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Area di progetto: “Il Petrolio” Pagina 1 di 25 Classe V B/H, a.s. 2008/2009 ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE “A. PANELLA” REGGIO CALABRIA ESAME DI STATO 2009 IL PETROLIO ASPETTI STORICI, ECONOMICI E CHIMICI AREA DI PROGETTO DELLA CLASSE V/B INDIRIZZO CHIMICO

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ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE “A. PANELLA”

REGGIO CALABRIA

ESAME DI STATO 2009

IL PETROLIO

ASPETTI STORICI, ECONOMICI E CHIMICI

AREA DI PROGETTO DELLA CLASSE V/B

INDIRIZZO CHIMICO

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L’AREA DI PROGETTO

“IL PETROLIO: ASPETTI STORICI, ECONOMICI E CHIMICI”

CLASSE VB/H – ANNO SCOLASTICO 2008/2009

L’area di progetto prescelta riveste un particolare significato proprio in questo

periodo di crisi finanziaria ed economica preceduto da un periodo che ha visto aumentare

il greggio in modo sensibile. La realizzazione dell’area di progetto ha impegnato gli allievi

che hanno colto l’occasione per un lavoro formativo, ad ampio spettro, concluso da una

visita tecnica alla raffineria di petrolio di Milazzo. Nel corso della stessa visita, gli allievi

hanno avuto la possibilità di visitare gli impianti e di approfondire alcuni argomenti previsti

dal curriculum degli studi. Gli alunni si sono suddivisi i compiti da svolgere per gruppi, per

poi assemblarli e condividerli collettivamente. Il risultato di tale impegno è un lavoro ricco

ma non esaustivo vista la complessità del tema trattato.

Il progetto ha affrontato la tematica sotto diversi aspetti:

• Storico

• Economico

• Chimico

Il progetto ha coinvolto i docenti di numerose discipline, con conseguenti implicazioni

storico-economiche e particolarmente quelle tecnico-scientifiche.

Nello sviluppo del progetto si è dato altresì ampio spazio alla descrizione dei processi di

raffinazione e di miglioramento dei prodotti petroliferi

Sono state utilizzate le seguenti risorse:

• Strutture e servizi multimediali ed elettronici, supporti cartacei.

• Visita tecnica in azienda del settore

• Ricerche bibliografiche

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UN PO’ DI STORIA

Per migliaia d’anni, la caccia e la raccolta di vegetali sono state le principali risorse

dell’uomo che si è limitato a consumare energia, non essendo in grado di produrla. Diventato

agricoltore, circa 7000 anni fa, l’uomo ha finalmente imparato a produrre l’energia: si tratta di

energia alimentare, muscolare (dell’uomo stesso e degli animali che lo aiutavano), eolica e idrica

(dei mulini a vento e ad acqua). Si sono sviluppati così l’artigianato, il trasporto, il commercio e, per

sostenere la conseguente crescita economica, è iniziato lo sfruttamento di una nuova fonte di

lavoro: la schiavitù.

Risale a questo punto della storia il primo incontro tra l’uomo e il petrolio. Raramente, infatti, il

famoso “oro nero” affiora spontaneamente in superficie: 5000 anni fa, gli egizi ne scoprirono le

virtù terapeutiche utilizzandolo per curare reumatismi e disturbi circolatori, oltre che per favorire il

processo di conservazione dei cadaveri (mummificazione). D’altra parte, Persiani e Romani

impiegarono il petrolio per l’illuminazione e la costruzione di armi incendiarie.

Per molti secoli, gli utilizzi di petrolio sono rimasti episodici e di scarsa importanza economica.

Nel XVII secolo l’Inghilterra, in crisi energetica a causa dell’eccessivo utilizzo di legname come

combustibile, accresce a dismisura il prezzo di quest’ultima risorsa. E’ a questo punto che si

scoprono le potenzialità energetiche del carbone fossile, che l’Inghilterra stessa possiede in gran

quantità.

La “Rivoluzione Industriale” comincia proprio a partire dal 1709, anno in cui Abraham Darby utilizza

per la prima volta il carbone fossile al posto del carbone da legna. In poco più di un secolo, questa

risorsa diventa la fonte di energia più utilizzata e nuove tecnologie ne rendono più facile

l’estrazione. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, gli uomini cominciano a sfruttare anche

nuove risorse: il petrolio, il metano, l’energia idroelettrica e l’energia nucleare.

La scoperta di nuove risorse energetiche va di pari passo con la crescita della popolazione e lo

sviluppo economico. Per migliaia di anni l’uomo era vissuto di caccia e raccolta di prodotti della

terra, utilizzando quasi unicamente l’energia muscolare: in questo modo, la Terra poteva garantire

il sostentamento di non più di 20 milioni di persone. Con la nascita dell’agricoltura e la scoperta di

nuove fonti energetiche, la popolazione cresce rapidamente. Ci sono voluti ben 16 secoli per

arrivare a mezzo miliardo di abitanti, e soltanto due (1600 - 1830) per raggiungere il primo miliardo.

Attualmente siamo circa 6 miliardi. Gli idrocarburi, insieme con la diffusione dell’elettronica, hanno

contribuito in maniera determinante allo sviluppo della civiltà umana nel XX secolo e così sarà

anche nel XXI. C’è però un inevitabile rovescio della medaglia: la grande produzione di

inquinamento e rifiuti, e il crescente divario nella disponibilità di materie prime ed energia tra il

Nord e il Sud del mondo. Solo nell’ultima parte di questo secolo l’uomo ha cominciato a prendersi

cura della salute del Pianeta, cercando di minimizzare l’impatto provocato dalla sua presenza sulla

Terra. Per quanto riguarda, invece, il divario tra Nord e Sud, i Governi dei Paesi del mondo

dovranno impegnarsi molto e a fondo, poiché è un problema di non facile risoluzione.

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COSA E’ IL PETROLIO

Il petrolio è’ un combustibile fossile, così come il carbone e i gas naturali; si presenta allo

stato liquido, oleoso, più o meno viscoso, di colore da bruno chiaro a nero, di odore spesso

sgradevole, si incontra in natura in rocce sedimentarie; trae origine da resti di piante e animali

morti centinaia di milioni di anni fa, quando il genere umano non era ancora comparso sulla Terra.

Quelle piante e quegli animali, esattamente come accade oggi, hanno accumulato l’energia

proveniente dal Sole e, dopo la loro morte, sono rimasti sepolti per milioni di anni fino a

trasformarsi in petrolio e carbone. Le piante e gli animali preistorici ci restituiscono oggi sotto forma

di calore ed energia elettrica l’energia solare accumulata in passato. Dai combustibili fossili, in

particolare dal petrolio, proviene la maggior parte dell’energia che utilizziamo attualmente. Si tratta

però di una fonte di energia non rinnovabile, e quindi destinata ad esaurirsi in periodi di tempo più

o meno lunghi. Più precisamente, il petrolio è una miscela naturale di idrocarburi liquidi e altre

sostanze di origine fossile, contenuta in rocce impermeabili e associata a idrocarburi gassosi (gas)

e solidi (bitumi) in quantità minori.

