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Cantone (art.14) , alla lettera a) po- stula che “ognuno possa sopperire ai propri bisogni con un lavoro (…. ) con una retribuzione che gli assicu- ri un tenore di vita dignitoso”. Folto è l’elenco delle proposte in at- tesa del giudizio, prima parlamenta- re ed eventualmente popolare, og- getto del dibattito politico: ultima venuta l’iniziativa, lanciata in Ticino dal Partito dei Verdi, che riprende la proposta risultata vincente nel Giu- ra, per un “salario minimo garanti- to” adeguato alle diverse situazioni economiche; la proposta è meno ra- dicale di quanto richiesto da una ini- ziativa socialista che fissa un salario minimo garantito di fr.4000.- mensi- li. A livello federale è già stata re- spinta dal Parlamento la proposta formulata dai giovani socialisti che tocca un aspetto più marginale, im- ponendo che il salario massimo in una impresa non possa essere supe- riore a dodici volte il salario minimo, for- se sperando che per aumentare la pro- pria retribuzione, i dirigenti migliore- ranno il salario del meno retribuito dei dipendenti …. Ma si stanno racco- gliendo le firme per una proposta più generale, anche se formulata con un articolo costituzionale, poi da “disciplinare ” con una apposita legge: è l’iniziativa federale deno- minata “Per un reddito di base in- condizionato” che “deve consentire a tutta la popolazione di condurre un’esistenza dignitosa”. Con questa disposizione verrebbe garantito a tutti un “reddito di sussistenza”, co- me di fatto già viene realizzato, per particolari categorie di persone, con le prestazioni complementari del- l’Assicurazione vecchiaia, o per i dis- occupati (almeno per un periodo li- mitato di tempo) , oppure con pre- stazioni sociali in particolari situa- zioni ( infermità, indigenza ecc.). È evidente che il “reddito minimo garantito” potrebbe risolvere in par- te anche la preoccupazione finan- ziaria di coloro che temono per il lo- ro futuro lavorativo o hanno difficol- tà a trovarlo (e che costituiscono probabilmente una parte dei fautori delle diverse proposte sopraelenca- te), anche se resta il disagio, per chi è senza lavoro, del mancato ricono- scimento della propria dignità e del- l’emarginazione sociale. Ma oltre alla difficoltà costituita dal rilevante peso finanziario (ostacolo per cui gli Stati che lo hanno introdotto asse- gnano prestazioni ridotte e spesso insufficienti), esiste il pericolo di fa- vorire i profittatori di ogni genere, e sarebbe necessario un efficiente si- stema di controllo (del resto gene- ralmente già attuato per i casi so- praindicati). Alcuni economisti tuttavia ritengono più realistico muoversi verso questa soluzione, piuttosto che tentare di imporre un generalizzato “salario minimo” che tutelerebbe unica- mente coloro che già hanno un la- voro, ma non garantisce né la conti- nuità del salario garantito, né coloro che lo perdono o lo devono cercare. Inoltre, in una economia di mercato, per quanto sociale, c’è il rischio di pregiudicare la sopravvivenza di al- cune imprese o di invogliare gli in- vestitori (sempre più anonimi) a diri- gere i capitali verso investimenti più rimunerativi o trasferire altrove le attività alla ricerca di mano d’opera meno retribuita. Ritengo che soluzioni vanno ricerca- te, per rispondere alle preoccupazio- ni che sono alla base delle diverse proposte, e sono certamente ritrova- bili a metà strada, con misure, pub- bliche o concordate tra le parti, sia per i lavoratori sia per la totalità del- la popolazione.È auspicabile che po- litici imprenditori ed economisti si impegnino per soluzioni realizzabili anche se temporanee e parziali. Alberto Lepori Largi strati dell’opinione pubblica, interpretati da movimenti politici, han- no presentato diverse proposte ten- denti a garantire il necessario per vive- re dignitosamente: il successo di alcu- ne iniziative popolari e l’ampio soste- gno di adesioni che altre, ancora in corso, hanno ottenuto, sono la conse- guenza di un momento economico particolarmente difficile per ampie fa- sce della popolazione, ma anche l’e- spressione di un sentimento diffuso di preoccupazione per l’evoluzione eco- nomica generale, in Europa e anche in Svizzera. Il fenomeno persistente (quando non l’aumento) della disoc- cupazione, specialmente giovanile, la perdita dei posti di lavoro causa la de- localizzazione delle imprese e la con- correnza di nuovi protagonisti sul pia- no internazionale, giustifica ampia- mente preoccupazione e ricerca di provvedimenti di garanzia, non più so- lo affidati alla contrattazione tra le parti, ma ricercate nell’intervento sta- tale e persino internazionale. La classe politica svizzera non sembra ancora aver pienamente avvertito l’ur- genza di un deciso intervento politico almeno mediatore: così abbiamo assi- stito al clamoroso successo della co- siddetta “iniziativa Minder” contro le retribuzioni eccessive (e ora parlamen- to e partito dovranno trovare una ap- plicazione sostenibile della prescrizio- ne costituzionale accettata dalla mag- gioranza dei cittadini), e nel Cantone Giura è stato recentemente accolto il principio di un salario minimo, garan- tito per legge, confermando una scel- ta precedente votata nel Cantone di Neuchâtel e in attesa di attuazione. Prima di ricordare altre proposte po- polari già all’esame o in via di presen- tazione , sarà opportuno rilevare come le due richieste per così dire “estreme” (il minimo di esistenza e il salario mini- mo garantito) non sono unicamente causate dalla situazione economica at- tuale, ma trovano il loro origine in principi da tempo nelle Carte dei dirit- ti fondamentali e nelle moderne costi- tuzioni democeratiche. Nella pagina PRINCIPIA (vedi pag. 3) sono pubblica- ti alcuni testi: qui basta ricordare che la Dichiarazione universale dei Diritti del- l’Uomo (10 dicembre 1948 ), sotto- scritta da tutti i Paesi che partecipano alle Nazioni Unite (Svizzera compre- sa!), all’art. 23 riconosce un “diritto al lavoro … con una rimunerazione equa e soddisfacente”, e all’art. 25 elenca le componenti necessarie “ ad un tenore di vita sufficiente”, mentre la Carta Sociale Europea (18 ottobre 1961) impone come obiettivi politici di garantire ad ogni persona “la possibi- lità di guadagnare la vita con una oc- cupazione libera- mente accettata” con “una equa rimu- nerazione che assi- curi loro, come pure alle loro famiglie, un livello di vita soddi- sfacente”. Merita senz’altro ri- cordare (special- mente ai politici smemorati ….) an- che quanto proclama la Costituzione federale (del 18 aprile 1999) e la Co- stituzione cantonale ticinese (del 24 dicembre 1997): per l’art. 41 del te- sto federale, Confederazione e Can- toni si adoperano affinché “le perso- ne abili al lavoro possano provvedere al loro sostentamento con un lavoro a condizioni adeguate”(lett. d), men- tre le altre lettere e paragrafi elenca- no altri obiettivi sociali, anche se si precisa (cap.4) che non costituiscono premessa per ottenere prestazioni di- rette dallo Stato. La Costituzione ti- cinese all’art. 13 elenca i diritti socia- li di ogni persona , tra cui “i mezzi ne- cessari per condurre una esistenza conforme alle esigenze della dignità umana”, e tra gli Obiettivi sociali del Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Principia I diritti fondamentali in materia di lavoro Pagina III Personaggi Giovanni Nervo: partigiano, prete e politico Pagina IV Online È possibile vedere Pegaso al sito internet: www.riviste-ticinesi.ch Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 82 - 10 maggio Politica La rete pubblica in lingua italiana svolge il suo mandato con equità? Pagina II Primo piano La via del salario garantito non è quella giusta Salario Alcuni Stati hanno già introdotto un salario minimo garantito, ma assegnano prestazioni ridotte e spesso insufficienti

