Universo inflazionato © Ing. Silvano D’Onofrio
Sommario Universo inflazionato ......................................................................................................................................... 1
Universo inflazionato – parte prima: i punti oscuri del Big Bang .................................................................. 2
Universo inflazionato – parte seconda: l’inflazione cosmica, la polarizzazione primordiale B ..................... 7
Universo inflazionato – parte prima: i punti oscuri del Big Bang
Non ci sono più dubbi. Lo sa anche la casalinga di Verona: l’universo è nato da una grande
esplosione 13,7 miliardi di anni fa da una “singolarità” (a temperatura e pressione
indefinibili e raggio tendente a zero) generando l’universo.
A una prima caldissima fase in cui la radiazione era la componente dominante
dell’Universo (durata circa 105 anni) è seguita l’attuale lunga epoca dominata dalla materia.
Il residuo odierno di questa prima fase è la radiazione di fondo cosmico ad una
temperatura di 2,7 K (gradi Kelvin) proveniente in maniera isotropa da tutte le direzioni
del cielo e da una distanza di circa 3000h –1megaparsec (un megaparsec, o Mpc, è pari a più
di tre milioni di anni-luce), dove h è la costante di Hubble in unità di Ho =100 km/s/Mpc.
Questa distanza costituisce il nostro orizzonte osservabile, cioè la massima profondità che
un rivelatore di onde elettromagnetiche, sia esso un telescopio o un’antenna radio, possa
direttamente indagare.
E’ la teoria del Modello Cosmologico Standard sovente anche chiamato modello del Big
Bang.
Da allora l’universo ha continuato a raffreddarsi ed a espandersi.
Questo modello ha fornito una valida spiegazione a molti aspetti dell’Universo osservato
tra i quali il red-shift della luce delle galassie lontane, la radiazione cosmica di fondo a
microonde e le abbondanze primordiali degli elementi più leggeri, eventi che hanno avuto
luogo dopo il primo secondo dall’inizio di tutto.
Ma lascia nel contempo molti punti oscuri. Quali?
• L’universo su larga scala infatti è straordinariamente uniforme, tanto che se guardiamo in
direzioni opposte, vediamo più o meno la stessa scena: lo stesso numero di galassie e la
stessa temperatura media. Se fosse valida la teoria originaria del Big Bang, quella che
conosceva Einstein, ciò sarebbe molto improbabile: sarebbe come tirare milioni di dadi e
vedere che danno tutti lo stesso risultato.
• Su piccola scala invece l’universo ci appare disomogeneo. Infatti le galassie, ammassi e
super-ammassi ci appaiono disformemente distribuite, che sta a dimostrare che ci doveva
essere una disomogeneità delle attrazioni gravitazionali negli stanti iniziali.
• La grande precisione dell’equilibrio della densità di energia dell’Universo che determina
la geometria dell’universo (il suo orizzonte).
• A tutto questo va aggiunto un altro punto oscuro. Considerazioni di origine
elettromagnetico (incongruenze legate alla produzione dei monopoli magnetici e
orientamento delle porte di Bloch, che non sto a spiegare) fanno ritenere che l’universo
avrebbe dovuto raggiungere l’attuale temperatura di 3 K (gradi Kelvin) dopo soli 30.000
anni e non dopo gli attuali 10/15 miliardi di anni.
Più semplicemente.
I fotoni della radiazione di fondo provenienti da regioni dello spazio (o piu’ precisamente
della superficie di ultimo scattering, ultima porzione di spazio trasparente) mostrano una
straordinaria uniformità di caratteristiche in particolare di temperatura.
Come se avessero raggiunto una situazione di equilibrio termico che pero’ puo’ avvenire
solo attraverso interazioni fra le varie regioni.
Il problema e’ che tali regioni non hanno a priori potuto scambiarsi informazioni poiche’ la
loro separazione e’ tale che i fotoni emessi da una di esse non hanno potuto raggiungere
l’altra.
Spieghiamo le cose un po’ meglio.
L’orizzonte dell’universo.
L’orizzonte dell’universo è sostanzialmente la superficie che delimita ciò che possiamo
vedere da ciò che non possiamo vedere, perché’ la luce emessa da questi eventi non è
ancora arrivata fino a noi.