Tutte le molecole degli idrocarburi esistenti sono costituite da due soli tipi di atomi: atomi di

carbonio e atomi di idrogeno. In base alla quantità di atomi di carbonio presenti nella molecola, gli

idrocarburi sono gassosi (fino a 4 atomi di C), liquidi (da 5 a 16 atomi) o solidi (oltre 16 atomi).

Gli idrocarburi costituiscono un’ampia categoria di sostanze, dal momento che il carbonio ha molte

possibilità di legarsi ad altri atomi di carbonio e idrogeno in catene aperte (lineari o ramificate),

chiuse (ad anelli, gli idrocarburi ciclici come il benzene ne hanno uno solo) o miste (con parti

aperte e parti ad anello).

Esistono migliaia d’idrocarburi con la stessa composizione chimica ma con una diversa struttura

molecolare (isomeri strutturali). Vi sono idrocarburi con legami semplici (gli alcani o idrocarburi

saturi, come il propano), doppi (gli alcheni, come il propilene) o tripli (gli alchini, come l’acetilene).

Trattando a caldo e in assenza d’aria gli idrocarburi più pesanti (questo processo è chiamato

cracking), è possibile romperne i legami e ottenere molecole più leggere e versatili con le quali si

compone l’infinita gamma dei prodotti petrolchimici.

ORIGINE DEL PETROLIO

Gli ambienti più favorevoli alla formazione di idrocarburi sono le aree marine con scarsa

circolazione sui fondali e continui apporti di detriti da parte dei fiumi (antichi mari o laghi), bacini

sedimentari dove la crosta terrestre si abbassa in modo graduale o accelerato in seguito a

processi geologici naturali. Qui vivono numerosi organismi, che dopo la morte si depositano sul

fondo e vengono continuamente ricoperti da detriti (terrosi e minerali). Gli strati di fango ricchi di

sostanza organica (roccia-madre) sprofondano lentamente sotto il peso di nuovi sedimenti. A

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determinate profondità e temperature la materia organica “matura”, trasformandosi prima in

“kerogene” (intorno ai 1000 metri e 50 gradi centigradi) e poi in idrocarburi veri e propri. La durata

del processo varia da 10 a 100 milioni di anni a seconda che le temperature siano più o meno alte.

Se la sostanza organica è abbondante, si possono avere notevoli giacimenti di carbone e metano.

Se il kerogene non matura, ma lo si trova concentrato a percentuali superiori all’8%, è possibile

produrre petrolio liquido riscaldandolo artificialmente. Alle profondità maggiori si producono metano

e idrocarburi leggeri. A diversi chilometri dalla superficie e con temperature tra i 150 e i 200 gradi

centigradi, il kerogene si trasforma in grafite, carbonio puro cristallizzato.

I GIACIMENTI DI PETROLIO

Una volta formato, il petrolio viene “strizzato” fuori dalla roccia-madre (compressa dagli strati

sovrastanti) muovendosi prima attraverso le sue micro-fratture (migrazione primaria) e poi nei

canalini delle rocce permeabili adiacenti (migrazione secondaria). In certi casi, gli idrocarburi

possono raggiungere la superficie terrestre e disperdersi. In altri, la loro migrazione viene bloccata

da rocce impermeabili. In questo caso gli idrocarburi sono in trappola e si accumulano fino a

formare un giacimento.

Una trappola è composta da due elementi: in basso, una roccia serbatoio contiene il petrolio, e in

alto, una roccia di copertura lo trattiene. Le rocce di copertura hanno forma convessa verso l’alto e

sono impermeabili per meglio trattenere gli idrocarburi. Al contrario, le rocce serbatoio devono

essere permeabili e porose come spugne per permettere agli idrocarburi di muoversi al loro

interno, venendo così estratti con facilità. Una roccia serbatoio impregnata di idrocarburi

costituisce un giacimento le cui dimensioni dipendono dalla quantità di riserve originarie: dagli oltre

11 miliardi di tonnellate del giacimento di Ghawar (Arabia Saudita) a qualche centinaio per i

giacimenti più piccoli.

Fig 1

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Il petrolio è stato trovato in tutti i Continenti. Le regioni petrolifere più importanti sono nel Medio

Oriente (coste del Golfo Persico, Arabia, Iran, Irak) nell'Africa settentrionale (Algeria, Tunisia,

Libia), negli Stati Uniti del Sud-Ovest (Texas/Oklahoma, Louisiana) e dell'Ovest (California), in

Venezuela, nell'URSS (Mar Caspio, Asia Centrale). Petrolio in quantità meno rilevante è prodotto

in molte altre regioni della Terra. L'Italia dispone di giacimenti di petrolio in Basilicata, in Sicilia

(Gela, Ragusa) e più piccoli in Abruzzo ed Emilia. Le riserve accertate ammontano a circa 95 Gt.

La ripartizione geografica ed i consumi sono riportati nella figura seguente

Si valuta che tutto il petrolio recuperabile esistente sulla Terra ammonti a circa 500 miliardi di t. E’

però certo che il petrolio non si forma con lo stesso ritmo con cui viene consumato. I giacimenti di

petrolio si trovano a profondità variabili da poche decine di metri a oltre 8000 metri, in rocce del

Paleozoico o più recenti.

ESTRAZIONE DEL PETROLIO

Perché il petrolio grezzo (e con esso il gas naturale) possa essersi conservato sono considerate

essenziali le seguenti condizioni:

1. Presenza di rocce-serbatoio, porose e fessurate, in grado di trattenere il petrolio (sabbie,

arenarie, calcari);

2. Presenza di rocce di copertura, impermeabili, al disopra delle rocce-serbatoio;il cosiddetto “arco

anticlinale” ha una cima compressa ed ha densità maggiore rispetto alle rocce circostanti

3. Configurazione « chiusa » degli strati di roccia, tale da impedire la fuga dei fluidi. Queste

condizioni definiscono una « trappola » potenziale, nella quale si può accumulare petrolio (assieme

ad acqua o a gas).

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Quando viene estratto, è bene che la portata di estrazione sia bassa, per mantenere il pozzo in

pressione e quindi risparmiare energia nel pompaggio. Il gas naturale e la CO2 fuoriusciti possono

essere addirittura reimmessi nel pozzo per ripressurizzarlo. In queste condizioni (bassa portata e

riciclo a 9,6 Mpa) si recupera il 70% del grezzo presente nel pozzo. L’aria non sarebbe adatta

per la ripressurizzazione in quanto deteriora il prodotto. Quando il materiale è troppo pesante

e necessita di fluidificazione per la estrazione, si può iniettare vapore o addirittura introdurre aria in

modo da bruciare una piccola parte del grezzo presente con generazione di calore e quindi

renderlo più fluido.

