Difesa da parassiti con prodotti biologici e coltura olivo potatura, slupatura, innesto

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La difesa di olivo, castagno, fico, fagiolo, rape, dai parassiti animali e vegetali con prodotti consentiti in agricoltura biologica e le operazioni colturali dell’olivo: la potatura, la slupatura e l’innesto COOP OLIVICOLA DI ARNASCO Quaderno n. 5 Arnasco 02/2003 LIVICOLA COOPERATIVA A R N A S C O

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Quinto quaderno della Coop Olivicola di Arnasco per la rivalutazione del territorio e la conservazione delle varietà antiche

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La difesa di olivo, castagno, fico, fagiolo, rape,dai parassiti animali e vegetali

con prodotti consentiti in agricoltura biologicae

le operazioni colturali dell’olivo:la potatura, la slupatura e l’innesto

COOP OLIVICOLA DI ARNASCO

Quaderno n. 5Arnasco 02/2003

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Realizzazione:

Luciano Gallizia – Presidente Cooperativa Olivicola Arnasco

Dott. Ruggero Petacchi – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Dott. Giorgio Bozzano – Tecnico Coop. l’Ortofrutticola

Dott. Gianluca Bico - Tecnico Cooperativa Olivicola Arnasco

Beltramo Roberta

Si ringraziano per la gentile collaborazione:

Annarita Campana.

I soci olivicoltori e dipendenti della Cooperativa Olivicola di Arnasco.

Il Gruppo “Amici dell’olivo” di Arnasco.

I famigliari dell’indimenticabile Italo Mirone per il consenso alla ristampa del “Piccolo

manuale pratico per la potatura, la slupatura e l’innesto dell’olivo”.

Disegni di Angelo Gastaldi.

In copertina: Murales ad Arnasco di Giovanni Lo Manto.

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La Cooperativa Olivicola di Arnasco, nata nel 1984, ha come oggetto sociale lo svolgimen-to di attività agricole, la frangitura e la lavorazione delle olive, e, più in generale, la tutela ela valorizzazione del mondo rurale e del territorio. L’azione della Cooperativa è volta al recupero e alla valorizzazione degli antichi mestieri, conprogetti quali: – la promozione dell’olivicoltura, tramite la gestione del frantoio sociale, il recupero degli

uliveti incolti con tecniche di coltivazione biologica, e la valorizzazione della cultivar tradi-zionale ARNASCA “PIGNOLA”;

– la tutela delle antiche varietà vegetali locali (è in corso un progetto finalizzato alla conser-vazione delle colture dei fichi, delle rape, dei fagioli e delle castagne, e delle relativemetodologie tradizionali di lavorazione e conservazione);

– il mantenimento dell’attività pastorale, condotta da un socio della cooperativa, con obietti-vi quali la salvaguardia della pecora “brigasca” e la tutela delle produzioni casearie tradizio-nali;

– la conservazione del paesaggio rurale, il mantenimento dei percorsi storici, la realizzazio-ne di infrastrutture escursionistiche, con iniziative come l’annuale “scuola dei muretti asecco” o la valorizzazione delle costruzioni rurali tradizionali (“caselle”, la “torre di Davì”,ecc.);

– la valorizzazione degli antichi mestieri, con la gestione e l’aggiornamento del “museo del-l’olivo” allestito presso l’edificio della sede sociale e del frantoio; il museo è già inserito nelcircuito del turismo didattico e ospita, ogni anno, un consistente numero di scolaresche.

– la divulgazione delle iniziative elencate, in collaborazione con l’associazione culturale“Amici dell’olivo” e la promozione di manifestazioni culturali (il convegno annuale “Civiltàdell’olivo a confronto”, la realizzazione del percorso dei “murales” lungo la strada provin-ciale, l’edizione di libri e pubblicazioni).

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L’olivicoltura biologica rappresenta sempre di più una risposta alle diverse esigenze, siadei produttori che dei consumatori, per una produzione caratterizzata da una “qualitàtotale”. Negli ultimi anni, grazie anche alla crescente sensibilità del mondo della ricerca esperimentazione a tali problematiche, sono aumentate le conoscenze sulle tecniche utiliz-zabili, in agricoltura biologica, nella difesa delle colture, tra cui l’olivo. In Liguria, dove l’in-setto maggiormente dannoso su questa coltura è la mosca delle olive, sono in corso pro-grammi mirati per dare agli olivicoltori indicazioni su quando e come intervenire controquesta specie. Nonostante tutto questo ancora poche sono le risposte sicure che il mondodella ricerca e sperimentazione è in grado di dare agli olivicoltori biologici, su come com-battere la mosca delle olive,

In tale contesto negli ultimi anni è stata riscoperta la tecnica del mass trapping o cattu-re massali, che, anche se vecchia come concezione, è stata resa innovativa dalla speri-mentazione di nuovi dispositivi (EcoTrap) che uniscono caratteristiche positive che vannodalla salvaguardia della salute del produttore e del consumatore all’estrema riduzione del-l’impatto sull’ambiente, in generale.

In Liguria a partire dal 1998 sono in corso progetti dimostrativi sull’applicazione di que-sta tecnica e ad Arnasco è stata condotta un’esperienza, tuttora in corso, che può esserecitata come un esempio di gestione ottimale di un progetto su scala territoriale.

La tecnica del mass trapping, infatti, deve essere applicata su grosse superfici olivateaccorpate e questo in Liguria, tenuto conto della frammentazione della maglia poderale,può rappresentarne un limite. Questo limite, ad Arnasco è stato superato grazie all’azionepuntuale, precisa e coinvolgente della Cooperativa Olivicoltori locale che ha provveduto aformare, informare ed eseguire tutte le azioni necessarie per la riuscita della tecnica.

Ad Arnasco, dove ho passato bei momenti dal punto di vista umano e professionale,ho avuto modo di aggiungere conoscenza a quanto già, in parte, mi era noto, in merito alconcetto di vocazionalità naturale di un’area all’utilizzo di una tecnica. E per vocazionalitànaturale intendo quella legata sia agli aspetti pedoclimatici che a quelli socio-economici.Infatti in questa zona collinare della Liguria, grazie all’intervento delle Istituzioni locali esoprattutto della Cooperativa Olivicoltori di Arnasco è stata messa in opera una proget-tualità che, a partire dalla difesa dell’olivo, ha portato alla promozione e valorizzazionedella produzione e di conseguenza anche della comunità rurale che su di essa basa tradi-zioni ed economia.

È quindi bello e rassicurante sapere che esistono luoghi, come Arnasco, caratterizzatidall’esistenza di un equilibrio tra tutte le sue componenti, l’uomo, l’ambiente, gli oliveti eanche la mosca dell’olivo che, necessariamente, in essi vive. E non ci si può che adopera-re affinchè questo equilibrio continui.

Dott. Ruggero PetacchiScuola Superiore S. Anna - Pisa

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IL PROGETTO

La coltivazione delle antiche varietà locali nelle aree agricole marginali è attuato dallaCooperativa di Arnasco.

La zona oggetto dell’intervento riguarda i comuni di Nasino, Castelvecchio di RoccaBarbena, Arnasco e Vendone. In questi comuni (escluso Arnasco) l’agricoltura è una attivi-tà marginale, limitata a poche aziende agricole e praticata da agricoltori part-time. In que-ste zone è molto diffuso l’abbandono del territorio e numerosi sono i coltivi abbandona-ti. Le superfici coltivabili sono costituite dai terrazzamenti (le cosiddette “fasce”) di limita-ta estensione, non lineari e piuttosto strette, sostenute da muretti a secco in pietra: la lorocostruzione ha permesso di ricavare superfici coltivabili dove non esistevano ed ha contri-buito ad addolcire la pendenza dei versanti.

Questi terrazzamenti sono difficilmente accessibili, collegati fra di loro a volte solo darudimentali scalini di pietre sporgenti ricavati dagli stessi muretti o comunque da viottolistretti e ripidi non percorribili da mezzi meccanici.

La scarsa meccanizzazione rende le poche colture praticate economicamente redditi-zie solo e limitatamente nei pressi dei centri abitati.

Le condizioni climatiche inoltre non sono adatte alla coltivazione di specie e varietà piùpregiate ma anche più esigenti che vengono perciò coltivate nella piana di Albenga.

In queste aree marginali la coltivazione di specie ortofrutticole locali quasi in via di estin-zione ma particolarmente adattate alle condizioni climatiche e pedologiche delle zoneprescelte appare quanto mai interessante.

