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La Conoscenza del Mondo Attraverso le Scienze SUMMER SCHOOL - Napoli 16 luglio 2014 L'origine della vita: singolarità o dinamica inesorabile? Paolo Tortora Università di Milano-Bicocca

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I TERMINI DEL PROBLEMA

La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo)

I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza)

Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi)

Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui

fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo?

I TERMINI DEL PROBLEMA

La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo)

I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza)

Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi)

Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui

fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo?

Il minimo indispensabile per la costruzione di un

organismo elementare (unicellulare)

• Un deposito di informazione che contenga il progetto per la costruzione

dell’organismo e che possa essere replicato in modo quasi

invariante (di norma il DNA)

• I componenti del macchinario per il funzionamento

dell’organismo (un ampio repertorio di proteine)

• Una rete di reazioni per la fabbricazione

delle molecole necessarie e per

l’ottenimento di energia necessaria alle

differenti funzioni (metabolismo)

• Un sistema di confinamento dell’organismo

per delimitarlo dall’ambiente (membrana cellulare:

composta da un doppio strato lipidico, in determinate

condizioni capace di autoassemblarsi)

Macromolecole (in biologia sono così dette molecole aventi funzioni

primarie, normalmente di grosse dimensioni, costruite mediante

assemblaggio di un repertorio limitato di molecole molto più piccole,

i building blocks o blocchi di costruzione)

1 – Le proteine: sono composti di amminoacidi (i blocchi di costruzione) che si

uniscono a dare polimeri filiformi ma raggomitolati a dare strutture compatte.

Sostengono tutte o quasi le funzioni biologiche.

(Una rassegna di strutture proteiche secondo la rappresentazione convenzionale più frequentemente

utilizzata)

Quattro dei venti amminoacidi che compongono le proteine

Gli amminoacidi condensano insieme formando un

legame peptidico, formando così lunghi polimeri lineari,

per l’appunto le proteine

2 – Acidi nucleici: polimeri filiformi di nucleotidi (i blocchi di costruzione). Il

principale ruolo è l’immagazzinamento dell’informazione per la produzione delle

proteine

La struttura elicoidale a doppio filamento del

DNA (acido deossiribonucleico), il principale

depositario dell’informazione genetica. I geni

sono tratti di DNA che normalmente codificano

proteine.

I quattro nucleotidi “canonici” che compongono il

DNA (composti ciascuno di una diversa base azotata,

dello zucchero deossiribosio e di un fosfato)

I due filamenti di DNA hanno sequenze complementari; vale a dire, le basi si appaiano in

modo tale per cui una adenina (A) su un filamento si leghi mediante legami idrogeno con

una timina (T) sull’altro filamento; una guanina (G) su un filamento si leghi mediante

legami idrogeno con citosina (C) sull’altro filamento (sono le cosidette regole di Chargaff)

Questa struttura ha immediatamente suggerito a Watson e Crick

che la proposero una modalità di replicazione del DNA. In effetti

ciascuno dei due filamenti mantiene la stessa informazione (come

sequenza di basi), sia pur in modo complementare. Di

conseguenza, durante la replicazione ciascun filamento funge da

stampo per la sintesi di un filamento complementare.

3 - Un altro acido nucleico, l’RNA (acido ribonucleico) è strutturalmente molto

simile al DNA, ma può presentare anche tratti a singola elica.

Al posto della timina, possiede una base leggermente diversa l’uracile (U). Si

tratta di una timina non metilata.

L’RNA ha un ruolo fondamentale nella

traduzione, cioè nel processo di

decodificazione dell’informazione

contenuta nel DNA, che è alla base della

sintesi delle proteine.

Il codice genetico

Il DNA immagazzina (in forma lineare) l’informazione per la sintesi

delle proteine (esse stesse polimeri lineari) codificandola mediante

una specifica sequenza di tre nucleotidi per ogni amminoacido

Il (cosidetto) dogma centrale della biologia molecolare:

il flusso dell’informazione è unidirezionale, nella direzione

DNA RNA proteine

Replicazione

Proteine

Le proteine presiedono alla

loro propria sintesi,

partecipando a trascrizione e

traduzione. Presiedono anche

alla replicazione del DNA

che codifica il progetto

dell’organismo, incluse

sequenze e strutture di tutte

le proteine!

