3-2S13 Il Rachide Dorsale

19
Il Rachide Dorsale © Centro Studi di Osteopatia Tradizionale

description

rachide dorsale

Transcript of 3-2S13 Il Rachide Dorsale

Page 1: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale

Page 2: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 2

IL RACHIDE DORSALE Quando si osserva il rachide posteriormente si possono constatare che le vertebre cervicali avranno il loro corpo che via via va aumentando di volume dall’alto verso il basso, fino a livello di D1, questo perché le vertebre dovranno sostenere il peso della testa. Si nota inoltre che a partire da D1 il corpo vertebrale può anche diminuire, la pressione della forza gravitaria infatti è ripresa dalle coste che si agganciano ai corpi e alle transverse vertebrali. Il volume delle vertebre diminuirà sull’unità D4/D5 e vedremo come questa zona sarà considerata una zona pivot, o zona perno per le vertebre dorsali, esprimendo l’equilibrio del triangolo superiore costituito dalla testa fino a D4-D5. Da D4 in poi anche il volume delle vertebre aumenta, fino al sacro che è considerato l’ammortizzatore più grande della colonna. Sempre con la stessa logica notiamo che le transverse saranno più ampie in D1 e molto piccole in D12, perché devono in alto aiutare a stabilizzare l’ampio movimento della cervicale, creare un punto di appoggio posteriore per il diaframma superiore, mentre inferiormente la minore presenza si sposa con una maggiore mobilità (articolazione D11/D12 e cerniera D12/L1). Possiamo dire che da un punto di vista frontale esistono due triangoli, le cui basi sono opposte, mentre i vertici si congiungono in D4-D5. Se facciamo uno studio parallelo vediamo che da un punto di vista dinamico, queste zone verranno circondate da tutta un serie di muscoli, i muscoli splenici che costituiscono i bordi dei triangoli (muscoli splenici del colonna, testa) si tratta di grandi muscoli, come delle grandi docce, situati ai due lati dei triangoli, nella parte inferiore altri muscoli equilibrieranno il triangolo e sono gli Psoas, i Quadrati dei Lombi e gli Ileo Costali. Possiamo dire che l’organizzazione della colonna sul piano frontale è costituita da due triangoli avvolti da muscoli molto potenti, e l’esistere di questi dà una certa stabilità dell’insieme del rachide su questo stesso piano. Dunque affinchè ci sia un disequilibrio importante, che sia fonte di una lesione, si dovrebbero creare due condizioni: un grande squilibrio per quanto riguarda le tensioni muscolari, oppure un grande spostamento del centro di gravità. Ad esempio una grande diseguaglianza dell’arto inferiore sul piano frontale, oppure un grande deficit neurologico o traumatico. La seconda cosa che bisogna osservare è la segmentazione del rachide, che è formato da vertebre che hanno una certa mobilità, e se esaminiamo da un punto di vista anatomico la colonna, vedremo che il rachide sarà diverso a seconda ciò che

Page 3: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 3

circonda. A livello cervicale ad esempio si esaltano gli elementi muscolari che danno stabilità/mobilità a questo tratto, immaginate l’azione degli scaleni, degli splenici; a livello lombare l’elemento che caratterizza questa zona sono i muscoli che circondano la colonna vedi Psoas, Quadrato dei Lombi ecc. ecc.. Sul tratto dorsale invece l’organizzazione delle coste, creerà un rapporto più stretto tra i legamenti e le vertebre, e allo stesso modo questo avverrà anche a livello del bacino. Infatti la struttura sacro iliaca sarà equilibrata piuttosto da elementi legamentosi che da elementi muscolari, e dunque bisognerà tener conto di queste particolarietà per quanto riguarderà le correzioni da effettuare. Tutto ciò fa pensare che le zone circondate soprattutto da muscoli faranno ricorrere a tecniche che fanno uso dell’energia muscolare, come le tecniche di Mitchell, oppure per le tecniche di trust ad alta velocità perché hanno un influenza muscolare di origine riflessa. Invece a livello dorsale e pelvico, stabile sul piano frontale, c’è la possibiltà di una transmissione delle costrizioni ed anche una transmissione di mobilità a causa dell’elemento segmentario della colonna. Quindi il rachide è una successione di 4 zone muscolari e legamentose, e che queste strutture richiedono degli aggiustamenti particolari e che per tutte le zone non sono necessarie od opportune le stesse tecniche. Inoltre si è detto che vi sono 2 triangoli che si incontreranno in D4-D5 e di conseguenza tutti gli squilibri dei triangoli daranno problemi in questa zona, è questo il motivo per cui a questo livello si trovano molte lesioni di restrizione e che di conseguenza non è bene manipolare sempre questa zona se non si sono prima riequilibrati i due lati dei triangoli, perché altrimenti ci sarà una reciditività della lesione. Se osserviamo il rachide su un piano orizzontale, si può osservare la localizzazione delle linee di gravità, che varierà a seconda del piano di riferimento, in effetti sarà vicinissima alle vertebre a livello cervicale, e a livello lombare occuperà la metà della sezione e quindi passa piuttosto in avanti, mentre nel tratto toracico la vertebra occupa la 4a parte, ciò fa si che la linea di gravità si allontana dalla parte centrale cioè dal corpo vertebrale. L’apparire di questo braccio di leva della linea di gravità è uno degli elementi che può causare uno squilibrio del treppiedi vertebrale, perché aumenterà in maniera considerevole le costrizioni della colonna, affinchè il treppiedi vertebrale rimanga stabile deve esserci equilibrio fra il movimento gravitazionale che tende a far bascullare in avanti la vertebra, ed il momento muscolare che tende a stabilizzare la vertebra, e dunque su questo piano antero-posteriore si potrà manifestare uno squilibrio.

