212084030 Reale Introduzione a Proclo PDF

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© 1989, Gius. Laterza & Figli Prima ed.izione 1989 INTRODUZIONE A PROCLO DI GIOVANNI REALE EDITORILATERZA

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Reale - Introduzione a Proclo

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© 1989, Gius. Laterza & Figli

Prima ed.izione 1989

INTRODUZIONE A

PROCLO DI

GIOVANNI REALE

EDITORILATERZA

Proprieta letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari

Finito di stampare nd maggio 1989 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari

CL 20-3426-3 ISBN 88-420-3426-6

PROCLO

l. LA VIT A DI PROCLO E ALCUNI TRATTI PECULIAR! DELLA SUA IMMAGINE SPIRITUALE

l. Dati tramandatici sulla vita di Proclo.

I dati principali della biografia di Proclo e i tratti es­senziali della sua immagine spirituale ci sano stati traman­dad da Marino di Neapoli, che fu successore di Proclo medesimo nella direzione della Scuola, nel suo famoso scritto Proclo o del/a beatitudine, comunemente noto e ci­tato con il titolo Vita di Proclo'. Questo scritto ha finalita di carattere encomiastico e addirittura agiografico, e tende a dimostrare come Proclo abbia incarnato e piena­mente attuato que! tipo di vita che per i Neoplatonici era il modello mediante il quale si raggiungeva la felicita, e come ne abbia, anzi, addirittura raggiu!Íto i vertici, vi' vendo <<non la vita dell'uomo onesto [ ... ], ma una vita su-

1 Di questo scritto illettore ha a disposizione due traduzioni ita­liane uscite contemporaneamente: quella di C. Faraggiana contenuta nel volume Proclo, I manuali, 1 testi magico-teurgici. Marino, Vita di Proclo, Milano 1985 (nella callana «l classici del pensiero» dell'editore Ru­sconi), da noi curato e introdotto, e quella di R. Masullo nel volume Marino di Neapoli, Vita di Proclo. Testo critico, introduzione, traduzione e commento, Napoli 1985. Nella prima opera, pp. 271 sg., e nella se­canda, pp. 9 sgg., illettore trovera tutta la bibliografia occorrente sul­l'autore e sull'opera. La traduzione che utilizzeremo e quella di G. Fa­raggiana.

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periore, quella degli dei; voleva infatti diventare simile a questi, non agli uomini buoni»2 •

Tuttavia, malgrado le finalita apologetiche che Ma­rino persegue nel suo scritto, i fatti che riferisce risultano in larga misura attendibili, anche se aleone cospicue am­plificazioni, oscillazioni e inesattezze risultano evidenti.

In primo luogo, conosciamo da questo scritto le date di nascita e di morte con una buona approssimazione, e, forse, con esattezza. Marino ci riporta, infatti, 1' oroscopo di Proclo', da! quale, con opportuni calcoli, e con corre­zioni di certe inesattezze con cui 1' oroscopo e stato ripro­dotto dai codici, gli studiosi hanno dimos trato che la data di nascita che si ricava e 1'8 febbraio 412 e quella di morte il17 aprile 485.

Di queste due date, quella indicante la morte viene ormai riconosciuta dalla quasi totalita degli studiosi come indiscutibile e quindi certa. Essa, infatti, risulta piena­mente confermata da altri precisi elementi fornitici da Marino, il quale ci dice espressamente che la morte di Proclo avvenne il17 aprile dell'anno 424 dell'impero di Giuliano, che, secundo il calendario attico che i Neopla­tonici continuavano a usare, corrisponde appunto al 485 dell' era cristiana. Inoltre, egli ci dice che in connessione con la morte di Proclo ci furono due eclissi: una 1' anno prima e una 1' anno dopo; e gli studiosi di astronomía con­fermano che, effettivamente, il 1° febbraio 484 e il 19 maggio 486 ci furono eclissi, in modo corrispondente a quanto ci dice Marino4 •

Qualche incertezza presenta, invece, la data di na­scita. Infatti, mentre la data che si rica va dall' oroscopo comporterebbe che la durata della vita di Proclo sia stata 73 anni e un poco piu di due mesi, Marino ci dice, invece, che il filosofo visse 75 anni. Per risolvere queste diffi­colta, qualcuno ha pensato che Marino conteggiasse se-

2 Marino, V.d.P., 25. 3 Ivi, 35. 4 Cfr.ivi,37.

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condo 1' anno lunare e non solare; ma questa tesi e impro­ponibile, perché, in tal caso, non reggerebbe piu il conteggio degli anni dell'impero di Giuliano. Altri hanno pensato di correggere, in vece, la stessa data di nascita che si rica va dall' oroscopo. Ma oggi gli studiosi tendono a te­ner fermo 1' oroscopo, considerando meno attendibile l'in­dicazione della durata di 75 anni di vita5

. In ogni caso, la non corrispondenza fra la durata della vita che si ricava dall'oroscopo e quella espressamente indicata da Marino si limita a un anno e meno di dieci mesi, e, quindi, e di poco peso6

La citta natale di Proclo fu Bisanzio, dove la famiglia, che veniva dalla Licia, si trovava a motivo della profes­sione del padre (che era un giurista). Ma i primi insegna­menti egli Ji ricevette a Xanto in Licia, dove la famiglia aveva fatto ritorno. Successivamente, frequento ad Ales­sandria la scuola del retore Leonade, dove studio anche la lingua latina e il diritto romano, indirizzandosi sulla linea di studi che preparavano alla stessa professione del padre.

Un viaggio fatto con il maestro Leonade a Bisanzio porto Proclo a contatto con un nuovo ambiente di cultura che oriento i suoi interessi verso la filosofia. Marino ci dice che fu ladea A tena ad ispirarlo; ma i pi u recenti studi individuano nella riorganizzazione delle scuole di Bisan­zio, fatta da Teodosio II nel425, e nelle conseguenze che ne erano derivate, le cause che dovettero avere l'influsso determinante nella decisione di Proclo7

• •

Ritornato ad Alessandria, Proclo si allontano dalla retorica per dedicarsi alla filosofía. Con Olimpiodoro

5 Cfr. iví, 3 e 26. 6 Si veda al riguardo É. Évrard, La date de la naissance de Proclus le

Néoplatonicien, in <<L'Antiquité Classique», 29 (1960), pp. 137-41. H.D. Saffrey e L.G. Westerink nella Introduction a Proclus, Théologie platonicienne, vol. I, París 1968, ritengono le date che ~i ~cav~no dal: 1' oroscopo come definid ve e non danno alcun peso alla mdícaztone det 75 anni di durata complessiva della vita dí Proclo.

7 Cfr. Marino, V.d.P., 6 e 9. Si vedano aquesto riguardo irilievi di Saffrey e Westerink, op. cit., pp. XI sg.

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studio Aristotele e con Erone la matematica (la filosofia di Aristotele e la matematica erano le vie che si dovevano seguire per giungere a Platone). Tras se da questi maestri tutto do che essi erano in grado di dare, ma tosto maturo la convinzione della insufficienza del loro metodo di leg­gere e interpretare i testi dei filosofi, e, pertanto, decise di recarsi ad Atene. Ad Atene incontro il platonico Si­riano, che lo condusse da Plutarco figlio di Nestorio, che era capo dell' Accademia. L'insegnamento ricevuto da questi due uomini segno la svolta decisiva e il destino della vita di Proclo8

L'arrivo ad Arene avvenne verso la fine del430 (o agli inizi del 431). Dapprima, egli studio con Plutarco il De anima di Aristotele e il Fedone di Platone per circa due anni, ossia fino alla morte di Plutarco, che dovette avve­nire intorno al 4329

• Successivamente, con Siriano, che aveva preso la direzione della Scuola, lesse e studio tutto Aristotele per due anni, percio all'incirca fino al 434, e quindi affronto lo studio di Platone con il massimo impe­gno10.

L'itinerario seguito dai Neoplatonici nella prepara­zione filosofica completa partiva da Aristotele, la cuidar­trina era considerata introduttiva (come i <<piccoli>> mi­steri), per passare alla filosofia di Platone (i <<gran di>> misteri), la quale veniva completata, infine, con le dar­trine dei teologi espresse nei Poemi orfici e negli Oracoli caldaici. Proclo, pero, poté ricavare da Siriano solamente la spiegazione dei fondamenti della filosofia orfica e cal­daica, ma non la sistematica interpretazione dei testi. In­fatti, mentre Proclo e Domnino, proprio su invito del maestro, discutevan\) per decidere se scegliere per primi i carmi orfici oppure gli Oracoli caldaici, ed indugiavano perché non si trovavano d' accordo sulla scelta da fare

8 Cfr. Marino, V.d.P., 9 sgg. 9 Cfr. ivi, 12. 10 Cfr. Saffrey, Westerink, op. cit., p. xvr.

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(Proclo preferiva gli Oracoli caldaici mentre Domnino preferiva i carmi orfici), Siriano venne a morte11

La data della morte di Siriano e congetturalmente de­terminabile sulla base di una serie di elementi conver­genti. Infatti Marino ci dice che Proclo, giungendo al ventottesimo anno di eta, aveva gi3. composto commen­tari a Platone fra cui (e soprattutto) il Commentario al ' . Timeo. Pertanto, tale scritto deve essere stato termmato intorno al 439 o fra il 438 e il 439 (e uno scritto impo­nente e la parte giuntaci e di circa un migliaio di pa~in~ nelle edizioni critiche moderne). E tale opera parla di St­riano per lo piu al passato (usando l'imperfetto), ossi~ si riferisce a lui come a persona morta. Saffrey e Westermk pongono quindi il437 come data ?i r:'ort~ di ~iria,no .. Si­riano, pertanto, avrebbe tenuta il btenmo dt leztom su Aristotele dal 432 al 434, e il corso su Platone (che do­veva durare almeno un anno in piu rispetto a quello su Aristotele) dal 4J4 al43712

A Siriano se si sta ad un accenno di Marino (tra l'al­tro contenut~ in un inciso che suscita dubbi sulla sua esatta interpretazione)13, sarebbe succeduto Donmino come diadoco (almeno per qualche tempo). Ma questo ac­cenno non viene confermato da al tri documenti e lo stesso Marino ci informa che Siriano prese proprio Proclo <<come compartecipe nella vita a livello filosofico, aven­dolo rrovato tale e quale da tempo cercava di avere un . discepolo e successore in grado di accogliere i suoi nu­merosissimi insegnam~nti e la sua dottrina divina»14

.

11 Cfr. Marino, V.d.P., 26. 12 Cfr. Saffrey, Westerink, op. cit., pp. XV-XVII. 13 Cfr. Marino, V.d.P., 26. Ecco il testo: «Aveva poi al?pres~ dal

maestro alcuni elementi e, per cosl d!re¡¡ i geri?i della fil~sofia orftca ~ caldaica, poiché a quegli non fu posstb e studiare con lw anche 1. ~estl poetici: si era imposto infatti di commentare a Proclo e al filos?fo s~ano e diadoco Domnino l'una o l'altra delle due opere». Cof!le .sl. puo ben notare il termine «diadocm> in questo contesto ha un stgruhcato non poco p'roblematico e alquanto oscuro.

14 lvi, 12.

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Inoltre, aveva altresi stabilito che nella sua tamba venisse sepolto anche Proclo, allorché fosse morto. E Proclo ci conferma la verita di questa notizia nella epígrafe da lui composta per la propria tamba 15

Pertanto, se cosl e avvenuto, Proclo successe a Siriano al!' eta di 25 anni, e tenne la Scuola per quasi mezzo se­colo.

Probabilmente, egli inizio le sue lezioni proprio dal punto in cui era giunto Siriano, ossia da una esegesi dei teologi, e in particolare dal commento agli Oracoli cal­daici, sui quali compase un imponente commentario di 70 tetradi, in ben cinque anni di !avaro, terminato intorno al 442 16

La sua attivita di diadoco fu, in genere, intensissima. Teneva cinque lezioni giornaliere e alcune conferenze se­rali; scriveva 700 righe al giorno. L'imponente numero delle opere da !ni scritte (alcune delle quali di mole vera­mente straordinaria) fu appunto il frutto del suo insegna­mento17. Da Atene si allontano una sola volta, per il pe­riodo di un anno, per motivi politici. Poiché partecipava ai consigli della citta, in cui si prendevano decisioni poli­tiche, per dare suggerimenti e chiarificazioni concettuali, ad un certo momento cadde in sospetto presso alcuni av­versari (forse cristiani), e per tale motivo dovette ritirarsi, per sicurezza, per un anno in Lidia18

.

Dopo i 70 anni perse le sue energie e scrisse pochis­simo. Alla sua morte gli successe Marino. Proclo aveva optato a favore di Isidoro, nutrendo alcune riserve suMa­rino, per la sua debole salute, ma anche per il suo modesto ingegno filosofico (sappiamo - tra 1' altro - che non comprendeva l'interpretazione di Proclo del Parmenide e

15 Ecco !'epígrafe, riportataci da Marino, ivi, 36: «lo, Proclo, sano licio di origine; Siriano qui mi formO ed istrul perché gli succedess'i nel~ l'insegnamento; questa tamba comune ha accolto i corpi di entrambi. Possano anche le nostre anime ottenere dalla sorte un'unica sede».

16 Cfr. Saffrey, Westerink, op. cit., p. xx. 17 Cfr. Marino, V.d.P., 22. 18 Cfr. ivi, 15.

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non 1' accettava)19 , ma fu proprio Isidoro a porsi come ~e­cando, per rispetto dell'anzianita di Mari:'o e della. m: tensa attivita da lui svolta nella Scuola, e divenne qumdi diadoco alla morte di Marino20

2. Tratti magico-teurgici del/a figura spirituale di Proclo.

Fra i dati tramandatici che vanno considerad come fondamentali per capire Proclo. e il suo l?ensie:o si pon­gano in primo piano quelli che illust;ano .1 trattl de~a sua figura di mago-teurgo. Spe~so ques~1 da~1 sano _statlJ:?OC? rilevati o sono stati passatl sotto silenz10 dagli studi~>Sl, che li ritennero estranei al suo pensiero filos~f.ico, e pm~: tosto decettivi e quindi del tutto trascurabili. Ma 1 p!U recenti studi hanno portato in primo piano l'ÍI?'porta_nza di questa componente e hanno ~ostrato CD!fl7 il pens1ero filosofico di Proclo non risultl comprens1bile senza la teurgia, che per lui e il v7rtice de~a spi;itualita umana.

Certamen te, la Vita dt Proclo di Mar!;'-o, sull~ base d~I suo schema apologetico, present~~o c1o che nguard~ il filosofo secando la scala delle vtrtu che P<;>rt~no da!J u­mano al divino culminante appunto nelle vtrtu teurg1che che sono «le vi~tu somme a cuí puo giungere 1' anima del­l'uomo>>'", diede particolarissimo ~ilievo ~ :aJe comp~­nente anche ripetendo certi moduli stere~Jtlpl, seco~do ~ tipo particolare dell'agiografia neoplaton!ca. T_u~tav1a,_ c1 sono dei dati di base che, opportuna!'l~':'te rtd!mensiO­nati, si impongono come inc~mtroyertlb~l ~ re_n?ono del tutto credibili molti dei partlcolarl da lu1 riferttl.