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Cantone (art.14) , alla lettera a) po-stula che “ognuno possa sopperireai propri bisogni con un lavoro (….) con una retribuzione che gli assicu-ri un tenore di vita dignitoso”.Folto è l’elenco delle proposte in at-tesa del giudizio, prima parlamenta-re ed eventualmente popolare, og-getto del dibattito politico: ultimavenuta l’iniziativa, lanciata in Ticinodal Partito dei Verdi, che riprende laproposta risultata vincente nel Giu-ra, per un “salario minimo garanti-to” adeguato alle diverse situazionieconomiche; la proposta è meno ra-dicale di quanto richiesto da una ini-ziativa socialista che fissa un salariominimo garantito di fr.4000.- mensi-li. A livello federale è già stata re-spinta dal Parlamento la propostaformulata dai giovani socialisti chetocca un aspetto più marginale, im-ponendo che il salario massimo in

una impresa nonpossa essere supe-riore a dodici volte ilsalario minimo, for-se sperando che peraumentare la pro-pria retribuzione, idirigenti migliore-ranno il salario delmeno retribuito deidipendenti ….Ma si stanno racco-

gliendo le firme per una propostapiù generale, anche se formulatacon un articolo costituzionale, poida “disciplinare ” con una appositalegge: è l’iniziativa federale deno-minata “Per un reddito di base in-condizionato” che “deve consentirea tutta la popolazione di condurreun’esistenza dignitosa”. Con questadisposizione verrebbe garantito atutti un “reddito di sussistenza”, co-me di fatto già viene realizzato, perparticolari categorie di persone, conle prestazioni complementari del-l’Assicurazione vecchiaia, o per i dis-occupati (almeno per un periodo li-mitato di tempo) , oppure con pre-stazioni sociali in particolari situa-zioni ( infermità, indigenza ecc.).

È evidente che il “reddito minimogarantito” potrebbe risolvere in par-te anche la preoccupazione finan-ziaria di coloro che temono per il lo-ro futuro lavorativo o hanno difficol-tà a trovarlo (e che costituisconoprobabilmente una parte dei fautoridelle diverse proposte sopraelenca-te), anche se resta il disagio, per chiè senza lavoro, del mancato ricono-scimento della propria dignità e del-l’emarginazione sociale. Ma oltrealla difficoltà costituita dal rilevantepeso finanziario (ostacolo per cui gliStati che lo hanno introdotto asse-gnano prestazioni ridotte e spessoinsufficienti), esiste il pericolo di fa-vorire i profittatori di ogni genere, esarebbe necessario un efficiente si-stema di controllo (del resto gene-ralmente già attuato per i casi so-praindicati). Alcuni economisti tuttavia ritengonopiù realistico muoversi verso questasoluzione, piuttosto che tentare diimporre un generalizzato “salariominimo” che tutelerebbe unica-mente coloro che già hanno un la-voro, ma non garantisce né la conti-nuità del salario garantito, né coloroche lo perdono o lo devono cercare.Inoltre, in una economia di mercato,per quanto sociale, c’è il rischio dipregiudicare la sopravvivenza di al-cune imprese o di invogliare gli in-vestitori (sempre più anonimi) a diri-gere i capitali verso investimenti piùrimunerativi o trasferire altrove leattività alla ricerca di mano d’operameno retribuita.Ritengo che soluzioni vanno ricerca-te, per rispondere alle preoccupazio-ni che sono alla base delle diverseproposte, e sono certamente ritrova-bili a metà strada, con misure, pub-bliche o concordate tra le parti, siaper i lavoratori sia per la totalità del-la popolazione.È auspicabile che po-litici imprenditori ed economisti siimpegnino per soluzioni realizzabilianche se temporanee e parziali.

Alberto Lepori

Largi strati dell’opinione pubblica,interpretati da movimenti politici, han-no presentato diverse proposte ten-denti a garantire il necessario per vive-re dignitosamente: il successo di alcu-ne iniziative popolari e l’ampio soste-gno di adesioni che altre, ancora incorso, hanno ottenuto, sono la conse-guenza di un momento economicoparticolarmente difficile per ampie fa-sce della popolazione, ma anche l’e-spressione di un sentimento diffuso dipreoccupazione per l’evoluzione eco-nomica generale, in Europa e anche inSvizzera. Il fenomeno persistente(quando non l’aumento) della disoc-cupazione, specialmente giovanile, laperdita dei posti di lavoro causa la de-localizzazione delle imprese e la con-correnza di nuovi protagonisti sul pia-no internazionale, giustifica ampia-mente preoccupazione e ricerca diprovvedimenti di garanzia, non più so-lo affidati alla contrattazione tra leparti, ma ricercate nell’intervento sta-tale e persino internazionale.La classe politica svizzera non sembraancora aver pienamente avvertito l’ur-genza di un deciso intervento politicoalmeno mediatore: così abbiamo assi-stito al clamoroso successo della co-siddetta “iniziativa Minder” contro leretribuzioni eccessive (e ora parlamen-to e partito dovranno trovare una ap-plicazione sostenibile della prescrizio-ne costituzionale accettata dalla mag-gioranza dei cittadini), e nel CantoneGiura è stato recentemente accolto ilprincipio di un salario minimo, garan-tito per legge, confermando una scel-ta precedente votata nel Cantone diNeuchâtel e in attesa di attuazione.Prima di ricordare altre proposte po-polari già all’esame o in via di presen-tazione , sarà opportuno rilevare come

le due richieste per così dire “estreme”(il minimo di esistenza e il salario mini-mo garantito) non sono unicamentecausate dalla situazione economica at-tuale, ma trovano il loro origine inprincipi da tempo nelle Carte dei dirit-ti fondamentali e nelle moderne costi-tuzioni democeratiche. Nella paginaPRINCIPIA (vedi pag. 3) sono pubblica-ti alcuni testi: qui basta ricordare che laDichiarazione universale dei Diritti del-l’Uomo (10 dicembre 1948 ), sotto-scritta da tutti i Paesi che partecipanoalle Nazioni Unite (Svizzera compre-sa!), all’art. 23 riconosce un “dirittoal lavoro … con una rimunerazioneequa e soddisfacente”, e all’art. 25elenca le componenti necessarie “ adun tenore di vita sufficiente”, mentrela Carta Sociale Europea (18 ottobre1961) impone come obiettivi politici digarantire ad ogni persona “la possibi-lità di guadagnare la vita con una oc-cupazione libera-mente accettata”con “una equa rimu-nerazione che assi-curi loro, come purealle loro famiglie, unlivello di vita soddi-sfacente”. Merita senz’altro ri-cordare (special-mente ai politicismemorati ….) an-che quanto proclama la Costituzionefederale (del 18 aprile 1999) e la Co-stituzione cantonale ticinese (del 24dicembre 1997): per l’art. 41 del te-sto federale, Confederazione e Can-toni si adoperano affinché “le perso-ne abili al lavoro possano provvedereal loro sostentamento con un lavoroa condizioni adeguate”(lett. d), men-tre le altre lettere e paragrafi elenca-no altri obiettivi sociali, anche se siprecisa (cap.4) che non costituisconopremessa per ottenere prestazioni di-rette dallo Stato. La Costituzione ti-cinese all’art. 13 elenca i diritti socia-li di ogni persona , tra cui “i mezzi ne-cessari per condurre una esistenzaconforme alle esigenze della dignitàumana”, e tra gli Obiettivi sociali del

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PrincipiaI diritti fondamentali in materia di lavoroPagina III

PersonaggiGiovanni Nervo: partigiano, prete e politicoPagina IV

OnlineÈ possibile vederePegaso al sito internet:www.riviste-ticinesi.ch

PegasoInserto mensile diPopolo e Libertà

no. 82 - 10 maggio

PoliticaLa rete pubblica in lingua italianasvolge il suo mandato con equità?Pagina II

Primo pianoLa via del salario garantito non è quella giusta

SalarioAlcuni Stati hanno già

introdotto un salario minimogarantito, ma assegnano

prestazioni ridotte e spessoinsufficienti

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Informazione

La rete pubblica in lingua italianasvolge il suo mandato con equità?Un commento di Giorgio Zappa prima dell’Assemblea della CORSI

