UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA CLINICA
TESI DI LAUREA
IN
COMPLEMENTI DI STRUMENTAZIONE BIOMEDICA
TITOLO
Sviluppo di una procedura di calibrazione delle immagini MR ad
alta risoluzione per lo studio della malattia di Alzheimer
Laureando Relatore
Alban Grucka Prof.ssa Renata Longo
Correlatore
Dott. Francesco Brun
Anno accademico 2013/2014
1
INDICE
1. INTRODUZIONE ......................................... ................................... .............. 3
2. LA MALATTIA DI ALZHEIMER E IL SUO STUDIO .............................. 5
2.1 La malattia di Alzheimer ........................................................................... 5
2.2 L’analisi Longitudinale. ............................................................................. 9
2.3 Il progetto MIND ..................................................................................... 12
2.3.1 Denoising. .................................................................................... 13
2.3.2 Co-Registrazione.......................................................................... 14
2.3.3 Normalizzazione .......................................................................... 16
2.3.4 Estrazione delle zone significative............................................... 18
2.4 Gli obiettivi della presente tesi. ................................................................ 19
3. MATERIALI E METODI ............................................................................. 21
3.1 Introduzione ............................................................................................. 21
3.2 Il protocollo MP-RAGE. .......................................................................... 23
3.3 Il protocollo ad Alta Risoluzione ............................................................. 25
3.4 Lo sviluppo del “Calibration Object”. .................................................... 27
3.5 L’Oggetto TO5 Eurospin .......................................................................... 29
4. RISULTATI... .................................................................................................. 33
4.1 La calibrazione del Calibration Object.. .................................................. 33
4.2 Calibrazione delle Immagini con il Calibration Object.... ....................... 39
4.3 Misura della variabilità delle immagini ................................................... 46
4.4 Integrazione Immagini MP-RAGE/HR per un uso Clinico delle
Immagini.. ................................................................................................ 52
5. CONCLUSIONI ............................................................................................. 63
2
APPENDICE. ....................................................................................................... 65
A.1 La Risonanza Magnetica Nucleare... .............................................................. 65
A.2 La disomogeneità del campo magnetico ........................................................ 77
A.3 Codici MatLab................................................................................................ .79
Bibliografia ........................................................................................................... 99
3
1. INTRODUZIONE
La diagnosi precoce della malattia di Alzheimer è un obiettivo importante in
quanto per questa malattia non esiste una cura e l’unica prospettiva terapeutica è il
rallentamento del suo progredire. Tra gli ambiti di ricerca più interessanti in questo
contesto c’è lo studio dell’atrofia cerebrale indotta dalla malattia che, se riconosciuta al
suo esordio, è precedente alla comparsa dei sintomi clinici. L’imaging di Risonanza
Magnetica Nucleare è tra gli strumenti più promettenti, anche per la sua non invasività.
In questo filone di ricerca si innesta l’attività di alcuni gruppi di ricerca dell’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare, facendo riferimento ai progetti MIND e NextMR
coordinati dalla sezione INFN di Genova. Nella prospettiva di uno studio clinico da
svilupparsi presso la azienda ospedaliero- universitaria di Trieste, in questa tesi si
affrontano alcuni problemi metodologici relativi al confronto quantitativo di immagini
acquisite nel corso di periodi di tempo successivi. La regione anatomica studiata in
dettaglio è l’ippocampo.
Il capitolo 2 descrive la malattia di Alzheimer nei suoi tratti generali e le sue
conseguenze sulla morfologia dell’encefalo. Nella seconda parte del capitolo 2 viene
presentata la pipeline di analisi automatica dello studio dell’ippocampo sviluppata dalla
collaborazione MIND. Il capitolo si conclude con gli obiettivi di questa tesi descritti con
maggiore dettaglio.
Nel capitolo 3 vengono presentate la strumentazione e le tecniche usate per questo
lavoro di tesi. Il capitolo contiene una descrizione del tomografo MRI e le specifiche
sequenze di acquisizione utilizzate. Viene menzionato un oggetto test commerciale
sviluppato per controlli di qualità e, soprattutto, il capitolo contiene la descrizione di un
nuovo oggetto di calibrazione sviluppato in questo lavoro di tesi compatibile con le
acquisizioni cliniche. Il capitolo inoltre descrive il software di analisi automatica delle
immagini sviluppato nell’ambito della collaborazione MIND. Si rimanda invece
all’appendice per le basi fisiche dell’imaging NMR.
4
Il capitolo 4 raccoglie i risultati di questo lavoro basati sull’analisi ripetuta (5 volte
nell’arco di 2 mesi) di un volontario al fine di valutare la riproducibilità delle immagini
su un breve arco temporale. Il capitolo contiene inoltre la descrizione di un algoritmo di
fusione delle immagini ad alta e a bassa risoluzione spaziale sviluppato nell’ambito
delle attività di questa tesi. Tale algoritmo di fusione è utile per supportare il processo di
diagnosi radiologica in quanto consente di valutare con maggiore dettaglio l’area
ippocampale avendo comunque a disposizione informazioni sull’intera morfologia
dell’encefalo. Punto chiave della tecnica di fusione è la normalizzazione dei livelli di
grigio delle immagini ad alta e bassa risoluzione sulla base dell’oggetto di calibrazione
appositamente sviluppato. Tale algoritmo è stato applicato con successo alla serie di
immagini del volontario acquisite durante le attività della tesi.
Il capitolo 5 discute i risultati ottenuti e indica come questi possono venir integrati nelle
procedure sviluppate dalla collaborazione MIND che dal 2015 confluirà in una nuova
iniziativa INFN detta NextMR. Tale iniziativa costituirà parte integrante di un progetto
di ricerca clinica in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche
e della Salute dell’Università degli Studi di Trieste.
5
2. LA MALATTIA DI ALZHEIMER E IL SUO STUDIO
2.1 La malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer [1], detta anche morbo di Alzheimer, è la forma più comune
di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in
età presenile (oltre i 65 anni). La patologia è stata descritta per la prima volta nel 1906,
dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer.
Nel 1901, il dottor Alois Alzheimer, uno psichiatra tedesco, interrogò una sua paziente,
la signora Auguste D., di 51 anni. Le mostrò parecchi oggetti e successivamente le
domandò che cosa le era stato indicato. Lei non poteva però ricordare. Inizialmente
registrò il suo comportamento come "disordine da amnesia di scrittura", ma la signora
Auguste D. fu la prima paziente a cui venne diagnosticata quella che in seguito sarebbe
stata conosciuta come malattia di Alzheimer. Negli anni successivi vennero registrati in
letteratura scientifica undici altri casi simili; nel 1910 la patologia venne inserita per la
prima volta dal grande psichiatra tedesco Emil Kraepelin nel suo classico Manuale di
Psichiatria, venendo da lui definita come "Malattia di Alzheimer", o "Demenza
Presenile".
La malattia di Alzheimer (AD, Alzheimer Desease) è definibile come un processo
degenerativo che pregiudica progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a
poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale e provocandone alla fine
la morte. In Italia ne soffrono circa 492.000 persone [2] e 26,6 milioni nel mondo [3].
Un cervello umano è costituito, in media, da circa cento miliardi di neuroni connessi gli
uni con gli altri attraverso punti di connessione, chiamati sinapsi, attraverso i quali si
propagano i segnali nervosi. In presenza dell’AD il passaggio delle informazioni da un
neurone all’altro avviene con sempre maggior difficoltà, il numero di sinapsi diminuisce
con conseguente morte delle cellule nervose.
La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita
alla beta-amiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta
di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". La malattia è accompagnata
http://it.wikipedia.org/wiki/Demenzahttp://it.wikipedia.org/wiki/1906http://it.wikipedia.org/wiki/Psichiatrahttp://it.wikipedia.org/wiki/Germaniahttp://it.wikipedia.org/wiki/Alois_Alzheimerhttp://it.wikipedia.org/wiki/1901http://it.wikipedia.org/wiki/Alois_Alzheimerhttp://it.wikipedia.org/wiki/Psichiatrahttp://it.wikipedia.org/wiki/Comportamentohttp://it.wikipedia.org/wiki/Amnesiahttp://it.wikipedia.org/wiki/1910http://it.wikipedia.org/wiki/Emil_Kraepelinhttp://it.wikipedia.org/wiki/Italiahttp://it.wikipedia.org/wiki/Neuronihttp://it.wikipedia.org/wiki/Beta-amiloide
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da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello, un neurotrasmettitore. La
conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l'impossibilità per il neurone di
trasmettere gli impulsi nervosi, e quindi la morte dello stesso, con conseguente atrofia
progressiva del cervello nel suo complesso.
A livello neurologico macroscopico, la malattia è caratterizzata da una diminuzione nel
peso e nel volume del cervello (figura 2.1).
Figura 2.1: Confronto tra il cervello di un soggetto sano a sinistra e di un soggetto
malato di Alzheimer a destra [17]
Con il progredire della malattia, i sintomi diventano sempre più evidenti, cosi che anche
le più semplici attività quotidiane e le relazioni sociali diventano sempre più
compromesse. Normalmente le fasi dell'evoluzione della malattia di Alzheimer sono tre.
La prima fase è caratterizzata da un calo degli interessi e sono presenti indifferenza e
turbe della memoria di lieve entità. Il paziente risulta ancora consapevole ma può andare
incontro a depressione. Quest'ultimo fattore non facilita la diagnosi.
Nella seconda fase il calo delle capacità cognitive è più evidente si aggiungono deficit
http://it.wikipedia.org/wiki/Acetilcolinahttp://it.wikipedia.org/wiki/Neurotrasmettitore
7
dell'attenzione, della capacità critica e di giudizio. Diventa difficoltoso il
riconoscimento di volti amici, appaiano apatia, incuria personale e disordini del
linguaggio. Alla termine di questa fase si presentano problemi nell'orientamento, nello
scrivere e nel leggere, nel comprendere e pronunciare parole.
La terza fase è quella in cui si hanno gravi disturbi della memoria a breve e a lungo
termine, totale incapacità di riconoscere i volti, anche quelli più a stretto contatto come
quello dei propri famigliari, difficoltà a compiere movimenti, a mangiare e a deglutire.
In questa fase il paziente è colpito da convulsioni e da rigidità progressiva fino al
quadro finale della paralisi completa.