Innanzitutto, Marino ci dice che Pro~lo, oltre ~d es­sere indirizzato da Siriano alla coml?renswne ?e~li Ora­coli caldaici e ad aver dedicato be':' c!~qu~ an~l _di lavo_r'? per commentarli, aveva appreso 1 rltl nuster1c1 caldruc1

19 Cfr. Damascio, Vita di Isidoro, 42 e fr. 245. 2° Cfr. Saffrey, Westerink, op. cit., pp. XXIV sgg. 21 Marino, V.d.P., 26.

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trasmessi da Nestorio, tramite la figlia di Plutarco Ascle­pigenia. Ecco il testo molto significativo:

Poiché, come ho detto, attendendo a tali occupazioni si pro~ curO una virtU ancora pili grande e piU perfetta, cioe quella teur­gica, e non si fermava piU aquella contemplativa, né viveva solo secando uno dei due caratteri propri degli esseri d.ivini, ossia limitandosi alla attivitS. intellettuale e a tendere alle realta su­periori, ma si prendeva cura ormai anche delle realtS. inferiori, secondo un modo che e proprio degli dei e non secondo il modo politice di cui abbiamo parlato prima. Praticava infatti i riti che portano alla congiunzione con il dio e le preghiere dei Caldei e si serviva dei divini e ineffabili strophaloi. Aveva imparato an­che questi riti e ne aveva BJ.?preso i significati e o~ altro par­ticolare da Asclepigenia figlia di Plutarco. Presso di lei soltanto si etano salvati i riti misterici trasmessi dal grande Nestorío e tutta la iniziazione teurgica a lei tramandata per il tramite del padre. Prima di cio il filosofo, purificandosi con le lustrazioni caldaiche rituali, fu diretto spettatore di manifestazioni lumi­nose di Ecate, come anch'egli ricorda in uno scritto sull'argo­mento. Muovendosi opportunamente una iynx apportO le piogge e liberO 1' Attica da un'infausta siccitit Collocava amuleti contra i terremoti, fece esperimenti sul potere divinatorio del tripode e proferl dei versi sulla propria sorte .. All'eta di quaran­t' anni gli sembrO di pronunciare in sogno tali versi:

U aleggia un fuigore iperuranio, immortale che prorompe tÚllla festa di un tiaso, fonte di luce infuocata;

all'inízio del suo quarantaduesimo anno gli pareva di dire a gran voce questi versi:

La mía anima come soffio gagliardo di fuoco e antÚlta e l'intelletto dispiegando in alto verso l'etere avvolta inspire

[difuoco si leva, e /reme la volta tutta stellata del/a immortale.

Oltre a ciO vide chiaramente di appartenere alla catena di Ermes e una volta ebbe in sogno la certezza di avere 1' anima del pita­gorico Nicomaco22

.

22 lvi, 28. (La traduzione di questo passo e di quelli che riporteremo anche piU avanti della Vita di Proclo e di C. Faraggiana di Sarzana, cit.)

10

'""' Come risulta ben chiaro, Proclo pratico la teurgia in ambedue le ditnensioni, quella telestica e quella media­nica, di cui parleremo, e aveva recepito anche 1' eliolatria caldaica, come ci dicono i versi contenuti nel testo ripor­tato e come meglio vedremo piU avantf3

.

Inoltre, sempre Marino ci dice che Proclo ripeteva spesso questo:

Se dipendesse da me, fra tutti i libri antichi farei lasciare in circolazione solo g1i Oracoli e il Timeo, gli al tri li farei sparire dalla vista dei m.iei contemporanei, perché arrivano ad essere perfino dannosi ad alcuni di coloro che li prendono in mano per

1 d , M caso senza a ovuta preparaz10ne .

Affermazione, questa, da cui risulta chiaramente la sua convinzione del grande valore e dell' importanza as­soluta degli Oracoli.

Infine e Proclo stesso a dirci, nella Teología platonica, che le cos~ che conservano tutta quanta la realta congiun­gendola alle cause prime, sono la folli,a d'am~re, la filoso: fia e la potenza teurgica, <<la quale e superwre ad ogm umana sapienza»25

.

-

Tutto questo dimostra in maniera assai eloquente la fondamentale itnportanza dei. tratti ~~urgid. che. deli­neano in maniera del tutto parttcolare 1 tmmagme dt Pro­clo. .

Ricordiamo ancora le attivita teurgi~he da lui pratt­cate. Quando si ammalavano alcuni amici, supplicava gli dei con inni e con azioni devote26

. In particolare, si rite­neva che avesse fatto guarire Asclel?ig<;nia, fi¡¡lia di Ar­chiada e di Plutarco, da una malattla mcurabile, recan­dosi nel tempio di Asclepio e pregandolo secando il rito

23 Cfr. Proclo, Arte ieratica, passim e Marino, V.d.P., 28, in partí-colare i versi di Proclo ivi riportati. Cfr. il testo appena riportato.

24 Marino, V.d.P., 38. 25 Proclo, Teologia platonica, 125, p. 113, 6-7 Saffrey-Westerink. 26 Marino, V.d.P., 17.

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piu antico27• lnoltre, celebrava sia di giorno sia di notte

riti apotropaici e riti di purificazione orfica e caldaica, e praticava immersioni purificatrici nel mare due o tre volte ogni mese28

• Digiunava in alcuni giorni in se guito ad ap­parizioni di vine e all'ultimo giorno di ogni mese celebrava i noviluni e onorava tutti gli dei, non solo quelli greci, affermando che iJ filosofo deve essere «Un sacerdote del mondo interm/9

• Ritenne ed affermo di avere avuto vi­sioni e rivelazioni divine30• Ebbe particolari legami con Asclepio", che Marino riferisce che gli sarebbe apparso addirit~ura prima della morte in forma di serpente, avvol­gendosr attorno al suo capo. Infine, Proclo ritenne di avere avuto stretti rapporti con Atena, la quale non solo lo conver_tl a dedicarsi interamente alla filosofía, ma gli apparve m sogno chiedendogli di accoglierla nella sua casa, ptoprio nel momento in cui la sua statua veniva ri­mossa da! Partenone dai cristiani32 •

Sano questi gli elementi che (soprattutto nello scorso secolo e nei primi decenni del nostro) si ritenne di dover respingere come non aventi nulla a che fare con la filoso­fía. In realta, non rientrando in que! circolo ermeneutico típico delle mentalita positivistiche e razionalistiche sono stati del tutto rimossi. lnvece, gli studi piu avanzatÍ hanno ai nostri giorni mostrato che e necessario uscire proprio da que! circolo ristretto e guadagnarne uno piu ampio e piu adeguato, se si vuol capire iJ pensiero di Pro­clo, e in particolare la dimensione storica in cuí si colloca la sua precisa statura e le sue precise caratteristiche com~ piu avanti avremo modo di comprovare. '

27 Cfr. ivi, 29. 28 Cfr. ivi, 18. 29 Ivi, 19. 3° Cfr. ivi, 22 e 33. 31 Cfr. ivi, 30-32. 32

Cfr. ivi, 6, 9 e 30. Fini analisi dei rapporti di Proclo con Atena sano offer!e da A.J. Festugiete, Proclus et la religion traditionnelle, arti­~olo dapp!,lma gubblicato n~i Mélat,Jges Piganiol, Paris 1966 e riprodotto m Festugtere, Etudes de phzlosophte grecque, Paris 1971, pp. 575-84.

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11. LE OPERE DI PROCLO

l. Opere pervenuteci.

Di Proclo ci e pervenuto moltissimo. Si puo dire che di lui possediamo un complesso di pagine superiore ri­spetto a tutti gli altri filosofí antichi. Ciononostante, quello che ci e pervenuto costituisce solamente una parte della sua immensa produzione, frutto delle sue straordi­narie capacita lavorative (scriveva, Come abbiamo visto, 700 righe al giorno) e del suo impegno assiduo e costan· te1

• Sostanzialmente si puo dire che la sua produzione coincide, pressoché per in tero, con le sue complesse e ben articolate attivita di diadoco e con le stesure dei suoi corsi e delle sue lezioni.

ll catalogo delle opere di Proclo o a lui attribuite re­datto da R. Beutler elenca 50 titoli2

, cuí ne vanno ag­giunti almeno altri dieci (forniremo nell'ultima parte un elenco dei titoli pervenutici)3• Di queste opere ben 25 ci sono pervenute per intero, o in larga parte, oppure in estratti e frammenti particolarmente signifícativi, e di esse almeno 18 sono sicuramente autentiche e si possono dividere nel modo che segue:

a) opere filosofiche sistematiche; b) commentari a Platone; e) opere matematiche, físiche e. astroJ;lomiche; d) scr!tt! teur¡¡i~i; e) scrlttl poetlcl e commenti a poeti; /) opera su questioni controverse; g) opere non autentiche o di discussa autenticita.

Cerchiamo di caratterizzarle in modo sintetico.

1 Cfr. il capitolo precedente, nota 17. 2 R. Beutler, voce Proklos, in Pauly, Wissowa, Kroll, Realency­

clopiidie der classischen Altertumswissenscha/t, Stuttgart 1957, vol. XXIII, l.

3 Si veda il catalogo delle opere alle pp. 126-29.

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2. Opere filosofiche sistematiche.

Fra le opere sistematiche fanno spicco particolare gli Elementi di teología, un trattato sintetico di metafísica nel senso antico del termine nella accezione neoplatonica. E stata questa 1' opera piu significativa nella storia degli in· flussi, a motivo della traduzione araba e poi di quella la· tina di estratti, diffusasi sotto il falso nome di Aristotele con il titolo Liber de causis, opera che fu considerata come un punto di riferimento nel Medioevo. Espone i principi primi e la struttura del reale in modo sintetico in 211 teo­remi, presentati nella forma geometrica secando il mo­dello seguito da Euclide nei suoi Elementi4 •

L'opera sistematica piu nutrita e massiccia e la Teolo­gía platonica, che, pero, pur nell'ampiezza dei libri perve· nutici, non risulta essere completa. Il piano dell' opera era quello di trattare nella prima parte le caratteristiche ge­nerali degli dei, nella seconda parte la gerarchia divina in tutti i suoi gradi, infine avrebbe dovuto terminare con la trattazione dei singoli dei ipercosmici ed encosmici. Saf. frey e Westerink hanno dimostrato che il piano risulta eseguito per citca meta o poco piu. Pertanto, o Proclo non ha potuto concludere 1' opera, oppure, molto piu proba­bilmente, una parte (forse un tomo) e andata perduta, o i copisti si sono scoraggiati nel copiarla, date le sue dimen· sioni. Orbene, poiché anche altre opere di Proclo ci sono pervenute tronche, appunto perla loro mole, <<sembra piu probabile supporre che, come queste altre opere, a suo tempo complete, la Teología platonica ci sia stata traman­data monca>>5

.

Le altre tre opere sistematiche pervenuteci, in un primo momento solo in traduzione latina fatta da Gu-

4 Per le edizioni e traduzioni in lingua moderna di quest' opera cfr. piu avanti, Bibl., II A 1, Ill/1 A 1, III/2 A 1, Ill/3 A l.

5 H.D. Saffrey, L.G. Westerink, Introduction a Proclus, Théologie platonicienne, vol. 1, París 1968, pp. LXV sgg. Perle indicazioni su que­st'opera si veda piu avanti, Bibl., II A 2, III/1 A 2, 111/2 A 2; 111/3 A 2.

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glielmo di Moerbeke nel1280 (ma ora ricostruite in larga misura anche nel testo originario), con il titolo Tria opu­scula, sono: Dieci problemi sulla provvidenza; La provvi­denza, il destino e la liberta dell'uomo; Sulla esistenza del male". Il termine <<provvidenza>> traduce il greco «Pró­noifl>> e -~ignifica qualcosa di diverso rispetto al senso che if termine ha assunto in seguito. Propriamente, prónáia ner SUD senso originario significa la conoscenza che pre­cede 1' essere e il pensiero, secando la dimensione verti­caie neoplatonica, di cui diremo piu avanti. E una sorta di gnosi unitaria <<che, comunicata da! Bene, permette agli dei, agli spititi e alle anime di trascendere !'idea e di pe­netrare cíO che le si oppone, I'apeiron, il non-essere, l'ir­razionale e lo stesso male>>7

• I1 destino e la strutturale con· nessione che lega le cose sensibili ed e, in certo senso, l'immagine della provvidenza, come le realta sensibili lo sono di quelle inteiligibili. La liberta della nostra anima, che ha una posizione intermedia, consiste nel saper sce­gliere fra il meglio e il peggio. I1 male, pero, non ha una sussistenza in sé. Esso esiste solamente nelle anime, nella misilra in cuí esse si rivolgono verso il peggio, e nei corpi in qllanto le cose si corrompono per far posta ad altre. Il male non e, quindi, la materia, anche se questa lo reñde possiblle. Né il male_~ nt:gaúone del ~ene, ma e piuttosto il rivolgersi clella potenza stessa del Bene in senso contra­rio. Il male non e, dunque, un contrario del Bene, bensl un «subcontrario», e non e una sussistenza, bensl una «pseudo-sussistenza» 8 • ··

6 Per le edizioni e le traduzioni moderne di quest' opera si veda piU avanti Bibl., 11 A 3.4.5, III/13.4.5, 111/2 3.4.5., III/3 3.4.5, III/4 3.4.5.

7 J. Trouillard, Proclos et son oeuvre, Paris 1978, p. 51. Di Trouil­lard, sempre su questo tema, si veda Note sur Proousios et Pronoia chez Proclus, in ((Revue des Etudes Grecques», 73 (1960), pp. 80-87.

8 Proclo, De ma/orum subsistentia, 50.

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3. I commentari a Platone.

Gia a partire da Giamblico il dialogo introduttivo a Platone era l'Alcibiade, che tratta della conoscenza di se medesimo che l'uomo deve raggiungere e dell'anima. E questa anche la tesi di Proclo. Purtroppo ci e pervenuto solo un terzo circa dell' opera, quello concernente la prima parte deli'Alcibiade, che esamina i nessi dell'anima con il divenire e do che si oppone alla conoscenza9 •

Il Commentario al Timeo, pur nella assai cospicua di­mensione in cuí ci e pervenuto, non e completo, e, pro­babilmente, costituísce solamente la meta della sua di­mensione originaria. Commenta il testo platonico fino alla pagina 44 E. Mache Proclo aves se commentato tutto quanto il Timeo platonico e certo, perché, come e stato rilevato dagli studiosi, ne e prova ¡¡ fatto che sono state ritrovate brevi partí concernenti alcune pagine conclusive del dialogo10

• Era questa 1' opera che Proclo preferiva fra tutti i suoi scritti11

.