Pegaso Venerdì 10 maggio 2013II

L’Assemblea generale ordinariadella CORSI (la Cooperativa per laradiotelevisione svizzera di lingua ita-liana) è convocata per oggi pomerig-gio (venerdì 10 maggio) allo studioradio di Lugano Besso. Il Rapportosull’attività del Consiglio regionale edegli altri organi, che è stato diffusocon la convocazione agli oltre 2’500soci della cooperativa, richiama inapertura il fatto che i nuovi statutihanno notevolmente ridimensionatoi compiti della Cooperativa stessa;compiti che oggi sono essenzialmen-te finalizzati alla funzione di “anellodi congiunzione fra l’azienda radio-televisiva e la sua comunità regiona-le di riferimento”. La Corsi stessa,presieduta ora da Luigi Pedrazzini,ha dimostrato di affrontare questocompito in modo particolarmentecreativo; e l’Assemblea di quest’an-no sembra avere tutte le premesseper essere un’Assemblea di routine(a meno che non siano previste gros-se novità per quanto riguarda lenuove strategie dell’azienda, che sa-ranno illustrate nella relazione deldir. Balestra).Sembra ovvio che nella nuova pro-spettiva assumerà un peso particola-re il lavoro del Consiglio del Pubbli-co, che si occupa attraverso gruppidi lavoro di monitorare le trasmissio-ni prodotte dalla RSI e di farsi porta-voce delle attese edei giudizi del pub-blico. I rapporti deisingoli gruppi, tra-smessi al Consiglioregionale e discussicon i responsabilidell’azienda, costi-tuiscono del restouna parte importan-te del fascicolo chei soci avranno a disposizione.Non ci si deve meravigliare se, aven-do alle spalle un periodo carico dielezioni (cantonali 2011, federali2011, comunali 2012 e poi ancora2013), l’attenzione finisce per con-centrarsi sulle trasmissioni elettorali,anche per l’interesse che suscitano eper gli aspetti delicati che non sipossono nascondere. Intendo condi-videre il giudizio positivo che il grup-po ad hoc ha espresso sul totale del-

la programmazione e in particolaresulla buona prova fornita in questaoccasione dai nuovi responsabili; enel contempo mi pare logico soffer-marmi su alcune delle critiche avan-zate dal gruppo, almeno su quelleche possono far nascere sospetti dimancanza di equità nei confrontidelle forze e delle persone in gioco.Tra le critiche espresse, peraltro e op-portunamente con linguaggio mode-rato e tono non polemico, mi sem-bra utile ricordare: per le cantonali,la focalizzazione eccessiva su un paiodi candidati, giudicati più protagoni-sti di altri (e che si potrebbe dire poidelle elezioni comunali del 2013,quando la focalizzazione è avvenutanon solo fra due candidati, ma an-che su uno solo dei tre Comuni incui si votava!); la confusione nelladefinizione di liste civiche; il non ri-goroso rispetto dell’embargo pre-elettorale. È ovvio che queste tre cri-tiche possono comportare il sospettodi mancanza di equità, e sia pure in-volontaria. Non mi soffermerei inve-ce sull’errata informazione data inprima battuta circa la norma per ladesignazione del vice-sindaco: puressendo grave, sono disposto a con-siderarla una semplice “gaffe”.Interessante mi sembra confrontarequeste osservazioni critiche con i da-ti esposti dall’avv. Gianpiero Raveglia

che dal 2008 svol-ge le funzioni dimediatore della RSIe pertanto deve oc-cuparsi delle reazio-ni di quegli ascolta-tori che adiscono lavia del reclamo perfar valere i loro di-ritti. In una intervi-sta sulla rivista PER-

CORSI del marzo 2013 il mediatorefa stato prima di tutto del numeromolto limitato di reclami a cui deveattendere: poco più di una dozzinaall’anno, 16 soltanto nel 2012, pre-valentemente rivolti a trasmissioni te-levisive, tutti rivolti al settore infor-mativo. A sorpresa, nell’anno 2012 ireclami che avevano come oggetto ilsettore delle trasmissioni elettoralisono stati soltanto tre, di cui due ri-solti senza difficoltà alcuna.

L’intervista del mediatore dà infor-mazioni anche circa l’iter che è pre-disposto per i reclami, che possonoessere evasi dopo un colloquio chia-rificatore con i responsabili dell’a-zienda, oppure risolti dal mediatorestesso che tuttavia si limita a mette-re in carta il suo parere e non hacompetenza di emettere una senten-za impegnativa perle parti. Chi deside-ra ricevere una deci-sione formale, hala facoltà di rivol-gersi all’Aiir (Auto-rità di ricorso inmateria radiotelevi-siva) a Berna e, inseguito, al Tribuna-le Federale.Proprio su questo punto, mi pareche si possa fare un’osservazione. Ilmediatore riferisce che il Tribunalefederale si limita ad un controllo sulrispetto della legalità e non giudicala qualità del lavoro dei giornalisti. Sipuò ben essere d’accordo con il me-diatore che definisce questa una“decisione saggia”, ma credo di do-ver aggiungere che non è facile daattuare perché spesso non è facileseparare l’errore del giornalista da

un effetto che lede l’equità della tra-smissione. Per trovare un esempio,basta considerare le tre criticheespresse dal gruppo di lavoro delConsiglio del pubblico, di cui ho par-lato qui sopra. Oppure, per citare un solo esempioancora: quando un partecipante aduna discussione pre-elettorale (evito i

nomi, perché il let-tore avrà già capitoa chi alludo) inter-rompe sistematica-mente il discorso diun altro partecipan-te e la telecameraaltrettanto sistema-ticamente riprendechi non rispetta iturni, si può parlare

solo di un errore delle persone, op-pure è in ballo anche una (grave)mancanza di equità?Se i reclami dei partiti contro le tra-smissioni elettorali e pre-elettorali so-no così pochi e si esauriscono nellapolemica spicciola, temo che sia pro-prio per la difficoltà di risolvere que-sta questione.

Giorgio Zappa

ReclamiOgni anno il numero dei

reclami è molto limitato; nel2012 sono stati soltanto 16,

prevalentemente rivolti atrasmissioni televisive

MalcostumeQuando un partecipante ad

una discussione interrompe ildiscorso di un altro

partecipante la telecameraingiustamente lo riprende

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Principia

Diritti fondamentali in materia di lavoroDalla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo alla Costituzione ticinese

Venerdì 10 maggio 2013 Pegaso III

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO del 10 dicembre 1948Art.23

• Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro ladisoccupazione.

• Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro. • Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza

conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. • Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Art. 25• Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia , con particolareriguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di

disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendentidalla sua volontà.

CARTA SOCIALE EUROPEA del 18 ottobre 1961Parte prima

Le Parti contraenti riconoscono come obiettivi di una politica che esse perseguiranno con ogni mezzo idoneo, sul piano nazionale e sul piano in-ternazionale, la realizzazione di condizioni adatte ad assicurare l'esercizio effettivo dei diritti e dei principi seguenti :

• Ogni persona deve avere la possibilità di guadagnare la vita con una occupazione liberamente accettata. • Tutti lavoratori hanno diritto ad eque condizioni lavoro.

• Tutti i lavoratori hanno diritto ad una equa rimunerazione , che assicuri loro, come pure alle loro famiglie, un livello di vita soddisfacente. • Tutti i lavoratori e i datori di lavoro hanno il diritto di associarsi liberamente in seno ad organizzazioni nazionali e internazionali per la prote-

zione dei loro interessi economici e sociali.