Attualmente non esiste una cura della malattia di Alzheimer. Gli unici interventi medici
che vengono eseguiti sono palliativi e hanno lo scopo di rallentare il più possibile
l'avanzare della malattia e di ridurre gli effetti dei sintomi, garantendo il più possibile al
paziente uno stile di vita autonomo e dignitoso.
La formulazione della diagnosi dell'AD si basa, almeno inizialmente, sulla valutazione
di sintomi neurologici e comportamentali legati a disturbi della memoria del linguaggio
e della percezione spaziale.
A oggi gli esami neuropsicologici sono ancora l'unico criterio clinico universalmente
riconosciuto per la diagnosi della patologia. L'esame neuropsicologico consiste nella
somministrazione di una batteria di test con lo scopo di verificare le capacità cognitive,
memoriche e spaziali del paziente.
Per poter stabilire dei criteri il piu oggettivi e uniformi possibili, nella pratica clinica si
ricorre sempre piu’ spesso all'utilizzo di esami neuroradiologici, tipicamente Positron
Emission Tomography (PET) e Nuclear Magnetic Resonance (MR).
Attraverso lo studio di immagini di risonanza magnetica è possibile individuare la
malattia anche negli stadi iniziali e distinguere forme lievi da forme più gravi della
patologia, valutando il livello di atrofia cerebrale (figura 2.2).
8
Figura 2.2: Confronto tra l‟atrofia dovuta al naturale invecchiamento e quella patologica
tramite MR e PET
La letteratura medica mette in evidenza che nei malati di AD, l’atrofia ha in genere una
diffusione nel cervello non uniforme ed interessa le strutture anatomiche dei lobi
temporali e in particolare l’ippocampo. L’ippocampo (destro e sinistro) è una struttura
fondamentale nei meccanismi di memoria, ed è quella che risente più precocemente
degli effetti della malattia di Alzheimer (figura 2.3).
Figura 2.3: L‟ippocampo e lobo temporale
9
2.2 L’analisi Longitudinale
Negli ultimi anni sono state applicate alla medicina le più sofisticate scoperte
scientifiche permettendo lo sviluppo di nuove tecniche e nuovi apparati sempre più
utilizzati in campo diagnostico e di cura [4] [5]. L'imaging strutturale basato sulla
risonanza magnetica è una parte integrante della valutazione clinica dei pazienti con
sospetta malattia di Alzheimer. La ricerca e lo svilupparsi di nuove tecniche di
elaborazione delle neuroimmagini stanno cambiando radicalmente il modo di concepire
l'evoluzione e lo stesso AD, questo influenzerà nel futuro la sua diagnosi e il suo
trattamento.
La letteratura medica già da tempo considera l'atrofia di alcune strutture del lobo
temporale come un valido marcatore diagnostico in fase di lieve alterazione cognitiva.
Inoltre l'utilizzo di immagini strutturali trova applicazione anche nella diagnosi, perché
è in grado di evidenziare eventuali caratteristiche tipiche di patologie differenti
dall'Alzheimer.
La ricerca di nuovi eventuali biomarker dell' AD, ha l'obiettivo di rendere più precoce
possibile la diagnosi e quindi l'inizio di un eventuale trattamento medico, ipotizzando la
diagnosi quando ancora la patologia è asintomatica. In questo contesto, svolge un ruolo
fondamentale l'analisi longitudinale della patologia.
La ricerca clinica si sta concentrando su alcuni biomarker che secondo recenti studi
sono in grado di prevedere l'insorgere dell'AD alcuni anni prima dell'insorgenza dei
primi sintomi.
Nella pratica clinica i pazienti vengono classificati in tre gruppi: Sani (detti anche
controlli), Mild Cognitive Impairment (MCI) e soggetti affetti da demenza da AD. Chi
appartiene al gruppo MCI manifesta un deficit cognitivo lieve e rappresenta uno stato
intermedio tra una situazione di normali capacità cognitive e di demenza, tuttavia
l’appartenenza a questo gruppo non implica lo svilupparsi della demenza. Al gruppo AD
appartengono tutti i soggetti affetti da malattia di Alzheimer con severi deficit cognitivi
e funzionali. La figura 2.4 mette in evidenza come alcuni test di memoria e di
linguaggio siano sensibili in modo diverso nei differenti stati della malattia e quindi la
loro utilità per la diagnosi cambia a seconda dello stato di avanzamento della patologia.
10
I test di memoria sono utili per la diagnosi nella fase MCI, perché i risultati variano
sensibilmente con l’avanzare della malattia, ma sono meno utili nel monitorarne
l’avanzamento nella fase di demenza. I risultati dei test di comprensione verbale
iniziano a cambiare più tardi nel corso della malattia, durante la fase MCI mostrano una
lieve o nessuna compromissione , quindi non possono essere usati in fase di diagnosi.
Questi test diventano più sensibili in fase di demenza, quando risentono di un rapido
cambiamento con l’avanzare della malattia.
Figura 2.4: Rappresentazione grafica della sensibilità dei test psicologici in funzione della
progressione della patologia neurodegenerativa. Il grafico mostra come i test di memoria e di
linguaggio siano sensibili ai diversi stadi della malattia. Quelli di memoria sono più sensibili
alla fase intermedia (1) arrivando in poco tempo alla massima capacità di evidenziare deficit
cognitivi (2) per poi stabilizzarsi, cioè perdere di sensibilità (3). Mentre l'altra curva
rappresenta la parte di test sul linguaggio che rimane poco sensibile ai primi sintomi della
malattia (4) per poi salire rapidamente nelle fasi avanzante dell'AD (4) fino al massimo della
pendenza nell'ultima fase della patologia(5).
11
Uno degli obiettivi dell’analisi longitudinale per l’AD è ricercare nuovi marcatori
biologici che siano in grado di discriminare i soggetti sani dai malati, già nella fase
asintomatica della malattia. La figura 2.5, ottenuta tramite studi longitudinali e
valutazioni statistiche, evidenzia le curve di sensibilità attese per alcuni indici
morfologici. Si può osservare come alcuni di questi indicatori siano sensibili al
progredire della patologia già anni prima della comparsa dei primi sintomi. Queste
considerazioni indicano che sia possibile trovare un metodo, basato sui dati clinici e
sulle neuroimmagini, in grado di fornire delle informazioni relative alla malattia di
Alzheimer in tempi antecedenti alla comparsa dei sintomi.
Figura 2.5: Ipotesi della capacità discriminante dei marcatori morfologici e funzionali nei vari
stadi dell‟AD
12
2.3 Il progetto MIND
Per studiare l’evoluzione della malattia, si segue l’Analisi Longitudinale, ovvero
l’osservazione della patologia nel tempo, basata sul confronto di immagini di MR dello
stesso paziente acquisite in tempi successivi, per valutarne i cambiamenti morfologici
causati dall’atrofia cerebrale. In quest’ottica di analisi longitudinale è stata sviluppata
una procedura automatica di elaborazione delle immagini di MR, in grado di estrarre le
informazioni anatomiche della sola regione ippocampale del cervello, così che le
“scatole”, o “box”, ippocampali estratte dalle immagini ripetute possano essere
confrontate per valutare l’evoluzione della degenerazione neuronale. Questa pipeline
automatica è stata implementata dal progetto MIND (Medical Imaging for
Neurodegenerative Diseases) dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) sezione
di Genova[4][6], e permette di estrarre da un’immagine a cervello intero la sola area
anatomica relativa all’ippocampo [5].
Tale progetto è partito nel anno 2012 ed ha avuto una durata di tre anni. Attualmente il
progetto MIND è quasi terminate e le attivita’ di ricerca continueranno dall’anno 2015
nell’ambito del progetto nextMR, sempre con il finanziamento dell’Istituto Nazionale di
Fisica Nucleare (INFN) e coordinate dalla sezione INFN di Genova.
Nella pipeline automatica sviluppata da MIND le immagini subiscono diversi
trattamenti (definiti pre-processing) per raggiungere un buon grado di omogeneità e
rendere possibile il confronto tra le stesse. Il trattamento di pre-processing conta tre
operazioni fondamentali:
1. Denoising
2. Co-registrazione
3. Normalizzazione
Successivamente, le immagini sono “pronte” per l’estrazione della box ippocampale.
13
2.3.1 Denoising
La riduzione del rumore indotto dall'acquisizione permette di migliorare il rapporto
segnale rumore delle immagini grezze. Il segnale che si vuole misurare è contenuto
nella struttura e nell'intensità del tessuto di materia grigia delle immagini MR. Per
filtrare il rumore si applica una procedura basata su un filtro piramidale che agisce sullo
spazio delle frequenze tramite una trasformata particolare delle wavelet [7] invariante
per rotazioni e traslazioni. Per eseguire il denoising (figura 2.6) si sceglie un valore di
soglia sotto il quale gli artefatti presenti sono presumibilmente attribuibili al rumore. La
soglia viene individuata tramite lo Structural Similarity Index (SSI) [8], un indice
particolare che misura la similarità della struttura, della intensità e del contrasto tra
l’immagine prima e dopo l’applicazione del filtro. Per ogni direzione dello spazio, e per
ogni slice, si applica il filtro. Le tre immagini filtrate sono poi fuse in un’immagine
“media” per migliorare il rapporto segnale-rumore. Per stabilire la soglia di rumore,
l’idea è di preservare le strutture dell’immagine, perciò si utilizza il SSI tra l’immagine
grezza e quella filtrata, calcolando la derivata prima, la derivata seconda e il punto di
flesso della funzione SSI e il valore della soglia quindi è definito come il punto medio
tra lo zero della derivata prima e il punto di flesso. Il risultato di questo processo è
mostrato in figura 2.7.
Figura 2.6: Il processo di Denoising.
14
Figura 2.7: esempio del risultato del processo di denoising su un‟immagine sagittale
dell‟ippocampo destro: immagine originale (a sinistra) e corretta dal rumore (a destra).
2.3.2 Co-Registrazione
I volumi, che a questo punto sono stati epurati da eventuali artefatti e rumore,
necessitano di essere allineati in modo da rendere automatica l'individuazione e
l'estrazione delle varie strutture. Per fare ciò bisogna cercare una trasformazione
spaziale che esegue la mappatura dei punti (delle strutture) di ogni immagine sugli
omologhi di un'immagine di riferimento o template, che nel nostro caso è il volume
ICBM152 [9], definito dal Montreal Neurological Institute (MNI), di risoluzione
spaziale dei voxel di 1 mm3.