Il Commentario al Parmenide ci e pure pervenuto in una notevole dimensione, ma si arresta alla prima ipotesi. Che esso fosse integrale e pressoché certo, giacché dai ri­ferimenti che vengono fatti nella parte pervenutaci della Teología platonica, si ricava con certezza che esso giun­geva alla quinta, mentre da Damascio sembra possibile capire che esso era completo. D'altra parte, il Parmenide costituíva secando Proclo il vertice del pensiero plato­ruco, e dalla comprensione di esso dipendeva quindi la comprensione del sistema nella sua interezza12

9 Per 1' edizione e le traduzioni di quest' opera si veda oltre Bibl., II B 9, lll/2 B 9, lll/3 B 9.

10 Per l'edizione e le traduzioni di quest'opera si veda piU avanti Bibl., ll B 6, III/2 B 6, III/3 B 6.

11 Marino, V. d. P., 38 scrive: «quanto ai suoi scritti dirO solo questo, che sempre anteponeva a tutti gli altri il commentario al Timeo; tuttavia gli piaceva moltissimo anche if commentario al Teeteto».

12 Per le edizioni e le traduzioni di quest' opera si veda pi U avanti Bibl., II B 10, III/2 B 10, III/3 B 10.

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Il Commentario alta Repubblica ha una struttura dif­ferente rispetto agli altri, in quanto non interpreta il testo in maniera continuativa, ma approfondisce una serie di teini. e di passi' trattati in 17 studi, nati in tempi diffe­rentt, e, probabilmente, alcuni di essi in modo autonomo. Oggi chiameremmo un' opera come questa una raccolta di ~tudi o di saggi sulla Repubblica. Fanno spicco soprattutto il sesto trattato dedicato alla difesa e alla interpretazione dei miti di Omero e quello dedicato al mito di Er13 •

Il C,ommentario al Cratilo, probabilmente, non e stato stes~ dtrettamente da Proclo, bensl da un discepolo che ha nprodotto in sunto le lezioni del maestro. Per questo motivo, i 185 capitoli o paragrafi in cuí si suddivide ?anno un carattere piuttosto rapsodico, ma contengono mte~~ssanti .concezioni neoplatoniche sullinguaggio, con fortl mflusst della componente teurgica14•

4. Opere matematiche, fisiche e astronomiche.

Fra le opere dedícate alle scienze particolari che ci sano pervenute la piu celebre e costituita dal Commenta­rio al p~mo libro degli Elementi di Euclide, i cuí due ampi prologht esprimono assai chiaramente la visione filosofica di Proclo della matematica15•

u.n piccolo gioiello nel suo genere pub considerarsi 1' o­pera m due libri Elementi di fisica, in cuí Proclo mette in forma geometrica la dottrina centrale della Física di Ari­stotele su! movimento16•

• 13 Per 1' edizione e -la traduzione di quest' opera si veda pi U a van ti

B!bl., ll B 7, lll/2 B 7. .

14 Per l'edizione e la traduzione di quest'opera si veda piU avanti

Bibl., ll B 8, III/1 B 8. •

15 Per l'edizione e la traduzione di quest'opera si veda piU avanti Bihl., u e 11, III/1 e 11, III/2 e 11, III/3 e 11, III/4 e 11.

• 16

Per l'edizione e le traduzioni di quest'opera sí veda piU avanti Bibi., u e 12, III/1 e 12, III/2 e 12, III/4 e 12.

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Di un certo interesse e poi lo Schizzo sulle teorie astro­nomiche, in cui Proclo fa il punto sulla problematica astronomica dei suoi tempi17

.

5. Opere teurgiche.

Gli scritti teurgici erano certamente fra i piu vasti e fra i piu impegnativi. Quello maggiore, che portava il ti­tolo Filosofia caldaica, come sopra abbiamo gia ricordato, aveva impegnato Proclo per ben cinque anni di intenso !avaro (70 tetradi in dieci libri, stando a quanto ci dice la Suda). Di tali opere ci sano giunte solamente alcune pa­gine di estratti, ma assai significative18•

Dell' Arte ieratica ci e giunto un estratto essenziale. Fu reso celebre nel Rinascimento dalla traduzione fatta da Marsilio Ficino con il titolo De sacrificio et magia, ed e stato ritrovato anche nell' originale. Riguarda i riti magi­co-teurgici e i loro fondamenti metafisici19

6. Opere poetiche e commenti a poeti.

Fra i molti Inni composti da Proclo ce ne sano pervenuti sette20 , mentre delle opere di commento ai maggiori poeti greci ci sano giunti solo gli Scolii alle «Opere e i giomi» di Es iodo, che trattano di alcuni nessi fra quest'opera di Esiodo e la Teogonía, nonché della

17 Per 1' edizione e le traduzioni di quest' opera si veda pi U avanti Bibl., Il e 13, III/2 e 13.

18 Per le edizioni e la traduzione di quest' opera si veda pi U avanti Bibl., Il D 15, III/1 D 15, III/2 D 15, III/3 D 15.

19 Per 1' edizione e le traduzioni di quest' opera si veda pi U avanti Bibl., Il D 14, III/1 D 14, III/2 D 14.

20 Per le edizioni e le traduzioni di quest' opera si veda pi U avanti Bibl., Il E 16, Ill/1 E 16, III/2 E 16, III/3 E 16.

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vita di Esiodo21• Sano invece andate perdute le opere su

O mero.

7. Opera su questioni controverse.

Delle opere in cuí Proclo discuteva su questioni con­troverse ci e giunta solamente una relazione sulle Diciotto prove sull'etemita del mondo contra i Cristiani fatta da Giovanni ~ilopono, che elenca queste preve, prima di confutarle m un suo ampio scritto Sull'eternita del mondo contra Proclo composto nel52922 •

8. Scritti di incerta autenticitd.

Delle opere giunteci sotto il nome di Proclo o a luí attribuite, ma sulla cuí autenticita gli studiosi hanno sol­levato vari dubbi, menzioneremo, in primo luego, il Com­mento al primo libro dell'Introduzione all'aritmetica di Ni­comaco, che e stato attribuito al nostro filosofo da P. Tannery, con il consenso di altri studiosi, che hanno ad­dotto a riprova della autenticita - tra 1' altro - il fatto che Proclo stesso riteneva di essere una reincarnazione di Nicomaco. Ma oggi la tesi dell' autenticita viene respin-ta23_ .

. La Para/rasi dei quattro libri di Tolomeo e l'Interpreta­zzone dei quattro libri di Tolomeo, nelloro contenuto con­cettuale molto simili fra di loro, sano giudicate di dubbia autenticita: la prima ci e giunta con il nome di Proclo, la

21 Per l'edizione di quest'opera si veda piU avanti Bihl., II E 17. Mancano traduzioni.

22 Per quanto riguarda quest' opera si veda quanto diciamo piU avanti Bibl., Il F 18, 111/4 F 18.

23 Si veda quanto diciamo piU avanti, p. 1.32, II G 19.

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seconda, invece, ci e giunta senza nome, roa di fatto coin­cide, per molteplici aspetti, con la prima24

Il trattato Le eclissi discute gli influssi esercitati dalle eclissi sulle cose umane secando i differenti segni zodia­cali in cuí avvengono. Ci e pervenuto solo in traduzioni latine e non nell' originale. Per questo motivo, giudicare sulla sua autenticita in modo definitivo non sembra pos­sibile25.

Anche sull' autenticita dell' opera da! ti tolo La sfera si haono dubbF6

Molti dubbi sano stati sollevati anche sulla Crestoma­zia, di cui ci e pervenuta una epítome fatta da Fozio, che da molti studiosi viene considerata come opera inauten­tica27.

Infine, 1' opera Sul genere epistolare, giuntaci sotto il nome di Proclo, si tende oggi ad attribuirla ad un cri­stiano28.

9. Le opere perdute.

Le opere di Proclo non pervenuteci sano ancora di piu di quelle pervenuteci. Per tracciare un quadro completo di queste, adotteremo come guida la linea di programma seguita nell' Accademia neoplatonica, oltre allo schema se­cando cui abbiamo suddiviso le opere pervenuteci.

Come abbiamo gia rilevato, il programma iniziava con Aristotele, considerato come introduttivo a Platone, ossia come i <<piccoli misteri» che preparano ai «grandi mi­steri», e lo si studiava per un biennio. In questo modo, come abbiamo gia veduto, iniziarono gli studi di Proclo

24 Si veda quanto diciamo piU avanti, cap. VII, § 4 e note 16-18. 25 Si veda quanto diciamo piU avanti, cap. VII, § 4 e nota 19. 26 Si veda quanto diciamo piU avanti, cap. VII, § 4 e note 20-22. 27 Per quanto concerne quest' opera si veda la monumentale opera di

A. Severyns, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, Liege-Paris 1938·63, 4 voll.

28 Si veda l'edizione indicata piU avanti Bibl., II G 25.

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con Siriaoo, e lo stesso dovette ripetere Proclo con i pro­pri allievi. Di conseguenza, egli scrisse numerosi com­mentari su Aristotele, puttroppo perduti. Commento l'I­sagoge di Porfirio (che e una introduzione alla logica di Aristotele), le Categorie, il De interpretatione, gli Analitici primi e gli Analitici secondf9

• Infatti, Proclo si era mo­srrato assai versato per la logica di Aristotele, come ci ri­ferisce Marino: <<Ímparava perfettamente e con estrema facilita perfino le opere di Aristotele, la cui pura e sem­plice lettura e gia di per sé difficile>>'0

Da Aristotele la Scuola passava <<alla dottrina mista­gogica di Platone>>, ossia <<alla iniziazione di natura real­mente divina contenuta nelle opere platoniche>>31 • Oltre ai commentari pervenutici (all' Alcibiade, al Timeo, al Par­menide, alla Repubblica e al Cratilo), Proclo scrisse com­mentari anche al Filebo, al Fedone, al Fedro, al Teeteto, al Gorgia, al Discorso di Diotima nel Simposio, al Sofista. Sap­piamo, inoltre, che accanto al suo Commentario al Timeo egli poneva quello al Teeteto come prediletto (Marino ci dice infatti che <<gli piaceva moltissimo>>)32

• Sempre ri­guardo a Platone egli scrisse un libro Sulle tre monadi che sono la «verit3.», la «hellezza» e la «proporzione» di cuí parla il Filebo". Oltre a queste opere scritte per iniziati, Proclo dedico a Platone aoche libri introduttivi di carat­tere dementare, ossia dei Prolegomeni alta filosofía di Pla­tone'4. In connessione con questo gruppo ~i opere su Pla-

29 Stranamente Beutler, nel suo catalogo, trascura completamente queste opere, che sano state, invece, segnalate da L.G. Westerink in Anonymous Prolegomena to Platonic Phi/osophy, Amsterdam 1962, nota 22 e da Saffrey, Westerink, op. cit., I, p. LV. Questi autori segnalano anche una Synanagnosis, forse una introduzione generale alla filosofia di Aristotele e all'Isagoge porfiriana (cfr. la prima opera, p. XXXII e nota 106 e la seconda p. LXVIII).

30 Marino, V.d.P., 9. 31 Ivi, 13. 32 !vi, 38; si veda il passo riportato supra, nota 11. 33 Cfr. Platone, Filebo, 64 A - 65 A. 34 Cfr. Westerink, Anonymous Prolegomena, cit., pp. XXXII-XLI.

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tone si pone anche un Commentario a Plotino, di cui ci e pervenuto qualche frammento".

Dopo Platone, come abbiamo gia visto sopra, veni· vano affrontati nell' Accademia neoplatonica i teologi. Ri­spetto agli scritti orfici, pure assai onorati, Proclo preferl gli Oracoli caldaici. Si occupo, tuttavia, anche dei primi. Subito dopo la morte di Siriano studio a fondo i suoi com­mentari ad Orfeo; ma, per ragioni che egli attribuiva ad un volere rivelatogli in sogno da Siriano stesso36

, fece delle annotazioni a margine, anche molto estese, agli scritti del maestro su Orfeo, ma non scrisse un suo com­mentario originale. Appunto aquesto lavoro deve riferirsi il titolo pervenutoci Sulla teología di Orfeo, cuí vanno ag­giunti anche Dieci libri sull'accordo di Orfeo, Pitagora e Platone con gli Oracoli.

Per quanto concerne le opere teurgiche, oltre a quelle di cuí abbiamo gia parlato, Proclo scrisse Sui simboli mi­tici (sui simboli magici che connettono le cose sensibili

35 Si vedano per quest'opera: J. Bídez, Un extrait de Proclus sur les «Ennéades» de Plotin, in AA. VV., Mélanges Desrousseaux, París 1937, pp. 11-18 e L.G. Westerink, Exzerpte aus Proklos' Enneadenkommentar bei Psellos, in «Byzantinische Zeitschrift)>, 52 (1959), pp. 1-10, ristam­pato in Id., Texts and Studies in Neoplatonism and Bizantine Literatur, Amsterdam 1980, pp. 21·30.

36 Marino, V.d.P., 27, scrive: <<Un giorno, mentre leggevo con luí i poem.i orfici, dal momento che udivo nelle sue spiegazioni non solo le interpretazioni di Giamblico e di Siriano, ma in numero maggiore e piU consone alla teología, chiesi al filosofo di non lasciare priva di esegesi neppure una tale poesía di ispirazione divina e di comporre quindi anche per questa un commentario in sé compiuto. Egli asseriva di aver avuto spesso l'intenzione di scriverlo, ma di esserne stato impedito chiara· mente da alcuni sogni. Diceva di aver visto il suo maestro [scil. Siriano] che con minacce lo distoglieva dal progetto. Escogitando aliara un altro espediente, mi parve giusto pregarlo di aggiungere nei libri del maestro quello che piU gli piaceva. Persuaso egli, immagine perfetta del bene, fece delle aggiunte nei margini dei commentari; ottenemmo cosl una raccolta unica di tutte quante le interpretazioni e furono scolü da luí stesi e commenti a Orfeo di non peche righe, anche se non riusd a fare ciO per tutti i racconti mitici e per tutti i cantí».

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alle soprasensibili), Sulla madre degli dei, Su Ecate, Sulla iniziazione (teurgica)37

Fra le opere riguardanti le scienze particolari, ricor· diamo gli scritti matematici e geometrici Raccolta di teo­remi matematici relativi al Timeo e Sulle linee parallele. Per quanto riguarda gli scritti di física ricordiamo: Sulla luce, Sullo spazio, Otto problemi di física, la Lettera ad Aristocle. Per quanto concerne !'astronomía ricordiamo anche L'U­ranodromo38.

Fra i suoi commenti ai poeti rientravano il Commen­tario ad Omero e Sugli dei di Omero39

Infine, per quanto concerne le opere polemiche sono da ricordare i seguenti titoli: Esame del/e tesi contrapposte da Aristotele al Timeo40 e il Saggio veritiero sulle teorie di Platone, uno scritto che entra in polemica con Domnino.