Page 4: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 4

Ora se immaginiamo che per un motivo qualsiasi abbiamo un po’ di forza in meno, i muscoli erettori del rachide saranno deboli, poiché il braccio di leva qui è molto corto si crea una situazione destabilizzante. Quindi possiamo ipotizzare che nel piano antero posteriore, si troverà uno degli elementi destabilizzanti della colonna, e a causa di questa situazione meccanica esistente, queste situazioni si presentano in particolare a livello dorsale, poiché la linea di gravità è più lontana dal treppiedi vertebrale. Possiamo quindi in questa fase ipotizzare verosimilmente, nel piano orizzontale, che è per il fatto dell’allontanamento dalla linea di gravità che si trova uno degli elementi destabilizzanti del rachide toracico. Abbiamo visto fino ad ora il rachide senza tener conto delle coste, queste strutture legamentose e dorsali agiranno generalmente in maniera simmetrica per modificare il piano di rotazione della vertebra e, se paragoniamo la colonna dorsale a quella lombare, vedremo che il movimento indotto dalle coste è molto più grande rispetto al movimento che si trova alla colonna lombare. Sappiamo che il braccio di leva è molto più grande a livello lombare, se si ha uno squilibrio a livello dorsale o nel tratto lombare a causa del braccio di leva, a livello del tratto dorsale avremo maggiore squilibrio rispetto al tratto lombare per quest’ampiezza maggiore a livello lombare. Ad esempio se avremo uno squilibrio del gran dentato, questo può essere ammortizzato da una leggera rotazione della colonna dorsale, mentre è necessaria una grande rotazione della colonna lombare per ammortizzare uno squilibrio a livello degli psoas. Quando studiamo la colonna sul piano orizzontale, vediamo che l’esistenza delle coste è un elemento che può disturbare l’equilibrio delle rotazioni vertebrali. Possiamo riassumere che a livello dorsale ci sono due elementi che possono destabilizzare la colonna e sono: 1) Gli elementi muscolari che agiscono sul piano delle rotazioni, e lo squilibrio

muscolare degli estensori. 2) Il braccio di leva della linea gravitazionale. L’ultimo piano che vedremo è quello sagittale. In questo piano esistono veramente delle curvature, queste potrebbero avere l’effetto di rinforzare la colonna per degli sforzi di compressione assiale che si introducono. Un aspetto di questa azione compressiva può essere evidenziato dall’indice di Dalmas, che ci permetterà di constatare se nel rachide ci troviamo di fronte ad una iper curvatura o un ipo curvatura. Questo indice è normale quando è compreso tra il 94% e il 96%. Esso si calcola prendendo la lunghezza della colonna misurata con il metro, cioè l’altezza della colonna che va da C1 ad L5, si moltiplica per 100, se

Page 5: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 5

l’indice è inferiore del 94% abbiamo delle ipercurvature vertebrali, se è superiore a 96% abbiamo delle ipocurvature, generalmente le ipo sono meno frequenti. La resistenza in effetti è uguale al numero di curvature al quadrato più 1 (R=N2 + 1), questo vuol dire che una colonna che presenta 4 curvature è 17 volte più resistente di una colonna che non presenta curvature. Se si studia la colonna nel piano antero posteriore si osserva che l’introduzione delle curvature aumenta la resistenza alla costrizioni alla pressione ma ha come unico effetto di introdurre un elemento di disarmonia dei bracci di leva della gravità, che si può riscontrare soprattutto a livello dorsale. Di conseguenza questo studio della colonna ci fa rendere conto che è soprattutto lo squilibrio di questa linea gravitazionale che darà luogo alle lesioni vertebrali. Per quanto riguarda i movimenti di rotazione, possiamo dire che quando essi si osservano a livello lombare, vedremo che in effetti tutte le apofisi articolari sono iscritte sulla circonferenza di un cerchio, il cui centro è collocato posteriormente a livello della radice della spinosa, e che in funzione dei piani che vengono considerati vedremo che questo cerchio sarà relativamente grande a livello di L5 e molto più piccolo su L1. Questo vuol dire che i movimenti di rotazione saranno maggiori su L1 che su L5, lo possiamo notare anche se consideriamo gli assi: piccolo su L1, grande su L5. Bisogna segnalare che queste rotazioni saranno frenate dalla situazione dei dischi (dall’età, stato d’idratazione, ecc.) perché quando si esegue la rotazione a livello della colonna lombare, questa provocherà della forze di sfalzamento a livello delle fibre esterne dell’anulus, e questo spiega perché le manipolazioni a livello lombare a volte danno luogo a strappi veri e propri delle fibre dell’anulus. Se consideriamo le rotazioni a livello dorsale, vedremo che le apofisi articolari si iscrivono ugualmente sulla circonferenza ma questa volta all’interno del cerchio, e questo cerchio è collocato in avanti rispetto alla vertebra ed il centro di rotazione è generalmente collocato a livello del centro del corpo vertebrale, ciò fa si che quando si realizza un movimento nel tratto dorsale, queste rotazioni centrate sul disco hanno un movimento molto più ampio a livello del rachide dorsale rispetto a quello lombare, perché c’è questo allontanamento delle fibre, si tatta solo di un rotolamento della fibre da un lato ad un altro, e qui è possibile grazie alla costituzione delle fibre stesse. E questa è una delle ragioni per cui ci sono molte meno ernie discali a livello dorsale rispetto al livello lombare, perché si indebolisce molto meno la parte laterale delle fibre dell’anulus. A livello lombare quando si fa un movimento delle apofisi articolari si è subito limitati dalla messa in tensione delle fibbre dell’anulus, cosicchè quando si fa una rotazione a dx la fibbre dell’anulus del lato sx limiteranno questo movimento. Quando si effettua lo stesso movimento a livello dorsale la rotazione si fa intorno al centro del disco e le fibbre limiteranno molto meno. Quindi l’altro elemento di cui

Page 6: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 6

bisogna tenere conto è esattamente l’anulus. Tutti movimenti di rotazione a livello dorsale tendono a centrare molto bene il nucleo, invece a livello lombare se facciamo movimenti di rotazione, questi saranno fonte di strappi delle fibbre laterali. Ciò che è importante affermare è che la rotazione è più agevole a livello dorsale, a causa della struttura del disco e del centro di rotazione. Altro elemento che può influenzare sono le coste, che danno grandi bracci di leva e che possono indurre una rotazione importante a livello dorsale, e in generale quello che avviene quando abbiamo una scoliosi, si tratta di uno squilibrio muscolare a livello toracico che agisce sul braccio di leva delle coste, che induce una rotazione, e le strutture dei dischi permettono agevolmente questa rotazione. Dunque se riassumiamo ciò che abbiamo visto fino ad ora per quanto riguarda gli squilibri muscolari e le linee di gravità è la zona dorsale ad essere coinvolta mentre le lombari e le cervicali sono piuttosto delle zone di adattamento, rispetto allo squilibrio dorsale e/o pelvico. Per quanto riguarda l’approccio osteopatico, nell’approccio della zona toracica ci troveremo sull’origine del problema vertebrale. Se siamo di fronte ad un paziente che va incontro a lombagie recidivanti bisognerà esaminare il bacino, e si possono avere anche buoni risultati trattando il rachide dorsale. Ora riprenderemo delle concezioni sulla meccanica del rachide toracico secondo J.M. Littlejohn. Passeremo in rivista tutte le vertebre dorsali e gli elementi importanti che rappresentano ogni vertebra, ma prima di fare ciò bisogna accennare allo schema degli archi di Littlejohn, il quale osserva 3 archi, il primo superiore che è costituito da C1 a C4, il secondo arco medio da C6 a D8 e un terzo arco inferiore da D10 a L4. Questi archi sono uniti da ciò che chiamiamo perni o pivot. Pivot di base è L5, pivot intermedio D9 e un altro pivot tra gli archi è C5. Se osserviamo delle radiografie ci potremmo rendere conto che la maggior parte delle lesioni possono essere localizzate in questi punti perno. Ad es. è molto frequente l’artrosi di C5, si trovano molte lesioni di L5, e vedremo che D9 è una zona che presenterà molte discopatie rilevanti. Questo per collocare la colonna nel suo insieme. Ora cercheremo di studiare in dettaglio ogni vertebra dorsale: D1 si può indicare come una vertebra di transizione, in effetti guardando la

