrebbe esserepili grande. E non solo quanta alle d ime nsioni (dallequasi rrecento pagine della Regula magistri ai pochi fo gli della regola di Agostino o della seconda Regola deiPadri, rna quanta alla presentazione (domande e rispo-ste - erotapokriseis - fra monad e maestro in Basilio,collezione imp ersonale d i precetti in Pacomio, processoverbale di una riunione i Padri nella Regola dei quattroPadri e, soprattutto, al contenuto, che varia da questioni riguardan ti l interpretazione delle Scritture o 1 edifi-

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    cazione spirituale dei monad, all enunciazione secca ominuziosa di precetti e divieti. Non si tratta, almena aprima vis ta, di opere giuridiche, sehbene pretendano di11tl f .;OU ;t{regolare, spesso nei minimi dettagli e attraverso preciseOT llsanzioni, la vita di un gruppo di individui; non sononarrazioni storiche, sebbene a volte sembrino semplice-mente ~ r a ~ c r i v e r e il m ~ ~ o di vitae le c / W ~ ~ e l . ~ ~ < J f ~ deimembn di una comunaa; non sono agiografie, sebbene d L ~ I Jst con10n ano a vo lte a tal punta con Ia vita del santo

    o dei Padri fondatori, da prese ntarsi come la sua registrazione in forma di exemplum o forma vitae (in questa senso, Gregorio Nazianzeno poteva affermare che lavita di Antonio scritta da Aranasio era una legislazione nomothesia) della vita monacale in forma narrativaen plasmati diegeseos -GREGORIO DI NAZIANZO p.

    510 . ~ z R . . ~ h ~ l loro scopo ultimo sia senza dubbio Iasalvezza dell anima seconda i precetti del Vangela e Iacelebrazione dell ufficio divino, le regale non appartengono alia letteratura e alla pratica ecdesiastica, da cuiprendono, senza polemica rna fermamente, le distanze. Non sono, infine, hypomneumata o eserdzi di etica,come quelli che Michel Foucault ha analizzato alia finedel mondo antico: e, tuttavia, la lora preoccupazioneYf 7 ( f l . / ' . . l - 1 . . 7 . $ 1 " ' )centrale eproprio quella di governare la vitae i costumidegli uomini, ~ ~ ~ S ~ . . s i ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ n t e c ; ~ e c 9 t ~ ~ ~ ~ Y ~ I ? . e n t eLa presence ricerca intende mostrare come, in que-sri testi, insieme disparati e monotoni, la cui letturarisulta cosi disagevole a l l ~ ~ ~ J . W . m ~ 4 e r n o , si compia, inmisura probabilmente pili decisivi che nei testi giuridici, etid ecclesiastici o storid della stessa epoca, unatrasformazione che investe tanto l diritto che I etica ela politica e implica una riformulazione radicale dellastessa concettualita che articolava fino a quel momentala relazione fra lazione umana e la norma, Ia vita >>

    NASCITA D ELLA REGOLA I 5

    e la regola , senza la quale Ia razionalita. politica edetico-giuridica della modernita non sarebbe pensabile.In questa sensa, i sintagmi vita vel regula, regula et vita,regula vitae non sono una semplice endiadi, rna definiscono, nella presence ricerca, un campo di tensionistoriche ed ermeneutiche, che esige un ripensamento di, D i l ~ t . l ' t i . lentrambi i concerti. Che cos euna regola, se essa sem-bra confondersi senza residui con la vita? E che coseuna vita umana, se essa non puo pili essere distinta dalla regola?

    1.2. La comprensione perfetta di un fenomeno ela sua parodia. Nel 1534, alla fine della Vie tres horrifi-que du grand Gargantua, Rabelais racconta come Gargantua, per ricompensare l monaco con cui ha condiviso le sue poco edifi.canti imprese, faccia costruireper lui unabbazia che sara. chiamata Theleme. Dopaaver descritto nei particolari la struttura architettonicadell edificio en figure exagone, en telle faron que a ha-scun angle estoit bastie unegrosse tour- RABELAIS, p. 41),la disposizione degli alloggi, Ia foggia del vestito deiThelemiti e la lora era, Rabelais spiega comment esto -ient reiglez leur maniere de vivre, in una forma che none, Secondo ogni evidenza, che la parodia di una regolamonastica. Come in ogni parodia, si assiste a uninversione puntuale del cursus monastico, scrupolosamentescandito dal ritmo degli horologia e delle ufficiature, inquella che, almena a prima vista, sembra essere un assoluta mancanza di regale:

    Et parce que es religions de ce monde, tout est compasse, limite et reigle par heures, feut decrete que laneseroit horologe ny quadrant aulcun, mais selon les occasions et opporrunitez seroiem routes les oeuvres dispen-

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    sees; car (disoit Gargantua) Ia plus vraye perte du tempsqu il sceust estoit de compter les heures - quel bien envient-il? - et la plus grande resverie du monde cstoit soygouverner au son d une cloche, et non au dicte de bonsens ct emcndcment ibid , p. 37).Toute leur vie es toit employee non par loix ou reigles,mais selon leur vouloir et franc arbi.tre. Se levoient dulict quand bon leur sembloit, beuvoient , mangeoient,travailloient, dorrnoient quand le dcsir leur vcnoit; nulle esvcilloit, nul nc lcs parforceoit ny aboire ny amanger ny a airc chose aultre qudconque. Ainsi l avoit estably Gargantua. En leur reigle nesto it que ccste clause:PAY CE QUE VOULDR S (ibid., p. 6o).E stato detto che Theleme c Iantimonastero

    (FEHVRE, p. r65); e, tuttavia, a ben guardare, non si tratta scmplicementc di uninversione dell ordine in disordine e della regola in anomia: anche se connatta in unaso la frase, una regola esiste e ha un autore (ainsi l avoitestably Gargantua) e i l fine che essa si propone e, malgrade la puntuale dimiss ione di ogni obbligo e lincondizionata liberdt di ciascuno, perfettamente omogeneoa quello delle regole monastiche: il cenobio (koinosbios, la vita comune), Ia perfezione di una vita in tuttoe per tutto comune (unianimes in domo cum iocunditatehabitare, secondo reci ta una rcgola antica):

    Par ccs te liberte n t n ~ r n t en louable emulation de fairctollS ce que aun seul voyoient plaire. Si quelqu un Ollquelcune disoit: beuvons , tous beuvo ient; si disoit:

    jouons , tous jouoient; si disoit: \( Al lons a esbat cschamps , tous y alloient (RABELAIS, p. 61) .

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    La formulazione abbreviata della regola non e, delresto , un invenzione di Rabelais, ma risale all autore diuna delle prime rega le monastiche, e, cioe, ad Agostino,che, nel commento aHa prima epistola di Giovanni (PL,35, 2033), aveva compendiato il precetto della vita cristiana nella da uso la genuinamente gargantuesca: di ligeet quod vis foe, ama e fa quello che vuoi. Essa corrisponde, inoltre, punrualmente al modo di vita di quei monad che, Secondo una tradizione inaugurata da Cassiano,venivano denominati spregiativamente sarabaiti e lacui sola regola era i l capriccio e il desiderio (pro lege eisest desideriorum voluntas) . La parodia rabelaisiana, inapparenza buffa, e, dunque, cosl seria, che si e potutocomparare 1 episodio di Th eleme alla fondazione francescana di un ordine di nuovo genere (GILSON, pp. 265-266) : Ia vita comune, identificandosi senza residui conIa regola, la abolisce e cancella.

    1.3 Nel 1785, nella sua cella ne lla prigione della Bastiglia, Donatien Alphonse de Sade scrive in soli ventigiorni , riempiendo con una calligrafia microgrammatica un rorolo di carta lungo dodici metri, quello chemo lti considerano il suo capolavoro: Les 12 journees deSodome. La cornice della narrazione e nota: i l 0 novembre di una data imprecisata alia fine del regno di LuigiXIV, quattro po tenti e ricchi scellerati, i l duca di Blangis,il vescovo suo fratello, i l presidente de Curval e il finan-ziere Durcet, si chiudono con quaranradue vittime nelcastella di Silling per celebrarvi unorgia senza limiti e,tuttavia, perfettamente e ossessivamente regolata. An-che qui il modello e inequivocabilmente la regola mo-nastica; rna mentre, in Rabelais, il paradigma eevocatodi rettamence (Theleme eunabbazia) per essere puntualmence negato o rovesciato (niente orologi, niente clivi-

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    sione dei tempi, nessun comportamento obbligato), aSilling, che e un Castello e non un'abbazia, il tempo escandito secondo una meticolosa ritualita che ricordal'indefettibile ordo dell'ufficio monastico. Subito dopoessersi chiusi (anzi murati) nel castello, i quattro amiciscrivono e promulgano i reglements che dovranno governare a oro nuova vita comune. Non sol tanto, come neiconventi, ogni momen o del cenobio e prefissato, iritmi della veglia e del sonno sanciti, pasti e le celebrazioni collettive rigidameme programmati, rna persinoa defeca7.,ionc dei ragazzi e delle ragazze eoggetto di una

    regolazione minuziosa. On se levera tous les )ours adixheures du matin, esordisce a regola, parodiando la scansione delle ore canoniche, aonze heures les amis se ren-dront dans l appartement des jeunejilles . . de deux a roisheures on servira les deux premieres tables. . . en sortant dusouper; on passera dans le salon d assemblee (e la synaxis otollecta o conventus fratrum della terminologia monastica) pour fa celebmtion (lo stesso termine che nelle regaledesigna gli uffici divini) de ce qu on appelle les orgies. ..

    Alia ctio delle sacrc Scritture (o, come nella Regu-la magistri, dello stesso resto della regola) che nei conventi accompagna i pasti e le occupazioni quotidianedei monad, corrisponde qui la narrazione rituale che lequattro historiennes, la Duclos, la Champville, laMarcaine e Ia Desgranges, fanno della loro vita depravata.All'obbedienza senza limiti e fino alia morte dei monadall'abbate e ai p r ~ p o s t (oboedientia praeceptum est re-gulae usque ad mortem - Regula monachorum, PL, 87,III5 a), corrisponde 1 assoluta docilid1 delle vittime aidesided dei padroni fino all 'estremo supplizio (le moindrerire, ou le moindre manque d attention ou respect ou desoumission dans sparties de dibauche sera une des Jautesles plus graves et les plus cruellement punies; nello stesso

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    sensa, le regole monastiche puniscono l riso durantele riunioni: Si vero aliquis depraehensus fuerit in risu . . .iubemus .. omni jlagello humilitatis coherceri- VoGUE r,I , pp . 202-203 . .