Il dogma centrale della biologia molecolare è solo uno degli esempi (con

ogni probabilità il più prominente) che mette in evidenza un problema

chiave e ineludibile legato alla comparsa degli organismi nel corso della

evoluzione molecolare:

È difficile immaginare un processo evolutivo che porti alla comparsa di una

classe di molecole biologiche per volta (es. prima DNA e poi proteine, o

viceversa). Infatti tutti i componenti molecolari, qualsiasi sia la loro natura

chimica, debbono cooperare interagendo tra loro in modo perfettamente

coordinato.

come analogia di un sistema vivente non si può quindi

prendere un edificio o una macchina, perché questi possono

essere assemblati pezzo per pezzo, mentre un sistema

vivente richiede la presenza contemporanea di tutti (o

quasi) i pezzi per sostenere tutte le sue funzioni.

Come conseguenza metodologica, il problema dell’origine

della vita non può essere affrontato considerando l’origine e

l’evoluzione di ogni singola parte (o classe di molecole)

indipendentemente dalle altre.

Le proprietà emergenti nei sistemi viventi

1)L’irriducibilità. Un organismo è ben più ed altro che la

sommatoria delle singole parti. Ad esempio, un tratto di DNA

può essere caratterizzato per le sue proprietà chimico-fisiche,

ma la sua caratteristica essenziale, è la sua capacità di

codificare una proteina. Quindi il suo “significato” è estrinseco

alla molecola stessa in quanto può essere compreso in base al

codice genetico e si comprende in vista del ruolo che essa ha nel

sistema biologico in cui si trova.

2)L’individualità. L’aspetto più profondo di tale proprietà è che

non si può disaggregare o scomporre una cellula in più parti

senza perderne l’aspetto essenziale. In breve: nessuna delle

parti che compone una cellula è “vivente” in se stessa.

Alcune riflessioni di Erwin Chargaff

sul fenomeno “vita”

“Probabilmente non è un caso che fra tutte le

scienze sia proprio la biologia quella che non

riesce a definire l’oggetto che studia: noi non

possediamo una definizione scientifica della vita.

In effetti sono solo cellule e tessuti morti quelli

che vengono sottoposti alle analisi più

dettagliate.”

“L’analisi delle parti che compongono un

organismo vivente comporta, salvo poche

eccezioni, il venire meno dell’elemento essenziale

della vita stessa.”

“Nella nostra caccia ai frammenti abbiamo

smarrito le sublimi fattezze della vita.”

(Erwin Chargaff. Tratto da: “Mistero impenetrabile”)

1905-2002

Chargaff’s rules

I TERMINI DEL PROBLEMA

La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo)

I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza)

Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi)

Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui

fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo?

La scala dei tempi

(stabilita in base a diverse metodologie; soprattutto in base alla

radiodatazione delle rocce)

Eobacterium

isolatum (impronta

fossile)

• L’età delle rocce più antiche: 4.5-4.6 milardi di anni

• Le prime testimonianze fossili:

3.5-3.8 miliardi di anni

Stromatoliti

Depositi fossili macroscopici di

microrganismi, che risalgono ad

almeno 2 miliardi di anni fa

Rinvenuti in vari continenti

• Earth forms 4.6 billion years ago

• Solid surface forms 4 billion years ago

• Life starts (?) 3.8 billion years ago

• Age of Bacteria: Archaean era

• Oxygen atmosphere develops 2 billion years ago

• Eukaryotes develop. Proterozoic era

• Edicarian life: 650 million years ago. First multicellular life, forms unknown today

• Cambrian explosion: most current life forms appear 550 million years ago

• Paleozoic era: 550 – 250 million years ago. Marine invertebrates, fishes, amphibians, invasion of the land. Coal formation.

• Permian mass extinction: 250 million years ago. 95% of all life dies; end of Paleozoic

• Mesozoic: 250-65 million years ago. Age of the dinosaurs (reptiles). Mammals, birds, and flowering plants appear

• Cretaceous mass extinction: asteroid hits the Earth, killing much of life, including the dinosaurs.

• Cenozoic era: 65 million years ago till present. Mammals dominant

Eventi importanti

nell’evoluzione

biologica

Con la comparsa dell’ossigeno (quasi esclusivamente di origine

biologica: deriva dalla fotosintesi) compare il metabolismo ossidativo e

compaiono le cellule eucariotiche

La comparsa dell’ossigeno modifica l’ambiente fisico in modo tale da

rendere improbabile la formazione spontanea e l’accumulo di

composti organici

Cellule procariotiche e cellule eucariotiche

Procariotiche: nessuna

compartimentazione;

dimensioni attorno a 1-2 m

Eucariotiche:

compartimentate; dimensioni

attorno a 10-20 m. Proprie

di tutti gli organismi

pluricellulari

L’ambiente primitivo

Terra primordiale • più calda di quella attuale

• bombardata da asteroidi

• con raccolte d’acqua (forse già oceani)

• atmosfera: ricca in vapor d’acqua. Poteva contenere in prevalenza

ammoniaca, metano, idrogeno (composti idrogenati, allo stato

ridotto), somigliante a quella dei pianeti esterni giganti;

oppure (ipotesi alternativa):

azoto + anidride carbonica

NB: è altamente probabile che la vita

sia comparsa in tempi molto brevi, non

appena le condizioni chimico-fisiche

lo hanno consentito!

