113200190 a Juvarra Il Canto e Le Sue Tecniche

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  • Antonio JuvarraIl canto e le sue tecnichetrattatoRICORDI 1996 ISBN 88-7592-047-8

    IndicePrefazione pag. 4IntroduzioneI principi che regolano l'emissione corretta 71. Le sensazioni fonatorie e la terminologia vocale 122. Le classificazioni vocali 183. Cenni anatomici e funzionali sulla fonazione 234. La realizzazione dell'appoggio nel canto 315. Il ruolo del fiato nell'emissione e l'evoluzione dell'appoggio 366. Il "passaggio" o meccanismo di copertura della voce 437. Aspetti fonetici della risonanza 488. Il controllo dei risuonatori 539. L'emissione "sul fiato" 6510. La percezione e il controllo mentale-immaginativo dell'emissione 6911. Gli approcci pedagogici nazionali al canto 81Conclusione 86 Bibliografia 89

    Prefazione

    Cantare non e ovviamente cosa che si possa apprendere SOLO dai libri, ma dato che delle due ipotesi - costruire o distruggere una voce - la seconda , se non la pi frequente, di certo la pi grave (essendo lo strumento "voce" insostituibile), riuscire a raggiungere uno scopo puramente "negativo" (la non-distruzione della voce) da considerarsi gi un risultato dei pi importanti.Purtroppo l'elenco dei caduti continua a registrare nuove vittime dentro e fuori dei conservatori, oltrech sulle scene. Imputare questo stato di cose all'incompetenza degli insegnanti sarebbe riduttivo, anche se indubbiamente la categoria degli insegnanti di canto annovera un cospicuo numero di micidiali ciarlatani. facile tuttavia rendersi conto come il nocciolo del problema non risieda semplicemente in una questione di coscienza professionale, quando si pensi che tutto sommato pu andare incontro agli stessi pericoli anche l'allievo di un cantante professionista. Questo pu accadere perch nel mondo del canto non sono rari i casi di persone che intraprendono gli studi vocali avendo gi a disposizione un'emissione del suono, ossia una tecnica, che altre raggiungono invece soltanto dopo anni e anni di studio: il fenomeno delle voci cosiddette "naturali", che non trova riscontro nell'ambito delle tecniche strumentali. evidente ora che il problema di queste persone, una volta diventate insegnanti, di tipo gnoseologico: non si pu comunicare agli altri n spiegare un processo, come quello vocale, di cui si del tutto inconsapevoli, avendolo ricevuto in dote casualmente.Ma la casistica degli insuccessi nell'apprendimento del canto offre esempi di altro tipo e non mi riferisco tanto ai casi pi eclatanti di tecniche vocali spudoratamente cervellotiche (pi facilmente smascherabili a una prima verifica del rendimento sonoro) quanto a quelli pi insidiosi in cui a una impostazione difettosa si accompagna un risultato acustico tutto sommato apprezzabile. Tecniche vocali di questo tipo possono spesso sopravvivere e diffondersi anche perch l'impegno vocale richiesto per esempio in un quinquennio di conservatorio non tale da mostrarne l'intrinseca

  • fragilit e inconsistenza, ma una volta applicate sul palcoscenico, non reggono alla prova di una carriera professionale.La spiegazione di questo fenomeno sta nel fatto che un suono, a parit o quasi di rendimento acustico, pu essere emesso con un grado ben diverso di fatica laringea. Ne deriva che la correttezza di una tecnica vocale deve essere giudicata innanzitutto misurandone il grado di affaticabilit, che a livello laringeo e faringeo deve essere zero, o per lo meno irrilevante. Chi, per fare un esempio, dopo aver cantato un'ora di seguito, accusa in questa zona sensazioni dialgesia, di malessere o di fastidio per cui proseguire diventa non dico impossibile, ma gravoso semplicemente, pu star sicuro che nella sua tecnica c' qualcosa di sbagliato. In questo senso la nozione di bel canto racchiude in s un significato universale di buona tecnica vocale (il "cantare sugli interessi e conservare il capitale della voce" del Rubini), prima ancora che un valore stilistico storicamente determinato, cos come il canto spinto o quello poitrine il frutto di una cattiva impostazione che solo in un secondo momento diventa anche scelta estetica per una specie di circolo vizioso. Purtroppo il principio in base al quale solo l'emissione facile l'emissione giusta difficilmente viene accettato per quello che , cio come un dato scientifico: talmente connaturata in molti l'idea che l'"iniziazione" e il progresso in qualsiasi attivit (quindi anche in quella vocale) debbano comportare sacrifici anche in termini di fatica e sforzo fisico, che molte volte il senso di costrizione e di affaticamento laringeo, conseguente a una tecnica difettosa, viene erroneamente interpretato come fase normale di un "allenamento" indispensabile "per irrobustire le corde vocali".Siamo arrivati cos al punto cruciale del nostro discorso: abbiamo visto che l'accettabilit dal punto di vista estetico di un suono prodotto in base a una certa tecnica vocale non ne garantisce l'assoluta correttezza di emissione e d'altra parte gli insegnanti di canto dotati di un orecchio diagnostico cos perfezionato da saper distinguere in base alle sole qualit acustiche un suono bello e corretto da un altro quasi altrettanto bello, ma scorretto, sono rarissimi e si confondono in mezzo ai tanti che, sprovvisti di questa dote, non possono che affidarsi all'empiria di metodi il pi delle volte arbitrari, acriticamente ereditati dalla tradizione.In questa situazione di anarchia per cui ogni metodo vocale ne contraddice un altro, possono perpetuarsi le assurdit pi nefaste in fatto di tecnica vocale; di qui la necessit di avvalersi del contributo della ricerca scientifica e didattica in questo campo al fine di passare al vaglio quanto di giusto, di superfluo o di nocivo contenuto nelle varie tecniche. Purtroppo da questo punto di vista la situazione nel nostro paese di estrema arretratezza e bastino due fatti a dimostrarlo: 1) dei pochi libri di canto pubblicati in Italia i pi importanti hanno un'impronta storicistica o saggistica cos pronunciata da risultare inservibili come trattati di tecnica vocale; 2) all'ultimo Congresso internazionale per la ricerca scientifica del canto, che ha recentemente riunito a Rotterdam foniatri, ricercatori scientifici, cantanti e insegnanti di canto di tutto il mondo, figuravano i nomi di due soli italiani, e di questi due nessuno un insegnante di canto.Dove trovare la spiegazione di tale disinteresse? Forse nella nostra cultura idealistica, per la quale le faccende dello Spirito (fra cui rientra anche l'arte del [bel] canto) non devono avere niente a che fare con quelle della scienza e della tecnica (bench, a dire il vero, lo stesso problema sia lamentato anche in paesi come l'Inghilterra a cultura pragmatistica). Pi verosimilmente le cause sono da ricercarsi nella mentalit e nella concezione della Voce come dono di natura che per secoli hanno avuto i nostri cantanti.Se come "primedonne" poterono permettersi molte volte il lusso di restare analfabeti musicali, una volta divenuti insegnanti di canto avranno con tutta probabilit continuato a ritenere assolutamente superfluo l'approfondimento di un processo che per loro avr sempre avuto i caratteri della "naturalezza", dell'"istintivit" o della "soggettivit".Oggi per fortuna anche in Italia (nonostante perduri nei conservatori un programma ministeriale ad usum cantorum) la forma mentis e la figura stessa del cantante e dell'allievo di canto stanno cambiando: sempre di pi essi tendono a considerarsi ormai come semplici professionisti alla stregua degli strumentisti, sempre pi di conseguenza si avverte

  • l'esigenza di libri di tecnica vocale che in concreto e non per magia verbale, come in molte scuole succede, aiutino a capire e a risolvere sulla base di una teoria scientifica credibile i problemi che via via si presentano. Introduzione I principi che regolano l'emissione correttaUn pregiudizio diffuso considera il canto appannaggio esclusivo dei pochi fortunati "nati con la voce"; di conseguenza anche lo studio del canto, secondo questa concezione, risulta un'attivit alquanto misteriosa, dai mezzi e dai fini indefiniti, senza i crismi della tangibilit oggettiva e della razionalit metodologica che sarebbero proprie della didattica strumentale. Ed proprio la natura di strumento musicale che viene spesso negata alla voce, la tecnica vocale assolvendo semplici compiti di limatura delle imperfezioni e non gi di formazione globale.Cos mentre non ci si meraviglia se un allievo di pianoforte per la prima volta davanti alla tastiera non sa coordinare le due mani, da un allievo di canto alle prime armi troppe volte si pretendono un volume e un'estensione di tipo operistico, pena il marchio di persona senza voce.In realt i casi non rari di cantanti anche illustri che si sono "costruiti" da zero la voce, ci fanno capire come l'elemento determinante nell'apprendimento del canto sia dato non dalla voce, ma da quello che alcuni chiamano talento, altri predisposizione, altri ancora intelligenza, con cui s'intende un insieme di sensibilit acustica e di duttilit nel controllo della coordinazione muscolare, tali da far riuscire ad emergere (ovviamente con l'aiuto di una guida esterna) la parte nascosta di quell'iceberg che la voce e di cui la punta rappresenta la voce parlata.In questo senso l'affermazione per cui chi ha voce per parlare ha anche voce per cantare (purch ovviamente l'organismo sia sano) perde molto del suo carattere semplicistico e propagandistico per avvicinarsi molto alla realt. Fare emergere o costruire il proprio strumento vocale non significa necessariamente aver trovato uno Stradivari, essendo la qualit della voce ovviamente condizionata anche dal materiale fisiologico a disposizione.Volendo tuttavia considerare la questione da pi punti di vista, si pu anche affermare che molti proprietari di materiale vocale di prim'ordine si scontrano dopo anni di studio con la propria incapacit di plasmarlo e di progredire, superati spesso da altri meno forniti di mezzi naturali, ma che hanno saputo valorizzare ed esaltare particolari qualit della propria voce. Queste possono essere rappresentate non solo e necessariamente dall'intensit, dal volume e dal colore, ma anche dalla morbidezza, dalla leggerezza, dalla pastosit, dalla brillantezza e cos via, lavorate e perfezionate a tal punto da divenire spesso caratteristiche distintive di determinati cantanti. triste vedere enormi potenzialit vocali rimanere tali dopo anni e anni di studio ed per contro esaltante assistere al crescere graduale, da semi insignificanti, di lussureggianti voci.Il primo problema che pi o meno tutti gli allievi devono all'inizio affrontare rappresentato da un senso di "inafferrabilit" o "impalpabilit" della voce, percepita come qualcosa di indefinito e sgusciante. Niente ci appare pi vicino e nello stesso tempo pi lontano della vce: estremamenteduttile nell'espressione immediata delle pi sottili emozioni che percorrono la nostra comunicazione parlata, sensibilissima nel registrare automaticamente le pi piccole variazioni di umore (tanto da plasmarsi gradualmente a immagine e somiglianza del carattere che andiamo costruendoci), essa diventa per contro dura, rigida, inafferrabile e ingovernabile quando cerchiamo di utilizzarla consapevolmente come mezzo di espressione artistica e strumento musicale. superfluo chiedersi se sia nata prima la voce parlata o quella cantata: in principio erano dei suoni, pure manifestazioni dell'istinto, che gradualmente sono andati piegandosi e colorandosi dei vari moti e stati d'animo.In questo modo la voce espressione viva, diretta e globale del nostro essere, tanto da rimanere spesso condizionata