colonna è una zona di passaggio tra una zona mobile e una zona poco mobile, il rachide dorsale sarà stabile anche per la presenza dello sterno nella parte anteriore e le coste, ciò fa sì che in queste zone è facile trovare delle zone di torsione. Avremo che D1 sarà un restrittore di mobilità nella parte bassa e un

Page 7: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 7

adattore nella parte alta, è così che possiamo trovare delle lesioni più complesse su D1. Inoltre ci sarà un altro elemento che sarà di disturbo che è la 1a costa, che si fissa su D1, e vedremo che le coste si articolano su 2 vertebre tranne che su D1. Il fatto che il corpo della costa si articola direttamente sul corpo della prima dorsale sarà questo un altro elemento che può provocare delle torsioni e degli squilibri, perché sulla 1a costa si esercita l’azione degli scaleni, e lo squilibrio di questi muscoli è molto frequente spesso provocheranno uno squilibrio sulla vertebra e sulla 1a costa. Se ci troveremo su una lesione di D1 è sempre necessario analizzare la 1a costa, ed evidentemente esaminare il tratto cervicale perché questo può essere causa di squilibri che influenzeranno gli scaleni, la prima costa e D1.

D2 possiamo dire che questa è più o meno alla fine della colonna cervicale da un

punto di vista fisiologico, e che se esaminiamo le linee di forza dei triangoli vedremo che la linea di forza antero-posteriore passa attraverso il corpo di D2. Questa linea di forza postero-anteriore rappresenta una linea di pressione che collega l’articolazione occipito atlantoidea posteriore alla 2a vertebra dorsale e alla 2a costa per mantenere l’integrità della tensione del collo, rinforza la linea di sostegno addomino-pelvica e dirige la tensione dell’articolazione tra L2 e L3 fino alle teste femorali. È una linea di forza che equilibria i diversi sensi di gravità ed è la risultante dell’azione muscolare. Lo si può vedere soprattutto in basso, dove l’azione degli Psoas che equilibrano L2 ed L3 e la coxo femorale ma anche l’azione degli scaleni che posizionano il collo rispetto alla zona dorsale, e questa linea di forza cadrà sul corpo di D2 centralizzerà dunque tutte le pressioni su D2, e ciò fa sì che a causa di questa sua collocazione anatomica la seconda vertebra dorsale sarà una vertebra molto spesso impattata e molto spesso la si potrà trovare in posizione di estensione e compressa su D3. Oltre alle lesioni che noi abbiamo visto (FRS, ERS, NRS) ci sono altre lesioni, e sono: Estensione bilaterale, Flessione bilaterale, o di compressione, e dunque D2 è un bel esempio di possibile lesione di Fless., Esten., Compres., a volte si possono trovare in soggetti cifotici delle lesioni di compressione con la flessione, e ciò che dobbiamo ricordare di D2 è che è molto spesso in compressione, di conseguenza la tecnica più corretta può essre il Lift, non molto pericolosa e particolarmente adatta a questo tipo di lesione.

D3 Possiamo vedere che il corpo vertebrale diminuisce gradatamente su D3-D4, e

si può considerare questa zona, sono le zone con il corpo più piccolo della colonna e ci troviamo all'apice del triangolo superiore, si tratta quindi di una cerniera che equilibria questi due triangoli, tutte le lesioni che troveremo su D4-D5 molto spesso sono adattative, per gli squilibri che troveremo sotto e

Page 8: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 8

sopra. Ed è una zona che non va manipolata ripetutamente, perché si rischia di destabilizzare questa zona.

D4 E’ la zona che determinerà la lesione di torsione della testa, nelle cervicalgie

croniche la troveremo come zona di localizzazione del dolore. Può diventare un punto debole quando abbiamo la linea di gravità spostata fortemente in avanti. Zona di rottura degli archi medi (D4-D5) con dolori riferiti alla nuca. Molto spesso possiamo trovare anche la compromissione di C7 è ciò che viene chiamata “gobba di bisonte” più nella donna (per una trazione viscerale della colonna anteriore) .

D5-D8 Ci troviamo nel gruppo più forte dela colonna dorsale. Si tratta della parte