    Anche qui, come a lheleme, l'ideale cenobitico e,dunque, parodicamente mantenuto (anzi, esasperato);rna mentre, nell'abbazia, la vita, facendo del piacere lapropria regola, finiva con 1 abolirla, a Silling la Iegge,identificandosi in ogni punta con Ia vita, non puo chedistruggerla. E mentre l cenobio monastico e oncepitoper durare senza limiti, qui, dopo solo cinque mesi,quattro scellerati, che hanno sacrificato Ia vita dei lorooggetti di piacere, abbandonano frettolosamente l castello ormai semivuoto per tornare a Parigi.

    1.4. Che l' ideale monastico, nato come fuga individuate e solitaria dal mondo, abbia dato origine a unmodello di vita comunitaria integrale, puo appariresorprendcnte. Eppure, non appena Pacomio metre risolutamente da parte l modello anacoretico, l terminemonasterium equivale nell'uso a cenobio e l'etimologiache rimanda alia vita solitaria ea tal punto rimossa, che,nella RegoLa del maestro, monasteriale puo essere proposto come traduzione di cenobita, ed eglossato militanssub regula vel abbate (VoGuE. 2, I, p. 328). Gia la regoladi Basilio mette in guardia contro pericoli e l'egoismodella vita solitaria, che contraddice apertamente la Ieg-ge della carira (machomenon toi tes agapes nomoi) (BASI-uo Regulae fusius tractatae, PG, 31, 930). Se separiamola vita aggiunge Basilio non potremo ne gioire conchi eglorificato, ne comparire con chi patisce, poiche dsara impossibile conoscere lo stato del prossimo (ibid.).Nella comunira di vita (en tei tes zoes koinoniai), invece,l dono di ciascuno diventa comune a quelli che vivono

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    insieme con lui sympoliteuomenon) e lattivira energeia)della Spirito santo in ciascuno si comunica a tutti glialtri ibid., 931). Al contrario, chi vive da solo, anchese puo eventualmente avere un carisma, lo rende inutileper v ia dell inoperosita. dia tes argias) ed e come se loseppellisse dentro di se katoryxas en eautoi) ibid.). Se,nella Regola dei quattro Padri, a sconsigliare la solitudinesono invocati all inizio la dcsolazione dell eremo e ilterrore dei moscri , subito dopa l cenobio e fondato,attraverso rimandi scritturali, nella Ietizia e nell unanimi ta della vita comune: volumus ergo fratres unianimesin domo cum iocunditate habitare (VoGUE r, 1, p. r82). Lasospensionc temporanea dalla vi ta comune excommurticatio ibid., p. 202) e a pena per eccellenza, mentrel uscita dal monastero ex communione discedere) equivale, nella Regula Macharii, a scegliere le tenebre infernaliin exteriores ibunt tenebras - ibid , p. 386) . Ancora in

    Teodoro Studica, il cenobio eparagonato a un paradisoparadeisos tes koinobiakes zdes) e l uscira da esso equivale

    al peccaro di Adamo. Figlio mio >> egli ammonisce unmonaco che vuole ritirarsi a vita soli raria, in che modoSatana arcimaligno ri ha scacdaco dal paradiso della vitacomune, proprio come Adamo sedotto dal consiglio delserpente? (Ep. r, PG, 99, 938).Il tema della vita comu ne aveva l suo paradigmanegli Atti, dove Ia vita degli apostoli e di colora che

    perseveravano nel lora insegnamento )) e descritta intermini di unanimit:l e di comunismo: Tutti i credenti erano nella scesso (luogo) e avevano tutte le cos ein comune .. ogni giorno perseverando unanimamen tehomothymadon) nel tempio, spezzavano l pane in casa

    e condividevano l cibo con gioia e semplicica.di cuoreAct., 2 , 44-46); la moltitudine dei credenti aveva un

    solo cuore e una sola anima; nessuno chiamava proprio

    NASCITA DELLA REGOLA 2 I

    cia che aveva, rna tutto era fra lora comune ibid., 4 ,32). E in riferimenro a quesco ideale, che Agostino nellasua regola definisce come prima scopo della vita mona-stica I abitare unanimi nella stessa casa, con una solaanima e un solo cuore in Dio primum propter quodin unum estis congregati, ut unanimes habitetis in domoet sit vobis anima una et cor unum in Deo - AuG., Regu-la ad servos dei, PL, 32, 1377). E Girolamo, che nel 404traduce da una versione greca la regola di Pacomio, inun epistola si riferisce espressamente al termine cop toche, nell originale, definiva coloro che vivono in cornunita: coenobitae, quod illi sauses gentili lingua vocant,nos in commune viventes possumus appellare (Ep. 22,14, PL, 22, 419).

    Almena fino al rinnovamento monastico del secoloXI, che vede riaccendersi con Romualdo e Pier Damiani la tensione fra cenobio e eremo (C ALATI, p. 530),a primato della vita comunitaria su queHa eremitica euna tendenza costanrc, che culmina nella decisione delconcilio di Toledo (646), secondo la quale, con unevidente inversione del processo storico che aveva portatodall anacoresi al convento, nessuno puo essere ammesso alia vita eremitica, se prima non epassato attraversoquella cenobiale. Il progetto cenobitico edefinito allalettera dal koinos bios, dalla vita comune da cui trae lnome, e senza di questa non puo essere in akun modocompreso.

    I :idea di una vita comune sembra avere un ovviosignificato poli tico. Nella Politica Aristotele, che definisce Ia ci tta come una comun ira perfe tta koinonia teleios- 1252b29) e si serve del termine syzen, vivere insieme,per defini re Ia natura politica degli uomini essi desidera-no vivere insieme - 1278 b 22), non parla, pen), mai di un

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    ALTISS IMA POVE RTAkoinos bios. La polis nasce, certo, in vista del vivere tou zeneneka- 1252 b 30), rna la SUa ragion d essere e Vivere bene to eu zen - ibid . Nellintroduzione alle lstituzioni cenobi

    tiche, Cassiana menziona come scapo del suo libra, accantoall emendazionc dei castumi , anche la esposizione dellavita perfetta (CASSIANO r, p. 30). Il monastero, come lapolis,euna camunita che si propane di realizzare la (( perfezionedella v.ita cenob iale perfectionem. .. coenobialis vitae- ibid.,p. 182). Nelle Conlationes, C assiano distingue, pertanto, l.monastero dal cenobio , perche monastero e solo l nomedi un luogo, cioe dellabitacola dei man aci, ment re cenobiasignifica anche la qualidt e la disciplina della stessa professione. Monasteria puo anche significare labitazione di unsolo monaco, cena bio designa soltanto la comunione unitadi molti che vivono insieme plurimorum cohabitantium ..unita communio) (CASSIANO 2, p. 22 ) . Il cenobio non nomi-na soltan to un luogo, rna innanzitutto una forma di vita.

    1. 5. a partire da questa tensione fra privata e comune, fr a eremo e cenobio, che sembra essere stara elaborata Ia curiosa articolazione tripartita o quadripartitadei genera monachorum, che si trova in Girolamo (Ep.22) , in Cassiano (Conlationes, 18 , 4-8) , nella lu nga di-gressione all inizio della Regola del maestro, in Benedetto, e, in forme diverse, in Isidoro, Giovanni C lirnaco,Pier Damiani e Abelardo fino ai testi dei canonisti. IIsensa di questa articolazione, che, dopo aver distinto i

    .cenobiti, in commune viventes, dagli anacoreti, qui solihabitantperdesertum, oppone ad essi, come genere detestabile e immondo , i sarabaiti (e, nella variance qua-dripartita, che diven ta canonica a partire dalla Regola delmaestro e dalla regola benedettina, i girovaghi), si chiarisce, turtavia, solo se si cornprende che in questionenon e tanto lopposizione fra solitudine e vita comune,

    NASCITA D ELLA REG OLA 23

    quanto quella, per cosl dire politica, fra ordine e disordine, governo e anarchia, stabilita e nomadismo. Giain Girolamo e in Cassiano l terzo genere (qualificatodi teterrimum, deterrimum ac infidele) si definisce attraverso l fatto che essi vv no insieme in due o tre, a Ioroarbitrio e comando suo arbitratu ac ditione) e nonsopportano di esserc governati dalla cura e dal poteredell abbate abbatis cura atque imperio gubernari) . PerIoro ribadisce la Regola del maestro, 1 arbitrio de i desideri tiene luogo di Iegge pro lege eis est desideriorumvoluntas-VoGuE 2, 1, p. 330); ess i vivono Senza essere stati messi alia prova da alcuna regola nulltt regu laadprobati - PRicoco, p. 134) .

    In questa luogo comune dellomilet ica monastica >> (PENCO, p. 506) che e a quadripa rtizione del generamonachorum, si tratt a, cioe, di opporre ogni volta unacomunita ben governata allanomia, un paradigma politico positivo a uno negativo. In questa senso, Ia classificazione none affatto , com e stato suggeri to (CAPELLE,p. 309) priva di Iogica; piuttosto, com e evidente nellavariance isidoriana, in cui i generi diventano sei, ognigruppo ha l suo doppio o Ia sua ombra negativa, inmodo che essi si dispongono puntualmente secondoun opposizione binaria tria optima reliqua vero teterrima - IsmoRo , De ecclesiasticis officiis, 2, r6, PL, 83,794-799). In un illustrazione della Regola di Benedetto, conservata nella biblioteca comunale di Mantova, lminiaturista oppone icasticamente i due paradigmi: aicenobiti, esemplificati da quattro monad che preganodevotamente insierne, e agli anacoreti, rappresentati daun austero monaco solitario , corrispondono le imma-gini deteriori dei sarabaiti , che camminano in direzion iopposte voltandosi le spalle, e dei girovaghi , che ingur-gi tano sem.a frtno cibi e hevand e. Una volta lasciata da

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    parte 1 eccezione anacoretica, l problema del monachesimo sara sempre pili quello di costituirsi e di affermarsicome una comunita ordinata eben governata.