Il progetto realizzato dalla Cooperativa Olivicola di Arnasco si propone due obiettivi come obiettivo di carattere generale si propone:– maggiore conoscenza delle tecniche di coltivazione e di difesa fitosanitaria delle anti-

che varietà locali– divulgazione dei dati ottenuti tramite la stampa di quaderni– tutelare e conservare le metodologie di lavorazione e conservazione di questi pro-

dotti, metodologie tradizionali e molto antiche– promuovere e far conoscere i prodotti al pubblico e quindi al consumatore finale con

l’organizzazione di serate gastronomiche degustative – l’impiego di prodotti nelle gastronomie locali – la vendita in punti commerciali dove si possono trovare i prodotti tipici.Tutto questo allo scopo di aumentare la richiesta di mercato e quindi incentivare la col-

tivazione delle antiche varietà locali. Come obiettivo specifico si propone:– il recupero funzionale di terreni incolti o abbandonati con risvolti positivi sull’ambien-

te sul paesaggio e sulla stabilità idrogeologica dei versanti.La coltivazione dei fagioli di Nasino e delle rape della Val Pennavaire sono eseguite

secondo la metodologia della lotta integrata senza concimazioni chimiche e diserbi chimi-ci mentre le castagne gabbiane ed i fichi rondetta sono coltivate con pratiche colturali chenon interferiscono con l’ambiente (decespugliamenti meccanici, potature meccaniche).

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DIFESA FITOSANITARIA

In queste zone marginali, mancando una agricoltura a carattere intensivo, sonomolto limitati i problemi dovuti alle malattie fungine ed agli attacchi di insetti.

La protezione fitosanitaria si basa sulla prevenzione: il concetto fondamentale èquello di favorire l’instaurarsi di un equilibrio all’interno dell’azienda, equilibrio volto almantenimento in sanità delle piante coltivate. Si cerca di raggiungere questo equilibrioprincipalmente con le pratiche agronomiche come le rotazioni e gli avvicendamenti, lelavorazioni, l’apporto di sostanza organica.

Avvicendamenti e rotazioniNon conviene mai ripetere per più volte di seguito sullo stesso terreno la medesima

coltura pena il rischio di andare incontro ad una progressiva diminuizione della produ-zione per il fenomeno della “stanchezza” del terreno.

Questa è dovuta ad un eccessivo accumulo di tossine nel terreno, al progressivoesaurimento di alcune sostanze nutritive, all’accumulo di patogeni fungini e di parassitianimali, alla selezione di erbe infestanti di difficile controllo.

LavorazioniUn terreno sottoposto a coltivazione tende ad assumere una struttura compatta: le

lavorazioni ripristinano la buona struttura soffice del terreno: con la formazione di zollepiù o meno voluminose si favorisce la penetrazione dell’acqua evitando ristagni idrici econseguente asfissia e marciumi radicali.

Servono inoltre per arieggiare il terreno permettendo la circolazione dell’ossigenoindispensabile per la respirazione delle radici e per la vita microbica del terreno.

Concimazione organicaL’apporto di sostanza organica con l’interramento di letame, stallatico maturo ecc.

è essenziale per mantenere la fertilità del terreno.La concimazione organica svolge nel terreno importanti funzioni di carattere fisico,

chimico, microbiologico.

Funzioni fisiche:Migliora la struttura del terreno mantenendolo soffice e poroso. Condizioni indi-

spensabili per un buon sviluppo radicale delle piante.

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Accresce la capacità di ritenzione idrica nei terreni sciolti e pietrosi mentre favori-sce la penetrazione dell’acqua in quelli compatti.

Funzioni chimiche:Esercita una azione diretta sulla nutrizione delle piante mettendo loro a disposizio-

ne in forma graduale ed assimilabile elementi nutritivi necessari alla loro crescita pre-servandoli inoltre tramite processi di chelazione dai fenomeni di dilavamento. La suadecomposizione provoca un abbassamento del PH del terreno funzione particolar-mente importante nei terreni calcarei.

Funzioni biologiche:Stimola l’azione della microflora e della microfauna del terreno la cui attività oltre a

rendere disponibili per le piante un grande numero di elementi nutritivi, contribuiscealla degradazione delle tossine responsabili della “stanchezza” de terreno.

Stimola lo sviluppo radicale e quindi favorisce la crescita di una pianta robusta e benequilibrata in tutte le sue parti perciò meno soggetta all’attacco di parassiti.

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PRODOTTI FITOSANITARI UTILIZZABILI IN AGRICOLTURA BIOLOGICA

(Regolamento CEE n. 2092/91).

Descrizione delle loro caratteristiche, dell’azione sui parassiti e delle modalità d’uso alfine di avere una azione ottimale.

RAME

Il rame ha una azione su una ampia gamma di parassiti fungini (peronospora, occhio dipavone, ticchiolatura…) e su diverse batteriosi. Il rame esercita una azione indiretta anchecontro oidio e muffa grigia infatti irrobustisce la cuticola rendendo così le foglie ed i frut-ti più resistenti agli attacchi di funghi e di insetti.

Agisce per contatto sulle spore dei funghi: alterando la membrana cellulare ne impe-disce la germinazione, penetrando successivamente all’interno della cellula la devitalizza.

I composti rameici tuttavia in determinate condizioni di temperatura e di umiditàpossono produrre sulle piante trattate fenomeni di fitotossicità penetrando all’internodei tessuti: infatti con umidità elevata gli stomi delle foglie sono aperti, con temperatu-re basse ci sono numerose microlesioni dovute al freddo.

La fitotossicità può provocare bruciature nelle foglie giovani e tenere, rugginosità suifrutti di alcune cultivar di melo, cascola di fiori nella vite, cascola di foglie nell’olivo.

TIPI DI RAMERame nella forma di solfato di rame

Il solfato di rame è un sale solubile in acqua che non viene di solito utilizzato talquale nella lotta anticrittogamica, ma deve essere neutralizzato con la calce per evita-re che l’azione acida del solfato di rame possa danneggiare le colture.

La miscela del solfato di rame con la calce costituisce la ben nota poltiglia bordo-lese che trae il nome dalla città francese di Bordeaux dove fu sperimentata per la primavolta nel secolo scorso.

L’attività fungicida della poltiglia bordolese dipende dai rapporti fra il solfato dirame e la calce: si possono avere poltiglie acide, neutre o alcaline che si distinguonoper la diversa prontezza di azione e per la diversa persistenza.

Si consiglia di impiegare la poltiglia bordolese il giorno stesso della preparazioneperché in seguito subisce delle alterazioni che ne abbassano l’efficacia fungicida.

Di solito la poltiglia bordolese è di preparazione aziendale.

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Attualmente esistono in commercio delle poltiglie bordolesi di preparazione indu-striale essiccate e già pronte per l’uso che non necessitano dell’aggiunta di calce.Intervallo di sicurezza 3gg.

Rame nella forma di ossicloruro di rameIn commercio esistono due tipi di ossicloruro: ossicloruro di rame e calcio e ossi-

cloruro tetraramico.L’ossicloruro di rame e calcio ha una azione più pronta ma una persistenza minore

rispetto al tetraramico. Intervallo di sicurezza 20gg.

Rame nella forma di idrossido di RameLe particelle di rame di questo prodotto sono di dimensioni estremamente ridotte

ed hanno una tipica struttura ad ago: queste due caratteristiche assicurano una elevataed uniforme copertura della vegetazione, una azione fungina molto pronta ed una forteresistenza al dilavamento. Intervallo di sicurezza 20gg.

Rame nella forma di ossido rameosoComposto di coloro rosso con particelle molto fini e una concentrazione di rame molto

alta: queste caratteristiche garantiscono una copertura molto uniforme della vegetazione, unaforte aderenza e quindi una resistenza al dilavamento superiore a quella degli altri tipi dirame; inoltre si applica a dosi molto basse. Intervallo di sicurezza 20gg.

ZOLFO

Indicato contro l’oidio (mal bianco) di piante orticole e della vite, una volta sommini-strato sublima cioè sviluppa dei vapori di anidride solforosa che penetra nelle cellule delmicelio fungino e delle spore conducendole a morte.

È attivo anche contro l’escoriosi della vite ed ha una azione acaro frenante, azione chesi esplica soprattutto nei confronti di eriofidi e tarsonemidi.

L’azione anticrittogamica dello zolfo aumenta con la finezza delle particelle ed è infunzione della temperatura e dell’umidità relativa.