  • negativamente dalle mille tensioni e blocchi che inconsapevolmente ci "abitano".Il non sapere "da che parte prenderla" ha creato nella mentalit comune il pregiudizio che vuole il possesso della voce cantata un dato naturale e non una questione di apprendimento con l'educazione. Purtroppo il diverso livello di preparazione tecnica dimostrato dai vari cantanti professionisti che vengono quotidianamente proposti all'attenzione dei mezzi di comunicazione di massa, contribuisce a confondere invece che a chiarire le idee; nell'ambito della musica leggera cantanti con tipi di emissione diversissimi si affiancano ad altri, totalmente sprovvisti di qualsiasi tecnica, mentre i cantanti lirici restano confinati in una dimensione irreale, resi artificiali e incomprensibili da mezzi di comunicazione come la radio e la televisione, assolutamente inadatti a restituire il significato espressivo e funzionale di quella particolare vocalit. Abbiamo parlato di tecnica: essa ha lo scopo di fornire all'emissione cantata la stessa facilit e spontaneit di quando parliamo, consentendoci di modulare e plasmare a nostro piacimento la voce anche in zone molto lontane dall'altezza della voce parlata, senza essere costretti a gridare per "far uscire" la voce, esperienza penosa e a lungo andare distruttiva per le corde vocali.Raggiungere un'emissione fisiologica significa quindi mettere l'organo vocale in condizione di funzionare al meglio, nel rispetto del principio della massima resa per il minimo sforzo.Questa ricerca del suono libero e rilassato deve costituire il punto di partenza di ogni tipo di educazione vocale (compresa quella operistica) e si attua sostituendo quei comportamenti muscolari abituali (e come tali scambiati spesso per naturali) che sono di freno e ostacolo a un'emissione libera, con altri che invece assecondano il corretto funzionamento.Le "cattive abitudini" sono in buona parte conseguenza diretta della tendenza a fare sempre qualcosa "in pi" rispetto allo strettamente necessario, nel tentativo di aumentare il volume della voce e di vincere le resistenze derivanti da una scorretta coordinazione.Un paragone pu risultare utile per chiarire meglio le idee a riguardo: se vogliamo migliorare la ricezione di una stazione radio, non certo aumentando il volume che: possiamo eliminare le interferenze, bens sintonizzandoci con maggior precisione su quella stazione. Alla stessa stregua, volendo passare a un diverso campo di attivit, ugualmente vicino all'esperienza comune, ci che impedisce a una macchina da corsa di decollare e prendere il volo non la velocit, di per s sufficiente, ma un assetto aerodinamico non adatto a questo scopo.La stessa cosa succede cantando: finch rimaniamo in quella zona centrale-bassa della voce, che corrisponde approssimativamente all'altezza del parlato, la coordinazione muscolare complessivamente corretta e l'emissione risulta facile.I problemi cominciano quando cerchiamo di aumentare l'intensit del suono (naturalmente debole in quella zona) o di salire alle note pi acute. Ecco che improvvisamente, se non si abbastanza esperti, affiorano tensioni e costrizioni alla gola che compromettono la resa sonora e affaticano le corde vocali. Dare pi voce rappresenta in questi casi il classico rimedio peggiore del male, con un pericoloso circolo vizioso da cui difficile uscire. Com' possibile allora imboccare la strada giusta?L'emissione cantata un processo molto complesso che coinvolge mente e corpo. Controllare direttamente e consapevolmente il funzionamento delle corde vocali impossibile e ogni tentativo in questo senso porterebbe a un aumento delle tensioni nocive. Gli interventi coscienti di natura meccanica sono quindi relativamente pochi, interessano parti del corpo diverse dalla laringe e vanno attuati conservando al complesso della muscolatura una flessibilit, un'elasticit e un certo "gioco", tali da consentire allo strumento-corpo di attuare automaticamente gli aggiustamenti laringei necessari.Quando s'incomincia lo studio del canto, la coscienza della voce localizzata nell'area della gola, dove si concentrano tutti i tentativi di modificazione dell'emissione. Al contrario, un cantante avanzato nella tecnica sperimenta la voce come un fenomeno che interessa e coinvolge tutto il corpo, a eccezione della laringe, che rimane soggettivamente al riparo in un centro di quiete paragonabile all'occhio del ciclone. Questo gli permette di cantare forte per lunghi

  • periodi senza stancarsi.La laringe dev'essere quindi liberata dalle tensioni negative che si accumulano e ne compromettono il corretto funzionamento.Espedienti di natura psicologica e fisiologica concorrono al conseguimento di quest'obiettivo. Ne parleremo in maniera pi diffusa rispettivamente nel cap. 5 e nei capp. 6 e 10.Per quanto riguarda i primi, oltre all'invito a "dimenticare" la gola cantando, citiamol'eliminazione (ed eventualmente il capovolgimento) della rappresentazione visiva tradizionale (qual codificata e sancita dalla grafia musicale) delle note acute in alto e delle notegravi in basso. Trattandosi di un fenomeno puramente acustico, non ha senso parlare di note basse e note alte; sta di fatto che quando immaginiamo una nota acuta in alto e cerchiamo di "raggiungerla", immediatamente la laringe si alza e la gola si chiude.Se invece la concepiamo alla stessa altezza della precedente o addirittura pi bassa, la laringe rimane nella stessa posizione rilassata e non c' bisogno di "spingere" il suono con la gola per compensare la riduzione di sonorit che altrimenti si verifica.Veniamo ora a ci che possibile fare con interventi diretti e coscienti finalizzati al controllo della muscolatura, argomento che approfondiremo nei capitoli dedicati alla realizzazione dell'appoggio e al controllo della risonanza.Premettiamo che nessun singolo muscolo pu essere azionato localmente senza influenzare l'aggiustamento di qualche altro muscolo, cos come nessun osso o cartilagine pu essere spostata senza influenzare la contrazione dei muscoli a quelli collegati.Bisogna quindi evitare di focalizzare eccessivamente l'attenzione, accentuandoli, su determinati aggiustamenti locali, che rischierebbero, soprattutto all'inizio degli studi, di compromettere l'equilibrio muscolare generale. Quest'ultimo viene raggiunto stabilendo correttamente: 1) la posizione del corpo, 2) la respirazione, 3) la pronuncia. La posizione del corpo dev'essere eretta, con la testa alta, le spalle abbassate in maniera rilassata, il petto in fuori (ma non la pancia in dentro) e un buon appoggio su ambedue le gambe, il tutto realizzato senza la rigidit della posa militare, ma con un atteggiamento psicologico di sicurezza tranquilla, di benessere e di fiducia. Anche la respirazione facilitata, oltre che dalle giuste modalit meccaniche, da fattori psicologici.Attuare l'inspirazione avendo come riferimento le stesse sensazioni di benessere suscitate dalla classica boccata d'aria rigeneratrice quando siamo al mare o in montagna, pi importante che preoccuparsi di immagazzinare enormi quantit d'aria, che all'inizio degli studi vocali sono pi nocive che utili, in quanto diffcilmente controllabili.Quando si parla di respirazione profonda non ci si riferisce quindi tanto alla quantit d'aria inspirata, quanto alla modalit con cui si realizza l'inspirazione, che deve coinvolgere attivamente il diaframma e i muscoli intercostali.Il diaframma un muscolo interno (e come tale non visibile superficialmente), ma contraendosi nell'inspirazione si abbassa, spingendo in fuori e facendo pi o meno sporgere l'addome.Nella fase espiratoria invece esso viene risospinto in alto dall'addome che rientra sottol'azione dei muscoli addominali. I movimenti (in fuori durante l'inspirazione e in dentro durante l'espirazione) dell'addome rappresentano quindi il primo mezzo di controllo della respirazione.Possiamo arrivare a percepire la sensazione del fiato che scende in profondit dilatandoil corpo, se lasciamo che l'aria entri lentamente e in silenzio, mentre paradossalmentequando cerchiamo di immagazzinare in fretta grandi quantit d'aria, tendiamo ad attuareuna respirazione "alta", solo clavicolare e perci superficiale. Questo naturalmente primache la respirazione corretta sia diventata un automatismo.Volendo sintetizzare, si pu dire che la direzione del fiato prima in basso e poi in fuori. Quest'ultima indicazione ci porta a un altro importante aspetto dell'inspirazione, che consigliabile curare solo dopo che si sia ben consolidato il primo (controllo dell'addome) e ci riferiamo alla dilatazione delle costole inferiori. Esse devono essere mantenute per

  • quanto possibile in questa posizione espansa anche durante l'espirazione, in modo che gradualmente si stabilisca la sensazione del punto di fissazione da dove agisce il diaframma.Possono essere utili a questo scopo alcuni esercizi di respirazione, come per esempio il seguente:1) inspirare contando fino a cinque;2) lasciare ferma la muscolatura nella posizione raggiunta (senza cercare di trattenere l'ariacon la gola) contando fino a dieci;3) espirare contando fino a cinque, avendo cura di rimanere per quanto possibile col pettoin fuori e lasciando ai muscoli addominali il compito di attuare l'espirazione.Inspirare attraverso la bocca e riprodurre le stesse sensazioni di apertura e di allargamento interno prodotte dalla fase iniziale dello sbadiglio, contribuisce a predisporre correttamente l'organo rematore e le cavit di risonanza. Per contro, l'inspirazione effettuata soltanto attraverso il naso, teoricamente pi igienicae pi profonda, non si concilia con l'esigenza pratica, frequente nel canto, di fiati veloci enon superficiali, per i quali l'azione di chiusura e di apertura della bocca risulterebbe diostacolo. Immediatamente dopo l'inizio della fase espiratoria, mentre i muscoli addominali spingono in dentro l'addome, il diaframma nuovamente sollecitato e abbassato leggermente in corrispondenza dell'attacco del suono. L'attacco del suono, in grado di condizionare in bene o in male tutta l'emissione sucessiva, dev'essere morbido e deciso nello stesso tempo.Perch questo sia possibile importante allenarsi, soprattutto nella zona centrale della voce. Espedienti utili per rilassare la gola nella zona acuta possono essere rappresentati dall'abitudine a immaginare il suono iniziale preceduto da una "h" e con una direzione verso il basso opposta a quella del fiato, ci che contribuisce a stabilire il contatto della voce col diaframma, impedendo quelle tensioni e costrizioni alla gola derivanti dall'idea sbagliata di poter spingere in fuori la voce con la forza.Il terzo importante mezzo con cui possibile condizionare indirettamente l'emissione e il funzionamento delle corde vocali rappresentato dalla pronuncia. Lingua, labbra e mandibola, che svolgono un ruolo fondamentale nell'attuare la pronuncia, possono facilitare in maniera considerevole l'emissione quando ne venga rispettata la flessibilit e l'elasticit.Eccessivi spostamenti della mandibola e modificazioni vistose dell'apertura della bocca nel tentativo di articolare in maniera pi distinta le vocali e le consonanti, si traducono in tensioni eccessive che compromettono l'emissione. Allo stesso modo, impostare un padiglione acustico fisso, irrigidendo la lingua o la mandibola in una posizione unica, qualunque sia l'altezza del suono o l'effetto espressivo da realizzare, ostacola quel mobile gioco tra i diversi spazi di risonanza (faringe, bocca e cavit nasale), che quello che permette alla voce di "sintonizzarsi" automaticamente sulla frequenza esatta e rimanere sempre "a fuoco". Questa flessibilit e duttilit degli organi che presiedono al controllo delle risonanze favorita da esercizi vocali di agilit o che comportino continui cambiamenti di vocali.Le vocali rappresentano le varie colorazioni che assume il suono laringeo, di per s neutro, nel suo passaggio attraverso le diverse configurazioni del padiglione acustico. A determinarne il cambiamento sono gli spostamenti in avanti e indietro della lingua. Nel primo caso si parler di vocali anteriori ("e", "i"), che mettono in luce la brillantezza della voce, nel secondo caso di vocali posteriori ("o", "u"), che al contrario esaltano il polo della pastosit e rotondit del suono.Le vocali anteriori, pi ricche di armonici acuti che fanno "correre" la voce rendendola udibile in ampi spazi, sono le pi adatte per "impostare" la voce, ma devono essere compensate e bilanciate soprattutto nel settore acuto, per evitare che il suono si "schiacci" e diventi stridente.Le varie modalit di correzione fonetico-acustica del suono sono l'argomento che verr trattato nei capp. 6, 7 e 8. possibile percepire il punto frontale di localizzazione di una pronuncia correttamente "raccolta" e "concentrata" in