che darà la stabilità alla zona toracica, e la stabilità sarà rinforzata dalle coste e dalo sterno in avanti. Questa cifosi dorsale avrà come funzione soprattutto di proteggere la cavità che è in avanti, da pressioni eccessive, proteggerà il cuore e i polmoni. Abbiamo sempre messo l’accento sul fatto che quando si guarda il rachide in toto su un piano laterale, è come una successione di zone cifotiche e lordotiche. In effetti le cifosi generalmente hanno il ruolo di proteggere le strutture che si trovano davanti ad essa, e le lordosi hanno lo scopo di promuovere la mobilità. Se esaminiamo le prime cifosi che è la cifosi craniale si tratta di una zona molto solida e molto stabile, che proteggerà il cervello, se vediamo la cifosi dorsale si tratta di ulna struttura forte che proteggerà degli organi vitali, il cuore e i polmoni. In effetti di fronte la lordosi lombare abbiamo una struttura importante ossia la massa intestinale che eventualmente può subire delle aggressioni, quindi proteggerà tutti quegli organi che pur subendo aggressioni non mettono in causa il nostro processo vitale. La cifosi seguente è quella pelvica, è quella che protegge i nostri organi della riproduzione che sono considerati vitali per l’individuo. Possiamo anche immaginare anche una cifosi tarsica, che protegge il nostro individuo di fronte a uno squilibrio antero posteriore. Tutto questo per dire che: ogni qualvolta si constata una rigidità prima di dare una mobilità bisogna domandarsi se questa cifosi ha una ragione di esistere. Se esiste forse è per proteggere una struttura più fragile che si trova nel suo interno. Con gli anni ci si è resi conto che quando ci si trovava di fronte a cifosi irrigidite molto spesso i soggetti erano spesso cardiopatici oppure avevano un’eredità di cardiopatie, in questo caso bisogna riflette se è il caso o meno di andare a manipolare. Un altro esempio è l'aumento della cifosi pelvica data da dei disturbi dell’utero. Poniamo il caso di avere una congestione uterina collegata ad uno squilibrio ormonale, spesso ci sarà l’aumento della rotazione del sacro, e questo per evitare che le pressioni discendenti collegate al diaframma non vengono a disturbare in effetti l’utero. E troverete delle donne prima del ciclo mestruale che

Page 9: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 9

presentano delle lombalgie con un’estensione lombo-sacrale, con una nutazione del sacro. Si tratta di un processo di protezione delle strutture anteriori. Si può trovare questo anche negli uomini, che hanno disturbi prostatici, oppure emorroidi, perché c’è una congestione del piccolo bacino e la pressione discendente mette in disequilibrio il bacino. Quindi davanti a una cifosi, chiediamoci sempre cosa c’è davanti e che cosa succede. Questa zona da D5 a D8 è una zona forte ed è una zona in cui le lesioni sono raramente isolate. Spesso ci saranno lesioni di gruppo di tipo NSR; bisogna far ricorso, di conseguenza, a tecniche modellanti, dunque un trattamento generale in cui si affrontano gli aspetti legamentosi di questa zona, di questa lesione. Eventualmente si potranno usare tecniche come il DOG, una tecnica molto potente, efficace che agisce sull’aspetto legamentoso e spesso bisognerà imparare ad articolare prima di aver manipolato con tecniche a grandi bracci di leva. Esiste un caso particolare in alcuni soggetti, questa zona dorsale presenta troppa estensione, è il caso di soggetti che hanno una morfologia posteriore dominante. In questi il fatto di avere un’estensione globale dà luogo ad un’instabilità di questa zona e questo provoca molto spesso delle lesioni recidive. In questo caso bisognerà aumentare la flessione e ancora per questo tipo di lavoro le tecniche DOG saranno del tutto adatte. Davanti ad una lesione cervicale recidiva bisogna sempre controllare che ci sia una buona stabilità dorsale. Arriviamo dunque al pivot tra gli archi di D9. Questo pivot necessita di diverse annotazioni e segnalazioni: si tratta di un pivot fra gli archi, tra un arco mediano che è un arco cifotico, che ha il ruolo di stabilizzare la zona anteriore e di un arco inferiore che è un arco dominato dalla lordosi che ha un ruolo di mobilità. D9 è dunque una zona di transizione come D1, ragione per la quale spesso si avranno lesioni, dato che c’è una transizione tra una zona stabile e una zona mobile. Una colonna che è del tutto dritta, che non presenta alcuna curvatura, effetivamente è una colonna instabile in seguito agli stress esterni che vengono apportati a questa colonna. I soggetti che hanno questa tipologia si bloccano più facilmente e molto spesso sono più lassi. Ma hanno però un vantaggio e poiché hanno una buona estensione assiale recuperano bene il loro squilibrio. Spesso hanno dei blocchi, dei piccoli blocchi e possiamo dire che sono persone facili da curare in osteopatia, perché è sufficiente fare degli aggiustamenti, poiché hanno una buona estensione, un buon equilibrio, recuperano bene. Di contro invece sono più instabili di un soggetto che avrà delle curvature molto forti, che sarà rigido, il quale sarà più resistente agli sforzi. Diciamo che sono dei piccoli soggetti piuttosto tozzi, che hanno delle grosse curvature e che però sono generalmente stabili, vengono alla nostra consultazione quando hanno delle lesioni artrosiche molto gravi e hanno

Page 10: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 10

dolore solo come conseguenza dell’artrosi. Il ballerino, invece, avrà dolori quando non c’è nessuna modificazione della struttura, in effetti il tarso è costituito dalla flessione dorsale del piede e rappresenta una cifosi mentre a livello dorsale questi soggetti hanno una diminuzione della cifosi. Dunque, se immaginate che il soggetto è in caduta anteriore, vedete che aumenta la sua cifosi del tarso e sollecita la struttura posteriore ed il tricipite particolarmente per riportare il suo peso di gravità indietro. È una visione globale, non è ovviamente una descrizione anatomica. D9 Dunque abbiamo visto questo pivot D9 fra gli archi intermedi che subisce delle costrizioni antero-posteriori a causa del passaggio di questi 2 archi. Inoltre D9 comunque subirà un’altra costrizione perché si tratta di un punto perno tra la rotazione del cingolo scapolare e quello pelvico. Se vediamo un individuo sul piano frontale è equilibrato come i triangoli che abbiamo già visto e rappresentiamo il cingolo scapolare, i suoi movimenti rispetto a quello pelvico agiranno su D9. Dunque D9 mostrerà più spesso delle lesioni, ed è questo livello ad es. che si ha il massimo del cambiamento delle curvature da un punto di vista frontale. Si tratta di una zona che sarà molto sollecitata. Inoltre esiste un’altra causa nelle lesioni di D9 che si trova nei soggetti che sono in caduta posteriore. In morfologia si definisce la scapola posteriore, soggetto che ruota indietro le sue scapole rispetto al suo bacino. Quindi se ha il bacino un po’ dritto e lascia andare indietro il suo tronco, si ha invece il bacino un po’ più avanti, recupereranno l’equilibrio inviando indietro il cingolo scapolare. In questo caso il soggetto ha tendenza ad appoggiarsi su D9 e a creare una sorta di curvature. È un soggetto che è in cifosi totale, ha la cifosi che scende fino a L1 L2. In questo caso tende ad appoggiarsi veramente sul suo addome e a quel punto D9 avrà più o meno lo stesso ruolo di D4- D5 o C7-D1 e a quel punto D9 sarà impattato in lesione. Quando si studia D9, nella meccanica di LittleJohn, si tratta di un caso unico perché un pivot intermedio tra gli archi è un pivot di rotazione, inoltre può diventare anche una chiave di volta. Questo vuol dire che ci saranno molte lesioni in D9 e molte discopatie. Se troverete queste lesioni su questo pivot bisogna chiedersiene il motivo e andare a cercare la causa nelle zone soprastanti o sottostanti. D9 non è sempre ipermobile, subisce la tensione tra i 2 archi e ha tendenza ad essere compressa quando c’è un’accentuazione delle curvature. Inoltre è compressa perché ci sono delle sollecitazioni delle tensioni, D9 è una zona molto spesso rigida. Quindi ciò che è importante è permettergli di avere una libertà di rotazione, perché se a causa delle flessioni discendenti su D9 non si