Immaginiamo ora di essere in un punto iniziale di ‘coordinate comoventi’ che prendiamo
come riferimento, quindi uguale a zero.
Cosa sono le coordinate comoventi?
Giusto. Ok, fate un po’ di attenzione, perchè è un concetto di importanza in astronomia.
Le coordinate comoventi o meglio la distanza comovente è un modo conveniente per
definire le distanze tra oggetti in maniera indipendente dal tempo. E’ la separazione che gli
oggetti avrebbero oggi se entrambi gli oggetti non si muovessero.
Questa definizione è resa necessaria per rendere le coordinate un sistema che si espande
assieme all’universo.
Faccio un esempio per essere più chiaro.
La parte alta della immagine a lato riporta le
distanze delle case di un paesino dalla scuola.
Ora se ingrandiamo (espandiamo) la foto del
doppio, le case si sono allontanate del doppio,
ma le distanze sono rimaste le stesse.
Ora domandiamoci qual’è la distanza
percorsa dalla luce a partire da t=0, ovvero
dal big bang.
Durante un intervallo di tempo dt la luce percorre una distanza comovente dx = c dt/a
(c=velocità della luce) cosicché la distanza comovente totale percorsa dalla luce fra t=0 e il
tempo t vale:
Dove il denominatore è il fattore di scala.
Bene, l’importanza di questa grandezza è che nessuna informazione ha potuto propagarsi
più lontano di χ dall’inizio dei tempi.
Il problema è, quindi, che tali regioni non hanno a priori potuto scambiarsi informazioni
poiché’ la loro separazione è tale che i fotoni emessi da una di esse non hanno potuto
raggiungere l’altra.
Regioni separate da distanze superiori a χ non hanno potuto essere in contatto causale.
χ rappresenta l’orizzonte comovente, più esattamente, l’orizzonte di particella.
Naturalmente si può anche pensare χ come un tempo e allora viene chiamato “tempo
conforme”.
La curvatura dello spazio.
In merito alla curvatura dello spazio l’esistenza di un orizzonte dipende dalla forma della
funzione a(t) cioe’ dal modello di universo.
Dalla equazione di Friedmann si ricava che
Ω=1 (rapporto fra densità reale e densità critica dell’universo), ovvero la curvatura e’ nulla.
L’universo quindi all’inizio della sua evoluzione termica doveva essere in condizioni tali
che la densità fosse 1 o, cosa equivalente, che la curvatura dell’universo fosse nulla.
L’entropia.
Per quanto riguarda l’entropia (tendenza di un sistema al disordine) l’entropia , S , della
regione visibile dell’universo è data dall’entropia contenuta in una sfera il cui raggio è pari
all’orizzonte attuale.
L’entropia è circa pari al numero di fotoni contenuti nella sfera.
Nel Modello Standard l’espansione dell’universo è adiabatico (sistema chiuso che non
può scambiare calore con l’ambiente esterno) e quindi tale enorme valore della entropia
deve apparire come una condizione iniziale.
S è adimensionale e a priori non c’è alcuna giustificazione o spiegazione perché una
quantità adimensionale debba avere un tale valore.
Ok, spiegata alla meno peggio le più note incongruenze (salto quella riguardante i
monopoli magnetici, troppo complicato da spiegare in questa sede), qual’è il motivo di
queste incongruenze?
Difficile dare una risposta. Tutto quello che la scienza sa, parte dai pochi istanti successivi
al Big Bang. Andare oltre questo limite ce lo impedisce la meccanica quantistica.
Perché penserete?
Ve lo faccio spiegare da un esperto in meccanica quantistica, il mio cane.
Perché il concetto della singolarità è solo conseguenza della descrizione della versione
classica della Relatività Generale, quando sappiamo che per le leggi che governano lo
spazio-tempo dell’estremamente piccole dovremmo usare la meccanica quantistica.