COSTITUZIONE CANTONALE TICINESE DEL 14 DICEMBRE 1997

Articolo 14 Obiettivi socialiIl Cantone provvede affinché:

• ognuno possa sopperire ai suoi bisogni con un lavoro svolto in condizioni adeguate e con una retribuzione che gli assicuri un tenore di vitadignitoso, venga protetto dalle conseguenze della disoccupazione che non può essergli imputata e possa beneficiare di vacanze pagate;

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Personaggi

Giovanni Nervo (1918-2013)partigiano, prete, politicoÈ morto a 94 anni il fondatore della Caritas ItalianaÈ morto a Padova, a 94 anni, il

21 marzo scorso, Giovanni Nervo,fondatore e primo presidente dellaCaritas Italiana, che ha cercato pertutta la vita di coniugare i valori ci-vili della Resistenza e della Costitu-zione con quelli di una Chiesa inascolto e dialogo con i tempi. Na-to nel 1918, da una famiglia pro-fuga, proveniente da Solagna (VI),Nervo fu ordinato prete a Padova,nel 1941. Dopo l'8 settembre del1943, partecipò attivamente allaResistenza come staffetta partigia-na all’interno di un gruppo anima-to dall’amico Luigi Gui, costituentee poi esponente di primo pianodella sinistra democristiana. Dopola guerra fu assistente provincialedelle Acli (dal 1945 al 1950), do-cente di religione cattolica, cappel-lano di fabbrica con l’Onarmo(Opera nazionale Assistenza religio-sa e morale agli operai), direttoredella Scuola Superiore di ServizioSociale di Padova, da lui fondatanel 1951. Proprio questa sua cre-scente attenzione verso il sociale loportò, nel 1964, assieme a mons.Giuseppe Pasini (che sarà per anniil suo vice alla Caritas Italiana, perpoi succedergli, nel 1986) e ad al-tri docenti della Scuola di serviziosociale di Padova, ad istituire uncentro di studio, ricerca e forma-zione nel settore delle politiche so-ciali e dei servizi sociali e sanitari;il Centro diventò presto una Fon-dazione, intitolata ad EmanuelaZancan, la vice direttrice dellaScuola, morta nel 1963. DelIa Fon-dazione Zancan mons. Nervo fupresidente ininterrottamente dal1964 all’ottobre 1997. Dal 1986 al1991 svolse la funzione di coordi-natore per i rapporti Chiesa-Istitu-zioni nella segreteria generale del-la Conferenza episcopale italiana.La guida della Caritas Italiana arri-vò nel 1971. quando Paolo VIsciolse la Pontificia Opera di Assi-stenza, affinché la Cei costituisseun proprio organismo pastorale.Chiamato ad organizzare e dirigerela nuova struttura, mons. Nervo futra i primi sostenitori dell’idea chela carità non è elemosina e nem-meno mera erogazione di servizi

assistenziali, ma profezia e denun-cia dello status quo, oltre che di-mensione costitutiva dell’essere cri-stiano. Di qui la sua espressionedel “valore pedagogico” della cari-tà e la sua azione affinché in ognidiocesi venisse costituita una Cari-tas locale, con una sua strutturaorganizzativa, operativa e direttiva.Gli anni ‘70 furono fortemente se-gnati dal I Convegno ecclesiale del-la Chiesa italiana su “Evangelizza-zione e promozione umana”, nelquale - era il 1976 - venne lancia-ta la proposta del servizio civile an-che all’interno delle strutture cat-toliche. Quell’anno la Caritas fon-dò così una ottantina di strutturediocesane, e fu in prima linea nel-la formazione degli obiettori di co-scienza in servizio civile e nella lo-ro utilizzazione nei centri della Ca-ritas, con tutte le contraddizioniche ne seguirono, in gran parte le-gate al lavoro nei fatti spesso so-stitutivo e non di semplice suppor-to che essi garantivano all’internodelle strutture assistenziali. Nelfrattempo Nervo fu anche uno deisostenitori del ruolo del volontaria-to all'interno della Chiesa e dellasocietà italiana, come strumento ditestimonianza evangelica, di stimo-lo ecclesiale e civile, di collante so-ciale: un’altra intuizione non privadi contraddizioni, per il ruolo di“supplenza” cui spesso i volontarifurono chiamati da uno Stato so-ciale che si sentiva legittimato adarretrare, giungendo negli anni ‘90fino al punto di “appaltare” i pro-pri servizi, con costi al ribasso, alnascente “terzo settore”.Un primo importante esempio delruolo profetico che secondo Nervodoveva però avere il volontariato,sulla scia di quella sua spontaneae sorprendente manifestazione neigiorni dell’alluvione di Firenze del1966, fu il terremoto del Friuli delmaggio 1976. Nei mesi successiviil sisma, la Caritas di Nervo orga-nizzò iI gemellaggio tra le diocesidel nord e quelle del sud per so-stenere la popolazione friulana,realizzò spazi per l’animazione so-ciale e il doposcuola, attivò una re-te di volontariato che fu il modello

anche per un altro dramma delterremoto, quello del 1980 in Irpi-nia, così come di molte altre emer-genze in Italia. A seguito della mo-difica dello Statuto della Caritas,quell’anno la presidenza fu assun-ta da uno dei vescovi vicepresiden-ti della CEI (mons. Guglielmo Mo-tolese). Nervo resterà però vicepre-sidente e, di fatto, principale ani-matore della Caritas fino al 1986. Negli anni 80 Nervo accentuò l’im-pulso al mondo del volontariato,favorendo la nascita della Consultadelle opere caritative e assistenziali(poi diventata Consulta ecclesialedegli organismi socio-assistenziali),un coordinamento a livello nazio-nale e diocesano, degli organismidi ispirazione cristiana operanti nelsettore socio-assistenziale. Intanto,dal Convegno ecclesiale di Loreto,nel 1985, arrivava la proposta de-gli “Osservatori permanenti dei bi-sogni e delle povertà”. Dopo laconclusione del suo mandato, nel1986, Nervo venne nominatomembro a vita del Consiglio nazio-nale della Caritas. A lui succedet-te, con il ruolo di direttore, l’amicoe collaboratore mons. Pasini, cheresterà in carica fino al 1996.La sua attiva militanza a fianco deipiù deboli lo aveva portato, anche

in tarda età, a denunciare i prov-vedimenti del governo Berlusconicontro i migranti, in particolare lalegge Bossi-Fini del 2002 e il “Pac-chetto Sicurezza”, una legge con-tro la quale, assieme ad oltre cen-to preti, religiose e religiosi, nel2009 arrivò ad annunciare la pro-pria disobbedienza civile: “ I dirittiumani degli immigrati sono violatiin vari punti del Pacchetto Sicurez-za”, aggiungendo: “Siamo in unasituazione di grande decadenzaculturale, politica e morale”. An-che sul fronte ecclesiale l’ex diret-tore della Caritas si pose non di ra-do su posizioni di aperto dissensonei confronti della linea impressaalla Chiesa italiana dal cardinaleRuini, arrivando a criticare il fon-damento della strategia di presen-za della Chiesa nella società e nel-la vita politica italiana, cioè il co-siddetto “Progetto Culturale cri-stianamente ispirato”. Anche perquesto, dagli anni ’90 in poi,mons. Nervo venne progressiva-mente emarginato dai vertici eccle-siastici.

Valerio Gigante

Della redazione di ADISTA, Roma ( n.13 dell’8 aprile 2013)

Pegaso Venerdì 10 maggio 2013IV

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Storia

Come l’imperatore Teodosioiniziò l’età costantinianaL’imperatore fece del Cristianesimo la religione unicaAppartiene alla comune cre-

denza popolare che l’imperato-re Costantino, non ancora cri-stiano, il 28 ottobre 312, pervincere la battaglia finale con-tro Massenzio al Ponte Milvio,alle porte di Roma, mise sulleinsegne militari la croce, e di-venne padrone dell’Impero: lastrepitosa vittoria è attribuita aquel simbolo, sognato o vistoin cielo: “In hoc signo vinces”(“in questo segno, vincerai”).Così sarebbe iniziata la cosid-detta “Età costantiniana”, condiritti e privilegi per la Chiesadei cristiani, e lotta e persecu-zione per gli appartenenti allealtre religioni (pagani ed ebrei).