La co-registrazione è un problema di ricerca del minimo di una funzione costo o
metrica. Questa è una misura quantitativa della bontà dell'allineamento delle immagini
da co-registrare. Definita una trasformazione, che dovrà allineare le due immagini, si
ottimizzano i suoi parametri al fine di ottenere il minimo della metrica. La co-
registrazione consiste quindi di una trasformazione (ad es. rigida, affine, deformabile),
di una metrica (ad esempio somma dei quadrati delle differenze delle intensità, cross-
correlazione) e di un processo di ottimizzazione. La trasformazione necessaria alla co-
registrazione, utilizzata nel contesto di questo lavoro, è una trasformazione affine a 12
parametri. Il numero di parametri definisce i gradi di libertà della trasformazione, in
particolare 3 parametri corrispondono alla traslazione, 3 alla rotazione, 3
15
all'applicazione di una dilatazione su ogni asse e gli ultimi 3 parametri corrispondono
all'applicazione di trasformazioni trasversali lungo le tre direzioni che conservano il
parallelismo (figura 2.8).
Figura 2.9: La Co-registrazione.
16
2.3.3 Normalizzazione
E' una procedura che permette di uniformare i valori delle intensità di grigio delle
immagini. Per realizzare questa operazione si prende come riferimento una regione di
interesse, contenente il corpo calloso del cervello. La regione scelta, identificata con
l'immagine di riferimento, il template ICBM152, ed è orientata lungo l'asse del corpo
calloso (figura 2.10).
Figura 2.10: Rappresentazione della regione utilizzata per la normalizzazione, il corpo calloso
del template.
Questa regione risulta essere relativamente facile da segmentare in GM (gray matter),
WM (white matter) e CSF (Cerebrospinal fluid) e, grazie alle caratteristiche
morfologiche delle strutture anatomiche incluse, può essere facilmente registrata su
qualsiasi immagine di destinazione. Dalla segmentazione, all'interno della regione di
interesse, per ciascuno dei tre tessuti viene riporto il valore medio ricavato dagli
istogrammi delle intensità, che poi verrà utilizzato per determinare la normalizzazione
dell'immagine di destinazione.
17
Questa normalizzazione di intensità non lineare confronta le intensità medie dei tre
tessuti della regione di interesse tra l'immagine da normalizzare e il template, ed estende
poi la mappatura agli altri livelli di grigio con la curva spline con valori compresi tra 0 e
1 (figura 2.11).
Figura 2.11: Esempio di funzione curva spline per la normalizzazione dei livelli di grigio
sull'immagine.
18
2.3.4 Estrazione delle zone significative
L'evidenza clinica stabilisce come la malattia di Alzheimer colpisca zone e strutture del
lobo temporale (TL) prima e in maniera più marcata rispetto ad altre zone del cervello.
In particolare tali zone subiscono, sin dall'esordio della patologia, modificazioni
strutturali e funzionali. Da un'analisi morfologica è pertanto possibile valutarne l'atrofia
[4]. Le strutture utilizzate nel gruppo dell’INFN di Genova, sono nove (tabella 2.1).
Tabella 3.2: Elenco delle strutture anatomico-funzionali significative del lobo temporale.
Ogni struttura e' identificata all'interno di un volume a forma di parallelepipedo con
dimensioni caratteristiche dell'ordine di alcuni cm per lato. Il procedimento di
estrazione delle nove regioni significative è stato eseguito in modo che le varie strutture
anatomiche siano disposte nella box in maniera simile per tutti i soggetti. In figura 2.12
sono riportate alcune sezioni sagittali dell'ippocampo destro, si può notare come tutti
occupino la medesima posizione e siano orientati allo stesso modo all'interno delle box.
Questo allineamento consente un confronto diretto voxel a voxel delle strutture estratte.
Figura 3.6: Esempio di disposizione dell' ippocampo destro all'interno della box dopo
l'estrazione
19
2.4 Gli obiettivi della presente tesi
Nell’ambito di questa tesi un volontario è stato studiato ripetutamente nell’arco di
tempo di 2 mesi: le immagini sono state trattate con la pipeline MIND e gli indici di
riproducibilità trovati sono utili per la valutazione della sensibilità di tale approccio agli
effetti di atrofia.
Un obiettivo di questo lavoro di tesi è lo sviluppo di alcuni strumenti per superare le
limitazioni della attuale procedura di MIND.
In particolare viene proposta una nuova procedura di normalizzazione delle immagini
che sfrutta un oggetto di calibrazione da integrare nel campo di vista delle immagini.
Mediante tale oggetto si possono superare alcune delle limitazioni dell’uso del template
ICBM152.
La sequenza ad alta risoluzione che è stata sviluppata per lo studio dell’ippocampo è di
difficile uso clinico in quanto investiga una regione piccola centrata sulle due scatole
ippocampali. Per poter valutare l’utilità, è stato pensato di integrare immagini ad alta e
bassa risoluzione, paragrafo 4.4.
20
21
3. MATERIALI E METODI
3.1 Tomografo MRI
Tutte le immagini MRI (Magnetic Resonance Imaging) di questa tesi sono state
acquisite presso l’Ospedale Cattinara dell’Azienda ospedaliero-universitara Ospedali
Riuniti di Trieste. Il tomografo MRI (modello Philips Achieva) ha un campo magnetico
statico di 1.5 Tesla (figure 3.1), generato da un magnete superconduttore costituito da
spire immerse in elio liquido.
Il paziente o l’oggetto in esame viene posizionato sul lettino e successivamente viene
inserito nella struttura cilindrica. L’inserimento viene effettuato con l’ausilio di un
centraggio con luci laser, in modo da posizionare la zona d’interesse nel punto centrale
del magnete, in tale regione il campo magnetico è maggiormente uniforme e quindi la
qualità delle immagini massima. In appendice A.1 è presentata la fisica di base
dell’imaging con MR.
Figura 3.1: MRI Philips Achieva 1.5 T
Per seguire la rapidità di evoluzione della malattia di Alzheimer attraverso l’analisi
longitudinale, è necessario avere a disposizione immagini dello stesso paziente acquisite
a distanza temporale l’una dall’altra, per poterne valutare le variazioni
neurodegenerative. Le caratteristiche che differenziano un’immagine RM dall’altra sono
22
legate all’intensità dei toni di grigio, che possono assumere valori diversi sulla stessa
macchina o su macchine differenti anche sul medesimo soggetto, ed anche se il paziente
non è stato riposizionato. Pertanto nasce la necessità di trattare le immagini acquisite in
modo da minimizzare questi aspetti introdotti in fase di acquisizione preservandone
l’informazione per la successiva Analisi Longitudinale, come discusso nel paragrafo
2.3.
In questa tesi sono state studiate alcune tecniche volte a migliorare la qualità degli studi
longitudinali.
A questo scopo: sono state acquisite immagini, con l’oggetto TO5 (paragrafo 3.6) e
immagini in vivo., con i protocolli di acquisizione presentati in seguito.
23
3.2 Il protocollo MP-RAGE
La sequenza MP-RAGE (Magnetization Prepared - Rapid Gradient Echo) è una delle
sequenze più utilizzate in imaging di RM per le acquisizioni strutturali dell’encefalo T1
pesate. La sequenza utilizzate in questo studio applica i parametri ottimizzati dall’ADNI
(Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative) [10], progetto per la ricerca, la
prevenzione e il trattamento della malattia di Alzheimer; composto da istituzioni di
ricerca si pubbliche che private, da aziende farmaceutiche, università e gruppi no-profit.
L’obiettivo principale dell’ADNI è valutare come immagini MRI, PET, marker biologici
e studi clinici e psicologici, possano essere combinati per valutare la progressione allo
stadio MCI (Mild Cognitive Impairment) e all’Alzheimer precoce.
La sequenza MP-RAGE è composta da un impulso di preparazione di 180°, seguito da
una sequenza FAST GRE, dopo un tempo pari a TI (tempo d’inversione). Dopo
l’impulso di 180°, la magnetizzazione longitudinale, inizia il suo recupero secondo il
rilassamento T1, con la possibilità di differenziare maggiormente i segnali con diverso
T1 rispetto ad un flip di 90°, così che nell’immagine risulterà un maggior contrasto tra i
relativi tessuti (figura 3.2). La Gradient Recalled Echo (GRE) è una tecnica che utilizza
un gradiente di campo magnetico per indurre la formazione di un eco. L’impulso di
eccitazione della fetta di tessuto applicato è minore di 90° (tipicamente tra 10° e 90°).
Invece dell’impulso di 180°, l’eco viene generato applicando una coppia di gradienti di
codifica di frequenza dalla polarità opposta (figura 3.3).
Il protocollo MP-RAGE proposto da ADNI ha un tempo di ripetizione (TR, tempo tra le
eccitazioni) di 8.5 ms, tempo eco (TE) 4 ms e il tempo di inversione (TI) di 1123 ms
[11]. L’angolo di flip α è di 8°, e il tempo di acquisizione di 7 minuti. Il suo FOV (field
of view) è di 240x240x192 mm3.
24
Figura 3.2: Sequenza ADNI MP-RAGE
Figura 3.3: Gradient Echo Sequence
In figura 3.4 si può vedere una immagine acquisita tramite il protocollo MP-RAGE con
dimensione dei voxel 0.94 mm, 0.94 mm e 1.2 mm di spessore di fetta.
25
Figura 3.4: Immagine sagittale acquisita con il protocollo ADNI MP-RAGE
3.3 Il protocollo ad Alta Risoluzione
Il nuovo protocollo di acquisizione ad Alta Risoluzione [12] si basa su una sequenza
MP-RAGE, ha maggior risoluzione spaziale rispetto alla sequenza proposta dall’ADNI
ed un rapporto segnale rumore minore del MP-RAGE. Ha un tempo di ripetizione (TR,
tempo tra le eccitazioni) di 12.5 ms e il tempo dell’eco (TE) di 5.9 ms. L’angolo di flip
α è di 8°, e il tempo di acquisizione di 14 minuti.
Il nuovo protocollo ad alta risoluzione fornisce immagini T1 pesate centrate su una
regione ristretta del cervello, in particolare il FOV è di 100x200x40 mm3, con voxel di
dimensione 0.5 mm, 0.5 mm e 0.4 mm di spessore nominale (figura 3.5). Lo spessore di
0.4 mm e’ in realta’ ottenuto per interpolazione nello spazio di Fourier delle dei dati
acquisiti con uno spessore di 0.8 mm (opzione “overcontiguous slices”) Per
compensare la forte riduzione del volume del voxel il segnale e’ mediato 3 volte.