Page 11: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 11

riesce ad equilibrare le rotazioni dei 2 cingoli si avranno delle ripercussione sopra e sotto questa vertebra. Dunque è una zona in cui si cercherà di recuperare mobilità in rotazione e si cercherà di diminuire le compressioni delle vertebre che agiscono su di essa. Quindi ciò che si deve fare è darle delle possibilità di adattamento senza però volerla manipolare fintanto che non raggiunga una mobilità totale. Se prendiamo il caso di un paziente a cui non sapete cosa fare perché ha lesioni un po’ dappertutto ad es. dolore alla nuca, alle lombari, lo fate camminare e constatate come il suo movimento di bilanciamento non è buono oppure è assimmetrico. Bisogna dare una possibilità di adattare queste posizioni di bilanciamento nella marcia trattando questa zona D9- D10 decomprimendola e permettendogli di fare una rotazione maggiore, generalmente si migliora il pz perché gli fornirete una possibilità di adattamento generale del suo corpo, sarebbe un errore continuare a lavorare questa zona non appena si sono raggiunti degli ottimi risultati; perché a quel punto avrete sollecitato in eccesso una zona che già è in una situazione di adattamento. Prendiamo il caso contrario cioè partiamo da un soggetto iperlordotico, spesso ipermobile e in effetti avete un’instabilità della zona dorsale, potete immaginare che il vostro soggetto si trovi in questa maniera, costituito solo da lordosi e di conseguenza la sua lordosi cervicale è scesa molto più in basso ed è aumentata la lordosi lombare che è molto più in alto. l'unico punto di stabilità che ha è appunto D9 e se si manipola in questa zona qui è normale che ritorni il problema. Dunque questa è una lesione di adattamento e di difesa e ciò che bisogna fare per dare sollievo a questo pz è lavorare nelle zone che sono anormalmente ipermobili. Troverete delle lesioni da D5 a D7 in estensione e troverete delle lesioni sotto da D10 a L1 ed è qui che bisognerà restituire un po’ di flessione e automaticamente D9 si coreggerà. Sappiamo che non è facile perché non si può dare un ruolo unico ad una vertebra, ci sono gravi tendenze fisiologiche fra ogni segmento, ma le morfologie modificheranno un po’ queste strutture, come i pivot che sono descritti in questa maniera e a volte possono essere modificati dalla morfologia. Avete constato ad es. dei soggetti che sono in estensione, spesso hanno dei Pivot di D4–D5 che scende piuttosto a D5–D6 e poi nei casi di cifosi questo pivot risale. D10-D11-D12 Dunque partendo da D10 e questo fino a D12, le vertebre dorsali hanno la particolarità di articolarsi con una sola faccetta in relazione con le coste. Lo schema delle articolazioni delle coste rispetto alle vertebre. vede che sull’8a e la 9a costa ad es., le coste si articolano sulla vertebra sottostante e sovrastante. Dunque una costa dividerà la sua mobilità tra due vertebre, quindi se avete una sollecitazione muscolare a livello delle coste ci

Page 12: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 12

sarà un adattamento che si realizzerà intorno a queste due vertebre. Adattamento che sarà sempre più importante e distribuito sui segmenti importanti. Invece partendo dalla 10a costa l’articolazione si articola soltanto con la vertebra corrispondente. E dunque ci troviamo nella stessa situazione della 1a costa; dunque le coste 10a-11a-12a della vertebre corrispondenti possono più facilmente mettersi in lesione su uno squilibrio costale. Ed è così per es. che la 12a costa, che subisce l’aggangio del quadrato dei lombi potrà mettere spesso D12 in lesione. Dunque di nuovo quando esaminiamo questa zona a partire da D10 dobbiamo sempre considerare le coste come abbiamo fatto da D1 ed i fattori muscolari che si ripercuotono. Quindi a partire da D2 fino a D9 si articolano con 2 vertebre, da D9 in poi con una sola vertebra. D1-D10-D11-D12 hanno lo stesso comportamento rispetto alle coste. Uno squilibrio della costa può mettere in lesione facilmente queste vertebre, di conseguenza se troviamo delle lesioni su queste vertebre bisogna vedere le coste e gli elementi muscolari che si agganciano ad esse. Abbiamo visto ad es. che per D1, sulla 1a costa si inseriscono gli scaleni che dipendono dall’equilibrio cervicale, e ora nella parte bassa D10 – D11 – D12 i vettori muscolari di queste lesioni saranno il quadrato dei lombi e il diaframma. Quindi molto spesso bisognerà trattare il diaframma insieme a queste coste e a queste vertebre. Parlando del rachide si parla del diaframma, del quadrato dei lombi, ma quando parliamo di diaframma dobbiamo parlare di tutto ciò che si aggancia ad esso quindi lo stomaco, le inserzioni del colon, e tutti gli squilibri che queste inserzioni possono dare sul diaframma. Su D10 posso trovare tutte le lesioni soprattutto se abbiamo delle asimmetrie. Una domanda nascerebbe spontanea: quale tipo di lesione può nascere su D10? Si possono riscontrare molte lesioni diverse dato che ci sono moltissimi elementi che si riallacciano attraverso le coste. Ma c’è un elemento particolare e cioè che ci si ritrova a livello della colonna lombare, in un segmento di tipo declive e non del tipo proclive. Dunque la tendenza di D10 è di estensione tranne nelle persone che hanno delle acentuate curvature troveremmo delle flessioni. Quindi la tendenza all’estensione è all’80% dei casi. Inoltre se avete una tensione asimmetrica sulla muscolatura sia per l’ileo costale che per il quadrato dei lombi sia per il diaframma, avrete una latero-flessione attraverso la contrazione dei muscoli forti. E poiché siete in estensione e in latero flessione questo favorirà le lesioni ERS e forse sono proprio quelle lesioni che si riscontrano di più su D10 e D9. Di conseguenza quando si trovano delle lesioni di estensione bisognerà utilizzare tecniche come quella DOG che funziona bene oppure LIFT in dorsale bassa. Nel caso di D11 il LIFT è un’ottima tecnica. D10-D11-D12 sono manipolabili come delle lombari ma non è sempre facile soprattutto nei soggetti già molto lordotici ma c’è un modo, questo dipende dalla morfologia che si può fare da seduti come