    r. 6. L abitazione comune e l fondamenco necessaria del monachesimo. Tuttavia neUe regale pitt an tiche,il termine habitatio sembra indicare non tanto un sem-plice facto, quanta piuttosto una virtu e una condizione spiricuale. Le virtt .t che distinguono i fratelli, cioel abitazione e l obbedienza recita un passo della Rego adei quattro Padri (Pmcoco, p. ro). Nello stesso se nso, ilterminc habitare (frcquentativo di habeo) scmbra des ignare non solo una situazione fattizia, rna un modo divita: la Rego a de maestro puo, cosl, scabilire chc i chierici possono dimorare anche a lungo come ospiti (hosp itessuscipiantur) nel monastero, ma non possono abitarvi (in monasterio habitare), cioe assunlere la condizionemonacale (VoGuE 2, n, pp . 342-346) .

    nel contesto della vita monas tica, che il terminehabitus, che signiflca in origine modo di essere o diag ire e, nella Stoa, diventa sinonimo di vir tu (habitumapp ef amus animi aut corporis constantem et abso utama iqua in re perfectionem -- Crc., lnv. , 25, 36), tende sempre piu a des ignare il modo di vestire. significativoche, quando ques ta accezione concreta del termine comincia ad affermarsi in era postaugustea, non sia sempre facile distinguerla dal senso piu generale, canto piliche 1 habitus era spesso accostato alia veste, che era partein qualche modo necessaria del modo di atteggiarsi .Se, quando leggiamo in Cicerone virginai habitu atquevestitu ( t rr., 2 , 2, 87), Ia distinzione e, insieme, la prossimi ta fra i due concerti sono perfertamence chiare, nonealtrettanto sicuro che, nel passo di Q uintiliano in cuihabitus sembra idencificarsi con veste (7heopompus La-

    NASC ITA DELLA REGOLA 2 5

    cedaemonis, cum p ermutato cum uxore habitu e custodiaut mulier evasit .__ - QUINT., 2 , 17, 20) , il termine nonpossa riferirsi piuttosto all aspetto e allatteggiamentofemminile nel suo complesso.

    Si ap ra ora i primo libro delle Istituz ioni cenobitichedi Cassiano, l cui titolo recita: De habitu monachorum.Si tratta qui, al di la di ogni possibile dubbio, di unadescrizione delle vesti dei monad , che si presenta com eparte in tegrance della regola: Al momenco di parlaredelle istituzioni e delle regole dei monas teri (de institutisac regulis rnonas teriorurn) , quale inizio pili co nvenienceche esordire dallo stesso abito monacale (ex ipso habitumonachorum) ? CASSIANO r, p. 349) . Q ues ta uso deltermine e, pero, reso poss ibile dal fa tto che le ves ti deimonaci, che Cassiano enumera e descrive nei dettagli ,sono state sottoposte a un processo di mora lizzazioneche fa di ciascuna di esse l simbolo o lallegoria di unavirtu e di un modo di vita. Per questo, descrivere Ia veste esreriore (exteriorem orna tum) equivarra a esporre unmodo di essere inceriore (interio re cultum. _. exponere-ibid.). L abito del monaco non concern e, infatt i, Ia curadel corpo, rna e, piuttosto, morum fo rmula, esempiodi un modo di vita (ibid., p. 4 2) . Cosl l piccolo cappuccio (cucu us) che i monaci portano giorno e notre eun ammonimento a conservare in ogni is tante l innocenza e la semplicita dei bambini (ibid.)_ Le manichecorte della lora tunica di lino (colobion) significano larinuncia a ogni at to e a ogni opera mondana (p. 44)(sappiamo da Agos tino che le maniche lunghe - tunicaemanicatae - erano ricercate come segno di eleganza). Lebretelle di lana che, passando sotto le ascelle, mantengono le ves ti aderenti al corpo dei monad , signi ficanoche essi sono pronti a ogni lavoro manuale (inpigri adomnes opus exp icit p. 46). La mancellina (palliolus)

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    o sopraveste (amictus) con cui si coprono il collo e lespalle simboleggia l umilta . basto ne (baculus) ricorda loro che non devono camminare inermi in mezzoalia moltitudine abbaiante dei vizi (p. 48). I sandali(galticae) che mettono ai piedi significano che i piedidellan ima devono essere sempre pron ti alia corsa spirituale (p. 50).

    Questa processo di moralizzazione dellabito raggiunge il suo apice nella cintura di pelle (zona pellicia,cingulus che il monaco deve sempre indossare: essa locosrituisce come soldato di Cristo , pronto a comb atcere in ogni circostanza il demonio (militem Christi inprocinctu semper belli positum), e, nella stesso tempo,lo i.scrive ii1 una gencalogia, gia attestata nella regola diBasilio, che risale, amavcrso gli apostoli e Giovanni ilBattista, fino a Elia e a Eliseo (p. 37) . Di piu: 'habituscinguli (che non puo ovviameme significare

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    gnificativo, se si pensa che do avviene in un momen-ta in cui il clero non si distingue ancora atrraverso ilvestito dagli altri membri della comunita . Possediamouna lettera di Celestino v del 428, in cui il ponteficeammonisce i chierici delle chiese gallo-romane a non inrrodurre distinzioni nel vestiario, in particolare att raver-so Ia cintura ( umbos praecincti, il che puo far pensare aun' influenza monastica che il papa intende contrastare).Non soltanto cio econtrario alla tradizione ecclesiastica(contra ecclesiasticum moremfaciunt), mail papa ricordache i vescovi devono distinguersi dal oro popolo

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    In un altro scorcio, le vesti sacerdotali sono elenca-te, secondo la metafora militare cara ai monad, comeuna panoplia di armi nellalatta contrail male spirituale:

    Primo, il sacerdote indossa i sandali come schinieri per-che nessuna macchia lo comamini. Secondo, copre lcapo con l am ctus a guisa di elmo. Terzo , 1 alba rivesretutto l suo corpo come una corazza. Quarto, Ia cintura(cingulum) gli serve da area e l subcinguium, che col-lega la stola alia cintura da farerra. Quinto, la stola glicirconda il collo quasi scagliando una Iancia contro lnemico. Sesto il manipolo gli serve da clava. Settimo, laplaneta Ia copre come uno scudo, mentre la mano tieneun libro come una spada ibid. , p. 179).Le prescrizioni delle regale sugli habitus monacho-

    rum, ~ e l l lora poverra e sobrieta, sono la staffetta cheannuncia Ia codificazione gloriosa delle vesti liturgiche.Gli uni e le altre sono accomunati dall essere segni e sa-cramento di una realdt spirituale: Il sacerdoteabbia curadi non porrare mai un segno senza significato o una vestesenza virtu, perche non diventi simile a un sepolcro im-biancato di fuori, dentro pieno di ogni sporcizia>>(ibid.).

    1.8. Siamo abiruati ad associare la scansione cro-nometrica del tempo umano alia modernita e alla divi-sione del lavoro nelle fabbriche. Foucault ha mostratoche, alle soglie della rivoluzione industriale, i dispositividisciplinari (le scuole, le caserme, i collegi, le prime ma-nufacture reali) gia a partire dalla fine del secolo XVIIavevano cominciato a dividere la durata in segmenri,successivi o paralleli, per ottenere poi, attraverso la com-binazione delle singole serie cronologiche, un risu1tarocomple8sivo piu efficace. Benche Foucault menzioni l

    NASCIT A DELLA R EGO LA 3 1

    precedente convenruale, di rado e tato notato, tuttavia,che, qu asi quindici secoli prima il monachesimo avevarealizzato nei suoi cenobi, a fini esclusivamente morali ereligiosi, una scansione temporale dell esistenza dei mo-nad, il cui rigo re non soltanto non aveva precedenti netmondo dassico, rna, nella sua in transigente assolutezza,non e tato forse uguagliato in alcuna istituzione dellamodernita, nemmeno dalla fabbrica taylorista.

    Hor ologium e l nome che, nella tradizione orienta-le, designa significativamente illibro che con tiene lor-dine degli uffici canonid secondo le ore del giorno e del-la notre. Nella sua forma originaria, esso risale all ascesimonastica palestinese e siriaca frail vn e l'vm secolo. Gliuffici della preghiera e della salmodia vi sono ordinaticome un orologio , che segna l ritmo della preghie-ra dell alba (orthros), del mattino (prima, terza, sesta enona), del vespro ( ychnikon) e della mezzanotte (che, incerte occasioni, durava tutta la notte: pannychi . Que-sta attenzione a scandi re la vita secondo le ore.a costi -tuire 1 es istenza del monaco come un horologium vitae,e anto piu sorprendente, se si considera non soltanto laprimitivita degli strumenti di cui essi disponevano , rnaanche il carattere approssimativo e variabile della stessadivisione delle ore. Il giorno e la notte erano divisi indodici parti (horae), dal tramonto del sole all alba. Leore non avevano , pertanto, come oggi, una durata fissadi sessanta minuti, rna, tranne agli equinozi variavanosecondo le stagioni, e quelle diurne erano piu lunghe inestate (nel solstizio raggiungevano gli ottanta minuti) epiu corte in inverno. La giornata di preghiera e di lavo-ro era, dunque, in estate, l doppio di quella invernale.lnoltre, gli orologi solari , che sono in quest'epoca la re-gola, funzionano solo durante l giorno e con cielo sere-no, per l resto del tempo l quadran te e cieco . Tanto

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    piu l monaco dovra attenersi indefettibilmente all'esecuzione del suo officio: Quando il tempo enuvolososi legge nella Regola del maestro e l sole nasconde almondo i suoi raggi, tanto nel monastero, che in viaggioo nei campi, i fratelli stimeranno il rrascorrere del tempocalcolando mentalmente le ore perpensatione horarum)e quale sia l'ora, compiranno illoro ufficio consueto, eanche se sia in ritardo o in anticipo di un ora I opera diDio opus Dei) non sara trascurata, dal momenta che,per l'assenza del sole, l'orologio e ieco VoGUE 2, II, p.266). Cassiodoro (vi sec.) informa i suoi monaci di averfatto istallare ncl cenobio un orologio ad acqua, in mododa poter calcolarc lc ore anche durante la notte: Nonabbiamo tollerato che voi ignoriate del tutto la misurazione delle ore horttrum modulos), cos utile al genercumano. Per questa, oltre all'orologio che funziona conla luce dd sole, nc abbiamo voluto un altro idraulicoaquatile) , che misura Ia quandta delle ore tanto di gior

    no che di notre De institutione divinarum litterarum,PL, 70, n46 a-b). E quattro secoli piu tardi, Pier Da-miani invita i monaci a trasformarsi in orologi viventi,misurando le ore colla durata delle loro salmodie: IImonaco, se vuole calcolare le ore q uo tidiane , si abitu i amisurarle col suo can to, in modo che qu ando le nuvole coprono l cielo, si costituisca u na specie d i orologioquoddam horologium) con la d urata regolare delle sue

    salmo die De perftctione monachorum, P L, 145 315 c-d).In ogni caso, alia scansione del ritmo delle ore

    provvedo no, so tto la responsabilita dell abb ate, degliappos iti incaricati significatores horarum, li ch iama PierDami ani ; C ass iano e la Regola del maestro semplicem en-te conpu lsores e excitantes), Ia cui importanza non puoessere sopravvalu tata: II segnaore deve sapere che nessuna d iment icanza nel mo nasterio epiu grave della su a.