Il volume acquisito e’ solo una parte dell’encefalo permette di contenere il tempo di
acquisizione mantenendo un rapporto segnale rumore adeguato.
26
Figura 3.5: Immagine trasversale acquisita con il protocollo ad Alta Risoluzione
27
3.4 Lo sviluppo del “Calibration object”
Per poter fare confronti significativi tra immagini ripetute delle stesso soggetto e’
necessario procedere alla “normalizzazione” dei toni di grigio. Si tratta cioè di
applicare una procedura per uniformare i valori dei livelli di grigio delle immagini in
modo tale che in ogni immagine tali livelli di grigio risultino associati agli stessi tessuti,
ovvero ai voxel caratterizzati da stessa densità e tempi di rilassamento [5]. Nelle
immagini MRI i toni di grigio sono espressi in unità arbitrarie, contrariamente a quanto
accade nella CT e non sono riproducibili in quanto funzione anche delle bobine
utilizzate per raccogliere il segnale e delle condizioni di funzionamento del tomografo
durante l’acquisizione. Attualmente, la procedura automatica di estrazione delle scatole
ippocampali, definita dal progetto MIND effettua una normalizzazione dei toni di grigio
che si basa sulla segmentazione del corpo calloso. Tale normalizzazione non e’
applicabile alle immagini acquisite con il protocollo ad alta risoluzione in quanto il
corpo calloso non compare nel Field of View.
Questo tipo di normalizzazione, inoltre, presenta delle criticità date dal fatto che i toni di
grigio della GM, WM e CFS dell’immagine acquisita sono forzati ai toni di grigio dei
corrispondenti tessuti dell’immagine di riferimento. In questo modo vengono presi
come riferimenti per la normalizzazione delle strutture anatomiche le quali possono
essere soggette a dei cambiamenti fisiologici con il trascorrere del tempo o con
l’evolvere della malattia. Si e’ quindi affrontato il problema di definire un nuovo
metodo di normalizzazione che superi queste criticità e che si possa applicare anche alle
immagini acquisite con il nuovo protocollo ad alta risoluzione.
A tale scopo è stato progettato e realizzato un oggetto di plexiglass (figura 3.7) di
dimensioni 90x80x10 mm3 [5], all’interno del quale sono state create 6 cavità, per
l’inserimento di soluzioni con diluizioni diverse di mezzo di contrasto, in modo di avere
6 riferimenti assoluti sull’immagine. Ogni cavità può mantenere 2mL di soluzione. Le
dimensioni dell’oggetto sono state stabilite in base alla necessità di riuscire ad inserirlo
all’interno del campo di vista delle immagini ad Alta Risoluzione (100x200 mm2).
I mezzi di contrasto sono sostanze in grado di modificare il segnale delle immagini nelle
regioni in cui si accumulano, aumentando il contrasto della struttura anatomica in
28
esame rispetto a ciò che la circonda, in modo da rendere visibili i dettagli che altrimenti
risulterebbero non apprezzabili. Ogni tecnica di imaging ha il proprio mezzi di
contrasto, i quali hanno caratteristiche diverse a seconda del metodo di formazione
dell’immagine. Nella risonanza magnetica i mezzi di contrasto influenzano i tempi di
rilassamento. Il mezzo di contrasto più utilizzato in MRI è il Gadolinio, per le sue
caratteristiche paramagnetiche del suo ione Gd3+
. Viene utilizzato in soluzione e
complessato da legami ciclici poliamminopolicarbossilici, che servono ad evitare la
tossicità dello ione libero per l’organismo umano. I mezzi di contrasto a base di
Gadolinio aumentano il segnale nelle sequenze T1 pesate, dato che riducono il tempo di
rilassamento T1 [15].
Figura 3.7: Calibration object.
Le cavità sono state riempite con soluzioni di gadolinio diluito in modo da ottenere
segnali confrontabili con i segnali dei tessuti dell’encefalo. Per la calibrazione del
Calibration Object è stato usato il mezzo di contrasto destinato, in quanto “avanzo” di
una giornata di attività clinica, destinato allo smaltimento.
29
3.5 L’Oggetto TO5 Eurospin
L’oggetto test TO5 è un oggetto in plexiglass con all’interno una soluzione acquosa di
solfato di rame (CuSO4) in grado di simulare la conducibilità elettrica dei tessuti umani
(figura 3.8), viene fornito con un set di 18 provette inseribili contenenti dei gel calibrati
in tempo di rilassamento. Il TO5 presenta 12 cavità realizzate per contenere le provette.
Le provette hanno 20 mm di diametro e 80 mm di lunghezza [14]. L’oggetto ha un
diametro di 200 mm e viene impiegato per misurare il rapporto contrasto/rumore,
l’accuratezza e precisione di eventuali mappe di tempi di rilassamento T1 e T2.
Figura 3.8: TO5 Eurospin.
30
Figura 3.9: TO5 in vista sagittale (sinistra) e assiale (destra).
I campioni di gel racchiusi tra le provette del TO5 sono realizzati da “agarosio drogato”
e cloruro di gadolinio (GdCl3). GdCl3 determina principalmente il rilassamento T1,
mentre il tempo di rilassamento T2 controllato dall’agarosio drogato (tabella 3.1).
31
Temperatura (K)
292 296 300 292 296 300
Numero provetta T1(ms) T2(ms)
1 199 221 245 52 50 48
2 298 331 367 73 70 67
3 295 329 365 113 111 110
4 445 506 560 53 49 46
5 446 496 550 94 89 85
6 442 492 546 154 151 147
7 597 664 736 95 89 84
8 592 659 731 136 129 124
9 745 828 918 116 108 102
10 739 822 911 157 149 142
11 892 992 1099 137 128 121
12 1440 1603 1779 390 373 359
13 959 1068 1184 223 212 203
14 1023 1137 1260 167 156 148
15 1149 1278 1416 214 201 191
16 1261 1403 1555 204 190 180
17 1246 1385 1535 183 171 161
18 1392 1547 1714 174 161 151
Tabella 3.1: Tempi rilassamento T1 e T2 a 1.5 Tesla
Per l’ottimizzazione delle soluzioni da utilizzare nel oggetto di calibrazione di cui al
paragrafo precedente sono state selezioni le provette con tempi di rilassamento che
meglio riproducono i tessuti cerebrali. Più precisamente la provetta numero 6, 7, 8, 9,
10, 11, 13, 14, 15, 16, 17 e la numero 18.
32
33
RISULTATI
4.1 La calibrazione del “Calibration object”
Per la realizzazione dell’oggetto di calibrazione sono state studiate diverse diluizioni di
Gadolinio (Gd-DOTA 0.5 mmol/mL), in modo che il segnale delle diverse cavità
coprano l’intera gamma dei livelli di grigio dell’encefalo. A tale scopo e’ stata utilizzata
la scala logaritmica delle concentrazione del Gadolinio. In una cavità è stata utilizzata
una soluzione di riferimento per oggetti test contente solfato di rame (figura 4.1).
Mentre nelle altre e’ stato inserito del gadolinio diluito. Sono state necessarie alcune
prove successive per ottenere un buon risultato. Le diluizioni ottimali sono presentate in
tabella 4.1.
Soluzione Sostanza mL / 2mL di soluzione
1 Solfato di Rame 2
2 Gadolinio 0.00400
3 Gadolinio 0.00200
4 Gadolinio 0.00080
5 Gadolinio 0.00040
6 Gadolinio 0.00016
Tabella 4.1: Soluzioni provette
La preparazione delle concentrazioni di gadolinio non e’ stata fatta in un ambiente di
laboratorio, a questi valori va associata una incertezza del 5-10%.
Nella cavità 1 è stata inserita una soluzione di solfato di rame, presa da uno degli oggetti
test forniti dalla ditta produttrice del tomografo per i normali controlli di qualità e di
buon funzionamento (figura 4.1).
34
Figura 4.1: esempio di bottiglia-test in dotazione al MRI.
In figura 4.5 si vede l’oggetto test TO5, posizionato nella bobina della testa utilizzata in
questo studio, in basso sotto il foglio di plastica da imballaggi si trova l’oggetto di
calibrazione. La plastica da imballaggi serve a creare una distanza tra il segnale del TO5
ed il segnale del oggetto di calibrazione, per facilitare in fase di analisi automatica del
segnale la separazione dei segnali dei 2 oggetti.
Figura 4.5: L‟oggetto TO5 posizionato nella metà inferiore della bobina della testa. Sullo
sfondo il gantry della MRI.
35
Figura 4.6: A sinistra l„immagine HR dell‟oggetto TO5 (sopra) e il calibration object (sotto), a
destra i valori medi dei gel nel TO5 con il protocollo HR..
In figura 4.6 un’immagine HR dell’oggetto TO5 e dell’oggetto di calibrazione. Nella
stessa figura, a destra, i valori medi dei gel: la media e’ ottenuta su tutto il volume del
gel (100 fette). In tabella 4.2 sono elencati i valori medi dei gel della figura 4.5 con la
relativa SD (standard deviation).
Posizione
Gel sul TO5
Numero Gel Media SD
4 6 1451 37
8 7 1136 22
3 9 954 37
7 10 979 25
10 11 767 29
1 14 681 24
6 15 565 29
9 16 515 19
2 17 506 23
5 18 421 19
Tabella 4.2: Valori medi e SD dei gel dell‟oggetto TO5. I gel numero 8 e 13 del TO5 non sono
visibili nel campo di vista del protocollo HR
36
I valori dei gel che simulano il segnale proveniente dall’encefalo hanno valori compresi
dal più intenso di 1451 a quello meno intenso di 421. Il valore del segnale nella provetta
numero 6 ha il valore più alto perche il suo tempo di rilassamento T1 è il piccolo
rispetto agli altri gel utilizzati, viceversa, per il gel numero 18 si ottiene il valore più
basso perche ha il tempo T1 di rilassamento più lungo.
Figura 4.7: Valori medi delle soluzioni del calibration object con il protocollo HR per l‟oggetto
TO5.
Numero Soluzione Media SD
1 1541 32
2 836 22
3 1552 24
4 1696 28
5 1869 42
6 1955 44
Tabella 4.3: Valori medi e SD delle soluzioni del calibration object con il protocollo HR.