La temperatura ambiente deve essere sufficientemente elevata per permettere la for-mazione del vapore dalle particelle solide: l’azione fungina inizia sui 10-12° per gli zolfipiù fini e sui 18-20° con quelli più grossolani ed aumenta progressivamente fino a 40° C.A temperature più elevate diventa fitotossico, perciò nel periodo estivo si consiglia di dis-tribuirlo nelle ore più fresche ed a dosi ridotte.

L’azione dello zolfo invece diminuisce con umidità elevata: il trattamento su piantebagnate può provocare ustioni

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TIPI DI ZOLFO– Zolfi per polverizzazioniZOLFI VENTILATI: sono quelli migliori ottenuti per molitura dello zolfo e successiva ven-

tilazione con separazione delle particelle più fini; presentano una granulometria molto uni-forme. Intervallo di sicurezza 5gg.

ZOLFI RAMATI: ottenuti mescolando zolfo e rame per avere una azione contro oidio eperonospora; questa miscela può essere anche di preparazione aziendale mescolandozolfo e rame in rapporto 10:1. Intervallo di sicurezza 5gg.

– Miscela di zolfo e bentonite (Solfobenton)Il prodotto ha una buona azione contro la muffa grigia dell’uva, Botrytis cinerea

responsabile del marciume del grappolo: l’anidride solforosa che si libera agisce per giagassosa e rende l’ambiente del grappolo inadatto allo sviluppo del fungo. La bentoniteper le sue proprietà igroscopiche assorbe l’umidità e disidrata le ife del fungo esercitan-do anche un effetto cicatrizzante e curativo. Intervallo di sicurezza 10gg.

– Zolfi BagnabiliSono zolfi solubili in acqua usati per i trattamenti liquidi.I formulati migliori sono quelli in microbilie: le particelle di zolfo, con una dimensione

di 3 micron, permettono di utilizzarli a dosaggi significativamente più elevati degli zolfibagnabili tradizionali. Ciò consente una attività superiore e più prolungata, senza tuttaviadar luogo a problemi di fitotossicità sulle colture tipici degli zolfi bagnabili comuni, soprat-tutto alle alte temperature. Intervallo di sicurezza 5gg.

– HeliosufreMiscela di zolfo bagnabile e Pinolene per migliorare la adesività e la persistenza del

prodotto che arriva così fino a 10 giorni riducendo nel contempo i rischi di fitotossicitàdovuti alle alte temperature. Intervallo di sicurezza 5gg.

– Proteinato di ZolfoParticolare formulato di zolfo su supporto proteico che oltre a possedere una effica-

ce azione antioidica risulta avere una buona azione di controllo contro le cocciniglie, gliacari e gli eriofidi. La particolare formulazione rende il prodotto estremamente adesivo,resistente al dilavamento e con una azione ricoprente ottima. Possiede una bassa fitotos-sicità che permette trattamenti invernali sui fruttiferi (pomaceae, dupaceae, olivo, agrumi)anche in prossimità della rottura delle gemme. Intervallo di sicurezza 5gg.

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PIRETRO

Viene estratto dai capolini di Chrysanthemum cinerariaefolium una composita peren-nante coltivata soprattutto nel Kenia.

Il piretro è un insetticida di contatto, agisce nel sistema nervoso dell’insetto determi-nandone in breve tempo la paralisi e la successiva morte.

È caratterizzato da una bassa tossicità verso gli animali a sangue caldo, da una azionemolto rapida e una breve persistenza: si tratta infatti di un prodotto fotolabile e per la suafacile degradabilità in presenza di luce è necessario utilizzarlo nelle ore serali.

Agisce contro numerosi insetti afidi, aleurodidi, cicaline, cimici, mosca della frutta,metcalfa, tripidi, minatori fogliari (adulti). Intervallo di sicurezza 2 gg.

ROTENONE

Il rotenone (detto anche Derris) è un composto insetticida estratto dalle radici di alcu-ne piante tropicali della famiglia delle leguminose.

Agisce contro gli insetti per contatto e per ingestione con residua azione insettifuga; lamassima azione insetticida si ha nei primi tre giorni dopo il trattamento, per 6-10 giorni puòavere azione repellente.

Non viene assorbito dai tessuti vegetali. Essendo un prodotto che agisce per contatto,curare bene la bagnatura della vegetazione.

La molecola si degrada rapidamente inattivandosi in presenza di luce, per cui la per-manenza nell’ambiente è limitata. Si consiglia di trattare il più possibile verso sera.

Ha uno spettro d’azione molto ampio e trova il suo campo di attività contro gli insettiper cui è necessaria una azione pronta e una persistenza un po’ più duratura del piretro.Intervallo di sicurezza 10 gg.

BACILLUS THURINGIENSIS

È un bioinsetticida che svolge la sua funzione per ingestione sulle larve dei lepidotteri.Dopo poche ore dall’ingestione, a contatto con l’ambiente molto alcalino che si

riscontra solo nell’intestino dei lepidotteri, si libera una tossina che paralizza l’apparatoboccale e l’intestino delle larve che cessano di nutrirsi e muoiono nell’arco di 3-4 giorni.

Da questo deriva la ragione dell’attività molto specifica del Bacillus thuringiensis e dellasua completa selettività nei confronti di insetti utili e dei mammiferi.

Il prodotto è efficace contro le larve giovani nei primi stadi di sviluppo, è quindi moltoimportante intervenire precocemente.

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Il prodotto è sensibile ai raggi ultravioletti e viene degradato dalla luce quindi è beneeseguire il trattamento verso sera.

È necessario che l’acqua utilizzata abbia un PH acido attorno 6-6,5 per evitare l’atti-vazione precoce della tossina: si consiglia di aggiungere alla soluzione prodotti acidificanti(aceto – acido citrico) molto utile anche l’aggiunta di zucchero per aumentare l’attivitànutritiva delle larve. Intervallo di sicurezza 3 gg.

AZADIRACTINA (olio di Neem)

È un insetticida di origine vegetale estratto dai semi dell’albero del Neem (Azadiractaindica) pianta originaria dell’India.

Si caratterizza per un molteplice meccanismo di azione sugli insetti:– regolatore di crescita (chitino inibitore)– repellente– fagodeterrente (diminuisce lo stimolo della nutrizione)– riduzione della fecondità delle femmine e quindi dell’ovideposizione.Sulle piante si caratterizza per la sua endoterapicità: è infatti in grado di penetrare e

traslocare all’interno della pianta sia per via fogliare che radicale.Sugli insetti agisce prevalentemente per ingestione e secondariamente per contatto.La massima attività si esercita sugli stadi giovanili degli insetti non ha effetto sulle uova e

non ha effetto abbattente sugli adulti; la sua azione non si esplica immediatamente, madopo un certo periodo di tempo si verifica la scomparsa degli insetti dalle piante infestate.

Per avere una azione pronta è utile miscelarlo con insetticidi abbattenti (piretro).Si raccomanda di acidificare l’acqua della soluzione con aceto o acido citrico e di

effettuare il trattamento verso sera.Campo di impiego: Mosca dell’olivo, Afide grigio del melo, Minatrice serpentina degliagrumi , Minatori fogliari, Dorifora della patata, Larve di lepidotteri, Aleurodidi e tripidi.

Dotato di attività sistemica (soprattutto ascendente) può essere applicato tramite fertirriga-zione su giovani piantine in vivaio per la loro protezione nella fase di post trapianto e, semprecon lo stesso sistema, anche per il controllo dei nematodi galligeni. Intervallo di sicurezza 3gg.

SAPONE DI POTASSIO

Miscela di oli vegetali salificati con potassio conosciuta con il nome di sapone molledi potassio. Agisce per contatto sciogliendo le sostanze cerose che proteggono la pare-te cellulare del parassita ed è efficace contro tutti gli insetti ad addome molle produtto-ri di melate (afidi, aleurodidi, psille).

Per ottenere un buon effetto è necessario irrorarlo durante la mattinata di giornate con

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tempo bello: se somministrato verso sera gli insetti hanno il tempo di ricostituire la pro-tezione cerosa e non sono danneggiati dai raggi solari.

Inoltre serve anche per disgregare i residui organici prodotti da insetti nocivi pre-senti sulla vegetazione (melate – fumaggine) può essere usato come adesivanti in asso-ciazione ad altri insetticidi di contatto (piretro – rotenone) aumentando la loro effica-cia. Intervallo di sicurezza 3gg.