Detta in parole più semplici – continua il mio assistente a quattro zampe – la meccanica
quantistica ci dice che la costante (spazio-tempo) di Planck è la minima lunghezza al di
sotto della quale lo spazio perde qualsiasi significato fisico. Tanto per rendere l’idea
guardate l’ordine di grandezza della costante di Planck: 6,626 * 10^-34 Js (6,626 diviso
10 seguito da 34 zeri) .
La teoria classica è applicabile, quindi solo a tempi successivi al tempo di Planck.
Cosa fare allora se nessuna teoria può descrivere cosa successe entro i primissimi
attimi dalla esplosione del big Bang?
Tutti questi problemi vennero abilmente risolti, almeno teoricamente, dalla teoria
inflazionaria, sviluppata nei primi anni ottanta dal fisico statunitense Alan Guth .
Universo inflazionato – parte seconda: l’inflazione cosmica, la polarizzazione primordiale B
Sicuramente avete già visto da qualche parte questa figura ma non sapete che roba sia. Né
avete capito cosa sono questi trattini messi lì in modo disordinato. Tranquilli. Non siete gli
unici. E’ successo anche ad un mio amico con tanto di laurea.
Potrei liquidare la questione, come ho fatto con il mio amico che poco gradisce le
spiegazioni, dicendo che l’immagine rappresenta i raggi della luce primordiale a conferma
della teoria della inflazione cosmica o se preferite la espansione esponenziale dell’universo.
La teoria che spiega l’attuale grado di omogeneità dell’Universo.
Con voi invece ho un conto in sospeso dal precedente post.
Cosa c’entrano questi raggi con l’inflazione cosmica, penserete?
Andiamo per ordine. Il punto di partenza era questo: l’universo ci appare uguale da
qualsiasi parte lo osserviamo, isotropo ed omogeneo in un sistema adiabatico.
Perché? – si sono domandati i fisici.
Perché ogni regione dello spazio doveva essere calda esattamente come qualsiasi altra
regione dello spazio anche lontanissima?
Per dare una spiegazione facciamo un passo indietro.
Siamo nel 1964, un anno in cui sono successe tante cose incredibili da condizionare i
successivi 50 anni.
Nel 1964 Higgs ipotizzò l’esistenza di una particella che prese il suo nome. Lo stesso anno
gli ingegneri Penzias e Wilson (che nel 1978 vinsero il Nobel per la scoperta) scoprirono
accidentalmente un rumore che proveniva in modo “uniforme” da qualsiasi direzione dello
spazio. Era il suono dell’universo primordiale all’età di 380.000 anni circa. Il residuo
fossile dell’energia rilasciata al momento del Big Bang.
La scoperta e la conferma dell’esistenza della radiazione cosmica di fondo a microonde
ebbe anche il merito di indicare chiaramente il Big Bang come la migliore teoria
sull’origine e sull’evoluzione dell’universo.
Successivamente il satellite Cobe, lanciato nel 1989, fece un’analisi più precisa. Scoprì che
la radiazione cosmica di fondo non era perfettamente uniforme come rilevato inizialmente.
Dopo Cobe, il satellite che ha studiato nel dettaglio la radiazione fossile è stato WMAP.
La immagine che vediamo è la mappa della radiazione di fondo ricavata dal satellite Wmap
che ci svela i dettagli dei primi attimi di vita dell’Universo.
Le chiazze che vanno dal giallo al rosso, corrispondenti a zone leggermente più fredde e
altre a zone più calde, rappresentano i “semi” da cui si sarebbero formati gli ammassi di
galassie, le galassie.
Cosa c’entra la radiazione cosmica di fondo con l’universo inflazionato che stiamo
trattando? – immagino vi state domandando di nuovo.
Ora lo scopriamo.
La mappa rappresenta il più dettagliato disegno, a tutto cielo, della radiazione cosmica di
fondo. È un risultato che ci svela i dettagli dei primi attimi di vita dell’Universo e per
primo attimo, in ambito cosmologico, è da prendere abbastanza alla lettera: si parla di 10-
30secondi dopo il Big Bang.
In un certo senso la radiazione di fondo ci dice che il nostro cosmo avrebbe esattamente
13,81 miliardi di anni, con un’incertezza statistica attorno a cinquanta milioni di anni, e
che nell’attimo della esplosone l’universo non era per niente omogeneo come lo vediamo
ora.