In tabella 4.3 sono presentati i valori assunti dalle soluzioni dell’oggetto di calibrazione
nella sequenza HR di figura 4.6. Il segnale delle soluzioni numero 2, 3, 4, 5 e 6
assumono valori da 836 a 1955. Utilizzando queste 5 soluzioni si può coprire la gamma
dei livelli di grigio dei gel che simulano il comportamento dell’encefalo. Si può notare
che il comportamento del gadolinio non è lineare rispetto alla sua concentrazione [15]
[16].
37
Figura 4.8: Valori medi delle soluzioni del calibration object con il protocollo MP-RAGE con
l‟oggetto TO5. La posizione 1 corrisponde alla posizione 6 del HR e la posizione 6 corrisponde
alla posizione 1 del HR
Numero Soluzione Media SD
1 1823 739
2 1082 409
3 1917 536
4 2071 459
5 2280 475
6 2506 572
Tabella 4.4: Valori medi delle soluzioni del calibration object con il protocollo MP-
RAGE dell‟oggetto TO5, il valore elevato della SD è dovuta al fatto che per il calcolo
della media abbiamo a disposizione meno pixel lungo ogni fetta.
Nella tabella 4.4 sono stati presentati i valori che assumono le soluzione dell’oggetto di
calibrazione in immagini acquisite con il protocollo MP-RAGE: si osserva che le
soluzioni assumono valori diversi rispetto al protocollo HR, però mantengono una certa
linearità rispetto la loro concentrazione.
Sulle tabelle 4.3 e 4.4 sono riportati i valori medi e la deviazione standard delle
soluzioni diluite del calibration object. Guardando i valori della deviazione standard si
vede che la SD del HR ha valori contenuti, garantendo una buona stima della media,
mentre la SD del MP-RAGE da valori abbastanza elevati. Questo è dovuto al fatto che
per calcolare la media lungo le fette il protocollo MP-RAGE ha meno pixel rispetto al
HR, il quale ha una risoluzione più elevata, la quale porta a una misura non tanto precisa
della media.
38
In modo da superare questo ostacolo si può pensare di creare un altro calibration object
con una sezione più grande dei tubicini, in modo da ottenere più pixel per il calcolo
delle medie delle soluzioni. Ottenendo in questo modo dei riferimenti assoluti anche per
il protocollo MP-RAGE. In figura 4.17 si può vedere l’effetto della normalizzazione del
protocollo MP-RAGE, ottenuto con riferimenti assoluti non molto precisi.
Per calcolare il valore che assumono i toni di grigio nelle soluzioni del calibration
object è stato sviluppato un algoritmo in codice MatLab che calcola il valor medio e la
deviazione standard delle sei soluzioni del calibration object, per tutti e due i protocolli
di acquisizione, HR e MP-RAGE (appendice 3.1, 3.2). Questo calcolo viene effettuato
tramite una segmentazione dell’immagine in base alla posizione del calibration object
nel piano immagine e in base all’area dei tubicini nel calibration object.
39
4.2 Calibrazione delle Immagini con il Calibration Object
Il nuovo oggetto di calibrazione e’ stato usato per calibrare i toni di grigio delle
immagini HR e MP-RAGE. A tale scopo e’ stata sviluppata una procedura in modo da
avere valori compresi tra 0 e 1, come nel progetto MIND discusso al paragrafo 2.3.3. In
figura 4.9 si può vedere la curva di calibrazione con il protocollo HR.
Figura 4.9: Curva normalizzazione protocollo HR del TO5. In ascissa si hanno i valori
dei toni di grigio dell‟immagine, mentre in ordinata i valori normalizzati dell‟immagine
compresi tra 0 e 1.
Per la costruzione della curva di normalizzazione è stato deciso di mappare il valore
della soluzione numero 6 al valore 0.8 e il valore della soluzione numero 2 al valore 0.2
(il valore della soluzione numero 1 contenente il solfato di rame non è stato preso come
riferimento perche ha valori simile alla soluzione numero 3). Una volta trovata la retta
che passa tra questi due punti, sono stati calcolati i punti sulla retta delle soluzioni
numero 3, 4 e 5. Questi valori sono stati presi come valori assoluti per ogni successiva
acquisizione. La figura 4.10 rappresenta una funzione lineare a tratti usata come curva
di normalizzazione del protocollo MP-RAGE.
40
Figura 4.10: Curva normalizzazione protocollo MP-RAGE del TO5. In ascissa si hanno i valori
dei toni di grigio dell‟immagine, mentre in ordinata i valori normalizzati dell‟immagine
compresi tra 0 e 1.
In figura 4.11 è riportata la curva di normalizzazione che porta i valori dei toni di grigio
dal protocollo MP-RAGE al protocollo HR.
Figura 4.11: Curva normalizzazione MP-RAGE – HR del TO5. In ascissa si hanno i valori dei
toni di grigio MP-RAGE, mentre in ordinata i valori dei toni di grigio HR.
Nelle figure 4.12 e 4.13 vengono mostrate le curve di normalizzazione del protocollo
MP-RAGE e del protocollo HR per immagini acquisite in vivo. Si può notare come
questa curva cambi in base all’oggetto che viene inserito nel gantry della MRI. Questo
fenomeno è dovuto alle proprietà delle regioni anatomiche presenti nella bobina, che
41
con le loro diverse proprietà di suscettività magnetica degradano l’uniformità del campo
magnetico stesso (appendice A.2).
Figura 4.12: Curva normalizzazione protocollo HR in vivo. In ascissa si hanno i valori dei toni
di grigio dell‟immagine, mentre in ordinata i valori normalizzati dell‟immagine compresi tra 0 e
1.
Figura 4.13: Curva normalizzazione protocollo MP-RAGE in vivo. In ascissa si hanno i valori
dei toni di grigio dell‟immagine, mentre in ordinata i valori normalizzati dell‟immagine
compresi tra 0 e 1.
42
Figura 4.14: Curva normalizzazione MP-RAGE – HR in vivo. In ascissa si hanno i valori dei
toni di grigio MP-RAGE, mentre in ordinata i valori dei toni di grigio HR.
Per la costruzione della curva di calibrazione e la successiva normalizzazione delle
immagini è stato usato il codice MatLab dell’appendice A.3.3. Questo codice calcola il
valore medio delle soluzioni nel calibration object tramite l’algoritmo descritto
nell’appendice A 3.1 per HR, e A 3.2 per MP-RAGE, successivamente con questi valori
viene costruita la curva di normalizzazione descritta all’inizio del paragrafo 4.2. Dopo
di che, tramite la curva di normalizzazione, si normalizzano le immagini con valori
compresi tra 0 e 1.
In seguito vengono riporti i grafici della normalizzazione per le 6 acquisizioni effettuate
con il protocollo HR e le 4 acquisizioni effettuate con il protocollo MP-RAGE. Si può
notate come questi valori cambiano da un’acquisizione all’altra.
43
Figura 4.15: Curva normalizzazione in vivo delle 6 acquisizioni HR.
Figura 4.16: Curva normalizzazione in vivo delle 4 acquisizioni MP-RAGE.
44
Figura 4.17: Immagini normalizzazione protocollo MP-RAGE, a sinistra l‟oggetto TO5 e a
destra l‟immagine in vivo.
Figura 4.18: Immagini normalizzazione protocollo HR, a sinistra l‟oggetto TO5 e a destra
l‟immagine in vivo.
45
L’utilizzo dell’oggetto di calibrazione nelle immagini HR risulta soddisfacente, le
misure delle intensità di segnale sono associate a deviazioni standard inferiori al 5% e le
curve di calibrazione portano a correzioni dei toni di grigio dell’ordine del 10%.
Risultati meno soddisfacenti sono stati trovati per le immagini ADNI: le cavità
dell’oggetto test sono piccole rispetto allo spessore della fetta e quindi la ricostruzione
del segnale non e’ omogenea essendo che l’effetto da volume parziale coinvolge molti
pixel, cosi che non si riesca a fare una valutazione dell’intensità del segnale che non sia
associata ad una deviazione standard anche del 20%. Ciononostante le curve di
calibrazione delle sequenze ADNI sono coerenti e dimostrano che per una acquisizione
in particolare le deviazioni dei toni di grigio sono particolarmente importanti.
Nella figura 4.16 si può notare che il grafico in blu è maggiormente “spostato” rispetto
gli altri grafici della stessa figura. Tale acquisizione e’ stata fatta in condizioni critiche
del tomografo, la sala dell’elettronica di controllo era fuori dall’intervallo ottimale di
temperatura. Tanto che una prima acquisizione della sequenza era stata bloccata dal
sistema di acquisizione per surriscaldamento delle bobine dei gradienti e delle
radiofrequenze. La sequenza fatta ripartire era arrivata a completamento ma con dei
valori di grigio sensibilmente diversi da quelli ottenuti nelle altre acquisizioni.
Per migliorare i risultati della calibrazione delle sequenza ADNI sarà opportuno
ridisegnare l’oggetto di calibrazione, prevedendo cavità con diametro maggiore o cavità
con diversa orientazione spaziale in modo da ridurre l’effetto di volume parziale ed i
suoi artefatti.
46
4.3 Misura della variabilità delle immagini
L’analisi longitudinale consiste nel fare il confronto tra una immagine baseline (la prima
acquisizione) e quella repeat ( acquisita a distanza di tempo), in modo da vedere se c’è
un cambiamento significativo tra le due, il quale è connesso all’avanzamento della
malattia di Alzheimer. La pipeline del progetto MIND fa una estrazione delle scatole
ippocampali delle immagini acquisite con il protocollo MP-RAGE, e successivamente
effettua un confronto tra l’immagine baseline e quella repeat tramite degli indici di
confronto. Gli indici utilizzati per il confronto sono: PSNR, MSE, MAXERR, L2RAT e
la NCC.
Peak Signal-to-Noise Ratio (PSNR) valuta la qualità di un’immagine ed è
definito come il rapporto tra la massima potenza del segnale e la massima
potenza del rumore che corrompe l’immagine. Più è alto il PSNR maggiore è la
correlazione tra le immagini.
Errore quadratico medio - Mean Squared Error (MSE) rappresenta la norma al
quadrato della differenza tra la prima immagine e la seconda, diviso per il
numero di elementi, ed indica la discrepanza quadratica media fra i valori dei
dati osservati ed i valori dei dati stimati. Un MSE pari a 0 indica che la prima e
la seconda immagine sono perfettamente coincidenti.