(tra 4.6 e 3.8 miliardi di anni fa il

periodo “vivibile” è stato certamente molto più breve di 800 milioni di

anni)

I TERMINI DEL PROBLEMA

La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo)

I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza)

Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi)

Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui

fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo?

le prime semplici molecole organiche blocchi di costruzione

macromolecole cellule

Chimica prebiotica

Abiogenesi (Molecole e sistemi biologici)

Per cominciare

Transizione

continua o

discontinua?

Gli scenari della abiogenesi – 1

I coacervati

Aleksandr Oparin

(1894-1980)

Oparin si può considerare il fondatore delle ricerche sull’origine

della vita in senso moderno. Nel 1924 è il primo a proporre una

teoria in cui include introduce il concetto di “brodo primordiale”.

Assume inoltre che in tale soluzione, ricca di composti organici di

diversa natura, l’evoluzione chimica porti alla formazione di

molecole organiche sempre più grandi e complesse, talché il brodo

acquista le caratteristiche di una soluzione colloidale (vale a dire,

contenente un’alta concentrazione di macromolecole); propone

quindi che esse si separino dalla soluzione sotto forma di gel,

formando delle associazioni che lui denomina coacervati, entità

individuali ben distinte dalla parte rimanente della soluzione. A

Oparin va dato il merito di essere il primo a tentare un approccio

scientifico del problema, assumendo che in presenza di opportuni

ingredienti si realizzi spontaneamente un’autoas-semblaggio di

molecole, che porta alla formazione di cellule primordiali. Tuttavia

egli non solo elude, ma sembra non immaginare neppure il

problema chiave, vale a dire l’esistenza di un deposito di

informazione che consenta una riproduzione in modo

sostanzialmente invariante della cellula.

La chimica prebiotica: L’esperimento di Stanley Miller (1953)

Il biochimico statunitense Stanley Miller riproduce

in laboratorio l’ambiente che si riteneva essere

quello della Terra primitiva: fa ciclare una miscela

di ammoniaca, metano e idrogeno, tra due bocce: in

una, due elettrodi generano scariche elettriche;

nell’altra, è presente una raccolta d’acqua che

riproduce l’oceano primitivo. Dopo un certo tempo

si accumula un repertorio di “molecole prebiotiche”

tra cui in particolare amminoacidi.

Stanley Miller (1930-2007)

Gli scenari della abiogenesi - 2

L’esperimento ha dimostrato che la materia possiede una

spontanea tendenza a creare composti della chimica prebiotica. Ciò

ha inoltre trovato un’ulteriore conferma dalle analisi spettrali degli

spazi interstellari, che hanno dimostrato la presenza di composti di

questo tipo un po’ dappertutto nell’universo. Analogamente, un

particolare tipo di meteoriti, detto condriti carbonacee è molto

ricco di un repertorio di composti simili a quelli ottenuti da Miller,

confermando così la diffusione a livello cosmico della chimica

prebiotica.

condriti carbonacee

I composti chimici elementari manifestano una

intrinseca tendenza ad autoassemblarsi

generando i blocchi di costruzione

La chimica prebiotica è pervasiva

Sidney Fox

(1912-1998)

Nel 1958, il biochimico statunitense Sidney Fox conduce una

sperimentazione che si basa sull’assunto che gli organismi

primordiali si siano formati attorno ai vulcani, grazie

all’azione del calore prodotto da essi sui gas atmosferici, la cui

composizione, secondo Fox, era nella sostanza la stessa

ipotizzata da Miller. In base a questo a questi presupposti, egli

sottopone a riscaldamento la miscela di gas in condizioni

anidre, ed ottiene dei polimeri ad alto peso molecolare

composti da amminoacidi che denomina proteinoidi. Rispetto

alle proteine, i proteinoidi consistono di un assemblaggio

casuale ed anche ramificato di un repertorio ristretto di

amminoacidi. Disciolti in acqua, i proteinoidi si suddividono in

sferette microscopiche di forma molto regolare e di dimensioni

paragonabili a quelle delle cellule procariotiche. Microsfere

è la denominazione che egli attribuisce a queste sferette, ed

assume che esse siano i progenitori delle prime cellule.