OLI PARAFFINICI

Si tratta di oli di impiego estivo caratterizzati da un alto grado di raffinazione, con unaelevata efficacia insetticida ed una alta selettività verso le colture senza rischi di fitotossici-tà e bruciature delle foglie. Possono quindi essere impiagati durante il periodo vegetativosui fruttiferi e sulle piante orticole. L’olio paraffinico agisce per contatto ed asfissia: rico-prendo il corpo dell’insetto con una sottile pellicola ne determina la morte per soffoca-mento. Agisce anche da repellente esercitando una azione sfavorevole alla deposizionedelle uova e nell’alimentazione degli insetti. Controlla soprattutto le cocciniglie ma ancheacari, psille e minatori fogliari; può essere vantaggiosamente miscelato con insetticidi abasso impatto ambientale come piretro e Bacillus thuringiensis ottenendo così un sinergi-smo della miscela e migliori risultati nel controllo degli insetti. Intervallo di sicurezza 20gg.

OLI VEGETALI

Insetticidi a base di sostanze di origine vegetale e animale in special modo acido olei-co e acidi grassi che servono per combattere i parassiti a corpo molle come afidi, aleu-rodidi, acari, spille. Cicaline, neanidi di cocciniglie.

Agiscono esclusivamente per contatto e non possiedono azione translaminare e resi-duale. Attivi solo nelle parti molli del parassita cioè quelle non ancora ispessite o forte-mente chitinizzate. Infatti quando le pareti cellulari del corpo non sono ancora protette,l’insetticida ne provoca la rottura con conseguente fuoriuscita del contenuto cellulare cau-sando la disidratazione e la morte dei parassiti. Una volta che il prodotto si è asciugato edisseccato non possiede più alcuna attività.

Possono essere impiegati in associazione ad insetticidi ad effetto abbattente (piretro)con azione sinergizzante. Intervallo di sicurezza 3 gg.

NATURALIS

È un bioinsetticida il cui principio attivo è il fungo Beauveria bassiana, fungo ubiquita-rio presente in natura. Agisce per contatto; le spore del fungo una volta a contatto con

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l’insetto bersaglio e in presenza di umidità relativa elevata, germinano, penetrano all’in-terno del corpo dell’insetto provocandone la morte, A questa azione si aggiunge quellacosiddetta “meccanica” che viene svolta dal tubetto germinativo delle spore che perfo-rando la cuticola crea perdita di acqua con disidratazione e morte dell’insetto.

– Un buon livello di umidità nelle 24 – 48 ore successive al trattamento è fondamen-tale per la germinazione delle spore.

– È molto importante effettuare il trattamento verso sera curando bene la bagnaturadelle foglie.

– Si raggiunge una buona efficacia quando vengono effettuati tre trattamenti a caden-za settimanale.

– In caso di forte intestazione può essere utile abbinarlo con insetticida ad azioneabbattente (piretro – rotenone).

– È attivo su: Aleurodidi, Ragno rosso, Tripidi, Afidi.Senza tempo di carenza.

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LE ECOTRAP

3.1 Composizione ed azione delle EcotrapTrappola ecologica commercializzata dalla ditta greca Vyoril denominata ECOTRAP

per il controllo della mosca dell’olivo.L’Ecotrap è costiutita da un sacchetto di polietilene (di dimensioni 15x21 cm) con-

tenente 70 g di bicarbonato di ammonio (che funziona da attrattivo alimentare) e rive-stito esternamente da una carta speciale di colore verde imbevuta di Deltametrina (15mg).

Speciali additivi all’interno della soluzione insetticida stabilizzano il principio attivoe ne impediscono la degradazione attraverso la luce, l’aria e l’umidità.

Un piccolo contenitore contenente l’attrattivo sessuale (il ferormone specifico dellaspecie Bactrocera oleae) che viene rilasciato nell’ambiente attraverso i micropori delcontenitore stesso. Le due parti costituenti la trappola sono collegate tramite un sem-plice filo di ferro.

La particolarità della trappola consiste nella durata del principio insetticida cheimpregna il sacchetto (2 mesi circa di efficacia).

La trappola esplica nei confronti della popolazione della mosca una azione attratti-va dovuta all’erogazione di ammoniaca e di ferormone sessuale ed una azione insetti-cida di contatto dovuta alla Deltametrina presente sulla superficie del sacchetto.

Modalità d’usoL’ecotrap viene collocata nella parte mediana della chioma in una zona ombreggia-

ta, in posizione Sud-Ovest senza venire a contatto con foglie e rami.

Dosi e numero di trappole 1. Su oliveti omogenei con piante di media grandezza: 1 Ecotrap ogni due piante.2. Su oliveti omogenei con piante grandi: una Ecotrap per pianta.3. Si deve evitare l’uso di piccoli oliveti adiacenti ad altri non trattati con Ecotrap o

abbandonati e incolti.4. I migliori risultati si hanno in grandi oliveti o su oliveti isolati con piante di media altez-

za.

Misure di sicurezzaUsare Ecotrap solo con guanti di plastica, evitare il contatto con gli occhi e con la

pelle.

Metodologie applicate Per posizionare nel periodo giusto le trappole, evitando l’esposizione di queste alle

intemperie per un periodo non necessario l’uso delle Ecotrap deve essere fatto sotto

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il controllo di un agronomo in grado di rilevare la dinamica dei voli degli adulti, l’anda-mento dell’infestazione e di parametri climatici.

Il monitoraggio deve essere eseguito con cadenza settimanale e consiste nel con-trollo degli adulti catturati sulle trappole cromotropiche (trappola a delta Dacotrap), inpresenza di catture è opportuno procedere al prelievo di campioni casuali di drupeper verificare la presenza di larve vive nella polpa stessa, in modo da verificare il rag-giungimento della soglia di danno e intervenire tempestivamente.

Normalmente inizia nel mese di luglio in corrispondenza dell’inizio dell’indurimentodel nocciolo (fase fenologica in cui i frutti iniziano ad essere recettivi per l’ovoposizio-ne) e si conclude con l’inizio della raccolta (novembre) od in presenza di condizionisfavorevoli all’evolvere delle infestazioni (principalmente basse temperature).

Metodologie di posizionamento Dopo l’assemblaggio della trappola, attuato unendo il dispenser contenente il fero-

mone sessuale con il “sacchetto” contenete l’attrattivo alimentare ed il principio inset-ticida, la stessa è stata posizionata sulle piante di olivo a circa metà altezza della chio-ma, su un ramo esterno con olive ed in esposizione sud sud-ovest.

La rimozione delle trappole è avvenuta successivamente alla raccolta delle olive.Le trappole “esauste” sona state conferite alla discarica.

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MALATTIE FUNGINE E PARASSITI ANIMALI

IL FAGIOLO

Antracnosi del fagiolo(Colletotrichum lindemuthianum)

L’antracnosi rappresenta la più grave avversità fungina del fagiolo provocando in alcu-ne annate danni di notevole intensità.

Il fungo sopravvive nel terreno sui residui colturali o come micelio quiescente sui semi.I sintomi della malattia si possono riscontrare su tutti gli organi della pianta, baccelli,

foglie, steli. In condizioni di umidità elevata la malattia compare precocemente ed attac-ca il fusticino ed i cotiledoni delle giovani piante con la formazione di tacche necrotiche;le piantine colpite si ripiegano su se stesse e muoiono.

Le infezioni successive avvengono tramite conidi che veicolati sulle foglie dalla pioggiagerminano producendo delle striature brunastre localizzate prevalentemente sulle nerva-ture e sui piccioli delle foglie.

Infine può colpire che i baccelli: su di essi compaiono delle tacche infossate roton-deggianti di colore scuro. L’alterazione può interessare anche i semi; il patogeno si con-serva su di essi sotto forma di micelio per poi invadere l’ipocotile, le foglie, i baccelli.

La malattia ha un ottimo termico attorno ai 17° c ed è favorita da elevata umiditàambientale (piogge, rugiade) mentre con un andamento climatico siccitoso le infezionirallentano.

DIFESA:– impiegare seme sano– effettuare avvicendamenti colturali di almeno due anni– effettuare due-tre interventi con prodotti a base di rame

da eseguirsi nei seguenti stadi fenologici:• sulle giovani piantine• all’apparizione dei bottoni floreali• dopo la formazione dei baccelli.