10. Conclusioni sugli scritti di Proclo.

Come il lettore si sara potuto rendere ben conto, un approccio con Proclo risulta essere, in un certo senso, il piu difficile rispetto agli approcci con tutti gli altri pen­satori greci, a motivo della vastita e della complessita del su o pensiero, che conclude una cultura di un millennio di vita della quale assorbe e ripropone numerosissimi ele· mentí in una forma di sincretismo che, sia pure fondato su precise basi teoretiche, implica tutta una serie di dif. ferenti componenti variamente mediate. ·

Una visione sintetica del pensiero del nostro filosofo puo essere fornita dagli Elementi di teología insieme ai

37 Si veda su questo punto Beutler, Proklos, cit., coll. 205 sg. 38 Dí questo scritto sano stati pubblicati un paio di frammenti da

W. Kroll in Catalogus codicum astrologorum graecorum, vol. VI, Bru· xelles 1903, p. 82.

39 Cfr. Beutler, Proklos, cit., col. 206. 40 Di questo scritto sano stati ricavati alcuni frammenti da Filopono

e da Simplicio. Cfr. L.J. Rosán, The Philosophy of Proclus. The Final Phase of Ancient Thought, New York 1949, pp. 51 e nota 17, 189 sg.

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brevi testi teurgici pervenutici, unitamente alla Vita di Proclo di Marino (che va letta cosl come si legge la V ita di Plotino di Porfitio insieme alle Enneadi)41 • Anche i Tria opuscula offrono un eccellente approccio sintetico.

Invece, la Teología platonica, che e la sua opera teo­re~icamente piu ambiziosa e che presenta il pensiero pro­diana a tutto tondo, risulta di comprensione assai com­plessa, e solo la recente edizione con traduzione a fronte e ottime introduzioni e note di Saffrey e Westerink la rende accessibile allo studioso moderno in modo fecondo. In ogni caso, quest' opera presenta difficolta in certo senso analoghe (sia pure su un altro piano e in ambito di al~ra cultura) a quelle che presenta 1' Enciclopedia delle sctenze filosofiche in compendio di Hegel.

Infine,. di anco~ piu difficile lettura e comprensione adeguata nsultano 1 Commentari a Platone. Ricordiamo t~a 1' alt:o, che ~i. sano giunti proprio i Commentari ai tr~ d!aloghi platomc1 che Giamblico e i Neoplatonici consi­deravano scritti-chiave per giungere al cuore della filoso­fi~ di Platone: 1' Alcjbiade come introduzione generale, il Ttmeo come trattazwne di tutte le realta encosmiche e il Parmenide come trattazione di tutte le realta intelligibili e trascen~enti. Infatti, per i Neoplatonici questi dialoghi abbracc1avano <<tutta quanta la filosofía di Platone» 42

Pertanto, risulta gia di per sé chiara la grande complessita che i Commentari a questi dialoghi implicano. A questo si aggiunga, poi, la difficolta che comporta il capire la tec­nica dell'interpretazione di Platone, iniziata in modo si­stemati~o gia con Giamblico e conclusasi appunto con Proclo, m base alla quale il testo di Platone veniva ri-letto e re-interpretato, e si potrebbe ben dire concettualmente ri-c:eat?, rit:ovand~ ~che sotto !eJ.arole piu modeste i var1 svilupp1 teoret1c1 guadagnat1 al Platonismo e da! Neoplatonismo in secoli di storia, con i vari sviluppi delle

41 E appunto quello che abbiamo fatto nell'opera gia citata sopra alla nota 1 del capitolo precedente. '

42 Proclo, Commentario a/Timeo, p. 13,5 sgg. Diehl e Commentario­all'Akibiade, p. 11, 11·17 Creuzer.

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dottrine platoniche scritte e non scritte. In questo senso, si puo ben dire che questi Commentari a Platone di Proclo sono i testi oggettivamente piu difficili da capire e soprat­tutto piu difficili da gustare per illettore di oggi, proprio per quel <<sovraccaricm> di storia che essi implicano; e tut­tavia essi contengono pagine di grande bellezza e profon­dita filosofica.

Una Introduzione a Proclo non puo essere una esposi­zione di una o di alcune opere scelte43

, ma deve essere l'individuazione degli assi portanti secando cuí si muove e si articola il suo pensiero, e l'indicazione delle linee fon­damentali che egli segue nelle sue indagini. Se fino a qual­che tempo fa questo risultava assai problematico, se non addirittura pressoché impossibile, oggi, a motivo della Proclus-Renaissance in atto44 e per i cospicui guadagni dei nuovi studi, risulta possibile. Ed e appunto questo che cercheremo di fare nelle pagine che seguono.

III. LA METAFISICA DELL'UNO E 1 PRINCIPAL! NESSI DINAMICO-RELAZIONALI DEL REALE

l. L'henologia procliana.

I1 primo punto che e necessario guadagnare per com­prendere Proclo riguarda proprio la cifra che caratterizza la dimensione teoretica del suo pensiero e l'impianto me­tafísico generale che lo sorregge.

Per capire questo punto, e perO necessario ricuperare l'altra faccia della grandiosa erma bifronte della metafi-

43 P. Bastid, Proclus et le crépuscule de la pensée grecque, París 1969, ha tentato di batter questa via, ma con risultati poco utili.

44 Si veda - tra 1' altro - come la Bibliografia finale indichi bene il notevolissimo aumento della letteratura prodiana a tutti i Iivelli man mano ci si avvicina ai nostri giorni.

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sica greca, che in tempi moderni e rimasta a lungo velata e che solo di recente si e incominciato a disvelare. Infatti, la metafísica greca e stata a lungo intesa come una onto­logía, ossia come una metafísica dell'essere (o, in senso ri­duttivo, come metafísica dell'ente). La concezione del­l'essere di Parmenide, le grandi tematiche concernenti 1' <<essere che veramente e» di alcuni scritti di Platone, e soprattutto la posizione di Aristotele che ha definito la metafísica come «scienza dell'essere in quanto essere», e in particolare gli influssi storici che questa posizione ari­stotelica ha esercitato in vario modo, hanno creato una vera e propria visione «epocale» che ha portato la mag­gioranza dei cultori di filosofía a identificare metafísica e ontología.

In realta, la cosa norí sta, storicamente e oggettiva­mente, in questo modo. Fin dalle origini, parallelamente alla problematica del!' essere, il pensiero antico ha posto e sviluppato la problematica deii'Uno. In altri termini, il pensiero greco ha impostato e sviluppato i problemi ulti­mativi non soltanto in funzione dei concetti basilari di essere, nascere e perite (essere, non-essere, divenire), ma al­tresl in funzione dei concetti, altrettanto basilari, di unita e molteplicita, di Uno e molti. Gia Eraclito scriveva «[ ... ] da tutte le cose !'Uno e daii'Uno tutte le cose>>1

. Parme­nide stesso, il grande creatore della tematica del!' essere, implicitamente sollevava in modo radicale la problema­tica deii'Uno, e il secondo eleatismo (Zenone e Melisso) aveva fatto emergere al di sopra della stessa tematica del­l'essere e del non-essere quella deii'Uno e dei moltF. 11 Platone delle dottrine non scritte aveva indicato proprio neii'Uno il principio assoluto (coincidente con il Bene)3 e

1 Eradito, fr. 10 Diels-Kranz. 2 Si veda aquesto riguardo G. Reale, Melisso e la storia dellafilosofia

greca, che e la monografía introduttiva alla raccolta e al commentario che abbiamo curato dei frammenti melissiani; Melisso, Testimonianze e frammenti, Firenze 1970.

3 Si vedano, aquesto r@ardo, H. Kriimer, Platone e i fondamenti del/a metafisica, Milano 19893 e G. Reale, Peruna nuova interpretazione

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il Neopitagorismo e soprattutto il Neoplatonismo hanno portato questa tematica alle estreme conseguenze4

• Pro­Clo e proprio il pensatore che ha cercato di approfondire questa concezione, indagandone in modo sistematice tutte le implicanze e sviluppandone tutte le possibili esplicazioni.

Dunque, la metafísica di Proclo va senza dubbio con­siderata come 1' espressione piu articolata e piu complessa della problematica deii'Uno (tv, hen) e di cio che ne con­segue, ed e quindi conveniente chiamarla henologia, ossia dottrina dell'Uno, che viene inteso come origine assoluta di tutto e spiegazione di tutto. Daii'Uno derivano e pro­cedono i molti, e, nella stessa misura in cuí derivano e procedono, ad esso fanno circolarmente ritorno. Proprio questo circo/o metafísico del procedere e ritornare all'Uno fonda, e quindi spiega strutturalmente, ogni forma di realta, come puntualmente vedremo illustrando in sintesi le linee di forza dell'henologia procliana'.

2. L'assoluta prioritli dell'Uno.

11 discorso metafísico in senso protologico consiste nel cercare di determinare, in una maniera il piu possibile esatta, in che cosa consista il principio prim~ assoluto, o i principi primi assoluti, da cui ogni cosa d1pende. Or­bene, se, come abbiamo gia sopra precisa~o, a livello di metafísica ontologica il discorso protologico punta su! prÍ1J.cipio primo del!' essere e ruota quindi per in tero in-

di Platone. Rilettura dei grandi dialoghi metafoici alla luce del/e «dottrine non scritte», Milano 19875 .

4 Si veda G. Reale, Storia dellafilosofiaantica, vol. IV, Milano 19875.

5 Per comprendere questo punto e indispensabile rendersi ben canto che non si pub interpretare 1' henologia dando ai termini metafisíci che la esprimono significad concettuali di estrazione aristotelica o tomistica o tipici dell'ontologia moderna, i quali, malgrado costituiscano gli assi portanti di concezioni veratnente epocali, harma radici paradigmatiche che sano ben differenti da quelle dell'henologia procliana, come ve­dremo.

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torno ai concetti di «essere», «non-essere» e «divenire», a livello di metafísica henologica il discórso protologico cambia di piapo, portandosi al di sopra del piano dell' es­sere, ponendosi quindi come un discorso meta-ontologico. I concetti basilari intorno a cui il discorso protologico si deve muovere a livello henologico sano pertanto, come gia sopra abbiamo indicato, quelli di <mnita» e <<molteplicita», ossia «Uno» e «molti», mentre il concetto di essere risulta un concetto derivato, ossia successivo (non cronologica­mente, ma metafísicamente), vale a dire non un concetto protologico in senso assoluto.

Dunque, se a livello henologico i concetti originari non ulteriormente semplificablli né deduciblli da al tri, ma semantizzabili solamente in reciproco rapporto fra di loro, sono 1' «Uno» e i «mol ti», aliara, di conseguenza, la domanda ultimativa si pone in questo modo: 1' originario in senso assoluto e 1' unita oppure la molteplicita, 1' Uno oppure i molti?

La risposta che Proclo da e molto precisa. L 'originario in senso assoluto e !'Uno e solo !'Uno.

Infatti, la stessa molteplicita presuppone strutrural­mente !'Uno in due sensi. In primo luogo, la molteplicita e una nel su o complesso, e come tale la concepiamo ed esprimiamo (e una unita-nel-suo-insieme). In secando luogo, ciascuno dei molti e uno, perché, se non fosse tale, ciascuno di questi molti o sarebbe un nulla, oppure sa­rebbe costituito di membri infiniti all'infinito; ma sia !'una che 1' altra di queste ipotesi sano assurde. Pertanto, !'Uno e anteriore ai molti, il che significa che ogni mol­teplicita deriva dall'unita. Il principio primo assoluto, dunque, e uno solo: e appunto !'Uno, perché ogni molte­plicita sussiste solamente come seconda rispetto al!' Uno, e da esso strutturalmente dipende6

Ma !'Uno si identifica con il Bene, come gia Platone nelle sue dottrine non scritte aveva sostenuto, e, dopo di lui, Plotino e gli altri Neoplatonici. Il Bene e, infatti, cio

6 Si vedano, in particolare, i teoremi 1-6 degli Elementi di teologia.

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a cui tutte le cose tendono e la causa dalla quale derivano, ma tale risulta essere appunto !'Uno. Il Bene salvaguarda e conserva tutte le cose; ma proprio !'Uno, uni-ficando le cose, le salvaguarda e conserva, le rende buone e perfette:

Se il Bene ha la proprieta di salvaguardare tullo cia che esisle (perciO e per tutte le cose oggetto di desiderio) e ciO che salva­guarda e comprende in sé la sostanza di ciascuna cosa e /'Uno (poiché dall'Uno ogni cosa e salvaguardata, mentre la disper­sione priva ciascuna cosa della su a essenza), il Bene unifica le cose in cui eventualmente sia presente e le comprende in sé in virtU delta unificazione. Inoltre, se l'Uno ha la proprieta di riunire e di comprendere in sé le cose, in virtU delta sua presenza rende per­fetta ogni cosa. L 'essere unificato, dunque, e in tal modo un bene per tutte le cose. Se anche l'unificazione e un bene in sé e il bene ha la facolta di creare l'unitii, il Bene assolulo e !'Uno assolulo si identificano, unificando e rendendo buone contemporanea­mente le cose che esistono [ ... f.

3. Perché dall'Uno derivano i molti.

Se !'Uno e il principio primo assoluto, aliara si pone come decisivo questo problema: perché e come dall'Uno derivano i molti?

L'Uno, risponde Proclo, produce a motivo della sua ; perfezione, ed e come una forza traboccante: produ- i cendo, non si impoverisce, ma permane identico a sé nella / sua trascendenza rispetto al prodotto. -

Cio che e perfetto desidera generare e C<>municare ad altri la propria pienezza. L' essenza dell'Uno sta proprio nell' essere produttore di unita. Si potrebbe dire, con for­mula latina, che I'Unum e diffusivum sui. Il che equivale esattamente alla formula del Bonum diffusivum sui, che diventera un punto cardine del pensiero medievale, ma che e gia perfettamente presente in Proclo, data appunto la coincidenza dell'Uno con il Bene. Ecco uno dei brani piii significativi:

7 Ivi, teor. 13. (Le traduzioni dei passi che riportiamo degli Elementi di teo/ogia sano di C. Faraggiana di Sarzana.)

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A causa della sua bondt. ha la facolta di far sussistere tutti gli esseri con un atto unitario (infatti il Bene e l'Uno sano la stessa cosa, sicché anche l'atto buono si identifica con l'atto unitario); cosl anche gli esseri che vengono dopo di esso per la loro perfe. zione sono spinti a generare altri esseri inferiori al loro essere8

.