Durante il Big Bang, l’universo visibile era concentrato in un punto molto più piccolo di un
atomo. Su questo stadio primordiale non sappiamo praticamente nulla, perché le nostre
teorie falliscono in condizioni così estreme. Possiamo soltanto dire che, in quelle
primissime fasi, l’universo era composto da un concentrato caldissimo di energia, soggetto
a fluttuazioni di natura “quantistica”, cioè dovute al fatto che nel mondo microscopico non
c’è mai nulla di perfettamente fermo, ma tutto si muove come in un calderone d’acqua in
continua ebollizione. Il Big Bang poteva essere assimilato ad un plasma incandescente.
Le fluttuazioni primordiali – interviene il mio cane che ne sa di meccanica quantistica – in
questo plasma quantistico erano così intense da sconvolgere lo spazio e il tempo, per cui
dovevano esserci zone e momenti in cui le distanze si accorciavano, altre in cui si
allungavano. E nemmeno lo scorrere del tempo era uniforme: in alcune situazioni
accelerava, in altre rallentava. Forse ogni tanto si creavano perfino minuscole macchine
del tempo capaci di raggiungere il passato!
Ed ecco – continuo io – che nel 1980, Alan Guth, del Massachusetts Institute of
Technology (MIT) di Cambridge (USA), ipotizzò che il cosmo avrebbe attraversato,
pochissimi istanti dopo il Big Bang, una fase di “espansione esponenziale”, che lo fece
passare, in poche decine di trilionesimi di trilionesimi di trilionesimi di secondo, da
dimensioni subatomiche a quelle di un campo da calcio e via via sempre più grande.
L’idea di base dell’inflazione è che prima dell’inizio del
Big Bang, ma dopo il tempo di Planck (dove h è la
costante di Plank, G è la costate gravitazionale e c è la
velocità della luce), l’universo si sia trovato in uno stato
quantico e che in esso abbia luogo un’espansione esponenziale del tipo:
A causa dell’espansione esponenziale una piccola porzione dell’universo quindi con
dimensioni (lunghezza di Plank)
in un tempo, ancora fuori dalla portata dei nostri strumenti di misura, che durò un niente:
indicativamente
10-36 secondi
cioè 0,00… 01 secondi, scritto con 36 zeri, si è espanso a dimensioni superiori a quelle
dell’orizzonte attuale.
In una fase immediatamente successiva, e per un tempo altrettanto breve, l’universo
esplose in modo iperbolico, espandendosi di 1040 volte.
Per capirci meglio è come un pixel di una foto che viene enormemente ingrandito ma tutto
rimane enormemente omogeneo.
Porzioni di spazio molto più piccole di un nucleo atomico furono, così, proiettate su scala
cosmica.
Questa fase si chiama “inflazione”.
Cosa significa?
Questo brevissimo periodo, iniziato 10–35 secondi dopo la nascita dell’Universo e durato
intorno ai 10–36 secondi, sarebbe stato capace di moltiplicare il fattore di scala cosmico,
cioè la distanza che separa due qualsiasi punti (galassie) dell’Universo, di un fattore
superiore a1040 volte (1 seguito da 40 zeri) .
Quali sono le conseguenze?
un contemporaneo raffreddamento della materia primordiale;
una pressoché totale scomparsa delle fluttuazioni di materia eventualmente presenti
nella fase anteriore;
un appiattimento della curvatura iniziale dello spazio tridimensionale, fino a valori
compatibili con le osservazioni attuali; quest’ultimo fenomeno è paragonabile
all’appiattimento locale della superficie bidimensionale di una sfera sottoposta a
espansione.
Ok, ritorniamo alla nostra radiazione di fondo per scoprire la relazione con la inflazione.
Sappiamo che la radiazione di fondo è il primo
segnale elettromagnetico emesso dal Big Bang.
Esso viaggia indisturbato da 13,7 miliardi di
anni e per la precisione da 380mila anni dopo il
big Bang: dall’istante in cui nuclei ed elettroni,
combinandosi, hanno dato origine agli atomi,
spalancando così la finestra che ha reso
l’universo trasparente.