Page 13: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 13

miotensivo all’apice del tavolo ma rimane sempre il LIFT la migliore tecnica per queste vertebre. Due cose da dire rimangono riguardo a D11 si tratta di una vertebra che ha la particolarità di avere la più piccola apofisi spinosa. Dunque D11, la spinosa è molto corta, c’è una collocazione orizzontale e le transverse di D11 non si articolano con la costa. Nelle altre coste c’è un’articolazione con le trasverse e dunque, a partire da D11, le transverse non si articolano e, secondo LittleJohn: “la vertebra utilizza il proprio corpo come strumento di articolazione, mezzo di articolazione” e il peso del torace è completamente proiettato sul disco intervertebrale. Quindi non utilizza solo le apofisi articolari, ma utilizza disco, corpo vertebrale e articolare e Littlejohn dice che il peso del torace è totalmente proiettato sul disco intervertebrale. Questo significa che la vertebra avrà tendenza ad essere impattata. Dunque spesso schiacciata, compattata e quindi come per D2 il LIFT è la tecnica migliore.

Se riassumiamo le tecniche rispetto a tutte le vertebre, riprendiamo D1 che cosa rappresenta? Una zona di torsione tra la colonna cervicale e quella dorsale che è rigida, dunque spesso in lesione; avrà delle lesioni complesse che dipenderanno fortemente dalla costa che si aggancia ad essa e dalle tensioni muscolari che si inseriscono a questi elementi. Molto spesso avete delle lesioni di tipo NRS ed ERS perché stiamo in una zona proclive. Per questa zona la tecnica migliore è quella tecnica che è di equilibrio a questi piccoli movimenti laterali. Si tratta di tecniche particolari che vediamo con quelle tecniche che vengono chiamate cerniere. Sono tecniche, in cui si utilizza la componente di latero-flessione. Quindi quando si manipola D1 spesso lo si fa in posizione prona o in posizione seduta. D2 è una vertebra che riceve il peso, la linea del corpo pienamente sul suo corpo appunto. Quindi è molto spesso una zona di impatto, di schiacciamento. La migliore tecnica è il LIFT, è una tecnica di decompressione. Ci sono spesso lesioni di estensione bilaterale, dunque è la tecnica scelta. In alcuni pz, soprattutto in cifocitici molto marcati, troveremo uno schiacciamento di D3 ma con una flessione faremo comunque un LIFT modificando un po’ le componenti. A partire da D3, D4, D5 si tratta di lesioni che si ritrovano con equilibri del piano superiore. Ci sono tutte le lesioni possibili, a questo livello possono anche essere isolate. Si può utilizzare il LIFT, il DOG o altre tecniche. Ma ciò che importa è di rendersi conto che si tratta di lesioni che possono essere recidivanti perché si tratta di una zona cerniera, e dunque ripetiamo che se si trovano delle lesioni in questi punti bisogna andare a vedere nelle parti sovrastanti e sottostanti le cause. D5, D6, D7, D8 si tratta di una zona stabile della colonna vertebrale, le lesioni isolate sono rare, si tratta spesso di lesioni di gruppo, e queste lesioni di gruppo sono indotte a volte anche dalle coste. Quindi bisognerà vedere quali sono i vettori muscolari che producono o che provocano queste lesioni. Bisognerà utilizzare delle

Page 14: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 14

tecniche articolari di mobilizzazione, la tecnica DOG è una buona tecnica effettivamente a questo livello. Ma bisognerà chiedersi sempre se si trovano delle lesioni di gruppo, oppure se ci sono delle lesioni anteriori. Sono, molte volte, le fissazioni delle coste che danno, che si ripercuotono provocando le lesioni posteriori. Quando si andrà ad esaminare queste lesioni dorsali indietro, bisognerà esaminare bene l’elemento di inserzione delle coste sullo sterno. È una delle cause maggiori di lesione. D9 è un caso particolare, una zona che spesso è in lesione perché è un pivot sempre fra gli archi ed è un pivot di rotazione e può diventare una chiave di volta. Si tratta quindi di una zona che permette l’adattabilità del corpo. Quando lavoriamo D9 ci sono pochi pericoli. Ma l’errore è quello di lavorare su D9 diverse volte e su diverse sedute. D10 e D11 sono vertebre che hanno tendenza ad essere schiacciate, che tendono ad avere delle lesioni di tipo ERS e dunque anche qui la tecnica LIFT è la tecnica migliore. Bisogna vedere ciò che è in relazione con il vettore di lesione e da D10 a D12 bisogna pensare al quadrato dei lombi, al diaframma e alle strutture viscerali che si andranno ad aggiungerre soprattutto sul diaframma: stomaco, colon, fegato. Sono coste instabili, che non hanno un impatto direttamente sulle vertebre, molto di meno rispetto a quelle superiori. Invece le tensioni muscolari molto spesso sono labili e possono anche sparire. Si può avere un quadrato dei lombi anche contratto, che poi molla, cede. Automaticamente si può recuperare la mobilità sulla vertebra. Sono dei muscoli che dovrebberro essere forti ma in molte persone sono molto rilassati, ma possono avere effettivamente un ruolo sulle coste. La particolarità è che questi muscoli possono detendersi in maniera molto facile. Invece se comparate con altre coste, come la 7a e l’8a costa, per es. vediamo come la pleura vi si fissa in maniera importante e può anche modellare la posizione delle coste e questo modellaggio si inscrive nella cartilagine controcostale e quindi ci potrebbero essere delle lesioni molto fissate, forse non con un movimento molto grande, però con una tensione importante su queste cartilagini. E sarà dunque capitale andare ad osservare la fissazione anteriore. D12 è una vertebra che sarà coinvolta molto spesso per essere manipolata. Ci sono numerose ragioni per le quali bisogna intervenire su D12. La prima ragione è che a livello di D12 o D11/D12 si hanno delle costrizioni di compressione e di trazione. Vi sono delle costrizioni di compressione sulla parte anteriore dei dischi, per questo si hanno delle discopatie in questa zona, perché la linea di gravità viene in avanti e comprime il pilastro anteriore. Questa compressione, quando arriviamo alle lordosi, è soprattutto situata piuttosto indietro. Ed è dunque a livello delle apofisi articolari posteriori che si trova la compressione. È per questo che sulla colonna, normalmente equilibrata e che non ha modifiche sulle curvature antero-posteriori e che evolve verso la vecchiaia, avete discopatie dorsali medie e avete l’artrosi interapofisaria lombare che è normale. C’è dunque