Seguì la decisione imperiale, desi-gnata come l'Editto di Milano (dicui ricorre quest’anno il settimocentenario), promulgato nel feb-braio del 313 dagli imperatori Co-stantino e Licinio , convenuti inquella ch’era all’epoca la ricono-sciuta capitale d’Occidente dell’Impero. Con tale Editto, i due so-vrani colleghi proclamarono che ilcristianesimo doveva a tutti gli ef-fetti considerarsi religio licita . Il te-sto completo della decisione impe-riale non ci è pervenuto, e lo co-nosciamo solo in parte per le cita-zioni fatte dagli storici del tempo. Per comprendere nel reale signifi-cato quell’episodio, alcune precisa-zioni sono necessarie. Anzitutto,non è affatto vero che la Repub-blica romana prima, l’Impero poi,fossero in senso assoluto realtà isti-tuzionali la cui politica religiosanon s’ispirasse sempre e comun-que ai valori che noi moderni chia-miamo “tolleranza”. L'ossequio al-la “religione di Stato", riassuntanel culto della Triade Capitolina(Giove, Giunone, Minerva), era ob-bligatorio, ma formale: il potereromano accettava tutti i culti os-servati nell’Impero e li invitava ad-dirittura a concentrare in Roma iloro centri di culto, erigendo pertutte le divinità un Pantheon, cioèun tempio a tutte dedicato. A unsolo patto: che tali culti non in-frangessero le leggi dell’Impero:

per tale ragione, in tempi differen-ti, si erano proibiti i Baccanalia ealcuni culti misterici, per il loro ca-rattere segreto e quindi politica-mente pericoloso. D’altronde nes-suno poteva essere esentato dalculto pubblico ufficiale, perché al-cuni riti religiosi erano intrinseci adatti pubblici e a negozi giuridici,anche se non comportavano alcu-na intima adesione. Solo agli ebrei,data la conoscenza del loro rigoro-so monoteismo, si permetteva diderogare da tale obbligo. Così nonpoteva essere per i cristiani, chedai primi anni del II secolo d.C.erano chiaramente separati e di-stinti rispetto agli ebrei, con i qua-li non correva neppure troppobuon sangue. I cristiani erano ingenerale buoni e fedeli sudditi, dis-posti a obbedire al loro imperato-re, magari come soldati addiritturaa morire per lui, ma non ad ado-rare lui o la Dea Roma come divi-nità, e a partecipare pertanto a ri-ti che, per i romani, erano solouna prova formale di fedeltà e diossequio. Su questa buccia di ba-nana erano scivolati per quasi tresecoli i rapporti tra le autorità ro-mane e le comunità cristiane. Maall’inizio del IV secolo, e in specia-le modo all'indomani della grandepersecuzione scatenata nel 303 pervolontà dell'imperatore Galerio (det-ta “Era dei Martiri”) , l’Impero erastanco di guerre e di contese civili.Galerio giudicava pericolosi sia l’in-cremento numerico, sia l’afferma-zione crescente dei cristiani sotto ilprofilo civile e sociale. Ma la per-secuzione non aveva sortito gli ef-fetti sperati. Nel 310, il crudele eviolento Galerio si ammalò di unamisteriosa malattia, una sorta dicancrena purulenta: la sua fine èdescritta da Lattanzio nel De mor-tibus persecutorum come esito del-la giustizia divina. Convinto che icristiani si fossero vendicati su dilui, lanciandogli un incantesimo,promulgò nel 311 un Editto di Ni-comedia , in cui il cristianesimo ve-niva riconosciuto quale religio lici-ta. Due anni dopo, Costantino eLicinio, vincitori della guerra civilecontro Massenzio e Massimino (en-

trambi peraltro pagani. mentre laconversione di Costantino, se dav-vero si verificò, fu posteriore), loaccettarono come modello per illoro Editto di Milano, valido pertutto l’Impero. Ma sarebbero dovu-ti passare un’ottantina d’anni pri-ma che un imperatore cristiano,Teodosio, proclamasse che la suareligione avrebbe dovuto diventarequella di tutto lo Stato, e gli altriculti dovevano scomparire. Cosaquesta che, del resto, non si verifi-cò mai del tutto. Con Teodosio il cristianesimo, defi-nito nelle prospettive teologiche edisciplinari fissate dai Concili, pas-sò da religio licita a unico culto uf-ficialmente ammesso: il che fecedivenire automaticamente religio-nes illicitae tutte le altre. Per dirlain termini moderni, se l’Impero pa-gano non era mai stato sempre ecomunque tollerante sotto il profi-lo religioso, quello cristiano non lofu per nulla. D’altronde, chi assu-me questo argomento a riprovadel carattere repressivo e violento

del “cristianesimo costantiniano”(che meglio sarebbe forse definire“teodosiano”), deve pur riflettereche il cristianesimo, se ai primi delIV secolo era ancora nel complessouna religione minoritaria, alla fineesso non era più tale, e il vero pro-blema, anche sul piano dell’ordinepubblico, era quello dello scontrofra le differenti Chiese cristiane, inquel momento soprattutto quellaariana. Quanto agli altri culti, essiassunsero il vero significato dellaparola paganus, da pagus, cioè vil-laggio o distretto marginale e peri-ferico. “Pagano” divenne sinonimodi rozzo, superstizioso, arretrato, ela lotta contro gli antichi culti as-sunse il carattere di “pulizia reli-gioso-culturale”, con episodi chenon fanno sempre onore alla fedecristiana.

Franco Cardini, professore Università di Bologna(testo adattato da ECO, Torino,

marzo-aprile 2013)

Venerdì 10 maggio 2013 Pegaso V

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Pegaso Venerdì 10 maggio 2013VIII

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Il filo rosso del documento - che ri-sente della matrice culturale francese(proponente è stato infatti il parla-mentare europeo André Schneider,del PPE-DC francese) - è riassumibileintorno a questi tre nodi: 1) la religione - pur essendo un'opzio-ne privata (art. l), che non dovrebbemescolarsi con la politica (art. 5) - è ri-conosciuta una componente inelimi-nabile delle culture umane e origine dinon pochi problemi sociali (art. 2) e diconflitti politici (art. 7), e come tale èun fenomeno che va criticamente co-nosciuto a scuola (art. 6); 2) uno studio oggettivo del fatto reli-gioso dovrebbe avere tra le sue finali-tà quella di educare al senso della tol-leranza e quindi di favorire l’eserciziodella cittadinanza democratica (art. l),di combattere contro estremismi reli-giosi e fanatismi (artt. 5 e 7; 14.3), dipremunirsi contro il proselitismo (art.8), e quindi di offrire ai giovani stru-menti critici adeguati (art. 14.3), e in-fine di conoscere meglio anche la sto-ria e le civiltà umane, di cui la religioneè dimensione integrante (art. 8); 3) tale studio dovrebbe avere un profi-lo organizzativo così caratterizzato:mettere a programma, che va definitosu iniziativa delle autorità pubbliche(art. 14.6), l’origine e la storia delleprincipali religioni (art. 14.2), anchenei paesi che hanno una sola tradizio-ne predominante (art. 8), privilegian-do però i tre monoteismi abramitici, icui valori sono alla radice dell’ethoseuropeo (art. 12) e acquisendo perquesto la consulenza dei rappresen-tanti delle confessioni religiose interes-sate, sia per stilare i programmi e libridi testo che per formare gli insegnan-ti titolari (art. 14.6).

Il documento di ToledoUn importante documento in materiadi istruzione religiosa usciva nel 2007con il titolo Toledo Guiding Principleson teaching about religions and be-liefs in public schools (TGP). Redattoredel documento è un gruppo interna-

zionale di una quarantina di giuristi epedagogisti su incarico di un organi-smo specializzato dell'OSCE, l’Advi-sory Council on Freedom of Religionand Belief, gruppo che ha concluso unpercorso pluriennale di lavoro consul-tivo e redazionale proprio a Toledo,nota per essere stata una città simbo-lo della convivenza tra religioni. TGP èuna specie di know-how, una "guida"più operativa che teorica, destinata achi, nei diversi contesti dei sistemi edu-cativi nazionali, ha il compito di prepa-rare programmi di istruzione religiosa,di formare gli insegnanti di religione,di predisporre manuali scolastici di stu-dio delle religioni, e destinata natural-mente agli insegnanti stessi di tutti gliordini di scuola e ai mediatori cultura-li che operano nei raccordi tra scuola efamiglia, tra scuola e società. A mon-te, i TGP interessano i decisori di poli-tiche educative, vale a dire i responsa-bili e gli esperti dei governi e dei mini-steri nonché le autorità religiose dellediverse Chiese e delle organizzazionifilosofiche, che a diverso titolo e com-petenza intervengono nella gestionedel religioso nello spazio pubblico del-la scuola. Il documento è significativofin dal titolo generale. Non si parla quidi insegnamento into religion, al sin-golare, bensì di insegnamento aboutreligions and beliefs, dove l’oggettodell’insegnamento/apprendimentonon solo è declinato al plurale, maviene abbinato, come in un’endiadiindissociabile, al termine beliefs(convinzioni, credenze, visioni dellavita, opzioni filosofiche ... ), nell’in-tento esplicito di offrire democrati-camente un pari trattamento didat-tico alle fedi religiose e alle “fedi”secolari. I principi chiave del docu-mento si possono cosi sintetizzare:la presenza di un ambiente rispetto-so dei diritti umani, delle libertà fon-damentali e dei valori civili; il coin-volgimento delle famiglie e delle or-ganizzazioni religiose nella trasmis-sione dei valori alle generazioni suc-cessive; la preparazione e l’imple-