  • avanti, pronunciando velocemente una serie di consonanti labiali e dentali (per esempio: t-p-t-p-t-p-t...) senza aprire troppo la bocca o muovere la mandibola, ma facendo lavorare le labbra e la punta della lingua.L'equilibrio armonioso tra le varie componenti dello strumento voce (i muscoli respiratori, che forniscono l'energia, e le cavit di risonanza) libera il vibratore dalle tensioni che ne impediscono un funzionamento rilassato e "a pieno regime", incanalando la voce in quella zona frontale, rappresentata dalla zona nasale esterna e dalle labbra, conosciuta da cantanti e insegnanti di canto col nome di "maschera".

    1. Le sensazioni fonatorie e la terminologia vocale

    noto come la pedagogia vocale si differenzi essenzialmente da quella strumentale per quella caratteristica della voce cantata che consiste nell'impossibilit di un controllo meccanico diretto dei muscoli interni laringei. Da sempre questo ha costituito croce e delizia per cantanti e insegnanti di canto, contribuendo al sorgere e all'accavallarsi dei pi vari indirizzi pedagogici, la maggior parte dei quali accomunati dall'uso di una terminologia e di un frasario particolari.Chi fa il suo ingresso nel mondo dove s'insegna il canto s'imbatte cos ben presto in espressioni che per orecchie profane hanno risonanze oscure, significati razionalmente indecifrabili."Star seduto sul fiato", "raccogliere il suono", "coprire" o "girare la voce", "cantare sul fiato", "passare in testa", ecc. sono le formule misteriose e impenetrabili nel loro alone metaforico che pi frequentemente vengono recitate nelle aule scolastiche.Nei casi pi gravi (e purtroppo non rari) esse formano l'unica risorsa didattica a disposizione dell'insegnante e a esse si ricorre per scongiurare quasi magicamente quell'evento infausto e molte volte irreversibile che la distruzione della voce; pi spesso formano semplicemente un bagaglio di frasi suggestive ma vuote, del cui significato l'allievo possieder la chiave non all'inizio dei suoi studi (quando pi forte sarebbe l'esigenza di pochi concetti chiari, traducibili in regole pratiche) ma molto pi tardi, quando per altre vie (se sar fortunato) avr raggiunto la cosiddetta "coscienza della voce".Frutto del lavoro e degli sforzi fatti da generazioni di cantanti per definire e far tesoro tramandabile ad altri delle proprie esperienze, questo insieme di modi di dire testimonia il problema cruciale dell'insegnamento del canto, che consiste in larga misura nel riuscire a trasmettere e suscitare in altri determinate sensazioni fisiche o psichiche (alcune delle quali oggettive e verificate scientificamente, altre del tutto soggettive) allo scopo di realizzare indirettamente l'aggiustamento muscolare che ne la causa.Tutto ci ricorda per molti aspetti i caratteri e i limiti di ogni sapere ermetico o mistico:l'impossibilit di "comunicare" un'esperienza superiore alle capacit umane di comunicazione fa si che si ricorra ai surrogati dei simboli, delle metafore; gli inviti a "cantare in maschera", "star seduto sul fiato", "girare la voce" ricordano la mano col dito teso a indicare la luna dei racconti zen, che non essa stessa la meta ma serve a indicarla, non la vera realt ma a essa rimanda. Nel nostro caso la meta rappresentata dall'emissione libera, "naturale", che d origine a una serie di sensazioni di diversa natura, identificabili abbastanza precisamente e localizzabili in varie parti del corpo. Sono le cosiddette sensibilit interne fonatorie, che sviluppate con un'opera lunga e continua di introspezione e selezione, si configurano poi in quello che viene chiamato lo schema corporeo-vocale del soggetto e sono indispensabili per il controllo automatico dell'emissione.A livello laringeo la sensazione guida dev'essere di assoluta comodit e benessere fisico di modo che la

  • consapevolezza dell'esistenza dell'organo fonatore viene meno come succede per tutte le funzioni del corpo (quella visiva, digestiva, ecc.) quando si svolgano in maniera normale e non patologica. A questa condizione ci si riferisce parlando di suono staccato dalla gola; l'impressione mentale solitamente di estraniazione: non siamo noi a cantare ma la voce che canta "da sola", oppure come se suonassimo uno strumento, che come tale separato dalla nostra identit corporea. L'esperienza euforizzante in quanto normalmente nella coscienza di ognuno l'atto di "alzare la voce" associato a sensazioni spiacevoli di costrizione e di fatica. In tal modo il grado di affaticabilit laringea in rapporto con la tecnica di emissione: se questa corretta, possibile cantare per lunghi periodi senza stancarsi; nel contempo l'assenza di tensioni nocive d l'impressione della "naturalezza". Si parla anche di emissione sul fiato perch la condizione di perfetto equilibrio tra le varie componenti del meccanismo vocale pone in primo piano la percezione delle funzioni respiratorie, dando l'illusione dell'automatismo e del fiato che "sostiene" il suono, il contrario essendo rappresentato dall'emissione spinta.Il secondo tipo di sensazioni fonatorie che bisogna considerare di natura vibratoria: nell'emissione corretta queste interessano la zona palatale anteriore e naso-facciale (la cosiddetta "maschera") con un punto di massima concentrazione localizzato nella zona palatale anteriore e chiamato, dal nome dello scopritore, punto di Mauran. Sono queste che formano la "coscienza della voce" nel cantante; ci significa che quando la voce emessa correttamente il soggetto ne ha coscienza essenzialmente per gli effetti di risonanza nella maschera e non nella zona di produzione del suono (laringe) o della gola.Infine si hanno importanti sensazioni di tensione muscolare localizzate nella zona addominale e lombare, dove il corretto gioco e l'intensificarsi delle azioni dei muscoli respiratori realizza l'appoggio, da considerare in certo senso il motore della voce. Si pu affermare cos che grosso modo la presenza di queste sensazioni in grado di indicarci con sicurezza se la maniera in cui si canta non rischia col tempo di danneggiare l'organo fonatore, condizione a cui deve sottostare ogni buona tecnica vocale per definirsi tale. Paradossalmente la funzione importantissima svolta da queste tracce sensoriali interne stata chiarita e posta nel giusto rilievo non dalla pedagogia vocale, ma dalla scienza.A scoprirle e a intuirne l'importanza, proponendole come oggetto di ricerca scientifica, furono naturalmente i cantanti, ma a tutt'oggi la maggior parte degli insegnanti continua a farne un uso improprio, relegandole nel novero dei fenomeni soggettivi, quando non ne sia addirittura ignorata l'esistenza (pur restandone un'impronta precisa nella terminologia da essi usata).Mancavano una precisa analisi e una sistemazione di questi dati, cui ha provveduto recentemente la ricerca scientifica, ed questo uno dei motivi per cui essi furono in molti casi travisati. La loro utilizzazione da parte dell'allievo ai fini di un'autovalutazione della propria tecnica di emissione presuppone intanto un periodo abbastanza lungo di studio: occorre qualche anno perch lo "schema corporeo-vocale" si formi, il che significa che quando pi ne avremmo bisogno, cio agli inizi degli studi, ci troviamo sprovvisti di quello strumento che da solo potrebbe segnalarci se siamo sulla buona o sulla cattiva strada. Nel frattempo la voce s'incanala in una certa direzione e, giusta o sbagliata che sia, sappiamo che l'"impostazione" costituisce una sorta di seconda natura, da cui raramente e con estrema difficolt l'allievo riesce a staccarsi da solo.Ma ci che ha reso finora sostanzialmente improduttiva l'attenzione rivolta alle sensazioni interne non stata soltanto la mancanza di una conoscenza precisa del nesso che le lega ai vari comportamenti fonatori e meccanismi vocali (cio