Serbatoi di stoccaggio del greggio

L’ECONOMIA INTORNO AL PETROLIO

E’ noto che i prezzi delle materie prime e dei lavorati seguono le leggi del mercato, basate

sulla domanda e sull’offerta. Tuttavia quando la produzione è controllata da un ridotto numero di

attori è facile che questi ultimi possano condizionare il mercato sia per fini meramente speculativi

(per ottenere il massimo del guadagno) sia per fini politici. La storia ci può fornire a questo

proposito numerosi esempi. Il petrolio per l’importanza che riveste come fonte energetica e come

materia prima per l’industria chimica, è stato, è, e probabilmente lo sarà, oggetto di dispute tra i

popoli. I paesi industrializzati ne hanno bisogno per far funzionare il loro sistema produttivo mentre

i paesi produttori spesso come risorsa economica possiedono solo il petrolio. I Paesi produttori di

petrolio si sono associati per meglio sfruttare il loro potere contrattuale, costituendo l’OPEC

(Organization of the Petroleum Exporting Countries). Nella storia moderna non mancano gli usi

ricattatori di questa risorsa energetica, nonostante i crescenti sforzi nella ricerca di fonti alternative

e complementari al petrolio, dalla quale i Paesi industrializzati sono fortemente dipendenti

Per rimanere in tema, vediamo i principali condizionamenti subiti dal mercato del petrolio, che

sfociarono in vere o proprie sofferenze energetiche.

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LE CRISI ENERGETICHE

CRISI ENERGETICA DEI 1973

fu dovuta principalmente ad un'improvvisa e inaspettata interruzione del flusso

dell'approvvigionamento di petrolio dai paesi appartenenti all'Opec ai Paesi importatori dell'oro

nero. In quegli anni infatti la situazione mediorientale era incandescente: i Paesi arabi non avevano

ancora riconosciuto il diritto dello Stato di Israele ad esistere.

Contesto politico: Nell'ottobre del 1973, il giorno dello Yom Kippur (festività ebraica, da cui il

nome Guerra dei Kippur), l'esercito egiziano attaccò Israele da sud, ovvero dalla penisola del Sinai

di concerto con quello siriano che attaccò invece da nord, dalle alture dei Golan. Israele si trovò in

grave difficoltà durante i primi giorni della guerra, ma dopo i primi momenti di smarrimento,

l'esercito israeliano risultò vincente su entrambi i fronti, tanto da arrivare a minacciare il Cairo. La

guerra finì dopo una ventina di giorni con la proclamazione di un cessate il fuoco tra le due parti.

Durante i combattimenti Egitto e Siria furono aiutati e supportati dalla quasi totalità dei Paesi arabi

e antiamericani, mentre Israele fu appoggiato da Stati Uniti e dai Paesi europei. Fu per punire

l'Occidente per la sua politica filo-israeliana che i Paesi Arabi appartenenti all'Opec bloccarono le

proprie esportazioni di petrolio verso questi paesi.

Questo processo portò all'innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi

aumentò più del triplo rispetto alle tariffe precedenti. I governi dei Paesi dell'Europa Occidentale, i

più colpiti dal rincaro del prezzo dei petrolio, vararono provvedimenti per diminuirne il consumo e

per evitare gli sprechi.

In Italia il governo, varò un piano nazionale di "austerità economica", per il risparmio

energetico, che prevedeva cambiamenti immediati: il divieto di circolare in auto la domenica, la fine

anticipata dei programmi televisivi, la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale. Insieme

a questi provvedimenti con effetti immediati il governo impostò anche una riforma energetica

complessiva con la costruzione, da parte dell'Enel, di centrali nucleari per limitare l'uso del greggio.

Conseguenze.

In Europa Occidentale la crisi energetica portò anche alla ricerca di nuove fonti di

approvvigionamento, che diede anche risultati positivi: la Norvegia trovò sui fondali dei mare del

Nord nuovi giacimenti petroliferi. Ci fu poi un forte interesse Verso nuove fonti di energia,

alternative al petrolio, come il gas naturale e l'energia atomica per cercare di limitare l'uso del

greggio e quindi anche la dipendenza energetica dai Paesi detentori del greggio. Infatti si diffuse la

consapevolezza della fragilità e della precarietà del sistema produttivo occidentale, le cui basi

poggiavano sui rifornimenti di energia da parte dì una tra le zone politicamente e socialmente più

instabili del pianeta. Le conseguenze della crisi energetica non tardarono a manifestarsi anche sul

sistema industriale, che ridusse i tassi di crescita economica registrati nei decenni precedenti.

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Negli Stati Uniti la situazione fu meno problematica, data la minor dipendenza energetica dai Paesi

Arabi produttori di greggio. Nell’Europa dell'Est gli effetti della crisi furono gravi, poiché mancavano

i soldi per trasformare e modernizzare gli impianti industriali, che si avviarono a una lenta

decadenza.

Per quanto riguarda invece i Paesi arabi detentori dell'oro nero, le conseguenze della crisi

energetica furono positive perché le loro entrate aumentarono in maniera considerevole, anche se

spesso questa maggiore disponibilità finanziaria non portò vantaggi alla popolazione. Per esempio

tra Iran e Iraq (due Paesi produttori di petrolio) scoppiò una guerra con gravi lutti per la

popolazione civile. Ma questi combattimenti posero fine anche alle alte tariffe petrolifere perché

Arabia Saudita e altri Paesi dell'Opec aumentarono l'estrazione di petrolio e quindi il prezzo dei

greggio diminuì. La "crisi energetica del 1973" poteva dirsi conclusa ma cambiò certamente la

mentalità della popolazione su alcuni importanti temi. Si diffuse una maggior consapevolezza

dell'instabilità del sistema produttivo e si rivalutò l'importanza del petrolio, che non fu più visto

come l'unica fonte di energia possibile. Con la crisi energetica dei 1973 cominciarono ad entrare

nel vocabolario comune nuove parole come ecologia, risparmio energetico ecc. simboli di un

cambiamento appena iniziato della mentalità delle persone.

CRISI ENERGETICA DEL 1979

Il rovesciamento a seguito della rivoluzione iraniana dei 1979 del regime dello scià di Persia

(L’Iran), Reza Pahlavi, bloccò la produzione petrolifera del paese innescando forti movimenti

speculativi a causa dell’indisponibilità e/o boicottaggio occidentale del greggio iraniano. Il brusco

rialzo che si verificò nel mercato internazionale portò il petrolio a costare 80 $ al barile (valore

riportato al 2005) creando grandi difficoltà di approvvigionamento energetico in tutto il mondo

occidentale. La crisi sì concluderà solo all'inizio degli anni ottanta con il tranquillizzarsi dello

scenario mediorientale e la messa in produzione dì nuovi giacimenti petroliferi scoperti e sviluppati

nel territorio di nazioni non appartenenti all'OPEC.

IL PETROLIO E LE GUERRE DEI NOSTRI GIORNI

La prima Guerra del Golfo

L’accaparramento dei giacimenti di petrolio induce delle guerre (spesso con motivazioni

pretestuose) che inevitabilmente fanno subito risentire il loro effetto sui prezzi.