Maximum Error (MAXERR) è la massima deviazione quadratica della prima
immagine rispetto alla seconda. Più è alto MAXERR maggiore sarà la differenza
tra la baseline e la repeat.
Ratio of Squared Norms (L2RAT) è il rapporto tra la norma al quadrato della
seconda immagine (repeat) rispetto alla prima (baseline). Più è vicino ad 1,
maggiore sarà la correlazione tra le immagini.
Normalized Cross Correlation (NCC) è un altro indice di misura per la
somiglianza tra le immagini in cui ritorna un valore vicino ad 1 quando la prima
e la seconda immagine presentano cambiamenti minimi.
47
Prima di presentare i risultati ottenuti per le misure ripetute in vivo, i parametri di
confronto sono stati applicati ad immagini acquisite senza riposizionamento di un
oggetto test e di un volontario, sia con protocollo HR che con il protocollo ADNI/MP-
RAGE.
In dettaglio sono state effettuate 2 acquisizione del TO5 consecutive senza
riposizionamento dell’oggetto, sia con il protocollo MP-RAGE che con il protocollo
HR. Poi sono state acquisite due acquisizioni successive senza riposizionamento in vivo
con il protocollo HR. Nelle tabelle qui sotto stanti vengono riportati gli indici di
confronto di queste acquisizioni, tra quelle baseline e repeat normalizzate con il
calibration object e quelle non normalizzate. In questo caso la baseline e quella repeat
sono state acquisite nello stesso momento e senza riposizionamento.
Per il calcolo degli indici di confronto è stato usato il codice MatLab descritto in
appendice A.3.4, il quale calcola gli indici di confronto, descritti sopra, tra due
immagini. Tra la baseline e repeat.
Immagini TO5 MP-RAGE PSNR MSE MAXERR L2RAT NCC
Indici confronto immagini
non normalizzate
92,16 0.00003 0,082 0,960 0,998
Indici confronto immagini
normalizzate
91,05 0.00005 0,131 0,990 0,998
Tabella 4.2: Indici di confronto tra due immagini acquisite con il protocollo MP-RAGE del TO5
senza riposizionamento dell‟oggetto.
48
Immagini TO5 HR PSNR MSE MAXERR L2RAT NCC
Indici confronto immagini
non normalizzate
85,11 0,00020 0,132 1,008 0,997
Indici confronto immagini
normalizzate
80,13 0,00063 0,251 0,986 0,995
Tabella 4.3: Indici di confronto tra due immagini acquisite con il protocollo HR del
TO5 senza riposizionamento dell‟oggetto.
Immagini IN VIVO HR PSNR MSE MAXERR L2RAT NCC
Indici confronto immagini
non normalizzate
81,05 0,00051 0,258 1,003 0,972
Indici confronto immagini
normalizzate
79,28 0,00076 0,409 1,098 0,966
Tabella 4.4: Indici di confronto tra due immagini acquisite con il protocollo HR in vivo senza
riposizionamento del volontario.
Dagli indici di confronto tra le due acquisizioni successive senza riposizionamento si
nota che gli indici delle immagini acquisite normalizzate e non normalizzate hanno
valori simili, quasi identici. Questo è dovuto al fatto che le due sequenze sono state
ottenute successivamente senza riposizionare l’oggetto TO5 o il volontario, garantendo
cosi cambiamenti minimi delle condizioni di acquisizione.
49
Successivamente le acquisizioni effettuate sono state inviate al gruppo di ricerca di
Genova per l’estrazione delle scatole ippocampali, come da protocollo MIND. Sona
state estratte le scatole del “ippocampo destro” e la scatola del “ippocampo sinistro”,
delle sei acquisizioni effettuate con il protocollo HR (figura 4.19). Le tabelle seguenti
mostrano gli indici di confronto delle scatole estratte dalla prima acquisizione alla
quinta e tra la quinta e la sesta, è importante notare che le acquisizioni numero 5 e
numero 6 sono state effettuate senza riposizionamento del volontario. In tal modo
garantendo un cambiamento minimo delle condizioni di acquisizione, ottenendo in
questo modo gli indici minori di cambiamento tra due acquisizioni.
Figura 4.19: Ippocampo sinistro (a sinistra) e Ippocampo destro (a destra).
50
Immagini IN VIVO HR
scatola “ippocampo destro”
PSNR MSE MAXERR L2RAT NCC
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 2
76,92 0,00132 0,397 1,014 0,975
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 3
74,54 0,00228 0,401 0,928 0,957
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 4
76,66 0,00140 0,353 1,058 0,975
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 5
73,75 0,00273 0,410 1,020 0,951
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 6
73,04 0,00322 0,401 1,008 0,948
Indici confronto acquisizione
nr. 5 e nr. 6
78,72 0,00087 0,228 0,990 0,984
Tabella 4.5: Indici di confronto scatola “ippocampo destro”. Confronto immagini ripetute
normalizzate con la pipeline di MIND
51
Immagini IN VIVO HR
scatola “ippocampo sinistro”
PSNR MSE MAXERR L2RAT NCC
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 2
77,97 0,00103 0,376 0,971 0,980
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 3
73,52 0,00288 0,424 0,901 0,943
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 4
76,33 0,00151 0,253 1,015 0,971
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 5
72,89 0,00334 0,318 1,062 0,939
Indici confronto acquisizione
nr. 1 e nr. 6
72,89 0,00334 0,354 1,070 0,939
Indici confronto acquisizione
nr. 5 e nr. 6
81,32 0,00047 0,230 1,000 0,991
Tabella 4.6: Indici di confronto scatola “ippocampo sinistro”. Confronto immagini ripetute
normalizzate con la pipeline di MIND
La differenza tra gli indici di confronto ottenuti per le immagini 5 e 6, ripetute senza
riposizionamento e le altre è ben osservabile: tale differenza dipende sia dalla variabilità
intraindividuale che dal rumore delle immagini, dai limiti della normalizzazione e del
sistema di estrazione della scatola. Sono in ogni caso un’indicazione della sensibilità
attuale della tecnica sviluppata. Solo variazioni maggiori dei questi valori possono
essere considerate indicatori di evoluzione clinica della malattia.
52
4.4 Integrazione Immagini MP-RAGE/HR per un uso Clinico delle Immagini
Il nuovo protocollo di acquisizione ad alta risoluzione ha un campo di vista più ristretto
rispetto al protocollo MP-RAGE. Inoltre il primo acquisisce le immagini secondo il
piano trasversale mentre il secondo le acquisisce sul piano sagittale (figura 4.21).
Figura 4.21 : Piani visualizzazione immagini MRI
In figura 4.22 viene visualizzato il posizionamento del paziente all’interno della
risonanza magnetica e i possibili piani di visualizzazione. In questo caso è stato preso il
piano trasversale.
Figura 4.22: Posizionamento paziente all‟interno della gantry e i piani di visualizzazione
immagini MRI
53
Nel caso delle sequenze utilizzate in questo lavoro, la sequenza MP-RAGE ha un FOV
di 240x240x192 mm3 e la dimensione del voxel è di 0.94x0.94x 1.2 mm. Le immagini
sono acquisite sul piano sagittale. Il protocollo HR ha invece un FOV di 200x200x40
mm3 e la dimensione del voxel e’ 0.5x0.5x0.4 mm. Le immagini sono acquisite sul
piano trasversale.
Il medico radiologo per effettuare la diagnosi può aver interesse a valutare l’organo in
esame, nel nostro caso l’encefalo, nella sua interezza. Può risultare utile quindi avere a
disposizione immagini che coprono un campo di vista più ampio. A tale scopo
nell’ambito di questa tesi e’ stato sviluppato un algoritmo che prende come base di
visualizzazione il protocollo ad alta risoluzione e lo integra, per le parti mancanti
dell’encefalo, con le acquisizioni ottenute con il protocollo MP-RAGE.
A questo scopo e’ stato necessario fare una rototraslazione [18] del FOV delle immagini
MP-RAGE allo scopo di allineare il sistema di riferimento del MP-RAGE con il sistema
di riferimento del HR. Per poter effettuare questa rototraslazione sono necessari i dati
del sistema di riferimento delle immagini MP-RAGE e dei dati del sistema di
riferimento del HR. Questi dati si trovano nei tag del formato DICOM delle immagini
MRI riportati in tabella 4.7.
Tabella 4.7: Alcuni dei metadati salvati nel tag del formato DICOM.
54
L'algoritmo sviluppato segue lo schema seguente:
1- Costruzione della terna di riferimento del protocollo MP-RAGE rispetto ad un
sistema di riferimento di seguito denominato Globale a partire dai metadati
salvati nei tag DICOM.
2- Costruzione della terna di riferimento del protocollo HR rispetto al sistema di
riferimento Globale a partire dai metadati salvati nei tag DICOM.
3- Dai metadati del tag DICOM si ricavano la posizione dell’origine e i versori X e
Y della terna. Il terzo versore viene ricavato dal prodotto vettoriale del versore X
con Y.
Figura 4.23: Sistema di riferimento Globale
Figura 4.24: Sistema di riferimento HR rispetto al Globale dell‟oggetto TO5
55
Figura 4.25: Sistema di riferimento MP-RAGE rispetto al Globale dell‟oggetto TO5
4- Costruzione della matrice di rototraslazione che mappa i punti dal sistema di
riferimento MP-RAGE al sistema di riferimento Globale (sistema di riferimento
macchina) e, di seguito, dal sistema Globale al sistema di riferimento per HR.
GPMP-RAGE = GRMP-RAGE * PMP-RAGE +
GOMP-RAGE
HRPMP-RAGE = HR
RG * GPMP-RAGE +
HROG
Nel caso generale la matrice di rotazione e l’origine del sistema di riferimento
locale rispetto a quello globale vengono definiti in questo modo:
5- Prima di iniziare la rototraslazione viene creata una matrice 3D di dimensione
0.5x0.5x0.5 mm3 (voxel isotropi) tramite interpolazione partendo dai dati delle
immagini MP-RAGE.
56
6- Una volta che viene effettuata la rototraslazione di ogni voxel della matrice 3D,
partendo da coordinate con numeri interi, mediante il comando round di MatLab
si ricavano le coordinate con numeri interi nel nuovo sistema di riferimento. Con
questo passaggio qualche punto della matrice 3D di destinazione non assume
nessun valore. Si è scelto di usare un’interpolazione con il valore mediano
dell’intorno dei soli punti ai quali non è stato possibile dare un valore durante la
rototraslazione.