mentazione dei curricoli e la forma-zione degli insegnanti sia per quan-to attiene le competenze tecnico-professionali che le abilità pedagogi-che: l’attenzione ai contenuti dei te-sti e dei materiali educativi per evita-re che contengano messaggi discri-minatori e stereotipi negativi; il ri-spetto nei programmi delle diversemanifestazioni di pluralità religiosa. Nel maggio 2008 il Comitato dei mi-nistri degli Stati membri approvava il“Libro bianco” sul dialogo intercul-turale dal titolo “Vivere insieme inun uguale dignità”, frutto di unalunga serie di colloqui interdiscipli-nari, di indagini nelle scuole, di con-tatti con le autorità delle chiese econ le minoranze etniche. Scopo deldocumento è di ricordare ai respon-sabili nazionali della politica educati-va e all’opinione pubblica che ”la vi-sione della diversità culturale do-vrebbe essere fondata sulla cono-scenza e la comprensione delle prin-cipali religioni e convinzioni non reli-giose del mondo e del loro ruolo nel-la società”. È perciò compito dellascuola nelle democrazie pluraliste“portare tutti gli alunni a riconosce-re e comprendere anche altre conce-zioni del mondo differenti dalla pro-pria”.

ConclusioneLa carrellata sui principali pronuncia-menti europei in fatto di istruzionereligiosa ha avuto solo lo scopo diporre in luce alcuni tratti del rappor-to attuale tra l'Unione e la gestionepubblica del religioso: • una certa continuità e organicitàdelle prese di posizione dei politici edegli esperti europei sulla questione:politici ed esperti che hanno la gelo-sa consapevolezza di dover difende-re il carattere positivamente laico edemocratico della scuola pubblicaquando questa si fa carico di una di-mensione ineliminabile dei saperiqual è quella religiosa; • la preoccupazione strategica che

fa da movente a queste iniziative è iltimore che il tessuto sociale europeosi disgreghi e diventi ingestibile inseguito al fenomeno parallelo e di-varicante dell'incremento del tassodi multireligiosità e insieme del de-cremento del ruolo educativo delleChiese tradizionali; • la conseguente centratura dell'i-struzione religiosa scolastica invoca-ta come possibile e necessaria“stampella” d’appoggio ai pro-grammi di educazione ai valori dellacittadinanza democratica; di qui larealistica obiezione di chi vede inquesta politica europea una discuti-bile e strumentale curvatura del pa-trimonio etico-religioso cristiano ri-dotto quasi a “religione civile”; • l’ottica serenamente libera e laicanell'affrontare il problema dell'edu-cazione religiosa pubblica dal puntodi vista della governance civile: nes-suna aggressività anticonfessionalein questi documenti, anzi rispettoper le competenze specifiche delleChiese, ma nemmeno segni ambiguidi subalternità nei confronti delleautorità religiose; • il carattere tuttora interlocutorio,necessariamente evasivo, di tante“raccomandazioni” ideali e taloraanche concrete, ma che per diven-tare operative devono passare daquei temibili diaframmi selettivi chesono in Europa i diversi sistemi edu-cativi nazionali. I quali, soprattuttoin fatto di istruzione religiosa, resta-no statutariamente più dipendentidalla storia religiosa del paese e daimodelli locali di rapporto Stato-Chiesa che non interessati a omolo-garsi agli indirizzi educativi sovrana-zionali di un’Europa ancora in co-struzione.

Da F.Pajer, Escuela y Religion enEuropa, 1960-2010, Editorial PPC,

Madrid dic.2012, cap. III (per genti-le autorizzazione dell’autore che

ci ha fornito l’originale in italiano]

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Venerdì 10 maggio 2013 Pegaso IX

Forum Mondiale

Primavera arabaForum Sociale Mondiale a sostegno delle ribellioni nei Paesi del Medio Oriente

Senza più il richiamo di un tem-po, e malgrado le contraddizioni disempre, il Forum Sociale Mondialearchivia, con un bilancio sostanzial-mente positivo, anche l’edizione2013, svoltasi dal 26 al 30 marzoscorso a Tunisi, epicentro di unaprimavera araba rimasta largamen-te incompiuta. Con oltre 40milapartecipanti, 4mila organizzazioniregistrate e più di 1’500 diverse at-tività, dalla partecipatissima mani-festazione di apertura, alla marciaconclusiva di solidarietà al popolopalestinese, il FSM , il primo nell’a-rea mediterranea ha dato indub-biamente grande visibilità a movi-menti popolari nordafricani, ancorain lotta per il riconoscimento deidiritti, per la democratizzazionedella vita pubblica e per la giusti-zia sociale. In un costesto di pola-rizzazione tra il partito islamista dimaggioranza relativa Ennahda (so-spettato di puntare alla introduzio-ne della Sharia), e la sinistra riuni-ta nel Fronte popolare, ancora inlutto per l’assassinio, lo scorso feb-braio, di Chokri Belaid, leader del-l’opposizione laica e di sinistra, leforze progressiste hanno sicura-mente ricevuto impulso dal ForumSociale Mondiale, per quanto an-che il governo non abbia mancatodi approfittarne, sforzandosi di co-municare un’immagine di normali-tà democratica (dietro la quale tut-tavia si celano un’imponente pre-senza militare e una grande quan-tità di filo spinato).Tra le circa 30 as-semblee di conver-genza, tenute negliultimi due giorni dilavoro sui principa-li temi affrontatinei seminari e nel-le conferenze, me-rita particolare at-tenzione quellasulle migrazioni,questione particolarmente avvertitanei Paesi del Maghreb, dove mi-gliaia di persone sono costrette adabbandonare le loro terre, devasta-te dalla scarsità di acqua, dalla de-sertificazione e dallo sfruttamentodelle risorse, per poi scontrarsi con

i respingimenti o con un modellolavorativo di semischiavitù. O quel-la sui cambiamenti climatici, con lesue proposte di lasciare nel sotto-suolo più di due terzi delle riservedi combustibili fossili e di porre fi-ne a progetti estrattivi altamentecontaminanti, come la nuova e de-vastante pratica del fracking, l'e-strazione di idrocarburi attraversola frantumazione idraulica, semprepiù diffusa grazie anche alla mas-siccia operazione di marketing daparte delle imprese, malgrado i ri-petuti allarmi sulla contaminazionedelle falde acquifere e sull’elevatopericolo di fenomeni sismici. E an-cora le proposte di lavorare ad unatransizione energetica che costrui-sca un modello energetico sosteni-bile, decentrato e fondato sullefonti rinnovabili; di abbandonare legrandi opere infrastrutturali, costo-se ed inutili (questione che acco-muna in particolare Italia e Magh-reb, dove è in discussione, tra altrimegaprogetti, una Tav Casablanca-Tangeri); di cambiare modello agri-colo mediante una transizione dal-l’agroindustria all’agricoltura con-tadina e locale, nel rispetto dellasovranità alimentare dei popoli,fermando il land grabbing (l’acqui-sto o affitto di terreni nei Paesi piùpoveri da parte di multinazionali ogoverni stranieri), e il sovrasfrutta-mento delle risorse; infine di inve-stire in un modello di gestione “ri-fiuti zero”, superando il modellofondato su inceneritori e discari-

che. Malgrado dunquel’impressione di uncerto logoramentodel processo delFSM, “stretto - co-me ha evidenziatol’ambientalistaFrancesco Martone- tra ipotesi di ri-lancio, riconfigura-

zione e rielaborazione”, e malgra-do l’irrisolta questione della sua li-mitata capacità di incidenza (anno-sa questione che da sempre oppo-ne quanti vogliono mantenere ilForum come spazio aperto di dif-fusione di idee e di scambio di