In questo suo diffondere sé medesimo, l'Uno-Bene, come abbiamo rilevato, mantiene assoluta trascendenza. In modo analogo al Dio aristotelico che restando immo­bile muove tutte le cose, ma con amplificazioni e appro­fondimenti metafisici assai cospicui, Proclo dice che 1 'U­no-Bene impartecipato produce per partecipazione tutte le cose: senza mutazioni né alterazioni né diminuzioni di akun genere produce tutto grazie appunto alta sovrabbondanza di potenza e perfezione. Ecco uno dei testi piu belli:

Ogni essere che produce ha la facolta di produrre esseri conse­guentí grazie alla sua perfezione e sovrabbondanza di potenza. In· fatti, se producesse non grazie all' essere perfetto, ma essendo manchevole quanto alla potenza, non potrebbe neppure mante· nere immobile la sua posizione. In effetti, cíO che conferisce l'essere ad altro attraverso mancanza e debolezza, fornisce a questo stesso la sussistenza per .mezzo della propria mutazione e della propria alterazione. Ma tutto cíO che produce rimane tale e quale e, e il proprio derivato procede mentre esso permane. Essendo dunque pieno e perfetto, fa sussistere i suoi derivati senza muoversi né subire diminuzione; esso e precisamente cíO che e, non subisce trasformazione in essi né diminuzione. Il pro· dotto non e, infatti, una frazione del produttore. CíO non con· verrebbe né alla generazione né ai principi generatori. Non e neppure una trasformazione, poiché il produttore non diviene la materia dell' essere che procede: resta quale e, e il prodotto e altro da esso. TI generatore, dunque, sta al sicuro privo di alte· razione e di diminuzione, moltiplica se stesso in virtU della sua potenza generatrice e produce da se stesso ipostasi derivate9 •

Questa assoluta trascendenza dell'Uno fa ben com- -

8 !vi, teor. 25. 9 Ivi, teor. 27.

30

prendere la ragione per cui i Neoplatonici lo abbiano con­cepita, largamente anticipa ti da Platone, come <'111 di sopra dell'essere>> e anche «11/ di sopra dell'intelletto». Infatti per i Greci l'essere coincide con il de-terminato ontologico e l'intelletto con il de-terminato noologico, mentre !'Uno e, come fonte di ogni de-terminazione, al di sopra di ogni de-terminazione; e, trascendendo ogni de-terminazione e ogni de-finizione, trascende lo stesso essere e lo stesso in­telletto.

4. La grande triade e il circo/o delta <<Permanenza», della <<Processione>> e del <<ritorno» o «conversione».

La derivazione dei <<molti» dall'<<Unm> e i nessi strut­turali di fondo che !'Uno ha con i molti e i molti con !'Uno sono espressi da Proclo mediante la grandiosa legge cir­cglare triadica __ de~~ --~per!llanenza»~«processione»-«con~ versione», eh~ é.~na deTie piU cospicue (e, in un certo senso, la maggJ.ore) e~ressioni di quell' asse portante in­torno a cui ruota tutto il pensiero di Proclo. La produ­zione che proviene dall'Uno di tutte le cose, in generale e in particolare, si realizza in un processo circo/are che si scandisce appunto in tre momenti (non in senso cronolo­gico, ma metafísico): a. la «manenza» o «permanenza» (mane), ossia il permanere del principio in sé senza dimi­nuire; b. la <<processione>> (pr6odos), ossia l'uscita o la de­rivazione da! principio della successiva realta; c. il <<ti­torno» o «conversione>> (epistrophe), ossia il ricongiungersi del principiato al principio da cui deriva10

10 Per una pill ampia esposizione si veda G. Reale, L'estremo mes­saggio spirituale del mondo antico nel pensiero meta/isico e teurgico di Pro­clo, monografía pubblicata come saggio introduttivo al gia citato vo· lume: Proclo, I manuali, I testi magico·teurgici. Marino, Vita di Proclo, Milano 1985, pp. crv-cxrr. Per un approfondimento sistematice si ve~ dano: W. Beierwaltes, Proclo. I /ondamenti de/la sua metafisica, tradu­zione di N. Scotti, introduzione di G. Reale, Milano 1988 (la prima edizione dell'originale tedesco e del1965), pp. 161~203 eJ. Trouillard, L'Un et l'dme selon Proclos, París 1972, pp. 91·109.

31

GHt Plotino aveva ben individuara questi tre mo­menti, e probabilmente Siriano aveva sviluppato questa legge; tuttavia e proprio Proclo che la porta ad un livello di raffinatezza teoretica straordinaria e ai suoi limiti estremi11• .i.-fc·;·r.~

(á;, La «maneri:za» o «permanenza» significa che il prindpio primo, ossia !'Uno (cosl come ogni altro princi­pio successivo), permane sempre quello che e, vale a dire nella sua sovrabbondanza e perfezione, come abbiamo gia sopra detto, senza diminuire né perdere alcuncbé. 11 per­manere indiminuibile e proprio la ragione che rende pos­sibile il creare.

Ogni causa produttrice di altri esseri, restando ferma essa stessa, produce gli esseri a essa conseguenti e quelli successivi. Se infatti imita l'Uno e se !'Uno fa esistere i suoi conseguenti restando immobile, in tutto ciO che produce la causa del produrre e ana­lega. [ ... ] In ogni caso infatti ciO che non occupa il primo pasto deriva dacio che occupa il primo posta; sicché l'essere produt­tore di alcune cose deriva da ciO che produce tutto. Dunque, ogni essere che produce, produce le cose conseguenti restando immobile in se stesso. La produzione degli esseri conseguenti ha luego, dunque, da ,esseri che producono restando ferm_i senza su­bire diminuzione. E impossibile infatti che cío che m qualche misura subisce una dimínuzione rimanga quale f:12

.

__.. e• ~r:uz;

if La <<processione>>. non e una forma Ai _<<e!Il)l!la­zione» o di «transizione» o -di «StiOdivísiOne», come se il ¡)riilcipiato sia una parte emanante o procedente per di­visione da! principio, e il prodotto sia una parte divisa o una qualche forma di parzializzazione del produttore. 1a _ <<procesgon~> e, invece, una sorta di moltiplicazione (nef senso di manifestazione in molti) di se medesimo dap1!t_k del produttore, in virtu della propria potenza.

11 Si veda, aquesto riguardo, G. Reale, Ifondamenti del/a metafisica di Plotino e la struttura dei/a processione, in AA.VV., Grace/ui Reason. Essay in Ancient and Medieval Philosophy Presented to Joseph Owens, CSSR, Edited by Uoyd P. Gerson, Toronto 1983, pp. 153·75; cfr. an­che Id., Storúz dellafilosofia antica, vol. IV, cit.

12 Proclo, Elem. di teol., teor. 26.

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Naturalmente, il principiato che procede da! principio non puo essere ad esso identico, perché, se ci fosse totale identita, principio e principiato coinciderebbero, e !'uno non potrebbe essere «principiO>> e 1' altro <<principiatm>. D'altra parte essi non possono essere totalmente differenti, perché, in questo caso, non sussisterebbe fra di loro alcun nesso. 11 principiara rispetto al principio e <<simile>>, e la somiglianza implica, ad un tempo, identitii e differenza in senso mediato. Nella misura in cuí il prodotto e identico al produttore, permane in esso; nella misura in cuí e di­verso, procede da esso. Ma appunto questo rapporto di <<Somiglianza>>, che implica <<identitil>>-<<differenza>>, pre­suppone strutturalmente la metafísica tendenza di ogni principiato a ritornare al principio.

(e:· La <<GOllY~r§ione>> e dunque il ricongiungersi del causato alla causa come ai proprio bene' res a possibile ap­punto grazie alla somiglianza. Ecco tre testi basilari:

Se infatti da un lato procedesse, ma non si rivolgesse all' o­rigine di questa processione, non desidererebbe la causa: infatti tutto ciD che prava un desiderio si trova rivolto all'oggetto del desiderio. Ma ogni essere aspira al bene e cíascuno lo raggiunge attraverso la sua causa immediata: quindi cíascun essere desi­dera anche la propria causa. Infatti cíO da cui cíascuna cosa ri­ceve l'essere e quello tramite il quale ha anche il suo bene; il desiderio e anzitutto indirizzato a cíO da cui riceve il proprio bene. E la conversione ha come meta dO a cui anzitutto tende il desiderio13

.

Se dunque la processione nel suo cammino discendente sal­vaguarda una identitS. dell' essere generato rispetto all'essere ge­nerante e se quel carattere che quest'ultimo manifesta in senso primario lo manifesta anche ¡¡ suo derivato allivello che gli e proprio, l'essere generato ha la sua ipostasi grazie alfa somiglianza.

Ogni conversione ha luogo grazie alfa somiglianza degli es­seri che si rivolgono rispetto a ciO verso cui si rivolgono.

CíO che e soggetto a conversione tende a congiungersi in modo completo e aspira alla comunanza e allegame con l'og-

13 Ivi, teor. 31.

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getto della conversione stessa. Ma e la somiglianza a legare in· sieme ogni cosa, come e la disuguaglianza a distinguere e sepa· rare. Se dunque la conversione e una comunanza e una congíun· zione, e ogni comunanza e ogni congiunzione ha alta base la so· miglianza, ne consegue che ogni conversione e resa possibile grazie al/a somiglianza14

.

11 processo triadico ·di cuí stiamo parlando va conce­pito a guisa di circo lo in senso metaforice, ossia non come di successione di momenti, come se fra permanenza, pro­cessione e con-versione sussistesse una qualche distinzione di prima e di poi, ma come una strutturale coesistenza e distinzione dei momenti nel senso dialettico in dimensione metafísica, ovvero nd senso che ogni processo e un perenne permanere, un perenne procedere e un perenne con-vertirsi in dimensione metacronologica. E, analoga­mente, il processo di cui stiamo parlando non va inteso come movimento o mozione di carattere físico, ma come processo metafísico in cui dialetticamente si attua il pro­cedere del principiato dal principio e il suo ricongiungersi al principio medesimo. 11 che siguifica che la processione da sola non potrebbe spiegare 1' esserci dd principiato, ma implica appunto la <<conversione>>, che e la ricerca da parte del principiato delta perfezione che e nel principio. Ecco un testo particolarmente siguificativo:

Se infatti e vero che le conversioni hanno luogo con moví· mento circolare, che la conversione e diretta la donde ha origine la processione e che la processione ha origine da dO che e piU perfetto, ne consegue che la conversione e diretta a ciO che e piU perfetto. E se il punto di partenza della conversione e il termine ultimo della processione, e se la processione nel suo ultimo grado tocca l'essere piU ímperfetto, la conversione parte dall'es· sere piU imperfetto. Quindi negli esserí soggetti a conversione i prími gradi sono í piU imperfetti, gli ultimi i píU perfetti15

.

14 !vi, teorr. 29 e 32. 15 !vi, teor. 37.

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5. La grande triade «Limite»-«Illimite»-<<Mistm>.

Non meno importante e il grande nesso Limite-Illimi­te-Misto che esprime una struttura triadica, ancora una volta circolare, non solo della processione della realta dal­l'Uno in generale, ma anche di ogui forma di realta in particolare. Esso e stato addirittura defiuito come «la chiave di volta della filosofía di Proclm>16

; in effetti, se lo si considera congiuntamente al precedente, lo e vera­mente.

Í Per comprendere questa triade di limite-illimite-mi­[ sto, e necessario partire dall' origine dei tre membri che la , costituiscono, e quindi capire il nesso dialettico che Ji col­' lega. Prima ancora di attuarsi in modo particolare, Limite 1 e !Ilimite hanno una sussistenza originaria come Principi i universali in assoluto. Questo siguifica che, considerato a ·1!ivello primario, il Limite in senso assoluto non ha in sé 1' l'illimite; e l'Illimite, a sua volta, considerato in senso as­·, soluto, non ha in sé il Limite. - Limite e !Ilimite sono la prima mani{estazione dell'Vno (naturafffiénie--á ITvclio- sopraesseíizia!eeso¡iiiilñtellét: tuale), ~río t~mite_essi.sirealizza ]'jotera b_~g[_aJJ)a, ossia la manifestazione dell'Uno nella sua globalita. 11 primo Limite e la fonte di tutti i limiti che si realizzano a tutti i livelli. E illimite che si realizza a tutti í livelli e d;:termin_azione " s~eCifi,azione, e q]Und[ fondameni9 della specificita e-(leJI'e~.senza di ogni cosa (e, di conse­guenza, anchedella conoscibllita df ógrif cosa). 11 primo !Ilimite o Infinito e fonte del dispie~si __di_oJ!IlLmolte­plicita illlniitati, e c¡uindi a_llche _fo_llt" Cf! oani pluraJita. ~,]]a lorQ_«mescolalli!i>> _Q.Jlliific~i91te. <l:c;:,rT va üprÍ!ll_~}:s­s~:, ossia~l'e~s~e.Jn ~_enso prot9_!ipi~.Q,.-.f.h~sqS_t1tuisc,.e_ il moaelló dr tutto ClO che a IU1 consegue. Pertanto, l.fMist() e, ad un tempo, effetto derivante dalla congiunzigl!e di Limite e Illimite, ma, a sua volta, e causa e principi_o.Tn-

16 E. Vacherot, Histoire critique de l'Éco/e d'Alexandrie, voL II, Pa· ris 1846 (rist. Amsterdam 1965), p. 289.

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fatti, tranne !'Uno e ciascuno dei due Principi primi (Li­mite e !Ilimite) per sé considerad, tutto e sintesi dei due Principi; quindi, tutto e un «Misto», e, in quanto tale, dipende da! primo Misto come da modello (anzi, come piu avanti vedremo, le stesse Enadi, che sono al di sopra del­l'essere, implicano Limite e Illimite).

E qua! e la ragione della mescolanza di Limite e Illi­mite? E !'Uno medesimo che coordina e armonizza, ap­punto uni-ficando, quella dualita (che di per sé funge da contrapposizione di Principi opposti) in modo da formare la triad e unitaria del Misto.