  • in pratica l'incapacit di tradurle in regole pratiche), ma anche (e ancora una volta) la schematizzazione e l'estrema approssimazione con cui si proceduto ad analizzarle e classificarle, condensandole in formulazionio confuse o contraddittorie e comunque erronee. In questi casi infatti succede che, assecondando un'istintiva esigenza di spiegazioni razionali, l'allievo, consapevolmente o no, sia portato a chiarire i punti oscuri di questa terminologia con interpretazioni errate.I problemi incominciano con la nozione comune di voce di petto opposta a voce di testa. All'origine di entrambe stanno ovviamente delle precise sensazioni vibratorie, localizzate nelle rispettive regioni del corpo, ma ci che con esse si postula una netta separazione tra una zona della tessitura medio-bassa (che sarebbe affidata alle risonanze "di petto") e un'altra acuta (affidata alle risonanze "di testa"), in contraddizione evidente col concetto di maschera, che implica invece un'unica "posizione" o centro focale delle risonanze della voce, a prescindere dall'altezza tonale. In realt studi recenti hanno messo in evidenza come le sensazioni vibratorie percepibili talvolta nella zona toracica possono essere avvertite anche cantando correttamente in maschera nella zona per definizione "di testa" (la massima stimolazione si registrerebbe addirittura nell'emissione in falsetto) fino a negare la stessa possibilit, attribuita comunemente al petto, di agire come risuonatore, per cui le sensazioni percepite trarrebbero origine da una trasmissione dell'energia vibratoria (subito assorbita) tramite i muscoli abbassatori della laringe, ma senza nessun effetto di amplificazione del suono prodotto. L'emissione da raggiungere (e la sensazione vibratoria corrispondente) resta quindi quella in maschera, estesa all'intera gamma vocale. Al contrario, partendo dal concetto di risonanza di petto l'allievo portato a accentuare le sensazioni in quella zona allo scopo di dare pi consistenza e "polpa" alla nota, col risultato (facilmente raggiungibile abbassando troppo la laringe) di ingrossare e "intubare" la voce.Tutto ci configura una data impostazione vocale (sbagliata perch rigida e faticosa), che impossibile poi adattare alle diverse esigenze di coordinazione muscolare e di risonanza, proprie della zona acuta. Di qui la caratteristica di suono gridato, tipica degli acuti emessi in questo modo. Esso emerge chiaramente appena ci si sposti dalla zona centrale, dove la voce si presenta ingannevolmente profonda, oscura e "matura", verso quella acuta, mentre nell'emissione in maschera, grazie all'assorbimento degli armonici troppo acuti e dissonanti, il suono risulta morbido e pu "aprirsi" eccessivamente solo dopo che si sia superata una determinata soglia tonale abbastanza alta, senza aver attuato il "passaggio".Il passaggio (nel suo significato di copertura della voce oltre una certa altezza, in accordo con precise esigenze estetiche della tradizione ottocentesca italiana) un meccanismo essenzialmente laringeo che consiste grosso modo in un lieve abbassamento della laringe e in un allungamento delle corde vocali a opera dei muscoli cricotiroidei. Contrariamente per all'opinione comune quale risulta da certe espressioni del tipo "passare in testa" o "passaggio dal registro di petto al registro di testa", esso di per s non comporta n una maggiore esteriorizzazione della voce n tanto meno un arricchimento di risonanze "alte" Esso ha semplicemente l'effetto di evitare che la voce diventi stridente o eccessivamente aperta, conferendogli quel tipico timbro morbido e scuro a cui alludono le espressioni "coprire il suono" o "raccogliere il suono". Anzi paradossalmente esso comporta un lieve arretramento della voce verso la cavit faringea, percepibile anche a livello sensoriale, per cui l'attenzione del cantante dev'essere rivolta a mantenere per quanto possibile immutato nella maschera il punto di maggior concentrazione delle risonanze (il cosiddetto fare la punta al suono) pur estendendosi queste anche alla cavit faringea.Esistono quindi un passaggio fatto di gola (quando l'emissione spinta o intubata), che d un'impressione di eccessiva chiusura e costrizione, e un passaggio eseguito invece in maschera, che mantiene l'uguaglianza e la brillantezza della voce, arricchendola di un timbro vellutato, caratteristico dell'emissione "coperta".Che cosa succede a questo punto quando s'invita un allievo a "passare un suono acuto in testa"? Familiare per chi studia canto, questa frase solo casualmente o se filtrata da una elaborazione critica pu trasformarsi nell'aggiustamento auspicato; tradotta alla lettera, essa implica un movimento o una proiezione generica della voce verso l'alto, con conseguente probabile innalzamento della laringe e/o del diaframma, che esattamente il contrario di quello che in realt deve accadere. E questo proprio perch l'espressione "suono in testa" si riferisce agli effetti dell'emissione in maschera (vibrazioni localizzate nella zona nasale e dentale anteriore) e non ai presupposti che lo rendono possibile: 1) posizione sufficientemente bassa e rilassata della laringe; 2) aumentata pressione del

  • diaframma sui muscoli addominali; 3) attuazione oltre una certa altezza tonale del meccanismo del passaggio; 4) mantenimento di una cavit di risonanza aperta e libera da tensioni.Un ultimo requisito da non trascurare fa riferimento a quella impressione mentale che affiora in diverse importanti enunciazioni della tradizione, quali "girare il suono", "coprire la voce" e soprattutto "nel salire scendi e nello scendere sali".Essa consiste in un cambiamento della direzionalit soggettiva di proiezione dei suoni in rapporto agli intervalli ascendenti o discendenti da intonare e ha come base oggettiva una precisa coordinazione muscolare a livello laringeo e faringeo.Nella fonazione parlata, per esempio, e in quella "incolta" cantata l'aumento di intensit vocale (detto appunto "alzare la voce") o l'ascesa nella zona acuta suscitano la sensazione di proiettare la voce in direzione verticale verso la testa, quasi nel tentativo di "raggiungere" con la gola la nota acuta. Questo perch l'incapacit di controllare l'altezza tramite i muscoli intrinseci della laringe determina un innalzamento di quest'ultima e una costrizione della faringe. L'eccesso di tensioni non bilanciate esercitate sulla muscolatura provoca dopo poco tempo affaticamento e difficolt nel mantenere l'altezza.Nell'emissione "intubata" e "spinta" manca questa sensazione di direzionalit verticale, perch la laringe mantenuta in una posizione rigidamente bassa, ma appunto questa rigidit impedisce che si realizzi quella condizione "magica" che dicevamo, in cui la voce sembra che canti da sola. Cos la fonazione continuer a essere percepita dal soggetto come un'attivit che parte coscientemente dalla laringe e che tanto pi faticosa quanto pi la voce sale d'altezza o d'intensit; senza quindi quelle caratteristiche di processo passivo e funzionante autonomamente (quasi un correre in discesa invece che in salita), che diretta conseguenza dell'emissione in maschera. La scomparsa della sensibilit fonatoria a livello laringeo e di ogni coscienza della "gola" in quest'ultima il presupposto della sensazione del suono girato, coperto o preso dall'alto. La nota viene infatti attaccata e questo qualcosa che oggettivamente avviene a livello laringeo ma soggettivamente viene percepito solo nei suoi effetti vibratori nella maschera: il loro espandersi e intensificarsi in rapporto all'altezza tonale non determina un cambiamento della posizione della voce, cio del centro focale delle risonanze, che rimane localizzato nel punto-maschera sopra il palato.
  • Lasciando da parte i casi, purtroppo frequenti, in cui l'ambito della nozione "indietro" viene arbitrariamente ristretto ai soli casi di emissione ingoiata, cio a laringe alta e faringe contratta (col risultato che i suoni ugualmente indietro, ma emessi a gola aperta, vengono fatti passare per buoni, cio "fuori") una prima riserva all'uso prematuro di questi termini si basa sull'incapacit riscontrabile nell'allievo alle prime armi di selezionare e mettere a fuoco nitidamente le sensazioni interne. In questa fase delicata parole in apparenza innocue si trasformano in concetti errati che possono pregiudicare il normale apprendimnto.Nel nostro caso i tentativi di realizzare il suono fuori (o avanti o alto) daranno invecefacilmente luogo al suono "spinto", quando non si spieghi il vero significato di questeespressioni, che fisico-acustico e non meccanico: infatti l'allievo, condizionato all'inizio dauna concezione materiale della voce, immagina istintivamente che l'unico modo per raggiungere questa condizione fonatoria sia quello di catapultare fuori i suoni con la forza, costringendo cos le corde vocali a un'eccessiva tensione, che d all'ascoltatore l'impressione del suono emesso con la fibra.

    Un altro pericolo racchiuso nella tendenza a caricare di un valore assoluto, non suscettibile di eccezioni, il bipolarismo fuori-indietro. Questo pu risultare in qualche caso fuorviante.Avessimo come nostra unica risorsa a disposizione lo schema fuori-indietro, in che modo potremmo sperare di far sperimentare a un allievo il famoso e fatidico "passaggio" (che veramente passaggio a una nuova percezione e dimensione del suono), una volta iniettato nella mente il tab dei suoni indietro? Restando sul piano delle sensazioni infatti, i suoni oltre il passaggio si potrebbero definire altrettanto legittimamente (per la ragione che abbiamo gi vista) anche "indietro".

  • acuta. Tuttavia se la concentrazione rivolta ad azionare direttamente i muscoli adduttori delle corde vocali, assai probabile che il risultato sar quello che si definisce attacco duro (simile a un leggerissimo colpo di tosse), in cui l'azione di chiusura della glottide troppo violenta e precede la fuoriuscita del fiato; esso si spiega come conseguenza del tentativo di portare a livello sensoriale, accentuandolo, un processo come quello di produzione del suono che, se corretto, abbiamo visto essere presente e controllato nella coscienza del soggetto solo nei suoi effetti di risonanza in maschera. Di questo problema sembrano per altro rendersi conto anche certi fautori del colpo di glottide, quando per attuarlo suggeriscono di aspirare l'attacco del suono o di iniziarlo con un'aspirata immaginaria, espedienti che, a prescindere da ogni giudizio sulla loro efficacia, sono in evidente contraddizione logica con le implicazioni della nozione "colpo di glottide", presa letteralmente.Concludendo, l'insegnamento del canto per una tradizione vecchia di secoli si basato principalmente sul metodo delle sensazioni interne, dato che i meccanismi che danno origine a certi fenomeni vocali erano sconosciuti. E fin qui niente di strano: ancora oggi, essendo il controllo che noi possiamo esercitare sull'organo fonatore in larga misura di tipo indiretto, l'approccio psicologico svolge un ruolo importantissimo nella pedagogia vocale.I problemi sorgono quando queste sensazioni, da semplici segni della correttezza dell'emissione o da espedienti psicologici per superare certe difficolt, si trasformano, consapevolmente o no, in spiegazioni arbitrarie delle cause che producono quei fenomeni.Le conseguenze dell'elaborazione di questi concetti errati sul piano pratico sono negative ed a questo punto che s'impone l'esigenza di inquadrarle nel giusto senso, fornendo una conoscenza chiara del reale "funzionamento" della voce e mettendo in guardia l'allievo contro la pericolosit di certe tecniche.