esperienze, e quanti vorrebberotrasformarlo in una forza unitariain grado di assumere decisioni con-crete), il Forum rimane pur sempre,come ha sottolineato Eric Tous-saint, coordinatore del Comitatoper l’annullamento del debito delTerzo mondo, l’unico spazio mon-diale di incontro e di articolazionedei movimenti sociali. Di certo, co-me ha rilevato l’associazione ASud, “rispetto a 12 anni fa, i pro-cessi avvenuti e in corso insegnanoche la costruzione di alternative edi proposte concrete deve necessa-riamente vincolarsi anche allo sce-nario locale, rispettando le specifi-cità e le differenti battaglie e istan-ze emergenti” ; nell’edizione di Tu-nisi, hanno così riguardato in par-ticolare le sfide legate alle duesponde del Mediterraneo, quellaeuropea e quella africana. Allo scenario locale sono legateanche alcune contraddizioni emer-se a Tunisi, in aggiunta a quelle or-mai tradizionali legate alla naturadel Forum, a cominciare dall’assen-za di un vero principio unificatoreal di fuori di quello rappresentatodalla causa palestinese, su cui si

sono trovate a convergere tutte leforze presenti. L’eterogeneità cheha sempre contraddistinto il pro-cesso del FSM, allo stesso temposuo limite e sua ricchezza, è risul-tata infatti molto più accentuatanell’ultima edizione, in cui sonoemerse posizioni anche opposte trai partecipanti, tra le forze islamichee quelle laiche, tra sostenitori eoppositori del governo siriano diAssad, tra la delegazione maroc-china e quella del Fronte Polisario.Molto scalpore ha infatti suscitatola presenza tra gli stand di quellodell’Usaid , l’organismo di coope-razione degli Stati Uniti, presenti intutte le operazioni di destabilizza-zione in atto nel pianeta. Una Di-chiarazione finale dell’Assembleadei Movimenti Sociali ha chiuso ilavori del Forum Sociale Mondiale,riconfermando impegni ormai tra-dizionali e mettendo in evidenza lecontraddizioni sempre presenti e inaumento nel sistema liberista.

Claudia Funi, da ADISTA,

numero 14 del 13 aprile 2013

ForumDal 26 al 30 marzo

si è svolto a Tunisi (Tunisia) il Forum Sociale Mondiale; i

partecipanti sono statioltre 40 mile

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Recensioni

Pegaso Venerdì 10 maggio 2013X

Mazzolari e il cattolicesimoprima del Concilio Vaticano IIFabrizio Panzera analizza nel volume la Chiesa italianaQuesto volume raccoglie gli Atti

del Convegno Le inquietudini dellafede. Don Primo Mazzolari e il cat-tolicesimo italiano prima del Con-cilio, svoltosi il 13-14 aprile 2010presso l’Università degli Studi diMilano; convegno che ha rappre-sentato uno dei momenti conclusividelle celebrazioni per il 50° anniver-sario della morte di don Mazzolari.Le giornate di studio milanesi sonostate l’occasione per una riflessio-ne complessiva sulle peculiarità delcattolicesimo italiano degli anniCinquanta del secolo scorso: “unmomento fondamentale nella sto-ria della Chiesa - osservano nellepagine introduttive i curatori -,perché stava volgendo a termine ilpontificato di Pio XII e all’orizzontesi intravvedeva, anche se in modotutt’altro che chiaro, soprattutto inItalia, la possibilità di un cambia-mento, auspicato dalle componen-ti più sensibili alle trasformazionisociali e culturali del paese”.Il libro è suddiviso in quattro parti,precedute da una bella e ampia in-troduzione di Giorgio Campanini(Don Primo Mazzolari nella Chiesae nella società del Novecento). Laprima parte è intitolata La Chiesae le nuove sfide tra anni ’40 e ’50,e raccoglie i saggi di Jean-Domini-que Durand (Il cattolicesimo italia-no dopo la guerra. Un tempo dinovità?), Marta Margotti (Il cattoli-cesimo italiano e la questione ope-raia), Aldo Carera (I cattolici per losviluppo economico italiano. Glianni Cinquanta), Guido Formigoni(Guerra fredda e divisione deimondi nella coscienza cattolica),Massimo De Giuseppe (Il problemadella pace. Mazzolari e la difficilegenesi di un pacifismo cattolico,1946-1953).La seconda parte, intitolata I pro-tagonisti della vita della Chiesa,comprende le relazioni di AugustoD’Angelo (I vescovi. Tra fermentiinnovativi e chiusure conservatrici),Maurilio Guasco (Il clero), CeciliaDau Novelli (Il laicato e l’associa-zionismo laicale negli anni Quaran-ta e Cinquanta), Alfredo Canavero(Il laicato cattolico di fronte allaDC e il rapporto fede-politica), Da-

niela Saresella (La sinistra cristiananegli anni Quaranta e Cinquanta).La terza parte è dedicata a Luoghie nomi della ricerca, e comprendei saggi di Paolo Trionfini (Inquietu-dini ed esperienze di rinnovamentotra i cattolici dell’Italia settentrio-nale), Gianni La Bella (Inquietudinied esperienze di rinnovamento trai cattolici dell’Italia centrale), Vin-cenzo Robles (Inquietudini ed espe-rienze di rinnovamento tra i catto-lici dell’Italia meridionale), RoccoCerrato (Lorenzo Bedeschi amico estudioso di Primo Mazzolari), Gior-gio Vecchio (Giovanni Guareschi, il“Candido” e i cattolici italiani).L’ultima parte si sofferma infine suIl cattolicesimo italiano “di frontie-ra” visto all’estero, con le relazionidi Gerd-Rainer Horn (A EuropeanTheologian of His Time. SomeConsiderations on Primo Mazzola-ri’s Writings Between 1934 and1935), Yvon Tranvouez (Avant-pre-mière italienne et avant-gardefrançaise. L’horizon italien deschrétiens progressistes français,1947-1955), Christiane LiermannTraniello (Un puzzle di impressioni.Il cattolicesimo italiano fine anniCinquanta visto dalla Germania),Alberto Lepori (Il cattolicesimo difrontiera nella diocesi di Lugano).Per il lettore ticinese, e svizzero, ènaturalmente il saggio di Leporiche può suscitare un particolare in-teresse. Dopo un rapido accennoall’intero cattolicesimo svizzero trail 1946 e il 1960, egli si soffermasul “cattolicesimo di frontiera”rappresentato nello stesso periododai cattolici della diocesi di Luga-no. Nel ripercorrerne la storia diquegli anni, Lepori osserva chepiuttosto esigue furono le relazio-ni con la Chiesa italiana, limitateperlopiù a contatti personali di al-cune personalità ticinesi (don Al-fredo Leber, Romano Amerio) conesponenti del cattolicesimo italia-no (padre Gemelli, padre Turoldo).Per gli anni precedenti il ConcilioVaticano II furono comunque si-gnificati alcuni contatti tra cattoli-ci ticinesi e italiani, circoscritti tut-tavia a poche decine di persone,in due momenti distinti. Il primo si

ebbe nel 1943-45 e fu legato allapresenza nel nostro Cantone di ri-fugiati di orientamento cattolico.Un secondo momento, da colloca-re negli anni Cinquanta, riguardòdapprima i contatti tra la FUCI el’associazione Lepontia cantonale,dai quali prese poi avvio la costi-tuzione di un “gruppo sponta-neo”, promosso da don FrancoBiffi e da Geo Solari, che nel 1954cominciò a riunirsi a Villa Cagnolaa Gazzada. L’impegno del “Grup-po di Gazzada”, all’inizio di carat-tere politico, ne assunse in seguitouno prevalentemente ecclesiale, eil gruppo stesso si trasformò infinenella redazione del bimestrale

“Dialoghi”, che esce dal 1968.Così come gli altri saggi di questovolume consentono, attraverso lafigura di Mazzolari, di comprende-re il Novecento italiano, anchequello di Alberto Lepori ci permet-te di capire meglio la storia deicattolici ticinesi nella seconda me-tà del ventesimo secolo.

Fabrizio Panzera

Daniela Saresella, Giorgio Vecchio,a cura di, Mazzolari e il cattolicesi-mo prima del Concilio Vaticano II,Brescia, Editrice Morcelliana, 2012,pp. 466, € 32.