Page 15: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 15

una compressione avanti e una indietro, normale. Ed esiste la situazione contraria e cioè che quando avete una compressione avete una messa in tensione sulla cifosi dorsale e questa messa in tensione si esercita sul sistema legamentoso, sui muscoli spinosi ed interspinosi, spinali ed interspinali. Al contrario a livello lombare mettete in tensione la parete anteriore, avete una messa in tensione del legamento vertebrale anteriore ed è così che potete avere delle reazioni di osteofiti anteriori alla lunga, che sono l’espressione strutturale di una tensione che persiste per anni, quindi possiamo dire che a D12 avete un passaggio delle zone di compressione che si effettua in questo modo e delle zone di tensione che si svolgono in quest’altro. Si tratta dunque di una zona che sarà molto sollecitata a causa dell’incrocio di queste costrizioni. Dunque D12 sarà un punto debole. Altra difficoltà per D12: si tratta di una vertebra che ha delle apofisi articolari superiori di tipo dorsale e delle apofisi articolari di tipo lombari. Dunque dovrà combinare contemporaneamente un movimento di rotazione superiore importante e in movimento di rotazione inferiore che invece è debole ma che è compensato da un movimento di estensione. Dunque è una vertebra che dovrà fare coincidere questi 2 movimenti con costrizioni diverse. Questa 12a costa trova degli attacchi potenti che sono i quadrati dei lombi che possono destabilizzarla, è per questa ragione che D12 può spesso essere destabilizzata in lesione. A livello della zona dorso-lombare si ha una concetrazione dell’innervazione simpatica. Si ha l’irrigazione simpatica di tutti gli organi che citeremo: innervazione simpatica del rene, dell’intestino tenue e del colon, del retto e della vescica, degli organi genitali e delle gonadi. Quando sappiamo che il midollo simpatico, attraverso una sollecitazione può avere un elemento di localizzazione della lesione, attraverso un segmento facilitato, spesso si possono trovare delle lesioni di D12, la cui origine è una modifica dell’irrigazione viscerale di questo organo, ad es. ammettiamo che ci sia una colite cronica, semplicemente perché si ha un’alimentazione non adatta, si stimola l’innervazione para-simpatica, invierete una serie di informazioni a livello del midollo dorso-lombare, si facilita questo piano, quidi si abbassa il tasso di attività del midollo e basterà un piccolo squilibrio meccanico perché la reazione neurologica sia capace di provocare una reazione di difesa nel circolo gamma che è in raporto con questo piano ed è così che un soggetto che ha un colon molto irritabile bombarda costantemente il midollo con questi influssi simpatici, quindi abbassa il tasso di eccitabilità, di sensibilità del midollo ed è quindi sufficiente che faccia un piccolissimo movimento e che vi sia un’ipereazione del midollo ed è il riflesso del circolo gamma che blocca questo piano. Questo concetto viene dagli studi di Irvin Korr, si tratta della base neurofisiologica dell’osteopatia. Nei suoi studi Korr spiega molte situazioni del pz al di là del discorso neuro-fisiologico, soprattutto per la memoria neurologica del dolore. Si sa che se un giorno si ha avuto un’esperienza dolorosa e questa eperienza magari rischia di ripetersi, si può avere un dolore molto

Page 16: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 16

più forte di chi ha avuto l’esperienza per la 1a volta. Questo è illustrato con migliaia di casi. Questo libro spiega il perché qualche volta la storia del pz fa sì che non farà questo pz uguale a qualcun altro quando lo si esamina. Se due pazienti hanno la stessa morfologia, in uno un piccolo trauma ha provocato ripercussioni importanti a livello delle lesioni, nell’altro un piccolo trauma identico non avrà dato ripercussioni e sul piano della struttura sembrerebbero essere uguali. Bisogna vedere nella storia antecedente del pz quali sono i traumi che può avere avuto sul piano neurologico. Se si parla di piano neurologico non si intende dire paralisi, si pensa neurologico nel senso della situazione neurologica: emozionale o viscerale ed è molto diverso. Ultima cosa, ultima ragione per la fragilità di D12 che incontriamo, è che si ha un’importante concetrazione vascolare, c’è una struttura vascolare importante che è accompagnata da vene e si può avere un fenomeno di congestione vascolare in D12 e L1 che può anche favorire le lesioni. Dunque vedete che ci sono a D12, i tre legami e collegamenti che si possono esprimere: meccanico, neurologico e vascolare. Ciò vuol dire che quando si tratta D12 si fanno raramente dei danni e se ci sono 2 zone che lavoreremo quando non si sa cosa facciamo, quando non si sa cosa fare davanti ad un problema acuto, penso che sia D12 e D9, si rischiano pochissimi problemi in questo caso perché ogni volta si da un piccolo adattamento al pz. I principi delle tecniche dog, bisogna descriverle per le lesioni di estensione e di flessione e per questo motivo si rappresenta la colonna e prima di tutto si presenta una zona di estensione. Prendiamo ad esempio una lesione in estensione di D5-D6. Il principio della tecnica è di localizzare una forza, attraverso il torace del paziente in modo da portare D5 in flessione. Dunque la forza verrà attraverso il torace e perché si localizzi l’effetto su D5 è necessario che la forza abbia una certa direzione, che sia di tipo caudo-cefalica. Questa è la 1a cosa e dunque quando si manipola il paziente bisogna esercitare una forza in direzione della sua testa, quando si tratta di una lesione di estensione la 2a cosa che bisogna fare è prendere il punto d’appoggio sulla vertebra sottostante rispetto alla lesione, cioè una vertebra sotto la lesione. Quindi con la mano della zona dorsale si prende l’appoggio su D6. Si utilizza la leva superiore della testa per la messa in tensione fino alla vertebra che si trova in lesione. Si solleva la testa cercando di restare nella zona cervicale più bassa possibile ed si esercita una trazione finchè non si arriva al rapporto tra D5-D6 e quindi come in tutte le tecniche trust si rilassa un poco la tensione in modo che sia