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    Se egli anticipa o ritarda 1 ora di una riunione, tutta lasuccessione delle ore e urbata>> ibid.).

    I due monad che , nella Regola del maestro, hannail compito di svegliare i fratelli (e, innanzitutto, l ab-bate, tirandolo leggermente per i piedi, mox pulsantespedes- VoGuE 2, II, p. 172) svolgono una funzione coslessenziale, che, per onorarli, la regola li chiama vigigalli )), galli sempre desti (cos grande e presso l Signorela ricompensa di coloro che desrano i monaci all'operadivina, che Ia regola per onorarli l chiama vigigallos>>- ibid., p. 170). Essi dovevano disporre di orologi ingrado di segnare le ore anche in assenza del sole, p ercheIa regola ci in forma che era Ioro cura guardare I orologiohorolegium, secondo l ctimologia medievale, quod ibi

    horas legamus) di notte non meno che di giorno in nocteet in die - ibid.).1.9. Quali che fossero gli strumenti per misurare

    le ore, e cerro che tuna Ia vita del monaco emodellarasecondo un 'implacabile e incessante articolazione tem-porale. Assumendo Ia direzione del monastero costantinopolitano dello Stoudion, Teodoro Srudita descrivecon queste p arole l'inizio della giornata conventuale:

    Trascorsa la seconda custodi a della none o do po 1 orase3 ta al m omento in cui sta per corninciare la settima,squilla l segnale dell'o rologio ad acqua piptei tou ydrolo-giou to syssemon) e a questa suono il risvegliante afipni-stes si alza e percorre le celle co n la lucerna, destando ifratelli alla dossologia mattutina. Istantanearnente r intoccan o i legni su e giu e mentre al segnale tutti i fratellisi riuniscon o nel n artece e pregano in silenzio, il sacerdo te con in mano il tu ribolo incensa l sacro bema ..Descriptio constitutionis monasterii Studi, PG, 99, 1703) .

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    11 cenobio e, in questa sensa, innanzitutto unascansione oraria in tegrale dell'esis tenza, in cui a ognimomenta corrisponde l suo ufficio, cosl di preghierae di lettura che di lavoro manuale. Cerro, gia Ia Chiesa primitiva aveva elaborato una liturgia delle ore e, incondnuita con Ia tradizione della sinagoga, Ia Didacheprescriveva ai fedeli di riunirsi per Ia preghiera tre voiceal giorno. La Tradizione apostolica, attribuita a Ippolito(m sec.), svolge e articola questa consuetudine legandole ore della preghiera agli episodi della vita di Cristo.Alla preghiera della terza ora( a quest'ora Cristo tatovi.sto appeso alia croce- IPPOLITO, p. 90), della sestac della nona () che egli dedica alia p reghiera, in cui Ia continuid.dell 'orazione definisce Ia stessa condizione monacale:Tutto il fine del monaco e Ia perfezione del suo cuoreconsiste nella continua e ininterrotta perseveranza nellapreghiera iugem atque indisruptam orationisperseveran-tia) (CASSIANO 2, p. 40), e Ia ((sublime disciplina delcenobio e quella che < ci insegna a aderire a Dio senzainterruzione Deo iugiter inhaerere) ibid, p. 83). Nella Regola del maestro, I'arte santa >) che il monaco apprende deve essere esercitata notte e giorno incessantemente die noctuque incessanter adinpleta - VoGOE2, I, p. 372) .

    Non si potrebbe dire in modo pili chiaro che l'ideale monacale equello di una mobilitazione imegrale dell ' esistenza attraverso l tempo. Mentre la lirurgiaecclesiastica divide la celebrazione dell'ufficio dal lavoro e dal riposo, la regola monastica, com'e evidencenel passo citato delle lstituzioni di Cassiano, considera1 opera delle mani come parte indiscernibile dell'opusDei. Gia Basilio interpreta la frase dell' apostolo (sia

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    che beviare, sia che mangiate, qualunque cosa facciate, farelo per la gloria di Dio - Cor., 10, 31) comeimplicame una spiri tualizzazione di tutta l attivita delmonaco. No n sohanto, in questo modo , tu tta la vitadel cenobio si presenta come l esecuzione di un operadivina , rna Basilio ha cura di moltiplicare gli esempitratti da avoro manuale: come il fabbro, mentre barreil metallo, ha in mente Ia volonta del commirrente, cosiil monaco esegue con cura ogni sua azione, piccola ogrande pasan energeian kai mikran ?ai meizona) , perche e consapevole in ogni istame di fare la voloma diDio Regulae fosius tractatae, PG, 31, 921-923) . Anche nelpasso della Regola del maestro in cui gli uffici divini sonochiaramente distimi dai lavori manuali (opera corporalis- VoGU 2, II , p. 224), questi ultimi devono, pero, cssereeseguiti con la stessa atrenzione con cui si eseguono iprimi: mcntre il fratello esegue un lavoro manuale, devefissa re I attenzione nellopera e occupare la mente dumoculis in laboris opere figit, inde sensum occupat- ibid.,p. 222); non sorprende, quindi, che gli exercitia actuum,che si alternano con l ufficio divino, siano definiti pocopiu sotto un opera spirituale spiritale opus - p. 224) .La spiritualizzazione dell opera delle mani che in questomodo si realizza puo essere vista come un precursoresignificativo di quell ascesi prorestante del lavoro, dicui il capitalismo, secondo Max Weber, rappresenta lasecolarizzazione. E se Ia liturgia cristiana, che culminanella creazione dellan no liturgico e del cursus horarum,e stata efficacemente definita una santificazione deltempo >>, in cu i ogni giorno e ogni ora viene costituitacome un memoriale delle opere di Dio e dei misteddi Crisco RIGHETTI , p. 1), il progetto cenobitico puoessere invece pili precisamente definito come una santificazione della v t ~ attraverso il temp o.

    NAS CITA DELL A REGOLA 3 7

    La continuita della scansione temporale, imeriorizzata nella forma di una perpensatio horarum, di un articolazione mentale dello scorrere delle ore, divema quil elemem o che permette di agire sulla vita dei singolie della comunira con un efficacia incomparabilmentemaggiore di quella che poteva raggiungere la cura di sedegli stoici e degli epicurei. E se noi siamo oggi perfettamente abituati ad articolare Ia nostra esistenza secondotempi e orari e a considerate anche la nostra vita interiore come un decorso temporale lineare omogeneo enon com e un alternarsi di un ita discrete ed eterogeneeda misurare secondo criteri etici e riti di passaggio, nondobbiamo tuttavia dimenticare che enel lo horofogiumvitae cenobitico che temp o e vita sono stati per Ia primavolta intimamente sovrapposti fino quas i a coincidere.

    1.10. Nella letteratura monastica, il termine tecnico per questa mescolanza e quasi ibridazione fra lavoromanuale e preghiera, fra vitae tempo, emeditatio. Baehrha dimostrato che questo termine non significa medirazione nel senso moderno, bensl designa in origine la recirazione a memoria (solitaria o comune) delle Scritture, in quanto distinta dalla let tura lectio) . Nella vi ra diPacomio, l abbate Palamon, a cui il futuro fondatore delcenobio si e rivolto per essere in iziato al monachesimo,menziona, come dovere fondamemale accam o al digiuno, la meditazione costante: Io trascorro meta dellanotte in preghiera e in meditazione della parola di DioBACHT, p. 250). Ne lle regale del successo re di Pacomio,

    Ho rsiesius, Ia medltazione e definita come una riccaprovvista di tes ti memorizzati ibid., p. 249) e, se nonsi emedirato suffidentemente durante la norte, si prescrive Ia meditazione di almeno died Salmi ibid.) .E noto come a partite dal IV secolo si diffonda la

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    pratica della lettura silenziosa, che Agos tino osserva constupore nel suo maestro Ambrogio. Mentre leggevascrive Agostino Conf, 6, 31 Nella stesso sensa, leregole di Horsiesius precisano che quando il monacolascia a collecta, deve meditare mentre cammina finoalla sua abitazione, anche se sta facendo qualcosa che riguarda il convento > e aggiunge che solo in questa modoverranno osservati precetti vi ali>> ibid., p. 249).

    La perpensatio horarum e la meditatio sono i duedispositivi attraverso i quali, ben prima della scopertakantiana, il tempo ediventato di fatto la forma del senso interno: alia minuziosa regolazione cronologica diogni atto esteriore corrisponde un altrettanto puntigliosa scansione temporale del discorso interiore.

    I I L espressione precetti vi ali , che si trova perla prima volta nella traduzione di Girolamo della regola

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    di Pacomio haec sunt praecepta vitalia nobis a maioribus tradita - ibid , p. 83), acquista l suo sensa pregnante solo se si comprende che essa si riferisce alla regolain quanta , attraverso Ia pratica della medi tazione, deUascansione temporale e della preghiera incessante, puocoincidere npn con I osservanza di singoli precetti, rnacon l intera vita del monaco (in questa senso, essa sioppone tacitamente ai praecepta legalia del giudaismo) .La meditazione, che puo accompagnarsi a qualsiasi attivita, e in questo senso, anche il dispositive che permetre la realizzazione della pretesa totalitaria dell istituzione monacale.

    Decisive e pero, che, in questa modo, Ia regola en-tri in una zona di indecidibilita rispetto alia vita. Unanorma che non si riferisce a singoli ani ed eventi, rnaall intera esistenza di un individuo, alia sua forma vivendi, non epiu facilmente riconoscibile come diritto,cosl come una vita che si istituisce nella sua imegralita nella forma di una regola non epiu veramente vita.Circa otto secoli dopo, Stefano di Tournay puo cosl riprendere e in qualche modo parafrasare la formula pacomiana praecepta vitalia scrivendo che, dal momentache l libretto libellus) che contiene le costituzionidei Granmontani non echiamato da essi regola, rnavita non regula appellatur ab eis sed vita), essi dovrebbero allora, per differenziarsi da colora che, in quantaosservano la regola, si dicono regolari , essere chiamatipiuttosto vitali vitales) (Ep. 71, PL, 2n 368). Come ipreceni, non piu separabili dalla vita del monaco, cessano di essere legali >, cosl i monad stessi non sarannopiu regolari , rna vi tali .