Leggiamo testi basilari su questo tema:

Che altro mai si potra proporre, dopo l'Unita [ .. .], se non la diade dei principi? [ ... ] Seguendo infatti la teología tradizionale anche Platone pone due principi dopo I'Uno. Dice dunque So­erare, nel Filebo, che Iddio e generatore del determinante e del­l'indeterminato, e per mezzo di ciO, commíschiando tutti gli enti, li adduce in orcline [ ... ]. E se gli enti hanno ordine per mezzo di questi due principi, e chiaro che questí hanno avuto sussistenza prima di quelli. E se le realta seconde ne ebbero par­tecipazione, venendo quelli commischiati, debbono avere una precedente condizione irnmista dalle cose tutte. Infatti la pro­cessione delle cose divine non comincia dalle cose ordinate e che sano in altre, ma da cose separate e in se stesse sussistenti. E a quella guisa che l'Uno in se stesso viene prima delle cose unifi­cate, e a quella guisa che quanto subisce 1' azione dell'Uno oc­cupa un ordine che e secando, in causa appunto di questa im­partecipabile unitS; ebbene, alla stessa guisa, appunto, anche i due principi delle realta prima della partecipazione e prima della comm.istione originante \e realta, sussistono da se stessi, da sé solí principi universali. E necessario che, prima del determ.i­nato, ci sia il determinante, e, prima del definito, il definiente; e ciO, in rapporto di similitudine che presentano con l'Uno le cose che da Lui procedono. Se infatti deducessimo gli enti, senza mediazione, dall'Uno, non potremmo piU trovare in nes­sun luego, nella sua purezza, la caratteristica dell'Uno. lnfatti né l'Uno e identico all'essere, ma questi partecipa dell'Uno· né il primo Essere e Uno veramente. Infatti l'Uno in sé e pitt' su­blime deii'Unq_ che e. Dove e dunque quell'Uno che effettiva­mente e tale? E dunque qualche cosa che e Uno, prima dell' es­sere il quale da processione all'essere ed e causa dell'essere

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primo. Poiché quanto e prima dell'essere, e anche al cli la d'ogni unificazione; e anche non contenibile da nessuna cosa, impar­tecipabile, separata da tutto nella sua trascendenza. Ma se que­st'Uno e causa, se e principio dal quale procede l'essere, dovd. sussistere in Lui potenza generatrice dell'essere. Ogni cosa in­fatti che produce, produce secando la propria potenza la quale ha una sussistenza intermedia fra ciO che produce e le cose che vengono prodotte. E in rapporto al primo termine, e proces­sione quasi in prolungamento, mentre essa e la causa generatrice che viene prima del prodotto. In realta l'essere prodotto dalli­m.ite e dall'illim.ite (essere che in sé stesso non e l'Uno, ma ha conform.itS all'Uno) detiene dall'Uno la processione, in seguito alla potenza suscettiva di produrlo e suscettiva di farlo apparire dall'Uno e insieme di far manifesto dalla sussistenza dell'Uno l'occulto processo unificante. Socrate anzi nel Filebo chiama principio determinante quest'Uno che vien prima della potenza, e che per primo procede dalla causa universale, impartecipabile e inconoscibile; mentre chiama indetenninazione la potenza ge­neratrice dell'essere. E cosl si esprime aquesto proposito: «di­cevamo altrove che Idclio ha fatto apparire~ da una parte, de­terminazione; dall' altra, indeterminazione» 1

In successivo momento, ora diciamo che cosa sia mai quel terzo fatto che si manifesta in seguito a questi due prirn.i. Lo si chiami in ogni dove misto, intendencia che esso ha origine dal determinante e dal determínate. E se il determinante e deter­minazione degli enti, e l'indeterrn.inato ne e indeterminazione, e se esistono cose -che dall'uno e dall' altro hanno origine a quella guisa che lo stesso Socrate insegna chiaramente, e chiaro che il primissimo dei commisti e il primissimo degli. enti. E cio nul-1' altro, se non la cosa piU sublime in mezzo agJj enti, dO che per se stesso e l'essere e null'altro se non l'essere18•

L'essere intell.i_gibile e dunque il misto ed ha la sua origine, primariamente, daJla DivinitS, dalla ~uale anche il determinante e l'indeterminato hanno origine [ ... ] 9•

17 Proclo, Teologia platonica, III 7-8, p. 30, 11 sgg. Saffrey-Weste­rink. (La traduzione dei passi che riportiamo di quest'opera e di E. Tu­rolla.)

18 lvi, 9, p. 34, 23 sgg. Saffrey-Westerink. 19 lvi, 9, p. 36, 20 sgg. Saffrey-Westerink.

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Poiché il Limite e I'Illimite (o Infinitudine) sano 1' o­riginario e assolutamente primo manifestarsi dell'Uno, il quale, oltre che il principio da cuí derivano, e altresl il fondamento della loro ricongiunzione nel Misto, si pone il problema di stahilire se uno di questi due principi op­pure ambedue in qualche modo siano applicabili all'Uno medesimo (in un certo senso come espressione della sua essenza). Per rispondere a questo problema, come gli stu­diosi hanno ben rilevato, bisogna non cadete nell' errare di intenderli nel senso degli attributi di Dio intesi in senso tomistico oppure spinoziano20

. Essi sono, ad un tempo, ipostasi e principi che esprimono in modo dina­mico-relazionale l'esplicarsi dell'Uno e la sua articola­zione e quindi linee metafisiche causali che strutturano globalmente il reale nella sua totalita.

Tuttavia, essendo !'Uno la causa del Limite e dell'Il­limite e della triadica struttura unificante del Misto, si manifesta in essi e Proclo dice espressamente che il Li­mite degli esseri e l'Illimite manifestano quella Causa inconoscibile e impartecipabile (trascendente)21

• In un certo senso, si potrehhe dire che !'Uno e il Limite di tutti i limiti, e quindi Misura di tutte le misure, <<Misura di tutte le cose»22

, in senso prototipico assoluto, nel senso che e un Limite che <<trascende ogni limite», un Iperlimite: pertanto e una misura che trascende ogni misura, e quindi una Ipermisura. Ma in questo senso si potrebbe anche dire che e Illimite, appunto perché «e Limite di tutto che non ha hisogno di alcuna delimitazione>l'' e quindi e in-de­terminabile e in-definibile (non e determinabile né defi­nibile come le altre realta). Ed e Illimite altresi in quanto «illimitata potenza>> diffusiva di sé, che «su tutte le cose

2° Cfr. Trouillard, L'Un r:t l'Jme selon Proclos, cit., p. 75. 21 Cfr. Proclo, Teologia platonica, III 9 e 10, passim. 22 Si veda Id., Elem. di te'ol., teor. 92 (p. 82, 32 sg. Dodds) e Com­

mentario al Parmenide, p. 1124, 17·22 Cousin. 23 Si veda ivi, 1118, 12 sgg.; 1124 (l'intera pagina) Cousin.

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distende i suoi doni>>24 in modo globale e assoluto. Si puo quindi dire, con Beierwaltes, che !'Uno per Proclo «e fon­damento senza fondamento, limite senza limite, misura senza misura: o che il suo limite e la sua stessa incalcolabile potenza, la sua stessa infinitudine inconoscibile>>2

'. «ll suo essere metacontraddittorio e quindi sovraesistente si rivela ora nel fatto che esso non e né Illimitato né Limite, ma e l'unita di entrambi secando una modalita che en­tramhi li supera nella loro autonoma sussistenza>l6

Quanto abbiamo detto fa capire moho bene in che senso il discorso henologico si ponga <<al di sopra>> di quello ontologico, ossia in che senso la protologia henolo­gica sia «metaontologica>>. Lo schema che tracciamo puo rendere ancor meglio comprensibile, per immagine, quanto stiamo dicendo:

UNO

~ '\.. LIMITE ~ ILI.JMITE

'-... / MISTO ESSERE

Proprio nel senso che !'immagine suggerisce~ l'e~sere va inteso come una realta e un concetto «derlVatlvo», perché «deriva>> appunto dall'Uno, da! Limite e dall'Illi­mite che sano <<al di sopra>> (metafísicamente) di esso. E lo st~sso vale (come vedremo) anche per I'Intelligenza, che e una realta i~ostatica dipen?en!e . dall' ~ss~re~ e quindi essa pure ha !'Uno (e altresl il Lurute e 1 Illirrute) «al di sopra di essa>>"'7 •

24 Ivi, 1118, 21 sg. Cousin. 2 ' Beierwaltes, Proclo, cit., p. 106. 26 !vi, pp. 106 sg. 27 Per una pi U ampia esposizione dí questo nesso triadico _cfr. Reale,

L 'estremo messaggio, cit., pp. XCVI·CIV; Beierwaltes, Proclo, clt., pp. 96-107; Trouillard, L'Un et !'time selon Proclos, cit., pp. 69-89.

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6. Rapporto strutturale fra le triadi <<manenza-processione­conversione>> e «limite-illimite-misto>> e derivazione delta seconda triade da! pensiero di Platone.

Il rapporto fra le due triadi che abbiamo presentato e notevole e di carattere strutturale, come gia ha ben rile­yate u?o dei_ primi studiosi moderni che ha approfondito il penstero di Proclo: <<nelfinito (determinato), la realta si determina e si pone; nell'infinito (indeterminato), si di­stacca da! suo principio; nel misto vi ritorna. L'esistenza propria e indipendente, la separazione, la conversione [ ... ], o ancora, l'unita, lo sviluppo, la concentrazione tali sano i momenti della realta considerad sotto tut;e le forme»28

.

Potremmo rappresentare questa corrispondenza strut­turale delle due triadi nel modo seguente:

MANENZA PROCESSIONE

CONVERSIONE

LIMITE ILLIMITE MISTO

. La dottrina della triade Limite-Illimite-Misto pro­viene da Platone (che si ispirava ai Pitagorici) passa at­traverso i Neopitagorici e i Neoplatonici, ma' Proclo la porta alle conseguenze estreme in maniera globale. Va tuttavia precisato che gli studi piu avanzati hanno dimo­strato come non basti piu far riferimento al solo Filebo (peraltro cit~to da Proclo stesso in un passo sopra ripor­tato). Infattl, se per moho tempo si e ritenuto che i1 Li­mite, l'Illimite ~ il Misto di cuí parla il Filebo riguardas­sero solamente il cosmo e le realta sensibili e non le Idee cl,e sano semplici, i piu attenti studiosi hanno dimos trato che, ,in realta, riguardano anc_he le Idee, e quindi tutta la realta. Il fatto che Platone dica questo nei suoi scritti e P':" la prima _vol_t~ in maniera esplicita ed inequívoca nel Fzlebo, non stgruflca che la dottrina fosse un'acquisizione

28 Vacherot, Histoire critique, cit., II, pp. 278 sg.

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dell'ultima fase del suo pensiero; infatti, essa costituiva il nocciolo delle dottrine non scritte, che egli sviluppo al­l'interno dell' Accademia. Ogni realta e, nella misura in cuí e una de-terminazione, de-finizione, de-limitazione di un qualcosa di in-determinato, in-definito, il-limitato, os­sia in quanto partecipa, ad un tempo, dell'Unita (che e principio determinante) e del principio opposto della Día­de indefinita (che e principio della molteplicita illimita­ta), e costituisce, pertanto, una unita-nella-molteplicita29

Tutto questo fa ben comprendere l'importanza del principio ternario di Proclo e la novita che esso riveste nei confronti di Platone. Infatti, Platone concepiva ]'Uno medesimo come principio de-terminante e de-limitante (uni-ficante) nelle sue v"arie manifestazioni e gli poneva accanto il principio della Diade indefinita o illimitata come infinitudine e molteplicita, intendendola come principio antitetico all'Uno medesimo. Egli concepiva, qnindi, il se­cando principio come coeterno e coessenziale al primo, anche se concepiva quest'ultimo come metafísicamente e protologicamente superiore. In altri termini, Platone pre­sentava una struttura metafísica di base come bipolare'0

,

e, quindi, pur presentando la dottrina del <<mistm>, non poteva dare alla triade limite-illimite-misto quella rile­vanza metafísica che superava il bipolarismo nell'unita dialettico-triadica in maniera strutturale, perché il bipo­larismo resta va decís amente preminente, malgrado la pre­cisa concezione della superiorita dell'Uno.

Per contra, con la sua heno logia radicale Proclo (come in larga misura aveva gia fatto Plotino) concepisce il primo Linllte, come abbiamo visto, quale un primo deri­vato dall'Uno e non come !'Uno medesimo, e inoltre (e proprio questo e il punto piu significativo) concepisce il secando principio come un secando derivato dall'Uno (e, per di piu, escludendo la connessione della causa del ne­gativo e del male con questo principio). La coppia hipo-

29 Cfr. Kriimet, Platone, cit., pp. 155 sg. JO Cfr. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, cit., passim.

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!are dei principi supremi deriva pertanto, per Proclo, da un principio primo assoluto unico, cosl come da esso deriva anche la mescolanza di quei principi e quindi l'unit1t dia­lettico-triadica, come sopra abbiamo precisato.

Lo sviluppo della concezione di Platone, dunque, nel pensiero di Proclo risulta essere assai cospicuo.

7. La triade come unita dialettica nell'henologia procliana e il concetto metafisico di circo/o.

Le due triadi che abbiamo illustrato sano, come ab­biamo rilevato, i grandi assi portanti che sorreggono !'in­tero pensiero di Proclo. Tuttavia, non sano le uniche triadi, e ve ne sano anche altre che risultano, in un certo senso, ramificazioni di queste.

In una presentazione introduttiva non e possibile ad­dentrarsi nei vari meandri che sarebbe necessario percor­rere, per poter presentare queste triadi anche in modo sintetico. Tuttavia vogliamo richiamarne almeno altre due, che sano particolarmente importanti.

Una prima presenta il nesso metafísico di imparteci­pato-partecipato-partecipante, che costituisce il piu signi­ficativo approfondimento neoplatonico della dottrina della «metessÍ» o «partecipazione>> di genesi platonica, gia da Bréhier portata in primo piano come cospicua espressione del «realismo>> platonico e del connesso con­cetto di trascendenza, e da Dodds messa in rilievo come espressione anche dell'immanenza dell'universale. In ve­rita, si potrebbe meglio ancora dire che questa triade, mettendo in rilievo la trascendenza, fa capire in che senso essa; ben lungi dall'essere infeconda e aporetica separazione, abbia precisi rapporti immanenti e quindi spieghi tutte le cose. Infatti, l'impartecipato e appunto l'universale tra­scendente; il partecipato e l'universale immanente che da quello viene <<irradiatm>; il partecipante e il particolare che tende alla partecipazione, ossia che tende a realiz­zare l'universale. Per esempio, il Bello in sé e assoluto e impartecipato (trascendente); il carattere strutturale di

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bellezza che e nelle cose e il partecipato, ossia cío che il Bello in sé unitariamente irradia nelle cose; il parteci­pante e costituito dalle singole cose che diventano belle, realizzando appunto que! carattere. Naturalmente, l'im­partecipato piu alto in senso assoluto e !'Uno; il parte­cipato e l'unita nella molteplicita, e il partecipante e il molteplice che tende all'unita. Pertanto si puo dire che la strutturazione triadica e circolare da alla platonica teoría della partecipazione il suo piu cospicuo spessore metafisico31

.

Una seconda triade che merita di essere messa in ri­lievo e la seguente. Proclo introduce come intermedio fra l'Assoluto assolutamente incostituito e l'eterocostituito, ossia fra 1' assoluto incausato e il causato da altro, un tipo di realta <<autocostituentesh>, ossia autocausantesi (soprat­tutto nell'ambito del soprasensibile). Questa realta auto­costituentesi deriva il proprio autocostituirsi dalla realtii prima, e quindi non costituisce una autonoma autorealtii, ma e una realtii che deriva dall'Uno la capacita di autocau­sarsi, ossia la capacita di autodeterminarsi in maniera spe­cifica. Gli studiosi hanno ben rilevato l'importanza di questa novita introdotta da Proclo, in quanto essa supera il determinismo monística e di conseguenza rende possi­bile la fondazione metafísica della liberta del volere umano. E bene precisare, a questo riguardo, che il prin­cipio primo assoluto non puO essere detto causa sui o «au­tocostituentesi» nel senso comune, in quanto dO impli­cherebbe una effettiva distinzione e una differenziazione inammissibili nell'Uno assoluto; tuttavia, sarebbe possi­bile usare questi termini in senso prototipico, in quanto l'Uno e una causa sui in senso metacausale (ossia nel senso che e la causa di tutte le cause che non ha ulteriore causa), e autoprincipio in senso metaprincipiante, ossia nel sen­so che e principio da cuí derivano tutti i principi e che non ha bisogno di alcun principio. Pertanto si puo dire che esso e una sarta di metautocostituentesi. Dunque, la

31 Cfr. quanto diciamo in L'estremo messaggio, cit., pp. cxrv-cxvm.

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triade puo formularsi cosi: metautocostituentesi-autoco­stituentesi-costituito32.