  • propagazione dell'influsso nervoso lungo l'assone giunto a ipotizzare una classificazione fisiologica che prevede ben 17 voci maschili e ben 19 voci femminili, tuttavia innegabile il fatto, frequente in natura, che non esistono linee di demarcazione netta ma un passaggio fluido e continuo tra le varie categorie vocali.Alcune categorie sono state privilegiate dalla letteratura lirica rispetto ad altre, che perci vengono dette "voci intermediarie" e devono, per quanto possibile, adattarsi ai compartimenti stagni, rappresentati spesso dalle prime.Altrettanto problematici ai fini della classificazione sono i casi di modificazione del timbro naturale, attuata o per l'influenza esercitata da un determinato modello vocale o per un'emissione scorretta.Da quanto esposto risulta evidente insomma come l'appartenenza di un allievo a una certa categoria vocale sia qualcosa che per la sua gravit deve essere decisa con molta ponderatezza e senza fretta, ricorrendo se necessario anche al parere di un foniatra. A un "battesimo vocale" precoce seguono infatti molto spesso l'identificazione totale con la categoria di appartenenza e l'assunzione, di tipo imitativo, di quelle che soggettivamente vengono considerate le caratteristiche timbriche tipiche di quella data categoria.Nessuno degli elementi di giudizio qui sotto elencati, bench importante, pu perci essere utilizzato singolarmente quale criterio determinante per la classificazione di una voce, come invece spesso succede.Timbro: qualunque sia in proposito il punto di vista che si vuole accreditare (quello pi diffuso che sostiene la diversit di timbro di ogni categoria vocale o quello opposto, secondo il quale non esiste il timbro del tenore o del baritono, ma vari timbri in rapporto alle varie altezze tonali e alle singole voci individuali) certo che questo il criterio pi ingannevole, quello che pi pu portare ad equivoci e a errate classificazioni, in maniera tanto pi grave quanto pi esso usato da molti insegnanti nell'accezione limitata di colore (che pi facilmente pu essere modificato) e non anche in quella, per esempio, di "grana" vocale, corposit, ecc.La casistica al riguardo offre spesso dati contradditori rispetto a questa logica: non sono rari i casi di veri bassi con timbro pi chiaro di quello di veri baritoni e la stessa nozione di tenore drammatico o di soprano drammatico rappresenta l'ammissione dell'esistenza di molte eccezioni che infrangono in realt questa regola. Che poi l'eccezionaiit di queste voci sia un dato biologico, dovuto cio alla loro effettiva rarit in natura, e non piuttosto il frutto di quel condizionamento per cui, una volta di fronte a una voce con timbro scuro e bassi decenti, si opta per la soluzione pi prudente della via di mezzo, resta da dimostrare. Ci si pu consolare pensando che dei due errori di giudizio possibili in questo caso (classificare come tenore drammatico e come soprano drammatico rispettivamente un baritono acuto e un mezzosoprano e viceversa) il primo senz'altro pi pericoloso per la longevit di una voce, anche se purtroppo non infrequente. Questo soprattutto vero nel caso dei tenori: si sa come nel mondo del professionismo vocale ci si lamenti sempre pi per la mancanza di questo tipo di voce; eppure, a giudicare dalle statistiche riguardanti gli allievi di canto dei conservatori e i partecipanti a concorsi lirici, questa dovrebbe essere la pi comune fra le voci maschili, ancor pi di quella di baritono, che per definizione la pi normale, in quanto media, rispetto alle eccezioni del basso e del tenore. Come mai questa contraddizione, che per di pi doppia, se si tien conto del discorso fatto finora e cio che la tendenza degli insegnanti sempre quella di inquadrare una voce nella categoria vocale immediatamente pi bassa rispetto a quella potenziale di appartenenza? Qui probabilmente entrano in gioco motivazioni di ordine culturale. Come voce delegata dai musicisti dell'Ottocento a incarnare i valori romantici di giovinezza, innocenza e slancio ideale, la voce di tenore diventata tradizionalmente la protagonista maschile dell'opera, destinata a calamitare pi di ogni altra le ambizioni di carriera degli aspiranti cantanti, anche per i maggiori vantaggi economici che le sono connessi.Probabile quindi che anche molte voci non tenorili al cento per cento (ossia intermediarie) siano attratte da questa categoria, ma il tentativo il pi delle volte destinato a fallire a causa dell'aumentata dose di padronanza tecnica richiesta. Inoltre l'anomalia timbrica, riscontrabile in questi casi, difficilmente viene accettata come un dato naturale, ma si cerca di eliminarla con tentativi, magari inconsapevoli, di contraffazione di quello che viene considerato il timbro

  • tenorile per eccellenza.Altezza del passaggio: rimandando al cap. 6 la descrizione di questo meccanismo fondamentale della voce cantata, ricordiamo qui che esso l'unico che garantisca il raggiungimento dell'estensione massima a piena voce nella zona acuta. Ai fini del nostro discorso ci baster per ora indicare i punti di passaggio per ogni voce, punti che costituiscono indizi importanti per una giusta determinazione della categoria vocale. Essi si trovano tra do3
  • prova decisiva dell'appartenenza di una voce a una data categoria e la loro utilizzazione aquesto scopo molto problematica. Per quanto riguarda l'estensione, molto spesso la gamma delle note effettive e potenziali (di cui cio si possono intravedere le tracce agli inizi degli studi, a prescindere dalla loro efficacia sonora) supera decisamente quella delle note effettivamente presenti in molti ruoli di una data categoria (e basti a questo proposito pensare alle rare volte che un baritono deve salire oltre il sol3 o un basso scendere sotto il fa1).Da questo punto di vista quindi anche un baritono centrale (o una qualsiasi voce intermediaria tra le due categorie) potrebbe tranquillamente essere catalogato come basso. Viceversa - essendo ovviamente sempre esistita la voce di baritono, bench sotto altro nome - lecito chiedersi se ci che confina nell'ambito del repertorio di basso buffo una voce di basso leggero, in grado di salire oltre il sol3, sia una propensione per il carattere di determinati ruoli o un'incapacit fisiologica a sostenere a lungo una tessitura baritonale.In quest'ultimo caso l'elemento tessitura costituirebbe il fattore discriminante, senonch facile accorgersi come anch'esso non sia un dato di fatto al cento per cento naturale e immutabile, ma sia condizionato abbondantemente da fattori tecnici di emissione (vedi i numerosi casi di artisti che hanno intrapreso una carriera lirica, cantando prima in una tessitura e poi in un'altra pi acuta). Il discorso merita un ulteriore approfondimento in quanto la scoperta della propria vera tessitura ed estensione, secondaria per il repertorio cameristico, di vitale importanza per quello operistico, che tra le proprie esigenze fondamentali annovera la pienezza e l'intensit sonora. Tra questi due aspetti della voce cantata, l'estensione da una parte e la potenza dall'altra (intesa in senso assoluto e relativo) esistonolegami precisi. Sotto il primo profilo si pu parlare di coincidenza tra i due fenomeni, ciola generosit vocale tende a esprimersi sia come pienezza sonora sia come ampiezza dellagamma tonale. In senso relativo invece (ossia per quanto riguarda i livelli di intensitsonora all'interno di una stessa gamma vocale) sussiste un rapporto di causa/effetto: perprecise ragioni fisiologiche, a parit di energia erogata una nota acuta naturalmente pipotente di una centrale o bassa. Qui sta il punto cruciale di tutta la tecnica vocale oltre chedel problema della classificazione e della scelta del repertorio. Le aree pi pericolose dell'emissione cantata, dove pi facile compromettere l'integrit della voce, se si sprovvisti di una solida tecnica, sono infatti costituite dalla zona acuta e dalla realizzazione dell'intensit (nell'affrontare le quali non a caso anche i cantanti d'opera professionisti passano all'emissione in falsetto l dove quella a piena voce non sia indispensabile, per esempio nelle prove di scena). Da parte loro i compositori dell'Ottocento romantico sembrano essere perfettamente consapevoli di questo dato obiettivo; esigendo una sonorit abbastanza piena nel settore centrale e una sicurezza di emissione in quello acuto, rendevano difficilmente praticabile la scorciatoia consistente nell'affidare a voci di una categoria pi acuta ruoli che presentassero problemi di tessitura o di estensione. Questo vero soprattutto per Verdi, che, nel delineare la tessitura di un dato ruolo vocale, non teneva conto di situazioni contingenti (rappresentate per esempio dai limiti vocali o tecnici di un determinato cantante), ma faceva in un certo modo riferimento a condizioni ideali.Nel frequente ricorso alla gamma acuta come risorsa espressiva-drammatica sta il motivo della "pericolosit" vocale dei ruoli principali di Verdi, considerato ai suoi tempi "l'Attila delle voci". L'epiteto icastico senz'altro eccessivo (sia pure giustificato dall'improvviso mutamento nel tipo di impegno vocale-stilistico richiesto al cantante): in realt, come hanno dimostrato i pi grandi cantanti in seguito succedutisi, le tessiture vocali di Verdi, pur essendo altissime, non sono tali da oltrepassare le possibilit fisiologiche, anche se portano la tecnica a sfiorarne i limiti. Se questo dato per un verso rende proibitivo lo studio delle opere di Verdi al cantante inesperto, per un altro proprio quello che pu mettere in pieno risalto tutte le potenzialit, soprattutto in termini di rendimento e tensione sonora, di una voce che sia bene impostata. Presupposti tecnici indispensabili sono un perfetto equilibrio tra meccanismo pesante (emissione di petto) e meccanismo leggero (emissione di testa) in modo che a livello laringeo la realizzazione della zona acuta