    Nella Scala claustra/is di Bernardo, la scala attraversola quale i monad sono sollevati dalla terra in cielo compor-

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    ta quattro gradini: la lertura lectio), che appres ta alia bocca quasi un solido cibo Ia meditazione, che lo mastica erompe>> masticatetfrangit) , Ia preghiera oratio), che senteil sapore>>, Ia contemplazione, che e Ia stessa dolcezza cheristora c rende gioiosi (PL, r84, 475).

    Gunter Bader ha mostrato come, agli inizi del monachesimo, la letcura si presenta come il rimedio per ecceJlenzacontro il terribile male che affiigge monad e anacoreti: 'acedia. Con una curiosa circolarita, questa sana di carastrofeantropologica che minaccia a ogni istante gli homines religiosisi presenta, tuttavia, anchc come cio che rende impossibile Ialcttura. Sc il monaco accidioso recita il De octo spiritibusmalitiae di san Nilo (cap. xrv) Iegge, s' interrompe inquietoe, un minuro dopo, scivola nd sonno; si sfrcga Ia faccia con lemani, distcndc le di ta c, tolti gli occhi dallibro, va avanti perqualche riga, ribalbettando la fine di ogni parola che Iegge; e,in tanto, si riempie Ia testa con calcoli oziosi, con ta il numcrodelle paginc c i fogli dci quaderni; e gli vengono in odio lelerrere c Ie belle miniature che ha davanti agli occhi finche, daultimo, richiude illibro e lo usa come un cuscino per la suatesta, cadendo in un sonno breve c profondo ..

    Nell 'ancddoto di Antonio rifcrito da Evagrio, il superamento dell'acedia si presenta come uno stadio in cui Ia natura stessa si prescnta come un libra e la vita del monacocome una condizione di assoluta e ininterrotta leggibilita:" Un saggio si reco a visitare il giusto An ton io e gli disse: "Padre, come puoi fare a meno del conforto dei libri ? "II miolibra" rispose Antonio "e Ia natura delle case generate ed essoedisponibile ogni volta che voglio leggere le parole di Oio" ,(BADER, pp. 14-15). a vita perfetta coincide con Ia leggibil.iradel mondo, il peccato con l'impossibilita di leggere (col suodiventare illeggibile).

    2. Regola e Iegge

    2 .1. Tanto piu urgente e, a questo punto, porre ilproblema della natura giuridica o meno delle regolemonas tiche. Gia i giuristi e i canonisti, che pure sembrano tener como neUe loro raccolte dei precetti dellavita monastica, si erano chiesti, in certi casi, se il dirittopotesse essere applicato a un fenomeno cosl particolare.Cosl, nel suo Liber minoriticarum, Bartolo, a proposirodei francescani, nello stesso gesro in cui riconosce chei sacri canones si erano occupati di essi circa eos multasenserunt, ma I edizione veneziana del 1575 ha sanxerunt,sancito, leg iferato , afferma senza rise rve che coslgrandee la novita della loro vita cuius vitae tanta est no-vitas), che il corpus iuris civilisnon sembra poters i applicare ad essa quod de ea in corpore iuris civilis non reperi-tur authoritas) (BARTOLo , p. r o v). Nello stesso senso,la Summa aurea di Hostiensis evoca la difficolra per ildiritto a includere nel proprio ambito di applicazionelo status vitae dei monad non p osset defocili status vitaeipsorum a iure comprehendi). Anche se le ragioni del disagio sono diverse nei due casi - per Bartolo, il rifiutofrancescano di ogni diritto di propriera, per Hostiensis,la molreplicira e Ia varieta delle regale diversas habentistitutiones) - l'imbarazzo dei giuristi tradisce una difficolra che concerne Ia peculiarira della vita monasricanella sua vocazione a confondersi con la regola.

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    Yan Thomas ha mosrrato che, nella tradizione deldiritto romano, Ia norma giuridica non si riferisce maiimmediatamente alla vita come realdt biograficaplessiva, rna sempre alla personalita. giuridica comecentro d imputazione astratto di singoli at ti o eventi. e l l e i [la personali ta giuridica] sert a masquer i n d ividualite concrete derriere une identite abstraite, deuxmodalites du sujet dont les temps ne peuvent pas seconfondre, puisque la premiere est biographique et laseconde est statutaire (THOMAS, p. 136). La f i o r i t u ~ra delle regale monastiche a partire dal v secolo, conIa oro minuziosa regolamentazione di tutti i dettaglidell'esistenza, che rende a una indecidibilita di regulaevita, costituisce, secondo Thomas, un fenomeno s o s t a nzialmente estraneo alia tradizione giuridica romana e aldiritto tout court:

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    la benedettina gli sia proibito di partecipare al pastocomune a mensaeparticipationepriv tur) . .. all oratorionon intoni con gli altri ne un salmo ne unantifona enon reciti la lettura fino all espiazione. Prenda l cibo dasolo, dopo l pasco dei fratelli. .. fino a quando ottenga lperdono con unadeguata penitenza (PRICOCO , p. 188 .A colpe piu gravi, corrisp.ondera I esclusione da ognicontatto con i fratelli , che ignoreranno Ia sua presenza:

    Nessuno lo benedica ne sia benedetto l cibo che gliviene data .. Se un fratello osera avere con tatti o parlarecon un fratdlo scomunicato o inviargli un messaggioscnza l autorizzazionc dellabbatc subisca la stessa scomunica ibid, p. 191. Nel caso di recidiva, si procedera allapplicazione di pene corporali e, nel caso estremo,all cspulsionc dal monastero: Sc i fi-atelli scomunicatisi mostrano orgoglios i e, perseverando nella superbiadel cuore, non vorranno dare soddisfazione all abbate,al tcrzo giorno, allora nona, saranno imprigionati e frusrari fino al sangue c, sc I abhate lo giudichcra. opportu-ne , saranno espulsi dal monastero (Vo E2 , 11, p. 47).ln alcuni monasteri, sembra essere perfino previsto unlocale adibito a prigione career), in cui venivano isolaticoloro che erano incorsi neUe colpe piu gravi: II monaco che molesta i bambini o gli adolescenti recita laregola di Fruttuoso, cosrretto con catene di ferro, sarapunito per sei mesi nel carcere carcerali sex mensibusangustia maceretur) )) (OHM, p. 149).

    E, tuttavia, non soltanto la pena non eprova sufficiente del carattere giuridico di un precetto, rna le regolestesse, in unepoca in cui le pene avevano un carattere essenzialmente affiittivo, sembrano suggerire che lapunizione dei m onad ha un significato essenzialmentemorale ed emendativo, paragonabile alla terapia prescritta da un medico. Al momenta di stabilire la pena

    della scomunica, la regola di san Benedetto precisa coslche 1 abbate deve avere una cura particolare dei fratelliscomunicati:

    I.:abbate si prenda cura con ogni sollecitudine dei fratel li colpevoli, perchc non sono i sani ad aver bisogno delmedico, rna gli ammalati. E percio deve servirsi di ognimezzo come il medico sapience e inviargli dei s e n p ~smi, cioe dei fratelli anziani e saggi che quasi di nascostoconsolino il fratello esitante, lo incit ino a espiare conumild c lo consolino perche non sia sommerso da unatristezza eccessiva (PRicoc o , p. 193 .A questa metafora medica, fa riscontro in Basilio

    l iscrizione dell obbligo dellobbcdienza non nell brizzonte di un sistema legale, ma in quello piu neutraledelle regole di unars o di una tecnica. A colui checede all esercizio delle arti si lcgge nel capitola 41 della sua regola, dedicato all autorita e all obbedienza)>,non si deve permettere che apprenda quella che vuolesecondo il suo arbi trio , rna guella per cui estato giudicato piu adatto; l monaco che ha negato se sresso e sie spogliato di ogni sua volonta non fa quel che vuole,ma quello che g li si insegna a fa re .. Co lui che esercitaunar te con l app rovazione della comunita non deve abbandonarla, poiche eprova d incostanza e debolezza diproposito non tener con to dei compiti presenti; se nonI esercita, non scelga da se, rna accetti quella che e tatadecisa dagli anziani, in modo da osservare in ogni cosal obbedienza R gul fosius tractatae, P G, 31, 10 22 .

    Nella R gola del m stro , quella che in Bas ilio eraunanalogia ri ferita soprattutto al lavoro manuale deimonad diventa la metafora che definisce tu tta la vitae la disciplina mo nas tica, concepita sorp rendentemen-

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    te come 1 apprendimento e 1 esercizio di un ars sancta.Dopa aver elencato tutti i preceni spirituaJi che l'abbate deve insegnare, Ia regola conclude: Questa e1artesanta che dobbiamo mettere in opera con gli strumentispirituali ecce haec est ars sancta, quam ferramentis de-bemus spiritalibus operari) (VoGUE 2, 1, p. 372). TuttaIa terminologia della regola e n ques ta registro t e c n i c ~che ricorda il vocabolario delle scuole e delle bottegheta rdoantiche e medievali. II monastero edefinito officinadivinae artis: ll mo nastcro c ['officina, in cui gli stru-menti del cuore disposti nella clausura del corpo possono compiere l opera dell 'ane divin a ibid., p. 380).L'abbate c artifex di un'arte, l cui ministero ecom-piuto non per se stcssi, rna per il Signore (p. 362). Lostesso termine magister, chc designa colui che parla neltesta, va vcrisim ilmenre ri ferito al magistero di unars.Non si porrebbe dire piu chiarameme che i precerti chel monaco deve osservare assomigliano piuttosro aile re

    gole di un'arte che a un dispos it ivo legale.Jl paradigma dell'ar.r ha esercitato un ' influenza non tra

    scurabile sui modo in cui i monaci conccpiscono no n soltant o lc rcgolc, ass im ilate aile regale di unars, ma anche laoro stessa attivita. Cassiano, nelle Conlationes, pa ragonacosl la professione della vita monastica allapp rendimcnto diun'arte: Chiunque voglia conseguire perizia in un 'arte egliscrive a proposito di coloro che vogliono abbracciare Ia vitamonastica, Se non si dedica con ogn i cura e vigilanza allostudio de lla d isciplina che desidera conoscere e non osserva iprecetti e le regale dei maestr i perfetti di quell'attivim, invano cerchera di uguagliare coloro Ia cui cura e industria rifiutadi emulare (CASSIANO 2, p. 12) .