Anche in questo caso il problema dell’origine dell’infor-

mazione genetica resta completamente eluso.

Gli scenari della abiogenesi – 3

I proteinoidi

Alexander Cairns Smith

(1931)

Gli scenari della abiogenesi – 4

Vita dalle argille

- ARGILLE: minerali composti di silicio e

alluminio ma anche altri elementi come il

magnesio. Tipica struttura consistente di strati

molecolari sovrapposti l’uno all’altro.

- In ambiente acquoso sono in grado di

concentrare molecole disciolte di varia natura,

includendole tra i vari strati. Questo è un

prerequisito importante per realizzare sintesi

di molecole più complesse, ad esempio

presenti nell’ambiente oceanico.

Secondo la teoria proposta a metà degli anni ‘80 del secolo

scorso dal chimico organico scozzese Alexander Cairns-Smith i

primi organismi si sarebbero sviluppati a contatto di argille.

- Promuovono diverse reazioni chimiche, (es: polimerizzazione di amminoacidi):

sono quindi catalizzatori come gli enzimi.

- La loro stessa struttura fungerebbe da deposito

primitivo di informazione genetica. In effetti,

non solo un nuovo strato è in grado di

polimerizzare sopra uno strato preesistente, ma

anche “ereditare” le irregolarità strutturali del

precedente e poi distaccarsene. Quindi, come gli

acidi nucleici producono copie identiche a se

stesse, trasmettendo anche lievi modificazioni

strutturali trasmettendole alle nuove molecole

sintetizzate (come gli acidi nucleici trasmettono

le mutazioni).

- Tuttavia, è largamente da chiarire come

l’immagazzinamento dell’informazione genetica

in una certa fase dell’evoluzione chimica possa

essere stato preso in carico dai moderni acidi

nucleici.

Günter Wächtershäuser (1938- )

Negli anni ottanta il tedesco Günter Wächtershäuser propone la

teoria del mondo a ferro-zolfo. Egli postulò l'evoluzione di vie

metaboliche come fondamento dell'evoluzione della vita. Essa si

sarebbe verificata in corrispondenza dei “black smokers”, emissioni

vulcaniche sottomarine presenti in corrispondenza delle dorsali

oceaniche. In tale ambiente sono disponibili calore e composti ridotti

dello zolfo, in particolare la pirite (FeS2), che si trasformano

generando energia. Pertanto, in contrasto con l'esperimento di

Miller classico, i "sistemi di Wächtershäuser" funzionano con una

risorsa energetica endogena, i solfuri di ferro e altri minerali come la

pirite. La reazione di ossido-

riduzione di questi solfuri

metallici libera energia che

non solo è disponibile per la

sintesi di molecole

organiche ma anche per la

formazione di oligomeri e

polimeri.

Gli scenari della abiogenesi – 5

Prima di tutto il metabolismo

È pertanto ipotizzato che tali sistemi possano evolvere in insiemi autocatalitici di

entità metabolicamente attive e autoreplicantesi, che avrebbero preceduto le forme di

vita oggi conosciute.

Qui sotto due sequenze di reazioni ipotizzate da Wächtershäuser che estraendo

energia da composti ridotti dello zolfo portano alla sintesi di composti di importanza

centrale del metabolismo anche degli organismi odierni.

Sidney Altman Thomas Cech

(1939-) (1947-)

Nel 1989 il premio Nobel per la chimica viene

attribuito a Sidney Altman (canadese) e Thomas Cech

(statunitense). Essi dimostrano che alcune molecole di

RNA sono capaci di catalizzare specifiche reazioni. In

particolare si tratta di reazioni di rimaneggiamento di

trascritti (vale a dire, altre molecole di RNA che

codificano specifiche proteine), ma anche della

reazione di formazione del legame peptidico durante la

sintesi proteica. Ciò ha una rilevanza biologica di

prim’ordine, dato che la catalisi è una delle fun-zioni

biologiche fondamentali, ed in precedenza si riteneva

fosse sostenuta esclusivamente da proteine. Poiché

l’RNA può anche contenere l’informazione genetica, la

scoperta ha suggerito che esso possa rappresentare la

molecola base delle forme primordiali di vita. Molecole

di RNA potrebbero infatti assommare in se stesse le due

funzioni base: catalisi e deposito dell’informazione.

L’RNA potrebbe essere stato al contempo “uovo”

(deposito di informazione) e “gallina” (l’informazione

attuata).

Viene coniata l’espressione RNA world.