  • diventi una pura e semplice questione di intonazione di note (come succede suonando uno strumento), un fenomeno acustico insomma di risonanza libera e non di risonanza forzata.
  • Una sommaria descrizione degli organi preposti alla fonazione il punto di partenza indispensabile per arrivare a parlare del controllo dei meccanismi vocali in un modo che sia il meno possibile vago e impreciso.Come gi abbiamo accennato nell'Introduzione, il canto un fenomeno globale in cui psiche e "soma" si condizionano reciprocamente e molti organi ne vengono coinvolti, lasciandone tracce definite nella memoria sotto forma di sensibilit fonatorie.Di questa globalit deve tener conto ogni metodo didattico serio ed equilibrato. Cos se vero che spesso possibile basare l'educazione vocale soltanto su metodi indiretti ed "immaginifici", come molte scuole tradizionali dimostrano, altrettanto vero che in molti casi l'apprendimento risulta ritardato e ostacolato, quando non si sia in grado di sostituire o integrare i generici inviti ad "appoggiare", "aprire", "scurire", ecc. con indicazioni pi precise. importante infatti che l'insegnante sappia scegliere, combinare insieme e graduare il proprio tipo d'intervento (psicologico e/o meccanicistico) a seconda del carattere, del talento, dei problemi dell'allievo e della situazione didattica contingente.Gli organi fonatori sono parte integrante o accessoria di quello che si definisce apparato respiratorio e sono: 1) laringe, 2) faringe, 3) cavit nasali e paranasali, 4) bocca, 5) polmoni.Sono interessati alla funzione fonatoria e svolgono un ruolo importantissimo nel controllo dell'emissione anche il diaframma, i muscoli addominali e persino determinati muscoli facciali, che pi avanti vedremo. fig. 11. Palato duro2. Lingua3. Osso ioide4. Corda vocale5. Cartilagine tiroidea6. Laringe7. Faringe 8. Palato molle 9. Ugola10. EpiglottideFonte di produzione del suono la laringe, mentre faringe, bocca, cavit nasali eparanasali formano il cosiddetto apparato di risonanza. La laringe, organo molto complesso, si presenta nella sua forma esterna come un'impalcatura di cartilagini, di cui visibile a occhio nudo, localizzata com' nella parte anteriore del collo, la cartilagine tiroidea (pomo d'Adamo), che la pi voluminosa ed situata come uno scudo davanti alle altre. Si distinguono poi la cartilagine cricoide, a forma di anello, che rappresenta l'elemento di sostegno dello scheletro laringeo, le due cartilagini aritenoidee a forma di piramide triangolare, disposte lateralmente, e la cartilagine epiglottide, mobile e flessibile, con la funzione di chiudere dal di sopra l'accesso alle vie polmonari.fig. 21. Epiglottide2. Osso ioide3. Cartilagine tiroidea (tiroide}4. Legamento vocale5. Cartilagine aritenoidea6. Cono elastico7. Cartilagine cricoideaAll'interno della cavit laringea troviamo le due corde vocali, che nel loro insiemecostituiscono la glottide. Questa si chiude quando le corde vocali, entrando in vibrazione,
  • 1. Corda vocale2. Piega ventricolare3. Cartilagine aritenoidea4. Cartilagine cricoidea5. Legamento vocale1) La posizione di massima apertura della glottide (posizione respiratoria) viene effettuata dall'azione dei muscoli crico-aritenoidei posteriori (v. fig. 3a).2) La posizione di chiusura si realizza invece tramite la contrazione dei muscoli crico-aritenoidei laterali (fig. 4a), che per da soli non possono effettuare la fonazione.fig. 4 Cartilagini laringee e corde vocali in sezione orizzontale (a, b, c) e viste di lato (d)3) Perch questa abbia luogo (posizione fonatoria) necessaria anche la simultaneacontrazione dei muscoli intrinseci tiro-aritenoidei, che si trovano all'interno delle cordevocali (fig. 4b).4) Esistono poi dei muscoli crico-tiroidei, che si estendono dalla faccia esterna dellacricoide alla cartilagine tiroidea. Per la contrazione di questi muscoli la cartilagine tiroidea(che nella fig. 4d vediamo di lato) compie un movimento in avanti e verso il basso,allungando le corde vocali. Vedremo in seguito che in questo movimento consiste essenzialmente il meccanismo di "copertura" della voce, cio il passaggio.Fra i muscoli or ora considerati sono dunque i tiro-aritenoidei a variare la lunghezza e lospessore della sezione vibrante delle corde vocali, dentro cui sono inserite, per realizzarealtezze via via crescenti. All'aumentare dell'altezza del suono diminuisce l'escursione dellecorde vocali, che si avvicinano sempre di pi fino a chiudere quasi completamente laglottide (fig. 5). Note basseNote centraliNote alteSalendo ancora, solo la contrazione dei muscoli crico-tiroidei (che allungano le cordevocali), ossia il meccanismo di copertura dei suoni aperti, pu impedire che, superando illivello di guardia, si arrivi alla "fusione tetanica" delle corde vocali con conseguenteinterruzione del suono (di qui l'accorciamento dell'estensione vocale, cantando "di petto"nella zona acuta, cio non attuando il passaggio). Infine nel suo complesso la laringe collegata per mezzo di una membrana all'osso ioide, il quale a sua volta unito alla faccia interna della mandibola, alla base del cranio e alla radice della lingua. un organo mobile (pu salire e scendere) e partecipa passivamente a tutti i movimenti della testa e della colonna cervicale. Nella voce cantata la posizione corretta della laringe quella bassa, come chiariremo pi avanti.I suoni cos formati trovano la loro amplificazione nell'apparato risuonatore, costituito dalla bocca, dalla faringe, dalle cavit nasali e paranasali. Notevole importanza assumono, ai fini del controllo della risonanza, la lingua, le labbra, il velo palatino e la stessa laringe nel suo complesso, a seconda che assuma una posizione alta o bassa. fg. 6 1. Seno frontale2. Seno mascellare3. Seno etmoidale4. Cavit nasale5. Rino-faringe6. Oro-faringe7. Laringo-faringe8. Laringe9. BoccaLa bocca tra le cavit di risonanza quella che pi suscettibile di modificazioni nella forma e nelle dimensioni. delimitata in basso dalla lingua e in alto dal palato, costituito da due porzioni: il palato duro, arcuato, che separa la cavit orale da quella nasale e il palato molle, che si estende in fondo, nella cavit della faringe, dividendo la parte

  • orale e la parte nasale della faringe. Essendo mobile, pu abbassarsi e chiudere l'istmo oro-faringeo parzialmente, (dando luogo a un padiglione a doppia uscita, orale e nasale) o totalmente (dando luogo a un padiglione faringeo-nasale con esclusione della bocca). La chiusura dell'istmo oro-faringeo si pu effettuare anche con l'innalzamento del dorso della lingua contro il palato molle. In tutti questi casi il suono emesso sar nasalizzato, con le conseguenze che vedremo a proposito del controllo delle risonanze.La faringe comprende tutto quel condotto (di sostanza muscolo-membranosa) che si estende dalla laringe alle cavit nasali e si divide in una parte superiore (nasale), media (orale) e inferiore (laringea). Come gi abbiamo detto, l'organo che svolge il ruolo pi importante nella modificazione della forma e delle dimensioni della bocca e della faringe la lingua. Considerata l'importanza che assume nel canto la "gola aperta", massima attenzione dovr essere rivolta quindi al controllo della lingua. Ogni irrigidimento della lingua si ripercuote negativamente sulla qualit del suono e sulla facilit di emissione.Le cavit nasali sono costituite da tutto quell'ampio spazio che va dal retro del naso finoalla faringe superiore, avendo come pavimentazione il palato, che le separa dalla cavitorale. Esse comunicano attraverso canali con le cavit paranasali, cio i seni etmoidale,frontale e mascellare. La lingua un organo muscolare, rivestito da membrana mucosa che si estende dalla cavit orale a quella oro-faringea.La base della lingua congiunta all'epiglottide da tre pieghe della mucosa. Le modificazioni della forma della lingua sono dovute all'azione dei suoi muscoli intrinseci. Provvedono ai cambiamenti di posizione i muscoli estrinseci, fra cui in particolare: stilo-ioideo e digastrico, che sollevano e tirano indietro l'osso ioide, contribuendo alla chiusura della gola, genio-ioideo, genio-glosso e io-glosso che tirano in avanti l'osso ioide, contribuendo all'apertura della gola.Quest'ultima viene inoltre impedita da ogni tensione esercitata sui muscoli del collo e da ogni tendenza a trascinare indietro la base della lingua (con l'osso ioide). Per contro, secondo A. Rose, il sollevamento del labbro superiore verso il naso "favorisce l'apertura della gola ed perci parte essenziale di una buona tecnica. Indispensabili per la respirazione (e per la fonazione) sono poi ovviamente i polmoni, che sono sospesi all'interno della cavit toracica. La loro forma e le loro dimensioni sono in stretto rapporto con quelle del torace: a un allargamento di quest'ultimo corrisponde un aumento dell'area polmonare, che ha propriet elastiche. Questo allargamento si attua attraverso i movimenti delle coste, di cui costituita la gabbia toracica, per cui l'innalzamento della serie delle costole superiori d luogo alla cosiddetta respirazione costale clavicolare (dannosa nel canto), lo spostamento laterale delle costole inferiori, invece, alla cosiddetta respirazione costo-diaframmatica.Questo secondo tipo di respirazione, essenziale per la voce cantata, quindi un sistema motorio i cui elementi costitutivi sono il diaframma, le costole inferiori e i muscoli intercostali e addominali.EspirazioneInspirazionefg. 7 Aumento della capacit toracica risultante dall'elevazione delle costole e dall'abbassamento del diaframma. Il diaframma una parte muscolare a forma di cupola, che separa la cavit toracica da quella addominale.Pu muoversi in alto e in basso, consentendo alternativamente l'aumento della capacit dell'una o dell'altra cavit. Durante l'inspirazione l'aumento del torace comporta l'abbassamento del diaframma, che viene cos a premere contro le pareti dell'addome, facendolo sporgere (per cui si parla anche di respirazione addominale). Il contrario avviene in fig. 8 Diaframma visto antero-superiormente.Fase espiratoria. Mentre la discesa del diaframma durante l'inspirazione causata dalla contrazione della sua muscolatura, per la sua risalita durante l'espirazione necessario l'intervento dei muscoli addominali, che premono contro di esso i visceri contenuti nell'addome: diaframma e muscoli addominali sono quindi tra loro antagonisti.

  • Dal momento che, come vedremo pi avanti, su questo antagonismo che si basa la tecnica dell'appoggio, non sar superfluo soffermarsi un attimo a parlarne pi dettagliatamente.Nel loro insieme i muscoli addominali costituiscono una cintura che connette il margine inferiore del torace e il margine superiore del bacino, con la funzione di proteggere l'addome e sostenerne i vari organi. Fra essi distinguiamo:1) il trasverso dell'addome, fascio muscolare di fibre orizzontali, che si attacca sul retro alla colonna vertebrale e anteriormente alle cartilagini delle ultime sei costole;2) l'interno obliquo, che s'irradia a ventaglio, avendo origine nella fascia toracico-lombare posteriormente e arrivando anteriormente oltre il centro del legamento inguinale;3) il retto dell'addome, che collega, ai due lati della linea mediana, il bacino e la gabbia toracica; 4) l'obliquo esterno, che incrocia perpendicolarmente le fibre del muscolo obliquo interno. coinvolto nel meccanismo della respirazione anche il gruppo dei muscoli intercostali:essi occupano gli spazi tra le costole della gabbia toracica e la difendono nel caso di eccessive pressioni; la loro azione concorre ad alzare e ad abbassare le costole.Muscolo trasverso dell'addomeMuscolo obliquo internoMuscolo retto dell'addomeMuscolo obliquo esternoLa funzione a cui ogni gruppo di muscoli finora considerata adibito, ai fini dellarespirazione, la seguente: Funzione respiratoria Muscoli interessatiEffetto cineticoInspirazioneDiaframma Musc. intercostaliAbbassamento del diaframma, prominenza dell'addome, allargamento delle costole inferioriEspirazioneMuscoli addominaliInnalzamento del diaframma, contrazione dei muscoli addominali Uno schema di questo tipo pu contribuire a dare un'idea chiara del meccanismo respiratorio, solo tenendo presente che ogni gruppo di muscoli non agisce isolatamente, ma in un gioco di equilibri e tensioni con quello adibito alla funzione opposta, che Rose chiama "antagonismo bilanciato". Questo vale soprattutto per l'antagonismo tra diaframma e muscoli addominali, di fondamentale importanza nella "respirazione cantata" e che quello che Lamperti chiamava "lotta vocale". in questo, ripetiamo, che consiste essenzialmente l'appoggio o sostegno propriamente detto, mentre il riferimento, frequente in molte scuole, a un "appoggio in maschera" da mettere invece in rapporto coi meccanismi di controllo della risonanza. Quest'ultimo si attua con un continuo ed estremamente duttile modellamento degli spazi interni (essenzialmente bocca e faringe), per il quale indispensabile il ricorso alla tensione (volontaria e graduabile a seconda dell'effetto voluto) di determinati muscoli facciali (v. fig. 10): l'orbicolare della bocca (che fa sporgere le labbra), gli zigomatici (che facilitano indirettamente l'innalzamento del velo palatino) e i muscoli dilatatori delle narici (il cui uso implicito in tutti i suggerimenti rivolti a "sorridere internamente", a "pensare di guidare il suono col naso" o "di aprire la faccia").fig. 10 I muscoli della "maschera"1. Muscolo dilatatore della narice2. Muscolo elevatore del labbro superiore e dell'ala del naso3. Muscoli zigomatici4. Muscolo orbicolare della bocca

  • teoria neuro-muscolare).