    Abbiamo mostrato altrove che una analoga comparazione con il madello de lle an i (tanto con le artes in effictu,

    che si realizzana in un'opera, che con le artes actuosae, comela danza e l teatro, che hanno in se stesse il laro fine) e tataimportante in reologia p er determinare lo statuto dell'azianeliturgica (cfr. AGAMBEN I , II, 8).

    In questa senso, l monastcro e orse l primo luogo incui la vita sressa - e non saltanto le tecniche ascetiche che Iaformano e regolan esta ta p resentata come una rce . Que-sta analogia non deve essere in tesa, tuttavia, nel sensa di unaestetizzazione de ll'es istcnza, qu anto pi uttosta in quello, chesembra avere in men te Michel Foucault negli ul timi scrit ti,di una definizione della propria vita in relazione a una pratica incessante.

    2.3. Il carattere del tutto part icolare dei prece tt imonasrici e della lora trasgressione emerge con fo rza inun aneddoto della vi ta di Pacomio, conten uto nel -ticanus Graecus 209I. Vogi.ie, che ha attirato l'attenzionesu ques ta testa, lo fa risalire a una versione piu anricadella biografia di Pacomio, testimonianza dei primordi del cenobio orientale. l:aneddoto riferisce che, nelcorso di un litigio, un fratello ha colpito un altro, cheha r isposto alla violenza con un colpo uguale. Pacomioconvoca i du e mo nad alia presenza di tutta Ia comunitae, dopa ave rli inte rrogati e ottenuro la oro confess ione,scaccia colui che aveva colpito per primo e scomunicaI' altro per una settimana. Ment re il pr ima fratello veniva ~ o n o t t o fuori dal monastero recita I aneddoto unvecchio venerabile di ottant'anni, di no me Gnositheo,che, conformemente al suo nome, possedeva Ia scienzadi Dio, si fece avan ti e grido ai fratelli: "A.nch' io sonoun peccarore e me ne vado con lui. Se qualcuno e enzapeccato, resti pure qui". Tutti i fratelli, unanimi, segui

    . rono il vecchio dicendo: "Anche no i siamo peccarori eandiamo con lui". Vedendoli uscire, l beato Pacomio

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    corse davanti a loro, si getto a terra con il viso contrail suolo, si cosparse il capo di polvere e chiese perdonoa tutti. Dopo il ritorno di tutti i fratelli, compreso ilcolpevolc, Pacomio, rientrato in se, pensa: Se gli assassini, gli adulteri e colora che si sono resi colpevoli di unpeccato si rifugiano nel monastero per trovarvi salvezza attraverso la penitenza, chi sono io, per scacciare unfratello? (VoGuE 3, pp . 93-94). E non solranto un episodio analogo eamibuiro negli Apophthegmata patrumallabbate Bcssarionc PG, 65, I4I b), rna ancora la Regoladi lsidoro (cap. xv) ribadi.sce che il monaco delinquentenon devc essere espulso dal monastero, perche coluiche poteva emendarsi attravcrso unassidua penitenza,una volta scacciato, non sia divorato dal demonio .

    Canalogia, a prima vista plausibile, fra il giudiziodell abbate e un proccsso penalc perde qui ogni credibHica.

    2-4- Al problema della natura giurid.ica delle regolcmonastiche ha dedicato una monografia Candido Mazon. La conclusione a cui egli giunge dopo un ampiaJisamina del testo delle rcgole, tanto orientali che occidentali, eche esse non erano vere leggi o precetti nelsenso stretto del termine e che, tuttavia, nemmeno fossero riducibili a mcri consigli, che lasciavano ai monadliberta di seguirli o meno MAZON , p. r7r) . Si trattava,secondo Mazon, di normc di carattere eminentementedirettivo , il cui scopo non era tanto di imporre degliobblighi, quanta di dichiarare e mostrare ai monacigli impegni che ess i avevano contratto, dato il genere divira che avevano professato ibid.).

    La soluzione e cosl poco soddisfacenre che I au ore, non riuscendo a prendere partito fra coloro che sostengono la natura giuridica delle regale e coloro che

    le riducono a semplici consigH, finisce col considerarlecome una sorta di ibrido, qualcosa che va al di la di unconsiglio, rna non giunge a essere legge in sensa proprio)) ibid., p. 312).

    Affermando questa tesi certamente non perspicua,l autore non fa che cercare una soluzione di compromesso a una questione che aveva diviso la scolastica frail XII e il XVI secolo. Non e qui il luogo di ricostruirela storia di questa dibattito, che coinvolge, fra gli altri,personalita come Bernardo di Chiaravalle, Umberto deRomanis, Enrico di Gand, Tommaso d Aquino e Suarez,e in cui e n gioco il problema del caranere obbHgatoriodelle regole. Ci soffermeremo su tre momemi, in cui ilproblema emerge alia luce secondo tre diverse modalitae trova ogni volta una soluzione che ne mette a fuoco unaspetto significativo.

    prima momenta e l commenro di Umberto deRomanis alia regola agostiniana, e, in particolare, aliafrase haec igitur sunt quae ut observetis praecipimus inmonasterio onst tu t , con cui Agostino introduce le sueprescrizioni. Il problema, che Umberto espone all inizio nella forma tradizionale di una quaestio, e se tuttocio che e contenuto nella regola sia n praecepto > (sia,doe, obbligatorio - ROMANIS , P ro). problema edoe, quello della relazione fra regula e p r e eptum. Sequesta relazione e pensata come coincidenza, alloratutto cio che e nella regola e precetto: e Ia posizionedi coloro che, nelle parole di Um bert a , ritengono che,nella fras e di Agostino, il pronome dimostrativo haec

    indica tutto cio che enella regola )) demonstrat omniaquae sunt in regula - ibid.). A questa tesi rigorista- chetrovera il suo campione in Enrico d.i Gand ,_ Umbertocontrappone Ja posizione di coloro che sostengono Janon coincidenza di regola e precetto , o nel sensa che

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    I obbligatorieta si riferisce all osservanza della regola ingenerale e non ai singoli precetti observantia regulae estin praecepto, sed non singuia quae continentur in regula)ovvero - e questa e a tesi che egli professa- che l intenzione del santo fos se di obbligare a J'osservanza di queitre precetti essenziali che sono l obbedienza, Ia castita el umilra e non a tutto io che riguarda Ia perfezione delmonaco. Come, infatti, nel Vangelo si deve distinguerefra prescrizioni che hanno sia Ia forma che l intenzione del precetto modum et intentionem praecepti), comeil comandamemo dell amore rcciproco, altrc che sonoprecctti nell intenzione, rna non nella forma (come ilprecetto d i non rubare), e altn\ infine, chc sono talineiJa furrna, rna non nell intenzione, cosl di devc pensare che un uomo saggio come Agostin.o 1 il preceno, dando in questa modo occasionedi dannazionc a coloro che crano venuti alta regola pertrovare la salvezza (p. 13) . ln un altro tesro, Umberto siriferisce ai tre prececti obbligarori (obbcdicnza, castita,umilta) come ai tria substantialia e in questa formulazione abbrcviata Ia sua tesi si impose aHa maggioranzadei teologi e dei canonisti. Ncl suo commento allibroterzo delle Dccretali, Hostiensis la enuncia in questomodo: La rcgola enel prccctro, ma io che dice sull osservanza della regola, deve essere inteso come riferitoindistimamente ai tre sostanziali. Tutre le altre cose chesono con enure nella regola non riteniamo che siano nelprecetto, altrimenti a stento un monaco su quattro porrebbe sa lvarsi (MAZON, p. 198) .

    2.5. Un alrro modo di porre il problema dell obbligatoriedt della regola non riguarda la relazione fra regola e precetto , rna la natu ra stessa dell obbligo, che puo

    essere d culpam, nel senso che Ia rrasgressione produceun peccaco mortale, o sol anto dpoenam, nel senso chela trasgressione implica una pena, rna non un peccatomortale. E n questa contesto che il problema assume laforma tecnica del carattere giuridico o meno (piu esattamente: legale) delle regole.

    Il prima a formulare tematicamente il problemadell esistenza di leggi puramente penali e Enrico diGand. E lo fa nella forma canonica di una quaestio chechiede se si possano trasgredire precetti penali senzacommettere un peccato, purche si sconti la pena stabilita per Ia loro rrasgressione ibid., p. 247). L esempioevocato equello d i una regola monastica, che proibisca di parlare dopo la compieta. La formulazione deldivieto puo avvenire in due modi: o stabilendo primail divieto legale nulius loquatur post Completorium), facendolo poi seguire da una sanzione penale si aliquispost Completorium loquatur, dic tseptem Psalmos poe-nitentiales); oppure formulando insieme losservanzae la pena quicumque loquatur post Completorium di-cet septem Psalmos poenitentiales). E solo nel secondocaso, e qualora si accerti che l intenzione dellegislatorenon era di escludere ogni possibilita di trasgressione,rna solo di fa r sl che la trasgressione non si producasenza un motivo ragionevole, che si puo parlare di unatrasgressione senza colpa e, conseguentemente, di unaIegge meramente penale.Esignificative che soltanto nella scolastica piu tar-da, a partire dal secolo XVI, il problema, appena evocato in Enrico di Gand, si trasformi nel problema dellana tura legale delle regole religiose. II campo si divideraallora fra colora che, come Pedro de Arag6n, affermanoche, dal momenta che una Iegge deve obbligare tanto dculpam che d poenam, le regole dei rel igiosi non sono

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    vere leggi, rna piuttosto ammonizioni o consigli proprieloquendo non sunt leges sed potius quaedam decreta hominum prudentum, habentia vim magis consilii quam legisibid., p. 269) e coloro che, come Suarez, sostengono

    che, poiche le leggi possono obbligare anche soltantoalia pena, le regale non sono consigli, rna vcre e proprieleggi item qui sunt actus iurisdictionis et superioris im-ponenti necessitatem aliquam sic operandi, ergo exceduntm.tionem consilii - p. 282).