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Riviste

Rivista delle rivisteAGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ispirazione cristiana, redatto daun gruppo di gesuiti e di laici, Piazza S. Fedele 4, 20121 Milano.Il fascicolo di aprile si apre con un commento all’elezione di papa Bertoglio: secondoil direttore Costa, “la prima settimana di papa Francesco ci consente di intravederegli elementi di novità del suo pontificato che hanno suscitato gioia e acceso spe-ranza”. Alle elezioni italiane di febbraio, viene dedicata una analisi che vuole esplo-rare le novità che hanno suscitato sorpresa e alcuni paradossi; nessuna considera-zione viene riservata al “voto cattolico”, di difficile interpretazione (se si può ancoraparlarne).

APPUNTI DI CULTURA E DI POLITICA, mensile, Largo Corsia dei Servi 4,20122 Milano.Nel primo numero del 2013 (gennaio-febbraio) un dibattito in previsione delle ele-zioni italiane (svoltesi il 23-24 febbraio), con particolare attenzione alle scelte dei cat-tolici: Fulvio De Giorgi si interroga sul “mito del Centro cattolico” nella storia, FrancoMonaco su “Monti, la democrazia e i cattolici”, il presidente della “Città dell’uomo”Luciano Caimi “profetizza” “un nuovo anno difficile”.

CARTA BIANCA, Periodico di approfondimento interculturale, MissioneBetlemme-Immensee, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona.Il fascicolo del 1. Marzo 2013 è dedicato all’acqua, “diritto naturale” secondo Silva-no Toppi. E’ pubblicata un’intervista a Brunella Brazzola, da decenni attiva in varieparti del mondo “accanto agli oppressi” ed ora impegnata col Bhutan, ove il PIL èstato sostituito dall’indicatore della felicità.

CIVITAS, Rivista di società e politica della Società degli studenti svizze-ri, Gerliswilstrasse 71, 6020 Emmenbrücke.Il primo numero del 2013 è dedicato al tema della discussione centrale che tratta delsistema di milizia , praticato in Svizzera nella politica, nell’esercito e nell’attività so-ciale. La Festa centrale di quest’anno avrà luogo a Morat, dal 6 al 9 settembre.

IL GALLO, quaderni mensili, casella postale 1242, 16100 GenovaNel numero di aprile, Giorgio Chiaffarino del gruppo milanese, dopo le dimissioni diPapa Ratzinger, esprime le sue “perplessità su un pontificato”, presentando “Bene-detto XVI come un teologo legato al suo tempo, ai suoi studi, completamente affi-dato a Dio, ma con qualche nostalgia per un passato giudicato così diverso e mi-gliore del presente. Abbiamo avvertito con sofferenza un progressivo allontana-mento dal Concilio”. L’editoriale, commentando le elezioni italiane dello scorso feb-braio, mette in guardia della “grande novità verso l’utopia di una dilatazione parte-cipativa della democrazia attraverso strumenti nuovi”: “ il nuovo non è per sé ga-ranzia di positivo: il radicalismo non comporta volgarità, nessun movimento credi-bile può avere un capo autoritario e indiscutibile, una partecipazione immediata de-ve riconoscere il rischio dell’emotività, e una progettazione a lungo termine è indi-spensabile”.

KOINONIA, periodico mensile Piazza S.Domenico 1, 51100 Pistoia.Viene commentata la elezione di Giorgio Mario Bergoglio a vescovo di Roma (con te-sti di Raniero La Valle, Arnoldo De Vidi, Frei Betto) e i 50 anni della “Pacem in terris”(con testi di Congar, Chenu ,Peyretti). Sul tema di “Credere o non credere”, una ri-flessione di Daniele Carota e un’omelia del card. Bergoglio (11 ottobre 2012) per l’a-pertura per l’Anno della fede.

NONVIOLENZA, trimestrale d’informazione su pace, non violenza, dirittiumani e servizio civile, casella postale 1303, 6501 BellinzonaIl numero di marzo 2013 informa sullo sviluppo del servizio civile in Svizzera: nel 2012i civilisti hanno prestato 1,2 giorni di servizio alla collettività; dall’introduzione delservizio civile (1996) ben 40.686 persone hanno prestato il servizio civile, per un to-tale di 6,8 milioni di giorni. Un articolo ripercorre la storia dell’obiezione di coscien-za al servizio militare in Europa. L’associazione CNSI (Contro la violenza) ha apertouna sede a Bellinzona, al secondo piano del Vicolo Von Mentlen, visitabile ogni ve-nerdì, dalle 16.30 alle 18.30.

Venerdì 10 maggio 2013 Pegaso XI

Segnalazioni

BRESCIA, 18 maggio, Convegno di Missione Oggi: “Siamo gli ultimi cri-stiani? Sulla soglia di un mondo nuovo”(inf. 030.3772780, segreteria moQ-saveriani.bs.it).

RODI FIESSO, 25 maggio, ore 15.00 il Cantonetto festeggia il 60mo. della fon-dazione, con “Un pomeriggio al Dazio Grande”, e contributi di Carlo Agliati, Gior-gio Bellini e Massimo Colombo, Orazio Martinetti, Raffaele Peeduzzi e FilippoBianconi, Giovanni Orelli, Marco Marcacci, Carlo Piccardi, Riccardo Bergossi.

LUGANO, 28 maggio, relazione del prof. Vincenzo Pacillo su “Cristiani inpolitica”; dalle ore 13.30 alle ore 16.15, facoltà di Teologia; seminario aper-to al pubblico.

BERNA, 31 maggio, Hotel Nazional, Theatersaal, Hirschengraben 24; Con-gresso su “ Il contributo svizzero all’allargamento dell’Unione Europea: significa-ti, effetti, opportunità”. Organizza DSC (Direzione dello sviluppo e della coope-razione) e SECO (Segreteria di Stato dell’economia), dalle ore 12 alle ore 18. Iscrizioni entro il 15 maggio; (informazioni: 031.322.44.12, infoQdeza.admin.ch).

LOSANNA, 6 giugno, Convegno su L’Unione europea oltre la crisi, dalle ore9.30 alle 17.15, presso l’Università, organizza la Fondazione Jean Monnet perl’Europa ( tel. 021.692.20.90).

GAZZADA (Varese). Dal 3 al 7 settembre 2013, settimana di storia religio-sa, “Popoli, Religioni e Chiese lungo il corso del Nilo”; organizza la FondazioneAmbrosiana Paolo VI, Villa Cagnola (tel.0332,462.104; fax: 0332.463.463).

MONASTERO DI AVELLANA, 6-8 settembre, “Il futuro dei giovani tra Co-stituzione, Cooperazione e Fractio panis”, Agorà con l’abate benedettino NotkerWolf, Umberto Galimberti, Pierluigi Castagneti, Paolo Tonelli, Annalisa Strada ecc.Organizza Gabrielli Editore, Verona.

NOUVELLES OEKU, pubblicazione dell’associazione Chiesa e ambiente,Casella postale 7449, 3001 BernaIl numero 2-2013 riferisce che la Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzerasostiene la nuova strategia energetica 2050 della Confederazione; il “Tempo dellacreazione 2013”, fissato per il periodo 1.settembre – 4 ottobre 2013, sarà dedicato a“laghi e pozze, freschi ruscelli. Le acque, luoghi di vita”. L’OEKU mette a disposizio-ne materiale per la celebrazione.

GLOBAL+, quadrimestrale della Comunità di lavoro Alliancesud, Mont-bijoustrasse 31, c.p. 6735, 3001 Berna.Il numero 47 (primavera 2013) auspica che la Agenda per lo sviluppo post 2015 ab-bia come obiettivo anche l’uguaglianza tra i sessi, senza la quale non c’è sviluppo du-revole; una nuova legge svizzera in preparazione dovrebbe ovviare alle gravi lacunenelle disposizioni che regolano la restituzione dei beni sottratti dai dirigenti dei pae-si in via di sviluppo.

SVILUPPO SOLIDALE, Foglio informativo della Sezione della Svizzera ita-liana della Dichiarazione di berna, C.P.1356, 6501 BellinzonaIl n.20 (aprile 2013) presenta e sviluppa la proposta, sostenuta da 135.000 firme, pre-sentata alle autorità federali perché le multinazionali, presenti in Svizzera, abbiano afar rispettare i diritti umani e l’ambiente anche in tutte le loro filiali e corrispondentinel mondo. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno adottando disposizioni piùrestrittive, il Consiglio nazionale ha approvato il 13 aprile un postulato che invi-ta il Consiglio federale a far studiare un progetto per introdurre un dovere di di-ligenza per le imprese.