    4. La realizzazione dell'appoggio nel canto

    Nella pedagogia vocale il termine "appoggio" o "sostegno" designa quella particolare tecnica di produzione del suono (cui fa riferimento anche uno dei significati dell'espressione "canto sul fiato"), in grado non solo di amplificare naturalmente la voce secondo le esigenze acustiche dell'opera, ma anche di conferirle ampiezza e uniformit di emissione in tutta la sua estensione, il tutto nel rispetto delle esigenze estetiche di smalto e morbidezza del suono e di quelle fisiologiche di salvaguardia dell'integrit dell'organo fonatore. Essendo i vari aspetti dell'emissione cantata strettamente collegati tra loro, il conseguimento di questi obiettivi non pu naturalmente andare del tutto disgiunto in sede pratica da quello che riguarda il controllo fonetico-acustico della risonanza, ma ci che qui faremo per esigenze di semplificazione e di maggiore chiarezza.L'ambito operativo dell'appoggio interessa quella parte del corpo, nota appunto come il motore della voce, che corrisponde approssimativamente alla fascia lombare-addominale.La percezione interna della voce come fenomeno non strettamente localizzato nella gola, ma che si espande, coinvolgendo a diverso titolo altre parti del corpo normalmente non associate alla fonazione, si approfondisce e diventa determinante man mano che l'educazione vocale procede correttamente nelle sue varie tappe di sviluppo.In effetti quello che al pubblico non specializzato pu sembrare un artificio, altro non che la riscoperta e l'attuazione, mediante il ricorso ad espedienti di vario genere (fisiologici, psicologici, ecc.), delle piene potenzialit degli organi preposti alla fonazione, un modo insomma per scoprire con l'arte la natura. Il carattere di rieducazione insito nell'educazione vocale fa s che a uno stadio avanzato i confini tra due fenomeni apparentemente distinti come la fonazione parlata e cantata, gradualmente svaniscono con scambi e influssi reciproci: cos agli attori viene insegnato a "impostare" certe frasi, pensando di cantarle, mentre i cantanti, arrivati a un livello tecnico abbastanza elevato, sperimentano il canto come un "parlare sul fiato". Anzi, con un capovolgimento completo delle normali sensazioni, l'emissione viene percepita come un prodotto dell'attivit di tutto il corpo, con l'esclusione proprio di quella zona della laringe da cui in realt ha origine il suono (il "non avere gola quando si canta" testimoniato dai belcantisti). Pronuncia e respirazione rappresentano metodi indiretti per condizionare il comportamento laringeo.Inizialmente (e questa fase corrisponde anche ai vari tipi di emissione meno complessi di quella "operistica") l'espandersi della coscienza della voce oltre la ristretta zona della gola viene attuato con una cura pi attenta della respirazione; questo comporta un coinvolgimento (anche se non ancora un controllo cosciente) dei muscoli addominali e del diaframma. In una fase pi avanzata si crea l'"aggancio", cio quella coordinazione fra l'azione dei muscoli addominali e del diaframma e quella delle corde vocali, in cui appunto consiste l'appoggio. questo "contatto" funzionale che gradualmente si stabilisce tra questi fasci muscolari (e che gi per altro interviene naturalmente in molti atti fisiologici come tossire o ridere) a consentire un funzionamento "a pieno regime" della laringe, senza le limitazioni di volume sonoro, di capacit espressiva e di tenuta fisico-muscolare riscontrabili nell'emissione pseudonaturale o incolta.Tutte le energie vitali hanno modo di manifestarsi, contribuendo alla creazione di un libero "gesto vocale", che veramente "risposta globale" dell'essere.Da un punto di vista meccanicistico l'appoggio rappresenta uno dei pi importanti ed efficaci elementi di controllo locale cosciente della muscolatura e quando (come nella maggioranza dei casi) non si presenta come dato "naturale" pu essere acquisito con l'apprendimento. La sua natura quella di una tensione muscolare elastica, che aumenta in rapporto all'altezza e all'intensit dei suoni da "appoggiare", ma da quanto esposto sopra, risulta evidente come l'aumento "a freddo" delle tensioni (ovvero sia sotto forma di esercizi fisici per irrobustire il diaframma sia di ricorso

  • intenzionale alla forza muscolare per affrontare prematuramente determinate note o tessiture acute) pu avere solo effetti controproducenti se non si sia prima stabilito questo sottile contatto o aggancio.Solo partendo da questa fase (riconoscibile dal fatto che un aumento dell'intensit del suono non viene percepita come costrizione o tensione della gola) possibile arrivare a quella pi avanzata, in cui la realizzazione di tensioni sonore elevate e prolungate viene a "pesare" solo sui muscoli dell'appoggio e non sulla gola e le corde vocali, che percirimangono protette in un centro di quiete, paragonabile all'occhio del ciclone.Diverse sono le immagini tradizionalmente utilizzate dalle scuole di canto per definire questo meccanismo, ognuna delle quali focalizza aspetti percettivi diversi dello stesso fenomeno: si va dalla "colonna d'aria", che mette in risalto le sensazioni di dinamismo statico o staticit dinamica del canto "sul fiato" contro quelle esclusivamente espulsive tipiche del canto "spinto" (e che purtroppo sono implicite nel termine corrente di emissione) fino alle immagini di "trampolino" e "molla", che mettono l'accento sull'elasticit come propriet essenziale di un appoggio che sia frutto di tensioni bilanciate e non si riduca a un blocco rigido della muscolatura addominale. Comuni a tutte sono le sensazioni di direzionalit verticale discendente e di ampliamento dello spazio interno, direttamente proporzionaleall'altezza dei suoni da appoggiare e che suscita l'idea di un cuscino d'aria su cui appunto "appoggiarsi" e sprofondare.Alla base di tutto non c' in effetti che un uso del diaframma "anomalo" rispetto alle esperienze quotidiane della respirazione tranquilla. In quest'ultima, se corretta, il diaframma entra in funzione automaticamente, abbassandosi, per facilitare l'inspirazione; il fatto di utilizzarlo attivamente, anzich rilassarlo come normalmente succede, anche in una fase come quella espiratoria dell'emissione cantata, per la quale sarebbe sufficiente l'intervento dei muscoli addominali, comporta l'instaurarsi di un antagonismo tra due spinte muscolari opposte: quella appunto del diaframma, che contraendosi si abbassa, e quella dei muscoli addominali che lo spingono in alto per attuare l'espirazione.Nel diverso modo di affrontare e realizzare questa "lotta vocale", come Lamperti la definiva, risiede in gran parte la possibilit di risolvere o aggravare molti problemi vocali.In effetti l'immagine della "lotta vocale" pi adatta a definire la fase avanzata dell'educazione vocale, in cui l'intensificazione delle tensioni muscolari, quale si rende necessaria per determinati effetti di potenza e di sostegno di tessiture particolarmente ardue, non rischia di risolversi in un blocco rigido della muscolatura, che aumenterebbe invece di ammortizzare le tensioni negative localizzate nella gola. Questo in realt quello chesuccede quando un allievo alle prime armi basa l'apprendimento dell'appoggio sull'osservazione e l'imitazione superficiale di esempi dimostrativi dell'insegnante, tratti da brani operistici vocalmente molto impegnativi. Passare prematuramente a questa fase, in cui notevoli tensioni muscolari percorrono e animano la funzionalit del corpo-strumento senza che si sia prima imparato a padroneggiarle, cio a graduarne l'intensit senza "toccare" la gola, una delle tentazioni pi pericolose per l'integrit della voce, in cui cadono spesso certi seguaci di un metodoteoricamente corretto come l'affondo. Altrettanto fuorvianti sono, sul versante diametralmente opposto, gli inviti generici a rilassarsi, senza che venga spiegato esattamente quale parte del corpo dev'essere tesa e quale rilassata. In questo caso probabile che l'insegnante non sia pi consapevole di determinate tensioni funzionali, divenute automatiche, e faccia riferimento semplicemente a quelle sensazioni diffuse di benessere generale e di equilibrio che corrispondono alla corretta emissione.Attivare un muscolo significa evidentemente metterlo in tensione; abbiamo visto come si manifesta questa tensione nei muscoli addominali e nel diaframma. Su quale componente di questo antagonismo muscolare deve concentrarsi l'attenzione cosciente dell'allievo?Ci che trapela esternamente dalla muscolatura pu a questo punto confondere invece che chiarire le idee.Dato che l'emissione vocale una forma di espirazione, l'azione dei muscoli addominali sar chiaramente osservabile dal movimento dell'addome che si ritrae sotto la loro spinta.Questo tanto pi evidente quanto pi lunga la frase da cantare. Il compito del diaframma non quello di