7- Per allineare la matrice 3D delle immagini MP-RAGE rototraslata con la matrice
3D delle immagini HR l’algoritmo prende il punto centrale della matrice 3D del
MP-RAGE ed effettua una sua la sua rototraslazione e tramite le coordinate che
assume nel nuovo sistema di riferimento si riesce a centrare i due volumi
8- Una volta allineati i due volumi si effettua un’ulteriore interpolazione della
matrice rototraslata per ottenere le stesse dimensioni del voxel delle immagini
HR, ovvero 0.5x0.5x0.4 mm.
In seguito vengono illustrate alcune immagini fuse MP-RAGE–HR prima e dopo la
normalizzazione dei toni di grigio dal protocollo MP-RAGE al protocollo HR. Per la
normalizzazione è stato utilizzato il grafico in figura 4.14.
57
Figura 4.26: Immagini fuse MP-RAGE-HR del TO5, la slice 50(a sinitra), e la slice 50
normalizzata ( a destra) con l‟oggetto test. Per portare i toni di grigio dal MP-RAGE al HR è
stato utilizzato il grafico in figura 4.11.
Figura 4.27: Immagini fuse MP-RAGE-HR in vivo, la slice 1 (a sinistra), e la slice 1
normalizzata ( a destra) con l‟oggetto test.
58
Figura 4.28: Immagini fuse MP-RAGE-HR in vivo, la slice 50 (a sinistra), e la slice 50
normalizzata ( a destra) con l‟oggetto test.
Figura 4.29: Immagini fuse MP-RAGE-HR in vivo, la slice 100 (a sinistra), e la slice 100
normalizzata ( a destra) con l‟oggetto test.
59
Il vantaggio di questa fusione sta nel fatto che si ricava lo stesso campo di vista del
protocollo MP-RAGE ma si ha la risoluzione del protocollo HR nelle regioni di
interesse clinico dell’immagine. Nelle immagini fuse del TO5 si può notare una lieve
dislocazione tra le due immagini fuse, cosa che non si nota nelle immagini in vivo,
questo fenomeno è dovuto al fatto che l’oggetto test e la testa del volontario non sono
fisse rispetto il sistema di acquisizione. La macchina quando passa dall’acquisizione
con il protocollo MP-RAGE al protocollo HR fa spostare fisicamente il lettino per
posizionarsi nel FOV del secondo protocollo di acquisizione, introducendo un possibile
spostamento dell’oggetto e aggiungendo una componente di incertezza rispetto alla
posizione iniziale dell’acquisizione. Oltre a questo fenomeno, possibili deformazioni
vengono aggiunte dall’interpolazione.
Un'altra possibilità di visualizzazione è quella secondo il piano coronale. E’ stato
costruito un secondo algoritmo con la logica del primo, il quale fa visualizzare le
immagini nel piano coronale posteriore. In questo secondo algoritmo le dimensioni del
voxel sono state riportate a 0.5x0.5x0.5 mm3 per tutti e due i protocolli.
Figura 4.30: Immagini piano coronale posteriore MP-RAGE - HR in vivo, prima e dopo la
fusione.
60
Figura 4.31: Immagini piano coronale posteriore MP-RAGE - HR in vivo, prima e dopo la
fusione.
.
Figura 4.32: Immagini piano coronale posteriore MP-RAGE - HR in vivo, prima e dopo la
fusione .
61
.
Figura 4.33: Immagini piano coronale posteriore MP-RAGE - HR in vivo, prima e dopo la
fusione.
I risultati ottenuti con queste fusioni sono estremamente soddisfacenti e saranno valutati
per il loro impatto clinico nei prossimi mesi.
62
63
4. Conclusioni
In questo lavoro di tesi sono stati sviluppati alcuni strumenti utili alla implementazione
clinica di uno studio longitudinale per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer,
inserendosi nell’insieme delle attività svolte dalla collaborazione MIND dell’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare.
In particolare si è studiato un processo di normalizzazione dei toni di grigio delle
immagini acquisite con il protocollo HR e ADNI/MPRAGE. Proponendo un nuovo
metodo di normalizzazione il quale effettua la procedura di normalizzazione attraverso
il calibration object, un oggetto il quale non subisce variazioni nel tempo, garantendo
una misura stabile dei riferimenti assoluti di normalizzazione.
A questo scopo sono state fatte misure di riproducibilità di 2 set di immagini ripetute
nel tempo di uno stesso volontario, al fine di valutare una soglia minima di sensibilità
dei 2 protocolli (ADNI e HR) utilizzati. Confrontando questi indici con gli indici di un
lavoro precedente [5] è stato visto che il protocollo HR garantisce dei risultati migliori
di confronto rispetto al protocollo MP-RAGE.
I risultati ottenuti sono buoni e possono essere migliorati con una modifica dell’oggetto
test, in base ai risultati ottenuti, sarà possibile inserire una nuova procedura di
normalizzazione del protocollo MIND, che non dipenda più da un template arbitrario,
come nella attuale situazione.
La riproducibilità delle immagini in vivo acquisita con una proceduta di acquisizione è
stata studiata, utilizzando una batteria di indicatori statistici, tali dati sono di grande
utilità nella collaborazione MIND in quanto permettono di verificare il miglioramento
introdotto dalla sequenza di alta risoluzione spaziale sviluppata dal gruppo triestino a
confronto con la sequenza standard MP-RAGE utilizzata nell’ambito del consorzio
internazionale ADNI.
64
La ricchezza delle informazioni delle immagini HR, oltre ad essere utilizzate nelle
procedure numeriche potrà essere utilizzata anche nella diagnostica radiologica grazie
alla fusione delle immagini di diversa risoluzione spaziale e diverso campo di vista
ottenuta nell’ambito di questa tesi.
Tramite questa fusione sarà possibile superare i limiti di risoluzione nel FOV di
interesse clinico nei protocolli a bassa risoluzione, e quello del contenimento del tempo
di acquisizione nel protocollo ad alta risoluzione. Offrendo una risoluzione elevata nel
campo di vista di interesse e un tempo minore di acquisizione rispetto a una
acquisizione ad alta risoluzione con un FOV più ampio.
65
APPENDICE
A.1 La Risonanza Magnetica Nucleare
La Risonanza Magnetica è una metodica non invasiva che fornisce sezioni multiplanari
del corpo in esame utilizzando campi magnetici e onde radio, cioè radiazioni non
ionizzanti.
I nuclei di elementi con numero dispari di protoni e/o neutroni sono dotati di spin, e
possono essere rappresentati come rotanti sul proprio asse. Dato che ogni carica elettrica
in movimento produce un campo magnetico, anche questi nuclei, carichi elettricamente,
sono associati ad un campo magnetico microscopico detto momento magnetico nucleare
o dipolo magnetico.
I sistemi MRI producono immagini utilizzando le proprietà magnetiche del nucleo
dell’idrogeno, che è l’elemento più abbondante nell’organismo. Il campo magnetico
terrestre non è sufficientemente forte per influenzare l’orientamento dei dipoli magnetici
Se i vettori magnetici sono disposti in maniera casuale nello spazio, il vettore magnetico
risultante dalla loro somma è nullo (figura A.1.1).
Figura A.1.1:Disposizione casuale dei spin.
66
Il campo magnetico di un’apparecchiatura MRI va da 0,2 Tesla fino a 3T e oltre. In
presenza di un campo magnetico esterno stazionario (B0), i protoni tendono ad
orientarsi parallelamente alla direzione del campo magnetico esterno (figura A.1.2).
Figura A.1.2: Disposizione casuale dei spin sotto una campo magnetico B0.
Si produce così una magnetizzazione risultante M, orientata parallelamente a B0. Inoltre
sempre per effetto di B0, il momento magnetico di ciascun protone comincia a ruotare,
a precedere attorno alla direzione di B0 nello stesso modo in cui l’asse di una trottola
ruota intorno alla direzione della forza di gravità (figura A.1.3).
Figure A.1.3: Magnetizzazione risultante M.
67
La frequenza angolare della trottola (numero di rotazioni/secondo) è proporzionale
all’intensità di B ed è descritta dall’equazione di Larmor:
ω0 = γ * B0
dove γ rappresenta una costante di proporzionalità nota come rapporto giromagnetico,
caratteristico di ogni tipo di nucleo. La frequenza con cui i protoni ruotano attorno alla
direzione di B0 è detta frequenza di precessione o di Larmor (ω0).
Rispetto a B0, per i protoni esistono solo due possibili orientamenti, parallelo (basso
livello energetico) ed opposto o antiparallelo (alto livello energetico). In condizioni di
equilibrio, il numero di protoni paralleli è lievemente superiore rispetto al numero di
protoni antiparalleli. Questa piccola prevalenza di protoni paralleli produce una
magnetizzazione risultante (M), misurabile, che ha la stessa direzione e verso del campo
magnetico esterno B0 e ha un valore molto piccolo pari a circa un milionesimo di B0.
In condizioni di equilibrio, in presenza di un campo magnetico uniforme, tutti i protoni
hanno la stessa frequenza, ma non la stessa fase di precessione. Per ogni protone
possiamo considerare due componenti vettoriali:
Longitudinale, orientata lungo l’asse z.
Trasversale, perpendicolare a B0, che ruota nel piano x, y.
Lo stato di equilibrio appena descritto può essere alterato mediante l’applicazione di
radiofrequenze (RF), cioè di onde elettromagnetiche, la cui frequenza sia uguale a
quella di precessione dei protoni (frequenza di Larmor). Solo in tali condizioni si
verifica il fenomeno della risonanza magnetica nucleare, il passaggio di energia dalla
RF ai protoni. Per RF con frequenza diversa da quella di Larmor non si verifica alcuno
scambio di energia (figura A.1.4).
68
Figure A.1.4: Assorbimento dell‟energia RF da parte dei protoni.
L’impulso di eccitazione provoca così la formazione di un angolo tra M e B0, definito
angolo di flip, θ: Un impulso RF di 90°, per esempio, provoca il ribaltamento di M sul
piano xy, perciò genera la massima magnetizzazione trasversale Mxy. Una bobina posta
in modalità ricevente raccoglierà il segnale generato dal rilassamento; in quanto durante
il ritorno all’equilibrio, M determinerà un fenomeno magnetico che indurrà una corrente
alternata sulla bobina alla frequenza di Larmor.