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Gli scenari della abiogenesi – 6

Un mondo a RNA

Alcune considerazioni di metodo Questa breve rassegna (molto incompleta!!) di alcune teorie formulate per

dare ragione dei meccanismi all’origine dei sistemi viventi primordiali ci

induce ad alcune riflessioni:

- Con ogni evidenza tali teorie risentono in modo decisivo delle conoscenze biologiche

(e in parte anche geologiche) disponibili all’epoca della loro formulazione. Pertanto

esse riflettono soprattutto lo sviluppo del pensiero scientifico nell’arco del XX secolo: è

più sulla base degli sviluppi della biologia molecolare che le teorie si sono affinate,

piuttosto che sulla base di sperimentazioni specificamente orientate a tentare di

riprodurre il fenomeno della abiogenesi.

- Il limite più grosso di tutte le teorie è che esse affrontano un aspetto per volta,

trascurando così il problema fondamentale legato alla natura del vivente, vale a dire

che esso consiste di componenti che operano tutte insieme interagendo in modo

coordinato, e che quindi non possono essere comparse una dopo l’altra. L’unica teoria

che in parte, ma solo in parte, tiene conto di questo aspetto critico è quella del mondo a

RNA.

- Resta irrisolto uno dei problemi chiave della abiogenesi, vale a dire come abbia potuto

prodursi un sistema ordinato (e quindi dotato di una contenuto informativo) a partire

da un mondo caotico e quindi privo d’informazione. Si deve assumere una tendenza

intrinseca della materia a progredire in tale direzione, autoorganizzandosi.

Altre importati osservazioni - 1

Nel mondo attuale esistono organismi procariotici dei quali si ritiene, per le loro

caratteristiche molecolari, che abbiano conservato le caratteristiche degli organismi più

antichi, molto simili ai primi comparsi sulla Terra. Tali organismi sono denominati per

l’appunto archibatteri. Uno dei riscontri della loro antichità è il fatto che sono adattati

a condizioni chimico-fisiche estreme, oggi presenti in nicchie ecologiche molto ristrette,

e con ogni probabilità rappresentative delle condizioni della Terra primordiale. Alcuni

di essi, ad esempio, sono adattati a temperature prossime all’ebollizione (in certi casi

addirittura superiore) e a valori di pH estremamente acidi (2-3). Si tratta di condizioni

ambientali che oggi si possono riscontrare in corrispondenza di emissioni vulcaniche.

Ebbene, almeno al livello molecolare, la

complessità di tali batteri non è lontanissima da

quella degli organismi superiori. Dunque, la

abiogenesi non ha lasciato alcuna forma

intermedia del processo! Plausibilmente, tali

forme ipotetiche non possedevano sufficiente

stabilità da consentir loro di perpetuarsi nel

tempo. L’archibatterio Sufolobus solfataricus è stato

isolato dalle emissioni vulcaniche della solfatara

di Pozzuoli (oltre che nel parco di Yellowstone),

dove cresce a più di 85°C e a pH < 3.

Altre importati osservazioni - 2

L’analisi molecolare del genoma e delle altre caratteristiche molecolari degli

organismi oggi esistenti ha portato alla conclusione, virtualmente certa, che tutti

discendono da un unico progenitore comune. Questo microrganismo ipotetico è

stato denominato LUCA (Last Universal Common Ancestor). Ciò equivale a dire,

in altre parole, che il mondo biologico è monofiletico.

Questa osservazione suscita la ovvia domanda se la vita si sia sviluppata un’unica

volta nella storia del nostro

pianeta, oppure se vi siano

stati molteplici tentativi, tutti

abortiti tranne uno (quello da

cui anche noi ci siamo origina-

ti). Non abbiamo attualmente

alcun elemento per poter

rispondere a questa domanda

(e forse non sarà mai possibile

rispondervi).

Per altro verso, si sta lavoran-

do per definire in modo sem-

pre più dettagliato quali fosse-

ro le caratteristiche molecola-

ri di questo progenitore. LUCA

I TERMINI DEL PROBLEMA

La natura del fenomeno vita (il punto di arrivo)

I tempi e l’ambiente della comparsa (il punto di partenza)

Gli scenari ipotizzati (prebiotici e della abiogenesi)

Quale la probabilità? Esistono punti di riferimento su cui

fondare una plausibile valutazione? Esiste vita nell’Universo?

Quali e quante sono le condizioni indispensabili perché su un

pianeta si sviluppi la vita?

Una riflessione superficiale sul tema potrebbe far credere che i prerequisiti chimico-fisici

perché un ambiente sia idoneo a consentire l’origine della vita siano relativamente pochi

e semplici (ad esempio, presenza d’acqua e temperature non troppo alte né troppo basse).