    2.6. II problema del rapporto fra regale e dirittoecomplicaco da l fatto chc, a partite da un certo me mento, la professione di vita monastica si associa aliapromcssa di un voto. ll voto e un istituto, che, comeil giuramenro, appartiene verisimilmente a quella sferapitl arcaica, in cui c mpossibile distinguere fra diritto ereligione, che Gerner chiamava impropriamente prediritto ' I suoi caratteri essenziali i sono noti attraversole tcstimonianzc romanc, nel cui contesto esso apparecome una forma di consacrazione agli dei sacratio), ilcu i prototipo e nella devotio attraverso cui il consoleDecio Mure alia vigilia della banaglia decisiva consacrala sua vita agl.i dei infernali per ottenere Ia vittoria. Og-getto della consacrazione puo anche essere una vittimasacrificale, che vicnc immolata a condizione di ottenerel'esaudimenco di un desiderio.

    II voro - scrive Benveniste - nella religione romana eoggetto di una stretta regolamenrazione. Occorre innanzituno Ia nuncupatio, la pronuncia solenne dei voti,affinche la devozione sia accettata dai rappresentantidello Stato e della religione nelle forme solenni. Occorrepoi formulare il voto, votum concipere, conformandosia un certo modello. Questa formula, di competenza del

    sacerdote, deve essere ripetura esattamente dal votante.I.:autoridt puo a questa punto accertare il voto, sanzionandolo con l' autorizzazione ufficiale: votum suscipere.Una volta accettato il voto, veniva il momento in cuil'interessato, in cambio di cia che chiedeva, doveva eseguire la sua promessa: votum solvere. Infi.ne, come inogni operazione del genere, erano previste sanzioni nelcaso in cui l'impegno non fosse mantenuto: colui chenon aveva compiuto Ia promessa era voti reus perseguito come tale e condannato: voti damnatus (BENVE-NISTE, p. 237) .Piu esattamente, colui che pronuncia il veto, piu

    che essere obb ligato o condannato all 'esecuzione, diventa, almena nel caso estremo della devotio del console,un homo sacer la cui vita, in quanta appartiene agli deiinferi, non epili veramente tale, rna dimora nella sogliafra la vitae la morte e puo, percio, essere impunementeuccisa da chiunque.

    Inmilmente si cercherebbero un simile formalismoe una simile radicalira nelle rega le m onastiche dei primi secoli. La monografia che Catherine Capelle ha dedicate al voto nel 1959 mostra che proprio su l sensa, lanatura e la stessa esistenza di un voto monastico regna,tanto nelle fonti piu antiche che negli autori moderni,la piu grande confusione. lnnanzitutto terminologica,sia per la molteplicita dei vocaboli {professio, votum,propositum, sacramentum, homologia, syntheke) che perl' incostanza del oro significate, che varia da condot-ta a dichiarazione solenne , da preghiera e giuramento a dcsiderio CAPELLE, pp. 26-32). Ne Basilio, ne Pacomio, ne Agostino sembrano voler legare Iacondizione monastica a un atto formale di carattere inqualche modo giuridico. Homologia significa; in Basi-

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    lio, ora la proclamazione di fede, ora una sorta di prom essa, un impegno o l adesione a un modo di vita . . Vie impegno, certo, rna ind irettamente e soltanto perchevi e consacrazione. Siamo qui sui piano cultuale, nonsu quello morale e ancor meno su quello giuridico ibid, pp. 43-44). Quanta all'obbedienza, Ia sua fun

    zione e innanzitutto ascetica; si tratta di riprodurre ilmodello che fu Cristo .. essa no n e ne l'oggetto di unim pegno religioso, ne la conseguenza di una situazionegiuridica determinata (p. 47). Analogamente in Pacomio, anche se Ia necessita dell'obbedienza all' abbate

    enfarizzata, essa resta una virtu fra le altre. Sembrache in questione sia qui solo I aspetto ascetico dell'ob bedienza, e non una forma giuridica conseguente ai legame del voco. Se Ia tradu zione latina pare suggerire, senon in Pacomio almeno nei suoi successori, 1 esisrenzadi una professione .. il contesto mo stra bene che nonsi tratta di un impegno giuridico, rna semplicementedella risoluzione di servire O io attraverso la perfezionedel proprio agire1> (p. 35) .

    La lettura dei capitoli 1-10 dellibro rv delle Istituzioni di Cassiano, dedicati all'ammissione del postulante nel monastero, mostra che anche qui non vi e tracciadi vori o di impegni giuridici. Colui che chiede di essereammesso nel monastero e ottoposto per dieci giorni aumiliazioni e insulti per mettere alia prova Ia seriera. eIa costanza del suo proposito: Gettatosi in ginocchiodavanti a tutti i fratelli che passano, eda tutti espressamente respinto e disprezzato, come se non volesse en trare nel monastero per religione, rna per qualche necessica.pratica (CASSIANO I , p. 124). Una volta che avra sopportato con pazienza e umilta queste prove, panicolareattenzione e pasta sulla deposizione delle vecchie vescie sull'assunzione dell'abito monacale; rna an che questa

    non basta ad ammetterlo a pieno titolo tra i fratelli e perun intero anno deve dimorare presso 1 en trata del mo nastero sotto la guida di un anziano. eammissione allacondizione di monaco dipende dalla tenacia del novizioe dalla sua capacita di osservare la regula oboedientiaeibid. , p. 132), e non dalla pronuncia di un voto. voti

    non esistono in Cassiano , perche egli trasmette allOccidente il monachesimo egiziano, che li ignora: nessunimpegno puc obbligare per tutta Ia vita, ne Iegare a undeterminate monastero (CAl ELLE, p. 54).

    Quanta ad Agostino, nessuno dei tre testi che citramandano Ia sua regola (s iano essi o meno opera sua)f la minima allusione a qualcosa come una cerimoniad ' iniziazione o Ia pronuncia di un voro.

    2.7. Si suole affermare che Ia situazione comincia acambiare con la Regola del maestro e con Ia regola benedettina, che sembrano supporre una vera e propria promessa giuridica da parte del novizio. Si legga, tuttavia,il capito la 88 della Regola del maestro, che porta il ti tolosignificativo Quomodo debeat frater novus in monasteriosuum firmare introitum. Dopo un per iodo di prova didue mesi, alia fine del quale il futuro monaco promettegenericamente fermezza nell'osservanza della regala chegli e tata etta piu volte rep romissa lectae regulaefirmitate - VOGUE 2, n, p. 370), si svolge fra l'abbate e il novizio una sorta di dialogo cerimoniale, che e il novizio,tirandolo umilmente per un capo della veste humiliteradpraehenso eius vestimento), a sollecitare con questa formula singolare: Ho qualcosa da portare a conoscenzaest quod suggeram) innanzitutto a Dio e a questa santo

    oratorio, e poi ate e alia comunith ibid. , p. 372). -chiesto di dire di che si tratta, il novizio dichiara: Voglio sei:vire Dio attraverso la disciplina della regola che

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    mi esrata lerra nel tuo monastero volo Deo servire perdisciplinam regulae mihi lectae in monasterio tuo) . Equesto che ti piace? chiede l abbate. voglio ser2 ire Dio .. ) econ ogni evidenza unagenerica professione ascetica e non un impegno legale.Un vero e proprio atto giuridico avviene subito dopo,ed e a donazione irrevocabile (o, piuttosto, la sua conferma, perche la donazione aveva gia avuto luogo, almomento della richiesta di ammissione) dei beni delnovizio al monastero; rna, nella tradizione monastica,questa donazione e costantemente in terpretata comela prova della serieta del proposito ascetico del futuromonaco.

    Diversa sembra essere la situazione nella regola benedettina. Qui non soltanto il periodo di prova si l l ~ n

    ga fino a died mesi, scandito da riperute letture della regola, che eormai soltamo un documento scritto, rna, almomento della professione, il novizio promette davanti a tutti e davanti a Dio e ai suoi santi stabilita, forma divitae obbedienza coram omnibuspromittat de stabilitatesua et conversatione morum suorum et oboedientiam co-ram deo et sanctis eius) PRrcoco, p. 242). La promessaeulteriormente rafforzata dalla stesura di un documento detto petitio (autografo, se sa scrivere, rna comunqueda lui sottoscritto), che il novizio colloca sull altare dequa promissione fociat petitionem ad nomen sanctorum ...quam petitionem manu sua scribat. . . et manu sua earnsuper a/tare ponat ibid., p. 244).

    Secondo alcuni studiosi, la professione benedettinadeve essere interpretata come un vera e proprio contratto, modellato sul paradigma della stipulatio romanaZEIGER, p. r68). E poiche la stipulatio, come contratto

    orale, si svolgeva attraverso un formulario di domande e risposte (del tipo: Spondesne? Spondeo), gli stessistudiosi hanno privilegiato quei documenti (come unmanoscritto di AJbi del IX secolo) in cui la promessa delnovizio ha appunto la forma di un dialogo ( Promittisde stabilitate tua et conversatione morum tuorum et obo -edientia coram Deo et sanctis eius? Juxta Dei auditiumet meam intelligentiam et possibilitatem promitto ibid.,p. 169). Documenti pili antichi mostrano, ruttavia, chela forma piu comune della professione era quella di unadichiarazione unilaterale, e non di un contratto. La sees-sa petitio si presenta, nei documenti superstiti, comeuna semplice conferma roboratio) della promessa, il cuicontenuto non concerne, come in una stipulatio, degliatti spedfici, rna Ia stessa forma di vita del monaco.formulario di una petitio monachorum di Flavigny (secc.vn-vm) recita infatt i:

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    Domino venerabili in Christo patre illo abate de m onasterio illo . . . Petivimus ergo beatitudinem caritatis, utnos in ordine congregacionis vestrae digni sitis recipere,ur ibidem diebus vitae nostrae sub regula beati Benedicti vivcre et conversare deberemus .. Habrenunciamusergo omnes voluntates nostrae pravas, ut dei sola voluntas fiat in nobis, et omnis rebus quae possidemus, sicutevangclica et regularis tradicio edocit .. oboedientiamvobis, in quantum vires nostrae subpetunt et Dominusadderit nob is adiutorium, conservare promittimus ...Manu nostrac subscripcionis ad honorem Domni et patronis nostri sancti hanc pericioncm volumus roborare(CAPELLE, P 23)).II monaco non si obbliga qui tanto a dei singoli

    atti, quanto piuttosto a fr vivere in se Ia di Oio;inolcre, lobbedienza epromessa nella misura delle proprie forzc c sotto condizione dell aiuto di Dio.

    commento d i Smaragdo alia regola benedectina(sec. rx) suggcrisce forse in questa prospettiva le considerazioni piu istruttive. Non solranco esso ci trasmette iltesro d i una petitio che sembra mancare di ogni carattere giuridico, rna conciene una definizione della proftssioche la situa nel suo contesto proprio: Ista ergo regu arisproftssio, si usque ad ca cem vitae in monasterio operibusimpeatur, recte servitium sanctus vacatur, quia per istamsanctus effectus monachus, sancto Domino sociatur PL,102, 796). Il termine servitium, esatcamence come offi-cium, indica Ia vitae l artivi ta p ropria del monaco o delsacerdote, in quanta si modella sulla vitae sui servizioprestato da Cristo come sommo sacerdote e eitourgosdel santuario e del vero tabernacolo (Heb., 8, 2). Siesprime qui con chiarezza quella cendenza a considerarela vita del ffi:Onaco come un ufficio e una liturgia inin-

    terrotta, che abbiamo gia menzionato e su cui avremooccasione di cornare.