Page 17: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 17

morbida e si chiede al paziente di inspirare e all’espirazione esecitiamo la forza con il torace o l’addome e alzando la testa. Ora immaginiamo una lesione di D5-D6 in flessione. Il pricipio sarà lo stesso, si farà forza attraverso il torace per mettere in tensione le vertebre. La direzione della forza non sarà la stessa però. La direzione sarà molto più verticale quasi nel senso cefalo caudale. Prenderò un appoggio sulla vertebra in lesione che si tratta appunto in flessione e, nel momento del trust, si chiude la mano in direzione del sacro. Quindi si lascia che la forza arrivi sulla vertebra si tira un po’ verso il basso la mano per riportare D5 in estensione rispetto a D6 e, per quanto riguarda la testa, la posizione è la stessa, si mette in tensione per sentire la mia barriera motrice, si rilascia un po’ la tensione, si chiede al paziente di inspirare e quando si espira si scende sul paziente e si lascia andare indietro la sua testa. Ecco la differenza fra lesione di estensione e di flessione. Prima di tutto la direzione della forza, poi il contatto per quanto rigurda la mano caudale. Sulle lesioni di estensione la mano è quasi statica, non fa un granchè, fa solo un contrappoggio. I test a livello dorsale sono uguali a livello lombare, flessione ed estensione per prima cosa e poi rotazione. Perché i test siano validi la posizione da qualsiasi parte deve essere neutra, non si deve lasciare il pz in posizione di cifosi, per testare la zona dorsale alta utilizzeremo prima la leva del capo e testeremo in flessione – estensione. Dopo la quarta dorsale se si vuole continuare il test lo si deve continuare con le spalle. Il movimento maggiore è flessione ed estensione, si inizia sempre su un movimento maggiore, poi il test del movimento minore il side-bending, utilizzando la leva della testa fino a D4. A partire da D4 si fa un test diretto di rotazione. Una lesione in FRS si organizza attorno al disco. Mentre una ERS si basa sulle articolazioni posteriori. NRS è come una scoliosi. La tecnica LIFT, è una tecnica che risolleva il pz, si tratta di una tecnica che ha un grande vantaggio non dà alcuna compressione sulla zona che viene manipolata e questo vale per alcune persone che hanno una fragilità a livello vertebrale o costale. Immaginate tranquillamente cosa potrebbe provocare una tecnica DOG ad un pz osteoporotico. Il LIFT ha questo vantaggio è una tecnica molto più leggera a livello della colonna vertebrale. Si tratta essenzialmente di una tecnica di decoattazione, è una tecnica meno modellante del DOG. In effetti ciò che si realizza con il LIFT è fissare la vertebra sottostante e tirar su la parte superiore verso l’alto per decoattare le superfici articolari. Di conseguenza è una tecnica per decoattare le faccette articolari, le une rispetto alle altre. Non ci sono tensioni dunque sulle rotazioni in questa maniera. Con questa tecnica la cosa che si può fare è aumentare la latero-flessione da un lato, ma se la rotazione si corregge, questo avviene perché

Page 18: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 18

si è corretta da sola. Si tratta di una tecnica particolarmente indicata per le vertebre che si trovano in compressione. E’ piuttosto indicata per le vertebre che si trovano in compressione ed in estensione. Il principio della tecnica dunque è esercitare una trazione nel segmento superiore, partendo dalle braccia e di fissare la vertebra sottostante attraverso un contatto. Per realizzare il LIFT è importante mettere l’appoggio sotto, 2-3 livelli vertebrali più in basso, creando una tensione sull’arco completo, perché abbiamo destabilizzato, grazie alla messa in tensione, questo arco e bisogna riportare il pz un po’ più indietro perchè la vertebra che si vuole correggere sia tangente alla linea di gravità. A questo punto la forza esercitata, si scarica appunto su questa zona, così il resto è mobilizzato dalla messa in tensione dell’arco. Per realizzare questo, vi sono delle regole di posizionamento che devono essere spiegate al paziente, e che devono essere rispettate sin dal principio; all’inizio il paziente si deve trovare sulla verticale, perché nel momento in cui si trova già in flessione, la tensione sull’arco risale, fino alla zona che si vuole manipolare. Così facendo, la forza che si deve esercitare è più grande. Secondariamente bisogna evitare di spingere troppo in avanti la testa del paziente per evitare di aumentare la tensione sulla zona che volete manipolare. Quindi si chiede al paziente di mettere le mani esttamente sulla base dell’occipite e si chiede di mettre i gomiti in avanti senza stringerli. La testa del paziente non deve stare indietro, mentre deve essere un poco in flessione, ma non in tensione, per evitare che egli vi destabilizzi. In ultimo bisogna mantenere il paziente contro di voi per stabilizzare l’elemento inferiore con il torace ed è sufficiente dare un piccolo movimento verso l’alto per decoattare la superficie articolare. Si deve esercitare una forza verso l’alto ed il peso del bacino stabilizzerà l’elemento che si trova sotto e nel momento del thrust, vi dovete raddrizzare con tutto il corpo indietreggiando per sollevare il paziente e decoattare le superfici articolari. Questa tecnica è molto valida quando si ha una vertebra in compressione, l’imprtessione è che sia molto più rigida delle altre con difficoltà a muoversi nei piani dello spazio, e in genere si trova a livello di D2, D9, D10, D11. E’ una tecnica che si può utilizzare quando il paziente è in fase acuta,con il vantaggio di non mettere nessuna torsione, e indolore. Nella tecnica del Lift, si può modellare la tecnica seguendo la tecnica di flessione estensione. Se abbiamo una lesione di estensione tireremo verso l’alto decisamente, nettamente, se si ha una lesione di flessione si deve tirare un poco più indietro. Per la tecnica di Lift da seduti, bisogna avere un tavolo relativamente basso, per essere ben al di sopra del paziente, e si può utilizzare un cuscinetto da porre tra voi ed il paziente per avere una presa più ferma, mentre il paziente deve restare ddritto. Per una prima toracica, si deve prendere appoggio sulla 4a o 5a toracica e si esegue la tecnica con le stesse regole come se il paziente fosse in piedi.

Page 19: 3-2S13 Il Rachide Dorsale

© Centro Studi di Osteopatia Tradizionale 19