Cimice verdeLa cimice verde è un insetto che attacca numerose

specie vegetali (pomodoro, peperone, fagioli, cavoli,ecc.). L’ìnsetto sverna allo stato di adulto sotto la cortec-cia delle piante, tra le pietre, fra le spaccature di infissi.Dopo l’inverno fuoriesce dai ripari ed inizia la sua attivitàriproduttiva. La femmina depone le uova generalmentesulla pagina inferiore delle foglie o sui frutti. Dopo pochi

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giorni nascono le neanidi che diventano adulti in 30-40 giorni. I danni sono causati dalleforme giovanili e dagli adulti con le punture di suzione che causano sulle parti colpite lacomparsa di numerose punteggiature e alterazioni di colore. L’insetto è anche temuto peril suo odore sgradevole che lascia sui frutti rendendoli non commestibili.

DIFESA: utilizzare insetticidi a base di Piretro e di Neem con effetto abbattente e repel-lente.

Afidi del fagioloL’afide nero della fava è la specie più comune. Le infe-

stazioni di afidi provocano accartocciamento delle fogliee dei germogli e aborti fiorali, l’intera vegetazione vieneimbrattata di melata sulla quale si sviluppa la fumaggine .

Gli afidi sono anche pericolosi in quanto vettori di virus(mosaico giallo e mosaico comune del fagliolo).

DIFESA: in caso di forti infestazioni si possono impie-gare insetticidi a base di Piretro e di Rotenone.

Ragnetto rossoLe infestazioni più gravi si verificano nei mesi caldi ed

asciutti. La pagina superiore delle foglie è disseminata dipunteggiature biancastre. Sulla pagina inferiore si trovanogli acari: tessono abbondanti ragnatele formate da fili seri-cei che possono ricoprire completamente le foglie avvol-gendole fra di loro. Le foglie molto colpite disseccano efiniscono per cadere. Passa l’inverno nel suolo o sotto lavegetazione disseccata. Per la lotta è necessario interveni-

re molto presto alla comparsa delle prime infestazioni.DIFESA: Oli vegetali, Naturalis, Proteinato di zolfo.

LA RAPARapaiola

Gli adulti sono delle farfalle di colore bianco con unamacchia nera sulle ali anteriori.

Depongono le uova in modo isolato sulla pagina infe-riore delle foglie. Le larve sono dei bruchi verdi e pelosi,divorano il lembo delle foglie distruggendole talora com-pletamente e inoltre sporcano tutti gli organi danneggiaticon una elevata quantità di escrementi. DIFESA: possonoessere utili trattamenti con Bacillus thuringiensis.

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Altiche delle crucifereI danni sono causati dagli adulti: sono dei coleotteri

molto piccoli di colore nero; hanno zampe posteriori assaisviluppate e adatte al salto. Si alimentano sulle foglie sullequali compiono piccole erosioni rotondeggianti moltonumerose per cui la foglia assume un aspetto crivellato.

Passano l’inverno riparati nel terreno.DIFESA: Piretro - Rotenone

LumacheSono molluschi gasteropodi: quelle prive di conchiglia sono note come limacce men-

tre quelle col guscio sono chiamate chiocciole o lumache.Si nutrono di svariate specie vegetali preferendo le foglie tenere e succulente.Sulle foglie si osservano erosioni e tracce di bava; le giovani piante possono essere

completamente scheletrizzate; divorano anche i semi in germinazione. Vivono in ambien-ti umidi e quando la temperatura supera i 10° C nelle ore notturne o dopo una pioggiafuoriescono dai ricoveri per nutrirsi.

Le uova vengono deposte a mucchietti nel terreno dalla fine dell’estate all’autunno.DIFESA: distribuzione di esche lumachicide da effettuarsi la sera.

IL FICO

Tignola del ficoLepidottero che vive esclusivamente a spese del fico danneggiando soprattutto le

foglie. Le larve erodono il parenchima fogliare rispettando le nervature e l’epidermideinferiore: successivamente il lembo fogliare si perfora e le foglie colpite assumono unaspetto frastagliato.

La larva si incrisalida dentro un bozzolo sericeo, l’inverno viene superato per mezzodelle crisalidi nelle foglie cadute al suolo.

DIFESA: può essere eseguita solo in caso di infestazioni molto pesanti utilizzandoBacillus thuringiensis.

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OLIVO: MALATTIE CRITTOGAMICHE

Occhio di pavone(Cicloconium oleaginum)

Responsabile di questa malattia è un fungo che si sviluppa in modo ottimale nelle zonecon oliveti molto fitti, non potati e nei fondovalle dove c’è un’elevata umidità. Si diffon-de principalmente con le piogge abbondanti e persistenti. L’acqua trasporta i conidi delfungo e consente loro di penetrare all’interno delle foglie. Sulle foglie colpite in primave-ra compaiono le tipiche macchie circolari di colore grigio al centro e bruno alla periferia;in estate le macchie si circondano di un colore giallastro che le fa assomigliare agli occhiche si trovano sulle penne della coda dei pavoni (da cui deriva il nome dato alla malat-tia). Le piante colpite sono soggette ad una abbondante defogliazione che provoca unadiminuzione del vigore vegetativo delle piante: gli olivi colpiti hanno una scarsa fruttifica-zione e tendono a produrre solo sulla parte più alta della chioma. In autunno l’attaccooltre che le foglie può interessare anche il peduncolo dei frutti provocando una elevatacascola pre-raccolta.

Per ostacolare gli attacchi del parassita è necessario eseguire razionali potature (checonsentano un buon arieggiamento all’interno della chioma) concimazioni equilibrate(evitando gli eccessi di azoto) ed anche le ripuliture da erbe infestanti sono molto impor-tanti. Una efficace misura di lotta contro questa malattia si basa sull’impiego di prodotti abase di rame: di norma sono necessari due trattamenti da effettuarsi nei periodi più favo-revoli allo sviluppo del fungo che sono la primavera e l’autunno, intervenendo subitodopo le piogge infettanti. Il rame provoca la caduta a terra delle foglie infette e riduce lamassa di inoculo presente sulla pianta.

Rogna dell’olivo(Pseudomonas savastanoi)

Colpisce soprattutto i rami sui quali si formano delle escrescenze di dimensioni varia-bili tra quelle di un granello di pepe ed una noce ed anche molto più grosse, di consi-stenza solida e con superficie irregolare, solcata da screpolature e fessurazioni. Fortiattacchi possono provocare il disseccamento di un certo numero di rami, un indeboli-mento della pianta infetta e diminuzione della produzione. Il batterio si conserva entro itumori dei rami, viene veicolato dall’acqua di pioggia e penetra nella pianta attraverso leferite di qualsiasi genere: lesioni provocate da fattori climatici (grandine, gelate) o daoperazioni colturali (potatura, raccolta dei frutti tramite bacchiatura) penetra anche dallecicatrici di caduta delle foglie.

La lotta contro la rogna dell’olivo ha soprattutto carattere preventivo: è utile dopo legrandinate, le gelate o la bacchiatura disinfettare le piante con prodotti rameici. I rami col-piti vanno eliminati con opportune potature, i tumori dei rami grossi vanno asportati contaglio netto disinfettando poi le piante con rame. Durante la potatura di piante infette gli

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strumenti da taglio vanno disinfettati (passandoli alla fiamma o immergendoli in soluzioniconcentrate di rame) prima di passare alla potatura di piante sane.

Carie dell’olivo (lupa)(Fomes fulvus)

Questa alterazione è provocata da funghi che attaccano il tronco ed i rami grassi del-l’olivo provocando un progressivo disfacimento del legno vecchio che perde ogni consi-stenza e diventa bianco e spugnoso. La carie è diffusa nelle piante vecchie ed ha iniziodalle grosse ferite di potatura non curate: l’inizio della malattia è evidenziato dalla defo-gliazione dei rami.

Per la lotta è consigliabile eliminare con un apposito strumento (sgorbia) la cortecciae tutti i tessuti morti fino a raggiungere il legno sano. Questa operazione viene chiamata“slupatura”. Sul legno messo a nudo irrorare composti rameici, o soluzioni di solfato fer-roso, oppure cicatrizzare con il fuoco. Proteggere inoltre tutti i grossi tagli con mastici pro-tettivi dopo averli disinfettati.

FumaggineLe foglie ed i rami si ricoprono di una crosta nerastra e densa simile a fuliggine (neru-

me). Le piante soffrono e si indeboliscono in quanto vengono ostacolate la fotosintesiclorofilliana la respirazione e la traspirazione. Gli attacchi di fumaggine sono più intensinelle zone basse (poco aperte ai venti e soggette a ristagni di umidità) ed in oliveti conimpianti fitti e chiome molto dense per potature poco frequenti.