    Come si deve intendere la petitio menzionata nella regola benedettina? Nel diritto romano si parla di petitio nelprocesso (actio de iure petendi) e per la candidatura a unacarica pubblica {petitio facta pro candidato). Nel diritto religioso, essa indicava una richiesta rivolta agli dei in forma dipreghiera. Quest ultimo significaro, in cui si potrebbe scorge re un precursore del voto, ecomune negli autori cristianidei primi secoli (cosl in Tertulliano, Orat., I , 6: oration s ojfi-cia vel venerationem Dei aut hominum petitionem). Possediamo pero dei documenti (come il formulario sopracitato diFlavigny) che mostrano inequivocabilmente che il senso deltermine nella pratica monastica benedettina non ene quellodel diritco romano ne queUo di voto, rna era inteso come unasemplice conferma scritta della richiesta di ammissione aliavita monastica.

    2.8. Nel corso del tempo, e, in particolare, a partiredall eta carolingia, Ia regola benedettina, sosrenura daivescovi e dalla curia romana, si impone progressivamente nei cenobi, fino a divem are fra il IX e lx1 secolo Ia regola per eccellenza che i nuovi ordini devono adottare oal cu i modello devono conformare Ia propria organizzazione. Eprobabile, in questo sensa, che proprio la giuridizzazione tendenziale della professione monas tica chevediamo affacciarsi nella regola abbia contribuito al suoprimato e all a sua diffusione in unepoca in cui la Ch ie-sa (e, con essa, l imperatore) cercava di stabilire un discretO, rna fermo comrollo sulle comunita monastiche.Una serie di decreti del serenissimus et christianissimusimperator, che culminano nell editto Capitula canonumet regula dell 8o2, prescrive cosl la regola benedettina, di

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    cui vengono espressamenre ricordati i capicoli sullo bbedienza e sulla profess ione, a tut ti i monad .

    Nelleta che segue la regola benedet tina e fino aliaformazione de lle prime raccolte di canoni, tanto l termine votum che l verbo voveo (o devoveo - se deo vovere, voventes) appaiono con frequenza crescenre nellefonti. E, tuttavia, anche questa volta un a vera e propriateoria del voco monas tico, come sara sviluppata nellascolastica da To mm aso a Suarez, sembra mancare neicanonisti.

    Apriamo illibro vu del Decreta di lvo di C hart res,il cu i tema si cnu ncia D e monachorum et monacharumsingularitate et quiete et de revocatione et p oenitentia eorum qui continentitle propositum tramgrediuntur, o la sezione De vita clericorum dei Panormia dcllo stesso aurore. Benche il testo consista essenzialmente in un collageeterogeneo di passi di Agostino, Ambrogio, Girolamo eda esrratti dai canoni condliari o dalle lettere dei pontefici o da costituzioni imperiali , l approccio del problema ha essemialmente la forma di un a cas istica. Unservo non puo diventare monaco all insaputa del suopadrone praeter scientiam domini sui - Decretum, cap.43, P L, 161, 555); conseguentemente, il periodo di provaprima dellaccettazione del novizio evis o nella prospettiva dellaccertamento della sua condizione g iuridica diuomo Iibera o servo, in modo da permettere al padronedi recuperare enrro ere anni l servo fuggitivo ibid, cap.153, 582). Se le ragazze che hanno .1.tto l voro d i castit non costrette dai parenri successivamenre si sposano,sono colpevoli anche se non sono state ancora consacrate (cap. 20 549); Ie vergini che si sposano dope la consacrazione sono impure incestae- Panormia, ibid., II75);se un monaco do po la professione lascia l mon astero,i suoi beni restano pro prieta del monas tero; infatti, il

    propositum del m on aco , liberamente assumo, non puoessere abbandonato senza peccato (n73).

    Lo stesso vale per G raziano. Se un bam bino ha ricevu to Ia tonsura e l abito senza l suo consenso, la suaprofessione puo non essere definitiva, e, eventualmente, puo essere annullata (qu. 2-3); se l monaco vuolepronunciare un voro, deve essere autor izzato dall abbate(qu. 4). La questione se i voventes possano contrarre matrimonio riceve, nello sresso senso, una mpia trattazione. In ques tione, ogni volta, sono le puntuali imp licazioni giur i.diche de lla p rofessione, non un a teoria dellaprofessione in quan to normativam ente costitutiva dellavita monastica come tale.

    2.9. Le considerazioni fin qui svelte dovrebberorendere evidente in che senso sia quas i impossibile porreil problema della natura giuridica o non-giuridica delleregale monastiche senza cadere in anacronismi. Ancheammesso che qualcosa come il nostro termine giuridico sia sempre esistito il che equanto meno d ub bio),e erro, in ogni caso, che esso significa una cosa nel diritto romano, un altra nei primi secoli della cristiani ta,unalt ra ancora a partire dallera carolingia e una ltra,infine, nell eta moderna, quando lo Stato comi ncia adassum ere il mo nopolio del d iritto. Inolt re, i dibat titi cheabb iamo analizzato sui caratt ere legale o consiliaredelle regale, che sembrano avvicinarsi allenunciato delnosrro problema, diventano intellegibili solo se no n sidimemica che ess i si sovrappongono l problema teologico della relazione fra le due diathekai, la Iegge mosaicae l N uevo Testamento.

    In questa senso, il prob lema cessa di essere anacronistico solo se lo si restituisce al suo contesto teologicoproprio, che equello del rapporto fra evangelium e lex

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    (cioe, innanzitutto , la Iegge ebraica). La teoria di questarap porto e stata elaborata neUe lertere paoline e culminanell'enunciazione che Cristo, i messia, e tefos nomou,fine e compimento della Iegge Rom., ro, 4). Anche se,nella stessa lettera, questa tesi messianica radicale - el opposizione che essa implica fra pistis e nomos ecomplicata fino a dar vita a una serie di aporie (come in 3,31: Rendiamo dunque inoperanre Ia Iegge attraverso lafede? Non sial Anzi, la confermiamo >> , e certo, pero,chela vita del cristiano non epili sotto la legge e nonpuo essere in nessun caso concepita in termini giuridici.n Cristiano, come Paolo, e morto alia Iegge)) nomoipeth non Gal., 2, 19) e vive nella liberra della spirito;

    e anche quando l'Evangelo sara conrrapposto alia leggemosaica come una lcgge della fede Rom., 3, 27), o,piu rardi, come una nova lex alia vetus, res ta che ne lasua forma ne il suo contenuto sono omogenei a quellidel nomos. La differenza fra Ia Iegge e i Vangelo siIegge Nel Liber diffirentiarum di Isidore (cap. XXXI) equesta: nella Iegge vi e a Jenera, nel Vangelo Ia grazia ..la prima estata data per la trasgressione, la seconda perIa giustificazione; la legge mostra il peccato a colui chenon lo conosceva, Ia grazia aiura a evirarlo ... nella Ieggevengono osservati i comandamenti, nella pienezza delVangelo si consumano le promesse >>.

    in questo conresto teologico che si devono situare le regale monastiche. Basilio e Pacomio, a cuisi devono per cosi dire gli archetipi delle regale, sonoperfettamenre consapevoH dell' irriducibilidt della formadi vita cristiana alia Iegge. Basilio, nel suo trattato sulbattesimo, ribadisce esplicitamente il principia paolinosecondo cui il cristiano muore alla Iegge apothanein toinomoi) e, come abbiamo vista, i Praecepta atque iudiciadi Pacomio si aprona con 1 affermazione che 1amore e

    il compimento della legge plenitudo legis caritas) . La regola, il cui modello e l Vangelo, non puo quindi avereIa forma della Iegge ed eprobabile che la scelta stessadeltermine regula implicasse una contrapposizione alia sfera del comandamento legale. n questa sensa che unpasso di Tertulliano sembra opporre il termine regola alla forma della Iegge mosaica: > De pudicitia, xu . La nova lexnon puo avere la forma della legge, rna, come regula siavvicina alla stessa forma della vita, che guida e orien taregula dicta quod recte ducit, recita una etimologia di

    Isidore- VI, r6).Il problema della natura giuridica delle regale mo

    nasriche trova qui tanto il suo contesto specifico che isuoi limiti propri. Certamente la Chiesa andra progressivamenre costruendo un sistema di norme che culminera. nel xn secolo nel sistema del diritto canonico, cheGraziano compendia nel suo Decretum; rna, se la vitadel cristiano puo incontrare senza dubbio pumualmente la sfera del diritto, e altrettanto certo che la stessaforma vivendi cristiana - che e quanta la regola ha invista- non puo esaurirsi nell'osservanza di un precetto,non puo avere natura legale.

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    3 Fuga dal mondo e costituzione

    3.1 Vie tuttavia, un aspetto delle regale secondo ilquale possono essere considerate come atti giuridici, rnaesso non riguarda il diritto civile n quello penale, benslil diritto pubblico. possibile, cioe, guardare alle regale come atri costituenti, che portano aJia formazione diquclle comunita politiche : anche se in un senso particolare - che sono indubb iamente i ce nobi e i convenri.Alia base di ques ta natura giuspubblicistica delle regalesta b domina, elaborata da Fi lone c raccolta e sviluppata da Ambrogio, della foga saeculi come processo percos) dire costituente della comunita dei credenti.

    Sia il De jitga et inventione di Filone. Qui innanzitutto . la fuga di Giacobbe e motivata dal fatto cheLabano ha abbandonato ogni sollecitudine per la Iegge, in modo che le potenze ascetiche che spingonoGiacobbe a fuggire agiscono per rivendicare un eredidtche e tata loro colta ingiustarnenre. E i luoghi di rifugio o di esilio phygadeuteria; phyge, in greco, significainnanzitutto esilio