In realtà i progressi dell’astrofisica (ma anche della biologia) dimostrano che il problema

è molto più complesso; vale a dire che i prerequisiti richiesti sono davvero parecchi.

Questa stessa analisi dimostra, di conseguenza, che il pianeta Terra è un ambiente

particolarmente privilegiato, se non proprio unico.

Affrontiamo dunque il problema prendendo in esame almeno alcune delle condizioni

richieste.

• Il Sole deve essere una stella di seconda generazione, derivante dalla condensazione

della materia prodotta dall’esplosione di una supernova. Nell’esplosione si producono

elementi pesanti (come ad esempio il ferro), indispensabili per la “costruzione” degli

organismi.

• Il Sole non deve essere parte di un sistema binario, vale a dire composto di due stelle:

ciò comporterebbe irradiazioni di intensità estremamente variabile sui pianeti, con

una conseguente drammatica instabilità climatica.

• Il Sole deve orbitare nella galassia non troppo vicino al centro. In prossimità del

centro l’intensità delle radiazioni cosmiche sarebbe idonea a sterilizzare ogni

tentativo di vita.

• L’irradiazione del Sole deve essere

sostanzialmente costante nel tempo

(come in effetti è, mentre ciò non è

appannaggio di tutti i sistemi

planetari). Ciò ha consentito il

mantenimento di acqua liquida

sulla superficie del pianeta per

miliardi di anni.

• La Terra deve essere un pianeta

roccioso, che ruota attorno al Sole

alla distanza “giusta” e con

un’orbita non troppo ellittica, così

da permanere entro un intervallo di

distanze dalla stella idoneo a

garantire la permanenza di acqua

liquida.

• La presenza di pianeti giganti

gassosi esterni ha garantito, grazie

al loro forte campo gravitazionale,

una sostanziale protezione da

impatti di asteroidi nell’arco di

miliardi di anni.

Galactic Habitable Zone?

• La presenza di un satellite massiccio

(la Luna) ha garantito alla Terra una

notevolissima stabilità nell’inclinazio-

ne dell’asse di rotazione del nostro

pianeta. In mancanza di ciò il clima

avrebbe subito ripetutamente varia-

zioni vertiginose (con cambiamenti

della temperatura media anche di

parecchie decine di gradi) nell’arco di

tempo in cui si è verificata l’evolu-

zione biologica. Nessun altro pianeta

del sistema solare possiede un satellite

di massa così relativamente elevata,

come quella della Luna rispetto a

quella della Terra.

• La tettonica a placche e il conseguente

vulcanesimo, ha garantito un apporto

di CO2 nell’atmosfera tale da

generare un effetto serra naturale,

senza il quale la temperatura –

secondo alcune stime – sarebbe stata

più bassa di circa 30°C.

“Rimozione” della

Luna

• La Terra possiede un forte campo

magnetico (contrariamente alla

maggior parte dei pianeti del sistema

solare) che scherma la superficie da

buona parte dei raggi cosmici. In sua

assenza la superficie verrebbe steriliz-

zata da un continuo bombardamento

di radiazioni.

Qual è dunque la probabilità? (e quindi la frequenza?)

La probabilità di un evento composto è data dal prodotto delle probabilità

degli eventi singoli

Su questo principio si basa la formula di Drake (anni ‘60):

N = R f1 f2 ne f3 f4 f5L

N: numero di civiltà nella nostra Galassia

R: tasso medio di formazione di stelle nella Galassia

f1: frazione di stelle con proprietà compatibili con lo sviluppo della vita

f2: frazione di stelle che hanno sistemi planetari

ne: numero medio di pianeti, in un sistema planetario, che possiedono un ambiente favorevole alla comparsa

della vita

f3: frazione di pianeti in cui la vita effettivamente è nata

f4: frazione di pianeti in cui la vita si è sviluppata fino a generare forme intelligenti

f4: frazione di pianeti in cui la vita si è sviluppata fino a generare forme intelligenti capaci di tecnologie

avanzate

L: vita media delle civiltà evolute

The Drake equation:

“A wonderful way to organize our ignorance”

(Jill Tarter, Former Director of the Center for SETI Research)

(Dopo 40 anni di ricerche il progetto SETI non ha prodotto ancora alcun risultato)

Dunque?

• La combinazione di tutti i prerequisiti chimico-fisici (che abbiamo

sopra discusso a grandi linee) potrebbe rendere la probabilità di un

pianeta abitabile evanescentemente piccola.

• La vita potrebbe non esistere nell’Universo (al di fuori della Terra)

perché l’Universo è “troppo piccolo”! Solo 1023 stelle.