La fumaggine è costituita da una gruppo di funghi saprofiti che si sviluppano sullasuperficie delle foglie a spese della melata (sostanza zuccherina unta ed appiccicosa)depositata sulle foglie dalla cocciniglia mezzo grano di pepe e/o dalla metcalfa. Una forteumidità sottoforma di rugiada notturna contribuisce a tenere sciolte le sostanze zucche-rine creando così un substrato adatto alla sviluppo dei funghi. La lotta contro la fumaggi-ne deve essere condotta per via indiretta effettuando interventi contro la causa principa-le della fumaggine e cioè la cocciniglia mezzo grano di pepe.

Come mezzi agronomici occorre effettuare concimazioni equilibrate evitando glieccessi di azoto. Le potature mirate ad arieggiare la chioma della pianta diminuiscono l’u-midità e ne rallentano lo sviluppo. La normale difesa contro l’occhio di pavone con pro-dotti rameici riesce di norma a contenere la fumaggine a modesto livello.

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OLIVO PARASSITI ANIMALI

Mosca dell’olivo(Dacus oleae)Dittero le cui forme larvali vivono esclusivamente a carico delle drupe dell’olivo. Gli

stadi di sviluppo della mosca dell’olivo si susseguono durante la stagione favorevole dandoorigine alle generazioni. Gli adulti depongono le uova all’interno delle drupe dell’olivo innumero di 1 per frutto (eccezionalmente in casi di altissime infestazioni si sono osservate2 uova/larve per frutto), dopodiché si susseguono gli stadi larvali a cui segue l’impupa-mento, lo sfarfallamento, l’accoppiamento e la nuova ovideposizione.

A seguito dell’indurimento del nocciolo delle drupe, che nelle nostre zone avvienemediamente nel periodo tra il 15 ed il 30 di Luglio, le femmine ovidepongono un uovo chedopo poco tempo (4-5gg) sviluppa una larva dapprima molto piccola che si sviluppa incirca 20 gg nutrendosi della polpa del frutto, arrivando a scavare gallerie sempre più gran-di e profonde. La terza ed ultima età larvale si completa scavando la camera pupale ed ilforo d’uscita; dopodiché la larva si impupa trasformandosi in adulto. Le generazioni nellanostra zona di solito sono tre, ma a seconda delle condizioni meteo autunnali possonoessere anche quattro. La prima generazione si sviluppa a partire dalla seconda metà diLuglio ed ha uno sviluppo breve, circa 30 gg, dopodiché si sviluppano le altre due o tregenerazioni con una durata sempre maggiore mano a mano che le condizioni meteo, inparticolar modo la temperatura, variano assumendo carattere autunnale; per cui la terzagenerazione può avere uno sviluppo di 40 – 45 gg.

La mosca passa il periodo invernale come adulto o come pupa, all’interno del terreno,negli anfratti riparati, nei magazzini e nei frantoi. L’adulto si nutre di sostanze proteiche ezuccherine. Negli oliveti abbandonati con il permanere delle olive sulle piante, talvoltaanche in primavera inoltrata, al ritorno delle condizioni climatiche ideali la mosca può ini-ziare il proprio ciclo iniziando così il susseguirsi di generazioni prima dello sviluppo dellenuove drupe. Per cui negli oliveti di contatto con oliveti abbandonati la soglia di attenzio-ne dell’olivicoltore dovrà essere maggiore. Nella nostra regione i principali antagonisti dellamosca dell’olivo sono: Eurytoma martelli, Pnigalio mediterraneus, Eupelmus urozonus i qualiparassitizzano le larve a partire dal mese di Agosto fino a Settembre-Ottobre. La difesafitosanitaria si attua in condizioni di infestazioni elevate. La soglia di intervento si determi-na attraverso il monitoraggio degli adulti e delle larve presenti nelle drupe. Nel caso diinterventi consentiti in agricoltura biologica, la soglia si determina per eseguire trattamentipreventivi, i quali devono essere attuati quando si incrementano le catture di adulti e quan-do iniziano le ovideposizioni. La difesa preventiva si esegue principalmente sugli adulti,riducendone il numero e quindi la successiva possibilità di infestazione delle olive. La dife-sa prevede anche interventi sulle larve, che in agricoltura biologica prevede solo un inter-vento indiretto con l’uso di rame.

Le tecniche adulticide prevedono l’uso di insetticidi la cui base è costituita da estratti

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naturali quali il rotenone, il neem, il piretro, addizionati con esche proteiche o tal quali. Itrattamenti con questi insetticidi possono essere alternati ed integrati con trattamenti abase di rame. Un ulteriore metodo di lotta, che ha ottenuto in questi ultimi 3 anni buonirisultati in campo, è l’uso di trappole “Ecotrap” con la tecnica della cattura massale (mas-strapping).

Nella stagione olivicola 2002-2003 la metodologia del mass-trapping è stata attuatadagli olivicoltori della Coop. Olivicola di Arnasco su 50 ettari di uliveto.

Piaralide dell’olivo(Palpita unionalis)

La piralide è una farfallina dalle ali color bianco neve. I primi adulti compaiono nell’oli-veto durante il mese di aprile ma avendo abitudine crepuscolari e notturne non è facileosservarli durante il giorno, poiché si rifugiano sulla pagina inferiore della foglia.

La larva di colore verde si nutre a spese delle foglie apicali più tenere che avvolge confili sericei mangiandole solo da un lato rispettando quello opposto. Mangia invece per inte-ro le foglie tenerissime cimando il germoglio, in conseguenza di ciò la pianta diventa cespu-gliosa. Possono essere colpiti anche i frutti con erosioni più o meno ampie della polpa, talida mettere a nudo completamente il nocciolo. L’attacco di piralide è più forte su piantegiovani a forte rigoglio vegetativo e con molta vegetazione tenera. Per la lotta risulta utilel’eliminazione dei succhioni che costituiscono focolai di infezione. In caso di necessità pos-sono essere effettuati trattamenti con Bacillus thuringiensis.

Tignola dell’olivo(Prays oleae)

La tignola è una piccola farfalla di colore grigio argenteo con macchie nere sulle ali. Ildanno sull’olivo è compiuto dalle larve: la tignola ha tre generazioni durante l’anno. Le larvedella prima generazione si nutrono a spese delle foglie, vi penetrano e scavano una galle-ria sottile a percorso ricurvo; le larve della seconda generazione attaccano i boccioli fiora-li distruggendoli ed avvolgendoli con fili di seta; le larve della terza generazione sono quel-le più pericolose in quanto attaccano e danneggiano i frutti. Gli adulti depongono le uovain vicinanza del peduncolo del frutto: in questo periodo si nota una numerosa presenza difarfalline che volano al tramonto nell’oliveto. Le larve appena nate tagliano il peduncoloprovocando annerimento e cascola delle olivine subito dopo l’allegagione.Successivamente penetrano nelle piccole olive e si dirigono verso il centro nella zona delnocciolo nutrendosi della “mandorla” contenuta nel nocciolo stesso. In Agosto-Settembrele larve escono dalle olive praticando un foro sotto il peduncolo e provocando una casco-la anche di forte intensità.

La lotta si esegue contro le larve della terza generazione quando i frutticini hanno rag-giunto la grandezza di un grano di pepe e prima che il nocciolo indurisca (metà giugno)utilizzando prodotti a base di Bacillus thuringiensis.

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Cocciniglia mezzo grano di pepe(Saissetia oleae)

L’insetto adulto assomiglia ad un mezzo granello di pepe e compie due generazioniall’anno. Questo parassita preferisce le piante di olivo con chioma fitta, in zone piuttostoumide ed è favorito da andamento stagionale mite. Le uova rimangono protette sotto loscudetto, la fuoriuscita delle neanidi ha inizio a giugno e si protrae fino ad agosto. Le larvedi colore giallo si fissano sulle nervature delle foglie, sia sulla pagina superiore che infe-riore, gli adulti di colore scuro si trovano solo sulla pagina inferiore delle foglie e sui ramet-ti. La cocciniglia è particolarmente dannosa in quanto sottrae linfa alla pianta e favoriscelo sviluppo della fumaggine. In seguito all’azione di questi due patogeni la pianta deperi-sce con forte riduzione dello sviluppo vegetativo e della fruttificazione in quanto non sisviluppano nuovi germogli.