Le due triadi principali, cosi come queste ultime che ?bbiamo brevemente presentara, dimostrano la gr,ande tmportanza che lo schema triadico ha in Proclo. E un contributo dei piu notevoli datici da Beierwaltes nel suo Proclo, proprio l'aver dimostrato come la triade sia il principio di base secando cui si articola il dispiegarsi del­l'Uno e il suo attuarsi in senso dinamico-relazionale. L'u­nita si arrua infatti, nella triadicita, in forma mediata attraverso la suddivisione in due, e il suo superamento con la riu:ñficazione. Per rifarci alla prima triade, po­rremmo dtre che la manenza e l'unita, la processione e la differenziazione diadica, la con-versione e il ritornare all'identico mediante la somiglianza appunto in scan­sione triadica33 .

Scrive Beierwaltes: «i'unita che ritorna o che e ritor­nata in se stessa e, secando la dinamica di manenza-pro­cessione-conversione sempre anche triadicita. Grazie al ritorno di cio che mediante la processione e stato con­dotto alla distinzione, la triadicita viene fondata come unit11 unificara e mediata attraverso la differenza. Attra­verso la conversione, pertanto, la triadicita e sempre me­diata nel proprio fondamento e in essa si compie fino a raggiungere la totalita che le e propria»'4 •

Analogo discorso vale altresi per la triade limite-illi­mite-misto: l'unita e illimite (che e determinatezza), la dualita e l'illimite (che e indeterminatezza), la triadicita e

32. Ricordiamo che Proclo esclude la possibilita di denominare !'Uno

~on ~ ter~ine «autoc.osti;tte.?!esi», perché esso, inteso in senso generale, l~p~ca g¡a una dualtta (il se ~ quanto costituente e il sé in quanto co­st1twto), e, come tale, non puo se non venire dopo l'Uno.

33 In q_uesto giocano una notevole importanza i nessi metafisici:

identita/~~fere~za, ~imile/dissimíle ~ pe:fetto/imperfetto, su cuí si veda quanto. dtcramo m L estrem_o messaggzo, crt., pp. cx:x:u-cx:x:vn; sí veda an­che Beterwaltes, Proclo, cit., pp. 107-17, 174 sgg. epassim.

34 Iví, p. 74.

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il «mistO>> di limite e illimite e la loro riunificazione (unita differenziata e dinamica).

La struttura triadica dell' heno logia procliana com­porta l'interpretazione del circolo come immagine meta­física dell'ru;ticolarsi dell'Uno in maniera verarnente em­blematica. E ancora Beierwaltes che meglio di tutti ha saputo portare in primo piano questa problematica, mo­strando come !'hegeliano processo dialettico dell' in sé­fuori di sé-ritorno a sé, inteso come «circolo stretto in se stessm> o come «circolo di circoli>>, derivi proprio da Pro­clo, che ha concepito la sua grande triade manen:r.a-proces­sione-conversione come struttura dialettica circolare in senso metafísico. Il centro del circolo e, infatti, immagine della permanenza, il raggio e immagine della processione, la circonferenza immagine del ritorno. <<La circonferenza non e alrro che il centro sviluppato e al tempo stesso de­limitara. In ciascuno dei suoi elementi in sé delimitad e delimitanti essa e rivolta verso il centro che e il principio del circolo. I1 rivolgersi diventa cosi processione giunta al suo termine e alla sua conversione»35

.

Tutto questo mostra ad abundantiam come la metafí­sica dell'Uno di Proclo, ben lungi dall' essere una forma di monismo statico, intplichi strutturalmente un assai com­plesso gioco di differenziazioni e di molteplicita in senso dinarnico, che si dispiega secando quel ritmo triadico cir­colare di cui abbiamo detto. L'Uno si dispiega attraverso una serie di differenziazioni, via via riguadagnandole me­diatamente nell'unita, secando quel nessb triadico-circo­lare, in un gigantesco quadro che include la totalita del reale.

Ma, per capire bene il senso di questo gigantesco qua­dro, oc corre comprendere quale sia il significara della struttura gerarchica del reale, che Proclo porta alle sue es treme conseguenze, ed e appunto di questo che ora dob­biarno parlare.

35 Ivi, pp. 218 sg.

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IV. LA STRUTTURA GERARCHICA DELLA REALTA

NELL' OTTICA DELLA HENOLOGIA DI PROCLO

l. Lo schema di base della struttura del reate.

I1 secando punto da guadagnate per intenderc; ~roela e la comprensione del significato e della complc;ss.rta dell.a strutturazione gerarchica della realtii secando cw si scandi­sce il processo di espansione e diffusione ?ell'Uno.

La prima concezione di una prospettrva della strut· tura metafisica geratchica del real~ e di ~la:one? e da. essa dipendono tutte le successive att!colazrom. ~rcordiamo che dalle dottrine non scritte, m a in latga m1sura anche dai dialoghi, emerge una concezione pir~mi.dale, eh~ si puo sinteticamente suddividere in tre pram: un pn~o piano c~e ingloba l'int~ro ~on~o ideale, ?~ secando <<In­termediO>> che abbraccra gli entr matematlcl (con caratte· ristiche in patte comuni al mon?o ideale in patte "! mondo sensibile), e un terzo che mclude tutte 1~ realt~ sensibili. Ciascuno di questi piani, poi, risulta attlc?la!s: in modo complesso. Al verdee d~l pri~~ stann? i prmcrp; supremi dell'Uno e della Diade mdefmrta,. c~I seguono 1

Numeri i<;leali e le Idee generalissime, da cu1 d_ipe~dono 1~ Idee particolati, nonché l'lntelligenza. de_mmrglc~. Gli en ti matematici si atticolano in cinque pranr: oggetti della matematica (numeri matemati~i), oggett! dell~ geometr~a piana, oggetti della ste;eome.ttla, oggettl dell astronorrua pura, oggetti della musrcologr_a. In questa sfer~, o ~omun­que in una sfera connessa, nentrano anche 1 Amma del mondo le anime astrali e quelle umane. E una certa at­ticolazione puo rintracciatsi anche nel mondo f_isico'.

Lo stesso Aristotele ha mantenuto la concez10ne della struttura geratchica del reale. lnfatti, le tre sfere del reale

1 Cfr., alriguardo, Kr1imer, Platone, cit., pp. ~63 sg. ~Reale, ~eruna nuova interpretazione di Platone, cit., passim; tn partlcolare st veda quanto diciamo a pp. 249-52.

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sano per luí quella soprasensibile immobile ed eterna, quella celeste sensibile-etema e quella terrestre sensibile­corruttibik. Ancora analogamente a Platone, egli ha con­cepita queste sfere in modo atticolato, ossia scandite ge­rarchicamente. Nel mondo soprasensibile immobile ed eterno egli ha incluso i cinquantacinque motori immobili (cinquantacinque intelligenze); nel mondo celeste la com­plessa serie di sfere e nel mondo fisico i quattro elemen­tF.

Con il Neoplatonismo si e imposta la struttura gerar­chica del reale concepita da Plotino, in vario modo ripen­sata e atticolata'. Al vertice sta la sfera dell' Uno, seguita dalla sfera del Nous, cuí segue la sfera dell'Anima, da cui dipende il mondo corporeo. Proclo parte proprio da que­sto schema plotiniana, roa gli impone una amplificazione che si spinge fino ai limiti estremi.

Ecco il ragionamento di base con cuí, in maniera assai semplice, Proclo mostra la necessita della scansione ge­ratchica del reale. Gli esseri possono suddividersi in due differenti gruppi: quelli dotati di movimento e quelli im· mobili. Gli esseri che sano dotati di movimento sono tali o perché ricevono movimento da altro, oppure perché lo posseggono in proprio. Gli esseri che hanno movimento solo perché lo ricevono da qualcos' altro sano tutti quanti corpi4

; gli esseri che ricevono movimento da se medesirni sono le anime, che lo comunicano ai corpi. L'aníma e, dunque, gerarchicamente superiore ai corpi. Ma ancora al di sopra dell'anima e' e il Nous, in quanto esso trascende il movimento stesso, avendo una attivita immobile. Ecco un testo patticolatmente significativo:

L' anima, ricevendo movimento da se stessa, ha un rango inferiore rispetto alla natura immobile, che permane immobile

2 Cfr. quanto d.iciamo ivi, pp. 252~55. 3 Cfr. la nostra Storia del/a filosofia antica, vol. IV, Milano 19875

,

pp. 461-688. 4 Si vedano, in particolare, i due ultimi teoremi degli Elementi di

fisica.

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anche quando e in attivita, poiché ciO che e dotato di moví­mento autonomo e superiore a tutti gli esseri che ricevono il movimento, e ciO che e immobile e superiore a tutti gli esseri che imprimono movimento. Se dunque l'anima essendo mossa. da se stessa muo ve gli al tri esseri, prima di essa deve sussistere 1' es­sere che imprime movimento restando immobile. L'intelletto imprime movimento essendo immobile e in attivíta permanente senza cambiamento. Infatti 1' anima tramite l'intelletto parte­cipa all' eterna attivita dd pensiero, come il carpo partecipa tra­mite !'anima del movimento autonomo. Se l'eterna attivita del pensiero fosse in linea primaria nell' anima, sarehbe immanente a ogni anima, come anche il godere di movimento autonomo. Questo, dunque, non e un carattere primario dell' anima; di con­seguenza deve sussístere prima dí essa 1' essere che a titolo pri­mo e dotato di pensíero: pertanto, prima delle anime c'e l'intel­letto'.

11 Nous non e, tuttavia, il vertice assoluto della realta. Al di sopra sta !'Uno, causa di tutto il reale in senso glo­bale, perché ogni realta, per essere, ha bisogno dell'Uno, compreso il Nous.

Questo schema di base, come abbiamo gia rilevato so­pra, viene scandito in vario modo con l'introduzione di complesse articolazioni tria di che all' interno di ogni sfera e addirittura con l'introduzione di scansioni perfino ebdomadiche, e dodecadiche, con esiti che raggiungono i limiti estremi soprattutto nella Teologia platonicé. Pro­clo stesso, pero, ha cercato di ridurre all'essenziale queste scansioni nella esposizione sintetica del suo pensiero fatta negli Elementi di teologia, e ad essi e quindi opportuno rifarsi per poterlo bene intendere.

Perché per Proclo la suddistinzione del soprasensibile nelle ·tre ipostasi Uno, Nous, Anima di Plotino non ba­stava? Perché, a suo avviso, la processione degli enti im­plica necessariamente degli intermedi, in modo da poter

5 Proclo, Elem. di teol., teor. 20. 6 Illettore ~tdt vedere nelle introduzioni ai vari libri della Teologia

platonica di SaHrey e Westerink, nonché nel Proklos di Beutler, queste complesse articolazioni.

48

1

. l.

:l

garantire il derivare !'uno dall' altro e il mutuo collega­mento. Senza gli intermedi, ci sarebbero dei <<VUotÍ»; il che e impensabile. Ecco due significativi testi: .

Necessita e che la processione degli enti sía senza interru­zioni e che nulla possa uscire e divenire vuoto (e ciO e nel regno corporeo e nel regno degli íncorporei) 7 •

[ .. .]Le processioni cfegli esseri, piU ancora che le processioni dei corpi nello spazio, non tollerano alcun vuoto, ma dovunque esistono fra i termini estremi degli intermediari che garantiscano illoro mutuo collegamento8.

Gli enti sono dunque da moltiplicare per le necessita implicare dalla processione. 11 principio plotiniana <<non sono molti gli intermedi>>', viene cosl capovolto per in­tero .

Le piu significative modificazioni dello schema ploti­niana introdotte da Proclo sono le seguenti.

In primo luogo, sono state introdotte le Enadi, intese come mediatrici fra !'Uno e la sfera del Nous, concepite come moltiplicazioni dell'unita, che restano ancora al di sopra dell'essere e dell'intelligenza, come passaggio d'ob­bligo nella rifrazione dell'Uno nella molteplicita, e delle quali parleremo subito sotto. In secando luogo, e stato ripensato in modo nuovo il Nous. Gia Plotino ammetteva una distinzione interna del Nous di Essere, Vita e Intel­ligenza, ma non intendendo Essere, Vita e Intelligenza nel senso di realta ipostatiche, come fa P.roclo, che pro­cede sulla vía gia intrapresa da altri Neoplatonici prima di lui10

• Nella Teologia platonica, poi, Proclo articola i sin­goli membri delle triadi (della prima e della seconda) con ulteriori distinzioni di ipostasi triadiche (con ulteriori triadi di ciascuno dei membri delle triadi) e articola la

7 Proclo, Teologia platonica, III 2, p. 6, 21 sgg. Saffrey-Westerink. 8 Id., De providentia, 20, p. 45, 21 sgg. Isaac. 9 Plotino, Enneadi, V 1, 3. 1° Cfr. Reale, Storia dellafilosofia antica, cit., IV, pp. 527 sgg., 543

sgg., 559 sgg., 606-16.

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terza perfino con scansione ebdomadica, come abbiamo gHt accennato. Infine, anche la sfera dell' anima viene in vario modo articolata. Lo schema piu interessante di que­sta articolazione, che si ricava dagli Elementi di teologia, suddivide le anime in anime divine, anime che parteci­pano perpetuamente del Nous, anime che partecipano temporaneamente del Nous.

Ecco un prospetto che riassume in maniera sinottica le cose dette:

UNo ENADI

¡ l. EssERE NOUS O 2. VrrA SPIRITO 3. INTEll.ETIO

l. Anime divine 2. Anime partecipanti

perennemente ANIMA del!' intelligenza

3. Anime partecipanti temporaneamente dell'intelligenza

SFERA DELLE REALT.Á CORPOREE

Si tenga presente che in ciascuna di queste sfere, at­traverso tutte le loro ulteriori articolazioni, si realizza un perfetto ordinamento gerarchico che fa capo alla prima realta di quella sfera, da cuí tutto deriva e a cuí tutto tende, costituendo, in questo modo, una unita. circolare perfetta.

Facciamo esemplificazioni di carattere sintetico se­guendo 1' ordine da! basso verso 1' alto.

a. Tutti gli enti corporei nei loro vari ordini derivano da un'unica Natura (la Natura del tutto), da essa scaturi­scono e ad essa tendono, costituendo, in tal modo, una unit1t organica perfetta.

b. Tutte le anime dei vari ordini derivano da un'unica Anima prima e tendono a risalire alla medesima in ma­niera globale.