  • impedire o bloccare questo movimento, ma di controllarlo e graduarlo. Le tensioni muscolari attivate sono in realt due, ma in pratica il controllo cosciente limitato a una, quella del diaframma, dal momento che i muscoli addominali,responsabili dell'espirazione, funzionano "automaticamente", se l'inspirazione stata corretta. Il grado di antagonismo muscolare variabile in rapporto alle esigenze e agli effetti da realizzare, ma bene ribadire che la fase iniziale di sviluppo di questo meccanismo deve corrispondere a un uso elastico e flessibile della muscolatura, esercitandola con vocalizzi che facciano "danzare" il diaframma, mentre cercare di metterlo in funzione, facendo "muro" con la parete addominale, come quando si vuole parare un colpo, comporta il rischio di blocchi e rigidit nocive.
  • carattere metodologico (prudenza nel passare a una fase dell'apprendimento in cui entrano in gioco determinate tensioni bilanciate oppure fobia vera e propria nell'affrontare questo aspetto del canto).Il secondo caso rappresenta invece un tentativo di realizzare quell'intensificazione del suono richiesta da gran parte del repertorio operistico, tentativo peraltro del tutto inefficace per numerosi motivi: il diaframma, messo correttamente in tensione con l'inspirazione, si rilassa completamente subito dopo e rimane in pratica inutilizzato quando dovrebbe servire, cio durante l'espirazione cantata, scomparendo dall'orizzonte percettivo e dall'ambito degli strumenti di controllo del cantante.Non trovando alcuna resistenza nella muscolatura antagonista, i muscoli addominali svuotano velocemente i polmoni, riducendo le risorse d'aria; ne risulta una sonorit forzata, spinta o "di gola" e spesso anche un'intonazione crescente. Diverse sono le ipotesi formidabili per spiegare questo fenomeno. Secondo quella pi probabile i muscoli laringei interverrebbero scorrettamente per surrogare il diaframma nella sua funzione di bilanciamento delle tensioni muscolari, l'eccessiva quantit d'aria non controllata determinando un certo irrigidimento delle corde vocali, che si ripercuote negativamente sulla qualit della voce e a lungo andare si traduce in un suo deterioramento.Cercare infatti di realizzare una notevole pressione del fiato, quale richiesta per intensificare il suono, attraverso un aumento eccessivo del flusso del fiato e un uso "attivo" della laringe come valvola per frenare o contribuire ad aumentare l'uscita del fiato, rappresenta un tentativo (scorretto) di controllo locale diretto dei muscoli laringei, che sottopone le corde vocali a eccessive tensioni (l'interpretazione del "colpo di glottide" come "colpo di tosse" o esplosiva glottidea, per altro gi sconfessata da Garcia, ne un esempio).Al contrario si suppone che il ricorso a un certo grado di tensione addominale (quale fornito dall'antagonismo diaframma/muscoli addominali e variabile in rapporto all'altezza. del suono) determini un funzionamento pi corretto ed efficace delle corde vocali, con una fase di chiusura pi completa della glottide e l'utilizzazione del minimo indispensabile d'aria per ogni ciclo.L'invito ad aumentare la pressione del fiato per sostenere determinate note acute o realizzare un crescendo, deve perci tradursi a livello cosciente in un'intenzione rivolta non a espellere pi fiato e a dare pi voce (anche se indirettamente il risultato sar un aumento fisiologico dell'intensit del suono), bens semplicemente ad appoggiarsi pi profondamente sul diaframma, mantenendo immutato il resto. Questo il significato pratico della distinzione, su cui insiste Celletti, tra "canto sul fiato" e "canto con fiato". Il termine "fiato" in effetti ambiguo, in quanto comunemente associato a sensazioni dinamiche di espulsione dell'aria, con tutti i ben noti inconvenienti derivanti da un'accentuazione di questo aspetto. La chiave per la corretta interpretazione di quest'espressione sta nella preposizione "sul": essa implica chiaramente (in linea con il significato di altre espressioni come "colonna del fiato", "trampolino", ecc., che gi abbiamo visto) un'impressione di staticit e immobilit. Queste sensazioni sono originate sia dal diaframma (che si oppone al movimento dei muscoli addominali rallentandolo e risucchiando l'aria nella parte bassa dei polmoni) sia dalla laringe che in questo modo rimane stabilizzata in sospensione elastica al di sotto di un certo livello di guardia, senza salire come tenderebbe a fare, soprattutto per l'intonazione delle note acute, nell'emissione "naturale". Quest'ultimo aspetto (l'abbassamento della laringe) influenzato dal primo (l'uso corretto dei muscoli della respirazione) e incide a sua volta sulla risonanza, allungando il padiglione acustico e contribuendo alla creazione di una sonorit pi ampia, voluminosa e scura. Tutto ci deve risultare come conseguenza indiretta del coinvolgimento globale dei muscoli respiratori, non come effetto di un intervento meccanico locale sulla posizione laringea, allo scopo di dare un'apparenza di rotondit e maturit al suono. Isolato dall'appoggio, questo determina una posizione rigida ed eccessivamente bassa della laringe, che confina le risonanze della voce nella faringe (voce intubata)."Appoggio" e "gola aperta" (quale risulta da una stabilizzazione, libera da tensioni, della laringe in basso)

  • cooperano per mettere in risalto quella dimensione della voce, cui si soliti far riferimento coi termini: "affondo", "profondit", "rotondit" e "ampiezza" del suono.Essa non che uno dei due poli di una voce che abbia raggiunto la sua vera maturit, l'altro essendo rappresentato dai concetti di "maschera", "punta del suono", risonanze "avanti" o "fuori", brillantezza.Mantenere l'equilibrio tra gli elementi di questa dicotomia concettuale, senza che uno abbia il sopravvento sull'altro, uno degli obiettivi finali pi importanti e difficili dell'educazione vocale.

  • velocit, della traiettoria o della rotazione della palla, senza spiegare come s'impugna e si maneggia la racchetta.Una prima interpretazione, frequentissima, di queste espressioni fa dipendere la realizzazione dell'altezza e della potenza del suono dalla quantit di fiato emessa. Conseguentemente si tender in fase inspiratoria a immagazzinare quanto pi fiato possibile, operazione che pu essere utile come puro esercizio respiratorio "muto" per focalizzare l'attenzione dell'allievo sui muscoli coinvolti nella respirazione, ma che rischia di essere dannosa se applicata al canto in quanto l'eccesso d'aria produce una tensione eccessiva nelle corde vocali che va a detrimento della qualit del suono, oltre ad accentuare la tendenza a usare la laringe per trattenere il fiato.Per quel che riguarda il rapporto fiato/altezza del suono diremo intanto che non certamente facendo concentrare l'allievo sulla sensazione della quantit di fiato emesso che si potr sperare di fargli acquistare acuti efficaci, anche se effettivamente a un suono prodotto al di sopra del passaggio corrisponde un'emissione di fiato maggiore di quella necessaria per un suono centrale. Questo stato sperimentato scientificamente ed spiegabile col fatto che coprendo la voce (= attuando il passaggio) la glottide si rilassa, le corde vocali si allontanano dal punto di fusione e aumenta di conseguenza la quantit di fiato emesso.La sensazione di un accresciuto flusso del fiato e di un intensificarsi delle azioni respiratorie a livello muscolare percepita molto chiaramente da chi "copre" e "appoggia" correttamente ed probabilmente alla base dei tradizionali inviti ad appoggiarsi o "sedersi" sul fiato.Tuttavia la chiave del meccanismo del passaggio (di cui parleremo nel prossimo capitolo) non sta certamente nel fiato e insistere su questa strada sarebbe come, avendo costatato, per esempio, che il funzionamento di un motore a scoppio associato sempre a una certa produzione di calore, sperare di metterlo in moto riscaldandolo. Per analogia scorretto mettere in rapporto la potenza del suono esclusivamente col fiato; se vero infatti che quest'ultimo aumenta passando da un mezzoforte a un forte, tuttavia la fuoriuscita massima di fiato non si ha n col forte n col mezzoforte, bens col piano (essendo la glottide pi aperta) e resta cos escluso che la potenza sia effetto semplicemente del fiato. Se questo concetto riduttivo si radica, le conseguenze pratiche saranno le seguenti: per aumentare l'emissione del fiato e la sensazione corrispondente, l'allievo sar portato a: 1) intensificare l'espirazione, agendo sui muscoli addominali, ma lasciando rilassato il diaframma, ci che comunemente corrisponde a "tirar dentro la pancia". Questo incontrer l'approvazione dell'insegnante, per il quale il sostegno si realizza semplicemente "alzando il diaframma".Se il suono da produrre si trova nella zona centrale e la contrazione dei muscoli addominali contro il diaframma rilassato viene attuata bruscamente, l'effetto realizzato sar al massimo quello di suono spinto, quando non ne venga compromessa l'intonazione; se invece si tratta di una nota acuta, il diaframma rilassato non dar luogo a nessun efficace sostegno e la nota sar o debole o gridata.2) mantenere il diaframma rilassato e, continuando ad agire sui muscoli addominali, ridurre inconsapevolmente l'intensit del suono, che il modo pi semplice per ottenere quell'accresciuta espulsione del fiato con cui l'allievo identifica l'appoggio. Quello ottenuto sar il classico suono "pieno d'aria" e stimbrato, che verr rifiutato ovviamente dall'insegnante.3) coinvolgere nell'attivit di espulsione del fiato anche la muscolatura della laringe, ciche sufficiente (anche attuando correttamente il sostegno) per impedire a livello laringeola rilassatezza necessaria per il corretto funzionamento delle corde vocali: l'emissione ancora una volta sar "spinta".Soffermarsi ad analizzare le conseguenze pratiche negative dell'uso di certe espressioni potrebbe sembrare superfluo se nelle attuali scuole di canto facesse seguito a esse un'indicazione un po' pi precisa delle coordinazioni muscolari necessarie per metterle in pratica. Purtroppo non cos ed esse restano semplici etichette che coprono contenitori

  • vuoti; dovr essere l'allievo, da solo, a interpretarle e sicuramente l'attenzione focalizzata sul fiato lo porter fuori strada.L'aumento della quantit di fiato emesso deve essere concepito come effetto collaterale di quella corretta coordinazione muscolare che sola rende possibile l'appoggio, dato che esso si pu ottenere anche, abbiamo visto, con metodi che non incidono affatto positivamente sul suono prodotto. Nei concetti mentali di produzione vocale che inizialmente vengono elaborati bene sia assente ogni intenzione cosciente finalizzata all'aumento del fiato, pena il rischio dei suoni pieni d'aria o spinti.Semmai, paradossalmente, pi utile il contrario: fingere che il cantante non sia uno "strumento a fiato" e pensare di non dover affatto utilizzare l'aria, bench l'emissione del fiato sia ovviamente un dato di fatto e vari in rapporto al tipo di suono da produrre (forte, piano, centrale, acuto). Il risultato di solito un immediato rilassamento della laringe con un notevole miglioramento della qualit del suono.Come si spiega tutto ci? Il passaggio del fiato attraverso la glottide aumenta l'ampiezzadelle vibrazioni in senso verticale, ma non in senso orizzontale delle corde vocali. Dei duetipi di vibrazione che contemporaneamente si verificano, pare che il primo incida sullaqualit del suono, e il secondo al contrario sull'intensit. Maggiore l'ampiezza delle vibrazioni in senso orizzontale delle corde vocali, maggiore la chiusura della glottide e maggiore di conseguenza la pressione dell'aria. A sua volta l'efficacia dell'azione delle corde vocali dipende all'attuazione o meno di una certa tensione addominale. Cos quest'ultima costituisce uno dei presupposti pi importanti per la realizzazione degli effetti dinamici.Aumentando la tensione addominale, per esempio, otteniamo come effetto anche un aumento della pressione dell'aria (se le corde vocali sono chiamate a realizzare un forte) ed in questo senso che parlavamo prima di coordinazione muscolare corretta (che d luogo a un aumento della tensione addominale e della pressione dell'aria) o errata (che si risolve soltanto in un aumento della fuoriuscita del fiato, senza incidere minimamente sull'intensit), usando quindi come criterio di valutazione la capacit di aumentare in maniera adeguata la tensione addominale, in cui Consiste in definitiva l'appoggio.Come si realizza dunque questa tensione addominale?Abbiamo visto che diaframma e muscoli addominali sono tra loro antagonisti e che le funzioni respiratorie a cui sono adibiti sono abbastanza distinte da poter affermare che il primo un muscolo essenzialmente inspiratore e i secondi espiratori. Solo partendo da questa consapevolezza si pu arrivare a un controllo indipendente e separato delle due forze, indispensabile in quella zona acuta dove la coordinazione muscolare necessaria per sviluppare un adeguato sostegno si allontana da quella automatica e istintiva della respirazione normale.Purtroppo generalmente non si ha un'idea chiara delle diverse funzioni esercitate da questi muscoli, anzi in quasi tutte le scuole di canto si parla esclusivamente (quando se ne parla) di diaframma e in un modo che molto spesso lascia trasparire la sostanziale ignoranza della precisa funzione di questo muscolo. Quando un insegnante invita a sostenere col diaframma