Ora il problema che si pone è come verificare
una ipotesi come questa della inflazione su una cosa che non possiamo vedere perché è
precedente alla formazione della luce.
L’idea era quella di osservare gli effetti dell’inflazione.
Secondo la relatività generale di Einstein un evento così violento (Big Bang) avrebbe
generato delle spaventose onde gravitazionali, disturbi dello spazio tempo che si
propagano nello spazio come onde.
Ma siccome non siamo stati in grado di rilevarle direttamente si è cercato di trovarle
proprio sulla radiazione cosmica di fondo.
Si è cercato in definitiva di scoprire come le onde gravitazionali abbiano influenzato la
polarizzazione della luce, cioè la direzione in cui si propaga in un campo elettrico.
Come?
Ecco la scoperta.
I raggi di luce polarizzati normalmente sotto gli effetti di
onde gravitazionali tendono a disporsi a vortice in “modo
B“.
Gli scienziati hanno quindi dedotto come le polarizzazioni
dell’intera radiazione elettromagnetica primordiale si
sarebbero disposte.
Quello che rimaneva da fare era osservare di nuovo il
fondo cosmico con un telescopio talmente forte che
mostrasse anche le polarizzazione della luce.
Questo è stato fatto dai ricercatori di Bicep2 (Background
Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), con un
telescopio sensibile alle microonde installato in Antartide,
rilevando quello che viene chiamata “polarizzazione
primordiale B“.
Il telescopio Bicep2 avrebbe catturato un’istantanea di
queste onde gravitazionali primordiali, così come si
presentavano 380 mila anni dopo il Big Bang, quando le
stelle non si erano ancora formate e la materia era
disseminata nello spazio sotto forma di “brodo”
primordiale di plasma.
Le onde gravitazionali avrebbero, così, disposto i raggi di luce polarizzati esattamente in
“modo B” come rappresentati dalla figura in alto.
L’importanza sta nel fatto che finora esiste solo una rilevazione (indiretta) delle onde
gravitazionali; e poi perché sarebbe la prima prova di un evento, “l’inflazione cosmica”
finora soltanto prevista teoricamente.
Bene, con questo sono arrivato alla fine: abbiamo parlato della teoria della inflazione a
giustificazione della omogeneità dell’universo e della prova della sua esistenza con la
scoperta delle onde gravitazionali primordiali.
La domanda è ora: questa mappa corrisponde alle
previsioni?
Diciamo che ci va molto vicino. Ora sta agli altri scienziati
scoprire se questa si può chiamare scoperta. In questo caso
si sarà aggiunto un nuovo tassello alla conoscenza.
Ma non andate via, ora vi dico dell’altro. Anzi vi faccio una
domanda che ha sempre a che fare con la inflazione.
Secondo voi l’universo è tutto quello che vediamo. L’universo è racchiuso in quello che
comunemente è noto come orizzonte cosmico?
Se la risposta è no, avete indovinato.
Secondo le teorie più recenti, la luce ha cominciato a propagarsi nell’universo almeno 13,2
miliardi di anni fa, dopo la cosiddetta “dark age” , ovvero una fase primordiale in cui, data
l’enorme densità dell’universo neoformato, non sarebbero ancora esistiti fotoni liberi e,
quindi, sorgenti luminose.
Questa fase non dovrebbe essere durata più di 0,5 miliardi di anni
Avete capito bene: la luce si è “accesa” ben 0,5 miliardi di anni dopo il Big Bang.
Cosa significa?
Poiché l’inflazione avvenne a una velocità superiore a quella della luce, la radiazione
luminosa non riuscì a tenere il passo con essa. Si creò quindi uno scarto fra la porzione di
universo raggiunta dalla luce e il cosmo nella sua totalità. E con l’espansione successiva,
tuttora in corso, lo scarto si è mantenuto.
Nessuno strumento è in grado di vedere che cosa c’è al di là della porzione raggiunta dalla
luce, ma si stima che oltre quel confine ci siano ancora miliardi di anni luce di universo
‘non osservabile’.
Forse 50.
FINE
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