Nel 1990 l’Iraq, stremato dallo sforzo finanziario sostenuto per la guerra contro l’Iran, invade il

piccolo emirato del Kuwait impossessandosi dei giacimenti, ma non aveva messo nel conto la

reazione del resto mondo. Gli Stati Uniti d’America, sotto la Presidenza di George H. W. Bush

(Padre), organizzarono con l’egida dell’ONU, una spedizione internazionale, tra cui l’Italia, per la

liberazione dell’emirato. L’esercito irakeno fu sbaragliato in pochi giorni e nonostante l’invasione

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dell’Iraq, con conseguente deposizione del dittatore Saddam Hussein, fosse per la coalizione cosa

facile, fu deciso di fermarsi al confine, forse per tenere in piedi l’Iraq in chiave anti Iran, inviso ai

paesi occidentali.

Pesanti furono i costi umani e materiali pagati dal Kuwait e soprattutto dall’Iraq. Durante i mesi di

occupazione il Kuwait fu sottoposto a un sistematico saccheggio, ma i danni maggiori (economici

e ambientali) furono causati dagli incendi dei pozzi petroliferi appiccati a centinaia dall’esercito

iracheno in ritirata. Dopo la liberazione del paese, l’operazione di spegnimento dei pozzi si

protrasse infatti per oltre un anno, con l’intervento di squadre specializzate provenienti, per lo più,

dagli Stati Uniti. L’Iraq subì danni materiali ancora più ingenti, che ne pregiudicarono ogni

possibilità di ripresa. Elevatissimo fu il numero dei morti, sia fra le truppe sia fra i civili (le stime

variano tra 50.000 e 300.000 vittime), e quello dei feriti. Agli effetti della guerra, negli anni

successivi si sarebbero aggiunti quelli delle dure sanzioni, che pur attenuate nel 1995 con il

programma Oil for Food (“petrolio in cambio di cibo”, che autorizzava l’Iraq a esportare due miliardi

di dollari di greggio al semestre per l’acquisto di viveri e medicinali), portarono il paese sull’orlo del

collasso.

La seconda Guerra del Golfo

Dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, accusato di

sostenere Osama Bin Laden e di produrre armi di distruzione di massa, l’Iraq tornò nel mirino

dell’offensiva diplomatica anglo-americana, che nel marzo del 2003 sfociò in un nuovo intervento

militare che abbatté il sanguinario regime di Saddam Hussein. Questa volta gli Stati Uniti

d’America (guidati da George Bush figlio), non ottennero l’ampio appoggio internazionale della

guerra precedente anche perchè molti paesi erano scettici sulle motivazioni addotte a

giustificazione dell’intervento armato in quanto, a seguito delle numerose ispezioni internazionali,

in Iraq non furono trovate le armi di distruzione di massa; l’esercito anglo-americano ha trovato

solo petrolio e in abbondanza.

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LA CHIMICA DEL PETROLIO

A COSA SERVE IL PETROLIO

Dal petrolio si possono ottenere molti prodotti, dai più diffusi combustibili (la benzina, il

gasolio e altre sostanze dette derivati del petrolio) a molte materie plastiche utilizzate dall’uomo.

Gli idrocarburi semplici di cui è composto il petrolio sono, infatti, la materia prima essenziale per

produrre le materie plastiche che danno una risposta alle molteplici esigenze di materiali plastici

con caratteristiche specifiche: resistenza, plasticità, durezza, elasticità, biodegradabilità,

indeformabilità, aderenza, impermeabilità, malleabilità, ecc.

I quattro idrocarburi più usati sono l’etilene, il propilene, il butadiene e il benzene. La loro

molecola li rende particolarmente adatti a ricomporsi in lunghe catene organizzate. La complessità

delle sostanze petrolchimiche viene ricostruita con numerosi passaggi e diversi percorsi produttivi

attraverso i quali si giunge a un’infinita varietà di prodotti.

L’etilene è la sostanza di partenza più utilizzata al mondo (5 milioni di tonnellate all’anno). Da solo

viene usato per far maturare la frutta più rapidamente e per produrre detergenti con poca schiuma.

Mediante la polimerizzazione si ottiene il polietilene (PE), presente in numerosi imballaggi, oggetti

stampati e rivestimenti. Combinando l’etilene con acqua si ottiene l’alcol etilico, un solvente per

profumi, cosmetici, pitture, saponi, coloranti, fibre tessili e materie plastiche. Combinandolo con il

benzene, si ottiene il polistirolo (PS), usato come isolante in edilizia, nonché materia prima per

imballaggi delicati e giocattoli. Combinandolo con il cloro si ottiene il polivinilcloruro (PVC),

anch’esso molto utilizzato nel settore edile e per realizzare tessuti impermeabili.

Il propilene è il punto di partenza per numerose sostanze chimiche, tra cui l’isoprene, la glicerina

e l’acetone. Combinando tra loro migliaia di molecole di propilene si ottiene il polipropilene (PP),

ideale per imballaggi e altri manufatti resistenti. Il butadiene viene usato soprattutto nella

preparazione di gomme sintetiche, succedanei del cuoio e come solvente.

Infine è da citare il benzene, dal quale si ricavano importanti prodotti intermedi come il fenolo,

l’anilina, lo stirene e il clorobenzene, utilizzati per coloranti, fibre, resine, materie plastiche, gomme

sintetiche, prodotti farmaceutici, insetticidi, detersivi, fibre tessili. I derivati del petrolio sono poi

utilizzati come combustibili nelle centrali termoelettriche per la produzione di energia elettrica,

nonché in impianti di riscaldamento domestico e di produzione di acqua calda.

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COMPOSIZIONE DEL PETROLIO

L'analisi elementare di grezzi di diversa origine da risultati abbastanza costanti per quanto riguarda

C e H, i due costituenti fondamentali. Entro limiti percentualmente più ampi possono invece variare

gli altri elementi (S. N e O)

La composizione elementare, e soprattutto il tenore in carbonio e idrogeno, non variano molto

perché il petrolio grezzo è costituito in larga prevalenza da idrocarburi appartenenti a poche serie

omologhe. Il differente rapporto C/H deriva in gran parte da diversa abbondanza relativa di

ciascuna serie. Per valutare un grezzo l'analisi elementare non ha importanza rilevante, dato che a

differenze minime della composizione elementare può corrispondere una difformità notevole della

distribuzione delle diverse serie di idrocarburi. Questa distribuzione è determinante per valutare un

grezzo e stabilirne la qualità e la distribuzione dei prodotti primari. Dal punto di vista pratico o

importante la distribuzione dei componenti del grezzo in base alle dimensioni molecolari

(verificabile attraverso la distillazione frazionata). L'uno e l'altro criterio sono determinanti ai fini

della valutazione tecnologica e commerciale dei petroli grezzi.

GLI IDROCARBURI DEL PETROLIO

Nei grezzi si trovano idrocarburi appartenenti a quattro gruppi principali: paraffine, nafteni

(cicloparaffine), aromatici e non saturi. Altri non sono presenti nel grezzo ma si formano nei

processi di trasformazione.