Inoltre…

Qual è la probabilità che a fronte di condizioni chimico-fisiche

compatibili, la vita si sviluppi effettivamente?

Le stime vanno da 1 (=100%) a 10-40000 … (Stuart Kauffman – At home

in the Universe)

Esiste vita nell’Universo?

A parte le valutazioni fondate su base

speculativa (e a parte il SETI) quali approcci

sperimentali possono essere (o sono stati)

attuati per dare risposta al problema?

- La ricerca di tracce di vita in altri pianeti,

iniziando logicamente da quelli del sistema

solare:

- Europa, un satellite di Giove, è ricoperto di

ghiacci, ma al di sotto di uno spesso strato

gelato esiste acqua liquida, che è mantenuta al

di sopra dello zero (forse attorno a 15 °C) dalle

forti maree di Giove. Ciò sta stimolando lo

sviluppo di progetti di esplorazione ma che

richiederanno nel migliore dei casi diversi

decenni per essere attuati.

- Titano, un satellite di Saturno, è molto

freddo ed è ricoperto di oceani di metano.

Tuttavia alcuni elementi suggeriscono che

sotto la crosta vi siano oceani di acqua.

- Marte? Oggi è un pianeta freddo e con una atmosfera così rarefatta (ca. 7 mbar) da

non consentire la presenza di acqua liquida. Tuttavia essa potrebbe essere presente in

profondità. Centinaia di milioni di anni fa le condizioni erano più simili alla Terra

(pressione atmosferica più elevata, oceani di acqua e temperature miti).

In linea con queste aspettative, nel 1976 la

NASA fece atterrare su Marte le due sonde

Viking, equipaggiate per misure e

rilevamenti di vario tipo. Uno degli

esperimenti attuati consistette nel

raccogliere piccoli campioni di suolo

marziano, mescolarli con una soluzione in

cui erano presenti diversi composti

organici che possono essere trasformati dai

microorganismi terrestri, e determinare il

rilascio di gas di diverso tipo, come

anidride carbonica e metano. Se tale

rilascio fosse stato accertato, esso avrebbe

indicato la presenza di sistemi viventi

dotati di un metabolismo attivo.

I risultati furono contradditori

ma plausibilmente riconducibili

a reazioni chimiche spontanee.

La comunità scientifica non

ritiene che abbiano prodotto

risultati realmente dimostrativi

di presenza di vita.

- È plausibile cercare tracce di vita nei meteoriti che raggiungono la Terra, dato che

si tratta di oggetti di provenienza extraterrestre. Abbiamo già visto che un

particolare tipo di meteorite, le condriti carbonacee, sono ricche di composti

organici caratteristici della chimica prebiotica,

- Tuttavia nessuna forma di vita, anche elementare, è mai stata trovata associata a

questi oggetti.

- È doveroso menzionare che nel 1984 fu rinvenuto in Antartide un meteorite,

denominato AL84001, di sicura provenienza marziana. Analizzato al microscopio

elettronico, esso rivelò delle formazioni che pensare a dei batteri fossilizzati. Tuttavia

alcuni ricercatori riprodussero analoghe strutture in laboratorio, applicando

opportune condizioni di pressione e temperatura a un minerale dello stesso tipo del

meteorite caduto in Antartide

- È doveroso menzionare che nel 1984 fu

rinvenuto in Antartide un meteorite,

denominato AL84001, di sicura provenienza

marziana. Analizzato al microscopio elettronico,

esso rivelò delle formazioni che facevano

pensare a dei batteri fossilizzati. Tuttavia

analoghe strutture furono riprodotte in

laboratorio, applicando opportune condizioni di

pressione e temperatura a un minerale dello

stesso tipo.

L’ipotesi della panspermia

Un’ipotesi sostenuta da taluni scienziati prende il nome di panspermia. Con questo

termine si intende che forme di vita elementari siano diffuse dappertutto nell’Universo

e che la vita sulla Terra si sia sviluppata grazie all’arrivo, secondo modalità non del

tutto chiare, di microorganismi dagli spazi interstellari. La ovvia implicazione è che la

vita sia largamente diffusa sui pianeti abitabili. L’ipotesi della panspermia è stata

proposta anche per superare le difficoltà logiche in cui si sono imbattute tutte le teorie

che hanno inteso rendere conto della nascita della vita sulla Terra. Ma naturalmente

essa non risolve il problema: può solo retrodatarlo ad altri tempi e ad altri ambienti

rispetto a quelli della Terra primordiale.