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c. La stessa cosa vale nella sfera del Nous nella trí­plice scansione ipostatica: tutti gli esseri prodedono da! primo Essere e ad esso tendono; le vite procedono dalla prima Vita e ad essa tendono; le intelligenze dipendono dalla prima Intelligenza e ad essa tendono.

d. Le Enadi derivano dall'Uno e ad esso tendono. A sua volta, ogni sfera inferiore dipende da quella su­

periore, da essa derivando e ad essa tendendo. E appunto in questo modo !'Uno si dispiega in maniera sistematica e perfetta. In particolare, ogni molteplicita in cuí !'Uno si dispiega e in quantitli tanto minore e in potenza tanto mag­giore quanto piu risulta gerarchicamente vicina all'Uno; ed e invece in quantitli tanto maggiore e in potenza tanto minore quanto piu gerarchicamente risulta lontana dal­l'Uno. Ecco un testo assai illuminante:

CiO che e pill vicino e piU simile all'Uno; inoltre abbiamo gi3. dimostrato che l'Uno da sussistenza a tutte le cose senza parte­cipare della molteplicitA. Quindi ciO che e ph) simile a esso, es­senda causa di un numero maggiore di conseguenti, se e vera che l'Uno e causa dí 'tutto, sara piU unitario e meno passibile di divisione, se quello e Unita. Dunque, in quanto Uno, gli e piU consimile ciO che e meno dotato di molteplicit3., in quanto causa di tutto, ciO che ha la facolta di produrre píU conseguentí, e questo e ciO che ha maggíore potenza. Da ciO rísulta evidente che le nature corporee sono piU numerase delle anime, che que­ste sono piU numerase degli intelletti, che glí íntellettí sono a loro volta piu numerosi delle enadi divine; e si puo ripetere la stessa asserzione per tutte le realta 11

.

n lettore avra probabilmente ben intuito che, per ca­pire questo punto del pensiero di Proclo, di cui abbiamo qui presentato solo il nocciolo, soprattutto per capire le sue implicanze essenziali, che risultano di una complessita veramente straorclinaria, va ben capito un principio che in qualche modo capovolge quello canonico nella filosofía medievale: per Proclo entia sunt multiplicanda ex necessi-

11 Ptodo, Elem. di teol., teor. 62.

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tate. Infatti, egli e fermamente convinto che proprio per spiegare la realta nel suo complesso entia sunt multipli­cand4. Ma questa <<moltiplicazione>> non e se non il modo in cuí si scandisce la manifestazione dell'Uno, ossia 1' he­no/ania in senso globale. Appunto questa e, in un certo senso, la cifra piu significativa del suo pensiero.

2. Le Enadi: illoro significa/o e la loro importanza nel si· stema di Proclo.

Come abbiamo visto, Proclo ritiene che la prima ma­nifestazione dell'Uno nella molteplicita, ossia la prima tappa metafisica della henofania, non si realizzi immedia­tamente nella sfera del Nous, allivello piu elevato di essa che e costituito dall'Essere, bensi si realizzi su un piano ancor piu elevato dell'Essere, e quindi in una sfera asso· lutamente trascendente gli esseri, ovvero su! piano del­l'Uno. Dunque, !'Uno si manifesta in unita-molteplici, os­sia in una molteplicita-di-unita, che sono appunto le Enadi che costituiscono come le irradiazioni supreme dell'Uno. In questo modo, 1' Uno si manifesta enadologicamente come molti al piu alto grado. La prima tappa dell' heno/a· nia e, dunque, una enadologia.

Abbiamo gia visto come Proclo abbia pasto il Limite e l'Illimite (e il Misto che ne deriva) come le manifesta· zioni supreme dell'Uno, dalle quali, poi, tutto deriva. Pertanto, se Limite e !Ilimite (e Misto) sano prime mani­festazioni dell'Uno in senso assoluto e hanno funzione principiativa e capacita causativa della totalita del reale, aliara e evidente che anche le Enadi debbono connettersi in qualche modo a questi principi: esse sano un modo di manifestarsi dell'Uno che implica tali principi. Proclo su questo punto e esplicito:

Ogni ordine di dei [scil. Enadi] ha alla sua origine come principi primi illimite e !'infinito. Ma alcuni derivano maggior· mente dalla causa prima del limite, altri da quella dell'ínfinito. Ognuno infatti procede da entrambi, perché le elargizioni dalle

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cause prime trascorrono attraverso tutti i derivad. Ma nella me~ scolanza predomina ora illimite, ora l'infinito; e, a seconda che prevalgano le manifestazioni del limite o dell'infinitol ne risulta un genere la cuí caratteristica e illimite o l'infinito1 •

Pertanto, il ternario Limite-Illimite-Misto sta a fon­damento delle stesse Enadi. Naturalmente il <<misto» di Limite e Illimite delle Enadi sarii da intendere non in senso ontologico, come per tutte le altre realta, bensi in senso metaontologico, al di sopra del tipo di Misto che costituisce 1' essere (senza mescolanza sono soltanto il Li­mite e !'Illimite di per sé considerad, e, naturalmente, !'Uno). E in tal modo si capisce, ponendosi nell' ottica he­nologica, ossia al di sopra dell'ottica ontologica, come le Enadi siano tutte in tutte eppure ciascuna separata, e siano pure e immescolate. Saffrey e Westerink hanno molto ben precisato che per Proclo <<le Enadi divine sano come un composto di unita tutt' affatto pura e di una proprieta o di un carattere proprii. Ma questa unita e questa pro­prieta sono i corrispondenti analogici piu raffinatj dell' i­dentita e dell' alterita che si trovano nelle Forme. E allora a motivo del proprio carattere che le Enadi si distinguono le une dalle altre, ed e da questo carattere loro proprio che esse ricevono illoro nome ed e tramite esso che esse sono da noi conosciute>>13

• Meglio ancora sarebbe dire che e per il successivo manifestarsi a livello ontologico del loro carattere che esse vengono da noi conosciute, ossia non in sé e per sé, ma nelle loro causazioni.

Saffrey e Westerink precisano ulteriormente molto bene quanto segue; «lntermediari fra !'Uno e gli esseri, le Enadi costituiscono una tappa necessaria della metafísica procliana, Derivate esse stesse dall'Uno con la pi u grande similitudine possibile che risulta dalla loro produzione ad opera della realta stessa dell'Uno, esse produrranno a loro volta la processione indefinita degli esseri, addirittura

12 Ivi, teor. 159. 13 H.D. Saffrey, L.G. Westerink, Introduction a Proclus, Théologie

platonicienne, vol. lli, Paris 1978, pp. LXIX sg.

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fino al non-essere, mediante la partecipazione progressiva e continuamente digradata della loro uniti\ attraverso gli esseri. La conclusione che noi dobbiamo trarre da queste osservazioni, ci sembra essere la seguente. La teología delle Enadi di vine permette a Proclo di ricuperare 1' on­tología come parte derivata della henologia»1

In effetti, le Enadi sano l'analogo corrispettivo, a Ji­vello henologico, di quello che le Idee sano a livello onto­logico, e fra le due gerarchie sussiste una corrispondenza piena di ciascun termine della prima con ciascun termine della seconda, e ciascuno di questi deriva da quelli.

Precedenti di questa dottrina si trovano in Siriano e in Giamblico15 • Ma le spore della dottrina si trovano gia chiaramente in Plotino, il quale ammette espressamente i Numeri ideali come quella forza che fa nascere gli esseri: essi sono anteriori all'Essere e sono la regola secondo cui nell'Essere nascono gli esseri16

• E addirittura le prime tracce si dovrebbero trovare nelle dottrine non scritte di Platone, cbe ammetteva i Numeri ideali come passaggio mediatore fra i primi principi e 1' essere17

. Ma e Proclo cbe ha portato questa figura metafísica alla ribalta nella sua complessa henologia, dandole anche, come vedremo, un cospicuo rilievo teologico e magico-teurgico.

3. Le supreme realta spirituali: Essere, V ita, Intelligenza.

La manifestazione dell'Uno a livello ontologico ha luogo nella sfera spirituale del Nous, come abbiamo giil

14 !vi, p. LVII. 15 Dodds nel suo commentario a gli Elementi di teologia (p. 250) in­

dica Siriano come fonte. J. Dillon indica, in vece, anche Giamblico: Iam­blichus and the Origin o/ the Doctrine of Henads, in «Phronesis», 17 (1972), pp. 102-106, ora anche in Iamblichi Chakidensis In PLztonis dia­logas Commentariorumfragmenta, Appendix B, 412-16.

16 Si veda, in particolare, Plotino, Enneadi, VI 6,9 e VI 6,15. 17 Cfr., aquesto riguardo, quanto diciamo in Per una nuova inter­

pretazione di Platone, cit., pp. 237-52.

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sopra indicato. Si tratta, in sostanza, della plotiniana sfera del Nous articolata in tre ipostasi, a loro volta ulte­riormente articolate in vario modo.

La grande triade di base e costituita dall'Essere dalla Vita e dall'Intelligenza. L'Essere ha una essenza priori­taria perché da esso procede tutto cio che segue, in quanto, appunto, ogni cosa i!, perfino le cose che sano prive di intelligenza {le piante) e quelle che sano prive altresl di vita (i minerali). La Vita e la seconda ipostasi, perché essa produce un numero di cose minore rispetto a quello prodotto dall'Essere, ma superiore rispetto a quello prodotto dall'Intelligenza, in quanto sussistono cose che pur essendo vive sano prive di intelligenza. Terza ipostasi e l'Intelligenza, che presuppone le a!tre due. Ecco un be! testo che spiega bene questo punto:

Poiché [ ... ]la causa originaria di un numero maggiore di de~ rivati e anteriore alla causa originaria di un numero minore di derivad, fra le cause sopra cítate [Essere, Vita, Intelletto] l'Es~ sere occupera il primo posta: ínfatti e presente in tutte le cose dotate di vita e di intelletto (poiché ogni cosa che vive e che partedpa dell' attivit3. intellettiva necessariamente esiste) roen~ tre non vale }'inverso (infatti non tutti gli esseri vivono ~ pen~ sano). _Al secon1? posto e' e la Vita, poiché tutti gli esseri che parteopano dellmtelletto partedpano anche della vita mentre non vale !'inverso: infatti molti esseri vivono e rimangono pur tuttavia privi di attivit3. conosdtiva. Come terzo c'e l'lntelletto poiché tutto dO che in qualsiasi misura e in grado di conoscer~ vive ed e~ist~. Se .dunq~e l'Essere e causa di piU derivad, di meno der1vat1la V1ta, di ancor meno rintelletto per primo c'e l'Essere, poi la Vita, poi l'Intelletto18

. '

. Ciascnna di queste tre ipostasi, poi, come abbiamo gia ncordato sopra, e costituita da ordini cbe implicano mol­teplicita gerarchicbe, e che dipendono da un primo im-

r.art~cip_ato. Gli esseri dipendono tutti da! primo Essere, e_ Vlte 1~ tut_te le loro forme_ dipendono da una prima

Vtta, le mtelltgenze da una pr1ma Intelligenza.

18 Proclo, Elem. di teol., teor. 101.

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La struttura triadico-círcolate di cuí sopra abbiamo patlato spiega molto bene i nessi metafisici di queste tre ipostasi in senso uni-triadico. Secondo il principio tutto­e-in-tutto nel modo che a ciascuna realta e proprio, si deve elite che nell' essere ci sono vita e intelligenza a ti­vello di essere, nella vita ci sono essere e intelligenza a ti­vello di vitae nell'intelligenza ci sono essere evita a tivello di intel!igenza. E in questa triade !'Uno si manifesta tria­dicamente appunto come Uno-essere, Uno-vitae Uno-in­telligenza. Beierwaltes chiatisce bene questo punto nel se­guente modo: «Nella loro reciproca inerenza, essere, vita e spirito conservano ciascuno la su a essenza propria: 1' es­sere e nella vita e nel pensiero solo in quanto se stesso, esso e 1' essere della vita e del pensiero. Ma essere e pen­siero son o viventi in virtu della vita; e la vita dell' essere e del pensiero. Essere e vita sono a loro volta pensiero, giacché es so viene pensato nel N ous come fondamento di questi due atti. Questo e infatti pensiero dell' essere e della vita. Pertanto questa triade, in quanto vive e pensa, e l'Uno-essere, in quanto e e pensa e l'Uno-vita e in quanto· e e vive e l'Uno-pensiero, che pensa ogni cosa. Tutta quanta la triade come unita rispecchia ciascuno dei suoi membri»19

.

E appena il caso di ricordare come nella triade Essere­Vita-Intelligenza si rispecchi perfettamente la triade ma­nenza-processíone-conversione. L'Essere e «manenza»; la Vita e il dispiegatsi e quindi la <<processione>> della po­tenza inclusa nell'Essere; l'Intelligenza e il ricongiungersi e quindi il <<con-vertirsi» della vita pensante all' essere con 1' oggetto in cuí e per cui si attua il pensare. Ma in essa si rispecchia anche la triade Limite-Illimite-Misto, essendo l'Essere il Limite, la Vita l'Illimite (perché nella vita si dispiega la potenza illimitata dell'essere), mentre l'Intel­ligenza e il mediato ricongiungersi all'Essere.

19 W. Beierwaltes, Proclo, cit., pp. 138 sg. Su questo problema e da leggere attentamente l'intera prima parte dell'opera di Beierwaltes.

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4. L'Anima.

L' Anima e un essere che si autocostituisce, una vita che si autodona la vita, una conoscenza che si autocono­sce. Essa riceve, pertanto, questa sua struttura dalla triade ipostatica superiore del Nous. I1 suo essere e eterno, mentre la sua attivita e temporalizzatrice e quindi ha anche una scansione temporale. In quanto t:Ue 1' Anima fa patte per sua natura degli esseri eterni, ma m;_ diante la sua attivitii temporatizzatrice apre la serie degli esseri che sono soggetti al diveníre, e percio ha funzione mediatrice. In quanto agganciata all'incorporeo e ad un tempo genera trice e anima trice del corporeo, 1' Anima e, in un certo senso, una sintesi di tutta quanta la realta, e pertanto include la totalita di cío che esiste, come dice questo passo:

L'anima [. .. ]in qualitS. di modello precontiene, come causa le cose a cuí preesiste, possiede invece per partecipazione, sott~ forma di derivati per processo generativo da! loro stato primi­g~io, i print?pi dai quali ha tratto la sussistenza. Dunque, 1' a­mma precontiene, in quanto causa, tutte le cose sensibili e possiede ~ livell? immateriale i_ principi razionali delle cose materiali, a livello tnCOJ;poreo quelli delle cose corporee e a livello adimen­si~nal~ quelli. delle cos~ che_ s~ ~stendono nello spazio. Rispec­chla, mvece, il mondo mtellig1hile secando la modalita dell'im­!Dagü;te! .e. _ha. ~c.e~to_ in modo divisibile le forme degli mt~ll!g¡~ili l!'di~ISibih, m modo pluralizzato le forme degli in­:elliglh!li umtar1, con moto proprio le forme degli intelligibili unmobili. L' anima e, di conseguenza, la totalita di ciO che esi­ste: _Per partecipazione - nd caso dei princiP:i primi - o in qualita di modello - nd caso dei suoi derivati20 .

Per motivi derivanti in patte dalle schema metafísico del suo sistema che ipostatizza ogni passaggio nelle pro­cessioni, e in patte dill'influsso degli Oracoti ca!daici (di cuí patleremo piu avanti), Proclo sostiene che ogni Anima

20 Proclo, Elem. di teol., teor. 195.

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