Idrocarburi alifatici

n-paraffine (…÷C30)…(a catena lineare di atomi di carbonio): sono i costituenti di tutti i grezzi.

Isomeri a catena lineare o poco ramificata (purtroppo!!!)

i-paraffine (a catena ramificata): i grezzi ne hanno un contenuto limitato (max 0,2%) ma sarebbero

desiderabili in quanto hanno un comportamento migliore nei motori a combustione interna. Si

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formano anche nei processi della lavorazione per reforming catalitico, alchilazione,

isomerizzazione. olefine: sono assenti nel grezzo, aumentano il potere antidetonante delle

benzine, anche se non in modo così efficace come le iso paraffine. Tendono a polimerizzare ed a

ossidarsi e questo è indesiderabile.

Idrocarburi ciclici

Nafteni (cicloalcani): sono i secondi maggiori componenti nella gran parte dei grezzi. Hanno la

stessa formula chimica delle olefine ma sono saturi.

Aromatici: toluene, etilbenzene, o-, m- e p-xilene; sono scarsi; contenuto relativamente alto nei

grezzi del Borneo, Sumatra etc.

I non idrocarburi

Accanto agli idrocarburi, i grezzi possono contenere svariati altri composti organici. Si tratta di

composti solforati, ossigenati e azotati degli idrocarburi.

Zolfo elementare e composti solforati sono fortemente indesiderati; a essi appartengono: acido

solfidrico, tioli, solfuri, disolfuri tiofene e composti solfurati ciclici

I composti azotati sono contenuti in quantità più bassa rispetto allo zolfo; la percentuale di N va da

0 all’1,3 %. I composti sono: pirisina, chinoline, indolo, ecc. e i loro alchil derivati.

L’ossigeno non supera il 2 % ed è principalmente presente negli acidi carbossilici naftenici (ad es.

l’acido ciclopentanoico)

Il greggio è sempre inquinato da altri componenti accidentali come l’acqua, sali, particelle di ossidi,

di quarzo, mica e rocce diverse. Queste impurezze vanno eliminate perchè possono causare

corrosioni

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CLASSIFICAZIONE DEI GREGGI

A-Classificazione in base ai componenti

ZOLFO BENZINE LUBRIFICANTI BITUMI

PARAFFINICI Libia poco basso N.O buoni no

NAFTENICI Venezuela molto poche e

buone cattivi ottimo

AROMATICI Borneo ottime cattivi

B-Classificazione in base alla densità

°API = ((141,5/densità) - 131,5)

Greggi con bassa densità hanno una maggiore resa in prodotti leggeri, di maggio pregio

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LA RAFFINAZIONE DEL PETROLIO

Benché l'industria della raffinazione del petrolio sia sotto molti aspetti un'industria chimica,

essa presenta caratteri del tutto particolari. Tra questi ricordiamo le grandi dimensioni degli

impianti, le grandi produzioni, la variabilità delle produzioni, la flessibilità dei processi. Un aspetto

caratteristico di questa industria che la differenzia dall'industria chimica vera e propria sta nel fatto

che i prodotti di raffineria non sono di regola composti chimici, ma miscele di numerosi

componenti, le cui prestazioni in determinati impieghi sono assai più importanti della loro

composizione chimica. È tuttavia evidente che la composizione e le caratteristiche fisiche dei vari

prodotti di raffineria sono determinanti sulle loro prestazioni. Un altro aspetto caratteristico

dell'industria della raffinazione del petrolio è che le esigenze del mercato nei riguardi delle

prestazioni dei prodotti la condizionano fortemente. Ciò comporta un continuo adeguamento delle

caratteristiche e delle quantità dei prodotti alle richieste del mercato Nel caso dell'industria del

petrolio, i prodotti (quasi sempre miscele di più componenti) devono essere preparati su misura in

funzione delle esigenze dei consumatori, esigenze che mutano nel tempo.

LE RAFFINERIE:

Si classificano in base a:

� potenzialità

� ciclo produttivo

1. Raffinerie a combustibili: producono distillato e residuo

2. Raffineria a reforming: produce anche benzina di qualità

3. Raffineria a cracking: aumenta anche la resa in benzina

4. Raffineria a lubrificanti: presenza di topping

5. Raffineria completa

Per classificare le raffinerie di petrolio si ricorre a due criteri principali:

1) la capacità lavorativa o potenzialità,

2) il ciclo operativo.

Il primo criterio non è assoluto: la quantità di petrolio grezzo che una raffineria può lavorare è

vincolata dalla qualità del grezzo e dalla distribuzione e qualità dei prodotti. Una raffineria da 5

milioni di t/anno può lavorare la quantità indicata di un determinato grezzo nel periodo di un anno,

a portata costante dell'alimentazione, fornendo una determinata gamma di prodotti finiti. Dal punto

di vista del ciclo operativo si usa classificare le raffinerie in alcuni gruppi fondamentali. Le raffinerie

a combustibili producono una gamma più o meno completa di distillati più un residuo.

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Se la raffineria, accanto all'impianto di distillazione primaria (topping) dispone di un impianto di

reforming per produrre benzina per motori di qualità commerciale si parla di raffineria a reforming.

Se, per aumentare la resa in benzina la raffineria dispone di altri impianti, come un cracking o un

idrocracking, si parla di raffineria a cracking . Le raffinerie che forniscono almeno il 10-15% dei loro

prodotti sotto forma di oli lubrificanti base si chiamano raffinerie a lubrificanti. Esse devono disporre

di un impianto di topping sotto vuoto. Si considerano infine complete le raffinerie che realizzano

lavorazioni a combustibili e a lubrificanti. Sono queste le raffinerie più complesse e di maggiore

potenzialità. Vi si trovano installati impianti di ogni genere, anche del tipo petrolchimico.

I principali prodotti delle raffinerie

Dalla lavorazione del grezzo le raffinerie ottengono tre tipi di prodotti:

1) prodotti finiti, da immettere al consumo (benzina normale e super, cherosene, gasolio, ecc.);

2) prodotti semifiniti, da miscelare e trattare in vari modi per renderli atti all'uso (frazioni base per

lubrificanti);

3) sottoprodotti o intermedi che la raffineria può non elaborare ulteriormente, ma cedere ad altre

industrie (per es. gli intermedi per usi petrolchimici).

Una possibile classificazione dei prodotti di raffineria è quella in base al peso molecolare medio

degli idrocarburi in essi contenuti, che corrisponde in prima approssimazione a quella in base

all'intervallo di ebollizione.

Abbiamo così:

1) Gas incondensabili (H2, CH4 e idrocarburi C2)

2) Gas liquefacibili (GPL, miscele C3-C4;

3) Distillati leggeri per uso petrolchimico (la cosiddetta virgin naphtha);

4) Benzine per motori (prevalentemente per autotrazione);

5) Benzine solventi e idrocarburi aromatici singoli;

6) Combustibili per aviogetti;

7) Cherosene per motori, per riscaldamento e illuminazione;

8) Gasolio per motori Diesel

9) Oli lubrificanti;

10) Paraffina solida;

11) Olio combustibile residuo;

12) Bitume;

13) Coke di petrolio.