In epoca moderna questa ipotesi è

stata proposta dapprima dal

chimico e premio Nobel svedese

Svante Arrhenius (1859-1927), ma

essa è legata soprattutto ai nomi dei

due astronomi britannici Fred

Hoyle (1915-2001) e del suo allievo

Chandra Wickramasinghe (1939- ),

quest’ultimo nativo dello Sri Lanka.

I principali elementi in base ai quali hanno tentato di avvalorarla sono l’ampia

diffusione cosmica della chimica prebiotica, oltre ad altre evidenze, solo indirette,

quali la capacità di taluni microorganismi di resistere a dosi straordinariamente elevate

di radiazioni e/o a condizioni estreme di temperatura, vicino all’ebollizione o congelati a

parecchie decine di gradi sotto zero. Ma la chimica prebiotica, lo abbiamo visto, non è

sinonimo di vita; quanto alle condizioni fisiche estreme che i due scienziati citano,

esse sarebbero secondo loro indicative della capacità di tali microorganismi di

migrare nel cosmo, o come sottili polveri portate dalle correnti negli strati alti

dell’atmosfera dei pianeti, e quindi rilasciati al di fuori del loro campo

gravitazionale, oppure veicolati da meteoriti, depositati sulla loro superficie o inclusi

nel loro interno. Ma in ogni caso, la dose di radiazioni ricevuta durante un viaggio da

un pianeta all’altro distruggerebbe qualsiasi microorganismo che migrasse sia come

entità isolata, sia sulla superficie di un meteorite, considerando che anche nei casi più

ottimistici il viaggio durerebbe decine di migliaia di anni, ma più realisticamente

centinaia di migliaia o milioni. Forse, un microorganismo all’interno di un meteorite

potrebbe intraprendere questo viaggio sufficientemente protetto per resistere alle

radiazioni; in questa condizione potrebbe anche non essere vaporizzato al momento

dell’impatto su un pianeta, al contrario di quelli che si trovassero sulla superficie del

meteorite medesimo.

Nel 1973, due britannici, il fisico Francis Crick (1915-2004) premio Nobel per la

medicina per la scoperta della struttura del DNA, e il chimico Leslie Orgel (1927-

2007), noto per i suoi studi sull’evoluzione molecolare, pubblicarono un saggio in cui

veniva avanzata l’ipotesi della panspermia guidata, secondo la quale sistemi viventi

semplici sarebbero stati diffusi in tutto l’Universo da esseri intelligenti che

dispongono di mezzi per intraprendere viaggi interstellari. Qui non si tratta più di un

reale contributo scientifico, ma piuttosto di una ironica provocazione intellettuale.

In conclusione, sulla base degli scarsi elementi a disposizione allo stato attuale delle

conoscenze, non v’è dubbio che la comunità scientifica nella sua stragrande

maggioranza non ritenga dimostrata l’ipotesi della panspermia o più in generale

quella dell’esistenza di forme di vita al di fuori del nostro pianeta. Ci sembra

opportuno puntualizzare ancora una volta che è questo lo stato attuale delle

conoscenze, dato che al riguardo ci imbattiamo troppo spesso in messaggi ambigui,

soprattutto da parte di certe fonti di informazione. In particolare, facciamo osservare

che se entrassimo in possesso anche di una sola evidenza certa di vita extraterrestre a

qualsiasi livello di complessità, questo evento occuperebbe le prime pagine dei giornali

per giorni e giorni, e arriverebbe persino a cambiare in qualche misura il modo di

concepire noi stessi!

"Se si vuole sostenere il concetto che la vita

abbia avuto un'origine inorganica

puramente casuale, ogni altra speculazione

diviene impossibile: ogni cosa non

risulterebbe altro se non il frutto di un caso.

Quando tuttavia ci rendiamo conto che la

probabilità che la vita sia nata per caso è

talmente minuscola da rendere assurdo

questo concetto, diviene ovvio pensare che le

proprietà della fisica che hanno favorito la

nascita della vita siano sotto ogni aspetto

qualcosa di deliberato".

F. Hoyle e N.C. Wickramasinghe.

(da “Evoluzione dallo spazio”)

“Il caso puro, il solo caso, libertà

assoluta ma cieca, alla radice stesa

del prodigioso edificio

dell’evoluzione. Oggi questa nozione

centrale della Biologia non è più

un’ipotesi fra le molte

possibili o perlomeno concepibili, ma è

la sola concepibile in quanto è l’unica

compatibile con

la realtà quale ce la mostrano

l’osservazione e l’esperienza.”

Jacques Monod.

(da “Il caso e la necessità”)

Grazie per

l’attenzione!!