La lotta va eseguita nel periodo estivo (luglio) quando sulle foglie si trova una grandequantità di giovani neanidi. Possono essere utilizzati: olio bianco, oli vegetali, proteinatodi zolfo.

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IL CASTAGNO

Il cancro del castagno(Endothia parassitica)

Il fungo agente del cancro corticale è originario dell’Estremo Oriente. In Italia la malat-tia si è rapidamente diffusa negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale. Proprio inItalia, a partire dagli anni ‘60, sono stati notati cancri anomali, che non provocavano lamorte dei soggetti colpiti; responsabili di questo tipo di infezioni erano ceppi ipovirulentidel parassita. Ciò ha permesso la messa a punto di un sistema di lotta biologica basatosulla diffusione di tali ceppi in Italia, Francia e USA.

Le manifestazioni tipiche della malattia sul castagno si notano in corrispondenza deigiovani rami e dei polloni, sulla cui superficie si evidenziano macchie irregolari, color rossomattone, che gradualmente si allargano. A livello di tali macchie la corteccia si rigonfia finoa lacerarsi, lasciando intravedere il tessuto morto sottostante di colore giallastro. La malat-tia assume un andamento diverso a seconda di numerosi fattori, tra i quali primeggia laforma di allevamento dell’ospite. Nei castagni da frutto si ha dapprima la morte dei ramiapicali, cui segue quella delle branche più grosse e, infine, quella del pedale della pian-ta. Gli esemplari colpiti possono morire anche nel giro di poche stagioni. Viceversa, lepiante dei cedui vengono colpite in maniera meno grave, anzi sembra che le ceppaieacquistino progressivamente una certa resistenza al parassita.

Il parassita responsabile del cancro corticale è un fungo ascomicete che si conservaper tutto l’anno sulle piante malate e si diffonde tramite le ascospore e i conidi, traspor-tati dal vento e dall’acqua piovana. Giunto a contatto dell’ospite, il microrganismo si inse-dia utilizzando soluzioni di continuità degli elementi istologici periferici. Lo sviluppo dellamalattia dipende dalle condizioni ambientali e dallo stato di recettività dell’ospite.

Nei confronti di questa fitopatia, è di fondamentale importanza la messa a punto diuna serie di norme di profilassi al fine di evitare l’insorgenza dell’infezione. Ecco le princi-pali indicazioni da rispettare:

– nei castagneti da frutto eliminare tramite tagli di potatura tutte le branche dissecca-te e bruciare il materiale di rimonda;

– eliminare e bruciare i polloni infetti, lasciando, eventualmente, quelli che presentanol’infezione sotto forma di ceppi ipovirulenti.

Le proprietà di detti ceppi vengono sfruttate per la messa a punto di metodiche dilotta biologica, al fine di ottenere la formazione di cancri anomali capaci di bloccare ladiffusione della forma maggiormente infettiva del microrganismo. Un altro aspetto da sot-tolineare riguarda l’estrema suscettibilità del punto diinnesto alla malattia, tanto che sia i ceppi ipovirulenti siaquelli normali provocano su di esso infezioni dagli esitimortali. Di conseguenza è indispensabile:

– utilizzare attrezzi sterilizzati; – proteggere la ferita dell’innesto con mastici cicatriz-

zanti. Tra i metodi curativi sperimentati, quello da cui si sono

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avuti buoni risultati, è rappresentato da impacchi di terreno direttamente applicate sullaporzione ammalata. In tal modo viene sfruttata la funzione antagonista di alcuni micror-ganismi, tra cui principalmente il Trichoderma viridae, presente nello strato superficiale delterreno.

Il mal dell’inchiostro(Phytophthora cambivora e/o Phytophthora cynnamomi)

Il Castagno in Italia è attaccato da funghi patogeni che possono determinare gravimalattie. II “mal dell’inchiostro” causato dalla Phytophthora cambivora e/o dallaPhytophthora cinnamomi è evidente fin dai primi stadi dell’infezione, caratterizzata da unrallentamento della vegetazione, da ingiallimenti della chioma e infine dalla caduta dellefoglie. La cima dell’albero dissecca ed i ricci eventualmente presenti restano attaccati airami. Asportando la corteccia alla base del fusto si può rilevare la presenza della caratte-ristica necrosi del cambio a fiamma o a diagramma che dal colletto sale al disopra dellivello del suolo. Il deperimento e la morte della pianta è il risultato del progressivo attac-co della malattia. Anche se come è noto la penetrazione dell’agente patogeno avvienenelle piante all’altezza del colletto o alla base di grosse radici essa può facilmente verifi-carsi all’apice delle radichette assorbenti, dalle quali, invadendo i tessuti, il micelio si dif-fonde a quelle più grosse. La presenza del “mal dell’inchiostro” risale in Italia ad epocalontana e gli attacchi di questa malattia sono apparsi quasi sempre limitati a piccoli grup-pi di castagni situati in luoghi umidi piuttosto declivi ove scorre l’acqua o in conche doveessa può raccogliersi per un certo tempo. L’umidità è uno dei fattori ambientali che piùinfluiscono sulla malattia. Le conoscenze sulla biologia della P. cambivora e P. cynnamomihanno evidenziato che la presenza del “mal dell’inchiostro” sarà circoscritta soltanto aquelle aree dove il fungo può trovare condizioni adatte al suo sviluppo. Comunque anchein queste condizioni, i danni arrecati dalla malattia risultano molto appariscenti. La malat-tia è alquanto sporadica nella nostra regione.. L’insolita virulenza degli attacchi può esse-re dovuta a fattori che provocano stati di sofferenza anche leggeri delle piante e chedeterminano così un rapido decorso dell’infezione. Il ripetersi di annate siccitose puòprovocare scarsa vigoria dell’apparato radicale per cui la sostituzione delle radichetteuccise dal parassita avverrà in misura ridotta o non si verificherà affatto e così le piantedeperiranno rapidamente fino alla morte. Dato il preoccupante andamento che caratte-rizza attualmente la malattia si ritengono necessarie ulteriori indagini sui fattori che ladeterminano.

La lotta può semplicemente attuarsi inibendo lo sviluppo del fungo, il quale ha pro-blemi per svilupparsi alle basse temperature. Durante il periodo invernale, che è caratte-rizzato da andamenti climatici che prevedono, di solito, il manifestarsi di lunghi periodicon basse temperature, è sufficiente scalzare la base delle piante al colletto in corri-spondenza delle grandi branche radicali.

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L’OLIVO

PICCOLO MANUALE PRATICO PER LA POTATURA, LA SLUPATURA E L’INNESTO DELL’ULIVO(di Italo Mirone - disegni di Angelo Gastaldi)

L’albero dell’ulivo è da sempre considerato l’albero della fame. Se si impara a com-prenderla tuttavia, questa pianta può essere molto generosa. Mi voglio quindi impegnarea spiegare quello che la mia lunga esperienza mi ha insegnato.

È senza dubbio con la potatura che si possono ottenere buoni risultati allo scopo diadeguare la produzione dellapianta a quelle che sono lenostre necessità.

Deve esistere un rapportotale tra legno e fronda dell’albe-ro in modo che la secondapossa svilupparsi il più possibile,portando quindi molto frutto,senza una eccessiva produzionedi legno.

Quando ci si trova a doverpotare un ulivo che necessita diuno sfrondamento di circa il50%, il primo lavoro che dob-biamo fare è quello di eliminareun ramo importante o al centroo in alto o di lato, in ogni casoindividuare quello che portalontano dal ceppo la chioma.

È necessario, a questopunto, effettuare delle piccole

rotture sulla corteccia in corrispondenza del nervo che è stato interrotto con il taglio pre-cedentemente eseguito. Per tale operazione io ho sempre utilizzato un ferro in modoche, con una serie di colpi, si potessero praticare delle spaccature che favorissero il rista-gno della linfa e permettessero quindi ai nuovi polloni di germogliare.

Il mio consiglio è quello di battere la corteccia ad una altezza da terra di circa unmetro, un metro e mezzo; ciò consentirà alla pianta di svilupparsi omogeneamente e anoi di lavorare meglio.

È importante poi che il ramo venga tagliato su di una branca, che costituisce il sistemaportante della pianta, non molto inferiore al ramo stesso. Questo permetterà alla branca

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di sostituire il ramo nel far circo-lare la linfa nella parte in bassodella pianta e consentirà pertan-to di dare forza nel punto dovesi è battuto col ferro e da dovepartiranno i nuovi polloni: saran-no questi a sostituire la chiomache era prima in alto nella pian-ta.