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Gas di raffineria e GPL

I gas che vengono prodotti nelle raffinerie provengono da diverse fonti. In parte provengono

dal topping, ma le quantità più rilevanti di gas si ottengono dai vari processi di conversione

(cracking, reforming). I gas devono essere liberati dall'H2S e da eventuali altri composti solforati

dai quali si può produrre S o acido solforico. I gas incondensabili vengono bruciati nei forni nella

stessa raffineria. I componenti saturi (propano, butano) vengono liquefatti e immessi al consumo in

cisterne o in bombole (GPL). Quelli non saturi (olefine) possono essere inviati all’alchilazione.

Distillati leggeri (virgin naphtha)

Le frazioni di testa del topping, oltre che come materia prima per l'ottenimento di benzina

per motori, trovano impiego come alimentazioni per processi petrolchimici: gassificazione a CO +

H2 , cracking a olefine e ad acetilene.

Benzina per motori

Il prodotto più importante — anche se non il più abbondante — delle raffinerie di petrolio è

la benzina per motori. Le condizioni di impiego di questo combustibile nei motori a scoppio e le

tendenze della tecnica automobilistica costringono le raffinerie a modificarne spesso le

caratteristiche chimico-fìsiche e quindi la composizione chimica. Le caratteristiche determinanti del

comportamento della benzina nei motori a scoppio sono numerose. Le principali sono la volatilità,

che viene valutata dalla curva di distillazione analitica ASTM, la tensione di vapore, e il potere

antidetonante. Questo viene determinato prevalentemente attraverso il numero di ottano (N.O.), in

un motore di prova (motore CFR), per confronto con il comportamento di miscele binarie di

neptano (al quale è assegnato per convenzione N.O. = zero) e 2,2,4- trimetilpentano (isoottano, al

quale è attribuito N.O. = 100). Le benzine del commercio in Italia erano di due tipi: normale con

N.O. non inferiore a 83 e super con N.O. non inferiore a 92. In entrambe era ammessa la presenza

di antidetonanti piombo-alchilici (piombo tetrametile e/o piombo tetraetile) in concentrazione non

superiore a 0,6 cm3/litro.

Cheroseni (C11÷C15)

Sono i distillati (provenienti in gran parte dal topping) che bollono nell'intervallo di

temperatura immediatamente superiore a quello delle benzine. Contengono idrocarburi tra C11 e

C15. Il loro impiego si ha soprattutto come combustibile per uso domestico (per cottura dei cibi e

per riscaldamento), per motori di macchine agricole, di piccoli natanti, ecc. Per l'impiego

motoristico i cheroseni devono avere un N.O. più alto possibile (quindi un alto tenore in aromatici).

Gasolio

I distillati di petrolio che bollono nel campo di temperature compreso tra quelli del

cherosene e delle frazioni lubrificanti sono chiamati gasoli. I loro impieghi principali si hanno come

combustibili per motori Diesel, per riscaldamento civile e per gassificazione. Come combustibili

Diesel la loro caratteristica più importante è il comportamento nel motore, espresso con il numero

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di cetano (N.C.). Questo viene determinato in un motore di prova, per confronto con il

comportamento di miscele binarie di n-esadecano (cetano) (al quale è assegnato per convenzione

il valore N.C. = 100) e α-metilnaftalina (alla quale è assegnato N.C. = 0). Il comportamento nel

motore — velocità di accensione in seguito a compressione della miscela aria-combustibile — è

migliore con gasoli paraffinici, peggiore con gasoli aromatici.

Oli combustibili

Sebbene questa definizione non sia molto soddisfacente, in quanto tutti i derivati del

petrolio che vengono bruciati sono « oli combustibili », la si adotta per definire i combustibili

pesanti, formati prevalentemente da residui di distillazione, impiegati per forni, caldaie, e grandi

motori marini. Sono classificati in generale in base alla loro viscosità (che ne condiziona la

pompabilità), al tenore di zolfo e di ceneri (che condizionano rispettivamente la concentrazione di

SO2 nei fumi e la corrosione degli impianti di combustione).

Da considerare che gli insaturi presenti possono polimerizzare formando fanghi nei serbatoi.

Oli lubrificanti

Provengono da frazioni ottenute mediante distillazione sotto vuoto (distillati lubrificanti) e da

residui estratti con solventi selettivi. Benché rappresentino una percentuale piccola del grezzo

(circa il 2% mediamente), sono importanti per i loro svariatissimi impieghi e per i problemi connessi

con la loro preparazione e con il loro impiego. Mentre le frazioni lubrificanti che si ottengono in

raffineria dalla distillazione sotto vuoto sono poche (due-quattro), miscelazioni, trattamenti di

raffinazione, aggiunte di additivi portano a un numero elevatissimo di lubrificanti finiti per i diversi

impieghi. La caratteristica fondamentale degli oli lubrificanti è la viscosità, che ne determina in

prima approssimazione l'attitudine a un determinato uso.

Paraffina

I componenti n-paraffinici superiori a C20 sono solidi a temperatura ambiente. La paraffina

viene messa in commercio in diverse qualità, come impermeabilizzante per carte, come sigillante,

per la produzione delle candele, ecc. Sue caratteristiche determinanti sono il punto di fusione

(deve essere piuttosto elevato) e il tenore in olio (deve essere quanto più basso possibile).

Bitumi

I residui della distillazione sotto vuoto effettuata nelle raffinerie per recuperare le frazioni

lubrificanti costituiscono un materiale adatto come legante per materiali da costruzione (soprattutto

per strade, terrazze e pavimentazioni varie).

Dissalazione del grezzo

II grezzo prodotto dai pozzi contiene inevitabilmente dell'acqua, di solito ricca di sali.

Benché parte di quest'acqua (salamoia) si separi dal grezzo per decantazione durante le

operazioni di immagazzinamento e trasporto dalla zona di produzione fino alla raffineria, molto

spesso la raffineria riceve un grezzo che contiene acqua (e quindi sali). Questi sali devono esser

allontanati dal grezzo prima della sua distillazione, perché nel corso di questa e delle successive

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operazioni provocherebbero corrosioni e incrostazioni. La prima operazione che una raffineria

esegue in un grezzo è quindi molto spesso la dissalazione.

Mediante questo trattamento, attraverso l'uso di composti chimici disemulsionanti o di campi

elettrici ad alto potenziale, si rende instabile l'emulsione salamoia-olio e se ne consegue la

separazione, realizzabile mediante un processo continuo.

LA DISTILLAZIONE PRIMARIA: IL TOPPING

Il frazionamento industriale del petrolio si ottiene mediante vaporizzazione continua,

pompando l'alimentazione attraverso forni a serpentino (pipe still) e separando poi in una colonna

di frazionamento il liquido e il vapore che si sono formati nelle condizioni di temperatura e

pressione esistenti in colonna. Liquido e vapore in questo caso hanno composizione costante nel

tempo.