Il segnale generato in un’antenna dopo un impulso di 90° è noto come free induction
decay (FID), (figura A.1.5) ed ha l’andamento di una sinusoide smorzata
esponenzialmente con un tempo caratteristico di T2*.
69
Figure A.1.5: Free Induction Decay, FID
Si parla di Rilassamento Longitudinale e Trasversale.
Il rilassamento Longitudinale (figura A.1.6) rappresenta il ripristino di Mz (da zero,
dopo un impulso di 90°) secondo un tempo pari a T1. Questo rilassamento dipende dalla
dissipazione di energia tra spin e reticolo causata da urti e moti vibrazionali. Il suo
recupero e descritto da:
Mz(t)=M0(1-e-t/T1
)
Il rilassamento Trasversale (figura A.1.6) rappresenta la perdita di Mxy (che dopo θ=90°
è massima e pari a M0) a causa dello sfasamento della precessione degli spin per
interazione spin-spin (con una relazione esponenziale la cui costante di tempo pari a
T2).
Mxy=M0e-t/T2
70
Figure A.1.6: Il rilassamento Longitudinale T1 e quello Trasversale T2
Oltre a disomogeneità atomiche tra gli spin vicini, che fluttuano con i moti casuali delle
molecole, anche la disomogeneità del campo magnetico principale causa questa perdita
di coerenza di fase e per tanto il tempo di rilassamento trasversale effettivo che si
misura è pari a T2*, il quale è dato dal tempo T2 (disomogeneità del materiale) e dalla
disomogeneità del campo magnetico nel volume di tessuto considerato, secondo la
relazione:
1/T2* = 1/T2 + γΔB0
Dove ΔB0 rappresenta la disomogeneità di B0 (figura A.1.7).
Figure A.1.7: Il rilassamento Trasversale T2*
71
La localizzazione del segnale è fondamentale per l’imaging di risonanza magnetica e
richiede l’utilizzo di gradienti di campo magnetico. Questi si ottengono dalla
sovrapposizione dei campi magnetici generati dalle bobine di gradiente, spire
conduttrici che producono variazioni lineari del campo magnetico principale.
All’interno del corpo dell’apparecchiatura, sono posizionati i tre set di gradient coil
lungo x, y e z (figura A.1.8) che fanno processare con frequenze diverse posizioni
diversi dello spazio in modo da ricavare in maniera univoca la posizione in base alla
frequenza di oscillazione. E si definiscono Gx, Gy e Gz, i gradienti di B0 lungo x, y e z,
rispettivamente (figura A.1.9).
Figura A.1.8: Le bobine di gradiente lungo x,y e z.
Figura A.1.9: I gradienti lungo x,y e z.
72
Tramite l’utilizzo di un campo statico B0 al quale si sovrappongono i gradienti Gx, Gy e
Gz e un specifico impulso di eccitazione, i protoni presenti all’interno di un materiale,
vengono eccitati e successivamente si ricava un segnale con ampiezza proporzionale al
tempo di rilassamento, alla densità protonica e alla posizione nel FOV.
Gradiente selezione della “fetta” Gz.
L'applicazione di un gradiente lungo una direzione, fa sì che la frequenza di Larmor
degli atomi vari linearmente lungo quella direzione. Come conseguenza, il corpo
all'interno del magnete viene suddiviso in piani isofrequenziali paralleli (figura A.1.10).
Figura A.1.10: Fetta selezionata in base al segnale RF e dal gradiente.
Un impulso radio ad una specifica frequenza (monocromatico) applicato mentre
il gradiente è attivo, ecciterà un solo piano, lasciando in condizione di equilibrio tutti gli
altri. Lo spessore della fetta è determinato dall’impulso RF e dal gradiente ( figura
A.1.11)
Figura A.1.11: Spessore fetta in relazione all‟impulso RF e dal gradiente
http://it.wikipedia.org/wiki/Gradientehttp://it.wikipedia.org/wiki/Gradiente
73
Gradiente codifica di frequenza Gx.
Applicando un gradiente dopo l'impulso a radiofrequenza e durante l'acquisizione del
segnale emesso, si varia linearmente lungo lo spazio la frequenza di emissione da parte
dei protoni. Il segnale acquisito è la somma di segnali a frequenze diverse, le quali
possono essere ottenute tramite la trasformata di Fourier. Facendo corrispondere ad ogni
frequenza una posizione spaziale, si ottiene una localizzazione in una dimensione
(figura A.1.12). Per localizzare gli spin anche nella seconda direzione spaziale, è
necessario utilizzare la codifica di fase.
Figura A.1.11: Relazione posizione spaziale - frequenza di oscillazione.
http://it.wikipedia.org/wiki/Gradientehttp://it.wikipedia.org/wiki/Trasformata_di_Fourier
74
Gradiente codifica di fase Gy.
Il gradiente nella seconda direzione spaziale viene applicato dopo l'impulso a
radiofrequenza ma prima dell'acquisizione. Gli spin lungo quella direzione al momento
dell'acquisizione avranno acquistato una fase pari a fL *Gy *y*t dove fL è la frequenza di
Larmor, y è la coordinata lungo l'asse della codifica e t è il tempo di applicazione
del gradiente (figura A.1.12).
Figura A.1.12: Fase acquisita in relazione alla posizione lungo il gradiente Gy.
In seguito viene riportato una sequenza SPIN-ECHO (figura A.1.13) dove viene
mostrato l’applicazione del gradiente di fase, l’impulso di eccitazione di 90°, seguito da
quello di 180° per ridare la fase agli spin, e l’accensione del gradiente di codifica di
frequenza e quello di fase.
Figura A.1.13: Sequenza SPIN-ECHO
http://it.wikipedia.org/wiki/Gradientehttp://it.wikipedia.org/wiki/Gradiente
75
Formazione immagine MRI
Il segnale della risonanza magnetica viene acquisito nello spazio K. Nella figura A.1.14
si può vedere la relazione tra la frequenza spaziale dello spazio K e la sua posizione nel
piano immagine.
Figura A.1.14: Relazione frequenza spazio K e posizione nel piano immagine.
Il segnale raccolto dall’antenna è descritto dalla seguente relazione:
S(t) = ∫∫dx dy Mt(x,y) e-ixkx
e-iyky
Dove le coordinate kx e ky valgono:
kx = Gxt
ky = Gyt
Per spostarsi lungo lo spazio K, alla componente kx viene tenuta costante il valore del
gradiente Gx e lo si fa variare il tempo t. Mentre alla componente ky viene tenuto
costante il tempo di acquisizione t e si fa variale il gradiente Gy (figura A.1.15). Una
volta che lo spazio K è stato riempito, tramite la trasformata inversa 2D di Fourier si
ottiene l’immagine (figura A.1.16).
76
Figura A.1.15: Riempimento spazio K.
Figura A.1.16: Spazio K e la trasformata inversa 2D di Fourier dell‟oggetto TO5 EUROSPIN
77
A.2 La disomogeneità del campo magnetico
Gli artefatti in risonanza magnetica risultano dall'interazione di differenti sottosistemi
come il magnete principale, bobine di gradiente, il trasmettitore e il ricevitore RF. La
presenza di non-omogeneità nel campo magnetico o di non-linearità nel gradiente
produce una distorsione nell’immagine. Questo fenomeno viene definito in letteratura
come Bias Field, rappresentato come un segnale a bassa frequenza e fa sì che l’intensità
del segnale proveniente dallo stesso tessuto vari in base alla sua posizione
nell’immagine (figura A.2.1).
Figura A.2.1: Disomogeneità dell‟intensità del segnale in un‟ immagine di cervello di
RM.
La presenza di disomogeneità di campo può ridurre in modo significativo l’accuratezza
delle procedure di segmentazione e registrazione e di misure quantitative. Per questo
motivo nasce la necessità di definire uno o più step di pre-processing per correggere il
segnale dal bias field. La letteratura lo considera come una variazione smooth
dell’intensità all’interno di una regione omogenea. Un modello matematico della
disomogeneità del campo magnetico lo definisce come un campo moltiplicativo che si
aggiunge all’immagine [13]:
y = g*y^+ n
Dove “y” rappresenta l’immagine acquisita corrotta dalla disomogeneità di campo e il
rumore, “g” è il campo moltiplicativo, “y^” si riferisce all’immagine ideale e “n”
78
rappresenta il rumore. Il rumore si rappresenta come rumore biologico, derivante dalla
disomogeneità interna dei tessuti, e come rumore che deriva dalle imperfezioni dei
dispositivi di acquisizione. Il modello più comune di formazione dell’immagine assume
che il rumore abbia una distribuzione gaussiana.
79
A.3 Codici Matlab
A.3.1 Codice calcolo valori medi toni di grigio soluzioni calibration object HR.
function [means, v_std, centroids] = getvalues_HR_n (path, flip, isdicom, posizione_oggetto,
y_inizio,y_fine)
TH_AREA_MIN = 20;
TH_AREA_MAX = 40;
y1=y_inizio;
y2=y_fine;
IN_PATH = path;
inputlist = dir([IN_PATH 'IM_*']);
se = strel('disk',1);
larghezza_oggetto = posizione_oggetto; % per HR 45-50
m=400;
n=400;
IMMAGINE_3D=zeros(larghezza_oggetto, n, length(inputlist)-y2-y1,'int16');
for i=1+y1:length(inputlist)-y2
filename = inputlist(i).name;
if (isdicom == 1)
info_dicom = dicominfo([IN_PATH filename]);
im_or = dicomread(info_dicom);
im_or = info_dicom.RescaleSlope * im_or + info_dicom.RescaleIntercept;
else
im_or = imread([IN_PATH filename]);
end
if (flip == 1)
im_or = flipud(im_or);
end
IMMAGINE_3D(:,:,i-y1) = im_or(m-larghezza_oggetto+1:m,:);
end
voi=uint16(zeros(size(IMMAGINE_3D)));
for i=1+y1:length(inputlist)-y2
im_or=uint16(IMMAGINE_3D(:,:,i-y1));
im = medfilt2(im_or);
80
% Edge detection:
th = edge(im,'sobel');
%th = edge(im,'canny',[0.1 0.12]);
th = bwareaopen(th, TH_AREA_MIN);
th1 = bwareaopen(th, TH_AREA_MAX);
th = th - th1;
th1 = imfill(th);
th = th1 - th;
%figure, imshow(th,[]);
th = imerode(th,se);
th = imerode(th,
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