Ipotizziamo di aver eliminatoa questo punto il 30% dellafronda. Per il restante 20% dob-biamo eseguire una potaturapartendo dall’alto, eliminandonaturalmente i rami secchi maanche i più belli, che sono quel-li che continueranno ad allonta-nare la linfa e quindi la forza dalceppo. In basso, invece, toglie-remo pochi rami, soltanto quelli

più deboli. Il risultato sarà quel-lo di non far perdere annateall’olivicoltore, e potremo averemolto frutto perchè la piantadarà vigore alla fronda bassa.

Mi è capitato più volte di tro-varmi a dover sistemare piantepiuttosto trascurate o magaripotate per lungo tempo consistemi inappropriati che porta-vano la chioma ad allontanarsisempre più dal ceppo.

In questi casi si può decide-re di tagliare diversi rami, ma sene esiste uno molto grande alcentro, si può iniziare con unaincisione anulare in modo cheper il primo anno si raccoglie lastessa quantità di frutto ma nellostesso tempo si dà forza alla

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parte bassa della pianta.L’anno successivo, il ramo

verrà tagliato avendo l’accorgi-mento di battere sempre sulnervo interrotto come è statospiegato e di alleggerire la partealta; porremmo così le basi perla ricostruzione di un nuovoalbero, più generoso. Con que-sto sistema, per l’esperienzadiretta che ne ho avuta, possodire che, al massimo al terzoanno, la pianta avrà le caratteri-stiche che ci interessano.

L’ulivo, come sappiamo,porta il frutto nel ramoscello for-matosi nell’anno precedente, èquindi consigliabile non lasciaremai una fronda troppo ricca.

Un uliveto abbandonato damolto tempo, qualora si decida di ricostruirlo, può già dare i suoi frutti nell’arco di duetre anni, questa è una caratteristica che distingue l’ulivo da molte altre specie.

La pianta di ulivo, in linea di massima, si può potare in ogni stagione dell’anno anchese il periodo migliore è quello subito successivo alla raccolta del frutto (febbraio-marzo).Se dobbiamo però eseguire molti tagli, il mio consiglio è quello di aspettare che ci sianoi fiori, in caso contrario si verificherebbe una eccessiva produzione di polloni e conse-guente perdita di frutto.

Ricordo di aver provato a potare una pianta di ulivo il 3 agosto 1989, molti ricorde-ranno come quell’anno si facesse sentire il problema della siccità. Il risultato è stato chequell’albero, privato di una parte della fronda, ha superato meglio degli altri l’ecceziona-le stagione secca, ha vegetato bene e portato avanti il frutto, certamente ridotto, mentrele altre piante lo hanno perso tutto o quasi.

Parlando invece di potatura di produzione, è consigliabile eseguirla almeno ogni dueanni; io preferisco tuttavia dedicarci qualche giornata tutti gli anni in modo da tenere lepiante sempre pulite.

In questa fase si dovrebbe cercare sempre di accorciare i rami, tagliando le punte altee eliminando la parte vecchia.

Ho fatto poi delle osservazioni su di una grossa pianta gelata nel 1986, la corteccia siera tutta screpolata; ho tentato di recuperarla gradualmente con il sistema del taglio di unramo importante in alto ogni anno battendo sempre con un ferro sulla parte inferiore.

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L’albero ha così potuto riprendersi perfettamente e, già nel 1993, anno in cui ho tagliatol’ultimo ramo, ho potuto constatare come lavorasse completamente sulla parte nuovadella fronda.

Un consiglio che vorrei dare è quello di non lasciare sulla pianta il frutto oltre il 15 feb-braio per permettere così all’albero di prepararsi per l’annata successiva.

Se la potatura non viene eseguita in modo corretto, l’ulivo può essere attaccatoda parassiti che si sviluppano all’interno dei rami grandi tagliati, dove si è forma-to un ristagno di acqua. Questo fenomeno è conosciuto con il nome di lupa, si

tratta più o meno di un inizio di marciume che attacca la pianta dall’interno del ramo epuò provocare addirittura la perdita dell’albero. Un primo segnale dell’inizio di questoprocesso, ci può venire dall’ingiallimento delle punte in corrispondenza del nervo colpi-to o, osservando il tronco, possiamo accorgerci di qualche nervo mancante.

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Nell’eseguire i tagli, quindi, dobbiamo prima di tutto preoccuparci di lasciare la super-ficie ben liscia, in modo che si cicatrizzi in minor tempo; in secondo luogo, dobbiamopraticarli verso il basso e lontani più di un centimetro dal ramo che vogliamo conservare.

La lupa, tuttavia, si può sviluppare anche nei periodi di siccità, infatti, una pianta benlavorata e concimata soffre della mancanza di acqua e quindi si indebolisce diventandopiù facilmente attaccabile. La pianta che è stata invece trascurata, risente in misura mino-re della stagione secca.

A tale riguardo, nel 1950, ho fatto un “Campo Dimostrativo” per conto dell’IspettoratoAgrario di Savona nell’uliveto di proprietà del signor Laspesa Giulio ad Albisola Capo(Savona). Ho potuto constatare io stesso che, nonostante fosse ben coltivato e conci-mato, circa l’80% delle piante era colpito dalla lupa. Gli ulivi di suo zio poco distanti, cheerano stati praticamente abbandonati, risultavano molto più sani, infatti soltanto il 10%delle piante presentava il marciume tipico della lupa. Io stesso dal 1990 ho iniziato ad

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irrigare il mio uliveto in località “Costa della Valle”, una zona piuttosto secca, e da allorala lupa è scomparsa.

In ogni caso quando ci troviamo davanti ad una pianta colpita da questo tipo di pato-logia, possiamo intervenire eliminando la porzione interna del tronco che risulta colpitadal marciume. Un tempo si utilizzavano per questa operazione degli scalpelli particolari,le sgorbie, come quelli che possiamo trovare visitando il Museo allestito all’interno dellaCooperativa Olivicola di Arnasco; oggi invece risulta molto più rapido eseguire la stessaoperazione con le moderne motoseghe.

La pianta d’ulivo si può innestare a partire da un diametro di cm. 2 sino a cm. 20-25, oltre tale misura conviene invece tagliarla all’altezza del ceppo, lasciando cre-scere i polloni (se ne possono lasciare anche 7 o 8). Una volta cresciuti, si può eli-

minare circa il 50% dei polloni e, quando quelli conservati raggiungono il diametro dicirca 2 cm., si possono innestare.

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Il periodo indicato per eseguire l’innesto è il mese di maggio in quanto nei mesi pre-cedenti la corteccia non si stacca bene. Le tecniche usate per gli innesti possono esserediverse. Abbiamo l’innesto “a corona”, effettuato sul taglio tra corteccia e legno oppure,nei casi in cui non si vuole tagliare la pianta per continuare a sfruttarla, si può innestare a“nicchia”. In questo caso, si pratica un taglio orizzontale di circa 20 cm. su un bel nervodella pianta, all’altezza di un metro da terra, all’interno del quale si disporranno due inne-sti di attecchire. Negli anni successivi poi, si proseguirà a sfrondare la pianta nella partesuperiore agli innesti, in tale modo, questi avranno la forza di formare la pianta. Quandogli innesti avranno formato un bell’alberello, si potrà tagliare tutta la parte vecchia dellapianta che, nel giro di 5 o 6 anni, sarà in grado di rendere più di prima in quanto avremouna pianta giovane e della qualità desiderata.

Ad Arnasco in particolare, dove l’ulivicoltore si trova spesso a dover fare i conti conla siccità, la qualità migliore è quella della “Pignola”.

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Gli innesti si possono prelevare in alto o in basso indifferentemente, l’importante è chesi utilizzino ramoscelli di 1 o 2 anni, evitando quei polloni che in partenza sono dei cosid-detti “maschioni” in quanto ritarderebbero nello sviluppare le gemme. Il ramoscello cheservirà da innesto dovrebbe avere una lunghezza di circa 30 cm. e si consiglia di tagliarea metà le foglie che porta in modo che non asciughino troppo la linfa presente prima cheil ramoscello non sia in grado di attingerla dal porta-innesto. Una regola pratica che si puòfacilmente osservare, è quella di vedere, dopo una quindicina di giorni, se toccando ilpezzettino di foglia lasciato, questo si stacca o meno. Nel primo caso avremo un segna-le positivo, in quanto se la foglia cade, significa che l’innesto prende alimento dal porta-innesto.

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