Le colonne di frazionamento consistono in una serie di camere separate da piatti sovrapposti,

opportunamente distanziati. Ciascun piatto ha un certo numero di fori muniti di un « camino » e di

una « campanella » disposti in modo tale che i vapori, attraversato il camino, vengano obbligati a

gorgogliare nel liquido che colma il piatto. I piatti moderni possono essere del tipo a campanelle e

a piatti perforati, costituiti da semplici piastre di acciaio di spessori variabili, attraversate da fori di

diametro variabile. Per frazionare un petrolio grezzo in una colonna di topping l'alimentazione,

preriscaldata a stadi successivi per scambio di calore con i prodotti distillati (dal più leggero,

uscente dall'impianto alla temperatura più bassa, al più pesante, uscente alla temperatura più alta)

e infine con il residuo, viene surriscaldata in un forno a serpentino e introdotta ad una certa altezza

della colonna.

Rispetto al punto di introduzione dell'alimentazione, la colonna si divide in due sezioni: si definisce

«sezione di rettifica», la parte al disopra del piatto di alimentazione, «sezione di esaurimento»

(o di stripping) quella al disotto di tale piatto. Le due sezioni purificano il prodotto di testa e di fondo

rispettivamente, nel modo seguente. Ammettiamo di introdurre in colonna un alimentazione

(grezzo) parzialmente vaporizzata: la porzione che resta liquida sul piatto ricade nella sezione di

stripping, nella quale vengono eliminate dal liquido tutte le frazioni leggere che non s'intende

prelevare dalla colonna insieme al prodotto di fondo (residuo). Quest'azione di esaurimento viene

svolta da una corrente di vapori che sale dalla base della colonna e che, attraversando i piatti della

sezione di esaurimento, asporta dal liquido le frazioni più volatili. I vapori di stripping possono

essere vapor d'acqua introdotto dall'esterno oppure vapori di idrocarburi prodotti in un ribollitore

esterno alla colonna o incorporato in essa. Salendo lungo la colonna, i vapori di stripping

trascinano una piccola parte delle frazioni che in teoria dovrebbero far parte del prodotto di fondo;

queste frazioni giunte al piatto di alimentazione si mescolano con la parte dell'alimentazione

introdotta come vapore, e cominciano a salire lungo la sezione di rettifica della colonna. Qui

avviene la rettifica delle frazioni che si desidera ottenere come « prodotto di testa ».

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I vapori uscenti in testa alla colonna vengono condensati e in parte prelevati come prodotto di

testa, in parte rinviati in colonna.

Il riflusso viene realizzato in modo da mantenere ciascun piatto alla temperatura desiderata:

i vapori provenienti dal piatto sottostante ad esso gorgogliano attraverso il liquido, e le frazioni più

pesanti si condensano; il calore latente liberato da questa condensazione fa evaporare le frazioni

più leggere del liquido presente sul piatto e il vapore così formato sale, assieme al vapore non

condensabile alla temperatura del piatto, verso il piatto soprastante per subirvi lo stesso processo

di raffreddamento e condensazione parziale. Nello stesso tempo il vapore condensato su ciascun

piatto ricade sul piatto sottostante, viene in parte vaporizzato dai vapori in salita, si unisce a questi

e risale verso il piatto sovrastante dove si raffredda e condensa nuovamente. Ciascuna frazione

contenuta nell'alimentazione viene vaporizzata e condensata più volte, finché non viene eliminata

dal sistema.

Quando una colonna deve separare la carica in più di due frazioni (prodotto di testa e di

fondo), come avviene nel topping del grezzo, si prelevano le frazioni desiderate come «tagli laterali

» da apposite prese laterali intermedie tra la testa della colonna e il piatto di alimentazione. Il

calore necessario al lavoro di separazione delle diverse frazioni viene fornito alla colonna o tutto

con l'alimentazione, o in parte con l'alimentazione e in parte al fondo alla colonna mediante

ribollitori. Questo calore viene poi eliminato essenzialmente come calore latente nei condensatori

di testa e come calore sensibile nei prodotti laterali, e in parte recuperato col preriscaldamento del

grezzo Indipendentemente dal tipo di grezzo e dal numero e quantità delle singole frazioni che si

desidera ottenere, il topping del grezzo ha caratteristiche costanti: consiste nelle due operazioni

combinate di vaporizzazione parziale in equilibrio (flash) dell'alimentazione riscaldata nel forno e

introdotta in colonna, per far evaporare tutti i componenti che si intende ottenere come distillati, e

di distillazione frazionata per distribuire le frazioni vaporizzate nell'ordine del loro intervallo di

ebollizione e recuperarle allo stato liquido o gassoso.

Entrato in colonna, il grezzo parzialmente vaporizzato subisce il processo di distillazione

frazionata; la porzione più pesante del grezzo, rimasta allo stato liquido, scende al fondo della

colonna dalla quale viene prelevata come olio combustibile residuo; la porzione più leggera,

evaporata, sale invece verso la testa della colonna, e per il processo cui si è accennato i vapori

vengono raffreddati, condensati e prelevati allo stato liquido come frazioni con diversi intervalli di

ebollizione. Ammettiamo di voler frazionare il grezzo in cinque prodotti: gas e benzina leggera

assieme, benzina pesante, cherosene, gasolio, olio combustibile residuo: il prodotto più volatile

(gas e benzina leggera) viene prelevato dalla testa della colonna allo stato di vapore, normalmente

alla temperatura del suo punto di rugiada (punto di rugiada: T alla quale, raffreddando il vapore,

condensa la prima goccia di liquido). I prodotti che vengono prelevati dalla colonna allo stato

liquido (i «tagli laterali»: la benzina pesante, il cherosene e il gasolio) escono alla temperatura del

loro punto di bolla.

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Colonna di frazionamento

L'intervallo di ebollizione dei tagli laterali viene regolato aggiustando opportunamente il

rapporto tra prodotto prelevato e riflusso. Il punto di ebollizione iniziale del prodotto di testa

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dipende invece dalla composizione dell'alimentazione. Per quanto riguarda il residuo, non ha molto

senso parlare di punto di ebollizione finale, dato che i componenti più pesanti dei grezzi non sono

distillabili.

La regolazione del rapporto tra prodotti prelevati e riflusso sulle varie prese della colonna

corrisponde a stabilire il punto finale di ebollizione di ciascuna frazione distillata. Evidentemente il

punto di ebollizione iniziale di ciascuna frazione dipende a sua volta dal punto finale della frazione

immediatamente più volatile di quella considerata, nonché dalle caratteristiche e proporzioni dei

componenti che costituiscono le due frazioni.

Dopo che ciascun prodotto è uscito dalla colonna se ne aggiusta il punto iniziale di ebollizione

allontanando i componenti più volatili. Questa operazione prende il nome di stabilizzazione nel

caso di prodotti di testa e di esaurimento (o stripping) nel caso di frazioni laterali. L'esaurimento si

effettua quasi sempre con vapor d'acqua, in colonnine adiacenti al topping.

La benzina uscente in testa alla colonna di topping viene stabilizzata allontanando i componenti più leggeri (fino a C4); il punto iniziale della benzina stabilizzata risulta più alto di quello della benzina di testa topping (a sinistra). Il punto di ebollizione iniziale delle trazioni laterali (nell'esempio : il gasolio) viene innalzato asportando i componenti più volatili con vapor d’acqua. Il vapor d'acqua e i vapori di idrocarburi da esso trascinati vengono reintrodotti nella colonna di topping (a destra).

Il residuo del topping viene liberato dal componente più volatile nella stessa colonna, al

fondo della quale si immette vapor d'acqua. Quantità e qualità delle frazioni ottenibili da ciascun

grezzo dipendono dalla sua curva di distillazione. Le frazioni ottenute dalla distillazione primaria

sono quasi tutte da considerarsi prodotti intermedi o semifiniti: devono essere rilavorate, talvolta

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trasformate e, infine, miscelate tra loro in proporzioni opportune per ottenere i prodotti finiti richiesti

dal mercato.

L'impianto di topping condiziona l'intera raffineria; in una moderna raffineria però non ha

senso identificare la capacità complessiva di lavorazione con quella dell'impianto di topping.

Innanzitutto la capacità del topping varia in funzione del grezzo trattato; in teoria, una colonna

progettata per lavorare una certa quantità di grezzo «leggero» ne può lavorare una maggiore di

grezzo più «pesante». Se ad esempio si suppone di poter lavorare il grezzo Dahra (Libico),

leggero, e il grezzo Kuwait, pesante, in modo da ottenere da ciascuno, come distillati, tutti i

prodotti che vaporizzano fino a 330°C (TBP), il grezzo Kuwait vaporizza il 49% e il Dahra il 68% in

volume. Per distillare la stessa quantità di grezzo, ottenendo come frazioni distillate tutti i prodotti

che vaporizzano fino a 330°C TBP, occorrerà evidentemente una colonna più grande per il grezzo

Dahra, che è più ricco di frazioni volatili a quella temperatura.

Dalle considerazioni ora esposte se ne deducono immediatamente altre due :

1 ) passando dalla distillazione di un grezzo a quella di un altro, occorre variare le condizioni di

esercizio della colonna di topping, dato che variano le quantità relative delle diverse frazioni;

2) lavorando un certo tipo di grezzo, se si desidera variare la resa dei vari prodotti, è necessario

variare le condizioni di esercizio della colonna.

Quando variano le condizioni di esercizio:

� se si cambia il grezzo

� se si intende variare la resa dei prodotti

Curve di distillazione (secondo il metodo normalizzato ASTM) delle frazioni liquide successive della distillazione primaria di un petrolio grezzo. La distillazione analitica ASTM è correntemente impiegata per valutare l’efficacia del frazionamento degli impianti di distillazione. Un « distacco » tra il punto di ebollizione finale della frazione immediatamente più leggera e il punto di ebollizione iniziale della frazione successiva è indice di efficace frazionamento; una sovrapposizione tra la parte finale della curva di distillazione della frazione più leggera e della parte iniziale della frazione più pesante è indice di cattivo frazionamento. In realtà si ha un « distacco » solo tra le frazioni più leggere e si tollera una certa sovrapposizione delle curve di distillazione delle frazioni più pesanti.

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I prodotti del topping

La scelta delle condizioni di funzionamento della colonna determina il numero e le caratteristiche di

volatilità (tensione di vapore, curva di distillazione, punto iniziale e finale) delle frazioni di topping.

A loro volta, le condizioni di funzionamento sono determinate dalle richieste del mercato servito

dalla raffineria, con il vincolo posto dal tipo di grezzo disponibile.

Di solito, nelle condizioni prevalenti in Italia (grezzi disponibili, distribuzione della domanda del

mercato) dal topping si ottengono: una benzina leggera (p.f. intorno a 100-120 °C), una benzina

pesante (p.f. 180-200 °C), un cherosene, uno o due gasoli e il residuo.

Se la raffineria è del tipo detto a combustibili, queste frazioni vengono ulteriormente lavorate per

ottenere, come prodotti finiti: GPL, benzina, cherosene o combustibile per aviogetti, gasolio per

riscaldamento e per motori Diesel, olio combustibile per forni e caldaie. Le raffinerie che, accanto

ai prodotti finiti fin qui elencati, producono anche lubrificanti e bitumi ricorrono alla distillazione

sotto vuoto del residuo del topping atmosferico e utilizzano le frazioni distillate sotto vuoto come

materia prima per lubrificanti o per alimentazione del cracking.

Cracking catalitico: reattore a letto fluido e rigeneratore del catalizzatore

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ENVIRONMENTAL DEFENS FROM PLASTIC PRODUCTS PIPE DERIVED

WHITE POLLUTION

“White pollution” is a vivid description of plastic rubbish for daily use, which pollutes the environment. It refers to a serious urban environment-pollution phenomenon caused by plastic products made from contour molecular compounds, such as polystyrene, polypropylene, polyvinyl-chloride and so on. People throw them away randomly after use and it is hard for them to degrade and process.

Every person should know the harm resulting from “white pollution”, how terrible it is, in the hope of that they will do something to reduce it.

Using “one-time” things, such as plastic bags, is unhealthy and negative to the environment, but people often use them because of no other choice.

These “one time” products are harmful to human liver, kidneys, central nervous system, etc..

The plastic bag remaining for a long time in the farmland can affect the crop’s absorption of the moisture content, and the nutrient and suppress its growth, which will finally cause the underproduction.

The ground where trash is buried becomes soft, therefore, it is very easy for bacteria and viruses in trash to permeate the underground and pollute ground water.

If we burn plastic food-containers and plastic bags, they will cause severe pollution for the second time because a top toxic material – dioxin will be also produced, which needs at least 15 months to be decomposed gradually in the soil. As a result, not only the plants and crops, but the animals’ livers and brains will be harmed.

In our daily life we must use plastic bags as less as possible, and we should reduce the use of disposable plastic things as much as possible. When we go shopping, we may use the vegetable basket or the cloth bag, so as to avoid using “one-time” plastic bags. This will reduce the pollution to our environment and waste of the resources. Still, we can hold the meal with a stainless steel or a synthetic resin food-box. This sort of food-container is clean and safe, and does no harm to our bodies.

The used soft drink bottles should not be dropped unconsciously. We should collect them to sell to the recycling people. After re-processing, in fact, they can be used again.

Paying more attention to placing different category trashes into different trash cans, strengthening the propaganda of recycling the plastic products, explaining the severe harm of “White Pollution” and raising people’s consciousness of the environment-protection, all these are helpful to develop a good environment-protection atmosphere among the society.

We hope that more people will have the idea that everyone should have their own responsibility of reducing the “white pollution” and protecting the environment.

To protect the environment is to protect ourselves as well as to protect our earth we live on. Let’s protect our homeland with our knowledge and actions by enormous enthusiasm!